27.05.2013 Views

File pdf - Intranet di Ateneo - Università degli Studi di Camerino

File pdf - Intranet di Ateneo - Università degli Studi di Camerino

File pdf - Intranet di Ateneo - Università degli Studi di Camerino

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

che comportava demolizioni e ricostruzioni anche ra<strong>di</strong>cali, prima che<br />

fosse deciso l’ampliamento della città con una nuova cinta muraria.<br />

Costruire nel costruito mo<strong>di</strong>ficandolo è stato sempre un modo <strong>di</strong><br />

operare nella città per adattarla alle esigenze dei suoi abitanti. Si è<br />

parlato spesso male dell’e<strong>di</strong>lizia <strong>di</strong> sostituzione, ma non è esistita solo<br />

quella: basta pensare agli adattamenti <strong>degli</strong> e<strong>di</strong>fici conventuali in<br />

scuole, ospedali, carceri, avvenuti negli ultimi due secoli. In molte città<br />

italiane tutte le funzioni sociali erano collocate all’interno <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici<br />

antichi, nati per altri scopi, e questo fino alla metà del secolo scorso.<br />

La mia scuola <strong>di</strong> Firenze era un convento, così la Facoltà dove ho stu<strong>di</strong>ato,<br />

l’ospedale dove sono stato curato (e così <strong>di</strong> seguito).<br />

Eravamo talmente abituati a questo tipo <strong>di</strong> costruzioni, che anche<br />

quei pochi che venivano costruiti ex novo, venivano progettati adottando<br />

gli stessi schemi <strong>di</strong>stributivi.<br />

Oggi, le ragioni economiche che spingevano a recuperare gli e<strong>di</strong>fici<br />

antichi, piuttosto che costruirne <strong>di</strong> nuovi, non esistono più, Costruire<br />

<strong>di</strong> sana pianta un e<strong>di</strong>ficio su un’area sgombra costa certamente<br />

meno che adattarne uno vecchio restaurandolo, specie se questo è in<br />

cattive con<strong>di</strong>zioni. Questo succede in modo particolare quando si<br />

vuole far entrare a forza una funzione in un’architettura nata per tutt’altro.<br />

Quando cioè si considera l’architettura antica e moderna come<br />

un ‘contenitore’: parola che non andrebbe mai usata quando si tratta<br />

<strong>di</strong> architettura <strong>di</strong> pregio.<br />

Per molti anni ho lavorato come progettista alla trasformazione delle<br />

vecchie carceri fiorentine: un complesso <strong>di</strong> conventi trasformati in<br />

carceri che hanno funzionato come tali fino a pochi anni fa, quando è<br />

stato finito <strong>di</strong> costruire il nuovo carcere <strong>di</strong> Solicciano. Per la verità sono<br />

stato progettista solo del carcere <strong>di</strong> Santa Ver<strong>di</strong>ana, per gli altri due<br />

potrei definirmi l’ispiratore, avendo in<strong>di</strong>cato, prima <strong>di</strong> tutti quelli che si<br />

sono succeduti, la linea per i successivi interventi progettuali. È una<br />

storia lunga <strong>di</strong> concorsi vinti, <strong>di</strong> idee, <strong>di</strong> affidamenti <strong>di</strong> incarichi mai<br />

svolti: insomma le solite malinconiche vicende che affliggono la nostra<br />

professione.<br />

Penso invece possa interessare come una certa linea <strong>di</strong> comportamento<br />

(che riven<strong>di</strong>co come mia) abbia portato a salvare queste strutture,<br />

a rivitalizzare una zona tra le più degradate, recuperando alla città<br />

e ai suoi abitanti spazi sottratti da secoli alla vita civile. Quando fu<br />

mostrato il risultato del Concorso <strong>di</strong> Idee, un illustre collega si lamentò<br />

