POR EMILIA-ROMAGNA OB. 3 FSE 2000-2006 - Dps

Unione europea
Fondo sociale europeo
POR EMILIA-ROMAGNA OB. 3 FSE 2000-2006
RAPPORTO DI VALUTAZIONE NELL'AMBITO
DELL'INTEGRAZIONE DELLE POLITICHE DI ISTRUZIONE,
FORMAZIONE E LAVORO CON RIFERIMENTO
ALLE POLITICHE DI GENERE E AI RELATIVI STRUMENTI
ATTUATIVI DEL POR OB. 3 FSE 2000-2006
Roma, dicembre 2007

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
INDICE
INTRODUZIONE ......................................................................................................................................3
EXECUTIVE SUMMERY ........................................................................................................................4
PARTE A. VALUTAZIONE DEL POR OB. 3 2000-2006 DELLA REGIONE EMILIA-
ROMAGNA. .............................................................................................................................................27
1. PREMESSA ALLA METODOLOGIA VALUTATIVA ...................................................................................27
2. ANALISI DELL’ATTUAZIONE DELL’ULTIMO TRIENNIO DI PROGRAMMAZIONE DEL POR 2000-2006
DELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA .......................................................................................................28
3. ANALISI PER ASSI E TEMATICHE .........................................................................................................31
3.1 Adattabilità .................................................................................................................................32
3.2 Occupabilità................................................................................................................................36
3.3 Inclusione sociale........................................................................................................................40
3.4 Capitale umano...........................................................................................................................44
PARTE B. APPROFONDIMENTI VALUTATIVI ..............................................................................48
1. OCCUPABILITÀ: I GIOVANI, GLI ATIPICI E GLI OVER 55........................................................................48
1.1 Analisi del contesto.....................................................................................................................50
1.2 Lo scenario occupazionale: dal contesto alle politiche ..............................................................77
1.3 L’analisi dei progetti...................................................................................................................96
1.4 Conclusioni ...............................................................................................................................101
2. LE POLITICHE PER L’IMPRENDITORIALITÀ ........................................................................................105
2.1. L’evoluzione del contesto normativo e programmatorio .........................................................105
2.2. Il quadro normativo e programmatico.....................................................................................107
2.3. L’integrazione delle politiche regionali...................................................................................117
2.4. L’Imprenditorialità in Emilia - Romagna ................................................................................123
2.5 La programmazione attuativa della Regione e delle Province: Por 2000-2006.......................142
2.6. Considerazioni conclusive .......................................................................................................156
3. INNOVAZIONE E OTTICA DI GENERE......................................................................................159
3.1 Introduzione..............................................................................................................................159
3.2 Analisi del contesto...................................................................................................................160
3.3. Il quadro normativo e programmatico.....................................................................................169
3.5 Il contributo del POR Ob. 3 2000-2006 alla politica dell’innovazione....................................180
3.6 Conclusioni ...............................................................................................................................195
4. IMMIGRAZIONE, INTEGRAZIONE DEI SISTEMI E GENERE IN EMILIA ROMAGNA ..................................198
4.1 Introduzione..............................................................................................................................198
4.2 Il quadro statistico di riferimento .............................................................................................199
4.3 Le politiche per l’integrazione dei soggiornanti stranieri ........................................................212
4.4 Le realizzazioni del PO FSE Ob. 3 Emilia Romagna (anni 2004 – 2006) in materia di
immigrazione ..................................................................................................................................226
4.5 Conclusioni ...............................................................................................................................238
5. INTEGRAZIONE DELLE POLITICHE FINALIZZATE ALLA CONCILIAZIONE TRA VITA
LAVORATIVA E FAMILIARE .........................................................................................................241
5.1 Introduzione..............................................................................................................................241
5.2 Le politiche per la pari opportunità tra uomini e donne in Europa..........................................241
5.3 Uno sguardo alla situazione italiana........................................................................................244
5.4 Analisi del contesto regionale...................................................................................................247
5.5 Le politiche per la conciliazione...............................................................................................254
5.6 La programmazione regionale sulle politiche di genere e sulla conciliazione tra vita lavorativa
e familiare tra passato e futuro.......................................................................................................263
5.7 Le realizzazione del POR Ob. 3 2000-2006 della Regione Emilia-Romagna per la politica di
conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare............................................................................266
5.8 Conclusioni ...............................................................................................................................277
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INTRODUZIONE
Oggetto dell’analisi valutativa è l’individuazione dei risultati conseguiti durante gli
ultimi anni di programmazione del POR Ob. 3 2000/2006 nell’ambito dell’integrazione
delle politiche di istruzione, formazione e lavoro con riferimento alle politiche di genere
e ai relativi strumenti attuativi.
Il progetto si è configurato come uno strumento finalizzato a valorizzare le esperienze
realizzate e ad accompagnare i processi di trasformazione ed innovazione che
caratterizzano l’insieme degli interventi realizzati in attuazione dell’integrazione delle
politiche d’istruzione, formazione e del lavoro.
Gli obiettivi prefigurati dall’analisi valutativa sono stati:
• un approfondimento valutativo degli ultimi anni della programmazione del POR Ob.
3 in relazione ai risultati conseguiti dall’attuazione dell’approccio integrato delle
politiche d’istruzione, formazione e del lavoro perseguito dalla Regione Emilia-
Romagna;
• una valutazione secondo l’ottica di genere di tali risultati, evidenziando le politiche
messe in atto nel territorio regionale. La valutazione degli ultimi anni della
programmazione del FSE è stata realizzata tenendo in considerazione gli Obiettivi
VISPO e una specifica metodologia valutativa elaborata dal CRAS;
• oltre ad offrire chiavi di lettura della programmazione 2000-2006 in funzione dei
macro-obiettivi della nuova programmazione, sono stati approfondite aree di policy
di maggior spessore strategico per il territorio regionale (le politiche per
l’occupabilita di giovani, over 55, atipici; l’imprenditorialità, l’innovazione,
l’immigrazione, la conciliazione).
Gli approfondimenti offerti si inseriscono in un processo che attraverso numerose fasi
(valutazione ex-ante, programmazione, attuazione, valutazioni in itinere, finale, ex-post)
è volto ad individuare le connessioni e i risultati delle politiche dell’istruzione,
formazione e lavoro attraverso la messa in evidenza di modelli, approcci e metodologie
innovative per il miglioramento del sistema e della programmazione regionale
Dall’analisi valutativa è emerso come l’impostazione strategica della programmazione
FSE 2000-2006 ha individuato nelle azioni di sistema uno dei principali dispositivi per
promuovere l’innovazione nei sistemi regionali, a partire dal mutamento profondo e
generalizzato del quadro regolativo nazionale. In questa cornice di riferimento, l’azione
di sistema ha rappresentato un processo in grado di aggregare soggetti, istituzioni ed
enti locali e attori privati, attorno a un obiettivo comune che ridefinisce il ruolo e gli
obiettivi delle politiche e quindi il sistema di governance a livello locale.
La nuova fase di programmazione 2007-2013 presenta numerosi aspetti di continuità
con la vecchia programmazione ma anche alcuni connotati estremamente innovativi.
3

L’accento posto sulla promozione dell’occupazione e dell’inclusione attraverso
l’integrazione dei tre sistemi dell’istruzione, formazione e lavoro, che ha contraddistinto
il vecchio Obiettivo 3, viene mantenuta e potenziata nella nuova fase. Tuttavia, si
intravede, altresì, una forte connotazione strategica rivolta alla promozione di
occupazione di qualità, all’innovazione dei processi produttivi e dei prodotti, alla spinta
verso l’economia della conoscenza e la competitività. Tutti questi aspetti derivano dalle
linee strategiche della Commissione Europea ed entrano con forza nei processi
programmatori regionali.
In quest’ottica di forte spinta innovatrice delle economie locali, l’integrazione dei
sistemi dell’istruzione, della formazione e del mercato del lavoro, assume una nuova
connotazione strategica. Non basta pertanto promuovere l’occupazione, ma occorre
garantire anche migliori posti di lavoro, attraverso percorsi di alta formazione e di
potenziamento delle competenze della forza di lavoro locale. A ciò va ad aggiungersi il
processo di accelerazione di ingresso e permanenza nel mercato del lavoro della
componente femminile della forza di lavoro locale. Si tratta, generalmente, di una
componente molto qualificata ma spesso estromessa dai processi produttivi, a causa
della mancanza di strumenti di supporto e di sostegno garantiti da servizi adeguati di
conciliazione vita/lavoro, ma anche dalla debolezza del grado di integrazione dei
sistemi..
In questa cornice di riferimento, l’attività realizzata dal CRAS ha definito, inoltre,
un’analisi valutativa che risponde all’esigenza di comprendere in che misura le risorse
regionali del FSE siano state impiegate alla promozione e al consolidamento della
permanenza della componente femminile nel mercato del lavoro locale. Il percorso
intrapreso è stato caratterizzato da più fasi in cui sono stati presentati documenti
valutativi intermedi che hanno avuto come oggetto differenti approfondimenti.
EXECUTIVE SUMMERY
1. Principali trend del mercato del lavoro nel trascorso periodo di
programmazione.
Al fine di ripercorrere gli elementi essenziali che delineano il percorso di sviluppo
socio-economico della Regione Emilia-Romagna durante il periodo di programmazione
2000-2006, è stata realizzata un’analisi del mercato del lavoro regionale in ottica di
genere, tenendo in considerazione gli obiettivi occupazionali regionali ed europei e
presentando approfondimenti a livello provinciale.
Dall’analisi è emerso come, in valori assoluti, la popolazione regionale è in crescita
rispetto al 2002, anche se uno sguardo più attento alle singole fasce di età mostra un
quadro non del tutto lineare. Rispetto al 2002, si riscontra un calo della fascia di età
compresa tra 15 e 34 anni sia per i maschi sia per le femmine. E’ un dato importante che
incide sulla capacità della regione di rinnovare la propria forza di lavoro.
Le forze di lavoro sono all’incirca 1.985.000 (dati al 2006), con una prevalenza dei
maschi nell’ordine del 56,2% rispetto alle femmine (43,8%). I tassi di attività della
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egione sono piuttosto alti e si pongono ai vertici delle regioni italiane (71,9 nella classe
di età compresa tra i 15 e i 64 anni), 79,3% per i maschi e 64,3% per le femmine.
Anche considerando i tassi di occupazione e disoccupazione, disaggregati per sesso, il
profilo regionale del mercato del lavoro si presenta di gran lunga migliore della media
nazionale e anche del Nord-Est.
Tav.1 - Principali indicatori della situazione occupazionale in Emilia Romagna, Nord-Est e Italia
nel 2000 e nel 2006. Valori percentuali
Ripartizioni
territoriali
1 Tasso di disoccupazione
Tasso di occupazione Tasso di disoccupazione
di lunga durata 2
2000 2006 2000 2006 2000 2006
Emilia Romagna 66,9 69,4 3,4 3,4 0,7 1,0
- Maschi 74,5 77,1 2,3 2,6 0,5 0,7
- Femmine 59,1 61,5 4,7 4,3 0,9 1,3
Nord-Est 64,2 67,0 4,2 3,6 0,8 1,2
Italia 54,8 58,4 10,2 6,8 5,0 3,4
Fonte: ISTAT, Indagine continua sulle forze di lavoro
La tabella mostra infatti una situazione occupazionale favorevole rispetto all’Italia e
anche allo stesso Nord Est per tutti e tre gli indicatori, anche se, a fronte di un buon
andamento dell’occupazione tra il 2000 e il 2006, non si è registrato alcun
miglioramento della disoccupazione totale e c’è stato un lieve peggioramento di quella
di lunga durata. Dal punto di vista di genere, inoltre, si è avuto un positivo aumento del
tasso di occupazione e una lieve riduzione di quello di disoccupazione, anche se
permane lo squilibrio rispetto alla forza lavoro maschile e l’aumento del tasso di
disoccupazione di lunga durata delle femmine è più forte di quello dei maschi.
Il confronto della situazione regionale con quella media comunitaria consente di
confermare il giudizio nel complesso positivo sulla performance del mercato del lavoro
regionale: la comparazione dei tre principali indicatori del mercato del lavoro in
relazione ai quali sin dalla prima fase della c.d. “agenda di Lisbona” erano stati fissati
degli obiettivi quantificati, infatti, mette in luce un buon grado di raggiungimento degli
stessi ed emerge una soddisfacente performance relativa anche sulla base di altri
indicatori.
Per quanto concerne i primi tre indicatori, la situazione della regione appare negativa
solo in relazione al tasso di occupazione dei lavoratori della classe 55-64 anni che,
comunque, nel 2006 si attesta su livelli superiori alla media nazionale e anche a quella
del Nord Est. Per gli altri due indicatori si registrano valori superiori al dato medio
dell’UE15, prossimo o superiori ai valori target che erano stati fissati per il 2010
(69,4% per il tasso di occupazione totale e 61,5% per quello femminile).
1 Persone in cerca di occupazione in età di 15 anni e oltre sulle forze di lavoro nella corrispondente classe
di età
2 Il numeratore è costituito da individui in cerca di occupazione da più di 12 mesi
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Tav.2 - Indicatori specifici della SEO 2003 e altri indicatori del mercato del lavoro. Anno 2006.
Valori percentuali
E-R Nord
Est
Italia UE 15 UE 25 UE 27
Target
UE al
2010
Tasso di occupazione totale 69,4 67,0 58,4 65,2 63,1 64,3 70,0
Tasso di occupazione femminile 61,5 56,0 46,3 57,4 56,3 57,1 60,0
Tasso di occupazione 55-64 anni 38,0 32,3 32,0 44,1 42,5 43,5 50,0
Tasso di disoccupazione 3,4 3,6 6,8 7,9 8,8 7,9 -
Tasso di disoccupazione di lunga durata 1,0 1,2 3,4 3,4 4,1 3,6 -
Fonte: ISTAT, Indagine continua sulle forze di lavoro
In relazione ai principali indicatori riferiti al profilo qualitativo del capitale umano
locale, che attestano una situazione abbastanza confortante sul piano nazionale, il
confronto con la situazione media comunitaria appare meno positivo.
Tav.3 - Indicatori principali della agenda di Lisbona sulla qualificazione del capitale umano. Anno
2006. Valori percentuali 3
E-R Nord-
Est
Italia UE
15
UE
25
UE
27
Target
UE al
2010
Tasso di scolarizzazione superiore (a) 78,8 79,5 74,8 74,6 77,5 77,4 85,0
Livello di istruzione della popolazione adulta (b) 45,0 47,5 49,2 33,3 30,3 30 -
Adulti che partecipano all'apprendimento permanente (c) 7,2 7,5 6,9 11,2 10,2 9,7 12,5
Early leave schoolers (d) 17,7 16,7 20,6 17,3 15,1 15,4 10,0
Laureati in scienze e tecnologia (e) 16,5 12,2 10,1 13,6 12,6 12,4 15,0
Fonte: ISTAT, Eurostat.
Come si può osservare nella tabella riportata sopra, per tutti gli indicatori eccetto la
quota di laureati in discipline tecnico-scientifiche, la performance regionale è al di sotto
di quella media dell’UE e lontana dal raggiungere gli obiettivi fissati per il 2010. In
particolare, il dato più critico è quello relativo alla partecipazione in età adulta ad
attività di formazione permanente, che, seppure superiore a quella dell’Italia, è
leggermente al di sotto della media del Nord-Est e ancora lontana sia dalla media UE
che dall’obiettivo fissato a livello comunitario per il 2010. Anche il dato che registra la
percentuale della popolazione in età compresa tra i 25 e i 64 anni che ha conseguito al
massimo un livello di istruzione secondario inferiore, seppure migliore di quello che si
registra nel Nord-Est e in Italia, è di parecchio più alto rispetto a quello dell’Unione
europea (UE 15 e UE 25), evidenziando la presenza di una popolazione adulta ancora
con livelli di istruzione non sufficientemente alti. Considerato il crescente
invecchiamento della popolazione e l’aumento del tasso di occupazione degli over 55
registrato negli ultimi anni, appare dunque necessario, nel ciclo di programmazione
3
(a) Percentuale della popolazione in età 20-24 anni che ha conseguito almeno il diploma di scuola
secondaria superiore
(b) Percentuale della popolazione in età 25-64 anni che ha conseguito al più un livello di istruzione
secondario inferiore. Il dato UE 15 e quello UE 25 si riferiscono al 2005.
(c)Percentuale della popolazione 25-64 anni che frequenta un corso di studio o di formazione
professionale;
(f) Abbandoni sul totale degli iscritti al primo anno delle scuole secondarie superiori.
(i) Laureati in discipline scientifiche e tecnologiche per mille abitanti, in età 20-29 anni. Il dato per
l’Emilia-Romagna è aggiornato al 2005.
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2007-2013, rafforzare fortemente le attività di formazione e di riqualificazione
professionale rivolte agli adulti.
Per quanto concerne il livello di abbandono prematuro degli studi da parte dei giovani,
la tabella mostra, inoltre, come esso, anche se più basso rispetto alla media italiana e
molto vicino alla media UE15, sia più alto rispetto a quello della media del Nord-Est e
dell’Unione allargata e ancora parecchio lontano rispetto all’obiettivo UE, fissato al
10%.
Dato totalmente positivo, invece, non solo rispetto alla media nazionale e del Nord-Est,
ma anche a quella comunitaria, è quello relativo ai laureati in scienze e tecnologia. E’
stato già raggiunto e superato l’obiettivo comunitario fissato al 15 per mille e la
performance regionale è molto buona anche rispetto alla media comunitaria. Si può
inoltre aggiungere che in Italia la Regione Emilia-Romagna fa registrare le quote più
elevate di laureati in discipline scientifiche e tecnologiche sia per gli uomini sia per le
donne, anche se il divario tra la quota di laureati e di laureate è tra i più marcati d’Italia.
2. I risultati del POR 2000-2006 della Regione Emilia/Romagna
Al termine della programmazione 2000-2006 del POR Ob. 3 della Regione Emilia-
Romagna appare utile analizzare e approfondire i risultati perseguiti e raggiunti con
chiavi di lettura ed approcci valutativi rivolti al futuro, al fine di offrire una integrazione
di conoscenza utile per l’avvio della nuova programmazione 2007-2013.
Nello specifico, l’ultimo triennio di programmazione 2004-2006 viene analizzato in una
visione d’insieme che tiene in considerazione le nuove priorità definite nel POR 2007-
2013, quali:
• Adattabilità
• Occupabilità
• Inclusione sociale
• Capitale umano
Sono le quattro priorità indicate dalla Commissione Europea nell’ambito del
Regolamento del FSE e sulle quali le politiche regionali dovranno far convergere la
propria azione coerentemente alle specificità del tessuto socio-economico e ai punti di
forza e debolezza del mercato del lavoro.
A tali priorità, si è scelto di aggiungere un ulteriore approfondimento valutativo relativo
alla conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare per la particolare attenzione
dedicata dalla Regione Emilia-Romagna alla problematica e per la rilevanza che assume
tale politica nell’ambito del perseguimento degli obiettivi di parità tra uomini e donne,
soprattutto in relazione all’aumento della partecipazione delle donne nel mercato del
lavoro, alla progressione di carriera ed a creare le condizioni per le quali una donna o un
uomo possano scegliere liberamente e con le stesse condizioni di partenza, tra vita
familiare e quella lavorativa.
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Coerentemente all’interpretazione che è stata data alle politiche che saranno oggetto
della prossima programmazione, sono state individuate delle tematiche interne alle
priorità con la finalità di guidare il policy maker a leggere e valutare le scelte compiute
nel passato in funzione di una migliore e più efficace programmazione futura.
Riepilogando i dati di monitoraggio fisico di tutta la programmazione 2000/2006 (al
31/12/2006) emerge quanto segue:
• i progetti approvati sono 27.830, per un costo totale di oltre 1.407 milioni di
euro;
• i destinatari approvati previsti nei progetti sono pari a 993.761 di cui 45.650
(4,6% sul totale) approvati per la Misura E1;
• ad avvio attività risultano 914.128 allievi (di cui il 51,2% allieve), mentre i
destinatari registrati al termine delle attività sono pari a 816.097, l’82% circa di
quelli approvati, dove le donne rappresentano sempre il 51,2% del totale.
L’approfondimento condotto è relativo all’ultimo triennio 2004-2006, nel quale sono
stati approvati 10.847 progetti per un importo totale di oltre 516 milioni di euro, di
queste l’88,3% delle attività risultano a titolarità provinciale. Per il 77% si riferiscono
ad azioni rivolte alle persone, a seguire le azioni rivolte ai sistemi (13,2%) e quelle di
accompagnamento (9,7%). Le azioni rivolte alle persone sono state finanziate
soprattutto attraverso la programmazione provinciale, mentre le azioni di sistema sono
state per il 43,8% finanziate dalla Regione.
L’analisi si è concentrata sugli obiettivi perseguiti dai progetti approvati. attraverso una
mappatura degli interventi approvati che mette in evidenza il legame tra i contenuti con
le priorità della nuova programmazione 2007-2013: Adattabilità, Occupabilità,
Inclusione Sociale e Capitale umano. I destinatari relativi ai progetti approvati (per gli
anni 2004/2006) per le tematiche oggetto dell’analisi sono stati 300.104.
Complessivamente emerge una forte concentrazione degli interventi sull’Asse
Adattabilità (50,3%), confermata dalla forte partecipazione di destinatari (44,0%
rispetto al totale), pur avendo una minore rilevanza dal punto di vista finanziario
(25,2%).
Importante area tematica è lo sviluppo del Capitale Umano dove sono concentrate il
45,4% delle risorse finanziarie e il 40,7% dei destinatari. La politica dell’Inclusione
sociale evidenzia una buona quota finanziaria (14,6%) e un numero di progetti approvati
pari all’11,7%.
L’Occupabilità evidenzia una quota finanziaria cospicua (14,8%) e una meno rilevante
partecipazione.
L’analisi per Asse ha mostrato come le azioni presentate sull’Asse D costituiscono il
37,4% del totale. Questo risultato è determinato dalla Misura D1 che raccoglie nell’area
tematica dell’Adattabilità il 62,3% dei progetti. Per la politica dell’Occupabilità sono
interessanti e in linea i dati sulla Misura A2 e E1 che raccolgono il 36,8% e 32,8% sul
totale.
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Tav.4 - Anni 2004/2006 Progetti, costo totale, partecipanti approvati per area tematica (v.a. e %)
Progetti Partecipanti approvati
Area Tematica
2004 2005 2006 Tot. %
%
Costo
totale
Province RER Tot. %
Adattabilità 2.004 1.634 1.823 5.461 50,3 25,2 108.397 23.727 132.124 44
Capitale umano 1.242 780 910 2.932 27,0 45,4 118.767 3.515 122.282 41
Inclusione
sociale
446 371 450 1.267 11,7 14,6 16.985 5.712 22.697 7,6
Occupabilità 423 364 400 1.187 10,9 14,8 20.929 2.072 23.001 7,7
Totale 4.115 3.149 3.583 10.847 100,0 100 265.078 35.026 300.104 100
% 37,9 29 33 100 88,3 11,7 100
Per quanto riguarda la tematica dell’Adattabilità l’analisi ha evidenziato il forte
impulso verso la formazione continua che rappresenta (insieme alla formazione
continua per imprese e nella pubblica amministrazione) il 68,4% sul totale degli
interventi, seguita dalla formazione permanente (22,6%). Altra tematica particolarmente
rilevante per l’approfondimento valutativo che è stato successivamente condotto , anche
se numericamente molto inferiore, riguarda la formazione per la creazione d’impresa
(2,2%) con azioni di accompagnamento e sostegno allo sviluppo e consolidamento delle
neo imprese. In questo caso è stata individuata una differenziazione tra questa
formazione e i servizi e supporto all’impresa femminile nel cui target specifico sono
appunto le donne (0,7%).
Alla tematiche riferite all’Occupabilità è destinato il 10,9% del totale dei progetti
2004/2006; di questi il 28,6% sono interventi riguardanti l’inserimento o reinserimento
lavorativo. Sono progetti a forte contenuto professionalizzante, il cui intento è
promuovere la partecipazione al mercato del lavoro favorendo l’acquisizione di
competenze lavorative ad hoc. Di rilievo è il dato riguardante la Misura E1 che finanzia
i progetti di inserimento e reinserimento lavorativo per il 74% circa. L’obiettivo è stato
di migliorare l’occupabilità delle persone in cerca di lavoro da realizzarsi con l’offerta
sistematica e generalizzata di azioni capaci di incidere sull’aumento dei tassi di attività.
Il 16,1% dei progetti è stato finalizzato a favorire l’ingresso nel mondo del lavoro,
approfondire le conoscenze acquisite durante gli studi ed applicarle nella pratica (work
experience, tirocini). I progetti di alternanza scuola-lavoro, una delle forme di
integrazione tra il sistema lavoro e quello dell’istruzione, hanno rappresentato l’11%
degli interventi in questo ambito.
Relativamente alla tematica dell’Inclusione sociale sono state le azioni di inserimento
socio lavorativo (comprese quindi le azioni di formazione diretta all’acquisizione di
competenze specifiche e professionalizzanti) ad interessare la maggioranza degli
interventi (il 67,3% dei progetti), seguita dalla formazione per operatori (20,4%)
finalizzata a migliorare la qualità del sistema formativo. Questi interventi diventano
strategici sul target degli operatori quando il loro impianto favorisce il rafforzamento e
l’acquisizione di competenze specialistiche da utilizzare nei confronti di utenze
svantaggiate.
Delle azioni di work experience sono evidenziati quei progetti destinati a target specifici
(diversamente abili, persone svantaggiate, detenuti, immigrati, ecc.) che rappresentano
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sul totale l’8,4%. Il 9,7% dei progetti sul totale sono stati approvati nell’ambito della
misura E1 e sono diretti all’aggiornamento delle competenze nei lavori di cura, nei
servizi socio assistenziali e la qualificazione delle azioni di assistenza per quanto
riguarda la formazione agli operatori; mentre relativamente all’inserimento socio
lavorativo si tratta nella maggioranza di azioni formative per l'inserimento sociale e
lavorativo di cittadine straniere.
Nell’ambito della politica del Capitale Umano sono stati approvati tutti quei progetti
finalizzati a migliorare i sistemi della formazione e dell’istruzione che
complessivamente raggiungono l’11% del totale dei progetti e a sviluppare modalità di
integrazione (protocolli, percorsi, sistemi informativi comuni, ecc). Strettamente
collegate alle politiche del lavoro le politiche dell’istruzione e della formazione
costituiscono un sistema che deve consentire, durante tutto l’arco della vita, di crescere
e migliorare il proprio profilo professionale. Sono le attività relative all’obbligo
formativo quelle più numerose che nell’aggregazione con le azioni di orientamento e
dispersione scolastica rappresentano il 35,9% dei progetti sul totale, cui corrisponde un
peso finanziario pari al 52%.
A seguire gli interventi di formazione superiore (Misura C3) con il 35,8% sul totale dei
progetti cui corrisponde un peso finanziario pari al 28% sul totale. Il 15% circa dei
progetti ricade nelle attività individuate come “acquisizione di competenze” che
riguardano tutti quei corsi che consentono l’acquisizione di competenze tecniche
fortemente orientate alla professione lavorativa.
I percorsi di integrazione, che rappresentano il 2,1% dei progetti sul totale, riguardano le
azioni progettuali destinate far incontrare i tre sistemi scuola, formazione professionale
e università attraverso azioni formative rivolte a: dirigenti, operatori del sistema locale,
alunni frequentanti gli ultimi anni della scuola dell’obbligo, anche per definire percorsi
di raccordo scuola-lavoro. La metà circa di questi progetti contengono azioni di
mainstreaming, in particolare per la presenza di rappresentanza femminile in fase di
progettazione e/o realizzazione e/o valutazione dell'attività o per la presenza, all'interno
dell'attività o ad essa collegata, di servizi e strutture di assistenza ai familiari delle
donne coinvolte nel progetto.
3. Gli approfondimenti realizzati
3.1 Occupabilità: i giovani, gli atipici e gli over 55
L’indagine ha considerato alcuni progetti finanziati dal FSE Obiettivo 3 Emilia
Romagna nel periodo 2004-2006. Sono stati selezionati i progetti con un target specifico
in riferimento a tre gruppi sociali, nell’ambito della dimensione dell’occupabilità e delle
politiche attive del lavoro, ovvero i giovani, gli atipici, gli over 55, con un’attenzione
particolare, per tutti e tre i gruppi, alla componente femminile.
Nel periodo 2004-2006, su un totale di 10847 progetti, 1109 possono essere ricondotti al
tema dell’occupabilità per una spesa totale di 98.159.277 euro nel triennio considerato. I
progetti finanziati sono stati classificati in 6 categorie descrittive: atipici, giovani in
formazione superiore, inserimento lavorativo giovani, giovani in obbligo, orientamento
giovani, over 45. La categoria con i progetti più numerosi è stata quella rivolta alla
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formazione superiore per i giovani (460), mentre lo svantaggio (31) e l’orientamento
(52) hanno rivestito in questo quadro un ruolo secondario. Gli atipici sono stati coinvolti
in 257 progetti, mentre gli over 45 in 49 interventi. L’asse A, misura 2, ha finanziato il
maggior numero di progetti nel triennio ed è l’unico che ha interessato tutte le categorie
coinvolte nell’indagine, poiché rappresenta il canale privilegiato per la sperimentazione
e l’implementazione di interventi finalizzati all’inserimento lavorativo. Gli assi rivolti
alla formazione e all’aggiornamento delle competenze (C3 e D1) sono altrettanto ben
rappresentati, così come l’asse E1 con un orientamento mirato alle politiche di genere.
La percentuale maggiore dei finanziamenti ha riguardato i giovani inseriti in formazione
superiore (35,8%) a seguire i giovani nei percorsi di inserimento lavorativo (25,1%) e i
giovani in obbligo (19,1%), mentre agli atipici è corrisposto il 13% circa dei
finanziamenti.
Nel triennio sono stati coinvolti quasi 21mila destinatari in tutta la regione. Il gruppo
più numeroso è rappresentato dagli atipici, dai precari e da coloro che soffrono rapporti
di lavoro poco stabili, seguono coloro che sono stati interessati a percorsi di formazione
superiore, e di inserimento lavorativo. Uno sguardo alle classi di età mostra come siano
stati coinvolti in maggior numero i destinatari dai 15 ai 19 anni (6005 persone in
percorsi relativi all’obbligo scolastico, l’orientamento e l’inserimento lavorativo),
seguiti da 3204 allievi della classe “centrale” da 35 a 44 anni (soprattutto per gli atipici)
e da 2663 destinatari della classe 20-24 anni (in percorsi di formazione superiore).
La suddivisione di genere appare perfettamente equa: le donne rappresentano il 50% dei
destinatari raggiunti dai progetti, con punte massime pari al 57% nei percorsi di
formazione superiore e minime del 31% nei progetti rivolti a giovani svantaggiati. Le
fasce di età più rappresentata dalle donne sono quelle giovanili e centrali (da 20 a 49
anni).
I destinatari raggiunti possiedono generalmente titoli di studio di livello basso: nessun
titolo, licenza elementare o licenza media); in seconda battuta rientrano coloro che
hanno conseguito almeno una qualifica professionale o un diploma di scuola media
superiore, mentre coloro che sono in possesso di un titolo alto (IFTS, laurea o titolo post
laurea) rappresentano soltanto il 15% dei destinatari.
In generale, appaiono particolarmente bassi i titoli conseguiti da coloro che hanno
partecipato a percorsi di inserimento lavorativo, e per l’obbligo scolastico o
l’orientamento; viceversa per i percorsi di formazione superiore si richiedono titoli di
accesso naturalmente più elevati. La componente femminile del campione di
partecipanti analizzato possiede generalmente titoli di studio più elevati dei maschi,
soprattutto in alcune categorie quali i giovani svantaggiati, e i giovani in obbligo
formativo o in inserimento lavorativo.
In conclusione per questi gruppi, sono emerse alcune tematiche di indubbio rilievo e che
attengono almeno a quattro fattori: (a) i tassi di occupazione e disoccupazione; (b) le
condizioni di precariato e di instabilità lavorativa; (c) i redditi percepiti; (d) la necessità
di adeguare le competenze alle esigenze del mercato e delle imprese.
Occorre sottolineare come per il numero dei progetti approvati e la tipologia di azioni
sperimentate (soprattutto formative), la programmazione regionale ha risposto alle
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urgenze sociali espresse da alcuni gruppi. E’ stata posta particolare attenzione
all’aggiornamento delle competenze dei gruppi a rischio di obsolescenza (gli over 45),
soprattutto con interventi volti a fornire conoscenze e competenze tecniche di base.
Rientrano in questo caso, le iniziative formative riguardanti l’apprendimento di una
lingua straniera o l’utilizzo di programmi o applicazioni informatiche. Altre iniziative
miravano a migliorare il set competitivo di alcune imprese, soprattutto le PMI, puntando
direttamente all’aggiornamento strategico delle figure professionali over 45.
Occorre dire che un primo screening dei progetti ha rilevato un numero enormemente
maggiore di azioni formative di base (rivolte cioè ai singoli) rispetto alle azioni
strategiche (rivolte alle imprese). I progetti hanno perciò viaggiato su un livello di
specializzazione medio-bassa.
Molto di più si è fatto per i giovani: attraverso i canali della formazione in obbligo
scolastico, la formazione superiore, l’orientamento e l’inserimento lavorativo, la presa
in carico in situazioni di svantaggio sociale. Con i progetti rivolti all’inserimento
lavorativo immediato, ma anche per i giovani in condizioni di svantaggio, la
programmazione regionale e provinciale ha inteso fornire ai giovani coinvolti gli
strumenti pratici e le competenze necessarie per entrare nel mondo del lavoro
cominciando a delineare un percorso professionale puntuale. I progetti di formazione
superiore si sono rivolti a un target più elevato (destinatari con titoli di studio superiori)
ma sempre puntando alla definizione di percorsi professionali e figure immediatamente
spendibili sul mercato del lavoro locale.
Negli altri casi (obbligo e orientamento), si è voluto fornire un supporto all’integrazione
autentica dei sistemi dell’istruzione, della formazione e del lavoro attraverso interventi
di accompagnamento al lavoro, orientamento e socializzazione al lavoro anche mediante
l’applicazione della formazione “just in time”.
Per quanto attiene agli atipici, l’orientamento della programmazione regionale e
provinciale è stato quello di garantire lo sviluppo di competenze tecnico-professionali,
competenze trasversali, lo sviluppo di competenze avanzate, nonché il consolidamento
di percorsi per l’autoimprenditorialità: tutto questo al fine di rafforzare la posizione di
un gruppo sociale già per definizione precario. L’orientamento è stato, pertanto,
coerente, con la domanda di stabilizzazione espressa a livello regionale.
Rispetto al criterio dell’efficacia, nel settennio precedente, come indicato puntualmente
nelle linee di programmazione per il sistema di istruzione, di formazione e per il lavoro
per il triennio 2007-2009 sono stati conseguiti alcuni importanti risultati.
La programmazione delle azioni dei servizi per il lavoro, in relazione a questo target di
utenza, si è posta come obiettivo principale quello di fornire servizi informativi e di
orientamento efficaci, supporto all’inserimento lavorativo, accompagnamento e
tutoraggio nella transizione al lavoro con particolare attenzione ai soggetti più deboli e/o
con maggiori difficoltà occupazionali.
Nell’ambito del governo integrato delle politiche dell’istruzione e della formazione e
per lo sviluppo della rete scolastica sono stati realizzati interventi per: la promozione
della rete, l’integrazione tra scuola e formazione professionale, la promozione del
benessere e del successo formativo di tutti gli studenti, la transizione dalla scuola media
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inferiore alla scuola superiore, l’integrazione nell’ultimo triennio della scuola superiore
e il raccordo scuola-lavoro.
Le attività destinate alla formazione per l’inserimento e il reinserimento al lavoro di
giovani ed adulti disoccupati/inoccupati si prefiggevano l’obiettivo di rispondere sia alle
aspettative delle persone sia alle esigenze delle aziende relativamente ad ambiti
professionali molto richiesti sul mercato del lavoro locale. Una parte rilevante delle
attività è stata rivolta agli adulti non occupati del territorio, uomini e donne con più di
40 anni, in genere con bassa scolarità o con diversi tipi di svantaggio.
Per rispondere all’esigenza di realizzare un servizio formativo di accompagnamento al
lavoro degli utenti dei Centri per l’Impiego (CIP) da utilizzare in tempo reale, dal 2004
sono state programmate azioni specifiche che mettono a disposizione un catalogo di
attività formative (percorsi formativi brevi – 30 ore, sia in forma individuale sia per
piccoli gruppi, distribuiti sull’intero territorio provinciale) finalizzate a migliorare la
loro occupabilità.
E’ indubbio, anche guardando l’evoluzione degli indicatori e le statistiche sul mercato
del lavoro regionale che il contesto va migliorando lentamente. I tassi di occupazione e
di attività sono in crescita, sia per la componente maschile, sia per quella femminile.
Diminuiscono i tassi di disoccupazione, soprattutto i tassi giovanili e giovanili
femminili; aumenta l’occupazione over 55 che lentamente si avvicina ai target di
Lisbona. In uno scenario complessivamente positivo, emergono tuttavia alcune nodi che
occorre sciogliere nella programmazione attuale (2007-2013).
Per quanto riguarda il contributo specifico che la programmazione del Fondo Sociale ha
potuto dare ai gruppi di riferimento, l’analisi delle attività poste in essere, traguardata
alla lettura del contesto socioeconomico, consente certamente di trarre spunti
importanti. Sebbene una parte molto importante dei destinatari della formazione sia
stata rappresentata da persone, uomini e donne, con titoli di studio bassi, tuttavia,
andrebbe dedicata a questo target, per la sua diffusione sul mercato del lavoro, ancora
una peculiare attenzione. D’altro canto, non si può prescindere dalla definizione di
percorsi professionali e formativi anche per i destinatari con titoli di studio più elevati.
Va intensificato lo sforzo di intercettare un maggior numero di lavoratori atipici ed
anziani nelle attività formative, soprattutto nella formazione continua e permanente,
soprattutto se donne.
Occorre sostenere i processi di formazione e aumento del reddito di ampie categorie
della popolazione che svolgono mansioni poco qualificate, lavorano part-time o sono a
rischio di esclusione sociale e/o lavorativa.
Resta significativo il problema relativo alla prevenzione della disoccupazione giovanile
intellettuale, e non va quindi abbandonato un filone di attività orientative e formative
che migliori l’incontro domanda/offerta di lavoro.
Sebbene la componente femminile sia stata ampiamente rappresentata nei destinatari
della precedente programmazione, va tuttavia ridotto il divario presente tra uomini e
donne nella formazione continua, e va comunque tenuta alta l’attenzione alle donne
prive di lavoro e che lo cercano, ancora molto numerose nel territorio.
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Va data continuità e consolidamento alla attività svolta per le persone a rischio di
emarginazione sociale, con particolare riferimento alle persone disabili, ma anche ai
gruppi appartenenti alle nuove fasce di urgenza sociale (povertà, immigrazione, precari
con redditi bassi).
Queste scelte e priorità scaturiscono dalla considerazione che, in un periodo di rapido
progresso tecnologico, di cambiamento demografico e di crescita significativa del
settore dei servizi, è naturale che si tenga conto di una maggiore flessibilità delle
imprese e dei lavoratori ma anche di una maggiore sicurezza dei lavoratori, secondo
quanto espresso dalla Commissione Europea sul tema della flessicurezza. La chiave di
volta per la conciliazione degli aspetti legati alla flessibilità e alla sicurezza dei
lavoratori rimane un nodo cruciale che deve essere affrontato e, possibilmente sciolto,
nell’attuale programmazione.
Infatti, nuove forme di contratti atipici e di contratti standard flessibili (come, ad
esempio, i contratti a tempo parziale, i contratti a tempo determinato, i contratti
temporanei tramite agenzie interinali, i contratti ricorrenti proposti a lavoratori
autonomi, i contratti a progetto), alcuni dei quali sono per loro natura precari,
costituiscono oggi una parte sempre maggiore del mercato regionale, nazionale ed
europeo del lavoro. Tali forme di rapporto contrattuali, se integrate dalle necessarie
garanzie di sicurezza per i lavoratori, possono contribuire ad assicurare alle imprese
l'adattabilità necessaria nel nuovo contesto internazionale e, nello stesso tempo, a
rispondere a specifiche esigenze dei lavoratori per un equilibrio diverso fra vita privata
e familiare e formazione professionale.
Rimane assodato che l'occupazione a tempo parziale è prevalentemente una
caratteristica dell'occupazione femminile, in quanto rappresenta spesso una strategia di
compromesso che le donne mettono in atto a causa della mancanza di strutture
accessibili e a buon mercato per l'assistenza ai bambini e alle persone non
autosufficienti. La programmazione attuale deve tenere in debito conto che i tentativi di
promozione dell'uguaglianza di genere non hanno finora raggiunto gli obiettivi preposti
e che il divario retributivo tra uomini e donne e l'assenza di disposizioni per la
conciliazione della vita familiare e professionale e di servizi di assistenza all'infanzia
restano problemi chiave per le lavoratrici e i lavoratori della Regione.
3.2 L’imprenditorialità femminile
Le attività a sostegno dell’imprenditorialità promosse col contributo del FSE incidono
sul sistema imprenditoriale regionale seguendo le linee d’azione definite nei documenti
programmatici, rispettandone, con intensità variabile, l’orientamento verso le moderne
attività di servizio (nuovi bacini d’impiego, economia sociale, terziario avanzato),
sebbene una comprensione esatta dei contenuti tematici non sia facile a causa della
genericità delle informazioni disponibili in merito a un numero ragguardevole di
progetti. Parimenti disagevole risulta la misurazione dell’incidenza sulla politica
generale per la mancanza di informazioni sugli esiti (in termini di reale creazione
d’impresa) delle numerose attività di formazione e di diffusione della cultura d’impresa.
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Gli interventi sono comunque peculiari: innanzitutto per l’ampiezza del bacino d’utenza
intercettato nel corso del periodo di programmazione in esame: oltre 8.600 persone, a
valere su 423 progetti avviati, che hanno ricevuto contributi superiori ai 2 milioni di
euro (pari al 3,9% del periodo in esame), le donne coinvolte hanno rappresentato il
50,2% dell’utenza totale coinvolta dagli interventi sulla policy per l’imprenditorialità;
nella formazione per la creazione d’impresa si realizza l’impegno finanziario maggiore,
mentre decisamente più contenuto è l’impegno finanziario nelle altre aree di intervento
individuate in seno alla policy.
L’analisi fin qui condotta conferma che la presenza femminile nel fare impresa, pur tra
luci ed ombre, costituisce la principale dinamica che ha investito la domanda di lavoro
in termini di quantità e qualità nell’ultimo decennio. Il contesto emiliano-romagnolo è
particolarmente favorevole alla libera impresa, per condizioni economiche, fattori socioculturali,
sensibilità istituzionale. D’altra parte il mercato del lavoro rileva la persistenza
di tassi di partecipazione delle donne nettamente superiori alla media nazionale e
prossimi agli obiettivi europei (il periodo 2000-2006 ha registrato, inoltre, un
progressivo coinvolgimento delle donne nelle dinamiche imprenditoriali).
Uno scenario, inoltre, supportato dal marcato innalzamento dei livelli di
scolarizzazione, accompagnato anche a percorsi formativi che hanno cominciato a
mettere in comunicazione i mondi dell’istruzione, della formazione, del lavoro, sia
collegato alla crescita delle imprenditrici e anche alla possibilità che un ulteriore
aumento delle donne, protagoniste attive dello sviluppo, possa introdurre nello stesso
elementi di inedita qualità sociale, oltre che contribuire alla sua ripresa.
La legge sull’imprenditoria femminile è stato uno strumento che ha agito in modo più
ampio e il cui effetto è andato ben oltre l’incentivo economico. Ha alimentato la
produzione di cultura nuova: le donne hanno capito che potevano scegliere di fare
impresa, avendone capacità, competenze, passione, creatività. Ha fatto emergere la
necessità di agire sempre più in modo trasversale, avvicinando sempre più le donne e gli
strumenti legislativi “generali”. Questo impegno ha prodotto, da una parte, una
condivisa e diffusa attenzione alle specificità di genere, anche negli strumenti che
parrebbero essere più neutri e, dall’altra, un incremento del numero di donne che
accedono alle opportunità.
Nonostante tale tendenza sostanzialmente positiva, l’imprenditoria femminile regionale
presenta ancora delle criticità:
- il tasso di femminilizzazione delle imprese è ancora basso, come nel resto del
Paese (il 23,5% con un picco al sud del 26,5%), e l’incidenza media delle donne
sulla popolazione imprenditoriale regionale inferiore alla media nazionale;
- la galassia delle imprese femminili non si discosta dalle caratteristiche generali
delle imprese dentro uno sviluppo “diffuso” (micro e piccole, in prevalenza);
- una presenza maggiore di imprese femminile nel settore terziario (soprattutto
nei servizi sociali e personali) e, conseguentemente, il rischio che il dato si
consolidi in termini di segregazione settoriale;
- sono più numerose le imprese individuali e le società di persone in coerenza
con una tipologia d’impresa che rivela, insieme a maggiore determinazione e
impegno, elementi di fragilità;
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- il sottodimensionamento delle imprese, cui corrisponde una scarsa
partecipazione delle donne alle società di persone e di capitali;
- persistenti difficoltà nella conciliazione tra vita privata e professionale da parte
delle imprenditrici e delle aspiranti imprenditrici;
- la rete familiare è fondamentale per le donne che fanno impresa non solo come
supporto e aiuto concreto ma anche come fattore di successo, specie per quanto
attiene ai rapporti “paritari” con il partner;
- la pesantezza della burocrazia è percepita come una difficoltà dalle
imprenditrici in misura molto più spiccata rispetto ai loro colleghi;
- anche l’accesso al credito è più problematico specialmente per quanto attiene
alle garanzie patrimoniali richieste.
Senza dubbio le politiche per l’imprenditorialità attuate nel periodo 2000-2006 hanno
contribuito a far progredire la Regione verso gli obiettivi quali-quantitativi definiti dalle
Guidelines della SEO. In tal senso appaiono di particolare rilievo le azioni per
l’integrazione sistematica del principio delle pari opportunità nelle politiche di sviluppo
economico, oltre che per la sensibilizzazione delle strutture territoriali in relazione alla
necessità di riformare i sistemi d’informazione secondo un’ottica di genere.
Da un punto di vista meramente economico, va rilevato come, nel periodo considerato,
sono state messe a disposizione delle imprese femminili e delle aspiranti imprenditrici
risorse finanziarie considerevoli, sia per l’avvio d’attività sia per l’ammodernamento
delle imprese esistenti, in particolare, attraverso la Legge 215/92, le leggi di settore
(artigianato e commercio), la quota di finanziamenti concessi alle imprese femminili
sulla base del PSR, gli interventi finanziati in seno al Fse Ob.3 sulle singole misure. Va
comunque, registrato come i canali di finanziamento non specificamente differenziati
abbiano generalmente destinato quote minime, in alcune situazioni residuali, alle
imprese femminili.
Nell’ambito della formazione finalizzata allo sviluppo dell’imprenditorialità l’impegno
finanziario risulta notevole, per quanto sia difficilmente praticabile una valutazione
degli esiti imprenditoriali. Le attività formative orientate alla creazione d’impresa
femminile nei settori tecnologici costituiscono senza dubbio una buona pratica per
nuovi interventi di desegrazione settoriale. Tutto ciò sollecita politiche e interventi che
assecondino i trend positivi e richiede operatività sui nodi che ancora ostacolano il
massimo sviluppo e utilizzazione delle risorse femminili.
Vi sono, infatti, aree importanti dell’imprenditoria femminile che fanno riferimento ad
assessorati diversi (agricoltura, turismo, commercio, ambiente) con i quali sarebbe
interessante avviare quantomeno un confronto sulle esperienze e sui bisogni prioritari,
propedeutici ad una riflessione comune sulle leve possibili per lo sviluppo.
Per dare continuità al lavoro sin qui effettuato, la Regione sceglie tre grandi tematiche:
la valorizzazione dell’economia delle donne, per intervenire sul deficit di conoscenza
quantitativa e qualitativa sull’effettiva diffusione e sulle caratteristiche
dell’imprenditorialità delle donne nella Regione; la promozione della presenza
femminile nell’economia e nel sistema competitivo regionale, attraverso azioni dirette a
costruire nei soggetti del sistema stesso le condizioni di superamento di tutte le
discriminazioni di accesso alle opportunità; infine, azioni di supporto diretto alla
16

crescita, allo sviluppo e alla qualificazione delle imprese e dell’imprenditorialità’ delle
donne.
Strumento attuativo continua ad essere il Programma Imprenditoria Femminile, che
pone una rinnovata enfasi e un forte impegno sui temi ritenuti critici e strategici per
colmare i deficit di genere segnalati: l’innovazione, il credito, le reti.
Infine, la programmazione dei fondi strutturali (2007-2013) integra a pieno titolo il
principio di pari opportunità, nel perseguimento degli obiettivi di Lisbona.
In particolare, il FESR punta all’inclusione nei processi di trasformazione del sistema
produttivo regionale dell’imprenditorialità femminile, alla partecipazione femminile alle
reti della ricerca e del trasferimento tecnologico e i processi di cambiamento del sistema
produttivo, alla promozione dell’iniziativa femminile nelle progettualità in ambito
urbano con particolare attenzione alle dimensioni di salvaguardia e valorizzazione dei
patrimoni ambientali e culturali.
Il FSE promuove il raggiungimento della parità di genere nelle azioni dirette alla
formazione continua e permanente e nei percorsi di avanzamento di carriera, con
attenzione alle misure di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, oltre che nelle
azioni volte alla partecipazione delle donne ai processi di trasferimento dell’innovazione
e della ricerca nelle imprese.
3.3 Innovazione e ottica di genere
Le attività a sostegno dell’innovazione promosse in Emilia-Romagna col contributo del
FSE nel periodo compreso tra il 2004 e il 2006 incidono sul sistema regionale seguendo
le linee d’azione definite nei documenti programmatici e rispettandone l’orientamento
diretto all’integrazione delle politiche dell’istruzione, della formazione e del lavoro,
intesa come elemento chiave per realizzare un effettivo intreccio tra apprendimento
teorico e applicazione concreta.
L’obiettivo di costituire una sorta di rete tra tutti i soggetti che intervengono nel
processo di crescita delle competenze, come premessa per lo sviluppo formativo e
l’inserimento lavorativo è stato perseguito attraverso i progetti messi in atto, finalizzati
in particolare alla formazione e all’accompagnamento a spin-off o start-up nei settori
innovativi, alla promozione e sostegno dell'innovazione nelle imprese e alla formazione
di figure professionali altamente specializzate.
L’analisi proposta ha messo in luce come il contributo del Programma Operativo
Regionale Ob.3 2000-2006 alla politica dell’innovazione sia stato rilevante, soprattutto
in relazione alle politiche per lo sviluppo del capitale umano, attraverso interventi
formativi finalizzati alla specializzazione e alla ricerca, alla costituzione di imprese
innovative e allo sviluppo tecnologico. Sono state finanziate tre Sovvenzioni Globali
“creazione d’impresa”, “alta formazione” e “voucher per l’alta formazione”, e, nel
periodo compreso tra il 2004 e il 2006, sono stati promossi 672 progetti, che hanno
contribuito sensibilmente al perseguimento degli obiettivi strategici sul tema
dell’innovazione. A questi possono essere aggiunti, inoltre, 427 progetti relativi alla
formazione permanente nei settori innovativi e 43 all’adeguamento delle competenze
della pubblica amministrazione nei settori innovativi.
17

Le Sovvenzioni Globali, di cui la Regione Emilia-Romagna si è servita per la gestione
di alcune misure chiave per la costituzione di capitale umano specializzato per la ricerca
e l’innovazione e per lo sviluppo e il consolidamento dell’imprenditorialità (C3, D3 e
D4) hanno coinvolto, in totale 4797 soggetti beneficiari, di cui circa il 53% donne.
Attraverso la SG Spinner (creazione d’impresa), la Regione ha favorito la qualificazione
e il rafforzamento delle risorse umane nel campo della scienza, valorizzando il
potenziale tecnologico e della ricerca e favorendo il collegamento tra i centri di
produzione della conoscenza e il mondo dell’impresa. Con l’Azione 1 è stato erogato un
pacchetto di servizi e agevolazioni (orientamento, formazione, tutoraggio, assistenza
tecnico-specialistica, agevolazioni finanziarie) per il completamento di piani di
assistenza e formazione concernenti idee d’impresa innovativa a 1.148 soggetti
beneficiari (studenti, laureandi, neo-laureati, dottorandi, dottorati, ricercatori, tecnici di
laboratorio, docenti, imprenditori, autonomi, tecnologi, inventori), dando un contributo
notevole al rafforzamento della competitività del territorio regionale.
Tramite la SG Symposium, invece, la Regione, negli anni accademici 2002/2003 e
2003/2004, ha finanziato 146 Master Universitari Integrati di I e II livello, agevolando
concretamente 2728 beneficiari. I Master Universitari Integrati hanno rappresentato una
tipologia sperimentale di percorso formativo, fondandosi sulla collaborazione tra Enti di
Formazione Professionale e Strutture Universitarie e sono stati caratterizzati da una
ridefinizione dei modelli formativi e delle strategie didattiche di riferimento, per
coniugare quanto previsto dai regolamenti accademici, dalle direttive regionali e dai
regolamenti FSE. La presenza, all’interno dell’offerta formativa dei master, del periodo
di tirocinio in azienda, ha rappresentato un importante elemento di contatto tra il mondo
dell’istruzione e del lavoro: la possibilità offerta ai giovani di fare un'esperienza di
lavoro e di formazione on the job, per arricchire il proprio curriculum formativo o per
completare il proprio percorso di studi attraverso momenti di conoscenza pratica e
diretta del mondo produttivo, rappresenta infatti un valido strumento di formazione per
favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro e per contrastare la disoccupazione.
Nel biennio 2004-2005, infine, è stato dato avvio alla Sovvenzione Globale “voucher
per l’alta formazione”, gestita anch’essa dal Consorzio Symposium come Organismo
Intermediario. I master effettivamente messi in atto dagli atenei a fronte
dell’assegnazione dei voucher sono stati 54 di cui 13 relativi al settore tecnicoscientifico
in senso stretto e 12 alle politiche di filiera, di qualità e di sicurezza dei
prodotti agroalimentari e alle politiche per l'ambiente e per il sistema energetico,
anch’esse dai contenuti innovativi e tecnologico-scientifici. Per quanto concerne i
destinatari, le domande presentate dagli aventi diritto sono state 1.256 e gli assegnatari
finali 921: di questi 255 persone hanno beneficiato di voucher formativi per l’accesso ai
25 master dell’area scientifico-tecnologica.
Oltre alle Sovvenzioni Globali sopra ricordate, le quali, per concentrazione di risorse
finanziarie, finalità e strumenti impiegati, costituiscono gli interventi più diretti verso le
politiche per l’innovazione e per l’alta formazione, il POR Ob. 3 ha promosso, nel
periodo compreso tra il 2004 e il 2006, 672 progetti specificamente orientati
all’innovazione, coinvolgendo 13.254 destinatari. Le attività messe in atto sono state,
prevalentemente, relative alla specializzazione e ricerca (corsi di laurea, master, assegni
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di ricerca, voucher formativi, borse di studio) e alla formazione di figure professionali
altamente specializzate a livello manageriale oppure operativo nei settori ad elevato
fabbisogno di nuove competenze (come nei servizi avanzati alle imprese). Sono stati,
inoltre, individuati interventi di formazione e accompagnamento a processi di start-up
nei settori innovativi, nonché azioni di promozione e sostegno dell'innovazione nelle
imprese (tra queste in particolare azioni di formazione volte alla diffusione della cultura
dell'innovazione, all’acquisizione e trasferimento di nuove conoscenze e tecnologie e al
potenziamento diretto di azioni innovative di prodotto, processo o di tipo
organizzativo). Emerge come la Regione abbia risposto alle esigenze del territorio in
materia di innovazione attraverso una serie di azioni (soprattutto formative), che hanno
cercato in particolare di adeguare le competenze del personale delle imprese e di creare
figure professionali altamente specializzate, soprattutto nel settore dei servizi avanzati
alle imprese in discipline tecnico-scientifiche. Si tratta di azioni coerenti con la struttura
del sistema imprenditoriale regionale, caratterizzata dalla ridotta dimensione
dell'apparato produttivo, nella quale la costituzione di un capitale umano altamente
qualificato assume un ruolo di primo piano per l'innovazione e la crescita della
produttività.
Gli interventi messi in atto attraverso il FSE nell’ambito delle politiche
dell’innovazione, dunque, mostrano il pregio di anticipare i bisogni espressi dal
territorio e dal sistema produttivo, anche attraverso un’offerta formativa capace di
interpretare i fabbisogni professionali delle imprese. L’alta formazione è stata utilizzata
dalla Regione Emilia-Romagna come mezzo prioritario per il raggiungimento
dell’obiettivo regionale di sviluppo dell’innovazione, attraverso l’incentivazione della
ricerca, del trasferimento tecnologico e dei progetti di ricerca e sviluppo nelle imprese.
L’evidenza del contesto produttivo emiliano-romagnolo, nonché la rilevanza delle
azioni formative volte alla diffusione dell’innovazione, confermano la necessità di
orientare le politiche regionali e il FSE verso il capitale umano ad elevata
specializzazione e potenzialmente innovativo (soprattutto nel terziario avanzato e nei
settori ad alto contenuto tecnologico), sviluppando ulteriormente la formazione postsecondaria
e l’alta formazione, senza trascurare l’aggiornamento delle competenze dei
lavoratori, per evitare i rischi dell’obsolescenza e rendere più competitivo il sistema
regionale.
Per quanto concerne la componente femminile, infine, l’analisi, pur confermando la
maggiore propensione femminile a partecipare all’istruzione di terzo livello, metta in
luce un’ancora bassa relazione tra ricerca e impresa femminile e una presenza ancora
limitata delle donne nell’ambito delle discipline scientifiche, soprattutto di quelle
particolarmente strategiche per l’innovazione (come l’ingegneria). E’ necessario dunque
agire nel mondo universitario e accademico e anche prima, nella scuola secondaria, per
aumentare la femminizzazione dei settori scientifici. Occorre, inoltre, non solo favorire
maggiore equità nell’accesso a tutti gli spazi disponibili, ma anche usare l’ampio
capitale umano già disponibile sul mercato: il potenziale scientifico della Regione non è
completamente impiegato e ciò conduce ad uno spreco di capitale intellettuale e di
investimenti individuali, sociali ed economici. L’analisi del contesto regionale mostra,
infatti, la necessità di agire concretamente in direzione di un aumento degli investimenti
pubblici e soprattutto privati in ricerca e sviluppo per aumentare la capacità innovativa
19

della Regione e questo non può essere fatto se non si sfruttano al meglio tutte le risorse
che attualmente restano sottoutilizzate o addirittura inutilizzate.
3.4 Immigrazione, integrazione dei sistemi e genere
Le aree di intervento previste dal PO FSE 2000-2006 Ob3 Emilia Romagna hanno
cercato di rispondere all’obiettivo di facilitare l’integrazione dei sistemi attraverso
diverse azioni mirate. Come stabilito dal QCS Obiettivo 3 2000-2006, la strategia di
intervento del FSE si è articolata nel contesto regionale secondo alcuni obiettivi globali
tra i quali rientrava lo sviluppo di un’offerta di istruzione, formazione professionale e
orientamento che consenta lo sviluppo di percorsi di apprendimento per tutto l’arco
della vita favorendo anche l'adeguamento e l’integrazione tra i sistemi della formazione,
istruzione e lavoro.
Gli ambiti toccati dal PO per gli immigrati sono almeno 14 suddivisi in alcune macrocategorie
così ripartite: (a) donne (accoglienza famigliare e occupazione femminile); (b)
inclusione sociale (richiedenti asilo, cittadinanza, integrazione sociale, mediazione
interculturale); (c) formazione (continua, permanente, superiore, scuola, formazione di
base); (d) mercato del lavoro (imprenditorialità, accompagnamento, nuove competenze),
per un totale di 467 progetti selezionati. Gli ambiti toccati più spesso riguardano le
politiche del lavoro (nuove competenze), l’occupazione femminile e la formazione
permanente. Al contrario, gli interventi per i richiedenti asilo, le attività di formazione
superiore e i progetti volti a rafforzare la cittadinanza attiva dei beneficiari sono stati
toccati meno spesso.
Il contributo totale e pubblico versato per il finanziamento dei progetti è stato pari a
quasi 20 milioni di Euro ed è stato destinato in gran parte a iniziative volte alla
formazione di nuove competenze immediatamente spendibili sul mercato del lavoro
(28,8%), ad azioni di accompagnamento (12,4%), e a iniziative per la creazione di
impresa (13%). Considerando il contributo totale versato, per ciascun progetto
selezionato è sono stati spesi in media quasi 63mila euro. Risultano tuttavia assai più
onerosi i progetti volti alla creazione di impresa (oltre 547mila euro a progetto) e i
progetti per la scuola (più di 135mila euro) di accompagnamento al lavoro (quasi
75mila euro).
Le misure che comprendono il maggior numero di progetti sono la B1 (inserimento
lavorativo e reinserimento di gruppi svantaggiati), l’A2 (inserimento e reinserimento nel
mercato del lavoro di giovani e adulti nella logica dell’approccio preventivo), l’E1
(sostegno della partecipazione femminile al mercato del lavoro) e la C4 (formazione
permanente).
Il peso dei progetti per le donne è c molto rilevante se si considera la dotazione
finanziaria complessiva degli assi. Il problema dell’integrazione sociolavorativa delle
donne immigrate è stato colto bene nella precedente programmazione. Si è dato ampio
spazio alle esigenze di inserimento lavorativo immediato della popolazione immigrata e
meno all’aggiornamento delle competenze attraverso iniziative di formazione superiore
e permanente.
20

I destinatari raggiunti complessivamente nel periodo 2004-2006 sono 7667. La classe di
età maggiormente rappresentata è quella che va dai 35 ai 44 anni, seguita dalla classe
30-34 anni e dalla classe 25-29 anni. Le attività in cui sono stati coinvolti i destinatari
spaziano dalla formazione per l’apprendimento di nuove competenze, alle attività di
formazione permanente, formazione nell’ambito dell’assistenza famigliare e interventi
per favorire l’occupazione femminile, come mostra la tabella sopra.
La percentuale della popolazione femminile sul totale dei destinatari raggiunti è pari al
59%, con punte del 71% nelle classi di età oltre i 45 anni e punte vicine al 100% nei
progetti riguardanti l’assistenza famigliare, l’occupazione femminile e l’integrazione
sociale.
Le classi di età più giovani, meno di 19 anni, sono rappresentate largamente dai maschi,
così come i progetti rivolti all’obbligo scolastico, i richiedenti asilo e la formazione
professionale (nuove competenze).
I titoli di studio in possesso dei destinatari sono generalmente medio-bassi. Più del 60%
dei destinatari possiede un titolo basso; il 25% un titolo medio e solo il rimanente 15%
un titolo di alto livello (IFTS, laurea o post laurea).
La situazione è radicalmente diversa se si osserva la composizione di genere. Le donne
possiedono il 73% dei titoli di alto livello e il 66% dei titoli di medio livello e questo
non è determinato dal numero complessivamente più elevato (53% contro il 47%) della
popolazione femminile sul totale.
Dall’analisi dei dati, emerge, purtroppo, come i destinatari in cerca di occupazione da
più tempo siamo molto spesso le donne. L’83% degli stranieri in cerca di prima
occupazione da più di un anno sono donne; quasi l’80% degli stranieri che cercano
nuova occupazione da più di un anno e da più di 2 anni sono donne e il 72% degli
atipici stranieri è formato da donne.
Questi dati portano a pensare che esista un problema piuttosto serio di inserimento
lavorativo e professionale per le donne straniere sul territorio regionale che va segnalato
e affrontato celermente.
Il POR FSE negli ultimi 3 anni di implementazione ha comunque individuato e fornito
le risposte ai fabbisogni più urgenti degli stranieri residenti: il problema occupazionale.
E’ stato affrontato, nella maggior parte dei casi, attraverso una forte integrazione tra
attività formative per l’apprendimento di competenze immediatamente spendibili e un
partenariato innovativo tra soggetti diversi: terzo settore, istituzioni, centri per l’impiego
e immigrati senza mai trascurare i fabbisogni specifici delle donne che sono state
raggiunte da interventi ad hoc (lotta alla tratta, assistenza familiare, sostegno ai minori,
ecc.).
Nel complesso il sistema di policy regionale ha risposto in maniera efficace alla
domanda di integrazione, laddove espressa, degli immigrati, al loro bisogno di accedere
ai servizi, ai fabbisogni di sussistenza e occupazione.
I processi di integrazione delle politiche (istruzione, formazione professionale,
orientamento e lavoro) hanno non soltanto impresso una forte spinta al rinnovamento
21

interno delle politiche e a un loro generale miglioramento, ma anche facilitato l’accesso
degli stranieri a un ventaglio di servizi altrimenti dispersivo e confuso. In questo
quadro, rimane centrale il ruolo degli attori del Terzo Settore e delle associazioni di
immigrati per la diffusione della conoscenza dei servizi esistenti e del loro migliore
utilizzo.
L’analisi proposta ha tuttavia colto alcuni ambiti di riflessione che è utile citare e
segnalare per una progressiva crescita delle politiche a favore della popolazione
immigrata: (a) il sistema di governance e il sistema integrato di servizi per gli
immigrati; (b) il ruolo del terzo settore quale attore funzionale a una nuova definizione
delle politiche per l’immigrazione; (c) la condizione femminile dell’immigrazione.
La complessa articolazione delle problematiche che attengono ai processi di
integrazione, accesso alle risorse e occupazione della popolazione immigrata richiede
uno sforzo di governance notevole da parti degli enti locali regionali e provinciali. La
diversa dislocazione delle funzioni dei diversi organi competenti in materia di
immigrazione e la relazione tra funzioni esercitate, problemi da affrontare e strategia da
adottare richiede non soltanto un aggiornamento delle competenze dei singoli ma anche
una maggior grado di interrelazione e integrazione dei servizi.
Si moltiplicano le azioni di coordinamento e di concertazione tra soggetti diversi; si
richiedono competenze più ampie e si assegnano maggiori funzioni agli enti locali, si
veda a tal proposito l’esempio dei Centri per l’Impiego nei quali trova sempre più
spazio la figura di sistema che opera nella direzione di una progettazione integrata dei
sistemi sociali, educativi, scolastici e sanitari.
Il ruolo esercitato dai soggetti del terzo settore nella mediazione culturale o in azioni di
informazione e consulenza a utenti immigrati per favorire processi di integrazione al
contesto territoriale ospitante assume una rilevanza sempre maggiore. Il mondo del
volontariato, le cooperative sociali e l’assistenza sociale in parte si affiancano al ruolo
delle istituzioni, in parte lo sostituiscono o lo integrano con interventi più mirati,
efficaci e rivolti a nicchie della popolazione immigrata. Essi assolvono a una funzione
estremamente importante nella difficile tensione verso l’integrazione e l’inclusione dei
migranti. Forniscono infatti informazioni essenziali per l’accesso ai servizi che offrono
le comunità ospitanti, facilitano l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, e
intervengono laddove sorgono difficoltà di comunicazione con gli enti locali. E’ dunque
essenziale che questi attori entrino nel sistema della programmazione delle politiche
rivolte alla popolazione immigrata (politiche sociali, del lavoro, formazione e
istruzione, inclusione e integrazione), perché essi stessi rappresentano e conoscono gli
interessi degli stranieri, le problematiche che devono affrontare quotidianamente e i
rapporti che intessono con le altre famiglie, le comunità di appartenenza e le comunità
ospitanti.
La relazione tra donne e immigrazione sta conquistando maggiore spazio nel panorama
politico nazionale e internazionale per due ragioni di fondo: (a) la portata del fenomeno:
sempre più donne si spostano dai paesi di origine per scelta o perché costrette a farlo;
(b) la rilevanza del fenomeno in relazione al tema dell’integrazione dei servizi e delle
politiche: la presenza delle donne nei territori ospitanti pone alcuni interrogativi e
riflessioni sul ruolo cui le politiche locali assolvono in ambito sociale, sanitario,
educativo e scolastico. Negli ultimi 40 anni, l’emigrazione femminile mondiale ha quasi
22

aggiunto, quantitativamente, quella maschile; mentre nel 2005, per la prima volta, l’ha
superata di poco. Tra i paesi più sviluppati, in Canada e negli Stati Uniti l’immigrazione
femminile ha superato quella maschile ormai dal 1930, in Europa e Oceania questo è
avvenuto a partire dal 2000. In Emilia Romagna e, in generale, in Italia, la dinamica
migratoria favorisce numericamente ancora gli uomini, ma se la tendenza mondiale
dovesse interessare anche il nostro paese, nel giro di pochissimo, il numero di straniere
sorpasserà il numero dei maschi immigrati.
L’immigrazione femminile è tuttavia caratterizzata da alcuni elementi di estrema
vulnerabilità. Spesso le donne immigrate sono relegate a svolgere attività di basso
profilo economico, anche rispetto ai connazionali maschi, sia a causa di meccanismi
discriminatori in entrata (ovvero nei paesi ospitanti), sia a causa della cultura d’origine
(in uscita), giacché provengono da paesi nei quali la discriminazione delle donne è una
prassi consolidata sul mercato del lavoro, così come nella società in generale. Questo
genera serie disfunzioni nell’accesso alle informazioni riguardanti le opportunità di
lavoro nei paesi di destinazione o anche i costi, i benefici e i passaggi burocratici da
percorrere per migrare legalmente. Sollecitare l’ausilio di un’altra persona può porre la
donna in una condizione di pericolo o di debito. Nel corso dei transiti dal paese di
origine al paese di destinazione, la donna e, in particolare, la donna che emigra
illegalmente, rischia di subire abusi sessuali e soprusi di altro genere. Può addirittura
essere costretta a fornire favori sessuali in cambio di protezione e/o permesso di
oltrepassare la frontiera. L’intreccio tra violenza, cultura di origine a loro sfavorevole,
livelli di istruzione più bassi, discriminazione sul luogo del lavoro, tassi di fertilità più
elevati e le molteplici urgenze sanitarie cui incorrono, pongono l’immigrazione
femminile, sempre più crescente, al centro di iniziative di policy più cogenti, articolare,
integrate e complesse.
3.5 Integrazione delle politiche finalizzate alla conciliazione tra vita lavorativa e
familiare
La promozione dell’uguaglianza tra uomini e donne e del principio del mainstreaming
di genere ha rappresentato e rappresenta per la Regione Emilia-Romagna un importante
traguardo da realizzare attraverso un percorso al quale sono chiamati a partecipare tutti
gli attori socio-economici del territorio. Lo sforzo dell’amministrazione regionale in
questi ultimi anni di programmazione è stato quello di integrare l’ottica di genere in tutti
gli ambiti di intervento politico, attraverso la sinergia di più fonti di finanziamento
(europei, nazionali, regionali e privati) e l’inizio di un percorso finalizzato alla
realizzazione di una programmazione per le politiche di genere basata sui principi del
coordinamento, dell’integrazione e dell’approccio partecipativo. In particolare,
l’attenzione alle politiche di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare ha avuto
una progressione crescente nel tempo, in quanto gli amministratori hanno preso
coscienza della rilevanza della tematica in questione per promuovere la partecipazione
delle donne al mercato del lavoro.
La Regione Emilia-Romagna ha, infatti, individuato soprattutto nel canale finanziario
del FSE Ob.3 uno strumento di promozione delle politiche di genere, dunque il FSE ha
23

avuto un ruolo fondamentale nell’ambito di tale strategia e nell’attivazione e
sperimentazione di interventi a favore della conciliazione.
L’analisi valutativa realizzata ha avuto come obiettivo l’individuazione di tutti gli
interventi promossi a favore della conciliazione vita-lavoro per tutto l’intero periodo di
programmazione 2000-2006, tenendo conto di differenti aree tematiche che vanno ad
incidere su vari aspetti delle politiche di conciliazione in un’ottica di integrazione dei
sistemi.
In particolare si sono individuate le seguenti aree di intervento che si caratterizzano per
la diversità di titolarità dei Soggetti e per la territorialità:
• Politiche sociali: servizi per bambini, servizi socio-assistenziali per anziani e
disabili, interventi di formazione finalizzati alla diffusione di competenze socioassistenziali
e sanitarie, forme di detraibilità delle spese, trasferimenti monetari.
• Politiche dei trasposti, dei tempi delle città e dell’urbanistica: la gestione dei
tempi delle città, gli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali, il
mantenimento di un elevato livello di sicurezza delle città, la gestione dei tempi
e dei percorsi dei trasporti pubblici, la gestione dell’architettura urbana dei
servizi.
• Politiche di conciliazione e flessibilità nelle organizzazioni aziendali: interventi
finalizzati a modificare i tempi e modi di lavoro al fine di realizzare una migliore
conciliazione dei tempi (telelavoro, orario flessibile, accordi sindacali, figure di
sostituzione per le imprenditrici, attivazioni di servizi specifici per la
conciliazione nelle aziende, nidi aziendali).
• Politiche formative: modalità di erogazione della formazione che agevolano la
partecipazione di persone con particolari necessità conciliative (formazione elearning,
formazione per re-inserimento lavorativo, misure di
accompagnamento).
• Attività di diffusione e sensibilizzazione sulle politiche di conciliazione in
termini di legislazione e finanziamenti.
Nel complesso sono stati analizzati 653 progetti. Nell’arco della programmazione 2000-
2006 si è evidenziata una più alta presenza di progetti sulla conciliazione vita-lavoro
soprattutto nei primi 3 anni di programmazione. Si è poi avuta una flessione nell’anno
2003, probabilmente legata alle aspettative sugli esiti della valutazione intermedia e alla
ri-programmazione del POR. Negli ultimi tre anni, infine, c’è stato un progressivo
aumento dell’approvazione dei progetti. La Regione Emilia-Romagna ha approvato le
più importanti azioni di sistema nel primo triennio proprio per creare delle condizioni di
sistema (reti di servizi, competenze specialistiche sulla conciliazione) che potessero
garantire in seguito una maggiore diffusione della cultura conciliativa.
La maggior parte dei progetti (508) è stata finalizzata alla formazione di figure
professionali per i servizi socio-assistenziali, seguono poi i progetti orientati a realizzare
la conciliazione all’interno del settore economico privato (52).
I progetti di formazione per gli operatori dei servizi per l’infanzia sono stati 39. Azioni
legate alla conciliazione nella formazione, nei servizi pubblici e alla diffusione di
strumenti e della legislazione sulla conciliazione hanno trovato terreno di realizzazione
24

soprattutto nella politica a titolarità regionale. Infine, alcuni progetti hanno preso in
considerazione le esigenze di conciliazione della donna imprenditrice, anche nel settore
agricolo.
Da un punto di vista finanziario il costo totale dei progetti per la conciliazione è stato
pari a quasi 48 milioni di euro, ovvero il 3,4% di tutto il contributo finanziario
approvato nel periodo 2000-2006. La Misura E1 ha avuto un ruolo fondamentale, in
quanto il principio di obbligatorietà ad essa collegato ha sicuramente facilitato
l’attuazione di politiche di pari opportunità. Questi pochi dati che si forniscono,
pertanto, dovrebbero far riflettere il decisore politico, da un lato sul fabbisogno di tipo
finanziario necessario, dall’altro sui bisogni specifici provenienti dal tessuto socioeconomico
rispetto alle politiche di conciliazione vita-lavoro.
Per quanto riguarda i destinatari e le destinatarie, nel periodo 2004-2006 i progetti
hanno coinvolto 4.511 persone, di cui l’89,4% donne. L’analisi per classi di età
evidenzia la preponderante partecipazione soprattutto di persone con età compresa tra i
35 e i 44 anni, età assolutamente rappresentativa per le esigenze e necessità di
conciliazione che possono avere le donne, in quanto potenzialmente legata al periodo
della maternità e a problemi di re-inserimento nel mondo lavorativo. Nell’insieme le
persone con più di 35 anni rappresentano più del 50% del totale dei destinatari. Per
quanto concerne la condizione occupazionale, rileva che il 57,3% dei destinatari sono in
cerca di nuova occupazione, questo significa che le politiche hanno incrociato le
persone con problemi di re-inserimento nel mondo del lavoro. Altro dato rilevante è la
presenza di 1.127 occupati alle dipendenze (pari al 25% del totale), si tratta da un lato di
percorsi di formazione per personale occupato all’interno dei servizi socio-assistenziali,
dall’altro di progetti più innovativi che hanno riguardato i dipendenti di aziende private
con la finalità di migliorare i tempi e i modi di lavoro, secondo una prospettiva più
conciliativa. Infine, i dati sulla nazionalità dei destinatari evidenziano una quota italiana
pari al 77,2% del totale. Si rileva, quindi, una forte presenza di stranieri/e (di cui l’11%
dei partecipanti proviene dai Paesi europei non UE) probabilmente interessati/e ad
ottenere professionalità nell’ambito dei servizi agli anziani.
A conclusione, dunque, di un periodo di vivace e fervente programmazione a respiro
europeo, nazionale, regionale e provinciale a sostegno delle politiche di conciliazione,
in cui il FSE ha assunto un ruolo di guida ed è stato un contenitore di azioni positive, di
idee innovative e di sperimentazioni, sia nello strumento del POR 2000-2006 sia in
quello dell’Iniziativa comunitaria Equal, emergono alcune riflessioni e interrogativi sui
quali porre l’attenzione futura.
Nonostante l’attuazione di politiche conciliative, i dati sul tasso di occupazione
femminile e maschile con e senza figli rilevano una cultura familiare in cui le
responsabilità sono fortemente legate a schemi tradizionali che determinato un
ripartizione delle responsabilità così individuata: le donne hanno la responsabilità del
manage familiare: cura della casa e lavori domestici, gestione del budget familiare,
responsabilità della cura dei figli (educazione) e delle persone anziane e/o disabili
(assistenza); gli uomini hanno la responsabilità economica della famiglia. La persistenza
di questa forma mentis ostacola e rallenta i potenziali risultati di politiche per la
25

conciliazione che introducono strumenti legislativi e finanziari finalizzati ad
armonizzare la condivisione delle responsabilità familiari tra uomini e donne.
Altra riflessione interessante fa riferimento al concetto di costo/opportunità della scelta
di lavorare oppure no da parte delle donna nel caso di presenza di figli e/o di persone
anziane. La presenza di servizi per l’infanzia, quali nidi per l’infanzia e/o personale
specializzato per la cura del bambino o dell’anziano non è sufficiente a garantire
l’utilizzo della struttura o dell’operatore da parte della donna. Infatti, la decisione della
donna dipende da vari fattori: il costo del servizio, la flessibilità del servizio in termini
di orario e dislocazione geografica, la qualità del servizio e la remunerazione del lavoro
femminile. Molto spesso la valutazione di questi fattori ha un effetto di scoraggiamento
e conduce la donna a scegliere di non lavorare, in considerazione del fatto che esiste una
discriminazione nei salari tra uomini e donne penalizzante per le donne, discriminazione
che incide sulla percezione del valore del lavoro femminile in termini negativi e poco
produttivi, rispetto invece ad una remuneratività del lavoro maschile maggiore. La
diffusione di una cultura della condivisione all’interno della famiglia e le politiche per
ridurre il gender pay gap, pertanto, risultano ancora necessarie.
Queste osservazioni portano alla conclusione che occorre ancora sostenere fortemente le
politiche di conciliazione, evitando che il dibattito assuma minore importanza e toni più
pacati, in quanto gli obiettivi di conciliazione non sono stati ancora pienamente
raggiunti. Occorre, in particolare, alimentare il dibattito soprattutto nell’ambito del
settore privato e quindi delle aziende, in quanto esse rappresentano il principale
soggetto interessato a praticare politiche conciliative all’interno della propria
organizzazione quali strumento per il perseguimento di obiettivi di efficacia,
innovazione, valore aggiunto e competitività. La formazione per le politiche di genere
nelle organizzazione aziendali rivolta ai dirigenti e ai quadri, rappresenta, dunque un
ulteriore strumento da incentivare.
26

PARTE A. VALUTAZIONE DEL POR OB. 3 2000-2006 DELLA
REGIONE EMILIA- ROMAGNA.
1. PREMESSA ALLA METODOLOGIA VALUTATIVA
Nei seguenti capitoli si è scelto di analizzare la programmazione 2000-2006 del FSE
con una chiave di lettura rivolta al futuro, mettendo insieme i capisaldi strategici della
nuova programmazione 2007/2013. Nello specifico l’ultimo triennio di
programmazione 2004-2006 è valutato tenendo in considerazione le nuove priorità
definite nel POR 2007-2013 quali:
• Adattabilità;
• Occupabilità;
• Inclusione sociale;
• Capitale umano.
Le quattro priorità che rappresentano anche gli Assi di intervento del POR FSE 2007-
2013 e sulle quali le politiche regionali dovranno far convergere la propria azione
coerentemente alle specificità del tessuto socio-economico e ai punti di forza e
debolezza del mercato del lavoro.
L’adattabilità intesa come capacità del sistema di anticipare i cambiamenti e mantenere
competenze professionali aggiornate e capaci di creare valore aggiunto al sistema
produttivo, è una prima chiave di lettura.
Con l’altra priorità, l’occupabilità, obiettivo primario diventa l’innalzamento della
capacità e della possibilità di un individuo di trovare un’occupazione attraverso misure
di politica attiva del lavoro mirate verso target specifici e interventi volti a migliorare il
sistema-lavoro (avviando servizi specialistici e/o dedicati verso determinate utenze) e
l’analisi dei fabbisogni professionali territoriali. Le politiche di pari opportunità tra
uomini e donne e il sostegno alla creazione di impresa integrano le sfaccettature di tale
priorità.
Chiaro e deciso, in un logica di coesione sociale, è il richiamo all’inclusione sociale e
all’integrazione lavorativa delle persone che presentano svantaggi e dunque condizioni
di partenza differenti che necessitano del sostegno e dell’intervento delle politiche
pubbliche, al superamento degli stereotipi di ogni genere nel mondo delle imprese e allo
sviluppo di relazioni tra i soggetti che assumono un ruolo rilevante nella promozione
delle pari opportunità per tutti.
Infine, con la priorità Capitale umano, grande attenzione viene riservata
all’innalzamento della qualità dei sistemi dell’istruzione e della formazione, in una
logica di sviluppo dell’integrazione tra gli stessi attraverso forme di comunicazione e
relazioni che possono instaurarsi a livello di obiettivi, risorse umane (operatori)
competenze da formare, mutui riconoscimenti e integrazione dei percorsi. Oltre allo
sviluppo dei sistemi, la qualificazione del capitale umano soprattutto verso settori
sensibili alla creazione di innovazioni nel tessuto economico, viene richiamata come
fondamentale.
27

Coerentemente all’interpretazione che è stata data alle politiche che saranno oggetto
della prossima programmazione, sono state individuate delle tematiche interne alle
Priorità con la finalità di guidare il policy maker a leggere e valutare le scelte fatte nel
passato.
Nello specifico l’analisi valutativa persegue i seguenti obiettivi:
• dare conto dei primi risultati in termini di progetti e aree tematiche delle
realizzazioni del POR negli anni 2004/2006;
• realizzare un approfondimento relativo alle tematiche scelte quali prioritarie
nell’ambito di tale valutazione: adattabilità, occupabilità, inclusione sociale e
capitale umano;
• individuare per ogni approfondimento, tipologie che consentono una lettura più
analitica della stessa tematica.
2. ANALISI DELL’ATTUAZIONE DELL’ULTIMO TRIENNIO DI PROGRAMMAZIONE DEL
POR 2000-2006 DELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA
Negli anni 2004, 2005 e 2006 sono stati approvati 10.847 progetti per un importo totale
di 516.218.087,5 Euro, l’88,3% delle attività risultano a titolarità provinciale. I
destinatari coinvolti sono 300.104.
Tab. 1 Anni 2004/2006 N. progetti, costo totale e partecipanti approvati per piano di riferimento
(v.a e %)
Piano di riferimento Progetti % Costo totale %
Partecipanti
approvati
%
Province 9306 85,8 397.136.624,1 76,9 265.078 88,3
RER 1541 14,2 119.081.463,4 23,1 35.026 11,7
Tot. 10847 100,0 516218087 100,0 300.104 100,0
Prendendo in considerazione la tipologie Isfol si evince che le azioni rivolte alle persone
sono state l’oggetto principale della programmazione con il 77% sul totale, a seguire le
azioni rivolte ai sistemi (13,2%) e quelle di accompagnamento (9,7%).
Tab. 2 Tipologie Isfol per piano di riferimento (v.a. e %)
Tipologie Isfol 2004 2005 2006 Tot. %
Azioni rivolte alle persone 3215 2516 2635 8366 77,1
Azioni rivolte ai sistemi 548 346 535 1429 13,2
Azioni di accompagnamento 352 287 413 1052 9,7
Tot. 4115 3149 3583 10847 100,0
Le azioni rivolte alle persone sono state finanziate soprattutto nelle politiche provinciali,
mentre le azioni di sistema sono state trainate per il 43,8% dalla Regione.
28

Tab. 3 Anni 2004/2006 Categorie Isfol per piano di riferimento (v.a. e %)
Piano di riferimento Persone
% su
tot
Sistemi % su
tot
Accompagnamento % su
tot.
Totale % su
tot.
Province 7658 91,5 803 56,2 845 80,3 9306 85,8
Regione Emilia Romagna 708 8,5 626 43,8 207 19,7 1541 14,2
Tot. Complessivo 8366 100,0 1429 100,0 1052 100,0 10847 100,0
% 77,1 13,2 9,7 100,0
L’analisi si è poi concentrata sugli obiettivi perseguiti dai progetti approvati. Nello
specifico è stata realizzata una mappatura degli interventi approvati che mette in
evidenza il legame degli stessi con le priorità della nuova programmazione 2007-2013:
Adattabilità, Occupabilità, Inclusione Sociale e Capitale umano.
Le tabelle seguenti riassumono le informazioni articolate per area tematica individuata:
- il 50% dei progetti è riferibile all’area Adattabilità, il 27% al Capitale umano;
- il 77,1% appartiene ad azioni rivolte alle persone, 13,2% ai sistemi e il 9,7% azioni
di accompagnamento;
- l’85% dei progetti è finanziato dai piani provinciali.
Tab. 4 N. progetti per area tematica (v.a. e %)
Area Tematica 2004 2005 2006
Totale
complessivo
% sul
tot.
Adattabilità 2004 1634 1823 5461 50,3
Capitale umano 1242 780 910 2932 27,0
Inclusione sociale 446 371 450 1267 11,7
Occupabilità 423 364 400 1187 10,9
Totale complessivo 4115 3149 3583 10847 100,0
Tab. 5 Anni 2004/2006 Categorie Isfol per area tematica (v.a. e %)
Area Tematica Persone Sistemi Accompagnamento Tot.
Adattabilità 4583 609 269 5461
Capitale umano 2070 361 500 2931
Inclusione sociale 1036 112 119 1267
Occupabilità 677 347 164 1188
Totale complessivo 8366 1429 1052 10847
% 77,1 13,2 9,7 100,0
Tab. 6 Anni 2004/2006 Progetti e partecipanti approvati per area tematica (v.a. e %)
Area Tematica
Progetti Partecipanti approvati
Province RER Tot. % Province RER Tot. %
Adattabilità 4888 573 5461 50,3 108397 23727 132124 44,0
Capitale umano 2253 679 2932 27,0 118767 3515 122282 40,7
Inclusione sociale 1088 179 1267 11,7 16985 5712 22697 7,6
Occupabilità 1077 110 1187 10,9 20929 2072 23001 7,7
Totale 9306 1541 10847 100,0 265078 35026 300104 100,0
% 85,8 14,2 100,0 88,3 11,7 100,0
29

Complessivamente emerge una forte concentrazione degli interventi sull’Asse
Adattabilità (50,3%), confermata dalla forte partecipazione di destinatari (44,0%
rispetto al totale), pur avendo una minore rilevanza dal punto di vista finanziario
(25,2%).
Importante area tematica è lo sviluppo del Capitale Umano dove sono concentrate il
45,4% delle risorse finanziarie e il 40,7% dei destinatari.
La politica dell’Inclusione sociale evidenzia una buona quota finanziaria (14,6%) e un
numero di progetti approvati pari all’11,7%.
L’Occupabilità evidenzia una quota finanziaria cospicua (14,8%) e una meno rilevante
partecipazione.
Tab. 7 Anni 2004/2006 Costo totale per area tematica (v.a. e %)
Area Tematica
Province
Costo totale
RER Tot. %
Adattabilità 83.003.389,25 47.254.643,17 130.258.032,4 25,2
Capitale umano 20.044.2162 33.771.475,9 234.213.637,9 45,4
Inclusione sociale 55.139.959,3 20.439.118,6 75.579.077,9 14,6
Occupabilità 58.551.113,51 17.616.225,7 76.167.339,21 14,8
Totale 39.713.6624 11.908.1463 51.621.8087 100,0
% 76,9 23,1 100,0
Di seguito una tabella che riporta per ogni tematica individuata il numero delle Misure
coinvolte in ognuna delle aree.
Tab. 8 Anni 2004/2006 Aree tematiche per Misura (v.a. e %)
Misura Adattabilità % Occupabilità %
Inclusione
sociale
%
Capitale
umano
% Tot. %
A1 0,0 256 21,6 1 0,1 1 0,0 258 2,4
A2 102 1,9 437 36,8 207 16,3 912 31,1 1658 15,3
B1 0,0 1 0,1 866 68,4 1 0,0 868 8,0
C1 45 0,8 2 0,2 2 0,2 253 8,6 302 2,8
C2 0,0 46 3,9 15 1,2 524 17,9 585 5,4
C3 2 0,0 23 1,9 1 0,1 1039 35,4 1065 9,8
C4 1217 22,3 1 0,1 5 0,4 3 0,1 1226 11,3
D1 3402 62,3 29 2,4 28 2,2 8 0,3 3467 32,0
D2 413 7,6 0,0 11 0,9 1 0,0 425 3,9
D3 146 2,7 3 0,3 8 0,6 5 0,2 162 1,5
E1 113 2,1 389 32,8 123 9,7 185 6,3 810 7,5
Tot.* 5440 99,62 1187 100 1267 100 2932 100 10826 99,8
Tot.
complessivo
5461 100,0 1187 100,0 1267 100,0 2932 100,0 10847 100,0
* Mancano 21 progetti delle Misure F1 e F2
L’analisi per Asse mostra come le azioni presentate sull’Asse D costituiscono il 37,4%
del totale. Questo risultato è determinato dalla Misura D1 che raccoglie nell’area
tematica dell’Adattabilità il 62,3% dei progetti. Per la politica dell’Occupabilità sono pi
numerosi le azioni d4lla Misura A2 e E1 che raccolgono il 36,8% e 32,8% del totale.
30

3. ANALISI PER ASSI E TEMATICHE
L’analisi delle realizzazione del POR 2000-2006 per gli anni 2004/2006 ha tenuto in
considerazione quattro politiche (Adattabilità, Occupabilità, Inclusione Sociale e
Capitale umano). L’intera valutazione ha tenuto conto della prospettiva di genere
evidenziando il contributo diretto ed indiretto dei progetti agli obiettivi di parità uomodonna,
ovvero tutte le tabelle evidenziano:
• il contributo della Misura E1, la quale è stata un contenitore sia di azioni positive
verso le donne sia di azioni di mainstreaming di genere;
• il contributo degli altri Assi (A, B, C, D), evidenziando tutti i progetti che possono
avere avuto un impatto potenziale e/o indiretto sugli obiettivi di pari opportunità in
quanto hanno assicurato i seguenti elementi nella fase di progettazione:
− presenza di elementi di flessibilità nell'erogazione dell'attività;
− presenza di rappresentanza femminile in fase di progettazione e/o realizzazione
e/o valutazione dell'attività;
− presenza femminile pari o superiore ai valori medi presenti nel mercato del
lavoro;
− presenza, all'interno dell'attività o ad essa collegata, di servizi e strutture di
assistenza ai familiari delle donne coinvolte nel progetto.
Tali progetti verranno denominati Pari Opportunità/Altri Assi (Tot – E1).
Di seguito si riporta una tabella generale in cui si dà conto delle realizzazioni progettuali
nel triennio in esame delle tematiche evidenziate, con il totale complessivo dei progetti
e una specifica relativa all’incidenza della Misura E1 e dei progetti denominati Pari
Opportunità/Altri assi che sono il risultato del totale dei progetti (meno la Misura E1).
Le realizzazioni delle PO (Pari Opportunità) sono state individuate selezionando
attraverso il Sistema Informatico regionale quei progetti derivanti dalla colonna relativa
alla Priorità specifica delle Pari opportunità e che riguardano (così come già specificato
precedentemente) le attività che possono avere un impatto potenziale o indiretto sugli
obiettivi di pari opportunità.
Tab. 9 N. progetti per area tematica (v.a e %)
Area Tematica 2004 2005 2006
Totale
complessivo
%
sul
tot.
Di cui
E1
%
E1
Pari
Opportunità/
Altri Assi
Adattabilità 2004 1634 1823 5461 50,3 113 2,1 2259 41,4
Capitale umano 1242 780 910 2932 27,0 123 4,2 1360 46,4
Inclusione sociale 446 371 450 1267 11,7 389 30,7 656 51,8
Occupabilità 423 364 400 1187 10,9 185 15,6 321 27,0
Totale complessivo 4115 3149 3583 10847 100,0 810 7,5 4596 42,4
%
PO
31

3.1 Adattabilità
L’adattabilità è individuata come tematica prioritaria nell’ambito della nuova
programmazione FSE 2007-2013, con il riconoscimento che la piena occupazione, la
qualità del lavoro e la produttività della manodopera richiedono alcune priorità chiave,
quali l’attrazione di un maggior numero di persone verso il mondo del lavoro,
l’aumento dell’offerta di manodopera, una maggiore capacità di adattamento dei
lavoratori e delle imprese, un maggiore investimento in capitale umano. L’obiettivo è
quello di pervenire alla costruzione di un rapporto complesso tra flessibilità, sicurezza
del posto di lavoro e qualità del lavoro, basato su una modernizzazione
dell’organizzazione del lavoro e del contesto normativo (che possa prevedere una
diversa gestione degli orari ed alti livelli di sicurezza) e sullo sviluppo delle competenze
anche attraverso il life long learning e il training on the job.
Nell’ambito di tale contesto, l’attenzione della Regione Emilia Romagna alla politica
dell’adattabilità si è sviluppata come priorità strategica che ha caratterizzato tutta la
programmazione del Fse 2000-2006, realizzandosi attraverso un’ampia
programmazione di linee di intervento attuate in seno alle misure del POR.
L’analisi evidenzia il forte impulso verso la formazione continua che rappresenta
(insieme alla formazione continua per imprese e nella pubblica amministrazione) il
68,4% sul totale degli interventi, seguita dalla formazione permanente (22,6%). In
questa sede gli interventi di formazione continua sono stati suddivisi per meglio mettere
in evidenza la particolarità degli stessi. I corsi per la pubblica amministrazione
riguardano sostanzialmente gli aggiornamenti riguardanti l’innovazione dei processi
gestionali, corsi di aggiornamento tout court, strumenti e buone prassi sulla qualità del
servizio erogato. I corsi di formazione continua nelle imprese riguardano per la
stragrande maggioranza corsi che valorizzano le competenze possedute o di lingue.
Altra tematica particolarmente rilevante, anche se numericamente molto inferiore
riguarda la formazione per la creazione d’impresa (2,2%) che considera azioni di
accompagnamento e sostegno allo sviluppo e consolidamento delle neo imprese. In
questo caso è stata individuata una differenziazione tra questa formazione e i servizi e
supporto all’impresa femminile nel cui target specifico sono appunto le donne (0,7%).
Tab. 10 Adattabilità N. progetti per anno (v.a. e %)
Adattabilità 2004 2005 2006 Totale %
Di cui
E1
Pari
Opportunità/
Altri Assi
Formazione continua 884 742 732 2358 43,2 41 1592
FC/ impresa 347 395 290 1032 18,9 7
FC/ pubblica amministrazione 178 66 103 347 6,4 129
Formazione permanente 447 354 431 1232 22,6 15 288
Formazione per la creazione d'impresa 40 38 41 119 2,2 7 80
Modelli organizzativi nelle imprese 37 12 51 100 1,8 83
Servizi e supporti all'impresa 27 10 32 69 1,3 50
Azioni per la conciliazione 11 6 5 22 0,4 13 8
Servizi e supporti all'impresa femminile 10 1 26 37 0,7 37 1
32

Mobilità e scambi 1 5 93 99 1,8 3
Buone prassi 7 1 18 26 0,5 12
Studi e analisi 15 4 1 20 0,4 6
Tot. Adattabilità 2004 1634 1823 5461 100,0 113 2259
Totale complessivo 4115 3149 3583 10847 50,3 2,1 41,4
Volendo riportare in sintesi gli elementi rilevanti emersi nella tematica dell’Adattabilità,
è possibile fare alcune considerazioni. Le attività maggiormente finanziate hanno
riguardato, come già evidenziato, le azioni di formazione continua (43,2% circa) che nel
complesso sono state rivolte a:
aggiornamento delle competenze tecnico-professionali;
formazione specialistica;
strategie di promozione e strumenti di comunicazione;
adeguamento delle competenze professionali;
attività formative a sostegno dello sviluppo e del consolidamento delle neoimprese.
Tab. 11 Adattabilità N. destinatari approvati per anno (v.a. e %)
Adattabilità 2004 2005 2006
Totale
complessivo
%
Formazione continua 34125 26292 25706 86123 65,2
FC/ impresa 388 648 289 1325 1,0
FC/ pubblica amministrazione 5019 2268 3886 11173 8,5
Formazione permanente 15241 5775 6594 27610 20,9
Formazione per la creazione d'impresa 1196 461 512 2169 1,6
Modelli organizzativi nelle imprese 108 108 0,1
Servizi e supporti all'impresa 861 259 1238 2358 1,8
Azioni per la conciliazione
Servizi e supporti all'impresa
390 67 24 481 0,4
femminile 600 15 162 777 0,6
Tot. Adattabilità 57820 35785 38519 132124 100,0
Totale complessivo 123246 93857 83001 300104 44,0
Come è possibile individuare dalla tabella precedente il 44% dei destinatari sono stati
approvati per la tematica dell’Adattabilità, con una quota rilevante (65,2%) nelle azioni
di formazione continua
La logica del mainstreaming di genere ha operato in maniera evidente (67,5%)
originando una serie molto estesa di iniziative di formazione continua (soprattutto con
la Misura D1), si tratta nella maggior parte di azioni formative volte all’aggiornamento
professionale e al consolidamento delle competenze acquisite.
In relazione al miglioramento dei sistemi i progetti approvati sono stati volti a :
azioni di sensibilizzazione e supporto alla creazione d'impresa;
reti di servizi per lo sviluppo delle piccole imprese commerciali;
azioni per l'integrazione sociale, la cittadinanza e il lavoro rivolto a donne;
mantenere e trasferire il knowledge aziendale
33

