Pratiche di replicabilità
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Replicabilità intertestuali<br />
Progettazione e pratiche <strong>di</strong> <strong>replicabilità</strong> dell’intertesto<br />
Pier Giuseppe Mariconda<br />
1. Lo scenario iperme<strong>di</strong>ale in cui la<br />
società contemporanea è immersa necessita<br />
<strong>di</strong> un cambiamento <strong>di</strong> approccio alle varie<br />
pratiche testuali, sia progettuali che<br />
interpretative, che porta irrime<strong>di</strong>abilmente ad<br />
una ristrutturazione delle modalità sia <strong>di</strong><br />
produzione dei supporti che <strong>di</strong> fruizione dei<br />
contenuti me<strong>di</strong>ali.<br />
Questo scenario para<strong>di</strong>gmatico <strong>di</strong><br />
cambiamento, proprio dei contesti iperme<strong>di</strong>ali,<br />
richiede un rinnovamento peculiare nelle<br />
pratiche progettuali dei designer dei me<strong>di</strong>a e<br />
dell’informazione.<br />
Ve<strong>di</strong>amo innanzitutto quali significati<br />
assume e quali ruoli nuovi va a rivestire il<br />
testo (o meglio, come vedremo l’intertesto) in<br />
questo mutato scenario.<br />
I testi, in particolare quelli che<br />
riguardano le tecnologie <strong>di</strong>gitali, costruiscono<br />
e esplicano la loro forza semantica attraverso<br />
connessioni. Ogni testo viene a <strong>di</strong>venire quin<strong>di</strong><br />
un potenziale intertesto. Intesi come progetti<br />
questi possono <strong>di</strong>venire agenti attivi della loro<br />
stessa riformulazione e trasformazione.<br />
Con il termine pratiche <strong>di</strong> <strong>replicabilità</strong> 1<br />
inten<strong>di</strong>amo alcune procedure <strong>di</strong> invenzione,<br />
più o meno consolidate e con<strong>di</strong>vise, che si<br />
originano a partire da contenuti testuali<br />
memorizzati o archiviati e, nel contempo,<br />
incorporando le prassi se<strong>di</strong>mentate <strong>di</strong><br />
produzione e fruizione all’interno dei testi<br />
stessi.<br />
Una delle più <strong>di</strong>ffuse tendenze in atto,<br />
soprattutto nell’ambito <strong>di</strong> comunità o reti è<br />
quella che va sempre più verso una<br />
destrutturazione del materiale testuale, un<br />
grande gioco collettivo <strong>di</strong> reinterpretazione o<br />
esaltazione <strong>di</strong> contenuti <strong>di</strong> varia natura (ne<br />
costituiscono un valido esempio le community<br />
<strong>di</strong> vjing, per così <strong>di</strong>re “open”, come FLxER 2 ,<br />
alle quali chiunque può partecipare attingendo<br />
agli archivi e utilizzando software free).<br />
Proprio la facilità e la gratuità<br />
dell’accesso a contenuti e strumenti, fanno si<br />
che, sempre più spesso, ci si venga a trovare<br />
<strong>di</strong> fronte pratiche, che potremmo definire<br />
estemporanee, non predeterminate e spesso<br />
casuali che si adattano quasi unicamente alle<br />
competenze e ai contesti del fruitore-<br />
produttore, che <strong>di</strong>viene quin<strong>di</strong> emittente e<br />
destinatario del testo ri-prodotto,<br />
cortocircuitando il meccanismo comunicativo.<br />
Ovvio come in questi casi non ci siano<br />
più filtri sulle competenze, chiunque può<br />
procedere nel produrre musica, creare un<br />
nuovo videoclip o corto <strong>di</strong>gitale e chiunque
può darne una sua interpretazione e farla<br />
circolare.<br />
Queste pratiche non fanno altro che<br />
moltiplicare le possibilità <strong>di</strong> senso<br />
dell’intertesto. Si può quin<strong>di</strong> parlare ancora <strong>di</strong><br />
testo? Fino a che punto si può procedere con<br />
questa destrutturazione prima che il testo<br />
iniziale perda la sua riconoscibilità? Si può<br />
ancora rintracciare una fonte partendo dalle<br />