<strong>di</strong>cendo che mancava solo il progetto dell’architetto Tritolo: intendendo<br />

quello che avesse proposto <strong>di</strong> demolire tutto: col tritolo, appunto.<br />

Tra chi proponeva la ‘soluzione tritolo’, sostituendo il tutto con nuove<br />

architetture o con un giar<strong>di</strong>no, e chi in<strong>di</strong>cava la strada della conservazione<br />

a oltranza <strong>di</strong> tutti i manufatti, mi piacerebbe che si <strong>di</strong>cesse<br />

che ha vinto la ‘linea del rispetto’. Rispetto per quello che valeva la<br />

pena <strong>di</strong> rispettare, ma, soprattutto, rispetto <strong>di</strong> quelli che erano destinati<br />

ad abitarci. Decisamente si è trattato <strong>di</strong> un compromesso, ma del<br />

quale non mi pento.<br />

All’inizio non esistevano rilievi aggiornati. Quando incominciammo<br />

a lavorarci, per un accordo tra il Rettore e il Comune, le carceri erano<br />

ancora abitate da detenuti in semilibertà e dal personale <strong>di</strong> sorveglianza.<br />

Si poteva visitarle solo su appuntamento e solamente per<br />

un’ora accompagnati da una guar<strong>di</strong>a; il sistema <strong>di</strong>stributivo era basato<br />

sul ‘passo d’uomo’ (70 cm) per evitare assembramenti pericolosi;<br />

erano già spariti i cortili a raggiera, stretti e lunghi, per l’ora d’aria; ma<br />

tutto era <strong>di</strong> uno squallore che prendeva allo stomaco. Secondo le intenzioni<br />

del Rettore avevo l’incarico <strong>di</strong> metterci il biennio della Facoltà<br />

<strong>di</strong> Architettura e, insieme, me stesso, allora docente <strong>di</strong> ‘<strong>di</strong>segno e<br />

rilievo’ (e sofferente <strong>di</strong> claustrofobia).<br />

Si capisce che per sopravvivere in quell’ambiente in compagnia <strong>di</strong><br />

studenti, tutt’altro che tranquilli, occorreva lavorare sugli spazi prima<br />

che sull’architettura, ritrovando la <strong>di</strong>mensione della struttura originaria<br />

mortificata dalle esigenze <strong>di</strong> sicurezza della detenzione carceraria.<br />

L’impegno con il Comune, consisteva <strong>di</strong> non aggiungere nulla in attesa<br />

dei risultati del concorso <strong>di</strong> idee. Basandomi su una vecchia planimetria<br />

aggiunsi solamente un corpo <strong>di</strong> fabbrica per completare il lato<br />

<strong>di</strong> un chiostro. Per il resto, aprii tutto quello che si poteva aprire,<br />

creando nuovi passaggi e scale, anche provvisorie in tubi Innocenti.<br />

Naturalmente sono rimaste tali e quali, come succede a tutte le cose<br />

provvisorie.<br />

Ripristinai le finestre a bocca <strong>di</strong> lupo in modo che ci si potesse affacciare.<br />

Della parte vecchia ho demolito (non me ne pento) solo le<br />

absi<strong>di</strong> semicilindriche dei bracci, perché ricordavano una pratica ignobile:<br />

la vuotatura a turno dei buglioli delle celle.<br />

Forse questo progetto è pieno <strong>di</strong> sbagli, ma dei quali non mi pento.<br />

Spero solo <strong>di</strong> poterlo finire come l’ho pensato, o almeno, visto che sono<br />

molto vecchio, non vorrei vederlo stravolto da interventi troppo<br />

‘creativi’, come quelli che hanno fatto <strong>di</strong>pingendo le pareti interne delle<br />

aule <strong>di</strong> nero e <strong>di</strong> rosso. Eventualmente potrò girarci alla larga quando<br />

passo da quelle parti.<br />

RM <strong>Università</strong> <strong>di</strong> Firenze<br />

115

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!