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Il nostro West - Circolo Culturale Armigeri del Piave

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<strong>Il</strong> <strong>nostro</strong> <strong>West</strong><br />

ALESSANDRO BISON E ROBERTO PERIN<br />

FOTO DI LUCIANO ZOPPELLARO<br />

1861<br />

L’Italia (non tutta, in verità) è finalmente unita. A parte<br />

alcune propaggini ancora austriache e Roma, per la<br />

quale sarebbe stato necessario attendere il fatidico 20<br />

settembre 1870, l’Italia era finalmente “una” ma, come è noto, la resistenza all’annessione<br />

al Regno d’Italia si sarebbe ben presto esplicata anche attraverso il<br />

fenomeno <strong>del</strong> brigantaggio. Questo fatto costituisce un elemento importante<br />

<strong>del</strong>la nostra storia che è, in realtà, la storia di un’arma: la pistola a rotazione<br />

mod.1861 da Reali Carabinieri.<br />

Correva l’anno 1861, dicevamo, e l’ex Regno <strong>del</strong>le Due Sicilie, anche se annesso<br />

all’Italia, era tutt’altro che “pacificato”, dato che le bande di briganti, adottando<br />

le tecniche <strong>del</strong>la guerriglia, stavano mettendo a dura prova le truppe<br />

italiane impegnate nella zona.<br />

Inizialmente, in virtù <strong>del</strong>la loro mobilità, furono i Bersaglieri ad essere impegnati<br />

nella lotta contro i briganti. In seguito fu la volta dei Carabinieri. Ben<br />

presto fu evidente che i briganti, da bravi guerriglieri, attaccavano di sorpresa e<br />

a colpo sicuro. Diventava, perciò, pressante la necessità di dotare le truppe di<br />

un’arma efficiente e moderna, che permettesse anche al singolo isolato di far<br />

fronte ad un congruo numero di assalitori, a loro volta armato, nella maggior<br />

parte dei casi, con armi non modernissime: a parte il trombone, che spesso nell’iconografia<br />

popolare accompagna i fuorilegge, i briganti erano armati di doppiette<br />

da caccia, di pistole ad avancarica, dei tipici pugnali di fattura meridionale,<br />

probabilmente di molte armi ex borboniche “riciclate” e, naturalmente, di<br />

quelle tolte al “nemico”.<br />

La scelta cadde su un prodotto all’epoca modernissimo che, con poche modifiche,<br />

sarebbe diventato la nostra 1861, la prima arma di ordinanza <strong>del</strong>l’Italia<br />

Unita ad essere concepita ex-novo.<br />

Se consideriamo la lunga storia <strong>del</strong>le armi di ordinanza <strong>del</strong>l’Esercito Italiano<br />

dall’Unità ad oggi, troveremo ben pochi esempi di adozione di armi concettualmente<br />

“nuove”, ed a dire il vero ce ne vengono in mente solo tre: l’adozione <strong>del</strong><br />

fucile Vetterli, che fu adottato nel 1870 per sostituire il Carcano <strong>del</strong> 1868 (una<br />

trasformazione a retrocarica dei precedenti fucili a luminello). Mutuato dalla<br />

versione adottata dall’Esercito svizzero, a differenza di quest’ultimo utilizzava<br />

cartucce a percussione centrale (nella versione svizzera erano a percussione anulare)<br />

e mancava <strong>del</strong> sistema di ripetizione, che sul Vetterli svizzero era <strong>del</strong><br />

tipo Kropatschek. La mancanza <strong>del</strong> sistema di ripetizione si può spiegare con la<br />

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42<br />

Briganti ed il loro armamento, tratti da “<strong>Il</strong> brigantaggio in immagini” di Carlo<br />

Palestina


scarsa fiducia <strong>del</strong>le alte cariche <strong>del</strong>l’Esercito nel soldato italiano, che disponendo<br />

di un fucile “ad elevata celerità di tiro” avrebbe sprecato inutilmente munizioni,<br />

e forse anche con la scarsa fiducia nel sistema Kropatschek, magari ritenuto<br />

poco adatto agli strapazzi ai quali sarebbe stato sottoposto…dal soldato<br />

italiano. <strong>Il</strong> problema fu risolto definitivamente nel 1887 con l’adozione <strong>del</strong> sistema<br />

di alimentazione Vitali (la Regia Marina seguì una strada autonoma, con<br />

le modifiche Bertoldo <strong>del</strong> 1882 e Ferracciù <strong>del</strong> 1890). La pistola Mauser 1899<br />

per la Regia Marina, che fu la prima pistola automatica ad essere adottata su<br />

larga scala da una Forza Armata e che, probabilmente, piacque molto anche per<br />

la possibilità di trasformarla in una piccola ed efficiente carabina, mediante l’applicazione<br />

