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Kongur La cresta oltre le nubi

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Momenti di Alpinismo Momenti di Alpinismo<br />

Beppe: ha tirato come un disperato sulla<br />

prima parte della <strong>cresta</strong>, quella più<br />

faticosa per dirla tutta, ha portato carichi<br />

su e giù senza battere ciglio, anche ora<br />

ogni giorno è su al ghiacciaio, ad aiutare<br />

chi scende con i carichi anche se non è<br />

il suo turno. Beppe in realtà è tra di noi<br />

l’unico vero Iron Man, una forza della<br />

natura, nonostante la non più verde età.<br />

Una persona davvero piacevo<strong>le</strong> e<br />

decisamente generosa. Pur essendo più<br />

un rocciatore (e di gran classe) come<br />

aspirazione, è parso dotato di notevo<strong>le</strong><br />

sensibilità per muoversi a pieno agio su<br />

di ogni terreno, e l’al<strong>le</strong>namento garantito<br />

dalla sua attività in competizioni scialpinistiche<br />

gli dà quel quid in più per<br />

respirare in ogni situazione.<br />

E’ bello trovarsi in spedizione con vecchi<br />

amici. E’ un po’ il sogno di tutti, salvo poi<br />

scoprire che i vecchi amici non sono<br />

quello che si credeva, o non lo sono più.<br />

Può capitare invece di conoscere nuove<br />

persone che sono del<strong>le</strong> miniere di<br />

esperienza ed emozioni, ed è consolante<br />

dividerci <strong>le</strong> proprie. Quando poi si trova<br />

qualcuno di specia<strong>le</strong> allora siamo<br />

davvero grati dell’onore di percorrerci<br />

insieme una parte di strada.<br />

Che è quasi sempre in “salita”, beninteso,<br />

anche quando ci si sta ritirando.<br />

L’ultimo carico è di quelli che stroncano:<br />

Massimo e Claudio si spupazzano tutta<br />

la statica più il resto del materia<strong>le</strong>, e<br />

meno ma<strong>le</strong> che Beppe è risalito ancora<br />

una volta ad aiutarli.<br />

<strong>La</strong> spedizione è quasi finita, cominciano<br />

ad arrivare in nostri portatori, guardano<br />

incuriositi l’attrezzatura da ghiaccio e<br />

d’alta quota, mi sembra impossibi<strong>le</strong> ma<br />

forse a loro non basta un anno per<br />

guadagnare quanto il costo di un paio dei<br />

nostri scarponi…non abbiamo molto da<br />

dar loro, ma almeno si mettono in<br />

bisaccia gli spezzoni di corda che non ci<br />

riporteremo a casa, qualche cosa di uti<strong>le</strong><br />

per dei pastori. E’ gente semplice ed<br />

onesta, come tutti i montanari del resto,<br />

rude ma anche vivace e simpatica, per<br />

quanto poco riusciamo a comunicare.<br />

Sono pastori Kirghisi, che di cinese<br />

hanno poco, anche il dia<strong>le</strong>tto che parlano<br />

non ha nulla a che fare con l’idioma dei<br />

Wang, ma un po’ di conoscenza incrociata<br />

ce l’hanno. In precedenza sono venuti<br />

a trovarci talvolta dei ragazzini, 12-13<br />

anni, coltello alla cintola ed aria vissuta<br />

da pastore, a portarci yogurt e angurie,<br />

che scambiamo con altro cibo, che non è<br />

ciò che li interessa di più. Uno aveva un<br />

mangianastri, musiche da unione sovietica,<br />

siamo in Cina ma questo è un puro<br />

caso geopolitico, in realtà siamo nel<br />

cuore di un continente immenso, dove<br />

l’uomo continua a vivere come centinaia<br />

di anni fa…<br />

Io<br />

E’ l’ultima notte. Nevica, bagnato, è<br />

l’ultimo saluto di questa montagna che è<br />

stata tutto sommato abbastanza benevola,<br />

ma che si è imbiancata quasi ogni<br />

giorno. Sapevamo che non sarebbe stata<br />

una passeggiata, ma fortunatamente la<br />

nostra <strong>le</strong>ttura della via era corretta.<br />

Abbiamo salito una grande linea, che è<br />