centinaia <strong>di</strong> remix e remake che affollano il<br />
panorama me<strong>di</strong>atico cui apparteniamo?<br />
Una delle soluzioni potrebbe essere un<br />
cambiamento <strong>di</strong> atteggiamento: non più la<br />
ricerca del testo fonte attraverso la cultura<br />
della fruizione, ma attraverso una nuova<br />
cultura del commento che avviene attraverso<br />
un’analisi solo superficiale del testo e che<br />
riserva una maggiore attenzione a quello che<br />
Floch 3 ha definito “fruitore lu<strong>di</strong>co” 4 . Un fruitore<br />
che però cresce <strong>di</strong> pari passo con le sue<br />
capacità <strong>di</strong> produzione artistica.<br />
1.1 Ad un primo grado potremmo porre<br />
quelle pratiche <strong>di</strong> ricombinazioni usate da DJ<br />
e VJ. Già in queste si possono riconoscere<br />
alcune costanti, come l’utilizzo <strong>di</strong> archivi e<br />
librerie <strong>di</strong> “sample” sonori o visivi. Sono<br />
proprio le costanti, in questi contesti, a<br />
rendere coerenti un nuovo <strong>di</strong>scorso che si va<br />
ad articolare in una performance multime<strong>di</strong>ale.<br />
Molto spesso la pratica del remix, o del<br />
remake, <strong>di</strong>venta autoreferenziale. In questi<br />
casi la pratica <strong>di</strong>alogica tra il source-text e il<br />
replicated-text, ovvero tra il materiale testuale<br />
<strong>di</strong> partenza e il risultato a cui si giunge, non è<br />
necessaria, ma <strong>di</strong>viene un elemento <strong>di</strong><br />
valorizzazione: è il caso dei remake che non<br />
partono già da classici, ma <strong>di</strong>vengono essi<br />
stessi meccanismi <strong>di</strong> generazioni <strong>di</strong> classici. O<br />
ancora si possono citare i tanti progetti <strong>di</strong><br />
conversione <strong>di</strong> brani elettronici in pezzi folk (è<br />
il caso <strong>di</strong> Señor Coconut e le sue rivisitazioni<br />
in chiave latin-jazz dei Kraftwerk) o altri<br />
esperimenti cross-genre che <strong>di</strong> fatto non sono<br />
semplici trasformazioni ma vere e proprie<br />
riletture, dove il testo precedente viene<br />
completamente rielaborato: ciò che era forma<br />
<strong>di</strong>viene sostanza e viceversa.<br />
Anche se fondamentalmente il nucleo<br />
semantico rimane invariato, nella<br />
riappropriazioni il testo <strong>di</strong> arrivo finisce per<br />
ristrutturare e ricostruire la forma originaria,<br />
con il risultato che non si può più guardare al<br />
testo fonte evitando <strong>di</strong> effettuare una qualche<br />
forma <strong>di</strong> sovrapposizione al testo rimodulato.<br />
Ciò non deve far pensare che il remake o il<br />
remix preveda sempre un intervento<br />
pragmatico o formale. Si può infatti giungere<br />
anche ad un nuovo che è risultato <strong>di</strong><br />
un’operazione puramente semantica,<br />
rileggibile come commento interpretativo (ne<br />
sono riprova tutte quelle riletture che<br />
rimangono fedeli nelle linee narrative e<br />
stilistiche al testo originale).<br />
Molti stu<strong>di</strong> si sono occupati <strong>di</strong> tracciare<br />
le tappe del cammino che, nel panorama<br />
au<strong>di</strong>ovisivo, ed in particolar modo negli ultimi<br />
anni, ha portato al successo alcune particolari
procedure testuali: la ripetizione, la serialità e<br />
la <strong>di</strong>latazione.<br />
La pratica della ripetizione, in<br />
particolare, è stata analizzata da Umberto<br />
Eco. Partendo da alcune considerazioni fatte<br />
da Benjamin, Eco sottolinea come la<br />
ripetizione esiste e viene alla luce in quanto<br />
<strong>di</strong>pen<strong>di</strong>amo da una ideologia filosofica ed<br />
estetica dell’originalità: se non ci ponessimo il<br />
problema dell’originalità, (concetto questo che<br />
