LA GRANDE GUERRA - Comune di Penango
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ALESSANDRO ALLEMANO - STORIA DI PENANGO (2004)<br />
paese negli anni ’30. Altri due militari non risposero alla chiamata straor<strong>di</strong>naria alle armi, uno nel<br />
febbraio 1917 e l’altro nell’aprile del ’18: E.P., classe 1887, e V.R., anzianissimo della classe 1876.<br />
I loro reati furono accertati solo nel 1926 e non si conosce il seguito della vicenda, ma è molto<br />
probabile che le imputazioni si fossero estinte per amnistia. 1<br />
Il sindaco Firato<br />
Negli anni della prima guerra mon<strong>di</strong>ale l’amministrazione comunale <strong>di</strong> <strong>Penango</strong> era retta da una<br />
Giunta socialista capeggiata dal cioccarese Pietro Firato. Il sindaco, alquanto pragmatico e<br />
interessato al bene materiale dei suoi amministrati, si <strong>di</strong>stinse per varie azioni promosse nei<br />
confronti <strong>di</strong> autorità ed enti superiori a favore dei suoi concitta<strong>di</strong>ni, già tanto provati da un conflitto<br />
che sembrava interminabile. 2<br />
Nell’aprile 1916, ad esempio, chiese una licenza per Fer<strong>di</strong>nando Beccaris che si doveva sposare;<br />
quando il comandante del 37° Fanteria non prestò fede alle sue parole, Firato ribadì la richiesta,<br />
<strong>di</strong>chiarando sotto la sua responsabilità personale che la futura sposa si chiamava Alfonsina Imarisio<br />
e che le pubblicazioni erano già state eseguite. Nello stesso periodo richiese una breve licenza a<br />
favore <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando Firato, territoriale a Milano, per assistere il figlio Gilio, gravemente ammalato.<br />
Siccome l’artigliere Giuseppe Pasotti – 6° da campagna, IV Corpo d’armata – da tempo non dava<br />
più notizie ai famigliari, il sindaco scrisse al suo colonnello, pregandolo <strong>di</strong> farsi vivo.<br />
Ancora al comandante del 37° Fanteria scrisse sollecitando l’invio del sussi<strong>di</strong>o a favore <strong>di</strong> Luigi<br />
Volta, in convalescenza a casa «per ferite riportate sul campo dell’onore»; così anche,<br />
nell’imminenza della mietitura, avallò la richiesta <strong>di</strong> una licenza <strong>di</strong> 13 giorni per 31 soldati al fronte.<br />
In merito al soldato Albino Firato scriveva al comandante del 3° Alpini: «Le tristissime con<strong>di</strong>zioni<br />
in cui si trova la famiglia del controscritto militare renderebbero in<strong>di</strong>spensabile la sua presenza in<br />
famiglia specialmente per l’epoca dell’imminente vendemmia. La madre è ammalata e nessun altro<br />
sarebbe capace <strong>di</strong> provvedere per quanto è necessario in tale epoca».<br />
Nel febbraio 1917 Pietro Firato scrisse niente meno che al Comando Supremo per sollecitare un<br />
avvicinamento a casa del soldato Raimondo Cabiale, «padre <strong>di</strong> sette figli e tutti in tenera età». Il<br />
soldato Lorenzo Bonvicino invece era necessario a casa per comperare un toro, «essendo inesperto<br />
in tale commercio» suo padre. Quanto all’economia <strong>di</strong> guerra, nell’agosto 1917 il sindaco<br />
lamentava che in paese non c’era più «un solo grammo <strong>di</strong> lardo» e gli esercenti non sapevano come<br />
approvvigionarsene; era anche stato imposto il razionamento dei generi alimentari: pane, grano e<br />
farina si vendevano solo tramite tessera. Il Corpo d’armata <strong>di</strong> Alessandria procedeva anche alla<br />
requisizione dei cavalli da destinare alle truppe combattenti: a Pietro Zanello era stato imposto <strong>di</strong><br />
consegnare la sua bestia, ma egli fece notare che il cavallo lo aveva dovuto destinare alla<br />
macellazione essendosi fratturato una zampa. Pietro Firato confermò le sue <strong>di</strong>chiarazioni,<br />
richiedendo che non fosse elevata contravvenzione contro lo Zanello, «evitando così il <strong>di</strong>sgustoso<br />
caso <strong>di</strong> vedere che una grave <strong>di</strong>sgrazia fu la causa <strong>di</strong> un’altra».<br />
Il primo citta<strong>di</strong>no si <strong>di</strong>mostrava anche deciso nel riven<strong>di</strong>care i <strong>di</strong>ritti del suo Municipio, come<br />
quando, all’avvicinarsi dell’inverno 1917, un certo penanghese, che aveva <strong>di</strong>sponibili 20 quintali <strong>di</strong><br />
legna, non li voleva vendere al <strong>Comune</strong>.<br />
Dopo i fatti dell’ottobre 1917 Firato si <strong>di</strong>chiarò subito <strong>di</strong>sponibile a dare «l’ospitalità ai poveri<br />
sventurati che, per l’invasione del malvagio nemico, hanno dovuto abbandonare le loro case ed<br />
averi pur <strong>di</strong> poter sfuggire a possibili barbarie: «anche questo <strong>Comune</strong> potrebbe <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> qualche<br />
locale» scriveva al sottoprefetto il 15 novembre. Cosippure ebbe a cuore la sorte della famiglia<br />
Coiazzi, profuga da Roveredo in Piano (U<strong>di</strong>ne): il capofamiglia era alle armi come richiamato<br />
anziano e la moglie Elena Peratoner era rimasta con quattro figli da mantenere. Siccome il suo<br />
1 «La quasi totalità dei condannati usufruì dei benefici del decreto del 2 settembre 1919, per amnistia, condono totale o<br />
parziale, conversione della pena in con<strong>di</strong>zionale: soltanto meno <strong>di</strong> 20.000 furono esclusi (compresi ovviamente i<br />
giustiziati)» (E. FORCEL<strong>LA</strong> - A. MONTICONE, Plotone <strong>di</strong> esecuzione. I processi della prima guerra mon<strong>di</strong>ale, Laterza,<br />
Bari, 1998, p. LXXII).<br />
2 Il materiale è tratto da ACP, UA 589, Registro copialettere.