Concentrandoci sull’integrazione delle politiche in ottica di genere nella tematica
specifica dell’Adattabilità, è possibile evidenziare l’alta percentuale di progetti (64%)
nelle cui priorità vi sono le pari opportunità, da cui emerge l’orientamento a facilitare la
partecipazione delle donne sia attraverso maggiore flessibilità e personalizzazione dei
percorsi formativi, che con forme di assistenza/incentivazione alle imprese. In
particolare un focus più specifico sui progetti evidenzia come sulle azioni di formazione
continua e permanente (rispettivamente con il 69,3% e 24,6%) si è cercato di investire
maggiormente sulla formazione delle donne, in particolare valorizzandone le
competenze trasversali (rafforzamento delle competenze comunicative e relazionali)
Molto alta la percentuale (41,4%) dell’impatto per questa tematica della priorità
specifica relativa alle pari opportunità. In particolare in termini di:
presenza di rappresentanza femminile in fase di progettazione e/o realizzazione
e/o valutazione dell'attività;
presenza di elementi di flessibilità nell'erogazione dell'attività;
presenza, all'interno dell'attività o ad essa collegata, di servizi e strutture di
assistenza ai familiari delle donne coinvolte nel progetto;
sensibilizzazione.
In successione una tabella e un grafico in cui sono specificate meglio le categorie Isfol.
L’84% circa dei progetti riguardano le azioni rivolte alle persone, mentre l’11,2
riguardano le azioni di sistema e il 5% circa le azioni di accompagnamento.
Tab. 12 Adattabilità. Tipologie Isfol per tematica (v.a. e %)
Adattabilità Persone % Sistemi % Accompagnamento % Tot. %
Formazione continua 2327 50,8 26 4,3 5 1,9 2358 43,2
FC/ impresa 1026 22,4 6 1,0 0,0 1032 18,9
FC/ pubblica
amministrazione
1 0,0 327 53,6 19 7,1 347 6,4
Formazione permanente 1101 24,0 40 6,6 91 33,8 1232 22,6
Formazione per la
creazione d'impresa
90 2,0 0,0 29 10,8 119 2,2
Modelli organizzativi
nelle imprese
0,0 20 3,3 80 29,7 100 1,8
Servizi e supporti
all'impresa
12 0,3 32 5,2 25 9,3 69 1,3
Azioni per la
conciliazione
11 0,2 5 0,8 6 2,2 22 0,4
Servizi e supporti
all'impresa femminile
14 0,3 9 1,5 14 5,2 37 0,7
Mobilità e scambi 0,0 99 16,2 0,0 99 1,8
Buone prassi 0,0 20 3,3 0,0 20 0,4
Studi e analisi 0,0 26 4,3 0,0 26 0,5
Tot. Adattabilità 4582 100,0 610 100,0 269 100,0 5461 100,0
Totale complessivo 8366 1429 1052 10847
34

Grafico 1 Adattabilità N. progetti per tipologia Isfol (v.a. e %)
%
100,0
80,0
60,0
40,0
20,0
0,0
Tipologie ISFOL
Persone Sistemi Accompagnamento
Isfol
Infine si riporta una tabelle per costo totale. Si evidenzia come la tematica
dell’Adattabilità incide sul costo totale complessivo per gli anni 2004/2006 per il
25,2%.
Tab. 13 Adattabilità. N. progetti per costo totale (v.a. e %)
Adattabilità 2004 2005 2006 Tot. %
%
Di cui
E1
PO/
Altri
Assi
Formazione continua 26914415 20135193 21711479 68761088 52,8 1098445 47825505
FC/ impresa 959956 533634 265660 1759250 1,4 20100 465426
FC/ pubblica
amministrazione
2945746 1965022 2708409 7619177 5,8 4175630
Formazione
permanente
7404242 3274084 6078835 16757161 12,9 491971 10429644
Formazione per la
creazione d'impresa
1263437 1052179 1022380 3337996 2,6 210594 2357946
Modelli organizzativi
nelle imprese
Servizi e supporti
all'impresa
Azioni per la
conciliazione
Servizi e supporti
all'impresa femminile
5198256 400485 5808182 11406923 8,8 10204259
1960767 261821 3257385 5479974 4,2 56160 4571707
422587 220264 239621 845752 0,6 522749 350779
1324687 64800 2892713 4282200 3,3 4242200 40000
Mobilità e scambi 100000 528480 1058800 1687280 1,3 428480
Buone prassi 1249915 46800 2933469 3158814 2,4 2276994
Studi e analisi 4895420 207425 2933469 377468 0,3 329468
Tot. Adattabilità 54639429 28690187 50910403 130258032 100 6642219 83455838
Tot. costo totale 04/06 200120328 149339329 166758431 516218088 25,2 5,1 64,1
35

3.2 Occupabilità
Per quanto attiene le strategie per l’occupazione, l’intervento della Regione si è
sviluppata attraverso specifiche azioni volte a favorire l’incontro tra domanda e offerta
di lavoro, attraverso il potenziamento delle strutture dei Centri per l’impiego
(implementazione delle risorse umane e delle strutture) e il sostegno ad uno sviluppo del
sistema produttivo fondato sui fattori della qualità e della innovazione. In particolare, le
politiche hanno tenuto conto delle peculiarità del mercato del lavoro regionale,
indirizzandosi prevalentemente verso l’implementazione di politiche attive con
interventi mirati a sostenere l’impiegabilità dei soggetti più deboli da un punto di vista
occupazionale o direttamente o aumentando la loro dotazione di capitale umano.
L’analisi mette in evidenza che le politiche per l’occupabilità nel complesso riguardano
il 10,9% sul totale dei progetti 2004/2006; di questi il 28,6% sono interventi riguardanti
l’inserimento o reinserimento lavorativo. Sono questi progetti fortemente
professionalizzanti il cui intento è promuovere la partecipazione al mercato del lavoro
favorendo l’acquisizione di competenze lavorative ad hoc. Molto interessante il dato che
riguarda la Misura E1 che finanzia i progetti di inserimento e reinserimento lavorativo
per il 74% circa. L’obiettivo è quello di migliorare l’occupabilità delle persone in cerca
di lavoro da realizzarsi con l’offerta sistematica e generalizzata di azioni capaci di
incidere sull’aumento dei tassi di attività.
Il 16,1% dei progetti è stato finalizzato a favorire l’ingresso nel mondo del lavoro,
approfondire le conoscenze acquisite durante gli studi ed applicarle nella pratica (work
experience, tirocini). I progetti di alternanza scuola-lavoro, una delle forme di
integrazione tra il sistema lavoro e quello dell’istruzione, hanno rappresentato l’11%
degli interventi in questo ambito.
Tab. 14 Occupabilità N. progetti (v.a. e %)
Occupabilità 2004 2005 2006 Totale %
Di cui
E1
PO/
Altri Assi
Inserimento/reinserimento lavorativo 161 195 122 476 28,6 364 79
Work experience 83 52 56 191 16,1 90
Alternanza scuola lavoro 6 15 111 132 11,1 66
Azioni per la conciliazione 4 6 6 16 1,3 15 1
Sostegno alla stabilità lavorativa 14 8 17 39 3,3 3 31
SPI/Risorse 114 71 73 258 21,7 4 49
SPI/Strutture 33 15 14 62 5,2 3 2
Studi e analisi 8 2 3 13 1,1 3
Tot. Occupabilità 423 364 402 1187 100,0 389 321
Totale complessivo 4115 3149 3583 10847 10,9 32,8 27,0
L’azione regionale è da tempo caratterizzata dall’adozione di una strategia di
integrazione finalizzata al superamento della separatezza dei canali formativi e della
ricerca di una azione sinergica con le politiche del lavoro e, più in generale, dello
sviluppo socio-economico del territorio. In tale ambito, la prospettiva dell'integrazione
trova una forte sistematizzazione nella Legge Regionale n. 12 del 2003 che articola, nei
suoi diversi aspetti:
36

• integrazione tra l'istruzione e la formazione professionale;
• integrazione tra istruzione/formazione/lavoro;
• integrazione tra politiche di sviluppo;
• integrazione tra i vari soggetti (istituzionali, parti sociali, etc.).
Nella tematica dell’integrazione tra il sistema lavoro e istruzione, l’alternanza scuola
lavoro rappresenta una modalità volta a connotare l'offerta formativa attraverso un forte
intreccio tra conoscenze teoriche e applicazioni pratiche; a rafforzare il valore della
cultura tecnico-professionale e a introdurre metodologie di apprendimento basate su
concrete esperienze e sulla conoscenza degli ambienti e dell'organizzazione del lavoro,
al fine di rafforzare le possibilità occupazionali delle persone.
Le iniziative progettuali approvate a questo scopo, che comprendono work experience
ed alternanza scuola-lavoro rappresentano il 28% circa dei progetti sul totale, sono volte
essenzialmente a promuovere il raccordo scuola-mondo del lavoro attraverso:
percorsi di socializzazione al lavoro;
elementi di orientamento per la lettura del sistema azienda;
iniziative di informazione e diffusione;
percorsi pre- professionalizzanti.
Nella tematica dell’occupabilità sono stati individuati quei progetti volti al sostegno
della stabilità lavorativa (il 3,3%), in particolare si tratta di interventi di formazione per
lavoratori occupati con contratti di lavoro atipici volti a promuovere lo sviluppo di
percorsi lavorativi.
Per quanto attiene il sistema lavoro, numerosi interventi hanno riguardato il
miglioramento delle strutture, dei servizi e delle risorse dei Servizi per l’impiego (circa
il 27%). Sono azioni di consulenza e accompagnamento rivolti agli operatori ma
soprattutto di attivazione e sperimentazione di servizi specialistici all’interno dei centri.
Molto interessanti gli interventi di gestione di servizi specialistici nel settore
dell'orientamento scolastico e professionale e monitoraggio dei servizi di counselling di
carriera e counselling aziende.
Tab. 15 Occupabilità N. destinatari approvati (v.a. e %)
Occupabilità 2004 2005 2006
Totale
complessivo
%
Inserimento/reinserimento lavorativo 3198 3282 1866 8346 35,1
Work experience 3126 2320 1789 7235 30,4
Alternanza scuola lavoro 525 1037 3734 5296 22,3
Azioni per la conciliazione 66 70 24 160 0,7
Sostegno alla stabilità lavorativa 369 164 117 650 2,7
SPI/Risorse 1044 1044 4,4
SPI/Strutture 1044 1044 4,4
Tot. Occupabilità 9372 6873 7530 23775 100,0
Totale complessivo 123246 93857 83001 300104 7,9
Per quanto riguarda i destinatari approvati per la tematica dell’Occupabilità è possibile
evidenziare come una quota elevata sia presente nelle azioni di inserimento e
37

einserimento lavorativo (35,1%) e nelle Work experience (30,4%). A seguire
l’alternanza scuola lavoro con il 22,3% sul totale.
Il sistema pubblico dei Servizi per l’Impiego in Emilia Romagna ha assorbito sia nella
programmazione regionale che in quella provinciale, la tematica di genere e le strategie
di mainstreaming. Rispetto ad azioni positive nei confronti delle donne, quella dei
Servizi per l’impiego si manifesta attraverso una offerta di servizi istituzionali che si
manifesta in :
azioni di reinserimento lavorativo (promozione dell’occupazione dirette a
target femminile);
interventi rivolti ai sistemi (servizi di consulenza e accompagnamento rivolti
agli operatori);
interventi di promozione della cultura di genere (per diffondere e promuovere
la partecipazione delle donne alla vita economica e sociale del territorio).
Infine, sono stati rilevati 16 progetti finalizzati a sostenere i bisogni di conciliazione, la
cui trattazione viene rimandata all’apposito capitolo dedicato alla Conciliazione.
Il 90,7% dei progetti sulla tematica dell’occupabilità sono finanziati dalle Province e il
9,3% dalla Regione.
Tab. 16 Occupabilità N. progetti per piano di riferimento (v.a. e %)
Piano di Riferimento Occupabilità %
Province 1077 90,7
Regione Emilia Romagna 110 9,3
Totale complessivo 1187 100,0
Tot. complessivo progetti 10847 10,9
Per quanto attiene alle categorie Isfol il 75,4% riguarda le azioni rivolte alle persone (in
totale 895 progetti la maggior parte dei quali volti all’inserimento e reinserimento
lavorativo); il 17,4% azioni di sistema (206 progetti di cui il 46,1% dei progetti
finanziano l’alternanza scuola lavoro). Infine il 7,2% riguardano le azioni di
accompagnamento.
Tab. 17 Occupabilità N. progetti per Tipologie Isfol (v.a. e %)
Occupabilità Persone % Sistemi % Accompagnamento
Inserimento/reinserimento
lavorativo
% Tot. %
398 37,3 34 16,8 36 41,9 468 28,3
Work experience 190 21,2 0,0 1 1,2 191 16,1
Alternanza scuola lavoro 33 3,7 95 46,1 4 4,7 132 11,1
Azioni per la conciliazione 10 1,1 0,0 6 7,0 16 1,3
Sostegno alla stabilità
lavorativa
19 2,1 13 6,3 7 8,1 39 3,3
SPI/Risorse 239 1,6 17 8,3 14 16,3 270 22,7
SPI/Strutture 6 0,7 47 22,8 9 10,5 62 5,2
Studi e analisi 0,0 0,0 9 10,5 9 0,8
Tot. Occupabilità 895 100,0 206 100,0 86 100,0 1187 100,0
Totale complessivo 8366 1429 1052 10847
38

Grafico 2. Occupabilità N. progetti per tipologia Isfol (v.a. e %)
%
80,0
70,0
60,0
50,0
40,0
30,0
20,0
10,0
0,0
Tipologie ISFOL
Persone Sistemi Accompagnamento
Isfol
L’ultima informazione riguarda il costo totale che per la tematica dell’occupabilità per
gli anni presi in considerazione copre il 14,4% dei finanziamenti.
Tab. 18 Occupabilità N. progetti costo totale (v.a. e %)
Occupabilità 2004 2005 2006
Inserimento/reinserimento
lavorativo
Tot.
Compl.
%
% Di cui E1
PO/
Altri Assi
11265954 11001978 6762492 29030423 28 22929356 4485434
Work experience 1793949 1731466 1186979 4712394 6,3 2315619
Alternanza scuola lavoro 580033 557022 2597426 3734481 5 1569672
Azioni per la
conciliazione
366989 291798 366702 1025489 1,4 990929 34560
Sostegno alla stabilità
lavorativa
310668 640147 950815 1,3 124425 1783595
SPI/Risorse 11290544 8715169 10909886 30483511 40,9 174058 2460360
SPI/Strutture 2877795 288441 872927 4039163 5,4 208192 123520
Studi e analisi 712520 69206 172178 513904 0,7 101584
Tot. Occupabilità 29198452 22655081 23508737 74490181 100 24426961 12874344
Tot. costo totale 04/06 200120328 149339329 166758431 516218088 14,4 32,8 17,3
39

3.3 Inclusione sociale
L’attenzione alle politiche dell’inclusione è stata per la Regione Emilia Romagna una
priorità che ha uniformato tutta la programmazione del Fse 2000-2006 sviluppandosi
attraverso un’ampia programmazione di linee di intervento che hanno coinvolto target
diversificati e facendo dell’approccio integrato la modalità programmatica che ha
accompagnato tutta l’attuazione. A questo proposito, la finalità perseguita dalla politica
è stata di operare sulle categorie di gruppi svantaggiati proponendo ai lavoratori con un
basso livello di qualificazione, interventi costruiti in funzione delle esigenze di
inserimento lavorativo e mobilità sociale.
Nell’ambito delle politiche dell’inclusione sociale sono evidenziate due tipologie di
intervento: la prima diretta all’inserimento lavorativo e alla formazione dei destinatari,
la seconda diretta ai sistemi e quindi allo sviluppo di Servizi per l’impiego sensibili ai
bisogni di specifici target (immigrati, disabili, detenuti, ecc) e alla formazione delle
competenze specifiche degli operatori. Si individua anche la modalità di intervento dei
percorsi integrati.
Sul totale degli interventi nel periodo di programmazione 2004-2006 quelli individuati
attraverso la tematica dell’Inclusione sociale rappresentano l’11,7% cui corrisponde un
peso in termini di risorse finanziarie pari al 14,2%.
Tab. 19 Inclusione sociale N. progetti per tematica (v.a. e %)
Inclusione sociale 2004 2005 2006 Totale %
Di cui
E1
PO/
Altri Assi
Inserimento socio lavorativo 320 226 307 853 67,3 33 428
Formazione per operatori 78 90 90 258 20,4 88 154
Work experience target specifici 26 37 44 107 8,4 1 59
Percorsi integrati 17 11 28 2,2 6
Qualità servizi sociali 2 3 5 0,4 1 4
Spi/risorse 2 6 8 0,6 2
Studi e analisi 3 5 8 0,6 3
Tot. Inclusione 446 371 450 1267 100,0 123 656
Totale complessivo 4115 3149 3583 10847 11,7 9,7 51,8
Nello specifico, come si evidenzia dalla tabella precedente, le azioni di inserimento
socio lavorativo (comprese quindi le azioni di formazione diretta all’acquisizione di
competenze specifiche e professionalizzanti) riguardano la maggioranza degli interventi
(il 67,3% dei progetti) seguita dalla formazione per operatori (20,4%) finalizzata a
migliorare la qualità del sistema formativo. Questi interventi diventano strategici sul
target degli operatori quando il loro impianto favorisce il rafforzamento e l’acquisizione
di competenze specialistiche da utilizzare nei confronti di utenze svantaggiate.
Delle azioni di work experience sono evidenziati quei progetti destinati a target specifici
(diversamente abili, persone svantaggiate, detenuti, immigrati, ecc.) che rappresentano
sul totale l’8,4%. I progetti individuati come “Qualità dei servizi sociali” sono volti al
40

miglioramento della qualità dei servizi offerti in ambito assistenziale e socio-sanitario
ma anche alla promozione di azioni positive volte alle politiche di genere e la
conciliazione della vita lavorativa e di quella famigliare.
I 123 progetti approvati nell’ambito della misura E1 (9,7% sul totale) sono diretti
all’aggiornamento delle competenze nei lavori di cura, nei servizi socio assistenziali e la
qualificazione delle azioni di assistenza per quanto riguarda la formazione agli
operatori; mentre relativamente all’inserimento socio lavorativo si tratta nella
maggioranza di azioni formative per l'inserimento sociale e lavorativo di cittadine
straniere.
Relativamente all’utenza femminile, il quadro d’insieme che si ricava dalla lettura delle
realizzazioni progettuali è di 656 (il 52% circa sul totale) progetti che in fase di
valutazione di mainstreaming sono risultati coerenti con le pari opportunità. Di questi il
68,4% sono finanziati dalla Misura B1 e riguardano la tematica riguardante gli
interventi di inclusione socio lavorativa. La maggior parte sono azioni di
alfabetizzazione e integrazione socio culturale seguite da azioni formative e
professionalizzanti per l’inserimento lavorativo.
Tab. 20 Inclusione sociale N. destinatari approvati (v.a. e %)
Inclusione sociale 2004 2005 2006
Totale
complessivo
%
Inserimento socio lavorativo 7765 3192 4388 15345 67,6
Formazione per operatori 1555 1722 2049 5326 23,5
Work experience target specifici 425 657 543 1625 7,2
Percorsi integrati 104 120 224 1,0
Qualità servizi sociali 124 53 163 0,7
Tot. Inclusione 9849 5815 7033 22683 100,0
Totale complessivo 123246 93857 83001 300104 7,6
Focalizzandoci sui destinatari approvati per la tematica dell’Inclusione sociale è
evidente come la quota maggiore è riservata alle azioni che prevedono l’inserimento
socio lavorativo (67,6%) delle persone che presentano degli svantaggi fisici o sociali e
la formazione degli operatori (23,5%).
Sommando le azioni del mainstreaming e della Misura E1, appare rilevante l’area legata
alla formazione degli operatori nel sociale (20% circa) in cui appare prevalente le
presenza femminile, unitamente alla propensione ad implementare le capacità
professionali attraverso l’acquisizione e l’aggiornamento di competenze specialistiche
necessarie per interventi mirati ai diversi segmenti del sociale.
Nella tabella seguente è evidenziata la percentuale dei progetti approvati dalle province
(85,9%) rispetto alla Regione (14,1%).
41

Tab. 21 Inclusione sociale N. progetti per piano di riferimento (v.a. e %)
Piano di Riferimento
Inclusione
sociale
%
Province 1088 85,9
Regione Emilia Romagna 179 14,1
Totale complessivo 1267 100,0
Tot. complessivo progetti 10847 11,7
Con riferimento alle categorie Isfol l’82,1% dei progetti è appartiene ad azioni rivolte
alle persone (di questi il 65% circa nelle attività di inserimento socio lavorativo), il
9,4% azioni di accompagnamento e il restante 8,5% azioni di sistema.
Tab.22 Inclusione sociale N. progetti per tipologie Isfol (v.a. e %)
Inclusione sociale Persone % Sistemi % Accompagnamento
% Tot. %
Formazione per operatori 230 22,1 21 19,4 11 9,2 262 20,7
Inserimento socio lavorativo 675 64,9 71 65,7 103 86,6 849 67,0
Work experience target specifici 107 10,3 0,0 0,0 107 8,4
Percorsi integrati 26 2,5 2 1,9 0,0 28 2,2
Qualità servizi sociali 2 0,2 2 1,9 1 0,8 5 0,4
Spi/risorse 0,0 8 7,4 0,0 8 0,6
Studi e analisi 0,0 4 3,7 4 3,4 8 0,6
Tot. Inclusione 1040 100,0 108 100,0 119 100,0 1267 100,0
Totale complessivo 8366 1429 1052 10847
Grafico 3. Inclusione sociale N. progetti per tipologie Isfol (v.a. e %)
%
100,0
80,0
60,0
40,0
20,0
0,0
Persone
Tipologie ISFOL
Sistemi
Isfol
Accompagna
mento
Progetti
Infine una tabella sui costi totali che rappresentano, per la tematica dell’Inclusione
sociale, il 14,2%.
42

Tab. 23 Inclusione sociale N. progetti per costo totale (v.a. e %)
Inclusione sociale 2004 2005 2006
Tot.
Compl.
%
Di cui
E1
PO
/Altri
Assi
Formazione per operatori 5427327 5574105 6541920 17543352 24 5012043 11762625
Inserimento socio
lavorativo
21022480 11404986 17804187 48052175 65,6 2298416 30574085
Work experience target
specifici
1680429 2371496 1825539 5877464 8 266000 2335760
Percorsi integrati 522043 640222 1162265 1,6 163915
Qualità servizi sociali 131150 34560 165710 0,2 12233 153477
Spi/risorse 42417 248555 290972 0,4
Studi e analisi 135039 172623 126054 0,2 249285
Tot. Inclusione 28829736 20294582 26454761 73217993 100 7588692 45239147
Totale complessivo 200120328 149339329 166758431 516218088 14,2 10,4 61,8
43

3.4 Capitale umano
Le politiche a favore del capitale umano, alla sua valorizzazione e all’accrescimento
della qualità dei sistemi di istruzione e formazione risultano strategiche e funzionali al
tipo di sviluppo economico perseguito dalla Regione Emilia Romagna. Da un lato si è
assistito al potenziamento e miglioramento degli investimenti in capitale umano, nel
quale rientrano interventi finalizzati alla riduzione della dispersione scolastica, corsi
professionali primari, secondari e superiori e apprendistato; dall’altro al progressivo
adattamento dei sistemi di istruzione, formazione e ai nuovi requisiti in termini di
competenze.
Le politiche di sviluppo del capitale umano raccolgono gli interventi più importanti
relativamente all’integrazione dei sistemi. Infatti, nell’ambito di tale priorità si ritrovano
tutti quei progetti finalizzati a migliorare singolarmente i sistemi della formazione e
dell’istruzione che complessivamente raggiungono l’11% dei progetti sul totale e a
sviluppare modalità di integrazione (protocolli, percorsi, sistemi informativi comuni,
ecc). Strettamente collegate alle politiche del lavoro le politiche dell’istruzione e della
formazione costituiscono un sistema che deve consentire, durante tutto l’arco della vita,
di crescere e migliorare il proprio profilo professionale.
Tab. 24 Capitale umano N. progetti (v.a. e %)
Capitale Umano 2004 2005 2006 Totale %
Di cui
E1
PO/
Altri Assi
Formazione superiore 500 244 306 1050 35,8 471
Acquisizione
competenze 206 10 221 437 14,9 163 212
Obbligo formativo 167 350 155 672 22,9 7 385
Obbligo formativo
(dispersione
scolastica) 196 32 47 276 9,4 110
Obbligo formativo
(orientamento) 56 51 107 3 56
Sistema della
formazione 58 11 50 119 4,1 4 58
Sistema dell'istruzione 51 128 26 205 7,0 6 30
Integrazione 4 3 54 61 2,1 2 35
Monitoraggio 3 2 5 0,2 3
Tot. Capitale Umano 116 144 130 2932 100 185 1360
Totale complessivo 4115 3149 3583 10847 27,0 6,3 46,4
Sono le attività relative all’obbligo formativo quelle più numerose che
nell’aggregazione con le azioni di orientamento e dispersione scolastica rappresentano il
35,9% dei progetti sul totale cui corrisponde un peso finanziario pari al 52%.
A seguire gli interventi di formazione superiore (Misura C3) con il 35,8% sul totale dei
progetti cui corrisponde un peso finanziario pari al 28% sul totale. Il 15% circa dei
progetti ricade nelle attività individuate come “acquisizione di competenze” che
44

iguardano tutti quei corsi che consentono l’acquisizione di competenze tecniche
fortemente orientate alla professione lavorativa.
Tab. 25 Capitale umano N. destinatari approvati (v.a. e %)
Capitale Umano 2004 2005 2006
Totale
complessivo
%
Formazione superiore 2545 4685 14144 21374 17,5
Acquisizione competenze 2056 228 3583 5867 4,8
Obbligo formativo 4062 35581 4279 43922 35,9
Obbligo formativo (Dispersione
scolastica)
29051 2817 1003 32871 26,9
Obbligo formativo (orientamento) 7796 5606 13402 11,0
Sistema della formazione 903 493 1396 1,1
Sistema dell'istruzione 506 1575 362 2443 2,0
Integrazione 43 12 942 997 0,8
Tot. Capitale Umano 46962 45391 29919 122272 100,0
Totale complessivo 123246 93857 83001 300104 40,7
Per quanto riguarda i destinatari approvati per la tematica del Capitale Umano è
evidente come molto alta sia numericamente la quota rispetto al totale complessivo
ripartito per i 3 anni (40,7%). Mentre all’interno della tematica la percentuale più
rilevante è riservata all’obbligo formativo che assieme alla specifica della dispersione
scolastica e dell’orientamento raggiunge il 74% circa.
I percorsi di integrazione, che rappresentano il 2,1% dei progetti sul totale, riguardano le
azioni progettuali destinate far incontrare i tre sistemi scuola, formazione professionale
e università attraverso azioni formative rivolte a: dirigenti, operatori del sistema locale,
alunni frequentanti gli ultimi anni della scuola dell’obbligo, anche per definire percorsi
di raccordo scuola-lavoro. La metà circa di questi progetti sono coinvolti in azione di
mainstreaming in particolare per la presenza di rappresentanza femminile in fase di
progettazione e/o realizzazione e/o valutazione dell'attività o per la presenza, all'interno
dell'attività o ad essa collegata, di servizi e strutture di assistenza ai familiari delle
donne coinvolte nel progetto.
Tab. 26 Capitale umano N. progetti per piano di riferimento (v.a. e %)
Piano di Riferimento
Capitale
umano
%
Province 2253 76,8
Regione Emilia Romagna 679 23,2
Totale complessivo 2932 100,0
Tot. complessivo progetti 10847 27,0
Nella tabella seguente sono riepilogati per la tematica del Capitale Umano le categorie
Isfol. Oltre il 70% riguardano le azioni rivolte alle persone, seguono le azioni di
accompagnamento e sistemi (rispettivamente 17,1% r 12,4%).
45

Tab. 27 Capitale umano N. progetti per tipologie Isfol (v.a. e %)
Capitale Umano Persone % Sistemi % Accompagnamento % Tot. %
Sistema della
formazione 5 0,2 95 26,2 19 3,8 119 4,1
Sistema dell'istruzione 12 0,6 162 44,6 31 6,2 205 7,0
Formazione superiore 1047 50,6 3 0,6 1050 35,8
Acquisizione
competenze 437 21,1 437 14,9
Obbligo formativo 459 22,2 25 6,9 188 37,6 672 22,9
Obbligo formativo
(dispersione scolastica) 72 3,5 46 12,7 158 31,6 276 9,4
Obbligo formativo
(orientamento) 20 1,0 12 3,3 75 15,0 107 3,6
Integrazione 17 0,8 18 5,0 26 5,2 61 2,1
Monitoraggio 0,0 5 1,4 5 0,2
Tot. Capitale Umano 2069 100,0 363 100,0 500 100,0 2932 100,0
Totale complessivo 8366 1429 1052 10847
Grafico 4. Capitale umano N. progetti per tipologie Isfol (v.a. e %)
%
80,0
70,0
60,0
50,0
40,0
30,0
20,0
10,0
0,0
Persone
Tipologie ISFOL
Sistemi
Isfol
Accompagna
mento
Progetti
La tabella seguente riporta il costo totale per i progetti inerenti la tematica del Capitale
Umano: sul totale dei finanziamenti 2004/2006 copre un elevato peso finanziario ovvero
il 45,4% del totale.
46

Tab. 28 Capitale umano N. progetti per costo totale (v.a. e %)
Capitale Umano 2004 2005 2006
Tot.
Compl.
%
Di cui
E1
PO/Altri
Assi
Sistema della formazione 5993492 967188 4243755 9294550 4 78948 5575435
Sistema dell'istruzione 5737800 5699310 1029517 12400485 5,3 393926 2012898
Formazione superiore 20942476 17241668 27445289 65629433 28 38031672
Acquisizione competenze 6759681 500078 13156374 20416133 8,7 3533880 12198542
Obbligo formativo 34704259 52318456 16932904 103955619 44,4 394816 52803187
Obbligo formativo
(dispersione scolastica)
Obbligo formativo
(orientamento)
12225319 746035 1994717 14966071 6,4 2798680
2882129 1656811 4538940 1,9 90520 2346390
Integrazione 167869 226745 2310633 2705247 1,2 321296 1414758
Monitoraggio 97152 112620 209772 0,1 47232
Tot. Capitale umano 89510177 77812100 68770000 234116250 100 4813386 117228793
Totale complessivo 04/06 200120328 149339329 166758431 516218088 45,4 2 50
47

PARTE B. APPROFONDIMENTI VALUTATIVI
1. OCCUPABILITÀ: I GIOVANI, GLI ATIPICI E GLI OVER 55
Negli ultimi due decenni hanno assunto un'importanza crescente politiche, mirate a
gruppi piuttosto ristretti di soggetti (individui, famiglie, imprese), contraddistinte da
obiettivi ragionevolmente circoscritti. È questo il caso delle politiche attive del lavoro.
Quanto nei paesi dell'Unione Europea questo orientamento sia marcato, si desume
chiaramente in chiave retrospettiva dall'esame dei recenti sviluppi nelle politiche
adottate e in chiave prospettica nelle linee guide per la programmazione 2007-2013 dei
Fondi Strutturali.
E’ ormai chiaro da più parti che le attività di valutazione delle politiche sono un
ingrediente essenziale nel processo cumulativo di disegno/ridisegno che connota le
politiche attive del lavoro. La principale finalità conoscitiva della valutazione consiste
nel determinare se la politica messa in atto abbia modificato nel senso voluto il
fenomeno che si proponeva di modificare. In molte circostanze, poi, è non meno
importante stabilire se la politica abbia prodotto anche risultati non previsti, sovente
indesiderabili e perché questo sia successo.
Il precedente periodo di programmazione FSE 2000-2006 ha permesso alle regioni e ai
territori coinvolti di sperimentare numerosi interventi finalizzati ad accrescere
l’occupabilità di alcune categorie sociali (giovani, donne, immigrati, svantaggiati o
esclusi, ecc.) oppure di migliorare la propria condizione professionale attraverso
l’aggiornamento delle competenze e una diversa organizzazione del lavoro.
In Emilia Romagna, l’utilizzo dei fondi FSE è stato accompagnato da un deciso sforzo
teso a integrare il sistema dell’istruzione, della formazione e del lavoro in un unico
complesso di governance, anche attraverso azioni di sistema. Infatti, l’impostazione
strategica della programmazione nazionale FSE 2000-2006 ha individuato nelle azioni
di sistema uno dei principali dispositivi per promuovere l’innovazione nei sistemi
regionali, a partire dal mutamento profondo e generalizzato del quadro regolativo
nazionale. In questa cornice di riferimento, l’azione di sistema tende a definirsi come un
processo in grado di aggregare soggetti, istituzioni ed enti locali e attori privati, attorno
a un obiettivo comune che ridefinisce il ruolo e gli obiettivi delle politiche e quindi il
sistema di governance a livello locale.
La nuova fase di programmazione 2007-2013 presenta numerosi aspetti di continuità
con la vecchia programmazione ma anche alcuni connotati estremamente innovativi.
L’accento posto sulla promozione dell’occupazione e dell’inclusione attraverso
l’integrazione di tre sistemi: sistema dell’istruzione, sistema della formazione e mercato
del lavoro, che ha contraddistinto il vecchio Obiettivo 3, viene mantenuta e potenziata
nella nuova fase di programmazione. Tuttavia, si intravede, altresì, una forte
connotazione strategica rivolta alla promozione di occupazione di qualità,
all’innovazione dei processi produttivi e dei prodotti, alla spinta verso l’economia della
conoscenza e la competitività. Tutti questi aspetti derivano dalle linee strategiche della
Commissione Europea ed entrano con forza nei processi programmatori regionali.
In quest’ottica di forte spinta innovatrice delle economie locali, l’integrazione dei
sistemi dell’istruzione, della formazione e del mercato del lavoro, assume una nuova
48

connotazione strategica. Non basta pertanto promuovere l’occupazione, ma occorre
garantire anche migliori posti di lavoro, attraverso percorsi di alta formazione e di
potenziamento delle competenze della forza di lavoro locale. A ciò va ad aggiungersi il
processo di accelerazione di ingresso e permanenza nel mercato del lavoro della
componente femminile della forza di lavoro locale. Si tratta, generalmente, di una
componente molto qualificata ma spesso estromessa dai processi produttivi, a causa
della mancanza di strumenti di supporto e di sostegno garantiti da servizi adeguati di
conciliazione vita/lavoro, ma anche dalla debolezza del grado di integrazione dei
sistemi. Risulta, dunque, difficoltoso garantire un percorso coerente e duraturo delle
risorse umane dall’istruzione e la formazione al mercato del lavoro.
Questa strozzatura determina alcune ripercussioni sul sistema economico regionale che
perde una componente molto qualificata della forza di lavoro, con effetti negativi sui
livelli di produttività ma, soprattutto, sulla capacità di innovazione e competitività a
livello globale.
In questa cornice di riferimento, il gruppo di lavoro del CRAS S.p.A., su mandato della
Regione Emilia-Romagna, ha definito un’analisi valutativa che risponda all’esigenza di
comprendere in che misura le risorse regionali del FSE siano state impiegate
efficacemente al consolidamento dell’integrazione dei sistemi in ottica di genere.
Pertanto, in questo capitolo, si delinea un quadro di analisi volto a rintracciare alcuni dei
risultati più significativi (e più deludenti) conseguiti dalle iniziative cofinanziate dal PO
FSE 2000-2006, approfondendo qui gli aspetti legati alle politiche attive del lavoro,
dunque all’occupabilità, e mantenendo l’ottica di genere che contraddistingue il
mandato valutativo del CRAS.
Il tema dell’occupabilità, come illustrato sotto, viene dunque scisso in quattro categorie
di analisi differenti: la prima attiene al problema occupazionale nei giovani (da 15 a 29
anni); la seconda riguarda le difficoltà occupazionali delle fasce di età più mature (oltre
55 anni); la terza attiene alle forme contrattuali atipiche e la quarta, trasversale, alle
prime tre, riguarda la forza di lavoro femminile.
Figura 1. Approccio alla valutazione sul tema Occupabilità
OCCUPABILITA’
GIOVANI OVER 55 ATIPICI
APPROCCIO DI GENERE
49

Il modello di riferimento per l’analisi dell’occupazione della regione prende dunque in
esame tre categorie di attori che risultano assai significativi nella ricostruzione delle
caratteristiche essenziali della forza di lavoro per la crescita dell’economia locale.
La permanenza del tema trasversale di genere all’analisi del mercato del lavoro fa sì che
gli indicatori considerati presentino la distinzione tra maschi e femmine. L’approccio
adottato prevede l’esame degli indicatori più utilizzati in materia di mercato del lavoro
che riguardano nello specifico le categorie considerate: giovani, over 55 e atipici.
Accanto all’estrapolazione degli indicatori che meglio catturano i fenomeni di interesse,
viene associata l’analisi delle politiche che affrontano le problematiche in essere e una
riflessione finale sulla relazione tra le politiche per l’occupabilità e le altre politiche
regionali o provinciali attuate e/o programmate in Emilia Romagna.
1.1 Analisi del contesto
1.1.1 Occupazione giovanile
Offerta di lavoro
Partendo dall’analisi dell’offerta di lavoro potenziale nella regione, appare utile
sottolineare come i tassi di crescita naturali della popolazione della regione siano
negativi come mostra la tabella che segue. Dal 1999 al 2006, i tassi regionali appaiono
tutti negativi nonostante un trend in recupero (da -3,7 a -1,4). Le province che mostrano
perdite maggiori di popolazione sono Ferrara, Piacenza, Parma e Bologna; al contrario,
per Rimini, Reggio Emilia e Modena il segno è positivo.
Tabella 1. Tassi di crescita (saldo naturale) della popolazione dal 1999 al 2006.
Ripartizioni territoriali 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Italia -0,6 -0,3 -0,2 -0,3 -0,7 0,3 -0,2 0,1
Nord-Est -1,8 -1,2 -1,1 -1,1 -1,4 -0,2 -0,5 -0,2
Emilia-Romagna -3,7 -2,9 -2,7 -2,5 -3,1 -1,7 -1,8 -1,4
Bologna -4,1 -3,5 -3,1 -2,8 -3,7 -2,3 -2,8 -2,2
Ferrara -7,4 -6,7 -6,4 -6,3 -6,5 -5,9 -5,4 -4,8
Forlì-Cesena -3,1 -2,2 -2,1 -2,0 -2,4 -0,5 -1,3 -1,1
Modena -1,9 -0,8 -0,5 -0,4 -0,9 -0,1 0,3 0,5
Parma -5,0 -3,9 -4,3 -4,2 -4,8 -2,9 -2,7 -2,3
Piacenza -6,3 -5,2 -5,2 -4,9 -5,9 -4,3 -4,4 -4,3
Ravenna -4,8 -4,7 -3,9 -3,5 -4,1 -2,5 -2,6 -1,8
Reggio nell'Emilia -1,3 -0,8 -0,9 -0,3 -0,6 1,3 0,4 0,6
Rimini -0,2 0,3 0,7 0,5 -0,3 0,3 0,8 0,8
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Istat.
Il fenomeno è dovuto senza dubbio al calo nelle nascite dell’ultimo decennio che sta
traghettando il profilo demografico regionale verso la necessità di bilanciare
l’invecchiamento della popolazione con una limitazione dell’offerta di lavoro. Il ruolo
dei processi migratori e l’ingresso, pertanto, di manodopera giovane straniera, unita
altresì ai sempre più frequenti ricongiungimenti familiari, ritocca al rialzo il profilo
demografico regionale e fornisce una solida ancora di salvezza al mercato del lavoro.
50

La tabella che segue indica i tassi di crescita totali della popolazione regionale (saldo
naturale + migrazione). I valori cambiano segno e diventano tutti abbondantemente
positivi con punte del 14,7% (Reggio Emilia), 13,4 (Rimini), 11,8 (Ravenna), 10,0
(Forlì Cesena). In generale, il tasso regionale (9,4) è ben più alto di quello italiano (4,0)
e della ripartizione del Nord Est (8,2).
Tabella 2. Tassi di crescita (saldo naturale + movimento migratorio) della popolazione dal 1999 al 2006.
Ripartizioni territoriali 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Italia 2,0 5,7 9,8 9,9 4,9 4,0
Nord-Est 5,6 10,4 12,4 13,4 8,0 8,2
Emilia-Romagna 6,0 11,4 12,4 17,2 8,7 9,4
Bologna 4,0 12,8 9,0 9,9 5,8 6,2
Ferrara -1,5 -0,5 9,6 6,9 4,8 5,6
Forlì-Cesena 6,8 10,3 12,5 12,2 9,0 10,0
Modena 9,0 13,0 13,8 12,1 8,2 8,4
Parma 5,9 8,7 7,4 33,1 8,7 8,5
Piacenza 3,0 12,9 13,6 10,1 7,9 9,0
Ravenna 4,3 9,6 11,9 27,7 11,0 11,8
Reggio nell'Emilia 13,5 17,1 19,8 31,5 14,7 14,7
Rimini 6,9 14,4 17,8 19,2 10,9 13,4
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Istat.
La distribuzione della popolazione per fasce di età indica una crescita complessiva, dal
2000 al 2006, della fascia di età 0-14 anni per l’Emilia Romagna, dovuta a una leggera
ripresa delle nascite; mentre le fasce in età di lavoro 15-34 anni e 45-64 anni sono in
calo. Crescono le fasce da 35 a 44 anni e gli over 65. E’ altresì interessante volgere lo
sguardo alla dinamica demografica per genere che sembra favorire la popolazione di
sesso maschile che in Emilia Romagna cresce più velocemente di quella femminile per
tutte le fasce, ad eccezione degli over 55 anni.
Tabella 3. Quote della popolazione per classi di età nel 2000 e nel 2006.
fino a 14
Ripartizioni
15-24 anni 25-34 anni 35-44 anni 45-54 anni 55-64 anni over 65
anni
territoriali
2000 2006 2000 2006 2000 2006 2000 2006 2000 2006 2000 2006 2000 2006
M
E-R 12,0 13,2 9,9 8,6 16,7 14,8 15,9 17,6 13,9 13,8 13,0 12,5 18,6 19,6
Nord-Est 13,4 14,1 10,7 9,3 17,2 15,0 16,2 17,8 13,9 13,9 12,6 12,4 16,0 17,5
Italia 15,3 14,9 12,4 10,9 16,6 14,9 15,4 16,8 13,5 13,6 11,8 12,0 15,0 16,9
F
E-R 10,6 11,8 9,0 7,7 15,0 13,4 14,3 15,8 13,3 13,1 13,0 12,5 24,8 25,8
Nord-Est 11,9 12,7 9,9 8,4 15,6 13,5 14,6 16,0 13,2 13,1 12,5 12,4 22,3 23,9
Italia 13,7 13,3 11,4 9,8 15,4 13,7 14,4 15,6 12,9 13,1 11,9 12,0 20,3 22,4
M+F
E-R 11,3 12,5 9,5 8,1 15,8 14,1 15,1 16,6 13,6 13,4 13,0 12,5 21,7 22,8
Nord-Est 17,3 13,3 12,2 8,8 16,3 14,2 15,3 16,9 13,4 13,5 11,0 12,4 15,2 20,8
Italia 17,3 14,1 12,1 10,3 16,0 14,3 14,8 16,2 13,2 13,3 11,0 12,0 15,1 19,8
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Istat.
51

In generale, l’offerta di lavoro della regione non appare in calo. In valori assoluti, la
popolazione regionale è in crescita rispetto al 2002 (dati demo Istat). Tuttavia, uno
sguardo più attento alle singole fasce di età mostra un quadro non del tutto lineare.
Rispetto al 2002, si riscontra un calo della fascia di età compresa tra 15 e 34 anni sia per
i maschi sia per le femmine. E’ un dato importante che incide sulla capacità della
regione di rinnovare la propria forza di lavoro.
Passaggio dalla scuola al mondo del lavoro
La popolazione in uscita dai percorsi scolastici strutturati è aumentata negli ultimi anni,
per effetto delle riforme della scuola e a causa dell’andamento del mercato del lavoro
non sempre favorevole per i giovani.
Gli iscritti alla scuola media superiore nel 2005/06 ammontano a oltre 155mila unità, di
questi il 37,2% è iscritto agli istituti tecnici, il 30,5% ai licei, il 23,2% agli istituti
professionali e il restante 9,1% agli istituti d’arte e alle magistrali. Il tasso di scolarità,
ovvero il rapporto tra gli studenti iscritti alla scuola secondaria di secondo grado e la
popolazione residente appartenente alla classe di età 14-18 anni, è vicino a 100 e risulta
più alto per le femmine. Le province di Parma, Modena, Ferrara, Forlì-Cesena e Rimini
presentano i tassi più alti; mentre Reggio Emilia, Piacenza, Bologna e Ravenna
appaiono più distanti. Le femmine prediligono i licei, gli istituti tecnici, i professionali,
le magistrali e poi gli istituti d’arte; mentre i maschi si iscrivono maggiormente agli
istituti tecnici, ai professionali, i licei, gli istituti d’arte e, in ultimo, le magistrali. Si
tratta di dati in linea con le tendenze nazionali e del Nord Est, se si esclude la minore
propensione dei maschi della regione a iscriversi ai licei.
Figura 2. Tassi di iscrizione ai 5 anni della scuola secondaria superiore in Emilia Romagna dal 2002
al 2005.
tassi di scolarità
120,0
100,0
80,0
60,0
40,0
20,0
0,0
I anno II anno III anno IV anno V anno
anni scolastici
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Ministero Pubblica Istruzione
2002/03
2005/06
I tassi di iscrizione alla scuola secondaria superiore sono aumentati per tutti gli anni, dal
2002/03 al 2005/2006 e rimangono tra i più alti d’Italia. Permane tuttavia un forte
decremento (abbandono, come vedremo più avanti) delle iscrizioni negli anni successivi
52

al primo, nonostante il trend in crescita: se, infatti, nel primo anno si iscrive la totalità
degli studenti con 14 anni d’età, nel V anno arriva soltanto l’80% circa della
popolazione con 18 anni. Il passaggio dal secondo al terzo anno delle scuole superiori fa
perdere circa il 5% degli iscritti nel 2005/06, un dato comunque in recupero di 2 punti
percentuali rispetto al 2002/03.
Tabella 4. Tassi di scolarità (scuola media superiore) per genere: 2000 e 2004.
Ripartizioni
territoriali
2000/01 2004/05
M
E-R 91,5 93,6
Nord-Est 84,6 87
Italia 87,5 91,4
F
E-R 95,4 96,1
Nord-Est 89,8 92,6
Italia 87,2 92,8
TOTALE
E-R 93,4 94,8
Nord-Est 87,4 89,7
Italia 87,4 92,1
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Ministero Pubblica Istruzione
I tassi di scolarità nella scuola media superiore per genere pongono la regione su livelli
di eccellenza rispetto alla ripartizione del Nord Est e dell’Italia. I tassi totali (maschi +
femmine) sono passati dal 93,4% al 94,8% in quattro anni. Le femmine partivano già da
un livello di scolarità elevato e sono quindi cresciute meno dei maschi (0,7% contro il
2,1%). Il Nord Est, inoltre, mostra un tasso di scolarità di 5 punti percentuali inferiore a
quello della regione, appesantito dal tasso maschile, mentre il dato italiano è di quasi 3
punti inferiore.
Tabella 5. Percentuale della popolazione 18-24 anni con titolo di studio inferiore al diploma di
scuola secondaria superiore e che non partecipa ad ulteriore istruzione o formazione, dal 2000 al
2006.
Ripartizioni
territoriali
2000 2001 2002
M
2003 2004 2005 2006
Emilia-Romagna 25,2 27,1 23,7 23,6 21,3 21,9 22,2
Nord-Est 24,6 23,8 22,5 21,5 21,4 21,7 20,0
Italia 29,3 28,3 26,7
F
25,3 26,6 25,8 24,0
Emilia-Romagna 18,2 17,2 16,2 17,2 17 16,3 12,8
Nord-Est 18,2 16,8 15,1 14,7 14,9 15 13,1
Italia 22,8 20,9 19,5
T
18,7 18,3 18,1 17,1
Emilia-Romagna 21,7 22,1 19,9 20,4 19,2 19,1 17,7
Nord-Est 21,4 20,3 18,8 18,2 18,2 18,4 16,7
Italia 26,1 24,6 23,1 22 22,4 21,9 20,6
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Istat
53

In Emilia Romagna, le iscrizioni femminili alla scuola secondaria superiore sono più
frequenti che nei maschi: 96,1% contro il 93,6%, un dato sensibilmente superiore a
quello nazionale e del Nord Est.
Occorre chiarire che gli alti tassi di scolarità nella scuola secondaria superiore della
regione rappresentano una conquista abbastanza recente. Il confronto con la tabella
riportata sopra infatti, ovvero la percentuale della popolazione tra 18 e 24 anni con un
titolo di studio inferiore al diploma di scuola media superiore e che ha abbandonato
ogni altro percorso formativo, pone la regione alle spalle della ripartizione del Nord Est.
Mentre per i maschi i valori sono analoghi, i tassi femminili sono più distanti e migliori
dei valori nazionali. E’ utile tuttavia osservare l’assottigliamento della popolazione con
basse qualifiche: in soli 5 anni, la percentuale totale si è ridotta di oltre 4 punti e quella
maschile di 3 punti. La popolazione femminile continua a essere la più istruita, con il
12,8% della popolazione con basse qualifiche, un valore di 5 punti inferiore al totale.
La figura riportata sotto illustra il tasso di abbandono degli studenti al termine del I
anno della scuola media superiore. Le tendenze sono analoghe nelle tre ripartizioni
considerate sebbene presentino valori e intensità differenti. Il dato italiano è
costantemente più elevato di quello del Nord Est e dell’Emilia Romagna.
All’abbattimento del tasso di abbandono nell’anno scolastico 1998/99, fa seguito una
improvvisa impennata fino a toccare un massimo nel 2002/03.
Dal 2002/03 si assiste a una leggera flessione degli abbandoni, più repentina per il Nord
Est e meno marcata per l’Italia e, soprattutto, per l’Emilia Romagna. Dall’anno
scolastico 2000/01 il tasso di abbandono scolastico della regione è rimasto
sostanzialmente invariato, costantemente superiore al 9%; al contrario, sia il Nord Est
che l’Italia hanno mostrato gli andamenti migliori.
Figura 3. Tasso di abbandono al termine del I anno delle scuole medie superiori dal 1994/95 al
2004/05. Valori percentuali.
14
13
12
11
10
9
8
7
1994-95
1995-96
1996-97
1997-98
1998-99
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Istat
1999-00
2000-01
2001-02
2002-03
2003-04
2004-05
Emilia-Romagna Nord-Est Italia
Il tasso di abbandono al termine del II anno della scuola media superiore si è invece
azzerato per l’Emilia Romagna e il Nord Est, passando da valori vicini al 5% nel 1995
54

allo 0,2% del 2005. I dati per l’Italia sono più alti (2,8%), nonostante la flessione degli
abbandoni registrata negli ultimi anni.
Figura 4. Diplomati nel 2006 per genere e indirizzo di studio in Emilia Romagna. Valori
percentuali.
50,0
40,0
30,0
20,0
10,0
0,0
Licei Ist. Magistrali Ist. Tecnici Ist. Prif.li Ist.arte
Maschi Femmine
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Ministero Pubblica Istruzione
Il grafico sopra, mostra la percentuale di diplomati nell’anno scolastico 2005/2006 nei
diversi indirizzi di studio, suddivisi per genere. Si intravede la preponderanza dei
maschi negli istituti tecnici e delle femmine nei licei. Questa tendenza, come si noterà a
breve, non verrà mantenuta nelle immatricolazioni all’università, che invece fanno
segnare la prevalenza degli studenti provenienti dai licei, sia maschi che femmine.
Questo fenomeno si deve, oltre che ad un tasso di immatricolazione all’università
maggiore da parte dei diplomati ai licei, anche dal maggior numero di immatricolazioni
delle femmine rispetto ai maschi.
In conclusione, il livello di istruzione nelle scuole primarie e secondarie della regione è
molto elevato, soprattutto se paragonato alla media nazionale. Se, da un lato, non si
registrano differenze di genere vistose tra la popolazione, nei prossimi anni occorrerà
prestare particolare attenzione ai tassi di iscrizione e alle differenze di genere tra la
popolazione straniera.
La dinamica delle iscrizioni alle scuole primarie e secondarie della regione indica alcuni
elementi importanti. La percentuale degli iscritti stranieri sulla popolazione scolastica è
in costante aumento e riflette l’accentuazione dei flussi migratori degli ultimi anni.
Emergono tuttavia alcune dinamiche tra la popolazione straniera che è utile sottolineare.
Bologna, Modena e Reggio nell’Emilia rappresentano le province con la più elevata
incidenza di iscritti stranieri. Sia nelle primarie, sia nelle secondarie inferiori, è evidente
la preferenza accordata ai maschi a iscriversi alle scuole della regione: infatti, la
percentuale (in proporzione rispetto alla popolazione per genere) di maschi stranieri che
accedono all’istruzione primaria e secondaria inferiore è superiore di alcuni punti
rispetto a quella femminile.
55

I tassi di scolarità (italiani e stranieri scuola media superiore) della regione sono tra i più
elevati in Italia e sono superiori di quelli registrati nel Nord Est, sia per i maschi sia per
le femmine. Osservando le dinamiche di genere, i tassi di scolarità delle femmine sono
più elevati di quelli dei maschi, nonostante un lieve recupero nell’ultimo anno. Le
iscrizioni ai primi due anni delle secondarie superiori rappresentano oltre il 100% della
popolazione residente nella relativa fascia d’età, mentre calano vistosamente negli
ultimi 3 anni, nonostante dal 2002 al 2005 si sia registrato un aumento assoluto delle
iscrizioni.
I tassi di abbandono al termine del primo anno della scuola media superiore appare un
elemento preoccupante. Dall’anno scolastico 2002/03, gli studenti che abbandonano gli
studi sono scesi dall’11% a poco meno del 10% della popolazione scolastica di
riferimento. Si tratta di un risultato che si posiziona al di sotto della media della
ripartizione del Nord Est (che anzi tocca l’8%).
L’offerta formativa universitaria regionale
La Regione dispone di un’ampia offerta formativa universitaria dislocata in quattro
atenei: Bologna, Ferrara, Modena-Reggio nell’Emilia e Parma. In complesso, il sistema
universitario regionale accoglie ogni anno dai 20mila ai 25mila nuovi studenti e
comprende una popolazione universitaria complessiva che sfiora le 160mila unità.
Tabella 6. Iscrizioni alle università dell’Emilia Romagna, per Ateneo e sesso nel 2005. Valori
percentuali.
ATENEO M F Tot
Bologna 60,5 61,2 60,9
Ferrara 11,2 11,0 11,1
Parma 17,3 17,5 17,4
Modena-Reggio Emilia 11,0 10,3 10,6
Totale 100 100 100
Fonte: Elaborazioni Cras su dati ufficio statistico MIUR
Nello specifico, nell’anno accademico 2006/07 si sono immatricolati più di 21mila
studenti negli atenei emiliano-romagnoli, un dato che appare in calo del 15% rispetto ai
valori registrati nel 2005/06 che indicava quasi 25mila nuove immatricolazioni, come
mostra la tabella che segue.
La maggior parte delle immatricolazioni nell’anno accademico 2006/07 ha riguardato le
facoltà scientifiche (42% del totale), poi quelle umanistiche (34%) e, infine, le facoltà
economico-sociali (24%). Prese singolarmente, tuttavia, le facoltà che registrano il
maggior numero di immatricolati sono lettere e filosofia, economia, ingegneria e
scienze. Le donne si immatricolano maggiormente nelle facoltà a indirizzo umanistico
(69% del totale immatricolati) e economico-sociale (52%); rappresentano invece la
minoranza nelle facoltà scientifiche (42%), nonostante una crescita costante delle
immatricolazioni femminili a queste facoltà dal 2001.
Tra le facoltà con la più elevata popolazione femminile rientrano: scienze della
formazione (88% delle presenze femminili), scuola superiore per interpreti e traduttori
(84%), lingue e letterature straniere (78%) e farmacia (77%). Al contrario, ingegneria
56

(20%), chimica industriale (33%), scienze motorie (33%) e agraria (34%) sono le
facoltà con la più bassa incidenza di immatricolazioni femminili.
Tabella 7. Immatricolati a corsi di laurea di I livello e i corsi di laurea specialistiche a ciclo unico
nel 2006 e nel 2007 negli Atenei dell’Emilia Romagna.
immatricolati 2006/07 Immatricolati Variaz. Immatricolati
totale donne % donne 2005/06 2006-2005
Agraria 430 148 34 564 -24
Architettura 257 131 51 293 -12
Chimica Industriale 85 28 33 95 -11
Conservazione beni culturali 150 98 65 206 -27
Economia 3494 1726 49 3680 -5
Farmacia 282 216 77 259 9
Giurisprudenza 562 253 45 2742 -80
Ingegneria 2970 602 20 3251 -9
Lettere e Filosofia 3792 2517 66 4114 -8
Lingue e Lett. Straniere 688 538 78 692 -1
Medicina e Chirurgia 1832 1169 64 1938 -5
Medicina Veterinaria 138 83 60 181 -24
Psicologia 398 312 78 462 -14
Scienze della Comunicazione 459 223 49 467 -2
Scienze della Formazione 927 814 88 993 -7
Scienze MM.FF.NN. 2510 1186 47 2626 -4
Scienze Motorie 273 91 33 270 1
Scienze Politiche 1480 881 60 1667 -11
Scienze Statistiche 131 57 44 179 -27
Scuola Sup. Interpreti e Traduttori 153 129 84 164 -7
TOTALE STUDENTI 21011 11202 53 24843 -15
Fonte: Elaborazioni Cras su dati ufficio statistico MIUR
Nell’anno accademico 2005/2006, su quasi 25mila diplomati, circa 15mila studenti
residenti in Emilia Romagna si sono immatricolati negli atenei della Regione e 2300 si
sono immatricolati fuori. Coloro che studiano fuori si iscrivono in prevalenza presso gli
atenei delle regioni limitrofe: Lombardia (41%), Marche (14%), e in misura minore
presso altre regioni: Abruzzo (11%) e, poi, Lazio (10%) e Veneto (10%).
Dal 2001/02, sono dunque aumentati del 31% coloro che si sono immatricolati in atenei
non della regione. Si tratta comunque di numeri esigui (da 1700 a 2300 unità circa).
Aumentano lievemente le immatricolazioni negli atenei regionali (da 14700 a 15mila
circa, pari a un incremento del 2%).
Il passaggio dalla scuola superiore all’università viene effettuato più spesso dai
diplomati presso i licei, seguiti dagli istituti tecnici. Dagli istituti magistrali, gli istituti
professionali e le altre scuole proviene circa il 20% del totale.
In generale, nell’anno accademico 2004/05, il tasso di passaggio dal conseguimento del
diploma all’immatricolazione all’università degli studenti della regione è stato pari a
circa il 74%. Le immatricolazioni femminili sono significativamente più numerose di
quelle dei maschi (78% contro il 71%). I tassi sono superiori a quelli registrati dalla
ripartizione del Nord Est e dell’Italia nelle quali le immatricolazioni femminili sono
57

stabilmente più elevate. Per tutti, comunque, si è verificato dal 2000 al 2004 (ultimo
anno disponibile) un sensibile aumento delle immatricolazioni che, nel caso della
regione Emilia Romagna, ha toccato quasi i 14 punti percentuali; per il Nord Est si è
avvicinato a 12 punti, e per l’Italia ha sfiorato gli 8 punti percentuali.
Tabella 8. Tassi di passaggio dalla scuola media superiore all’università per sesso dal 2000 al 2004.
Regione Nord Est Italia
ANNI M F Tot M F Tot M F Tot
2000-01 59,6 61,2 60,5 57,4 60,4 59,0 59,1 65,8 62,6
2001-02 64,8 67,0 66,0 63,9 69,5 66,9 64,3 73,1 68,9
2002-03 67,2 71,6 69,6 66,9 71,9 69,6 67,3 77,0 72,3
2003-04 70,0 80,6 75,4 65,1 76,0 70,7 66,5 77,9 72,3
2004-05 70,9 77,6 74,4 64,5 76,6 70,7
Fonte: Elaborazioni Cras su dati ISTAT
Per quanto riguarda gli iscritti agli atenei emiliano-romagnoli nel 2005, residenti nella
regione (considerando dunque tutti gli anni di corso universitario e non soltanto gli
immatricolati), essi rappresentano il 32,3% della popolazione tra 19 e 25 anni della
regione. Le femmine rappresentano il 36,7% della popolazione totale e i maschi il
28,1%.
L’attrattività del sistema universitario regionale rimane alto. Il numero di iscritti agli
atenei dell’Emilia Romagna è passato dai 155mila del 2000 agli oltre 157mila del 2005,
le femmine sono aumentate di 3mila unità, mentre i maschi sono calati di circa mille
unità, come mostra la tabella sotto.
Tabella 9. Numero di iscritti (residenti e non) agli atenei dell’Emilia Romagna per sesso e indirizzo
di studio, dal 2000 al 2006.
ISCRITTI
Anni Accademici 2000/2001 2006/2007
Indirizzo di studi M F Tot M F Tot
Letterario/umanistico 4021 10954 14975 4512 11539 16051
Giuridico 11434 13975 25409 7094 9931 17025
Economico e scienze
8772 7131 15903 9629 9135 18764
sociali
Medico 4547 9895 14442 6701 12030 18731
Scientifico* 5104 5547 10651 7173 5929 13102
Ingegneria 18693 4927 23620 16264 5731 21995
Agraria 845 334 1179 678 1107 1785
Altri 19346 29643 48989 19637 30139 49776
Tot. Complessivo 72762 82406 155168 71688 85541 157229
* Mancano gli iscritti ai corsi di informatica solo per il 2000/01.
Fonte: Elaborazioni Cras su dati ufficio statistico MIUR
Il numero di residenti in Emilia Romagna laureati in un ateneo della regione nel 2005 è
stato uguale a 18.579 unità, con una netta prevalenza dell’ateneo di Bologna sugli altri.
Gli indirizzi di studio nel quale si registra un numero più elevato di laureati (residenti in
Emilia Romagna e iscritti a un ateneo della regione) sono l’indirizzo economico-sociale
e ingegneria, mentre, a sorpresa, l’indirizzo letterario-umanistico e il giuridico coprono
soltanto quasi il 17% dei laureati.
58

Tabella 10. Laureati negli atenei della regione Emilia Romagna per indirizzo di studio e sesso nel
2006. Valori assoluti e percentuali.
LAUREATI
Valori assoluti Valori %; totale = 100
Indirizzo di studi M F Tot M F Tot
Letterario/umanistico 328 1110 1438 5,3 13,4 9,9
Giuridico 382 598 980 6,1 7,2 6,8
Economico e scienze
sociali 1645 2281 3926 26,4 27,6 27,1
Medico 384 1080 1464 6,2 13,1 10,1
Scientifico 638 582 1220 10,2 7,0 8,4
Ingegneria 2095 697 2792 33,6 8,4 19,3
Agraria 145 96 241 2,3 1,2 1,7
Altri 618 1820 2438 9,9 22,0 16,8
Tot. Complessivo 6235 8264 14499 100 100 100
Fonte: Elaborazioni Cras su dati ufficio statistico MIUR
I tassi di laurea nelle province della regione sono abbastanza diversificati. La tabella che
segue esprime il rapporto tra il numero di laureati nelle province di residenza e la
popolazione di 25 anni. In totale, risulta che Ferrara sia la provincia con il più alto tasso
di laureati, con i maschi che raggiungono il 55% del totale e le femmine l’82%.
Le province con i tassi più bassi sono Reggio Emilia, Modena, Rimini, Bologna e Forlì
Cesena.. I tassi di laurea più alti per i maschi sono rilevati, oltre che a Ferrara, anche a
Parma e a Ravenna; mentre per le femmine Ferrara, Ravenna, Parma, Piacenza,
Modena, Bologna e Forlì-Cesena registrano tassi superiori al 40%.
Tabella 11. Tassi di laurea nelle province dell’Emilia Romagna per sesso. Anno 2006.
Tasso di laurea
Provincia maschi femmine totale
Piacenza 38,7 46,3 42,5
Parma 35,5 48,6 41,8
Reggio Emilia 25,6 38,9 32,1
Modena 34,3 44,7 39,4
Bologna 30,8 40,8 35,7
Ferrara 54,8 81,8 68,2
Ravenna 35,3 47,6 41,3
Forlì-Cesena 32,8 40,9 36,9
Rimini 32,3 39,4 35,9
Emilia-Romagna 34,2 46,0 40,0
Fonte: Elaborazioni Cras su dati ufficio statistico MIUR
L’offerta formativa post laurea
I dati sul numero di iscritti a corsi post laurea offerti nella Regione si possono
suddividere in master di primo e secondo livello e scuole di specializzazione. Gli iscritti
ai dottorati sono un numero esiguo e dunque trascurabile.
59

Tabella 12. Iscritti a corsi post laurea (master di I livello) degli Atenei della regione Emilia
Romagna suddivisi per sesso nel 2005. Valori assoluti e percentuali.
ATENEO M F Tot M F Tot
Bologna 411 578 989 41,6 58,4 100
Ferrara 151 721 872 17,3 82,7 100
Parma 39 27 66 59,1 40,9 100
Modena-Reggio Emilia 83 183 266 31,2 68,8 100
Totale 684 1509 2193 31,2 68,8 100
Fonte: Elaborazioni Cras su dati ufficio statistico MIUR
Per quanto riguarda i master di primo livello, nel 2005 sono state registrate quasi 2200
iscrizioni; la componente femminile rappresenta quasi il 70% del totale, un dato
superiore di 3 punti rispetto a quello nazionale. Si rileva un numero alto di iscrizioni
all’ateneo di Bologna e, a sorpresa, di Ferrara.
Tabella 13. Iscritti a corsi post laurea (master di II livello) degli Atenei della regione Emilia
Romagna suddivisi per sesso nel 2005. Valori assoluti e percentuali.
ATENEO M F Tot M F Tot
Bologna 175 181 356 49,2 50,8 100
Ferrara 40 92 132 30,3 69,7 100
Parma 37 59 96 38,5 61,5 100
Modena-Reggio Emilia 68 50 118 57,6 42,4 100
Totale 320 382 702 45,6 54,4 100
Fonte: Elaborazioni Cras su dati ufficio statistico MIUR
I dati relativi ai master di II livello mostrano un numero di iscritti inferiore ai master di I
livello, pari a 702 studenti. In questo caso, la differenza di genere nelle iscrizioni si
accorcia molto (46% maschi e 65% femmine). Tra gli atenei, spiccano le iscrizioni che
sfiorano il 70% della componente femminile a Ferrara e il 58% delle iscrizioni della
componente maschile a Modena-Reggio Emilia. Infine, rispetto al dato nazionale, le
iscrizioni delle donne nella regione risulta più bassa (54% contro il 68%).
Tabella 14. Immatricolati, iscritti e specializzati a corsi post laurea (scuole di specializzazione) degli
Atenei della regione Emilia Romagna suddivisi per sesso nel 2005. Valori assoluti.
ATENEO
Immatricolati
M F Tot M
Iscritti
F Tot
Specializzati
M F Tot
Bologna 283 655 938 770 1631 2401 300 707 1007
Ferrara 104 202 306 323 538 861 89 217 306
Parma 99 175 274 362 548 910 136 164 300
Modena-Reggio Emilia 117 214 331 375 619 994 95 244 339
Totale 603 1246 1849 1830 3336 5166 620 1332 1952
Fonte: Elaborazioni Cras su dati ufficio statistico MIUR
Le scuole di specializzazione nel 2005/06 fanno registrare un numero di immatricolati
pari a 1800 unità, un numero di iscritti uguale a 5150 unità e un numero di specializzati
che sfiora le 2mila unità. L’ateneo di Bologna copre complessivamente la metà degli
iscritti. Le iscrizioni della componente femminile supera di due volte la componente
maschile.
60

Come mostra la tabella 15, la suddivisione di genere tra gli immatricolati, gli iscritti e
gli specializzati negli atenei della regione risulta in linea con il dato nazionale, nel quale
e in tutti i casi, il dato femminile è di molto superiore al dato maschile.
Tabella 15. Immatricolati, iscritti e specializzati a corsi post laurea (scuole di specializzazione) degli
Atenei della regione Emilia Romagna e in Italia suddivisi per sesso nel 2005. Valori percentuali.
ATENEO
Immatricolati
M F Tot M
Iscritti
F Tot
Specializzati
M F Tot
Emilia Romagna 32,6 67,4 100 35,4 64,6 100 31,8 68,2 100
Italia 30,6 69,4 100 33,5 66,5 100 30,3 69,7 100
Fonte: Elaborazioni Cras su dati ufficio statistico MIUR
In sintesi, si allarga la quota di popolazione compresa nella fascia di età tra i 18 e i 24
anni in possesso almeno del diploma di scuola media superiore. Tra il 2000 e il 2006
infatti, l’aumento della scolarizzazione ha fatto scendere la quota della popolazione in
possesso soltanto della licenza di scuola media inferiore e che non partecipa ad altri
percorsi di formazione, dal 21,7% al 19,1%. Il dato significativo è rappresentato dalla
componente maschile che è passata dal 25,2% al 21,9%. La componente femminile è
invece passata dal 18,2% al 16,2%.
Nel 2006, la popolazione compresa tra i 15 e i 24 anni della regione è pari a 348mila. Di
questi, almeno 156mila sono iscritti alle scuole secondarie superiori e circa 95mila sono
iscritti all’università (tra cui 42mila maschi e 53mila femmine, un dato che risulta
comunque gonfiato per via delle iscrizioni dei fuori corso con un’età superiore ai 24
anni).
Le forze di lavoro sono all’incirca 127mila (dati al 2006), con una prevalenza dei
maschi nell’ordine del 57,1% rispetto alle femmine (42,9%): chiaramente il dato può
includere eventuali studenti che svolgono attività di lavoro saltuarie e/o part time. Il
tasso di attività dei giovani è pari a circa il 43% per i maschi (con un tasso di
occupazione del 39%) e al 36% delle femmine (con un tasso di occupazione del 31%).
Vediamo adesso come le forze di lavoro giovanili vengono accolte nel mercato del
lavoro regionale.
Il mercato del lavoro
La tabella riportata sotto mostra la suddivisione delle forze di lavoro per fasce d’età e
sesso in Emilia Romagna, Nord Est e Italia nel 2000 e nel 2006. Diminuisce il peso
della forza di lavoro (per le classi dai 15 ai 34 anni) sul totale in tutte e tre le
ripartizioni, mentre aumenta per le altre classi di età. La diminuzione appare piuttosto
marcata nella regione, soprattutto per la fascia compresa tra i 25 e i 34 anni d’età (quasi
quattro punti percentuali in meno). Si tratta, in totale, di una forza di lavoro che
comprende nel 2006 all’incirca 1milione985mila individui: di questi, 1milione115mila
sono maschi e quasi 870mila sono femmine.
Tabella 16. Forze di lavoro, classi di età, sesso. Anni 2000 e 2006, percentuale.
Ripartizioni 15-24 anni 25-34 anni 35-44 anni 45-54 anni 55-64 anni over 65
territoriali 2000 2006 2000 2006 2000 2006 2000 2006 2000 2006 2000 2006
M
61

E-R 9,0 6,5 28,1 25,0 28,2 31,2 22,6 24,0 9,4 10,2 2,7 3,1
Nord-Est 9,4 7,5 28,8 25,0 28,6 31,4 22,3 23,9 8,9 9,6 2,1 2,6
Italia 9,8 7,9 27,7 25,0 28,3 30,6 22,9 24,0 9,6 10,4 1,7 2,0
F
E-R 10,4 6,3 31,4 26,6 29,6 33,2 21,0 24,5 6,6 8,5 1,0 0,9
Nord-Est 12,1 7,4 32,8 27,9 29,3 33,4 19,2 23,1 5,7 7,4 1,0 0,9
Italia 12,6 8,0 31,4 27,8 28,8 31,9 20,0 23,2 6,2 8,2 1,0 0,8
M+F
E-R 9,5 6,4 29,5 25,7 28,9 32,1 21,8 24,2 8,3 9,5 1,9 2,1
Nord-Est 10,5 7,5 30,4 26,2 28,9 32,2 21,0 23,5 7,6 8,7 1,6 1,8
Italia 10,9 8,0 29,1 26,1 28,5 31,2 21,8 23,7 8,3 9,5 1,4 1,5
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Rilevazione delle Forze di Lavoro, Istat.
La dinamica di genere più significativa è rappresentata dalla scelta delle forze di lavoro
femminili di cercare un impiego maggiormente, rispetto a quelle maschili, nelle fasce di
età più giovani, fino ai 44 anni d’età, per poi rallentare dai 45 anni in su. Tale dinamica
può essere spiegata dall’ingresso più recente della componente femminile nel mercato
del lavoro, per cui le generazioni più giovani appaiono meglio rappresentate rispetto a
quelle che superano i 45 anni.
Il numero di occupati in Emilia Romagna nel 2006 si attesta su un valore pari a 1
milione918mila unità, in calo di circa 4mila unità rispetto al 2005. Si rilevano all’incirca
1milione86mila occupati maschi e 832mila femmine. Rispetto al 2005, si registra una
lieve variazione dell’occupazione maschile che scende di circa 14mila unità, mentre
l’occupazione femminile rimane pressoché stabile. La classe di età con il maggior
numero di occupati è quella compresa tra i 35 e i 44 anni, seguita dalla 25-34 e dalla 45-
54 anni sia per i maschi che per le femmine.
I tassi di attività della regione sono piuttosto alti e si pongono ai vertici delle regioni
italiane. Con un tasso di attività pari a 37,6 nella classe di età compresa tra i 15 e i 24
anni l’Emilia Romagna si avvicina al Veneto (41,4), al Trentino Alto Adige (41,2) e alla
Lombardia (39,2). Rispetto al 2005, tuttavia, il tasso di attività è calato lievemente (era
39,3), seppure in misura maggiore rispetto ad altre regioni come il Trentino Alto Adige,
il Veneto, e la Lombardia.
I tassi giovanili femminili, per la stessa classe di età, risultano più bassi in tutte le
regioni: Emilia Romagna (33,1 nel 2006; 35,9 nel 2005), Veneto (35,1 nel 2006; 38,3
nel 2005), Lombardia (33,6 nel 2005; 37,1 nel 2005), Trentino Alto Adige (33,5 nel
2006; 36,3 nel 2006) e Piemonte (31,3 nel 2006; 35,0 nel 2005), con una media italiana
che tocca un indice pari a 26,9 nel 2006 (era 28,7 nel 2005).
Tassi di occupazione e di disoccupazione
Nel 2006, le persone in cerca di occupazione da oltre 12 mesi ammontavano a poco più
di 19mila, pari a un tasso di disoccupazione del 3,4%. Si tratta di uno dei tassi di
disoccupazione più bassi in Italia dopo quello registrato dalla Provincia di Bolzano
(2,6%), dalla Valle d’Aosta (3,0%) e dalla Provincia di Trento (3,1%). Le altre regioni
mostrano dei tassi più alti: Friuli Venezia Giulia (3,5%), Lombardia (3,7%) e via via
tutte le altre, con le regioni meridionali che presentano tassi a due cifre.
62

Coloro che in Emilia Romagna sono in cerca di occupazione sono diminuiti dal 2005 al
2006 di 7mila unità portandosi a quota 67mila. La classe di età dove è maggiore la
quota di persona in cera di occupazione è quella cha va dai 25 ai 34 anni. In totale,
emerge come la componente femminile sia quella maggiormente svantaggiata sul
mercato del lavoro regionale: nel 2006 quasi 38mila donne hanno cercato lavoro, contro
i 29mila maschi. Si tratta comunque di un valore più basso rispetto al 2005, nel quale
quasi 45mila donne cercavano lavoro contro i 29mila maschi.
Il tasso di disoccupazione maschile è fermo al 2,6%, per le femmine esso raggiunge il
4,3%. Dal 1995, il tasso di disoccupazione regionale è calato costantemente, passando
dal 5,4% al 3,4%, toccando anche punte vicine al 2,5% nel 2002. Si tratta di valori
sempre al di sotto della media della ripartizione del Nord Est.
Permangono alcune differenze strutturali nella composizione del tasso di
disoccupazione nelle diverse province: mentre infatti Piacenza, Parma, Reggio Emilia e
Bologna presentano tassi al di sotto dei 3 punti percentuali, Ravenna (3,4%), Rimini
(4,2%) e, soprattutto, Forlì-Cesena (5,4%) e Ferrara (5,5%) superano di gran lunga
quella soglia.
Lo stesso discorso vale per i tassi di disoccupazione femminili: alcune province, come
Parma, Reggio Emilia e Modena presentano dei tassi in linea con quelli maschili
(3,2%); altre province, come Forlì-Cesena (7,8%), Ferrara (7,1%) e Rimini (6,0%)
appaiono maggiormente in difficoltà.
Anche i tassi di disoccupazione giovanili (dai 15 ai 24 anni) della regione sono tra i più
bassi del paese: nel 2006, il 10,7% dei giovani risultava disoccupato, un dato peggiore
soltanto della Provincia di Bolzano (7,2%) e Trento (9,4%) e della regione Valle
d’Aosta (9,4%). Permane una differenza di più di 5 punti percentuali tra i tassi di
disoccupazione maschili e femminili giovanili nella regione (maschi all’8,5% e
femmine al 13,7%). Rispetto ad altre regioni del Centro-Nord, la differenza tra il tasso
di disoccupazione femminile e quello maschile risulta piuttosto marcata: Trentino-Altro
Adige, Veneto e Friuli-Venezia Giulia presentano delle differenze maggiori; mentre in
tutte le altre regioni le differenze appaiono più contenute.
Il profilo dei giovani disoccupati nella regione
L’indagine Almalaurea (agosto 2007) ha analizzato la situazione occupazionale dei
giovani laureati nel 2005 a un anno dalla laurea. Considerando i laureati presso
l’università di Bologna (più di 8mila) emergono alcune caratteristiche piuttosto
importanti:
- il numero di giovani laureate è maggiore dei laureati maschi (54% contro 46%);
- quasi il 60% si iscrive ad una laurea specialistica;
- il 44% dei laureati possedeva già un impiego prima di iniziare gli studi;
- il 42% dei laureati ha trovato un impiego dopo il conseguimento della laurea;
- il 14% non prosegue il lavoro iniziato prima della laurea;
- in media occorrono 4,3 mesi dalla laurea per il reperimento di un impiego, un
valore di poco superiore al dato nazionale fermo a 4,0;
63

- la tipologia dell’attività lavorativa è a tempo indeterminato nel 37% dei casi,
atipico nel 42% dei casi (tempo determinato, collaborazione, altra tipologia),
senza contratto quasi nell’8% dei casi;
- il guadagno mensile netto è di poco inferiore ai 1050 euro, un valore
leggermente superiore alla media nazionale.
Considerando i dati Excelsior – Unioncamere, le assunzioni previste dalle imprese per il
2007 ammontano a circa 79mila nuove unità, di cui almeno il 36% (28mila unità)
rivolto a giovani fino a 29 anni e l’11% (89mila unità circa) rivolto a giovani fino a 24
anni. Si richiede generalmente un diploma di scuola media superiore o post secondario
nel 35% dei casi; nel 9% dei casi occorre un diploma di laurea, mentre nel 19% dei casi
è sufficiente una qualifica professionale. Nei restanti, non viene espressa alcuna
richiesta.
Tabella 17. Previsioni occupazionali per settore, ripartizione e sesso. Anno 2007. Valori assoluti.
E-R N-E ITALIA
Settore Economico F M M o F TOT F M M o F TOT F M M o F TOT
Industria 1060 4860 2740 8660 3120 13250 6570 22940 10770 46660 24350 81780
Costruzioni 170 1540 200 1910 340 5250 460 6050 2090 34300 2070 38460
Commercio 900 1040 2520 4460 2750 3430 6410 12590 12920 19910 27440 60270
Turismo 1370 760 1830 3960 3480 2580 5750 11810 10970 10620 21780 43370
Servizi 2360 1880 5150 9390 5260 4070 11200 20530 20380 17870 54810 93060
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Excelsior, Unioncamere.
Come mostra la tabella riportata sopra relativa alle assunzioni dei giovani fino a 29 anni
nel 2007, il settore che offre maggiori opportunità di impiego per i giovani in Emilia
Romagna è quello dei servizi, seguito dall’industria e, a distanza, dal commercio. Per il
Nord Est, permane una leggera prevalenza del settore dell’industria rispetto ai servizi,
soprattutto grazie alle assunzioni di giovani maschi, mentre nel paese il settore
preponderante è quello dei servizi, seguito dal commercio e dall’industria. In tutti e tre i
casi, il settore dell’industria predilige le assunzioni maschili, dove in Emilia Romagna
sono quasi 5 volte più alte di quelle femminili.
Non esistono invece differenze significative nel Commercio, mentre il settore delle
costruzioni è rivolto essenzialmente a occupati maschi. Una leggera prevalenza
femminile si avverte nei servizi in tutte e tre le ripartizioni considerate, meno marcata in
Italia rispetto all’Emilia Romagna e al Nord Est, come mostra la tabella che segue.
Tabella 18. Previsioni occupazionali per settore, ripartizione e sesso. Anno 2007. Valori percentuali.
Settore Economico
F
E-R
M M o F TOT F
N-E
M M o F TOT F
ITALIA
M M o F TOT
Industria 12,2 56,1 31,6 100 13,6 57,8 28,6 100 13,2 57,1 29,8 100
Costruzioni 8,9 80,6 10,5 100 5,6 86,8 7,6 100 5,4 89,2 5,4 100
Commercio 20,2 23,3 56,5 100 21,8 27,2 50,9 100 21,4 33,0 45,5 100
Turismo 34,6 19,2 46,2 100 29,5 21,8 48,7 100 25,3 24,5 50,2 100
Servizi 25,1 20,0 54,8 100 25,6 19,8 54,6 100 21,9 19,2 58,9 100
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Excelsior, Unioncamere.
Rispetto all’anno 2005 le previsioni occupazionali del 2007 in Emilia Romagna hanno
registrato alcune tendenze:
64

- l’aumento sensibile delle assunzioni previste per i giovani (di circa 5000 unità);
- l’aumento delle assunzioni ha riguardato soprattutto gli indifferenti rispetto alle
assunzioni guidate dal genere (+3000 unità);
- le assunzioni femminili sono aumentate in misura minore rispetto ai maschi;
- il settore che è cresciuto maggiormente è quello dei servizi, seguito dal
commercio e dal turismo;
- diminuisce la caratterizzazione femminile nel settore nei servizi e del
commercio, mentre aumenta nel turismo e nelle costruzioni, un tendenza che è
analoga alle altre ripartizioni considerate.
L’analisi e le elaborazioni dei dati presentati nel paragrafo portano a trarre alcune
conclusioni di sintesi:
⇒ in generale, l’offerta di lavoro della regione non appare in calo. In valori
assoluti, la popolazione regionale è in crescita rispetto al 2002 (dati demo Istat).
Tuttavia, uno sguardo più attento alle singole fasce di età mostra un quadro non
del tutto lineare. Rispetto al 2002, si riscontra un calo della fascia di età
compresa tra 15 e 34 anni sia per i maschi sia per le femmine. E’ un dato
importante che incide sulla capacità della regione di rinnovare la propria forza di
lavoro.
⇒ il livello di istruzione nelle scuole primarie e secondarie della regione è molto
elevato, soprattutto se paragonato alla media nazionale. La dinamica delle
iscrizioni alle scuole primarie e secondarie della regione indica alcuni elementi
importanti. La percentuale degli iscritti stranieri sulla popolazione scolastica è in
costante aumento e riflette l’accentuazione dei flussi migratori degli ultimi anni.
I tassi di abbandono al termine del primo anno della scuola media superiore
appare ancora un elemento preoccupante. Dall’anno scolastico 2002/03, gli
studenti che abbandonano gli studi sono scesi soltanto dall’11% a poco meno del
10% della popolazione scolastica di riferimento. Si tratta di un risultato che si
posiziona al di sotto della media della ripartizione del Nord Est (che anzi tocca
l’8%).
⇒ Il sistema universitario regionale attrae ogni anno da 21mila a 25mila nuovi
studenti. La maggior parte delle immatricolazioni nell’anno accademico 2006/07
ha riguardato le facoltà scientifiche (42% del totale), poi quelle umanistiche
(34%) e, infine, le facoltà economico-sociali (24%). Anche l’offerta formativa
post laurea appare in crescita, soprattutto alimentata dalla iscrizioni femminili.
⇒ Si allarga dunque la quota di popolazione compresa nella fascia di età tra i 18 e i
24 anni in possesso almeno del diploma di scuola media superiore. Tra il 2000 e
il 2006 infatti, l’aumento della scolarizzazione ha fatto scendere la quota della
popolazione in possesso soltanto della licenza di scuola media inferiore e che
non partecipa ad altri percorsi di formazione, dal 21,7% al 19,1%. Nel 2006, la
popolazione compresa tra i 15 e i 24 anni della regione è pari a 348mila. Di
questi, almeno 156mila sono iscritti alle scuole secondarie superiori e circa
95mila sono iscritti all’università (tra cui 42mila maschi e 53mila femmine). Le
forze di lavoro sono all’incirca 127mila (dati al 2006), con una prevalenza dei
maschi nell’ordine del 57,1% rispetto alle femmine (42,9%). Il tasso di attività
dei giovani è pari a circa il 43% per i maschi (con un tasso di occupazione del
39%) e al 36% delle femmine (con un tasso di occupazione del 31%).
65

⇒ i tassi di attività della regione sono piuttosto alti e si pongono ai vertici delle
regioni italiane. Con un tasso di attività pari a 37,6 nella classe di età compresa
tra i 15 e i 24 anni l’Emilia Romagna si avvicina al Veneto (41,4), al Trentino
Alto Adige (41,2) e alla Lombardia (39,2). Rispetto al 2005, tuttavia, il tasso di
attività è calato lievemente (era 39,3), seppure in misura maggiore rispetto ad
altre regioni come il Trentino Alto Adige, il Veneto, e la Lombardia.
⇒ considerando i tassi di attività, di occupazione e disoccupazione, disaggregati
per fasce di età, il profilo regionale del mercato del lavoro è di gran lunga
migliore della media nazionale e anche di alcune regioni del Nord. Permane
ancora una certa difficoltà delle donne a inserirsi (stabilmente) nel mondo del
lavoro.
1.1.2 Gli atipici
In Italia, i lavoratori parasubordinati afferenti alla Gestione Separata Inps attivi nel 2006
sono 1.528.865, ossia 53.754 soggetti in più del 2005. L’aumento ha interessato in
maniera pressoché uguale i due sessi (+26.747 uomini, +27.007 donne). La crescita
numerica si è verificata essenzialmente tra i collaboratori a progetto, mentre altre
categorie hanno fatto registrare una flessione nel passaggio tra 2005 e 2006. Di
conseguenza, il numero di lavoratori a rischio di precarietà presenti nel fondo Inps ha
subito un incremento nel 2006 di 54.217 unità (+6,74%) passando dalle 804.171
persone del 2005 agli 858.388 lavoratori del 2006.
Tali soggetti, pari al 56% del totale degli iscritti attivi al fondo, oltre ad avere un
contratto di collaborazione o assimilato, non hanno altra fonte di reddito. Sono coperti
generalmente da un contratto di lavoro per circa 7 mesi l’anno, per un compenso
complessivo di poco meno di 8.000 euro. Quello dei parasubordinati è un universo
eterogeneo, costituito principalmente da due grandi gruppi professionali che si
differenziano sostanzialmente per la condizione reddituale e per la tipologia di lavori
svolti. Da una parte gli amministratori, i sindaci di società e i partecipanti a
commissioni che costituiscono un terzo circa della Gestione Separata (496.324 persone,
pari al 32,5%), mentre dall’altra parte si posizione un numero elevato di collaboratori a
vario titolo, più gli associati in partecipazione. Questi costituiscono i restanti due terzi,
in tutto poco più di un milione di persone.
Le donne occupano una situazione ancor più svantaggiata: costituiscono la maggioranza
dei soggetti a rischio di precarietà (57,27% del gruppo) e percepiscono mediamente
appena 6.800 euro/anno. Anche a parità di tipologia professionale, le donne guadagnano
mediamente meno degli uomini. Differenze retributive sono presenti, in modo più o
meno marcato, in tutte le tipologie professionali, ma particolarmente tra i collaboratori.
Questa categoria di lavoratori è stata sin dal 2005 identificata come ad alto rischio di
precarietà; al suo interno esiste un’ulteriore sacca di marginalizzazione, che coincide
con parte dell’universo femminile. A fronte di una differenza di periodi contrattualizzati
fra collaboratori e collaboratrici di soli 7 giorni, si registra un distacco medio retributivo
vicino ai 4.500 euro annuali, pari al 41% in meno rispetto ai maschi.
66

La situazione in Emilia Romagna diverge leggermente da quella nazionale. Il rapporto
2006 sul mercato del lavoro in Emilia Romagna ha già sottolineato la connotazione
atipica e flessibile del lavoro al femminile. Se si registra infatti una ripresa
dell’occupazione nell’ultimo anno, essa assume caratteri diversi a seconda del genere:
per i maschi si tratta di occupazione di tipo tradizionale, dipendente e a tempo
indeterminato; per le femmine essa assume forme di lavoro atipico, come suggeriscono
anche le rilevazioni Excelsior. Dai dati disponibili, emerge il calo dell’occupazione
dipendente standard e del lavoro autonomo e, di converso, l’incremento del tempo
determinato, del lavoro atipico e del part time a tempo indeterminato per le donne. In
totale, rispetto al 2004, l’occupazione atipica è cresciuta del 3,6%: mentre però per i
maschi essa ha registrato un -1,5%, per le donne essa è aumentata del 5,9%, con punte
del 12,8% per il part time a termine e del 12,6% per il part time a tempo indeterminato.
In valori assoluti, il lavoro atipico conta 271mila occupati tra le donne e “solo” 115mila
tra i maschi.
Nel 2005, i settori che hanno mostrato una maggiore intensità di occupazione sono stati
l’industria della trasformazione, il commercio, istruzione e sanità, e i servizi alle
imprese. La suddivisione di genere, tuttavia, presenta una forte concentrazione delle
donne nei servizi e nel commercio, mentre essa diminuisce nell’industria. In tutti i
settori, la quota di occupati atipici è più alta tra le donne con punte del 42% in
agricoltura e del 22% nel turismo. In generale, tuttavia, occorre segnalare come la
diffusione del lavoro atipico sia avvenuta oramai in tutte le attività economiche. Le
professioni nelle quali l’incidenza del lavoro atipico è più alta sono quelle non
qualificate (36,4% del totale), le professioni impiegatizie (29,8%) e le professioni
qualificate nel commercio (29,3%). Di contro, le professioni nelle forze armate
mostrano un tasso di occupati atipici molto più basso (1,3%), così come i legislatori, i
dirigenti e gli imprenditori (6,4%) e gli operai semiqualificati (12,6%). Anche in questo
caso, le professioni atipiche sono più frequenti tra le donne rispetto ai maschi.
La diffusione territoriale del lavoro atipico mostra un’incidenza maggiore del part time
e degli altri atipici nel territorio romagnolo rispetto a quello emiliano. Chiaramente, il
ruolo del comparto turistico in province quali Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, dove
maggiore è la diffusione del lavoro atipico può spiegare questa differenza. Al contrario,
a Reggio Emilia, Piacenza, Parma, Bologna e Modena, si registrano tassi più bassi di
lavoratori atipici. A Rimini, quasi il 45% del lavoro femminile totale è atipico; a Forlì-
Cesena la percentuale scende di poco al di sotto del 40%, mentre a Reggio Emilia non
arriva a toccare neppure il 30% e a Modena e a Piacenza supera di poco il 30%.
L’analisi degli atipici per classe di età e sesso mostra alcune dinamiche interessanti. La
prima riguarda il numero totale di lavoratori atipici che aumenta tra i 20 e i 24 anni, in
concomitanza con l’ingresso nel mercato del lavoro di molti giovani, sia per i maschi,
sia per le femmine. Tuttavia, all’aumentare delle classi di età, il lavoro atipico diventa
appannaggio delle femmine e diminuisce invece per i maschi. La dinamica assume
contorni più netti per gli occupati part-time a tempo indeterminato, per i quali la
componente femminile è di gran lunga superiore a quella maschile in tutte le classi di
età. Nel terzo caso, “gli altri occupati atipici”, la dinamica seppure favorisca sempre le
donne, appare meno netta.
67

Si possono dunque trarre due conclusioni. La prima, il lavoro atipico è un fenomeno
legato all’ingresso nel mercato del lavoro. La seconda, il lavoro atipico assume caratteri
strutturali per le donne poiché facilita l’ingresso nel mercato del lavoro ma non consente
di transitare verso forme di lavoro standard, mentre per gli uomini la transizione è più
incoraggiata.
In molti casi, si desume, che il lavoro atipico non sia tanto una scelta delle donne ma
piuttosto una condizione forzata. Non è un caso che i tassi di insoddisfazione lavorativa
siano più alti tra le donne rispetto agli uomini. L’84% dei lavoratori si dichiarano
soddisfatti, contro il 64% delle lavoratrici e la percentuale cresce naturalmente tra i parttimer
e i lavoratori a termini involontari. Le province che presentano i tassi più alti di
insoddisfazione sono infatti Rimini (28%), Ferrara (27%), Forlì-Cesena e Ravenna
(23%). La percentuale cala invece per Reggio Emilia (15%), Bologna (17%) e Piacenza
(18%).
Tabella 19. Previsioni occupazionali per settore, ripartizioni e sesso. Contratti a tempo determinato.
Anno 2007. Valori assoluti
E-R N-E ITALIA
Settore Economico F M M o F TOT F M M o F TOT F M M o F TOT
Industria 430 1860 970 3260 1330 4620 2440 8390 4150 16230 7740 28120
Costruzioni 10 320 130 460 30 1200 230 1460 320 7800 580 8700
Commercio 540 190 1260 1990 1320 890 2740 4950 5350 5400 10790 21540
Turismo 870 530 1300 2700 2120 1530 4160 7810 5090 5330 13560 23980
Servizi 950 720 2240 3910 1720 1450 4560 7730 6960 5490 17550 30000
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Excelsior, Unioncamere.
Tabella 20. Previsioni occupazionali per settore, ripartizioni e sesso. Contratti a tempo determinato.
Anno 2005. Valori assoluti
E-R N-E ITALIA
Settore Economico F M M o F TOT F M M o F TOT F M M o F TOT
Industria 479 1610 787 2876 1109 4236 1712 7057 3500 13624 6218 23342
Costruzioni 5 447 20 472 27 1223 96 1346 200 7299 504 8003
Commercio 228 309 642 1179 769 929 1851 3549 3381 4879 9376 17636
Turismo 298 100 716 1114 1069 605 1775 3449 3692 2155 6287 12134
Servizi 624 433 1471 2528 1267 942 3343 5552 5193 4309 16461 25963
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Excelsior, Unioncamere.
Come mostrano le tabelle sopra e sotto, le proiezioni Excelsior relative alle previsioni di
assunzioni di personale fino a 29 anni in Emilia Romagna tra il 2007 e il 2005
dipingono uno scenario in evoluzione positiva. Crescono le assunzioni a tempo
determinato (full time), diminuiscono lievemente, invece, le assunzioni part-time.
Il comparto turistico in Emilia Romagna assume in prevalenza forza di lavoro
femminile in crescita costante e sostenuta dal 2005 al 2007 sia per i contratti part-time,
sia per i contratti a tempo determinato. Il settore industriale rimane ancora una
prerogativa soprattutto maschile: crescono le assunzioni a tempo determinato per i
maschi, mentre diminuiscono per le femmine. Le assunzioni part-time nel settore
industriale rappresentano un numero irrisorio.
I contratti di tipo part-time sono privilegiati dalle imprese che intendono assumere forza
di lavoro femminile, sia in Emilia Romagna, sia nel Nord Est e in Italia (dove
68

addirittura il numero di assunzioni “indifferenti” è più basso delle assunzioni riservate
alle donne).
Tabella 21. Previsioni occupazionali per settore, ripartizioni e sesso. Contratti part-time. Anno
2007. Valori assoluti
E-R N-E ITALIA
Settore Economico F M M o F TOT F M M o F TOT F M M o F TOT
Industria 40 60 50 150 170 190 180 540 1450 1360 1020 3830
Costruzioni 10 10 40 60 10 80 40 130 410 840 240 1490
Commercio 270 200 480 950 770 290 1100 2160 3610 1660 4690 9960
Turismo 590 60 270 920 1270 400 870 2540 3200 2310 4640 10150
Servizi 410 20 520 950 810 80 1120 2010 4540 1280 10340 16160
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Excelsior, Unioncamere.
Tabella 22. Previsioni occupazionali per settore, ripartizioni e sesso. Contratti part-time. Anno
2005. Valori assoluti
E-R N-E ITALIA
Settore Economico F M M o F TOT F M M o F TOT F M M o F TOT
Industria 55 67 99 221 190 174 211 575 1214 1211 603 3028
Costruzioni 6 22 1 29 59 119 62 240 554 743 202 1499
Commercio 75 1 440 516 253 206 1108 1567 2334 931 6165 9430
Turismo 229 125 544 898 894 196 1237 2327 2333 677 4654 7664
Servizi 333 73 497 903 1198 274 854 2326 5037 1435 4066 10538
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Excelsior, Unioncamere.
Analizzando i dati Istat, rilevazione delle forze di lavoro relativi al 2006, emergono
alcune tendenze che è utile mettere in luce:
- l’occupazione totale è aumentata di 45mila unità dal 2005 al 2006;
- l’occupazione atipica ha registrato una crescita di quasi 4 punti percentuali dal
2005 al 2006 e si attesta intorno al 21% del totale;
- l’occupazione atipica continua a interessare la forza di lavoro femminile
sfiorando il 34% dell’occupazione femminile totale, contro l’11% maschile: uno
squilibrio di oltre 20 punti;
- i settori nei quali l’occupazione atipica è maggiore riguardano il turismo, i
servizi (pubblici e privati) e il commercio;
- l’occupazione a tempo indeterminato e a tempo pieno riguarda quasi il 60% dei
maschi occupati e soltanto il 40% delle femmine occupate;
- il part time rimane ancora una prerogativa soltanto femminile;
- aumenta l’occupazione a tempo indeterminato dal 2005 al 2006, ma più
velocemente per i maschi e più lentamente per le femmine;
- All’interno del lavoro atipico, cresce il peso del lavoro part-time a tempo
indeterminato mentre le altre forme di lavoro atipico crescono all’incirca in linea
con l’occupazione standard. Il lavoro part-time a tempo indeterminato, che è
prevalentemente femminile, vede una marcata recente crescita anche della
componente maschile (+ 2.371 addetti dal 2005 al 2006, pari a quasi 17 punti
percentuali di aumento), mentre nel complesso esso cresce di 5,5 punti
percentuali.
L’analisi finora condotta consente di delineare una visione d’insieme delle principali
caratteristiche che ha assunto il lavoro parasubordinato in Emilia - Romagna.
69

I lavoratori parasubordinati iscritti/contribuenti della gestione separata INPS nel 2004
risultano essere 176.000 (168.500 nel 2005), il 9,5% degli occupati complessivi. Più
della metà sono collaboratori “puri” che non percepiscono altri redditi da lavoro o da
pensione, un quarto sono collaboratori con più attività lavorative, circa il 10% sono
pensionati ed altrettanto sono professionisti.
Figura 5. Andamento dell’occupazione parasubordinata in Emilia Romagna dal 2000 al 2004.
700000
600000
500000
400000
300000
200000
100000
0
2000 2001 2002 2003 2004
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Inps.
totale
femmine
maschi
Come mostra il grafico riportato sopra, dal 2000 al 2004 4 è cresciuto sensibilmente il
numero di collaboratori e professionisti in Emilia Romagna. La componente femminile
è cresciuta dell’86%, passando da 73mila unità nel 2000 a circa 137mila nel 2004. La
componente maschile è incede cresciuta più lievemente, passando da 110mila nel 2000
a circa 180mila nel 2004 (pari a un +64%).
In termini complessivi, nella fotografia fornita dall’INPS il lavoratore parasubordinato
tipo è prevalentemente maschio adulto con un’età compresa prevalentemente tra i trenta
e quaranta anni. Le lavoratrici incidono per più di un terzo del totale, una quota
leggermente inferiore a quella osservata a livello dell’occupazione complessiva (43%).
Tra i collaboratori puri tuttavia la loro incidenza sale, in modo particolare tra le più
giovani (under 30 ) dove raggiunge quasi il 60% ed i redditi imponibili sono più ridotti.
Gli uomini infatti li troviamo più di frequente tra i percettori di più redditi - da lavoro
e/o da pensione - e tra i professionisti.
Complessivamente i collaboratori puri rappresentano il 5,1% del totale delle persone
occupate in Emilia-Romagna nel 2004.
La stragrande maggioranza dei collaboratori-emiliano romagnoli lavora per una sola
impresa (circa 87.000) e percepisce in media circa 15.600 euro a fronte dei 12.800
guadagnati a livello nazionale. Cifre che si riducono ulteriormente se ci si riferisce
soltanto alle lavoratrici che in Emilia-Romagna guadagnano in media 10.235 euro.
4 Non sono ancora disponibili i dati complessivi al 2005. Le stime tuttavia indicano una lieve diminuzione
del lavoro parasubordinato.
70