<strong>del</strong> caratteristico calciolo-fondina, dotando, così, i marinai di un’arma<br />

compatta, potente (soprattutto in confronto ai nostri revolver mod. 1874 e<br />

1889), relativamente maneggevole e in grado di erogare un elevato volume di<br />

fuoco. Durante le prove per l’adozione fu verificato che l’arma era sufficientemente<br />

potente da abbattere un cavallo, mettendo così i nostri marinai in grado<br />

di difendersi anche da attacchi di cavalleria nel non improbabile caso, visti i<br />

tempi e le aspirazioni coloniali italiane, che qualche drappello fosse sbarcato<br />

chissà dove per “mostrare i muscoli” <strong>del</strong>la nostra “Italietta”. Della nostra 1861,<br />

a distanza di 140 anni dalla sua adozione, a colpirci è proprio la modernità concettuale<br />

rispetto non solo alle armi precedentemente in dotazione, che spesso<br />

Lefaucheux mod. 1861 da RR.CC con alcune rare cartucce a spillo…. di recente assemblaggio<br />

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44<br />

Colt 1860 Army<br />

Lefaucheux mod.1861 RR.CC tratto da L. SALVATICI, Pistole Militari Italiane, ed. Olimpia-1985


Confronto tra le due armi “coetanee”, appare evidente la diversa lunghezza e praticità<br />

<strong>del</strong> porto tra le due armi<br />

Osservate la notevole lunghezza <strong>del</strong> tamburo Colt rispetto alla Lefaucheux. Indica la<br />

diversa capacità <strong>del</strong>le camere <strong>del</strong> tamburo e la conseguente maggior potenza <strong>del</strong>la<br />

Colt. In compenso la Lefaucheux, oltre a pesare circa 200 grammi in meno si carica con<br />

velocità sorprendenti rispetto a qualsiasi arma ad avancarica<br />

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46<br />

erano pistole ad avancarica derivate (per trasformazione) da precedenti mo<strong>del</strong>li<br />

a pietra focaia, ma anche alla molto più quotata, e coeva, produzione d’oltre<br />

oceano (potenza <strong>del</strong> grande schermo…). Da queste considerazioni è nata l’idea<br />

di titolare l’articolo: perché nel bene e nel male, anche la ’61 costituisce un<br />

simbolo di un’epoca in cui in Italia la “frontiera” era meno tangibile, ma non<br />

per questo meno viva nelle menti di coloro i quali vissero le prime tumultuose<br />

fasi <strong>del</strong>l’Unita d’Italia. Abbiamo pensato quindi di confrontare la “nostra” pistola<br />

con la coeva produzione d’oltre oceano, segnatamente le Colt Navy e<br />

Army.<br />

A dire il vero, bisogna ammettere che la mod. 1861 non sfigurava affatto,<br />

anzi: probabilmente assuefatti a considerare le pistole a spillo come armi dozzinali<br />

e di maneggio poco sicuro ed oltretutto anche fragili, condizionati nel <strong>nostro</strong><br />

giudizio dalla vista di innumerevoli esemplari “replicati” in Belgio e Spagna<br />

da (fortunatamente per loro) sconosciuti artigiani, abbiamo dimenticato l’esistenza<br />

dei molto più rari (e seri) esemplari militari.<br />

Confrontiamo quindi le armi in questione: la Colt e la mod.1861. Riportiamo<br />

le due armi disegnate in esploso e due foto, per aiutare il confronto strutturale.<br />

Hanno entrambe il telaio aperto, ma mentre nella prima il sistema di bloccaggio<br />

canna-castello avviene con un traversino passante nell’asse <strong>del</strong> tamburo,<br />

nella seconda questo avviene per avvitamento e successivo bloccaggio alla par-<br />

