Sardegna Economica, N. 1/2011 - Università degli studi di Cagliari.

N. 1/2011
Autorizzazione del Tribunale
di Cagliari, n. 320 del 25.10.75
ISSN 0036-4770
Direzione e Amministrazione
Camera di Commercio
Industria, Artigianato
e Agricoltura di Cagliari
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Responsabile
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Redazione
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Comitato dei garanti
Giancarlo Deidda (presidente)
Hanno collaborato
Marcello Atzeni
Mario Frongia
Francesco Mele
Gianfranco Murtas
Romano Piras
Gabriele Racugno
Giovanni Ruggieri
Valentina Tagliagambe
Foto
Archivio Sardegna Economica
Archivio Sogaer
Elisabetta Messina
European Union
Provincia Medio Campidano
Università degli Studi di Cagliari
Copertina
Nanni Pes
Impaginazione/impianti stampa
Simone Manca
51M1 design - Cagliari
Stampa
Grafiche Ghiani - Monastir - Cagliari
Questo numero è stato chiuso
in redazione il 21 febbraio 2011
Sardegna Economica
Vuole essere uno strumento di confronto e
di dialogo sui fatti e i problemi dell’economia
locale. Aperta a contributi esterni, la
rivista lascia comunque ai singoli autori la
responsabilità delle opinioni espresse.
Disegni, fotografie e articoli anche se non
pubblicati non si restituiscono.
SOMMARIO
Osservatorio Statistico “Flash”
La Sardegna negli indicatori elaborati dalla Svimez
Prima Pagina
Giancarlo Deidda riconfermato Presidente della Camera
In Primo Piano
L’aeroporto di Cagliari sempre più “in progress” Paolo Fadda
La globalizzazione accresce la mobilità delle persone Romano Piras
Dialoghi & Confronti
La scissione per la suddivisione dei beni societari Gabriele Racugno
Mare più ambiente: il successo delle isole Giovanni Ruggieri
La cura del Rettore per lo sviluppo dell’Ateneo Mario Frongia
Il Governo per il lavoro giovanile Francesco Mele
Passato & Presente
Le vicende dolci-amare del carbonsulcis Paolo Fadda
Nobilioni cento anni fa eletto sindaco Gianfranco Murtas
A Gonnosfanadiga i successi dell’olio da olive sarde Marcello Atzeni
Si realizza l’integrazione fra telefonia e Internet Marcello Atzeni
Fisco & Tasse
Per rafforzare la riscossione coattiva Valentina Tagliagambe
Notizie Camerali a cura di Maria Rita Longhitano
Documenti
La misura dell’economia sommersa secondo le statistiche ufficiali
In Biblioteca a cura di Paolo Fadda
Osservatorio Statistico
Movimenti degli aeroporti e dei porti e sardi nel 2010
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Sardegna Economica 1/2011

La Sardegna negli indicatori
elaborati dalla Svimez
Pil (var. % rispetto all’anno precedente) -4,3
PIL pro capite (euro) 19.715,7
Popolazione residente (migliaia di unità) 1.671,7
Tasso di natalità (valori per 1.000 ab.) 8,1
Tasso di mortalità (valori per 1.000 ab.) 9,0
Saldo migratorio (migliaia di unità) -5,8
Saldo migratorio Mezzogiorno (migliaia di unità) -118,8
Speranza di vita alla nascita -maschi (numero medio di anni) 78,4
Speranza di vita alla nascita -femmine (numero medio di anni) 84,6
Pendolari di lungo raggio verso il Centro-Nord (unità) 7.000
Prima regione di destinazione dei flussi migratori Lombardia
Seconda regione di destinazione dei flussi migratori Lazio
Export (milioni di euro) 3.278,3
Export (var. % rispetto all’anno precedente) -44,0
Mercato del lavoro
Occupati (var. assoluta rispetto all’anno precedente, in 000) -18,6
Occupati (var. % rispetto all’anno precedente) -3,1
Tasso di occupazione totale (anno 2009) 50,8
Disoccupati (var. assoluta rispetto all’anno precedente, in migliaia) 5,6
Disoccupati (var. % rispetto all’anno precedente) 6,6
Tasso di disoccupazione totale (anno 2009) 13,3
Tasso di disoccupazione corretto (anno 2009) 20,3
Povertà
Percentuale di famiglie con reddito < 12.000 euro in regione 10,4
Percentuale di famiglie con reddito < 12.000 euro nel Mezzogiorno 14,0
Percentuale di famiglie con reddito < 12.000 euro nel Centro-Nord 5,5
Famiglie con più di tre persone a carico (val. %) 6,7
Famiglie in difficoltà per le spese sanitarie (val. %) 14,7
Personale dipendente della P.A. al 31 dicembre 2008 (per 1.000 ab.) 65,2
Famiglie che possiedono internet (% sul totale famiglie) 49,7
Presenza di imprese spin-off (numero) 45
Presenza di imprese spin-off (quota % sul totale nazionale) 5,6
Elettricità da fonti rinnovabili (produzione in gwh anno 2008) 1.104,1
Presenze turistiche straniere (anno 2008, in migliaia) 3.586
Presenze turistiche totali (anno 2008, in migliaia) 11.123
Fonte: Svimez
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Sardegna Economica 1/2011

© Elisabetta Messina
Prima Pagina
Nella riunione del 9 febbraio scorso
Giancarlo Deidda riconfermato
Presidente della Camera
Giancarlo Deidda è stato
confermato alla presidenza
della Camera di Commercio
Cagliari. Lo ha eletto il
Consiglio dell’ente camerale
nominato il 2 gennaio
scorso dal Presidente della
Regione, Ugo Cappellacci.
Al suo secondo mandato,
Deidda ha ricevuto 28
preferenze su 30 votanti
e resterà in carica fino a
febbraio 2016.
“Credo che questo risultato
sia una testimonianza
concreta del lavoro svolto
dalla Camera in questi
cinque anni - ha commentato
il Presidente Deidda
- ma anche un segnale per le
azioni che abbiamo messo in
cantiere. E non sono poche”.
Nell’intervento che ha preceduto
la votazione, in rappresentanza
della Regione
è intervenuto l’Assessore al
turismo, artigianato e commercio
Luigi Crisponi, che
ha sottolineato l’importanza
del ruolo delle Camere
di Commercio nell’ambito
delle politiche regionali. •
Sardegna Economica 1/2011
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Sardegna Economica 1/2011

A colloquio con il Presidente di SOGAER
Uno scalo aeroportuale
sempre più “in progress”
di Paolo Fadda
Secondo i dati forniti dall’Assoaeroporti,
nel 2010
il traffico passeggeri nel
sistema aeroportuale nazionale ha conseguito
un incremento medio del 7 per cento;
in Sardegna il sistema ha visto solo l’aeroporto
di Cagliari in crescita (+ 3,3 per cento),
mentre Alghero ( - 7,9) ed Olbia ( - 2,1)
Contrariamente agli altri scali sardi
l’aeroporto cagliaritano
ha chiuso il 2010 con un più 3,3%
acquisendo oltre la metà
dell’intero traffico passeggeri
Primo Piano
hanno consuntivato delle
flessioni. In quelle statistiche,
peraltro, non vengono
indicati i dati relativi a Fenosu e ad Arbatax
che nell’anno passato hanno svolto alcuni
mesi di attività.
Riferiti quindi al totale sardo i quasi 3 milioni
e mezzo di passeggeri transitati nell’aeropor-
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Archivio Sogaer - Giorgio Melis

Primo Piano
to “Mario Mameli” hanno rappresentato il
52,9 per cento del totale regionale (6 milioni
e mezzo). Sarà questo il quadro informativo
da cui inizia il colloquio che il presidente di
SOGAER, Vincenzo Mareddu, ha gentilmente
concesso a “Sardegna Economica”.
«Per la verità - tiene inizialmente a precisarci
- il 2010 è stato un anno difficile, che ci ha visto
rimanere al di sotto delle previsioni ed anche
dell’andamento medio di crescita dell’intero
settore. Le ragioni sono diverse, ma principalmente
esse potrebbero essere individuate
in una “non consonanza” - nella tempistica
e nella condivisione - tra le nostre esigenze
programmatorie delle attività e gli indirizzi e
le scelte dell’amministrazione regionale per il
settore aeroportuale».
In effetti, questo della politica della Regione
sarda in tema di aeroporti e di collegamenti
aerei (dalle scelte sulla continuità alla promozione
del low cost) era già un tema su cui intrattenerci
con il presidente Mareddu.
Ecco, qui di seguito la nostra prima domanda
al presidente Mareddu.
Abbiamo letto in questi giorni una dichiarazione
dell’Assessore ai trasporti della Giunta
Cappellacci con cui si au-
spicava una fusione delle
diverse società di gestione
degli aeroporti per portarle,
come “Aeroporti Sardegna
spa”, sotto il controllo
del capitale regionale. Inoltre,
nei mesi scorsi i media
regionali hanno dato notizia di un intervento
della stessa Regione per ripianare le situazioni
debitorie delle gestioni aeroportuali ad
Arbatax-Tortolì e ad Oristano-Fenosu con
un impegno finanziario multimilionario.
Ancora. In questi ultimi giorni la disastrata
situazione della società aeroportuale oristanese
è all’attenzione della Giunta regionale,
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Sardegna Economica 1/2011
L’imperversare della recessione,
il rallentamento dell’economia e
le distonie nella programmazione
fra le cause di un risultato
rivelatosi inferiore alle attese.
pencolante fra un intervento di ricapitalizzazione
od un nuovo ripianamento di un macro-deficit.
C’è dunque, per quel che sembra di vedere,
un sistema aeroportuale sardo disorganico,
con una parte che può vivere solo se pesantemente
assistita dal denaro pubblico (anche
ad Alghero la Regione è presente nel capitale)
ed un’altra che cerca di stare sul mercato, ricercando
efficienze ed equilibri gestionali secondo
delle logiche d’impresa. Viene quindi
da domandarle: condivide, o meno, la necessità
di mettere ordine in un settore che, per
un’isola come la Sardegna, è di vitale importanza?
Non vi è dubbio che quello che lei chiama “disordine”
è insito nella stessa disomogeneità
nella scala di grandezza degli scali isolani e dei
territori a cui fanno riferimento. Proprio perché
i bacini d’utenza su cui vanno ad incidere
quei cinque aeroporti sono profondamente
diseguali. La Regione sarda, per la verità, nell’intento
di creare un coordinamento, ha inteso
istituire una “cabina di regìa” per il settore dei
collegamenti aerei, nell’intento di meglio regolare,
o di riequilibrare, l’attività ed il traffico
dell’intero sistema, i cui risultati peraltro non
sono stati, almeno finora,
molto visibili.
Per quanto riguarda poi la
ventilata fusione delle cinque
gestioni, credo che bisognerebbe
meglio approfondire
la questione, soprattutto
valutandone, qualora ve ne
fossero, i possibili benefici rispetto all’attuale
situazione. Ritengo però che le profonde differenze
strutturali, quantitative e qualitative,
fra i diversi scali rappresentino, dovendone annullare
le singole autonomie, un ostacolo non
indifferente. Con un possibile peggioramento
dei servizi offerti all’utenza e con una minore
capacità di aggressione al mercato della do-

manda. Concordo infatti sulla valutazione che
molti di questi proponimenti paiono colludere
con le logiche d’impresa.
Prendo spunto dalla sua risposta, Presidente,
per porre alla sua attenzione il problema del
coordinamento dei trasporti nell’isola. E di
quella “cabina di regìa” a cui lei ha accennato.
Taluni sostengono, non senza ragione, che
occorrerebbe una cabina di regìa che regolasse
e coordinasse non soltanto le attività aeroportuali
ma l’intero settore trasportistico isolano.
E questo sia per quanto possa riguardare
i collegamenti con l’esterno (in primis, quindi,
quelli aerei) e sia la rete dei collegamenti
interni, su strada e su rotaia. Nel senso che
i tre o cinque scali oggi in funzione paiono,
per usare la terminologia di un economista,
più “dispersi” che “diffusi” nel territorio isolano.
Paiono cioè delle oasi che possono essere
raggiunte, solo e soltanto, se si dispone di un
Primo Piano
“cammello privato”. E non di una “carovana
pubblica”.
La Sardegna, soprattutto perché ha un suo
punto di forza nei movimenti e nella mobilità
dei turisti, dovrebbe poter contare su di
un efficiente e razionale sistema integrato di
trasporti pubblici, tra l’esterno e l’interno.
È d’accordo?
C’è certamente un’evidente discrasia nel settore,
ed in questo concordo con l’osservazione.
Debbo però far presente che SOGAER ha, ormai
da mesi, realizzato un collegamento con tapis
roulant fra l’aerostazione e la linea ferroviaria
di Trenitalia, in vista di un programmato collegamento
aereo-treno d’indubbio interesse e
vantaggio per l’utenza di mezza Sardegna. In
effetti, con l’introduzione di mezzi ferroviari
veloci sarebbe possibile raggiungere il nostro
aeroporto da Oristano in circa 40 minuti e da
Iglesias in una trentina. Purtroppo, ed è questo
il nocciolo del problema, alla nostra disponibi-
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Archivio Sogaer - Giorgio Melis
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Primo Piano
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Sfogliando gli album dei ricordi
La trisnonna delle aerostazioni cagliaritane
Nel 1937, all’interno dell’aeroporto militare dedicato al giovane aviatore Mario Mameli ed in
prossimità del molo dell’idroscalo, viene inaugurata la prima aerostazione dedicata al traffico
civile. La realizza il Ministero dell’Aeronautica e la società “Ala Littoria”, concessionaria,
dal 1928, dei collegamenti tra Elmas e Ostia. In quello stesso anno le statistiche indicano
che quella linea aerea, tra la capitale dell’isola sarda e la capitale del Regno d’Italia, risulta
essere la più trafficata del Paese.
Infatti, il 21 aprile di quell’anno sarebbero iniziati i voli con il porto laziale, con scalo intermedio
ad Olbia. Gli idrovolanti impiegati dalla compagnia aerea “di bandiera” impiegavano
tre ore da scalo a scalo: si partiva da Elmas alle 8 per ammarrare ad Ostia attorno alle 11.
Per la storia, si trattava del secondo collegamento aereo civile nel nostro Paese, dopo il Trieste-Torino.
L’ingegner Flavio Scano, al tempo vice presidente della Camera di commercio (allora, per la
verità, delle Corporazioni) raccontando ai lettori dell’Unione Sarda le emozioni di quel viaggio
fra le nuvole e sopra il mar Tirreno, notava che ormai ai cagliaritani risultava possibile
far la prima colazione con cappuccino e brioches da Palenzona al “Torino” per poi gustare
un bel piatto di bucatini all’amatriciana da Fortunato “al Pantheon”!
Quei collegamenti dell’Ala Littoria sarebbero poi proseguiti fino al giugno del 1940, quando
dovettero cessare per via della guerra. Alla fine del conflitto, nel 1945, per iniziativa dei
Comandi Alleati e dell’Aeronautica militare furono ripresi dei voli civili con gli S.M. 79 con
l’insegna di “Corrieri Aerei Militari” (da Elmas si volava in due ore per Guidonia e, successivamente,
per l’aeroporto “dell’Urbe”). (p.f.)
(la foto è di proprietà dell’Aronautica militare ed è stata gentilmente concessa, per la riproduzione, a SOGAER)
Sardegna Economica 1/2011

lità non ha fatto seguito quella della rete ferroviaria
della RFI che, ancora oggi, non ha realizzato
la necessaria infrastruttura di transfert
treno-aereo. Sono pertanto molto d’accordo nel
ritenere che un coordinamento fra gli aeroporti
sardi debba necessariamente passare attraverso
la loro messa “in rete” e la predisposizione di
un effettivo collegamento con i trasporti pubblici
interni.
Ora, ampliando il discorso, anche sulla base
di alcune osservazioni mosse di recente dal
presidente dell’ENAC, sembrerebbe di poter
ritenere che cinque aeroporti siano un po’
troppi per un’isola di un milione e seicentomila
abitanti. Anche perché i loro bacini
d’utenza paiono profondamente diseguali.
Alcuni, poi, assolutamente insufficienti – per
struttura economica e dimensione demografica
– per consentire delle gestioni equilibrate e
dei servizi efficienti. Le stesse crisi attraversate
da Arbatax e Fenosu ne sarebbero la controprova.
Primo Piano
D’altra parte, i parametri che individuano gli
equilibri gestionali di uno scalo aeroportuale
vengono convenzionalmente indicati nella
dimensione del bacino di utenza (di almeno
200-250 mila residenti) con un suo raggio
d’ampiezza che dovrebbe essere stimato in
una percorrenza di 70-80 minuti alla velocità
di 70-80 Km/ora.
Nell’attuale situazione demografica della Sardegna,
non vi è dubbio che le diseguaglianze
fra i cinque scali siano tali da non permettere
possibili riequilibri quantitativi. Né sarebbe
poi conveniente – come qualcuno in passato
aveva però ipotizzato – suddividere il traffico
aereo in entrata e in uscita per destinazione,
assegnandolo selettivamente ai diversi scali.
Nel senso, ad esempio, che i voli con l’Inghilterra
vadano assegnati ad Alghero, con la
Russia e la Germania ad Olbia e con Francia e
Spagna a Cagliari. È così?
C’è del vero, certamente, in quel che dice. Ma
al di là delle regole gestionali, spesso prevalgono
(o hanno prevalso) delle motivazioni dif-
Sardegna Economica 1/2011
11
Archivio Sogaer