Osservando tuttavia gli indicatori di reddito per ruolo professionale emerge un forte
divario tra la soglia minima di 5.000 euro circa percepiti dai soci di cooperative sino al
limite massimo di 30.000 euro degli amministratori, sindaci di società e revisori.
Sotto il profilo quantitativo è possibile delineare quattro macro tipologie di lavoratori
che ricadono nella gestione separata INPS:
- circa 60.000 sono amministratori, sindaci e revisori di società, che svolgono
queste attività in modo esclusivo oppure concorrente;
- circa 26.000 sono pensionati e lavoratori che integrano il proprio reddito
principale con altri impegni professionali;
- quasi 20.000 sono professionisti presenti nella gestione separata per assenza di
propri Ordini professionali;
- quasi 70.000 sono, infine, i collaboratori puri in cui ricadono sia figure
professionali di alto profilo legate all’università e alla ricerca, all’ambito dello
sviluppo tecnologico ed informatico, al sistema della formazione professionale,
sia figure più tradizionali dell’area della consulenza alle imprese e alle persone,
sia presumibili “travestimenti” del lavoro dipendente come nel caso degli
operatori dei call center o di coloro i quali svolgono formalmente un'attività
autonoma, ma sono soggetti alle regole e condizioni dei subordinati senza
tuttavia usufruire delle medesime garanzie normative, previdenziali e reddituali.
Dall’analisi emergono alcuni aspetti che è utile sottolineare ulteriormente:
⇒ il contesto del lavoro atipico in Emilia Romagna diverge leggermente da quello
nazionale. L’aumento dell’occupazione rilevato nell’ultimo anno assume
caratteri diversi a seconda del genere: per i maschi si tratta di occupazione di
tipo tradizionale, dipendente e a tempo indeterminato; per le femmine essa
assume forme di lavoro atipico, come suggeriscono anche le rilevazioni
Excelsior. Dai dati disponibili, emerge il calo dell’occupazione dipendente
standard e del lavoro autonomo e, di converso, l’incremento del tempo
determinato, del lavoro atipico e del part time a tempo indeterminato per le
donne.
⇒ la diffusione territoriale del lavoro atipico mostra un’incidenza maggiore del part
time e degli altri atipici nel territorio romagnolo rispetto a quello emiliano.
⇒ il lavoro atipico appare un fenomeno legato all’ingresso nel mercato del lavoro.
Inoltre, esso assume caratteri strutturali per le donne poiché facilita l’ingresso
nel mercato del lavoro ma non consente di transitare verso forme di lavoro
standard, mentre per gli uomini la transizione è più incoraggiata. Per le donne, si
tratta più di una scelta forzata (quella di lavorare part-time o con contratti
parasubordinati) che una scelta vera e propria.
1.1.3 Over 45
Alla luce delle attuali tendenze demografiche, che vedono aumentare costantemente il
peso delle persone anziane all’interno delle società europee, risulta molto importante
adottare misure che permettano di prolungare la vita lavorativa. Negli ultimi 150 anni
infatti si è verificato, nei Paesi sviluppati, un notevole innalzamento dell’età media della
popolazione, che ha profondamente modificato la struttura per età delle società. Di
contro, a partire dagli anni ’70, la partecipazione al mercato del lavoro degli
71

ultracinquantenni è decisamente diminuita, sia pur con ritmi differenti nei diversi Paesi
europei.
Se osserviamo i dati riguardanti i tassi di occupazione degli uomini di età compresa tra i
55 ed i 64 anni, notiamo come si possa operare, con le dovute eccezioni, una divisione
in due gruppi dei Paesi europei: i Paesi nordici, che presentano tassi di occupazione
degli over 55 superiori alla media europea, ed i Paesi dell’area continentale,
caratterizzati da tassi di occupazione dei più anziani pari o addirittura inferiori alla
media europea.
Questi dati possono essere in parte spiegati dal fatto che nella maggior parte dei Paesi
nordici il diritto al lavoro dei più anziani è stato storicamente privilegiato contro il
diritto a pensionarsi precocemente, mentre la quasi totalità dei Paesi dell’area
continentale hanno sviluppato, a partire dagli anni ’70, una cultura delle “uscite precoci”
che ha notevolmente abbassato i tassi di attività degli over 50.
Il notevole invecchiamento della popolazione preoccupa principalmente per due motivi:
da un lato è messa a rischio la sostenibilità finanziaria dei sistemi previdenziali e di
welfare, difficilmente finanziabili a fronte di un eccessivo sbilanciamento fra le
componenti attive e passive della popolazione; la seconda ragione di preoccupazione è,
almeno per ora, meno avvertita, ma non deve assolutamente essere sottovalutata: essa è
relativa al funzionamento del mercato del lavoro. In conseguenza dell’invecchiamento
della popolazione la manodopera dovrà essere messa in condizione di resistere nel
lavoro il più a lungo possibile. Nel corso di questi primi decenni del 2000 obiettivi quali
la salute, l’organizzazione del lavoro, degli orari e delle carriere, la formazione durante
l’intero corso della vita (lifelong learning), diverranno direttamente funzionali al
mantenimento delle risorse produttive europee.
Naturalmente tutto ciò necessita l’elaborazione e la successiva attuazione di politiche in
grado di promuovere una cultura dell’età che sia più neutrale rispetto al mercato del
lavoro e che favoriscano un invecchiamento attivo, termine con il quale si indica la
capacità degli individui di condurre una vita attiva nella società anche quando
invecchiano.
Il problema da risolvere riguarda, essenzialmente, il mancato adattamento delle società
alle modifiche strutturali dirette e indirette che il cambiamento demografico comporta;
in passato l'invecchiamento è stato trattato alla luce di stereotipi e luoghi comuni,
considerando l'anziano un soggetto debole, bisognoso in senso lato, un soggetto
incapace di rivestire un ruolo attivo nella società, ma che al contrario assorbe risorse
della stessa. L'anziano che rispecchia questi stereotipi di certo non è più il sessantenne;
al limite, tali tratti possono riguardare le persone oltre i 75-80 anni, quando cioè le
patologie dovute all’età limitano seriamente le capacità dell’individuo.
In Emilia Romagna, come nelle altre regioni del Paese, esiste un problema demografico.
Se osserviamo la tabella riportata sotto, dal 1987 al 2006 la popolazione totale della
regione è aumentata dell’8%, passando da 3.922.388 a 4.223.585 unità. Non tutte le
classi di età si muovono, tuttavia, allo stesso modo:
72

- si registra una ripresa delle nascite abbastanza corposa (+44%) anche sospinta
dalla crescita della popolazione immigrata, generalmente più fertile di quella
italiana;
- aumenta la popolazione anziana con più di 65 anni (+37%);
- aumentano anche le classi di età centrali da 30 a 54 anni (+21%, con punte al
31% per la classe di età compresa tra i 30 e i 44 anni a causa dell’effetto
demografico precedente e dei maggiori flussi migratori degli ultimi anni);
- cala lievemente la classe di età tra 55 e 64 anni (-2%).
Tabella 23. Andamento demografico dal 1987 al 2006 e variazione percentuale, per classi di età in
Emilia Romagna.
Classi di età 1987 1997 2000 2004 2005 2006
Variazione
2006-1987
0-4 anni 132.274 145.140 159.720 182.008 186.262 190.517 44
5-9 anni 159.104 145.192 151.681 165.601 172.251 177.548 12
10-14 anni 225.562 142.825 146.572 161.557 163.434 165.572 -27
15-19 anni 263.687 166.935 156.018 155.970 159.924 164.890 -37
20-24 anni 289.887 243.901 206.588 183.033 180.679 178.572 -38
25-29 anni 278.405 301.851 299.944 265.500 252.952 242.254 -13
30-44 anni 796.202 891.467 946.931 1.025.214 1.037.258 1.043.853 31
45-54 anni 545.311 532.677 548.085 552.273 561.991 576.936 6
55-64 anni 532.454 523.057 505.286 522.789 521.390 522.120 -2
65 anni e oltre 699.502 854.103 888.016 937.390 951.403 961.323 37
TOTALE 3.922.388 3.947.148 4.008.841 4.151.335 4.187.544 4.223.585 8
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Servizio statistico regionale Emilia Romagna.
La figura sotto illustra, in percentuale, la variazione della popolazione residente dal
2006 al 2005 nei diversi comuni della Regione. Si nota la tendenza allo spopolamento
nelle zone montane e nella pianura ferrarese, mentre appare chiara la tendenza alla
concentrazione della popolazione attorno ai grandi nuclei urbani.
In generale, al di là delle ipotesi e degli scenari, la dinamica della popolazione attuale
mostra una tendenza all’aumento dell’indice di vecchiaia, di dipendenza strutturale e di
dipendenza degli anziani.
In sintesi, le proiezioni indicano quattro tendenze nette:
1) l’aumento della popolazione per effetto dei tassi di crescita totali;
2) l’invecchiamento della popolazione;
3) l’aumento della quota delle donne sulla popolazione totale;
4) l’aumento sostanziale dei residenti stranieri.
73

Figura 6. Variazione della popolazione residente dal 2006 al 2005 nei comuni della regione Emilia
Romagna.
Fonte: Servizio statistico regionale Emilia Romagna.
Le quattro tendenze non devono essere lette disgiuntamente perché entrambe incidono
notevolmente sugli assetti sociali e produttivi della regione: diminuisce e invecchia
infatti la forza di lavoro totale, nonostante l’apporto di manodopera straniera e, tuttavia,
aumenta l’incidenza della forza di lavoro femminile.
Figura 7. Sintesi delle tendenze demografiche di Emilia Romagna, Nord Est e
Italia al 2006.
stranieri
crescita
popolazione
200
100
0
dipendenza
ER NE IT
invecchiamento
Fonte: Elaborazioni Cras.
La figura di sintesi riportata sopra, illustra il posizionamento di Emilia Romagna, Nord
Est e Italia rispetto a quattro indicatori demografici di sintesi: crescita della
popolazione, invecchiamento, dipendenza e numero di stranieri. Per semplicità di
74

lettura, tutti e quattro gli indicatori sono stati misurati in relazione ai valori dell’Italia
(=100). L’incremento del tasso di dipendenza strutturale appare simile per le ripartizioni
considerate, un discorso diverso va fatto invece per gli altri tre indicatori nei quali
l’Emilia Romagna mostra valori ben più alti della media italiana e del Nord Est: si
invecchia di più, nonostante incrementi maggiori della popolazione residente e degli
stranieri residenti.
Il tasso di occupazione della popolazione regionale oltre i 55 anni è cresciuto
costantemente in Emilia Romagna, passando dal 28,6% del 1995 al 38% del 2006 (il
dato più alto in Italia dopo la Basilicata). Permangono, tuttavia, differenze notevoli tra
maschi e femmine. Il tasso maschile è passato dal 42,0% del 1995 al 47,9% del 2006,
mentre per le femmine il tasso, pur registrando un progresso notevole, spostandosi dal
16,1% al 28,7% del 2006, rimane assai più basso del tasso maschile.
Secondo i dati ISTAT, rilevazione continua delle forze di lavoro aggiornati al 2006
(media), il tasso di occupazione maschile oltre i 55 anni 5 raggiunge il 22,6% contro il
9,7% femminile. Le province nelle quali il tasso di occupazione femminile (oltre i 55
anni) risulta più elevato sono Parma, Modena e Rimini (dove probabilmente pesa
maggiormente il carattere stagionale di alcune posizioni lavorative). Al contrario,
Ferrara e Piacenza presentano dei valori molto lontani dalla media regionale e dalle altre
province.
Per quanto riguarda le opportunità formative rivolte alla popolazione in età lavorativa,
occorre segnalare come il dato sull’apprendimento permanente nella regione nel 2005
fosse fermo al 5,7% di partecipanti a corsi di formazione tra i 25 e i 64 anni. Il dato
delle donne, negli ultimi 2 anni, risulta di due punti superiore a quello maschile.
Tabella 24. Popolazione tra 25 e 64 anni che partecipa a corsi di apprendimento permanente dal
2000 al 2006.
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Totale 6,9 5,2 5,5 5,7 6,7 5,7 7,2
maschile 6,8 4,7 5,3 5,2 5,8 4,8 6,2
femminile 7,0 5,7 5,8 6,2 7,5 6,7 8,3
Fonte: Indicatori strutturali Istat
Il numero di adulti occupati che partecipa ad attività formative presenta una dinamica
altalenante, passando in Emilia Romagna dal 4,3% della popolazione nel 1995 al 6,9%
nel 2000, per poi scendere nuovamente e toccare il 5,7% nel 2005 e, infine, per risalire
nel 2006 con un buon 7,2%. I tassi dell’Italia sono invece cresciuti stabilmente fino a
raggiungere il 5,6%, un valore molto vicino all’Emilia Romagna.
Il Nord Est mostra i tassi più alti (7,1% nel 2000, 6,3% nel 2005 e 7,5% nel 2006). Le
femmine partecipano più frequentemente alle attività formative rispetto ai maschi, tant’è
che la distanza tra i due gruppi raggiunge anche i 2 punti percentuali (soprattutto per
l’Emilia Romagna e il Nord Est).
5 Si intende il tasso di occupazione totale oltre i 55 anni e non quello compreso nella classe di età 55-64
anni.
75

Si tratta comunque di valori ancora piuttosto bassi e lontani dai target di Lisbona che
aspirano a raggiungere il 12,5% degli occupati in attività formative. In particolare,
appare preoccupante l’’andamento altalenante registrato negli ultimi anni, con picchi
negativi anche recenti (2005).
La tabella riportata sotto indica l’andamento del tasso di partecipazione degli occupati
ad attività formative. In totale (maschi + femmine) il trend appare in crescita costante
solo per l’Italia, mentre per Emilia Romagna e Nord Est, dopo il picco rilevato nel
2000, il tasso è calato fino al 2005 per poi risalire nuovamente nel 2006.
Esiste una notevole differenza tra i tassi maschili e i tassi femminili di partecipazione ad
attività formative: gli occupati maschi sembrano poco propensi a partecipare alle attività
formative: in Italia il tasso è comunque cresciuto di 2,5 punti dal 1995 al 2006; in
Emilia Romagna è cresciuto di meno (solo 2 punti), mentre nel Nord Est è passato dal
3,4 al 5,7 (+2,3). La situazione cambia se volgiamo lo sguardo alla componente
femminile: nel 1995 si parte già da un livello più elevato di partecipazione che cresce
velocemente in Italia (dove passa dal 3,7 al 7,8: + 4,1 punti); cresce mediamente nel
Nord Est (+2,9) e un po’ più lentamente in Emilia Romagna (2,7).
Tabella 25. Occupati, nella classe di età 25-64, che partecipano ad attività formative e di istruzione
per 100 adulti occupati nella classe di età corrispondente.
Ripartizioni 1995 2000 2005 2006
M
Emilia-Romagna 3,3 6,1 4,2 5,3
Nord-Est 3,4 6,2 5,1 5,7
Italia 2,5 4,0 4,6 5,0
F
Emilia-Romagna 5,7 7,8 7,5 8,4
Nord-Est 5,6 8,5 8,0 8,5
Italia 3,7 5,9 7,3 7,8
TOTALE
Emilia-Romagna 4,3 6,8 5,7 6,6
Nord-Est 4,2 7,1 6,3 6,9
Italia 2,9 4,7 5,6 6,1
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Istat.
Per finire, tracciamo una breve sintesi delle tendenze rilevate in Emilia Romagna in
ordine alla popolazione over 55:
- i dati hanno messo in risalto la tendenza all’invecchiamento della popolazione
(soprattutto nella fascia compresa tra i 30 e i 54 anni) e al peggioramento degli
indici di vecchiaia;
- è stato inoltre rilevato come il tasso di occupazione degli over 55 sia aumentato
negli ultimi anni, nonostante esso sia ancora lontano dal target di Lisbona;
- a ciò si aggiunge che il tasso di occupazione femminile over 55 è aumentato
molto più lentamente di quello femminile;
- in generale, l’analisi ha sottolineato la scarsa partecipazione dei lavoratori
(soprattutto maschi) alle attività di formazione e di aggiornamento.
Permangono due diverse tendenze che appaiono tra di loro poco conciliabili: da un lato
l’invecchiamento della popolazione e la necessità di rimandare l’età pensionistica
76

sempre di più; dall’altro di assiste da parte di molti, alla rinuncia (diretta o indiretta) alla
partecipazione a corsi di formazione e attività di aggiornamento delle competenze in
possesso.
1.2 Lo scenario occupazionale: dal contesto alle politiche
Le più recenti valutazioni europee e nordamericane sulle politiche attive del lavoro per i
giovani hanno mostrato risultati piuttosto deludenti. Le valutazioni negative attengono
sia alla sfera della formazione, ma anche dei sussidi per l’occupazione e le misure volte
a creare lavoro. Le valutazioni americane hanno riscontrato come i risultati migliori dei
programmi per l’occupazione dei giovani sono stati conseguiti soltanto attraverso
interventi precoci e continui, che cominciano già a partire dal periodo prescolastico e
che siano sensibili al contesto e al retroterra socioculturale dei destinatari. Sembrerebbe
pertanto che le politiche attive del lavoro non siano la prima e migliore opzione per
aiutare i giovani svantaggiati nel mercato del lavoro; al contrario, risultano più efficaci
gli interventi che mirano a ridurre gli abbandoni scolastici e a migliorare le competenze
di base e l’organizzazione generale del sistema educativo.
Alcuni studi sull’efficacia degli interventi educativi rivolti a giovani hanno individuato
cinque condizioni che sembrano migliorare la loro efficacia: (1) orientamento rivolto
alle esigenze di mercato e a professioni che presentano un ritorno economico
relativamente alto; (2) offerta di una combinazione appropriata di istruzione,
competenze sul lavoro, formazione sul lavoro; (3) delineazione di percorsi formativi
ulteriori per i giovani; (4) fornitura di un insieme di servizi di supporto rivolti ai giovani
e alle loro famiglie; (5) svolgere attività di valutazione per il miglioramento della
qualità dei programmi.
In sintesi, i programmi che utilizzano soltanto azioni formative e corsuali sembrano
ottenere un modesto impatto sui tassi di occupazione post-programma. Se confrontati
con i programmi formativi, gli incentivi occupazionali e i servizi pubblici per l’impiego
sono associati a risultati significativamente migliori.
La strategia generale assegnata all’azione del Fondo sociale europeo dal Quadro di
riferimento per le risorse umane è consistita, nel settennio precedente, nel contribuire ad
accrescere l’occupabilità della popolazione in età attiva e la qualificazione delle risorse
umane, anche attraverso lo sviluppo dell’imprenditorialità, dell’adattabilità delle
imprese e dei lavoratori e delle pari opportunità tra uomini e donne. E’ consistita altresì
nel favorire i processi di ammodernamento e innovazione dei sistemi di istruzione,
formazione e lavoro. Questa strategia generale si inquadra in un contesto del mercato
del lavoro nelle aree del Centro-Nord che il Quadro di riferimento e il QCS Obiettivo 3,
nella descrizione della situazione del 2000 e in termini tendenziali, delinea nella:
⇒ riduzione della popolazione in età attiva, stazionarietà delle forze di lavoro,
innalzamento dell’età media degli occupati, con potenziale carenza di manodopera
a fronte di un aumento della domanda di lavoro;
⇒ difficoltà d’inserimento dei giovani derivante da una strutturale insufficienza della
domanda di lavoro e da livelli di qualificazione dei giovani non in linea con le
richieste della domanda;
77

⇒ difficoltà d’inserimento dei gruppi svantaggiati determinate dalla specificità della
loro condizione;
⇒ permanenza di significative disparità di genere, nonostante l’evoluzione positiva
degli ultimi anni;
⇒ basso livello di scolarità della popolazione.
I nuovi orientamenti strategici comunitari per il periodo 2007-2013 partendo dai risultati
conseguiti nel settennio precedente puntano a consolidare i processi chiave già avviati
per lo sviluppo e la crescita attraverso tre linee d’azione:
1. rendere le regioni e l’Europa più attraenti per gli investimenti e l’attività delle
imprese;
2. promuovere la conoscenza e l’innovazione a favore della crescita;
3. creare nuovi e migliori posti di lavoro.
Gli orientamenti della Commissione e la politica di coesione mirano a contribuire
concretamente alla realizzazione della Strategia di Lisbona, rinnovata e rilanciata nel
febbraio 2005, tant’è che le linee guida sopra riportate tendono a rafforzarla e a
potenziarla. Non vengono trascurati neanche alcuni principi che la nuova politica di
coesione presuppone per il conseguimento degli obiettivi della nuova programmazione:
⇒ l’investimento nella conoscenza, l’innovazione, la ricerca e il capitale umano che
viene rimarcato ancora;
⇒ l’attenzione allo sviluppo sostenibile (comprendendo e attivando sinergie tra la
dimensione economica, sociale e ambientale);
⇒ la parità tra uomini e donne;
⇒ la lotta a ogni forma di discriminazione.
1.2.1 Lo scenario europeo
La lotta alla disoccupazione giovanile e alla disoccupazione di lunga durata è stata al
centro del dibattito politiche europeo sin dal 1997, anno di nascita della strategia
europea per l’occupazione che ha promosso direttamente, e incoraggiato, il passaggio
dalle politiche passive alle politiche attive del lavoro. Si è sottolineata altresì la
necessità di:
⇒ promuovere un approccio improntato sulla compartecipazione e l’integrazione dei
soggetti;
⇒ agevolare il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro;
⇒ sviluppare l’imprenditorialità;
⇒ incoraggiare l’adattabilità delle imprese e dei loro lavoratori;
⇒ rafforzare le politiche in materia di pari opportunità.
Questa linea è stata riaffermata ed approfondita anche al Consiglio europeo di Lisbona
del marzo 2000, nel quale i Capi di Stato o di Governo, constatando che l'Unione
europea si trovava dinanzi a una svolta epocale risultante dalla globalizzazione e dalle
sfide presentate da una nuova economia basata sulla conoscenza, hanno stabilito un
obiettivo strategico forte: per il 2010 l'UE deve diventare l'economia basata sulla
conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita
economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione
sociale. Il Consiglio europeo ha sottolineato che tali cambiamenti richiedevano non solo
78

una trasformazione radicale dell'economia europea, ma anche un programma ambizioso
al fine di modernizzare i sistemi di previdenza sociale e d'istruzione.
Le politiche dell'istruzione e della formazione sono dunque al centro della creazione e
della trasmissione delle conoscenze e sono un elemento determinante delle potenzialità
d'innovazione di ogni società. A tale titolo, esse si trovano al centro di questa nuova
dinamica, ad integrazione e in sinergia con altri ambiti d'azione comunitari, tra cui
l'occupazione, l'inclusione sociale, la ricerca e l'innovazione, la cultura e la politica della
gioventù, la politica d'impresa, la società dell'informazione, la politica economica e il
mercato interno. L'istruzione e la formazione beneficiano degli sviluppi che
intervengono in questi ambiti e contribuiscono a loro volta a rafforzarne l'impatto. Ciò
implica un riconoscimento del ruolo dei sistemi d'istruzione e di formazione che va di
pari passo con una maggiore responsabilità e un'esigenza sempre più avvertita di
modernizzazione e di trasformazione, in particolare nella prospettiva dell'allargamento
dell'UE.
Le risorse umane rappresentano la principale ricchezza dell'Unione e si riconosce ormai
che un investimento in questo ambito è un fattore determinante della crescita e della
produttività, allo stesso modo dell'investimento in capitale o attrezzature.
Dinanzi al probabile allungamento della durata media della vita attiva e a cambiamenti
economici e tecnologici sempre più rapidi, i cittadini dovranno aggiornare
continuamente e sempre più spesso le loro competenze e qualifiche. La promozione
dell'occupabilità e della mobilità in un mercato del lavoro europeo aperto,
complementare al mercato unico dei beni e dei servizi, costituisce una priorità,
generando in tal modo una nuova domanda di istruzione e formazione. Al riguardo, si è
ritenuto fondamentale instaurare relazioni più strette fra il mondo dell'istruzione e della
formazione e il mondo imprenditoriale, affinché ciascuna delle due parti comprenda
meglio le esigenze dell'altra. Contemporaneamente, la società della conoscenza genera
nuovi bisogni in termini di coesione sociale, di cittadinanza attiva e di sviluppo
personale, bisogni ai quali soltanto l'istruzione e la formazione possono apportare un
sostanziale contributo.
In tale contesto, il Consiglio europeo di Stoccolma del marzo 2001 ha adottato tre
obiettivi strategici (e tredici obiettivi concreti connessi) per i sistemi di istruzione e di
formazione incentrati su qualità, accesso e apertura al mondo. Nel marzo 2002, il
Consiglio europeo di Barcellona ha approvato un programma di lavoro per porre in atto
tali obiettivi e ha invitato a una più stretta cooperazione nei settori dell'istruzione
superiore e della formazione professionale. Tale programma di lavoro costituisce il
quadro di riferimento strategico per lo sviluppo delle politiche dell'istruzione e della
formazione a livello comunitario al fine di rendere entro il 2010 i sistemi d'istruzione e
di formazione in Europa un punto di riferimento di qualità a livello mondiale.
Come ribadito al Consiglio europeo di Bruxelles dell'ottobre 2003, lo sviluppo del
capitale umano costituisce una delle priorità per promuovere la crescita nell'UE, in
particolare tramite l'aumento degli investimenti nell'istruzione e una migliore
integrazione con le politiche sociali e occupazionali. Analogamente, gli orientamenti per
l'occupazione adottati dal Consiglio europeo del giugno 2003 hanno posto l'accento
sullo sviluppo del capitale umano e dell'istruzione e della formazione permanenti.
79

Successivamente, la relazione della task force per l'occupazione ha sottolineato che
l'Unione europea sta correndo il rischio di non riuscire a conseguire entro il 2010
l'ambizioso obiettivo che si era prefissata a Lisbona e ha evidenziato la necessità di
investimenti maggiori e più efficaci in capitale umano.
Nel 2005, la strategia di Lisbona è stata rilanciata attraverso l’individuazione di tre
nuove direttrici di azione:
1) rendere l’Europa più capace di attrarre investimenti e lavoro;
2) porre la conoscenza e l’innovazione al servizio della crescita;
3) creare nuovi e migliori posti di lavoro.
In particolare, il terzo punto, quello più significativo in questa sede di trattazione, ha
posto l’accento sull’opportunità non solo di consentire un migliore accesso al mondo
del lavoro a tutte le categorie sociali nella fascia da 15 a 64 anni della popolazione, ma
anche di accrescere la capacità di adeguamento dei lavoratori e delle imprese e di
aumentare gli investimenti in capitale umano migliorando l’istruzione e le qualifiche.
Di recente, la commissione europea, nell’intento di rispondere alle sfide in ordine alla
competitività, cambiamenti demografici e invecchiamento della popolazione,
integrazione dei percorsi di istruzione, formazione e lavoro, ha lanciato un approccio
innovativo, seppure ormai a regime nei paesi scandinavi, legato al concetto di
flessicurezza. Si tratta di un approccio che cerca di trovare un equilibrio tra le
dimensioni della flessibilità del lavoro (che abbracciano dunque le tematiche trattate in
questa sede: inserimento lavorativo dei giovani, lavoro atipico, inserimento degli over
55) e le dimensioni della sicurezza (ammortizzatori sociali, politiche del nuovo welfare
e percorsi formativi efficaci).
Il concetto di flessicurezza cerca di trovare un equilibrio tra flessibilità (per i datori di
lavoro e gli occupati) e la sicurezza (per i lavoratori). Il libro verde del 1997 della
Commissione ha sottolineato l’importanza della flessibilità e della sicurezza per la
competitività e la modernizzazione del lavoro. Questa idea si sposa bene con il pilastro
“adattabilità” dell’UE nel quale i partner sociali sono invitati a negoziare tutti i livelli di
accordo per modernizzare l’organizzazione del lavoro, includendo la flessibilità dei
contratti, allo scopo di migliorare la competitività e la produttività del lavoro. Questo
equilibrio è richiamato altresì nell’Agenda delle Politiche Sociali 2000-2005 della
Commissione.
La flessicurezza può essere definita come una strategia integrata per aumentare, nel
contempo, flessibilità e sicurezza nel mercato del lavoro. Si parla di flessibilità nel caso
di transizioni di successo nel corso della vita degli attori (da scuola a lavoro, da un
lavoro a un altro, tra disoccupazione o inattività e lavoro e dal lavoro alla pensione). La
sicurezza d’altro canto, non si limita a garantire il proprio posto di lavoro ma fornisce
agli attori le abilità e le competenze necessarie per crescere nel corso della propria vita
e promuovere nuova occupazione. Comprende altresì adeguati sussidi per facilitare le
transizioni.
Si tratta dunque di una politica che cerca, deliberatamente e simultaneamente, di
aumentare da un lato la flessibilità del mercato del lavoro, delle organizzazioni del
80

lavoro e delle relazioni industriali, e dall’altro la sicurezza occupazionale ed economica,
soprattutto per i gruppi sociali più vulnerabili.
Si può tentare un’esplosione ulteriore del concetto per quanto attiene alla flessibilità:
(a) flessibilità esterna numerica (difficoltà o semplicità di assumere o licenziare un
lavoratore e la misura in cui i contratti a tempo possono essere impiegati);
(b) flessibilità interna numerica (difficoltà o semplicità di cambiare la quantità di
forza di lavoro impiegata in un’impresa senza ricorrere a licenziamenti o
assunzioni);
(c) flessibilità funzionale (difficoltà o semplicità di cambiare l’organizzazione del
lavoro o l’abilità/inabilità dei lavoratori e delle imprese ad adattarsi ai
cambiamenti);
(d) flessibilità salariale (il grado di risposta dei costi salariali alle condizioni
economiche).
Per quanto concerne la sicurezza, essa si riflette nei seguenti aspetti:
(a) sicurezza del lavoro (aspettativa rispetto a quanto sia stabile un lavoro
specifico);
(b) sicurezza occupazionale (aspettativa rispetto a rimanere nel mercato del lavoro,
non necessariamente presso lo stesso datore di lavoro);
(c) sicurezza del reddito (il livello dei sussidi ai redditi nel caso di licenziamento);
(d) sicurezza combinata (abilità o inabilità di combinare il reddito da lavoro con
altre attività sociali o private).
Il modello che spesso si prende in riferimento per la flessicurezza è quello danese
composto da una legislazione relativamente debole per quanto concerne la protezione
occupazionale; una rete sociale di sicurezza molto generosa per i disoccupati; alta
intensità di spesa (per disoccupato) delle politiche attive del lavoro. Esso comporta un
basso livello di protezione dei lavoratori contro eventuali licenziamenti con elevati
sussidi di disoccupazione e una politica occupazionale che poggia sul diritto/dovere per
il lavoratore di seguire percorsi formativi. Il concetto di sicurezza del lavoro viene
pertanto sostituito dalla sicurezza occupazionale. Il dialogo sociale tra datori di lavoro e
lavoratori è un aspetto importante del modello di flessicurezza.
Mentre la flessicurezza sembra la giusta risposta alle sfide dell’economia odierna,
sorgono alcuni dubbi sulla trasferibilità del modello alle economie non scandinave. La
flessicurezza potrebbe essere compresa soltanto re-interpretando la tradizione del
dialogo sociale maturata dai paesi nordici. Questa tradizione non esiste in molti paesi,
come per esempio nell’Europa centro-orientale. In altri paesi invece, soprattutto nel
Mediterraneo, le relazioni tra sindacati e datori di lavoro sono sempre state piuttosto
tese. Il modello delle relazioni industriali e dei conflitti di lavoro di paesi come la
Francia e la stessa Italia accoglierebbe male, o con estrema difficoltà, la possibilità di
licenziare i lavoratori più agevolmente per le imprese. Il recente dibattito che è sorto in
Francia tra gli insiders (i lavoratori qualificati con contratti a tempo indeterminato) e gli
outsiders (lavoratori poco qualificati, categorie svantaggiate e vulnerabili, atipici, ecc.)
dimostra quanto sarebbe ostico, oltre che impopolare, consentire alle imprese più
flessibilità esterna, soprattutto per quelle categorie che richiedono maggiori protezioni
sociali e maggiore sicurezza del posto di lavoro. Si tratta di un tema assai complesso e
che solleva umori diversi, il punto tuttavia che si vuole sottolineare qui è la necessità di
81

attrezzare tutti i lavoratori delle competenze utili al mercato del lavoro locale: nessuno
deve essere escluso. L’accesso al mercato del lavoro di più attori qualificati permette di
sollevare il sistema pensionistico da un carico economico eccessivo, di includere nella
società di appartenenza i più vulnerabili (da ousiders a insiders), di aumentare i livelli di
produttività e la crescita economica.
E’ chiaro che i modelli di "flessicurezza" attuabili devono poter ben governare le
transizioni tra le varie fasi della vita lavorativa. Gli aspetti interni ed esterni della
flessicurezza devono rafforzarsi reciprocamente in modo che l'ammodernamento della
legislazione del lavoro, gli investimenti in materia di formazione e mercati del lavoro
attivi, nonché un'adeguata protezione sociale e la sicurezza dei redditi, possano
coesistere in un contesto di organizzazione flessibile del lavoro. Il modello inoltre
contribuisce ad affrontare il problema della precarietà nel lavoro, la segmentazione del
mercato del lavoro e il sommerso. I partner sociali hanno un importante ruolo da
svolgere in materia. La recente comunicazione della Commissione sulla flessicurezza ha
il compito di facilitare l’elaborazione di percorsi per aiutare gli Stati membri a definire
una corretta combinazione di misure in linea con i rispettivi mercati del lavoro.
La flessicurezza si compone di quattro dimensioni strategiche che attengono a:
1) forme contrattuali flessibili e affidabili;
2) strategie di apprendimento lungo tutto l’arco della vita;
3) efficaci politiche attive del lavoro;
4) politiche sociali e sistemi previdenziali moderni.
In questo quadro, il ruolo assegnato al Fondo Sociale Europeo nella lotta alla
disoccupazione e nella promozione di maggiori e migliori posti di lavoro per tutti
appare nevralgico, sia per quanto attiene agli investimenti economici assegnati al fondo,
sia per le numerose aree di attività coperte dal fondo (dai lavoratori alle aziende,
dall’istruzione e formazione all’occupazione e l’inclusione sociale, dalla creazione di
reti e partenariati all’attenzione rivolta alle donne).
La comunicazione della Commissione 16/2001 ha esteso l'azione dell'FSE, che cessa di
essere un programma di formazione divenendo uno strumento strategico che prevede un
ampio ventaglio di misure di investimento nelle risorse umane, riconosciute come il
principale motore della crescita economica. L'FSE infatti mira a coordinare le politiche
nazionali riguardanti il mercato del lavoro al fine di renderle più efficaci, sottolineando
l'importanza di creare nuovi posti di lavoro. I programmi sono basati sulle azioni
preventive, sulla parità di opportunità, sull'inserimento sociale e sull'accesso alle
tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC).
1.2.2 Lo scenario nazionale
In Italia, le politiche del lavoro sono state caratterizzate, nel corso degli anni '90, dal
grande risalto dato alla concertazione tra governo e parti sociali, che ha portato, tra
l'altro, al patto per il lavoro del 1996. Nell'accordo è stata evidenziata l'esigenza di
attivare un piano straordinario per l'occupazione.
In tale ottica, viene emanata la legge n. 196/97, nota come Pacchetto Treu, che ha messo
in primo piano l'integrazione tra i sistemi del lavoro e dell'apprendimento permanente.
82

Sempre nel 1997 prende il via la riforma della pubblica amministrazione: con la legge
59/97 vengono delegati numerosi compiti alle Regioni, fra cui quelli inerenti alle
politiche per l'occupazione, come specificato dal D.Lgs. attuativo 469/97. Tale decreto
ha decentrato il collocamento e le politiche attive, ha poi riformato i Servizi per
l'Impiego e ha delineato la fisionomia del Sistema informativo lavoro (SIL).
La programmazione italiana del FSE 2000-2006 supporta la realizzazione della
Strategia Europea per l’Occupazione con oltre l’88,1% delle proprie risorse. Il suo
contributo è da considerarsi, tuttavia, sia in riferimento al perseguimento delle priorità
attraverso la realizzazione delle misure dei programmi, sia alle modalità di governo
della strategia.
In Italia, le politiche di intervento adottate negli ultimi anni hanno avuto come obiettivo
quello di sostenere le tendenze positive del mercato del lavoro, al fine di accrescere il
tasso di occupazione (che resta ancora troppo basso) e di attirare sul mercato quelle
fasce di popolazione che ne sono escluse: donne, ultracinquantenni, giovani.
In secondo luogo, esse hanno avuto lo scopo di diminuire il periodo di tempo trascorso
nelle ricerca di un nuovo impiego o nella condizione di disoccupazione. L’Italia si è
iscritta, dunque, a pieno titolo nella Strategia di Lisbona, promuovendo adeguate
politiche di “welfare to work” e sviluppando azioni di valorizzazione del capitale
umano.
Le misure del FSE di seguito collegate alle priorità della SEO hanno fatto riferimento
ad una struttura standardizzata della programmazione italiana che, sia in ob. 1, sia in ob.
3, equivale ad articolazioni dei policy field previsti dal Regolamento.
Alcune delle risorse programmate per il periodo 2000-2006 considerate a supporto della
SEO sono riportate di seguito.
1. Misure attive e preventive per le persone disoccupate e inattive
A tale priorità il FSE contribuisce attraverso le misure del policy field A dedicate
all’approccio preventivo e curativo della disoccupazione e sulle quali si concentra il
31,7% delle risorse programmate dal fondo in Italia. In esse vengono promossi
interventi per lo sviluppo dei servizi pubblici all’impiego e interventi per l’incremento
dell’occupabilità degli individui attraverso work experience, formazione e incentivi
all’occupazione. A ciò si aggiunge l’asse dedicato all’occupabilità del programma Equal
per il quale sono programmati 236.640 mila euro.
2. Creazione di posti di lavoro e imprenditorialità
Coerentemente con la priorità di sviluppo dell’imprenditorialità, il FSE promuove la
creazione di impresa e il consolidamento del tessuto imprenditoriale finanziando
formazione e percorsi integrati per la creazione di impresa, incentivi alla creazione di
impresa e servizi alle imprese in start-up ed esistenti attraverso la misura D3. A tal
priorità contribuisce, inoltre, l’asse “imprenditorialità” di Equal con 197.200 mila euro.
3 e 4. Affrontare il cambiamento e promuovere l’adattabilità e la mobilità nel mercato
del lavoro e promuovere lo sviluppo del capitale umano e l’apprendimento lungo l’arco
della vita. Il FSE concentra il suo sostegno alla SEO su tali priorità grazie alle misure
83

C1, C2, C3, C4, D1 e D2 (complessivamente il 45,5% delle risorse programmate in
Italia). La prima promuove l’innalzamento della qualità del sistema scolastico, le
successive due la permanenza all’interno del sistema scolastico attraverso la lotta alla
dispersione e l’arricchimento dei curricula scolastici di moduli professionalizzanti nella
formazione superiore. Le misure C3 e D1 promuovono la partecipazione degli adulti
alla formazione lungo l’arco della vita realizzando interventi formativi a cui i singoli
partecipano per propria decisione (C4) o per decisione del datore di lavoro (D1). A
queste si aggiunge la misura D2, dedicata all’adeguamento delle competenze delle
Pubbliche Amministrazioni Equal contribuisce a tale priorità attraverso l’asse
“adattabilità” cui sono riservati 212.976 mila euro.
5. Aumentare la disponibilità di manodopera e promuovere l’invecchiamento attivo
Attraverso l’obiettivo di attivazione perseguito in particolare nelle misure A2 e E1, il
FSE contribuisce a tale priorità, benché non si possa considerare tale contributo in
maniera additiva a quelli considerati relativamente alle altre priorità. Analoga
considerazioni può essere fatta relativamente al tema dell’invecchiamento attivo dal
momento che tale obiettivo non era presente nella programmazione del fondo fatta nel
1999, ma molte attività formative delle regioni sono finalizzate a questo target di
utenza.
6. Parità uomo-donna
Il 10,0% della programmazione del FSE 2000-2006 è destinato alla misura E1 per la
promozione delle pari opportunità. La misura promuove in particolare interventi di
attivazione delle donne, formazione per il reinserimento professionale e azioni di
accompagnamento per la conciliazione fra lavoro di cura familiare e inserimento
lavorativo nonché un’infrastrutturazione dei servizi alla persona. Anche Equal
contribuisce alla priorità con 78.880 mila euro.
7. Promuovere l’integrazione delle persone svantaggiate sul mercato del lavoro e
combattere la discriminazione nei loro confronti
A tale priorità il FSE contribuisce attraverso la misura B1 il cui obiettivo di inclusione
sociale della popolazione a rischio di marginalità è perseguito attraverso la promozione
di servizi alle persone e interventi formativi e l’inserimento lavorativo tramite percorsi
integrati.
Ai contributi che il FSE offre per la realizzazione della SEO attraverso il sostegno
finanziario delle singole misure della programmazione, va aggiunto il ruolo che il Fse
ha in Italia relativamente alla valutazione delle politiche del lavoro attraverso i
finanziamenti del PON del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per l’Ob. 3, e
della misura a titolarità del Ministero del Lavoro e Politiche Sociali nell’ambito del
PON Assistenza Tecnica e Azioni di Sostegno, per l’Ob. 1 nonché quello svolto
relativamente al rafforzamento della capacità istituzionale nel settore dell’occupazione
attraverso le azioni rivolte ai sistemi previste in tutte le misure del FSE e nei due PON
citati.
Un’ampia riforma del mercato del lavoro è avvenuta con la Legge 30/03 e il D.Lgs,
attuativo 276/03. Si tratta della nota Legge Biagi, che ha sancito la fine del monopolio
pubblico dei Servizi per l'Impiego e ha avviato la Borsa nazionale del lavoro, per
84

l'incontro domanda e offerta. Inoltre, sono stati introdotti nuovi tipi di contratti atipici e
sono stati rivisti alcuni già esistenti, come l'apprendistato e il contratto di formazione e
lavoro.
A questo scopo si è accelerato il processo di attuazione della legge Biagi. La legge,
intervenendo da un lato sul mercato, dall’altro sulle tipologie contrattuali ha assicurato
una maggiore trasparenza nei meccanismi di incontro tra domanda e offerta e,
ugualmente, garantendo alle imprese maggiori opportunità nei meccanismi di
competizione internazionale.
L’introduzione di maggiori flessibilità ha tuttavia indotto fenomeni di segmentazione
del mercato del lavoro. Come è stato infatti sottolineato nel paragrafo statistico, i dati
indicano un aumento della quota dei contratti a termine, effetto questo di un utilizzo di
questa tipologia contrattuale sia in una situazione di incertezza economica, sia nelle
situazioni di ripresa economica per abbattere il costo del lavoro. A ciò si aggiunge
comunque, uno sforzo profuso negli ultimi anni nella direzione di favorire il riordino
del sistema di sostegni al reddito (ammortizzatori sociali).
Il riordino del sistema degli ammortizzatori sociali, in coerenza con quanto promosso
dalle politiche attive del lavoro, si fonda sul principio che, pure garantendo una serie di
strumenti di sostegno al reddito, si scoraggia ogni atteggiamento di tipo passivo, ogni
pratica che tende a favorire una uscita prematura dal mercato del lavoro, ogni abitudine
ad usare in maniera ripetuta di questo sostegno reddituale.
Al contrario, le azioni di sostegno all’erogazione monetaria si fondano su rigidi criteri
di accesso, su solide azioni di formazione e addestramento, sull’incentivazione di
atteggiamenti attivi o pro-attivi. Il ruolo dunque delle Regioni e delle parti sociali nella
definizione dei programmi formativi e di ricollocamento dei lavoratori rimane pertanto
essenziale.
Come indicato dal Piano Nazionale di Riforma 2006-2008, in Italia si è dato il via
all’integrazione e il riordino dei diversi sistemi informativi, centrali e locali (Borsa
Lavoro), per agevolare l’incontro fra domanda e offerta di lavoro, attraverso un sistema
di monitoraggio dei principali indicatori del mercato del lavoro.
Il miglioramento della qualità dell’istruzione e della formazione, insieme alla garanzia
di un elevato grado di coesione sociale, rimangono al centro delle politiche educative e
occupazionali dell’Italia. In materia di formazione professionale, l’operatività dei fondi
interprofessionali ha favorito la diffusione dell’apprendimento permanente: nel 2005,
primo anno di operatività dei fondi, sono stati raggiunti circa 240 mila lavoratori per
8.500 imprese. Anche la diffusione della formazione a domanda individuale attraverso
l’utilizzo del voucher formativo ha contribuito ad accrescere la partecipazione degli
adulti alle attività formative - uno dei più rilevanti fattori di criticità in Italia, anche
rispetto ai target europei.
Nel sistema dell’istruzione l’offerta formativa per gli adulti registra un aumento
costante seppure lento. Centri territoriali permanenti e istituti di istruzione secondaria
superiore, sedi dei corsi serali, hanno attivato corsi destinati a utenti adulti.
85

Le attività, svolte anche in partenariato, sono dirette a rafforzare le competenze di base e
a favorire l’inserimento degli adulti nei percorsi di istruzione e formazione finalizzati al
conseguimento di un diploma o di una qualifica professionale. Un nuovo modello
organizzativo mette in rete i centri territoriali e gli istituti superiori, perseguendo una
triplice finalità: (a) innalzare il livello di istruzione della popolazione adulta, in linea
con gli obiettivi fissati in sede europea; (b) rendere più flessibile l’offerta formativa di
istruzione e formazione professionale, per valorizzare le competenze che l’adulto ha già
acquisito sul lavoro e in altri contesti; (c) sperimentare metodologie didattiche
innovative, anche attraverso l’uso dell’elearning.
Tra gli interventi orientati all’innalzamento del numero di giovani che completino gli
studi secondari superiori sono state individuate tre priorità importanti: (a) la costruzione
di un sistema di orientamento; (b) il rafforzamento dell’istituto dell’apprendistato; (c) lo
sviluppo di percorsi di alternanza scuola-lavoro, con lo scopo di utilizzare il sistema
imprenditoriale a fini formativi e per avvicinare i giovani al mondo produttivo.
Nonostante la buona performance dei primi anni 2000 in termini di creazione di posti di
lavoro, purtroppo siamo ancora lontani dagli obiettivi europei di un tasso di
occupazione del 70% -quello femminile del 60% - entro il 2010.
Per far fronte a tali ritardi, i futuri interventi sono orientati allo sviluppo di
un’occupazione di qualità, al raggiungimento di una maggiore equità sociale, alla lotta
alle disparità territoriali e alla tutela delle fasce deboli, in aderenza agli obiettivi della
rinnovata Strategia di Lisbona.
Il rilancio della strategia di Lisbona è stata accolta dagli stati membri ed è entrata a
pieno titolo nella programmazione politica nazionale. L’Italia si è mossa con il Piano
per l’Innovazione, la Crescita e l’Occupazione, approvato nell’ottobre del 2005, e ha
definito alcuni obiettivi prioritari:
1. ampliare l’area di libera scelta dei cittadini e delle imprese;
2. incentivare la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica;
3. rafforzare l’istruzione e la formazione del capitale umano;
4. adeguare le infrastrutture materiali e immateriali;
5. tutelare l’ambiente.
Il Quadro strategico nazionale, a seguito di quanto espresso dagli orientamenti strategici
comunitari, in linea con la strategia di Lisbona e gli obiettivi prioritari del PICO, tra le
10 priorità scelte ha incluso:
⇒ il miglioramento e la valorizzazione delle risorse umane;
⇒ la promozione, valorizzazione e diffusione della ricerca e dell’innovazione per la
competitività;
⇒ la competitività dei sistemi produttivi e l’occupazione.
Inoltre, sono stati stabiliti due interventi per sostenere la crescita dell’occupazione e
ridurre i divari territoriali. Il primo è la riduzione degli oneri a carico del lavoro, il
cosiddetto “cuneo fiscale”. Tale misura si applica esclusivamente al costo del lavoro
dipendente a tempo indeterminato, al fine di ridurre l’incidenza dei lavoratori precari.
86

Il secondo intervento riguarda l’innovativo abbattimento ulteriore specifico dell’IRAP a
favore delle donne.
Gli interventi di natura fiscale e contributiva sono stati finalizzati al recupero immediato
di margini di competitività attraverso una riduzione del costo del lavoro. Si tratta di una
scelta che apre la strada a una flessibilità che si rifletta in rapporti di lavoro più stabili e
riducendo la frammentazione delle tipologie occupazionali. Un welfare attivo richiede
che il sostegno al reddito sia integrato con la formazione continua e con politiche attive
di inserimento al lavoro.
Il programma operativo nazionale “Azioni di sistema – Obiettivo 2: Competitività
Regionale e Occupazione” 2007-2013 è stato definito con l’obiettivo di “promuovere e
rafforzare il quadro di riferimento nazionale dei sistemi di istruzione, formazione e
lavoro per il conseguimento degli obiettivi europei per il lifelong learning e
l’occupazione”.
L’obiettivo sarà perseguito in sinergia con il PON Governance e Azioni di sistema per
l’Obiettivo Convergenza e tramite la piena interazione con i Programmi operativi
regionali. Sono state individuate due dimensioni di azione nel perseguimento
dell’obiettivo generale:
1) la prima riguarda la necessità di contribuire ad un rapporto equilibrato tra la
dimensione regionale e quella nazionale della strategia e degli interventi al fine
di garantire uno sviluppo congruo delle capacità di indirizzo, monitoraggio e
valutazione dei processi complessivi, di creazione di standard e dispositivi
comuni, di legami con i processi europei.
2) la seconda riguarda il ruolo che il programma può svolgere nel quadro delle
riforme dei sistemi di istruzione, formazione, lavoro, coerentemente con quanto
stabilito dalla Strategia di Lisbona, in particolare per la parte riguardante la
Strategia Europea per l’occupazione e la costruzione di un sistema di
apprendimento lungo tutto l’arco della vita (lifelong learning).
In questa cornice di riferimento, il programma intende contribuire al rafforzamento dei
due macro-obiettivi comunitari: “nuovi e migliori posti di lavoro” e “investimenti sul
capitale umano”, attraverso la valorizzazione complessiva dei programmi operativi
regionali.
Il tema della creazione di nuovi e migliori posti di lavoro si declina, nella logica del
PON, lungo alcuni filoni che riguardano in particolare:
⇒ la costruzione concertata di traiettorie professionali accompagnate da azioni
costanti di rinforzo e riconversione delle qualificazioni;
⇒ l’agevolazione dei percorsi di carriera per una proficua mobilità sia verticale che
orizzontale nel corso della vita attiva;
⇒ l’attivazione di misure di contrasto della precarietà lavorativa;
⇒ la sollecitazione alla partecipazione al lavoro dei giovani, delle donne e degli
over 55;
87

⇒ il rafforzamento delle attività di controllo, formazione ed incentivazione
finalizzate a migliorare le condizioni di lavoro sul versante dell’autonomia, della
conciliabilità e della sicurezza;
⇒ il potenziamento delle azioni di contrasto al lavoro irregolare, in ogni sua
accezione, attraverso le attività di controllo e repressione, ma anche di
accompagnamento ed incentivazione dei percorsi di regolarizzazione.
Il tema dell’investimento sulle risorse umane si traduce, nel PON, nell’individuazione di
un percorso, condiviso con le Regioni e le parti sociali, che mira a definire una cornice
nazionale quale riferimento per la più specifica definizione e attuazione nei territori
regionali.Punto nodale tra le azioni di sistema individuate è la costruzione di un sistema
nazionale di standard professionali, standard di riconoscimento e certificazione delle
competenze e standard formativi per l’attuazione di politiche di lifelong learning.
L’azione si concretizza attraverso la definizione delle figure professionali e dei relativi
standard tramite gruppi di esperti per ciascun settore individuato. Ad esso si collegano
le attività di supporto alla cabina di regia per l’analisi dei fabbisogni e le attività
finalizzate al rafforzamento della capacità di previsione/anticipazione positiva della
dinamica dei fabbisogni professionali delle imprese.
Anche il tema dell’accreditamento, sul quale molto si è investito nella passata
programmazione, richiederà uno sforzo ulteriore per completare il sistema, garantendo
un’evoluzione verso sistemi di seconda generazione, che individuino un set di indicatori
qualitativi orientati al controllo e allo sviluppo della qualità dei servizi e ridefinendo un
sistema nazionale di standard minimi.
Il programma è dunque strutturato in 5 priorità di intervento e relativi assi: (a)
adattabilità; (b) occupabilità; (c) capitale umano; (d) transnazionalità; (e) assistenza
tecnica. Esso prevede alcune misure che è utile richiamare brevemente nell’economia
del discorso affrontato in questa sede:
⇒ Promuovere politiche di accompagnamento alla mobilità lavorativa e
professionale e supportare i processi di riforma;
⇒ Migliorare l’efficienza, l’efficacia, l’inclusività delle istituzioni del mercato del
lavoro;
⇒ Potenziare i sistemi di osservazione e valutazione delle politiche nazionali per
l’occupabilità;
⇒ Costruire strumenti condivisi per migliorare la qualità dell’offerta di istruzione e
formazione e i risultati dell’apprendimento, agevolare il riconoscimento delle
competenze acquisite; supportare l’attuazione a livello regionale.
1.2.3 Lo scenario regionale
In Emilia Romagna le problematiche del mercato del lavoro sono legate a un contesto
economico dinamico e con notevole capacità di assorbimento di risorse, che ha richiesto
forme di incoraggiamento rivolte alle imprese verso l’assunzione di nuovi occupati o al
lavoro in proprio Si è trattato prevalentemente di interventi di spinta nei confronti
dell’offerta, il cui grado di qualificazione e rispondenza a fabbisogni specifici è
divenuto il reale nodo da sciogliere da parte delle politiche attive del lavoro.
88

La cornice di riferimento è costituita in primo luogo dal nuovo quadro normativo e
programmatico definito da:
1. Regolamenti Comunitari relativi ai Fondi Strutturali (1083/2006) e al Fondo
Sociale Europeo Ob. 2, (1081/2006);
2. Quadro Strategico Nazionale (QSN);
3. Programma Operativo Regione Emilia –Romagna 2007-2013.
Gli Orientamenti Strategici Comunitari, approvati nella seduta del Consiglio del 6
ottobre 2006, hanno l’obiettivo di promuovere un aumento del contenuto strategico
della politica di coesione, al fine di rafforzare le sinergie con gli obiettivi dell’Agenda di
Lisbona rinnovata e di facilitarne la realizzazione.
Gli OSC affermano le seguenti tre priorità:
⇒ rendere più attraenti gli Stati Membri, le regioni, le città, migliorando
l’accessibilità, garantendo una qualità e un livello adeguato di servizi e tutelando
l’ambiente;
⇒ promuovere l’innovazione, l’imprenditorialità e lo sviluppo dell’economia della
conoscenza mediante lo sviluppo della ricerca e dell’innovazione, comprese le
nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione;
⇒ creare nuovi e migliori posti di lavoro attirando un maggior numero di persone
verso il mercato del lavoro o l’attività imprenditoriale, migliorando l’adattabilità
dei lavoratori e delle imprese e aumentando gli investimenti nel capitale umano.
La strategia regionale per l’intervento del FSE, nell’ambito degli obiettivi globali
richiamati, ha tenuto conto delle peculiarità del mercato del lavoro regionale e delle
priorità che ne conseguono, articolandosi in obiettivi globali tra i quali citiamo i
seguenti:
⇒ contribuire all’occupabilità dei soggetti in età lavorativa;
⇒ sviluppare un’offerta di istruzione, formazione professionale e orientamento che
consenta lo sviluppo di percorsi di apprendimento per tutto l’arco della vita
favorendo anche l'adeguamento e l’integrazione tra i sistemi della formazione,
istruzione e lavoro;
⇒ sostenere le politiche di flessibilizzazione del mercato del lavoro, promuovere la
competitività e favorire lo sviluppo dell’imprenditorialità;
⇒ migliorare l'accesso, la partecipazione e la posizione delle donne nel mercato del
lavoro.
In questo quadro hanno assunto un peso rilevante gli interventi volti a migliorare il
sistema dell’istruzione e della formazione rendendolo maggiormente legato e
rispondente ai fabbisogni espressi dal territorio regionale. In tal senso, la Regione ha
investito alcune risorse sia nel rafforzamento delle competenze tecniche degli
amministratori, sia nel facilitare processi di apertura e di esternalizzazione delle attività
e dei compiti istituzionali. Il sistema della formazione, dell’istruzione e del lavoro ha
potuto dunque beneficiare di un assetto organizzativo più efficiente e rispondente ai
fabbisogni reali della popolazione. I principi chiave che hanno mosso il processo di
trasformazione (dal lato del sistema di governance regionale) e che sono stati
considerati strategici per il successo dell’iniziativa e per il conseguimento degli obiettivi
formativi e occupazionali attengono a quattro aspetti chiave:
89

1) il sistema della formazione non risponde più soltanto alla domanda ma
contribuisce alla costruzione di un percorso educativo unitario e coerente, per
tutto l’arco della vita dei cittadini;
2) un sistema di certificazione di competenze risulta dunque essenziale quale
strumento per la caratterizzazione professionale del percorso unitario;
3) la spendibilità dei crediti ottenuti nei diversi ambiti (impresa, istruzione,
formazione) richiede uno sforzo organizzativo notevole che, probabilmente, oggi
non è ancora completo;
4) la complessità del sistema formativo e del percorso educativo unitario che
caratterizza necessita di un dialogo costante tra diverse parti sociali e
istituzionali; tuttavia, lo sforzo gigantesco che si presuppone non deve condurre
a una massiccia ed eccessiva articolazione dei tavoli e dei partenariati.
In sintesi, la formazione integrata è una delle risposte di sistema maggiormente
qualificate ad interpretare questo approccio, poiché segna la cerniera indispensabile
tra dimensione formativa ed educativa alla base del paradigma della competenza;
facilita la comunicazione tra sistemi accentuando il collegamento tra dimensione
tecnica e politica dell’azione di governo. 6
L’integrazione dei sistemi e la costruzione di percorsi educativi e professionali unitari
giunge al termine di un lungo processo di policy che parte dalla programmazione dei
Fondi Strutturali 2000-2006 e tocca il nuovo periodo di programmazione. In questo
quadro, il legislatore regionale riveste un ruolo di primo piano nel definire
l’organizzazione complessiva e le priorità delle risorse aggiuntive e l’articolazione
complessiva delle politiche ordinarie.
Il POR Emilia Romagna ha accolto sia gli orientamenti della Commissione, sia le
priorità del QSN e del PICO spalmando gli interventi a favore dell’innovazione, della
competitività e della promozione delle risorse umane sui 4 assi strategici che
compongono il programma: occupabilità, adattabilità, inclusione sociale, capitale
umano.
Il trattato di Amsterdam ha obbligato gli stati membri e la comunità a lavorare per
sviluppare una strategia coordinata per l’occupazione ed in particolare per sviluppare
una forza lavoro adattabile, qualificata e istruita e mercati del lavoro che rispondono in
modo veloce ed efficace ai cambiamenti economici.
Inoltre introduce il tema delle politiche del lavoro di mainstreaming: per considerare
l’impatto occupazionale di tutte le politiche.
La Regione Emilia Romagna ha recepito questa esigenza approvando la legge regionale
12/2003 con la quale si pone l’obiettivo di integrare il sistema dell’istruzione con quello
della formazione professionale e di migliorare l’accesso al mercato del lavoro sia delle
risorse umane più qualificate, sia di quelle più vulnerabili.
Inoltre, la nuova legge regionale n. 17 del 2005 in materia di promozione
dell’occupazione, della qualità, sicurezza e regolarità del lavoro si pone l’obiettivo
6 Regione Emilia Romagna – Servizio Politiche dell’Istruzione e Integrazione dei Sistemi,
Considerazione a premessa dell’integrazione tra formazione e istruzione, 2004.
90

primario di promuovere e qualificare il lavoro, perché vengano garantite condizioni
lavorative stabili per tutti, anche per coloro i quali si trovano in condizioni di svantaggio
sociale o individuale. La risponde alla domanda di integrazione tra sistemi della
Comunità Europea e all’esigenza di costruire percorsi educativi unitari poiché propone
di concedere assegni formativi individuali per la frequenza di attività formative e di
sostenere il lavoratore attraverso la costruzione di un bilancio di competenze. La finalità
dell’approccio è di ridurre la precarietà, facendo della flessibilità una leva dello
sviluppo e dell’innovazione, fondata sull’accrescimento e la definizione delle
competenze professionali individuali.
Sempre nell’ambito della lotta al precariato, la legge prevede inoltre degli incentivi per
le imprese volti a favorire la trasformazione di rapporti di lavoro a forte rischio di
precarizzazione in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Per quanto concerne i servizi per il lavoro, la legge punta a garantire un’effettiva
disponibilità di servizi idonei, mirando alla realizzazione di un sistema collaborativo tra
i soggetti pubblici e privati, tra servizi erogati dalle Province e i servizi privati, che
devono essere accreditati secondo i dettami di legge e selezionati mediante procedure ad
evidenza pubblica. Per quanto concerne poi i servizi di intermediazione, di ricerca e
supporto del personale e di supporto alla ricollocazione, la legge regionale riconduce e
limita a specifici tipi di utenza l’operatività dei soggetti autorizzati dalla Regione,
prendendo in questo modo un indirizzo differente rispetto a quello nazionale secondo il
quale si tendono a legittimare tutti i soggetti che, anche informalmente, incrociano
domanda e offerta di lavoro.
Nella parte finale, infine, la legge si prefigge di favorire l’assunzione della
responsabilità sociale delle imprese andando a stabilire incentivi e agevolazioni che
favoriscano l’adozione di codici di condotta e di bilanci sociali ed ambientali, nonché di
marchi di qualità sociale ed ambientale da parte delle imprese, di enti ed organizzazioni.
In sintesi, la legge si colloca in una posizione coerente con le altre politiche per la
formazione e il lavoro perché investe sulle competenze individuali per l’innovazione e
la crescita dell’economia regionale. Le politiche attive del lavoro e il focus sulle
competenze, sulla formazione d’eccellenza e sulla ricerca e sviluppo diventano il
motore per la crescita della produttività e dell’economica territoriale. Ciò si colloca in
stretta sintonia con gli obiettivi di Lisbona e con la strategia europea per l’occupazione.
La Regione Emilia Romagna ha individuato alcune priorità di azione con il nuovo
Programma Operativo Regionale per l’attuazione del programma di competitività e
occupazione attraverso il Fondo Sociale Europeo e che possono essere sinteticamente
declinate nella formazione continua dei lavoratori con più di 45 anni e con bassa
qualificazione, il sostegno al lavoro femminile, l’attuazione di politiche di lavoro attive
e preventive, con priorità agli immigrati, all’invecchiamento attivo, al lavoro autonomo,
la creazione di reti tra università, centri di ricerca, mondo produttivo e istituzionale.
La strategia regionale contempla due ambiti, che hanno costituito la base di riferimento
per elaborare le priorità degli Assi della programmazione 2007/2013: - il primo è
qualificare l’obiettivo della società della conoscenza, rafforzando il livello quantitativo
91

e qualitativo dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, con riferimento alle
esigenze di sviluppo economico e sociale del sistema regionale.
Si darà, quindi, una particolare attenzione ai temi dell’alta formazione, della ricerca e
del trasferimento e sviluppo dell’innovazione. Ciò consentirà di garantire l’accesso e la
frequenza dei cittadini a tutti i livelli del sistema dell’istruzione e della formazione, in
condizioni di pari opportunità e con particolare riguardo agli strati di popolazione in
situazione di svantaggio economico, sociale e culturale.
Il secondo ambito riguarda la promozione e l'accrescimento della qualità delle
condizioni e delle prestazioni di lavoro, limitando i rischi di precarietà e deprofessionalizzazione
e sviluppando politiche attive per rafforzare la qualificazione del
lavoro e un sistema di servizi che favoriscano l’occupabilità delle persone e la domanda
di personale qualificato da parte delle imprese.
Una consistente parte dei finanziamenti, il 39% (pari a 314 milioni e 531 mila euro)
sono destinati all’occupabilità, con gli obiettivi specifici dell’attuazione di politiche del
lavoro attive e preventive, con priorità agli immigrati, all’invecchiamento attivo, al
lavoro autonomo e al miglioramento dell’accesso delle donne all’occupazione, da
realizzare attraverso qualità ed efficacia del sistema regionale dei servizi per l’impiego.
Da favorire inoltre l’accesso dei giovani, aumentando le conoscenze e le competenze
minime, la partecipazione delle donne all’occupazione, l’integrazione sociale e la
valorizzazione professionale e occupazionale degli immigrati. In questo senso sarà
importante attuare la legge regionale n. 17/2005 anche nella parte legata agli incentivi e
assegni, potenziare i servizi per l’impiego e realizzare dispositivi integrati finalizzati
all’occupabilità di target mirati.
Indirizzi provinciali
Le province hanno definito le proprie strategie di intervento per lo sviluppo del sistema
integrato di istruzione, formazione, orientamento e lavoro, a partire dai seguenti
riferimenti:
(a) la Strategia Europea per l’Occupazione (SEO) e la Strategia di Lisbona;
(b) le strategie definite dai regolamenti comunitari e dalla programmazione
regionale del FSE, per l’obiettivo “Competitività regionale e occupazione”;
(c) le strategie di sviluppo regionali, come definite dal DPEF 2007-10 della Regione
Emilia-Romagna e, in modo specifico per il sistema di istruzione, formazione e
lavoro, dagli Indirizzi regionali e dall’Accordo siglato tra Regione Emilia-
Romagna e Province;
(d) gli atti di indirizzo e programmazione per lo sviluppo territoriale e sociale
locale, elaborati dalle singole province.
Tali linee strategiche sono state integrate e validate attraverso un processo di
concertazione sociale e confronto interistituzionale che ha coinvolto gli organismi
previsti dalla L.R.12/03 e dalla L.R.17/05, ossia la Commissione di concertazione
provinciale e la Conferenza provinciale di coordinamento. Gli stessi soggetti opereranno
per la supervisione del programma provinciale e per l’eventuale revisione in itinere
92

degli obiettivi e delle priorità, sempre all’interno del quadro definito dall’Accordo e
dall’Intesa con la Regione Emilia-Romagna.
La programmazione regionale ha individuato come obiettivo generale quello di
“sostenere la crescita economica e sociale e il suo impatto occupazionale, coniugando
la qualità dell’occupazione e la valorizzazione delle risorse umane con la qualità dello
sviluppo economico e la coesione sociale, attraverso investimenti sul sapere e sulla
qualificazione del lavoro che diano fondamento e prospettiva all’obiettivo della società
della conoscenza, e a quello di pari opportunità di accesso e permanenza nel sistema
regionale dell’istruzione, della formazione e del lavoro”, declinato nel nuovo POR in
due ambiti:
1. qualificare l’obiettivo della società della conoscenza rafforzando il livello
quantitativo e qualitativo dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, con
riferimento alle esigenze di sviluppo economico e sociale del sistema regionale, e quindi
con una particolare attenzione ai temi della formazione superiore, della ricerca e del
trasferimento e sviluppo dell’innovazione;
2. promuovere ed accrescere la qualità delle condizioni e delle prestazioni di lavoro,
limitando i rischi di precarietà e de-professionalizzazione, e sviluppando politiche attive
per rafforzare la qualificazione del lavoro, nonché un sistema di servizi per il lavoro che
favoriscano l’occupabilità delle persone e la domanda di personale qualificato da parte
delle imprese.
Gli Indirizzi regionali sviluppano tale obiettivo generale in quattro linee strategiche:
(a) costruzione di un sistema di istruzione e formazione professionale
(b) ricerca e innovazione
(c) competenze: cittadini, lavoratori, imprese e sistema economico regionale
(d) qualità del lavoro.
L'obiettivo principale è quello di perseguire il successo formativo di tutti i giovani e
pertanto si individuano le seguenti linee di azione:
⇒ orientamento;
⇒ costruzione di un’offerta formativa “plurale” che, nel rispetto della normativa
nazionale e delle competenze dei livelli istituzionali coinvolti, rappresenti per
ogni studente/persona una concreta opportunità per portare a termine il proprio
percorso di studio/formazione, nei tempi più brevi possibili e con la salvaguardia
delle competenze comunque acquisite.
⇒ elevare i livelli di apprendimento, rafforzare gli aspetti di qualità, ricerca e
innovazione, ampliare la conoscenza e l’accesso alle opportunità educative,
formative e occupazionali presenti a livello europeo ed internazionale attraverso
il sostegno all’autonomia delle istituzioni scolastiche e degli enti di formazione
professionale, diretti protagonisti e responsabili del processo formativo.
L’investimento nelle azioni finalizzate all’innalzamento delle competenze di tutti i
cittadini e i lavoratori risulta strategico, per accompagnare le politiche regionali di
sviluppo.
93

Nella società della conoscenza il possesso e il mantenimento di competenze di base e
tecnico-professionali è condizione per: cittadinanza attiva; l’inserimento e il
reinserimento lavorativo qualificato dei giovani e degli adulti; lo sviluppo e la crescita
professionale dei lavoratori per consentire la mobilità intra-interaziendale e settoriale; la
permanenza nel mercato del lavoro che trovi nell’adattabilità dei lavoratori la
condizione per l’invecchiamento attivo; il mantenimento e il miglioramento della
competitività delle imprese e del sistema economico.
Per il raggiungimento di tali obiettivi è necessario strutturare un impianto caratterizzato
dalla forte integrazione delle azioni - educazione degli adulti, formazione permanente e
formazione continua – e dalla ricerca di sinergie tra le diverse fonti di finanziamento -
fondi strutturali, fondi ministeriali, fondi regionali, fondi interprofessionali. Tale
integrazione dovrà essere attuata attraverso adeguati strumenti di coordinamento
finalizzati alla definizione di un’offerta articolata, senza sovrapposizioni, diversificata e
in grado di rispondere in modo coerente ai bisogni di imprese e lavoratori.
Per qualità del lavoro, in tutte le sue tipologie - subordinato, parasubordinato,
autonomo, professionale e imprenditoriale – in una realtà come l’Emilia-Romagna si
intende un lavoro qualificato, stabile, che permetta di sviluppare percorsi di crescita
professionale, che valorizzi la formazione lungo tutto l’arco della vita quale leva per
l’adattabilità dei lavoratori e la permanenza attiva nelle organizzazioni, che consenta la
conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, che nella accezione di diritto di tutti i
cittadini rappresenti un vero strumento di inclusione sociale. Gli interventi finalizzati a
contrastare i rischi connessi all’instabilità dell'occupazione da attuare nella
programmazione 2007-2013 sono in particolare:
⇒ innalzare le competenze dei lavoratori, attraverso azioni formative mirate, con
l’incentivazione alla trasformazione di rapporti di lavoro a forte rischio di
precarizzazione anche sostenendo processi organizzativi aziendali che stabilizzino
quote di lavoratori.
⇒ affrontare in maniera più incisiva crisi aziendali riferite a processi di
riorganizzazione che riducono il numero dei lavoratori e che, per lo più, mettono
in mobilità proprio i lavoratori più deboli e a bassa qualifica.
⇒ sostenere la transizione dei giovani nel mercato del lavoro. La formazione, avente
a riferimento le qualifiche del Sistema Regionale, rappresenta una condizione per
un inserimento qualificato e per una permanenza stabile nel lavoro.
⇒ migliorare la qualità del lavoro, soprattutto per le donne, per favorire la
conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro. Uno strumento su cui si intende
investire sono gli assegni di servizio per sostenere l'accesso, la permanenza nel
mercato del lavoro e la progressione di carriera di persone con significativi carichi
di cura.
⇒ sostenere l' inserimento e la stabilizzazione nel lavoro dei disabili attraverso
l’integrazione delle diverse strumentazioni e delle differenti competenze
istituzionali.
⇒ proseguire lo sviluppo organizzativo e qualitativo dei Centri per l’Impiego, che
sempre più devono connotarsi come rete di servizi pubblici per il lavoro di livello
europeo finalizzati a garantire standard di qualità dei servizi offerti alle persone e
alle imprese nei territori.
94

Occorre inoltre tenere a riferimento le priorità trasversali:
⇒ pari opportunità nell’accesso all’istruzione, alla formazione e al lavoro e nella
permanenza sul mercato del lavoro;
⇒ interculturalità come leva per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di
sviluppo
⇒ economico e di coesione sociale;
⇒ attuazione degli interventi secondo un approccio innovativo, finalizzato al
potenziamento dell’impatto degli interventi in un dato contesto;
⇒ attuazione degli interventi secondo una logica di integrazione tra politiche e
strumenti
⇒ finanziari per contribuire in modo più decisivo all’attuazione delle più ampie
politiche di competitività e sviluppo economico.
Le linee di programmazione delle province vengono delineate all’interno di quelle
indicate nel nuovo Programma Operativo regionale per il Fondo Sociale Europeo, delle
Linee di indirizzo regionali e dell’Accordo Regione – Province.
Lo sviluppo di obiettivi e macro azioni nelle diverse linee di attività a livello provinciale
partono dai alcuni presupposti essenziali:
(a) le azioni sviluppate nel settennio precedente rappresentano la base di partenza
per la nuova programmazione, in continuità e in miglioramento, per quanto
possibile compatibilmente con le risorse disponibili;
(b) l’analisi dell’attuale situazione socio-economica territoriale e la definizione degli
obiettivi d’azione futura permetterà di individuare le priorità d’azione;
(c) vista la contrazione delle risorse a disposizione e della gamma di azioni
realizzabili sarà necessario che il coordinamento della programmazione a livello
locale veda la concorrenza di soggetti diversi e di fonti finanziarie diverse con
obiettivi definiti assieme.
In particolare, le province hanno espressamente individuato alcune azioni che attengono
precisamente alle categorie analizzate in questo capitolo.
Per l’asse adattabilità, si prevedono investimenti rivolti a sviluppare interventi di
informazione, formazione, accompagnamento per sostenere l’adattabilità dei lavoratori,
in particolare quelli deboli (lavoratori diversamente abili, con bassa scolarità, over 45,
lavoratori occupati in microimprese), ed adeguare le competenze professionali ai
mutamenti introdotti dai processi di innovazione tecnologica, organizzativa e normativa
e inoltre a sviluppare azioni e sperimentare servizi/iniziative per supportare l'attività di
lavoratori over 55 attraverso la ridefinizione dei diversi ruoli professionali.
Realizzare percorsi di formazione finalizzati al miglioramento delle competenze a
favore di lavoratori precariamente occupati.
Sperimentare servizi di supporto finalizzati al miglioramento della condizione
professionale per lavoratori precariamente occupati.
Sviluppare azioni e sperimentare servizi specialisti per il reinserimento lavorativo di
lavoratori coinvolti in situazioni di crisi o di ristrutturazione (con particolare attenzione
alle donne e agli over 45), anche attraverso servizi di outplacement collettivi
95

Sviluppare interventi informativi, formativi e di supporto rivolti ad associazioni di
categoria, imprenditori e operatori del sistema economico-produttivo, finalizzati a
promuovere e sostenere il valore aggiunto derivante dall’interazione con il sistema
scolastico-formativo e con le autonomie locali del territorio, con particolare riferimento
all’avvicinamento dei giovani al mondo del lavoro, allo sviluppo della cultura tecnica, al
miglioramento delle dinamiche formative interne alle organizzazioni produttive.
Consolidare la sperimentazione, in particolare in territori periferici e montani, di reti
territoriali di informazione, formazione e servizi a vantaggio delle comunità locali nel
loro complesso, dei lavoratori presenti sui territori, in particolare di quelli “deboli” (ad
es. immigrati, lavoratori a rischio di obsolescenza, specie se over 45, relativamente alle
competenze legate alle nuove tecnologie), ciò al fine di costruire un sistema per la
formazione continua ad alto valore aggiunto, in contesti nei quali i lavoratori e le PMI,
stanno perdendo terreno rispetto alle dinamiche competitive legate allo sviluppo dei
sistemi locali.
Per l’asse occupabilità sono state previste alcune misure specifiche:
⇒ realizzare misure attive per favorire l’entrata o il reinserimento nel mercato del
lavoro di giovani e adulti inoccupati o disoccupati, con particolare attenzione ai
settori chiave a livello locale, incluso quello socio-assistenziale-sanitario.
⇒ migliorare l’accesso dei giovani al mercato del lavoro, sviluppando azioni di
formazione orientativa per studenti in uscita dalla scuola superiore anche in
collaborazione coi Centri per l’impiego provinciali e azioni di formazione in
alternanza scuola-lavoro finalizzate al conseguimento di competenze a sostegno
della transizione al mondo del lavoro, prestando attenzione anche al
rafforzamento della cultura d’impresa e del “fare impresa” per favorire
l’imprenditorialità e il lavoro autonomo.
⇒ supportare l’integrazione nel sistema scuola, formazione, imprese, in particolare,
per l'adeguamento della programmazione e delle competenze degli operatori alle
esigenze del sistema produttivo locale, per il miglioramento delle attività
orientative in funzione dell'occupabilità, per agevolare l'innovazione.
⇒ promuovere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro anche attraverso
iniziative incentrate sulla conciliazione dei tempi di lavoro, di vita e di cura.
⇒ raccogliere, analizzare, sperimentare e diffondere esperienze e buone prassi
riguardanti la transizione scuola-lavoro per i giovani in grave difficoltà e
svantaggio, seguiti dai servizi territoriali.
1.3 L’analisi dei progetti
L’approccio utilizzato dal gruppo di lavoro per l’identificazione e la valutazione dei
progetti finanziati dal PO FSE Emilia Romagna negli anni dal 2004 al 2006 nella sua
articolazione di fondo ha tenuto conto del momento peculiare legato al passaggio dal
ciclo di programmazione 2000-2006 al ciclo attuale.
La conclusione della programmazione 2000-2006 del POR Ob. 3 della Regione Emilia-
Romagna ha reso necessaria una valutazione generale dei risultati perseguiti e
96

conseguiti che possa diventare una base di partenza per l’avvio e, soprattutto,
l’implementazione della nuova programmazione 2007-2013.
Per tale motivazione si è scelto di analizzare il passato con una chiave di lettura rivolta
al futuro, utile cioè al programmatore per valutare e prendere decisioni in merito alle
scelte da intraprendere per raggiungere gli obiettivi di competitività e occupazione
previsti dalla Strategia di Lisbona.
L’analisi valutativa inerente al tema dell’occupabilità è stata scomposta nelle
articolazioni o aree di policy che intercettavano meglio le variabili studiate dal gruppo
di lavoro. L’occupabilità è stata pertanto trattata convogliando da un lato i temi legati ai
tre gruppi oggetto di analisi (giovani, atipici e over 45) dall’altro ai temi legati alla
formazione, all’inserimento lavorativo, all’orientamento e lo svantaggio).
Nel periodo 2004-2006, su un totale di 10847 progetti, almeno 1109 possono essere
ricondotti al tema dell’occupabilità. L’analisi delle caratteristiche degli allievi è relativa
a 895 progetti.
Il gruppo di lavoro ha classificato i progetti finanziati in 6 categorie descrittive per
ciascun anno, come mostra la tabella riportata sotto. La categoria con i progetti più
numerosi è quella rivolta alla formazione superiore per i giovani, mentre lo svantaggio e
l’orientamento rivestono in questo quadro un ruolo secondario. Si tratta comunque di
ben 1109 progetti per una spesa totale di 98.159.277 euro nel triennio considerato.
Tabella 26. Progetti approvati e realizzati per tipologia di policy.
Tipologia di Policy 2004 2005 2006 Totale
atipici 88 71 98 257
giovani formazione superiore 171 148 141 460
giovani inserimento lavorativo 51 56 55 162
giovani obbligo 45 24 29 98
giovani orientamento 30 14 8 52
giovani svantaggio 21 6 4 31
over 45 18 6 25 49
Totale complessivo 424 325 360 1109
Fonte: Elaborazioni Cras su dati FSE Emilia Romagna
La tabella che segue illustra la suddivisione dei progetti nei diversi assi del PO FSE.
L’asse A, misura 2, ha finanziato il maggior numero di progetti nel triennio ed è l’unico
che ha interessato tutte le categorie coinvolte nell’indagine, poiché rappresenta il canale
privilegiato per la sperimentazione e l’implementazione di interventi finalizzati
all’inserimento lavorativo. Gli assi rivolti alla formazione e all’aggiornamento delle
competenze (C3 e D1) sono altrettanto ben rappresentati, così come l’asse E1 con un
orientamento mirato alle politiche di genere.
Tabella 27. Classificazione per asse e misura dei progetti realizzati.
Tipologia di Policy A1 A2 B1 C1 C2 C3 C4 D1 D3 E1 Totale
atipici 2 23 4 2 17 3 160 14 32 257
giovani formazione superiore 88 1 2 276 4 13 6 70 460
giovani inserimento lavorativo 154 4 4 162
97

giovani obbligo 86 1 11 98
giovani orientamento 38 14 52
giovani svantaggio 17 12 2 31
over 45 1 22 26 49
Totale complessivo 2 407 18 4 27 297 29 199 20 106 1109
Fonte: Elaborazioni Cras su dati FSE Emilia Romagna
Alcune province hanno investito maggiori risorse e hanno finanziato un numero
considerevole di progetti rivolti al rafforzamento dell’occupabilità delle categorie
sociali considerate. Bologna, Ferrara, Modena, Forlì-Cesena e Parma hanno tutte
finanziato più di 125 progetti, mentre Piacenza, Rimini e Reggio Emilia non
raggiungono neanche lontanamente il centinaio.
Avendo fornito lo scenario generale dei progetti considerati: numero, asse di riferimento
e provincia di appartenenza, è utile adesso passare all’analisi più particolareggiata dei
destinatari raggiunti dai progetti stessi e dagli elementi statistici più rappresentativi.
Tabella 28. Classificazione dei progetti per appartenenza territoriale.
Tipologia di Policy BO FE FC MO PR PC RA RE RN RER Totale
atipici 48 64 18 35 22 5 15 20 4 26 257
giovani formazione superiore 55 13 77 54 57 23 69 31 27 38 460
giovani inserimento lavorativo 44 12 21 28 22 3 5 18 6 3 162
giovani obbligo 30 8 3 4 33 4 16 98
giovani orientamento 5 13 3 20 1 1 1 52
giovani svantaggio 13 2 7 5 3 1 31
over 45 1 16 8 1 4 6 13 49
Totale complessivo 196 126 132 149 139 36 112 75 39 81 1109
Fonte: Elaborazioni Cras su dati FSE Emilia Romagna
La tabella seguente riporta il costo totale approvato per ciascun progetto. La percentuale
maggiore dei finanziamenti ha riguardato i giovani inseriti in formazione superiore
(35,8%) a seguire i giovani nei percorsi di inserimento lavorativo (25,1%) e i giovani in
obbligo (19,1%), mentre agli atipici è corrisposto il 13% circa dei finanziamenti.
Tabella 29. Costo totale dei progetti per anno
Costo totale 2004 2005 2006 Totale %
atipici 4632102 2777800 5299856 12709759 12,9
giovani formazione superiore 14603856 10957321 9615977 35177155 35,8
giovani inserimento lavorativo 10522225 8584501 5557360 24664086 25,1
giovani obbligo 12888146 3365456 2465683 18719285 19,1
giovani orientamento 664780 560933 257346 1483059 1,5
giovani svantaggio 1415222 1641215 130654 3187091 3,2
over 45 693282 238750 1286810 2218842 2,3
Totale complessivo 45419614 28125977 24613687 98159277 100,0
Fonte: Elaborazioni Cras su dati FSE Emilia Romagna
Nel triennio sono stati coinvolti quasi 21mila destinatari in tutta la regione. Il gruppo
più numeroso è rappresentato dagli atipici, dai precari e da coloro che soffrono rapporti
98

di lavoro poco stabili, seguono coloro che sono stati interessati a percorsi di formazione
superiore, e di inserimento lavorativo.
Uno sguardo alle classi di età mostra come siano stati coinvolti in maggior numero i
destinatari dai 15 ai 19 anni (in percorsi relativi all’obbligo scolastico, l’orientamento e
l’inserimento lavorativo), seguiti dalla classe “centrale” da 35 a 44 anni (soprattutto per
gli atipici) e dalla classe 20-24 anni (in percorsi di formazione superiore).
Tabella 30. Destinatari dei progetti per classi di età.
Tipologia di Policy 15-19 20-24 25-29 30-34 35-44 45-49 50 e oltre > 15 anni Totale
atipici 148 637 1016 1178 1801 531 541 0 5852
formazione superiore 775 1543 1683 794 624 114 58 25 5616
inserimento lavorativo 1687 205 204 149 304 67 31 784 3435
obbligo 1235 24 27 20 42 12 8 713 2082
svantaggio 195 124 47 10 17 6 3 42 445
over 45 18 94 180 190 416 294 303 1 1496
orientamento 1947 36 0 0 0 0 0 9 1993
totale 6005 2663 3157 2341 3204 1024 944 1574 20919
Fonte: Elaborazioni Cras su dati FSE Emilia Romagna
La suddivisine di genere appare perfettamente equa: le donne rappresentano il 50% dei
destinatari raggiunti dai progetti, con punte massime pari al 57% nei percorsi di
formazione superiore e minime del 31% nei progetti rivolti a giovani svantaggiati. Le
fasce di età più rappresentata dalle donne sono quelle giovanili e centrali (da 20 a 49
anni).
I destinatari raggiunti possiedono generalmente titoli di studio di livello basso: nessun
titolo, licenza elementare o licenza media); in seconda battuta rientrano coloro che
hanno conseguito almeno una qualifica professionale o un diploma di scuola media
superiore, mentre coloro che sono in possesso di un titolo alto (IFTS, laurea o titolo post
laurea) rappresentano soltanto il 15% dei destinatari.
Tabella 31. Destinatari dei progetti per classi di età. Quote femminili.
Tipologia di Policy 15-19 20-24 25-29 30-34 35-44 45-49 50 e oltre > 15 anni Totale
atipici 43 53 56 53 50 51 45 0 51
formazione superiore 43 52 62 63 66 74 64 36 57
inserimento lavorativo 43 55 67 68 76 85 87 40 50
obbligo 37 88 89 85 95 92 100 36 40
svantaggio 25 40 38 40 65 67 33 2 31
over 45 56 57 65 56 60 52 45 0 55
orientamento 32 22 0 0 0 0 0 67 32
totale 38 52 61 58 57 57 48 37 50
Fonte: Elaborazioni Cras su dati FSE Emilia Romagna
In generale, appaiono particolarmente bassi i titoli conseguiti da coloro che hanno
partecipato a percorsi di inserimento lavorativo, e per l’obbligo scolastico o
l’orientamento; viceversa per i percorsi di formazione superiore si richiedono titoli di
accesso naturalmente più elevati.
Tabella 32. Destinatari dei progetti per titolo di studio conseguito.
99

Tipologia di Policy Basso Medio Alto Totale
atipici 1279 3473 1026 5778
formazione superiore 439 3216 1927 5582
inserimento lavorativo 2668 694 60 3422
obbligo 1990 86 5 2081
svantaggio 377 66 2 445
over 45 445 887 162 1494
orientamento 1979 14 0 1993
totale 9177 8436 3182 20795
Fonte: Elaborazioni Cras su dati FSE Emilia Romagna
Come mostra la tabella riportata sotto, la componente femminile del campione di
partecipanti analizzato possiede generalmente titoli di studio più elevati dei maschi,
soprattutto in alcune categorie quali i giovani svantaggiati, e i giovani in obbligo
formativo o in inserimento lavorativo.
Tabella 33. Destinatari dei progetti per titolo di studio conseguito. Percentuale femminile.
Tipologia di Policy Basso Medio Alto Totale
atipici 39 53 61 51
formazione superiore 56 53 65 57
inserimento lavorativo 45 67 73 50
obbligo 38 90 100 40
svantaggio 30 35 100 31
over 45 51 57 56 55
orientamento 32 71 0 32
totale 40 55 63 50
Fonte: Elaborazioni Cras su dati FSE Emilia Romagna
La tabella riportata sotto descrive le condizioni occupazionali dei partecipanti ai corsi.
La categoria più affollata è rappresentata dagli studenti in percorsi di inserimento
lavorativo e orientamento. Seguono coloro che cercano una prima occupazione da meno
di un anno e chi è alla ricerca di nuova occupazione da meno di 1 anno. Le ricerche
superiori a un anno sono abbastanza rare in Emilia Romagna.
Tabella 34. Destinatari dei progetti per condizione occupazionale.
Cerca 1° occup. Cerca nuova occupazione Figure professionali
Tipologia di
policy
< > < da 1 a >
lib.
1 anno 1 anno 1 anno 2 anni 2 anni subor. atipico prof. imprend. stud. altri TOT
atipici
formazione
361 77 444 71 109 1914 424 275 2000 19 153 5847
superiore
inserimento
1929 248 1939 214 210 418 77 70 18 370 79 5572
lavorativo 956 55 648 70 111 2 0 0 0 1314 17 3173
obbligo 386 3 99 13 21 0 0 0 0 973 0 1495
svantaggio 41 16 26 3 12 0 0 0 0 127 220 445
over 45 39 11 71 15 34 935 60 80 209 5 37 1496
orientamento 1 0 0 0 0 0 0 0 0 1991 1 1993
100

totale 3713 410 3227 386 497 3269 561 425 2227 4799 507 20021
Fonte: Elaborazioni Cras su dati FSE Emilia Romagna
Gli atipici vengono coinvolti direttamente in percorsi volti a migliorare la propria
condizione professionale o anche per promuovere iniziative imprenditoriali o anche per
l’aggiornamento delle competenze. Gli over 45 sono stati coinvolti in iniziative per
l’aggiornamento delle competenze; mentre i giovani sono stati coinvolti più
direttamente in percorsi di inserimento lavorativo e formazione superiore.
La composizione di genere esprime la difficoltà concreta che incontrano le donne ad
inserirsi nel mondo del lavoro. Le donne cercano lavoro più frequentemente e più a
lungo dei maschi, come mostra la tabella riportata sotto e sono anche le più esposte al
fenomeno del lavoro precario (67%).
Tabella 35. Destinatari dei progetti per condizione professionale. Percentuali femminili.
Tipologia di
policy
Cerca 1° occup. Cerca nuova occupazione Figure professionali
< > < da 1 a >
lib.
1 anno 1 anno 1 anno 2 anni 2 anni subor. atipico prof. imprend. stud. altri TOT
atipici
formazione
55 62 66 63 80 57 66 47 36 63 61 51
superiore
inserimento
53 60 62 70 72 48 73 60 44 46 57 58
lavorativo 41 58 69 64 78 0 0 0 0 40 65 49
obbligo 26 67 85 100 95 0 0 0 0 37 0 39
svantaggio 39 50 65 33 33 0 0 0 0 12 35 31
over 45 77 91 68 80 79 56 62 40 37 100 57 55
orientamento 0 0 0 0 0 0 0 0 0 32 0 32
totale 48 60 65 69 76 56 67 48 36 36 49 50
Fonte: Elaborazioni Cras su dati FSE Emilia Romagna
1.4 Conclusioni
L’indagine ha considerato alcuni progetti finanziati dal FSE Obiettivo 3 Emilia
Romagna nel periodo 2004-2006. Sono stati selezionati i progetti con un target specifico
in riferimento a tre gruppi sociali, nell’ambito della dimensione dell’occupabilità e delle
politiche attive del lavoro, ovvero i giovani, gli atipici, gli over 55, con un’attenzione
particolare, per tutti e tre i gruppi, alla componente femminile. Per questi gruppi, sono
emerse alcune tematiche di indubbio rilievo e che attengono almeno a quattro fattori: (a)
i tassi di occupazione e disoccupazione; (b) le condizioni di precariato e di instabilità
lavorativa; (c) i redditi percepiti; (d) la necessità di adeguare le competenze alle
esigenze del mercato e delle imprese.
Rispetto a questi fattori, il gruppo di lavoro ha utilizzato due criteri per la valutazione
degli interventi attuati nel triennio 2004-2006:
3) Coerenza con i fabbisogni del territorio rilevati in concomitanza con la
programmazione del settennio precedente;
4) Efficacia degli interventi nel migliorare l’occupabilità dei gruppi sociali
considerati.
101

In merito al primo punto, occorre sottolineare come per il numero dei progetti approvati
e la tipologia di azioni sperimentate (soprattutto formative), la programmazione
regionale ha risposto alle urgenze sociali espresse da alcuni gruppi. E’ stata posta
particolare attenzione all’aggiornamento delle competenze dei gruppi a rischio di
obsolescenza (gli over 45), soprattutto con interventi volti a fornire conoscenze e
competenze tecniche di base. Rientrano in questo caso, le iniziative formative
riguardanti l’apprendimento di una lingua straniera o l’utilizzo di programmi o
applicazioni informatiche. Altre iniziative miravano a migliorare il set competitivo di
alcune imprese, soprattutto le PMI, puntando direttamente all’aggiornamento strategico
delle figure professionali over 45.
Occorre dire che un primo screening dei progetti ha rilevato un numero enormemente
maggiore di azioni formative di base (rivolte cioè ai singoli) rispetto alle azioni
strategiche (rivolte alle imprese). I progetti hanno perciò viaggiato su un livello di
specializzazione medio-bassa.
Molto di più si è fatto per i giovani: attraverso i canali della formazione in obbligo
scolastico, la formazione superiore, l’orientamento e l’inserimento lavorativo, la presa
in carico in situazioni di svantaggio sociale. Con i progetti rivolti all’inserimento
lavorativo immediato, ma anche per i giovani in condizioni di svantaggio, la
programmazione regionale e provinciale ha inteso fornire ai giovani coinvolti gli
strumenti pratici e le competenze necessarie per entrare nel mondo del lavoro
cominciando a delineare un percorso professionale puntuale. I progetti di formazione
superiore si sono rivolti a un target più elevato (destinatari con titoli di studio superiori)
ma sempre puntando alla definizione di percorsi professionali e figure immediatamente
spendibili sul mercato del lavoro locale.
Negli altri casi (obbligo e orientamento), si è voluto fornire un supporto all’integrazione
autentica dei sistemi dell’istruzione, della formazione e del lavoro attraverso interventi
di accompagnamento al lavoro, orientamento e socializzazione al lavoro anche mediante
l’applicazione della formazione “just in time”.
Per quanto attiene agli atipici, l’orientamento della programmazione regionale e
provinciale è stato quello di garantire lo sviluppo di competenze tecnico-professionali,
competenze trasversali, lo sviluppo di competenze avanzate, nonché il consolidamento
di percorsi per l’autoimprenditorialità: tutto questo al fine di rafforzare la posizione di
un gruppo sociale già per definizione precario. L’orientamento è stato, pertanto,
coerente, con la domanda di stabilizzazione espressa a livello regionale.
Rispetto al criterio dell’efficacia, nel settennio precedente, come indicato puntualmente
nelle linee di programmazione per il sistema di istruzione, di formazione e per il lavoro
per il triennio 2007-2009 sono stati conseguiti alcuni importanti risultati.
La programmazione delle azioni dei servizi per il lavoro, in relazione a questo target di
utenza, si è posta come obiettivo principale quello di fornire servizi informativi e di
orientamento efficaci, supporto all’inserimento lavorativo, accompagnamento e
tutoraggio nella transizione al lavoro con particolare attenzione ai soggetti più deboli e/o
con maggiori difficoltà occupazionali.
102

Nell’ambito del governo integrato delle politiche dell’istruzione e della formazione e
per lo sviluppo della rete scolastica sono stati realizzati interventi per: la promozione
della rete, l’integrazione tra scuola e formazione professionale, la promozione del
benessere e del successo formativo di tutti gli studenti, la transizione dalla scuola media
inferiore alla scuola superiore, l’integrazione nell’ultimo triennio della scuola superiore
e il raccordo scuola-lavoro.
Le attività destinate alla formazione per l’inserimento e il reinserimento al lavoro di
giovani ed adulti disoccupati/inoccupati si prefiggevano l’obiettivo di rispondere sia alle
aspettative delle persone sia alle esigenze delle aziende relativamente ad ambiti
professionali molto richiesti sul mercato del lavoro locale. Una parte rilevante delle
attività è stata rivolta agli adulti non occupati nel nostro territorio, uomini e donne con
più di 40 anni, in genere con bassa scolarità o con diversi tipi di svantaggio.
Per rispondere all’esigenza di realizzare un servizio formativo di accompagnamento al
lavoro degli utenti dei Centri per l’Impiego (CIP) da utilizzare in tempo reale, dal 2004
sono state programmate azioni specifiche che mettono a disposizione un catalogo di
attività formative (percorsi formativi brevi – 30 ore, sia in forma individuale sia per
piccoli gruppi, distribuiti sull’intero territorio provinciale) finalizzate a migliorare la
loro occupabilità.
E’ indubbio, anche guardando l’evoluzione degli indicatori e le statistiche sul mercato
del lavoro regionale che il contesto va migliorando lentamente. I tassi di occupazione e
di attività sono in crescita, sia per la componente maschile, sia per la componente
femminile. Diminuiscono i tassi di disoccupazione, soprattutto i tassi giovanili e
giovanili femminili; aumenta l’occupazione over 55 che lentamente si avvicina ai target
di Lisbona. In uno scenario complessivamente positivo, emergono tuttavia alcune nodi
che occorre sciogliere nella programmazione attuale (2007-2013).
Per quanto riguarda il contributo specifico che la programmazione del Fondo Sociale ha
potuto dare ai gruppi di riferimento, l’analisi delle attività poste in essere, traguardata
alla lettura del contesto socioeconomico, consente certamente di trarre spunti
importanti. Sebbene, una parte molto importante dei destinatari della formazione sia
stata rappresentata da persone, uomini e donne, con titoli di studio bassi, tuttavia,
andrebbe dedicata a questo target, per la sua diffusione sul mercato del lavoro, ancora
una peculiare attenzione. D’altro canto, non si può prescindere dalla definizione di
percorsi professionali e formativi anche per i destinatari con titoli di studio più elevati.
Va intensificato lo sforzo di intercettare un maggior numero di lavoratori atipici ed
anziani nelle attività formative, soprattutto nella formazione continua e permanente, e
soprattutto se donne.
Occorre sostenere i processi di formazione e aumento del reddito di ampie categorie
della popolazione che svolgono mansioni poco qualificate, lavorano part-time o sono a
rischio di esclusione sociale e/o lavorativa.
Resta significativo il problema relativo alla prevenzione della disoccupazione giovanile
intellettuale, e non va quindi abbandonato un filone di attività orientative e formative
che migliori l’incontro domanda/offerta di lavoro.
103

Sebbene la componente femminile sia stata ampiamente rappresentata nei destinatari
della precedente programmazione, va tuttavia ridotto il divario presente tra uomini e
donne nella formazione continua, e va comunque tenuta alta l’attenzione alle donne
prive di lavoro e che lo cercano, ancora molto numerose nella nostra realtà, come
sottolineato ampiamente nei primi paragrafi.
Va data continuità e consolidamento alla attività svolta per le persone a rischio di
emarginazione sociale, con particolare riferimento alle persone disabili, ma anche ai
gruppi appartenenti alle nuove fasce di urgenza sociale (povertà, immigrazione, precari
con redditi bassi).
Queste scelte e priorità scaturiscono dalla considerazione che, in un periodo di rapido
progresso tecnologico, di cambiamento demografico e di crescita significativa del
settore dei servizi, è naturale che si tenga conto di una maggiore flessibilità delle
imprese e dei lavoratori ma anche di una maggiore sicurezza dei lavoratori, secondo
quanto espresso dalla Commissione Europea sul tema della flessicurezza. La chiave di
volta per la conciliazione degli aspetti legati alla flessibilità e alla sicurezza dei
lavoratori rimane un nodo cruciale che deve essere affrontato e, possibilmente sciolto,
nell’attuale programmazione.
Infatti, nuove forme di contratti atipici e di contratti standard flessibili (come, ad
esempio, i contratti a tempo parziale, i contratti a tempo determinato, i contratti
temporanei tramite agenzie interinali, i contratti ricorrenti proposti a lavoratori
autonomi, i contratti a progetto), alcuni dei quali sono per loro natura precari,
costituiscono oggi una parte sempre maggiore del mercato regionale, nazionale ed
europeo del lavoro. Tali forme di rapporto contrattuali, se integrate dalle necessarie
garanzie di sicurezza per i lavoratori, possono contribuire ad assicurare alle imprese
l'adattabilità necessaria nel nuovo contesto internazionale e, nello stesso tempo, a
rispondere a specifiche esigenze dei lavoratori per un equilibrio diverso fra vita privata
e familiare e formazione professionale.
Rimane assodato che l'occupazione a tempo parziale è prevalentemente una
caratteristica dell'occupazione femminile, in quanto rappresenta spesso una strategia di
compromesso che le donne mettono in atto a causa della mancanza di strutture
accessibili e a buon mercato per l'assistenza ai bambini e alle persone non
autosufficienti. La programmazione attuale deve tenere in debito conto che i tentativi di
promozione dell'uguaglianza di genere non hanno finora raggiunto gli obiettivi preposti
e che il divario retributivo tra uomini e donne e l'assenza di disposizioni per la
conciliazione della vita familiare e professionale e di servizi di assistenza all'infanzia
restano problemi chiave per le lavoratrici e i lavoratori della regione.
104