Lefaucheux “canna corta”


te inferiore <strong>del</strong> castello con una vite.<br />

“Sistema poco pratico e che richiede l’uso di un attrezzo (cacciavite, coltello…)<br />

per smontare la pistola, diranno i soliti esterofili”, aggiungendo magari<br />

che “una volta persa la vite …..”.<br />

E noi ribatteremo che, nel corso degli anni, probabilmente era la canna di<br />

una Colt a cominciare a “ballare” prima (ne sanno qualcosa i collezionisti che<br />

possiedono esemplari “riparati d’epoca” proprio nella zona <strong>del</strong>la giunzione<br />

canna-castello). Inoltre, per quanto sia spiacevole perdere la preziosa vitina<br />

<strong>del</strong>la Lefaucheux, questo almeno non comporta lo sfilamento <strong>del</strong>la canna (sì,<br />

perché se è difficile perdere il traversino – che in apertura viene fermato a fondo<br />

corsa da una apposita vitina – se per un qualsiasi accidente questo esce dalla<br />

sua sede, la canna <strong>del</strong>la Colt si sfila).<br />

Un’altra considerazione: attrezzi o non attrezzi, le pistole di questo tipo andavano<br />

sì smontate (anche per pulirle dalle fecce derivanti dall’uso <strong>del</strong>la polvere<br />

nera), ma probabilmente non così di frequente come potremmo supporre,<br />

proprio per la necessità di non far prendere gioco alle varie parti. Inoltre la Lefaucheux,<br />

al contrario <strong>del</strong>le Colt destinate principalmente agli ufficiali unionisti,<br />

era data in dotazione anche alla truppa, con tutto quello che ne consegue in<br />

termini di possibilità di danneggiare filetti, smarrire vitine, eccetera eccetera.<br />

Quindi in ogni caso era molto meglio far visionare periodicamente le armi a un<br />

armiere qualificato, dotato <strong>del</strong> famoso cacciavite, piuttosto che trovarsi per le<br />

mani vari pezzi di ferraglia. A proposito: un vecchio manuale, riferendosi al<br />

’91, recita “… è bene che il cacciavite sia, in massima, maneggiato dal solo<br />

capo-squadra, per impedire che soldati inesperti, nell’allentare e stringere le<br />

viti, ne guastino le teste e le parti vicine all’arma…”. E si parla di smontare il<br />

’91 che, come sappiamo, non è certo un esempio di sofisticazione e <strong>del</strong>icatezza<br />

meccanica…<br />

“Le pistole a spillo sono fragili”: si dirà. Relativamente parlando, sì. Una<br />

pistola a castello chiuso è più robusta di una a castello aperto, ovviamente a<br />

parità di materiali impiegati. Molti, ufficiali nordisti, alla fine <strong>del</strong>la Guerra di<br />

Secessione, potendo scegliere, si portarono a casa la Remington 1858 e lasciarono<br />

allo Stato le varie Colt. Non si vede però perché una pistola a spillo dovesse<br />

essere meno robusta di un’analoga realizzazione a castello aperto e ad<br />

avancarica <strong>del</strong> tamburo. Molto dipende anche dalla qualità dei materiali impiegati<br />

e, ad onor <strong>del</strong> vero, non ci sembra il caso di giudicare di scarsa qualità i<br />

materiali con i quali è stata realizzata la nostra pistola. Prova ne sia il fatto che,<br />

complice probabilmente uno scarso utilizzo, a distanza di 140 anni le armi che<br />

abbiamo esaminato si presentano ancora in buone condizioni (a parte leggere<br />

tracce di corrosione esterna) e soprattutto funzionano ancora perfettamente, ma<br />

di questo parleremo in altra occasione. In sintesi, come sono sempre esistiti i<br />

fucili da caccia di pregio, quelli dozzinali e quelli “onesti”, (cioè realizzati senza<br />

particolari pretese estetiche e ricercatezze stilistiche, ma non per questo me-<br />

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48<br />

no sicuri e affidabili di altri ben più costosi), esistono pistole a spillo dozzinali<br />