Primo Piano
ferenti, che in senso lato possiamo anche definire
“politiche”, virgolettandole. Ci sono poi
delle esigenze dettate dal fatto che i trasporti
pubblici interni isolani – sia su strada che su
rotaia – sono fermi da almeno un secolo, per
cui esistono certamente delle situazioni (faccio
ad esempio quelle d’Ogliastra) ove lo stato
delle strade e dei servizi pubblici di trasporto
aumentano a dismisura, in tempo e in disagio,
la lontananza chilometrica. E, quindi, possono
motivare delle richieste di riequilibrio territoriale
non in linea con i parametri che lei ha
giustamente richiamato.
Vi è poi, e mi riferisco a quella che lei chiama
la selettività delle destinazioni per scalo, da tenere
presente che ogni nostra attività – di SO-
GAER come delle altre consorelle – è comandata
dal mercato: deve cioè far corrispondere
l’offerta a quelle che sono le esigenze della domanda.
Le nostre aperture verso nuove destinazioni,
infatti, sono state determinate dalle
richieste dei vettori aerei o degli organizzatori
della domanda.
Varrebbe ricordare, anche sotto questo aspetto,
che l’aeroporto è ormai divenuto un’impresa e
come tale deve comportarsi. Ed è il mercato il
suo referente primo ed indispensabile nel determinare
le sue scelte. Ad esempio, l’introduzione
dei voli low-cost e point to point hanno
aperto all’isola dei nuovi importanti mercati
assai interessati alle straordinarie attrattive
turistiche della Sardegna meridionale. Tenga
anche presente che oggi il segmento low cost
vale il 34 per cento dei movimenti del nostro
scalo e che sul 2009 abbiamo consuntivato un
incremento del 35 per cento.
Mi sembrerebbe quindi del tutto contrario alle
regole del mercato, il voler imporre al turista
inglese desideroso di trascorrere le sue vacanze
al Forte Village di volare per Alghero o a quello
spagnolo che vuol visitare la Catalogna sarda
di dover atterrare a Cagliari. Forse, così facendo,
si renderebbe ancor più difficile per gli stra-
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Sardegna Economica 1/2011
nieri – e non solo – scegliere la Sardegna come
loro meta di vacanza o di lavoro.
Ora, Cagliari ha retto la crisi meglio degli altri
scali, e questo fatto può dipendere da molti fattori,
ma non certo per ultimo va posto quello
della nostra “aggressività commerciale”. Non
dimenticando, tra l’altro, che il nostro bacino
d’utenza vale oggi, più o meno, il 45 per cento
del totale regionale, il che significa che quasi un
sardo su due vola da Cagliari per le sue destinazioni
continentali. Ed i nostri servizi d’offerta
– per frequenze e destinazioni dei voli – debbono
rimanere in linea, come qualità, quantità
ed efficienza, con le esigenze dell’utenza.
Ed è in queste valenze, vorrei aggiungere, che
risiedono tutti i nostri privilegi, non certo quelli
d’essere stati i beneficiari di migliori attenzioni
e di maggiori aiuti da parte della Regione
sarda.
Si possono ben capire le sue ragioni, Presidente.
Tra l’altro mi pare di ricordare che, mesi or
sono, s’era aperta, da parte delle istituzioni locali
del sassarese, un’accesa polemica per via
di un preteso depotenziamento subìto dallo
scalo algherese per via di una presunta azione
di accaparramento di collegamenti svolta
da SOGAER, con il beneplacito, e l’aiuto – si
diceva – di una Regione ritenuta “cagliaricentrica”.
Non le nascondo che si tratta di una
polemica antica, che i cagliaritani si portano
dietro da secoli, dato che ad ogni capitale – a
Cagliari come a Roma o a Mosca - è riservato
il destino d’essere poco amata, ed anche accusata
di ogni sorta di sopraffazioni. Anche se
varrebbe ricordare, per amore di verità, che,
su questo caso ad ogni passeggero transitato
ad Elmas sono andate, in denaro pubblico,
solo le briciole di quanto riservato al passeggero
di Fenosu ed anche di Alghero.
Proprio per questo, e per restare nell’argomento,
pare utile affrontare con lei il problema
dei rapporti con la Regione, come partner

importante nell’incremento di nuovi voli e
nella promozione internazionale d’una destinazione
Sardegna.
Vorrei premettere che la Regione sarda è stata
sempre molto attenta al problema dei trasporti,
in particolare di quelli aerei, e la stessa
introduzione dei benefici della “continuità territoriale”
ne è, indubbiamente, una concreta
testimonianza. Né diversamente dovrei dire
per l’incremento dei collegamenti nazionali ed
internazionali e per lo sviluppo del low cost. Mi
sembrerebbe peraltro giusto dovermi esimere
da una inutile polemica tra “figli e figliastri” in
tema di benefici regionali. Per la verità, quanto
ci è stato ingiustamente addebitato, ci ha molto
colpito ed addolorato. Proprio per l’inconsistenza
e la non verità degli addebiti. E, soprattutto,
perché dalla Regione sarda SOGAER
non ha avuto alcun trattamento preferenziale,
tanto da farci autori di rilievi od anche di
espressioni di malcontento.
Quel che mi sembra giusto perciò segnalare è
che non sempre le esigenze di programmazione
Primo Piano
d’una società privata, che deve stare ben attenta
al controllo ed alla gestione delle proprie
risorse, trovano coincidenza temporale (e non
solo) con gli orientamenti ed i tempi decisionali
della politica regionale. Cioè le esigenze ed i
tempi di un’impresa – come è nel caso di SO-
GAER – sono spesso differenti e non sincroni
con gli orientamenti dell’ente pubblico. L’attuazione,
ad esempio, di alcuni ampliamenti
di tratte l’anno passato non si è potuto concretizzare
a causa di queste mancate sincronie. In
termini di traffico questo fatto ci è costato un
2-2,5 per cento in meno.
Si tratta di sfasamenti certamente correggibili,
ed è quindi da augurarsi che si possano trovare
dei sincronismi capaci di dare maggiore rispondenza
fra programmi societari e decisioni
regionali.
Nel maggio di quest’anno, Presidente, si svolgerà
a Cagliari – e per la prima volta in Italia –
il convegno “Routes Europe”. Si tratta, ovviamente,
di uno straordinario riconoscimento
Sardegna Economica 1/2011
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Archivio Sogaer - Marco Finelli

Primo Piano
alla nostra Sardegna, ed anche all’importante
ruolo svolto da SOGAER come operatore aeroportuale.
Il fatto che convengano a Cagliari
circa 850-900 protagonisti dell’aviazione
commerciale di tutto il mondo ha certamente
dell’eccezionale.
Poiché non si tratta soltanto di visitatori turistici,
attratti cioè dalle bellezze ambientali del
nostro territorio e del nostro mare, ma di qualificati
operatori che molto possono fare per
l’incremento del nostro movimento turistico,
vorrei che lei, Presidente, illustrasse cosa ci si
aspetta da quest’evento.
Quel che ritengo di dovere sottolineare è che,
quest’appuntamento tra l’8 ed il 10 maggio è
senza dubbio per noi di portata eccezionale. Il
fatto che convengano a Cagliari i massimi rappresentanti
delle compagnie aeree, delle società
aeroportuali, della stampa specializzata e degli
stakeholders del settore del trasporto aereo di
tutto il mondo, offre una straordinaria occasione
per valutare le opportunità e le potenzialità
di mercato che la Sardegna, ed in particolare i
nostri servizi aeroportuali, possono offrire per
un business sulla rotta “da e per” lo scalo di
Cagliari.
Non da oggi, l’aviazione commerciale ha rappresentato,
con i suoi collegamenti, il fattore
critico di successo del turismo mondiale.
Attraverso i collegamenti aerei il mare della
Sardegna, di Villasimius o di Chia, è divenuto
un mare di casa anche per gli abitanti di Stoccolma
o di Francoforte. Ed il grande balzo in
avanti delle presenze internazionali nei nostri
hotel è avvenuto in coincidenza con l’introduzione
dei voli diretti dagli aeroporti esteri e con
le tariffe low cost: su questa strada l’evento di
maggio può dare alla Sardegna una importante
accelerazione.
Sono più che mai certo, e fiducioso, che quest’appuntamento
diverrà, anche per noi, il catalizzatore
per il consolidamento degli accordi
in essere e per lo sviluppo di nuove intese atte
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Sardegna Economica 1/2011
a rendere la destinazione Cagliari un punto di
forza per le compagnie aeree d’Europa, e non
solo.
Se questa “tre giorni” di maggio può essere,
come mi pare lei preveda, la ciliegina sulla
torta dell’attività SOGAER, proprio per dare
ai lettori di “Sardegna Economica” un quadro
previsionale di questo 2011 appena iniziato,
vorrei domandarle: sarà questo un anno difficile
come quello passato, oppure si è già in
possesso di indicazioni che ne prevedano una
positività? E ancora: i quasi 3 milioni e mezzo
di passeggeri del 2010 potranno diventare
milioni? Sarà poi questo l’anno in cui all’attuale
azionista di maggioranza (la Camera di
commercio di Cagliari) s’uniranno anche altri
azionisti, come disposto dalla ricerca in atto?
Si tratta di tre domande, Presidente, che sono
qui nel mio taccuino ed a cui vorrei aggiungere,
nell’interesse dei nostri lettori, le sue risposte.
Cercherò di soddisfare, per quanto possibile,
questa richiesta. Non vi è dubbio che la situazione
economica dell’Europa, e non solo, è tuttora
in una fase critica. Le spese degli europei,
per i consumi non essenziali, continueranno ad
avere, secondo le stime correnti, una contrattura.
Fortunatamente – ed è questa la notazione
positiva – si vanno affacciando, sullo scenario
dei viaggi aerei, nuovi flussi di viaggiatori
provenienti da quelli che potremmo chiamare
“nuovi paesi”. Ora, sempre per seguire le indicazioni
degli esperti, il movimento globale
del turismo mondiale dovrebbe mantenere lo
stesso trend di crescita, ed è questa una notizia
per noi incoraggiante. Dovremmo però essere
capaci di intercettare nuove correnti turistiche,
ampliando il fronte dei collegamenti con nuove
destinazioni, ed offrendo quindi condizioni
ottimali e competitive a quanti vogliano raggiungere
quella che è una meta di vacanza fra
le più desiderate al mondo.

Su quest’ipotesi stiamo già lavorando, e pensiamo
di aggiungere fra breve tre o quattro
nuovi interessanti collegamenti point to point.
In più, dal prossimo marzo, metteremo a disposizione
dell’utenza dell’aviazione generale
(cioè dei voli privati) un terminal dedicato, per
offrire il massimo dei confort nell’accoglienza e
nei servizi a questa categoria molto speciale di
passeggeri. Ecco, dovrei dirle che siamo impegnati
per toccare il traguardo dei 4 milioni di
passeggeri. Se è vero quel che dicono gli esperti,
cioè che ogni milione di passeggeri incrementati
crea una ricaduta di circa mille nuovi posti lavoro,
credo che quel nostro obiettivo sia ancora
più premiante e positivo per l’intera Sardegna.
Non sono certamente il più adatto a dire qualcosa
su quanto va maturando nell’assetto
azionario di SOGAER, in quanto è l’azionista
maggioritario ad avere in mano le redini della
questione. Posso però dirle che si sono registrate
diverse interessanti manifestazioni d’interesse
per rilevarne una quota non superiore al 40 per
cento del capitale, e questo
sia da imprese aeroportuali
che da fondi d’investimento;
attualmente sono
in corso le valutazioni da
parte di due advisor: uno
per la parte legale e l’altro
per quella finanziaria. È
anche questo un segnale, non trascurabile, che
premia il nostro lavoro e fa di SOGAER – e di
quel che contiene in valenze materiali e virtuali
– una società ora azionariamente appetibile.
Ed è questo, scusandomi per l’immodestia, il
nostro orgoglio.
Qui ha termine il colloquio con Vincenzo Mareddu,
presidente di SOGAER. Se ne è tratto
un quadro che, pur nella sua complessità, denota
una società “in progress”, sempre tesa a
raggiungere nuovi ed importanti traguardi.
Ciò che è importante.
Il Presidente non ha mancato di rilevare le
Con lo svolgimento in maggio
del “Routes Europe2011”,
primario meeting fra gli operatori
dell’aviazione commerciale mondiale,
la SOGAER festeggia il suo ventennale.
Primo Piano
difficoltà del momento, i contraccolpi che
provengono anche da fattori esterni spesso
imprevedibili (ad esempio, la chiusura di alcuni
collegamenti della compagnia Ryanair
con la Germania è derivata dall’istituzione,
da parte del governo tedesco, di una tassa per
ogni viaggiatore che, in aereo, sorvoli il paese,
come ristorno per l’inquinamento provocato).
Ha peraltro positivamente sottolineato
e confermato il grande interesse che la rotta
su Cagliari riscuote presso i principali vettori
aerei europei.
Dall’interessante conversazione si sono tratte
delle positive impressioni. Soprattutto per
quel che una sempre più virtuosa ed efficace
sinergia fra i diversi vettori aerei, l’operatore
aeroportuale e la rete di ricettività alberghiera
può portare ad un ulteriore sviluppo del turismo
nella Sardegna meridionale. Si tratta di
mettere insieme una efficiente “filiera” operativa
che trovi innanzitutto, nelle politiche
regionali di sviluppo, una sua efficiente regìa.
L’aeroporto non è più
(come dimostra l’esperienza
dei vent’anni di SO-
GAER) un immobile tecnico
destinato al semplice
ricovero dei passeggeri in
arrivo o in partenza: esso
è divenuto un’impresa a
360 gradi, generatrice di prodotti (in quantità
di voli e di collegamenti) ed erogatrice di servizi
d’accoglienza e confort per quanti usufruiscono
del vettore aereo per i loro spostamenti
e, non secondariamente, d’assistenze e
sicurezza per le compagnie aeree.
Su queste responsabilità e con questi intendimenti
l’airterminal di Cagliari-Elmas, intitolato
al giovane eroe Mario Mameli, continua
a rimanere positivamente “in progress”, per
divenire sempre di più un determinante strumento
d’avvicinamento tra la Sardegna ed il
resto del mondo. •
Sardegna Economica 1/2011
15

Primo Piano
16
Dati di traffico aeroporto Cagliari - Elmas
Passeggeri totale 2009 - 2010
gennaio
febbraio
marzo
aprile
maggio
giugno
luglio
agosto
settembre
ottobre
novembre
dicembre
Totali
Fonte: Sogaer
Sardegna Economica 1/2011
Tot Arr + Par
2010
195.744
184.359
229.784
258.124
311.645
338.832
387.067
414.142
351.798
310.652
220.590
220.578
3.423.315
Tot Arr + Par
2009
170.131
159.788
189.171
282.088
313.507
334.016
382.148
412.387
347.098
284.390
210.375
228.735
3.313.834
Var num rispetto al
2009
25.613
24.571
40.613
-23.964
-1.862
4.816
4.919
1.755
4.700
26.262
10.215
-8.157
109.481
Var % rispetto al
2009
15,05%
15,38%
21,47%
-8,50%
-0,59%
1,44%
1,29%
0,43%
1,35%
9,23%
4,86%
-3,57%
3,30%
Archivio Sogaer - Marco Finelli

Dati di traffico aeroporto Cagliari - Elmas
Passeggeri arrivi 2010
gennaio
febbraio
marzo
aprile
maggio
giugno
luglio
agosto
settembre
ottobre
novembre
dicembre
Totali
Totali
Totali
Fonte: Sogaer
Naz.
80.503
78.912
96.332
100.668
122.091
135.633
152.431
150.995
122.025
114.769
92.615
97.841
1.344.815
Linea Charter
1.660.666
Int.
12.658
11.578
19.078
24.426
34.730
35.008
44.356
44.483
36.953
30.077
10.523
11.981
315.851
1.707.626
Naz.
94
767
471
582
1.611
394
203
316
555
405
648
37
6.083
46.960
Dati di traffico aeroporto Cagliari - Elmas
Passeggeri partenze 2010
gennaio
febbraio
marzo
aprile
maggio
giugno
luglio
agosto
settembre
ottobre
novembre
dicembre
Totali
Totali
Totali
Fonte: Sogaer
Naz.
84.112
79.904
93.122
102.843
116.241
126.753
141.210
157.725
140.398
119.497
93.322
95.995
1.351.122
Linea Charter
1.668.742
Int.
12.753
11.583
17.131
25.456
30.467
35.496
39.277
47.572
40.473
34.560
10.893
11.959
317.620
1.715.689
Naz.
70
223
952
225
1.375
1.216
175
288
361
646
1.113
173
6.817
46947
Int.
3.944
619
1.389
2.089
2.726
2.372
4.553
6.398
5.420
5.752
5.327
288
40.877
Int.
1.610
773
1.309
1.835
2.404
1.960
4.862
6.365
5.613
4.946
6.149
2.304
40.130
Schengen
93.419
90.783
114.945
122.806
155.123
166.335
192.863
191.144
156.143
145.617
106.345
108.183
1.643.706
Schengen
Extra
Schengen
Primo Piano
3.780
1.093
2.325
4.959
6.035
7.072
8.680
11.048
8.810
5.386
2.768
1.964
63.920
Totale
arrivi
97.199
91.876
117.270
127.765
161.158
173.407
201.543
202.192
164.953
151.003
109.113
110.147
1.707.626
1.707.626 1.707.626
96.172
91.363
110.217
125.570
145.725
158.603
177.235
200.802
177.164
153.617
108.524
107.138
1.652.130
Extra
Schengen
2.373
1.120
2.297
4.789
4.762
6.822
8.289
11.148
9.681
6.032
2.953
3.293
63.559
Totale
arrivi
98.545
92.483
112.514
130.359
150.487
165.425
185.524
211.950
186.845
159.649
111.477
110.431
1.715.689
1.715.689 1.715.689
Sardegna Economica 1/2011
17

Primo Piano
Alcune considerazioni sulle migrazioni interne ed internazionali
La globalizzazione dell’economia
accresce la mobilità delle persone
di Romano Piras*
Università degli Studi di Cagliari
Negli ultimi anni l’analisi
dei flussi migratori ha trovato
un ampio spazio nel campo di
ricerca dell’economia, anche in virtù dell’accresciuta
mobilità internazionale. Non è certamente
un caso, quindi, se il rapporto 2009 sullo svilup-
18
Sardegna Economica 1/2011
I maggiori flussi in entrata
si sono registrati
verso i paesi più sviluppati
da parte di individui giovani
ad alto tasso d’istruzione
po umano delle Nazioni Unite
(2009b) ha avuto la mobilità internazionale
come filo conduttore.
L’avvento di un sistema economico globale,
in cui vengono meno tutte le barriere che ostacolano
la libera circolazione di merci, capitali e
* Professore Ordinario di Economia Politica. Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Economia, Dipartimento di Economia.
e-mail: pirasr@unica.it.