2. LE POLITICHE PER L’IMPRENDITORIALITÀ
Premessa
Il presente capitolo contiene i risultati della valutazione finale dell’Ob.3 FSE nella
Regione Emilia-Romagna, riferita al periodo 2004-2006 focalizzata maggiormente sui
risultati delle politiche per l’imprenditorialità con attenzione alle tematiche di genere
realizzate all’interno delle scelte di programmazione attuate dall’AdG sul tema dello
sviluppo imprenditoriale.
Gli elementi costitutivi della valutazione appaiono collocati su due livelli di
approfondimento:
− nel primo è riportata un’analisi dei documenti strategici e programmatici,
comunitari, nazionali e regionali, aggiornati in coerenza con le mutate condizioni
sociali, economiche e politiche, cui si affianca una lettura integrata delle principali
policy attuate nella regione a valere sul tema dell’imprenditorialità;
− nel secondo, si realizza una analisi valutativa volta ad evidenziare le realizzazioni e
i principali risultati complessivi del programma sulle politiche per
l’imprenditorialità, attraverso un’analisi sintetica delle realizzazioni per misure e
tipologie di azione incrociate con le caratteristiche dei destinatari;
− nel terzo, infine, è riportata un’analisi del tema legato alle politiche per
l’imprenditorialità, più finalizzato alle politiche di genere, volto a fornire un quadro
riepilogativo delle politiche e dei canali finanziari che contribuiscono a raggiungere
gli obiettivi di parità tra uomini e donne nella Regione Emilia-Romagna, tenendo in
considerazione le politiche dei differenti livelli territoriali: europeo, nazionale,
regionale e provinciale.
2.1. L’evoluzione del contesto normativo e programmatorio
I principali cambiamenti normativi intervenuti nel 2006 a livello nazionale attengono
principalmente alle modificazioni intervenute nelle politiche in materia di sviluppo delle
risorse umane. Nel dettaglio i principali atti adottati nel 2006 riguardano i seguenti temi:
l’istruzione e la formazione professionale:
− D.M. del 31 gennaio del 2006, n. 775 inerente il progetto di innovazione nazionale
degli ordinamenti liceali e dei percorsi di studio, inserito nel quadro di riferimento
del D. Lgs. n. 226 del 17 ottobre 2005;
− D.M. del 31 maggio 2006, n. 4018 che sospende il D.M. n. 775 del 31 gennaio del
2006;
− D.M. del 13 giugno 2006, n. 46, che rende non produttivo di effetti il D.M. del 28
dicembre 2005 “Secondo ciclo: quota oraria del monte ore annuale riservata alle
istituzioni scolastiche; confluenza dei percorsi di istruzione secondaria di secondo
grado dell’ordinamento previgente nei percorsi liceali del sistema di istruzione e
formazione”.
105

la disciplina dell’apprendistato:
− Circolare n. 2 del 2006, in materia di apprendistato per l’acquisizione di un diploma
o per percorsi di alta formazione, inserita nel quadro legislativo di riferimento al
D.Lgs. n. 276 del 10 settembre 2003.
A livello regionale la normativa del 2006 ha riguardato la realizzazione del Documento
di programmazione economico-finanziaria, la definizione della programmazione
scolastica e universitaria, l’organizzazione e l’aggiornamento del sistema delle
qualifiche, la formazione degli apprendisti e l’avvio del Catalogo per l’offerta formativa
in apprendistato.
Nel dettaglio i principali atti adottati riguardano i seguenti punti:
− il Documento di Programmazione Economico-Finanziaria della Regione: DPEF
2007-2010.
la programmazione scolastica e universitaria, riferite rispettivamente alla L.R. 12/2003
e alla L.R. 50/1996:
− la Delibera n. 87 del 24 ottobre 2006 di approvazione degli indirizzi regionali di
programmazione territoriale dell’offerta formativa, educativa ed organizzativa della
rete scolastica ex L.R. 12/2003, pertinente agli anni scolastici 2007/2008 e
2008/2009;
− la Delibera n. 81 del 24 ottobre 2006 di approvazione, ai sensi della L.R. 50/1996,
del programma regionale per il diritto allo studio universitario relativo agli anni
accademici 2006/2007, 2007/2008, 2008/2009.
la regolamentazione degli aspetti caratterizzanti il Sistema delle Qualifiche
Professionali attraverso i seguenti atti:
− la Delibera n. 938 del 3 luglio 2006 avente per oggetto le prime disposizioni per la
formazione dei responsabili e addetti del servizio di prevenzione e protezione (RSPP
e ASPP);
− la Delibera n. 9137 del 29 giugno del 2006 “Adozione della modulistica necessaria
per la proposta e l’istruttoria di nuove qualifiche di cui alla deliberazione di G. R.
2166/2005”.
la definizione delle procedure di certificazione delle competenze:
− la Delibera n. 530 del 19 aprile del 2006 “Il sistema regionale di formalizzazione e
certificazione delle competenze”;
− la Delibera n. 841 del 19 giugno 2006 “Adozione di procedure di evidenza pubblica
e approvazione di modalità e requisiti per il reclutamento dei ruoli professionali di
cui all’allegato B della delibera di G. R. n. 530/2006”.
la disciplina dell’apprendistato:
− la Delibera n. 236 del 27 febbraio 2006 titolata “ La formazione degli apprendisti in
Emilia Romagna”;
− la Delibera n. 881 del 26 giugno 2006, avvio del Catalogo per l’offerta formativa in
apprendistato, in riferimento alle Delibere 236 e 237 del 2006.
106

2.2. Il quadro normativo e programmatico
2.2.1. Il Documento di Programmazione Economico Finanziaria 2007-2010
Il Dpef 2007-2010 si pone l’obiettivo di aggiornare le azioni che, a partire dalle priorità
e dagli obiettivi dichiarati già dal precedente documento 2006-2010, descrivono la
strategia di fondo della Regione Emilia-Romagna sia nel breve sia nel medio lungo
termine. La lettura del documento ci consente di individuare le priorità di fondo che
influenzano e condizionano il quadro di riferimento della Regione, e che ne
costituiscono il riferimento programmatico. In sintesi:
- l’investimento sull’innovazione, come chiave per garantire la competitività dell’intero
sistema, e sul capitale umano, attraverso il potenziamento dei sistemi dell’istruzione e
della formazione, per supportare lo sviluppo di un’economia sempre più fondata sulla
conoscenza;
- la proiezione internazionale dell’intero sistema economico, produttivo e istituzionale;
- l’assunzione della dimensione territoriale come risorsa strategica per lo sviluppo.
La necessità di far convergere l’intera azione verso questi obiettivi è stata, peraltro,
condivisa con l’intero sistema regionale attraverso il “Patto per la qualità dello
sviluppo, la competitività, la sostenibilità ambientale e la coesione sociale in Emilia-
Romagna”, sottoscritto tra Regione, parti sociali, rappresentanze imprenditoriali e
autonomie locali nella primavera del 2004, il cui obiettivo di fondo è quello di “fare
dell’Emilia-Romagna una delle regioni all’avanguardia nella attuazione della strategia
di Lisbona ovvero un sistema fortemente orientato alla qualità dello sviluppo economico
e sociale e alla competitività”.
Lo sviluppo di un’economia sempre più fondata sulla conoscenza, sull’innovazione e
sulla qualità del capitale umano è il cuore della strategia di Lisbona e costituisce per la
regione Emilia Romagna il terreno su cui sviluppare una politica per la competitività
dell’intero territorio. Questa finalità richiede prioritariamente di lavorare per creare le
condizioni abilitanti per facilitare il consolidamento del tessuto imprenditoriale, la
competitività sui mercati, la ricerca e il trasferimento tecnologico, i processi di
innovazione tecnologica all’interno delle imprese. Le azioni principali declinate in
ambito regionale rappresentano la premessa indispensabile per rendere perseguibile il
raggiungimento degli obiettivi e sono in sintesi le seguenti:
- le politiche per la costruzione di un sistema innovativo regionale volto a rafforzare la
capacità di innovazione delle imprese, incentivando progetti di ricerca e sviluppo da
parte delle imprese, promuovendo la collaborazione tra le strutture di ricerca e
l’industria, realizzando una rete di laboratori di ricerca industriale e centri per
l’innovazione, a sostegno del trasferimento tecnologico;
- il potenziamento dei sistemi dell’istruzione e della formazione e il miglioramento della
capacità e la qualità di offerta dei servizi e l’integrazione con il sistema del lavoro;
- il trasferimento e l’utilizzo dell’innovazione tecnologia anche nel settore pubblico, per
perseguire obiettivi di semplificazione, velocità di risposta, riduzione di costi e
maggiore efficienza.
Un altro ambito che attiene a percorsi di innovazione riguarda la crescita dimensionale e
qualitativa delle imprese.
107

In ambito industriale, il Piano Triennale delle Attività Produttive contiene precisi
obiettivi, sia rispetto al sostegno ai percorsi di qualità sia al tema dell’innovazione
finanziaria e, in particolare, quello della finanza a sostegno di progetti di innovazione.
Il “Piano qualità regionale”, approvato nell’ambito del Piano triennale delle attività
produttive prevede il sostegno a progetti d’imprese per il perseguimento di una gestione
della qualità e una valorizzazione del loro ruolo sociale attraverso obiettivi
d’innovazione organizzativa, di contenimento dell’impatto ambientale, di sicurezza sul
lavoro e di sviluppo di una cultura imprenditoriale e di ambiente di lavoro socialmente
responsabili tramite le seguenti azioni:
− interventi a sostegno di progetti di sviluppo di sistemi di gestione globale ed
integrata della qualità nelle imprese;
− interventi a sostegno di progetti per reti di imprese, per favorire il miglioramento e
l’ampliamento della capacità produttiva delle imprese (servizi comuni, soluzioni
comuni nell’organizzazione della produzione in reti);
− promozione della responsabilità sociale attraverso il sostegno all’adozione di criteri
organizzativi e produttivi in linea con i principi della responsabilità sociale nelle
PMI, con particolare riferimento alla qualità nei rapporti di lavoro, al rispetto delle
norme in materia di previdenza, assistenza, e sicurezza sul lavoro;
− interventi per lo sviluppo e la qualificazione delle imprese artigiane e cooperative
che, per quest’ultima, includono anche la predisposizione di un progetto di Legge
“per la promozione e lo sviluppo della cooperazione mutualistica” oltre che
sostegno alla creazione e sviluppo competitivo di imprese cooperative attraverso il
Foncooper.
Per quanto riguarda la finanza per lo sviluppo delle imprese e il sostegno a progetti di
investimento per l’innovazione, l’obiettivo è quello di facilitare ulteriormente l’accesso
al credito da parte delle piccole e medie imprese qualificandone le finalità.
Le politiche e le linee strategiche delineate dal Programma Triennale si realizzano anche
attraverso l’integrazione degli strumenti di programmazione e delle risorse finanziarie.
Oltre che con l’utilizzo delle risorse nazionali del Fondo Unico per le Attività
Produttive, gli obiettivi sono attuati anche con il contributo di altri strumenti di
programmazione legati principalmente a finanziamenti europei e ad altri finanziamenti
regionali in materia di sviluppo di attività produttive.
Nel settore agricolo ed agroalimentare, la priorità è quella di realizzare una maggiore
integrazione tra settori, sviluppare la capacità di dialogare con i sistemi nazionali e
comunitari deputati alla messa a punto dell’innovazione e ampliare l’offerta di servizi
reali all’impresa. Rispetto alle aziende la finalità è quella di privilegiare:
− il sostegno alla formazione di nuove imprese ed al loro consolidamento, affrontando
il nodo strutturale rappresentato dal reperimento e dal consolidamento di nuova
mano d’opera qualificata sulla base di politiche di accoglienza e di formazione
professionale;
− il sostegno all’inserimento di giovani imprenditori agevolando le condizioni di
accesso al credito;
− l’ innovazione nella governance del settore primario, con particolare riferimento allo
snellimento dei rapporti tra azienda agricola ed ente pubblico.
Le priorità indicate sono pienamente in linea con le necessità di dare attuazione alla
Strategia Europea per la Crescita e l’Occupazione, basata sullo sviluppo di un’economia
centrata sulla conoscenza, sulla capacità di innovazione e sulla qualità, oltre che sulla
108

promozione di uno sviluppo che sia veramente sostenibile, non solo dal punto di vista
ambientale ma anche sociale. La Regione intende inoltre sviluppare un modello di
governance basato sulla coesione territoriale e sulla cooperazione interistituzionale, che
stimoli la concentrazione e la realizzazione di politiche condivise tra soggetti per
favorire la crescita complessiva del sistema.
2.2.2. Le linee di programmazione e indirizzi per il sistema formativo e per il
lavoro 2007-2010
All’interno degli obiettivi fissati dal DPEF 2007–2010, gli scenari di sviluppo del
sistema socio-economico regionale e le principali strategie di intervento sono definiti
nell’ambito delle Linee di programmazione e indirizzi per il sistema formativo e per il
lavoro 2007/2010. Le politiche per l’istruzione, la formazione e la qualità del lavoro
rappresentano un elemento portante della strategia regionale di competitività e
rappresentano una leva per promuovere uno sviluppo sostenibile e di qualità che punta
alla valorizzazione delle eccellenze territoriali, alla competitività delle imprese e alla
coesione sociale.
La vocazione produttiva del sistema regionale richiede un costante e crescente
investimento nel capitale umano come risorsa strategica per la competitività del
territorio come premessa indispensabile per facilitare il consolidamento e i processi di
innovazione nelle imprese.
Nel Documento si sottolinea come l’investimento sul capitale umano rappresenti il
terreno sul quale la Regione può attuare una politica per la competitività dell’intero
territorio attraverso, soprattutto, un più ampio e innovato quadro delle opportunità
formative sulla base di una stretta interrelazione fra le politiche per l’alta formazione e
le politiche per lo sviluppo e la competitività del sistema regionale, e
sull’individuazione degli elementi di cerniera fra l’istruzione secondaria superiore, la
formazione professionale di secondo livello, l’offerta universitaria, la formazione in
impresa. In tal senso viene quindi ulteriormente riaffermato come l’obiettivo della
crescita e dell’innovazione rappresenta uno dei punti di più alta integrazione tra i
Programmi Operativi Regionali Fondo Sociale Europeo - Fondo Europeo di Sviluppo
Regionale. Entrambi valorizzano la dimensione delle creazione dei legami sinergici tra i
soggetti - autonomie scolastiche, enti di formazione, università, laboratori di ricerca
industriale e centri per l’innovazione, imprese – quale modalità di intervento.
Strategico per accompagnare le politiche regionali di sviluppo risulta essere
l’investimento nelle azioni finalizzate all’innalzamento delle competenze di tutti i
cittadini e i lavoratori; nella società della conoscenza il possesso e il mantenimento di
competenze di base e tecnico-professionali è condizione per il mantenimento e il
miglioramento della competitività delle imprese e del sistema economico.
Le politiche formative devono essere programmate a partire dalla sintesi della lettura
dei bisogni espressi dai singoli lavoratori, dalle singole imprese, dai sistemi d’impresa,
così da configurarsi come politiche di sviluppo economico sostenibile.
Le azioni che daranno attuazione alle principali direttici di intervento in un’ottica di
mainstreaming di genere saranno indirizzate a promuovere e diffondere:
− interventi finalizzati alla desegregazione orizzontale nei percorsi dell’istruzione e
della formazione per la promozione della partecipazione femminile ai processi di
innovazione, di sviluppo e di trasferimento tecnologico;
109

− azioni volte a sostenere l’imprenditorialità femminile e l’avvio di lavoro autonomo
con particolare attenzione ai settori ad alta innovazione;
− un’offerta di servizi alle persone e ai sistemi volti alla conciliazione, flessibili nei
tempi e nelle modalità di erogazione e sostenibili nei costi.
2.2.3. Linee di programmazione e di intervento in ambito Provinciale
L’analisi dei documenti di Programmazione Provinciali relativi al periodo compreso
tra il 2007-2009, ci permette di individuare le priorità d’intervento finanziabili
nell’ambito del POR 2007-2013. Le Province hanno confermato il carattere strategico
delle linee d’intervento connesse con gli obiettivi globali, senza apportare alcuna
modifica sostanziale alle strategie individuate ed adottate in ambito regionale.
In conformità con i cambiamenti europei e le innovazioni normative a livello nazionale
e regionale, tali Indirizzi si pongono la finalità di contribuire ad una efficace attuazione
dell’insieme degli obiettivi derivanti dalle strategie regionali in materia di sistema
formativo e di lavoro, individuando delle priorità di intervento con riferimento alle
caratteristiche del mercato del lavoro locale e alle sue dinamiche più recenti, nonché
all’integrazione fra i sistemi formativi.
In particolare, si sottolinea l’importanza degli interventi a sostegno della competitività,
della crescita e del miglioramento organizzativo delle imprese, elemento essenziale
dell’equilibrio tra flessibilità e sicurezza del posto di lavoro. In tal senso, le politiche di
istruzione, formazione e lavoro sono innegabilmente interconnesse, ed il riconoscimento
dell’esigenza di integrazione si esplicita ormai sia nella legislazione nazionale e
regionale sia nelle scelte organizzative dei soggetti, istituzionali e non, che operano in
questo ambito.
Le politiche volte al sostegno dell’occupazione, trovano centralità negli obiettivi volti a
migliorare la competitività delle imprese, sia private che pubbliche, attraverso la
qualificazione delle risorse umane, la promozione dell’occupazione, della qualità, della
sicurezza e regolarità del lavoro, unitamente all’adeguamento organizzativo e
tecnologico d’impresa.
Sostanzialmente, nei Documenti di programmazione provinciali, volti a delineare
l’azione integrata da sviluppare nel periodo 2007-2009, sono sempre presenti alcune
priorità trasversali che costituiscono il trait d’union per le azioni da programmare: il
tema della centralità della persona, dei suoi diritti fondamentali quali la pari dignità, il
diritto all’inclusione e all’accesso ai servizi, le pari opportunità. Gli indirizzi provinciali,
nel loro complesso, mirano all’adattamento sistematico delle politiche generali a quelle
locali, ed a una qualificazione dei contenuti del Programma Operativo basata sull’analisi
delle realtà e dei fabbisogni territoriali.
Data l’importanza che le Province rivestono nell’attuazione del Programma Operativo,
nella programmazione e nella revisione delle azioni sulla base dei rapporti con il
territorio, è opportuno citare le principali indicazioni che derivano dai diversi
Programmi Provinciali relativi al periodo 2007-2009, sintetizzate nella tabella:
110

Priorità Linee Operative
Servizi per l’impiego
Interventi di Politica attiva del
lavoro
Ulteriore sviluppo organizzativo e qualitativo dei CPI;
Sviluppo di un maggior collegamento tra i Servizi per l’Impiego e
gli sportelli unici delle imprese;
Servizi di orientamento e consulenza professionale, sulle tecniche di
ricerca del lavoro, differenziati per tipologia di utenza (giovani al
primo ingresso, adulti, extracomunitari, donne);
Rafforzare le attività e i servizi erogati non solo nell’ottica
dell’efficacia ed efficienza, ma anche del miglioramento e
dell’adattabilità ai bisogni di orientamento emergenti;
Servizi di incontro fra domanda/offerta di lavoro;
Servizi di accoglienza, informazione e supporto per lo sviluppo
dell’autoimprenditoria giovanile e femminile;
Servizi di gestione delle procedure amministrative in materia
giuslavoristica;
Servizi di supporto per il lavoro e le imprese
Consolidamento delle misure integrate per affrontare le crisi
aziendali riferite a processi di riorganizzazione del lavoro riferite a
professionalità non specifiche, personale femminile e lavoratori in
età avanzata;
Sostenere i percorsi per la permanenza al lavoro delle persone con
disabilità o svantaggiate, consolidamento di attività autonome
attraverso azioni integrate pubblico/privato, nell’ambiente di lavoro
e di autoimprenditoria;
Tirocini formativi e di orientamento promossi dai CpI;
Potenziamento delle finalità orientative - formative dei tirocini,
destinati ai Soggetti in difficoltà occupazionale (disoccupati o
inoccupati, con particolare attenzione ai disoccupati di lunga durata
con bassa professionalità) ed ai giovani diplomati/laureati, per
favorire una concreta e diretta conoscenza del mondo del lavoro;
Utilizzo del tirocinio anche come strumento a supporto
dell’inserimento e reinserimento lavorativo degli adulti, in
particolare donne e dei soggetti disabili e svantaggiati;
Azioni dirette a combattere la disoccupazione di lunga durata;
Servizi di supporto per l’avvio di imprese, attraverso uno specifico
servizio di consulenza ed assistenza a favore dei lavoratori che
intendono intraprendere una nuova attività di impresa;
Politiche per l’inclusione lavorativa dei soggetti in condizione di
svantaggio personale e sociale sul mercato del lavoro;
Sostegno alla nuova imprenditorialità;
Sostegno al ricambio generazionale e alla creazione di nuove
imprese in particolare nel settore dei servizi, compreso il terziario
avanzato;
Interventi formativi finalizzati a sviluppare le competenze e le
professionalità del sistema imprenditoriale locale, anche nella logica
di accompagnamento dei processi di innovazione e di adeguamento
ai cambiamenti dei sistemi economici e produttivi;
Supporto della nascita di nuove attività imprenditoriali a titolarità
femminile;;
Supporto ed assistenza per l’avvio di lavoro autonomo e/o per la
creazione d’impresa, per particolari target di utenza (immigrati,
disabili e svantaggiati)
Azioni a supporto della regolarità del lavoro: emersione del lavoro
irregolare; sicurezza nel lavoro;
Politiche di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro
Sostenere la qualificazione professionale della forza lavoro in
ingresso nel mercato del lavoro e sostenere l’adattabilità dei
lavoratori anziani, assicurando un lavoro di qualità in condizioni di
111

Politiche formative
regolarità e sicurezza;
Qualificazione professionale e la stabilizzazione occupazionale dei
lavoratori non subordinati e la riqualificazione e ricollocazione dei
lavoratori espulsi dai processi produttivi;
Sostegno alla formazione finalizzata al ricambio generazionale ed
alla nascita e consolidamento di nuove imprese, con particolare
riferimento agli ambiti dei servizi alle imprese ed alle persone e del
terziario avanzato.
Sostegno ai percorsi formativi riguardanti l’assolvimento del dirittodovere
all’istruzione e formazione, utilizzando ad integrazione anche
le risorse nazionali di cui alla L.144/’99;
Favorire l’accesso al mercato del lavoro delle donne lungodisoccupate,
dei giovani aventi almeno una qualifica professionale e
degli stranieri;
Consolidamento delle iniziative di orientamento nell’ambito
scolastico e di alternanza scuola/lavoro;
Rafforzamento dei percorsi formativi e dei servizi di
supporto in grado di favorire il lavoro autonomo, la creazione di
nuove imprese innovative ed il ricambio generazionale.
Sostenere relativamente alle donne, spesso lungo-disoccupate ed
over 45, percorsi e servizi in grado di facilitarne l’occupabilità ed il
reinserimento lavorativo, incrociando i percorsi di orientamento e di
qualificazione (per le qualifiche che garantiscono una effettiva ed
elevata occupabilità), con le forme di incentivazione sulla
conciliazione previste dalla L.R. 17/’05.
Consolidamento delle politiche di integrazione tra le politiche del
lavoro e quelle sociali, intervenendo in modo mirato e
personalizzato, con azioni di orientamento sia all’interno del sistema
scolastico che a favore dei soggetti svantaggiati e disabili
disoccupati, favorendo prioritariamente percorsi di tirocinio
formativo;
Percorsi integrati con il sistema scolastico
Azioni di orientamento a supporto della scelta scolastica ed
universitaria
Formazione nell’area dell’obbligo formativo
Gli interventi programmati nei succitati ambiti saranno altresì accompagnati e supportati
da una serie di azioni di sistema.
2.2.4. FSE-Programma Operativo Regionale Emilia Romagna 2007-2013
Il Fondo sociale europeo (FSE) è attuato in linea con la strategia europea per
l’occupazione e si concentra su quattro ambiti chiave: accrescere l’adattabilità dei
lavoratori e delle imprese, migliorare l'accesso all'occupazione e alla partecipazione al
mercato del lavoro, rafforzare l’inclusione sociale combattendo la discriminazione e
agevolando l’accesso dei disabili al mercato del lavoro nonché promuovere partenariati
per la riforma nel campo dell'occupazione e dell’inclusione.
112

Le priorità del Fse e gli Assi del Por Emilia-Romagna
Il Programma Operativo della Regione Emilia Romagna, costruito coerentemente con il
quadro strategico europeo e con gli obiettivi di sviluppo della Regione – indirizza
principalmente le risorse per la programmazione di iniziative indirizzate al
miglioramento delle competenze delle persone, sostenendo così i processi di qualità
dell'occupazione e dello sviluppo produttivo.
La strategia regionale si sviluppa in due ambiti, che hanno costituito la base di
riferimento per le priorità degli Assi della programmazione 2007/2013:
− il primo è qualificare l'obiettivo della società della conoscenza, rafforzando il livello
quantitativo e qualitativo dell'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, con
riferimento alle esigenze di sviluppo economico e sociale del sistema regionale.
− il secondo ambito riguarda la promozione e l'accrescimento della qualità delle
condizioni e delle prestazioni di lavoro, limitando i rischi di precarietà e deprofessionalizzazione
e sviluppando politiche attive per rafforzare la qualificazione
del lavoro e un sistema di servizi che favoriscano l'occupabilità delle persone e la
domanda di personale qualificato da parte delle imprese.
L'obiettivo viene perseguito favorendo l'inserimento lavorativo delle persone in
condizioni di svantaggio sul mercato del lavoro, l'acquisizione da parte delle persone
con situazioni lavorative stabili, la conciliazione tra tempi di lavoro, di vita e di cura. E
ancora, si favorirà la mobilità geografica del lavoro anche per reperire adeguate
competenze professionali e si agevoleranno i processi di trasformazione o
riorganizzazione economica e produttiva che si traducano in un aumento occupazionale
o in un miglioramento delle condizioni di lavoro e il reinserimento lavorativo delle
persone interessate da processi di riorganizzazione o riconversione.
Nell'ambito degli obiettivi Convergenza e Competitività regionale e occupazione, il FSE
sostiene azioni negli Stati membri intese a conseguire le seguenti priorità, che
costituiscono anche i sei Assi del POR Emilia Romagna:
a) miglioramento dell'adattabilità dei lavoratori, delle imprese e degli imprenditori, al
fine di anticipare e gestire positivamente i cambiamenti economici, promuovendo in
particolare:
− l'apprendimento permanente e maggiori investimenti nelle risorse umane da parte
delle imprese;
− l'elaborazione e la diffusione di forme di organizzazione del lavoro innovative e più
produttive;
b) miglioramento dell'accesso all'occupazione e dell'inserimento sostenibile nel mercato
del lavoro per le persone in cerca di lavoro e per quelle inattive, prevenzione della
disoccupazione, promozione dell'invecchiamento attivo, prolungamento della vita
lavorativa e incremento della partecipazione al mercato del lavoro, promuovendo in
particolare:
− la modernizzazione e il potenziamento delle istituzioni del mercato del lavoro;
− l'attuazione di misure attive e preventive che consentano l'individuazione precoce
delle esigenze, con piani d'azione individuali ed sostegno personalizzato;
− azioni specifiche e trasversali finalizzate a migliorare l'accesso all'occupazione e ad
accrescere la partecipazione sostenibile e l'avanzamento delle donne
nell'occupazione;
− azioni specifiche finalizzate ad aumentare la partecipazione dei migranti al mondo
del lavoro, rafforzando in tal modo la loro integrazione sociale;
113

c) potenziamento dell'inclusione sociale delle persone svantaggiate ai fini della loro
integrazione sostenibile nel mondo del lavoro e lotta contro la discriminazione nel
mercato del lavoro, promuovendo in particolare:
− percorsi di integrazione e reinserimento nel mondo del lavoro per le persone
svantaggiate attraverso misure di occupabilità anche nel settore dell'economia
sociale, l'accesso all'istruzione e alla formazione professionale, misure di
accompagnamento e relativi servizi di sostegno, servizi collettivi e di assistenza che
migliorino le possibilità di occupazione.
La programmazione dei Fondi Strutturali 2007-2013 integra a pieno titolo il principio
di pari opportunità, nel perseguimento degli obiettivi di Lisbona. Anche per la
programmazione 2007-2013 la Regione si muoverà nella consapevolezza che le pari
opportunità rappresentano sempre più una priorità ed una importante caratteristica
trasversale delle politiche operative. Il POR 2007-2013 della regione Emilia Romagna
promuove il raggiungimento della parità di genere nelle azioni dirette alla formazione
continua e permanente e nei percorsi di avanzamento di carriera, con attenzione alle
misure di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, oltre che nelle azioni volte
alla partecipazione delle donne ai processi di trasferimento dell’innovazione e della
ricerca nelle imprese.
Le azioni, che saranno attuate trasversalmente a tutti gli Assi di programmazione,
saranno mirate sia a facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro di donne con elevato
capitale umano in ambiti professionali e/o mansioni tecniche scientifiche generalmente
caratterizzate da maggiore segregazione di genere orizzontale, anche incentivando il
lavoro autonomo, sia a favorire la stabilizzazione della situazione occupazionale e di
migliorare i processi di conciliazione tra tempi di vita, tempi di lavoro e tempi di cura.
All’interno degli Assi, come risulta sia dagli obiettivi operativi e dalle priorità
enunciate, nel POR 2007-2013, la Regione ha orientato le proprie scelte verso strumenti
maggiormente in grado di incidere e sviluppare le politiche per l’imprenditorialità
femminile.
All’interno dell’Asse Occupazione, la politica per l’imprenditorialità femminile è
assegnata all’obiettivo specifico “attuare politiche per il lavoro attive e preventive, con
particolare attenzione all’integrazione dei migranti nel mercato del lavoro,
all’invecchiamento attivo, al lavoro autonomo e all’avvio di imprese” e trova
correlazione e sostegno con l’Asse Adattabilità attraverso con l’obiettivo operativo b2)
Favorire le pari opportunità di genere, sviluppando in particolare azioni specifiche
mirate a favorire la permanenza nel mercato del lavoro, lo sviluppo di carriera delle
donne e la conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro intende promuovere il
miglioramento della condizione delle donne sul lavoro con interventi specificatamente
finalizzati a risolvere problematiche già esistenti nel territorio, quali appunto le
segregazioni sul mondo del lavoro. La logica di intervento, quindi, si fonda
sull’integrazione di più politiche dirette e indirette.
2.2.5. Il Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013
Il Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013, assume come obiettivo globale quello di
“Favorire uno sviluppo economico sostenibile in termini ambientali, tale da garantire
114

una maggiore competitività del settore agricolo e la necessaria coesione sociale” che si
articola in obiettivi prioritari di asse. Strategie e obiettivi puntano ad accrescere la
competitività delle imprese attraverso l’integrazione tra i vari soggetti operanti
nell’ambito delle diverse filiere - puntando al rafforzamento della componente agricola -
l’aumento della distintività delle produzioni, il sostegno all’internazionalizzazione,
mantenendo la coesione e l’integrazione dei sistemi socio economici territoriali,
salvaguardando le risorse ambientali, valorizzando la multifunzionalità dell’impresa
agricola e il suo ruolo di servizio in materia di promozione, valorizzazione e tutela
dell’ambiente e del territorio.
Obiettivo globale del programma
Favorire uno sviluppo economico sostenibile in termini ambientali, tale da garantire una maggiore
competitività del settore agricolo e la necessaria coesione sociale
Asse 1 Asse 2 Asse 3 Asse 4
Consolidamento e sviluppo
della qualità della
produzione agricola e
forestale
Promozione
dell'ammodernamento e
dell'innovazione nelle
imprese e dell'integrazione
delle filiere
Miglioramento della
capacità imprenditoriale e
professionale degli addetti
al settore agricolo e
forestale e sostegno del
ricambio generazionale
Conservazione della
biodiversità e tutela
e diffusione di
sistemi agroforestali
ad alto
valore naturale
Tutela qualitativa e
quantitativa delle
risorse idriche
superficiali e
profonde
Riduzione dei gas
serra
Tutela del territorio
Miglioramento
dell'attrattività dei
territori rurali per le
imprese e la popolazione
Mantenimento e/o
creazione di opportunità
occupazionali e
di reddito in aree rurali
Rafforzamento della
capacità progettuale e
gestione locale
Valorizzazione delle risorse
endogene dei territori.
L'individuazione delle strategie del programma è stata effettuata tenendo conto delle
priorità definite a livello comunitario per la nuova programmazione 2007-2013 sullo
sviluppo rurale, delle linee guida degli Orientamenti Strategici comunitari, delle norme
contenute nei Regolamenti (CE) n. 1698/2005 e n. 1974/2006, delle priorità indicate
nelle Strategie di Lisbona e di Goteborg e dagli obiettivi del Piano Strategico nazionale.
Il Programma di Sviluppo Rurale assumerà alcune priorità tematiche trasversali rispetto agli
assi, in particolare:
− Sostegno e incentivazione dei giovani imprenditori: la promozione del ricambio
generazionale e l’incentivazione dell’imprenditorialità giovanile in agricoltura verrà
perseguita, oltre che attraverso il sostegno diretto all’insediamento, anche
accordando specifiche priorità, come gli interventi di promozione della conoscenza
e di sviluppo del potenziale umano, per la ristrutturazione e lo sviluppo del capitale
fisico - ammodernamento delle aziende agricole, interventi di sostegno alle aziende
agricole situate in aree svantaggiate;
− Favorire il ricambio generazionale in agricoltura sostenendo sia l’insediamento di
imprenditori agricoli giovani e professionalizzati, sia l’adeguamento strutturale
delle aziende: il fabbisogno di rinnovamento generazionale nasce dalla
115

constatazione della progressiva senilizzazione del settore agricolo, evidenziata dalla
ridotta incidenza di giovani capi di azienda agricola. La ridotta presenza di giovani
agricoltori minaccia la dinamicità e la vitalità economica del settore primario,
limitando la capacità delle imprese di adeguarsi alle spinte competitive generate dal
mercato e di attivare processi di adattamento e modernizzazione strutturale.
La strategia regionale prevede non solo l’obiettivo di favorire l’insediamento dei
giovani agricoltori, ma anche quello di favorire il successivo sviluppo del loro progetto
imprenditoriale. L’importanza strategica di tale intervento, proprio in relazione alla
creazione di un’imprenditorialità più dinamica e aperta alle innovazioni, all’interno
della realizzazione di progetti di filiera.
Nell’Asse 4 gli obiettivi specifici di Asse includono le due priorità comunitarie del
miglioramento della govenance e della mobilitazione del potenziale di sviluppo
endogeno delle zone rurali. In particolare: il “pacchetto giovani” corrisponde nel PSR
alla formulazione della priorità di “Sostegno e incentivazione dei giovani imprenditori”;
il “pacchetto donne” trova la sua concreta corrispondenza nella definizione di
specifiche priorità per le imprenditrici , come indicate nel capitolo “Parità fra uomini e
donne e non discriminazione”.
2.2.6. Il Programma regionale Imprenditoria Femminile 2006-2007
Il sostegno alla creazione e allo sviluppo di imprese, in particolare di imprese innovative
ad alto impatto tecnologico, rappresenta una delle linee strategiche di politica industriale
della Regione Emilia-Romagna, sulle quali la stessa sta da tempo puntando per la
costruzione di un’economia regionale fondata sulla conoscenza. La collaborazione e
l’interazione dei sistemi produttivi con i “centri di produzione della conoscenza”
assume rilevanza strategica nel rafforzamento della competitività territoriale.
In questo quadro, attenzione crescente a livello internazionale, nazionale e locale viene
dedicata agli aspetti che riguardano:
− il sostegno ad una efficiente imprenditorialità basata su nuovi business o modelli di
business innovativi;
− la creazione di impresa quale modalità di valorizzazione economica dei risultati
della ricerca nonché opportunità di ingresso o di sbocco occupazionale.
Attraverso i suoi strumenti di programmazione la Regione sostiene :
− la promozione dell’attività di ricerca industriale e il rafforzamento delle relazioni
ricerca-industria, al fine di migliorare le possibilità di valorizzazione economica
delle conoscenze scientifiche e tecnologiche regionali attraverso il trasferimento
tecnologico, la generazione di nuove attività professionali e imprenditoriali, le
maggiori opportunità per realizzare innovazioni, in particolare di prodotto;
− il supporto alle dinamiche imprenditoriali, attraverso la messa a punto di strumenti
finanziari, di assistenza e di sensibilizzazione per la nascita e lo sviluppo delle
imprese e dei lavori autonomi e professionali, con una particolare attenzione alle
strategie volte a garantire pari opportunità attraverso il sostegno allo sviluppo delle
imprese femminili.
Alla luce di tali interventi che hanno visto anche priorità rivolte alle donne per la
creazione di nuova impresa innovativa e per il trasferimento tecnologico, il Programma
116

Regionale per l’Imprenditoria Femminile 2006/2007 7 ha riproposto il tema
dell’innovazione nell’imprenditorialità femminile, attraverso l’individuazione dei
seguenti obiettivi di sviluppo:
− sensibilizzare maggiormente le imprese, in particolare quelle femminili,
all’adozione di sistemi di innovazione, a processi di cambiamento e di sviluppo
competitivo;
− sostenere nuova imprenditorialità innovativa e ad alto contenuto di conoscenza,
nonché supportare lo sviluppo innovativo di imprese già sul mercato, con un
particolare stimolo per le imprese femminili;
− valorizzare il lavoro autonomo e professionale all’interno dei processi
d’innovazione e cambiamento, favorendo l’individuazione della loro specificità
dentro il mondo della ricerca, delle nuove tecnologie, e della società della
conoscenza.
2.3. L’integrazione delle politiche regionali
In accordo con le strategie europee, anche in Italia si sta assistendo, in questi anni, ad un
progressivo tentativo di sostenere e potenziare un sistema di sviluppo integrato al fine
di sostenere la logica promossa in sede nazionale e comunitaria di integrazione e
coordinamento tra le diverse politiche e strumenti di intervento.
Il presente contributo è dedicato alla valutazione dell’integrazione della policy per
l’imprenditorialità in Emilia Romagna, attraverso gli strumenti normativi di cui dispone
e l’utilizzo dei fondi strutturali, al fine di mettere in luce l’integrazione delle diverse
politiche per favorire il rafforzamento del sistema imprenditoriale regionale, sia nel
campo delle risorse umane che in quello della innovazione e della competitività,
attraverso la variabile di genere.
La tabella seguente propone una lettura integrata delle relazioni esistenti tra le varie
politiche formative e del lavoro in funzione degli obiettivi di sviluppo e di
rafforzamento della struttura imprenditoriale in ambito regionale.
7
Ai sensi della legge n. 215/92 articolo 2, comma 1 e del successivo DL n. 198/2006 art 53 comma 1
lett. a)
Le imprese a prevalente partecipazione femminile sono:
a) le imprese individuali in cui il titolare sia donna
b) le società di persone e le società cooperative in cui il numero di donne socie rappresenti almeno il 60%
dei componenti la compagine sociale, indipendentemente dalle quote di capitale detenute;
c) le società di capitali in cui le donne detengano almeno i due terzi delle quote di capitale e costituiscano
almeno i due terzi del totale dei componenti dell’organo di amministrazione
117

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Integrazione delle politiche a favore dell’imprenditorialità regionale in ottica di genere
Aree tematiche Politiche Strumenti legislativi Obiettivo Competenza
Imprenditorialità
e sviluppo delle
imprese nei vari
settori di attività
economica
Sviluppo del
tessuto
imprenditoriale
Capitale umano
Sviluppo del
tessuto
imprenditoriale
L. 215/92
L.R. n.20/94
“Norme per la qualificazione
impresa artigiana”
L.R. 41/97 art. 6 e art. 7
L.R. 40/02 artt. 6-8-9
Programma Triennale per le
Attività Produttive
(2003-2005)
Programma Regionale per
l’Imprenditoria Femminile
(2006-2007)
Favorire nascita e sviluppo delle imprese
anche a titolarità femminili nei settori:
manifatturiero e assimilati, commercio,
turismo e servizi
Qualificare le imprese artigiane, promuovere
l’innovazione, la ricerca e la qualificazione
degli insediamenti produttivi, degli
imprenditori e degli addetti;
internazionalizzazione e integrazione delle
imprese.
Promozione dell’associazionismo e della
cooperazione creditizia per favorire l’accesso
al credito e agevolare gli investimenti delle
Pmi nei settori del commercio e dei servizi
Promozione e sviluppo delle aziende ricettive,
turistico-ricreative, per il turismo montano ed
il termalismo
Progetti di avvio e/o sviluppo di attività di
lavoro autonomo anche in forma associata;
costituzione di nuove imprese (con priorità a
quelle giovanili e femminili). Pmi di nuova
costituzione anche in forma cooperativa
Promuovere la diffusione della cultura di
impresa delle donne anche attraverso percorsi
di lavoro autonomo, favorendo l'innovazione
del tessuto produttivo, con particolare
riferimento all'imprenditoria femminile;
promuovere le strategie di genere nell'ambito
delle politiche regionali per le attività
produttive
Sviluppo e potenziamento di Pmi (singole o
amministrativa
Ministero Attività Produttive
Direzione e coordinamento incentivi
imprese
Regione Emilia Romagna
Regione Emilia Romagna
Regione Emilia Romagna
RER Direzione Generale Attività
Produttive, Commercio, Turismo.
Servizio Politiche Industriali
RER Direzione Generale Attività
Produttive, Commercio, Turismo.
Servizio Politiche Industriali
Competenza locale
RER Direzione Generale
Attività Produttive,
Commercio, Turismo.
Servizio Politiche Industriali
Province (diverse
amministrazioni provinciali
hanno previsto priorità
specifiche per le imprese
artigiane a titolarità femminile)
Province (è prevista una
apposita priorità nella
formazione della graduatoria
per imprese femminili)
Province (diverse
amministrazioni provinciali
hanno previsto priorità
specifiche per le imprese
artigiane a titolarità femminile)
Province
Province
118

Sviluppo del
tessuto
imprenditoriale
Capitale Umano
Istruzione,
Formazione,
Lavoro
Conciliazione
tempi di vita e di
lavoro
Docup Obiettivo 2
(2000-2006)
FSE Obiettivo 3
2000-2006
Piano Regionale di Sviluppo
Rurale (PRSR 2000-2006)
Sovvenzione Globale
“Spinner” – Azione 2
“ricambio generazionale”
L.53/2000 recante
“Disposizioni per il sostegno
della maternità e della
paternità, per il diritto alla
cura ed alla formazione e per
il coordinamento dei tempi
delle città”
consorziate), progetti di avvio e di primo
investimento nei settori manifatturiero e dei
nuovi bacini d’impiego e ambientale
Rafforzamento e qualificazione delle imprese,
innovazione e ricerca, qualificazione degli
imprenditori e degli addetti; lavoro autonomo,
integrazione delle imprese.
Promuovere il sostegno e la competitività
delle imprese e lo sviluppo locale integrato
Favorire il consolidamento delle imprese
attraverso interventi volti a favorire il
ricambio generazionale aziendale.
Misure a sostegno della flessibilizzazione
dell’orario e dell’organizzazione del lavoro;
sostituzione del titolare d’impresa o del
lavoratore autonomo
Regione Emilia Romagna Province
Regione Emilia Romagna
Province
Regione Emilia Romagna Province
Regione Emilia Romagna
Regione Emilia Romagna
Province
Province e Comuni
119

La policy per l’imprenditorialità si presenta con un insieme integrato di politiche e
settori di intervento a valere su una pluralità di soggetti coinvolti. In sintesi si
individuano alcune tipologie di intervento:
− Politiche finanziarie, volte a sostenere l’accesso agevolato al credito, per lo sviluppo
e la nascita di nuove imprese nei vari settori di attività economica con riguardo alle
imprese artigiane e alle piccole e medie imprese a titolarità femminile; l’obiettivo
strategico è quello di rafforzare la competitività del sistema imprenditoriale
soprattutto con riferimento alla presenza delle imprese sui mercati internazionali
anche attraverso interventi di supporto ai processi di innovazione organizzativa e
tecnologica delle imprese;
− Politiche formative volte a rafforzare le competenze gestionali ed organizzative
degli imprenditori e percorsi formativi finalizzati ad accrescere le professionalità
presenti in azienda (formazione continua e permanente, voucher etc..);
− Politiche di conciliazione e flessibilità nelle organizzazioni aziendali (orario
flessibile, accordi sindacali, ecc.);
− Politiche sociali (implementazione di strutture di servizi per lavoratori/ci, voucher di
servizio, etc.
Nella politica sull’imprenditorialità, l’intervento è volto a favorire uno sviluppo basato
sulla competitività e sul rafforzamento delle sinergie e complementarietà con il resto
della Regione. Al di là delle indicazioni proposte nell’ambito degli assi e delle misure,
infatti, ciò che appare interessante valutare riguarda le tipologie di intervento
effettivamente avviate. Queste ultime, pur trovando una specificità di asse e di misura
costituiscono un parametro di riferimento per l’integrazione e per la loro comparazione.
L’impianto complessivo dell’Obiettivo 3 è stato declinato, su scala regionale, nella
direzione di agire sulla qualificazione della forza lavoro per prevenire effetti di
spiazzamento del mercato del lavoro ed incidere a favore di una sempre maggiore
professionalità e flessibilità delle competenze delle risorse umane, funzionali allo
sviluppo competitivo ed al rafforzamento del tessuto imprenditoriale. Nella sua
realizzazione, ciò vede un forte coinvolgimento delle Province (ma non solo, anche
Comuni e altro soggetti sociali ed economici presenti sul territorio), in qualità di
soggetto gestore degli interventi e delle procedure di attuazione delle misure, con
l’intento di avvicinare maggiormente alle esigenze del territorio la programmazione
delle attività.
Il dato di maggiore interesse riguarda lo sforzo svolto dalle Amministrazioni (Regione e
Province interessate) nel collegare, integrare e coordinare in fase di programmazione le
misure del Por Ob3 con gli altri strumenti di programmazione economico-territoriale (in
particolare, il Programma Triennale per le attività produttive).
La declinazione operativa degli interventi contemplati nel Por Obiettivo 3, a valere sulle
politiche per l’imprenditorialità, hanno visto l’utilizzo di strumenti di “programmazione
negoziata”, sostenuti da un ampio partenariato economico, sociale ed istituzionale,
attraverso linee di azione sulle politiche integrate del lavoro, della formazione
professionale e dell’istruzione a sostegno della strategia di sviluppo, attraverso una
collaborazione interistituzionale per l’identificazione e per l’attivazione delle politiche
di sviluppo locale.
Nella fase attuativa del Por, la Regione, oltre ai criteri generali identificati nel
documento di programmazione, ha previsto una serie di priorità, pertinenti le singole
120

ealtà territoriali, improntati ad una forte contestualizzazione dei bisogni e quindi, in
molti casi, ad una specificità non riconducibile agli obiettivi generali individuati nel
complesso del contesto regionale.
Le politiche per lo sviluppo dell’imprenditorialità richiedono un’azione fortemente
coordinata ed integrata nei settori dell’istruzione, della formazione e del lavoro, volta in
particolare alla qualificazione del sistema della formazione e dell’istruzione
professionale e alla messa in cantiere di azioni, anche in un’ottica di genere, che
contribuiscano ad aumentare la competitività del sistema.
I legami e le relazioni stabilite tra la policy in esame e gli interventi enunciati sulle altre
politiche (istruzione, formazione e lavoro), si presentano, quindi, inevitabilmente molto
stretti, consentendo di focalizzarsi su tutte quelle tematiche ed azioni di vero supporto
alla diffusione di una cultura dell’imprenditorialità a livello regionale e i legami
specificamente dedicati alla promozione, miglioramento e alla permanenza delle donne
nel mercato del lavoro.
Per quanto riguarda le azioni di istruzione e di formazione nel triennio considerato,
rispetto alla tematica in questione, le interazioni sono riconducibili a:
− formazione finalizzata al ricambio generazionale ed alla nascita e consolidamento di
nuove imprese, con particolare riferimento agli ambiti dei servizi alle imprese ed
alle persone e del terziario avanzato;
− iniziative di orientamento nell’ambito scolastico e di alternanza scuola/lavoro;
− percorsi formativi in grado di favorire il lavoro autonomo, la creazione di nuove
imprese innovative ed il ricambio generazionale;
− politiche di integrazione tra le politiche del lavoro e quelle sociali, intervenendo in
modo mirato e personalizzato, con azioni di orientamento sia all’interno del sistema
scolastico, favorendo prioritariamente percorsi di tirocinio formativo;
− percorsi integrati con il sistema scolastico;
− azioni di orientamento a supporto della scelta scolastica ed universitaria;
− formazione orientata nell’area dell’obbligo formativo
Sempre con riguardo all’interazione tra le politiche avviate sul rafforzamento del
capitale umano e lo sviluppo dell’imprenditorialità si collocano quei percorsi formativi
volti ad affrontare le crisi aziendali riferite a processi di riorganizzazione del lavoro
riferite a professionalità non specifiche, personale femminile e lavoratori in età avanzata
che attraverso il percorso di lavoro e di formazione, hanno l’opportunità di costruire
professionalità che siano in grado di rispondere ad una esigenza specifica o ad un
progetto dell'impresa. In tale direzione, si possono collocare quelle tipologie di
intervento, per target specifici di utenti, finalizzati a sostenere i percorsi per la
permanenza al lavoro delle persone svantaggiate, consolidamento di attività autonome
attraverso azioni integrate pubblico/privato, nell’ambiente di lavoro e di
autoimprenditoria. Di rilievo risulta anche la promozione di progetti che favoriscono il
mantenimento o l’ingresso nel mondo del lavoro di categorie sociali “svantaggiate”
(giovani in cerca di occupazione, lavoratori adulti da riqualificare, lavoratori anziani,
donne, immigrati, etc..), cercando, contemporaneamente, di consolidare il tessuto
produttivo locale attraverso l’introduzione di iniziative volte a migliorare i servizi per la
collettività, e supportare la nascita di realtà imprenditoriali.
Il contesto di policy in cui si inseriscono le politiche di genere promosse dal Por vede
una sensibilità in crescita degli interventi che riguardano i diversi ambiti della
organizzazione sociale, a valere soprattutto sui temi legati allo sviluppo dell’impresa
femminile, tra cui:
121

− il sostegno alle politiche attive del lavoro, comprese quelle formative, sotto il profilo
della promozione e realizzazione di pari opportunità;
− servizi di supporto per l’avvio di imprese, attraverso uno specifico servizio di
consulenza ed assistenza a favore dei lavoratori/ci che intendono intraprendere una
nuova attività di impresa;
− sostegno alla nuova imprenditorialità;
− sostegno al ricambio generazionale e alla creazione di nuove imprese in particolare
nel settore dei servizi, compreso il terziario avanzato;
− percorsi formativi finalizzati a sviluppare le competenze e le professionalità del
sistema imprenditoriale locale, anche nella logica di accompagnamento dei processi
di innovazione e di adeguamento ai cambiamenti dei sistemi economici e produttivi;
− supporto della nascita di nuove attività imprenditoriali a titolarità femminile;
− supporto ed assistenza per l’avvio di lavoro autonomo e/o per la creazione
d’impresa, per particolari target di utenza (immigrati, disabili e svantaggiati);
− politiche di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
E’ sul tema della conciliazione che si osservano le più importanti contaminazioni tra le
varie politiche regionali messe in atto con il Fse; le azioni che toccano la sfera
conciliativa e che più vi si avvicinano riguardano la formazione continua e la
“formazione per occupati”, a sostegno della rimodulazione degli orari o delle forme
organizzative, nell’ambito delle quali si ritrovano frequentemente:
− interventi formativi che migliorano i percorsi di carriera delle donne;
− cicli di sensibilizzazione che promuovano la cultura del networking fra
imprenditrici;
− formazione per imprenditrici e parti sociali per lo sviluppo di modelli organizzativi
favorevoli alla conciliazione;
− interventi rivolti a lavoratrici per favorire lo sviluppo delle imprese sociali.
Dal punto di vista della crescita del sistema imprenditoriale e delle politiche di
integrazione a livello regionale, anche con riguardo alle politiche di genere si
rintracciano segnali evidenti di aumento della capacità di interiorizzare i temi delle pari
opportunità a livello programmatico. In fase di programmazione attuativa è stata posta
attenzione alle tematiche di genere, anche se esse continuano per lo più ad essere
confinate all’interno del policy field che direttamente promuove la partecipazione delle
donne al mercato del lavoro. Tuttavia, si rilevano segnali di aumento dell’attenzione da
parte delle amministrazioni regionali e provinciali nei confronti delle politiche di
genere, attenzione che si è tradotta, nell’affermazione di primi modelli di governance
delle politiche di pari opportunità a livello locale.
122

2.4. L’Imprenditorialità in Emilia - Romagna
2.4.1. Il quadro di riferimento
La capacità di riconoscere le opportunità economiche per trarne un profitto costituisce
un tratto essenziale dell’imprenditorialità. In generale il successo di un’iniziativa
imprenditoriale passa attraverso due fasi, l’una creativa e l’altra innovativa, che,
unitamente a una gestione aziendale efficiente, contribuiscono allo sviluppo non solo
dell’impresa ma anche del sistema economico e dell’ambiente tecnologico in cui essa
opera; tuttavia, poiché le tematiche del consolidamento e dello sviluppo aziendali
rientrano negli ambiti più vasti della formazione continua/permanente e della ricerca
tecnologica, si considereranno le sole attività finalizzate al sostegno della natalità
imprenditoriale.
Nell’ambito della Strategia Europea per l’Occupazione (SEO) le politiche di sostegno
all’imprenditorialità rappresentano una delle linee d’azione determinanti per il
progresso sociale ed economico dei Paesi membri; i singoli orientamenti comunitari
hanno rivolto un chiaro invito a creare nuove imprese attraverso la diffusione dello
spirito imprenditoriale, la promozione dell’insegnamento delle discipline utili
all’intrapresa, l’attuazione di riforme amministrative e fiscali, la concessione di
incentivi alle persone e alle imprese, in considerazione del fatto che una reale crescita
occupazionale sia possibile solo grazie allo sviluppo delle conoscenze e delle
competenze utilizzabili nel settore dei servizi avanzati, sociali e ambientali.
Conseguentemente i documenti programmatici prodotti a tutti i livelli (comunitario,
nazionale, regionale, locale) si caratterizzano per l’attenzione prestata ai temi connessi
con lo sviluppo dell’imprenditorialità, ritenuto uno strumento fondamentale per
l’innalzamento dei livelli occupazionali, da un lato per le opportunità colte da chi voglia
realizzare nuove idee imprenditoriali, dall’altro per la crescita dell’occupazione che la
creazione d’impresa comporta.
Si tratta di una politica strategica recepita dalla Regione Emilia-Romagna la quale,
distinguendosi per l’alto tasso d’imprenditorialità, si concentra nella promozione delle
attività che favoriscono una crescita imprenditoriale orientata verso nuovi fabbisogni
specifici: è significativo, infatti, che negli ultimi due Indirizzi regionali, in coerenza con
l’impostazione del Programma Operativo Regionale (POR), s’identifichi il campo
d’intervento prioritario nel settore dei servizi e, in particolare, s’incoraggino i processi
di natalità imprenditoriale nei nuovi bacini d’impiego, nell’economia sociale e nel
terziario avanzato.
La ricerca di “nuovi bacini d’impiego” nasce dalla necessità d’incontrare nuovi bisogni
sociali rispondendo alle difficoltà di collocamento in un contesto in cui lo sviluppo
economico poggia sul terziario; ne deriva un’offerta di servizi in grado di produrre
benefici per la società contribuendo allo sviluppo sociale, culturale ed economico.
Alla cosiddetta “economia sociale” sono ascrivibili tutte le attività gestite da singoli,
società e cooperative che scelgono la collaborazione, la sostenibilità e la giustizia
sociale quale fondamento etico-culturale del loro agire (muovono in tale direzione pure
le imprese che rispettano il principio di non distribuzione degli utili, ovvero le imprese
no profit) e che, attraverso il confronto coi diversi soggetti svantaggiati, ne favoriscono
l’integrazione lavorativa.
123

Al “terziario avanzato” appartengono le imprese che operano per l’innovazione del
sistema economico sostenendo lo sviluppo di tecnologie avanzate facilmente applicabili
nell’industria, nell’ambiente, nei servizi e nell’amministrazione.
Gli interventi cofinanziati dal Fondo Sociale Europeo (FSE) sono dunque inseriti in un
contesto regionale già dinamico e favorevole alla creazione d’impresa, che nel corso del
periodo 2004-2006 ha visto l’iscrizione alle Camere di Commercio di migliaia di nuove
imprese. D’altronde il sistema imprenditoriale regionale beneficia di una legge
regionale in materia di attività produttive (Legge n.3/99), la prima in Italia, nonché di un
“Programma Triennale per lo Sviluppo delle Attività Produttive” operativo:
quest’ultimo contempla (Asse 2) l’obiettivo di favorire la generazione di nuova
imprenditorialità, e in particolare la nascita di nuove imprese (specialmente imprese
tecnologiche e cooperative), attraverso politiche di sostegno agli investimenti, bonus
fiscali e un accesso al credito agevolato.
La legge 215/92, che favorisce la nascita e lo sviluppo di piccole imprese a titolarità
femminile, rappresenta il secondo punto di riferimento per la creazione d’impresa ed è
la base normativa su cui poggiano gli interventi cofinanziati a favore
dell’imprenditorialità femminile.
2.4.2. L’economia regionale. Il quadro di sintesi.
L’Emilia-Romagna si segnala come una regione che, dopo la contrazione registrata
nel biennio 2004-2005, sta riprendendo a crescere e consolidare la sua struttura
economica e produttiva. Il sistema produttivo dell’Emilia-Romagna é fortemente
radicato, anche perché in diversi casi ha avuto un rilevante peso la presenza di
risorse locali da cui sono stati avviati i relativi percorsi di sviluppo in ambito locale.
La forza del sistema produttivo regionale è da individuarsi nella grande capacità
che ha caratterizzato la comunità regionale di organizzare i fattori di produzione,
valorizzando a seconda delle condizioni economiche, tecnologiche e sociali, la
spontaneità dell’iniziativa individuale, locale e a rete, caratterizzata dalla
artigianalità e dalla flessibilità dei modi di produzione, la capacità di integrazione e
di collaborazione per motivi di scopo. Un modello di sviluppo imprenditoriale che
si è esplicitato essenzialmente su tre direttrici:
− nella crescita dimensionale delle imprese, soprattutto nell’industria e
l’affermazione della media impresa (nonostante la composizione media della
struttura produttiva manifatturiera veda ancora le quote maggiori nelle fasce
dimensionali inferiori, cresce la struttura imprenditoriale delle fasce intermedie,
da 50 addetti in su e in particolare, nelle imprese da 250 a 500 addetti);
− nel potenziamento delle funzioni aziendali in grado di organizzare finanza,
marketing internazionale, ricerca con particolare rilievo anche nei servizi alle
imprese e nella logistica;
− una capacità del sistema imprenditoriale nel reagire alla pressione
concorrenziale fortemente centrata nel recupero di competitività strutturale
attraverso l’incremento degli investimenti in innovazione e ricerca (crescente
centralità degli investimenti in informatica di gestione e in ricerca e sviluppo,
unitamente ad un aumento della produttività in termini di brevettazione).
124

I dati sugli andamenti dell’economia regionale nel corso del 2007 mostrano segnali di
una lieve decelerazione nei ritmi di crescita avviatisi nel 2006 e continuati nei primi
mesi del 2007. 8 Le tensioni nei mercati finanziari internazionali, la crisi dei mutui e il
conseguente rallentamento dell’economia americana, le ripercussioni su importanti
mercati europei (Germania in primis), l’ulteriore ampliamento del rapporto di cambio
euro-dollaro, la crescita del prezzo del petrolio, condizionano l’attuale andamento
congiunturale e determinano una maggiore cautela nella fiducia delle imprese.
Le indicazioni che emergono dall’indagine congiunturale del Sistema Confindustria
Emilia-Romagna, registrano variazioni positive per la produzione e il fatturato con un
contributo particolarmente significativo del fatturato estero. La produzione è aumentata
in volume dell’1,9 per cento rispetto al secondo trimestre del 2006, risultando inferiore
di quasi un punto percentuale rispetto al trend dei dodici mesi precedenti.
Per quanto riguarda gli andamenti settoriali, l’aumento complessivo dell’1,9 per cento è
stato sostanzialmente trainato dal settore meccanico, elettrico, mezzi di trasporto, con un
incremento del 4,5 per cento (+ 1% rispetto al trend dei dodici mesi precedenti). Le
industrie del trattamento metalli e minerali metalliferi hanno registrato un incremento
dell’1,1 per cento, che è coinciso con un brusco ridimensionamento rispetto al trend del
4,6 per cento Nei rimanenti settori, la situazione si presenta meno positiva. Le industrie
del legno e del mobile sono rimaste praticamente stabili, mentre quelle della moda
hanno accusato una flessione tendenziale del 3,0 per cento, che ha interrotto una fase di
aumenti durata nove mesi. Negli altri ambiti settoriali, le industrie alimentari sono
cresciute di appena lo 0,9 per cento, in misura leggermente inferiore al trend.
L’eterogeneo gruppo delle “altre industrie manifatturiere”, che comprende, fra gli altri, i
settori chimico e ceramico, è cresciuto dell’1,7 per cento, migliorando leggermente
sull’andamento medio dei dodici mesi precedenti. Gli andamenti per dimensione
aziendale evidenziano risultati complessivamente positivi per tutte le aziende per
produzione, ordini totali ed esteri; in particolare, per questi ultimi, si conferma come al
crescere della dimensione aziendale cresca l’incidenza del fatturato estero sulle buone
performance aziendali. L’Emilia Romagna, resta comunque, in un quadro generale
omogeneo, tra le aree più dinamiche del Paese; la regione è tuttavia cresciuta più
velocemente rispetto sia al Nord-est (+1,7 per cento) che all’Italia (+1,1 per cento).
Tab. 1. Emilia Romagna: Congiuntura industriale (2007)*
Fatturato Export
Quota
export su
fatturato
Imprese
esportatrici Produzione
Industria 2.1 3.2 41.8 24.2 1.9
Industrie
metalli e minerali 1.0 4.2 31.7 8.5 1.1
alimentari 1.6 1.8 16.1 34.6 0.9
tessili,abb.,cuoio,calz. -2.7 0.4 39.8 20.6 -3.0
legno e mobile -0.6 1.2 30.5 12.9 0.1
meccaniche,elett.,trasp. 4.3 4.8 55.4 38.1 4.5
Altre manifatturiere 2.5 2.0 33.0 24.7 1.7
Classe dimensionale
I.minori (1-9 dipendenti) -0.3 3.6 25.5 16.1 -0.1
I.piccola (10-49 addetti) 1.7 2.4 31.3 33.7 1.8
8 Confindustria, Carisbo, Regione Emilia-Romagna, Settembre 2007.
125

I.medie (50-499 addetti) 3.3 3.7 46.8 72.8 2.8
Industria Nord-Est 0.8 4.1 42.4 20.7 1.7
Industria Italia 0.6 3.2 39.9 22.0 1.1
(*) I dati fanno riferimento al 3° trimestre 2007.
Fonte: Unioncamere ER, Centro Studi Unioncamere, 2007.
Nella tabella seguente viene riassunta la situazione regionale per quanto riguarda agli
indicatori di imprenditorialità (Obiettivi SEO) nel periodo compreso tra il 1995 e il
2006. Anche in questo caso viene riaffermata una situazione regionale che non si
discosta molto dalla media nazionale; il tasso di natalità lorda delle imprese è
lievemente superiore alla media nazionale, avendo rovesciato la tendenza che lo vedeva
attestarsi a livelli ad essa inferiore nella seconda metà degli anni novanta, mentre il
tasso di natalità netta va rallentando, così come peraltro accade a livello nazionale.
Tab. 2. Emilia Romagna: Obiettivi Seo, indicatori di imprenditorialità.
Obiettivi e indicatori
Imprenditorialità
1995
Emilia-Romagna
2000 2003 2006
Tasso natalità lorda imprese 8.0 8.9 8.0 8.1
Tasso natalità netta imprese 1.3 2.2 1.8 1.4
Variazioni 1995-2000 2000-2003 2003-2006
Tasso natalità lorda imprese + 0.9 - 0.9 + 0.1
Tasso natalità netta imprese
Imprenditorialità
+ 0.9 -0.4
Nord-Est
- 0.4
Tasso natalità lorda imprese 7.9 8.4 7.7 7.8
Tasso natalità netta imprese 1.5 2.2 1.3 1.3
Variazioni 1995-2000 2000-2003 2003-2006
Tasso natalità lorda imprese + 0.5 - 0.7 + 0.1
Tasso natalità netta imprese
Imprenditorialità
+ 0.7 - 0.5
Italia
- 0.4
Tasso natalità lorda imprese 9.7 8.1 7.4 7.7
Tasso natalità netta imprese 1.3 2.5 2.0 1.4
Variazioni 1995-2000 2000-2003 2003-2006
Tasso natalità lorda imprese - 1.6 - 0.7 + 0.3
Tasso natalità netta imprese
Fonte: E.R., Rapporto 2007.
+ 1.2 - 0.5 - 0.6
Le informazioni contenuti nella tab.3, possono completare il disegno del tessuto
produttivo relativo al sistema Emiliano - Romagnolo riferito al 2006 (Unioncamere,
Regione Emilia Romagna, 2006). Nel Registro delle imprese figura in Emilia-Romagna
una consistenza di 427.935 imprese attive rispetto alle 423.594 dell’analogo periodo del
2005, per un aumento tendenziale pari allo 0,64 per cento. In termini di saldo fra
126

imprese iscritte e cessate, le prime hanno prevalso sulle seconde per circa 3.300 unità,
con un saldo negativo concentrato nelle imprese del settore primario.
Tab.3. Emilia Romagna: imprese per settore di attività economica (2006) .
Attività economica Registrate Attive Iscritte Cessate Saldo
Agricoltura, Caccia, Silvicoltura e Pesca 74901 74218 1976 4188 -2212
Industria 143072 130194 11084 9752 1332
Servizi 307786 223320 21141 16933 4208
TOTALE 525759 427732 34201 30873 3328
Valori percentuali
Attività economica Registrate Attive Iscritte Cessate ∆ %
Agricoltura, Caccia, Silvicoltura e Pesca 14,2 17,4 5,8 13,6 -111,9
Industria 27,2 30,4 32,4 31,6 12,0
Servizi 58,5 52,2 61,8 54,8 19,9
TOTALE 100 100 100 100 9,7
Fonte: Elaborazione Cras su dati Unioncamere, Movimprese, 2006
2.4.3. L’imprenditoria femminile: il contesto di sintesi
Lo sviluppo dell’imprenditorialità femminile in Emilia-Romagna s’inserisce in un
contesto economico-produttivo che registra un buon andamento degli indicatori relativi
al mercato del lavoro, ormai prossimo da tempo ad una situazione di pieno impiego.
Entrando nello specifico di genere, si rileva la persistenza, sul territorio regionale, di
tassi di partecipazione delle donne al mercato del lavoro nettamente superiori alla media
nazionale (il tasso di occupazione cresce tanto da rendere sempre più rilevante il
contributo delle donne all’aumento dell’occupazione generale). Anche i dati relativi
all’imprenditoria femminile sono positivi, pur permanendo taluni punti critici che si
manifestano particolarmente in considerazione delle difficoltà che le donne incontrano
nel conciliare i tempi di vita con quelli lavorativi.
Il fenomeno dell’imprenditoria femminile in Emilia-Romagna ha dimensioni che
possono essere meglio comprese con un riferimento ai dati disponibili presso le Camere
di Commercio che, grazie al sistema di monitoraggio di Infocamere-Movimprese, sono
in grado di descrivere il quadro degli stock e dei flussi relativi alle imprese femminili
presenti sul territorio regionale.
Nel tessuto produttivo emiliano-romagnolo il profilo imprenditoriale femminile va
assumendo sempre maggiore consistenza, in particolare quello delle aziende con titolare
donna o con una presenza preponderante (>60%) di donne tra i soci o gli amministratori
(dal punto di vista del genere, sono nettamente prevalenti le cariche ricoperte dagli
uomini, pari a 728.272 rispetto alle 246.669 donne. La percentuale di maschi sul totale
delle cariche si è attestata, nel 2006, al 74,7 per cento, confermando la situazione di fine
settembre 2005.
Al 2006 in Emilia-Romagna risultavano 85.989 imprese femminili pari al 20% delle
imprese presenti sul territorio regionale. Rispetto al 2005, l’incremento è stato pari a
663 neoimprese (0.78%).
127

Tab.4. Imprese attive e imprese femminili (2005-2006), per area geografica e variazione %.
Imprese attive Saldo imprese 2006 Var. % 2006-2005
Regione
Emilia-
Romagna
Totale
di cui
imprese
femminili
% imprese
femminili
su totale
2006
Totale
di cui
imprese
femminili
Totale
imprese
Imprese
femminili
427.935 85.989 20,09 2.710 663 0,64 0,78
Nord-Est 1.091.809 229.207 20,99 5.760 2.062 0,53 0,91
Italia 5.158.278 1.234.919 23,94 39.780 15.807 0,78 1,30
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Osservatorio dell'imprenditoria femminile, Unioncamere-Infocamere
Nella tabella seguente (tab.5), è sintetizzato il dato generale sulle imprese attive
registrate in regione nel corso dell’ultimo triennio, dove si evince una vivacità
imprenditoriale da parte delle donne seppure ridotta rispetto al confronto con l’ultimo
biennio.
Tab.5. Emilia Romagna: Imprese femminili attive (2004-2006)
Anni Totale
Imprese attive
di cui imprese
femminili
% impr.
femminili su
totale
Totale
Saldo imprese
di cui imprese
femminili
2006 427.935 85.989 20,1 2.710 663
2005 423.594 84.903 20,0 5.404 1.850
2004 420.401 84.033 20,0 5.150 1.338
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Osservatorio dell'imprenditoria femminile, Unioncamere-Infocamere
La stessa dinamicità imprenditoriale è evidente analizzando la forma giuridica
delle neo-imprese; le società di capitale a conduzione femminile aumentano la
propria presenza sul mercato mentre rimangono percentualmente stabili quelle di
persone. Per le ditte individuali la situazione è apparsa meno brillante, sono
complessivamente diminuite nel corso del periodo in esame.
Tab.6: Emilia Romagna: Imprese femminili per natura giuridica (2003-2006).
Regione
Società di
capitale
Società di
persone
Imprese
individuali
Altre forme Totale
2006 7.997 18.494 58.556 942 85.989
2005 7043 18383 59038 862 85326
2004 5798 18182 59221 832 84033
2003 4564 17946 59368 816 82694
Regione
Società di
capitale
Società di
persone
Valori percentuali
Imprese
individuali
Altre forme Totale
2006 9,3 21,5 68,1 1,1 100
2005 8,3 21,5 69,2 1,0 100
2004 6,9 21,6 70,5 1,0 100
2003 5,5 21,7 71,8 1,0 100
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Osservatorio dell'imprenditoria femminile, Unioncamere-Infocamere
128

70,0
60,0
50,0
40,0
30,0
20,0
10,0
0,0
Società di
capitale
Società di
persone
Imprese
individuali
2006 2005 2004 2003
Altre forme
Nonostante la gran parte delle imprese femminili sia costituita da ditte individuali è in
crescita il numero delle donne che scelgono di dare alla loro azienda una struttura più
solida. Infatti, analizzando i dati della tab.7, le variazioni registrate tra imprese a
componente femminile “esclusiva” 9 , “maggioritaria” o “forte”, si nota che, nel 2004,
l’unico incremento positivo (+ 2.3%) si è avuto con riguardo alle imprese femminili
esclusive, che rappresentano il 94.9% del totale. Le imprese femminili “maggioritarie”
(- 4.1%) e quelle a “forte” partecipazione da parte delle donne (- 3.6%) appaiono invece
in diminuizione.
Tab.7. Emilia Romagna: Imprese femminili per tipologia di presenza femminile (2003-2004)
TOTALE imprese
femminili
di cui:
REGIONI
2004 2003
Maggioritaria
var.
% 2004 2003
Forte Esclusiva
var.
% 2004 2003 var.
%
2004 2003
Emilia-
Romagna
84.033 82.695 1,6 972 928 4,7 4.672 4.797 -2,6 78.389 76.970 1,8
Italia 1.197.680 1.174.543 2,0 8.411 8.775 -4,1 53.187 55.154 -3,6 1.136.082 1.110.614 2,3
Fonte: Osservatorio dell'imprenditoria femminile, Unioncamere-Infocamere
9 L’impresa è considerata a conduzione femminile “esclusiva” se è donna il titolare della ditta individuale;
se lo è il 100% dei soci delle società di capitali, delle società di persone e delle cooperative; se lo è il
100% degli amministratori delle altre forme giuridiche. Se le quote di controllo sono superiori al 60% (o a
2/3 del capitale sociale per le società di capitali), il controllo è considerato “forte”. E’ a conduzione
“maggioritaria” se il controllo si attesta sopra il 50% (Istat).
129
var.
%

Graf. 2 Imprese attive per tipologia di presenza femminile
93%
1% 6%
Maggioritaria Forte Esclusiva
Nella tabella n.8, si evidenzia la presenza dell’imprenditoria femminile a livello
provinciale, con alcune disparità nei vari contesti territoriali, in particolare con riguardo
al biennio 2005-2006. La nascita di nuove imprese a titolarità femminile appare
evidente nelle province di Reggio Emilia, Parma, Rimini e Modena, mentre una minore
vivacità nella creazione di impresa si deve alle donne residenti nelle province di Ferrara
e Ravenna.
Tab.8 Imprese femminili per Provincia.
Province 30/06/2006 30/06/2005 Var. %
06-05
Reggio Emilia 9.020 8.807 2,4
Parma 8.069 7.916 1,9
Rimini 7.418 7.296 1,7
Piacenza 6.256 6.194 1
Bologna 17.919 17.777 0,8
Forlì-Cesena 8.435 8.414 0,2
Ravenna 7.737 7.790 -0,7
Modena 13.389 13.164 1,7
Ferrara 7.482 7.545 -0,8
Il dato sulle donne immigrate completa con un dettaglio d’interesse il riferimento della
partecipazione femminile all’imprenditoria regionale. La partecipazione delle donne
immigrate imprenditrici in ambito regionale è cresciuta dall’1,7% del 2000 al 2,5% del
2004, con un concentrazione delle attività nel commercio (27,2%). Rilevante è il dato
sull’incidenza della presenza femminile sul complesso dell’imprenditoria immigrata,
che, pure in calo tendenziale, si attesta su valori vicini alla media regionale (20% circa).
130

Tab. 9. Emilia Romagna: Donne immigrate imprenditrici (2000-2004) (1)
Settori economici 2000 2001 2002 2003 2004
Valore
%
Agricoltura, caccia e silvicoltura 164 171 181 184 180 3.9
Attività manifatturiere 831 948 1090 1193 1250 4.9
Costruzioni
Comm.ingr.e dett.-rip.beni pers.e per la
120 147 156 203 217 3.8
casa 930 1031 1206 1371 1529 27.2
Alberghi e ristoranti 497 543 630 703 711 13.8
Trasporti,magazzinaggio e comunicaz. 79 113 140 156 250 3.3
Intermediaz.monetaria e finanziaria 50 51 47 42 52 1.1
Attiv.immob.,noleggio,informat.,ricerca 532 573 624 697 654 13.8
Istruzione 8 12 11 11 15 0.3
Sanità e altri servizi sociali 39 49 62 61 66 1.2
Altre attività dei servizi 295 304 326 354 358 7.3
Non classificate 28 15 13 16 14 0.4
Totale 3573 3957 4486 4991 5296 100.0
Imprenditoria immigrata (M+F) 15813 18409 21342 24828 28666
F/M+F(*100) 22.06 21.05 21.00 20.01 18.05
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Osservatorio dell'imprenditoria femminile, Unioncamere-Infocamere
(1) I dati sono riferiti al 2004 e sono in corso di aggiornamento da parte della società Rete Camere-
Unioncamere.
Nella tab.10, sono registrate a livello nazionale, le imprenditrici immigrate di origine
extracomunitaria. Complessivamente, sfiorano le 42 mila unità le imprese femminili
individuali registrate a fine 2006, il 12.7% in più del 2005. Le cinesi si confermano le
più numerose (sono quasi 10 mila e aumentano del 19.1%), ma forte è anche
l’incremento delle marocchine (+ 22.7%) e delle romen
Tab. 10. Imprese individuali registrate con titolare donna di nazionalità extracomunitaria. La
classifica dei primi 10 Paesi di provenienza. Anni 2005-2006.
Provenienza 2006 2005 var.% 2006-2005
TOTALE 41973 37248 12,7
Cina 9828 8254 19,1
Svizzera 5021 4861 3,3
Marocco 3011 2453 22,7
Nigeria 2604 2248 15,8
Romania 2510 2041 23
Serbia e Montenegro 1287 1275 0,9
Argentina 1233 1217 1,3
Venezuela 1142 1100 3,8
Brasile 1042 982 6,1
Stati Uniti d'America 93 918 2,7
Fonte: Elaborazione Retecamere su Osservatorio dell’imprenditoria femminile, Unioncamere.
A livello regionale le imprese individuali, registrano, rispetto al 2005, un incremento
della presenza femminile imprenditoriale pari al 16.6%, superiore alla media nazionale.
131

Tab. 11. Imprese individuali registrate con titolare donna
di nazionalità extracomunitaria
REGIONE 2006 2005 var.%
Emilia-Romagna 3.281 2.815 16,6
Italia 41.973 37.248 12,7
Fonte: Elaborazione Retecamere su Osservatorio dell’imprenditoria femminile,
Unioncamere.
L’imprenditoria agricola al femminile
L’ agricoltura sta attraversando una complessa fase di trasformazione, generando al
proprio interno cambiamenti sostanziali non solo di assetto organizzativo e gestionale,
ma anche e soprattutto di ridefinizione del proprio ruolo socioeconomico. In questo
contesto, un elemento innovativo è costituito dalla crescente presenza di una
imprenditoria agricola femminile rilevante, proprio perché portatrice di modalità inedite
di impatto col mercato e perché innestata talvolta su scelte di vita e suggestioni culturali
particolarmente elevate oltre che diversificate.
Le imprese agricole in rosa hanno conquistato un peso importante all'interno di un
settore che prima era ad esclusivo beneficio degli uomini e lo hanno fatto sia in termini
quantitativi che, soprattutto, in termini qualitativi.
In Italia sono circa 280 mila le imprese agricole condotte da donne, più del 27% del
totale (Associazione “Donne in Campo”, CIA 2006). Si tratta di dati in controtendenza
rispetto al quadro generale agricolo, che vede una riduzione del numero delle aziende.
Su un totale di oltre 1 milione 200 mila imprese, la presenza delle donne in agricoltura è
inferiore solo al settore del commercio, dove si supera il 32,5%, mentre vengono
doppiate abbondantemente sia l'attività manifatturiera (con il 10,6%) che quella dei
servizi (10%).
La maggior parte delle imprese agricole condotte da donne si trova nel Mezzogiorno
(44%), seguono le regioni del Nord (32%) e quelle del Centro (24%). Le aziende
agricole rosa crescono specialmente nelle attività innovative, come ad esempio
nell'agriturismo (35%), nel settore biologico, nelle produzioni di nicchia Dop e Igp,
nell'ortofrutta e nella vitivinicoltura.
Secondo la Coldiretti, nel 2006 le donne imprenditrici hanno scelto l'agricoltura come
settore da lanciare e rilanciare in rosa valorizzando i prodotti della terra e i suoi benefici.
Più di un'impresa agricola su quattro, infatti, è gestita da donne e i numeri sono ancora
più interessanti se si pensa che su circa 1 milione di imprese agricole italiane circa
275.000 sono gestite da donne.
È significativo constatare, a tale proposito, come siano cambiate le motivazioni di
“accesso” oltre che i ruoli in azienda, unitamente alla crescente propensione alla
innovazione e al legame sempre più stretto tra scelte di vita e opzioni lavorative.
L’attaccamento delle donne all’attività agricola, come si evince da tutti gli studi e le
132

icerche fin qui condotte, si pone come un elemento di forza ed anzi come condizione
indispensabile per la loro realizzazione in termini lavorativi e personali.
Per esempio, sono in costante aumento le manager degli agriturismi, una tendenza tutta
al femminile di buttarsi nella creazione di imprese e associazioni volte a valorizzare
prodotti tipici locali e nazionali coniugandole con iniziative turistiche e culturali degne
di nota; e ancora, l'aumento delle donne impegnate nelle cosidette fattorie sociali, dove
si cercano di recuperare persone con disagi o con dipendenze, e nelle fattorie benessere,
dove si riscopre il contatto con la natura nella cura di se stessi, del proprio corpo e della
propria mente (Coldiretti 2006).
Le imprenditrici agricole possono svolgere una funzione significativa nella tutela e nella
valorizzazione delle produzioni locali, che hanno nella qualità e nella tipicità le loro
prerogative essenziali. La stessa vendita diretta di prodotti da parte delle agricoltrici ,
oltre a dare impulso al fattore della territorialità, permette di avere un rapporto sempre
più stretto tra agricoltura e consumatori.
In Emilia Romagna le donne costituiscono circa il 35% delle persone stabilmente
impegnate nelle aziende agricole. La (Sau) superficie agricola utilizzata media delle
23.658 aziende della regione (dati Istat del 2000) con un conduttore donna si ferma a
6,3 ettari contro i 10,4 delle aziende degli uomini. La provincia di Bologna risulta
quella più rosa con oltre il 25% delle aziende (3.400 imprese) e circa il 20% della Sau,
gestite da donne.
Nel settore agricolo, il lavoro femminile è più frequentemente di tipo “part time”
rispetto a quello degli uomini: infatti, l’incidenza delle donne scende al 27% se si
considerano, invece delle persone, le giornate di lavoro. In questo senso, l’agricoltura
registra la presenza più massiccia, subito dopo il commercio, di imprenditrici in ambito
regionale, ciò significa che il settore, e soprattutto la sua multifunzionalità, trova nelle
donne un’efficace rispondenza. Ciò si riscontra in particolare nella crescita costante e
nello svolgere di attività innovative, come ad esempio nell’agriturismo (520 aziende in
Emilia Romagna) e nelle fattorie didattiche (287), le cui imprese per il 35% del totale
sono condotte da imprenditrici. Va inoltre, registrato, come situazioni in crescita si
rilevano anche nel settore biologico, nelle produzioni di ‘nicchia’ Dop e Igp,
nell’ortofrutta e nella vitivinicoltura”.
La titolarità femminile si estende ormai anche alle imprese di medie dimensioni,
migliora il livello di istruzione delle donne titolari, si assiste ad una nuova attenzione da
parte di tante donne giovani verso l'’avventura’ della imprenditoria agricola. La
proporzione tra lavoro maschile e femminile è molto diversa a seconda delle categorie
di manodopera: l’incidenza delle donne risulta infatti preponderante nel ruolo di
“coniugi del conduttore”, con l’83,4% delle giornate di lavoro. La proporzione poi non
cambia molto da una provincia all’altra: in genere oscilla tra il 21 e il 24%. Solo in 3
province (Reggio Emilia, Ravenna e Ferrara) si scende al 19-20%, mentre Bologna
risulta la più ‘femminista’ con oltre il 25% delle aziende, e circa il 20% della Sau,
gestite da donne.
In questo contesto, le imprenditrici agricole possono svolgere una funzione significativa
nella tutela e nella valorizzazione delle produzioni locali, che hanno nella qualità e nella
133

tipicità le loro prerogative essenziali: la stessa vendita diretta di prodotti da parte delle
agricoltrici (sempre più diffusa e capillare), oltre a dare impulso al fattore della
territorialità, permette di avere un rapporto sempre più stretto tra agricoltura e
consumatori.
2.4.4. Le politiche di pari opportunità della Regione Emilia Romagna
L’impegno della Regione Emilia-Romagna a favore dell’imprenditoria femminile risale
alla L.R. 9/1994, con cui si offriva sostegno a progetti di nuova impresa considerando
come prioritari i progetti proposti da donne. Sul piano legislativo nazionale il
riferimento principale rimane la Legge 215/92 “Azioni positive per l’imprenditoria
femminile”, che ha come finalità esplicita il conseguimento della parità e di pari
opportunità nelle attività produttive e imprenditoriali attraverso disposizioni dirette a
favorire la creazione e lo sviluppo di imprese guidate da donne, a promuovere la
formazione imprenditoriale, ad agevolare l’accesso al credito per le imprese a
conduzione o a partecipazione prevalentemente femminile nei comparti innovativi.
La L. 215/92 rappresenta uno strumento specifico di sostegno all’imprenditorialità
femminile, ovvero concepito specialmente per raggiungere gli obiettivi di parità; a
questa categoria vanno evidentemente ascritti anche i documenti collegati, come i
Programmi Regionali per l’Imprenditoria Femminile (PRIF): il primo realizzatosi nel
periodo 2001-2003, il secondo, nel periodo 2003-2005 ed il terzo programma
attualmente in corso, 2006-2007.
Per quel che concerne nello specifico l’imprenditorialità, permane a livello regionale il
divario tra imprenditoria femminile e maschile al quale si fa fronte con politiche che
presentano specificità di genere, in sintonia con le caratteristiche del contesto regionale,
ed in grado di cogliere le specificità territoriali e gli elementi di forza del fare impresa al
femminile; politiche in grado di cogliere e valorizzare le differenze e che propongano
interventi tesi a promuovere una sempre maggiore partecipazione delle donne al
mercato del lavoro, in particolare promuovendo l’autoimpiego e la creazione d’impresa,
attraverso una migliore informazione, un maggiore accesso alle opportunità esistenti,
alla formazione professionale. 10
Le politiche più direttamente legate al mondo dell’impresa e del lavoro autonomo sono
state realizzate attraverso il Piano Triennale per le Attività Produttive 2003-2005: la
Regione ha puntato a raggiungere con maggiore efficacia gli obiettivi di: accrescere la
competitività e la qualità delle imprese e del sistema produttivo, focalizzando
l’intervento sulle strutture del sistema (sistemi del credito, fieristico, energetico,
telematico e della ricerca) e sui temi della finanza per lo sviluppo competitivo. Inoltre il
Piano si è rivolto al sostegno a progetti di investimento per l’innovazione, ai
programmi di ricerca industriale e di trasferimento tecnologico, alla generazione di
nuova imprenditorialità e crescita dell’esistente, alla qualificazione del lavoro
autonomo e delle professioni, all’internazionalizzazione e ampliamento delle reti.
Nell’ambito di queste iniziative, che si sono concretizzate nell’attivazione di strumenti
10 Regione Emilia Romagna, Programma regionale per l’imprenditoria femminile 2006-2007, Gennaio
2006. In particolare si fa riferimento alla valutazione degli interventi realizzati negli anni precedenti con i
fondi per l’imprenditoria femminile (Piano triennale per le attività produttive 2003-2005).
134

finanziari specifici e di Misure dedicate, grazie al lavoro svolto dal Tavolo Tecnico
Paula, sono state inserite priorità d’intervento tese a favorire proprio l’imprenditorialità
femminile che pertanto è entrata fra i temi su cui ha puntato il Piano Triennale. Infatti,
anche nella sua formulazione generale, il Piano Triennale pone attenzione alle strategie
volte a garantire pari opportunità attraverso il sostegno allo sviluppo delle imprese
femminili ed il costante miglioramento e consolidamento della parità uomo-donna. In
particolare con esso è stata sostenuta l’imprenditorialità femminile individuando
specifiche forme di supporto per le donne, nello specifico:
- alla Cooperazione (misura 2.2),
- negli Strumenti innovativi finanziari (misura 1.3 az.b),
- nella Qualità ed innovazione organizzativa (misura 2.1 az.a)
- per le Reti d’impresa (misura 2.1. Az.b);
- nei contributi ai lavoratori autonomi (misura 4.1.),
- per l’avvio d’impresa e innovazione tecnologica (misura 3.2. Az.b)
- nei fondi regionali per accesso al credito (misura 1.1. Az. A)
- sostegno alla crescita misura 1.2;
- nella creazione nuova impresa e ricambio generazionale misura 4.2 az.a
- nelle misure per la messa in rete dei servizi (misura 7.1).
Inoltre, fra le attività realizzate dal secondo Programma IF significativa è la
costituzione di un Tavolo InterAssesorile. Istituito con delibera di Giunta n.158 del 7
Febbraio 2005, ha come finalità l’elaborazione di politiche comuni di promozione e
sostegno all’imprenditorialità femminile e il coordinamento delle azioni messe in atto
dalla Giunta. Il tavolo si avvale per le proprie attività, dei contributi del Tavolo Tecnico
per l’imprenditoria femminile, ed è composto dall’Assessorato Attività Produttive;
l’Assessorato Formazione e Pari Opportunità, l’Assessorato Servizi Sociali.
Fra le politiche regionali poste per promuovere l’imprenditorialità delle donne si rileva
che le specificità territoriali e le differenti vocazioni o capacità produttive tra i territori
regionali, hanno inoltre determinato la necessità di attuare nelle aree assistite dai Fondi
strutturali (Obiettivi 5b e 2) molteplici azioni di animazione economica e di
orientamento verso donne e verso le realtà, per favorire l'avvio e lo sviluppo
dell’imprenditorialità, secondo gli indirizzi espressi dall’Unione Europea, con la
finalità di valorizzare la risorsa femminile facilitando e accompagnando la creazione
d’impresa.
Il programma Obiettivo 2, oggi in fase di chiusura del periodo di programmazione
2000-2006, è uno strumento di programmazione finalizzato all’utilizzo dei Fondi
Strutturali, per promuovere politiche di coesione socio-economica dei territori
caratterizzati da problemi strutturali. Il Programma Obiettivo 2 “Riconversione
economica e sociale di aree con difficoltà Strutturali” è attivo solo in una parte del
territorio della Regione, ed ha previsto finanziamenti su due fronti:
- Asse 1: sostegno alle imprese
- Asse 2: sviluppo locale
135

I finanziamenti dell’Asse 1
I finanziamenti per il sostegno alle imprese vengono assegnati attraverso bandi
regionali. Questi fanno riferimento a misure relative ad ambiti economici ritenuti
strategici per il sistema produttivo delle aree interessate.
Misura
1.1
Sviluppo
delle
attività
produttive
Misura 1.2 Misura 1.3A e
1.3B
Innovazione e Riqualificazione
qualificazione e sviluppo delle
imprenditoriale imprese
della piccola turistiche e
impresa commerciali.
Misura 1.4A, 1.4B e
1.4C
Sviluppo
dell’autoimprenditorialità
e microimpresa
Misura
1.5
Sostegno
allo startup
di
imprese
innovative
Misura
1.6
Sviluppo di
progetti di
innovazione
e ricerca.
I finanziamenti dell' Asse 2
L'Asse 2 prevede azioni di tipo pubblico che, nel rispetto delle specificità territoriali,
mirano a migliorare lo sviluppo armonico del territorio, stimolandone le potenzialità e
facilitandone l'integrazione nell'ambito regionale. Al fine di individuare le reali
esigenze, per poi procedere con azioni mirate, è stato stilato un Piano di Sviluppo
Locale (PSL) su base provinciale.
Misura 2.2 Misura 2.3
Valorizzazione della risorsa montagna. Qualificazione avanzata del sistema produttivo
dell’area a sostegno della pianura.
Il Piano Regionale di Sviluppo Rurale (PRSR) 2000-2006 in attuazione del Reg. (CE) n.
1257/99 è finalizzato al consolidamento dello sviluppo delle aree rurali in un quadro di
crescita armonica dal punto di vista economico e sociale, nel rispetto di una logica
attenta alla tutela ed alla valorizzazione delle risorse ambientali.
Relativamente al principio delle Pari Opportunità, l’Asse 1 - Sostegno alla competitività
delle imprese si integra con esso in quanto promuove la creazione di nuove opportunità
di lavoro e il rafforzamento della struttura produttiva creando le condizioni favorevoli
ad una maggiore occupabilità anche delle donne. Gli obiettivi dell’Asse 3 – Sviluppo
locale integrato si integrano con il principio delle Pari opportunità in quanto prevedono
la possibilità di realizzare un complesso di servizi che da una parte offra nuove
opportunità occupazionali alle donne e che allo stesso tempo migliora e qualifica le
condizioni della vita e di lavoro in queste aree. Tuttavia il Piano non ha previsto azioni
specifiche a favore delle donne nella identificazione delle azioni progettuali, né dal
punto di vista della capacità di incidere direttamente sulle condizioni di lavoro e di vita
delle donne nelle aree rurali, né dal punto di vista della promozione dell’imprenditoria
femminile.
Il programma Leader Plus dell’Emilia Romagna assegna un ruolo primario nella
rimozione degli ostacoli allo sviluppo in ambito rurale all’emersione di quelle figure
sociali che normalmente non sono protagoniste esplicite delle dinamiche
socioeconomiche. Per le pari opportunità il programma si impegna ad attuare politiche
attive per favorire l’accesso alle opportunità sviluppo e di crescita professionale alle
donne.
136