(e sono purtroppo la maggior parte) e ne esistono di buona qualità. Queste ultime<br />

sono generalmente di origine militare o destinate ad un uso militare, di conseguenza<br />

un buon metodo per distinguerle dalle altre è ovviamente il loro calibro<br />

“sostanzioso”, che si attesta sugli 11-12 mm. Al contrario, consigliamo di<br />

diffidare degli esemplari di piccolo calibro, di piccole dimensioni<br />

(generalmente dotati di grilletto pieghevole) e soprattutto anonimi, cioè privi di<br />

ragione sociale <strong>del</strong> costruttore. Questi ultimi erano generalmente destinati, soprattutto<br />

a partire dall’introduzione <strong>del</strong>le cartucce a percussione centrale, ad un<br />

pubblico meno abbiente e che non aveva la necessità di usare “sempre” la pistola.<br />

Erano le armi che il padre di famiglia piccolo-borghese, il medico di campagna,<br />

il pizzicagnolo non potendo (o volendo) permettersi una <strong>del</strong>le nuove, piccole,<br />

modernissime semiautomatiche da tasca o da taschino acquistavano, nella<br />

speranza di non doverle mai usare, per riporle nel cassetto <strong>del</strong> comodino.<br />

Come testimoniato da alcuni ritrovamenti, pare che le piccole “spillo” durante<br />

la Prima Guerra Mondiale siano finite anche in trincea, ultima risorsa dei<br />

giovani fanti che le avevano portate da casa o acquistate per poche lire.<br />

Lefaucheux mod. 1861 da RR.CC con un libro “Avvenimenti D’Italia <strong>del</strong> 1860


Stando ai dati in <strong>nostro</strong> possesso proponiamo una sintetica……….<br />

Cronologia<br />

Stati Uniti d’America:<br />

1836 25 febbraio, Samuel Colt brevetta il “tamburo ruotante meccanicamente”,<br />

nasce il mito Colt.<br />

1855 5 aprile, Rollin White (ex collaboratore di Samuel Colt) brevetta il<br />

“tamburo forato da ambo i lati”.La Smith & Wesson lo acquista e scaduto il<br />

brevetto Colt (1857) diventa la ditta produttrice dei più moderni revolver <strong>del</strong>l’epoca.<br />

1864 Scade il brevetto White-Smith-Wesson, tutti possono produrre moderni<br />

revolver con “tamburo ruotante meccanicamente e forato da ambo i lati”.<br />

Europa:<br />

1800 Primi anni, già si usano rivoltelle con cartucce “lip fire” (una strana appendice<br />

laterale al fon<strong>del</strong>lo, su cui il cane, battendo, accende la polvere). E’ l’antenata<br />

<strong>del</strong>la “pin fire”, meglio conosciuta come cartuccia a spillo.<br />

1828-1840 In Francia , Houillier e Casimir Lefaucheux, studiano e sviluppano<br />

la cartuccia a “spina” detta poi a “spillo”.<br />

1851 All’esposizione mondiale di Londra, , Eugene Lefaucheux (figlio di Casimir),<br />

presenta la prima rivoltella a spillo.<br />

1854 Eugene Lefaucheux brevetta la sua rivoltella in Gran Bretagna.<br />

1855, All’esposizione mondiale di Parigi, Lefaucheux, ottiene apprezzamenti e<br />

stima per la sua arma.<br />

1855 <strong>Il</strong> Consiglio degli Armamenti Navali Francese, per risolvere l’annoso<br />

problema <strong>del</strong>le rivoltelle ad avancarica, con caricamento lungo e <strong>del</strong>icato, scaricamento<br />

difficile, polvere nera perennemente esposta all’umidità e alla salsedine<br />

<strong>del</strong>la vita marinara, cerca e prova varii mo<strong>del</strong>li di revolver. Forte interesse<br />

è rappresentato dal revolver di Lefaucheux che utilizzando cartucce a “spillo”<br />

si pone come prodotto di avanguardia e innovatore.<br />

1856 - 1857 Molte armi sono provate e scartate. Rimangono in lizza le Lefaucheux,<br />

Colt Navy e Beaumont-Adams. <strong>Il</strong> Consiglio degli Armamenti Navali<br />

Francese decide per il revolver di Lefaucheux. I vantaggi erano evidenti sui<br />

revolver ad avancarica, più veloce nel caricamento, più leggeri a pari dimensioni,<br />

assenza <strong>del</strong>la leva calcatoio, uguale robustezza e precisione.<br />