persone, e l’affermarsi di sistemi produttivi sempre
più basati sull’innovazione scientifica e tecnologica,
determinano flussi migratori sempre
più consistenti di persone altamente qualificate.
Queste, infatti, nel momento in cui non trovano
nel paese d’origine le infrastrutture scientifiche
adeguate alla valorizzazione delle proprie competenze
o le risorse economiche sufficienti per le
attività di ricerca, cercano in altre nazioni o in altre
aree dello stesso paese il riconoscimento delle
proprie capacità, in termini di retribuzioni più
elevate e migliori condizioni di vita e di lavoro.
Ovviamente non mancano le ripercussioni che
tali spostamenti ad elevato contenuto di capitale
umano generano sul sistema economico dell’area
ricevente e, soprattutto, di quella di partenza.
Se non possono che essere positive per la prima,
in termini di maggiore disponibilità di
conoscenze da sfruttare per reagire in maniera
competitiva ai cambiamenti continui imposti
da un ambiente tecnologico estremamente
dinamico, per la seconda possono diventare
preoccupanti, specialmente se si tratta di trasferimenti
a carattere definitivo. In questo
caso, infatti, viene a mancare proprio una delle
risorse strategicamente rilevanti per la crescita
dell’area d’origine, con un conseguente impoverimento
del sistema economico che rischia di
veder compromessa la propria competitività.
In questa nota partiamo dalla descrizione del
recente fenomeno migratori a livello mondiale
per poi passare all’analisi dell’ultimo Rapporto
Italiani nel Mondo curato dalla Fondazione
Migrantes. In particolare sottolineiamo
l’accresciuta importanza dei flussi migratori
di individui con elevati livelli di istruzione ed
accenniamo ai risvolti di carattere economico
che questi fenomeni possono avere.
Alcuni dati sui flussi migratori a livello
mondiale
I dati riportati nella Tabella 1 segnalano che
negli ultimi venti anni il numero complessivo
Primo Piano
dei migranti internazionali è passato da oltre
155 a quasi 21 milioni. La disaggregazione
geografica riporta l’Europa al primo posto
come continente di destinazione, con quasi
70 milioni di migranti e una incidenza pari a
circa un terzo del totale. Seguono Asia (oltre
61 milioni) e Nord America (poco più di 50
milioni). Non sorprende, inoltre, che la maggior
parte dei flussi migratori sia diretta verso
i Paesi più sviluppati (quasi 128 milioni),
anche se occorre rilevare che flussi consistenti
sono diretti anche verso i paesi meno sviluppati
(oltre 86 milioni). Il divario tra questi
due gruppi di Paesi, tuttavia, era molto meno
marcato nel 1990, con ciò si comprende la
crescente rilevanza dei flussi verso i paesi più
sviluppati. In percentuale rispetto alla popolazione
residente, si veda la Tabella 2, il peso
dei migranti è più elevato in Oceania (16,8%),
Nord America (1 ,2%) ed Europa (9,5). In
questo contesto, l’Italia ha visto crescere notevolmente
lo stock dei migranti - passati da
meno di un milione e mezzo nel 1990 a quasi
milioni e mezzo nel 2010 - tanto che la percentuale
sulla popolazione residente è stata
in costante crescita ed è passata dal 2,5% del
1990 al 7, % del 2010. Sempre secondo i dati
delle Nazioni Unite (2009a), le previsioni per
il 2010 vedono gli Stati Uniti come principale
paese di destinazione dei flussi internazionali,
in questo paese, infatti, si stima vi siano quasi
3 milioni di immigrati. Dietro gli Stati Uniti
si colloca la Russia, con 12,3 milioni, la Germania
(10,8), l’Arabia Saudita (7,3) e il Canada
(7,2). Complessivamente, il numero di
paesi con oltre mezzo milione di immigrati è
passata da 57 nel 1990 a 6 nel 2010. Tra il
2000 e il 2010 nove paesi hanno ricevuto oltre
un milione di immigrati, si tratta di Stati Uniti
(8 milioni), Spagna ( ,6), Italia (2,3), Arabia
Saudita (2,2), Regno Unito (1,7), Canada
(1,6), Siria (1,3), Giordania ed Emirati Arabi
Uniti (1 milione ciascuno).
Sardegna Economica 1/2011
19

Primo Piano
20
Tab. 1 - Migranti internazionali (in valore assoluto).
Mondo
Africa
Asia
Europa
Italia
America Latina e Caraibi
Nord America
Oceania
Paesi più sviluppati
Paesi meno sviluppati
Sardegna Economica 1/2011
1990
155.518.065
15.972.502
50.875.665
49.400.661
1.428.219
7.130.326
27.773.888
4.365.023
82.354.728
73.163.337
1995
165.968.778
17.921.345
48.768.018
54.717.864
1.723.412
6.233.506
33.595.046
4.732.999
94.123.386
71.845.392
2000
178.498.563
17.062.143
51.915.384
57.639.114
2.121.688
6.470.622
40.395.432
5.015.868
104.433.692
74.064.871
2005
195.245.404
17.735.600
55.128.485
64.398.585
3.067.656
6.869.399
45.597.061
5.516.274
117.187.935
78.057.469
2010
213.943.812
19.263.183
61.323.979
69.819.282
4.463.413
7.480.267
50.042.408
6.014.693
127.711.471
86.232.341
Fonte: Nazioni Unite (2009a). Trends in International Migrant Stock: The 2008 Revision United Nations, Department of Economic and
Social Affairs, Population Division. I dati relativi al 2010 sono calcolati sulla base delle proiezioni delle tendenze di lungo periodo. I Paesi
più sviluppati comprendono tutti i paesi dell’Europa, più Nord America, Australia, Nuova Zelanda e Giappone. I Paesi meno sviluppati
comprendono tutti gli altri paesi.
Tab. 2 - Migranti internazionali (in percentuale della popolazione residente).
Mondo
Africa
Asia
Europa
Italia
America Latina e Caraibi
Nord America
Oceania
Paesi più sviluppati
Paesi meno sviluppati
1990
2,9
2,5
1,6
6,9
2,5
1,6
9,8
16,2
7,2
1,8
1995
2,9
2,5
1,4
7,5
3,0
1,3
11,2
16,3
8,0
1,6
2000
2,9
2,1
1,4
7,9
3,7
1,2
12,7
16,1
8,7
1,5
2005
2010
Fonte: Nazioni Unite (2009a). Trends in International Migrant Stock: The 2008 Revision United Nations, Department of Economic and
Social Affairs, Population Division. I dati relativi al 2010 sono calcolati sulla base delle proiezioni delle tendenze di lungo periodo. I Paesi
più sviluppati comprendono tutti i paesi dell’Europa, più Nord America, Australia, Nuova Zelanda e Giappone. I Paesi meno sviluppati
comprendono tutti gli altri paesi.
3,0
1,9
1,4
8,8
5,2
1,2
13,6
16,4
9,6
1,5
3,1
1,9
1,5
9,5
7,4
1,3
14,2
16,8
10,3
1,5

Oltre all’accresciuta mobilità internazionale
nei termini generali sommariamente descritti,
negli ultimi anni si è registrata, ancor più intensamente,
una maggiore mobilità relativamente
agli individui più istruiti (Docquier e Marfouk,
2006 e 200 ; Docquier, Lohest, e Marfouk,
2009). La Tabella 3 riporta alcuni dati tratti dal
lavoro di Docquier, Lohest, e Marfouk (2009),
riferiti al 1990 e al 2000. Si tratta dello stock degli
immigrati nei paesi OCSE di età superiore
ai 25 anni, classificati in base al loro titolo di
studio. In totale il numero dei migranti è passato
da 1,7 ad oltre 58,2 milioni. Tuttavia, dal
loro livello di studio si osserva come i possessori
di un titolo di studio basso siano rimasti
Primo Piano
pressoché invariati (2 , milioni nel 1990 contro
i 25 milioni nel 2000), i titolari di un livello
di istruzione intermedio sono più che triplicati,
passando da ,8 a 12,7 milioni, mentre i migranti
più istruiti erano 12,5 milioni nel 1990
e sono diventati 20, milioni dieci anni dopo.
Osservando la disaggregazione continentale
dei migranti, l’immagine che si coglie è simile:
ad emigrare sono, in misura crescente, gli individui
più istruiti, quelli in possesso di maggiori
livelli di capitale umano. Questo fenomeno
pone questioni molto importanti in relazione
allo sviluppo dei paesi di origine dei migranti,
questioni che verranno riprese più volte nel resto
del lavoro.
Tab. 3 - Stock degli emigrati di 25 anni e più verso i paesi OCSE (valori in migliaia).
Anno 1990
Livello di istruzione
Mondo
Africa
Asia
Europa
America Latina e Caraibi
Nord America
Oceania
Anno 2000
Livello di istruzione
Mondo
Africa
Asia
Europa
America Latina e Caraibi
Nord America
Oceania
Alto
12.501
724
3.781
4.869
1.924
717
221
Alto
20.442
1.373
7.003
6.864
3.681
950
379
Medio
4.791
396
1.665
4.661
1.348
299
174
Medio
12.736
843
2.761
5.405
2.961
302
254
Fonte: Nostre elaborazioni su dati tratti dalla Tabella 1 di Docquier, Lowell e Marfouk (2009).
Basso
24.414
1.717
3.956
9.788
3.743
408
129
Basso
25.068
2.136
5.435
8.901
7.317
282
159
Totale
41.706
2.837
9.402
19.318
7.015
1.424
524
Totale
58.246
4.352
15.199
21.170
13.959
1.534
792
Sardegna Economica 1/2011
21

Primo Piano
I dati sugli italiani nel mondo
La Fondazione Migrantes pubblica, oramai
da diversi anni, il Rapporto Italiani nel Mondo
nel quale si analizza approfonditamente la
situazione dell’emigrazione italiana. Secondo
l’ultimo rapporto pubblicato, gli italiani
iscritti all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti
all’Estero) superano i milioni (Tabella
): oltre la metà risiede in Europa, quasi
il 0% in America Latina, mentre percentuali
molto basse si registrano per l’Asia e l’Africa.
Va inoltre rilevato che oltre agli italiani che
hanno mantenuto o acquisito la cittadinanza
italiana, secondo alcune stime vi sarebbero
quasi 80 milioni di oriundi italiani, principal-
22
Tab. 4 - Popolazione italiana iscritta all’AIRE.
EUROPA
Unione Europea a 15
AFRICA
ASIA
NORD AMERICA
CENTRO E SUD AMERICA
OCEANIA
TOTALE
Sardegna Economica 1/2011
Totale
2.228.850
1.640.986
52.591
35.686
343.126
1.239.080
129.037
4.028.370
Fonte: Nostre elaborazioni su dati tratti dal Rapporto Italiani nel Mondo 2010.
Peraltro, la presenza italiana nel mondo risulta
in continua crescita, considerato che oltre
un quarto degli iscritti all’AIRE lo è da meno
di cinque anni. Tra gli iscritti, oltre un terzo è
nato all’estero, mentre 121 mila si sono iscritti
dopo aver acquisito la cittadinanza. I principali
paesi che ospitano cittadini italiani sono,
nell’ordine, Argentina, Germania e Svizzera
con oltre mezzo milione di iscritti, seguiti da
Francia, Brasile, Belgio e Stati Uniti con oltre
200 mila iscritti.
%
55,3
40,7
1,3
0,9
8,5
38,8
3,2
100.00
Iscritti da meno di 5 anni
438.480
331.597
15.748
15.956
73.768
476.176
28.134
1.048.262
mente in Brasile (25 milioni), Argentina (20
milioni), Stati Uniti e Francia (quasi 18 milioni),
Canada (1 milione e mezzo), Uruguay e
Australia (intorno ad 1 milione) e altri paesi.

Tab. 5 - Popolazione italiana iscritta all’AIRE per regione.
Regione
Valle d’A.
Piemonte
Lombardia
Liguria
T. A. A.
Veneto
F. V. G.
Emilia R.
Toscana
Marche
Iscritti
AIRE
4.361
195.373
304.901
101.669
63.265
285.531
144.223
129.715
120.235
102.344
Popolaz.
residente
127.866
4.446.230
9.826.141
1.615.986
1.028.260
4.912.438
1.234.079
4.377.435
3.730.130
1.577.676
Nella Tabella 5 sono riportati i dati a livello
regionale. La Sicilia è la regione italiana con
il maggior numero di iscritti (oltre 65 mila),
seguita dalla Campania ( 21 mila) e dal Lazio
(360 mila). In termini di incidenza percentuale
rispetto alla popolazione residente, le prime
tre regioni sono il Molise, dove gli emigrati
iscritti rappresentano quasi un quarto dell’attuale
popolazione regionale, la Basilicata e la
Calabria. A questo proposito sono significativi
alcuni dati a livello comunale. I residenti al primo
gennaio 2010 a Castelnuovo di Conza, in
provincia di Salerno, sono appena 677, mentre
gli iscritti all’AIRE sono 2020 con un’incidenza
percentuale di quasi il 300%; ad Acquaviva Platani
(CL) sono residenti 1066 persone e 2527
risultano iscritte all’AIRE. Complessivamente,
sono quasi un centinaio i comuni italiani nei
quali gli iscritti all’AIRE superano i residenti.
Dati sulla mobilità interna in Italia
Il nostro paese oltre che dalle migrazioni inter-
Incidenza Regione
%
3,41 Umbria
4,39 Lazio
3,10 Abruzzo
6,29 Molise
6,15 Campania
5,81 Basilicata
11,69 Puglia
2,96 Calabria
3,22 Sicilia
6,49 Sardegna
Fonte: Nostre elaborazioni su dati tratti dal Rapporto Italiani nel Mondo 2010 e dal sito ISTAT.
Iscritti
AIRE
29.137
360.213
160.157
77.710
421.227
107.625
313.580
351.777
654.560
100.767
Popolaz.
residente
900.790
5.681.868
1.338.898
320.229
5.824.662
588.879
4.084.035
2.009.330
5.042.992
1.672.404
Primo Piano
Incidenza
%
3,23
6,34
11,96
24,27
7,23
18,28
7,68
17,51
12,98
6,02
nazionali è stato ed è tuttora interessato anche da
un significativo movimento interno, orientato
prevalentemente dal Sud verso il Centro-Nord,
dalle aree più svantaggiate a quelle più ricche.
Anche in questo caso la mobilità interna rappresenta
nuovamente un tema di grande attualità,
soprattutto negli ultimi anni, in cui si è registrato
un netto peggioramento del saldo migratorio ai
danni delle regioni meridionali. La ripresa della
mobilità interna verificatasi negli ultimi anni, se
da un lato nel breve periodo può contribuire ad
un migliore equilibrio tra domanda ed offerta
di lavoro, dall’altro sta di fatto depauperando le
risorse locali di capitale umano di cui le regioni
meridionali hanno maggiormente bisogno nel
medio/lungo periodo. Ciò contribuisce a rafforzare
la tendenza ad una polarizzazione dello
sviluppo, la quale non fa altro che accrescere il
dualismo che da sempre attanaglia l’Italia.
Gli ultimi dati disponibili sono riferiti al 2007. In
quell’anno sono stati registrati quasi 1 milione e
380 mila trasferimenti di residenza tra comuni
Sardegna Economica 1/2011
23

Primo Piano
italiani. Il valore è cresciuto sia rispetto all’anno
precedente (+0,8 per cento) sia rispetto al 2005
(+ , per cento) e anche se i movimenti registrati
sono avvenuti in maggioranza tra comuni
appartenenti alla stessa provincia (853 mila, pari
al 61,8 per cento), sono stati numerosi anche i
trasferimenti all’interno dei confini regionali ma
tra province diverse (193 mila, pari al 1 ,0 per
cento) e ancor di più quelli interregionali (33
mila, pari al 2 ,2 per cento).
Accanto alle variazioni di residenza registrate
all’anagrafe, negli ultimi anni è aumentata notevolmente
la mobilità di lungo raggio, ovvero
la mobilità per lavoro di individui che non trasferiscono
la propria residenza ma che lavorano
in una località lontana rispetto alla propria residenza
rendendo improbabili rientri frequenti
nel tempo. Nel 2007, circa 1 0 mila residenti
del Mezzogiorno, in prevalenza giovani con
titolo di studio medio alto, lavoravano al Centro-Nord.
Nel 2005, il 12% degli individui che
hanno cambiato residenza era composto da laureati,
una percentuale doppia rispetto a quella di
dieci anni prima (Mocetti e Porello, 2010). Ana-
2
Tab. 6 - Popolazione sarda iscritta all’AIRE.
EUROPA
Unione Europea a 15
AFRICA
ASIA
NORD AMERICA
CENTRO E SUD AMERICA
OCEANIA
TOTALE
Sardegna Economica 1/2011
Totale
90.485
81.825
866
428
2.136
5.505
1.347
100.767
Fonte: Nostre elaborazioni su dati tratti dal Rapporto Italiani nel Mondo 2010.
lizzando i saldi migratori provinciali dei laureati
per il periodo 2001-2005 si scopre che le grandi
aree metropolitane del Centro-Nord fungono
da magnete nell’attirare laureati. In particolare
Bologna registra un tasso migratorio netto positivo
pari a 1 laureato per ogni cento laureati
residenti, seguita da Milano e Trieste (0,7%) e
Roma (0,6%). In negativo vanno segnalate le
performance di Napoli (-1,2%), Bari (-0,6%) e
Palermo (-0,5%). In questa particolare graduatoria,
Cagliari si colloca ala sessantasettesimo
posto con un tasso migratorio netto negativo
pari a -0,3% (Mocetti e Porello, 2010).
I dati riguardanti la Sardegna
Anche la nostra isola è interessata alla crescente
mobilità internazionale (Tabella 6).
Nel 2010 gli iscritti all’AIRE sono aumentati
del 1,7% rispetto all’anno precedente passando
a 100.767 individui. I sardi all’estero risiedono
principalmente in Europa (quasi il 90%)
e solo una minoranza negli altri continenti,
anche se va segnalata la non trascurabile presenza
in America Latina (5,5%).
%
89,8
81,2
0,9
0,4
2,1
5,5
1,3
100.00
Iscritti da meno di 5 anni
14.802
13.156
279
205
558
1.915
237
1.048.262

