File pdf - Intranet di Ateneo - Università degli Studi di Camerino
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40<br />
Marco Romano<br />
Urbanistica vs Pianificazione<br />
Fino alla metà del Novecento erano gli urbanisti a progettare le città<br />
e il progetto <strong>di</strong> una città consisteva nel dare una forma esteticamente<br />
con<strong>di</strong>visa dai citta<strong>di</strong>ni, il cui desiderio era che la casa che possedevano<br />
fosse affacciata su strade, una volta molto strette, ma col tempo<br />
abbastanza larghe e provviste <strong>di</strong> fognature e <strong>di</strong> illuminazione pubblica<br />
e <strong>di</strong> marciapie<strong>di</strong>; inoltre come citta<strong>di</strong>ni, che la loro appartenenza<br />
politica e morale alla civitas venisse riconosciuta simbolicamente nella<br />
consistenza materiale dell’urbs, con il contatto il più possibile imme<strong>di</strong>ato<br />
con qualcuno dei temi collettivi o delle sequenze <strong>di</strong> strade e <strong>di</strong><br />
piazze tematizzate. Tali infrastrutture testimoniano, con la loro visibile<br />
gran<strong>di</strong>osità e con lo spreco <strong>di</strong> terreno che comportano, il riconoscimento<br />
collettivo della <strong>di</strong>gnità <strong>degli</strong> abitanti, anche dei quartieri più lontani<br />
dal centro, dove del resto le loro sequenze li riconducevano, facendo<br />
in modo che i quartieri - pur talvolta con proprie autonomie amministrative<br />
- venissero sempre visibilmente percepiti come appartenenti<br />
alla città, al cui centro appunto le sequenza delle strade tematizzate<br />
li riconducevano.<br />
Ma dopo <strong>di</strong> allora l’urbanistica è stata sostituita dalla pianificazione,<br />
una procedura fondata su una serie <strong>di</strong> principi definiti a tavolino dagli<br />
esperti - che interpretano la città come un congegno meccanico per<br />
conseguire un modello <strong>di</strong> benessere dei citta<strong>di</strong>ni costruito a priori, in<strong>di</strong>pendentemente<br />
dalle procedure della democrazia che dovrebbe costituire<br />
un sistema per acclarare i loro desideri - i cui principi sono<br />
quelli della città considerata come un aggregato <strong>di</strong> zone, contrassegnate<br />
da una destinazione d’uso definita e legate da un sistema efficiente<br />
<strong>di</strong> circolazione, proprio come il corpo umano è fatto <strong>di</strong> funzioni<br />
legate dalla circolazione sanguigna.<br />
In sede teorica questo costrutto ha proceduto riducendo a capitoli<br />
semplici la complessità reale della città: quello che la residenza dovesse<br />
venire aggregata in quartieri autonomi, quasi piccole città, e<br />
che le case dovessero prospettare su un prato invece che su una<br />
strada, ridotta dal suo essere il palcoscenico della sfera simbolica dei<br />
citta<strong>di</strong>ni (dove affacciare le loro case) e della loro vista (dove incontrare<br />
il vicino e forse far correre i bambini) all’ultimo limite <strong>di</strong> una rete<br />
guidata soltanto dal suo essere l’estremo confine del traffico.<br />
Questa pianificazione è un <strong>di</strong>sastro, perché nei suoi risultati i citta<strong>di</strong>ni<br />
non riconoscono i loro desideri più intimi e profon<strong>di</strong>, quelli costituitivi<br />
della loro stessa percezione della citta<strong>di</strong>nanza e quin<strong>di</strong> della loro<br />
identità, ma i pianificatori hanno reagito a questo <strong>di</strong>sastro mettendo<br />
in campo sempre nuovi principi generali con i quali continuare a<br />
comprimere la libertà <strong>di</strong> scelta dei citta<strong>di</strong>ni, fosse la ‘città ecosostenibile’<br />
o il ‘consumo <strong>di</strong> suolo’ o la ‘città-campagna’, come se i citta<strong>di</strong>ni<br />
con i looro desideri fossero soltanto le pe<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un gioco astratto e<br />
terribile.