1858 La Marina Francese affida la costruzione <strong>del</strong> revolver alla Manufattura<br />

Imperiale di Saint-Etienne e riceve il nome di “ Pistolet Revolver M.le<br />

1858”, alcune armi sono prodotte anche dalla Escoffier, abituale fornitore<br />

49


50<br />

<strong>del</strong> governo.<br />

Lefaucheux si riserva il diritto di fabbricare e vendere armi analoghe per il mercato<br />

civile e militare di altri stati.<br />

1859 La Regia Marina Sarda adotta il revolver Lefaucheux; verosimilmente a<br />

cagione <strong>del</strong>le comuni questioni da risolvere e dei contatti tra ufficiali <strong>del</strong>l’Armata<br />

Sarda con i Francesi nel corso di varie spedizioni militari.<br />

1861,17 marzo. E’ proclamato il Regno d’Italia. L’unione territoriale portò enormi<br />

problemi sul piano organizzativo e amministrativo <strong>del</strong>lo Stato. Notevoli<br />

poi erano le differenze economiche, sociali, culturali e industriali tra nord e sud.<br />

Nasce il “brigantaggio”, inizialmente come resistenza all’invasore piemontese e<br />

per rimettere sul trono Francesco II.<br />

Fu una “guerra” spietata, la prima <strong>del</strong>l’esercito italiano, fatta di battaglie,<br />

agguati, stragi, reati comuni e vandalismi per entrambe le parti. Tra il 1860 e la<br />

fine <strong>del</strong> 1864, (ma continuò, sporadicamente fino al 1870) impegnò 120.000<br />

soldati <strong>del</strong>l’esercito italiano, forze di pubblica sicurezza, carabinieri, guardie<br />

nazionali, corpi di volontari contro migliaia di “briganti” organizzati in oltre<br />

400 bande e guidati spesso da abili condottieri come Crocco, Ninco-Nancò,<br />

Borjés, Masini, Romano, la Gala. <strong>Il</strong> numero dei morti, complice la malaria superò<br />

quello dei caduti di tutte le guerre di Risorgimento.<br />

1861, 31 maggio nota n°104 <strong>del</strong>la “Direzione Generale <strong>del</strong>le Armi speciali –<br />

Divisione Tecnica d’artiglieria, sezione Materiale”. In sintesi:<br />

I) Ogni Carabiniere riceverà una pistola revolver invece <strong>del</strong>le due pistole<br />

M.1847 di cui è attualmente armato<br />

II) <strong>Il</strong> mo<strong>del</strong>lo di revolver adottato pei Carabinieri si è quello Lefaucheux già in<br />

uso presso la Reale Marina (Giornale Militare 1859, pag.453) con le varianti<br />

seguenti:<br />

a) Accorciamento <strong>del</strong>la canna di 40 millimetri;<br />

b) Bacchetta disgiunta dall’arma.<br />

III) Le modificazioni di cui al numero precedente si faranno solo alle pistole<br />

revolver di cui si commetterà in avvenire la fabbricazione, ritenendo quali esse<br />

si trovano quelle già confezionate di cui si farà acquisto per provvedere immediatamente<br />

alle esigenze di servizio.<br />

IV) I due mo<strong>del</strong>li summenzionati si denomineranno pistola revolver da Carabinieri<br />

Reali, Mo.1861, e pistola revolver Mo. Lefaucheux secondo che saranno o<br />

no modificati nel senso sovraespresso”.<br />

1861, 2 giugno. Primo contratto stipulato con Lefaucheux per 8000 pistole analoghe<br />

a quelle <strong>del</strong>la Marina Francese. Gli accordi presero avvio tra la fine <strong>del</strong><br />

1860 e inizi <strong>del</strong> 1861 (prima <strong>del</strong>l’Unità d’Italia).<br />

1861,19 dicembre. E’ pubblicata sul Giornale Militare l’”Istruzione sulle pistole-revolver<br />

in uso presso i Carabinieri”, nella quale, oltre alla nomenclatura


<strong>del</strong>le armi ed alle istruzioni per l’uso e manutenzione, erano descritti i tre diversi<br />

mo<strong>del</strong>li di revolver distribuiti ai militari <strong>del</strong>l’Arma, ossia:<br />