Tra gli strumenti a sostegno dell’imprenditoria femminile è importante annoverare i
finanziamenti erogati sulla base della normativa regionale gestita dalle Amministrazioni
provinciali, ovvero secondo quelle leggi regionali la cui attività è stata delegata
totalmente alle Province (2001), restando alla Regione solo la funzione di
coordinamento e di controllo.
Si fa riferimento, in particolare, alla L.R. 20/94 “Norme per la qualificazione
dell’impresa artigiana” e alla L.R. 41/97 “Interventi nel settore del commercio per la
valorizzazione e la qualificazione delle imprese minori della rete distributiva.
Abrogazione della L.R. 49/94”. Si tratta di forme di sostegno all’impresa che spesso
non prevedono punteggi aggiuntivi/priorità ma che favoriscono concretamente l’impresa
femminile.
Per quanto attiene alle iniziative di assistenza tecnica per la costruzione di imprese, la
Regione Emilia Romagna ha favorito l'attivazione di servizi sul piano regionale da
parte di soggetti differenziati (Camere di Commercio, Enti di ricerca, Associazioni di
categoria e soprattutto Enti pubblici e Università). Nell’ambito delle politiche di genere
di particolare rilievo sono gli interventi relativi allo sviluppo delle competenze dei
lavoratori atipici (in questo settore la presenza femminile è maggiore di quella
maschile) e le politiche di emersione del lavoro irregolare; nell’ambito dello spin-off
accademico e della ricerca, della finanza innovativa per le nuove imprese. Nella legge
regionale n.3 “Riforma del sistema regionale e locale” la Regione Emilia-Romagna ha
inteso evidenziare la necessità di sostenere ”la creazione di nuove imprese e la
successione nella conduzione di impresa, in particolare a favore dell’imprenditorialità
giovanile e femminile. Infine, in coerenza con l'ampliamento del fenomeno del lavoro
cd. "atipico", si è riproposta la Misura a supporto dello sviluppo di soggetti iscritti al
fondo separato INPS, collaboratori e partite IVA. Strumento finanziario dedicato
all’avvio e/o sviluppo di progetti professionali di lavoro autonomo che ha previsto fra le
agevolazioni, forme di sostegno alla conciliazione.
In aiuto delle donne che desiderano intraprendere, esistono inoltre sportelli specifici
presso le Camere di commercio dai quali è possibile ottenere informazioni riguardo le
leggi regionali e le agevolazioni per l’imprenditoria femminile. Esistono altri sportelli
nel territorio regionale, attivati dalle Province, che sono dedicati alle politiche di genere
ed offrono informazioni relative alle Pari opportunità, all’orientamento ed alla
formazione professionale per la creazione d’impresa.
Una leva fondamentale delle politiche a supporto dello sviluppo dell’imprenditoria
femminile e del lavoro autonomo, è senza dubbio la formazione, dato che rappresenta lo
strumento principe con il quale le stesse donne si appropriano di strumenti operativi,
tecnici e culturali per affrontare la sfida del fare impresa, con una consapevolezza nuova
che rafforza sia la scelta che le potenzialità di successo e permanenza. Le politiche di
sostegno alla formazione e al lavoro adottano un approccio di genere alle problematiche
del fare impresa, lavoro autonomo e dei percorsi di carriera. Tale approccio, unito ad
una lettura in chiave di integrazione orizzontale delle pari opportunità, rappresentano le
grandi direttrici ispiratrici dell’Asse E “Misure specifiche intese a migliorare l’accesso
e la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, compreso lo sviluppo delle
carriere e l’accesso a nuove opportunità di lavoro e all’attività imprenditoriale e a
ridurre la segregazione verticale e orizzontale fondata sul sesso nel mercato del
137

lavoro”, in particolare è richiamata la Misura E.1 “promozione della partecipazione
femminile al mercato del lavoro”, del Piano Formativo Regionale FSE ob.3 2000-2006.
La promozione dell’imprenditorialità femminile si è realizzata attraverso una gamma
pressoché completa di azioni e sulla base di un finanziamento che, nel complesso,
rappresenta una quota pari al 4,8% delle risorse messe a disposizione dal POR nel corso
del periodo 2000-2005 (tale impegno finanziario comprende i contributi concessi a un
numero considerevole di progetti per l’imprenditorialità concepiti in maniera
indifferenziata intercettando comunque l’utenza femminile).
La logica del mainstreaming di genere ha operato in maniera evidente (76% circa dei
progetti e delle destinatarie) originando una serie molto estesa di iniziative per
l’inserimento, il reinserimento e il consolidamento occupazionale delle donne in
un’ottica imprenditoriale, soprattutto attraverso l’Asse D: progetti per la creazione
d’impresa, azioni formative, volte specialmente all’aggiornamento professionale e al
consolidamento delle competenze acquisite.
Il bacino d’utenza è composto principalmente da donne imprenditrici, aspiranti
imprenditrici, lavoratrici autonome e atipiche. È importante rilevare che all’interno della
misura E1 sono stati attivati percorsi di orientamento, di qualificazione e certificazione
delle competenze, di formazione per il sostegno delle lavoratrici atipiche. Il
coinvolgimento dell’utenza femminile attraverso il FSE Ob. 3 è evidente nei settori in
cui la presenza femminile è tradizionalmente più forte (erogazione di servizi nel
terziario).
In tal senso, meritano una menzione particolare le attività svolte nell’ambito della
Sovvenzione Globale “Spinner” (per le Misure D3 “Imprenditorialità” e D4
“Innovazione”). 11
Per quanto riguarda la strategia generale, l’attenzione centrale dell’attività Spinner è
stata rivolta alla persona ed all’accrescimento delle sue competenze/conoscenze, in
modo da generare impatti positivi su qualificate possibilità di impiego, con speciale
riferimento alla nuova imprenditorialità innovativa ed alle aree funzionali della ricerca e
sviluppo e trasferimento tecnologico. 12
Nello specifico della Sovvenzione Globale “Creazione d’impresa”, riferita all’azione 1
“Economia della Conoscenza finalizzata a creare e sostenere un concreto collegamento
11 Il Consorzio Spinner, individuato con Delibera 1411 del 31 luglio 2000 quale Organismo
Intermediario, persegue il conseguimento degli obiettivi strategici contenuti nelle misure D3 e D4 del
POR Ob. 3 FSE 2000/2006 della Regione Emilia Romagna. La Sovvenzione Globale Spinner è regolate
da tre distinte convenzioni attuative: per la prima annualità repertorio n. 2.361 del 11 gennaio 2001, per la
seconda e terza annualità repertorio n. 2.744 del 20 dicembre 2001 e per la quarta, quinta e sesta annualità
repertorio n. 2.935 del 18 giugno 2003, stipulata in anticipo a seguito dei positivi risultati raggiunti nel
primo triennio di sperimentazione.
12 Il Consorzio Spinner ha messo a punto un “modello” di intervento oramai consolidato e replicabile su
materie complesse, come il sostegno ad una economia regionale basata sulla conoscenza, il ricambio
generazionale e l’emersione del lavoro sommerso, utilizzando per la prima volta strumento della
Sovvenzione Globale in ambito FSE, modello che si è rivelato efficace ed originale nello scenario italiano
ed internazionale, tanto da essere poi replicato in altri contesti regionali.
138

tra mondo della conoscenza e sviluppo territoriale in modo da trasformare le
competenze tecnico-scientifiche in elemento trainante di imprenditorialità; l’obiettivo è
stato perseguito erogando a singoli beneficiari un pacchetto di servizi e di agevolazioni
necessari al completamento di progetti relativi a Idea d’Impresa Innovativa (in breve
ID), di Trasferimento Tecnologico, Ricerca e Sviluppo precompetitivo entrambe (in
breve TT), di Ricerca e Sviluppo precompetitivo (RS) e di Ricerca e Trasferimento
Tecnologico (RT).
Nella tabella seguente viene riporta la sintesi dei risultati raggiunti con riferimento alla
partecipazione femminile.
Destinatari beneficiari coinvolti nell’Azione 1 Spinner per genere, classi di età e titolo di studio (val.%)
Misura D.3 Misura D.4 Totale
Genere ID Altri D3 TT RS RT Altri D4 D.3 D.4 Spinner
Uomini 66,3 76,2 85,0 63,9 52,6 56,7 67,0 57,7 63,5
Donne 33,7 23,8 42,0 36,1 47,4 43,3 33,0 42,3 36,5
Classe di età
20 – 24 5,6 9,5 6,6 5,6 7,9 18,3 5,8 9,2 7,1
25 – 29 37,5 27,0 71,3 75,0 55,3 76,7 36,8 71,6 49,8
30 – 34 25,7 39,7 18,4 13,9 36,8 4,2 26,7 16,2 22,8
35 – 44 19,9 17,5 3,7 5,6 - 0,8 19,8 3,0 13,5
45 – 49 3,4 3,2 - - - - 3,4 2,1
50 e oltre 7,8 3,2 - - - - 7,5 4,7
Titolo di studio
Diplomati 18,5 12,7 16,7 2,8 13,2 0,8 18,1 12,0 15,8
Laureati 81,5 87,3 83,3 97,2 86,8 99,2 81,9 88,0 84,2
Totale ammessi 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale ammessi (v.a..) 843 63 348 36 38 120 906 542 1.148
Legenda
Misura D.3: DI= idee d'impresa; AltriD3= AC Aftercare (III e IV) e progetti IOM (solo V bando)
Misura D.4: TT= Progetti di trasferimento tecnologico; RS= Progetti di ricerca e sviluppo precompetitivo (III e IV bando); RT= Progetti di
ricerca e trasferimento tecnologico (III e IV bando); Altri D4= PL Premi di laurea (solo I bando) e Progetti IOM (solo V bando)
2.4.5. Le politiche di conciliazione e l’impresa
La parità tra donne e uomini rappresenta un valore comune dell’UE e una condizione
necessaria per il conseguimento degli obiettivi comunitari di crescita, occupazione e
coesione sociale. Numerose donne hanno raggiunto i più alti livelli d’istruzione, sono
entrate nel mercato del lavoro e svolgono ruoli importanti nella vita pubblica. Tuttavia,
le disuguaglianze permangono e potrebbero aggravarsi poiché l’incremento della
concorrenza economica su scala mondiale richiede una forza lavoro più mobile e
flessibile. Tali esigenze possono pregiudicare maggiormente le donne, spesso costrette a
scegliere tra figli e carriera a causa della scarsa flessibilità degli orari di lavoro e dei
servizi di custodia dei bambini, del persistere degli stereotipi di genere nonché
dell’ineguale carico di responsabilità familiari rispetto agli uomini. I progressi compiuti
dalle donne in settori chiave della strategia di Lisbona come l’istruzione e la ricerca,
non si riflettono pienamente nella posizione delle donne nel mercato del lavoro.
Per questo, la Commissione Europea ha adottato, il 1° Marzo 2006, “Una tabella di
marcia per l’eguaglianza tra donne e uomini” per il periodo 2006-2010. Tale tabella di
marcia traccia la strada per nuove azioni da affiancare a quelle esistenti e riflette
139

l’impegno e la determinazione della Commissione nell’accelerare il progresso verso una
vera uguaglianza. La tabella di marcia fissa sei aree prioritarie per le azioni dell’Unione
Europea sull’uguaglianza di genere per il periodo 2006-2010: pari indipendenza
economica per donne e uomini; facilitare la conciliazione tra vita privata, lavorativa e
familiare; pari rappresentanza nelle posizioni decisionali; sradicamento di tutte le forme
di violenza di genere; eliminazione degli stereotipi di genere; promozione
dell’uguaglianza di genere nelle politiche estere e di sviluppo.
Le donne costituiscono in media il 30% degli imprenditori dell’UE. Spesso esse
affrontano maggiori difficoltà rispetto agli uomini nell’avviare un’impresa e
nell’accedere ai finanziamenti. È necessario, quindi, favorire l’avvio di imprese da parte
di donne mediante un migliore accesso ai finanziamenti e lo sviluppo di reti di
imprenditori.
I sistemi di protezione sociale dovrebbero eliminare i disincentivi che dissuadono le
donne e gli uomini dall’entrare o dal rimanere nel mercato del lavoro. A tutt’oggi, è
ancora più probabile che le donne abbiano carriere più brevi o più frequenti interruzioni
di carriera rispetto agli uomini. Questo aumenta il rischio di povertà, in particolare per
le famiglie monoparentali, per le donne più anziane o le donne che lavorano in imprese
a conduzione familiare.
Le politiche di conciliazione dovrebbero aiutare a creare un’economia flessibile,
migliorando nel contempo la qualità della vita delle donne e degli uomini. Dovrebbero
aiutare le persone ad entrare e restare nel mercato del lavoro, utilizzando appieno il
potenziale della forza lavoro. Tuttavia, il fatto che siano le donne ad utilizzare tali
strumenti molto più degli uomini, crea uno sbilanciamento che ha ripercussioni negative
sulle donne sia sulla posizione nel posto di lavoro che in relazione alla loro
indipendenza economica.
La Commissione Europea definisce la conciliazione come “l’introduzione di sistemi che
prendono in considerazione le esigenze della famiglia, di congedi parentali, di soluzioni
per la cura dei bambini e degli anziani, e lo sviluppo di un contesto e di
un’organizzazione tali da agevolare la conciliazione delle responsabilità lavorative e di
quelle familiari per le donne e gli uomini”. In ambito europeo, le prime azioni
intraprese a favore della conciliazione, sono rappresentate da informative e
raccomandazioni, promosse affinché i diversi Paesi membri adottassero misure in grado
di accordare vita professionale e familiare. Ciò in vista di un nuovo modello di
organizzazione del lavoro, che favorisca il coinvolgimento e la permanenza delle donne
nelle misure di politica attiva del lavoro e sostenga modelli di genere, maschile e
femminile, meno rigidi.
La promozione della presenza femminile nel mondo del lavoro pone con forza il tema
della conciliazione tra vita professionale e familiare. Il concetto nasce dall’esigenza di
favorire, attraverso l’individuazione dei fattori critici che impediscono la piena
partecipazione delle donne al mercato del lavoro, le politiche più opportune a ridurre o
meglio rimuovere tali criticità. In questo ambito, in Italia, l’approvazione della Legge
53/ 2000 “Disposizioni per sostenere la maternità e la paternità e per armonizzare i
tempi di lavoro, di cura e della famiglia”, ha recepito la direttiva sui congedi parentali
(96/34/CE) sottolineando la parità di diritto e, dunque, la condivisione delle scelte di
sospensione del percorso lavorativo, del padre e della madre, non solo perché rivolta sia
alle donne che agli uomini, ma anche per il numero di istituti coinvolti.
In Italia, la legge, in particolare, fino ad oggi ha finanziato:
140

− azioni articolate per consentire alla lavoratrice madre o al lavoratore padre, anche
quando uno dei due sia lavoratore autonomo, ovvero quando abbiano in affidamento
o in adozione un minore, di usufruire di particolari forme di flessibilità degli orari e
dell'organizzazione del lavoro (tra cui part-time reversibile, tele-lavoro e lavoro a
domicilio, orario flessibile in entrata o in uscita, banca delle ore, flessibilità sui
turni, orario concentrato, con priorità per i genitori che abbiano bambini fino a otto
anni di età o fino a dodici anni, in caso di affidamento o di adozione);
− programmi di formazione per il reinserimento dei lavoratori dopo il periodo di
congedo;
− progetti che consentano la sostituzione del titolare di impresa o del lavoratore
autonomo, che benefici del periodo di astensione obbligatoria o dei congedi
parentali, con altro imprenditore o lavoratore autonomo.
In particolare, le tipologie di azioni finanziate dal Fondo Sociale Europeo (FSE) si sono
concentrate prevalentemente sull’Asse/Misura specificamente volti a promuovere le pari
opportunità tra uomini e donne (Asse E per l’Ob.3 e Policy field E per l’Ob.1). Esse
hanno per lo più riguardato la predisposizione e attivazione di servizi di cura rivolti
all’infanzia e agli anziani finalizzati a favorire la conciliazione; azioni di
accompagnamento per la rimodulazione dell’orario di lavoro e l’innovazione dei
modelli organizzativi, nonché misure di sostegno/servizi per consentire l'accesso e la
permanenza delle donne nel mercato del lavoro.
Nello stesso tempo, l’analisi dell’attuazione ha messo in evidenza come siano ancora le
azioni più tradizionali, quelle cioè di formazione professionale finalizzata
all’inserimento lavorativo, a giocare il ruolo più rilevante tra gli interventi rivolti alla
popolazione femminile.
La Regione Emilia-Romagna ha perseguito la finalità di diffondere la normativa di
conciliazione sancita dalla legge nazionale 53/2000 che ha come obiettivo quello di
creare un contesto legislativo e sociale che favorisca le aziende nel difficile intento di
rendersi “organizzazioni amiche” in grado di raggiungere contemporaneamente il
successo del prodotto e il benessere delle persone. La legge 53/2000 mira a promuovere
un equilibrio tra tempi di lavoro, di cura, di formazione e di relazione mediante
“l’istituzione dei congedi dei genitori, l’istituzione dei congedi per la formazione
continua”. Questo dato è in parte confermato dal fatto che il numero maggiore di
imprenditrici è concentrato nella fascia d’età compresa fra i 30 e i 49 anni (il 52%) ossia
quando, avendo già accumulato esperienza e competenze, si decide di avviare
un’attività autonoma per mettere a valore i propri talenti. (Rapporto sull’economia e il
lavoro, 2006).
L’art.9 della legge 53/2000 prevede l’erogazione di contributi in favore di aziende che
attuino progetti riferibili a tre tipologie d’azione, tutte accomunate dalla medesima
preoccupazione di facilitare la conciliazione tra gli impegni e le esigenze di lavoro e
quelli connessi alla cura dei familiari: a) progetti articolati per consentire alla lavoratrice
madre o al lavoratore padre, anche quando uno dei due sia lavoratore autonomo, ovvero
quando abbiano in affidamento o in adozione un minore, di usufruire di particolari
forme di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, tra cui part time
reversibile, telelavoro e lavoro a domicilio, orario flessibile in entrata o in uscita, banca
delle ore, flessibilità sui turni, orario concentrato, con priorità per i genitori che abbiano
bambini fino ad otto anni di età o fino a dodici anni, in caso di affidamento o di
141

adozione; b) programmi di formazione per il reinserimento dei lavoratori dopo il
periodo di congedo; c) progetti che consentano la sostituzione del titolare di impresa o
del lavoratore autonomo, che benefici del periodo di astensione obbligatoria o dei
congedi parentali, con altro imprenditore o lavoratore autonomo.
2.5 La programmazione attuativa della Regione e delle Province: Por 2000-2006
2.5.1 Analisi e contenuto dei bandi
L’analisi dei bandi di gara presentati per la realizzazione delle azioni definite nel Por
regionale, assolve all’obiettivo primario di individuare il necessario termine di
confronto per misurare il divario tra quanto l’Autorità di gestione si era prefissato di
realizzare e quanto è stato effettivamente concretizzato attraverso l’attuazione e lo
sviluppo dei progetti. La lettura degli avvisi/bandi di “ultima generazione” fa emergere
sia l’eterogeneità delle esperienze sia le convergenze realizzate su alcuni aspetti e/o
tematiche che risultano nodali in relazioni alle finalità delle misure. Dall’analisi degli
avvisi delle annualità 2004-2005 e il bando multimisura 2006, emergono elementi che
tendono a connotare in maniera specifica gli obiettivi specifici dei soggetti gestori
(regione e provincie) anche se con diversi livelli di articolazione e approfondimento.
Una prima osservazione relativa alle caratteristiche dei bandi emessi nell’ultimo periodo
di programmazione, ci permette di classificare le attività programmate, attraverso una
ricognizione generale delle azioni individuate in seno alla misura.
MISURA
A.2
MISURA
B.1
MISURA
C1
Bando Regione Emilia Romagna 2004-2005
Azione 2
Azioni integrate finalizzate all’outplacement e al reinserimento lavorativo dei
disoccupati e dei lavoratori in CIG straordinaria e contratti di solidarietà.
Azione 3
Implementazione e consolidamento di un sistema integrato di servizi e di azioni a
supporto dell’inserimento lavorativo di persone immigrate. L’intervento, rivolto ai
lavoratori titolari di permesso di soggiorno, si articola attraverso le seguenti azioni
integrate: Trasferimento dei servizi di informazione e consulenza (sportelli) nei
territori provinciali; Azioni di accompagnamento e supporto all'inserimento lavorativo
e sul lavoro, integrate con percorsi formativi personalizzati; Supporto all’inserimento
lavorativo; Consulenza giuridica, amministrativa ed organizzativa di supporto ai
servizi per l’impiego, alle imprese, ai lavoratori, alle parti sociali in merito all’ingresso
e alla regolare permanenza nel territorio regionale; Azioni sperimentali di supporto
all’avvio di cooperative ed imprese sociali promosse dagli immigrati;
Azione 1
Implementazione di modelli di diffusione della cultura tecnica, del lavoro, delle nuove
tecnologie, dell'impresa, anche attraverso l'utilizzo di nuove strumentazioni
comunicative, in un'ottica di genere
Azione 7
Finanziamento di servizi per le imprese emiliano-romagnole. L’azione è finalizzata
alla realizzazione di servizi di consulenza a favore delle imprese localizzate nel
territorio regionale, tramite il finanziamento di progetti promossi dalle associazioni di
categoria e realizzate da strutture accreditate o da loro società di servizio che possono
prevedere anche la concessione di voucher per l’acquisizione di tali servizi da parte
delle imprese o l’erogazione diretta del servizio.
142

MISURA
D1
MISURA
E1
MISURA
A.2
MISURA
B.1
MISURA
C1
Azione 2
Formazione di professionalità nelle imprese e nel lavoro autonomo per la ricerca,
l’innovazione di prodotto e il trasferimento tecnologico, in particolare nel settore del
multimediale, della net economy e della logistica; Sviluppo organizzativo e
valorizzazione delle figure strategiche nelle PMI; Strumenti e sostegno alla crescita
manageriale dell'artigianato e delle PMI.
Azione 3
Attività di formazione mirata e azioni integrate a sostegno dei lavoratori atipici, in
particolare prevedendo l’erogazione di voucher formativi e di servizio.
Azione 2
Orientamento di genere nell’età dell'obbligo formativo. L’obiettivo dell’azione è
quello di realizzare modalità di orientamento e didattico/formative differenziate, per il
superamento della segregazione orizzontale, di stereotipi di genere e per indirizzare le
ragazze a reali condizioni di pari opportunità nella formazione e nel lavoro.
Progettazione di azioni di sensibilizzazione anche per i ragazzi sulle differenze di
genere, i lavori di cura e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;
Azione 3
Sostegno all'inserimento lavorativo delle donne, comprese le lavoratrici atipiche, e ai
percorsi di carriera.
Azione 4
Interventi mirati al sostegno della conciliazione tra le esigenze relative ad attività
lavorative e formative e quelle derivanti da impegni familiari; Azioni formative
rivolte a mediatori culturali per stimolare la riflessione sugli aspetti di genere
dell’integrazione.
Azione 6
Percorsi di formazione per il lavoro, l’autoimpiego e a sostegno dell’acquisizione di
autonomia delle donne.
Azione 1
Bando Multimisura Regione Emilia Romagna 2006
Azioni integrate finalizzate all’outplacement e al reinserimento lavorativo dei
disoccupati e dei lavoratori in CIG straordinaria e contratti di solidarietà;
realizzazione di pacchetti personalizzati per il rientro al lavoro, attività di
orientamento, pre-selezione, formazione, stage, supporto alla ricerca autonoma di
lavoro, consulenza per la costruzione di business plan individuali e collettivi, ecc.
Azione 1
Sostegno all’offerta che opera su bacini di utenza di livello nazionale, sovra-regionale
o regionale, tramite il finanziamento di interventi integrati, di formazione, work
experiences, tirocini, ecc. volti a particolari categorie svantaggiate (handicap fisici e
mentali medio-gravi e gravi, tossicodipendenti in fase di recupero, problemi di
dipendenza di altra natura, ecc.).
Azione 3
Implementazione e consolidamento di un sistema integrato di servizi e di azioni a
supporto dell’inserimento lavorativo di persone immigrate.
Azione 1
Progettazione, implementazione, diffusione di buone prassi, compresi percorsi
formativi sperimentali in attuazione della L.R. n. 12/2003, e consolidamento di
iniziative a sostegno della qualificazione degli operatori nei settori interessati da
interventi legislativi innovativi e da programmi finalizzati in particolare allo sviluppo
di attività e produzioni eco-compatibili, eco-efficienti, sviluppo sostenibile e
valorizzazione del paesaggio.
Azione 2
143

MISURA
D1
MISURA
E1
Interventi di sostegno finalizzati alla valorizzazione della tradizione gastronomica e
dei prodotti tipici dei territori emiliano-romagnoli.
Azione 1
Sostegno di percorsi formativi mirati ed individualizzati con l’obiettivo di
salvaguardare la posizione lavorativa all’interno dell’impresa ed il ruolo nel processo
produttivo aziendale;
Azione 2
Interventi formativi e di sistema, e messa in campo di strumenti a sostegno
dell’innovazione, della competitività, dell’internazionalizzazione e dello sviluppo delle
imprese, in particolare di quelle localizzate nei distretti industriali, nei programmi
d’area della Regione, nei settori interessati da profonde trasformazioni organizzative e
produttive, quali ad esempio l’agricoltura, ecc.
Azione 3
Finanziamento di servizi per le imprese emiliano-romagnole. L’azione è finalizzata
alla realizzazione di servizi di consulenza a favore delle imprese localizzate nel
territorio regionale, tramite il finanziamento di progetti promossi dalle associazioni di
categoria e realizzate da strutture accreditate
Azione 4
Implementazione di modelli di diffusione della cultura tecnica, del lavoro, di nuove
tecnologie, dell'impresa, mediante l'utilizzo di nuove tecnologie comunicative anche in
un'ottica di genere.
Azione 5
Azione di sostegno, anche attraverso assegni di ricerca, allo sviluppo e alla pratica
dell’innovazione manageriale trasferendo nei processi aziendali nuovi modelli e
strumenti organizzativi avanzati che favoriscano prioritariamente l’eccellenza
gestionale delle micro e PMI.
Azione 6
Azioni di sostegno alle imprese, o reti di imprese, per l’attivazione di iniziative
inerenti il tema della responsabilità sociale
Azione 2
Sostegno all'inserimento lavorativo delle donne e ai percorsi di carriera, in particolare
attraverso azioni di promozione e rafforzamento dell’imprenditoria femminile e del
lavoro autonomo delle donne. Azioni, inoltre, di sostegno alla creazione di impresa di
donne e al trasferimento tecnologico, anche mediante l’erogazione di “assegni di
ricerca”.
Azione 3
Costruzione di una rete per il sostegno ai bisogni di conciliazione delle donne
occupate, in cerca di occupazione, in formazione.
Azione 4
Interventi a sostegno dell’integrazione sociale e lavorativa di donne in situazione di
estrema povertà; percorsi di formazione per il lavoro, l’autoimpiego e a sostegno
dell’acquisizione di autonomia delle donne.
L’analisi dei bandi in esame evidenzia che:
− gli avvisi relativi al bando 2004-2005, sono in larga parte riferiti alle misure di
azioni rivolte a supportare politiche della formazione e del lavoro, finalizzate ad
integrare e realizzare servizi di orientamento, consulenza, informazione,
accompagnamento alla formazione e al lavoro, soprattutto con riferimento a target di
lavoratori/ci, disoccupati/te con percorsi formativi personalizzati. Una logica di
intervento che prevede inoltre azioni a supporto dell’inserimento lavorativo
personalizzato di persone immigrate attraverso azioni sperimentali di supporto
144

all’avvio di cooperative ed imprese sociali. Le azioni rivolte al mondo
dell’imprenditoria sono articolate su percorsi formativi volti a rafforzare la
professionalità degli imprenditori/ci in particolare con riferimento ai settori
innovativi ad alto contenuto tecnologico. Lo sviluppo manageriale nelle Pmi è
considerato strategico nell’ambito delle azioni messe a bando, anche con riguardo
alle figure professionali che operano all’interno delle aziende e nei vari settori di
attività economica. Le politiche di genere, anche se interessano trasversalmente tutte
le misure, trova maggiormente attuazione nell’ambito della misura E1; l’obiettivo
delle azioni messe a bando è quello di realizzare modalità di orientamento e
consulenze didattico/formative differenziate, per il superamento della segregazione
orizzontale, di stereotipi di genere e per indirizzare le donne a reali condizioni di
pari opportunità nella formazione e nel lavoro. Le azioni proposte perseguono due
obiettivi: a) favorire percorsi di formazione per il lavoro, l’autoimpiego e a
sostegno dell’acquisizione di autonomia delle donne; b) sostenere interventi mirati
alla conciliazione tra le esigenze relative ad attività lavorative e formative e quelle
derivanti da impegni familiari;
− la lettura degli avvisi, relativi all’ultima annualità, fa emergere sia l’eterogeneità
delle esperienze sia le convergenze che si sono realizzate nel corso della
programmazione su alcuni aspetti che risultano nodali in relazione alle strategie di
politiche attive per il lavoro e dello sviluppo d’impresa (orientamento, consulenza
per l’utenza, tirocini formativi, inserimento/reinserimento lavorativo, percorsi
formativi personalizzati), coinvolgendo nello specifico, diversi soggetti che si
apprestano ad entrare nel mercato del lavoro, adulti da riallocare o mantenere nel
mercato del lavoro, giovani, immigrati, disoccupati/e di lunga durata, lavoratori in
Cig o iscritti nelle liste di mobilità). La policy sull’imprenditorialità viene
puntualmente esplicitata con una adeguata rappresentazione rispetto ai temi
ricorrenti nelle tipologie di azione delle misure: azioni integrate finalizzate alla
realizzazione di pacchetti personalizzati per il rientro al lavoro, attività di
orientamento, pre-selezione, formazione, stage, supporto alla ricerca autonoma di
lavoro, consulenza per la costruzione di business plan individuali e collettivi, ecc.
L’impegno a definire in modo più articolato gli interventi legati al mondo delle
imprese, in termini di azioni, si traduce spesso in strategie operative altrettanto
puntuali e diversificate; ciò avviene, in effetti, soprattutto nel caso degli interventi
rivolti a interventi formativi e di sistema a sostegno dell’innovazione, della
competitività, dell’internazionalizzazione e dello sviluppo delle imprese, in
particolare di quelle localizzate nei distretti industriali, nei programmi d’area della
Regione, nei settori interessati da profonde trasformazioni organizzative e
produttive, quali ad esempio l’agricoltura, ecc. La tematica di genere trova
puntualmente attuazione nelle azioni messe a bando e volte e sostenere
l'inserimento lavorativo delle donne ai percorsi di carriera, in particolare attraverso
azioni di promozione e rafforzamento dell’imprenditoria femminile e del lavoro
autonomo delle donne. Azioni, inoltre, di sostegno alla creazione di impresa di
donne e al trasferimento tecnologico, anche mediante l’erogazione di “assegni di
ricerca”.
145

2.5.2. Lo sviluppo dell’imprenditorialità alla luce degli interventi cofinanziati dal FSE
L’analisi dello stato di attuazione del POR della Regione Emilia-Romagna a fine 2006
mostra che tutte le misure hanno costituito oggetto (tenendo conto della ripartizione
delle competenze e delle risorse finanziarie tra gli organismi attuatori) di una pluralità di
avvisi pubblici, in parte a carattere multimisura. In particolare, sia la Regione che le
Province hanno emesso bandi e avvisi pubblici su tutte le misure di propria competenza.
A fronte di una continua crescita di nuove imprese, il contributo del FSE al
perseguimento della politica generale può essere considerato sulla base dei seguenti
ambiti di valutabilità: le informazioni relative agli interventi di sensibilizzazione,
informazione, orientamento, consulenza e formazione indirizzati agli aspiranti
imprenditori, al fine di comprenderne le caratteristiche e l’ampiezza.
Il sostegno all’imprenditorialità consiste in una serie di azioni e interventi volti
innanzitutto alla sensibilizzazione, all’informazione e alla diffusione della cultura
d’impresa, in secondo luogo all’orientamento, alla consulenza e alla formazione
personale. Gli interventi finanziati sulla policy rappresentano una quota pari a poco più
del 5% delle risorse messe a disposizione dal POR nel corso del periodo 2000-2006
(tale impegno finanziario comprende i contributi concessi a un numero considerevole di
progetti per l’imprenditorialità concepiti in maniera indifferenziata intercettando
comunque l’utenza femminile).
La politica sullo sviluppo di impresa si sviluppa all’interno delle diverse misure previste
dal POR con un notevole grado di trasversalità (9 misure coinvolte), trovando però il
suo riferimento operativo nelle misure D1, D3 che comprendono la maggior parte delle
attività specificamente rivolte all’imprenditorialità, e nella misura E1, a conferma
dell’attenzione di cui godono le pari opportunità in quanto campo d’azione trasversale
del FSE.
I principali dati fisici e finanziari di attuazione mostrano come al 31.12.2006 il numero
di attività presentate, a valere sui bandi regionali e provinciali, e su quelli degli
Organismi intermediari delle SG, sia risultato pari a 50.299, per un costo totale che si è
attestato ad oltre 2.643 milioni di euro. A fronte di tali valori, la Regione, le Province e
gli Organismi Intermediari hanno approvato attività per un numero complessivo pari a
27.830 a cui corrisponde un costo totale pari a oltre 1.407 milioni di euro.
I progetti sulla nuova imprenditorialità, riferiti al periodo 2004-2006 rappresentano il
3.9 % del totale dei progetti approvati a livello di Programma Operativo nel periodo in
esame: si tratta di 423 progetti su un totale di 10847 per un costo totale che si è attestato
oltre i 2 milioni di euro (pari al 3.9% del periodo in esame). Nella formazione per la
creazione d’impresa si realizza l’impegno finanziario maggiore, mentre decisamente più
contenuto è l’impegno finanziario nelle altre aree di intervento individuate in seno alla
policy.
Tab.12. Emilia Romagna: impegno di spesa per tipo di intervento (2004-06)
Imprenditorialità Totale Val.%
Impresa servizi turistici 174430,9 0,9
Creazione imprese immigrati 779364,0 3,9
Form.per la creazione impresa 14324599,6 71,3
146

Creazione impresa in Ob.2 174421,0 0,9
Impresa agricola 1049867,0 5,2
Impresa agroalimentare 181930,6 0,9
Impresa artigiana 453064,1 2,3
Impresa cooperativa 1593323,4 7,9
Impresa edile 37188,0 0,2
Impresa servizi alla persona 597811,0 3,0
Impresa spettacolo 106000,0 0,5
Servizi alle imprese 626276,6 3,1
Totale Imprenditorialità 20098276,1 100,0
Totale anni 2004-2006 511484182,4
% Imprenditorialità su totale 3,9
Fonte: Cras su dati regione ER
E’ soprattutto negli ultimi due anni di programmazione che la progettualità sui temi
dell’imprenditorialità assume una decisa crescita, attestandosi su valori poco al di sotto
del cinque per cento (erano 2.3% i progetti approvati nel corso del 2004).
Tab. 13. Emilia Romagna: Progetti per tipo di intervento (2004-06)
Imprenditorialità 2004 2005 2006 Totale
Impresa servizi turistici 4 3 7
Creazione imprese immigrati 3 2 14 19
Form.per la creazione impresa 53 98 117 268
Creazione impresa in Ob2 3 1 1 5
Impresa agricola 9 18 15 42
Impresa agroalimentare 3 3 6
Impresa artigiana 5 4 2 11
Impresa cooperativa 7 13 16 36
Impresa edile 2 2
Impresa servizi alla persona 9 1 2 12
Impresa spettacolo 4 4
Servizi alle imprese 5 6 11
Totale Imprenditorialità 97 149 177 423
Totale anni 2004-2006 4.115 3.149 3.583 10.847
Valore % 22,9 35,2 41,8 100,0
% Imprenditorialità annuale 2,36 4,73 4,94 3,90
Fonte: Cras su dati regione ER
In particolare, la quasi totalità di progetti ricade nella tipologia di azioni rivolte alle
persone (76.1%), il 16.5% nelle azioni di accompagnamento mentre per le azioni di
sistema è stato approvato il 7.3% dei progetti.
Tab. 14. Emilia Romagna: Tipologia di azione per tipo di intervento (2004-2006)
Imprenditorialità Persone Sistema Accompagnamento Totale
Impresa servizi turistici 7 0 0 7
Creazione imprese immigrati 11 6 2 19
147

Form.per la creazione impresa 197 22 50 269
Creazione impresa in Ob2 5 0 0 5
Impresa agricola 39 0 3 42
Impresa agroalimentare 5 0 1 6
Impresa artigiana 11 0 0 11
Impresa cooperativa 27 0 9 36
Impresa edile 2 0 0 2
Impresa servizi alla persona 7 3 2 12
Impresa spettacolo 4 0 0 4
Servizi alle imprese 7 0 3 10
Totale Imprenditorialità 2004-2006 322 31 70 423
Valore % 76,1 7,3 16,5 100,0
Fonte: Cras su dati regione ER
L’ampio utilizzo dello strumento formativo s’inserisce in un contesto in cui le azioni di
sistema, promosse in prevalenza dall’amministrazione regionale, intervengono a
supporto di politiche di medio/lungo termine, laddove le misure di accompagnamento
hanno assolto una funzione preparatoria caratterizzata da una campagna d’informazione
e sensibilizzazione particolarmente incisiva nel corso del periodo di programmazione.
Anche il potenziamento dei servizi per l’impiego riveste un ruolo importante ai fini del
miglioramento del sistema d’informazione e consulenza sulle opportunità
imprenditoriali, soprattutto a valere per i progetti di formazione dove gli operatori dei
centri per l’impiego sono stati impegnati nell'attività di consulenza volta a favorire
l’inserimento nel mondo del lavoro autonomo dei soggetti intercettati.
Tab. 15. Emilia Romagna: Tipologia di intervento per Asse (2004-2006)
Imprenditorialità A2 B1 C1 C2 C3 C4 D1 D3 E1 Totale
Impresa servizi turistici 6 1 7
Creazione imprese immigrati 6 9 4 19
Form.per la creazione impresa 10 2 2 3 4 1 93 91 62 268
Creazione impresa in Ob2 5 5
Impresa agricola 36 1 5 42
Impresa agroalimentare 4 2 6
Impresa artigiana 10 1 11
Impresa cooperativa 1 23 9 3 36
Impresa edile 2 2
Impresa servizi alla persona 1 4 7 12
Impresa spettacolo 4 4
Servizi alle imprese 1 1 7 1 1 11
Totale Imprenditorialità 11 8 2 4 5 1 178 130 84 423
% Imprenditorialità 2,6 1,9 0,5 0,9 1,2 0,2 42,1 30,7 19,9 100,0
Totale anni 2004-2006 (1) 1658 868 302 585 1065 1226 3467 162 810 10143
% Imprenditorialità su totale 16,3 8,6 3,0 5,8 10,5 12,1 34,2 1,6 8,0 100,0
Fonte: Cras su dati regione ER
L’analisi per Asse mostra come i progetti presentati sull’Asse D costituiscano più del
70% (308 azioni) del totale; in particolare sul totale dei progetti approvati sulla policy, il
peso maggiore è determinato dalla misura D1, in cui i progetti sono il 42.1%, 130 sono
quelli sulla misura D3 (pari al 30.7%), mentre sono 84 quelli riferiti alla misura E1 (pari
148

al 19.9%). Risultati meno significativi sono stati comunque raggiunti sulle altre misure,
con valori assai distanti rispetto alle precedenti.
A livello territoriale, l’offerta progettuale si è mantenuta abbastanza stabile nelle diverse
province, con particolare intensità progettuale della Provincia di Forlì-Cesena che ha
presentato il 12.1% del totale dei progetti; a seguire la gran parte delle altre Province
con un numero di progetti che mediamente si attestano oltre il 9% del totale approvato ).
Tab. 16. Emilia Romagna: Tipologia di intervento per Provincia (2004-2006)
Imprenditorialità BO FE FC MO PR PC RA RE RN ER Totale %
Impresa servizi turistici 2 4 1 7 1,7
Creazione imprese immigrati 4 2 2 1 1 1 1 7 19 4,5
Form.per la creazione impresa 29 17 37 30 25 19 21 12 23 55 268 63,4
Creazione impresa in Ob2 1 1 2 1 5 1,2
Impresa agricola 4 9 5 4 7 5 5 3 42 9,9
Impresa agroalimentare 1 2 2 1 6 1,4
Impresa artigiana 3 2 1 1 4 11 2,6
Impresa cooperativa 4 1 2 2 3 4 6 5 3 6 36 8,3
Impresa edile 2 2 0,5
Impresa servizi alla persona 1 1 3 2 1 4 12 2,8
Impresa spettacolo 1 3 4 0,9
Servizi alle imprese 2 1 1 2 1 4 11 2,6
Totale Imprenditorialità 42 37 51 42 41 41 40 25 28 76 423 100,0
% Imprenditorialità 9,9 8,7 12,1 9,9 9,7 9,7 9,5 5,9 6,6 18,0 100,0
Totale anni 2004-2006 (1) 1397 714 1535 925 949 894 590 904 1350 1541 10799
% Imprenditorialità sul totale 12,9 6,6 14,2 8,6 8,8 8,3 5,5 8,4 12,5 14,3 100,0
(1) Il totale si riferisce ai progetti finanziati esclusi quelliARDSU.
L’analisi realizzata nel corso del triennio sul contenuto dei progetti ha coperto le
tematiche di maggiore interesse per lo sviluppo dell’imprenditorialità attraverso la
realizzazione di mappature delle opportunità imprenditoriali, in termini di settori
economici interessati dagli interventi.
I progetti relativi alla diffusione della cultura d’impresa, assolvendo una funzione
preparatoria sia per chi è già intenzionato ad avviare un’attività economica sia per i
giovani che si trovano ancora nei percorsi scolastici, si distinguono per l’ampiezza
progettuale, 268 progetti pari al 63% del totale. Alle azioni per lo sviluppo dell’attività
di orientamento e di consulenza alla formazione e alla cultura d’impresa si aggiungono,
gli interventi approvati nell’ambito dell’impresa agricola (pari a circa il 10% del totale),
che testimoniano della rispondenza alle raccomandazioni delle istituzioni comunitarie in
merito allo sviluppo delle opportunità imprenditoriali di settori poco inclini alla
creazione d’impresa.
La formazione specifica è lo strumento più utilizzato per dare concretezza alla
vocazione imprenditoriale dell’utenza; tra le attività formative le più direttamente
connesse con l’avvio d’impresa e le più ampie in termini di numerosità e
diversificazione dei contenuti, sono state concepite all’interno della progettazione
riconducibile alla formazione per la creazione d’impresa e alla formazione continua
finalizzata alla nuova imprenditoria, coinvolgendo nei progetti, neo-imprenditori,
managers, dirigenti d’azienda, soci delle cooperative, che attraverso l’attività formativa
intendono consolidare e rafforzare la mission aziendale soprattutto in termini di
149

innovazione tecnologica ed organizzativa al fine di implementare gli spazi di
competitività sul mercato.
Le attività rivolte agli occupati mirano a favorire lo sviluppo del lavoro autonomo tra
coloro che hanno già maturato un’esperienza lavorativa in imprese del settore (in
particolare, agricoltura, imprese sociali e cooperative, artigianato), sollecitando gli spinoff,
le riconversioni e la diversificazione dell’attività (è il caso, ad esempio, degli
agricoltori incoraggiati ad avviare un agriturismo).
Il peso della componente straniera nell’imprenditoria regionale in termini progettuali ha
assunto valori pari al 4.5%, finanziando in particolare percorsi formativi, collocabili tra
l’informazione, l’orientamento tout court e la simulazione d’impresa, riguardanti
l’ideazione, la progettazione e la realizzazione di idee imprenditoriali. Per chiarire
ulteriormente il quadro di tali iniziative sono necessarie alcune notazioni: in primo
luogo sulla tendenza a privilegiare i contenuti cooperativi o sociali; quindi rivolti a un
settore particolare a un’utenza mirata.
2.5.3 L’analisi sui destinatari
Dei 914.128 destinatari dei progetti PO al 31.12.2006, le donne coinvolte risultano,
complessivamente, 467.688, ovvero il 51.1% dei destinatari avviati dei progetti PO e il
47% dei destinatari complessivamente approvati nell’ambito del POR.
Nel triennio in esame, 2004-2006, di attuazione del POR risultano sulla policy per
l’imprenditorialità avviati 8763 destinatari di cui il 50.2% risulta la componente
femminile.
Tab.17. Emilia Romagna, Destinatari per classe di età (2004-2006)
Imprenditoria
15-29 anni
F M
30-44 anni
F M
45 e oltre
F M
Totale
F M Totale
Impresa servizi turistici 33,9 48,1 41,9 40,7 24,2 11,1 1,4 0,6 1,0
Creazione impresa immigrati 29,5 34,0 45,9 54,0 24,6 12,0 1,4 1,1 1,3
Form.per la creazione impresa 38,3 42,5 42,9 39,3 18,8 18,2 72,5 62,8 67,6
Creazione impresa in Ob2 37,2 34,6 27,9 23,1 34,9 42,3 1,0 0,6 0,8
Impresa agricola 11,8 19,8 58,6 47,5 29,7 32,7 8,9 12,3 10,6
Impresa agroalimentare 17,9 8,6 53,6 20,0 28,6 71,4 0,6 0,8 0,7
Impresa artigiana 26,7 21,2 47,3 54,7 26,0 24,1 3,3 6,4 4,8
Impresa cooperativa 29,7 19,3 52,8 42,0 17,5 38,7 6,5 11,6 9,0
Impresa edile 33,3 19,3 50,0 49,1 16,7 31,6 0,3 1,3 0,8
Impresa servizi alla persona 48,1 50,0 39,8 37,5 12,0 12,5 2,5 0,4 1,4
Impresa spettacolo 46,7 75,8 50,0 21,2 3,3 3,0 0,7 0,8 0,7
Servizi alle imprese 22,7 13,1 59,1 50,8 18,2 36,1 1,0 1,4 1,2
Totale 34,8 34,9 45,2 41,7 20,0 23,5 100,0 100,0 100,0
% F su Totale Imprenditoria 17,5 17,4 22,7 20,8 10,1 11,7 50,2 49,8 100,0
150

25,0
20,0
15,0
10,0
5,0
0,0
% Imprenditori per classi di età sul totale (2004-06)
17,5 17,4
22,7
Il profilo delle destinatarie secondo l’età, il titolo di studio e la condizione del mercato
del lavoro rileva quanto di seguito espresso:
• dal punto di vista dell’età, i destinatari delle attività di impresa si collocano
prevalentemente nelle classi centrali di età (30-44 anni), dove maggiore è la
presenza delle donne imprenditrici, pari al 45.2%; significativa è anche la
componente più giovane (15-29 anni), che mostra un significativo interesse alla
creazione di impresa, circa il 35% dei soggetti raggiunti dalle azioni finanziate
in seno ai progetti; la restante classe di età (45 e oltre), si attesta su valori
sensibilmente più contenuti;
• hanno partecipato alla programmazione FSE 2004-2006 prevalentemente
soggetti in possesso di diploma di maturità superiore, la componente femminile
in questo caso appare più rappresentata (43.6% contro il 36.8% dei maschi); le
donne con titoli di studio più basso (licenza media, al massimo superamento del
biennio superiore), rappresentano circa il 25% della popolazione femminile di
riferimento, un valore nettamente inferiore a quello rappresentato dai maschi che
con questo titolo di studio sono superiori al 42%. Tra i titoli di studio di studio
appartenenti alla fascia alta prevalgono le donne laureate che sono circa il
doppio (18.8% contro il 9%) dei destinatari maschi intercettati nelle attività
legate allo sviluppo di impresa. seguono poi le diplomate (28%) e le laureate
(12,1%);
20,8
10,1
F M F M F M
15-29 anni 30-44 anni 45 e oltre
11,7
151

45,0
40,0
35,0
30,0
25,0
20,0
15,0
10,0
5,0
0,0
F M F M F M F M F M F M F M F M F M
Licenza
elementare
Licenzia
media
Biennio
superiore
Imprenditori per titolo di studio 2004-06
Diploma
qualifica
professionale
Diploma
maturità
Post
diploma
Diploma
universitario
Laurea base
Laurea Post laurea Apprendistato
• dal punto di vista della condizione professionale, la vocazione imprenditoriale
ha coinvolto, nello specifico 5104 soggetti, a valere soprattutto su tematiche
finalizzate alla creazione di impresa; circa il 60% dei partecipanti si dichiara
espressamente imprenditore, il 15.3% lavoratore autonomo e il 23.2% rientra nei
percorsi scolastici e formativi finalizzati alla progettualità imprenditoriale. Le
donne imprenditrici sono il 23.2% (in prevalenza riconducibili all’impresa
agricola), mentre, poco numerose risultano le lavoratrici autonome (6.5%), il
9.4% sono le studentesse che partecipano ad una formazione integrata scuolalavoro,
finalizzata ad acquisire competenze e modalità gestionali per la
creazione d’impresa.
Tab.18. ER: Destinatari per condizione professionale nell’ambito delle tematiche legate alla cultura
d’impresa
Imprenditorialità
Imprenditore
F M T
Lavoratore autonomo Studente in formazione
F M T F M T
Totale
F M
T
Impresa servizi turistici 1,3 0,5 0,8 2,7 2,0 2,3 0,4 0,0 0,2 1,4 0,6 0,9
Creazione impresa immigrati 0,3 0,4 0,4 0,9 0,2 0,5 1,0 0,0 0,4 1,0 0,6 0,7
Form. per la creazione impresa 71,5 57,5 62,9 59,5 43,1 50,1 97,9 99,9 99,1 74,7 65,0 68,9
Creazione impresa in Ob2 0,6 0,4 0,5 2,7 0,7 1,5 0,0 0,0 0,0 1,3 0,6 0,9
Impresa agricola 18,2 22,6 20,9 15,0 6,9 10,4 0,4 0,0 0,2 13,2 14,7 14,1
Impresa agroalimentare 1,4 1,4 1,4 1,2 0,9 1,0 0,0 0,0 0,0 1,0 1,0 1,0
Impresa artigiana 3,7 6,8 5,6 2,7 9,4 6,5 0,0 0,0 0,0 2,6 5,5 4,3
Impresa cooperativa 2,3 7,5 5,4 2,7 24,8 15,4 0,0 0,0 0,0 1,8 8,1 5,6
Impresa edile 0,2 1,4 1,0 0,0 1,3 0,8 0,0 0,0 0,0 0,1 1,1 0,7
Impresa servizi alla persona 0,3 0,3 0,3 4,5 0,9 2,4 0,2 0,0 0,1 1,4 0,6 0,9
Impresa spettacolo 0,0 0,0 0,0 5,1 5,6 5,4 0,0 0,1 0,1 0,8 0,8 0,8
Servizi alle imprese 0,4 1,1 0,8 3,0 4,2 3,7 0,0 0,0 0,0 0,7 1,3 1,1
Totale complessivo 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
152

% femmine sul totale 23,2 36,5 59,7 6,5 8,8 15,3 9,4 13,8 23,2 39,8 60,2 100,0
Rispetto alla tabella precedente, i dati riportati nel grafico seguente tengono conto di
tutte le posizioni professionali dei destinatari dei progetti avviati nel corso del periodo
in esame.
45,0
40,0
35,0
30,0
25,0
20,0
15,0
10,0
5,0
0,0
5,0 2,7
27,9
Condizione professionale 2004-06
42,9
16,1
8,1
4,5
10,4
30,5
22,8
1,3 0,6
16,1
11,1
F M F M F M F M F M F M F M
Co.Co.Co. Imprenditore In cerca di Lavoratore
nuova
occupazione
autonomo
Occupato
alle
dipendenze
Occupato
con
contratti a
causa mista
Studente
Gli interventi relativi alla diffusione della cultura d’impresa, assolvendo una funzione
preparatoria sia per chi è già intenzionato ad avviare un’attività economica sia per i
giovani che si trovano ancora nei percorsi scolastici, si distinguono per l’ampiezza
relativa dell’utenza. Alle azioni per lo sviluppo dell’attività di orientamento e di
consulenza tradizionalmente condotte nei Centri per l’impiego (come si è verificato nel
corso dell’intera programmazione del Por), si aggiungono, infatti, gli interventi rivolti a
un’utenza mirata: l’orientamento e la diffusione della cultura d’impresa sono praticati
estesamente all’interno dei percorsi scolastici, soprattutto presso gli Istituti tecnici e
professionali. Tali interventi, testimoniano, inoltre, della rispondenza alle
raccomandazioni delle istituzioni comunitarie in merito allo sviluppo delle opportunità
imprenditoriali di categorie tradizionalmente poco inclini alla creazione d’impresa
(studenti e soprattutto donne inseriti nei percorsi scolastici). Occorre inoltre
sottolineare, che la formazione all'interno dell'obbligo scolastico rappresenta un’azione
parallela a quella orientativa/consulenziale svolta nello stesso ambito: si tratta di
studenti delle ultime classi superiori coinvolti in percorsi formativi, collocabili tra
l’informazione, l’orientamento tout court e la simulazione d’impresa, riguardanti
l’ideazione, la progettazione e la realizzazione di idee imprenditoriali.
La formazione per la creazione di impresa risulta lo strumento più utilizzato per dare
concretezza alla vocazione imprenditoriale dell’utenza, e ad essa si riferiscono il 63.5%
dei progetti approvati sull’imprenditorialità e oltre 67% dei destinatari. Tra le attività
153

formative le più direttamente connesse con l’avvio d’impresa e le più ampie in termini
di numerosità, numero di destinatari e diversificazione dei contenuti, sono state
concepite all’interno della progettazione riconducibile espressamente alla formazione
per la creazione d’impresa e alla formazione continua finalizzata alla nuova
imprenditoria. Tutte le amministrazioni hanno avviato dei corsi di formazione per la
creazione d’impresa diversificati per contenuto e tipologia di destinatari.
Le attività finanziate mirano a favorire lo sviluppo del lavoro autonomo tra coloro che
hanno già maturato un’esperienza lavorativa in imprese afferenti a settori specifici di
attività economica, riconversioni e la diversificazione dell’attività (è il caso, ad esempio,
degli agricoltori incoraggiati ad avviare un agriturismo e delle imprese legate al mondo
della cooperazione); il profilo medio di coloro che frequentano tali corsi non è dissimile
da quello dei partecipanti ai corsi di formazione orientata alla creazione d’impresa.
Il coinvolgimento dell’utenza femminile attraverso il FSE Ob. 3 è evidente nei settori in
cui la presenza femminile è tradizionalmente più forte: imprese cooperative ed imprese
legate al settore agricolo ed artigiano.
Relativamente alla cittadinanza, il 4.6% dei destinatari è rappresentato da cittadini non
italiani. La policy per l’imprenditoria riferita ai cittadini stranieri ha intercettato in
prevalenza soggetti provenienti da Paesi europei non appartenenti alla Unione Europea,
Paesi africani, americani e asiatici.
Paesi
europei
Altri
Paesi
UE Americanon
UE
Paesi
Asiatici
Paesi
Africani
M
F
M
F
M
F
M
F
M
F
E.R.: Imprese per Paesi di provenienza 2004-06
4,6
6,9
6,5
6,5
11,5
10,7
13,8
La rilevante presenza delle donne in ambito regionale rappresenta un indicatore di
stabilizzazione e stanzializzazione dell’immigrazione, grazie anche ai ricongiungimenti
familiari in atto ormai da diversi anni. Con riguardo alla condizione sul mercato del
lavoro, si registra una crescente attitudine da parte delle persone straniere ad
29,8
48,1
61,5
0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0
154

intraprendere iniziative imprenditoriali, elemento che costituisce uno degli aspetti di
maggiore evoluzione del rapporto tra immigrazione e inserimento lavorativo.
Tab.19. ER: Totale policy imprenditoria per cittadini stranieri e sesso.
Imprenditorialità
Totale
F M
T
Totale
F % M %
T
Impresa servizi turistici 7 0 7 2,7 0,0 1,8
Creazione impresa immigrati 55 36 91 21,2 27,5 23,3
Form. per la creazione impresa 168 71 239 64,6 54,2 61,1
Creazione impresa in Ob2 0 0 0 0,0 0,0 0,0
Impresa agricola 8 3 11 3,1 2,3 2,8
Impresa agroalimentare 0 0 0 0,0 0,0 0,0
Impresa artigiana 3 11 14 1,2 8,4 3,6
Impresa cooperativa 15 7 22 5,8 5,3 5,6
Impresa edile 0 1 1 0,0 0,8 0,3
Impresa servizi alla persona 1 0 1 0,4 0,0 0,3
Impresa spettacolo 3 2 5 1,2 1,5 1,3
Servizi alle imprese 0 0 0 0,0 0,0 0,0
Totale 260 131 391 100,0 100,0 100,0
% imprese su totale 66,5 33,5 100,0
Fonte: elaborazioni Cras su dati ER.
Gli interventi, nel loro insieme, hanno mostrato una forte connotazione “formativa”,
privilegiando, in misura maggiore, azioni rivolte alla formazione per la creazione
d'impresa, con riguardo alle tipologie legate all'impresa cooperativa, agricola e
artigiana. Sul totale delle tipologie di interventi legati alla creazione di impresa, la
componente femminile risulta di gran lunga superiore rispetto a quella femminile
(66.5% contro il 33.5%), mostrando, in questo caso, una migliore vocazione ad
intraprendere iniziative imprenditoriali sul mercato del lavoro. Anche per quanto
riguarda il paese di provenienza le donne imprenditrici afferiscono per il 61.5% ai paesi
europei non UE e, in misura nettamente inferiore, a quelli africani e americani.
155

2.6. Considerazioni conclusive
Le attività a sostegno dell’imprenditorialità promosse col contributo del FSE incidono
sul sistema imprenditoriale regionale seguendo le linee d’azione definite nei documenti
programmatici, rispettandone, con intensità variabile, l’orientamento verso le moderne
attività di servizio (nuovi bacini d’impiego, economia sociale, terziario avanzato),
sebbene una comprensione esatta dei contenuti tematici non sia facile a causa della
genericità delle informazioni disponibili in merito a un numero ragguardevole di
progetti. Parimenti disagevole risulta la misurazione dell’incidenza sulla politica
generale per la mancanza di informazioni sugli esiti (in termini di reale creazione
d’impresa) delle numerose attività di formazione e di diffusione della cultura d’impresa.
Gli interventi sono comunque peculiari: innanzitutto per l’ampiezza del bacino d’utenza
intercettato nel corso del periodo di programmazione in esame: oltre 8600 persone, a
valere su 423 progetti avviati, che hanno ricevuto contributi superiori ai 2 milioni di
euro (pari al 3.9% del periodo in esame), le donne coinvolte sono pari al 50.2%
dell’utenza totale coinvolta dagli interventi sulla policy per l’imprenditorialità; nella
formazione per la creazione d’impresa si realizza l’impegno finanziario maggiore,
mentre decisamente più contenuto è l’impegno finanziario nelle altre aree di intervento
individuate in seno alla policy.
L’analisi fin qui condotta conferma che la presenza femminile nel fare impresa, pur tra
luci ed ombre, costituisce la principale dinamica che ha investito la domanda di lavoro
in termini di quantità e qualità nell’ultimo decennio. Il contesto emiliano-romagnolo è
particolarmente favorevole alla libera impresa, per condizioni economiche, fattori socioculturali,
sensibilità istituzionale. D’altra parte il mercato del lavoro rileva la persistenza
di tassi di partecipazione delle donne nettamente superiori alla media nazionale e
prossimi agli obiettivi europei (il periodo 2000-2006 ha registrato, inoltre, un
progressivo coinvolgimento delle donne nelle dinamiche imprenditoriali).
Uno scenario, inoltre, supportato dal marcato innalzamento dei livelli di
scolarizzazione, accompagnato anche a percorsi formativi che hanno cominciato a
mettere in comunicazione i mondi dell’istruzione, della formazione, del lavoro, sia
collegato alla crescita delle imprenditrici e anche alla possibilità che un ulteriore
aumento delle donne, protagoniste attive dello sviluppo, possa introdurre nello stesso
elementi di inedita qualità sociale, oltre che contribuire alla sua ripresa.
La legge sull’imprenditoria femminile è stato uno strumento che ha agito in modo più
ampio e il cui effetto è andato ben oltre l’incentivo economico. Ha alimentato la
produzione di cultura nuova: le donne hanno capito che potevano scegliere di fare
impresa, avendone capacità, competenze, passione, creatività. Ha fatto emergere la
necessità di agire sempre più in modo trasversale, avvicinando sempre più le donne e gli
strumenti legislativi “generali”. Questo impegno ha prodotto, da una parte, una
condivisa e diffusa attenzione alle specificità di genere, anche negli strumenti che
parrebbero essere più neutri e, dall’altra, un incremento del numero di donne che
accedono alle opportunità.
156

Nonostante tale tendenza sostanzialmente positiva, l’imprenditoria femminile regionale
presenta ancora delle criticità:
- il tasso di femminilizzazione delle imprese è ancora basso, come nel resto del
Paese (il 23,5% con un picco al sud del 26,5%), e l’incidenza media delle donne
sulla popolazione imprenditoriale regionale inferiore alla media nazionale;
- la galassia delle imprese femminili non si discosta dalle caratteristiche generali
delle imprese dentro uno sviluppo “diffuso” (micro e piccole, in prevalenza);
- una presenza maggiore di imprese femminile nel settore terziario (soprattutto
nei servizi sociali e personali) e, conseguentemente, il rischio che il dato si
consolidi in termini di segregazione settoriale;
- sono più numerose le imprese individuali e le società di persone in coerenza
con una tipologia d’impresa che rivela, insieme a maggiore determinazione e
impegno, elementi di fragilità;
- il sottodimensionamento delle imprese, cui corrisponde una scarsa
partecipazione delle donne alle società di persone e di capitali;
- persistenti difficoltà nella conciliazione tra vita privata e professionale da parte
delle imprenditrici e delle aspiranti imprenditrici;
- la rete familiare è fondamentale per le donne che fanno impresa non solo come
supporto e aiuto concreto ma anche come fattore di successo, specie per quanto
attiene ai rapporti “paritari” con il partner;
- la pesantezza della burocrazia è percepita come una difficoltà dalle
imprenditrici in misura molto più spiccata rispetto ai loro colleghi;
- anche l’accesso al credito è più problematico specialmente per quanto attiene
alle garanzie patrimoniali richieste.
Senza dubbio le politiche per l’imprenditorialità attuate nel periodo 2000-2006 hanno
contribuito a far progredire la Regione verso gli obiettivi quali-quantitativi definiti dalle
Guidelines della SEO. In tal senso appaiono di particolare rilievo le azioni per
l’integrazione sistematica del principio delle pari opportunità nelle politiche di sviluppo
economico, oltre che per la sensibilizzazione delle strutture territoriali in relazione alla
necessità di riformare i sistemi d’informazione secondo un’ottica di genere.
Da un punto di vista meramente economico, va rilevato come, nel periodo considerato,
sono state messe a disposizione delle imprese femminili e delle aspiranti imprenditrici
risorse finanziarie considerevoli, sia per l’avvio d’attività sia per l’ammodernamento
delle imprese esistenti, in particolare, attraverso la Legge 215/92, le leggi di settore
(artigianato e commercio), la quota di finanziamenti concessi alle imprese femminili
sulla base del PSR, gli interventi finanziati in seno al Fse Ob.3 sulle singole misure. Va
comunque, registrato come i canali di finanziamento non specificamente differenziati
abbiano generalmente destinato quote minime, in alcune situazioni residuali, alle
imprese femminili.
Nell’ambito della formazione finalizzata allo sviluppo dell’imprenditorialità l’impegno
finanziario risulta notevole, per quanto sia difficilmente praticabile una valutazione
degli esiti imprenditoriali. Le attività formative orientate alla creazione d’impresa
femminile nei settori tecnologici costituiscono senza dubbio una buona pratica per
nuovi interventi di desegrazione settoriale. Tutto ciò sollecita politiche e interventi che
157

assecondino i trend positivi e richiede operatività sui nodi che ancora ostacolano il
massimo sviluppo e utilizzazione delle risorse femminili.
Vi sono, infatti, aree importanti dell’imprenditoria femminile che fanno riferimento ad
assessorati diversi (agricoltura, turismo, commercio, ambiente) con i quali sarebbe
interessante avviare quantomeno un confronto sulle esperienze e sui bisogni prioritari,
propedeutici ad una riflessione comune sulle leve possibili per lo sviluppo.
Per dare continuità al lavoro sin qui effettuato, la Regione sceglie tre grandi tematiche:
la valorizzazione dell’economia delle donne, per intervenire sul deficit di conoscenza
quantitativa e qualitativa sull’effettiva diffusione e sulle caratteristiche
dell’imprenditorialità delle donne nella Regione; la promozione della presenza
femminile nell’economia e nel sistema competitivo regionale, attraverso azioni dirette a
costruire nei soggetti del sistema stesso le condizioni di superamento di tutte le
discriminazioni di accesso alle opportunità; infine, azioni di supporto diretto alla
crescita, allo sviluppo e alla qualificazione delle imprese e dell’imprenditorialità’ delle
donne.
Strumento attuativo continua ad essere il Programma Imprenditoria Femminile, che
pone una rinnovata enfasi e un forte impegno sui temi ritenuti critici e strategici per
colmare i deficit di genere segnalati: l’innovazione, il credito, le reti.
Infine, la programmazione dei fondi strutturali (2007-2013) integra a pieno titolo il
principio di pari opportunità, nel perseguimento degli obiettivi di Lisbona.
In particolare, il FESR punta all’inclusione nei processi di trasformazione del sistema
produttivo regionale dell’imprenditorialità femminile, alla partecipazione femminile alle
reti della ricerca e del trasferimento tecnologico e i processi di cambiamento del sistema
produttivo, alla promozione dell’iniziativa femminile nelle progettualità in ambito
urbano con particolare attenzione alle dimensioni di salvaguardia e valorizzazione dei
patrimoni ambientali e culturali.
Il FSE promuove il raggiungimento della parità di genere nelle azioni dirette alla
formazione continua e permanente e nei percorsi di avanzamento di carriera, con
attenzione alle misure di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, oltre che nelle
azioni volte alla partecipazione delle donne ai processi di trasferimento dell’innovazione
e della ricerca nelle imprese.
158

3. INNOVAZIONE E OTTICA DI GENERE
3.1 Introduzione
L'innovazione è oggi un tema centrale per lo sviluppo sociale ed economico, in quanto
strumento indispensabile per consolidare il processo di crescita in Europa, attraverso
l’aumento della produttività del lavoro e della competitività.
Il concetto di innovazione, dunque, assume oggi una valenza centrale e si configura
come il risultato di un processo di apprendimento interattivo tra le imprese, le
organizzazioni e il loro ambiente operativo 13 , entro il quale si confrontano e agiscono
sinergicamente molteplici attori (imprese grandi e piccole, istituti di ricerca e di
formazione superiore, laboratori di R&S, agenzie di trasferimento tecnologico, camere
di commercio, associazioni di imprese, organizzazioni di formazione professionale,
amministrazioni pubbliche). In tal modo l’innovazione diventa un concetto più ampio,
entro cui assumono rilevanza non solo R&S e applicazioni tecnico-scientifiche, ma
anche fattori economici, commerciali e organizzativi, data l’importanza crescente delle
innovazioni non-tecnologiche (nuove strutture organizzative, nuove tecniche di
gestione, nuove tecniche di presentazione del prodotto) all’interno dei sistemi
economici avanzati.
La costituzione di un sistema nel quale si realizzi un’”economia della conoscenza”,
volta ad aumentare la competitività delle imprese e delle economie nazionali, non può
non fondarsi su processi di apprendimento collettivo basati su una struttura socioistituzionale
coesa, nella quale vengano definiti degli indirizzi coerenti diretti alla
promozione dell’innovazione intesa in senso ampio, come processo volto
all’adattamento continuo e sistematico al cambiamento. In tal senso l’obiettivo deve
essere quello di promuovere e valorizzare scienza, ricerca applicata, innovazione
tecnologica e organizzativa e creare un contesto territoriale integrato tra impresa, ricerca
e formazione, oltre alla costituzione di centri di competenza, per facilitare l’accesso alle
risorse, le sinergie e la formazione di reti.
In questo contesto è necessario che l'Europa massimizzi il suo potenziale di ricerca,
cercando di sfruttare al meglio le risorse disponibili e affrontando concretamente le
difficoltà che ancora si frappongono allo sviluppo di efficaci processi innovativi volti
all’aumento della competitività, tra cui l’ancora non sufficiente numero di laureati e
diplomati in scienze e tecnologia e la sottorappresentazione delle donne nei settori della
scienza, della ricerca e dello sviluppo.
Garantire appropriate skills, in particolare nel campo della scienza, dell’ingegneria e
delle ICT, infatti, è oggi una sfida importantissima, considerata la crescente domanda di
risorse in questi settori, e devono essere definite azioni di sistema volte ad aumentare il
numero delle persone che raggiungono i più alti livelli di istruzione, soprattutto nei
settori scientifici, favorendo anche una più equa distribuzione di genere.
L’aumento della presenza delle donne nella ricerca scientifica, nell'ingegneria e nella
tecnologia è in questo contesto una delle questioni di maggiore importanza per lo
13 COM(2003)112 def., Politica dell’innovazione: aggiornare l’approccio dell’Unione Europea nel
contesto della strategia di Lisbona.
159

sviluppo dei processi innovativi necessari alla ripresa economica, soprattutto
considerato il tasso di partecipazione delle donne all’istruzione secondaria superiore e
terziaria e il recente aumento del numero delle donne anche nelle facoltà scientifiche. La
presenza delle donne in questi settori è infatti disomogenea e si afferma ad un ritmo
lento e, dove pure le donne sono presenti, restano comunque ai gradini più bassi della
gerarchia.
Nell’analisi seguente si cercherà di delineare un quadro generale della posizione
dell’Emilia-Romagna in tema di innovazione, andando a focalizzare l’attenzione sul
contributo offerto nella scorsa programmazione, rispetto alle tematiche in oggetto, dal
FSE: l’obiettivo è di mostrare in che modo la Regione abbia scelto di perseguire,
attraverso il FSE, i suoi obiettivi generali di sviluppo, mantenendo sempre viva
l’attenzione sulle differenza di genere 14 .
3.2 Analisi del contesto
3.2.1 Lo European Regional Innovation Scoreboard
Per delineare brevemente la performance della Regione Emilia-Romagna in tema di
innovazione e ricerca è utile utilizzare lo European Regional Innovation Scoreboard
(RIS), predisposto dalla Commissione Europea (Direzione Generale per la Ricerca)
come strumento di verifica annuale della strategia di Lisbona e volto, attraverso
l’individuazione di una serie di indicatori, a quantificare i risultati nel campo
dell’innovazione ad alta tecnologia raggiunti dall’UE, mettendo in luce i punti di forza e
di debolezza dei diversi Paesi membri. Analizzando i principali indicatori
dell’innovazione regionale definiti nel 2006 a livello europeo attraverso RIS, è infatti
possibile confrontare la performance dell’Emilia-Romagna con i risultati di altre regioni
europee.
Tab. 1 Revealed Regional Summary Innovation Index. Anni 2004 – 2005 - 2006
RRSII
2006 2005 2004
Emilia-Romagna 0,47 0,48 0,52
Lombardia 0,49 0,48 0,51
Veneto 0,40 0,37 0,39
Valle d'Aosta 0,26 0,25 0,27
Friuli-Venezia Giulia 0,44 0,44 0,49
Secondo il quadro che si delinea da questa tipologia di analisi, l’Emilia-Romagna si
posiziona più o meno a metà della classifica relativa alla performance delle regioni
14 E’ necessario sottolineare che gli studi relativi alla ricerca scientifica e tecnologica nell'Unione europea
in ottica di genere incontrano un grande ostacolo nella mancanza di dati statistici raccolti e pubblicati
sistematicamente. Molti datori di lavoro e dirigenti nel campo della scienza e tecnologia in Europa non
rilevano sistematicamente dati statistici disaggregati per sesso, né utilizzano l'analisi dei dati da un punto
di vista del genere nella gestione del personale e, in generale, dell’azienda. Inoltre, se i dati sono raccolti,
non sempre sono pubblicati e, se lo sono, non sempre sono presentati in modo da rendere evidente le
differenze di genere. La mancanza di un quadro chiaro della situazione negli Stati membri rende difficile
affrontare il tema della comparabilità, da uno Stato membro all'altro e anche all’interno di un singolo
stato.
160

europee riguardo l’innovazione, con un livello del RRSII 15 pari a 0,47. Dal confronto
con gli anni precedenti risulta anche che tale posizione è leggermente peggiorata, anche
se il raffronto presenta delle difficoltà in quanto la metodologia tra il 2002 e il 2006 è
stata modificata per renderla più semplice.
Di seguito riportiamo il posizionamento dell’Emilia-Romagna rispetto alla media
europea (Unione Europea =100) per ciascun indicatore.
Tab. 2 2006 EUROPEAN REGIONAL INNOVATION SCOREBOARD
Emilia-Romagna Nord-Est Italia UE
Risorse umane in Scienze e Tecnologie 64 57 56 100
Life long learning 75 77 64 100
Occupazione nei settori manifatturieri medium-tech e high-tech 136 128 109 100
Occupazione nei servizi high-tech 95 76 95 100
Spesa pubblica in R&S 73 60 82 100
Spesa privata in R&S 41 31 45 100
Brevetti 127 50 57 100
Riguardo alle risorse umane in scienze e tecnologia, l’Emilia-Romagna, pur rimanendo
al di sotto della media europea, ha una buona posizione rispetto alla media italiana e
rispetto al Nord-Est. Analoga considerazione vale anche per la partecipazione alla
formazione permanente riguardo alla quale l’Emilia-Romagna, pur partecipando al
ritardo del Paese rispetto alla media europea, mostra una performance molto buona
rispetto alle altre regioni italiane.
Per quanto riguarda l’occupazione nei settori manifatturieri medium-tech e high-tech,
l’Emilia-Romagna si posiziona ben al di sopra della media europea, confermando la
presenza di un settore manifatturiero creativo basato sull’innovazione continua, anche al
di sopra della media che si registra nel Nord-Est e nell’Italia presa in totale. Più basso è
invece il dato relativo all’occupazione nei servizi high-tech, anche se vicino alla media
europea e italiana e superiore alla media del Nord-Est: i servizi ad alta tecnologia, nella
misura in cui sono diretti alle imprese dei diversi settori economici, forniscono
strumenti attraverso cui è possibile aumentare la produttività e supportare la diffusione
dell’innovazione, in particolare quella basata sull’ICT.
Buonissima è la performance regionale riguardo al numero di brevetti depositati
all’EPO, superiore alla media europea e eccezionalmente superiore rispetto a quella
italiana e del Nord-Est, performance riguardo alla quale la regione si colloca ai primi
posti della classifica europea e che conferma la caratterizzazione flessibile e innovativa
del sistema produttivo regionale.
Meno eccellente è invece la prestazione regionale riguardo alla spesa in Ricerca e
Sviluppo (R&S), sia pubblica che privata, rispetto al PIL. In particolare la posizione
dell’Emilia-Romagna riguardo alla spesa pubblica non può considerarsi del tutto
negativa, in quanto migliore delle altre regioni del Nord Italia e poco più bassa rispetto
alla performance nazionale nel suo insieme, evidenziando come la propensione pubblica
alla ricerca nel contesto regionale sia in generale buona e caratterizzata da un trend di
crescita, se si analizza il dato nel tempo. Tuttavia questo dato, che rappresenta uno dei
principali indicatori della crescita economica di un’economia basata sulla conoscenza,
15 Revealed Regional Summary Innovation Index, indice normalizzato compreso tra 0 e 1 che permette di
realizzare una classifica tra le regioni.
161

non solo non raggiunge la media europea, in quanto la performance regionale è molto al
di sotto di quella di altre regioni, soprattutto dell’area tedesca, ma è più basso di quello
relativo a varie regioni italiane, e non solo del Lazio (in cui si concentra gran parte della
ricerca pubblica nazionale e che supera di molto la media europea). Per quanto concerne
inoltre la spesa privata in R&S, si nota come la Regione sia caratterizzata da una
performance negativa rispetto alla media europea, ma comunque positiva se rapportata
alla maggior parte delle regioni italiane: solo nel Nord-Ovest, grazie alla presenza delle
grandi industrie, si registrano dei dati superiori alla media italiana e, nel caso del
Piemonte, anche europea.
In generale, però, il dato sulla performance regionale rispetto a quella europea, anche se
in linea con l’andamento generale del paese, nel quale si registra un forte ritardo nel
livello degli investimenti in R&S realizzati dalle imprese industriali private, mette in
luce la difficoltà di trasferire la conoscenza, generata dal sistema accademico, al sistema
delle imprese.
Nonostante tutto, comunque, la performance regionale relativa all’innovazione e alla
ricerca può essere considerata positiva, data la presenza di dati estremamente positivi
sia riguardo al numero di brevetti depositati, sia nel campo delle risorse umane,
dell’istruzione e della formazione continua.
Il settore della ricerca in Emilia-Romagna, infatti, si fonda su un’ampia gamma di
competenze e risorse tecnico-scientifiche riconosciute sia a livello nazionale sia
internazionale. In regione sono presenti, innanzi tutto, sei Università: Bologna, Ferrara,
Modena-Reggio Emilia, Parma, la sede di Piacenza del Politecnico di Milano e
l’Università Cattolica privata del Sacro Cuore a Piacenza. Le Università occupano circa
6.400 tra professori e ricercatori, di cui il 76% conducono ricerca nelle aree tecnicoscientifiche.
Nella regione sono presenti inoltre alcuni degli istituti nazionali di ricerca
più importanti, quali il CNR - Consiglio Nazionale delle Ricerche, l’ENEA - Ente
Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente, l’INFM - Istituto
Nazionale per la Fisica della Materia, l’INAF - Istituto Nazionale di Astrofisica e INFN
- Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. In regione inoltre operano organizzazioni ad alto
contenuto tecnologico quali il CINECA - Consorzio Interuniversitario per la
Computazione Automatica, il CNIT - Consorzio Nazionale Interuniversitario per le
Telecomunicazioni e lo IOR - Istituti Ortopedici Rizzoli, una struttura pubblica
specializzata nella ricerca relativa alle tecnologie per l’ortopedia medica che rappresenta
uno dei più importanti centri nazionali in questo campo.
Per promuovere lo sviluppo di servizi e progetti comuni di interesse regionale atti a
promuovere la ricerca industriale, il trasferimento tecnologico e l'innovazione del
tessuto produttivo dell'Emilia-Romagna è stato inoltre costituito ASTER, il consorzio
tra la Regione, Università, Enti di Ricerca e Imprese. Aster promuove iniziative comuni
di particolare rilevanza e di interesse generale da realizzarsi attraverso il Protocollo
d'Intenti sottoscritto nel 2001 tra la Regione Emilia-Romagna, le Università e gli Enti di
Ricerca insediati nel territorio regionale, per lo sviluppo della nuova Rete regionale
della ricerca industriale e del trasferimento tecnologico.
Sulla base di tali elementi e delle considerazioni relative alla spesa in R&S della
Regione, appare evidente dunque la necessità di agire per un trasferimento, non sempre
facile, delle conoscenze elaborate dal sistema della ricerca, in particolare pubblica, alle
imprese.
162

Data la complessità e la vastità delle problematiche relative all’innovazione, nel
prosieguo dell’analisi verrà approfondito il tema del capitale umano per la ricerca e
l’innovazione, maggiormente coerente con i contenuti degli interventi finanziati dal
FSE.
3.2.2. Capitale Umano per la Ricerca e l’Innovazione
Lo sviluppo dell’istruzione e dell’apprendimento nelle università e sul lavoro
rappresenta una precondizione senza la quale l’innovazione troverebbe gravi difficoltà
ad essere supportata.
Il tasso di passaggio fra le scuole superiori e l’università 16 costituisce un significativo
indice della propensione dei giovani a proseguire gli studi dopo il diploma, verso i
livelli più alti dell’istruzione. I dati esposti nella tabella seguente, relativi agli anni
accademici 2000/01 e 2005/06, mostrano un netto aumento in Emilia-Romagna del
numero dei giovani diplomati che si sono iscritti all’università, che ha portato l’Emilia-
Romagna a posizionarsi al di sopra della media italiana e del nord Italia, dove si sono
registrati aumenti meno significativi.
Tab. 3 Tasso di passaggio dalla scuola superiore all’università; A.a. 2000/01 - 2005/06. Valori %(*)
Suddivisioni
2001/2002 2005/2006
territoriali M F Tot. M F Tot.
Emilia-Romagna 64,8 67,0 66,0 66,0 76,5 71,5
Nord 65,0 70,1 67,7 64,0 73,7 69,1
ITALIA 64,3 73,1 68,9 63,5 75,7 69,7
(*) Immatricolati per 100 diplomati di scuola secondaria superiore dell'anno scolastico precedente.
Fonte: elaborazione CRAS su dati Miur
Si nota inoltre come la componente femminile, superiore rispetto a quella maschile in
entrambi i bienni di riferimento, influisca notevolmente sulla crescita generale del tasso
di passaggio dalla scuola superiore all’università in tutte e tre le suddivisioni territoriali
prese a riferimento (nel caso del nord e dell’Italia completamente, essendo solo il dato
femminile ad aumentare).
Il trend positivo è confermato anche per quanto concerne il tasso di iscrizione, il quale
cresce per l’Emilia-Romagna rispetto all’anno accademico 2000/01 di 3 punti in
percentuale e si attesta ad un livello più elevato rispetto a quello della media delle
regioni del nord Italia e poco al di sotto di quello della media italiana in generale.
Tab 4 Tasso di iscrizione; A.a. 2000/01 - 2005/06. Valori % (*)
Suddivisioni
2001/2002 2005/2006
territoriali M F Tot M F Tot.
Emilia-Romagna 30,6 38,4 34,4 32,5 42,5 37,4
Nord 28,3 35,3 31,7 30,1 39,1 34,5
ITALIA 30,4 40,0 35,1 34,0 45,7 39,8
(*)Iscritti all’università per 100 giovani di 19-25 anni.
Fonte: elaborazione CRAS su dati Miur
Anche riguardo a questo dato si nota come vi sia una forte predominanza della
componente femminile rispetto a quella maschile per tutte e tre le suddivisioni
16 Per le tabelle 3, 4 e 5 le suddivisioni territoriali si riferiscono alla residenza degli studenti e non alla
collocazione geografica della sede universitaria presso cui sono iscritti.
163

territoriali prese in considerazione e come l’aumento del numero totale degli iscritti sia
dovuto in particolare all’incremento del numero delle femmine.
Per quanto concerne poi il numero dei laureati, si nota facilmente come, seppure il dato
percentuale sia più basso rispetto a quello relativo agli iscritti all’università per gli stessi
anni di riferimento, la performance della regione resta coerente con l’andamento
dell’Italia in generale e delle regioni del nord, attestandosi ad un livello leggermente più
basso della media nazionale (meno 1,7%) e di poco al di sopra di quella del nord (più
0,6%). Si nota tuttavia come, se a livello nazionale vi sia stato un aumento del numero
dei laureati molto consistente rispetto al biennio 2000/01 (più 3,4%), in Emilia-
Romagna la situazione è rimasta pressoché invariata, registrando addirittura una leggera
flessione del dato.
Tab. 5 Laureati per 100 persone di 25 anni; A.a. 2000/01 - 2005/06. Valori %
Suddivisioni
2001/2002 2005/2006
territoriali M F Tot. M F Tot.
Emilia-Romagna 18,5 25,0 21,7 17,7 25,2 21,4
Nord 17,3 22,9 20,0 17,6 24,0 20,8
ITALIA 17,0 22,4 19,7 19,1 27,2 23,1
Fonte: elaborazione CRAS su dati Miur
Riguardo a quest’ultimo aspetto, è interessante notare come la riduzione del numero dei
laureati in regione abbia riguardato esclusivamente la componente maschile, essendo
quella femminile aumentata, anche se di poco, rispettando il trend di crescita registratosi
nel nord e in Italia in generale.
Dall’analisi dei dati precedenti è evidente come in Italia si sia registrato nell’arco di
pochi anni un aumento degli indicatori principali dell’istruzione universitaria, e che la
regione Emilia-Romagna sia completamente in linea con questo positivo trend di
crescita. Si nota inoltre come in Italia si registri una prevalenza delle donne sul totale
degli iscritti, dato che si trova confermato anche in Emilia-Romagna, nonostante l’Italia
non si collochi ai livelli più alti della graduatoria europea per quota di studentesse
universitarie, indicatore per il quale è superata da paesi di recente acquisizione (Estonia,
Lituania, Lettonia) che fanno registrare oltre il 60% di donne tra gli studenti
universitari.
Per una valutazione più accurata della situazione dell’Emilia-Romagna riguardo
all’istruzione di terzo livello, è interessante partire dall’analisi del numero degli iscritti
negli atenei dell’Emilia-Romagna nel periodo compreso tra il 1995/96 e il 2005/06.
Tab. 6 Numero di iscritti (residenti e non) agli atenei dell’Emilia-Romagna nel periodo 1995/96,
2000/01 e 2005/06.
v.a. %
Anni Accademici M F Tot M F Tot
1995/1996 75804 79419 155223 48,8 51,2 100
2000/2001 72762 82406 155168 46,9 53,1 100
2005/2006 71688 85541 157229 45,6 54,4 100
Fonte: Elaborazioni Cras su dati ufficio statistico MIUR
Come si può notare, nell’arco di 10 anni il numero degli iscritti agli atenei emiliano
romagnoli è aumentato in valori assoluti (anche se a metà periodo si rilevava un calo
degli iscritti), ma soprattutto come la presenza femminile sia stata caratterizzata da un
positivo e costante trend di crescita.
164

Anche il numero degli iscritti ai master di I e II livello mostra una partecipazione
femminile più forte di quella maschile, anche se pone in luce un calo del vantaggio
femminile in percentuale tra il I e il II livello in ambito regionale.
Tab. 7 Iscritti ai master di primo e secondo livello. Italia e Emilia-Romagna a.a. 2005-06.
Master
Suddivisioni
Territoriali M
v.a.
F Tot
%
M F Tot
I livello
Emilia-Romagna
Italia
684
5491
1509
10592
2193
16083
31,2
34,1
68,8
65,9
100
100
II livello
Emilia-Romagna
Italia
320
6777
382
14401
702
21178
45,6
32
54,4
68
100
100
Fonte: Elaborazioni Cras su dati ufficio statistico MIUR
Nonostante tale calo, il numero delle iscritte ai master anche di II livello resta superiore
a quello dei maschi, dato confermato nell’ambito delle scuole di specializzazione, dove
si registra una partecipazione delle donne superiore a quella degli uomini di quasi 40
punti in percentuale, sia tra gli iscritti che tra gli specializzati.
Tab. 8 Immatricolati, iscritti e specializzati a corsi post laurea (scuole di specializzazione) degli
Atenei della regione Emilia-Romagna e in Italia suddivisi per sesso nel 2005.
Immatricolati Iscritti Specializzati (*)
ATENEO
M F Tot M F Tot M F Tot
Emilia-Romagna 32,6 67,4 100 35,4 64,6 100 31,8 68,2 100
Italia 30,6 69,4 100 33,5 66,5 100 30,3 69,7 100
Fonte: Elaborazioni Cras su dati ufficio statistico MIUR
Se è vero dunque che le donne rappresentano la maggioranza dei nuovi laureati e
specializzati di terzo livello in Emilia-Romagna (considerazione valida anche a livello
nazionale ed europeo), è vero pure che per quanto riguarda la partecipazione educativa
si riscontra una concentrazione prevalente delle donne in pochi campi di studio,
soprattutto di stampo umanistico.
In Italia la percentuale dei laureati in discipline scientifiche e tecnologiche è più bassa
rispetto alla media europea, anche se, dopo il forte calo registratosi nella seconda metà
degli anni Novanta, le immatricolazioni nel settore scientifico e tecnologico hanno
ripreso a crescere dal biennio 2000/01.
I laureati in Italia nel 2005 nel settore scientifico (corsi di laurea pre e post riforma in
Chimica, Chimica industriale, Fisica, Matematica) sono stati 4.593; i laureati nel settore
tecnologico (corsi di laurea pre e post riforma in Ingegneria, Architettura e
Pianificazione territoriale ed urbanistica) sono stati invece 51.330. I primi hanno
rappresentato l’1,5% del totale dei laureati, i secondi il 17,1%.
La percentuale delle laureate in discipline scientifiche e tecnologiche è
complessivamente inferiore a quella dei laureati, anche se questo dato è superiore a
quello di molti altri paesi europei. Inoltre, la quota di donne che scelgono gli studi
scientifici è in aumento e ciò contribuisce a ridurre il gap esistente tra i due sessi in
questo campo.
Scendendo dal livello nazionale a quello territoriale si nota come la propensione a
intraprendere gli studi scientifici non sia diffusa in maniera omogenea nelle regioni
italiane.
165

È in Emilia-Romagna che si registrano le quote più elevate di laureati in discipline
scientifiche e tecnologiche sia per gli uomini sia per le donne, anche se il divario tra la
quota di laureati e di laureate è tra i più marcati d’Italia.
Infatti, se è vero che il numero degli iscritti nelle discipline scientifiche tra il 2000 e il
2005 è in totale aumentato in regione, si è registrato anche un aumento della differenza
della presenza tra maschi e femmine, la quale si è assestata comunque dal 2003 intorno
allo 9,4%, registrando anche un leggero calo nel 2005 (9,3% di differenza tra maschi e
femmine).
25,0
20,0
15,0
10,0
5,0
0,0
Laureati in discipline scientifiche per genere in
Emilia-Romagna (per 1000 abitanti di 20-29 anni)
Anni 2000 - 2005
2000 2001 2002 2003 2004 2005
M F
Fonte: Elaborazioni Cras su dati Istat
Sul totale dei laureati si nota una prevalenza verso le discipline economico-sociali
(25,7%), seguita tuttavia da una buona percentuale di laureati in architettura e
ingegneria civile, ingegneria dell'informazione e ingegneria industriale, (18,1%), dato
estremamente positivo se si considera l’importanza strategica nell’ambito
dell’innovazione tecnologica e gestionale di queste discipline. Nel settore scientifico
(fisica, informatica, matematica e statistica, scienze naturali) e in agraria, tuttavia, si
nota ancora una presenza non molto elevata (rispettivamente 7,4%e 1,5% del totale),
166

soprattutto a confronto con il dato relativo alle discipline letterario-umanistiche
(10,3%).
Tab. 9 Laureati negli atenei della Regione Emilia-Romagna per sesso e indirizzo di studi. Anno
2005.
Indirizzo di studi
M
v.a.
F Tot M
%
F Tot
Letterario/umanistico 400 1521 1921 2,2 8,2 10,3
Giuridico 636 858 1494 3,4 4,6 8,0
Economico e scienze sociali 2110 2666 4776 11,4 14,3 25,7
Medico 588 1707 2295 3,2 9,2 12,4
Scientifico 698 679 1377 3,8 3,7 7,4
Ingegneria 2440 927 3367 13,1 5,0 18,1
Agraria 150 128 278 0,8 0,7 1,5
Altri 772 2299 3071 4,2 12,4 16,5
Tot. Complessivo 7794 10785 18579 42,0 58,0 100,0
Fonte: Elaborazioni Cras su dati ufficio statistico MIUR
Inoltre, nonostante la prevalenza delle donne sul totale dei laureati negli atenei della
Regione (il 58% del totale), si continua a registrare una prevalenza di scelta delle donne
verso gli indirizzi di studi di tipo umanistico, a discapito delle discipline scientifiche,
seppur con l’eccezione della Facoltà di Medicina, dove si laurea il 9,2% di donne sul
totale dei laureati (che significa che su 100 donne laureate 15,8 conferiscono la laurea in
medicina).
Tra i maschi si registra invece una netta prevalenza di laureati nelle facoltà di ingegneria
(31,3% del totale della sola componente maschile) e nelle discipline economico sociali,
dove si laurea circa il 27,1% dei maschi.
Indirizzi di studio dei laureati negli atenei della Regione Emilia-Romagna per sesso. Anno 2005.
Maschi
31,3
9,9
5,1
1,9 8,2
9,0
7,5
27,1
Femmine
█ Letterario/umanistico █ Medico █ Agraria
█ Giuridico █ Scientifico █ Altri
█ Economico e scienze sociali █ Ingegneria
Il dato relativo ai dottorati di ricerca registra un aumento dell’importanza delle facoltà
ad indirizzo scientifico e di agraria, a scapito delle facoltà letterario-umanistiche e
economico-sociali.
1,2
8,6
6,3
15,8
21,3
14,1
8,0
24,7
167

Tab. 10 Iscritti ai dottorati di ricerca in Italia per indirizzo di studio e per genere. Anno 2005-2006
Indirizzo di studi
M
v.a.
F Tot M
%
F Tot
Letterario/umanistico 2570 3875 6445 6,8 10,3 17,2
Giuridico 1525 1546 3071 4,1 4,1 8,2
Economico e scienze
sociali
1759 1795 3554 4,7 4,8
9,5
Medico 2181 3743 5924 5,8 10,0 15,8
Scientifico 4259 4500 8759 11,3 12,0 23,3
Ingegneria 4564 2518 7082 12,2 6,7 18,9
Agraria 1062 1295 2357 2,8 3,4 6,3
Altri 150 208 358 0,4 0,6 1,0
Tot. Complessivo 18070 19480 37550 48,1 51,9 100,0
Fonte: Elaborazioni Cras su dati ufficio statistico MIUR
Si. conferma come la percentuale delle donne in discipline scientifiche e tecnologiche
sia complessivamente inferiore a quella degli uomini, anche se vi è un generale
avvicinamento tra i due sessi per quanto riguarda la distribuzione degli indirizzi.
In generale, si nota come ai livelli più alti dell’istruzione il numero delle donne resti
superiore a quello degli uomini, registrando tuttavia una riduzione dello scarto totale: le
laureate donne erano nel 2005 il 58% del totale, le iscritte ai dottorati di ricerca nello
stesso anno erano il 52,3% del totale. Al livello più elevato del percorso formativo (ma
anche di primo inserimento nel lavoro) si assiste dunque all’inversione della prevalenza
femminile che, invece, caratterizza tutta la scolarizzazione.
Un altro aspetto importante riguardo alla formazione del capitale umano per la ricerca e
l’innovazione, è la partecipazione alla formazione permanente. Infatti, una delle
caratteristiche fondamentali di un’economia basata sulla conoscenza è il continuo
sviluppo tecnico e l’innovazione e pertanto gli individui necessitano di percorsi di
apprendimento e aggiornamento continuo, in una logica di “learning to learn”. Il
rafforzamento del capitale umano e del capitale sociale si raggiunge infatti attraverso
l’aumento degli investimenti nella formazione permanente dei lavoratori e la creazione
di strutture volte all’interscambio delle conoscenze 17 , in quanto il potenziale innovativo
di un territorio è dato dalla diffusione e dal radicamento di specifiche skills, in
particolare nel campo della scienza, delle ICT e della tecnologia.
In Emilia-Romagna, come si è visto nell’analisi del contesto, i livelli di formazione
permanente sono buoni, in particolare rispetto alla media italiana. I dati riportati sotto
vanno a confermare questo elemento, mettendo in luce come il vantaggio si registri in
particolare per le donne, le quali partecipano all’apprendimento permanente di più di
due punti in percentuale rispetto agli uomini.
17 R. Cappellini, Le reti di conoscenza e innovazione e il knowledge management territoriale
168

Tab. 11 Adulti che partecipano all'apprendimento permanente (*)
Regioni 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Maschi
Emilia Romagna 6,8 4,7 5,3 5,2 5,8 4,8 6,2
Nord-Est 7,1 5,1 5,2 4,9 6,2 5,4 6,9
Italia 5,5 4,4 4,2 4,2 5,9 5,4 6,4
Femmine
Emilia Romagna 7,0 5,7 5,8 6,2 7,5 6,7 8,3
Nord-Est 7,0 5,7 5,4 5,9 7,2 6,8 8,1
Italia 5,4 4,6 4,6 4,8 6,6 6,2 7,3
Totale
Emilia Romagna 6,9 5,2 5,5 5,7 6,7 5,7 7,2
Nord-Est 7,1 5,4 5,3 5,4 6,7 6,1 7,5
Italia 5,5 4,5 4,4 4,5 6,2 5,8 6,9
(*) Percentuale della popolazione 25-64 anni che frequenta un corso di studio o di formazione
professionale
Fonte Istat
Da un’analisi dell’andamento temporale di questo dato, si nota inoltre come tale
vantaggio abbia un andamento costante, essendo già presente negli anni precedenti,
anche quando i livelli generali di apprendimento permanente erano più bassi.
Per quanto riguarda la tipologia dei corsi brevi modulari di alfabetizzazione funzionale,
si nota come, nell’anno scolastico 2003/04, dopo l’area linguistica (studio di una lingua
straniera) il tipo di offerta formativa più frequente è rappresentato dai corsi dell’area
delle tecnologie, informatica e multimedialità con un’incidenza del 32,9%.
Tab. 12 Corsi brevi modulari, di alfabetizzazione funzionale ripartiti per tipologia. A.s. 2003-04
Tipologia di corsi N. Corsi %
Area linguistica 337 39,0
Area tecnologie informatica- multimedialità 285 32,9
Cultura generale 20 2,3
Area artistico- espressiva 101 11,7
Attività motorio-sportiva 6 0,7
Avvio alla formazione professionale e orientamento di base18 2,1
Educazione sanitaria, alimentare e ambientale 25 2,9
Altro 73 8,4
Tot. 865 100,0
Elaborazione CRAS su dati Indire, Monitoraggio EdA.
Questo dato mostra un’elevata incidenza dei corsi relativi all’aggiornamento e alla
diffusione di maggiori competenze nel campo delle tecnologie strategiche (ICT),
sottolineando una generale presa di coscienza dell’importanza dell’aggiornamento delle
competenze nel mondo del lavoro per l’utilizzo di strumenti informatici ed altre
tecnologie specialistiche ai fini dell’aumento della produttività e della competitività sul
mercato.
3.3. Il quadro normativo e programmatico
Essendo l’innovazione un tema centrale dell’agenda politica nazionale e regionale,
esiste un articolato quadro normativo e programmatico volto al rafforzamento della
169

capacità di innovazione delle imprese e del settore pubblico, nonché al potenziamento
dei sistemi di istruzione e formazione. Ciononostante non vi sono che pochi interventi
volti all’eliminazione delle discriminazioni tra i sessi in questo settore, per cui la
maggior parte della normativa è di tipo generale.
3.3.1. Le politiche
Le politiche comunitarie
A livello comunitario, la Commissione Europea, nel formulare le linee di indirizzo per il
rilancio della Strategia di Lisbona nel marzo 2005, individua l’obiettivo di fare
dell’Europa un’economia ad alta intensità di conoscenza ed innovazione, a partire da tre
priorità: (a) rendere l’Europa più capace di attrarre investimenti e lavoro; (b) porre
l’innovazione e la conoscenza al servizio della crescita; (c) creare nuovi e migliori posti
di lavoro, laddove porre la conoscenza e l’innovazione al servizio della crescita
significa anzitutto aumentare e migliorare gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo,
promuovere l’innovazione, l’adozione delle nuove tecnologie dell’informazione e della
comunicazione e l’uso sostenibile delle risorse, contribuire alla creazione di una solida
base industriale europea. Per il raggiungimento di tali finalità la Commissione ha
previsto che gli Stati membri utilizzino le risorse dei Fondi strutturali e in particolare
del Fondo sociale europeo 18 . E’ interessante notare che le linee guida 19 indicate dalla
Commissione per elaborare i Programmi nazionali di riforma per la crescita e
l’occupazione, in attuazione della strategia non contengono uno specifico orientamento
per le Pari Opportunità, anche se Lisbona ha quantificalo l’obiettivo dell’occupazione
femminile (60% delle donne occupate entro il 2010) e ha dato un taglio trasversale alla
questione di genere, prevedendo l’utilizzo di indicatori disaggregati.
Inoltre, per il nuovo periodo di programmazione, la Commissione europea ha attivato
diversi strumenti per rafforzare il potenziale tecnologico dell’Unione, i quali, seppure
non sostengono programmi specifici e attività di ricerca volti direttamente al
rafforzamento delle pari opportunità nei settori dell’innovazione scientifica e
tecnologica, si fondano sul rispetto dei principi etici fondamentali, tra cui garantire le
pari opportunità in tutti gli ambiti della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico,
senza mettere da parte qualità e competenza.
In primo luogo è stato ideato lo “Spazio europeo per la ricerca” (SER) volto a
coordinare le attività di ricerca e innovazione a livello degli Stati membri e dell'Unione
europea, facilitando lo scambio di dati, la comparazione dei risultati, la realizzazione di
studi multidisciplinari, i trasferimenti e la tutela di nuove conoscenze scientifiche
nonché l'accesso ai poli di eccellenza e alle apparecchiature più avanzate.
Il VII Programma Quadro di Ricerca e Sviluppo Tecnologico, entrato in vigore da
gennaio 2007, diviene, in questo contesto, un elemento determinante per la
realizzazione del SER e più in generale per il conseguimento degli obiettivi stabiliti
dalla Strategia di Lisbona.
18
Commissione Europea, Orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione (2005-2008), COM(2005)
141def.
19
Comunicazione della Commissione del 5 luglio 2005 - Politica di coesione a sostegno della crescita e
dell'occupazione - Linee guida della strategia comunitaria per il periodo 2007-2013, COM(2005) 299 def.
170

Esso si pone l'obiettivo di rafforzare le basi scientifiche e tecnologiche dell'industria
della Comunità, di favorire lo sviluppo della sua competitività internazionale e di
promuovere azioni di ricerca, contribuendo alla crescita, allo sviluppo sostenibile e alla
protezione ambientale.
Il programma quadro, rivolto a Università, organizzazioni internazionali scientifiche e
tecnologiche, istituti di ricerca, enti pubblici, imprese (incluse le PMI) e persone fisiche,
è attuato mediante quattro programmi specifici:
il programma Cooperazione, che promuove la collaborazione tra l’industria e la
ricerca accademica in tutta Europa per conseguire la leadership nei settori chiave
della tecnologia;
il programma Idee, da realizzare sotto la guida del Consiglio europeo per la
ricerca, che sostiene la ricerca di frontiera tenendo conto unicamente del criterio
dell’eccellenza scientifica;
il programma Persone che offre un sostegno significativo alla mobilità e allo
sviluppo di carriera dei ricercatori sia in Europa sia su scala mondiale;
il programma Capacità volto a contribuire allo sviluppo delle capacità di cui
l’Europa ha bisogno per essere una fiorente economia fondata sulla conoscenza,
che per la prima volta sostiene infrastrutture di ricerca su larga scala a livello
europeo.
L’obiettivo di riunire in un quadro comune l’azione e le politiche volte all’aumento
della competitività e della capacità innovativa della Comunità in quanto società della
conoscenza avanzata, ha inoltre portato alla definizione del Programma Quadro per la
Competitività e l'Innovazione (CIP).
Tale programma persegue l’obiettivo di promuovere la competitività delle imprese, in
particolare delle PMI, di rafforzare ed aumentare tutte le forme di innovazione,
compresa l’ecoinnovazione, di accelerare lo sviluppo di una società dell’informazione
sostenibile, competitiva, innovativa e capace d’integrazione e di promuovere
l’efficienza energetica e si articola nei seguenti programmi specifici:
il programma per l’innovazione e l’imprenditorialità;
il programma di sostegno alla politica in materia di tecnologie dell'informazione
e della comunicazione (TIC);
il programma Energia intelligente — Europa.
Le politiche nazionali
Anche a livello nazionale, le azioni messe in atto sono principalmente rivolte al generale
potenziamento del sistema nazionale della ricerca, senza prevedere misure specifiche
per combattere la discriminazione a livello di genere presente nel settore della scienza e
della tecnologia. Ciononostante le azioni previste e messe in atto si fondano sempre sui
principi del rispetto delle differenze di genere, per cui in linea generale è da ritenere che
strategie volte allo sviluppo del sistema possano favorire anche l’aumento della
presenza quantitativa e qualitativa delle donne nel mondo dell’innovazione scientifica e
tecnologica..
171