In relazione ai paesi con il maggior numero
di sardi residenti, al primo posto figura
la Germania (29 mila), seguita dalla Francia
(2 mila), dal Belgio (12.752), dalla Svizzera
(8 mila), dall’Olanda e Regno Unito (oltre 6
mila). Complessivamente risiedono in questi
cinque paesi oltre l’85% dei sardi all’estero. La
Primo Piano
graduatoria dei comuni isolani vede al primo
posto Cagliari, seguita da Carbonia, Sassari,
Alghero e Quartu Sant’Elena (Tabella 7). In
termini di incidenza percentuale spicca il comune
di Sindia, con oltre il 50% di iscritti all’AIRE
rispetto ai residenti, seguito da Nulvi
(28,6%) e San Vito (2 , %).
Tab. 7 - Graduatoria dei primi 20 comuni sardi per numero di iscritti all’AIRE.
Cagliari
Carbonia
Sassari
Alghero
Quartu Sant’Elena
Siniscola
Bosa
Olbia
Dorgali
Nuoro
Oristano
Iglesias
Villacidro
San Vito
Sindia
Sant’Antioco
Guspini
Nulvi
Ozieri
La Maddalena
Iscritti all’AIRE
5.548
3.469
3.315
2.671
2.204
1.665
1.365
1.346
1.239
1.130
1.098
1.007
979
954
951
910
844
841
814
795
Fonte: Nostre elaborazioni su dati tratti dal Rapporto Italiani nel Mondo 2010.
Popolazione residente
157.297
29.971
130.306
40.887
71.253
11.532
8.126
53.702
8.497
36.443
32.378
27.656
14.537
3.911
1.860
11.749
12.465
2.938
11.017
11.841
Incidenza %
3,5
11,6
2,5
6,5
3,1
14,4
16,8
2,5
14.6
3,1
3,4
3,6
6,7
24,4
51,1
7,7
6,8
28,6
7,4
6,7
Sardegna Economica 1/2011
25

Primo Piano
Per quanto concerne i movimenti migratori
della Sardegna con le altre regioni italiane,
in un precedente lavoro (Piras, 2005)
si è posto in evidenza il fatto che negli ultimi
decenni la Sardegna, in linea peraltro
con quanto accaduto alle altre regioni meridionali,
abbia registrato una maggiore
propensione alla mobilità da parte degli
individui maggiormente istruiti. Per quanto
concerne i laureati, nel periodo 1993-
2002 la Sardegna ha perso 55 laureati; in
relazione ai diplomati, il saldo migratorio
netto negativo è risultato pari, nello stesso
periodo, a 599 individui. In definitiva,
circa un terzo della perdita di popolazione
registrata in questi dieci anni è da attribuire
ad individui con titolo di studio medioalto.
L’attenzione particolare agli individui
in possesso di un titolo di studio medioalto
risiede, evidentemente, nel fatto che si
tratta di quelli più dotati di capitale umano
e, dunque, i più importanti per lo sviluppo
della Sardegna.
Alcune considerazioni conclusive
L’accresciuta mobilità internazionale registrata
negli ultimi decenni ha posto nuovamente
tale fenomeno al centro dell’attenzione
delle organizzazioni internazionali.
In questa breve nota si è sommariamente
descritto il fenomeno a vari livelli: mondiale,
italiano e con riferimento alla Sardegna.
Il quadro che ne è emerso è che la maggior
parte dei flussi si dirige verso i paesi più sviluppati
e che negli ultimi anni si è registrata
una maggiore mobilità degli individui
maggiormente istruiti rispetto a quelli con
basso titolo di studio. Per quanto riguarda
gli italiani nel mondo, dall’ultimo rapporto
pubblicato dalla Fondazione Migrantes
risulta che sono oltre milioni quelli residenti
all’estero, prevalentemente in Europa
e in America Latina. In relazione alla
26
Sardegna Economica 1/2011
mobilità interna al nostro paese, anche in
questo caso se ne è evidenziata l’accresciuta
rilevanza, accanto al fenomeno del pendolarismo
di lungo raggio, vale a dire alla
mobilità di individui che non trasferiscono
la propria residenza, ma che lavorano in località
molto distanti, tali da non consentire
rientri frequenti. •
Bibliografia
Docquier, F., Lohest, O. e Marfouk, A. (2009),
“A gendered assessment of highly skilled emigration”,
in «Population and Development
Review», 35, 297-321.
Docquier, F. e Marfouk, A. (2006), “International
Migration by Educational Attainment,
1990-2000”, in Ozden C. e Schiff M. (eds),
International Migration, Remittances and the
Brain Drain, Palgrave-MacMillan.
Docquier, F. e Marfouk, A. (200 ), “Measuring
the International Mobility of Skilled Workers,
1990-2000”. World Bank, Policy Research
Working Paper No. 3381.
Fondazione Migrantes (2010), Rapporto Italiani
nel Mondo 2020, Edizioni IDOS, Roma.
Mocetti S and Porello C. (2010), “La mobilità
del lavoro in Italia: nuove tendenze sulle dinamiche
migratorie”. Questioni di Economia e
Finanza n. 61, Banca d’Italia.
Nazioni Unite (2009a), Trends in International
Migrant Stock: The 2008 Revision United
Nations, Department of Economic and Social
Affairs, Population Division.
Nazioni Unite (2009b), Human Development
Report 2009. Overcoming barriers: human
mobility and development. United Nations
Development Program, Palgrave Macmillan,
New York.
Piras, R. (2005), Continua l’esodo di laureati
e diplomati. La Sardegna perde intelligenze:
1980-1999, in «Sardegna Economica», 5, pp.
9-1 .

Un’approfondita disamina giuridica su di un aspetto
fra i più complessi nelle riorganizzazioni aziendali
Il procedimento di scissione
per la suddivisione dei beni societari
di Gabriele Racugno
Università degli Studi di Cagliari
1. Scorporo e scissione
Nell’ambito delle operazioni
straordinarie di riorganizzazione aziendale
assumono significativo rilievo lo scorporo e la
scissione. Il primo, di antica origine, trova la
sua fonte nella disciplina dei conferimenti di
beni in natura (art. 23 3 c.c.); la seconda, ha
una vita ben più recente, avendo visto la luce
Le differenze con lo scorporo
e le procedure per la redazione
di questa operazione straordinaria
oggi regolata dalla L. 69 del 1990
Dialoghi & Confronti
nell’ordinamento italiano
soltanto con l’entrata in vigore
del d.lgs. 16.1.1991, n. 22 (che ha introdotto
nel codice civile, nel titolo V, del libro
V, una sezione intitolata «Della scissione delle
società»: artt. 2506 ss. c.c.) in attuazione della
legge 26 marzo 1990, n. 69, ai sensi della VI direttiva
Cee n. 82/891, e trova applicazione, in
Sardegna Economica 1/2011 27

particolare, nelle società con una compagine
sociale a base familiare o ristretta.
Lo scorporo ha per fine il trasferimento, in
tutto o in parte, del complesso dei beni della
società conferente (scorporante) nella società
conferitaria in cambio dell’acquisizione da
parte della prima di partecipazioni sociali della
seconda, di guisa che nel patrimonio della
scorporante vi saranno azioni e quote in luogo
dei beni scorporati, senza variazioni di valore.
Quindi l’operazione non incide direttamente
nei rapporti con i soci.
La scissione, per converso, ha la funzione,
attraverso la “disaggregazione” del patrimonio
della società scissa, di attribuire le nuove
partecipazioni della società beneficiaria ai soci
della società scissa. Quest’ultima per effetto
della scissione non riceve alcun corrispettivo:
il corrispettivo della cessione del patrimonio
della società scissa, che confluisce nella società
beneficiaria, è costituito dalle nuove partecipazioni
attribuite – per un valore equivalente al
ridotto valore delle partecipazioni della società
scissa – ai soci di quest’ultima, che, per effetto
del concambio, non subiscono alcun impoverimento
atteso che vengono loro assegnate
partecipazioni nel capitale della beneficiaria a
fronte della riduzione di valore economico del
capitale della scissa.
L’operazione per la società scissa può qualificarsi,
dunque, quale atto a titolo gratuito.
In sintesi:
- nello scorporo, le partecipazioni nella società
beneficiaria sono attribuite alla società conferente;
nella scissione ai suoi soci;
- nello scorporo, trova applicazione la disciplina
del trasferimento d’azienda (artt. 2555 ss.
c.c.); nella scissione quella sua propria (artt.
2506 ss. c.c.).
È il conferimento diretto delle azioni/quote
della beneficiaria ai soci e non alla società, che
caratterizza l’istituto della scissione, che costituisce
una modifica statutaria, con la con-
28 Sardegna Economica 1/2011
seguenza che avendo una disciplina propria e
autonoma non potranno applicarsi automaticamente
le norme sul trasferimento d’azienda.
Sotto il profilo dei diversi interessi coinvolti
deve segnalarsi che, ove lo scorporo non
modifichi l’oggetto dell’impresa originaria in
misura significativa, ad esempio rendendolo
finanziario, l’operazione è da ritenersi di
competenza dell’organo amministrativo (Racugno)
e non richiede quindi scelte dei soci,
diversamente da quanto accade nella scissione
nella quale assume un ruolo decisivo la delibera
assembleare, quindi il consenso dei soci,
che assurgono al ruolo di parti «sostanziali»
della scissione (Oppo).
2. Il progetto di scissione
L’art. 2506 bis c.c. disciplina il progetto di scissione
che costituisce il documento centrale
nell’ambito della disciplina della scissione. «Si
tratta di un atto - e ovviamente anche di un
documento - programmatico e impegnativo,
nel senso che deve indicare il risultato finale
cui si vuole giungere e la strada da percorrere
per raggiungerla, per un verso, e che per l’altro
vincola, in un certo senso, impegna al risultato»
(Ferro-Luzzi). Il progetto, che si pone alla
base del processo di ristrutturazione dell’impresa,
costituisce un documento unico per tutte
le società coinvolte nella scissione (quindi,
nel caso di scissione totale, solo l’organo amministrativo
della società scissa; nel caso di
scissione parziale, quelli della società scissa e
delle beneficiarie).
Come per la fusione, anche il procedimento di
scissione si articola in tre fasi ben distinte:
a) progetto di scissione; b) delibera assembleare
di scissione; c) stipula dell’atto di scissione.
3. Il contenuto del progetto di scissione
L’art. 2506 bis, per quanto concerne il contenuto
del progetto di scissione, rinvia, in primo

luogo, al contenuto del progetto di fusione,
i cui elementi (art. 2501-ter) si ritrovano nel
progetto di scissione, vale a dire: 1) il tipo, la
denominazione e ragione sociale, la sede delle
società partecipanti alla scissione; 2) l’atto costitutivo
della società beneficiaria, con le eventuali
modificazioni derivanti dalla scissione
(se preesistente); 3) il rapporto di cambio delle
azioni o quote, nonché l’eventuale conguaglio
in danaro; ) le modalità di assegnazione delle
azioni o delle quote delle società beneficiarie
ai soci della società scissa; 5) la data a decorrere
dalla quale tali azioni o quote assegnate ai
soci della scissa partecipano agli utili della beneficiaria;
6) la data a decorrere dalla quale le
operazioni delle società partecipanti alla scissione
trasferite alla beneficiaria sono imputate
al bilancio di quest’ultima; 7) il trattamento
eventualmente riservato a particolari categorie
di soci e ai possessori di titoli diversi dalle
azioni; 8) i vantaggi particolari eventualmente
proposti a favore dei soggetti cui compete
l’amministrazione delle società partecipanti
alla scissione.
L’art. 2506 bis dispone che dal progetto di
scissione deve risultare l’esatta descrizione (i)
degli elementi patrimoniali da assegnare a ciascuna
delle società beneficiarie; (ii) dell’eventuale
conguaglio in danaro. Né è previsto che
il prospetto indichi (nella scissione parziale)
gli elementi che permangono nel patrimonio
della società scissa (desumibili a contrariis).
Il progetto, oltre ad individuare gli elementi di
patrimonio da trasferire alle società beneficiarie,
ha altresì la funzione di individuare come
le azioni o quote delle beneficiarie vengono assegnate
ai soci della scissa (infra § 8).
4. La destinazione
degli elementi del patrimonio
Nulla dispone l’art. 2506 bis circa gli elementi
da assegnare alle società beneficiarie, rimanendo
nella discrezionalità degli organi
Dialoghi & Confronti
amministrativi della società coinvolte nella
scissione la scelta degli elementi del patrimonio
della scissa destinati a confluire in quelli
delle società beneficiarie: di qui la necessità di
una puntuale e dettagliata descrizione di questi
elementi, che possono essere costituiti dall’intera
azienda della società scissa, da singoli
rami (che, peraltro, non manifestano necessaria
rilevanza fin tanto che sono assorbiti nell’azienda
originaria nella quale sono integrati,
né rilevano come autonomi momenti dell’iniziativa
economica), come pure da singoli beni
(Cass., 6 ottobre 1998, n. 9897; Belviso).
L’art. 2506 bis usa l’espressione elementi patrimoniali:
quindi sia elementi attivi che elementi
passivi. Inoltre possono essere oggetto
di descrizione anche elementi non iscritti nella
società scissa prima della scissione (Scognamiglio).
Sotto diverso profilo va esaminata la fattispecie
che vede la scissione a favore delle società
beneficiarie di un complesso patrimoniale che
in capo alla scissa presenta un valore contabile
negativo. Il Principio Contabile OIC (Parte
II - § .3.3) afferma che «è ammessa, in accordo
con la dottrina, anche l’ipotesi che il valore
contabile del patrimonio netto trasferito ad
una beneficiaria sia negativo (le passività superano
le attività) purché però il valore economico
sia positivo e si tratti di una società beneficiaria
già esistente», e sempre che la società
beneficiaria abbia riserve disponibili capienti
in misura tale da coprire la riduzione patrimoniale
determinata dalla scissione.
La fattibilità dell’operazione presuppone dunque
che il valore economico del patrimonio
scisso sia positivo, vale a dire che sia comunque
positiva la valutazione allo stesso assegnata
in sede di concambio. In difetto non potrebbe
sussistere alcun rapporto di concambio
delle azioni o quote della società beneficiaria
con le azioni o quote possedute dai soci della
scissa in quest’ultima società, concambio che
Sardegna Economica 1/2011
29

Dialoghi & Confronti
costituisce uno degli elementi essenziali che
caratterizzano la scissione.
«In questa ipotesi - prosegue il richiamato
principio contabile - nel caso della scissione
parziale, a seguito del trasferimento la società
scissa imputerà a riserva la differenza negativa
tra attività e passività dell’azienda trasferita
(che per essa costituisce un componente positivo
del patrimonio netto)», determinata dalla
dismissione di elementi patrimoniali negativi.
5. I criteri suppletivi di assegnazione
Si è più sopra detto che è rimessa alla discrezionalità
degli organi amministrativi delle
società coinvolte nella scissione l’individuazione,
nel progetto di scissione, degli elementi
del patrimonio della scissa destinati da assegnarsi
a quelli delle società beneficiarie. L’art.
2506 bis, ai commi 2° e 3°, stabilisce i criteri
suppletivi applicabili ove per alcuni elementi
dell’attivo o del passivo non sia desumibile
dal progetto di scissione la destinazione, vale a
dire se debbano rimanere in capo alla società
scissa o confluire in quelli delle beneficiarie. I
criteri suppletivi trovano applicazione sia per
gli elementi già esistenti al tempo della scissione
non descritti nel progetto di scissione,
sia per le sopravvenienze, sia attive che passive,
emerse successivamente alla redazione del
progetto.
Il 2° comma dell’art. 2506 bis disciplina, appunto
in un’ottica suppletiva, la sorte degli elementi
dell’attivo non desumibili dal progetto,
e stabilisce che:
- nell’ipotesi di assegnazione dell’intero patrimonio
della società scissa, gli elementi dell’attivo
sono ripartiti tra le società beneficiarie in
proporzione della quota del patrimonio netto
assegnata a ciascuna di esse, così come valutato
ai fini della determinazione del rapporto di
cambio;
- nell’ipotesi di assegnazione parziale del patrimonio
della società scissa, gli elementi del-
30 Sardegna Economica 1/2011
l’attivo rimangono in capo alla società trasferente.
Il 3° comma dell’art. 2506 bis disciplina, quindi,
sempre in un’ottica suppletiva, la sorte
degli elementi del passivo non desumibili dal
progetto, e stabilisce che:
- nell’ipotesi di assegnazione dell’intero patrimonio
della società scissa, degli stessi rispondono
in solido le società beneficiarie;
- nell’ipotesi di assegnazione parziale del patrimonio
della società scissa, degli stessi rispondono
in solido la società scissa e le società
beneficiarie.
In chiusura il 3° comma in esame limita la responsabilità
solidale di cui appena si è detto al
valore effettivo del patrimonio netto attribuito
a ciascuna società beneficiaria, mentre la società
scissa continua a rispondere delle passività
per le quali è incerta la destinazione alle
beneficiarie con l’intero proprio patrimonio.
Per quanto concerne la limitazione della responsabilità
di ciascuna beneficiaria al «patrimonio
netto attribuito», pur nella varietà di
opinioni emerse in proposito, è da preferirsi la
definizione di patrimonio netto come la «differenza
positiva fra attività e passività», quindi il
confronto tra le attività e le passività riferite al
valore corrente procede secondo il c.d. metodo
patrimoniale semplice, che non tiene conto
dell’avviamento, come pure dei flussi di cassa
generati dalla società beneficiaria, prescindendosi
cioè da criteri basati su stime prospettiche.
Partendo dalla situazione patrimoniale
redatta «con l’osservanza delle norme sul bilancio
d’esercizio» (art. 2501 quater, comma
1; richiamato dal 1° comma dell’art. 2506 ter),
dovranno adeguarsi i valori contabili ai valori
correnti, intesi quali valori attuali di mercato.
Deve piuttosto aggiungersi che i creditori i
quali intendano far valere i loro diritti di credito
nei confronti delle società beneficiarie, la
cui responsabilità - deve ribadirsi - è limitata al
valore effettivo del patrimonio netto a ciascu-