portiamo <strong>di</strong>etro, specie nella nostra cultura,<br />
come retaggio dell’estetica romantica che<br />
valorizza l’unico e l’irripetibile) non ci sarebbe<br />
nessun <strong>di</strong>scorso possibile da fare sulle<br />
pratiche seriali e <strong>di</strong> ripetizione.<br />
Eco continua poi sostenendo che “la<br />
serialità, tipica della produzione industriale,<br />
riguarda la produzione su larga scale <strong>di</strong><br />
repliche dello stesso tipo, una assolutamente<br />
fungibile all’altra, così che per una persona<br />
normale, dalle esigenze normali, in assenza <strong>di</strong><br />
imperfezioni evidenti, sia la stessa cosa<br />
scegliere una replica piuttosto che un’altra”<br />
Alla base della serialità stanno quin<strong>di</strong><br />
due livelli che si rimescolano continuamente: il<br />
retaggio romantico dell’unicità e il portato<br />
valoriale proprio della società industriale e<br />
consumistica.<br />
Eco, continua poi la sua analisi<br />
proponendo una classificazione per tipologie<br />
delle varie pratiche <strong>di</strong> ripetizione:<br />
Ripresa: è la ripresa <strong>di</strong> un tema<br />
<strong>di</strong> successo che nasce il più delle volte in<br />
seguito ad una decisione commerciale.<br />
Proprio per questo può essere migliore o<br />
peggiore, ma anche più o meno seria rispetto<br />
al tema originale (basta pensare “L’armata<br />
delle tenebre” <strong>di</strong> Sam Raimi, una comme<strong>di</strong>a<br />
fantasy-horror, ultimo capitolo della saga de<br />
La Casa iniziata con un horror duro e<br />
sanguinario)<br />
Ricalco: è la riformulazione <strong>di</strong><br />
una storia <strong>di</strong> successo che può avvenire<br />
senza che il consumatore ne sia edotto,<br />
oppure avvertendolo (si parla in questo caso<br />
<strong>di</strong> Remake). Eco spiega che il ricalco può<br />
essere <strong>di</strong> varia natura: ironico, omaggio,<br />
pretestuoso o libero. Rientrano nella tipologia<br />
del ricalco sia casi <strong>di</strong> riscrittura con finalità<br />
interpretative sia veri e propri plagi.(Dejeuner<br />
sur l’herbe <strong>di</strong> Manet è un ricalco <strong>di</strong> Concerto<br />
Campestre <strong>di</strong> Giorgine effettuato lasciando<br />
inalterati i contenuti, ma effettuando un<br />
cambio sul piano dell’espressione)<br />
Serie: una struttura narrativa<br />
fissa con un certo numero <strong>di</strong> personaggi fissi<br />
intorno ai quali ruotano personaggi secondari<br />
che mutano. Come spiega Eco, si possono<br />
<strong>di</strong>stinguere <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> strategie<br />
serializzanti a seconda <strong>di</strong> quanto si ritiene che<br />
lo spettatore si faccia trascinare dalla strategie<br />
<strong>di</strong> previsione e attesa. (Serie televisive come I<br />
simpson o componimenti musicali come Le<br />
Variazioni Goldberg <strong>di</strong> J.S. Bach)<br />
Saga: struttura narrativa formata<br />
da una successione <strong>di</strong> eventi sempre nuovi<br />
che interesano, a <strong>di</strong>fferenza della serie, il<br />
decorso storico dei personaggi (per <strong>di</strong>rla in<br />
altri termini nella saga i personaggi
invecchiano, fino, in alcuni casi, a morire). Di<br />
solito la saga segue delle linee, che possono<br />
essere continue (si segue un particolare<br />
personaggio, in modo piò o meno infinito<br />
passando attraverso più generazioni) o ad<br />
albero (si seguono le <strong>di</strong>ramazioni narrative dei<br />
personaggi secondari)<br />
1.2 Omar Calabrese, nel proporre<br />
un’estetica della ripetizione, propone tre<br />
<strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni riscontrabili nella ripetizione<br />
testuale: invarianti, serie e variabili. Ovvero in<br />