1) Pistola-revolver M°.1861<br />

2) Pistola-revolver M°. Lefaucheux<br />

3) Pistola-revolver M°. Lefaucheux corta.<br />

Perché da iniziali due tipi di revolver riportati nella nota n° 104 <strong>del</strong> 31<br />

maggio 1861, si passa a tre revolver nel 19 dicembre 1861?<br />

È evidente che “… si farà acquisto per provvedere immediatamente alle<br />

esigenze di servizio. Leggasi urgenza di armare i RR.CC. con un solo revolver<br />

a sei colpi invece di due pistole ad un colpo per affrontare i gravi disordini nell’Italia<br />

meridionale. Lefaucheux distribuì inizialmente armi destinate al mercato<br />

civile, (mod. Lefaucheux “lungo”), poi ne accorciò la canna sulle successive<br />

spedite, (mod. Lefaucheux “corta”), infine, quando fu in grado di rispettare le<br />

specifiche <strong>del</strong> capitolato italiano, ecco la mod. 1861 da RR.CC.<br />

Particolare <strong>del</strong> tamburo da 6 colpi; più utile di due pistole ad avancarica da un colpo ciascuna.<br />

Notare il mirino saldato a stagno, caratteristica non presente sulle mod.1861:<br />

probabile indizio <strong>del</strong> fatto che le 5000 Lefaucheux “corte” furono ottenute semplicemente<br />

accorciando la canna <strong>del</strong>le “commerciali” e riposizionando il mirino<br />

51


52<br />

Tabella 1<br />

Presumibili numeri e matricole di revolver a spillo “regolamentari”<br />

Lefaucheux Lunga acquistati circa 3000 pezzi<br />

n° di matricola compresi tra 19.000 e 31.000<br />

Lefaucheux Corta acquistati circa 5000 pezzi<br />

n° di matricola compresi tra 22.000 e 35.000<br />

RR.CC mod. 1861 acquistati circa 12000 pezzi<br />

n° di matricola compresi tra 35.000 e 52.000<br />

Non mancano esemplari con numeri di matricola molto diversi, a testimoniare<br />

ulteriori piccoli ed autonomi acquisti.<br />

I numeri di matricola elevati, rispetto al numero <strong>del</strong>le armi acquistate, deriva<br />

dal fatto che Lefaucheux utilizzava un’unica numerazione per diversi prodotti,<br />

mo<strong>del</strong>li e vendite.<br />

In totale produsse circa 130.000 pistole.<br />

Le Lefaucheux furono distribuite ai RR.CC, seguirono le Guardie Doganali<br />

(poi Guardie di Finanza), Pubblica Sicurezza, Artiglieria, Genio. Spesso gli ufficiali<br />

le acquistavano in proprio.<br />

L’arma pur essendo presto sostituita con l’ottima ed elegante mod. 1874<br />

con cartuccia a percussione centrale, rimase nei ranghi militari fino ai primi decenni<br />

<strong>del</strong> ‘900.<br />

Le due armi a confronto


Caratteristiche Mod. 1858<br />

Marina Francese<br />

Lefaucheux<br />

“Lungo”<br />

Lefaucheux<br />

“Corto”<br />

Riepilogo<br />

<strong>Il</strong> revolver Lefaucheux ebbe uno straordinario successo. Fu in dotazione alla<br />

marina francese, all’Italia, allo Stato Pontificio, all’esercito spagnolo, alla marina<br />

danese, marina norvegese, all’esercito svedese. Durante la guerra civile americana,<br />

12.400 revolver furono acquistati dai confederati (sudisti), ma un buon<br />

numero ne acquistarono anche gli unionisti (nordisti) sia in calibro 12 che 9<br />

mm.<br />

Fu ampiamente usata nella guerra in Crimea; dagli spagnoli nelle loro varie<br />

e ampie colonie americane contro le insurrezioni per l’indipendenza, compresa<br />

la guerra ispano–americana per il controllo di Cuba.<br />

Era un’arma costosa e spesso era in uso solo presso ufficiali o a corpi armati<br />

molto specializzati e addestrati.<br />

Ampiamente copiato, soprattutto in Spagna, Germania e Belgio, spesso in<br />

bassa qualità, per contenerne il prezzo, ma anche con superbi materiali e lavorazioni,<br />

fu costruito in varie forme e calibri compresi tra i 2 e 15 mm. In Italia<br />

lo produsse anche la Glisenti.<br />

Esistono anche copie belghe realizzate in calibro militare, su licenza Lefaucheux,<br />

dotate anche di doppia azione.<br />

Tra i collezionisti ed i musei sono presenti alcune Lefaucheux trasformate,<br />

seguendo l’esempio francese (nel 1873 trasformò moltissime mod. 1858 a spil-<br />