na attribuito, potranno, in caso di incapienza,
chiedere un accertamento giudiziale del valore
effettivo del patrimonio, a prescindere dalle
indicazioni in proposito contenute nella relazione
dell’organo amministrativo, a cui pur
compete l’indicazione del «valore effettivo del
patrimonio netto assegnato alle società beneficiarie
e di quello che eventualmente rimanga
nella società scissa» (art. 2506 ter, comma 2°).
Infine. Considerato che il regime previsto dal
2° e 3° comma dell’art. 2506 bis costituisce per
definizione un criterio suppletivo, ben può
l’autonomia privata prevedere nel progetto di
scissione una diversa disciplina della destinazione
degli elementi dell’attivo e del passivo
non desumibili dal progetto, con conseguente
prevalenza del progetto di scissione sui criteri
previsti dal legislatore soltanto in via suppletiva
(Cass., 2 aprile 2003, n. 6526). Potrà essere
così previsto un criterio proporzionale di assegnazione
delle passività o anche un principio
di pertinenza in deroga al disposto dai commi
appena richiamati, disposizioni queste destinate
così ad operare solo allorquando, anche
mediante i criteri interpretativi in materia
dettati dai contratti (art. 1362 ss. c.c.), non
emerga la destinazione di elementi dell’attivo
o del passivo non desumibili dal progetto di
scissione.
Circa la ripartizione tra i soci di passività non
desumibili dal progetto di scissione potranno
trovare applicazione sia criteri di proporzionalità
che di pertinenza, come pure di equa
suddivisione della responsabilità.
6. La scissione di azienda
La circostanza che la scissione abbia una disciplina
sua propria dovrebbe precludere, come
più sopra si è fatto cenno, all’applicazione in
via automatica delle norme dettate dal codice
civile sul trasferimento di azienda nelle ipotesi
in cui la scissione abbia appunto per oggetto
l’intera azienda della società scissa o singoli
Dialoghi & Confronti
rami, e dunque di una pluralità di attività e
passività, ed in questo senso, come pure si è
detto,la scissione si differenzia dallo scorporo,
che, non avendo una disciplina sua propria,
ricorre necessariamente alle regole sul trasferimento
di azienda in toto applicabili.
Si rende così necessario verificare di volta in
volta l’applicabilità (in via analogica) delle
norme sul trasferimento d’azienda.
Schematicamente può osservarsi:
- art. 2556 (forma scritta ad probationem e
pubblicità): ogni problema è superato dalla
presenza di specifiche disposizioni in proposito
dettate in sede di scissione;
- art. 2557 (divieto di concorrenza):
pur nelle incertezze dottrinarie (Scognamiglio,
Picciau) che caratterizzano la materia, volte per
lo più a distinguere l’ipotesi di scissione non
proporzionale (per l’applicabilità del 2557)
dalla scissione proporzionale (per l’inapplicabilità),
pur propendendo per un’ampia l’applicabilità
del divieto di concorrenza alla scissione
avente ad oggetto un’azienda o un ramo di
essa (considerata la portata di norma generale
del divieto di cui all’art. 2557 riconosciuto anche
dalla Cassazione, n. 9682/2000), sussiste
qualche dubbio sull’applicabilità del divieto
di concorrenza alla scissione parziale che veda
un’identica composizione della compagine
sociale delle società beneficiarie di nuova costituzione:
considerato, invero, che in questa
ipotesi essendo presenti gli stessi soci, con le
medesime percentuali, nella scissa e nella beneficiaria,
verrebbero meno quelle esigenze di
tutela del valore dell’investimento del soggetto
acquirente l’azienda che qualifica l’art. 2557;
- art. 2558 (successione nei contratti): essendo
già prevista, in via generale, la possibilità
per i terzi contraenti di opporsi alla scissione
ex art. 2503 (richiamato dall’art. 2506 ter, ult.
comma), (Palmieri), potrebbe obiettarsi per
l’inutilità di un richiamo all’art. 2558; questa
norma contiene, peraltro, al 2° comma, una
Sardegna Economica 1/2011
31

Dialoghi & Confronti
possibilità di recesso che può avere una sua peculiare
funzione considerata la sua operatività
per i tre mesi da quando il terzo contraente ha
avuto notizia della scissione, sempre naturalmente
nella sussistenza di una giusta causa;
- art. 2559 (crediti): la specificità del disposto
dell’art. 2506 quater che riconduce gli effetti
della scissione dall’ultima iscrizione nel registro
delle imprese dell’atto di scissione, impedisce
l’applicabilità per analogia dell’art. 2559;
- art. 2560 (debiti): la presenza di una norma
volta alla tutela dei creditori che consente, a
differenza di quanto accade nel trasferimento
d’azienda, di opporsi alla scissione (art. 2506
ter, ult. comma, che richiama l’art. 2503), non
consente, essendo appunto la materia espressamente
disciplinata, il ricorso all’applicazione
analogica dell’art. 2560, e rende, fra l’altro,
inapplicabile il principio contenuto in questa
norma che àncora la responsabilità dell’acquirente
alla risultanza dei debiti iscritti nelle
scritture contabili obbligatorie;
- art. 2112 (rapporti di lavoro): l’ampio dettato
del 5° comma dell’art. 2112 (“si intende per
trasferimento d’azienda qualsiasi operazione
che, in seguito a cessione contrattuale o fusione,
comporti il mutamento nella titolarità di
un’attività economica organizzata, con o senza
scopo di lucro, preesistente al trasferimento
e che conserva nel trasferimento la propria
identità a prescindere dalla tipologia negoziale
o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento
è attuato”) consente di qualificare
la regola che mira al mantenimento dei diritti
dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda
quale espressione di un principio generale
applicabile ogni qualvolta vi sia mutamento
del datore di lavoro a prescindere dalle modalità
del mutamento.
7. Gli eventuali conguagli in danaro
Le norme di riferimento sull’argomento sono
costituite dall’art. 2506 bis secondo cui il pro-
32
Sardegna Economica 1/2011
getto di scissione deve contenere l’eventuale
conguaglio in danaro, e dall’art. 2506, comma
2°, che stabilisce la possibilità di «un conguaglio
in danaro, purché non superiore al dieci
per cento del valore nominale delle azioni o
quote attribuite».
Il conguaglio ha la funzione di integrare il rapporto
di cambio ove per effetto dei «resti» non
sia possibile attribuire ai soci della beneficiaria
un numero proporzionale di partecipazioni
(Nigro).
Non si pone, naturalmente un problema di
conguaglio in danaro ove in sede di scissione
siano attribuite azioni prive di valore nominale,
non potendo nel caso emergere la necessità
di coprire «resti». La disposizione in esame ricalcola
puntualmente la regola già contenuta
in sede di fusione (art. 2501 ter, comma 2°, richiamato
dall’art. 2506 bis).
8. I criteri di distribuzione
delle partecipazioni
L’assegnazione delle azioni o quote della beneficiaria
ai soci della scissa costituisce un elemento
essenziale nel procedimento di scissione.
L’assegnazione può avvenire in forma proporzionale
o non proporzionale rispetto alle partecipazioni
già detenute dai soci della scissa: nella
prima, ai soci della scissa vengono assegnate
azioni o quote della società beneficiaria nella
medesima proporzione in cui gli stessi detengono
partecipazioni nel capitale della scissa;
nella seconda, non sussiste la proporzionalità.
Nel primo caso (proporzionale) il rapporto di
cambio è unico per tutti i soci: questo sotto il
profilo dei rapporti interni; nel caso, invece, di
scissione a favore di società preesistenti, questo
equilibrio può venire meno ben potendo,
esemplificativamente, un socio che ha il controllo
nella scissa venirsi a trovare in una posizione
di minoranza nella società beneficiaria.
Nel secondo caso (non proporzionale), in cui

l’assegnazione delle partecipazioni deve nel
progetto essere prevista secondo un criterio
nominativo (con conseguente applicabilità di
questa modalità di scissione unicamente nella
società con una compagine sociale ristretta), il
° comma dell’art. 2506 bis dispone che “dal
progetto di scissione devono risultare i criteri
di distribuzione delle azioni o quote delle società
beneficiarie. Qualora il progetto preveda
una attribuzione delle partecipazioni ai soci
non proporzionale alla loro quota di partecipazione
originaria, il progetto medesimo deve
prevedere il diritto dei soci che non approvino
la scissione di far acquistare le proprie partecipazioni
per un corrispettivo determinato alla
stregua dei criteri previsti per il recesso, indicando
coloro a cui carico è posto l’obbligo di
acquisto”: quindi con un diritto di exit per il
socio dissenziente, che riceve in denaro il valore
attuale della sua partecipazione.
La non proporzionalità rileva così sulla misura
della distribuzione delle partecipazioni (sia
nella scissa che nella beneficiaria), ma non può
incidere sul valore economico delle attribuzioni,
considerato che carattere fondamentale
della disciplina della scissione è la neutralità
(Picone), e quindi l’equivalenza di attribuzioni,
sotto il profilo economico, non potendo
sussistere squilibri circa l’attribuzione della
ricchezza, di guisa che il riequilibrio ben potrà
avvenire anche operando nella ridistribuzione
delle partecipazioni all’interno della società
scissa.
Ai criteri previsti dal legislatore (proporzionale
e non proporzionale) potrebbe aggiungersi
l’ammissibilità di un criterio misto, vale a dire
una assegnazione delle partecipazioni nella
beneficiaria proporzionale per alcuni soci, ed
una non proporzionale per altri.
Ammettendosi la possibilità di una scissione
parzialmente non proporzionale, deve riconoscersi
la tutela ex ° comma art. 2506 bis
(diritto di exit) a quei soci, e soltanto a que-
Dialoghi & Confronti
sti, destinatari di partecipazioni in misura non
proporzionale.
Infine. Con l’evidente finalità di evitare annacquamenti
del capitale sociale trova collocazione
il divieto di assegnazione di azioni proprie
nell’ambito di un’operazione di scissione.
L’art. 250 ter, dettato in sede di fusione, e richiamato
dall’art. 2506 ter, ult. comma, rubricato
Divieto di assegnazione di azioni o quote,
secondo la lettura suggerita dal Principio
Contabile OIC (Parte II, § 3.2), dispone:
- “le società beneficiarie di nuova costituzione
non possono assegnare azioni o quote ai soci
della società scissa in sostituzione delle azioni
proprie di quest’ultima ed anche se possedute
attraverso società fiduciarie o persone interposte,
né in sostituzione delle azioni o quote
della scissa possedute da altre beneficiarie già
esistenti, o di azioni proprie di queste ultime.
Pertanto, anche nella scissione le azioni
proprie possedute dalla società scissa devono
essere annullate, con l’annullamento della
corrispondente ‘riserva per azioni proprie in
portafoglio’ e non rilevano ai fini della determinazione
del rapporto di cambio e della valutazione
del patrimonio delle società interessate”;
- “le società beneficiarie già costituite non
possono assegnare azioni o quote ai soci della
scissa in sostituzione delle azioni di quest’ultima
possedute ed anche tramite società fiduciarie
o persone interposte dalle stesse società
beneficiarie o dalla medesima società scissa.
Ciò significa che le partecipazioni della società
scissa possedute dalle società beneficiarie devono
essere annullate, anche se totalitarie, a
fronte della corrispondente quota di patrimonio
ricevuta dalla scissa”.
9. La situazione patrimoniale e
la relazione illustrativa
Il progetto di scissione è accompagnata dalla
situazione patrimoniale delle società par-
Sardegna Economica 1/2011
33

Dialoghi & Confronti
tecipanti alla scissione. Quindi ad un unico
progetto di scissione si aggiunge la situazione
patrimoniale sia della società scissa che delle
beneficiarie. Questi documenti contabili prescindono
da ogni operazione di stima e/o di
valutazione: invero, secondo quanto dispone
il 1° comma dell’art. 2501 quater, dettato in
sede di fusione, e richiamato dall’art. 2506 ter,
la situazione patrimoniale della società deve
essere redatta con l’osservanza delle norme
sul bilancio d’esercizio, riferito ad una data
non anteriore di oltre centoventi giorni al
giorno in cui il progetto di scissione è depositato
nella sede della società, vale a dire un
bilancio intermedio costituito da stato patrimoniale,
conto economico e nota integrativa.
È consentito l’utilizzo del bilancio dell’ultimo
esercizio, sempre che questo sia stato chiuso
non oltre sei mesi prima del giorno del deposito
del progetto di scissione nella sede della
società.
Ne discende che ove l’operazione venga impostata
nel corso dell’esercizio, in una data
posteriore di oltre sei mesi da quella di chiusura
dell’esercizio decorso, gli amministratori
dovranno redigere una situazione patrimoniale
ad hoc, qualificabile, sotto il profilo dell’infrannualità,
quale bilancio straordinario; ma la
straordinarietà qui si ferma, in quanto a differenza
di altre situazione patrimoniali straordinarie
(quali, ad esempio, la trasformazione di
società di persone in cui i valori contabili vengono
adeguati a valori attuali, 2500 ter, comma
2°), nella scissione, come appena si è detto, si
procede secondo le regole proprie del bilancio
di esercizio e quindi con l’osservanza dei criteri
di valutazione previsti dall’art. 2 26, nel rispetto,
in particolare, della prudenza (art. 2 23 bis,
n. 1), principio questo di cui, come è noto, la
dottrina italiana ha una concezione «sacra».
L’art. 2506 ter, comma °, dispone infine che con
il consenso unanime dei soci (e dei possessori
di altri strumenti finanziari che hanno diritto
3
Sardegna Economica 1/2011
di voto nelle società partecipanti alla scissione)
l’organo amministrativo può essere esonerato
dalla redazione della situazione patrimoniale.
Inoltre. Analogamente a quanto previsto per
la fusione, anche per la scissione è prevista
una relazione da parte dell’organo amministrativo,
illustrativa dei criteri di distribuzione
delle azioni o quote, che indichi il valore effettivo
(calcolato secondo valori correnti) del
patrimonio netto assegnato alle società beneficiarie
e di quello che eventualmente rimanga
nella società scissa (art. 2506 ter, comma 2),
considerato il rilievo che assume il patrimonio
netto in ordine alla responsabilità di ciascuna
società per le passività specie di incerta attribuzione:
il patrimonio netto assegnato o rimasto
costituisce il limite di responsabilità verso
i creditori delle varie società (art. 2506 quater,
comma 3°). Di qui, sia detto per incidens, si
ritrovano nel procedimento di scissione tre
diversi criteri di valutazione del patrimonio
aziendale: i) secondo le norme di bilancio di
esercizio (situazione patrimoniale); ii) secondo
valori economici (rapporto di cambio); iii)
secondo valori correnti (patrimonio netto).
La relazione deve inoltre illustrare e giustificare,
sotto il profilo giuridico ed economico
il progetto di scissione - al fine di permettere
ai soci di poter deliberare con consapevolezza
sulle proposte degli amministratori - ed in
particolare il rapporto di cambio delle azioni o
delle quote (inteso come rapporto esistente tra
le azioni/quote detenute dai soci della scissa
e il numero di azioni/quote nella beneficiaria
assegnate ai soci della scissa per effetto della
scissione), con i relativi criteri di determinazione,
e la segnalazione di eventuali difficoltà
di valutazione (art. 2501 quinquies, dettato in
sede di fusione, ed integralmente richiamato
per la scissione, art. 2506 ter, comma 1°).
Peraltro anche la relazione in parola può essere
omessa con il consenso unanime dei soci
(e dei possessori di altri strumenti finanziari),

secondo quanto prevede il richiamato ° comma
dell’art. 2506 ter.
Per completezza deve aggiungersi che tra i
documenti accompagnatori del progetto di
scissione è ancora prevista la relazione degli
esperti, per ciascuna società che partecipa alla
fusione, sulla congruità del rapporto di cambio,
cioè la misura di capitale della beneficiaria da
riconoscere ai soci della scissa; la relazione ha
la funzione di verificare l’equivalenza sotto il
profilo economico tra valori della scissa e valori
della beneficiaria (art. 2501 sexies, richiamato
dal 3° comma dell’art. 2506 ter), che, al pari
della situazione patrimoniale e della relazione
dell’organo amministrativo, può essere omessa
con i consensi di cui si è detto (art. 2501
sexies ult. comma, richiamato dal 3° comma
dell’art- 2506 ter).
10. Gli adempimenti pubblicitari
«Il progetto di scissione - stabilisce il 5° comma
l’art. 2506 bis - deve essere pubblicato a
norma dell’ultimo comma dell’art. 2501 ter»,
vale a dire mediante iscrizione nel registro delle
imprese del luogo ove hanno sede le società
partecipanti all’operazione.
La pubblicazione del progetto va tenuta ben
distinta dalla pubblicazione della successiva
delibera assembleare di scissione (art. 2502
bis, richiamato dal ° comma dell’art. 2506
ter). Il progetto è destinato ad incidere sui
rapporti tra i soci, e conseguentemente è derogabile
su consenso unanime degli stessi la
vacatio di trenta giorni prevista tra l’iscrizione
del progetto nel registro delle imprese e la
data fissata per l’assunzione della delibera assembleare
(art. 2501 ter ult. comma, che trova
applicazione analogica alla scissione); la delibera
assembleare di scissione, per converso,
ha un’incidenza sui creditori sociali che, salvo
le specifiche eccezioni previste dall’art. 2503
(richiamato dall’ultimo comma dell’art. 2506
ter), vedono inderogabilmente riconosciuto
Dialoghi & Confronti
loro il diritto di opporsi alla scissione nel termine
di sessanta giorni (o il minor termine di
cui all’art. 2505 quater) dall’ultima delle iscrizioni
nel registro delle imprese delle deliberazioni
di scissione. •
Nota bibliografica
U. Belviso, Fattispecie della scissione, in Giur.
comm., 1993, I, p. 52 ss.; O. Cagnasso, sub.
artt. 2506-2506 quater c.c., in Il nuovo diritto
societario. Commentario, diretto da G. Cottino,
G. Bonfante, O. Cagnasso, P. Montalenti,
tomo III, Bologna, 200 , p. 2355 ss.; E. Cusa,
Prime considerazioni sulla scissione delle società,
Milano, 1992; F. D’Alessandro, La scissione
delle società, in Riv. not., 1990, p. 873 ss.; P.
Ferro-Luzzi, La nozione di scissione, in Giur.
comm., 1991, I, p. 1065 ss.; P. Lucarelli, La
scissione di società, Torino, 1999; M. Maugeri,
Introduzione della scissione, in Giur. comm.,
1992, I, p. 757 ss.; G. Nigro, Ripartizione delle
partecipazioni e opzione dei soci nella scissione
di società, Milano, 2001; G. Oppo, Fusione
e scissione delle società secondo il nuovo d.lgs.
n. 22: profili generali, in Riv. dir. civ., 1991,
II, p. 501 ss.; G. Palmieri, Scissione di società
e circolazione dell’azienda, Torino, 1999;
A Picciau, Scissione di società e trasformazione
d’azienda, in Riv. soc., 1995, p. 1189 ss.; L.
G. Picone, in Commentario alla riforma delle
società diretto da P. Marchetti, L.A. Bianchi,
F. Ghezzi, M. Notari, Milano, 2006, p. 1077
ss.; G. Racugno, Lo “scorporo” d’azienda, Milano,
199 ; G. Scognamiglio, Le scissioni, in
Trattato delle società per azioni, diretto da
G.E. Colombo e G.B. Portale, vol. 7**, 2, Torino,
200 , p. ss.; A Serra- M.S. Spolidoro,
Fusioni e scissioni di società, Torino, 199 .
Per un esame della giurisprudenza più recente,
v. la rassegna di I. Demuro, in Giur. comm.,
2010, II, p. 38 ss.
Sardegna Economica 1/2011
35