un insieme testuale considerato come serie ci<br />
sono elementi che mutano e altri che<br />
rimangono identici, talvolta ad un livello<br />
profondo altre volte ad uno più superficiale.<br />
Lo stesso Calabrese definisce poi de-<br />
archeologizzazione del frammento la volontà<br />
<strong>di</strong> frammentare le opere del passato per<br />
estrarne materiali: “I frammenti del passato<br />
cominciano ad essere loro il nuovo materiale<br />
per l’artista. Un deposito <strong>di</strong> materiali che<br />
implica la frammentazione. Solo<br />
frammentando ciò che è già stato fatto se ne<br />
annulla l’effetto” 5 .<br />
E’ chiaro anche, a questo punto, che le<br />
pratiche <strong>di</strong> <strong>replicabilità</strong> permettono un<br />
ampliamento delle tra<strong>di</strong>zionali categoria <strong>di</strong><br />
analisi.<br />
Gilles Deleuze ha proposto una<br />
ulteriore analisi delle forme <strong>di</strong><br />
rappresentazione della ripetizione 6 . Secondo<br />
Deleuze nella ripetizione si palesa un modo<br />
particolare <strong>di</strong> comportamento che si manifesta<br />
<strong>di</strong> fronte a qualcosa <strong>di</strong> unico . La <strong>di</strong>fferenza e<br />
la ripetizione , o meglio un certo modo <strong>di</strong><br />
concepire la <strong>di</strong>fferenza, la ripetizione e il<br />
rapporto tra l'una e l'altra, sono le strutture<br />
entro le quali si è cristallizzata la visione<br />
occidentale dell'essere come<br />
rappresentazione. Io colgo, comprendo,<br />
rappresento un fenomeno in quanto ne<br />
in<strong>di</strong>viduo il ripetersi, al variare delle<br />
circostanze, ovvero il ripetersi-con-<strong>di</strong>fferenze,<br />
la ripetizione assoggettata alla <strong>di</strong>fferenza, e la<br />
<strong>di</strong>fferenza legata alla ripetizione 7 . Deleuze<br />
passa poi ad interrogarsi sul perché della<br />
connotazione negativa della ripetizione, dove<br />
il <strong>di</strong>fferente è visto come l’ombra del vero,<br />
almeno fino all’introduzione delle prime<br />
pratiche dell’arte contemporanea: “l' arte<br />
contemporanea, innegabilmente, ha rotto con<br />
questa logica della rappresentazione:<br />
presentando ripetizioni pure, cioè "doppi" o<br />
"moduli", oggetti spaesati e spezzati, che<br />
ospitano realtà eterogenee al proprio interno o<br />
si scompongono, si sconnettono e <strong>di</strong>ventano<br />
tutto, o qualsiasi altra cosa; sconvolgendo in<br />
infiniti mo<strong>di</strong> la logica dell'originale e della<br />
copia; rompendo la chiusura della cornice,<br />
oltrepassando la coppia dogmatica dell'artista<br />
e dell'opera, e ogni preve<strong>di</strong>bile dualismo. Quel<br />
che l'arte ha fatto nella propria "logica"<br />
andrebbe fatto anche in filosofia: occorre una<br />
nuova logica, una nuova "immagine del<br />
pensiero", ma anzitutto è d'uopo sconfessare<br />
ogni immagine normativa del pensiero,<br />
liberare il pensiero dall'assoggettamento a una<br />
forma-immagine predeterminata”. Quel che<br />
Deleuze persegue è l'idea <strong>di</strong> una ricerca
filosofica come in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> " nuovi mo<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> vivere e <strong>di</strong> pensare l’univocità dell'essere<br />
come con<strong>di</strong>zione per pensare l'infinita pluralità<br />
delle <strong>di</strong>fferenze. 8 ” In questa nuova visione la<br />
ripetizione non cambia l’oggetto ripetuto, ma<br />
muta lo spirito <strong>di</strong> chi contempla.<br />
Anche Barthes 9 sottolinea l’importanza<br />
della ripetizione come tratto comune alle<br />
culture popolari ma rifiutato dalla cultura<br />
dell’Arte Propria (così definita da lui). Barthes<br />
in<strong>di</strong>vidua nella Pop Art alcuni tratti<br />
fondamentali che ritroviamo in forma <strong>di</strong>ffusa<br />