Il MUR ha individuato sia una serie di interventi specifici per le Università, per gli enti
pubblici di ricerca e per le imprese, sia un insieme di azioni orizzontali: le iniziative di
collaborazione internazionale, il potenziamento del capitale umano e la
sensibilizzazione della pubblica opinione.
Il Programma Nazionale per la Ricerca 2005-2007 rappresenta lo strumento operativo
pluriennale della strategia volta a rilanciare il sistema scientifico e tecnologico italiano.
Gli obiettivi strategici definiti mirano a migliorare la qualità della vita, ad accrescere la
competitività delle imprese e a sostenere lo sviluppo sostenibile a livello globale. Per il
raggiungimento di tali obiettivi sono state definite le seguenti azioni strategiche:
1. Rafforzare la base scientifica del Paese, sostenendo l’eccellenza, il merito,
l’internazionalizzazione, la crescita e la valorizzazione del capitale umano
2. Potenziare il livello tecnologico del sistema produttivo a sostegno della sua
competitività
3. Sostenere la partecipazione attiva del sistema nazionale della ricerca nei programmi
dell’Unione Europea e negli accordi internazionali
E’ importante ricordare che gli indirizzi del PNR in tema di scelta e valorizzazione del
capitale umano per la ricerca sottolineano la necessità di porre particolare attenzione al
problema della pari opportunità, mostrando una chiara ed esplicita volontà a muoversi
in tal senso.
Anche il Piano italiano per l'Innovazione, la Crescita e l'Occupazione (PICO), in
attuazione della strategia di Lisbona, prevede tra i suoi obiettivi l’incentivazione della
ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica, prevedendo azioni volte a riordinare il
sistema di ricerca nazionale, concedere incentivi alla spesa in ricerca, favorire
l’innovazione e il trasferimento tecnologico.
Il 20 settembre 2005 la Conferenza dei Presidenti ha approvato il “Contributo delle
Regioni italiane per la definizione del Programma integrato per la crescita e
l’occupazione (PICO), per il rilancio della strategia di Lisbona, nel quale la ricerca, lo
sviluppo, l’innovazione ed il trasferimento tecnologico vengono considerati come punti
rilevanti.
In particolare le priorità orizzontali di contesto e di crescita vengono messe in relazione
con una serie di obiettivi riguardanti gli Orientamenti integrati del Consiglio dell’UE:
aumentare e migliorare gli investimenti nel campo della R&D, in particolare nel
settore privato, in vista della creazione di uno Spazio Europeo della Ricerca,
favorire l’innovazione in tutte le sue forme,
favorire la diffusione e l’utilizzo efficiente delle ICT (Information&Communication
Technology) e costruire una società dell’informazione pienamente inclusiva,
rafforzare i vantaggi competitivi della base industriale.
Al momento, il Consiglio dei Ministri ha approvato 2 Rapporti sullo stato di attuazione
del Programma Nazionale di Riforma.
Il primo, il Rapporto sullo stato di attuazione del Programma Nazionale di Riforma
2006-2008 contiene una descrizione analitica dell'avanzamento dei progetti del PNR,
indicando anche alcuni strumenti nuovi per raggiungere in modo più efficace gli
172

obiettivi, dalle liberalizzazioni alle infrastrutture, dalla ricerca e innovazione alla
valorizzazione del capitale umano alla lotta all’esclusione sociale.
Il secondo Rapporto sullo stato di attuazione della Strategia di Lisbona raccoglie in
modo organico e secondo le priorità di politica economica le azioni del Governo per
raggiungere gli obiettivi della strategia stessa. Esso risponde inoltre alle
raccomandazioni e osservazioni, formulate nello scorso marzo dal Consiglio dei
Ministri dell'Unione Europea in occasione della valutazione del precedente rapporto:
stabilità di bilancio, concorrenza e liberalizzazioni, divari regionali di occupazione,
qualità dell’istruzione, ricerca, infrastrutture, sviluppo sostenibile.
Nel Rapporto un particolare risalto viene dato alle politiche per la giustizia e la
sicurezza, per il loro impatto trasversale sulla competitività e sul contesto
macroeconomico del Paese. La priorità europea “energia” viene inoltre trattata
approfonditamente, per dar conto di tutti i filoni di azione in corso, come quello sulle
rinnovabili e i cambiamenti climatici. Un elemento di novità è inoltre la Nota aggiuntiva
su "Donne, Innovazione, Crescita".
L'importo complessivo degli stanziamenti per la strategia di Lisbona fino al 2008 è pari
a 63,5 miliardi di euro. Nell'ottobre 2008 verrà tracciato un bilancio del triennio di
programmazione 2005-2008 e presentato un nuovo Programma nazionale di riforma che
delinei e attualizzi le priorità da perseguire.
Le politiche regionali
A livello regionale è utile andare a ripercorrere i nuovi Programmi Operativi FSE e
FESR 2007-2013 per individuare gli assi e le misure volte a favorire lo sviluppo di
un’economia sempre più basata sulla conoscenza, secondo l’indirizzo dato da Lisbona.
Per quanto concerne Programma Operativo Regionale FESR 2007-2013, è evidente la
forte propensione alla diffusione dell’innovazione all’interno del sistema economico
regionale: l’Asse 1 punta a rafforzare la rete della ricerca industriale e del trasferimento
tecnologico e a favorire la creazione di tecnopoli per la competitività attraverso una
serie complessa di azioni volte a potenziare la ricerca industriale e il trasferimento
tecnologico; l’Asse 2, invece, punta a favorire la crescita delle imprese attraverso
processi di innovazione che puntano nello specifico a sostenere il consolidamento e la
crescita delle imprese attraverso l’introduzione di ICT e di modalità e strumenti
innovativi di gestione organizzativa e finanziaria nelle imprese e nelle PMI, nonché
attraverso il sostegno alla creazione di reti di imprese, per l’innovazione tecnologica e
organizzativa nelle PMI.
Anche il Programma Operativo Regionale FSE 2007/2013 conferisce un’importanza
notevole ai temi dell’innovazione, in particolare in relazione allo sviluppo delle risorse
umane, laddove l’attuazione delle misure per la creazione/applicazione della nuova
conoscenza e lo sviluppo delle infrastrutture tecnologiche dipende prevalentemente da
altri canali di finanziamento. Nello specifico l’Asse I (Adattabilità), finalizzato a
favorire l’innovazione e la produttività attraverso una migliore organizzazione e qualità
del lavoro, ha uno specifico riferimento allo sviluppo delle pari opportunità di genere,
puntando a sviluppare azioni specifiche mirate a favorire la permanenza nel mercato del
lavoro, lo sviluppo di carriera delle donne e la conciliazione tra i tempi di vita e di
lavoro. Un altro obiettivo dell’Asse è sviluppare politiche e servizi per l’anticipazione e
173

gestione dei cambiamenti e promuovere la competitività e l’imprenditorialità, in
particolare attraverso interventi volti ad accrescere le competenze delle figure
decisionali delle imprese. L’Asse IV (Capitale umano), invece, tra le sue finalità ha
quella di favorire la creazione di reti tra università, centri tecnologici di ricerca, mondo
produttivo e istituzionale, volgendo una particolare attenzione alla promozione della
ricerca e dell’innovazione: di importanza strategica in tale contesto diventa lo start up di
attività collegate alla ricerca e all’innovazione nell’ambito di settori strategici della
Regione Emilia-Romagna.
Anche il DPEF 2007-2010 conferisce una particolare importanza ai temi della
conoscenza, dell’innovazione e della qualità del capitale umano, considerati elementi
chiave per fare della Regione Emilia-Romagna un’economia fondata sulla conoscenza.
In particolare tra le priorità individuate per la Regione, due sono particolarmente
importanti in questa trattazione: (a) favorire lo sviluppo di politiche per la costruzione di
un sistema innovativo regionale volto a rafforzare la capacità di innovazione delle
imprese, a potenziare i sistemi dell’istruzione e della formazione e del lavoro e a
trasferire l’innovazione tecnologia anche nel settore pubblico; (b) sviluppare politiche
per l’istruzione, la formazione e la qualità del lavoro volte a migliorare l’offerta
formativa e la qualità dei servizi, sostenendo l’integrazione reciproca e con il sistema
del lavoro e garantendo le condizioni di accesso e la fruizione allo studio e alla
formazione per tutti e per tutto l’arco della vita.
Considerata l’importanza conferita al tema della ricerca e dell’innovazione dai
documenti programmatori suddetti, anche le Linee di programmazione e indirizzi per il
sistema formativo e per il lavoro 2007/2010 ne affrontano alcuni aspetti. In particolare
gli indirizzi sottolineano l’importanza degli investimenti nel capitale umano orientati
alla qualificazione dell’offerta di alta formazione scientifica e tecnica, al sostegno alla
ricerca e alla promozione dei processi di trasferimento tecnologico nelle imprese.
Nel processo di qualificazione dell’offerta formativa, la costituzione dei «poli tecnicoprofessionali»
- tra gli istituti tecnici e gli istituti professionali, le strutture della
formazione professionale accreditate e le strutture che operano nell'ambito del sistema
dell’istruzione e formazione tecnica superiore – viene considerata un elemento
fondamentale. La programmazione dei «poli tecnico-professionali» sarà sviluppata
parallelamente alla creazione di «tecnopoli» per la competitività, per la ricerca applicata
e per il trasferimento tecnologico, che puntando all’integrazione tra le strutture di
ricerca industriale e le imprese, possano connettersi con le reti internazionali della
ricerca sapendo sostenere la crescente domanda delle imprese di competenze per
l’innovazione tecnologica, di prodotto/processo, organizzativa e gestionale.
qualificare ulteriormente l’offerta formativa scientifica e tecnica e di integrarla con le
politiche per lo sviluppo e la competitività regionale, individuando gli elementi di
cerniera fra l’istruzione secondaria superiore, la formazione professionale di secondo
livello, l’offerta universitaria, la formazione in impresa.
Sul piano legislativo regionale, la L.R. n. 7 del 14 maggio 2002 “Promozione del
sistema regionale delle attività di ricerca industriale, innovazione e trasferimento
tecnologico” rappresenta uno strumento specifico per il collegamento tra il sistema
produttivo regionale e il sistema ricerca, spin off, attività di ricerca, innovazione e
trasferimento tecnologico, iniziative e strutture di rete per la ricerca industriale e
l’innovazione tecnologica. La legge persegue infatti tre finalità: (a) sviluppare il sistema
produttivo regionale verso la ricerca industriale, il trasferimento tecnologico e
174

l'innovazione, nel rispetto della sostenibilità ambientale, e anche in riferimento alla
qualificazione della produzione e dei consumi energetici; (b) trasferire conoscenze e
competenze tecnologiche e utilizzare le risorse umane nelle Università, nei centri di
ricerca e nelle imprese, in attività di ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico;
(c) sviluppare di una rete coordinata di iniziative, attività e strutture per la ricerca di
interesse industriale e l'innovazione tecnologica.
La L.R. 7/2002 è attuata attraverso il Programma Regionale per la Ricerca industriale,
l'innovazione e il trasferimento tecnologico (Priitt), inserito nell’ambito del Programma
Triennale per le Attività Produttive, che punta a contribuire al consolidamento di una
comunità regionale della conoscenza e dell’innovazione, costituita dai soggetti che nei
rispettivi ambiti operano per l’innovazione e interagiscono per scambiare e sviluppare
nuove conoscenze. Del Priitt appaiono particolarmente interessanti le misure volte alla
generazione di nuove attività imprenditoriali e professionali ad alto contenuto
tecnologico (Misura 2), al trasferimento di conoscenze e competenze tecnologiche
(Misura 3) e allo sviluppo di rete (Misura 4).
Anche il Piano Triennale Attività Produttive 2003/2005 presenta alcune misure volte ad
incentivare e sostenere progetti di innovazione del sistema produttivo e dei soggetti
imprenditoriali: in particolare della Misura 3.1, volta allo sviluppo del sistema
produttivo regionale verso la ricerca industriale e strategica, l’Azione A sostiene
progetti di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo, mentre l’Azione B lo
sviluppo di laboratori industriali; della Misura 3.2 l’Azione B dà contributi per l’avvio
di iniziative imprenditoriali per la ricerca industriale, l’innovazione ed il trasferimento
tecnologico; la Misura 3.3 sostiene, infine, azioni per il trasferimento di conoscenze e
competenze tecnologiche.
Più specificamente rivolto all’universo femminile è il Programma Imprenditoria
femminile 2006/2007, volto a conciliare le caratteristiche del tessuto produttivo con i
punti di forza dell’imprenditoria femminile. Il programma persegue varie finalità, tra cui
quelle relative ai settori maggiormente innovativi sono: (a) Asse 1 - Ricerca industriale
e trasferimento tecnologico, il cui obiettivo è rafforzare la rete della ricerca industriale e
del trasferimento tecnologico e favorire la creazione di tecnopoli per la competitività;
(b) Asse 2 - Sviluppo innovativo delle imprese, volto a favorire la crescita delle imprese
attraverso processi di innovazione.
Sulla società dell’informazione intervengono il Piano telematico regionale, attento allo
sviluppo infrastrutturale e all’e-government, e la legge regionale per lo sviluppo della
società dell’informazione (L.R. 11/2004), che, coerentemente con gli orientamenti
comunitari sulla coesione sociale, traccia anche una linea politica d’intervento per far
fronte al cosiddetto “divario digitale”.
3.4.2. L’integrazione delle politiche
La crescita di un’economia della conoscenza si basa sul raggiungimento di alti livelli di
formazione e professionalità, perseguiti attraverso il costante e deciso allargamento
delle possibilità di sviluppo di tutti gli strati della popolazione e nel miglioramento della
qualità del lavoro. Questo obiettivo di crescita può realizzarsi con la costituzione di un
sistema in cui educazione, istruzione, orientamento, formazione e politiche del lavoro
175

siano al servizio sia della crescita economica e dello sviluppo che della qualità della vita
in generale.
In questo contesto, le politiche attive del lavoro devono connettersi efficacemente con le
strategie di sviluppo delle competenze e del livello di istruzione, così come la
formazione universitaria e la ricerca devono essere collegate, all’interno di un piano
strategico di sviluppo, con le esigenze di innovazione dell’economia.
La costruzione di un sistema formativo integrato capace di collegarsi alle esigenze del
territorio in termini di sviluppo locale ed allo stesso tempo di mettere in comunicazione
le diverse istituzioni coinvolte nei processi educativi (scuola, formazione professionale,
imprese, università, enti di ricerca, terzo settore, ecc.) diventa dunque una necessità
indispensabile.
Le azioni messe in campo a livello europeo, nazionale e regionale, attraverso strumenti
normativi e programmatici, mostrano la propensione ad agire in maniera integrata per
favorire il rafforzamento del sistema innovativo, sia nel campo delle risorse umane che
in quello della ricerca industriale e del trasferimento tecnologico.
La tabella che segue mostra le interrelazioni esistenti tra le varie politiche in funzione
degli obiettivi di aumento quantitativo e qualitativo del capitale umano e di
rafforzamento della struttura economico-produttiva nei settori innovativi.
176

Integrazione delle politiche a favore dello sviluppo e del sostegno all'innovazione in ottica di genere
Aree tematiche Politiche Principali Strumenti Titolarità
Capitale Umano per
la Ricerca e
l’Innovazione
Ricerca Industriale
e Trasferimento
Tecnologico
Istruzione,
Formazione,
Lavoro, Istruzione,
Formazione,
Lavoro,
Conciliazione tempi
di vita e di lavoro
Politiche per
Istruzione,
Formazione,
Lavoro, Sviluppo
economico,
Innovazione,
Imprenditorialità,
Ambiente,
Agricoltura,
Conciliazione tempi
di vita e di lavoro
Nuovi programmi europei per l'istruzione, la
formazione, la gioventù, la cultura e la
cittadinanza per il periodo 2007-2013
VII Programma Quadro
Programma Quadro per la Ricerca e
l'Innovazione
Spazio Europeo per la Ricerca
Piano Nazionale per la Ricerca
PICO
L.53/2000 recante “Disposizioni per il
sostegno della maternità e della paternità,
per il diritto alla cura ed alla formazione e
per il coordinamento dei tempi delle città”
PO FSE
Ob. 2 2007-2013
VII Programma Quadro
Programma Quadro per la Ricerca e
l'Innovazione
Spazio Europeo per la Ricerca
Commissione Europea
Direzione, Generale
dell'Istruzione e della
Cultura
Commissione Europea
Direzione, Generale
della ricerca
Stato Italiano, Ministero
dell'Università e della
Ricerca
Stato Italiano, Ministero
del Lavoro e delle
Politiche sociali
Regione Emilia-
Romagna
Direzione Generale
cultura, formazione e
lavoro
Commissione Europea
Direzione, Generale
della ricerca
Banca Europea Investimenti Stati Membri
Fondo europeo Investimenti Stati Membri
L.53/2000 recante “Disposizioni per il
sostegno della maternità e della paternità,
per il diritto alla cura ed alla formazione e
per il coordinamento dei tempi delle città”
PO FSE
Ob. 2 2007-2013
PO FEASR Ob. 2 2007-2013
PO FESR
Ob. 2 2007-2013
Piano Triennale per le Attività Produttive 2003-
2005
L.R. 7/2002
Promozione del sistema
Regionale di ricerca industriale,
Innovazione e
Trasferimento tecnologico
Programma Regionale per la Ricerca industriale,
l'innovazione e il trasferimento tecnologico
Programma Imprenditoria femminile 2006/2007
Stato Italiano, Ministero
del Lavoro e delle
Politiche sociali
Regione Emilia-
Romagna Direzione
Generale cultura,
formazione e lavoro
Regione Emilia-
Romagna, Durezione
Generale Agricoltura
Regione Emilia-
Romagna. Direzione
Generale Attività
produttive, Commercio,
Turismo. Servizio
Politiche di Sviluppo
Economico
177

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Come mostra la tabella riportata sopra, lo sviluppo del capitale umano avviene
attraverso un’azione coerente e coordinata nei settori dell’istruzione, della formazione e
del lavoro su vari livelli, volta in particolare alla qualificazione del sistema della
formazione e dell’istruzione professionale e alla diffusione della cultura tecnicoscientifica,
per facilitare i trasferimenti degli esiti della ricerca all’impresa che
aumentano la competitività del sistema. L’integrazione delle politiche di istruzione,
formazione e lavoro con quelle relative a sviluppo economico, innovazione,
imprenditorialità, ambiente e agricoltura rappresenta, inoltre, la strategia portante anche
per quanto concerne lo sviluppo della ricerca industriale e del trasferimento tecnologico,
in quanto solo l’avvio di azioni di sistema di dimensione europea, nazionale e regionale
possono promuovere e facilitare la costituzione di una nuova domanda e di una nuova
offerta di ricerca, sviluppando contemporaneamente pratiche nuove ed efficaci di
trasferimento tecnologico. In entrambe le aree, inoltre, l’integrazione delle politiche di
riferimento con quelle relative alla conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro, favorisce
una maggiore partecipazione e presenza della componente femminile.
Al fine di gestire in modo integrato i vari strumenti programmatici e normativi
disponibili a livello europeo, nazionale e regionale e per utilizzare al meglio le risorse
messe a disposizione dall’Europa e da altri soggetti pubblici e privati, la Regione
Emilia-Romagna ha definito una programmazione integrata riguardante le politiche del
lavoro, della formazione e dell’istruzione, individuando obiettivi, strategie e priorità
d’intervento sia territoriali che settoriali e ha messo in atto una serie di azioni volte nello
specifico a favorire l’integrazione dei sistemi.
L’attenzione che la Regione sta mostrando verso l’istituzione dei “poli tecnici”, previsti
dalla Legge n. 40 del 2007, si presenta in questo contesto molto interessante. I poli
tecnici, infatti, consorzi da realizzarsi tra gli istituti tecnici e professionali, le strutture
della formazione professionale e gli istituti tecnici superiori, sono costituiti sulla base
della programmazione dell'offerta formativa delle regioni, con il fine di promuovere in
modo stabile e organico la diffusione della cultura scientifica e tecnica e di sostenere le
misure per la crescita sociale, economica e produttiva del Paese. La loro natura facilita
la domanda e l’offerta di lavoro nei settori scientifico-tecnologici e rafforza le relazioni
tra la formazione tecnico-scientifica, la ricerca avanzata e le imprese innovative,
rendendo più agili ed efficienti le applicazioni degli esiti della ricerca all’interno dei
settori produttivi. I poli, inoltre, favorendo la relazione tra gli enti e le istituzioni di
ricerca regionali (formazione tecnico- superiore e universitaria) e le imprese,
permettono la definizione di un’offerta di alta formazione e di specializzazione della
competenze flessibile e richiesta sul mercato. La localizzazione nei territori provinciali
in base alle specificità territoriali permette, infatti, di realizzare dei veri e propri
network, nei quali i sistemi formativi sono in grado di capire le esigenze di alta
formazione delle imprese, rispondendo e stimolando allo stesso tempo la domanda e
favorendo dunque lo sviluppo competitivo dei territori.
Sempre in direzione dello sviluppo del capitale umano per la ricerca e l’innovazione si
colloca sperimentazione avviata in Emilia-Romagna riguardo l’introduzione della
disciplina dell’apprendistato di “terzo livello” 20 , volta all’acquisizione di un titolo di
20 La sperimentazione è già operativa sulla base di un accordo adottato con delibera regionale con il
Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e con le parti sociali che prevede l'attivazione di percorsi di
master progettati e realizzati dalle Università del territorio in stretta collaborazione con le imprese
interessate.
178

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
studio secondario (laurea, diploma di specializzazione, specializzazione tecnica
superiore), integrando alla formazione pratica in azienda quella superiore. Anche in
questo caso si crea un relazione integrata tra sistema formativo e mondo del lavoro,
grazie alla quale le imprese possono godere per almeno due anni della presenza in
azienda di un giovane laureato, che genera la possibilità di sviluppare idee, progetti e
ipotesi di lavoro, e gli apprendisti laureati, attraverso il percorso di lavoro e di
formazione, hanno l’opportunità di costruire professionalità che siano in grado di
rispondere ad una esigenza specifica o ad un progetto dell'impresa, con l'assistenza
diretta dell'Università.
Queste tipologie di azioni, se fondate sui principi dell’equità e della competenza,
rappresentano strumenti interessanti da continuare a perseguire per favorire lo sviluppo
e la diffusione di una più radicata cultura tecnico-scientifica anche a livello femminile,
garantendo una maggiore partecipazione delle donne alla formazione di alto livello nei
settori tecnico-scientifici e rafforzando sicuramente la loro presenza nelle posizioni di
comando. Certamente, il superamento della segregazione verticale può essere raggiunto
solamente grazie all’integrazione delle politiche dell’istruzione, formazione e lavoro,
con quelle specificamente volte alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro,
fondamentali per garantire alle donne la possibilità di occupare posizioni di vertice 21 . La
presenza di politiche aziendali family-friendly ed eque, che favoriscano la
massimizzazione del potenziale delle diversità attraverso la standardizzazione dei
processi selettivi e che abbiano un’organizzazione aziendale flessibile e innovativa,
genera infatti crescita e sviluppo tecnologico dei sistemi economici territoriali. La
relazione coordinata tra le varie componenti delle Amministrazioni regionali, il mondo
dell’impresa e l’Amministrazione centrale rappresenta un elemento imprescindibile per
il raggiungimento degli obiettivi di equità e crescita posti dalla Strategia di Lisbona.
Per quanto concerne il tema dello sviluppo della ricerca industriale e del trasferimento
tecnologico in ottica di genere, la costituzione di reti tecnologiche può rappresentare la
chiave della strategia di integrazione tra i sistemi, in quanto genera un circolo virtuoso
che garantisce la concentrazione di fattori di innovatività, come la presenza
dell’università e di centri di ricerca, la disponibilità e la formazione continua di risorse
umane qualificate, la consistenza dei settori high-tech e di quelli a più elevato contenuto
tecnologico e la presenza di una diffusa e radicata cultura imprenditoriale sul territorio,
che rappresentano gli elementi fondanti di un’economia realmente basata sulla
conoscenza e volta alla competitività.
Grazie al Programma PRRIITT e all'attivazione, secondo i medesimi obiettivi, di
ulteriori risorse (in particolare i fondi dell'Obiettivo 2), dal 2005 è operativa la Rete Alta
Tecnologia dell'Emilia-Romagna. La Rete è costituita da 57 strutture dedicate alla
ricerca industriale, all'innovazione e al trasferimento tecnologico dislocate in diverse
aree della regione e occupa 313 ricercatori.
Obiettivo della Rete è arricchire questo patrimonio attraverso il potenziamento delle
sinergie tra i diversi centri di ricerca, la creazione di una massa critica di attività di
ricerca industriale di alto livello e più efficaci meccanismi per il trasferimento di nuove
tecnologie dai centri di ricerca alle imprese della regione. Le aziende sono in molti casi
coinvolte direttamente nelle attività della Rete oppure ne fanno parte tramite le proprie
21 Per una trattazione più completa del tema della conciliazione, si rimanda al capitolo sul mainstreaming
di genere.
179

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
associazioni di categoria. Tutte le attività progettuali della Rete sono finalizzate, infatti,
alla creazione di nuove tecnologie in grado di migliorare la competitività delle imprese.
La presenza e la crescita di agglomerazioni spaziali di attività ad alta intensità
tecnologica nei quali si generano una serie di vantaggi derivanti dalla prossimità
geografica delle strutture di ricerca e di input specializzati (componenti, macchine,
servizi), genera crescita e sviluppo tecnologico, promuovendo la costituzione di nuove
risorse umane e l’impegno di quelle già disponibili. Gli interventi della legge regionale
L.R. n. 7 del 14 maggio 2002 “Promozione di un sistema regionale per la ricerca
industriale, l’innovazione e il trasferimento tecnologico”, danno infatti grande
importanza ai contributi agli investimenti delle imprese in risorse umane e alle iniziative
per l’attivazione di Laboratori e Centri per l’innovazione con l’impegno di giovani
ricercatori, sostenendo in tal modo la costituzione di nuova occupazione per la ricerca.
Tale impostazione assume importanza strategica per garantire una maggiore
partecipazione femminile alle attività di ricerca industriale e trasferimento tecnologico,
anche se si rende necessario un sostegno più specifico nei confronti delle donne in
questo settore.
3.5 Il contributo del POR Ob. 3 2000-2006 alla politica dell’innovazione
Il contributo del Programma Operativo Regionale Ob.3 2000-2006 alla politica
dell’innovazione è sicuramente rilevante, soprattutto in relazione alle politiche per lo
sviluppo del capitale umano, attraverso interventi formativi finalizzati alla
specializzazione e alla ricerca, alla costituzione di imprese innovative e allo sviluppo
tecnologico.
Gli interventi relativi a questo settore di attività previsti dal POR sono stati in
particolare relativi alla formazione :
nel sistema dell’istruzione e della formazione (strutture scolastiche, docenti e
allievi) [Asse C]
degli operatori delle imprese (lavoratori, imprenditori, neo-imprenditori) [Asse D]
degli operatori delle amministrazioni pubbliche (dirigenti e impiegati) [Asse D]
ai quali si aggiungono gli interventi realizzati attraverso le Sovvenzioni globali delle
Misure C3, D3 e D4.
3.5.1 Le sovvenzioni globali
Per la gestione di alcune misure chiave per la costituzione di capitale umano
specializzato per la ricerca e l’innovazione, la Regione Emilia-Romagna si è servita del
meccanismo delle Sovvenzioni Globali, forma di intervento voluta dall'Unione Europea
per la realizzazione di particolari azioni di sviluppo locale.
La Sovvenzione Globale si sostanzia nell'attribuzione di una parte di un intervento a uno
o più Organismi intermediari, quali Enti locali, organismi di sviluppo regionale,
organizzazioni non governative, dotati di comprovata esperienza pluriennale nel settore.
Questi si assumono direttamente la responsabilità della gestione dell'intervento,
erogando i contributi a favore dei beneficiari per conto dell'Ente finanziatore, con la
massima snellezza.
180

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Per quanto concerne le tematiche in oggetto della trattazione presente, l’Emilia-
Romagna ha messo in atto tre Sovvenzioni globali particolarmente interessanti:
• SG “creazione d’impresa” (misure D3-D4).
• SG “alta formazione” (misura C3);
• SG “voucher per l’alta formazione” (misura C3);
Attraverso l’analisi delle azioni attivate attraverso queste SG è possibile avviare una
prima valutazione delle realizzazioni raggiunte nel campo dell’innovazione dell’alta
formazione e del sistema produttivo e dei soggetti imprenditoriali in ottica di genere dal
POR Obiettivo 3.
Sovvenzione Globale “creazione d’impresa”: Spinner
L’Asse D si articola in 3 Misure: D1 “Sviluppo della formazione continua, della
flessibilità del mercato del lavoro e della competitività delle imprese pubbliche e
private, con priorità alle PMI” e D2 “Adeguamento delle competenze della Pubblica
Amministrazione” contribuiscono all’adattabilità delle risorse umane e alla diffusione
delle innovazioni, D3 “Sviluppo e consolidamento dell’imprenditorialità con priorità ai
nuovi bacini d’impiego” e D4 “Miglioramento delle risorse umane nel settore della
ricerca e sviluppo tecnologico”. In particolare le ultime due misure operano per la
creazione di un sistema locale fondato sul miglioramento della conoscenza tecnicoscientifica,
sull’innovazione e sulle nuove imprese ad alta intensità tecnologica e sono
perseguite attraverso la Sovvenzione Globale Spinner 22 .
Spinner è una iniziativa della Regione Emilia-Romagna finanziata dal Fondo Sociale
Europeo nell’ambito del POR Ob.3 2000-2006 attraverso lo strumento della
sovvenzione globale, diretta a sostenere l’imprenditorialità innovativa e il trasferimento
di competenze dal sistema della ricerca alle imprese valorizzando il know-how di chi
ricerca e studia in regione e si articola in tre azioni strategiche d’intervento:
Azione 1 – Economia della conoscenza
Azione 2 – Ricambio generazionale
Azione 3 – Emersione e regolarizzazione delle forze di lavoro
Al 31 dicembre 2006 in relazione all’Azione 1, particolarmente interessante per
l’impatto avuto sulle politiche dell’innovazione, erano stati ammessi alle agevolazioni
di Spinner 1.148 soggetti beneficiari, di cui 843 per progetti per il completamento di
piani di assistenza e formazione concernenti idee d’impresa innovativa (ID Misura D3),
63 per i progetti aftercare e di innovazione manageriale e organizzativa (Altri D3), 432
progetti per il trasferimento tecnologico, la ricerca e lo sviluppo competitivo (TT, RS e
RT Misura D4) e 120 per progetti relativi ai premi di laurea e all’innovazione
manageriale e organizzativa per la misura D3.
22 Il 18 settembre 2000, data di esecutività della deliberazione della Giunta Regionale n.1411/7/2000,
costituisce l’avvio ufficiale della Sovvenzione Globale Spinner.
181

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Tab. 13 Destinatari beneficiari coinvolti nell’Azione 1 Spinner per genere, classi di età e titolo di
studio
Misura D.3 Misura D.4 Totale
Genere ID Altri D3 TT RS RT Altri D4 D.3 D.4 Spinner
Uomini 66,3 76,2 85,6 63,9 52,6 56,7 67,0 57,7 63,5
Donne 33,7 23,8 42,0 36,1 47,4 43,3 33,0 42,3 36,5
Classe d'età
20-24 5,6 9,5 6,6 5,6 7,9 18,3 5,8 9,2 7,1
25-29 37,5 27,0 71,3 75,0 55,3 76,7 36,8 71,6 49,8
30-34 25,7 39,7 18,4 13,9 36,8 4,2 26,7 16,2 22,8
35-44 19,9 17,5 3,7 5,6 - 0,8 19,8 3,0 13,5
45-49 3,4 3,2 - - - - 3,4 2,1
50 e oltre 7,8 3,2 - - - - 7,5 4,7
Titolo di studio
Diplomati 18,5 12,7 16,7 2,8 13,2 0,8 18,1 12,0 15,8
Laureati 81,5 87,3 83,3 97,2 86,8 99,2 81,9 88,0 84,2
Totale ammessi 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale ammessi (v.a.) 843 63 348 36 38 120 906 542 1148
Come mostra la tabella, i beneficiari di entrambe le misure sono in prevalenza uomini
anche se per la misura D4 si rivela una presenza femminile molto più evidente rispetto
alla misura D3. Per la D4, tuttavia, il numero in valori assoluti dei beneficiari è stato
molto più basso di quello della D3 (542 contro 906), il che giustifica una partecipazione
totale delle donne solo del 36,5%. I progetti in cui tale partecipazione si è concentrata
sono quelli che riguardano attività di ricerca e sviluppo, ricerca e trasferimento
tecnologico, nonché i premi di laurea (TT), quelli di ricerca e sviluppo precompetitivo
(RS) e quelli di ricerca e trasferimento tecnologico (RT).
La classe d’età maggiormente presente nei progetti è quella compresa tra i 25 e i 29 anni
e si registra una fortissima predominanza dei laureati sui diplomati (ciò giustificato
sicuramente anche dagli alti livelli di istruzione universitaria registrati in regione). Per
quanto concerne le donne, ancora forte è la variabile relativa all’università di
provenienza, in quanto si evidenzia come la presenza delle donne vada calando nelle
città come Modena e Reggio-Emilia dove è forte il peso della facoltà di ingegneria,
ancora di ampia prevalenza maschile, mentre si faccia molto più ampia presso gli enti di
ricerca, dove gioca a favore la presenza dei dipartimenti di scienze chimiche e
bilologiche.
Sovvenzione Globale “alta formazione:” Symposium 1 e 2 (2002/2003 – 2003/2004)
La Misura C3 mira ad ampliare e diversificare l’offerta formativa post-secondaria,
promuovendo l’aumento del grado di spendibilità della qualificazione conseguita sul
mercato del lavoro settoriale e territoriale.
Dal 2002 il Consorzio Symposium, composto dai quattro atenei del territorio, opera in
qualità di Organismo Intermediario per la gestione, su incarico della Regione Emilia
Romagna, di parte della misura, con l'obiettivo di facilitare ai laureati la partecipazione
ai Master Universitari Integrati, progettati e realizzati in collaborazione tra gli Atenei
della Regione Emilia Romagna e gli Enti accreditati nella Formazione Superiore.
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Per la realizzazione degli obiettivi prefissati, il Consorzio Symposium ha messo in atto
una serie di attività:
Aiuti alle persone
- Interventi di formazione integrata post laurea.
Assistenza a strutture e sistemi
- Assistenza tecnica: supporto specialistico per la gestione, il monitoraggio ed il
controllo delle iniziative.
Misure di accompagnamento
- Promozione;
- Banca dati da integrarsi con il sistema informativo regionale della Formazione
Professionale;
- Diffusione.
Nei primi 2 anni accademici (2002/2003 e 2003/2004, quest’ultimo per il rinnovo della
convenzione) 23 la Regione, tramite Symposium, ha finanziato 146 Master di I e II
livello (76 nell’ambito di Symposium I e 70 nell’ambito di Symposium II), permettendo
a ben 5670 studenti di candidarsi per la partecipazione ai master e agevolando
concretamente 2728 beneficiari. Questi ultimi hanno frequentato i master a titolo
gratuito o a costo molto ridotto, a seconda che il finanziamento sia stato totale (Azione
2) o parziale (Azione 1).
Tab. 14 Master finanziati per Università e Azioni.
Ateneo Azione 1 Azione 2 Totale Tot%
Università di Bologna 37 33 70 47,9
Università di Ferrara 10 12 22 15,1
Università di Modena e Reggio Emilia 8 9 17 11,6
Università del Sacro Cuore - Piacenza 1 1 2 1,4
Università di Parma 12 23 35 24,0
Totale 68 78 146 100,0
Tot% 46,6 53,4 100,0
Come si evince dalla tabella riportata sopra, attraverso Symposium sono stati coinvolti
tutti gli Atenei della regione, di cui l’Università di Bologna è quella nella quale è stato
avviato il maggior numero di progetti (il 47,9% dei progetti in totale) e dove, in
percentuale, si registra il maggior numero di master finanziato totalmente (Azione 1).
Riguardo a quest’ultimo punto, tuttavia, bisogna ammettere la presenza di una certa
uniformità tra l’Azione 1 e l’Azione 2, nonostante si registri una live preponderanza di
progetti per cui è stato previsto un finanziamento parziale (Azione 2), in particolare
nell’ambito dell’Università di Parma dove sono stati finanziati totalmente solo il 34%
dei master realizzati.
23 L’avviso pubblico per l’affidamento dell’incarico di organismo intermediario della SG “formazione
superiore” è stato adottato con Deliberazione di Giunta Regionale n. 2467 del 19 novembre 2001, e la sua
pubblicazione è avvenuta sul BUR n.171 del 28 novembre 2001. L’aggiudicazione è stata disposta con
Deliberazione di Giunta Regionale n. 348 dell’11 marzo 2002 a favore del Consorzio Symposium, e
l’impegno ammonta a Euro 10.329.137,98.
183

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Le attività formative, presentate da 41 Enti di formazione professionale accreditati nella
formazione superiore, hanno riguardato tutti gli ambiti disciplinari, mantenendo una
certa uniformità nell’offerta. Per quanto concerne le materie appartenenti all’area
scientifica e tecnologica, inoltre, si nota la presenza di un offerta sostenuta, con 31
master in scienze matematiche, fisiche e chimiche (21% dell’offerta totale), 29 in
scienze ingegneristiche (20% del totale), 15 in scienze mediche e veterinarie (10%del
totale) e 10 in scienze biologiche, geologiche e agrarie (7% del totale).
Tab. 15 Master finanziati per aree disciplinari di riferimento
AREE DISCIPLINARI DI RIFERIMENTO n. progetti % DI PROGETTI
Scienze Giuridiche, Politiche, Economiche e Statistiche. 31 21%
Scienze Matematiche, Fisiche, Chimiche; 31 21%
Scienze Umanistiche; 31 21%
Scienze Ingegneristiche; 29 20%
Scienze Mediche e Medico-Veterinarie; 15 10%
Scienze Biologiche Geologiche, Agrarie; 10 7%
Totale 146 100%
Nonostante il numero più basso di master nell’ambito delle ultime due aree, in generale
è interessante considerare come la maggioranza dei progetti abbia riguardato l’area delle
discipline scientifiche e tecnologiche (58% dei progetti in totale).
Per quanto concerne i destinatari coinvolti, come si è già detto, nell’ambito delle due
fasi di Symposium gli iscritti alle attività sono stati in totale 2728, di cui circa il 58%
donne. Si è registrata, dunque, una netta prevalenza della componente femminile
rispetto a quella maschile, dato d'altronde in linea con l’andamento generale
dell’istruzione post-secondaria.
Tab. 16 Suddivisione iscritti per genere e per stato occupazionale. Valori %
Iscritti per genere Iscritti per stato occupazionale
Maschi Femmine Occupati Disoccupati
42,0% 58,0% 25% 75%
Per quanto riguarda poi lo stato occupazionale degli iscritti, si nota una netta prevalenza
di beneficiari appartenenti alla categoria dei disoccupati (75%), dato coerente con le
finalità di Symposium stesso, il quale mirava a rendere accessibile al maggior numero
possibile di laureati desiderosi di specializzarsi una formazione altamente qualificata
oltre la laurea.
Alta formazione - misura C3 – anno 2004-2005: l’introduzione dei voucher formativi
Sempre nell’ambito della Misura C3 nel 2004 è stato dato avvio alla Sovvenzione
Globale “voucher per l’alta formazione”, gestita anch’essa dal Consorzio Symposium
come Organismo Intermediario. In sintesi la Sovvenzione Globale si è posta queste
finalità prioritarie:
sostenere e promuovere l’introduzione del meccanismo dei voucher all’interno del
sistema formativo integrato;
sostenere e promuovere la capacità di integrazione tra i sistemi istruzione e della
formazione, con l’obiettivo di favorire il completamento di un processo volto a
creare un sistema formativo integrato tra Università, enti accreditati di formazione
professionale e mondo della produzione, che non sia la semplice somma delle
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CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
singole componenti, ma “il valore aggiunto” di un’offerta che deriva dagli effetti
della complementarietà delle componenti stesse;
promuovere un’offerta qualitativamente elevata di formazione superiore/alta
formazione.
Da un punto di vista operativo, attraverso questa SG sono state finanziate direttamente
le persone fisiche anziché le strutture formative, come invece nel caso della SG “alta
formazione”, attraverso l’assegnazione di voucher formativi per la frequenza dei Master
Universitari Integrati realizzati dagli Atenei in collaborazione con gli Enti di
Formazione.
Per quanto concerne l’offerta, i master integrati previsti per i quali era possibile
richiedere un assegno formativo erano in totale 71 (38 a Bologna, 18 a Parma, 8 a
Ferrara e 7 a Reggio-Emilia). Di questi, dell’area scientifica e tecnologica (scienze
matematiche, fisiche, chimiche, scienze ingegneristiche, scienze biologiche, geologiche
e agrarie e scienze medico e medico-veterinarie)se ne registravano 31, il 43,6% del
totale, di cui la maggioranza era prevista nell’ateneo di Bologna.
Tab 17 Master per i quali era possibile richiedere un assegno formativo per aree disciplinari di
riferimento
Aree disciplinari di riferimento Bologna Ferrara Parma Reggio-
Totale Totale %
Emilia
Scienze Giuridiche, Politiche, Economiche e
Statistiche. 14 2 7 3 26 36,6
Scienze Matematiche, Fisiche, Chimiche; 2 2 2 6 8,5
Scienze Umanistiche; 8 2 4 14 19,7
Scienze Ingegneristiche; 7 2 2 11 15,5
Scienze Biologiche Geologiche, Agrarie; 6 2 5 13 18,3
Scienze Mediche e Medico-Veterinarie; 1 1 1,4
Totale 38 8 18 7 71 100,0
I master effettivamente messi in atto dagli atenei a fronte dell’assegnazione dei voucher
sono stati 54, dei quali 33 presentati da Bologna, 4 da Ferrara, 4 da Modena e 13 da
Parma. Essi si articolano in alcuni ambiti prioritari di programmazione indicati dalla
Regione Emilia-Romagna in considerazione delle indicazioni contenute nel Documento
di Politica Economico-finanziaria 2004-2006 della Regione Emilia-Romagna e del Patto
per la qualità dello sviluppo, la competitività, la sostenibilità ambientale e la coesione
sociale in Emilia-Romagna, siglato il 18/2/2004. Dall’analisi dell’articolazione dei corsi
attivati sulla base di tali aree, si nota come l’obiettivo principale sia la formazione e la
transizione al lavoro, per l'acquisizione di competenze rispondenti ai fabbisogni del
mondo del lavoro che favorisca ed acceleri un idoneo e adeguato inserimento
occupazionale.
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Tab. 18 Corsi attivati, voucher assegnati e atenei coinvolti in riferimento alle Aree di
Programmazione Regionale
AREA PRIORITARIA
Master
Attivati
Voucher
assegnati Atenei coinvolti
Sviluppo del sistema della ricerca industriale finalizzata
all'innovazione del prodotto e al trasferimento
tecnologico 2 77 Bologna
Sostegno, qualificazione e innovazione del sistema delle
Bologna,Ferrara,
Modena, Reggio,
PMI
Sviluppo della specializzazione tecnologica e della
qualità, ideazione , progettazione e realizzazione di
nuovi prodotti, processi e forme organizzative anche per
7 124 Parma
la nuova dimensione dell'industria europea
Politiche di filiera, di qualità e di sicurezza dei prodotti
4 54 Bologna, Modena
agroalimentari 5 117 Bologna, Parma
Politiche per l'ambiente e il sistema energetico in
un'ottica di sviluppo sostenibile 7 120
Valorizzazione delle risorse umane e professionali nella
nuova dimensione dell'economia europea 13 198
Bologna, Parma,
Ferrara
Bologna, Parma,
Ferrara
Valorizzazione dei beni culturali
Sviluppo delle reti di cooperazione internazionale e
8 131
Bologna, Parma,
Ferrara
sociale 4 81 Bologna, Parma
Sviluppo di strategie innovative a sostegno del settore
turistico 1 13 Bologna
Sviluppo di nuove modalità di produzione, offerta e
fruizione dei servizi alla persona, con particolare
attenzione ai disabili e alle persone socialmente
disagiate 3 56 Bologna, Parma
Totale master 54 921
Dei 54 master attivati, 13 possono ritenersi relativi al settore tecnico-scientifico in senso
stretto (di questi 2 sono finalizzati allo sviluppo del sistema della ricerca industriale per
l'innovazione del prodotto e il trasferimento tecnologico, 5 al sostegno, alla
qualificazione e all’innovazione del sistema delle PMI e 4 a allo sviluppo della
specializzazione tecnologica e della qualità per la creazione di nuovi prodotti, processi e
forme organizzative); altri 12 sono relativi alle politiche di filiera, di qualità e di
sicurezza dei prodotti agroalimentari e alle politiche per l'ambiente e il sistema
energetico in un'ottica di sviluppo sostenibile, anch’esse dai contenuti innovativi e
tecnologico-scientifici. Si nota dunque come l’alta formazione venga utilizzata come
mezzo prioritario per il raggiungimento dell’obiettivo regionale di sviluppo
dell’innovazione, attraverso l’incentivazione della ricerca, del trasferimento tecnologico
e dei progetti di ricerca & sviluppo nelle imprese.
Per le prime tre aree (quelle che, come abbiamo detto, riguardano il settore strettamente
scientifico-tecnologico) sono stati assegnati 255 voucher formativi, in quella delle
politiche di filiera, di qualità e di sicurezza dei prodotti agroalimentari 117 e in quella
delle politiche per l'ambiente e il sistema energetico 120, per un totale di 492 voucher, il
53,4% dei voucher assegnati in totale.
Per quanto concerne i destinatari, le domande presentate dagli aventi diritto sono state
1256 e gli assegnatari finali 921: tra questi le donne sono presenti in numero maggiore
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CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
(tra gli assegnatari si registra quasi il 58% di donne e poco più del 42% di uomini, ma
anche tra i potenziali assegnatari le donne sono più degli uomini), restando in linea con
il dato della prevalenza delle donne nell’istruzione post-secondaria in Emilia-Romagna.
Tab. 19 Distribuzione dei potenziali assegnatari e degli assegnatari per sesso
SESSO
POTENZIALI ASSEGNATARI ASSEGNATARI
N° % N° %
F 731 58,2 533 57,9
M 525 41,8 388 42,1
TOTALE 1256 100,0 921 100,0
Riguardo alla condizione occupazionale degli assegnatari, il dato si pone in linea con
quello relativo alla SG “alta formazione”, con una prevalenza notevole dei disoccupati
sugli occupati.
Tab. 20 Condizione occupazionale degli assegnatari
CONDIZIONE
ASSEGNATARI
OCCUPAZIONALE N° %
Occupati 270 29,3
Disoccupati 651 70,7
Totale 921 100,0
Un dato molto interessante ai fini della nostra trattazione è senza dubbio quello relativo
alla facoltà di laurea di provenienza degli assegnatari, che mostra una netta prevalenza
dei laureati in lettere e filosofie rispetto ai laureati nelle altre facoltà, la quale potrebbe
essere spiegata dalla maggiore difficoltà nell’ingresso nel mercato del lavoro dei
laureati in lettere e filosofia rispetto agli altri. Importante è comunque la presenza dei
laureati in scienze fisiche e naturali e in ingegneria, anche a seguito del numero dei
master attivati in queste aree disciplinari.
Tab. 21 Facoltà di provenienza degli assegnatari
FACOLTA' LAUREA
ASSEGNATARI
N° %
Agraria 40 4,3
Lettere e Filosofia 205 22,3
Economia 74 8,0
Giurisprudenza 82 8,9
Scienze MM.FF.NN. 120 13,0
Lingue 19 2,0
Architettura 22 2,3
Cons. beni culturali 39 4,2
Farmacia 16 1,7
Ingegneria 112 12,1
Medicina e chirurgia 12 1,3
Psicologia 18 1,9
Sc. Della formazione 32 3,4
Scienze politiche 55 5,9
Altre 75 8,1
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CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
3.5.2 Gli altri interventi del POR Ob. 3 (triennio 2004-2006)
Oltre alle Sovvenzioni Globali sopra ricordate, le quali, per concentrazione di risorse
finanziarie, finalità e strumenti impiegati, costituiscono gli interventi più diretti verso le
politiche per l’innovazione e per l’alta formazione, il POR Ob. 3 ha promosso una serie
di altre attività a livello regionale che possiamo definire orientate all’innovazione. In
tale dimensione di analisi sono collocabili attività che, prevalentemente, sono relative
alla specializzazione e ricerca (corsi di laurea, master, assegni di ricerca, voucher
formativi, borse di studio) e alla formazione di figure professionali altamente
specializzate a livello manageriale oppure operativo nei settori ad elevato fabbisogno di
nuove competenze (come nei servizi avanzati alle imprese). Possono essere, inoltre,
individuati interventi di formazione e accompagnamento a processi di start-up nei
settori innovativi e di spin-off aziendali, nonché azioni di promozione e sostegno
dell'innovazione nelle imprese (tra queste in particolare azioni di formazione volte alla
diffusione della cultura dell'innovazione, all’acquisizione e trasferimento di nuove
conoscenze e tecnologie e al potenziamento diretto di azioni innovative di prodotto,
processo o di tipo organizzativo).
Attraverso una selezione generale dei progetti messi in atto durante il periodo compreso
tra il 2004 e il 2006, sono stati individuati 672 progetti che vanno ad agire nelle aree
suddette, contribuendo sensibilmente al perseguimento degli obiettivi strategici sul tema
dell’innovazione. A questi possono essere aggiunti, inoltre, 427 progetti relativi alla
formazione permanente nei settori innovativi e 43 all’adeguamento delle competenze
della pubblica amministrazione nei settori innovativi, che riguardano in particolare corsi
di alfabetizzazione informatica, ECDL, corsi per l'uso di specifici programmi (CAD,
flash, dreamwever, ecc.) e per l’acquisizione di competenze per il telelavoro, per un
totale di 1142 progetti nell’area dell’innovazione.
Tab. 22 Progetti approvati per aree tematiche rilevanti. Anni 2004 – 2005 - 2006
Tematiche innovazione 2004 2005 2006 Totale
Tot. %
generale
Tot. %
tematica
Capitale umano per la ricerca e l’innovazione 223 193 256 672 58,9 100
Attività di specializzazione e ricerca
Formazione di figure professionali
15 15 17 47 4,1 7,0
altamente specializzate
Formazione e accompagnamento a
65 66 79 210 18,4 31,3
spin-off/start-up/imprese in fase di
avvio nei settori innovativi
2 2 6 10 0,9 1,5
Promozione e sostegno
dell'innovazione nelle imprese
Promozione delle carriere e della
cultura tecnico-scientifiche
Adeguamento delle competenze in termini
innovativi
Adeguamento delle competenze della
pubblica amministrazione nei settori
innovativi
134 109 144 387 33,9 57,6
7 1 10 18 1,6 2,7
160 145 165 470 41,1 100
17 12 14 43 3,8 9,1
Formazione permanente nei settori
innovativi
143 133 151 427 37,4 90,9
Totale complessivo 383 338 421 1142 100
Totale % 33,5 29,6 36,9 100
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CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Come si è visto sopra, le sottotematiche rientranti in quella che, per semplificazione, è
stata chiamata area del capitale umano per la ricerca e l’innovazione hanno un maggiore
contenuto innovativo rispetto all’area relativa all’adeguamento delle competenze in
termini innovativi, e pertanto saranno di seguito sottoposte ad un più accurato
approfondimento.
I progetti di quest’area, che, come mostra la tabella riportata sotto, si articolano
abbastanza uniformemente a livello di ambito territoriale, sono relativi in gran parte alla
promozione e al sostegno dell’innovazione nelle imprese (il 57,6% del totale) e in quella
della formazione di figure professionali altamente specializzate (31,3%). Di numero
minore, invece, sono i progetti relativi ad attività di specializzazione e ricerca (7% del
totale), tra cui rientrano anche corsi di laurea e master, probabilmente considerato che la
Sovvenzione Globale Symposium ha finanziato la maggior parte delle attività di questo
genere. Il 2,7% dei progetti dell’area è stato poi destinato alla promozione delle carriere
e della cultura tecnico-scientifiche attraverso azioni di sistema e accompagnamento,
mentre l’1,5% alla formazione e accompagnamento agli spin-off e alle imprese in fase
di start-up o di avvio nei settori innovativi. Questi ultimi progetti sono numero inferiore
rispetto agli altri probabilmente perché questa tipologia di attività è stata finanziata,
come si è già visto sopra, in particolare attraverso la Sovvenzione Globale Spinner.
Tab. 23 Progetti approvati per aree tematiche e Provincia.
Aree Tematiche BO FE FC MO PR PC RA RE RN RER TOT TOT
%
Attività di specializzazione e
2 6 1 10 13 1 4 7 3 47 7,0
ricerca
Formazione di figure
professionali altamente
specializzate
Formazione e accompagnamento
a spin-off/start-up/imprese in fase
di avvio nei settori innovativi
Promozione e sostegno
dell'innovazione nelle imprese
33 32 22 30 12 19 12 17 16 17 210 31,3
2 4 2 2 10 1,5
66 36 39 62 23 16 35 44 20 46 387 57,6
Promozione delle carriere e della
cultura tecnico-scientifiche
2 3 1 1 11 18 2,7
Totale complessivo 103 78 62 106 51 36 52 69 36 79 672 100,0
Totale % 15,3 11,6 9,2 15,8 7,6 5,4 7,7 10,3 5,4 11,8 100,0
Prendendo in considerazione i contenuti dei progetti in relazione alle misure entro le
quali gli interventi sono stati realizzati, si nota inoltre come le attività di
specializzazione e ricerca, nonché quelle finalizzate alla formazione di figure
professionali altamente specializzate, siano prevalenti nella misura C3, mirata ad
ampliare e diversificare l’offerta formativa post-secondaria per l’acquisizione di
qualificazioni facilmente spendibili sul mercato del lavoro.
I progetti volti alla formazione e all’accompagnamento a spin-off/start-up/imprese in
fase di avvio nei settori innovativi, invece, sono presenti in particolare nella misura D3,
volta proprio allo sviluppo e al consolidamento dell’imprenditorialità, e, in numero
minore, in quella E1, mirata alla promozione della partecipazione femminile nel
mercato del lavoro.
I progetti relativi alla promozione e al sostegno dell’innovazione nelle imprese sono
invece presenti in gran parte nella misura D1, volta in particolare allo sviluppo della
189

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
formazione continua: la maggior parte dei progetti di quest’area, infatti, ha riguardato
azioni di formazione per il personale delle imprese, essendo la formazione uno dei
principali strumenti per l’aumento dell'innovazione e della produttività.
Per quanto concerne, infine, gli interventi volti alla promozione delle carriere e della
cultura tecnico-scientifiche, essi sono presenti nella misura C1, E1 e, in numero minore,
in quella D1: si tratta di azioni di sistema e di accompagnamento, che, attraverso attività
di sensibilizzazione, di offerta di istruzione e formazione, nonché di integrazione tra i
sistemi, mirano alla diffusione delle opportunità di carriera offerte dai vari settori
tecnico-scientifici.
Tab. 24 Progetti approvati per aree tematiche rilevanti e misure negli anni 2004-2006. Totale
complessivo
Aree Tematiche A2 C1 C3 D1 D3 E1 Totale
Attività di specializzazione e ricerca 2 42 3 47
Formazione di figure professionali altamente specializzate 14 182 1 13 210
Formazione e accompagnamento a spin-off/start-up/imprese in
fase di avvio nei settori innovativi
8 2 10
Promozione e sostegno dell'innovazione nelle imprese 1 10 3 365 3 5 387
Promozione delle carriere e della cultura tecnico-scientifiche 8 3 7 18
Totale complessivo 17 18 227 369 11 30 672
L’analisi delle risorse assegnate mostra come l’intera area tematica relativa
all’innovazione abbia inciso sul costo totale del POR FSE per il periodo 2004-2006 del
9% circa, con un calo generale nel 2005 (soprattutto nell’area della promozione e
sostegno alle imprese) e una decisa ripresa nel 2006. Si nota inoltre come tra le varie
aree tematiche prese a riferimento nell’ambito del tema innovazione, i progetti per la
promozione e sostegno dell'innovazione nelle imprese e quelli per la formazione di
figure professionali altamente specializzate sono quelli dove si è concentrato il maggior
numero di risorse (rispettivamente il 41,6% e il 33% del totale). Quest’ultimo dato è
giustificato anche dal fatto che la maggioranza dei progetti si concentra in queste due
aree, elemento emerso dalle analisi precedenti.
Tab. 25 Risorse assegnate per aree tematiche e anno
Aree Tematiche 2004 2005 2006 Totale Totale %
Attività di specializzazione e ricerca 6297268,7 1294360 1959985,7 9551614,4 20,9
Formazione di figure professionali
altamente specializzate
5290045 4739304,3 5062880 15092229 33,0
Formazione e accompagnamento a
spin-off/start-up/imprese in fase di
avvio nei settori innovativi
Promozione e sostegno
dell'innovazione nelle imprese
Promozione delle carriere e della
cultura tecnico-scientifiche
109421 47662 253560 410643 0,9
6593795,1 3812063,9 8596688,9 19002548 41,6
826648 7460,6 841566 1675674,6 3,7
Totale 19117178 9900850,7 16714681 45732709 100,0
Costo totale POR FSE 2004-2006 200120328 149339329 166758431 516218088
Incidenza tematica innovazione sul
costo totale. %
9,6 6,6 10 8,9
Per quanto concerne i progetti per la promozione e sostegno dell'innovazione nelle
imprese, come mostra la tabella riportata sotto, si tratta in particolare di progetti diretti
190

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
alle persone (l’87,1% del totale), di cui la maggioranza è costituita da azioni di
formazione continua per le risorse umane delle imprese. Questo è un dato molto
interessante in quanto la formazione del personale è oggi uno strumento essenziale per
l'innovazione e la crescita della produttività, in particolare in un sistema imprenditoriale
come quello regionale, caratterizzato dalla ridotta dimensione dell'apparato produttivo.
Tab. 26 Promozione e sostegno dell'innovazione nelle imprese – Analisi per tipologia d’azione
Anno Accompagnamento Persone Sistemi Totale Tot. %
2004 6 122 6 134 34,6
2005 7 98 4 109 28,2
2006 10 117 17 144 37,2
Totale 23 337 27 387 100,0
5,9 87,1 7,0 100,0
Per quanto riguarda, invece, i progetti per la formazione di figure professionali
altamente specializzate, si tratta, come si nota nella tabella riportata sotto, in gran parte
di progetti di formazione post-obbligo formativo e post-diploma (91,4% del totale di
questa categoria) volti a formare figure professionali a livello manageriale oppure
operativo nei settori ad elevato fabbisogno di nuove competenze. In particolare la
formazione riguarda figure appartenenti al settore dei servizi avanzati alle imprese in
discipline tecnico-scientifiche, nel quale rientrano le attività legate all'informatica
(consulenza per la progettazione e l'installazione di sistemi informativi complessi,
progettazione e produzione di software ecc.), all’architettura e all’ingegneria, le attività
di ricerca e sviluppo, quelle di consulenza strategica e organizzativa e così via. Questo
settore, proprio per il fatto di fornire attività di servizio ad elevato valore aggiunto, si
basa sulla capacità di valorizzare al massimo le risorse umane che vi operano, per cui le
figure formate dai progetti sono in massima parte di alta qualità, e spesso sono
finalizzate a svolgere funzioni del tutto nuove in campi innovativi.
Tab. 27 Formazione di figure professionali altamente specializzate nei settori ad elevato fabbisogno
di nuove competenze – Progetti per tipologia di azione
Definizione isfol 2004 2005 2006 Totale Totale %
work experience, tirocini 2 2 1,0
formazione post-obbligo formativo e post-diploma 63 54 75 192 91,4
formazione, IFTS (Istruzione e Formazione Tecnica Superiore) 11 4 15 7,1
sensibilizzazione, informazione e pubblicità 1 1 0,5
Totale complessivo 65 66 79 210 100,0
Totale % 31,0 31,4 37,6 100,0
I destinatari24
La distribuzione dei destinatari per sesso nell’ambito delle aree tematiche relative
all’innovazione evidenzia una prevalenza degli allievi maschi rispetto alle femmine
(62,9% sul totale dei partecipanti). La maggioranza degli allievi si concentrano nell’area
relativa alla promozione e sostegno dell’innovazione nelle imprese (il 69,3% delle
femmine in totale e poco più del 70,1% dei maschi), dove peraltro, come si è visto
sopra, si evidenzia anche la maggioranza dei progetti. Sempre in linea con il numero dei
progetti, inoltre, si nota anche una alta percentuale di allievi nell’area della formazione
di figure professionali altamente specializzate (il 15,5% del totale delle femmine e il
24 I dati riportati si riferiscono a 545 progetti dei 672 approvati nel triennio 2004-2006.
191

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
22,9% del totale dei maschi). I dati riportati sotto, infine, evidenziano come, in linea con
la maggiore propensione femminile a partecipare all’istruzione di terzo livello, nei
progetti relativi ad attività di specializzazione e ricerca (corsi di laurea, master, assegni
di ricerca, voucher formativi, borse di studio) si registri una maggiore partecipazione
delle femmine rispetto ai maschi.
Tab. 28 Allievi per aree tematiche e sesso
Aree tematiche
v.a.
F
% v.a.
M
%
F+M
v.a. %
Attività di specializzazione
e ricerca
693 14,1 536 6,4 1229 9,3
Formaz. di figure prof.
altamente specializzate 762
Formaz. e acc. a spinoff/start-up
nei settori
innovativi 53
15,5 1909 22,9 2671 20,2
1,1 49 0,6 102 0,8
Promoz. e sost. dell'inn.
nelle imprese 3408
69,3 5844 70,1 9252 69,8
Totale 4916 100,0 8338 100,0 13254 100,0
Totale % 37,1 62,9 100,0
La preponderanza dei corsi di formazione continua sul totale dei progetti presi in
considerazione si riflette sulle tipologie dei destinatari nell’ambito delle aree tematiche
relative all’innovazione: si evidenzia infatti un forte coinvolgimento di persone
occupate alle dipendenze, che rappresentano in totale il 47% degli allievi, con una forte
concentrazione nelle aree della promozione e sostegno dell’innovazione nelle imprese,
giustificata dal fatto che la maggioranza dei progetti di quest’area rientra, come si è
visto in precedenza, nella misura D1 e ha riguardato la formazione del personale delle
imprese. Dall’analisi si evidenzia anche una consistente presenza degli imprenditori
(16,6% in totale) sempre nell’area relativa alla promozione e sostegno dell’innovazione
nelle imprese: in questo caso risalta il differente peso della componente maschile
rispetto alla femminile, probabile conseguenza del numero ancora basso delle
imprenditrici rispetto agli imprenditori maschi in Regione. Numerose sono anche le
persone in cerca di prima occupazione (11,2%) e di nuova occupazione (10,2%),
concentrate questa volta soprattutto nei progetti relativi alla formazione di figure
professionali altamente specializzate: si nota come in entrambi i casi la componente
femminile è notevolmente superiore a quella maschile. Un ultimo elemento degno di
nota è la concentrazione degli studenti nelle attività di specializzazione e ricerca, in
particolare di corsi di laurea, master, assegni di ricerca, voucher formativi, borse di
studio e così via.
192

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Tab. 29 Allievi per aree tematiche, condizione occupazionale e sesso
Attività di
specializzaz.
e ricerca
Formaz. di
figure prof.
altamente
specializzate
Formaz. e acc. a
spin-off/start-up
nei settori
innovativi
Promoz. e
sost.
dell'inn.
nelle impr.
Totale Tot. %
Studente
F
M
281
229
34
91
7
5
322
325
2,4
2,5
In cerca di prima F 165 313 9 7 494 3,7
occupazione M 138 849 4 6 997 7,5
In cerca di nuova F 73 364 29 8 474 3,6
occupazione M 68 789 11 8 876 6,6
Co.Co.Co.
F
M
9
3
12
7
2 168
231
191
241
1,4
1,8
Occupato alle F 28 23 3 2335 2389 18,0
dipendenze M 27 114 15 3679 3835 28,9
Occupato con
contratti a causa
mista
F
M
1
1
3
5 2
30
67
34
75
0,3
0,6
Imprenditore
F
M
1
1 6
3
11
681
1497
685
1515
5,2
11,4
Lavoratore F 8 4 176 188 1,4
autonomo M 9 17 1 356 383 2,9
Altro
F
M
6
2
8
14
0
0
2
0
16
16
0,1
0,1
Totale 1229 2671 102 9252 13254 100,0
Anche l’analisi delle età mostra gli effetti della forte presenza di azioni di
invecchiamento attivo nell’area relativa all’innovazione: si nota infatti una forte
presenza di persone appartenenti alla fascia d’età 30-44 anni, le quali si concentrano,
come è logico, in particolare nei progetti diretti alla promozione e al sostegno
dell’innovazione nell’impresa. I giovani tra i tra i 20 e i 29 anni siano presenti invece in
gran parte nei progetti volti alla specializzazione e alla formazione di nuove figure
professionali.
Tab. 30 Allievi per aree tematiche, classe d’età e sesso
Aree tematiche
Attività di
specializzazione e
ricerca
Formaz. di figure
prof. altamente
specializzate
Formaz. e acc. a
spin-off/start-up
nei settori
innovativi
15-19 20-24 25-29 30-34 35-44 45-49 50 e oltre Totale Tot.%
F M F M F M F M F M F M F M
1 293 196 278 226 95 77 23 30 3 1 1 5 1229 9,3
91 366 264 837 226 385 78 166 86 136 13 13 4 6 2671 20,2
3 1 14 15 21 11 5 11 9 8 2 1 1 102 0,8
Promoz. e sost.
dell'inn. nelle
imprese
16 27 227 367 569 847 667 1186 1159 2011 386 641 384 765 9252 69,8
Totale complessivo 110 395 798 1415 1094 1469 845 1440 1277 2185 402 657 390 777 13254 100,0
Totale % 0,8 3,0 6,0 10,7 8,3 11,1 6,4 10,9 9,6 16,5 3,0 5,0 2,9 5,9 100,0
193

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Interessante è infine andare ad analizzare il livello di titolo di studio posseduto dai
destinatari dei progetti presi in considerazione, che, come si è visto in precedenza, sono
in particolare interventi formativi finalizzati alla specializzazione e alla ricerca, alla
diffusione di competenze tra gli operatori delle imprese, alla costituzione di imprese
innovative e allo sviluppo tecnologico.
Si nota come la maggioranza dei destinatari sia in possesso di un titolo di studio medio
(64% del totale) e che la maggioranza di questi si concentri all’interno dei progetti di
formazione rivolta alle imprese.
Anche la maggioranza delle persone prive di alcun titolo di studio, in possesso di
licenza elementare, di licenza media o che hanno portato a termine solo il primo biennio
superiore sono concentrate in quest’area (il 97,7% degli allievi con titolo di studio
basso), in quanto si tratta presumibilmente di dipendenti delle imprese stesse.
Sempre nell’area della promozione e del sostegno dell’innovazione alle imprese è
chiaramente presente anche una buona percentuale di allievi che posseggono un titolo di
studio alto (il 61% di questo gruppo), considerato che si tratta di progetti diretti a tutti
gli operatori delle imprese (lavoratori, imprenditori, neo-imprenditori) volti alla
diffusione della cultura dell'innovazione, all’acquisizione e trasferimento di nuove
conoscenze e tecnologie e al potenziamento diretto di azioni innovative di prodotto,
processo o di tipo organizzativo.
Tab. 31 Allievi per aree tematiche, livello di titolo di studio e sesso 25
Aree tematiche Bassa Media Alta Totale Tot. %
Attività di
specializzazione e
ricerca
Formaz. di figure
prof. altamente
specializzate
Formaz. e acc. a
spin-off/start-up nei
settori innovativi
F M F M F M
351 256 342 280 1229 9,3
3 37 568 1659 191 213 2671 20,2
1 6 33 37 19 6 102 0,8
Promoz. e sost.
dell'inn. nelle
imprese
573 1452 2159 3425 676 967 9252 69,8
Totale complessivo 577 1495 3111 5377 1228 1466 13254 100,0
Totale % 4,4 11,3 23,5 40,6 9,3 11,1 100,0
25 I titoli di studio sono stati così classificati: Livello Basso (Nessun titolo o licenza elementare o Licenza
media o superamento biennio superiore), Livello Medio (Diploma di Maturità e scuola superiore,
Qualifica Professionale Post Diploma, Qualifica professionale, Qualifica tramite Apprendistato, Diploma
di Qualifica Certificato Specializzazione Tecnica Superiore), Livello Alto (Laurea, Diploma Universitario
o Laurea di base, Diploma Post-Laurea, Master Post-Laurea di base).
194

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
3.6 Conclusioni
Le attività a sostegno dell’innovazione promosse in Emilia-Romagna col contributo del
FSE nel periodo compreso tra il 2004 e il 2006 incidono sul sistema regionale seguendo
le linee d’azione definite nei documenti programmatici e rispettandone l’orientamento
diretto all’integrazione delle politiche dell’istruzione, della formazione e del lavoro,
intesa come elemento chiave per realizzare un effettivo intreccio tra apprendimento
teorico e applicazione concreta.
L’obiettivo di costituire una sorta di rete tra tutti i soggetti che intervengono nel
processo di crescita delle competenze, come premessa per lo sviluppo formativo e
l’inserimento lavorativo è stato perseguito attraverso i progetti messi in atto, finalizzati
in particolare alla formazione e all’accompagnamento a spin-off o start-up nei settori
innovativi, alla promozione e sostegno dell'innovazione nelle imprese e alla formazione
di figure professionali altamente specializzate.
L’analisi proposta ha messo in luce come il contributo del Programma Operativo
Regionale Ob.3 2000-2006 alla politica dell’innovazione sia stato rilevante, soprattutto
in relazione alle politiche per lo sviluppo del capitale umano, attraverso interventi
formativi finalizzati alla specializzazione e alla ricerca, alla costituzione di imprese
innovative e allo sviluppo tecnologico. Sono state finanziate tre Sovvenzioni Globali
“creazione d’impresa”, “alta formazione” e “voucher per l’alta formazione”, e, nel
periodo compreso tra il 2004 e il 2006, sono stati promossi 672 progetti, che hanno
contribuito sensibilmente al perseguimento degli obiettivi strategici sul tema
dell’innovazione. A questi possono essere aggiunti, inoltre, 427 progetti relativi alla
formazione permanente nei settori innovativi e 43 all’adeguamento delle competenze
della pubblica amministrazione nei settori innovativi.
Le Sovvenzioni Globali, di cui la Regione Emilia-Romagna si è servita per la gestione
di alcune misure chiave per la costituzione di capitale umano specializzato per la ricerca
e l’innovazione e per lo sviluppo e il consolidamento dell’imprenditorialità (C3, D3 e
D4) hanno coinvolto, in totale 4797 soggetti beneficiari, di cui circa il 53% donne.
Attraverso la SG Spinner (creazione d’impresa), la Regione ha favorito la qualificazione
e il rafforzamento delle risorse umane nel campo della scienza, valorizzando il
potenziale tecnologico e della ricerca e favorendo il collegamento tra i centri di
produzione della conoscenza e il mondo dell’impresa. Con l’Azione 1 è stato erogato un
pacchetto di servizi e agevolazioni (orientamento, formazione, tutoraggio, assistenza
tecnico-specialistica, agevolazioni finanziarie) per il completamento di piani di
assistenza e formazione concernenti idee d’impresa innovativa a 1.148 soggetti
beneficiari (studenti, laureandi, neo-laureati, dottorandi, dottorati, ricercatori, tecnici di
laboratorio, docenti, imprenditori, autonomi, tecnologi, inventori), dando un contributo
notevole al rafforzamento della competitività del territorio regionale.
Tramite la SG Symposium, invece, la Regione, negli anni accademici 2002/2003 e
2003/2004, ha finanziato 146 Master Universitari Integrati di I e II livello, agevolando
concretamente 2728 beneficiari. I Master Universitari Integrati hanno rappresentato una
tipologia sperimentale di percorso formativo, fondandosi sulla collaborazione tra Enti di
Formazione Professionale e Strutture Universitarie e sono stati caratterizzati da una
ridefinizione dei modelli formativi e delle strategie didattiche di riferimento, per
coniugare quanto previsto dai regolamenti accademici, dalle direttive regionali e dai
195

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
regolamenti FSE. La presenza, all’interno dell’offerta formativa dei master, del periodo
di tirocinio in azienda, ha rappresentato un importante elemento di contatto tra il mondo
dell’istruzione e del lavoro: la possibilità offerta ai giovani di fare un'esperienza di
lavoro e di formazione on the job, per arricchire il proprio curriculum formativo o per
completare il proprio percorso di studi attraverso momenti di conoscenza pratica e
diretta del mondo produttivo, rappresenta infatti un valido strumento di formazione per
favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro e per contrastare la disoccupazione.
Nel biennio 2004-2005, infine, è stato dato avvio alla Sovvenzione Globale “voucher
per l’alta formazione”, gestita anch’essa dal Consorzio Symposium come Organismo
Intermediario. I master effettivamente messi in atto dagli atenei a fronte
dell’assegnazione dei voucher sono stati 54 di cui 13 relativi al settore tecnicoscientifico
in senso stretto e 12 alle politiche di filiera, di qualità e di sicurezza dei
prodotti agroalimentari e alle politiche per l'ambiente e per il sistema energetico,
anch’esse dai contenuti innovativi e tecnologico-scientifici. Per quanto concerne i
destinatari, le domande presentate dagli aventi diritto sono state 1256 e gli assegnatari
finali 921: di questi 255 persone hanno beneficiato di voucher formativi per l’accesso ai
25 master dell’area scientifico-tecnologica.
Oltre alle Sovvenzioni Globali sopra ricordate, le quali, per concentrazione di risorse
finanziarie, finalità e strumenti impiegati, costituiscono gli interventi più diretti verso le
politiche per l’innovazione e per l’alta formazione, il POR Ob. 3 ha promosso, nel
periodo compreso tra il 2004 e il 2006, 672 progetti specificamente orientati
all’innovazione, coinvolgendo 13254 destinatari. Le attività messe in atto sono state,
prevalentemente, relative alla specializzazione e ricerca (corsi di laurea, master, assegni
di ricerca, voucher formativi, borse di studio) e alla formazione di figure professionali
altamente specializzate a livello manageriale oppure operativo nei settori ad elevato
fabbisogno di nuove competenze (come nei servizi avanzati alle imprese). Sono stati,
inoltre, individuati interventi di formazione e accompagnamento a processi di start-up
nei settori innovativi, nonché azioni di promozione e sostegno dell'innovazione nelle
imprese (tra queste in particolare azioni di formazione volte alla diffusione della cultura
dell'innovazione, all’acquisizione e trasferimento di nuove conoscenze e tecnologie e al
potenziamento diretto di azioni innovative di prodotto, processo o di tipo
organizzativo). Emerge come la Regione abbia risposto alle esigenze del territorio in
materia di innovazione attraverso una serie di azioni (soprattutto formative), che hanno
cercato in particolare di adeguare le competenze del personale delle imprese e di creare
figure professionali altamente specializzate, soprattutto nel settore dei servizi avanzati
alle imprese in discipline tecnico-scientifiche. Si tratta di azioni coerenti con la struttura
del sistema imprenditoriale regionale, caratterizzata dalla ridotta dimensione
dell'apparato produttivo, nella quale la costituzione di un capitale umano altamente
qualificato assume un ruolo di primo piano per l'innovazione e la crescita della
produttività.
Gli interventi messi in atto attraverso il FSE nell’ambito delle politiche
dell’innovazione, dunque, mostrano il pregio di anticipare i bisogni espressi dal
territorio e dal sistema produttivo, anche attraverso un’offerta formativa capace di
interpretare i fabbisogni professionali delle imprese. L’alta formazione è stata utilizzata
dalla Regione Emilia-Romagna come mezzo prioritario per il raggiungimento
196

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
dell’obiettivo regionale di sviluppo dell’innovazione, attraverso l’incentivazione della
ricerca, del trasferimento tecnologico e dei progetti di ricerca & sviluppo nelle imprese.
L’evidenza del contesto produttivo emiliano-romagnolo, nonché la rilevanza delle
azioni formative volte alla diffusione dell’innovazione, confermano la necessità di
orientare le politiche regionali e il FSE verso il capitale umano ad elevata
specializzazione e potenzialmente innovativo (soprattutto nel terziario avanzato e nei
settori ad alto contenuto tecnologico), sviluppando ulteriormente la formazione postsecondaria
e l’alta formazione, senza trascurare l’aggiornamento delle competenze dei
lavoratori, per evitare i rischi dell’obsolescenza e rendere più competitivo il sistema
regionale.
Per quanto concerne la componente femminile, infine, l’analisi, pur confermando la
maggiore propensione femminile a partecipare all’istruzione di terzo livello, metta in
luce un’ancora bassa relazione tra ricerca e impresa femminile e una presenza ancora
limitata delle donne nell’ambito delle discipline scientifiche, soprattutto di quelle
particolarmente strategiche per l’innovazione (come l’ingegneria). E’ necessario dunque
agire nel mondo universitario e accademico e anche prima, nella scuola secondaria, per
aumentare la femminizzazione dei settori scientifici. Occorre, inoltre, non solo favorire
maggiore equità nell’accesso a tutti gli spazi disponibili, ma anche usare l’ampio
capitale umano già disponibile sul mercato: il potenziale scientifico della regione non è
completamente impiegato e ciò conduce ad uno spreco di capitale intellettuale e di
investimenti individuali, sociali ed economici. L’analisi del contesto regionale mostra,
infatti, la necessità di agire concretamente in direzione di un aumento degli investimenti
pubblici e soprattutto privati in ricerca e sviluppo per aumentare la capacità innovativa
della regione e questo non può essere fatto se non si sfruttano al meglio tutte le risorse
che attualmente restano sottoutilizzate o addirittura inutilizzate.
197

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
4. IMMIGRAZIONE, INTEGRAZIONE DEI SISTEMI E GENERE IN EMILIA ROMAGNA
4.1 Introduzione
Il tema dell’immigrazione è al centro del recente dibattito politico e investe una
moltitudine di sfere che attengono all’integrazione, l’inclusione sociale, l’occupabilità e
la produttività delle imprese, la cittadinanza attiva, la multiculturalità e così via. Negli
ultimi anni, il tema è stato meglio definito e approfondito attraverso una più puntuale
classificazione delle categorie e dei gruppi di appartenenza: uomini, minori e donne
sono stati al centro di indagini e riflessioni trasversali alle diverse sfere di analisi.
La relazione tra le politiche sociali per l’integrazione degli stranieri e le altre politiche
ha assunto una particolare importanza negli ultimi anni, dovuta sia alla crescita del
fenomeno dei ricongiungimenti familiari e quindi a una maggiore stabilizzazione dei
soggiornanti stranieri, sia ai processi di socializzazione e di integrazione sociale,
economica e culturale sul territorio nazionale.
Il presente lavoro si ripropone di delineare una riflessione sul fenomeno migratorio in
Emilia Romagna con particolare riferimento alle politiche FSE per l’integrazione dei
sistemi dell’istruzione, della formazione e del lavoro. Tra gli obiettivi posti nel
precedente periodo di programmazione, senza dubbio, lo sforzo di governance sotteso
all’integrazione dei tre sistemi ha esercitato un ruolo preminente nella realizzazione
degli interventi rivolti a tutte le categorie sociali escluse o a rischio di esclusione sociale
e lavorativa. La grande varietà di fabbisogni sociali espressi dalla popolazione straniera
ha richiesto e continua a richiedere uno sforzo enorme di integrazione dei servizi e delle
politiche locali.
La prima parte del lavoro intende fornire alcuni dati sui fenomeni migratori degli ultimi
anni analizzati secondo tre concetti chiave: accesso alle risorse, benessere economico ed
esclusione sociale.
La seconda parte illustra il quadro delle recenti politiche della regione Emilia Romagna
in materia di immigrazione suddivise per ambito di policy: dal lavoro all’istruzione, dai
fabbisogni abitativi al carcere, dalla salute all’infanzia e così via.
La terza parte descrive il processo avviato dalla regione per l’integrazione delle
politiche (istruzione, formazione e lavoro) anche in ottica di genere. Si analizzano i più
recenti interventi finanziati dal PO FSE 2000-2006 per l’integrazione delle politiche e si
sperimenta un prima riflessione sulla coerenza degli interventi in relazione ai fabbisogni
sociali espressi dai beneficiari.
La parte conclusiva individua alcuni ambiti di urgenza sociale che la prossima
programmazione, in linea e coerentemente con quanto già realizzato, dovrà trattare fino
al 2013.
198

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
4.2 Il quadro statistico di riferimento
E’ utile scindere l’analisi del fenomeno migratorio in tre macro-categorie: (a) benessere
economico; (b) accesso alle risorse; (c) esclusione sociale. A queste tre categorie
possono dunque essere associate alcune variabili per l’analisi del fenomeno, secondo la
classificazione e la figura proposte sotto:
(A) benessere economico mercato del lavoro retribuzioni;
(B) accesso alle risorse scuola e formazione professionale, sanità, alloggi;
(C) esclusione sociale criminalità e integrazione.
Figura 1. Le dimensioni e le variabili considerate per l’analisi del fenomeno migratorio
Accesso alle risorse Benessere economico Esclusione sociale
Scuola e
formazione professionale
Sanità
Abitazione
Dimensioni per l’analisi
del fenomeno
migratorio
Mercato del Lavoro
Retribuzioni
Criminalità
Integrazione
In seguito all’aumento esponenziale dei flussi migratori verso il territorio nazionale a
partire dai primi anni Novanta, anche l’Emilia Romagna è stata investita da un crescente
incremento della presenza di stranieri sul proprio territorio.
Gli immigrati corrispondono al 4,5% della popolazione residente in Italia (nostre stime
su dati Istat al 1/1/2006) e al 5,5% delle forze di lavoro. La presenza di stranieri si
concentra nelle regioni a più elevato sviluppo economico. Il nord che ospita il 44% della
popolazione italiana residente ospita il 59% della popolazione straniera, contro il 14%
delle regioni meridionali.
La regione Emilia Romagna è la quarta per consistenza del fenomeno, dopo Lombardia,
Lazio e Veneto.
E’ possibile suddividere il fenomeno migratorio in Emilia Romagna in tre diverse fasi
storiche. La prima ha inizio circa vent’anni fa con i primi inserimenti consistenti di
lavoratori egiziani nelle fonderie e nei cantieri edili della provincia di Reggio Emilia.
Parliamo di circa 30000 unità equivalenti all’1% della popolazione residente.
La seconda fase è quella degli anni Novanta, nella quale i flussi migratori hanno
raggiunto un momento di forte esplosione, in seguito agli sconvolgimenti politici nei
Balcani. La terza fase coincide con la fine degli anni Novanta ed è caratterizzata da
andamenti dei flussi costanti e crescenti da diverse parti del mondo (Africa, Europa
199

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Orientale, Asia e America Latina): i ritmi di crescita del fenomeno superano il 10%
annuo, l’immigrazione tende a stabilizzarsi anche per effetto dei ricongiungimenti
familiari, la percentuale femminile supera il 46% e cresce anche la presenza dei minori
nelle scuole.
4.2.1 Incidenza del fenomeno
Come mostra il grafico riportato sotto, l’incidenza del fenomeno migratorio è aumentato
considerevolmente negli ultimi 6 anni.
Figura 2. Andamento dei permessi di soggiorno in Emilia Romagna per sesso dal 2001 al 2006.
Valori Assoluti
Presenze
140.000
120.000
100.000
80.000
60.000
40.000
20.000
-
Fonte: Elaborazione Cras Spa su dati Istat.
2001 2002 2003 2004 2005 2006
M F
Secondo i dati Istat, la presenza degli stranieri in Emilia Romagna è passata da 114mila
unità circa nel 2001 a più di 250mila nel 2006. Si tratta di un balzo notevole ed
equivalente a un +120% in così pochi anni.
Le stime Caritas sono addirittura ben più alte, almeno del 20%, perché incorporano le
presenze dei minori non colte dai dati Istat. In ogni caso, si nota l’aumento esponenziale
dei permessi di soggiorno tra il 2003 e il 2004, a seguito della moratoria de governo
Berlusconi e l’avvicinamento della presenza femminile a quella maschile negli ultimi
tre anni.
Secondo le stime Caritas, la percentuale di soggiornanti stranieri in Emilia Romagna sul
totale dell’Italia è pari al 10,7 e si pone al terzo posto dopo la Lombardia (23,5%) e il
Veneto (11,1).
200

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Tabella 1. Soggiornanti stranieri per insediamento, sesso ed età (31.12.2005)
Totale Sesso Classi di età: % di riga
Ripartizione Geografica
v.a. % %F su tot. 0-13 14-18 19-40 41-60 oltre 60
Emilia Romagna 244.157 10,7 48,3 0,9 5 65,3 26,1 2,8
Nord-Est 610.841 26,9 47,6 0,9 5,1 65,2 25,8 3
Italia 2.271.680 100 49,9 0,6 4,7 64,4 26,9 3,5
Fonte: dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati del Ministero dell'Interno.
La distribuzione per classi di età privilegia le classi lavorative dai 19 ai 60 anni che sono
di gran lunga le più numerose. Appare comunque interessante il dato sui soggiornanti
minori che in Emilia Romagna, nella classe 0-13 anni, è tra i più elevati dopo Friuli
Venezia Giulia, Abruzzo e Campania.
Tabella 2. Soggiornanti stranieri di sesso femminile per fasce di età (31.12.2005)
Ripartizione Geografica
Fasce d'età delle donne
Soggiorn.
Totale
Donne % donne
0-13 14-18 19-40 41-60 oltre 60
Emilia Romagna 244.157 117.997 48,3 1.066 5.399 75.422 31.956 4.154
Nord-Est 774.701 368.986 47,6 1.229 16.514 242.932 94.755 13.556
Italia 2.271.680 1.132.845 49,9 6.168 47.196 717.240 316.089 46.152
Fonte: dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati del Ministero dell'Interno.
L’Emilia Romagna rientra fra le regioni italiane che ospitano in percentuale più
soggiornanti maschili che femminili. Le donne sono poco più del 48% degli stranieri, un
dato in linea con i valori registrati nel Nord Italia (47,6%). Una percentuale maggiore di
donne straniere si concentra in Campania (60,5%), Molise (57,7%), Lazio (56%),
Basilicata (54,3%).
Tabella 3. Stranieri Residenti in Emilia Romagna all’1.1.2006 e incidenza sulla popolazione
straniera totale per provincia
Provincia
Stranieri Residenti
M F Totale
Incidenza % stranieri
M F Totale
Piacenza 11320 10268 21588 8,4 7,2 7,8
Parma 15892 14906 30798 7,9 7,0 7,4
Reggio 22814 19990 42804 9,4 8,0 8,7
Emilia
Modena 29599 25489 55088 9,1 7,5 8,3
Bologna 30817 30764 61581 6,7 6,3 6,5
Ferrara 6350 7094 13444 3,8 3,9 3,8
Ravenna 12298 10974 23272 6,9 5,8 6,3
Forlì-Cesena 12296 10616 22912 6,7 5,5 6,1
Rimini 8630 8896 17526 6,1 6,0 6,0
Totale 150016 138997 289013 7,4 6,5 6,9
Fonte: Servizio controllo di gestione e sistemi statistici - RER
Il numero di stranieri residenti nella regione riflette anche una diversa collocazione
geografica nelle 9 province, Bologna ospita più di 60mila stranieri che corrispondono al
6,5% della popolazione totale, mentre Reggio Emilia che numericamente ospita quasi
43mila stranieri mostra un’incindenza maggiore sulla popolazione totale (8,7%).
Modena ospita più di 55mila stranieri, pari all’8,3% sul totale, mentre Ferrara, Ravenna,
Forlì-Cesena e Rimini presentano delle percentuali inferiori al 6,5% e al di sotto della
media regionale (6,9%).
201

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Il numero di donne è ancora sensibilmente più basso, nonostante un’accelerazione degli
ingressi femminili avvenuta negli ultimi anni.
I paesi di provenienza degli stranieri presenti nella regione appartengono all’area nord
africana e ai Balcani che da soli rappresentano il 48,2% delle presenze. Appare
interessante anche il numero di stranieri dell’area asiatica (Cina, India, Pakistan,
Filippine, Bagladesh e Sri Lanka che corrispondono al 16,7% della popolazione
straniera).
Uno sguardo alla popolazione straniera per classi di età, mostra una presenza massiccia
della popolazione tra i 25 e i 39 anni sul territorio regionale che da sola rappresenta più
della metà delle presenze complessive. Dal 2001 è aumentata significativamente la
consistenza della classe di età fino a 17 anni che è passata dalle 5800 unità del 2001 a
oltre 13mila nel 2006. Anche la classe dai 18 ai 24 anni d’età rappresenta una buona
fetta della popolazione (13%), mentre tutte le alte perdono di importanza all’aumentare
dell’età, fino a toccare percentuali minime oltre i 60 anni (3,1%).
Tabella 4. Residenti in Emilia Romagna all’1.1.2006. Prime venti nazionalità
Paesi di cittadinanza %
1 Marocco 17,3
2 Albania 13,8
3 Romania 6,5
4 Tunisia 6,2
5 Cinese, Rep. Popolare 5,2
6 Ucraina 4,3
7 Pakistan 3,3
8 India 3,0
9 Moldova 2,9
10 Filippine 2,8
11 Ghana 2,5
12 Senegal 2,4
13 Macedonia 2,1
14 Polonia 2,0
15 Nigeria 1,9
16 Serbia e Montenegro 1,4
17 Bangladesh 1,2
18 Sri Lanka 1,2
19 Turchia 1,1
20 Egitto 0,9
Altri paesi 18,0
Totale 100,0
Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio – RER su dati Servizio controllo di gestione e
sistemi statistici - RER
4.2.2.Benessere economico
Mercato del Lavoro
La tabella che segue riporta i dati sull’occupazione nelle tre ripartizioni considerate
(Emilia-Romagna, Nord Est e Italia). Il mercato del lavoro nella regione appare senza
dubbio molto vivace soprattutto se posto in relazione alla popolazione presente.
L’Emilia Romagna figura al 4° posto in Italia per numero di occupati dopo Lombardia,
202

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Lazio e Veneto; mentre figura al 3° posto per numero di occupati stranieri sul totale
occupati nelle regioni italiane dopo Lombardia e Veneto. Ciò equivale a dire che il
10,3% degli occupati totali in Italia risiedono in Emilia Romagna, di questi, il 12,6%
sono stranieri.
Tabella 5. Lavoratori Italiani ed extracomunitari: occupati, assunti e nuovi assunti per ripartizione
(31.12.2005)
Ripartizione
Geografica
Occupati Assunti Nuovi Assunti
Tot. extra UE %vert. extr./tot. Tot. extra UE %vert. extr./tot. Tot. extra UE %vert. extr./tot.
Emilia Romagna 1.442.661 181.254 10,3 12,6 377.463 78.871 10,8 20.09 66.139 17.984 10,4 27,2
Nord-Est 3.781.375 478.044 27,1 12,6 951.182 194.557 26,7 20,5 173.603 45.959 26,6 26,5
Italia 17.399.586 1.763.952 100 10,1 4.557.871 727.582 100 16,0 907.455 172.692 100 19,0
Fonte: dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati INAIL/ Denuncia
Nominativa Assicurati
Il peso degli stranieri sugli assunti totali in Emilia Romagna è assai consistente e pari al
20,9%, un valore solo di poco inferiore a quello del Veneto (21,4%) e uguale a quello
registrato in Friuli- Venezia Giulia e in Umbria. L’andamento occupazionale più recente
(2005) sottolinea l’estrema importanza della manodopera straniera che in Emilia
Romagna ha toccato il 27,2% delle assunzioni totali, un valore inferiore soltanto al
Friuli-Venezia Giulia (29,7%) e uguale al Veneto.
Le retribuzioni medie annue dei lavoratori non comunitari sul territorio italiano variano
sensibilmente da settore a settore e da regione e regione. Per quanto riguarda i lavoratori
autonomi, guadagnano di più i commercianti della Lombardia (14920 euro) e del Friuli
Venezia Giulia (14495 euro) e gli artigiani della Valle d’Aosta (13872 euro).
Guadagnano di meno i coltivatori del Molise (3591 euro), della Calabria (4907 euro) e
della Valle d’Aosta (6522 euro). La retribuzione media totale (artigiani, coltivatori e
commercianti) risulta complessivamente più alta per i soggiornanti in Trentino Alto
Adige (14322 euro) e Friuli Venezia Giulia (14246 euro). L’Emilia Romagna figura al
di sotto della media del Nord e del Nord Est con 12448 euro pro-capite.
La situazione è anche peggiore per i lavoratori dipendenti che presso le aziende
guadagnano in media 11036 euro e presso le famiglie soltanto 4871 euro. Le aziende
più generose sono quelle del Friuli, il Veneto e la Lombardia; mentre le famiglie che
retribuiscono meglio sono quelle della Valle d’Aosta, del Veneto e del Trentino Alto
Adige. Anche in questo caso, l’Emilia Romagna si posiziona costantemente al di sotto
delle medie del Nord e del Nord Est.
Considerando il dato generale (retribuzioni medie dei lavoratori autonomi e dipendenti),
la regione più generosa è il Friuli, seguita dal Veneto e dalla Lombardia. La Calabria, la
Calabria e la Sicilia sono quelle, al contrario, che pagano meno. Tra le regioni del Nord,
l’Emilia Romagna compare sempre al di sotto della media, fanno peggio soltanto la
Liguria e la Valle d’Aosta.
Lo scenario demografico attuale spinge le imprese dell’Emilia Romagna a prevedere di
assumere quote consistenti di lavoratori stranieri. Le professioni richieste si concentrano
per circa un terzo su figure non qualificate, per un terzo sugli operai specializzati, e la
restante quota sulle professioni relative alla vendita e dei servizi alle famiglie, con una
203

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
particolare specificità nel settore delle costruzioni ove si prevedono oltre il 10% delle
assunzioni complessive. Si registra inoltre un fabbisogno crescente di figure
professionali straniere sempre più specializzate. Nonostante queste forti richieste,
dettate da un mercato del lavoro regionale in forte tensione con una continua carenza di
manodopera qualificata e non, le assegnazioni del Ministero del Lavoro non coprono
mai il fabbisogno del sistema economico regionale.
Dal 16 marzo 2000 al 12 giugno 2006, sono state denunciate oltre 750mila assunzioni e
oltre 605mila cessazioni di lavoratori extracomunitari in Emilia Romagna, con una
differenza di oltre 145mila unità.
Tabella 6. Distribuzione dei lavoratori subordinati per area di provenienza nella Regione Emilia
Romagna. Anno 2005.
Area di provenienza N %
Italia 1234280 85,56
UE 27127 1,88
Extra UE 181254 12,56
Totale 1442661 100
Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio – RER su dati INAIL
Come mostra la tabella sopra, la distribuzione dei lavoratori subordinati nella regione,
per area di provenienza, rileva la preponderanza dei lavoratori italiani sul totale
(85,6%), mentre risulta rilevante la presenza di lavoratori extra UE (12,6%) e
significativamente limitata la presenza di lavoratori UE (1,9%).
Le province che ospitano il maggior numero di lavoratori subordinati extracomunitari
sono Bologna (22%), poi Modena (18%) e Reggio Emilia (13%). Mentre è più scarsa la
presenza di lavoratori extracomunitari a Ferrara (3,7%), Piacenza (6,6%) e Rimini
(8,5%).
I settori economici nei quali sono impiegati i lavoratori extracomunitari sono l’industria
(31,6%), alberghi e ristoranti (12%), l’informatica e i servizi alle imprese (8,9%), il
commercio (7,1%), l’agricoltura (6,7%) e i trasporti (5,5%). Quasi assenti sono i
lavoratori extracomunitari nei settori dell’istruzione (0,3%) e dell’intermediazione
finanziaria (0,3%).
Tabella 7. Distribuzione dei lavoratori subordinati extracomunitari per provincia nella regione
Emilia-Romagna. Anno 2005
Provincia Extra UE %
Bologna 39678 21,89
Ferrara 6667 3,68
Forlì-Cesena 17107 9,44
Rimini 15435 8,52
Modena 32966 18,19
Parma 16024 8,84
Piacenza 11865 6,55
Ravenna 17540 9,68
Reggio Emilia 23972 13,23
Regione Emila Romagna 181254 100
Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio – RER su dati INAIL
Anche nel territorio regionale sono numerosi gli immigrati stranieri che trovano
occupazione nel sommerso: esiste infatti una preoccupante area che comprende
204

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
fenomeni di neo-caporalato illegale degli immigrati, di fatto sottratti a tutele di carattere
normativo e sindacale. Tuttavia, si può ragionevolmente stimare che oltre due terzi degli
stranieri siano occupati regolarmente, poiché la forza di lavoro tra i soggiornanti è
composta da circa 160mila unità, pari al 65% dei permessi di soggiorno.
Tabella 8. Distribuzione dei lavoratori subordinati extracomunitari per settore economico nella
regione Emilia Romagna. Anno 2005.
Settore di impiego Extra UE %
Agricoltura 12115 6,68
Pesca 47 0,03
Estrazione di Minerale 136 0,08
Industria 57215 31,57
Elettricità, Gas e Acqua 182 0,10
Costruzioni 28046 15,47
Commercio 12847 7,09
Alberghi e Ristoranti 21741 11,99
Trasporti 10027 5,53
Intermediazione finanziaria 491 0,27
Informatica e Servizi alle Imprese 16045 8,85
Pubblica Amministrazione 1388 0,77
Istruzione 469 0,26
Sanità e Assistenza Sociale 5291 2,92
Servizi Pubblici 6385 3,52
Attività svolte da famiglie 5587 3,08
Attività non determinate 3242 1,79
Totale 181254 100
Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio – RER su dati INAIL
Uno sguardo ai tassi di imprenditorialità femminile per regione mostra qualche ombra
per l’Emilia Romagna. Il numero di imprese individuali registrate con titolare donna nel
2006 è di quasi 3300 unità nel 2006 per la l’Emilia Romagna, contro le 6536 della
Lombardia, le 4430 unità della Toscana, le 4321 del Lazio, le 3547 della Campania e le
3319 del Veneto. Nondimeno, l’Emilia Romagna è la regione che dal 2005 al 2006 ha
aumentato più consistentemente il numero di imprese “femminili” (16,6% in più),
contro l’11,4% della Lombardia, il 14,6% della Toscana, il 13,8% del Lazio, il 12,5%
della Campania e il 14,8% del Veneto.
Oltre due terzi degli stranieri maggiorenni ha un’occupazione regolare, un dato
superiore al valore nazionale. Una quota non secondaria di stranieri è occupata in
proprio come titolare di impresa (il 4,73% delle imprese emiliano-romagnole). Il tasso
di disoccupazione dei soggiornanti rispetto ai cittadini italiani è quasi il doppio (5,3%
vs. 3,1%), con una diversificazione provinciale abbastanza forte: a Ravenna il dato è
comparabile, mentre a Ferrara il tasso è invertito (3,9% disoccupati italiani vs. 3,1% di
stranieri).
Per quanto riguarda il genere, va rilevato che gli assicurati maschi ammontano a quasi
115mila, pari al 63%, mentre le femmine risultano quasi 67mila pari al 37% del totale.
Questa evidente sottostima del lavoro femminile si può probabilmente spiegare anche
con una forte presenza irregolare nel settore delle assistenti familiari (colf e badanti).
205

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Tabella 9. Imprese individuali registrate con titolare donna di nazionalità extracomunitaria per
regione. Valori assoluti e var. % 2006-2005
Regione 2006 2005 Var.%
Abruzzo 1620 1495 8,4
Basilicata 285 283 0,7
Calabria 1413 1274 10,9
Campania 3547 3153 12,5
Emilia Romagna 3281 2815 16,6
Friuli Venezia Giulia 1218 1147 6,2
Lazio 4321 3798 13,8
Liguria 1209 1126 7,4
Lombardia 6536 5867 11,4
Marche 1417 1238 14,5
Molise 307 281 9,3
Piemonte 3235 2776 16,5
Puglia 1635 1523 7,4
Sardegna 634 561 13,0
Sicilia 2562 2266 13,1
Toscana 4430 3867 14,6
Trentino Alto Adige 317 274 15,7
Umbria 629 560 12,3
Valle d’Aosta 58 54 7,4
Veneto 3319 2890 14,8
Totale 41973 37248 12,7
Fonte: Elaborazione Retecamere su Osservatorio dell’imprenditoria femminile, Unioncamere-InfoCamere
Come in altre regioni italiane, anche in Emilia-Romagna il fenomeno della prostituzione
e della tratta di donne a scopo di sfruttamento sessuale ha registrato, sulle strade, la
progressiva riduzione del numero di italiane (passate a una prostituzione al chiuso) ed il
forte incremento della presenza di donne straniere (in particolare nigeriane, moldave,
ucraine e rumene), molte delle quali vittime di un vero e proprio sfruttamento. I dati
raccolti dal progetto regionale “Oltre la Strada” confermano questo quadro di forte
mutevolezza: l’ingresso nei percorsi di protezione sociale di donne provenienti dalla
prostituzione al chiuso, l’aumento dal 3% al 7% circa delle minorenni, l’incremento del
numero delle donne e delle minorenni provenienti dalla Romania, la stabilità del
numero di contatti su strada e, in generale, l’aumento delle persone nuove.
La scuola
Il fenomeno dei ricongiungimenti famigliari rappresenta una prima fase di maturità
dell’immigrazione e tocca dimensioni significative in Emilia-Romagna nella seconda
metà degli anni Novanta. I minori stranieri residenti in Emilia Romagna al 1.1.2005
risultano 67444 di cui 35227 maschi e 32217 femmine.
Dal 1999/2000 al 2005/2006, il numero di alunni con cittadinanza non italiana iscritto
nelle scuole della regione è andato progressivamente aumentando, passando da quasi
15mila unità a quasi 51mila. Si tratta di un salto notevole che ha portato l’incidenza
degli alunni stranieri sul totale dal 3,16% a quasi il 10% in soli 7 anni. Il numero di
alunne straniere rimane comunque sempre più basso degli alunni stranieri e riflette la
diversa composizione della popolazione in età scolastica.
Le iscrizioni di alunni con cittadinanza non italiana nelle scuole per ordine e grado sono
più frequenti nelle scuole d’infanzia, nella scuola primaria e nella secondaria inferiore.
206