Dialoghi & Confronti
Il turismo è il motore dello sviluppo per le isole del Mediterraneo
Nella risorsa “mare più ambiente”
la ragione del loro successo
di Giovanni Ruggieri*
Università degli Studi di Palermo
Il turismo rappresenta
per le isole europee una
componente essenziale dello sviluppo economico,
seppur esso non si manifesti ovunque
con gli stessi livelli di sviluppo né tanto
meno con le stesse performance, poiché i
36
Sardegna Economica 1/2011
Per migliorare gli attuali risultati
occorre rafforzare l’offerta
introducendo nuovi prodotti
che promuovano e richiamino
differenti correnti turistiche
* Presidente dell’Osservatorio sul Turismo delle Isole Europee – OTIE – www.otie.org.
contesti insulari europei
presentano tra di loro parecchie
differenze.
Con riferimento alla posizione geografica,
sono sicuramente le isole mediterranee ad
essere caratterizzate da una maggiore compe-
© Elisabetta Messina

titività, essendo poste all’interno di una destinazione
turistica affermata e riconosciuta a
livello mondiale.
Ambiente, paesaggio e cultura riescono ad
attrarre e a motivare all’interno del Bacino
Mediterraneo ingenti flussi di turismo che
tuttavia restano connessi al segmento balneare
e che non interessano in uguale misura
tutte le isole. Dopo l’arcipelago spagnolo
Dialoghi & Confronti
delle Baleari, infatti, sono le isole italiane più
estese, in ordine la Sicilia e la Sardegna, ad
essere interessate da consistenti flussi di turismo,
in termini di arrivi. Se invece si prendono
in considerazione i pernottamenti si
evince che le due large Island mediterranee
slittano in quinta (Sardegna) e sesta (Sicilia)
posizione, dopo Baleari, Creta, Cipro e Dodecaneso.
Tab. 1 - I contesti insulari top ten del Mediterraneo per arrivi e presenze
Arrivi
Baleari
Sicilia
Sardegna
Creta
Cipro
Corsica
Dodecaneso
Malta
Isole Ionie
Isole Flegree
Fonte: Osservatorio sul Turismo delle Isole Europee – OTIE - 2009.
Le due isole oltre a differire dagli altri contesti
mediterranei presentano tra loro delle
differenze che emergono ulteriormente se si
considera il trend dei rispettivi flussi nell’arco
temporale 2003 / 2009.
L’andamento peggiore è relativo ai dati della
Sicilia che negli anni considerati ha registrato
un calo non indifferente, mentre nello stesso
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
Presenze
Baleari
Creta
Cipro
Dodecaneso
Sardegna
Sicilia
Malta
Isole Ionie
Corsica
Isole Flegree
periodo la Sardegna ha visto crescere il proprio
movimento turistico.
Con riferimento sia agli arrivi che alle presenze
si può notare come l’isola maggiore d’Italia,
nonché la più centrale del Mediterraneo,
presenti degli andamenti, che fatta eccezione
per il 2006 e 2007 mostrano, una chiara flessione.
Sardegna Economica 1/2011
37

Dialoghi & Confronti
La condizione sarda invece è differente poiché
l’isola dal 2006 in poi fa registrare trend sempre
positivi, in piena rispondenza temporale
con l’incremento dei voli low cost da e ver-
38
Graf. 1 - Trend degli arrivi in Sicilia e Sardegna (2003-2009)
5.000.000
4.500.000
4.000.000
3.500.000
3.000.000
2.500.000
2.000.000
1.500.000
1.000.000
500.000
0
Sardegna Economica 1/2011
2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Fonte: Osservatorio sul Turismo delle Isole Europee – 2009
Sicilia
Sardegna
so l’isola. Ciò può essere riferito sia agli arrivi
che alle presenze i cui tassi di incremento nel
periodo considerato sono rispettivamente del
28% e del 21%.
Graf. 2 - Trend delle presenze in Sicilia e Sardegna (2003-2009)
16.000.000
14.000.000
12.000.000
10.000.000
8.000.000
6.000.000
4.000.000
2.000.000
0
2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Fonte: Osservatorio sul Turismo delle Isole Europee - 2009
Sicilia
Sardegna

Un ulteriore confronto tra le due isole può
essere effettuato comparando la durata
media del soggiorno in entrambi i contesti
considerati dal quale risulta che essa è
pari a 5 notti in Sardegna, mentre in Sicilia
tale valore scende ulteriormente, determinato
da permanenze medie non superiori
al week end.
Le due isole tuttavia presentano tutti gli
elementi necessari alla differenziazione
dell’offerta tali da giustificare una più lunga
permanenza dei turisti nel territorio.
Ciò spinge ad effettuare una riflessione sulle
motivazioni in base alle quali le due isole
seppur essendo interessate da un cospicuo
numero di visite non riescono a generare
dei veri e propri soggiorni di vacanza, ov-
Dialoghi & Confronti
vero di lunga permanenza.
In base alle risorse disponibili le due isole
mostrano un’elevata potenzialità ed un’alta
attrattività connessa alla possibilità di
poter offrire modalità di alloggio differenti
e più turismi.
Con riferimento al primo aspetto, le due
isole presentano una buona dotazione in
termini sia di strutture ricettive alberghiere
che extralberghiere. A prevalere in entrambe
le isole è la ricettività complementare
anche se va detto che le strutture che
offrono più letti sono quelle alberghiere.
Nel complesso, nelle due isole si concentra
il 47% delle strutture rapportate al totale
delle dotazioni insulari del Bacino del Mediterraneo.
Graf. 3 - Composizione percentuale del numero di strutture ricettive nelle
isole del Mediterraneo
Sicilia
Sardegna
Baleari
Creta
Dodecaneso
Cicladi
Isole Ionie
Cipro
Isole Flegree
Arcipelago Toscano
Isole dell’Egeo nord orientale
Evia
Malta
Isole Pontine
Isole Tremiti
3,1%
2,5%
2,1%
1,3%
0,9%
0,3%
0,2%
5,4%
5,3%
4,9%
4,5%
Fonte: Osservatorio sul Turismo delle Isole Europee – 2009
8,2%
13,8%
19,2%
28,2%
0,0% 5,0% 10,0% 15,0% 20,0% 25,0% 30,0%
Sardegna Economica 1/2011
39

Dialoghi & Confronti
Con riferimento al secondo aspetto, la
possibilità di poter soddisfare le esigenze
di diverse tipologie di turisti, connessi al
segmento culturale, balneare, ecoturistico,
enogastronomico, differenzia l’offerta locale,
in modo più incisivo rispetto alle altre
isole del Mediterraneo, che mostrano un
più ristretto ventaglio di scelta, determinato
anche da una superficie ridotta. A ciò si
0
Sardegna Economica 1/2011
aggiunge l’empatia tipica della popolazione
locale, che consente ed agevola lo sviluppo
di modalità di fruizione turistica di tipo relazionale.
Per meglio chiarire quanto detto
è opportuno riportare il posizionamento
delle due isole in un confronto con le altre
regioni italiane, per comprendere il grado
di attrattività rispetto agli altri contesti nazionali.
Tab. 2 - Posizionamento di Sardegna e Sicilia rispetto alle altre regioni
d’Italia per alcuni indicatori di attrattività
Indicatori di attrattività
Mare e coste
Accoglienza e simpatia degli abitanti
Eno-gastronomia
Città interessanti
Modus vivendi popolazione locale
Qualità infrastrutture
Qualità delle strutture ricettive
Servizi al turista
Sicurezza dei luoghi
Convenienza vacanza
Diverse opportunità di fruizione turistica
Montagna
Fonte: Elaborazione OTIE su dati Indagine Doxa 2006
Sicilia
2
1
3
3
3
10
9
8
14
4
3
10
Sardegna
1
7
7
16
9
8
4
6
10
8
7
20

Emerge che Sicilia e Sardegna legano in modo
inscindibile la loro immagine e la loro forza
competitiva al mare, non tanto per la componente
esclusivamente balneare quanto per le
possibilità di turismo ad esso legate (nautico,
ittiturismo, pescaturismo, diving, ecc.) essendo
le prime due regioni per la bellezza del
mare e delle coste. Per tutti gli altri indicatori
le posizioni delle due isole oscillano, ottenendo
nel complesso un buon posizionamento
all’interno della nazione.
Ciò induce a trarre la conclusione che nel futuro
se le due isole vorranno mantenere la
loro competitività potranno scegliere tra due
direttrici, estendibili all’intero Mediterraneo.
Dialoghi & Confronti
La prima riguarda il rafforzamento del turismo
balneare prestando attenzione ai rischi,
in termini di sostenibilità, che ciò può
comportare nel momento in cui si innesca
un processo di massificazione turistica. La
seconda, invece, è connessa alla creazione ed
alla promozione di prodotti differenziati, ivi
compreso il turismo congressuale e d’affari
verso cui entrambe le isole mostrano una
scarsa propensione.
Le possibilità di scelta non si escludono a vicenda
ma sono complementari e funzionali alla
creazione di motivazioni aggiuntive di visita e
di occasioni di intrattenimento che prolunghino
il soggiorno in Sicilia ed in Sardegna. •
Sardegna Economica 1/2011
© Elisabetta Messina
1

2
Sardegna Economica 1/2011

La cura del Rettore per lo sviluppo dell’Ateneo
Un impegno
per costruire il futuro
di Mario Frongia
Una “mission” trasversale,
studiata per attenuare
l’impatto della crisi, costruita su una serie di
passaggi chiave con al centro ricerca avanzata
e didattica di qualità. In più, una duplice
lotta: agli sprechi e per una efficace razionalizzazione.
La cornice gestionale impiantata da Rettore,
Nell’intervista al prof. Melis
emergono le linee d’azione
per un’Università che soffre
le riduzioni di contributi disposta
da una riforma penalizzante
Dialoghi & Confronti
Clinica pediatrica nel complesso del Policlinico
Universitario di Monserrato
consiglio di amministrazione
e senato accademico,
è grosso modo questa. “Un progetto che
guarda al futuro” il mantra dell’Ateneo di
Cagliari. Con una consapevolezza: dietro le
scelte e le strategie odierne, si giocano orizzonti
meno grigi per i tanti giovani, e le loro
famiglie, che si mettono o sono nelle mani
Sardegna Economica 1/2011 3
Università degli Studi di Cagliari

Università degli Studi di Cagliari
Dialoghi & Confronti
dell’accademia. Una partita complessa. Su
più fronti. Penalizzata da un contesto socioeconomico
da sempre un passo indietro
rispetto ai competitors nazionali e d’oltre
confine. Di certo, condizionata da nodi e
abitudini poco virtuose e di vecchia data.
L’acchito è quasi scontato: questo genere di
battaglie non si vincono in solitudine. Una
ragione in più per Giovanni Melis, al suo
secondo anno di mandato, nel lanciare una
chiamata a raccolta dai risvolti inderogabili:
“Il 2010 si è caratterizzato per il dover fronteggiare
la carenza di risorse finanziarie e la
contrazione degli organici. Inoltre – dice il
professor Melis - all’attività tipicamente amministrativa
si sono aggiunti il confronto politico
sulla riforma Gelmini e l’emergenza per
l’indisponibilità dei ricercatori agli incarichi
Sardegna Economica 1/2011
Il Magnifico Rettore Prof. Giovanni Melis
didattici”. Un quadro nitido.
Con la riforma ministeriale, contestata su
più fronti, piombata sulle casse degli atenei
con la forza di una slavina. Per stare in casa
nostra, basti dire che il Fondo di finanziamento
ordinario, pane e companatico delle
università, è passato dagli oltre 134 milioni
del 2008 ai circa 123 di quest’anno. Con una
ulteriore sforbiciata nel 2012, ipotizzabile intorno
agli otto milioni di euro. Roba da far
impallidire un toro. In questo scenario è risultata
decisiva la manovra tesa al concreto
coinvolgimento degli enti locali.
A dirla tutta, proprio la massiccia attenzione
riservata dall’amministrazione regionale all’Ateneo
ha permesso di limitare i danni. “Il
disagio per i tagli della legge 133 e la preoccupazione
per il futuro accompagnano il nostro
fare. Sulla riforma Gelmini – spiega il Rettore
- il senato accademico ha assunto una posizione
critica, convinto dei limiti di un’impostazione
che ridimensiona le risorse finanziarie e
gli organici per l’università pubblica, ne riduce
l’autonomia con un approccio essenzialmente
dirigista”.
Professore, eppure da un pezzo l’Università
attende una riforma capace di coniugare autonomia
con responsabilità?
Sì, ma quella appena varata non convince. Lo
sviluppo sociale ed economico si basa sulla conoscenza
e sulla ricerca. Gli atenei sardi, per
garantire pari condizioni di diritto allo studio
rispetto al Nord, fronteggiano i condizionamenti
dell’insularità. In più, abbiamo un sistema
produttivo che non sostiene, ma richiede
sostegno.
Qual è l’abc sul fronte ricerca?
I nostri orientamenti prevedono attenzione
alla qualità della ricerca, alla didattica e al
servizio al territorio, inclusa la valorizzazione
dei meriti e la responsabilità sui risultati. Ma

tutto ciò, in un processo di sviluppo dinamico
della conoscenza e delle attese della collettività,
si può realizzare con grande difficoltà se le risorse
si tagliano in modo lineare.
Come valuta le proteste dei ricercatori e degli
studenti?
Il Senato Accademico, pur capendo le loro motivazioni
e le preoccupazioni e, più in generale,
le ragioni del disagio della comunità scientifica
e dei giovani, ha anche garantito, prima
di tutto come impegno morale, la funzionalità
dell’Ateneo a difesa del diritto allo studio,
soprattutto degli studenti meno abbienti il cui
futuro è più dipendente dalla preparazione
universitaria.
Ma la rabbia resta.
Sì, perché studenti e ricercatori hanno capito
che il ridimensionamento degli atenei è un taglio
alle opportunità di crescita del territorio
e alle loro prospettive. Il loro è un disagio che
ha motivazioni profonde e non contingenti.
Peraltro, la crisi di questi ultimi anni ha fatto
emergere le difficoltà della generazione dei
lavori interinali, dei co.co.co., dei call center. E
non va trascurato un altro aspetto.
Dialoghi & Confronti
Prego.
Si è consolidato un sistema di relazioni sindacali
efficace nel difendere gli inseriti, ma poco
attento a valorizzare i meriti, l’efficienza e la
produttività. Sono proprio gli elementi essenziali
per sostenere la crescita indispensabile per
creare gli spazi alle nuove generazioni.
Intanto, entrerà a regime la Gelmini. Quali
sono le prospettive?
Attendiamo i vari decreti attuativi che definiranno
l’impatto della riforma. Servirà un intenso
impegno amministrativo e gestionale per
ripensare l’organizzazione, a partire dal nuovo
statuto. Dovremo assumere decisioni che caratterizzeranno
lo sviluppo futuro dell’Ateneo.
Il nuovo corso rivela un reciproco e costruttivo
interesse con la Regione. Da cosa nasce?
Ci siamo impegnati a fondo per migliorare
l’accreditamento dell’Ateneo come struttura di
alta formazione e di ricerca a servizio nel territorio.
L’attenzione della Giunta e del Consiglio
regionale per il nostro ruolo è stata fondamentale.
E la collaborazione è stata più intensa con
gli assessori alla Programmazione e bilancio,
alla Pubblica istruzione e alla Sanità.
Veduta generale della Cittadella Universitaria di Monserrato
Sardegna Economica 1/2011
Università degli Studi di Cagliari
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Dialoghi & Confronti
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I numeri dell’Ateneo
All’Università di Cagliari sono iscritti 32.810 studenti. Sono oltre 18 mila i residenti fuori
dall’area metropolitana (56 per cento). I fuori corso sono il 44 per cento mentre il 15 per
cento degli iscritti è esonerato dalle tasse per condizioni sociali e reddito Le tendenze in
atto mostrano una flessione degli iscritti totali e dei nuovi immatricolati, in linea con il
calo demografico e la riduzione dei fuori corso storici. È positiva la riduzione del tasso
di abbandono dopo il primo anno e il leggero aumento dei laureati. L’Ateneo conta su
1.026 docenti, di cui 465 ricercatori, e 1.103 tra amministrativi, tecnici e bibliotecari.
Quest’anno prendono servizio 30 ricercatori, vincitori dei concorsi banditi nel 2008, e
17 docenti vincitori di concorsi nazionali. Inoltre, sono stati banditi 12 nuovi posti di
ricercatore a tempo indeterminato, a breve seguiranno altri 22 posti di ricercatore a tempo
determinato. Si sta svolgendo il concorso per 11 manager didattici. Nel 2010/11 sono
attivi 44 corsi di laurea triennali, 34 corsi di laurea magistrale e 7 corsi a ciclo unico. Con
la rivisitazione dell’offerta formativa si sono chiusi 2 corsi triennali e 4 magistrali. Sono
stati confermati i due corsi triennali di Oristano ed il corso on line di Nuoro. Sono attive
46 scuole di specializzazione con 905 iscritti. È in corso il bando del XXVI ciclo per 34
corsi di dottorato con 120 borse e 240 posti disponibili. L’ateneo ha premiato i migliori
170 laureati con una borsa di mille euro per riconoscere e incentivare il merito. (m.f.)
Anche e soprattutto in Sardegna la crisi falcidia
i settori produttivi, le famiglie soffrono, i
consumi si contraggono. Quali le indicazioni
dell’accademia e le priorità?
Nell’economia dell’euro le iniziative produttive
reggono sul mercato se hanno le necessarie
basi economiche e finanziarie. Mentre i progetti
imprenditoriali basati sul sostegno pubblico
non possono sopravvivere. È dunque importante
investire nel sistema formativo e nella ricerca
per alimentare innovazione e conoscenza
per rendere il sistema istituzionale e produttivo
più forte e competitivo.
Nell’insieme, quanto manca il gioco di squadra?
Per concorrere a sviluppare il sistema produttivo,
è fondamentale. Ma credo stia crescendo
Sardegna Economica 1/2011
anche la consapevolezza volta a sviluppare la
collaborazione fra dipartimenti e imprese.
Da aziendalista, quali sono i nodi da sciogliere
al più presto?
Intanto, sottolineerei l’esigenza di valorizzare
meglio il nostro patrimonio culturale e ambientale,
unico e irripetibile. Ma soprattutto,
occorre dare fiducia e opportunità di esprimersi
ai giovani che troppo spesso sono costretti a dimostrare
il loro valore fuori dall’Isola. Dobbiamo
aumentare sia il numero dei laureati nella
popolazione, sia quello dei laureati inseriti nel
sistema produttivo e nelle istituzioni.
Anche su questo fronte è basilare il ruolo
della Regione nel supporto alle università di
Cagliari e Sassari.