comunque rimasta monca. Peccato, un<br />

po’ di rammarico per aver mancato la<br />

cima principa<strong>le</strong>, ma <strong>le</strong> immagini che<br />

abbiamo portato a casa ben sottolineano<br />

l’impegno di quanto avevamo di fronte.<br />

Sapevamo di aver bisogno di tutta la<br />

nostra fortuna per riuscire, e di tutta la<br />

nostra pazienza ed energia per non<br />

rinunciare. Il nostro successo è stato una<br />

prova di carattere ma anche e soprattutto<br />

un regalo degli dei del<strong>le</strong> cime: continuare<br />

a crederci è stata la nostra forza, poi il<br />

<strong>Kongur</strong> ci ha preso per mano e si è<br />

concesso, almeno in parte.<br />

<strong>La</strong> salita non presenta difficoltà tecniche<br />

di particolare rilievo. Questo lo possiamo<br />

dire solo adesso, ovviamente. Perciò il<br />

valore della nostra spedizione va bene al<br />

di là di quanto diffici<strong>le</strong> sia stato superare<br />

la <strong>cresta</strong>. Ma ripeto anche che nessuno<br />

finora ci aveva provato, e questo non certamente<br />

perché la via sembrasse troppo<br />

bana<strong>le</strong>.<br />

In condizioni di tempo cattivo non saremmo<br />

arrivati fin lassù, ma in condizioni un<br />

po’ migliori sono sicuro che saremmo<br />

arrivati in cima. Abbiamo dimostrato<br />

ancora una volta, se ce n’era bisogno,<br />

che un piccolo gruppo può realizzare<br />

salite di notevo<strong>le</strong> valore. Abbiamo anche<br />

dimostrato di saper <strong>le</strong>ggere la montagna<br />

partendo da poche informazioni, e questo<br />

mi fa doppiamente piacere: una salita va<br />

conclusa sul campo, ma è nella sua<br />

organizzazione che si gettano i semi di<br />

un possibi<strong>le</strong> successo.<br />

Tecnicamente parlando non ce la faccio<br />

più a correre, ma su queste montagne<br />

c’è più bisogno di ritmo che di scatto, ed<br />

il futuro mi lascia aperta ancora qualche<br />

possibilità. Per la seconda volta sono<br />

stato capo spedizione, ruolo per cui non<br />

sono evidentemente molto adatto… il mio<br />

gruppo non si è fatto molti scrupoli a<br />

decidere il contrario di quello che avrei<br />

voluto, del resto eravamo una squadra<br />

che decideva a maggioranza ed evidentemente<br />

non ho avuto argomenti forti, né<br />

un comp<strong>le</strong>to ascendente. Se non che i<br />

miei giudizi si dimostrano puntualmente<br />

esatti.<br />

<strong>La</strong> via alla vetta è incomp<strong>le</strong>ta ma non<br />

credo che nessuno di noi tornerà<br />

quaggiù, a questo campo base, per finire<br />

il lavoro. Per il momento il nostro tempo è<br />

terminato, l’avventura allora è quasi finita<br />

– nessuno ha però dubbi, rientrare a<br />

Peshawar in pulmino non sarà bere un<br />

bicchier d’acqua.<br />

Guardo i miei compagni scendere<br />

sparpagliati, ciascuno immerso nei suoi<br />

pensieri, come sempre succede al ritorno<br />

da una spedizione, momento di rif<strong>le</strong>ssione<br />

e bilancio, istante sempre denso di<br />

emozioni. Un viaggio è finito, ma non<br />

credo di sbagliarmi nel dire che ognuno<br />

di noi sta già cominciando a sognarne<br />

un’altro.<br />

Relazione tecnica<br />

<strong>Kongur</strong> Tagh<br />

quota 7204 (<strong>Kongur</strong> Est), <strong>cresta</strong> Nord Est<br />

Via del Centenario CAAI<br />

Prima salita: 11 agosto 2004, M. Penasa,<br />

M. Giuliberti, B. Villa<br />

Dislivello: 3400 m dal campo base (3600<br />

reali)<br />

Difficoltà: D con tratti TD, in preva<strong>le</strong>nza<br />

neve-ghiaccio, con un diffici<strong>le</strong> tratto di<br />

misto friabi<strong>le</strong><br />

Kashgar è il punto di partenza per <strong>le</strong><br />