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Tabella 10. Scuola Statale e non: alunni con cittadinanza non italiana iscritti per anno scolastico e
sesso. Regione Emilia Romagna
Anni Alunni con cittadinanza non italiana Totale alunni % alunni con cittadinanza non
Scolastici
italiana sul totale alunni
Scuola statale Scuola non Totale Scuola Scuola Totale Scuola Scuola non Totale
statale scuole statale non
statale
scuole statale statale scuole
MF F MF F MF MF MF MF MF F MF F MF
1999/2000 13.389 6.019 1.335 584 14.724 393.755 72.235 465.990 3,40 1,53 1,85 0,81 3,16
2000/2001 15.989 7.370 1.673 766 17.662 393.981 68.602 462.583 4,06 1,87 2,44 1,12 3,82
2001/2002 20.899 9.536 1.915 888 22.814 405.183 69.708 474.891 5,16 2,35 2,75 1,27 4,80
2002/2003 26.530 12.000 2.838 1.353 29.368 421.802 73.815 495.617 6,29 2,84 3,84 1,83 5,93
2003/2004 31.866 14.579 3.229 1.467 35.095 427.358 73.636 500.994 7,46 3,41 4,39 1,99 7,01
2004/2005 39.742 18.388 4.033 1.894 43.775 443.503 77.697 521.200 8,96 4,15 5,19 2,44 8,40
2005/2006 46.467 21.684 4.532 2.066 50.999 454.390 79.947 534.337 10,2 4,77 5,67 2,58 9,54
Fonte: Elaborazione – Osservatorio sul fenomeno migratorio – RER su dati Sistema Informativo e D.G.
Studi e Programmazione del Ministero della Pubblica Istruzione
Calano invece nella scuola secondaria superiore, dove l’incidenza degli stranieri sul
totale tocca il 7%, mentre nella secondaria inferiore raggiunge quasi l’11%. Nella
secondaria superiore aumenta invece il peso delle iscrizioni femminili, che per la prima
volta raggiungono il 50%. Se in Emilia Romagna non si registra uno scostamento
significativo tra iscritti stranieri maschi (7,01% del totale) e iscritti femminine (6,99%),
nelle altre ripartizioni sussiste ancora uno scarto importante: nel Nord Est gli iscritti
maschi rappresentano il 5,36% contro il 5,61% delle femmine e in Italia si registra un
2,98% dei maschi sul totale contro il 3,20% delle femmine.
Tabella 11. Alunni con cittadinanza non italiana nell’anno scolastico 2005/2006 per tipologia di
scuola e sesso. Regione Emilia Romagna
Tipologia Alunni con cittadinanza non italiana Totale alunni % alunni con cittadinanza non italiana
scuole
sul totale alunni
Scuola statale Scuola non Totale Scuola Scuola Totale Scuola Scuola non Totale
statale scuole statale non
statale
scuole statale statale scuole
MF F MF F MF MF MF MF MF F MF F MF
Scuole
infanzia
6148 2.862 3.684 1.668 9.832 46.945 58.592 105.537 13,10 6,10 6,29 2,85 9,32
Scuola
primaria
Scuola
19.223 9.018 310 152 19.533 161.640 10.030 171.670 11,89 5,58 3,09 1,52 11,38
secondaria
I grado
Scuola
10.682 4.689 62 27 10.744 97.718 3.854 101.572 10,93 4,80 1,61 0,70 10,58
secondaria
II grado
10.414 5.115 4.776 219 10.890 148.087 7.471 155.558 7,03 3,45 6,37 2,93 7,00
Fonte: Elaborazione – Osservatorio sul fenomeno migratorio – RER su dati Sistema Informativo e D.G.
Studi e Programmazione del Ministero della Pubblica Istruzione
La maggior parte degli studenti si iscrive nelle province di Modena e Bologna (2mila),
mentre una più piccola parte è iscritta nelle province di Ferrara, Ravenna, Piacenza e
Forlì Cesena (meno di 1000). In termini percentuali, l’incidenza degli iscritti stranieri
sul totale si attesta intorno al 7% contro il 5,5% del Nord Est e il 3,1 dell’Italia. Reggio
Emilia, Piacenza, Modena e Parma registrano valori superiori alla media regionale (oltre
il 7%), mentre risultano più indietro Ferrara (4,3%), Forlì-Cesena (5,5%) e Ravenna
(5,8%).
207

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Il numero di diplomati stranieri nel 2005/06 è piuttosto esiguo: 756 unità pari al 3,2%
del totale. Si tratta di un dato interessante e può essere spiegato da due fenomeni
distinti: il primo attiene al tasso di abbandono più alto degli stranieri nelle scuole
secondarie superiori; il secondo riguarda il fatto che le iscrizioni a queste scuole è un
dato piuttosto recente e in crescita sostenuta di anno in anno, è dunque possibile che nei
prossimi anni il numero di diplomati stranieri possa crescere sensibilmente fino ad
avvicinarsi alla percentuale di iscritti sul totale.
Anche in questo caso permangono alcune differenze provinciali: mentre Rimini registra
una percentuale di diplomati stranieri sul totale abbastanza elevata (7,37%), Ferrara
presenta un valore molto più contenuto (0,97%). Le altre province si attestano tutte
intorno al 2,36-3,63%.
Per quanto riguarda l’università, nell’anno accademico 2005/06, l’Università di Bologna
ha laureato 410 stranieri ponendosi al secondo posto in Italia dopo l’Università La
Sapienza di Roma (414 laureati), precedendo l’ateneo di Padova (con 314 laureati) e la
Bocconi di Milano (con 199 laureati). L’ateneo di Bologna ha quindi laureato nel
2005/06 il 10% del totale laureati in Italia (pari a circa 4400 unità). Il maggior numero
di studenti stranieri si laurea nelle università del Nord Italia, fa eccezione soltanto
l’Ateneo di Bari che nel 2005 con 118 laureati. L’ateneo di Modena e Reggio Emilia
presenta un tasso di iscrizione e di laurea di studenti stranieri interessante e superiore
alla media nazionale: 94 laureati stranieri, 162 immatricolati e 778 iscritti nel 2005.
nell’Ateneo di Modena e Reggio Emilia, ogni 1000 immatricolati, 49,8 erano stranieri
contro i 28,1 della media italiana e 58,1 dell’Ateneo di Bologna; ogni 1000 iscritti, 46,6
erano stranieri a Modena-Reggio Emilia contro i 22,8 della media italiana e 43,5 a
Bologna. I laureati erano 27,9 ogni 1000 laureati a Modena-Reggio Emilia contro i 14,7
del dato italiano e 22,9 a Bologna.
Uno sguardo all’indice di internazionalizzazione riferito all’anno 2005, pone
l’Università di Modena e Reggio Emilia al primo posto nella regione con un indice pari
a 27,9 (rapporto tra laureati stranieri e laureati in totale). La componente femminile in
questo ateneo raggiunge quota 31,8 contro il 22,9 dei maschi. Segue Ferrara con 23,7
(qui il numero di laureate è inferiore ai laureati: 22,8 contro 25,2). Segue l’ateneo di
Bologna con un indice pari a 22,9 e una componente femminile anche qui
maggiormente presente rispetto a quella maschile (24,7 contro 20,5). All’ultimo posto
troviamo Parma, con un indice di appena 3,3 e senza differenze significative di genere.
Nel 2005, il numero di iscritti stranieri a dottorati di ricerca della regione si attestava a
139 unità (76 femmine contro 63 maschi). In percentuale, gli stranieri si iscrivono a
dottorati in area scientifica (24,5%), economico-sociale (21,6%), letterario-umanistica
(15,1%) e giuridica (13,7%) e via via tutti gli altri fino a toccare un minimo nell’area
agraria (4,3%). Esistono chiaramente alcune differenze di genere anche nelle iscrizioni
ai dottorati che confermano le dinamiche consolidate: maggiori iscrizioni femminili
nelle aree economico-sociale, letterario-umanistica e medica, minori iscrizioni nelle
aree scientifica, ingegneristica e umanistica.
208

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
4.2.3 Accesso alle Risorse
La sanità
L’incidenza degli stranieri sul sistema sanitario regionale è ancora relativamente
contenuto. Si tratta di una popolazione giovanile e con tassi di natalità più alti dei quelli
italiani e europei. I ricoveri degli stranieri (4,2% del totale) sono dovuti soprattutto a
parti e a interruzioni volontarie di gravidanza.
Va posta particolare attenzione, altresì, al tema degli infortuni sul lavoro occorsi a
lavoratori extracomunitari in regione che nel corso degli ultimi anni ha subito un
aumento consistente. Il dato è in controtendenza rispetto all’andamento infortunistico
riferito all’intero stock degli assicurati che risulta stabile o in lieve decremento. In linea
con la struttura per età della forza lavoro, gli infortunati stranieri sono per lo più
giovani, con una netta prevalenza maschile e si concentra nei settori dell’industria
manifatturiera (28%), delle costruzioni (14%), dei trasporti (6%) e dell’agricoltura
(4,5%).
Politiche abitative
Nel territorio regionale si verificano casi di emergenza abitativa che assumono aspetti
drammatici quando raggiungono la dimensione di agglomerati urbani segnati da grave
disagio sociale e talvolta da diffusi fenomeni di criminalità. Questi “casi limite”
rischiano di riprodursi ogni qual volta la domanda abitativa dei cittadini immigrati, in
situazioni di scarsità di offerta e alti costi degli affitti, produce un mercato parallelo
caratterizzato da immobili fatiscenti, alloggi inadeguati, affitti in nero e
sovraffollamento.
4.2.4 Esclusione sociale
Il fenomeno migratorio ha una doppia dinamicità: crescono gli stranieri di lunga durata
e crescono parallelamente gli arrivi di nuovi arrivati. Accanto al fattore temporale, si
intrecciano pertanto altre variabili: cresce la presenza di giovani di figli di immigrati;
assistiamo ad una stabilizzazione di famiglie perché tanti sono i modelli sociali e
culturali di origine; mantengono una loro presenza i lavoratori singoli di entrambi i sessi
(con la significativa regolarizzazione delle assistenti familiari), si pongono con forza
nuovi bisogni ce necessitano di un elevato livello di attenzione e di carico assistenziale:
le donne sole con figli, i minori stranieri non accompagnati, i richiedenti asilo, le
persone straniere in situazione di povertà estrema, ex detenuti che necessitano di
percorsi di reinserimento sociale.
Criminalità
Nei tredici istituti penitenziari dell’Emilia-Romagna i detenuti stranieri sono quasi 1600
su 3450, pari al 46% del totale. Chiaramente questi dati possono indurre qualche
osservatore a correlare positivamente l’immigrazione con l’aumento della criminalità
trascurando tuttavia il legame che sussiste tra povertà/esclusione sociale e
immigrazione. In particolare occorre segnalare quattro aree problematiche:
⇒ le difficoltà economiche obbligano gli stranieri a essere assistiti da difensori
d’ufficio, subendo altresì le difficoltà linguistiche e di scarsa conoscenza del
sistema giuridico italiano;
209

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
⇒ la frequente assenza di un domicilio certificato per usufruire degli arresti
domiciliari;
⇒ correlato al precedente, il 60% degli immigrati è in attesa di giudizio;
⇒ la tipologia di reati ascritti mostra una prevalenza di reati contro il patrimonio
rispetto ai reati contro la persona.
Se non si può parlare di reati meno gravi rispetto a quelli commessi da cittadini italiani,
senz’altro occorre segnalare il legame forte che sussiste tra fenomeni di esclusione
sociale e reati commessi o difficoltà oggettive di scontare o attendere le pene in
condizioni migliori (arresti domiciliari).
Livello di integrazione
L’integrazione della popolazione straniera sul territorio di permanenza può essere
misurata prendendo in riferimento il V Rapporto Annuale del CNEL pubblicato nel
marzo del 2007. L’indice di integrazione viene qui calcolato sulla base di tre indici:
indice di polarizzazione 26 , indice di stabilità sociale 27 , indice di inserimento lavorativo 28
che insieme compongono un indice sintetico di integrazione. Ebbene, prendendo in
esame i risultati dell’ultimo rapporto, l’Emilia Romagna figura al 4° posto tra le regioni
a massima integrazione, dopo Trentino Alto Adige, Veneto e Lombardia. Si tratta di un
risultato ottimo che tuttavia risulta meno positivo di quello riscontrato nel 2006, nel
quale la regione figurava al 3° posto, preceduta da Veneto e Marche, probabilmente a
causa di un indice di inserimento lavorativo e, soprattutto, di stabilità sociale, più bassi
di quelli rilevati nel 2006.
Da una prima analisi dei risultati del rapporto, emergono alcune considerazioni che è
utile riportare:
(1) Persiste una significativa differenziazione provinciale in tutti e tre gli indici in
esame, determinata, soprattutto, dalla diversa dinamicità del mercato del lavoro
a livello locale;
(2) In linea generale si può dire che, al Nord, mentre il più grande potere di
attrazione e trattenimento della popolazione immigrata (polarizzazione) continua
ad essere esercitato dalle regioni più estese del versante centro-orientale
(Lombardia, al 1° posto come l’anno precedente, seguita a notevole distanza da
Emilia Romagna e Veneto, entrambe al 2°), i migliori segnali di inserimento
sociale e lavorativo si registrano, invece, in contesti territorialmente più
circoscritti. In particolare, e in modo decisamente significativo, in quelle regioni
a statuto speciale che godono di autonomia amministrativa: Il Trentino Alto
Adige (1°) e il Friuli Venezia Giulia (2°) per l’inserimento occupazionale; di
nuovo il Trentino Alto Adige (2°), la Valle d’Aosta (3°) e, seppur leggermente
distaccato, ancora il Friuli Venezia Giulia (5°) per l’inserimento sociale.
26 L’indice di polarizzazione prende in considerazione 7 indicatori (presenza, incidenza, incremento,
permanenza, soggiorno stabile, densità e ricettività migratoria interna).
27 L’’incide di stabilità sociale considera altri 7 indicatori (inserimento femminile nel lavoro, soggiorno
permanente, devianza, ricongiungimento familiare, ospedalizzazione, acquisizione di cittadinanza,
natalità).
28 L’indice di inserimento lavorativo misura gli ultimi 7 indicatori (disoccupazione, fabbisogno di
manodopera straniera, potere di assorbimento nel mercato del lavoro, vitalità del mercato del lavoro, tasso
di impiego dipendente della forza di lavoro, retribuzione media pro capite, imprenditorialità).
210

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Tabella 12. Indice sintetico di integrazione. Graduatoria delle province (2004).
Province
1 Trento 22 Forlì-Cesena
2 Brescia …
3 Prato 24 Piacenza
4 Vicenza …
5 Reggio Emilia 27 Ravenna
… 28 Bologna
14 Parma 29 Rimini
… …
21 Modena 42 Ferrara
Fonte: V Rapporto CNEL: Indice di Integrazione degli Immigrati in Italia, marzo 2007.
Uno sguardo ai diversi livelli di integrazione delle province della regione pone la
provincia di Reggio Emilia al 5° posto in Italia (dopo Trento, Brescia, Prato e Vicenza),
seguono a distanza Parma, Modena e Forlì-Cesena, Piacenza, Ravenna, Bologna,
Rimini, Ferrara. Le posizione arretrata di alcune province della regione è determinata da
un non elevato indice di stabilità che vede comparire solo Ferrara (7° posto) e Reggio
Emilia (17°) tra le prime 20 province, e pone molto indietro Rimini (43°) per effetto
della particolare struttura produttiva a forte stagionalità.
Figura 3. Indice di integrazione (sx) e di polarizzazione (dx) delle province italiane
Fonte: V Rapporto CNEL: Indice di Integrazione degli Immigrati in Italia, marzo 2007.
L’indice di polarizzazione generale pone la regione al secondo posto in Italia, subito
dopo la Lombardia e prima di Veneto e Lazio. Tra le province, emergono le posizioni di
Reggio Emilia e Rimini, rispettivamente 5° e 8°, mentre sono più indietro Ferrara (23°),
Bologna (25°) e Parma (32°).
L’indice di stabilità sociale regionale pone l’Emilia Romagna al 7° posto dopo Marche,
Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Veneto, Friuli Venezia-Giulia e Abruzzo. La
provincia che presenta l’indice massimo è Vicenza, seguita da Sondrio e Biella, Ferrara
211

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
occupa la 7° posizione, Reggio Emilia la 17°, mentre sono molto più indietro Piacenza
(47°) e Ravenna (61°).
Figura 4. Indice di stabilità sociale (sx) e di inserimento lavorativo (dx) delle province italiane
Fonte: V Rapporto CNEL: Indice di Integrazione degli Immigrati in Italia, marzo 2007.
L’indice di inserimento lavorativo della regione appare è il quinto in Italia dopo il
Trentino-Alto Adige, il Friuli Venezia-Giulia, Lombardia e Veneto. L’indice risulta
abbastanza eterogeneo in relazione alla posizione delle altre province italiane: Reggio
Emilia (10° posto), Piacenza e Modena (rispettivamente 19° e 20° posto), Ravenna
(22°), Forlì-Cesena (34°), Bologna (37°), Rimini (45°) e Ferrara (al 62° posto).
4.3 Le politiche per l’integrazione dei soggiornanti stranieri
4.3.1 Il Quadro italiano
Il fenomeno migratorio in Italia ha intrapreso un processo di strutturalizzazione che lo
ha portato a non essere più un fenomeno aleatorio ma lo ha reso sistematico e costante
per diversi fattori:
⇒ numero rilevante di immigrati
⇒ ritmo di aumento continuo nel tempo
⇒ distribuzione degli immigrati su tutto il territorio
⇒ normalizzazione demografica della popolazione immigrata (equivalenza di
genere, più coniugati
⇒ e meno celibi, minori, ecc.)
⇒ tendenza alla stabilità di residenza
⇒ fabbisogno di forze di lavoro aggiuntive del mercato occupazionale italiano
⇒ ruolo insostituibile della manodopera immigrata in alcuni settori (operai
nell’industria o badanti).
212

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
L’analisi delle politiche migratorie in Italia è un campo di studi abbastanza recente
essendosi concentrata fino a primi anni Novanta, ma per certi versi fino a oggi, su
aspetti e processi legislativi
piuttosto che su dinamiche decisionali e politiche in senso stretto. I primi studi hanno
comunque sottolineato come le politiche italiane non potessero essere interpretate
secondo gli approcci tradizionali (multiculturali, assimilazioniste, inclusive, ecc.). Le
differenze territoriali e le diverse strategie adottate hanno reso il caso italiano unico nel
suo genere e orientato più a sperimentare approcci integraticomplessi piuttosto che a
seguire una strategia unica. Le politiche migratorie appaiono pertanto come il risultato
dei diversi modelli di relazioni tra le organizzazioni del Terzo Settore e gli enti locali.
Queste tendenze hanno spinto pertanto gli esperti del settore ad abbracciare un modello
interpretativo basato sui livelli differenziati di governance nei territori, per analizzare le
relazioni tra enti locali, province, regioni e Stato con la società civile e le
organizzazione del Terzo Settore.
Dal 1970 al 2006 il numero totale di immigrati sul territorio nazionale è passato da circa
144mila unità a circa 3milioni e 700mila (stime Caritas). L’esplosione del fenomeno
migratorio è avvenuta nei primi anni Novanta ed è poi proseguita nei primi anni del
2000; gli anni Settanta e Ottanta sono stati interessati solo marginalmente dal fenomeno.
L’Italia è diventato un paese d’immigrazione soltanto alla fine degli anni Settanta e ha
cominciato a
regolare lo sviluppo dei flussi migratori soltanto nel 1986 con la legge 943. La legge ha
assegnato agli immigrati lo status giuridico e sociale di “lavoratori” e mirava a
proteggere il mercato del lavoro italiano dalla competizione irregolare proveniente dal
lavoro sommerso. La legge era restrittiva poiché consentiva a una datore di lavoro di
impiegare manodopera immigrata solo qualora non ci fossero stati italiani in grado di
coprire quel posto.
La legge assegnava ai residenti stranieri diritti civili e sociali di base: accesso alla
sanità, alloggi pubblici e istruzione per i figli. Nel 1990 è stata emanata la legge
39/1990 a seguito dell’esplosione del fenomeno migratorio dai paesi dell’Est Europa.
La legge ha allocato un fondo per la costituzione di alloggi provvisori che fornivano
agli immigrati con regolare permesso di soggiorno un primo alloggio per consentire loro
di cercare una sistemazione definitiva. Uno speciale comitato avrebbe poi definito
annualmente il numero di immigrati che avrebbero potuto entrare in Italia.
Nel 1995 in concomitanza con una nuova esplosione dei flussi migratori, è stata
emanato il decreto legislativo 489 (Dini) che ha consentito lo stanziamento dei rifugiati
provenienti da paesi come l’Albania, la Somalia e la Jugoslavia su base permanente. Il
decreto ha concesso la regolarizzazione di 249mila immigrati. Il decreto ha introdotto
misure più severe contro il traffico degli immigrati e misure innovative per l’assistenza
degli immigrati illegali: assistenza di tipo sanitario e accesso all’istruzione pubblica da
parte dei minori figli di immigrati illegali.
Il decreto legislativo 286 del 1998 regola la politica nazionale dell’immigrazione. Il
Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri interessati, il Consiglio nazionale
dell'economia e del lavoro, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
213

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la Conferenza Stato-citta' e
autonomie locali, gli enti e le associazioni nazionali maggiormente attivi nell'assistenza
e nell'integrazione degli immigrati e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di
lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale, predispone ogni tre anni il
documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel
territorio dello Stato, che e' approvato dal Governo e trasmesso al Parlamento. Le
competenti Commissioni parlamentari esprimono il loro parere entro trenta giorni dal
ricevimento del documento programmatico.
Il documento programmatico indica le azioni e gli interventi che lo Stato italiano, anche
in cooperazione con gli altri Stati membri dell'Unione europea, con le organizzazioni
internazionali, con le istituzioni comunitarie e con organizzazioni non governative, si
propone di svolgere in materia di immigrazione, anche mediante la conclusione di
accordi con i Paesi di origine. Esso indica le misure di carattere economico e sociale nei
confronti degli stranieri soggiornanti nel territorio dello Stato, nelle materie che non
debbono essere disciplinate con legge.
Il documento individua inoltre i criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso
nel territorio dello Stato, delinea gli interventi pubblici volti a favorire le relazioni
familiari, l'inserimento sociale e l'integrazione culturale degli stranieri residenti in Italia,
nel rispetto delle diversità e delle identità culturali delle persone, purché non in conflitto
con l'ordinamento giuridico, e prevede ogni possibile strumento per un positivo
reinserimento nei Paesi di origine.
Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri
interessati e le competenti Commissioni parlamentari, sono definite annualmente, sulla
base dei criteri e delle altre indicazioni del documento programmatico, le quote
massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato, per lavoro subordinato,
anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, tenuto conto dei
ricongiungimenti familiari e delle misure di protezione temporanea eventualmente
disposte. I visti di ingresso per lavoro subordinato, anche stagionale, e per lavoro
autonomo sono rilasciati entro il limite delle quote predette. In caso di mancata
pubblicazione dei decreti di programmazione annuale, la determinazione delle quote e'
disciplinata in conformità con gli ultimi decreti pubblicati ai sensi del presente testo
unico nell'anno precedente.
Nell'ambito delle rispettive attribuzioni e dotazioni di bilancio, le regioni, le province, i
comuni e gli altri enti locali adottano i provvedimenti concorrenti al perseguimento
dell'obiettivo di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono il pieno riconoscimento
dei diritti e degli interessi riconosciuti agli stranieri nel territorio dello Stato, con
particolare riguardo a quelli inerenti all'alloggio, alla lingua, all'integrazione sociale, nel
rispetto dei diritti fondamentali della persona umana.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare di concerto con il
Ministro dell'interno, si provvede all'istituzione di Consigli territoriali per
l'immigrazione, in cui siano rappresentati le competenti amministrazioni locali dello
Stato, la Regione, gli enti locali, gli enti e le associazioni localmente attivi nel soccorso
e nell'assistenza agli immigrati, le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro,
214

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
con compiti di analisi delle esigenze e di promozione degli interventi da attuare a livello
locale.
La legge Turco-Napolitano (40) emanata nel 1998 si basa su 4 pilastri fondamentali:
1. prevenzione e lotta all’immigrazione irregolare (allestimento dei centri di prima
accoglienza e facilitazioni per gli immigrati che avessero denunciato i
trafficanti)
2. regolarizzazione dei nuovi flussi migratori (gli ingressi legali sulla base delle
quote annuale potevano essere facilitati dai cosiddetti “sponsor”: associazioni,
cittadini Italiani, stranieri con permesso di soggiorno, associazioni sindacali,
ecc.)
3. promozione dell’integrazione degli immigrati regolari (introduzione della
possibilità per gli immigrati residenti da almeno 5 anni di ottenere lo stato di
residente permanente);
4. concessione dei diritti civili basilari per gli immigrati irregolari (la Legge
conferma quanto già concesso dal decreto Dini: agli immigrati irregolari viene
assegnata una carta anonima con la quale è per loro possibile accedere a servizi
di base: assistenza sanitaria, istruzione, ecc.)
La Legge Turco-Napolitano è stata poi parzialmente modificata dalla Bossi-Fini del
2002 che è intervenuta sostanzialmente su due fronti:
1. legare maggiormente il permesso di soggiorno a motivazioni lavorative,
favorendo lavori temporali e scoraggiando soggiorni permanenti (abolizione
degli “sponsor”; innalzamento da 5 a 6 anni di residenza per l’ottenimento della
residenza permanente; riduzione dei fondi concessi per l’integrazione degli
immigrati);
2. lotta contro gli ingressi irregolari (introduzione di misure repressive alcune delle
quali dichiarate incostituzionali e perciò attenuate in seconda battuta).
Nonostante le misure restrittive, la Bossi-Fini ha concesso un’amnistia per la
regolarizzazione di 634mila immigrati illegali, un valore molto alto e quasi equivalente
alla somma delle regolarizzazioni concesse dalle precedenti 4 amnistie.
Il documento programmatico sull’immigrazione per il triennio 2007-2009 non ancora
pronto in quanto sta completando il suo iter in Parlamento. Tuttavia, gli orientamenti in
materia di immigrazione del governo Prodi possono essere già sintetizzati brevemente:
⇒ rendere più efficace la politica dei flussi e il sistema delle quote superando il
tetto annuale e prevedendo che l'indicazione degli ingressi sia contenuta nel
documento di programmazione triennale;
⇒ eliminare dalle quote alcune categorie di lavoratori: colf, badanti, lavoratori
occupati nella sanità e nei servizi sociali, stagionali;
⇒ fissare la quota degli stagionali dopo la consultazione delle categorie interessate,
-
⇒ consentire la conversione di permessi brevi (turismo, studio, visite ai familiari)
in permessi di lavoro;
⇒ reintrodurre il permesso per ricerca di lavoro attraverso la figura dello sponsor
che andrebbe molto potenziata;
215

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
⇒ promuovere il lavoro qualificato e prevedere investimenti adeguati per la
qualificazione del lavoro degli stranieri, al pari degli italiani, -
⇒ procedere a una radicale semplificazione delle procedure di ingresso attraverso
lo sportello unico;
⇒ istituire un meccanismo di regolarizzazione permanente ad personam per gli
stranieri entrati con visto turistico che ottengono un contratto di lavoro a tempo
indeterminato e hanno tenuto una buona condotta morale.
Data la complessità del fenomeno, è scontato ammettere che l’analisi delle politiche
migratorie italiane sia un esercizio fin troppo articolato. L’impatto che l’opinione
pubblica ha sulle politiche per l’immigrazione in Italia non è ancora chiaro nonostante
molti studi la includano tra i fattori che influenzano i processi decisionali. Non è un
caso infatti che le misure restrittive introdotte sia dalla Turco-Napolitano sia dalla Bossi
Fini siano state cercate e auspicate dall’attitudine negative dell’opinione pubblica verso
l’immigrazione. Tuttavia, i timori dell’opinione pubblica che scaturiscono da episodi di
immigrazione illegale e criminalità più o meno giustificata non hanno trovato conforto
nelle politiche che introducendo misure più restrittive hanno di fatto limitato l’accesso
degli immigrati regolari ai diritti civili di cittadinanza, mentre sono state poco efficaci
nel contrastare l’immigrazione illegale.
L’attitudine di molti studiosi e l’urgenza sociale del fenomeno rendono necessario
definire politiche per l’immigrazione più organiche e proiettate al futuro. L’opportunità
di concedere condoni e amnistie negli ultimi anni palesano l’inefficacia e disorganicità
delle più recenti misure in materia di immigrazione. Manca tuttora un sistema coerente
di criteri per la valutazione delle politiche per l’immigrazione che sappiano rispondere
ai quesiti e corroborare le intuizioni degli studiosi e dei decisori ma che necessitano di
un riscontro pragmatico. Occorre rendere le politiche più organiche e gli approcci
valutativi al fenomeno utili nel facilitare processi decisionali più rispondenti ai
fabbisogni reali e più efficaci nel conseguire i risultati sperati.
Le politiche di integrazione italiane sono dunque finalizzate al positivo inserimento
nella società dei cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti. Consistono in
strategie e interventi destinati agli adulti, ai lavoratori, ai minori, ai giovani. In
particolare con integrazione si intende un processo biunivoco che coinvolge la società
d'accoglienza e i cittadini stranieri e che – nella consapevolezza reciproca di obblighi e
diritti di ambo le parti – conduce alla piena partecipazione da parte dell'immigrato alla
vita sociale, economica, culturale e civile della società d'accoglienza e all'accesso ai
beni e servizi, a pari titolo e con pari dignità rispetto agli altri cittadini.
Le misure di integrazione sociale sono realizzate in larga parte dalle Regioni e dagli
Enti Locali e finanziate con le risorse messe loro a disposizione annualmente dal Fondo
nazionale per le politiche sociali. Si tratta di progetti per l'apprendimento della lingua
italiana, per l'educazione interculturale, per l'accesso all'alloggio e di misure di
accoglienza per eventi straordinari.
Invece la quota parte del Fondo nazionale per le politiche sociali annualmente destinata
ad interventi di carattere statale, è utilizzata dal Ministero per finanziare iniziative
sperimentali e progetti pilota, individuare buone pratiche, promuovere l'alfabetizzazione
216

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
e l'educazione interculturale. In questo contesto si collocano alcuni tra i principali
progetti in corso di realizzazione:
⇒ Accordi di Programma
⇒ Mediazione culturale
⇒ Programma Operativo Nazionale (PON)
⇒ Progetto per l'accesso al credito e ai servizi bancari degli imprenditori immigrati
⇒ Politiche abitative
⇒ Corsi di lingua italiana
⇒ Infine il Ministero fa parte, insieme al Ministero dell'Interno, della Rete di punti
nazionali di contatto sull'integrazione (NCP) della Commissione europea.
La Rete ha come obiettivo lo scambio di buone pratiche tra paesi membri in tema di
integrazione dei cittadini immigrati. Inoltre, compito della Rete europea è la redazione
di un Rapporto annuale sull'integrazione che confluirà nella Comunicazione annuale
della Commissione sull'Immigrazione al Parlamento e al Consiglio.
Le politiche dell’immigrazione, pur rientrando in base alla legislazione vigente, fra
quelle riservate alla competenza dello Stato centrale, nella parte relativa alle politiche
per l'integrazione prevedono il coinvolgimento, in via principale, delle Regioni, degli
Enti Locali e delle Parti sociali.
4.3.2 Le politiche per l’integrazione degli stranieri dell’Emilia Romagna
Dovendo rispondere a una molteplicità di fabbisogni in materia di integrazione
socioeconomica degli stranieri residenti, l’emergenza di nuove forme di povertà,
sicurezza, sanità e l’emergenza abitativa della popolazione straniera, le politiche per la
popolazione straniera appaiono particolarmente articolate e complesse e coinvolgono
diverse istituzioni (Regione, Province, Comuni), diversi attori (decisori, programmatori,
parti sociali, il cittadino), e abbracciano diverse politiche.
In particolare, la L.R. n. 5 del 24 marzo 2004 “Norme per l’integrazione sociale dei
cittadini stranieri immigrati” persegue due finalità: (a) aumentare la partecipazione
sociale, attraverso misure contro la discriminazione, e a favore delle politiche abitative,
l’integrazione sociale e l’assistenza sanitaria; (b) migliorare l’accesso ai servizi
educativi per l’infanzia, il diritto allo studio, l’istruzione e la formazione professionale,
l’inserimento lavorativo, l’integrazione e la comunicazione interculturale.
Il Programma Triennale 2006-2008 per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri è
nato in applicazione della legge regionale. Il programma persegue 6 finalità distinte:
(1) aumentare la conoscenza del fenomeno;
(2) attivare strumenti e pratiche di governance a tutti i livelli (azioni di
coordinamento e concertazione);
(3) costruire relazioni positive (favorire il confronto interculturale attraverso un
approccio istituzionale attivo);
(4) garantire pari opportunità di accesso ai servizi (promuovere la rimozione di
ostacoli di ordine economico, linguistico, sociale e culturale);
(5) promuovere tutela legale (favorire interventi volti a garantire per i cittadini
stranieri la conoscenza e la tutela dei diritti e doveri previsti dalla normativa
nazionale e regionale);
217

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
(6) partecipare al governo dei flussi migratori per individuare e rappresentare i
fabbisogni quantitativi e qualitativi della società regionale.
Il Programma ha il pregio di aver individuato gli ambiti di policy che sono intercettati
nel difficile compito di coordinamento e programmazione delle politiche per gli
immigrati. La tabella riportata sotto tenta una prima classificazione delle politiche e
degli organi competenti in materia di immigrazione.
E’ chiaro che la tabella intende fornire soltanto una traccia alla ricostruzione delle
politiche regionali per l’immigrazione. Il ruolo esercitato dalle Province e dai Comuni
(soprattutto nei piani di zona, ma anche nello sforzo di integrazione delle politiche per
la scuola, la formazione professionale e il lavoro con il coinvolgimento attivo dei Centri
per l’Impiego) e dagli altri attori delle politiche pubbliche (Comunità Montane, il Terzo
Settore, le Parti sociali ed economiche, i singoli cittadini, le associazioni degli
immigrati, ecc.) risulta di fondamentale importanza e non può essere trascurato.
Tabella 13. Ambiti di policy richiamati dal tema sull’immigrazione e attori regionali coinvolti.
Gli ambiti di policy Gli attori regionali
Politiche per il lavoro Scuola, Formazione Professionale e Lavoro
Lavoro Autonomo e Imprenditorialità Scuola, Formazione Professionale e Lavoro
Attività produttive
Scuola e Formazione Professionale Scuole, Formazione Professionale e Lavoro
Politiche sociali Politiche Sociali
Richiedenti asilo Politiche Sociali
Lotta alla tratta Politiche Sociali
Assistenza famigliare Politiche Sociali
Salute
Mediazione interculturale Politiche Sociali
Esclusione sociale Politiche Sociali
Carcere Politiche Sociali
Sanità e Dipendenze Salute
Politiche abitative Programmazione e Sviluppo Territoriale
Il Piano Sociale 2007-2009 ha l’obiettivo di costruire relazioni positive e la diffusione
di una informazione esauriente sui diversi aspetti del fenomeno migratorio per un
effettivo coinvolgimento dei cittadini stranieri nella definizione delle politiche
pubbliche locali, e per la valorizzazione e la reciproca conoscenza dei fondamenti
culturali connessi ai luoghi di origine dei residenti. Si pone inoltre l’obiettivo di
garantire pari opportunità di accesso alle risorse (istruzione, servizi, mercato del lavoro,
soluzione abitativa) e tutelare le differenze. Infine, mira ad assicurare i diritti della
presenza legale (adeguata conoscenza diritti e doveri).
Ciascun Comune capofila di Zona Sociale, ha presentato alla Regione Emilia-Romagna
entro il 30 settembre 2006 il proprio Programma finalizzato all’interno del Programma
attuativo 2006 dei Piani di Zona 2005-2007.
L’analisi delle progettazioni previste all’interno dei 39 Programmi in ambito
distrettuale/zonale per l’integrazione sociale, ci consente di affermare come sia stata
confermata una sostanziale aderenza alle indicazioni tematiche regionali, pur con
evidenti differenziazioni per quanto attiene alle specificità tematiche degli interventi.
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I progetti previsti nei Programmi in ambito distrettuale sono risultati 93 (nel 2005 erano
113), dei quali 5 risultano totalmente nuovi rispetto alla precedente programmazione, e
88 risultano invece in continuità ad interventi realizzati negli anni scorsi.
Dall’analisi degli interventi finanziati emerge in primo luogo che oltre il 34% delle
risorse si è concentrato nel campo delle attività in ambito scolastico, riconducibili al
sostegno all’apprendimento della lingua italiana, agli interventi volti a fornire strumenti
interculturali, ed alle
attività di socializzazione nel tempo libero (extra-scolastiche) svolte a favore di minori
stranieri e delle loro famiglie.
Il dato, che nel 2005 si attestava al 29%, conferma un bisogno crescente di
potenziamento delle politiche attive di accoglienza e integrazione in ambito scolastico,
ritenute evidentemente fondamentali per quanto attiene le politiche di integrazione a
livello locale.
Si tratta sostanzialmente di interventi concordati dai Comuni con le Istituzioni
scolastiche, capaci di
coinvolgere professionalità e risorse associative del territorio (insegnanti, mediatori
interculturali, associazioni di cittadini stranieri, gruppi di genitori, ecc..).
Accanto all’ambito scolastico, la programmazione si è concentrata essenzialmente su tre
macroaree di attività:
⇒ la realizzazione e il consolidamento di centri specializzati ed informativi per
cittadini stranieri (15,3% delle risorse), a conferma di un costante fabbisogno
informativo su tutto il territorio regionale, che i Comuni organizzano
prevalentemente su base distrettuale individuando una sede centrale e alcuni
sportelli decentrati nei singoli Comuni aperti alcune giornate della settimana.
⇒ il sostegno ad interventi per facilitare l’accesso ai servizi (10,6% delle risorse),
riconducibili a percorsi formativi per gli operatori, all’utilizzo di mediatori per
ripensare l’organizzazione dei servizi o come veicoli di conoscenza per i
migranti rispetto alla attuale configurazione dei servizi, ad attività di consulenza
per gli enti locali, alla realizzazione di guide e opuscoli multilingue.
⇒ la realizzazione di attività specifiche di mediazione interculturale (10,3% delle
risorse) che appaiono acquisire spazio e centralità nelle politiche di integrazione:
sono quasi il 50% (58 su 135) le progettazioni che prevedono l’utilizzo di
mediatori interculturali, con una previsione quantitativa di circa 242 opportunità
occupazionali.
Accanto alla programmazione di ambito distrettuale che ha ripartito risorse finalizzate a
ciascuna delle 39 Zone sociali, il Programma attuativo 2006 ha confermato
l’introduzione di un Piano di programmazione provinciale, dotato di risorse inferiori
rispetto al programma distrettuale, per alcune specifiche aree tematiche.
Le aree tematiche su cui sono state chiamate le Amministrazioni a progettare interventi
erano sostanzialmente le seguenti:
⇒ consolidamento e implementazione della funzione di osservazione e
monitoraggio della immigrazione straniera a livello provinciale, in collegamento
con analoga funzione a livello regionale così come prevista dal dall’art. 3 della
L.R. 5/04;
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⇒ interventi a sostegno di iniziative di comunicazione interculturale di ambito
provinciale, a partire dal consolidamento delle progettualità avviate
sperimentalmente e già finanziate nell’ambito della programmazione regionale
precedente (anni 2001-2003) attraverso una specifica iniziativa regionale;
⇒ coordinamento degli interventi nell’ambito dell’integrazione in favore dei
richiedenti asilo e dei rifugiati riconosciuti, a partire dal consolidamento dei
progetti comunali inseriti nel Sistema di protezione per rifugiati e richiedenti
asilo (art.32 L.189/2002) e di altre esperienze analoghe (programma equal,
fondo 8 per mille ecc..);
⇒ sostegno all’avvio e al consolidamento di forme di raccordo tecnico a livello
provinciale e locale, anche di natura monotematica, fra i soggetti che agiscono
nell’ambito dell’immigrazione (Enti Locali, parti sociali, privato sociale,
Prefetture e Questure, Scuola, Ausl) al fine di costruire percorsi progettuali
interistituzionali. In questo senso si sottolineava l’importanza di individuare
soluzioni operative con Prefetture, Questure, Comuni e soggetti del privato
sociale, finalizzate a semplificare e velocizzare il disbrigo delle pratiche
amministrative di rinnovo del permesso di soggiorno;
⇒ progettazione di percorsi formativi, anche monotematici, rivolti agli operatori
preposti alle relazioni con i cittadini stranieri, finalizzati a garantire ai cittadini
stranieri pari condizioni di accesso e adeguate prestazioni da parte dei servizi;
⇒ interventi destinati a promuovere l’avvio o il consolidamento delle associazioni
promosse da cittadini stranieri e quelli configurabili in un ambito complessivo di
sperimentazione di percorsi di rappresentanza. In quest’ottica, si indicava
l’opportunità che ciascuna dimensione provinciale potesse disporre di un
organismo partecipativo a carattere elettivo al fine di valorizzare l’apporto ed il
protagonismo sociale dei cittadini stranieri;
⇒ avvio o implementazione di centri interculturali intesi come luoghi di
mediazione e di confronto tra culture, finalizzati a favorire l’incontro e lo
scambio tra soggetti di diversa provenienza nonché all’elaborazione ed alla
attuazione di iniziative per promuovere l’integrazione sociale. In quest’ottica, si
indicava l’opportunità che ciascuna dimensione provinciale annoverasse almeno
un centro interculturale al fine di realizzare una rete omogenea di esperienze
sull’insieme del territorio regionale;
⇒ avvio e implementazione di azioni contro la discriminazione, così come previsto
dall’art.9 della L.R. 5/04;
⇒ interventi nell’ambito di percorsi di accoglienza e integrazione rivolti ai minori
stranieri non accompagnati, finalizzati a consolidare un governo provinciale del
fenomeno in raccordo con il tavolo provinciale per l’accoglienza minori.
L’analisi delle progettazioni previste all’interno dei 9 Piani Territoriali provinciali per
l’integrazione sociale, ci consente di affermare come vi sia stata una sostanziale
aderenza alle indicazioni tematiche regionali.
Tale coerenza programmatoria ha evitato sovrapposizioni di contenuto tra la
programmazione provinciale e quella “zonale”. I progetti previsti nei Piani Territoriali
sono risultati essere n.33, dei quali 9 risultano nuovi, e 22 in continuità ad interventi
realizzati negli anni scorsi (in particolare le attività di osservazione del fenomeno
migratorio).
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Dall’analisi degli interventi finanziati emerge che quasi il 70% delle risorse si è
concentrato su tre aree tematiche:
1. la realizzazione di iniziative di comunicazione interculturale a valenza
provinciale, che conferma la consapevolezza da parte delle Amministrazioni
provinciali della centralità del tema “comunicativo” per una efficace politica di
integrazione sociale dei cittadini stranieri;
2. il sostegno al consolidamento degli Osservatori Provinciali sull’immigrazione, a
conferma della consapevolezza che gli Enti Locali hanno rispetto alla necessità
strategica di mantener una costante funzione di osservazione del fenomeno
migratorio. Si tratta di una funzione che vede in stretto raccordo l’attività
dell’Osservatorio regionale sul fenomeno migratorio (previsto dalla L.R.
5/2004) con gli studi svolti dagli Osservatori Provinciali sull’immigrazione e
che esprime su questo terreno una specificità nazionale, essendo la Regione
Emilia-Romagna l’unico territorio che vede attivo in tutte le province uno
specifico Osservatorio provinciale sul fenomeno migratorio;
3. il sostegno all’associazionismo ed a percorsi di partecipazione e rappresentanza
politica a livello locale (Consulte, consiglieri aggiunti, ecc).
Il DPEF 2007-2010 mira al consolidamento delle attività dell’Osservatorio Regionale
sul fenomeno migratorio in raccordo con gli Osservatori delle Province e i Consigli
Territoriali per l’immigrazione. In particolare, qui si insiste sulla necessità di favorire
l’apprendimento della lingua italiana in ambito scolastico; i centri di informazione per
gli stranieri; la mediazione interculturale; l’alfabetizzazione e l’apprendimento della
lingua italiana per adulti; il consolidamento delle reti tematiche (richiedenti asilo, centri
interculturali, comunicazione interculturale); la lotta alla tratta attraverso il progetto
“Oltre la Strada”; il monitoraggio del Programma Triennale 2006-2008; la
valorizzazione della figura del mediatore interculturale; la consulta regionale mista per
l’integrazione sociale degli immigrati.
Gli indirizzi per il sistema formativo integrato dell’istruzione, della formazione
professionale, orientamento, e delle politiche del lavoro del 2007-2010 sono volti a
favorire l’interculturalità, sia a livello di sistema, innovando la rete delle organizzazioni
pubbliche e private attraverso un costante adeguamento culturale e professionale degli
operatori, sia a livello di filiera di intervento, agendo sui versanti dell’integrazione
educativa, formativa e sociale, nonché della valorizzazione professionale e
occupazionale degli immigrati.
Gli ultimi bandi, e in particolare le misure B1, azione 3, 4 e 6 perseguivano l’obiettivo
di sviluppare interventi integrati (formazione, inserimento lavorativo e aiuti alla
persona) per l’inserimento sociale di persone in situazione di estrema povertà e per la
popolazione nomade; di implementare e consolidare il sistema integrato di servizi e di
azioni a supporto dell’inserimento lavorativo di persone immigrate e la sperimentazione
di servizi di facilitazione dell’incontro fra domanda e offerta nel lavoro stagionale.
La Regione ribadisce il proprio impegno di previsione del fabbisogno di manodopera
straniera annuale ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. 286/98 e dell’art. 3 della L.R. 5/2004 ed
in questo senso conferma la scelta di confronto preventivo con le parti sociali e gli enti
locali, finalizzata all’obiettivo strategico di una gestione attiva dei flussi migratori
rivolta a definire il fabbisogno quali-quantitativo e ad attrarre dall’esterno le
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competenze non presenti sul territorio, nonché la collaborazione ed il confronto con le
strutture periferiche del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali in materia di
ripartizione provinciale delle quote.
I Centri per l’Impiego dell’Emilia Romagna si sono contraddistinti per l’offerta dei
servizi tradizionali di politica attiva del lavoro (informazione e accoglienza,
orientamento, accompagnamento all’inserimento lavorativo, preselezione ed incontro
tra domanda e offerta) organizzati per l’insieme degli utenti piuttosto che in una
organizzazione dei servizi per target specifici (donne, stranieri, over 45, ecc.). Questa
scelta operata dalle Province ha consentito, dunque, l’esprimersi di un’offerta di servizi
che fosse adattabile alla estrema eterogeneità dell’utenza e, al tempo stesso, sono stati
affiancati da supporti specifici. Nel caso degli utenti stranieri, a parte i servizi di
informazione, che hanno anche il compito di mettere in relazione l’utente con la rete
complessiva di servizi (sociali, sanitari, educativi, previdenziali, formativi, ecc.), si sono
sviluppate, in particolare in alcune Province, azioni di supporto ai servizi che facilitano
l’erogazione degli stessi ai cittadini stranieri (mediatori linguistici e culturali).
E’ dunque necessario attrezzare i Centri per l’Impiego e tutto il sistema dei servizi per il
lavoro per offrire supporti specifici ai cittadini migranti, in particolare i supporti di
mediazione linguistica e culturale. Un’attenzione particolare sul versante dei servizi di
consulenza e di informazione al lavoratore, nonché su quello di incontro
domanda/offerta, va anche posto sulla categoria delle assistenti familiari, in buona parte
cittadine straniere, sviluppando quanto previsto da protocollo d’accordo tra Regione e
Organizzazione Sindacali in tale materia dell’aprile del 2003, auspicando la
condivisione del protocollo dei soggetti del terzo settore. Su questo tema è necessario
attivare, con i servizi del collocamento e con la collaborazione operativa del terzo
settore, luoghi di incrocio tra domanda e offerta e servizi di assistenza per le famiglie
che necessitano di questo tipo di supporto.
Per gli assistenti familiari, occorre promuovere e sviluppare quanto già elaborato nel
“Progetto integrato per l’emersione e la qualificazione del lavoro di assistenza ad
anziani e disabili svolto da assistenti familiari”, sottoscritto il 28 aprile del 2003 dalla
Regione Emilia-Romagna e dalle organizzazioni sindacali ed in particolare sul versante
delle politiche di integrazione sociale occorre sviluppare ancora:
- sostegno della domanda e dell’offerta di cura regolare;
- informazione e sostegno, garantendo un omogeneo sviluppo di una rete di punti
di informazione per le famiglie e per le assistenti familiari;
- formazione, qualificazione e aggiornamento delle assistenti familiari.
Nel quadro degli interventi da rivolgere alle famiglie straniere occorre tenere presente
una serie di azioni di sostegno e di accompagnamento per fronteggiare le possibili sfide
dovute all’inserimento delle famiglie nel nuovo contesto sociale: soprattutto è
indispensabile prevedere azioni di consulenza e sostegno relazionale per affrontare i
compiti genitoriali e la complessità educativa. Molto importante, ai fini di un sostegno
concreto alle famiglie, appare l’attivazione di interventi di accoglienza per le donne e i
minori. Molto spesso è infatti la figura femminile che rende più visibili i bisogni della
famiglia immigrata, che esprime difficoltà a mantenere una referenza educativa verso i
figli all’interno del nucleo familiare (figli che attraverso il sistema scolastico hanno
maggiori opportunità di comprensione del contesto, di alfabetizzazione alla lingua
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italiana e di costruzione di dinamiche relazionali tra pari che trascendono la provenienza
d’origine), e che vive situazioni di esclusione sociale rispetto all’effettivo accesso al
sistema dei servizi ed alle opportunità di inserimento sociale e lavorativo in un dato
territorio.
Rientrano quindi nella rete dei servizi attenti anche ai bisogni delle famiglie immigrate i
consultori familiari e i centri per le famiglie. La rete dei consultori a tutt’oggi conta di
220 sedi, uniformemente distribuite in ambito distrettuale e privilegia percorsi
qualificanti effettuati in via sperimentale in alcune Aziende Usl e in via di diffusione in
tutta la regione relativamente:
- l’integrazione dei servizi sanitari e sociali rivolti agli adolescenti;
- il percorso nascita, con particolare attenzione all’integrazione sociosanitaria
nelle gravidanze multiproblematiche, ma anche all’appropriatezza degli
interventi diagnostico-terapeutici soprattutto nelle gravidanze e nei parti
fisiologici;
- la prevenzione dell’abbandono e della depressione post partum;
- progetti di integrazione ospedale-territorio nel sostegno all’allattamento al seno;
- un programma di assistenza alla coppia sterile;
- la qualificazione dell’assistenza alla popolazione immigrata che, partendo
dall’esperienza degli Spazi donne immigrate e dei loro bambini, ha portato alla
diffusione della formazione all’assistenza multiculturale dei professionisti dei
Consultori e anche degli altri servizi territoriali ed ospedalieri.
Per promuovere una maggiore conciliazione tra la scelta procreativa, i tempi di lavoro e
i tempi di cura nei confronti dei figli – e quindi per fornire un concreto aiuto alla
genitorialità – la Regione ha promosso la realizzazione dei Centri per le Famiglie, intesi
come vere e proprie agenzie comunali al fine di supportare le esigenze delle famiglie
con figli e delle giovani coppie.
Risulta fondamentale l’avvio e il consolidamento della figura di sistema, prevista dalla
delibera del Consiglio regionale 615/04, operante in ogni zona per realizzare
un’integrazione tra tutta la progettazione esistente rivolta all’infanzia e all’adolescenza
nei diversi ambiti (sociale, educativo, scolastico, sanitario). La delibera promuove
questa nuova figura professionale, denominata “figura di sistema” che ha il compito di
sostenere a livello distrettuale il coordinamento e l’integrazione delle azioni e degli
interventi che a carattere e con ambiti diversi, in particolare: scolastico, sociale,
sanitario, interessano il benessere e la promozione dell’infanzia e dell’adolescenza.
Per quanto riguarda la scuola, i principi di uguaglianza di accesso al sapere, di
integrazione ed inclusione sociale promossi dalla legge regionale n.12/2003 pongono i
cittadini stranieri in una condizione di parità, rispetto ai cittadini italiani, nella
partecipazione alle attività di istruzione e formazione. Le attività sono garantite ai
cittadini stranieri adulti residenti in Italia o aventi regolare permesso di soggiorno,
nonché ai rifugiati politici e richiedenti asilo. Nel caso dei minori stranieri, il diritto
all’istruzione e alla formazione viene ovviamente garantito indipendentemente dalla
regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno. Gli interventi realizzati
nell’ambito del diritto allo studio (L.R: n. 26/2001) durante il triennio 2001/2004 hanno
contribuito sostanzialmente a mantenere alto il tasso di scolarità degli studenti stranieri
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nella regione: il tasso di dispersione scolastica per l’a.s. 2002/2003 si attesta attorno al
10%, contro la media nazionale del 30%.
Accanto ad una crescita quantitativa, il fenomeno migratorio evidenzia una crescita di
complessità rispetto alla condizione sociale dei cittadini stranieri, ai bisogni che essi
esprimono e alle traiettorie migratorie perseguite da ciascuno di essi; anche in ragione di
un contesto normativo che storicamente si è dimostrato incapace di offrire un adeguato
accesso legale (si pensi ai successivi e costanti provvedimenti di regolarizzazione) e che
impone alla Regione e gli enti locali di mantenere un’attenzione costante anche verso
persone in condizioni di presenza non regolare, specie donne e bambini, spesso in
condizioni precarie di salute e accoglienza.
In taluni casi, la persona straniera può concentrare una serie di criticità (malnutrizione,
condizioni di vita usuranti già nei Paesi di origine, precarietà occupazionale,
inadeguatezza abitativa legata a sovraffollamento e/o carenze igienico sanitarie, assenza
di supporto familiare e sociale, difficoltà di fruizione dei servizi, ecc.) che necessitano
di risposte specifiche e integrate tra loro.
Con l’approvazione della legge regionale n.5/2004 si affronta il tema dell’immigrazione
straniera secondo un approccio universalistico, teso a garantire l’effettivo esercizio dei
diritti sociali di cittadinanza nell’ambito dei servizi pubblici esistenti, la Regione ha
inteso affermare il principio strategico che i sistemi integrati di interventi e servizi
sociali, ad ogni livello di programmazione, devono considerare le politiche rivolte ai
cittadini stranieri come programmazione ordinaria e strutturale, abbandonando un
approccio occasionale, temporaneo ed emergenziale.
Per quanto attiene alla lotta alla tratta, una nuova e importante prospettiva di lavoro si
delinea con il regolamento attuativo dell’art. 13 della Legge 228/03 (“Misure contro la
tratta delle persone”) in cui vengono individuati come destinatari degli interventi di
protezione sociale le persone vittime di tratta e di riduzione in schiavitù in senso ampio:
non solo sfruttamento sessuale ma anche lavorativo, non solo stranieri extra-comunitari
ma, potenzialmente, stranieri comunitari e di italiani. Questo consentirebbe di andare ad
operare su quelle zone di confine (ad esempio lo sfruttamento lavorativo) che fino ad
oggi, per i vincoli posti dalla Commissione interministeriale per l’attuazione dell’art. 18
del testo unico, è stato impossibile affrontare con i fondi previsti dall’art. 18 del D.Lgs
186/98 (sebbene il Decreto 286/98 – non faccia esclusivo riferimento né alle sole donne,
né all’esclusivo sfruttamento sessuale).
In materia di lavoro appare opportuna la presenza del delegato sociale nelle aziende in
particolare per percepire la difficoltà dell’immigrato al mantenimento del posto di
lavoro, e realizzare azioni di supporto immediato alla persona straniera che ha perso il
posto di lavoro per un suo veloce ricollocamento, così come ottenuto dal Protocollo
siglato il 24 maggio 2004 tra gli Assessorati regionali alle Politiche Sociali e Scuola e
Formazione e le organizzazioni sindacali regionali.
Perché si realizzi un programma di alloggi in locazione a canoni contenuti occorre che
le amministrazioni locali si impegnino nel reperimento di aree a basso costo di immobili
da recuperare, puntando innanzitutto al riuso del patrimonio pubblico dismesso o non
utilizzato. Tuttavia, data la crescente scarsità di risorse pubbliche per i settore delle
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politiche abitative, un programma di interventi mirati a sostenere il mercato dell’affitto
non può prescindere dalla disponibilità di interventi finanziari e operatori privati che si
impegnino negli interventi di edilizia sociale, assumendo il settore pubblico una
funzione più incisiva nel regolare ed indirizzare l’attività dei privati e nel sostenere
finanziariamente le “iniziative immobiliari sociali”, promosse da associazioni di
categoria, cooperative, operatori del privato sociale.
Il sistema delle agenzie per l’affitto e dei Fondi di garanzia, che conta già alcune
esperienze positive, come a Modena, Cesena, Imola, Parma, ecc., sono uno strumento di
intermediazione utile per garantire una terzietà nel rapporto tra proprietari e affittuari.
Ciò consenti di portare sul mercato dell’affitto patrimoni immobiliari privati, delle
fondazioni e degli ordini religiosi oggi inutilizzati e di garantire assistenza e sostegno
economico ai soggetti che come gli immigrati trovano difficoltà di ogni tipo nel gestire
un rapporto diretto con i proprietari degli alloggi. Rimane compito del settore pubblico
quello di regolamentare il mercato e di sostenere anche finanziariamente la costituzione
e la gestione delle agenzie. Occorre inoltre favorire l’intervento del cosiddetto terzo
settore o settore non-profit, già oggi presente in alcune iniziative, ma che potrebbe avere
un ruolo più incisivo nella gestione degli immobili, sia per la parte amministrativa che
in quella dell’erogazione dei servizi complementari di tipo sociale.
Tabella 14. Risorse destinate alle Regioni e Province Autonome per l’immigrazione (2004-2006).
risorse destinate quota spesa per straniero
Regioni 2004 2005 2006 2004-2006 2003 2004 2005
Abruzzo 24.511.709 12.697.065 18.996.574 2,5% 1156 300 410
Basilicata 12.304.381 6.373.670 9.535.895 1,2% 3541 897 1.242
Calabria 41.123.124 21.301.779 31.870.422 4,1% 2353 534 748
Campania 99.829.137 51.711.493 77.367.581 10,0% 1720 404 567
Emilia Romagna 70.538.000 36.538.684 54.666.950 7,1% 477 128 175
Friuli-Venezia Giulia 21.934.503 11.362.073 16.999.240 2,2% 447 149 204
Lazio 86.004.238 44.550.195 66.653.285 8,6% 360 114 159
Liguria 30.191.940 15.639.425 23.398.753 3,0% 854 216 297
Lombardia 141.497.120 73.295.508 109.660.268 14,1% 408 130 154
Marche 26.754.182 13.858.666 20.734.491 2,7% 568 161 218
Molise 7.976.645 4.131.902 6.181.900 0,8% 3331 928 1.268
PA Bolzano 8.236.448 4.266.480 6.383.247 0,8% 407 155 211
PA Trento 8.441.784 4.372.844 6.542.382 0,8% 472 153 207
Piemonte 71.811.604 37.198.411 55.653.993 7,2% 665 171 234
Puglia 69.769.121 36.140.405 54.071.069 7,0% 2238 652 899
Sardegna 29.604.057 15.334.902 22.943.144 3,0% 2529 835 1.150
Sicilia 91.854.385 47.580.571 71.187.148 9,2% 1848 568 789
Toscana 65.545.957 33.952.805 50.798.116 6,6% 590 152 208
Umbria 16.417.108 8.504.062 12.723.258 1,6% 549 151 205
Valle d'Aosta 2.886.130 1.495.015 2.236.750 0,3% 1006 306 419
Veneto 72.768.427 37.694.045 56.395.531 7,3% 474 131 179
TOTALI 1.000.000.000 518.000.000 775.000.000 100,0% 665 186 255
Fonte: Elaborazioni Cras Spa su dati Dossier Statistico Immigrazione.
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A questo scopo va incoraggiata l’iniziativa delle cooperative sociali, che costituiscono il
soggetto ideale per fornire l’assistenza specifica e il mix di servizi mirato per le diverse
situazioni locali, inoltre può essere rafforzata anche l’iniziativa dei consorzi di impresa.
E’ inoltre necessario che le forze economiche e produttive che assumono lavoratori
stranieri si impegnino assieme alle parti sociali e alle istituzioni locali per la
realizzazione di interventi abitativi strettamente connessi alla formazione e
all’inserimento lavorativo, come d’altronde è previsto dal protocollo di intesa del
18/12/2001 nell’ambito di una fruttuosa cooperazione tra pubblico-privato.
La tabella riportata sopra fornisce uno spaccato interessante delle risorse economiche
delle politiche “ordinarie” destinate alle Regioni e Province Autonome per
l’immigrazione.
Si nota la riduzione drastica dei finanziamenti dal 2004 al 2005. Il dimezzamento del
Fondo nazionale per le politiche sociali si è infatti verificato: nonostante ripetuti
interventi delle regioni abbiano fatto notare al Governo che l’intenzione di decurtare il
Fondo avrebbe avuto ripercussioni immediate su tutti i progetti, lo stanziamento per il
2005 è stato di 518milioni, a fronte del miliardo stanziato nel 2004.
La quota dei finanziamenti per ciascuna regione e provincia autonoma è rimasta
invariata dal 2004 al 2006, si va dal 14,1% della Lombardia al 10% della Campania, al
9,2% della Sicilia. L’Emilia Romagna riceve il 7,1% dei fondi. Trattandosi di un fondo
per le politiche sociali, che finanzia progetti che non intervengono soltanto nella sfera
dell’immigrazione, è assai complessi isolare quanto del fondo venga in realtà attribuito
a interventi per gli stranieri. E’ possibile tuttavia tentare una riflessione sul risorse
potenziali che possono essere spese per l’immigrazione. Ebbene, considerando l’anno
2005, il Molise è la regione che potrebbe spendere di più per ciascun straniero presente
sul proprio territorio, seguita dalla Basilicata e dalla Sardegna. Agli ultimi posti
troviamo la Lombardia, l’Emilia Romagna e il Veneto. Si nota comunque il salto di
spesa dal 2003 al 2005, che è diminuita mediamente di 350/400 euro pro-capite, con
punte in alcune regioni di 2000 euro (Molise e Basilicata).
4.4 Le realizzazioni del PO FSE Ob. 3 Emilia Romagna (anni 2004 – 2006) in
materia di immigrazione
Da una stagione di forte sperimentazione formativa e di grande effervescenza
normativa, si è finalmente giunti in Italia ad avere un quadro maggiormente articolato
del sistema formativo in un’ottica integrata; il Patto sociale del 1998 ha il merito di aver
messo sul tappeto tutti i nodi da sciogliere, non solo a livello di definizione normativa:
vi è l’impegno delle forze politiche e sociali a dare corpo concreto a quanto previsto in
sede legislativa, attraverso la definizione di un sistema di regole che possano governare
il sistema di istruzione e formazione in raccordo con il mondo del lavoro ed in una
prospettiva di lifelong learning. E’ infatti diffusa la consapevolezza della necessità di un
intreccio tra i diversi mondi, al fine di migliorare le condizioni di accesso dei giovani al
mercato del lavoro e la loro capacità di adattarsi al cambiamento richiesto
dall’evoluzione tecnologica.
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Le riforme in atto nei sistemi formativi vanno nel senso della costruzione di un sistema
formativo integrato fra istruzione, università e formazione, che sia in grado di dialogare
con il mondo del lavoro. Nel decreto 112/98 viene evidenziato il ruolo strategico del
livello regionale, come nodo centrale della programmazione dell’offerta, sia scolastica
che di formazione professionale, rendendo possibile la predisposizione di piani operativi
a livello territoriale, con una maggiore attenzione alla flessibilità dell’offerta e alla sua
correlazione con il contesto economico e professionale locale.
L’integrazione tra i sistemi formativi obbliga tutti i suoi protagonisti a rivedere
continuamente i confini di ciò che si riconosce come modello funzionale proprio,
rispetto ad un sistema di relazioni in continua evoluzione, e comporta una costante
manutenzione e verifica del proprio operare. L’integrazione non è solo un obiettivo
strategico, ma rappresenta lo strumento che consente di mutare profondamente il
sistema nella logica della rete: con nodi autonomi, ma collegati tra loro (gli istituti
scolastici, le università, le agenzie formative, le aziende, ecc.), comunicanti e
interdipendenti in una sequenza processuale complessa (con apporti differenziati
rispetto alle diverse fasi del percorso formativo dell’individuo), con punti di
connessione interfunzionali (le strutture territoriali dei servizi di orientamento e per
l’impiego, ad esempio).
Per raggiungere questo obiettivo è necessario preliminarmente:
⇒ riorganizzare i livelli di governo del sistema per funzioni e non per competenze,
creando dove necessario organismi e figure di sistema, con precise
responsabilità e compiti, formalmente riconosciuti;
⇒ ridefinire il quadro finanziario, finora caratterizzato da disomogeneità sul
territorio nazionale, e prevedere un impegno certo e programmato da parte di
tutti i soggetti competenti; l’integrazione deve diventare un obiettivo
“strutturale” e quindi trovare uno spazio significativo nella prossima stagione
dei fondi comunitari, oltre che nazionali;
⇒ adottare una strategia per obiettivi che consenta di superare la dimensione
sperimentale, prevedendo anche meccanismi di incentivazione in relazione al
rispetto degli standard definiti;
⇒ mettere a punto sistemi condivisi di certificazione, riconoscimento dei crediti,
valutazione;
⇒ garantire omogeneità e qualità degli interventi, senza ostacolare una
progettazione fondata sull’analisi dei fabbisogni territoriali ed individuali.
Come stabilito dal QCS Obiettivo 3 2000-2006, la strategia di intervento del FSE si è
articolata nel contesto regionale secondo alcuni obiettivi globali tra i quali rientrava lo
sviluppo di un’offerta di istruzione, formazione professionale e orientamento che
consenta lo sviluppo di percorsi di apprendimento per tutto l’arco della vita favorendo
anche l'adeguamento e l’integrazione tra i sistemi della formazione, istruzione e lavoro.
Le aree di intervento previste dal PO FSE 2000-2006 Ob3 Emilia Romagna hanno
cercato di rispondere all’obiettivo di facilitare l’integrazione dei sistemi attraverso
diverse azioni mirate.
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La costruzione di funzioni tese a qualificare il sistema dell’offerta e a sostenere
l’innovazione e l’evoluzione dei modelli di intervento delle politiche attive del lavoro, a
garantire condizioni di effettiva integrazione delle politiche dell’istruzione e della
formazione, a ridurre il divario quantitativo e qualitativo tra domanda e offerta di
lavoro. La strategicità di queste funzioni (definite come “funzioni di sistema”) è anche
data dal ruolo propedeutico che queste assumono nei confronti delle più importanti
finalità e dispositivi di intervento proposti nel quadro della nuova programmazione. In
particolare, un sistema di certificazione dei percorsi e di crediti è necessario per
assicurare e valorizzare il passaggio e l’alternanza tra scuola, formazione e lavoro;
l’accreditamento e la certificazione degli organismi formativi è la condizione di
partenza per la costruzione di un sistema di crediti e di certificazione delle competenze e
per l’erogazione delle attività secondo standard minimi di qualità; l’analisi dei
fabbisogni formativi costituisce il presupposto principale per raccordare gli interventi
alla domanda formativa dei sistemi produttivi locali ma anche dei singoli individui; una
standardizzazione dei profili professionali e la trasparenza delle qualifiche sono requisiti
del sistema indispensabili per la certificazione dei percorsi e sostenere processi di
mobilità occupazionale e professionale.
La prevenzione della dispersione scolastica e formativa, al fine di assicurare a tutti i
giovani il completamento della propria professionalizzazione - sia nell’ambito
dell’obbligo scolastico e formativo che nei percorsi di formazione superiore -
intervenendo nel caso specifico sulle cause che possono indurre fenomeni più radicati di
esclusione sociale e lavorativa. Gli interventi concorrono quindi ad elevare la qualità
complessiva del sistema scolastico e formativo – migliorandone gli esiti – in particolare
sostenendo i nuovi dispositivi formativi e i processi di integrazione tra scuola,
formazione e lavoro.
L’innovazione del sistema della formazione superiore, al fine di innalzare il livello di
istruzione della popolazione giovane e adulta e di connettere più coerentemente
domanda e offerta di formazione e di lavoro. Le carenze del sistema della formazione
post-secondaria che hanno spinto - a partire dal 1998-99 - ad istituire il nuovo sistema
della Formazione Superiore Integrata ed in particolare quello dell'IFTS.
L’esigenza di costruire e sviluppare un sistema di formazione permanente che assicuri
un supporto formativo ai soggetti lungo tutto l’arco della vita, in considerazione delle
necessità che stanno progressivamente caratterizzando la popolazione in età lavorativa,
le forze di lavoro e la popolazione in generale. Ciò sia in conseguenza del fatto che la
formazione è riconosciuta come un fattore aggiunto della produzione, sia per il suo
essere fattore essenziale della qualità della vita e dei diritti di cittadinanza. L’esigenza di
dare fondate risposte a tale domanda è stata sottolineata, a livello nazionale, sia dal
Patto sociale per lo sviluppo e l’occupazione sottoscritto dal Governo alla fine del 1998,
sia dagli indirizzi in corso di approvazione in sede di Conferenza Unificata Stato-
Regioni, sia, a livello regionale, dalla decisione di avviare la sperimentazione di un
nuovo sistema regionale integrato di educazione degli adulti a partire dall’anno 1999-
2000, come già previsto nel Piano di indirizzo per il diritto allo studio 1999-2000. Con
tale decisione si intende avviare la costruzione di un sistema integrato di educazione
degli adulti costituito dall’insieme delle opportunità educative formali (istruzione e
formazione professionale certificata) e non formali (cultura, educazione sanitaria,
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sociale, formazione nella vita associativa, educazione fisico-motoria) rivolte ai cittadini
in età adulta, se possibile certificabili, ed aventi per obiettivo la formazione di
competenze personali di base nei diversi campi e di competenze di base trasferibili.
Il PO FSE 2000-2006 Ob. 3 Emilia Romagna ha incorporato gli obiettivi propri del
QCS così come gli ambiti individuati dal PON Azioni di Sistema Ob. 3 in materia di
integrazione delle politiche e dei servizi rivolti a una pluralità di attori. Tra questi
rientrano senza dubbio anche i soggiornanti stranieri che sono stati destinatari di diversi
interventi tra il 2005 e il 2006, come indicato nella tabella che segue.
Tabella 15. Ambiti di policy e numero dei progetti PO FSE rivolti ai soggiornanti stranieri della
regione Emilia Romagna. Anni 2004-2006.
Policy immigrazione 2004 2005 2006 Totale complessivo
assistenza famigliare 20 12 14 46
cittadinanza 1 1 2 4
formazione continua 13 3 5 21
formazione permanente 14 10 22 46
formazione superiore 2 1 3
imprenditorialità 3 2 2 7
integrazione sociale 8 4 3 15
mediazione interculturale 6 3 12 21
richiedenti asilo 2 1 3
scuola 3 2 13 18
accompagnamento 8 6 34 48
azioni formative di base 13 10 22 45
occupazione femminile 16 12 17 45
nuove competenze 55 34 56 145
Totale complessivo 164 100 203 467
Fonte: Elaborazioni Cras Spa su database regionale FSE.
Gli ambiti toccati dal PO per gli immigrati sono almeno 14 suddivisi in alcune macrocategorie
così ripartite: (a) donne (accoglienza famigliare e occupazione femminile); (b)
inclusione sociale (richiedenti asilo, cittadinanza, integrazione sociale, mediazione
interculturale); (c) formazione (continua, permanente, superiore, scuola, formazione di
base); (d) mercato del lavoro (imprenditorialità, accompagnamento, nuove competenze),
per un totale di 467 progetti selezionati. Gli ambiti toccati più spesso riguardano le
politiche del lavoro (nuove competenze), l’occupazione femminile e la formazione
permanente. Al contrario, gli interventi per i richiedenti asilo, le attività di formazione
superiore e i progetti volti a rafforzare la cittadinanza attiva dei beneficiari sono stati
toccati meno spesso.
Come mostrano le tabelle 16 e 17, il contributo totale e pubblico versato per il
finanziamento dei progetti è stato destinato in gran parte a iniziative volte alla
formazione di nuove competenze immediatamente spendibili sul mercato del lavoro, ad
azioni di accompagnamento, e a iniziative per la creazione di impresa. Considerando il
contributo totale versato, per ciascun progetto selezionato è sono stati spesi in media
quasi 63mila euro. Risultano tuttavia assai più onerosi i progetti volti alla creazione di
impresa (oltre 547mila euro a progetto) e i progetti per la scuola (più di 135mila euro)
di accompagnamento al lavoro (quasi 75mila euro).
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Tabella 16. Contributo pubblico versato per tipologia di policy ai progetti rivolti ai soggiornanti
stranieri della Regione Emilia Romagna. Anni 2004-2006.
Policy immigrazione 2004 2005 2006 Totale complessivo
accompagnamento 780.964 78.800 2.722.533 3.582.297
assistenza famigliare 1.301.518 324.489 522.053 2.148.059
azioni formative di base 484.545 333.674 873.547 1.691.766
cittadinanza 8.507 30.900 73.475 112.882
formazione continua 497.920 66.410 147.361 711.691
formazione permanente 583.548 220.950 773.092 1.577.590
formazione superiore 119.900 23.400 143.300
imprenditorialità 3.706.133 48.800 25.904 3.780.837
integrazione sociale 388.281 152.052 171.189 711.522
mediazione interculturale 205.227 59.231 405.052 669.509
nuove competenze 2.907.303 1.898.063 3.546.198 8.351.564
occupazione femminile 1.324.065 592.122 1.064.426 2.980.613
richiedenti asilo 36.156 38.400 74.556
scuola 435.271 960.000 1.029.816 2.425.087
Totale complessivo 12.779.338 4.788.890 11.393.046 28.961.275
Fonte: Elaborazioni Cras Spa su database regionale FSE.
Tabella 17. Contributo totale versato per tipologia di policy ai progetti rivolti ai soggiornanti
stranieri della Regione Emilia Romagna. Anni 2004-2006.
Policy immigrazione 2004 2005 2006 Totale complessivo
accompagnamento 780.964 78.800 2.725.033 3.584.797
assistenza famigliare 1.334.675 340.796 545.583 2.221.053
azioni formative di base 491.335 333.674 878.347 1.703.356
cittadinanza 9.118 30.900 73.475 113.493
formazione continua 516.078 89.933 168.219 774.230
formazione permanente 584.018 224.218 773.522 1.581.758
formazione superiore 119.900 23.400 143.300
imprenditorialità 3.752.733 50.000 28.880 3.831.613
integrazione sociale 402.546 168.380 171.189 742.115
mediazione interculturale 208.244 59.231 421.518 688.992
nuove competenze 2.961.862 1.902.063 3.557.082 8.421.007
occupazione femminile 1.324.065 592.568 1.066.907 2.983.540
richiedenti asilo 36.990 38.400 75.390
scuola 435.271 960.000 1.037.816 2.433.087
Totale complessivo 12.957.799 4.853.962 11.485.971 29.297.732
Fonte: Elaborazioni Cras Spa su database regionale FSE.
Più parchi risultano i progetti per i richiedenti asilo (poco più di 25mila euro) e per il
rafforzamento della cittadinanza attiva (oltre 28mila euro). I progetti di formazione
(continua, superiore e permanente) mostrano una dotazione finanziaria inferiore alla
mediana del totale progetti; al contrario, si è speso più cospicuamente per i progetti
formativi mirati alla creazione di nuove competenze, maggiormente rivolti
all’inserimento lavorativo.
La tabella 18 riporta gli assi e le misure di appartenenza dei progetti secondo i diversi
ambiti individuati.
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Tabella 18. Ambiti di policy e misure dei progetti PO FSE rivolti ai soggiornanti stranieri della
regione Emilia Romagna. Anni 2004-2006
Policy immigrazione A1 A2 B1 C1 C2 C3 C4 D1 D2 D3 E1 Totale complessivo
accompagnamento 5 36 1 3 3 48
assistenza famigliare 19 1 1 25 46
azioni formative di base 8 24 8 2 3 45
cittadinanza 1 3 4
formazione continua 1 3 1 3 11 2 21
formazione permanente 1 43 2 46
formazione superiore 3 3
imprenditorialità 2 5 7
integrazione sociale 1 8 1 5 15
mediazione interculturale 2 1 6 2 5 3 1 1 21
nuove competenze 47 86 1 1 1 9 145
occupazione femminile 20 1 24 45
richiedenti asilo 1 2 3
scuola 8 1 9 18
Totale complessivo 2 72 209 2 12 5 65 16 4 8 72 467
Fonte: Elaborazioni Cras Spa su database regionale FSE.
Le misure che comprendono il maggior numero di progetti sono la B1 (inserimento
lavorativo e reinserimento di gruppi svantaggiati), l’A2 (inserimento e reinserimento nel
mercato del lavoro di giovani e adulti nella logica dell’approccio preventivo), l’E1
(sostegno della partecipazione femminile al mercato del lavoro) e la C4 (formazione
permanente).
Tabella 19. Ambiti di policy e province dei progetti PO FSE rivolti ai soggiornanti stranieri della
regione Emilia Romagna. Anni 2005-2006
Policy immigrazione BO FE FC MO PR PC RA RE RN RER Totale complessivo
accompagnamento 2 4 4 1 4 1 1 2 29 48
assistenza famigliare 9 6 4 8 9 2 8 46
azioni formative di base 1 1 5 5 14 1 1 5 12 45
cittadinanza 1 2 1 4
formazione continua 5 1 1 1 3 5 5 21
formazione permanente 4 4 12 4 1 1 6 1 13 46
formazione superiore 1 2 3
imprenditorialità 2 1 1 1 1 1 7
integrazione sociale 1 5 2 1 1 2 2 1 15
mediazione interculturale 1 2 1 1 4 1 9 1 1 21
nuove competenze 30 3 9 18 13 18 17 9 8 20 145
occupazione femminile 16 3 2 1 23 45
richiedenti asilo 2 1 3
scuola 4 5 2 7 18
Totale complessivo 79 31 41 37 43 35 27 41 20 113 467
Fonte: Elaborazioni Cras Spa su database regionale FSE.
Le altre misure compaiono meno spesso, in particolar modo la C1 (adeguamento del
sistema della formazione professionale e del sistema dell’istruzione), l’A1
(organizzazione dei nuovi servizi per l’impiego), la D2 (adeguamento delle competenze
della pubblica amministrazione) e C3 (formazione superiore).
231

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Prevalgono dunque gli interventi volti a creare nuova occupazione (misure A2 e B1)
sulle altre attività (C e D). Il peso dei progetti per le donne è comunque molto rilevante
se si considera la dotazione finanziaria complessiva degli assi. Il problema
dell’integrazione sociolavorativa delle donne immigrate è stato colto bene nella
precedente programmazione. Si è dato ampio spazio alle esigenze di inserimento
lavorativo immediato della popolazione immigrata e meno all’aggiornamento delle
competenze attraverso iniziative di formazione superiore e permanente.
Come mostra la tabella sopra, i progetti individuati ricadono in tutte le province della
regione, con una netta prevalenza dei progetti considerati regionali e dei progetti della
Provincia di Bologna, e a distanza delle province di Forlì-Cesena e Parma. Le province
di Rimini e di Ravenna sono quelle che hanno finanziato un minor numero di progetti
sul tema negli anni 2004 - 2006.
Le province che presentano un’incidenza maggiore della popolazione straniera sul totale
della popolazione residente non hanno finanziato un numero molto elevato di progetti
sul tema: Reggio Emilia ne ha approvati soltanto 21, Modena 27 e Piacenza solo 23.
Il POR FSE negli ultimi 3 anni di implementazione ha comunque individuato e fornito
le risposte ai fabbisogni più urgenti degli stranieri residenti: il problema occupazionale.
E’ stato affrontato, nella maggior parte dei casi, attraverso una forte integrazione tra
attività formative per l’apprendimento di competenze immediatamente spendibili e un
partenariato innovativo tra soggetti diversi: terzo settore, istituzioni, centri per l’impiego
e immigrati senza mai trascurare i fabbisogni specifici delle donne che sono state
raggiunte da interventi ad hoc (lotta alla tratta, assistenza familiare, sostegno ai minori,
ecc.).
L’analisi valutativa inerente al tema dell’immigrazione è stata scomposta nelle
articolazioni o aree di policy che intercettavano meglio le variabili studiate dal gruppo
di lavoro. L’immigrazione è stata pertanto trattata convogliando da un lato i temi legati
alla formazione dall’altro ai temi legati all’inserimento lavorativo e ai processi di
integrazione.
Nel periodo 2004-2006, su un totale di 10847 progetti, almeno 467 possono essere
ricondotti al tema dell’immigrazione; di questi il gruppo di lavoro ha ricevuto
informazioni e dati utili (età, sesso, titolo di studio, cittadinanza, condizione
occupazionale e tipologia di svantaggio) in merito a 312 progetti.
Tabella 20. Destinatari dei progetti per classi di età.
Tipologia di policy 15-19 20-24 25-29 30-34 35-44 45-49 50+

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interculturale
nuove competenze 367 293 434 448 594 105 110 67 2419
occupazione femminile 45 103 145 143 157 35 19 0 647
richiedenti asilo 0 7 8 3 5 0 0 2 25
scuola 182 0 2 6 2 0 3 106 302
formazione superiore 2 3 14 5 3 1 2 0 30
totale complessivo 803 872 1375 1403 2009 507 509 185 7667
Fonte: Elaborazioni Cras su dati FSE Emilia Romagna
I destinatari raggiunti complessivamente nel periodo 2004-2006 sono 7667. La classe di
età maggiormente rappresentata è quella che va dai 35 ai 44 anni, seguita dalla classe
30-34 anni e dalla classe 25-29 anni. Le attività in cui sono stati coinvolti i destinatari
spaziano dalla formazione per l’apprendimento di nuove competenze, alle attività di
formazione permanente, formazione nell’ambito dell’assistenza famigliare e interventi
per favorire l’occupazione femminile, come mostra la tabella sopra.
Tabella 21. Destinatari dei progetti per classi di età. Quote femminili.
Tipologia di policy 15-19 20-24 25-29 30-34 35-44 45-49 50+

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non è determinato dal numero complessivamente più elevato (53% contro il 47%) della
popolazione femminile sul totale.
Tabella 22. Destinatari dei progetti per titolo di studio conseguito.
Tipologia di policy basso medio alto totale
accompagnamento 322 102 36 460
assistenza famigliare 561 237 98 896
azioni formative di base 338 151 66 555
cittadinanza 50 36 16 102
formazione continua 98 96 58 252
formazione permanente 673 345 142 1160
imprenditorialità 16 35 14 65
integrazione sociale 147 49 22 218
mediazione interculturale 46 165 193 404
nuove competenze 1665 515 153 2333
occupazione femminile 479 106 41 626
richiedenti asilo 20 4 1 25
scuola 289 6 6 301
formazione superiore 1 13 16 30
totale complessivo 4705 1860 862 7427
Fonte: Elaborazioni Cras su dati FSE Emilia Romagna
Le percentuali tornano comparabili soltanto nei percorsi di accompagnamento e nella
formazione per l’apprendimento di nuove competenze, laddove i destinatari dei progetti
maschi possiedono titoli più elevati.
Tabella 23. Destinatari dei progetti per titolo di studio conseguito. Percentuale femminile.
Tipologia di policy basso medio alto totale
accompagnamento 51 52 50 51
assistenza famigliare 97 98 98 97
azioni formative di base 45 72 82 45
cittadinanza 68 56 75 68
formazione continua 68 65 71 68
formazione permanente 54 63 71 54
imprenditorialità 75 40 71 75
integrazione sociale 98 100 100 98
mediazione interculturale 61 70 77 61
nuove competenze 24 44 45 24
occupazione femminile 100 99 100 100
richiedenti asilo 35 0 0 35
scuola 29 100 100 29
formazione superiore 0 69 81 0
totale complessivo 53 66 73 53
Fonte: Elaborazioni Cras su dati FSE Emilia Romagna
La tabella sotto indica la provenienza dei partecipanti ai progetti FSE selezionati nel
triennio considerato.
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La maggior parte riguarda cittadini immigrati residenti in Italia, seguono i cittadini
appartenente all’area del Mediterraneo e dell’Africa, poi i cittadini europei non
appartenenti all’UE. In numero irrisorio si contano coloro che provengono dall’Oceania
e dagli altri paesi dell’Unione Europea. Un po’ più alto è il numero di stranieri che
provengono dal continente americano o asiatico.
Le quote femminili sono in molti casi consistenti. Superano il 90% per gli stranieri
provenienti dagli altri paesi dell’Unione Europea e l’80% per i paesi europei che non
fanno parte dell’UE.
Superiori al 70% del totale, sono le donne straniere che provengono dal continente
americano e dall’Oceania, mentre scendono di poco sotto il 50% le donne provenienti
dal continente africano e asiatico.
Tabella 24. Provenienza dei destinatari dei progetti selezionati.
Tipologia di policy Africa Asia Altri UE America Italia Oceania
Europei
non UE
non UE
del Mediter. TOT
accompagnamento 186 57 1 22 17 0 86 100 469
assistenza famigliare 170 49 3 139 86 0 344 117 908
azioni formative di base 111 48 2 55 33 3 116 207 575
cittadinanza 14 17 0 12 6 0 32 27 108
formazione continua 20 16 1 4 148 0 57 20 266
formazione permanente 194 101 8 47 377 1 207 274 1209
imprenditorialità 16 9 0 7 10 0 8 20 70
integrazione sociale 44 22 2 9 40 0 33 80 230
mediazione interculturale 12 24 5 15 236 0 63 54 409
nuove competenze 656 185 5 131 613 0 259 570 2419
occupazione femminile 160 50 2 34 117 0 147 137 647
richiedenti asilo 20 1 0 0 0 0 4 0 25
scuola 40 20 0 3 170 0 28 41 302
formazione superiore 1 0 0 0 29 0 0 0 30
totale complessivo 1644 599 29 478 1882 4 1384 1647 7667
Fonte: Elaborazioni Cras su dati FSE Emilia Romagna
La condizione occupazionale degli stranieri che hanno partecipato a un progetto FSE
della regione riguarda generalmente coloro che sono in cerca di occupazione.
Tabella 25. Provenienza dei destinatari dei progetti selezionati. Percentuale femminile.
Tipologia di policy Africa Asia
Altri
UE America Italia Oceania
Europei
non UE
non UE
del Mediter. TOT
accompagnamento 34 49 100 77 82 0 87 46 52
assistenza famigliare 98 88 100 97 98 0 100 95 97
azioni formative di base 55 75 100 78 94 67 84 28 57
cittadinanza 43 71 0 75 67 0 81 44 64
formazione continua 55 25 100 100 65 0 91 60 68
formazione permanente 42 49 88 79 60 100 78 57 60
imprenditorialità 19 44 0 57 40 0 88 85 56
integrazione sociale 95 100 100 100 100 0 100 99 99
mediazione interculturale 67 67 80 87 68 0 89 70 72
nuove competenze 22 11 100 50 50 0 56 9 30
occupazione femminile 100 100 100 100 99 0 100 99 100
235

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richiedenti asilo 30 0 0 0 0 0 25 0 28
scuola 38 0 0 33 44 0 11 7 32
formazione superiore 100 0 0 0 72 0 0 0 73
totale complessivo 47 48 93 78 62 75 83 43 59
Fonte: Elaborazioni Cras su dati FSE Emilia Romagna
Quasi il 30% era in cerca di prima occupazione da meno e da più di un anno; il 32% era
in cerca di nuova occupazione (soprattutto da meno di un anno); la restante parte è
formata da persone occupate, studenti e lavoratori atipici. Il numero di stranieri esposti a
disoccupazione di lunga durata appare contenuto.
Tabella 26. Destinatari dei progetti per condizione occupazionale.
Tipologia di policy <
1 anno
Cerca 1° occup. Cerca nuova occupazione Figure professionali
>
1 anno
<
1 anno
da 1 a
2 anni
>
2 anni subor. atipico
lib.
prof. imprend. stud. altri TOT
accompagnamento 128 48 183 17 19 20 0 1 0 4 3 423
assistenza
famigliare 119 71 224 27 47 404 9 3 0 2 8 914
azioni formative
di base 141 41 163 18 31 149 1 4 0 7 19 574
cittadinanza 20 6 18 3 2 52 0 2 0 3 3 109
formazione
continua 28 2 16 1 6 180 15 4 1 4 10 267
Formazione
permanente 142 69 140 15 33 544 17 26 19 54 134 1193
imprenditorialità 12 4 18 1 2 22 2 0 3 2 4 70
integrazione
sociale 70 54 25 9 23 11 1 1 0 2 35 231
mediazione
interculturale 20 12 74 6 12 170 53 11 6 6 17 387
nuove competenze 727 93 883 41 100 278 10 33 47 111 57 2380
Occupazione
femminile 141 102 144 32 48 37 3 2 0 9 17 535
richiedenti
asilo 22 1 0 1 0 0 0 0 0 2 0 26
scuola 39 1 0 1 0 13 0 0 0 239 1 294
formazione
superiore 3 3 8 3 4 5 0 2 0 3 0 31
totale 1612 507 1896 175 327 1885 111 89 76 448 308 7434
Fonte: Elaborazioni Cras su dati FSE Emilia Romagna
La tabella che segue indica la composizione femminile dei destinatari per condizione
professionale.
Dall’analisi dei dati, emerge, purtroppo, come i destinatari in cerca di occupazione da
più tempo siamo molto spesso le donne. L’83% degli stranieri in cerca di prima
occupazione da più di un anno sono donne; quasi l’80% degli stranieri che cercano
nuova occupazione da più di un anno e da più di 2 anni sono donne e il 72% degli
atipici stranieri è formato da donne.
Questi dati portano a pensare che esista un problema piuttosto serio di inserimento
lavorativo e professionale per le donne straniere sul territorio regionale che va segnalato
e affrontato celermente.
236

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Si tratta infatti di un gruppo sociale già da solo è a rischio di esclusione sociale, se a ciò
si aggiungono le difficoltà che incontrano le donne a trovare un’occupazione stabile e
remunerativa, può sorgere il pericolo dell’esplosione, o il consolidamento, di nuove
sacche di povertà o di gravi urgenze sociali.
Tabella 27. Destinatari dei progetti per condizione occupazionale. Percentuale femminile
Tipologia di policy <
1 anno
Cerca 1° occup. Cerca nuova occupazione Figure professionali
>
1 anno
<
1 anno
da 1 a
2 anni
>
2 anni subor. atipico
lib.
prof. imprend. stud. altri TOT
accompagnamento 33 92 48 94 63 70 0 100 0 0 33 52
assistenza
famigliare 95 100 96 100 94 99 100 100 0 100 100 97
azioni formative
di base 61 71 51 61 81 44 100 50 0 100 84 57
cittadinanza 75 100 50 100 100 56 0 0 0 100 100 64
formazione
continua 82 100 88 100 50 65 67 50 0 100 50 68
Formazione
permanente 70 87 74 93 91 45 65 35 32 61 72 59
imprenditorialità 50 100 61 100 50 27 100 0 67 100 100 56
integrazione
sociale 99 100 100 100 100 91 100 100 0 100 97 99
mediazione
interculturale 95 67 85 83 75 63 70 73 83 67 71 72
nuove competenze 24 40 30 37 54 37 60 24 51 14 25 30
Occupazione
femminile 99 100 100 100 100 97 100 100 0 100 100 100
richiedenti
asilo 27 100 0 100 0 0 0 0 0 0 0 31
scuola 0 0 0 0 0 100 0 0 0 35 0 33
formazione
superiore 33 100 63 100 100 100 0 100 0 67 0 81
totale 49 83 54 79 78 61 72 43 49 37 68 58
Fonte: Elaborazioni Cras su dati FSE Emilia Romagna
237

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4.5 Conclusioni
Per ritornare alla chiave di lettura riportata nel principio (analisi del fenomeno
migratorio secondo le 3 dimensioni considerate), le politiche attuate negli ultimi anni e
gli orientamenti per il futuro, insistono, attraverso il coinvolgimento di molteplici attori
e con un’attenzione anche al genere, nel:
(a) migliorare l’accesso alle risorse della popolazione immigrata;
(b) accelerare i processi di integrazione;
(c) aumentare il benessere economico.
La tabella che segue riporta una sintesi dei contributi forniti dalle politiche regionali al
fenomeno migratorio secondo le tre categorie di analisi e illustra le interrelazioni tra
soggetti e politiche diversi.
Tabella 15. Politiche e attori coinvolti dalle dimensioni di analisi del fenomeno migratorio in Emilia
Romagna.
Tipo di relazione con
Obiettivi Politiche Assessorati regionali altri attori e il
territorio
Istruzione Scuola, Formazione
Professionale e Lavoro La minore dispersione,
Formazione Scuola, Formazione dunque la maggiore
Professionale e Lavoro integrazione, dei servizi
Università Scuola, Formazione pubblici offerti sul
Professionale e Lavoro territorio e il ruolo dei
Maggiore accesso alle
risorse
Lavoro
Pari Opportunità
Scuola, Formazione
Professionale e Lavoro
Scuola, Formazione
mediatori linguistici e
culturali e di chi è
maggiormente in grado
Professionale e Lavoro di descrivere i servizi
Salute Salute
esistenti rende l’accesso
Edilizia Pianificazione
ai servizi da parte degli
territoriale
immigrati più efficace e
Infanzia e Adolescenza Politiche sociali
tempestivo
Famiglia Politiche sociali
Associazionismo Politiche sociali
Processi di
integrazione
Terzo settore
Richiedenti asilo
Lotta alla tratta
Mediazione
interculturale
Lotta alla povertà
Dipendenze
Pari opportunità
Politiche sociali
Politiche sociali
Politiche sociali
Politiche sociali
Politiche sociali
Salute
Scuola, Formazione
Professionale e Lavoro
Il ruolo del Terzo
Settore è ritenuto
fondamentale per la
crescita e una maggiore
efficacia delle politiche
pubbliche rivolte agli
immigrati
Lavoro Scuola, Formazione I processi di
Professionale e Lavoro integrazione della
Imprenditorialità Attività produttive governance (istruzione,
Maggiore benessere Pari oppportunità Scuola, Formazione formazione,
economico
Professionale e Lavoro orientamento e lavoro)
Lotta alla povertà Politiche sociali
hanno un impatto
significativo anche sugli
immigrati
L’ampia articolazione dei fabbisogni espressi dalla popolazione immigrata e il numero
di soggetti che sono in possesso delle competenze richieste e sono legittimati a
238

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
rispondere a tali fabbisogni rendono difficoltoso ogni tentativo di descrivere, analizzare
e valutare le politiche per gli immigrati. Al momento attuale, tuttavia, il sistema di
policy regionale ha risposto in maniera efficace alla domanda di integrazione, laddove
espressa, degli immigrati, al loro bisogno di accedere ai servizi, ai fabbisogni di
sussistenza e occupazione.
I processi di integrazione delle politiche (istruzione, formazione professionale,
orientamento e lavoro) non soltanto impresso una forte spinta al rinnovamento interno
delle politiche e a un loro generale miglioramento, ma anche facilitato l’accesso degli
stranieri a un ventaglio di servizi altrimenti dispersivo e confuso. In questo quadro,
rimane centrale il ruolo degli attori del Terzo Settore e delle associazioni di immigrati
per la diffusione della conoscenza dei servizi esistenti e del loro migliore utilizzo.
L’analisi proposta ha tuttavia colto alcuni ambiti di riflessione che è utile citare e
segnalare per una progressiva crescita delle politiche a favore della popolazione
immigrata: (a) il sistema di governance e il sistema integrato di servizi per gli
immigrati; (b) il ruolo del terzo settore quale attore funzionale a una nuova definizione
delle politiche per l’immigrazione; (c) la condizione femminile dell’immigrazione.
La complessa articolazione delle problematiche che attengono ai processi di
integrazione, accesso alle risorse e occupazione della popolazione immigrata richieda
uno sforzo di governance notevole da parti degli enti locali regionali e provinciali. La
diversa dislocazione delle funzioni dei diversi organi competenti in materia di
immigrazione e la relazione tra funzioni esercitate, problemi da affrontare e strategia da
adottare richiede non soltanto un aggiornamento delle competenze dei singoli ma anche
una maggior grado di interrelazione e integrazione dei servizi.
Si moltiplicano le azioni di coordinamento e di concertazione tra soggetti diversi; si
richiedono competenze più ampie e si assegnano maggiori funzioni agli enti locali, si
veda a tal proposito l’esempio dei Centri per l’Impiego nei quali trova sempre più
spazio la figura di sistema che opera nella direzione di una progettazione integrata dei
sistemi sociali, educativi, scolastici e sanitari.
Il ruolo esercitato dai soggetti del terzo settore nella mediazione culturale o in azioni di
informazione e consulenza a utenti immigrati per favorire processi di integrazione al
contesto territoriale ospitante assume una rilevanza sempre maggiore. Il mondo del
volontariato, le cooperative sociali e l’assistenza sociale in parte si affiancano al
ruolo delle istituzioni, in parte lo sostituiscono o lo integrano con interventi più mirati,
efficaci e rivolti a nicchie della popolazione immigrata. Essi assolvono a una funzione
estremamente importante nella difficile tensione verso l’integrazione e l’inclusione dei
migranti. Forniscono infatti informazioni essenziali per l’accesso ai servizi che offrono
le comunità ospitanti, facilitano l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, e
intervengono laddove sorgono difficoltà di comunicazione con gli enti locali. E’ dunque
essenziale che questi attori entrino nel sistema della programmazione delle politiche
rivolte alla popolazione immigrata (politiche sociali, del lavoro, formazione e
istruzione, inclusione e integrazione), perché essi stessi rappresentano e conoscono gli
interessi degli stranieri, le problematiche che devono affrontare quotidianamente e i
rapporti che intessono con le altre famiglie, le comunità di appartenenza e le comunità
ospitanti.
239

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
La relazione tra donne e immigrazione sta conquistando maggiore spazio nel panorama
politico nazionale e internazionale per due ragioni di fondo: (a) la portata del fenomeno:
sempre più donne si spostano dai paesi di origine per scelta o perché costrette a farlo;
(b) la rilevanza del fenomeno in relazione al tema dell’integrazione dei servizi e delle
politiche: la presenza delle donne nei territori ospitanti pone alcuni interrogativi e
riflessioni sul ruolo cui le politiche locali assolvono in ambito sociale, sanitario,
educativo e scolastico. Negli ultimi 40 anni, l’emigrazione femminile mondiale ha quasi
raggiunto, quantitativamente, quella maschile; mentre nel 2005, per la prima volta, l’ha
superata di poco. Tra i paesi più sviluppati, in Canada e negli Stati Uniti l’immigrazione
femminile ha superato quella maschile ormai dal 1930, in Europa e Oceania questo è
avvenuto a partire dal 2000. In Emilia Romagna e, in generale, in Italia, la dinamica
migratoria favorisce numericamente ancora gli uomini, ma se la tendenza mondiale
dovesse interessare anche il nostro paese, nel giro di pochissimo, il numero di straniere
sorpasserà il numero dei maschi immigrati.
L’immigrazione femminile è tuttavia caratterizzata da alcuni elementi di estrema
vulnerabilità. Spesso le donne immigrate sono relegate a svolgere attività di basso
profilo economico, anche rispetto ai connazionali maschi, sia a causa di meccanismi
discriminatori in entrata (ovvero nei paesi ospitanti), sia a causa della cultura d’origine
(in uscita), giacché provengono da paesi nei quali la discriminazione delle donne è una
prassi consolidata sul mercato del lavoro, così come nella società in generale. Questo
genera serie disfunzioni nell’accesso alle informazioni riguardanti le opportunità di
lavoro nei paesi di destinazione o anche i costi, i benefici e i passaggi burocratici da
percorrere per migrare legalmente. Sollecitare l’ausilio di un’altra persona può porre la
donna in una condizione di pericolo o di debito. Nel corso dei transiti dal paese di
origine al paese di destinazione, la donna e, in particolare, la donna che emigra
illegalmente, rischia di subire abusi sessuali e soprusi di altro genere. Può addirittura
essere costretta a fornire favori sessuali in cambio di protezione e/o permesso di
oltrepassare la frontiera. L’intreccio tra violenza, cultura di origine a loro sfavorevole,
livelli di istruzione più bassi, discriminazione sul luogo del lavoro, tassi di fertilità più
elevati e le molteplici urgenze sanitarie cui incorrono, pongono l’immigrazione
femminile, sempre più crescente, al centro di iniziative di policy più cogenti, articolare,
integrate e complesse.
240