La classe politica regionale ha individuato
da tempo nel sostegno della ricerca e dell’innovazione
un’opportunità per crescere nella
moderna società della conoscenza. Il rapporto
con gli atenei sardi si è rafforzato, anche
perché esprimono le più importanti strutture
di ricerca e di alta formazione che operano
nell’Isola.
Il Ministero ha diffuso, secondo parametri
premiali legati alla ricerca e la didattica, la
graduatoria nazionale degli atenei. L’università
di Cagliari guadagna tre posizioni e
si colloca nel 2010 al 21° posto. Qual è il suo
commento?
È un risultato positivo che tuttavia non ha
consentito di contenere il taglio ministeriale a
4,8 milioni rispetto al 2009. Ma riconosce lo
standing dell’Ateneo tra le 54 università statali.
E rappresenta, soprattutto, il riconoscimento
per l’impegno e la qualità dei ricercatori e
la loro competitività nel confronto nazionale
e internazionale. Siamo meno soddisfatti per i
risultati della didattica, dove scontiamo criticità
annose, quali il livello della formazione in
ingresso, la carenza nel sostegno al diritto allo
studio, il peso dei fuori corso storici, le iscrizioni
non motivate.
Le classifiche Tis (top italian scientist) piazzano
l’Ateneo tra i primi 25 in Italia e al secondo
posto in ambito meridionale per le citazioni
dei lavori scientifici. Un segnale incoraggiante.
Sì. Anche Campus, che riporta la media dei diversi
ranking nazionali e internazionali di 75
atenei italiani, colloca Cagliari e Sassari nella
prima metà a conferma della plurisecolare
tradizione scientifica e didattica e della qualità
del loro corpo docente e del personale tecnico e
amministrativo.
Questi numeri come possono aiutare il tessuto
produttivo?
Dialoghi & Confronti
Lo sviluppo degli spin-off e, più in generale,
il rapporto con le imprese può giovarsi della
struttura “Unica Liaison Office” creata per sostenere
le fasi di crescita delle iniziative. Sono
già attivi 14 spin-off e sono stati ottenuti 26
brevetti e altri 16 sono stati depositati. Inoltre,
nel 2011 entrerà nella fase operativa il progetto
Innova.re., nell’ambito del FERS 2007-
2013, per la rete delle competenze, il sostegno
agli spin-off, la valorizzazione dei brevetti e il
trasferimento tecnologico. In questo ambito si
rafforza la nostra collaborazione con Sardegna
Ricerche. Un contributo significativo per la ricerca
e per la dotazione delle biblioteche deriva
anche dalla solidarietà della Fondazione Banco
di Sardegna.
L’insieme è sufficiente al colpo di reni?
Vanno in questa direzione i protocolli d’intesa
firmati con la Confindustria, le amministrazioni
provinciali di Cagliari e del Sulcis, gli
accordi con l’Agenzia delle Entrate e diversi
comuni, con associazioni produttive e di supporto
alle imprese.
Può fare qualche esempio sul connubio tra
ricerca e impresa?
L’Ateneo ospita 200 giovani ricercatori vincitori
di un finanziamento regionale. Nei
dipartimenti svolgono attività di ricerca e di
tirocinio 121 giovani del progetto Master &
Back. E sono confortanti i risultati ottenuti
dai ricercatori sul Settimo programma quadro:
sono stati finanziati 18 progetti per 1,7
milioni e ritenuti idonei altri 13 progetti.
Ma il completamento dell’iter valutativo ha
comportato la selezione di 89 progetti per 5,8
milioni. In più, con un modesto contributo
sono stati incoraggiati a continuare l’attività
progettuale 97 nostri ricercatori, i cui progetti
nazionali e internazionali erano stati valutati
positivamente, ma non finanziati per carenza
di fondi.
Sardegna Economica 1/2011
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Dialoghi & Confronti
Qual è il rapporto dei dipartimenti con le
aziende e il territorio?
Positivo. Nel 2010 i dipartimenti hanno fatturato
commesse di ricerca per circa 4 milioni di
euro, in calo per effetto della crisi del sistema
economico regionale.
Professor Melis, l’Ateneo di Cagliari è sufficientemente
globalizzato?
Direi di sì. Sono attivi 98 accordi di collaborazione
internazionale che coinvolgono
atenei di diversi continenti. Si aggiungono
alle collaborazioni Erasmus, Globus eccetera
e facilitano la mobilità di studenti e ricercatori.
Nel 2009/10 gli scambi di studenti
hanno coinvolto 524 studenti in uscita e 216
in entrata, con un costante incremento negli
anni. Tra l’altro, il nostro Ateneo si trova ai
primi posti in Italia per la mobilità nei corsi
magistrali e dei dottorandi e specializzandi.
Ad esempio, per l’anno in corso si sono definiti
198 contratti di visiting professor, contro
i 106 del 2009.
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Sardegna Economica 1/2011
La segreteria studenti nella Cittadella Universitaria
Qual è il consiglio all’imprenditoria isolana?
Sarebbe utile se le aziende dessero più fiducia
ai giovani laureati nel coprire le posizioni
apicali. La valorizzazione delle migliori risorse
locali potrebbe essere la loro scommessa
vincente.
In che modo l’università può incidere in
questa sfida?
Offrendo il supporto e le competenze tecniche
e scientifiche per l’innovazione. Su questo
segmento, in una realtà come quella nostrana
composta da piccole e medie imprese impossibilitate
a investire nella ricerca, possiamo essere
decisivi.
Sul fronte ricerca, cosa vi attende nel 2011?
L’Ateneo è impegnato nella verifica di questi
risultati attraverso un adeguamento dell’Anagrafe
della ricerca anche a supporto
della nuova procedura ministeriale di valutazione
della produzione scientifica di tutti i
ricercatori. •
Università degli Studi di Cagliari

L’intervento del Governo per il problema giovanile
Dialoghi & Confronti
In sei misure prioritarie l’impegno
per ridare speranza al lavoro
di Francesco Mele
Seguendo la strada tracciata
nel 2000 a Lisbona
dai capi di Stato e di Governo dell’Unione
Europea, i quali immaginavano un’economia
dinamica rilanciata dalla ricerca, anche il nostro
Paese, dopo anni di immobilismo, muove
dei passi importanti e decisivi in questo settore,
cercando una soluzione alle problematiche
In una più stretta collaborazione
tra percorsi di istruzione e formazione
con le logiche del mercato del lavoro
gli obiettivi del piano “Italia 2020”
giovanili legate al lavoro.
Se è vero che i giovani
hanno abbattuto le barriere culturali, geografiche
e relazionali con i loro coetanei del vecchio
continente, essi stessi dovranno essere il
motore della ripresa economica, e sulla loro
voglia di cambiamento e di rinascita occorre
puntare affinché per il futuro ci sia una mi-
Sardegna Economica 1/2011
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Dialoghi & Confronti
gliore integrazione tra conoscenze e risorse.
Il “Piano per l’occupabilità dei giovani Italia
2020”, presentato per la prima volta nel settembre
2009 e del quale sono stati presentati
recentemente i primi risultati punta, con
particolare attenzione, ai giovani che risiedono
nelle Regioni del Mezzogiorno, ed è stato
pensato proprio per stimolare una collaborazione
tra i percorsi di istruzione / formazione
e le logiche del mercato del lavoro, oggi purtroppo
sempre più sordo alle proposte dei giovani
ed alle loro aspirazioni di cambiamento.
Non solo il governo nazionale, ma tutte le
istituzioni, anche a livello locale, hanno l’obbligo
morale di farsi partecipi del cambiamento
della mentalità autoreferenziale che,
ad ogni livello, è di ostacolo allo sviluppo ed
all’emersione delle eccellenze. É necessario
abbandonare i vecchi e rigidi schemi ed impegnarsi
affinché la società possa beneficiare
delle competenze acquisite anche all’estero
dai giovani italiani e perché venga data loro
la possibilità di esprimere le loro potenzialità
ed il loro talento.
“Italia 2020” è stato finanziato con oltre un miliardo
di euro per favorire l’occupazione dei giovani
ma, oltre a questo miliardo di euro messo
a disposizione dai tre ministeri ( 86 milioni dal
Welfare; 92,5 dall’Istruzione; 103,8 dal Ministero
della Gioventù) verranno poste in essere
nuove ed ulteriori politiche incentivanti, e saranno
rese disponibili ulteriori e cospicue risorse
provenienti direttamente dalle Regioni o ad
esse trasferite dal Governo. Il tutto con l’intento
di rendere il Piano quanto più efficace possibile
affinchè, nel 2020, il tasso di occupazione delle
persone di età compresa tra 20 e 6 anni passi
dall’attuale 69% ad almeno il 75% .
Il Piano è composto da sei linee prioritarie di
intervento portate avanti dai ministeri competenti
e, seguendo un principio di sussidiarietà,
dalle istituzioni locali, coordinati da una cabina
di regia che organizza e sovrintende le attività.
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Sardegna Economica 1/2011
1. Facilitare la transizione
dalla scuola al lavoro
L’annoso problema della difficoltà dei neo-diplomati
e dei neo-laureati a trovare un’occupazione,
accentuato anche dalla presenza eccessiva
e per questo poco focalizzate di offerte
didattiche, rende il sistema educativo italiano
poco appetibile alle imprese che in prospettiva
si serviranno della nuova forza lavoro. Questo
porta anche allo svilupparsi e all’affermarsi di
canali di placement diversi da quelli tradizionalmente
deputati a questo ruolo (gli uffici di
collocamento ieri ed i centri per l’impiego oggi)
i quali, nonostante le numerose riforme, non
riescono ad assurgere a protagonisti principali
della selezione e occupazione del personale.
Negli ultimi anni si è assistito sempre più ad
un fiorire di agenzie interinali che hanno man
mano visto affermare il loro ruolo di “collocatori”
di giovani e meno giovani nel mercato del
lavoro. Le riforme Treu e Biagi, il processo di
decentramento amministrativo e istituzionale
disegnato dalle leggi Bassanini, il conferimento
alle Regioni e agli Enti locali di funzioni e compiti
in materia di mercato del lavoro (D. Lgs. n.
69/1997), le modifiche introdotte all’art. 117
della Costituzione sul federalismo amministrativo,
hanno rappresentato tappe importanti del
processo di revisione dell’assetto organizzativo
del mercato del lavoro ed offerto ampie possibilità
e margini di manovra perché la somministrazione
di personale a tempo determinato
potesse essere una strada percorribile nell’ottica
della riorganizzazione della forza lavoro all’interno
della pubblica amministrazione e nel
settore privato.
Allo stesso modo sia le scuole che le università
non hanno posto in essere semplici ma efficaci
strumenti di orientamento al lavoro, lasciando
il giovane in balia delle onde nell’agitato mare
del mercato lavorativo odierno. Sempre più
frequenti sono gli esempi di giovani che intraprendono
un percorso lavorativo sganciato dal-

la loro formazione scolastica con la conseguenza
di generare maggiori costi per la formazione
di base del personale, costi che andrebbero
sostenuti invece dalle strutture scolastiche, si
da permettere alle imprese l’investimento delle
stesse risorse in percorsi di formazione specialistici,
con indubbio vantaggio per l’impresa
in prima battuta e per l’economia generale nel
complesso.
É in questo sistema contorto che si sviluppano
poi fenomeni ascrivibili ad una sorta di parentopoli,
nella quale la ricerca del lavoro avviene
attraverso reti amicali e informali, portando a
delle degenerazioni quanti-qualitative sia nella
effettiva necessità di assunzione di forza lavoro,
che nella qualità del lavoro stesso.
L’obiettivo che si pone il piano in discussione è
quello di potenziare la rete degli operatori, autorizzati
o accreditati presenti sul mercato del lavoro,
contrastare i canali informali che operano
al di fuori del sistema, rilanciare la borsa continua
nazionale del lavoro e favorire l’attività di
orientamento al lavoro e di vero e proprio career
service direttamente all’interno degli istituti scolastici
e delle università, sfruttando così a dovere
la posizione privilegiata degli istituti di istruzione
e formazione nell’indicare alle aziende i
giovani in possesso del curriculum scolastico e
universitario più adatto al profilo ricercato.
Opportuna appare a questo scopo anche la recente
riorganizzazione degli istituti di istruzione
secondaria prevista dal Ministro Gelmini,
riforma contestata che prevede sei licei, due tipi
di istituti tecnici suddivisi in undici indirizzi, e
due tipi di istituti professionali, suddivisi in sei
indirizzi.
All’interno di questa linea prioritaria, tra gli
attori istituzionali, è sicuramente possibile inserire
le Camere di Commercio, le quali possono
tranquillamente porsi come mediatori tra
il mondo delle imprese e quello delle scuole,
agendo da promotore e “raccoglitore di offerta”
di tirocini formativi e agendo da portavoce
Dialoghi & Confronti
presso gli istituti tecnici e le facoltà universitarie,
che rappresentano le principali fonti di
domanda .
2. Rilanciare l’istruzione
tecnico-professionale
Una recente ricerca effettuata da Unioncamere
e Ministero del Lavoro ha denunciato la carenza
di figure professionali all’interno delle settore
artigiano. In particolare emerge la difficoltà
del settore nel reperimento di manodopera,
mediamente pari al 36% delle circa 98mila assunzioni
non stagionali previste, ma che raggiunge
anche il 70% e oltre per alcuni profili.
La ricerca mette in luce un altro grave limite
del nostro Paese nella competizione internazionale,
rappresentato dalla mancanza di profili
tecnici e professionali intermedi e superiori.
Si assiste così al paradosso di imprese che non
trovano la forza lavoro qualificata di cui hanno
bisogno per competere sui mercati internazionali
e di giovani in condizioni di disoccupazione
o sotto-occupazione perché dotati di
competenze che non servono al mercato del
lavoro o che, comunque, risultano spendibili
unicamente in settori e ambiti a bassa crescita
occupazionale.
Come si è avuto modo di accennare in precedenza,
si cerca di ovviare a questa stortura
riformando l’istruzione tecnica, abolendo gli
innumerevoli corsi sperimentali privi di una
effettiva utilità da un punto di vista della preparazione
del giovane per il mercato del lavoro
e concentrando gli sforzi educativi verso pochi
corsi professionalizzanti. In accordo con
la strategia di Lisbona (basata sulla collaborazione
tra Commissione e Stati membri) si cercherà
di sviluppare le competenze nelle quali
ciascun Paese presenta le maggiori eccellenze
e possibilità di crescita, investendo le risorse in
settori chiave e maggiormente redditizi. É più
che scontato, infine, che sarà necessario un notevole
sforzo economico per adeguare la rete
Sardegna Economica 1/2011
51

infrastrutturale italiana e le dotazioni tecniche
che consentano allo studente italiano di servirsi
di strumenti adeguati allo studio. Il nostro
paese ha finora rifiutato l’idea di un finanziamento
privato per la scuola pubblica, ma si ha
l’impressione che i tempi siano ormai maturi
perché ciò sia possibile in un prossimo futuro,
e questo con innegabili vantaggi per gli istituti
tecnici.
3. Rilanciare il contratto di apprendistato
Le due situazioni ricordate prima (l’occupazione
dei giovani in settori non pertinenti con la
loro formazione e la carenza di figure artigiane)
inducono il governo a pensare soluzioni per rilanciare
il ruolo del contratto di apprendistato.
Nato con l’intento di avere una funzione formativa
verso un mestiere, oggi il contratto di
apprendistato tende ad essere, nella stragrande
maggioranza dei casi, un semplice contratto di
lavoro temporaneo senza alcuna valorizzazione
della componente formativa.
Intenzione del Governo è dare nuova linfa a
questo strumento, sostenendo e premiando le
iniziative che le università vorranno intraprendere
per sviluppare progetti di innovazione didattica
che siano indirizzate a cogliere questa
grande opportunità di formazione. Il ministero
del welfare ha inoltre stanziato 100 milioni di
euro a sostegno dell’iniziativa quale incentivo
alle imprese che faranno ricorso a questa tipologia
contrattuale.
É stato previsto altresì l’utilizzo del contratto di
apprendistato di terzo livello (o di alta formazione)
diretto all’acquisizione di titoli di studio,
compresi i dottorati di ricerca, per i giovani con
più di 18 anni attraverso l’implementazione del
progetto Fixo di Italia Lavoro.
4. Ripensare l’utilizzo dei tirocini formativi,
promuovere le esperienze di lavoro nel corso
degli studi, educare alla sicurezza sul lavoro,
costruire sin dalla scuola e dalla università la
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Sardegna Economica 1/2011
tutela pensionistica
Altro handicap che caratterizza il giovane italiano
rispetto ai suoi coetanei europei e americani
è la scarsa esperienza lavorativa maturata
durante il periodo scolastico. Nonostante il sistema
educativo nazionale sia a livelli d’eccellenza
rispetto alla preparazione teorica, molto
resta da fare perché anche l’insegnamento pratico
possa apparire quantomeno sufficiente.
Inadeguate sono le infrastrutture degli istituti
tecnici e poco sfruttate le potenzialità offerte
dalla collaborazione tra scuola e impresa.
I piani di studio degli atenei italiani hanno da
poco reso obbligatoria l’esperienza di tirocinio
presso imprese o pubbliche amministrazioni,
ma questo non basta perché si acquisisca la necessaria
“formazione sul campo” e una accettabile
cultura del lavoro. È da tempo sperimentato
nelle università nordeuropee (Germania,
Svezia e Danimarca in particolare) il binomio
studio-lavoro che coinvolge a pieno ritmo gli
studenti sia nella vita scolastica e universitaria,
che nella vita aziendale, facendoli confrontare
in prima persona con i problemi che si incontrano
nella vita lavorativa e preparandoli per il
loro futuro ingresso nel mercato del lavoro.
Non di rado il percorso lavorativo in queste
realtà prende avvio da una esperienza di tirocinio,
e spesso le stesse imprese ospitanti iniziano
con gli studenti un percorso formativo specialistico
perché gli stessi, una volta terminati
gli studi, possano intraprendere la loro carriera
nelle imprese nelle quali sono stati ospiti.
Il caso italiano propone esperienze totalmente
opposte. Accanto a poche buone prassi si registrano
più spesso fenomeni di preoccupante
degenerazione dei tirocini formativi e di orientamento
che, non di rado, sono utilizzati come
canale di reclutamento di forza lavoro a basso
costo senza alcuna valenza formativa.
L’irregolarità di queste posizioni lavorative (dal
punto di vista previdenziale e assicurativo) è
anche causa del verificarsi di malumori e insod-