53<br />

RR.CC<br />

Mod 1861<br />

Lunghezza totale 295 mm 295 mm 257 mm 250 mm<br />

Lunghezza canna 155 mm 157 mm 120 mm 120 mm<br />

Calibro alla volata 11 mm 11 mm 11 mm 10.7 mm<br />

Camere cartuccia 12 mm 12 mm 12 mm 12 mm<br />

Lunghezza<br />

cilindro<br />

33 mm 33 mm 33 mm 30 mm<br />

Peso arma 1090 grammi 1050 grammi 1000 grammi 980 grammi<br />

Bacchetta<br />

espulsione bossoli<br />

unita all’arma unita all’arma estraibile separata<br />

Coccia<br />

<strong>del</strong>l’impugnatura<br />

arrotondata<br />

sagomata<br />

a spigoli<br />

sagomata<br />

a spigoli<br />

arrotondata<br />

Ponticello<br />

<strong>del</strong> grilletto<br />

ponticello<br />

ovale<br />

Scheda tecnica<br />

sperone<br />

d’appoggio<br />

sperone<br />

d’appoggio<br />

Tabella 2<br />

ponticello<br />

ovale


54<br />

Osservate nel cerchio la coccia arrotondata, nelle frecce il ponticello ovale e la presenza<br />

<strong>del</strong>la bacchetta per l’espulsione dei bossoli<br />

Osservate nel cerchio la coccia a spigoli, nelle frecce il ponticello con lo sperone e la<br />

presenza <strong>del</strong>la bacchetta per l’espulsione dei bossoli


Lefaucheux “corta”, osservate la coccia a spigoli, il ponticello con lo sperone, e l’assenza<br />

<strong>del</strong>la bacchetta per i bossoli, che potrebbe essere stata persa - o tolta in epoca d’uso<br />

per evitare inceppamenti <strong>del</strong> tamburo?<br />

Mod. 1861 da RR.CC, elegante nella sua semplicità, osservate la coccia arrotondata, il<br />

ponticello ovale e l’assenza <strong>del</strong>la bacchetta per l’espulsione dei bossoli, che essendo<br />

separata dall’arma è stata persa<br />

55


56<br />

lo in percussione centrale) per impiegare le più funzionali e sicure cartucce a<br />

percussione centrale, talvolta lasciando la possibilità di continuare a usare anche<br />

quelle a spillo. Si tratta di interventi eseguiti su singoli esemplari per richiesta<br />

<strong>del</strong> proprietario con lo scopo di ammodernare l’arma.<br />

Riportiamo di seguito i disegni, mancando gli esemplari, e foto <strong>del</strong>le armi in<br />

questione, indicando le differenze più evidenti tra i vari mo<strong>del</strong>li.<br />

Bibliografia<br />

Alfredo Bartocci - Luciano Salvatici, Armamento individuale <strong>del</strong>l’esercito Piemontese<br />

e Italiano 1814-1914, Firenze, 1978 (1° volume) – 1987 (2° volume)<br />

Carlo Palestina, <strong>Il</strong> brigantaggio in immagini, Rionero, 1985<br />

Norm Flayderman, Flayderman’s Guide to antique american firearms (5th Edition),<br />

pp 84-86<br />

Ian V. Hogg, Pistole militari, Edizioni Melita, La Spezia, 1992<br />

Luciano Salvatici, Pistole militari italiane 1814-1940, Firenze, 1985<br />

Pierangelo Caiti, I revolver, De Vecchi Editore, Milano, 1993<br />

Giuseppe Belogi, I Revolvers Mod. 1861, Diana Armi 3/1971, pp 53-58<br />

Francesco Denaro, I Revolvers Militari Italiani a Spillo e Mod. 1874, Diana Armi<br />

9/1973, pp 42-46<br />

Fausto Serra, Le Rivoltelle D’Ordinanza Francesi, Diana Armi 3/1970, pp 62-<br />

68<br />

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Luciano Salvatici, Tamburi e Fiamme Gialle, Diana Armi 3/1994, pp 76-81

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