spedizioni nel Kun-Lun. Mezza mattinata<br />

di pullman porta verso <strong>le</strong> montagne fino a<br />

Gez, ingresso della gola che unisce <strong>le</strong><br />

basse pianure con l’altipiano di<br />

Tashgorgan costeggiando <strong>Kongur</strong> e<br />

Muztag-Ata.<br />

Da Gez risalire per sentiero e poi tracce<br />

lungo il vallone del torrente Korgankulu<br />

sino <strong>oltre</strong> i ricoveri Tugralkuluxi sugli<br />

ultimi prati prima del ghiacciaio omonimo<br />

(m 3870, 9-10 ore). Campo Base.<br />

Dal CB proseguire per 30 min. in<br />

direzione SO risa<strong>le</strong>ndo la morena del<br />

ghiacciaio Tugralkuluxi (ometti) fino alla<br />

seraccata che scende alla sinistra<br />

orografica. Risalire i ripidi sfasciumi sulla<br />

destra orografica della seraccata fino<br />

all’ultimo ripiano. Traversare la seraccata<br />

orizzontalmente nel punto più favorevo<strong>le</strong><br />

pressoché pianeggiante portandosi sulla<br />

sinistra orografica del ghiacciaio.<br />

Imboccare un grande canalone dapprima<br />

nevoso e poi terroso, tagliando in obliquo<br />

verso sinistra prima che questo muoia<br />

contro <strong>le</strong> rocce, e prendere un secondo<br />

cana<strong>le</strong> detritico risa<strong>le</strong>ndolo obliquamente<br />

fino ad una spalla. Traversare in <strong>le</strong>ggera<br />

discesa a sinistra e raggiungere il<br />

pianoro superiore del ghiacciaio (700m, 3<br />

ore). Campo 1.<br />

Superare la ripida parete Nord della<br />

<strong>cresta</strong> NE della punta 5975, nell’unico<br />

tratto privo di grandi pericoli oggettivi,<br />

traversando a destra a circa metà pendio<br />

su roccette affioranti e superando la<br />

cornice sommita<strong>le</strong> nel punto più favorevo<strong>le</strong>,<br />

per raggiungere così il filo della <strong>cresta</strong><br />

a circa 5000 m (450m, 50-60°, D+).<br />

Percorrere la <strong>cresta</strong> nevosa a tratti ripida<br />

e aerea sino alla punta 5975 (1000 m,<br />

AD+). Circa a quota 5600 m, prima di un<br />

caratteristico seracco a forma di vela, è<br />

possibi<strong>le</strong> piazzare un campo (esistono<br />

altre possibilità nel primo tratto della<br />

<strong>cresta</strong>, ma la zona è molto crepacciata).<br />

Dalla cima scendere quindi al col<strong>le</strong><br />

sottostante a circa 5800 m.<br />

Aggirare alla base sul lato destro il primo<br />

tratto della <strong>cresta</strong>, superando poi appena<br />

possibi<strong>le</strong> i ripidi pendii con seracchi che<br />

portano sul filo (250 m, 50-60°). Risalire<br />

al meglio la <strong>cresta</strong> nevosa per 500 m,<br />

superando un seracco e mantenendosi<br />

poi il più possibi<strong>le</strong> sul filo, fino alla base<br />

di un caratteristico salto roccioso; in<br />

questo tratto è possibi<strong>le</strong> piazzare la<br />

tendina in un paio di punti sul filo di<br />

<strong>cresta</strong>. Attenzione al<strong>le</strong> cornici incombenti<br />

sul versante meridiona<strong>le</strong>.<br />

Superare il salto roccioso con una diffici<strong>le</strong><br />

lunghezza di misto friabi<strong>le</strong> (60 m, A2 e<br />

misto, TD). Traversare orizzontalmente<br />

un ripido couloir per 80m e risalire ripidi<br />

pendii fino sul filo. Superare due cuspidi<br />

nevose in successione con una lunghezza<br />

molto delicata raggiungendo così la<br />

quota 6800. Prendere infine l’ampia <strong>cresta</strong><br />

sommita<strong>le</strong>, a tratti ancora ripida, e<br />

seguirla fino alla spalla 7204, dove la<br />

pendenza muore su di un costone<br />

orizzonta<strong>le</strong>.

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