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
5. INTEGRAZIONE DELLE POLITICHE FINALIZZATE ALLA
CONCILIAZIONE TRA VITA LAVORATIVA E FAMILIARE
5.1 Introduzione
Le politiche per la conciliazione tra vita lavorativa e familiare rappresentano una
questione strategica per il perseguimento degli obiettivi di sviluppo economico ed
occupazionale dall’Unione Europea, in quanto, ancora oggi, la conciliazione dei tempi è
uno degli ostacoli principali all’accesso e alla permanenza delle donne nel mercato del
lavoro. Tale tematica, è stata accolta come prioritaria nei diversi documenti di
programmazione nazionali e regionali riferiti alle strategie per lo sviluppo
dell’occupazione. Gli interventi volti ad ottenere una migliore integrazione tra vita
lavorativa e vita familiare sono considerati strategicamente importanti al fine di
affrontare una serie di problematiche sociali, quali: i mutamenti nella composizione
della forza lavoro, nelle forme di organizzazione del lavoro, nella individuazione di un
nuovo welfare, e negli sviluppi demografici.
La Regione Emilia-Romagna negli ultimi anni ha assunto un ruolo fortemente
propositivo nel sostegno alle pari opportunità tra uomini e donne, anche in relazione alla
tematica della conciliazione, utilizzando differenti strumenti programmatici e finanziari
per il raggiungimento degli obiettivi. Tale impegno politico ha certamente avuto degli
effetti positivi, soprattutto in relazione ai risultati delle azioni positive intraprese, ma il
progresso verso una cultura organizzativa del lavoro, dei tempi e delle città e della vita
in generale, più conciliante, sicuramente ha incontrato maggiori ostacoli e difficoltà di
diffusione.
Questo approfondimento valutativo si pone l’obiettivo di descrivere in maniera
dettagliata i contenuti delle politiche di conciliazione al fine di:
• rilevare i principali problemi e fabbisogni del sistema regionale in tema di
conciliazione;
• individuare l’insieme degli strumenti programmatori e finanziari esistenti i livelli di
responsabilità coinvolti (dalle politiche europee a quelle locali) per affrontare e
risolvere i fabbisogni della conciliazione nei vari livelli istituzionali.
L’analisi avrà quindi come oggetto la valutazione del contributo dei Fondi Strutturali al
perseguimento degli obiettivi di conciliazione, con particolare riguardo al ruolo del
FSE.
5.2 Le politiche per la pari opportunità tra uomini e donne in Europa
In continuità con i periodi di programmazione precedenti e con la finalità di rafforzare e
migliorare il sostegno alle politiche di pari opportunità, la Commissione Europea ha
ridefinito gli obiettivi delle politiche di genere nell’ambito della Comunicazione 29 Una
tabella di marcia per la parità tra donne e uomini per il periodo 2006-2010. In
particolare la Commissione ha focalizzato l’attenzione su sei aree di intervento quali:
29 COM (2006) 92
241

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
⇒ una pari indipendenza economica per le donne e gli uomini;
⇒ l’equilibrio tra attività professionale e vita privata;
⇒ la pari rappresentanza nel processo decisionale;
⇒ l’eradicazione di tutte le forme di violenza fondate sul genere;
⇒ l’eliminazione di stereotipi sessisti;
⇒ la promozione della parità tra i generi nelle politiche esterne e di sviluppo.
Per ciascun settore il documento indica gli obiettivi e gli interventi prioritari. Come per i
precedenti periodi di programmazione, gli obiettivi potranno essere perseguiti attraverso
una pluralità di Fondi: i Fondi Strutturali, i programmi finanziati da diversi ambiti
politici e il programma Progress.
Inoltre, la Commissione continuerà a sostenere la diffusione di due importanti
metodologie quali:
• la valutazione d’impatto secondo l’ottica di genere,
• il bilancio di genere,
in quanto capaci di apportare trasparenza e affidabilità.
La tabella di marcia verrà costantemente monitorata attraverso specifici indicatori
articolati per area di intervento, che riflettono il larga misura gli indicatori utilizzati per
misurare l’avanzamento verso gli obiettivi della Strategia di Lisbona.
Nei nuovi Regolamenti dei Fondi Strutturali, le pari opportunità rappresentano sempre
una priorità trasversale. In particolare, il Regolamento Generale 30 all’art. 16 prevede che
“Gli Stati membri e la Commissione provvedono affinché la parità tra uomini e donne e
l'integrazione della prospettiva di genere siano promosse nel corso delle varie fasi di
attuazione dei Fondi. Gli Stati membri e la Commissione adottano le misure necessarie
per prevenire ogni discriminazione fondata sul sesso, la razza o l'origine etnica, la
religione o le convinzioni personali, le disabilità, l'età o l'orientamento sessuale durante
le varie fasi di attuazione dei Fondi, ed in particolare nell'accesso agli stessi”.
Anche nel Regolamento del FSE 31 all’art. 6 viene affermato il principio secondo il quale
“Gli Stati membri provvedono affinché i programmi operativi comprendano una
descrizione delle misure adottate per favorire la parità di genere e le pari opportunità
nelle fasi di preparazione, attuazione, monitoraggio e valutazione dei programmi
operativi. Gli Stati membri promuovono una partecipazione equilibrata di donne e
uomini alla gestione e alla realizzazione dei programmi operativi a livello locale,
regionale e nazionale, come opportuno”.
Tali principi sono stati introdotti nel nuovo Programma Operativo 2007-2013 della
Regione Emilia-Romagna. Una doverosa riflessione valutativa del nuovo periodo di
programmazione porta ad evidenziare che non c’è più l’elemento di obbligatorietà di
riserva finanziaria per le politiche di pari opportunità tra uomini e donne come nel
precedente periodo, ovvero il nuovo POR non presenta un intero Asse dedicato
30 Regolamento (CE) N. 1083/2006 del Consiglio dell'11 luglio 2006.
31 Regolamento (CE) N. 1081/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006 relativo al
Fondo sociale europeo e recante abrogazione del regolamento (CE) n. 1784/1999
242

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
specificatamente alle azioni positive per il miglioramento delle condizioni di vita e di
lavoro delle donne (si ricordi l’Asse E della programmazione 2000-2006 che ha
rappresentato per la Regione Emilia-Romagna un importante volano per la realizzazione
di rilevanti interventi soprattutto di mainstreaming di genere).
Tale nuova impostazione potrebbe avere delle ricadute non positive verso il sostegno
alle politiche di genere o quantomeno potrebbe indurre ad una minore attenzione al
problema, pertanto le attività di monitoraggio e valutazione risulteranno particolarmente
rilevanti e potranno avere come oggetto approfondimenti ad hoc su tale questione.
Tab.1 Tavola di correlazione tra le aree di intervento della Roadmap e il FSE
Aree di
intervento
ROADMAP PER LA PARITA' TRA UOMINI E DONNE 2006-2010
del FSE
2007-2013
1 - Realizzare una pari indipendenza economica per le donne e gli uomini
1.1 Conseguire gli obiettivi di Lisbona X
1.2 Eliminare la parità retributiva X
1.3 Le donne imprenditrici X
1.4 Parità tra uomini e donne nella protezione sociale e lotta contro la povertà X
1.5 Riconoscere la dimensione di genere nel settore sanitario
1.6
Combattere la discriminazione multipla, in particolare nei confronti delle
donne migranti e appartenenti a minoranze etniche
2 - Favorire l'equilibrio tra attività professionale e vita familiare
2.1 Orari di lavoro flessibili per donne e uomini X
2.2 Aumentare i servizi di custodia X
2.3
Migliori politiche di conciliazione tra lavoro e vita familiare per donne e
uomini
3 - Promuovere la pari partecipazione delle donne e degli uomini al processo decisionale
3.1 La partecipazione delle donne nella politica
3.2 Le donne nel processo decisionale economico X
3.3 Le donne nella scienza e nella tecnologia X
4 - Eliminare la violenza basata sul genere e la tratta tra esseri umani
4.1 Eradicazione della violenza fondata sul genere X
4.2 Eliminazione della tratta tra esseri umani
5 - Eliminare gli stereotipi di genere nella società
X
5.1
Eliminare gli stereotipi di genere nell'istruzione, nella formazione e nella
cultura
X
5.2 Eliminazione degli stereotipi di genere nel mercato del lavoro X
5.3 Eliminazione degli stereotipi di genere nei mezzi di comunicazione
6.1
6.2
6 - Promuovere la parità tra donne e uomini all'esterno dell'UE
Applicazione della legislazione dell'UE nei Paesi in via d'adesione, nei
paesi candidati e potenzialmente candidati
Promozione della parità tra i generi nella politica europea di buon vicinato
(PEV) nonché nelle politiche esterne e di sviluppo
X
X
243

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Nella Tavola di Correlazione sono state evidenziati i legami tra gli obiettivi e gli
interventi della Roadmap e il contributo che il FSE potrà apportare al perseguimento di
tali finalità.
Come evidenzia la tabella 1, il FSE rappresenta un importante strumento finanziario in
quanto contribuisce a cinque dei sei obiettivi definiti dalla Roadmap, ovvero:
all’indipendenza economica delle donne (fatta esclusione per gli interventi nel settore
sanitario), alla conciliazione tra vita lavorativa e familiare, al superamento della
segregazione orizzontale e verticale nel mercato del lavoro, alla presenza delle donne
nei settori scientifici e nei posti decisionali e dirigenziali (con una minima incidenza
nella partecipazione delle donne ai processi decisionali) ed infine a superare situazioni
di violenza basate sul genere.
Considerando il Report on equality between women and men – 2007 32 , la Commissione
europea evidenzia che sono ancora numerosi gli ostacoli alla conciliazione tra vita
privata e familiare in Europa, in particolare: la mancanza di servizi per i bambini, i
fattori di tipo finanziario, il rischio di perdere le proprie competenze professionali, la
difficoltà di re-inserimento nel mondo del lavoro, le pressioni degli stereotipi. Tra le
azioni che dovrebbero essere intraprese e promosse dagli Stati Membri, la Commissione
Europea individua le seguenti:
• assicurare un utilizzo diffuso dei congedi parentali sia tra le donne che tra gli
uomini, favorendo un finanziamento individuale (non trasferibile) e attrattivo,
senza che la durata possa ostacolare il rientro al lavoro;
• considerando l’invecchiamento della popolazione europea, è importante
sostenere lo sviluppo dei servizi di cura;
• promuovere il congedo di paternità in modo tale da attribuire al padre
responsabilità domestiche e familiari relative alla nascita del bambino;
• sostenere la lotta contro gli stereotipi intensificando l’azione verso gli uomini e
le imprese;
• preservare l’occupabilità dei genitori in congedo attraverso misure di
accompagnamento durante il periodo e dopo il congedo, tra le quali: assicurare il
mantenimento delle competenze del/la lavoratore/trice, l’accesso alla formazione
e la prosecuzione della carriera;
• prevedere misure di accompagnamento per le PMI per la realizzazione di azioni
di conciliazione.
5.3 Uno sguardo alla situazione italiana
La conciliazione tra lavoro e famiglia è una delle sfide sociali tuttora aperte nel
panorama italiano, che riguarda con differenti intensità e problematicità le ripartizioni
territoriali nazionali. Al fine di comprendere tale situazione un primo dato da analizzare
riguarda gli impegni in termini di tempo per il mercato e per le attività domestiche dei
genitori (sia in coppia che soli).
32 European Commission, Report on equality between women and men 2007, Febraury 2007.
244

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
La conciliazione tra vita e lavoro per le donne è resa difficile non solo da orari di lavoro
poco “amichevoli” e dalla mancanza di servizi adeguati, ma anche, dalle aspettative e
dai comportamenti dei familiari. Tutte le ricerche sull'uso del tempo segnalano, come
costante degli ultimi 10 anni, che le donne occupate e con responsabilità familiari
lavorano dalle 9 alle 15 ore alla settimana in più rispetto agli uomini. Il maggior carico
di lavoro familiare per le donne riduce il tempo che esse possono dedicare al lavoro
remunerato e la gamma di occupazioni che possono prendere in considerazione, in
termini di distanza, orari di lavoro, ecc. Inoltre le donne sono esposte al rischio di essere
viste dai datori di lavoro come lavoratrici inaffidabili e/o più costose.
Da questo punto di vista sono diversi gli strumenti adottati e adottabili in materia di
conciliazione, sia a livello nazionale e regionale, sia aziendale: strumenti che riducano o
articolino diversamente i tempi di lavoro (part-time, flessibilità in entrata e uscita, job
sharing, telelavoro, banca delle ore, ecc.); misure legislative di sostegno alla
maternità/paternità (congedi parentali); strutture e servizi di supporto al lavoro di cura,
sia pubblici che privati (nidi nei luoghi di lavoro, dopo-scuola, voucher di cura e di
servizio, ecc.). I dati Inps (febbraio 2005) evidenziano che tra diritto al post partum, le
aspettative e i congedi parentali, si registra un aumento di richieste sull'anno precedente
del 38,2% (nel 2003 furono 160.320). Il boom di queste richieste è legato non solo
all'aumento della presenza femminile negli uffici italiani e all'età della maternità, ma è
probabilmente da legarsi ad una maggiore diffusione degli strumenti previsti dalla legge
53/00. L'aumento delle richieste di indennità di maternità registrato nel 2004 risente
anche della richiesta di utilizzo del congedo parentale da parte dei padri. Da quanto
sopra evidenziato, emerge come la conciliazione tra vita e lavoro sia un tema trasversale
e rappresenti un fattore che incide direttamente sul raggiungimento degli obiettivi
regionali in tema di occupazione.
Dall’ultimo Rapporto sul mercato del lavoro realizzato dal CNEL emerge un quadro
abbastanza preoccupante rispetto agli obiettivi occupazionali femminili. L’Italia, infatti,
nel 2006 33 ha registrato un tasso di occupazione femminile più basso rispetto agli altri
Paesi Europei, per tutte le fasce di età. Il dato appare preoccupante anche in relazione al
forte sviluppo di cui è stata protagonista la Spagna, la quale negli ultimi dieci anni,
invece, ha diminuito di 12 punti il gap con la media europea, passando da 15 a 3 punti.
Si possono individuare due cause di questo ritardo legate soprattutto a questioni
geografiche. Nel meridione c’è un problema di scarsità di domanda che alimenta un
effetto scoraggiamento nell’entrare nel mondo del lavoro. Invece nell’area centrosettentrionale,
nella quale la domanda di lavoro risulta più vivace, si registra una
modesta offerta di lavoro.
I dati nazionali relativi al rapporto tra tasso di attività e nascita di figli evidenziano una
relazione negativa collegata soprattutto alla carenza di servizi in grado di favorire la
conciliazione tra le responsabilità professionali e quelle familiari, che pesano soprattutto
sulla componente femminile. L’Italia (insieme all’aera mediterranea) rappresenta
un’eccezione rispetto all’andamento europeo che a partire dagli anni ’80 ha visto
diminuire fino a quasi invertire la relazione tra occupazione e tasso di fecondità, grazie
appunto a politiche family friendly.
33 CNEL, Rapporto sul mercato del lavoro 2006, 18 luglio 2007.
245

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Altro dato che differenzia l’Italia dal resto dell’Europa riguarda il lavoro part-time. Il
dato nazionale evidenzia una scarsa diffusione dell’utilizzo di tale forma di lavoro
rispetto alla media europea e questo comporta una maggiore difficoltà per le donne di
conciliare la vita lavorativa e familiare e la scelta di uscire dal mercato del lavoro.
Nel 2006 in Italia i lavoratori part-time rappresentavano il 13 % dell’occupazione totale,
un livello inferiore di oltre sei punti percentuali rispetto alla media europea.
Considerando il dato femminile la percentuale sale a circa il 25%, ma anche tale dato
risulta inferiore alla media europea pari al 35%, solo la Spagna ha una situazione
peggiore. Il trend di crescita del part-time dal 2000 ad oggi è stato di 5 punti per gli
uomini e 10 per le donne.
La relazione sul mercato del lavoro del CNEL si sofferma sugli effetti del congedo di
maternità e sul congedo parentale. In particolare risulta ambiguo l’effetto della durata
del congedo obbligatorio sull’occupazione, poiché maggiore è la durata del congedo,
maggiore è la perdita di capitale umano e dunque per le donne diminuisce la probabilità
di trovare lavoro. Tale tendenza è stata rilevata anche a livello europeo. Diversamente,
la durata del congedo facoltativo non ha questo effetto negativo.
Un confronto fra le indennità del congedo di maternità rileva che mentre in Italia
l’indennità è pari all’80% della retribuzione, in molti paesi europei tale indennità è pari
al 100%. Valori più bassi vengono registrati in Belgio (dopo il primo mese dall’82%
scendono al 75% della retribuzione), in Irlanda (pari al 70%) e in Spagna (75 %).
Per quanto concerne il congedo parentale in Italia, si sottolinea la novità riguardante la
possibilità di fruire del congedo in contemporanea da parte dei genitori. L’indennità è
contenuta, pari al 30 % della retribuzione.
L’occupazione femminile può essere incentivata anche attraverso la presenza di
strutture per la cura dei bambini. E’ stato rilevato, infatti che l’offerta di lavoro
femminile viene influenzata sia dai costi di tale servizio che dalla dotazione dei posti e
dall’organizzazione dei tempi. Costi elevati, bassa disponibilità di posti e rigidità di
orario, disincentivano le donne ad entrare nel mercato del lavoro. Il perseguimento
dell’obiettivo europeo di ampliare la disponibilità dei posti negli asili nido, dall’attuale
7% al 33% avrebbe un forte effetto sull’occupazione femminile, aumentandola di circa
sette punti percentuali.
Un’altra ricerca condotta nel 2005 dall’Isfol ha analizzato le cause dell’inattività
femminile rilevando che nel centro-nord la ragione è legata alla presenza di figli o di
persone a carico. Inoltre, le donne inattive sarebbero disponibili a lavorare soprattutto in
presenza di un lavoro part-time e di servizi di child-care adeguati (maggiori posti e
flessibilità di orario).
Tra le problematiche nazionali rimaste ancora aperte per le politiche di pari opportunità
si sottolineano: l’accesso al lavoro (persistenza di una segregazione occupazionale di
genere; circuito della formazione professionale non integrato alla problematica
dell’inserimento lavorativo); rientro nel mercato del lavoro (mancanza di reti/servizi di
supporto e network tra donne che intendono entrare/rientrare nel mdl dopo i 40 anni;
potenziale segregante nel rientro al lavoro con forme contrattuali flessibili); sommerso
(persistenza di lavoro irregolare nei servizi alla persona, commercio, lavoro a domicilio,
246

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
agricoltura e abbigliamento, persistenza di irregolarità dal lato fiscale, contributivo,
della sicurezza del lavoro, della condizione di vita individuale e familiare) e
conciliazione. In questo ultimo caso di rileva l’assenza di un approccio integrato al
problema che investe tre ambiti:
a. organizzazione del lavoro (modelli di gestione della maternità, assenza di un
approccio di genere nelle politiche delle risorse umane, ancora scarsa diffusione
dei congedi tra gli uomini);
b. cultura (presenza di una cultura aziendale orientata a logiche temporali di tipo
quantitativo; scarsa diffusione e operatività dei comitati/commissioni pari
opportunità; frammentarietà degli interventi di azione positiva; investimento
ridotto sul tema della condivisione delle responsabilità di cura tra uomo e donna);
c. servizi (insufficienza di servizi aziendali/territoriali integrati di supporto alla
conciliazione che siano anche competitivi; insufficiente raccordo tra
organizzazione dei servizi, mobilità e tempi delle città; assenza di politiche di
sostenibilità degli interventi).
Per quanto riguarda le novità legislative italiane si ricorda la Finanziaria 2007 approvata
alla fine dello scorso anno, la quale ha introdotto alcuni interventi finalizzati a
migliorare la conciliazione tra vita lavorativa e familiare. In particolare, è stato previsto
un piano straordinario per i servizi socio-educativi nella prima infanzia, con una
dotazione di 100 milioni di euro all’anno per il triennio 2007 – 2009, al fine di sostenere
lo sviluppo di un sistema integrato di asili nido e di nuovi servizi territoriali (anche sui
luoghi di lavoro) e raggiungere l’obiettivo europeo della copertura pari al 33% entro il
2010.
Inoltre, è stato previsto il ri-finanziamento e sono state apportate delle modifiche all’art.
9 della legge 53/2000 che promuove ed incentiva azioni volte a conciliare tempi di vita
e tempi di lavoro. In particolare le modifiche riguardano l’allargamento dei soggetti che
possono presentare progetti anche alle aziende pubbliche e a Enti locali che applichino
accordi contrattuali che prevedono azioni positive per consentire ai genitori lavoratori di
usufruire di particolari forme di flessibilità degli orari e di organizzazione del lavoro
(come il part-time, il telelavoro, flessibilità sui turni, il lavoro a domicilio).
Infine, è stata estesa l’età dei bambini che danno ai genitori la priorità di usufruire dei
benefici, da 8 a 12 anni (e da 12 a 15 in caso di adozione). È stata, inoltre, inserita una
priorità per figli disabili a carico.
5.4 Analisi del contesto regionale
La valutazione dell’avanzamento verso un modello di vita più conciliativa può essere
realizzata prendendo in considerazione gli indicatori descritti nell’Allegato 1 della
Roadmap per le pari opportunità.
In particolare gli indicatori vengono suddivisi in due gruppi:
247

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1. Flessibilità nell’organizzazione del lavoro
• Media delle ore lavorate per settimana dalle donne e dagli uomini (età tra i 20-49
anni) con o senza bambini (età da 0-6 anni)
• Tasso di occupazione maschile e femminile (20-49 anni) con e senza bambini
(0-12 anni)
• Utilizzo del part-time da parte delle donne e degli uomini
2. I servizi
• Grado di copertura dei servizi per l’infanzia (0-3 anni e 3-5 anni)
• Percentuale di lavoratori/trici part-time a causa di presenza di bambini o di
persone a carico
• Persone inattive che vorrebbero lavorare ma che non sono in cerca di
occupazione e causa di responsabilità familiari
• Presenza di servizi per gli anziani
• Grado di accessibilità ai servizi, orari delle scuole e trasporti pubblici
• Tempi di lavoro e tempi di cura
Una della aree di maggiore criticità relativa alla realizzazione di una concreta
conciliazione tra vita familiare e lavorativa nella Regione Emilia-Romagna è
individuata nella “doppia presenza”, ovvero la capacità della donna di farsi carico dei
lavori di cura familiare. L’ottima performance dei tassi di occupazione e disoccupazione
femminile registrati negli ultimi anni dalla Regione Emilia-Romagna, in coerenza con le
stesse tendenze a livello europeo, non hanno prodotto modificazioni sulla
redistribuzione del lavoro di cura e dei carichi familiari, aumentando lo squilibrio
esistente tra maschi e femmine soprattutto se si considera la somma del lavoro retribuito
e di quello svolto all’interno della famiglia.
Va sottolineato, peraltro, che gli studi sui bilanci del tempo hanno fatto emergere una
situazione di disuguaglianza di genere nel carico di lavoro non pagato (lavoro domestico
e di cura) ancora più grave della situazione nazionale. Le donne lavorano quasi 17 ore
alla settimana in più degli uomini. La sostenibilità del lavoro e del tempo di cura
costituisce una delle maggiori criticità che politiche sociali e del lavoro stanno
affrontando. Questo dato è sicuramente legato alla presenza, nel tessuto economico
della Regione, di molte imprese a carattere familiare, all’interno delle quali la donna
svolge i ruoli di lavoratrice, di moglie e madre.
Una delle ultime ricerche 34 disponibili in materia di conciliazione ha evidenziato che il
monte ore di lavoro di almeno un terzo della popolazione femminile, in ambito
regionale, arriva a superare le 70 ore alla settimana, in questo caso 14 ore in più della
componente maschile. Le lavoratrici dell'Emilia-Romagna sono occupate, in media 7,3
34 SWG Bologna Le donne lavoratrici e la fatica del doppio ruolo, marzo 2003. L’indagine ha
coinvolto dalle donne lavoratrici, residenti in Emilia-Romagna, di età compresa tra i 25 ed i 60 anni.
248

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
ore per lavoro e 3,1 ore per occupazioni domestiche. Lavorano tendenzialmente più ore
le donne autonome e meno le insegnanti. Il carico domestico aumenta con la presenza di
figli ed è più contenuto per le single. L'impegno che prende più tempo sono le pulizie,
seguite dalla preparazione dei cibi. Nel caso di figli piccoli, la loro cura rappresenta la
principale occupazione domestica. Dalla ricerca emerge, inoltre, che il contributo
maschile agli impegni domestici risulta limitato. Tendenzialmente i compagni
intervengono nelle questioni legate all'organizzazione e alla manutenzione della casa.
La conseguenza di questa situazione è che la gran parte delle lavoratrici emilianoromagnole
pensa di non avere tempo sufficiente per far fronte a tutti gli impegni, in
modo particolare non hanno tempo da dedicare a se stesse (svaghi culturali e attività
sportive).
Metà delle intervistate ricorrerebbe al part-time nel caso di carichi eccessivi e
potendoselo permettere economicamente, e/o a forme di organizzazione del lavoro
diverse, con maggiore flessibilità di orario.
• L’occupazione e la presenza di figli
I dati provenienti dal Report on equality between women and men – 2007 rilevano che
la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è ancora dipendente dal loro ruolo
che hanno nei confronti dei figli e delle altre persone a carico, quali anziani e disabili.
Il dato sull’occupazione delle donne è fortemente influenzato dalla presenza di figli:
nell’anno 2005 nell’EU (25) il tasso di occupazione delle donne dai 25 ai 49 anni
scende di 14,9 punti passando dal 76% per chi non ha figli al 61,1% nel caso di
presenza di figli con meno di 12 anni. Il dato è addirittura in controtendenza per gli
uomini, ovvero nel caso della presenza di bambini il tasso di occupazione cresce di 5,9
punti, passando dall’85,6% al 91,5%.
In Italia si registra lo stessa andamento anche se con differenze meno accentuate: -
11,3% per le donne, +3,2% per gli uomini.
Tab. 2 Tasso di occupazione disaggregato per genere (25-49 anni) relativo alla presenza e non
presenza di figli al di sotto dei 12 anni- 2005
Senza bambini Con bambini Differenza
F M F M F M
EU (15) 76 5,6 61,1 91,5 -14,9 5,9
Italia 64,7 90,6 53,4 93 -11,3 3,2
Fonte: Eurostat, European Labour Force Survey, annaul average
Per quanto riguarda la Regione Emilia-Romagna, per le donne di età compresa tra 20 e
50 anni il fatto di avere un figlio di 0-6 anni fa scendere il tasso di occupazione di 3,4
punti, mentre incrementa l’occupazione maschile di 8-10 punti, la quale non risente del
lavoro di cura (affidato in prevalenza alla donna) ed anche a causa di un probabile
effetto statistico (l’universo dei non occupati, perché più giovane, contiene percentuali
maggiori di “senza figli”).
249

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Tab. 3 - Effetto della presenza di figlio sui tassi
di occupazione. Regione Emilia-Romagna
Anni M F
2000 11,8 -0,9
2001 10,8 0,7
2002 10,1 -0,4
2003 10,3 -1
2004 8,5 -3,4
Differenza tra i tassi di occupazione (20-50 anni)
senza e con figli di 0-6 anni
• I servizi per gli anziani e per l’infanzia
L’aumento del lavoro di cura e la scarsa condivisione da parte degli uomini è una
tendenza che sembra dovere proseguire nel tempo, data la tendenza all’invecchiamento
della popolazione e alla maggiore speranza di vita alla nascita 35 , che provocherà un
aumento di persone non autosufficienti alle quali si aggiungono le persone disabili e i
bambini.
Il tema dell’invecchiamento e della dipendenza fisica assume un valore cruciale per la
definizione di politiche capaci di fronteggiare tale processo, considerandolo come
variabile endogena e sul quale, quindi, si può agire. La Regione Emilia-Romagna ha
una percentuale di popolazione anziana 36 superiore alla media italiana (22,1% contro il
18,1% nel 2000). Il tasso di disabilità all’interno della popolazione anziana risulta pari
al 17,8%. Se prendiamo in considerazione il contesto familiare, i dati al 2000 rilevano
che gli anziani (sia autonomi, che disabili) in larga parte vivono in coppia con il proprio
coniuge o da soli. Nel caso di persone con età avanzata e con disabilità, la presenza in
famiglia sale (21%), ma è evidente la elevata quota di persone che vivono da sole. Le
famiglie con disabili sono pari al 9% sul totale.
35 In tutte le Province la speranza di vita alla nascita per una donna è superiore a quella degli uomini
(circa 83 anni contro 77 degli uomini).
36 Persone con più di 65 anni e oltre.
250

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Tab. 4. Popolazione di 65 anni e oltre per tipo di contesto familiare e presenza disabilità. Emilia-
Romagna, anno 2000, valori percentuali
Classi di età
Contesto familiare
65-74 anni 75 anni e oltre
Disabili Non disabili Disabili Non disabili
Persone sole 15,1 17,7 33,6 34,2
In altre famiglie senza nuclei 0,6 1,7 6,2 2,9
Come membro aggregato 11,2 3,9 21,6 12,5
In coppia senza figli 46,9 48,0 26,0 3,0
In coppia con figli come genitore 12,9 17,4 2,1 5,1
In famiglia monogenitore come genitore 9,2 6,1 7,0 4,7
in famiglia monogenitore come figlio 0,5
In famiglie con più nuclei 4,1 4,7 3,5 2,6
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Agenzia sanitaria regionale dell’Emilia-Romagna
In Emilia-Romagna si stimano circa 152.369 persone disabili con più di 65 anni 37 , di cui
il 45,9% si trovano in situazione di confinamento nella propria abitazione, ovvero hanno
un alto livello di non autosufficienza che li costringe, in casa, a letto o in una sedia e il
16,4% si trovano in strutture residenziali di tipo socio-sanitario e/o socio-assistenziale.
Nell’insieme dei soggetti che si prendono cura di questa parte di popolazione si possono
individuare:
• il sistema di assistenza pubblico,
• i lavoratori domestici iscritti all’Inps,
• i lavoratori domestici stranieri regolarizzati,
• il lavoro sommerso,
• la rete informale delle donne che si prendono cura di anziani e nipoti.
Il sistema di assistenza per gli anziani della Regione Emilia-Romagna offre i seguenti
servizi:
• strutture residenziali (sanitarie e assistenziali),
• strutture semi-residenziali (centri diurni),
• servizi di sostegno domiciliari,
• trasferimenti monetari.
In generale tali strutture assicurano la copertura dei servizi per 70.000 anziani, con
21.500 operatori 38 . Tra gli addetti del sistema sociale, l’80% sono donne. Considerando
la tipologia di competenza, gli operatori socio-assistenziali coprono il 56,4% delle
utenze, gli operatori sanitari il 13% mentre le figure non retribuite, quali i volontari e gli
obiettori, il 6,8%.
In uno studio 39 è stato stimato il fabbisogno occupazione e finanziario per garantire un
servizio di assistenza continuativa (regular need of care) per un anno nella Regione
Emilia-Romagna, così come viene definito nel sistema di long term care per gli anziani
37 Agenzia sanitaria regionale dell’Emilia-Romagna, 2000.
38 Agenzia Sanitaria Regionale, La sostenibilità del lavoro di cura. Famiglie e anziani non autosufficienti
in Emilia Romagna, 2005.
39 Ibidem
251

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
non autosufficienti in Germania. Dall’analisi emerge un fabbisogno occupazionale pari
a 31.809 operatori e un fabbisogno finanziario pari a circa 700 milioni di euro annui.
Accanto ai dati del sistema di assistenza, si devono considerare i lavoratori domestici
iscritti all’Inps, che nel 2001 ammontavano a circa 15.000, i lavoratori domestici
stranieri regolarizzati che nel 2002 risultavano 26.000 persone e tutto il lavoro
sommerso che non è possibile quantificare.
Infine, il contributo della rete informale familiare risulta fondamentale in quanto molte
donne si prendono cura sia dei propri anziani sia dei propri nipoti. In particolare,
l’invecchiamento della popolazione da un lato e l’aumento dell’occupazione femminile
dall’altro, hanno condotto ad una maggiore richiesta di servizi di cura per anziani e
bambini e quindi ha caricato e può maggiormente caricare le donne di lavoro di cura.
Un altro indicatore concordato per monitorare la SEO cerca di evidenziare come la
mancanza di servizi di assistenza incentivi la scelta di un lavoro part-time o disincentivi
la ricerca di un lavoro. Il peso in Regione Emilia-Romagna di tale mancanza di servizi è
di circa l’1-1,3% della popolazione in età di lavoro ed interessa, si può dire, unicamente
la popolazione femminile. Si rileva che la situazione regionale è migliore del resto
d’Italia.
Tab. 5 - Mancanza di servizi per l'assistenza di bambini o altre persone dipendenti (anno 2004):
% di persone 15-64 (su tot pop) che, a causa della mancanza di servizi
lavorano part-time non cercano lavoro
M F T M F T
Emilia-Romagna … 0,99 0,51 … 1,35 0,69
Nord-Est 0,03 1,10 0,56 … 1,95 0,98
Italia … 0,83 0,42 … 2,93 1,49
Per quanto concerne i servizi per l’infanzia, l’indagine a livello nazionale 40 rileva la
sostanziosa rilevanza ancora delle rete di aiuti informali. Infatti, il 52,3% dei bambini
che hanno fino a 2 anni vengono affidati ai nonni, nel caso di madre occupata. Tra le
motivazioni della mancata frequenza dei bambini agli asili nido nella Regione Emilia-
Romagna, emergono la mancanza di posti e la retta troppo alta.
A livello regionale il tasso di copertura degli asili nido è passato dal 22,5% del 1995 al
24% nell’anno scolastico 2004/2005, con una punta di eccellenza nella Provincia di
Bologna dove la copertura arriva al 28,5%. Per quanto attiene le scuole dell’infanzia, al
2002/2003 sono accolti il 98,7% della popolazione in età, nettamente al di sopra
dell’obiettivo europeo pari al 90%.
40 ISTAT, Indagine campionaria sulle nascite, 2005
252

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
• Il lavoro part-time
Per quanto attiene i dati relativi all’occupazione part-time, in Emilia Romagna nel 2005
il 24,1% delle donne faceva ricorso a tale modalità lavorativa, con un picco al 32,8%
nella Provincia di Rimini, mentre la percentuale degli uomini era pari al 3,9%. Questo
dato, da un lato evidenzia un forte aumento della presenza femminile che nel 2001
rappresentava il 17% delle occupate, ma dall’altro mette in luce ancora la lontananza da
altre situazione europee, soprattutto dai Paesi nordici.
Grafico 1
%
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Occupati part-time per genere, 2005
21,9
17,6
82,4
78,1
Uomini Donne
Regione Emilia-
Romagna
Un interessante dato riguarda le differenti motivazioni che avvicinano uomini e donne al
part-time: le donne lo fanno principalmente per prendersi cura dei figli o di persone a
carico (70%), gli uomini per avere maggiore tempo libero (34,2%). Inoltre, differenti
sono le fasi di età in cui si utilizza tale modalità lavorativa: gli uomini lavorano parttime
all’inizio dell’inserimento lavorativo oppure nel periodo di graduale uscita dal
mondo del lavoro, le donne invece lavorano part-time soprattutto quando hanno dai 24
ai 39 anni.
Nel complesso, i dati sul lavoro part-time devono essere letti con attenzione, in quanto
non c’è una relazione diretta tra aumento degli/delle occupati/e part-time e migliore
qualità di vita delle donne o maggior livello di soddisfazione da un punto professionale
delle donne. Le motivazioni che sono alla base della scelta del part-time sono
fondamentali per un’accurata valutazione. Inoltre, un lavoro part-time difficilmente si
concilia con un posto di natura dirigenziale e/o di responsabilità o con una progressione
di carriera della donna.
• I congedi parentali
Per quanto riguarda i congedi parentali, emerge lo scarso utilizzo di essi da parte degli
uomini e soprattutto la scarsa pubblicizzazione, a cui si aggiunge la difficoltà di accesso
ai risultati. In particolare la percentuale dei lavoratori dipendenti con figli fra gli 0 e gli
8 anni che hanno usufruito del congedo parentale passa dall’80,3% delle donne al
Italia
253

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
19,7% dei padri, contro un dato nazionale dell’86% delle madri e il 14% dei padri 41 . Tra
le motivazioni del mancato utilizzo in Emilia-Romagna di tale legge, si individuano la
non necessità di far ricorso a tale strumento (53,1% della popolazione) e la preferenza di
restare al lavoro (20%).
5.5 Le politiche per la conciliazione
Da oramai diversi anni si dibatte sul tema della conciliazione tra vita lavorativa e vita
familiare, su quali sono i bisogni, quali le difficoltà, quali le politiche e gli interventi da
attuare per ottenere determinati risultati. Innanzitutto, bisogna sottolineare che
conciliare significa trovare un equilibrio al meglio tra diversi ambiti, di vita e di lavoro,
pubblici e privati ed è problema che riguarda sia le donne sia gli uomini. Quindi un
primo approccio al problema evidenzia la presenza sia dell’uomo che della donna, ove
conciliazione non rimane un problema esclusivamente femminile 42 .
La conciliazione per una persone riguarda differenti ambiti della propria vita che
coesistono insieme, in tempi e contesti uguali e/o differenti:
• lavoro (rigido, flessibile, determinato, indeterminato, part-time, full time,
dipendente, autonomo);
• cura degli altri (figli, anziani, disabili);
• formazione, studio, lettura, corsi;
• tempi delle città e trasporti;
• servizi per l’infanzia (nidi, scuola materne, ludoteche) e per anziani
(residenziali, domiciliari);
• cura di sé, ozio, riposo;
• lavori domestici;
• salute, prevenzione, cura.
L’individuo durante l’intera vita deve confrontarsi con i propri bisogni, con i bisogni
degli altri, con il contesto in cui vive, con i servizi che lo stesso contesto offre, con le
istituzioni, con gli attori locali e con la cultura espressa dal territorio.
Parlare allora di politiche di conciliazione, significa considerare l’individuo nei suoi
aspetti multidimensionali, la conciliazione non è dunque un problema femminile, così
come il lavoro domestico non è solo responsabilità femminile. Un buon approccio
politico e programmatico per raggiungere obiettivi di conciliazione è considerare
l’individuo come portatore di differenti modalità di gestire il proprio tempo, di
organizzare il proprio lavoro e di rapportarsi con il mondo del lavoro, valorizzando la
persona per i contributi che può apportare in quanto individuo partecipante ad un
processo di sviluppo socio-economico.
41
ISTAT – Ministero pari opportunità – Linda Laura Sabbatici – Conciliazione dei tempi di vita e
denatalità, dicembre 2005
42
Isfol, Conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare - Integrazione delle politiche e problemi di
valutazione, aprile 2005
254

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Uomini e donne portano con sé un differente comportamento nel mercato del lavoro che
deve essere studiato e valorizzato per pervenire ad un migliore sviluppo. Ad esempio le
donne hanno un forte legame per la cura degli altri, anche a discapito della propria cura
e del proprio inserimento nel mercato del lavoro. Questo particolare comportamento può
aiutare il politico a comprendere meglio il mercato ed a intervenirvi per modificarlo.
Il policy maker è chiamato quindi ad un grande sforzo di analisi ed articolazione delle
politiche di conciliazione, che non può prescindere dalla individuazione dei bisogni del
territorio e dei settori di intervento e relativi soggetti coinvolti in maniera integrata nel
raggiungimento degli obiettivi di conciliazione.
5.5.1 Individuazione dei bisogni
Al fine di realizzare una programmazione integrata e unitaria delle politiche regionali a
favore della conciliazione è utile evidenziare attraverso una tabella i fabbisogni
territoriali (servizi) legati alle differenti condizioni lavorative delle donne e degli uomini
(occupati/e e non occupati/e) alla situazione familiare (presenza di figli e/o persone a
carico).
I bisogni, infatti, variano a seconda della presenza della donne nel mercato del lavoro, in
quanto l’organizzazione giornaliera del tempo differisce secondo la tipologia del
contratto lavorativo che si possiede: la lavoratrice dipendente probabilmente avrà
maggiori rigidità nell’organizzazione dei propri tempi dovendo rispettare quelli che
sono i tempi della azienda in cui lavora. Per queste ragioni, la flessibilità di orario dei
servizi offerti dal territorio potrebbe essere un bisogno primario. Le lavoratrici con
contratto atipico potrebbero essere assimilate alle lavoratrici dipendenti in quanto nella
maggior parte dei casi i contratti a progetto o occasionali sono finti travestimenti di
situazione di dipendenza occupazionale.
Le donne autonome e le imprenditrici, invece, potrebbero sentire meno prioritarie le
esigenze nell’organizzazione del tempo, in quanto potenziali titolari della gestione del
proprio tempo, quindi i loro fabbisogni potrebbero essere individuati nella presenza di
servizi “tradizionali” per l’infanzia e per gli anziani, ma anche di modalità innovative
quali ad esempio la figura di sostituzione nel caso dell’imprenditrice.
L’attenzione alla tipologia di bisogno, infine, è certamente legata allo stato di famiglia
in cui si trova la donna, se all’interno di una coppia con o senza figli, con o senza
persone a carico oppure se donna sola. La tipologia di servizio richiesto dipende sia
dalla età dei bambini, sia dalla tipologia di dipendenza della persona a carico: anziano
autosufficiente e non, persona diversamente abile con differenti livelli e gravità della
disabilità.
255

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Tab. 6 Rilevazione dei fabbisogni per situazione familiare ed condizione lavorativa
Situazione
familiare
Figli 0-5 anni
Figli 0-16 anni
Condizione
lavorativa
Fabbisogni Disoccupate
Nido
Scuola
materna
Baby parking
Figure/servizi
sostitutivi
Baby sitting
Centri estivi
Accessibilità
SPI
Flessibilità
orario
Telelavoro
Congedi
partentali
Figli 6-16 anni Ludoteca
Disagio/anziano
non
autosufficiente
Anziano
autosufficiente
Disagio/anziano
non e auto
autosufficiente
Anziani non e
autosufficienti
Strutture
specialistiche
Assistenza
domiciliare
Servizi
sociali
ricreativi
Accessibilità
SPI
Flessibilità
orario
Telelavoro
Congedi
familiari
Non occupate Occupate
In cerca di
occupazione
Non FdL
(casalinghe)
Dipendenti Atipiche Autonome Imprenditrici
Nella tabella 6 sono stati evidenziati in una matrice i fabbisogni di strumenti e servizi
per la conciliazione in funzione alla condizione professionale della donna e della
composizione familiare.
Al fine di avere un quadro esaustivo dei bisogni territoriali, il decisore politico dovrebbe
tenere in considerazione anche i bisogni relativi ai sistemi di trasporto e
all’organizzazione degli orari e tempi delle città.
256

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
5.5.2 L’individuazione dei Soggetti e degli Strumenti programmatici e finanziari
Considerando la persona nella sua sfera multidimensionale, anche la politica di
conciliazione si presenta con un insieme integrato di politiche e settori di intervento e
una pluralità di soggetti coinvolti.
In particolare si individuano le seguenti aree di intervento:
• Politiche sociali: ricomprende i servizi per bambini (asili nido, scuole per
l’infanzia, ludoteche), servizi socio-assistenziali per anziani e disabili, interventi
di formazione finalizzati alla diffusione di competenze socio-assistenziali e
sanitarie, forme di detraibilità delle spese, trasferimenti monetari (assegni,
misure di accompagnamento, voucher di cura).
• Politiche dei trasposti, dei tempi delle città e dell’urbanistica: ricomprende la
gestione dei tempi delle città, gli orari di apertura e chiusura degli esercizi
commerciali, il mantenimento di un elevato livello di sicurezza delle città, la
gestione dei tempi e dei percorsi dei trasporti pubblici, la gestione
dell’architettura urbana dei servizi.
• Politiche di conciliazione e flessibilità nelle organizzazioni aziendali:
ricomprende tutti gli interventi finalizzati a modificare i tempi e modi di lavoro
al fine di realizzare una miglior conciliazione dei tempi (telelavoro, orario
flessibile, accordi sindacali, figure di sostituzione per le imprenditrici,
attivazioni di servizi specifici per la conciliazione nelle aziende, nidi aziendali,
servizio di lavanderia e/o di gestione amministrativa per espletare alcuni servizi
quali il pagamento di bollette.
• Politiche formative: ricomprende tutte quelle modalità di erogazione della
formazione che agevolano la partecipazione di persone con particolari necessità
conciliative (formazione e-learning, formazione per re-inserimento lavorativo,
misure di accompagnamento).
• Attività di diffusione e sensibilizzazione sulle politiche di conciliazione in
termini di legislazione e finanziamenti.
• Politiche fiscali: esiste una consistente discussione a livello nazionale in materia
di politiche fiscali differenziate per genere, le quali possono avere effetti positivi
sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro. Dalla proposta della
tassazione differenziata per genere (Alesina ed Ichino), agli incentivi fiscali a
sostegno della domanda del lavoro femminile, alla tassazione in base al
quoziente familiare, fino alla proposta sull’introduzione di un’imposta negativa;
riconoscendo un credito d’imposta per i familiari a carico, percepibile anche
come assegno, a chi ha un totale di detrazioni maggiore dell’imposta a carico 43 .
Una prima riflessione riguarda la titolarità delle aree di intervento individuate. Sono
molti i soggetti istituzionali, interessati dalle politiche di conciliazione, i quali
attraversano gli ambiti politici e il territorio (dal livello nazionale al livello comunale) in
materia trasversale. L’integrazione dei sistemi, con particolare riguardo ai sistemi
43 CNEL, Rapporto sul mercato del lavoro 2006, 18 luglio 2007
257

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
sociali, formativi, del lavoro ed economico-fiscale, diventa un elemento imprescindibile
per l’attuazione e la riuscita di tale politica.
Nella tabella seguenta sono stati descritti i contributi “in entrata” che le singole aree
tematiche possono apportare agli obiettivi di conciliazione e i contributi “in uscita” che
le stesse aree possono fornire ad obiettivi di differente natura (occupazionale,
imprenditoriale, sociale, demografico, ecc). La stessa tabella individua i soggetti titolari,
i canali di finanziamento disponibili, gli obiettivi perseguibili e gli indicatori necessari
per il monitoraggio e la valutazione. La complessità della tabella avvalora la tesi
secondo la quale le teorie economiche e politiche devono essere impostate attraverso
approcci multidimensionali e integrati.
258

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Tab. 7
Politica
Poliche sociali
Assessorato/Servi
zio Competente
Contributo in entrata
Canale di
finanziamento
Stato Detraibilità delle spese Risorse nazionali
Regione
Provincia
Comune
Privato
Economia
sommersa
Cofinanziamento strutture nelle aree
eleggibili
Formazione operatori socio-assistenziali,
educatrici familiari
Servizi di assistenza domiciliare
Studi, ricerche, analisi di modelli
Voucher alle famiglie per abbattere i costi
Certificazione e qualità delle strutture
Azioni di sensibilizzazioni
Voucher di conciliazione
Costruzione e gestione di strutture
FESR
FSE
Risorse
provinciali
Formazione operatori FSE
Costruzione e gestione di strutture in
ambito urbano
Convezioni con strutture private
Voucher alle famiglie per abbattere i costi
Risorse
comunali
Risorse
comunali
Risorse
comunali
Legislazione e regolamentazione regionale Fondi regionali
Detraibilità delle spese
Costruzione e gestione di strutture e servizi
Diversificazione dei servizi
Qualificazione del personale
Risorse
comunali
Risorse private
Lavoratrici domestiche straniere Risorse private
Politiche di conciliazione tra vita lavorativa e familiare
Contributo in uscita
(quale contributo apporta la
conciliazione alla politica
indicata)
Politiche occupazionali
La presenza e la fruibilità di
servizi per bambini e anziani può
favorire:
-l'occupabilità delle persone non
occupate e quindi l'aumento
dell'occupazione regionale;
- il mantenimento del posto di
lavoro in caso di presenza di
bambini e/o persone a carico
Imprenditorialità e lavoro
autonomo
La presenza e la fruibilità di
servizi per bambini e anziani può
favorire la creazione e il
mantenimento
dell'imprenditorialità femminile
Politiche demografiche
Aumento natalità
Obiettivo Indicatori rilevanti
Aumento dell’offerta di servizi alle
persone e di sistemi volti alla
conciliabilità dei tempi, flessibili nei
tempi e modalità di erogazione e
sostenibili nei costi
Riduzione dell’afflusso verso la
disoccupazione dei partecipanti di
sesso femminile del mercato del
lavoro
Riduzione dello scarto in materia di
occupazione tra lavoratrici senza
figli e quelle con figli di età
compresa tra 0-6 anni
Aumento del grado di copertura
della popolazione disaggregata per
genere rispetto alle diverse
tipologie di servizio
Aumento del tasso di natalità
Aumento del tasso di
sopravvivenza delle nuove imprese
femminili create che sono attive
ancora all’anno N+3
Incidenza della spesa per ricreazione e
cultura
Diffusione asili nidi
Capacità di sviluppo dei servizi sociali
Presa in carico degli anziani per il servizio
di assistenza domiciliare integrata
Incidenza del costo dell'ADI sul totale
della spesa sanitaria
Iscritti diversamente abili per scuola e
provincia_Scuola statale e non statale
Tassi generici di natalità, mortalità e
nuzialità per regione
Numero medio di figli per donna per
regione 2003-2006
Tasso di fecondità
Tasso di occupazione per genere con e
senza figli
Tasso di occupazione per genere (20-49
anni) per livello di istruzione e figli sotto i
12 anni
259

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Politica
Politica dei trasporti e dei tempi delle città, sicurezza, urbanistica
Assessorato/Servi
zio Competente
Contributo in entrata
Stato Attività di indirizzo
Regione
Comune
Definizione di norme per il coordinamento
da parte dei comuni degli orari degli
esercizi commerciali, dei servizi pubblici, e
degli uffici perfierici delle amministrazioni
pibbliche, la promozione dei tempi e degli
orari della città
Analisi di modelli organizzativi e di orario
nell'ambito della pubblica amministrazione
Analisi della sicurezza della città
Servizi di trasporto accessibili, frequenti,
veloci con tratte ed orari frendly:
piani territoriali degli orari
banche del tempo
Canale di
finanziamento
Legge 53/2000 art.
22
Fondo per
l'armonizzazione
dei tempi e delle
città
LR 2/2003
FSE Misura E1
Risorse regionali
Urbanistica: piani regolatori Risorse comunali
Contributo in uscita
(quale contributo apporta la
conciliazione alla politica
indicata)
Miglioramento della qualità di
vita nelle città
La realizzazione di piani territoriali
dei tempi e dei trasporti delle città
in considerazione dei bisogni
provenienti dalle esigenze di
differenti cittadini può condurre ad
un innalzamento dei livelli di vita,
ad un aumento della sicurezza
delle città e ad una maggiore
coesione sociale
Obiettivo Indicatori rilevanti
• Aumento dell’utenza femminile dei
servizi di trasporto,
• Maggior grado di soddisfazione
dell’utenza femminile per servizio di
trasporto,
• Aumento dell’accessibilità dei
servizi per disabili e anziani,
flessibili nei tempi e modalità di
erogazione e sostenibili nei costi,
• Aumento dei servizi di trasporto
pubblico con orari lunghi/flessibili,
• Aumento del livello di sisurezza
delle città.
Difficoltà delle famiglie nel raggiungere
negozi alimentari e/o mercati
Difficoltà delle famiglie nel raggiungere i
supermercati
Utilizzo di mezzi pubblici di trasporto
Trasporto pubblico locale nelle città
Indice di microcriminalità nelle città
Percezione delle famiglie del rischio di
criminalità nella zona in cui vivono
Presenza di servizi a supporto del
miglioramento della qualità della vita e a
supporto della conciliazione
Analisi delle diverse specificità in relazione
all’uso dei trasporti fra uomini e donne
Analisi della verifica delle modalità di
collegamento fra servizi di trasporto e
servizi di cura
Analisi dei tempi in relazione ai servizi di
trasporto.
260

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Politica
Politiche di conciliazione e flessibilità nelle organizzazioni aziendali
Politiche formative
Assessorato/Servi
zio Competente
Stato
Regione
Contributo in entrata
Misure a sostegno della flessibilità di orario:
a) forme di flessibilità di orario e di
organizzazione
b) formazione per il reinserimento
c) sostituzione del titolare di impresa o
lavoro autonomo
Canale di
finanziamento
L. 53/2000 art. 9
Congedi parentali L. 53/2000 art. 3
Promozione di iniziative sperimentali per la
stipula di accordi fra organizzazioni
imprenditoriali e sindacali che prevedano
forme di articolazione delle attività
lavorative volte a conciliare tenpi di vita e di
lavoro
Sperimentazione di nuovi modelli
organizzativi del lavoro
Telelavoro
Misure di accomampangamento
(sensibilizzazione alle leggi, ai congedi
parentali)
Sensibilizzazione sui nidi aziendali
LR 2/2003
FSE
Privato Iniziative private Risorse private
Regione
Provincia
Formazione a distanza
Formazione per re-inserimento lavorativo
Formazione a distanza
Formazione per re-inserimento lavorativo
FSE
FSE
Contributo in uscita
(quale contributo apporta la
conciliazione alla politica
indicata)
Imprenditorialità e lavoro
autonomo
La figura di sostituzione
dell'imprenditrici o della
lavoratrice autonomo promuove il
mantenimento dell'attività anche
in periodo di congedo per
maternità
Innovazione e competitività
Un'organizzazione dei tempi e dei
modi di lavoro friendly può avere
un effetto sulla produttività del
lavoratore/trice e dunque favorire
gli obiettivi di innovazione e
competitivtà
Governance
La promozione della conciliazione
può favorire lo sviluppo di forme
di governance tra gli attori del
sistema economico (datori di
lavoro, sindacati, associazioni di
categorie)
Miglioramento dell'accesso alla
formazione e aumento
dell'occupazione
Politiche demografiche
Aumento natalità
Obiettivo Indicatori rilevanti
Aumento del tasso di
sopravvivenza delle nuove imprese
femminili create che sono attive
ancora all’anno N+3
Maggior responsabilizzazione
dell'uomo nelle vita familiare
Ottimizzazione della gestione dei
tempi
Diffusione di una cultura del lavoro
a misura di uomini e donne
Aumento delle donne utenti dei
percorsi formativi
Aumento dell'occupazione
femminile
Congedi parentali per genere
Numero di accordi contrattuali
Numero imprese femminili
Tasso di occupazione per tipologia
contrattuale e per genere
Tasso di occupazione per genere con e
senza figli
Tasso di occupazione per genere (20-49)
anni per livello di istruzione e figli sotto i
12 anni
Tasso di occupazione femminile (over 40)
261

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
La tabella seguente, infine, evidenzia, la relazione tra le aree tematiche individuate, le
tipologie di intervento, l’integrazione dei sistemi coinvolti e gli Obiettivi Vispo che
vengono perseguiti.
Tab. 8
Conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare
Aree tematiche Tipologie di intervento Sistemi Vispo
Servizi pubblici con orari Governance e
frendly
sviluppo locale:
Politiche di
conciliazione
nell'organizzazione
delle città e dei servizi
Orari flessibili esercizi
commerciali
Banche dei tempi
Sicurezza delle città
Politiche familiari,
Enti locali, Pari
opportunità,
Innovazione
dell'azione
amministrativa,
Urbanistica,
Miglioramento delle
condizioni di vita
Strumenti amministrativi Sicurezza,
Ambiente
Servizi per l'infanzia
Sociale, Istruzione,
Pari opportunità
Miglioramento delle
condizioni di vita
Servizi di Welfare
(infanzia, anziani,
disabili, ecc)
Servizi per gli anziani
Servizi per le persone
diversamente abili
Sociale, Sanitario,
Pari opportunità
Sociale, Sanitario,
Pari opportunità
Miglioramento
dell'accessibilità al mercato
del lavoro e formazione
Servizi di assistenza
Telelavoro, part-time, job
sharing
Politiche di
Banca delle ore
conciliazione e
flessibilità nelle
Orario flessibile
organizzazioni
aziendali Integrazione dei soggetti:
lavoratori/trici, azienda,
sindacati, enti locali
Formazione
Formazione e-learning
Re-inserimento lavorativo
Voucher Voucher di conciliazione
Congedi parentali Congedi parentali
Politiche Fiscali
Tassazione differenziata,
incentivi fiscali
Sociale, Lavoro,
Sanitario, Pari
opportunità
Lavoro, Pari
opportunità
Lavoro, Pari
opportunità
Lavoro, Pari
opportunità
Lavoro, Pari
opportunità
Formazione, Pari
opportunità
Formazione, Pari
opportunità
Formazione,
Lavoro, Pari
opportunità
Lavoro, Pari
opportunità
Economico
Miglioramento situazione
lavorativa e redistribuire il
lavoro di cura
Miglioramento situazione
lavorativa e redistribuire il
lavoro di cura
Miglioramento
dell'accessibilità al mercato
del lavoro e formazione
Miglioramento situazione
lavorativa e redistribuire il
lavoro di cura
Miglioramento situazione
lavorativa e redistribuire il
lavoro di cura
Miglioramento situazione
lavorativa e redistribuire il
lavoro di cura
262

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
5.6 La programmazione regionale sulle politiche di genere e sulla conciliazione tra
vita lavorativa e familiare tra passato e futuro
La promozione dell’uguaglianza tra uomini e donne e del principio del mainstreaming
di genere ha rappresentato e rappresenta per la Regione Emilia-Romagna un importante
traguardo da realizzare attraverso un percorso al quale sono chiamati a partecipare tutti
gli attori socio-economici del territorio. Lo sforzo dell’amministrazione regionale in
questi ultimi anni di programmazione è stato quello di integrare l’ottica di genere in tutti
gli ambiti di intervento politico, attraverso la sinergia di più fonti di finanziamento
(europei, nazionali, regionali e privati) e l’inizio di un percorso finalizzato alla
realizzazione di una programmazione per le politiche di genere basata sui principi del
coordinamento, dell’integrazione e dell’approccio partecipativo. In particolare,
l’attenzione alle politiche di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare ha avuto
una progressione crescente nel tempo, in quanto gli amministratori hanno preso
coscienza della rilevanza della tematica in questione per promuovere la partecipazione
delle donne al mercato del lavoro
La Regione Emilia-Romagna ha, infatti, individuato soprattutto nel canale finanziario
del FSE Ob.3 uno strumento di promozione delle politiche di genere, dunque il FSE ha
avuto un ruolo fondamentale nell’ambito di tale strategia e nell’attivazione e
sperimentazione di interventi a favore della conciliazione.
Già nel Rapporto di valutazione intermedia del POR Ob. 3 si era evidenziato che la
Regione ha utilizzato l’Asse E come Asse di sistema, conferendogli una particolare
valenza a carattere generale soprattutto per la realizzazioni di interventi che mirano a
diffondere una cultura di genere all’interno delle istituzioni, delle parti sociali e di tutti
gli operatori del sistema. Le azioni di sistema, inoltre, hanno avuto l’obiettivo di
diffondere una cultura del lavoro più conciliativa, tentando di intervenire e modificare la
cultura dell’organizzazione del lavoro nei tempi e nelle modalità.
Sulla base dei punti di forza e di criticità degli interventi realizzati nel triennio 2000-
2002 e in un’ottica di riprogrammazione, il Rapporto di valutazione intermedia
suggeriva di porre maggiore attenzione al tema della conciliazione tra vita lavorativa e
familiare. L’attività di ri-programmazione del POR ha confermato l’obiettivo della
Regione di proseguire negli obiettivi già definiti nel POR per le pari opportunità per il
restante periodo di programmazione del FSE, con particolare attenzione verso tutte
quelle iniziative volte a conciliare gli impegni familiari con le attività lavorative e le
carriere, favorendo l’integrazione tra le politiche del lavoro e le politiche sociali.
La programmazione regionale continua a sostenere le politiche pari opportunità e
mainstreaming di genere nelle Linee di programmazione e Indirizzi per il sistema
formativo e per il lavoro 2007/2010. Nello specifico si individuano quattro direttrici di
intervento:
− percorsi orientativi e formativi per il superamento della segregazione orizzontale
e verticale;
263

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
− un’offerta di servizi alle persone e ai sistemi volti alla conciliazione, flessibili
nei tempi e nelle modalità di erogazione e sostenibili nei costi;
− interventi finalizzati alla desegregazione orizzontale nei percorsi dell’istruzione
e della formazione per la promozione della partecipazione femminile ai processi
di innovazione, di sviluppo e di trasferimento tecnologico;
− azioni volte a sostenere l’imprenditorialità femminile e l’avvio di lavoro
autonomo con particolare attenzione ai settori ad alta innovazione.
Considerando i dati provenienti dal mercato del lavoro che rilevano la persistenza di
fenomeni di precarizzazione, di criticità nei processi di transizione e in relazione ai temi
della qualità, della stabilità e della sicurezza del lavoro, la Regione, continuando ad
applicare quanto previsto nella LR 17/2005, si impegna ad attivare misure finalizzate
alla stabilizzazione e alla qualità del lavoro, con attenzione anche alle azioni per la
conciliazione. Nell’ottica della valorizzazione della formazione lungo tutto l’arco della
vita e delle politiche di adattabilità, il tema della conciliazione viene sostenuto quale
strumento per elevare la qualità del lavoro. Altro strumento individuato risultano gli
assegni di servizio per sostenere l'accesso, la permanenza nel mercato del lavoro e la
progressione di carriera di persone con significativi carichi di cura.
Un altro importante canale di sostegno alle politiche di finanziamento proviene dalle
politiche per la famiglia. Il Documento di Programmazione Economico-Finanziario
della Regione Emilia-Romagna 2007-2011, in continuità con le precedenti
programmazioni, prevede importanti supporti per le famiglie che si trovano ad
affrontare situazioni di difficoltà legate alla cura di un componente della famiglia non
autosufficiente.
Gli obiettivi principali di questa area di politica riguardano la qualificazione dei servizi
esistenti e la sperimentazione di nuovi servizi e nuovi interventi per le famiglie che
assistono persone anziane o con disabilità, tra i quali:
• innovare e qualificare il sistema dei servizi esistenti per la popolazione anziana e
non autosufficiente al fine di garantire maggiore estensione, flessibilità e capacità di
copertura dei bisogni (ridisegnare la rete dei servizi per le persone non
autosufficienti, consolidare, qualificare e sviluppare la misura dell’assegno di cura;
diffondere e consolidare la sperimentazione di soluzioni innovative di residenzialità
protetta; sviluppare il ruolo di sostegno delle strutture residenziali per le famiglie
che assistono anziani a domicilio; promuovere un programma di qualificazione delle
strutture residenziali).
• qualificare e integrare nella rete dei servizi il lavoro di cura svolto dagli assistenti
familiari, promuovendo la diffusione ed il consolidamento delle esperienze più
significative e servizi di sostegno omogenei su tutto il territorio regionale;
• sperimentare nuove modalità di sostegno, di aiuto, ed anche di intervento in caso di
emergenza, per un’ampia fascia di popolazione anziana che in condizioni normali
non necessita ancora di specifici servizi di cura.
Dal punto di vista operativo, nel 2005, sono stati finanziati 36 progetti, per un totale di
1.630.000 euro, relativi ad attività innovative e sperimentali di valenza regionale
destinate principalmente a contrastare l’isolamento e la solitudine e ad aumentare
l’autonomia delle persone anziane.
264

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Altrettanto rilevanti per le politiche a favore della conciliazioni risultano le politiche per
l’infanzia. Il DPEF prevede i seguenti obiettivi:
• rafforzare il ruolo informativo, di orientamento e di sostegno alla famiglia e alla
genitorialità offerto dai Centri per le famiglie;
• promuovere il rafforzamento e la qualificazione ulteriore dei servizi per la prima
infanzia (0-3 e 3-6), il progressivo superamento degli squilibri territoriali riguardo
alla distribuzione dei servizi, sia in ambito provinciale, sia regionale;
• potenziare lo sviluppo dei servizi sociali per agire tempestivamente nelle situazioni
di disagio familiare e qualificare le prestazioni per i bambini e i ragazzi che sono
nell’impossibilità temporanea o permanente di rimanere nel nucleo familiare di
origine;
• proseguire nell’attività di promozione delle opportunità e della partecipazione dei
bambini e dei ragazzi alla vita della comunità;
• sostenere e rafforzare il processo d'integrazione delle politiche regionali di settore
(urbanistica, mobilità, ambiente, sicurezza, salute, scuola, formazione, sociale, etc.)
con particolare riguardo all'impatto su infanzia e adolescenza, anche attraverso
l'attività del Gruppo Tecnico Interassessorile costituito ai sensi della L.R. 10/2004.
Infine, la nuova programmazione 2007/2013 del FSE non prevede più una specifica
Misura dedicata alla promozione delle pari opportunità tra uomini e donne e, quindi,
non riserva risorse finanziarie per questa politica. Nonostante la mancanza dell’input
“obbligatorio” europeo, il Programma Operativo della Regione Emilia-Romagna ha
tenuto conto dei risultati della precedente programmazione e ha inserito sia azioni
dirette al raggiungimento delle pari opportunità sia azioni trasversali di mainstreaminng
di genere.
In particolare, si individua un obiettivo specifico che prevede di Promuovere la
partecipazione delle donne all’occupazione, attraverso azioni specifiche e iniziative
finalizzate allo sviluppo del mainstreaming di genere, centrate in particolare sulla
conciliazione tra tempi di lavoro, di vita e di cura.
Quindi, la politica regionale dedicata alla promozione delle pari opportunità tra uomini
e donne e al mainstreaming di genere intende sostenere sia l’occupabilità sia
l’adattabilità delle donne nel mercato del lavoro, attraverso interventi finalizzati a
colmare le criticità ancora aperte quali: formazione continua per lavoratrici anziane,
formazione per sostenere la carriera delle donne, misure a favore della conciliazione.
265

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
5.7 Le realizzazione del POR Ob. 3 2000-2006 della Regione Emilia-Romagna per
la politica di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare
5.7.1 I progetti
Obiettivo del presente paragrafo è quello di fornire un quadro complessivo degli
interventi realizzati a favore della conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare dalla
Regione Emilia-Romagna e dalle Province attraverso il canale di finanziamento del
POR Ob. 3 2000-2006.
In questo periodo di transizione, nel quale le pubbliche amministrazioni si dedicano a
delineare le linee direttrici per il futuro, uno sguardo particolarmente attento al passato
sugli obiettivi raggiunti e non raggiunti, rappresenta per i policy makers una fonte
attraverso la quale ragionare e riflettere in relazione alla definizione degli obiettivi delle
politiche a favore della conciliazione, in relazione alla scelta di quali strumenti e
interventi continuare a sostenere e quali invece non finanziarie più in quanto non hanno
portato i risultati previsti e/o non sono più sostenibili dal punto di vista finanziario, ed
infine, in funzione di quali destinatari privilegiare.
L’analisi valutativa rende conto, quindi, alla Regione e alle Province, dei risultati
ottenuti in termini di tipologie di progetti, di tipologie di target intercettate e di costi
sostenuti. La metodologia di valutazione è stata finalizzata ad individuare i progetti che
si ritenevano rilevanti per la diffusione di una cultura conciliativa in un’ottica di
integrazione dei sistemi. In particolare i progetti sono stati suddivisi secondo le seguenti
tematiche, così come descritte precedentemente:
• Servizi socio-assistenziali ed educativi
• Conciliazione nelle organizzazioni aziendali
• Servizi per l'infanzia
• Conciliazione nella formazione
• Diffusione di strumenti per la conciliazione (normative)
• Conciliazione nei servizi pubblici
• Interventi di conciliazione nell’imprenditorialità femminile
Tab. 9 Progetti sulla conciliazione per tematica e anni
TEMATICHE CONCILIAZIONE
Servizi socio-assistenziali ed
2000 2001 2002
Anni
2003 2004 2005 2006 Totale
educativi 131 109 58 6 56 67 81 508
Conciliazione nelle organizzazioni 10 25 2 3 3 3 6 52
Servizi per l'infanzia 11 5 3 5 3 4 8 39
Conciliazione nella formazione 0 12 6 0 3 6 1 28
Diffusione strumenti conciliazione 0 5 3 2 2 3 3 18
Conciliazione nei servizi pubblici 0 5 0 0 0 0 0 5
Imprenditorialità femminile 0 0 0 0 1 0 2 3
Totale 152 161 72 16 68 83 101 653
% per riga 23,3 24,7 11,0 2,5 10,4 12,7 15,5 100,0
266

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Nell’arco della programmazione 2000-2006 si è evidenziata una più alta presenza di
progetti sulla conciliazione vita-lavoro soprattutto nei primi 3 anni di programmazione.
Si è poi avuta una flessione nell’anno 2003, probabilmente legata alle aspettative sugli
esiti della valutazione intermedia e alla ri-programmazione del POR. Negli ultimi tre
anni, infine, c’è stata un progressivo aumento dei progetti.
Grafico 2
%
30,0
25,0
20,0
15,0
10,0
5,0
0,0
Progetti conciliazione per anno
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Anni
% progetti
Nel complesso i progetti individuati sono 653. Essi si distribuiscono tra le 9 Province
della Regione Emilia-Romagna con un’incidenza complessiva pari all’87,3%. La
Regione Emilia-Romagna ha approvato 83 attività pari al 12,7% del totale del sestennio.
Nel periodo 2000-2003 complessivamente sono state approvate la maggior parte degli
interventi (401 contro 252 del triennio 2004-2006).
Tab. 10 Progetti sulla conciliazione per tematica e Piano di riferimento
TEMATICHE CONCILIAZIONE Totale
Province
Piano di riferimento
Regione
Emilia-
Romagna
Totale
% per
colonna
Servizi socio-assistenziali ed
educativi
494 14 508 77,8
Conciliazione nelle organizzazioni 22 30 52 8,0
Servizi per l'infanzia 36 3 39 6,0
Conciliazione nella formazione 7 21 28 4,3
Diffusione strumenti conciliazione 8 10 18 2,8
Conciliazione nei servizi pubblici 0 5 5 0,8
Imprenditorialità femminile 3 0 3 0,5
Totale anni 2000-2006 570 83 653 100,0
% per riga 87,3 12,7 100,0
Totale anni 2000-2003 335 66 401 61,4
% per riga 2000-2003 83,5 16,5 100,0
Totale anni 2004-2006 235 17 252 38,6
% per riga 2004-2006 93,3 6,7 100,0
267

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Come si evince dal Grafico 3, la maggior parte degli interventi riguarda il settore dei
servizi socio-assistenziali ed educativi, finalizzati a formare personale qualificato per
l’assistenza di persone anziane, disabili e bambini, interventi a titolarità provinciale.
Seguono poi, in misura minor, i progetti finalizzati a realizzare la conciliazione
all’interno del settore economico privato (52 progetti), principalmente finanziati dalla
Regione.
Grafico 3
Progetti conciliazione per tipologia di intervento
Servizi socio-assistenziali
ed educativi
Conciliazione nelle
organizzazioni
Servizi per l'infanzia
Conciliazione nella
formazione
Diffusione strumenti
conciliazione
Conciliazione nei servizi
pubblici
Imprenditorialità femminile
Oltre ai servizi dedicati agli anziani e alle persone non autonome, le Province hanno
finanziato progetti per la formazione di operatori dei servizi per l’infanzia (39 progetti).
Azioni legate alla conciliazione nella formazione, nei servizi pubblici e alla diffusione
di strumenti e della legislazione sulla conciliazione hanno trovato terreno di
realizzazione soprattutto nella politica a titolarità regionale. Infine, alcuni progetti hanno
preso in considerazione le esigenze di conciliazione della donna imprenditrice (3
progetti, di cui uno riguardante il settore agricolo).
Tab. 11 Progetti sulla conciliazione per tematica e macrotipologia formativa
TEMATICHE CONCILIAZIONE
Macrotipologia di azione
Persone Sistemi Accompagnamento
Totale
Servizi socio-assistenziali ed
educativi 485 14 9 508
Conciliazione nelle organizzazioni 20 20 12 52
Servizi per l'infanzia 35 3 1 39
Conciliazione nella formazione 12 14 2 28
Diffusione strumenti conciliazione 2 12 4 18
Conciliazione nei servizi pubblici 0 5 0 5
Imprenditorialità femminile 2 1 0 3
Totale anni 2000-2006 556 69 28 653
% per riga 85,1 10,6 4,3 100,0
Totale anni 2000-2003 345 47 9 401
% per riga 86,0 11,7 2,2 100,0
Totale anni 2004-2006 211 22 19 252
% per riga 83,7 8,7 7,5 100,0
268

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La maggior parte degli interventi sono azioni rivolte alle persone (85,1%),
evidentemente questo dato è legato alla scelta di considerare nella valutazione anche i
corsi di formazione per operatori socio-sanitari, in una logica di integrazione dei
sistemi. Le azioni di sistema rappresentano il 10,6% del totale dei progetti e più della
metà sono state avviate nei primi anni di programmazione. Questo dato è ovviamente
legato all’importanza delle azioni di sistema che vanno ad agire su strutture e
competenze nel settore della conciliazione, interventi pertanto di lunga durata ed anche
propedeutici per successive azioni. Le misure di accompagnamento, infine, risultano
molto inferiori (28) e contrariamente alle altre due tipologie di azione sono aumentate
nel triennio 2004-2006.
Tab. 12 Progetti sulla conciliazione per tematica e Assi
TEMATICHE CONCILIAZIONE
Assi
A B C D E Totale
Conciliazione nei servizi pubblici 0 0 6 0 5 5
Conciliazione nella formazione 1 0 0 1 20 28
Conciliazione nelle organizzazioni 1 0 0 4 47 52
Diffusione strumenti conciliazione 0 0 0 0 18 18
Imprenditorialità femminile 0 0 0 0 3 3
Servizi per l'infanzia 9 0 2 5 23 39
Servizi socio-assistenziali ed
educativi 206 17 16 137 132 508
Totale anni 2000-2006 217 17 24 147 248 653
% per riga anni 2000-2006 33,2 2,6 3,7 22,5 38,0 100,0
Per quanto attiene il contenuto e le finalità dei progetti sono emerse le seguenti
considerazioni. Gli interventi nel settore socio-assistenziale ed educativo realizzati sono
stati corsi di formazione per la promozione di figure professionali quali:
• educatrice familiare: operatrice di servizi educativi privati per la prima infanzia
• servizi di assistenza domiciliare qualificata alle famiglie
• organizzatrice di attività ludiche per bambine e bambini
• addetta ai servizi alla persona con particolare riferimento agli anziani
• animatore per anziani
• animatore socio.educativo
• assistente familiare
• assistente familiare a domicilio
• badanti
• Educatrice familiare/domiciliare
• Operatore socio-familiare, socio-sanitario
In un’ottica di mainstreaming, nella misura D1 sono stati finanziati interventi finalizzati
allo sviluppo delle competenze del personale ausiliario dei servizi per l'infanzia (0-6
anni) e delle mense scolastiche operante nel privato sociale, all’innovazione
metodologiche nel servizio agli anziani e dei minori. La misura B1 ha contribuito con
269

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progetti finalizzati alla formazioni di operatori e assistenti alle famiglie, mentre la
Misura A2 con educatori extra-scolastici nei servizi per l'infanzia e l'adolescenza
Altri interventi, infine, sono stati finalizzati all’innalzamento della qualità del sistema
sociale in un’ottica di integrazione e di costruzione di reti territoriale con particolare
riguardo ai servizi educativi e ai servizi domiciliari.
Il tema dell’aumento dei servizi all’infanzia si lega ad un progetto fondato su una
pratica di governance territoriale tra attori sociali e istituzionali diversi-dall’ente locale,
all’impresa, all’impresa sociale, all’organizzazione di donne-, la cui finalità è la
sperimentazione di un approccio complesso alla conciliazione, fra cui anche quella di
aumentare la disponibilità dei servizi. Si tratta del progetto “La Rete In/Comune”
ovvero la creazione di un sistema integrato, sul territorio comunale di Forlì, di azioni
centrate sulla conciliabilità di vita familiare e lavorativa di diversi soggetti, nel quale il
Comune assume un ruolo di promotore e coordinatore”. Favorire la creazione di
un’offerta diversificata e flessibile di servizi locali a sostegno della vita quotidiana è una
strategia cruciale che si propone come una priorità rispetto a cui sono chiamati ad
intervenire sia il sistema di welfare mix sia il sistema delle imprese con una nuova
cultura di responsabilità sociale.
I progetti più interessanti aventi come oggetto la conciliazione nei servizi pubblici
hanno avuto come finalità un’analisi dei modelli organizzativi e di orario che
caratterizzano i servizi della sanità pubblica (Geografia dei tempi. Analisi dei modelli
organizzativi e di orario che caratterizzano i servizi della sanità pubblica) e un’analisi
sul “tempo delle donne", nello specifico finalizzata ad un miglioramento organizzativo
nei servizi di pubblica utilità (Il tempo delle donne - il miglioramento organizzativo nei
servizi di pubblica utilità).
Un altro progetto 44 ha riguardato il miglioramento del rapporto tra le donne e la città
con l'obiettivo di potenziare la partecipazione e l'autorità delle donne nello spazio
pubblico restituendo agli amministratori strumenti utili ad attivare e garantire una
costante partecipazione democratica. Attraverso un modello di intervento-partecipato,
sperimentato in alcuni quartieri della città di Bologna, l'obiettivo è stato quello di
sensibilizzare le istituzioni locali, gli enti pubblici e privati del territorio all'adozione di
un approccio di genere nel "governo dei problemi della città", nonché di produrre
maggiore sicurezza, fiducia e familiarità nei luoghi di vita quotidiana e di avviare un
processo di produzione culturale relativamente alle relazioni femminili con gli spazi
sociali, in particolare rispetto alla "questione della sicurezza". Il progetto ha indagato in
che modo le percezioni di in/sicurezza si declinano nello spazio urbano, interpellando,
nella veste di esperte, donne residenti nei quartieri sondati.
I progetti realizzati con il FSE 2000-2006, nella cornice delle politiche dei tempi della
città, hanno riprodotto in nuovi contesti urbani un modello operativo, come il Piano
degli orari, sviluppandolo in termini di strumenti per rendere operative le finalità
espresse. Questo percorso sembra ancora tutto da percorrere, i progetti individuati
dovrebbero incentivare un cambiamento: il rapporto tra tempo obbligato e tempi scelti.
44 Enaip Emilia Romagna, WWE Esplora la città con gli occhi delle donne, Bologna 2001.
270

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Gli obiettivi da porsi potrebbero riguardare la rivitalizzazione del centro storico, l’uso
collettivo dello spazio pubblico, gli orari certi della Pubblica amministrazione, una
maggiore fruizione del patrimonio culturale cittadino, i servizi territoriali per la
popolazione temporaneamente presenti per motivi culturali, turistici e amministrativi.
Altri progetti legati al tema della conciliazione sono stati quelli finalizzati a
sperimentare nuovi modelli di organizzazione del lavoro più flessibili all’interno delle
aziende e più vicini ad un’organizzazione del lavoro family friendly. I progetti di
cambiamento organizzativo hanno riguardato sia aziende private, sia parti sociali
(associazione di categoria), ed altri ancora si sono proposti di sviluppare delle
competenze e delle conoscenze necessarie per la promozione, progettazione e gestione
del cambiamento organizzativo.
Tra i vari modelli proposti, si può notare la presenza di progetti a favore della diffusione
del telelavoro (modalità lavorativa) e della formazione a distanza (modalità di accesso al
sistema formativo), che quando sono praticabili possono soddisfare le esigenze di una
donna con famiglia che sente l’esigenza di lavorare o di formarsi. E’ evidente come la
spinta più importante sia stata data soprattutto dalla Misura E1 e come invece la
trasversalità della politica abbaia avuto meno impatto.
Infine alcuni progetti sono stati indagini, ricerche e misure di sensibilizzazione
finalizzati a diffondere e a far conoscere tutte le opportunità a favore del tema della
conciliazione, già esistenti a livello legislativo, nazionale e regionale (soprattutto la
legge sui congedi parentali 53/2000), all’interno del contesto sociale. Altri ancora hanno
avuto come oggetto la sensibilizzazione e animazione sul tema della conciliazione e sul
problema dei servizi, sulla gestione di nidi aziendali
Interessante è verificare quali Assi hanno contribuito all’attuazione degli obiettivi di
conciliazioni pre-fissati dalla Regione. Si evidenziano numerosi progetti nell’ambito
dell’Asse E (248) e dell’Asse A (206). Si deve, tuttavia, rilevare che l’Asse A ha
finanziato soprattutto il settore dei servizi socio-assistenziali, così come gli altri Assi D,
B e C, anche se in misura minore. E’, dunque, evidente il ruolo dell’Asse E, quale fonte
per gli interventi più innovativi e sperimentali per la conciliazione.
271

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Grafico 4
N. Progetti
300
250
200
150
100
50
0
Progetti conciliazione per Assi
A B C D E
Parallelamente al numero dei progetti, risulta interessante la valutazione della rilevanza
finanziaria del contributo che il FSE ha dato alle politiche di conciliazione.
Come rileva la tabella, il costo totale dei progetti per la conciliazione è stato pari a quasi
48 milioni di euro, ovvero il 3,4% di tutto il contributo finanziario approvato nel
periodo 2000-2006. La Misura E1 ha avuto un ruolo fondamentale, in quanto il
principio di obbligatorietà ad essa collegato ha sicuramente facilitato l’attuazione di
politiche di pari opportunità. Questi pochi dati che si forniscono, pertanto, dovrebbero
far riflettere il decisore politico, da un lato sul fabbisogno di tipo finanziario necessario,
dall’altro sui bisogni specifici provenienti dal tessuto socio-economico rispetto alle
politiche di conciliazione vita-lavoro.
Assi
Tab. 13 Progetti sulla conciliazione per tematica e Costo
TEMATICHE
CONCILIAZIONE
Costo per Assi
A B C D E Totale
% per
colonna
Servizi socio-assistenziali
ed educativi 18.778.032,8 887.958,6 942.342,0 6.359.626,0 8.144.276,4 35.112.235,8 73,5
Conciliazione nelle
organizzazioni 75.919,2 0,0 0,0 447.295,4 3.956.980,3 4.480.194,9 9,4
Conciliazione nella
formazione 34.560,0 0,0 2.010.455,0 168.600,0 1.410.290,4 3.623.905,3 7,6
Servizi per l'infanzia 438.038,4 0,0 152.312,6 94.313,2 1.173.067,9 1.857.732,0 3,9
Diffusione strumenti
conciliazione 0,0 0,0 0,0 0,0 1.737.318,3 1.737.318,3 3,6
Conciliazione nei servizi
pubblici 0,0 0,0 0,0 0,0 836.556,9 836.556,9 1,8
Imprenditorialità
femminile 0,0 0,0 0,0 0,0 118.040,0 118.040,0 0,2
Totale 19.326.550,4 887.958,6 3.105.109,6 7.069.834,5 17.376.530,1 47.765.983,1 100,0
% per riga anni 2000-
2006 40,5 1,9 6,5 14,8 36,4 100,0
Totale POR 2000-2006 476.042.560,2 123.919.167,1 362.806.234,7 277.917.801,4 132.633.982,2 1.410.187.546,3 *
% spesa conciliazione sul
tot POR 4,1 0,7 0,9 2,5 13,1 3,4
* Il Totale POR include
anche l'Asse F
272

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
5.7.2 I destinatari
Alcune brevi considerazioni sui destinatari coinvolti nei progetti finalizzati alla
diffusione della conciliazione tra vita lavorativa e familiare. I dati riportati si riferiscono
a 189 progetti dei 252 approvati nel triennio 2004-2006, di cui 168 rivolti alle persone,
12 ai sistemi e 12 misure di accompagnamento.
Tab. 14 Destinatari per tematica e genere
Tematica conciliazione F M Totale
% per
colonna
Servizi socio-assistenziali ed educativi 3702 475 4177 92,6
Servizi per l'infanzia 252 0 252 5,6
Conciliazione nelle organizzazioni 45 1 46 1,0
Imprenditorialità femminile 23 0 23 0,5
Conciliazione nella formazione 13 0 13 0,3
Totale 4035 476 4511 100,0
% per riga 89,4 10,6 100,0
Le considerazioni sui destinatari sono quasi completamente correlate ai progetti relativi
alla formazione di operatori nei servizi socio-assistenziali e per l’infanzia, infatti il
98,2% di essi sono stati coinvolti in tali interventi.
Tab. 15 Destinatari per classe di eta’ e genere
Genere 15-19
anni
20-24
anni
25-29
anni
30-34
anni
Classi di età
35-44
anni
45-49
anni
50 e
oltre Totale
% per
colonna
F 164 424 630 675 1381 457 304 4.035 89,4
M 18 109 110 87 120 23 9 476 10,6
Totale 182 533 740 762 1501 480 313 4.511 100,0
% per riga 4,0 11,8 16,4 16,9 33,3 10,6 6,9 100,0
Le persone coinvolte sono state 4511, prevalentemente donne (89,4%) anche se gli
uomini costituiscono una parte rilevante (10,6%), essi hanno partecipato ai corsi per
operatori socio-assistenziali.
273

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Grafico 5
Destinatari per genere
11%
L’analisi per classi di età evidenzia la preponderante partecipazione soprattutto di
persone con età compresa tra i 35 e i 44 anni, età assolutamente rappresentativa per le
esigenze e necessità di conciliazione che possono avere le donne, in quanto
potenzialmente legata al periodo della maternità e a problemi di re-inserimento nel
mondo lavorativo. Nell’insieme le persone con più di 35 anni rappresentano più del
50% del totale dei destinatari.
Grafico 6
N. destintari
1600
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
89%
Destinatari per classi di età
15-19 20-24 25-29 30-34 35-44 45-49 50 e
oltre
Classi di età
F
M
Serie1
Il titolo di studio dei partecipanti risulta di medio livello (diploma superiore e/o
qualifica professionale) per il 54,5% degli allievi e di basso livello (fino al primo
biennio superiore) per il 39,6% dei destinatari. Questo dato ha un duplice significato: da
un lato è conseguenza della presenza di numerosi progetti di formazione per gli
operatori del sistema socio-assistenziale, corsi ai quali possono partecipare persone
diplomate. Dall’altro, può essere il sintomo della carenza sia di politiche a favore di
conciliazione sia di espresse manifestazioni di un fabbisogno di offerte di servizi
conciliativi da parte di donne che lavorano in settori e ruoli professionali
274

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
sottorappresentati rispetto alla presenza maschile (come nel caso dei ruoli dirigenziali,
imprenditoriali, ecc.).
Tab. 16 Destinatari per genere e titolo di studio 45
Sesso
Basso
Titolo di studio
Medio Alto Totale
F 1635 2150 250 4035
M 151 308 17 476
Totale 1786 2458 267 4511
% per riga 39,6 54,5 5,9 100,0
% F sul Tot F 40,5 53,3 6,2
Per quanto concerne la condizione occupazionale, rileva che il 57,3% dei destinatari
sono in cerca di nuova occupazione, questo significa che le politiche hanno incrociato le
persone con problemi di re-inserimento nel mondo del lavoro. Altro dato rilevante è la
presenza di 1127 (pari al 25% del totale) degli occupati alle dipendenze, si tratta da un
lato di percorsi di formazione per personale occupato all’interno dei servizi socioassistenziali,
dall’altro di progetti più innovativi che hanno riguardato i dipendenti di
aziende private con la finalità di migliorare i tempi e i modi di lavoro, secondo una
prospettiva più conciliativa.
Tab. 17 Destinatari per genere e Condizione occupazionale
Sesso
Studente
In cerca
di prima
occupazione
da
0 a 24
mesi
In cerca
di
nuova
occupazione
da
0 a 24
mesi
CONDIZIONE OCCUPAZIONALE
Occupato
alle dipendenze
Impren-
ditore
Lavora-
tore
autonomo
Occu-
pato
con
contratti
a
causa
mista
Collaborazione
Coordinata e
Continuativa
Altro Totale
F 52 553 2233 1096 21 11 4 24 41 4035
M 5 83 352 31 0 0 0 0 5 476
Totale 57 636 2585 1127 21 11 4 24 46 4511
% per riga 1,3 14,1 57,3 25,0 0,5 0,2 0,1 0,5 1,0 100,0
Infine, i dati sulla nazionalità dei destinatari evidenziano una quota italiana pari al
77,2% del totale. Si rileva, quindi, una forte presenza di stranieri/e probabilmente
interessati/e ad ottenere professionalità nell’ambito dei servizi agli anziani, infatti l’11%
dei partecipanti proviene dai Paesi europei non UE.
45 I titoli di studio sono stati cosi’ classificati: Livello Basso (Nessun titolo o licenza elementare o Licenza
media o superamento biennio superiore), Livello Medio (Diploma di Maturità e scuola superiore,
Qualifica Professionale Post Diploma, Qualifica professionale, Qualifica tramite Apprendistato, Diploma
di Qualifica Certificato Specializzazione Tecnica Superiore), Livello Alto (Laurea, Diploma Universitario
o Laurea di base, Diploma Post-Laurea, Master Post-Laurea di base).
275

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
Tab. 18 Destinatari per genere e nazionalità
Sesso
Altri
Paesi
Africani
Altri
Paesi
Asiatici
Altri
Paesi
UE
NAZIONALITA'
America Italia
Paesi
Europei
non UE
Paesi non
UE del
Mediterraneo
Totale
F 154 35 15 201 3023 491 116 4035
M 1 1 3 2 461 5 3 476
Totale 155 36 18 203 3484 496 119 4511
% per riga 3,4 0,8 0,4 4,5 77,2 11,0 2,6 100,0
Riprendendo in esame le stime sul fabbisogno occupazionale e finanziario necessario a
garantire un livello di assistenza continuativa e regolare, così come viene definito nel
sistema di long term care per gli anziani non autosufficienti in Germania, presentate nel
paragrafo sul contesto regionale, si è costruita una tabella comparativa tra le stime stesse
e i dati finanziari e fisici del POR relativamente agli interventi formativi per gli
operatori socio-sanitari e assistenziali. Il confronto non si fonda su una procedura
valutativa completamente accurata, ma aiuta a comprendere la misura della rilevanza
del FSE in questo settore. I dati del FSE sono stati calcolati per medie annue. Si rileva,
quindi, che il FSE annualmente può formare il 4,4% del fabbisogno occupazionale
annuo.
276

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
5.8 Conclusioni
La promozione dell’uguaglianza tra uomini e donne e del principio del mainstreaming
di genere ha rappresentato e rappresenta per la Regione Emilia-Romagna un importante
traguardo da realizzare attraverso un percorso al quale sono chiamati a partecipare tutti
gli attori socio-economici del territorio. Lo sforzo dell’amministrazione regionale in
questi ultimi anni di programmazione è stato quello di integrare l’ottica di genere in tutti
gli ambiti di intervento politico, attraverso la sinergia di più fonti di finanziamento
(europei, nazionali, regionali e privati) e l’inizio di un percorso finalizzato alla
realizzazione di una programmazione per le politiche di genere basata sui principi del
coordinamento, dell’integrazione e dell’approccio partecipativo. In particolare,
l’attenzione alle politiche di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare ha avuto
una progressione crescente nel tempo, in quanto gli amministratori hanno preso
coscienza della rilevanza della tematica in questione per promuovere la partecipazione
delle donne al mercato del lavoro.
La Regione Emilia-Romagna ha, infatti, individuato soprattutto nel canale finanziario
del FSE Ob.3 uno strumento di promozione delle politiche di genere, dunque il FSE ha
avuto un ruolo fondamentale nell’ambito di tale strategia e nell’attivazione e
sperimentazione di interventi a favore della conciliazione.
L’analisi valutativa realizzata ha avuto come obiettivo l’individuazione di tutti gli
interventi promossi a favore della conciliazione vita-lavoro per tutto l’intero periodo di
programmazione 2000-2006, tenendo conto di differenti aree tematiche che vanno ad
incidere su vari aspetti delle politiche di conciliazione in un’ottica di integrazione dei
sistemi.
In particolare si sono individuate le seguenti aree di intervento che si caratterizzano per
la diversità di titolarità dei Soggetti e per la territorialità:
• Politiche sociali: servizi per bambini, servizi socio-assistenziali per anziani e
disabili, interventi di formazione finalizzati alla diffusione di competenze socioassistenziali
e sanitarie, forme di detraibilità delle spese, trasferimenti monetari.
• Politiche dei trasposti, dei tempi delle città e dell’urbanistica: la gestione dei
tempi delle città, gli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali, il
mantenimento di un elevato livello di sicurezza delle città, la gestione dei tempi
e dei percorsi dei trasporti pubblici, la gestione dell’architettura urbana dei
servizi.
• Politiche di conciliazione e flessibilità nelle organizzazioni aziendali: interventi
finalizzati a modificare i tempi e modi di lavoro al fine di realizzare una migliore
conciliazione dei tempi (telelavoro, orario flessibile, accordi sindacali, figure di
sostituzione per le imprenditrici, attivazioni di servizi specifici per la
conciliazione nelle aziende, nidi aziendali).
• Politiche formative: modalità di erogazione della formazione che agevolano la
partecipazione di persone con particolari necessità conciliative (formazione e-
277

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
learning, formazione per re-inserimento lavorativo, misure di
accompagnamento).
• Attività di diffusione e sensibilizzazione sulle politiche di conciliazione in
termini di legislazione e finanziamenti.
Nel complesso sono stati analizzati 653 progetti. Nell’arco della programmazione 2000-
2006 si è evidenziata una più alta presenza di progetti sulla conciliazione vita-lavoro
soprattutto nei primi 3 anni di programmazione. Si è poi avuta una flessione nell’anno
2003, probabilmente legata alle aspettative sugli esiti della valutazione intermedia e alla
ri-programmazione del POR. Negli ultimi tre anni, infine, c’è stato un progressivo
aumento dell’approvazione dei progetti. La Regione Emilia-Romagna ha approvato le
più importanti azioni di sistema nel primo triennio proprio per creare delle condizioni di
sistema (reti di servizi, competenze specialistiche sulla conciliazione) che potessero
garantire in seguito una maggiore diffusione della cultura conciliativa.
La maggior parte dei progetti (508) è stata finalizzata alla formazione di figure
professionali per i servizi socio-assistenziali, seguono poi i progetti orientati a realizzare
la conciliazione all’interno del settore economico privato (52).
I progetti di formazione per gli operatori dei servizi per l’infanzia sono stati 39. Azioni
legate alla conciliazione nella formazione, nei servizi pubblici e alla diffusione di
strumenti e della legislazione sulla conciliazione hanno trovato terreno di realizzazione
soprattutto nella politica a titolarità regionale. Infine, alcuni progetti hanno preso in
considerazione le esigenze di conciliazione della donna imprenditrice, anche nel settore
agricolo.
Da un punto di vista finanziario il costo totale dei progetti per la conciliazione è stato
pari a quasi 48 milioni di euro, ovvero il 3,4% di tutto il contributo finanziario
approvato nel periodo 2000-2006. La Misura E1 ha avuto un ruolo fondamentale, in
quanto il principio di obbligatorietà ad essa collegato ha sicuramente facilitato
l’attuazione di politiche di pari opportunità. Questi pochi dati che si forniscono,
pertanto, dovrebbero far riflettere il decisore politico, da un lato sul fabbisogno di tipo
finanziario necessario, dall’altro sui bisogni specifici provenienti dal tessuto socioeconomico
rispetto alle politiche di conciliazione vita-lavoro.
Per quanto riguarda i destinatari e le destinatarie, nel periodo 2004-2006 i progetti
hanno coinvolto 4.511 persone, di cui l’89,4% donne. L’analisi per classi di età
evidenzia la preponderante partecipazione soprattutto di persone con età compresa tra i
35 e i 44 anni, età assolutamente rappresentativa per le esigenze e necessità di
conciliazione che possono avere le donne, in quanto potenzialmente legata al periodo
della maternità e a problemi di re-inserimento nel mondo lavorativo. Nell’insieme le
persone con più di 35 anni rappresentano più del 50% del totale dei destinatari. Per
quanto concerne la condizione occupazionale, rileva che il 57,3% dei destinatari sono in
cerca di nuova occupazione, questo significa che le politiche hanno incrociato le
persone con problemi di re-inserimento nel mondo del lavoro. Altro dato rilevante è la
presenza di 1.127 occupati alle dipendenze (pari al 25% del totale), si tratta da un lato di
percorsi di formazione per personale occupato all’interno dei servizi socio-assistenziali,
dall’altro di progetti più innovativi che hanno riguardato i dipendenti di aziende private
con la finalità di migliorare i tempi e i modi di lavoro, secondo una prospettiva più
278

CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
conciliativa. Infine, i dati sulla nazionalità dei destinatari evidenziano una quota italiana
pari al 77,2% del totale. Si rileva, quindi, una forte presenza di stranieri/e (di cui l’11%
dei partecipanti proviene dai Paesi europei non UE) probabilmente interessati/e ad
ottenere professionalità nell’ambito dei servizi agli anziani.
A conclusione, dunque, di un periodo di vivace e fervente programmazione a respiro
europeo, nazionale, regionale e provinciale a sostegno delle politiche di conciliazione,
in cui il FSE ha assunto un ruolo di guida ed è stato un contenitore di azioni positive, di
idee innovative e di sperimentazioni, sia nello strumento del POR 2000-2006 sia in
quello dell’Iniziativa comunitaria Equal, emergono alcune riflessioni e interrogativi sui
quali porre l’attenzione futura.
Nonostante l’attuazione di politiche conciliative, i dati sul tasso di occupazione
femminile e maschile con e senza figli rilevano una cultura familiare in cui le
responsabilità sono fortemente legate a schemi tradizionali che determinato un
ripartizione delle responsabilità così individuata: le donne hanno la responsabilità del
manage familiare: cura della casa e lavori domestici, gestione del budget familiare,
responsabilità della cura dei figli (educazione) e delle persone anziane e/o disabili
(assistenza); gli uomini hanno la responsabilità economica della famiglia. La persistenza
di questa forma mentis ostacola e rallenta i potenziali risultati di politiche per la
conciliazione che introducono strumenti legislativi e finanziari finalizzati ad
armonizzare la condivisione delle responsabilità familiari tra uomini e donne.
Altra riflessione interessante fa riferimento al concetto di costo/opportunità della scelta
di lavorare oppure no da parte delle donna nel caso di presenza di figli e/o di persone
anziane. La presenza di servizi per l’infanzia, quali nidi per l’infanzia e/o personale
specializzato per la cura del bambino o dell’anziano non è sufficiente a garantire
l’utilizzo della struttura o dell’operatore da parte della donna. Infatti, la decisione della
donna dipende da vari fattori: il costo del servizio, la flessibilità del servizio in termini
di orario e dislocazione geografica, la qualità del servizio e la remunerazione del lavoro
femminile. Molto spesso la valutazione di questi fattori ha un effetto di scoraggiamento
e conduce la donna a scegliere di non lavorare, in considerazione del fatto che esiste una
discriminazione nei salari tra uomini e donne penalizzante per le donne, discriminazione
che incide sulla percezione del valore del lavoro femminile in termini negativi e poco
produttivi, rispetto invece ad una remuneratività del lavoro maschile maggiore. La
diffusione di una cultura della condivisione all’interno della famiglia e le politiche per
ridurre il gender pay gap, pertanto, risultano ancora necessarie.
Queste osservazioni portano alla conclusione che occorre ancora sostenere fortemente le
politiche di conciliazione, evitando che il dibattito assuma minore importanza e toni più
pacati, in quanto gli obiettivi di conciliazione non sono stati ancora pienamente
raggiunti. Occorre, in particolare, alimentare il dibattito soprattutto nell’ambito del
settore privato e quindi delle aziende, in quanto esse rappresentano il principale
soggetto interessato a praticare politiche conciliative all’interno della propria
organizzazione quali strumento per il perseguimento di obiettivi di efficacia,
innovazione, valore aggiunto e competitività. La formazione per le politiche di genere
nelle organizzazione aziendali rivolta ai dirigenti e ai quadri, rappresenta, dunque un
ulteriore strumento da incentivare.
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CRAS Integrazione dei sistemi e Politiche di genere – Regione Emilia-Romagna
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