nelle forme contemporanee: l’origine si perde<br />
a vantaggio della citazione, le espressioni <strong>di</strong><br />
massa riappaiono nell’opera come materiali, si<br />
affermano l’imagerie e la copia.<br />
Nella Pop Art, probabilmente per la<br />
prima volta, l’oggetto ripetuto appare, non<br />
<strong>di</strong>etro, né sopra, ma accanto all’oggetto<br />
originale. La ripetizione, la moltiplicazione si<br />
sostituisce all’in<strong>di</strong>vidualità unica e irripetibile.<br />
2. Nella’analisi <strong>di</strong> un testo bisogna<br />
tener presente due <strong>di</strong>verse classi <strong>di</strong><br />
manifestazioni, la prima fa riferimento a<br />
prodotti finiti, testi chiusi, la seconda si<br />
riferisce a quei testi che sono in <strong>di</strong>venire,<br />
considerabili quin<strong>di</strong> come processi, riferibili<br />
anche a quei testi definibili collettivi,<br />
appartenenti alla società, continuamente in<br />
<strong>di</strong>venire.<br />
Nell’analisi <strong>di</strong> un testo, remix e remake<br />
possono essere considerati da un lato<br />
modalità testuali chiuse, finite, dall’altro entità<br />
in <strong>di</strong>venire. Il fatto che i testi siano sempre più<br />
testi collettivi porta altresì alla conclusione che<br />
i remake e i remix altro non siano che la<br />
rilettura collettiva <strong>di</strong> testi costantemente in<br />
<strong>di</strong>venire.<br />
I testi rielaborati come ripetizione<br />
possono quin<strong>di</strong> essere analizzati come testi<br />
attestati, chiusi, oppure possono essere<br />
considerati pratiche <strong>di</strong> lettura nel sociale dei<br />
testi stessi, o ancora come pratiche <strong>di</strong> uso e<br />
riuso del sociale.<br />
2.1 Una delle pratiche <strong>di</strong> <strong>replicabilità</strong>,<br />
applicabile a materiali testuali au<strong>di</strong>ovisivi, è il<br />
Found Footage. Con questo trermine si<br />
intende circoscrivere sia l’oggetto (il materiale<br />
filmico ritrovato, una sequenza), sia una vera<br />
e propria pratica che consiste nel realizzare<br />
film riappropriandosi dei materiali trovati,<br />
prelevati, spesso girati da un altro cineasta.<br />
Sono in gioco <strong>di</strong>verse operazioni<br />
filmiche 10 : film <strong>di</strong> compilazione, film che sono<br />
vere e proprie citazioni, oppure film dal<br />
carattere più personale costruiti a partire dal<br />
materiale ritrovato, che viene mo<strong>di</strong>ficato,<br />
alterato. Brevi film delle origini vengono ri-<br />
fotografati fotogramma per fotogramma, estesi<br />
e rallentati: la macchina da presa opera una<br />
sorta <strong>di</strong> messa in dettaglio all’interno del<br />
fotogramma. E poi détournement, glossa,<br />
rimontaggio lirico… Una <strong>di</strong>mensione<br />
proteiforme che ha subito ai nostri giorni<br />
un’accelerazione: con il ricorso alla<br />
<strong>di</strong>gitalizzazione, sono i dati a venire<br />
manipolati, non più la pellicola, e l’abbandono
della celluloide a favore del <strong>di</strong>gitale apre alla<br />
variazione infinita.<br />
Una pratica che prevede quin<strong>di</strong> l'uso<br />
intensivo, la trasformazione e la re-<br />
interpretazione <strong>di</strong> qualsiasi tipo <strong>di</strong> immagine<br />
scoperta casualmente o selezionata. Dal<br />
materiale d'archivio al film hollywoo<strong>di</strong>ano,<br />
dagli home movies al documentario televisivo,<br />
dal cinegiornale allo spot pubblicitario, dal film<br />
<strong>di</strong> sala a quello <strong>di</strong> serie B, ogni immagine può<br />
essere presa smontata, montata e<br />
risemantizzata.<br />
Il riutilizzo come 'risemantizzazione', si<br />
inscrive in un processo attraverso cui<br />
l'immagine acquista un "plusvalore" <strong>di</strong> senso<br />
che mo<strong>di</strong>fica ra<strong>di</strong>calmente il suo significato <strong>di</strong><br />
partenza.E' la rielaborazione, la poetica del<br />
frammento, l'accostamento casuale e istintivo<br />
a caratterizzare questa operazione e a<br />
spingere lo spettatore a domandarsi quale è<br />
veramente la natura e il significato <strong>di</strong> quelle<br />
immagini 11 .<br />
In un’intervista Peter Forgacs 12 , autore<br />
<strong>di</strong> “Wittgenstein Tractatus” 13 così descrive il<br />
proprio lavoro <strong>di</strong> ri-produzione, incentrato<br />
quasi interamente sulla pratica del found<br />
footage:<br />
“Il mio lavoro con il found footage, con i<br />
film amatoriali e i film <strong>di</strong> famiglia, ha avuto<br />
origine da due elementi che sono stati sempre<br />
presenti a partire dal 1982: la performance e<br />
l'archiviazione.<br />
Ciò significa che da una parte c'è la<br />
missione dell'archeologo che tenta <strong>di</strong> scoprire<br />
che cosa sta <strong>di</strong>etro le immagini, o quali sono i<br />
significati delle immagini e come questi<br />
significati cambiano ricollocandole in un<br />
<strong>di</strong>verso contesto, dall'altra c'è l'esperienza<br />
della performance in cui non seguo<br />
necessariamente il percorso storico <strong>di</strong> una<br />
famiglia o il contesto storico generale, ma<br />
sono portato a considerare le immagini come<br />
impronte, nel significato che dava a questa<br />
parola Konrad Lorenz quando stu<strong>di</strong>ava i<br />
comportamenti delle anatre, voglio <strong>di</strong>re cioè<br />
che le immagini contengono una "traccia" che<br />
è separata dal messaggio, dal significato o<br />
dalla volontà originaria del cineamatore.<br />
Ci sono allora questi due possibili approcci,<br />
nel senso che si possono utilizzare le<br />
immagini per se stesse oppure cercare <strong>di</strong><br />
scoprire la storia che si nasconde <strong>di</strong>etro il<br />
filmato.<br />
E' vicino a ciò che i dadaisti facevano<br />
all'inizio del ventesimo secolo, a ciò che<br />
accade oggi nella corrente musicale del<br />
Remix, questo riciclaggio <strong>di</strong> materiale "trovato"<br />
è ormai un approccio molto comune,<br />
potremmo <strong>di</strong>re usuale, tanto da far parte del<br />
linguaggio visivo contemporaneo, non<br />
necessariamente artistico.”
1 L’espressione pratiche <strong>di</strong> <strong>replicabilità</strong> è presa a prestito dal testo <strong>di</strong> N. Dusi e L. Spaziante, Remix Remake, ripreso e<br />
approfon<strong>di</strong>to in questo articolo.<br />
2 http://www.flxer.net<br />
3 J.M. Floch, Forme dell'impronta, Meltemi, Roma, 2003.<br />
4 Categoria, quella del fruitore lu<strong>di</strong>co, alternativa a quelle del fruitore critico e del fruitore ingenuo teorizzate da Umberto<br />
Eco (U. Eco, I limiti dell'interpretazione, Milano, Bompiani, 1990)<br />
5 O. Calabrese, L'età neobarocca, Laterza, Bari, 1992.<br />
6 G. Deleuze, Differenza e Ripetizione, Cortina Raffello, Milano, 1997.<br />
7 Ibidem<br />
8 Ibidem<br />
9 R. Barthes, L’arte questa vecchia cosa, in Catalogo della mostra Pop-art Palazzo Grassi <strong>di</strong> Venezia, Electa, Milano<br />
1980.<br />
10 Oggi il found footage è una delle pratiche più utilizzate dai cineasti sperimentali.<br />
11 Piccolo esempio legato alla musica è il video dei Nine Inch Nails Closer, “più vicino", come più vicino a quello<br />
che ci circonda è il significato nuovo <strong>di</strong> queste immagini.<br />
12 Péter Forgács è un artista me<strong>di</strong>ale e cineasta in<strong>di</strong>pendente ungherese.<br />
13 Wittgenstein Tractatus è un film del 1992, <strong>di</strong> Peter Forgacs. Il film contiene citazioni dal Tractatus e da altri lavori <strong>di</strong><br />
Ludwig Wittgenstein.