disfazioni e spinge a comportamenti estremi
(straordinari prolungati) che sono poi la causa
della maggior parte degli infortuni sul lavoro.
Si è pensato a tal proposito alla promozione del
primo annuale appuntamento “Un giorno per
il futuro” che si realizzerà in tutte le scuole italiane
il prossimo 17 maggio, dedicato alla diffusione
della cultura previdenziale. Si tratta di
una campagna informativa rivolta a tutti i giovani
d’Italia circa le pensioni e le scelte da fare
per organizzare e proteggere il proprio futuro.
Per rendere effettivamente tale il tirocinio formativo,
il piano per l’occupabilità tende poi ad
agire affinché gli stage promossi dagli atenei
siano resi flessibili e modellabili nei contenuti
come nella durata. Resta in ogni caso imprescindibile
la responsabilità delle università,
quali soggetti promotori, nel vigilare sul buon
andamento dei progetti formativi avviati dagli
studenti all’interno delle aziende. Non solo
le università, ma anche altre istituzioni pubbliche
possono farsi promotrici di progetti
di tirocinio, e tra queste un ruolo fondamentale
lo si attribuisce alle Camere di Commercio
quali aggregatrici delle istanze datoriali
e raccoglitrici delle esigenze delle imprese.
Molto si vuole puntare, infine, sugli strumenti
di flessibilità offerti dalla riforma Biagi. Si
vuole spingere sull’utilizzo sempre maggiore
dello strumento dei “buoni lavoro” in alternativa
al lavoro nero, e sul lavoro occasionale di
tipo accessorio regolato dalla legge Biagi. Per
gli studenti si tratterebbe non solo di una occasione
di reddito, ma anche di una possibilità in
più di avvicinamento consapevole e informato
al mondo del lavoro imparandone le regole, i
contesti, incrementandone poi le possibilità di
inserimento e crescita occupazionale.
5. Ripensare il ruolo della
formazione universitaria
L’università italiana, da decenni oggetto di numerose
riforme, non ultima quella contestata
Dialoghi & Confronti
del Ministro Gelmini e recentemente approvata
dal Parlamento, sembra essere un cantiere
perennemente aperto del quale non si intravede
la conclusione.
Il miglioramento negli anni delle condizioni
economiche generali e l’ampliarsi delle possibilità
di scelta, hanno reso possibile l’iscrizione
di massa dei giovani nelle università, anche se
ciò andava in contrasto con le reali esigenze del
mercato del lavoro (si è detto prima della carenza
di figure artigianali). Un simile comportamento
è anche incentivato dalla difficoltà dei
giovani a trovare lavoro appena terminato il ciclo
di studi secondario, percependo l’università
come un “parcheggio” nel quale sostare in attesa
di un impiego sperato. Numerosi sono però
coloro che abbandonano gli studi già dopo
il primo anno o si trascinano stancamente al
conseguimento del titolo con risultati non eccelsi.
Il recente proliferare di corsi di laurea (a
seguito della riforma del 3+2 voluta dal ministro
Berlinguer) ha poi avuto l’effetto di creare
percorsi di specializzazione poco specialistici e
poco coerenti con il mercato del lavoro italiano
nonché innalzare l’età di conseguimento del titolo,
contribuendo ulteriormente ad accentuare
le difficoltà che un neolaureato italiano ha a
trovare un’occupazione.
Per superare queste difficoltà, nei piani del Governo
si legge che tutte le componenti del sistema
universitario, a partire da chi ha le responsabilità
di direzione ed indirizzo politico, devono
saper cogliere con coraggio e senza pregiudiziali
ideologiche la richiesta di rinnovamento che
proviene dal mondo produttivo ed imprenditoriale,
e rendersi trasparenti nella condotta e
nei risultati, dimostrare con la forza dei fatti la
bontà dell’offerta formativa proposta e renderla
affine alle esigenze concrete e ai fabbisogni occupazionali
del territorio. Si vuole incoraggiare
la formazione interdisciplinare durante, e non
solo dopo, i tradizionali anni universitari, permettendo
anche la frequenza di corsi e lauree
Sardegna Economica 1/2011
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Dialoghi & Confronti
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Ministero del lavoro e delle politiche sociali
Misure sperimentali a sostegno dell’occupazione
(bonus occupazionali, tirocini, auto imprenditorialità in artigianato e turismo)
Transizione scuola - università - lavoro
(Programma FIXO)
Sostegno ai mestieri tradizionali
Apprendistato
Bonus per ricollocazione
(valido anche per i giovani)
Indennità per parasubordinati
Totale MLPS
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca
Diffusione della cultura della sicurezza del lavoro
Costituzione degli Istituti Tecnici Superiori
Percorsi in apprendistato utili anche per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione
Alternanza scuola-lavoro
Fondo Sociale Europeo
Dottorati di ricerca
TOTALE MIUR
Ministero della gioventù
Campus Mentis
Fondo mecenati
Sportelli per la cultura d’impresa
Sistegno ai lavoratori / giovani genitori
Totale Ministero della Gioventù
Sardegna Economica 1/2011
31 milioni
115 milioni
90 milioni
100 milioni
50 milioni
100 milioni
486 milioni
5,5 milioni
20 milioni
5 milioni
30 milioni
262 milioni
170 milioni
492,5 milioni
9 milioni
(+2,5 privati)
40 milioni
(+60 privati)
4,8 milioni
50 milioni
103,8 milioni

parallele, anche tra loro molto diverse.
É questo un percorso di semplificazione
e riduzione del numero dei corsi di laurea
triennale già avviato che l’esecutivo
intende portare a compimento. La loro finalità
non è infatti quella di incanalare i giovani
in percorsi precocemente specializzati
e forzatamente professionalizzanti, ma di
fornire basi ampie, solide, approfondite sulle
quali ciascuno potrà innestare la propria vocazione
particolare secondo le scelte di vita
personali. Il titolo triennale deve garantire salde
conoscenze di metodo e di contenuto, presupposto
imprescindibile sia per chi decide di
impegnarsi subito nel mondo del lavoro sia per
chi prosegue negli studi.
6. Aprire i dottorati di ricerca al sistema
produttivo e al mercato del lavoro
Anche nel settore della formazione post-universitaria,
l’Italia presenta notevoli divergenze
rispetto al modello europeo. I corsi di dottorato
sono oltre 2.200, con una media di appena
5,6 iscritti per corso e coloro che li frequentano
hanno perlopiù l’aspirazione ad intraprendere
la carriera accademica piuttosto che cercare
un’occupazione in una impresa operante nel
mercato. Pochi sono i dottorati sponsorizzati
dalle imprese e finalizzati alla formazione dei
giovani sulla base delle competenze loro necessarie,
mentre molti sono invece i dottori di
ricerca che, una volta terminato il percorso di
studio specialistico, si trovano a svolgere lavori
modesti rispetto alle competenze acquisite e non
vengono sfruttati per il loro reale potenziale.
Tale situazione si viene a creare per effetto
della scarsa considerazione che i dottorati
hanno al di fuori dell’ambito accademico e
per la scarsa collaborazione tra imprese e università.
Le prime non trovano un incentivo o
una possibilità di investimento nelle università,
le seconde, salvo rare eccezioni, sono sorde
alle istanze che pervengono dall’esterno e
Dialoghi & Confronti
adottano metodi di gestione autoreferenziali.
È questa una tendenza da invertire ed occorre
recuperare questa grave anomalia che genera un
vero e proprio circolo vizioso e priva il Paese di
un rilevante bacino per sostenere la ricerca nel
settore privato, per formare figure professionali
strategiche per le imprese e le professioni.
Per fare ciò il piano predisposto dal governo
intende dare una dimensione internazionale
ai dottorandi e favorire la mobilità dei giovani
(oggi solo il 5% degli iscritti ai dottorati
italiani proviene dall’estero), ma per fare ciò
è necessario rivedere i requisiti di accesso e
dare maggiore appetibilità ai corsi. 170 milioni
di euro sono già stati destinati per iniziative a
questo mirate, ma molto occorre fare a livello
persuasivo ed incentivante nei confronti delle
imprese (sopratutto i grossi gruppi industriali)
perché esse stesse si impegnino e sponsorizzino
tali percorsi di studio.
* * *
In conclusione, appare evidente che si rende
necessario un cambiamento di rotta. Le proiezioni
per il 2020 vedono l’Italia in una posizione
di grave difficoltà e forte ritardo rispetto ai
competitors europei. I tre ministeri partner del
progetto si sono già impegnati nella direzione
dello sviluppo, altri si spera possano contribuire
con iniziative miranti a questo. Il ministero
del Lavoro in particolare si assumerà il ruolo
di guida potenziando allo scopo anche il Sistema
Informativo Excelsior, in collaborazione
con Unioncamere, pubblicando ogni tre mesi
su base provinciale le principali tendenze delle
professioni richieste dal mercato del lavoro per
orientare meglio i giovani nel loro percorso di
studi, affinché evitino, ad esempio, facoltà universitarie
caratterizzate da bassi sbocchi occupazionali.
Non ci resta che attendere ed impegnarsi,
sperando che gli stimoli offerti possano
essere sufficienti per la ripresa. •
Sardegna Economica 1/2011
55

56
Sardegna Economica 1/2011

Le vicende dolci-amare del Carbonsulcis
Un giacimento
di sogni e d’insuccessi
di Paolo Fadda
Nella storia mineraria
della Sardegna – dominata
soprattutto dall’estrazione dei minerali piombozinciferi
– c’è stato anche spazio per il carbone
o, almeno, per una sua sottospecie (di
fatto, più lignite che litantrace) nota da noi in
Sardegna come “carbonsulcis”.
Le vicende legate alla sua valorizzazione indu-
Negli anni tra il 1935 e il 1960
nonostante due importanti rilanci
e fiduciose aspettative
le miniere carbonifere sarde
avranno un risultato
fortemente negativo
Passato & Presente
striale – iniziate a metà Ottocento
in contemporanea,
o quasi, con l’apertura dell’industria piombifera
di Monteponi – sono poi proseguite con
cicli alterni, positivi e negativi, che sono giunte
da allora fino ai nostri giorni.
Si vorrebbe anche aggiungere che sono stati
più gli insuccessi che i successi, quasi a dare
Sardegna Economica 1/2011 57

Passato & Presente
ragione a Salvatore Cambosu, il raffinato
scrittore di Orotelli autore di “Miele Amaro”,
che ha raccontato come la nonna dei minatori
di queste parti sulcitane, tia Vincenza Urru,
morì centenaria nella convinzione che quel
carbone di Bacu Abis fosse in origine oro purissimo,
perdendo poi ogni valore per via di
un diabolico sortilegio, non appena venuto in
contatto con le avide mani degli uomini.
Quel che interessa qui rievocare è – andando
indietro di un’ottantina d’an-
ni – che le sorti di quel carbone
sono state affidate più agli
interessi della politica che ai
calcoli industriali, il che può
valere per meglio comprenderne
l’altalenare delle sorti.
D’altra parte, questo “carbonsulcis” è un
carbone a basso potere calorico, con un differenziale
inferiore di circa il 25-30 per cento
(3500/ 000 cal/kg contro 7500 cal/kg) sui
carboni polacchi, inglesi o russi. Un carbone,
quindi, che ha avuto sempre molte difficoltà
a competere con i rendimenti energetici degli
altri concorrenti internazionali. Proprio perché
– come tutti sanno – il valore sui mercati
internazionali di questo minerale lo si è sempre
legato alle sue valenze caloriche.
Per essere cronologicamente precisi, l’inizio
di questa rievocazione lo si colloca nell’autunno
del 1935 allorché il governo Mussolini
avrebbe avviato un’azione di tutela per
le risorse carbonifere nazionali, con la costituzione
dell’Azienda Carboni Italiani – in
acronimo A.Ca.I – incaricata di razionalizzare
e potenziare le attività minerarie del
Sulcis e dell’Istria, ritenute strategiche per
l’indipendenza nazionale dalle importazioni
di carboni esteri.
Si può ricordare che un telegramma ai
prefetti dello stesso Mussolini dava disposizioni
perché il carbone nazionale “fosse
sostituito ai carboni stranieri in tutti gli
58
Sardegna Economica 1/2011
impieghi possibili”.
Con l’ACaI, sotto la guida di un manager avveduto
come il triestino Guido Segre, coadiuvato
in consiglio dall’on. Vittorio Tredici, le
miniere carbonifere sarde – riunite sotto la sigla
“Carbosarda” – avrebbero ripreso in pieno
la loro attività, ponendosi l’obiettivo di raggiungere
interessanti risultati produttivi, in
modo da alleviare l’import carbonifero della
nazione stimato in 10-12 milioni di tonnellate/anno.
Proprio per questo, l’indi-
Con l’autarchia fascista
rizzo autarchico adottato dal
il carbonsulcis diventa
governo fascista avrebbe im-
il grande carbone italiano
presso una spinta decisiva alle
e nasce la città di Carbonia
produzioni della Carbosarda,
come a quelle dell’Arsia, per
giungere a dimezzare – era questo l’indirizzo
– la dipendenza dall’estero.
Il via di questo rilancio avverrà con il discorso
di Mussolini all’Assemblea delle corporazioni
nel maggio del 1937, in cui il capo del governo
indicherà i nuovi importanti traguardi per
le miniere del Sulcis: un milione di tonnellate
entro il 1938 (e due milioni nel 19 1), la costruzione
di due gruppi di lavaggio capaci di
aumentare il potere calorico del minerale e,
soprattutto, la costruzione della “grande città
del carbone” per ospitare gli oltre 15 mila addetti
necessari per assicurare il raggiungimento
di quegli obiettivi.
La fondazione della nuova città verrà ufficializzata
da un regio decreto del novembre 1937
e l’inaugurazione, alla presenza dello stesso
Mussolini, avverrà il 18 dicembre dell’anno
dopo, 300 giorni giusti dopo la posa della prima
pietra. Il 31 dicembre di quello stesso 1938
gli iscritti all’anagrafe della nuova città erano
già 7.860 !
Meno positivi i risultati produttivi realizzati:
poco meno di 500 mila tonnellate in quel
1938, anche perché la nuova miniera di Serbariu
non era potuta entrare a regime (il mi-

Il 28 dicembre 1938 Mussolini inaugura la nuova città sarda del carbone
lione di tonnellate verrà raggiunto, e superato,
solo nel 19 0).
L’utilizzo industriale del carbonsulcis era rimasto
comunque il più grave problema per la
gestione della “Carbosarda”. L’alto tenore di
zolfo e in ceneri ne rendeva difficoltosa l’utilizzazione,
ed inoltre vi sovrabbondavano gli
scarti. Sarà questa la ragione che avrebbe consigliato
l’utilizzazione degli scarti per alimentare
una centrale termica a bocca di miniera
ed in riva al mare. La realizzazione nel 1939
dell’impianto di Santa Caterina nei pressi di
Palmas Suergiu ad opera della società Elettrica
Sarda, dotato di quattro generatori alimentati
da polverino di carbone, mise a disposizione
della rete elettrica sarda diverse decine di migliaia
di Kwh. E questo nono-
stante le difficoltà incontrate
per gli inconvenienti non lievi
determinati dalle corrosioni ai
generatori per la forte presenza
dello zolfo e delle ceneri.
I primi anni di guerra – di
quel tremendo dramma che fu per la Sardegna
la seconda guerra mondiale – avrebbero
visto la massima espansione delle produzioni
del Sulcis, ormai stabilmente sopra il milione
di tonnellate per anno.
I dati possono essere ricordati:
- nel 19 1 furono estratte 1.172.388 tonnellate
con l’impiego di 10.1 0 operai,
A Sant’Antioco nascono
le prime verticalizzazioni:
la termoelettricità del Sulcis
e i carburanti autarchici
Passato & Presente
- nel 19 2 le tonnellate estratte furono
1.136.052 con l’impiego di 9.908 operai.
Quegli anni furono peraltro assai importanti
perché favorirono l’avvio dei primi esperimenti
di verticalizzazione chimica di quel
carbone. Infatti nell’area portuale di Sant’Antioco,
per iniziativa proprio dell’A.Ca.I., nel
19 0 era entrato in produzione sperimentale
uno stabilimento capace di trattare annualmente
100 mila tonnellate di carbonsulcis che
veniva distillato a bassa temperatura per ottenere
nafta, benzine e oli lubrificanti.
I risultati conseguiti – citiamo da una relazione
tecnica di quegli anni – «anche perché
effettuati su piccola scala, non possono dirsi
del tutto positivi in senso industriale, anche se
non andrebbero considerati del tutto negativi.
Il nodo da sciogliere rimane peraltro quella
della effettiva positività economica delle lavorazioni».
Va aggiunto che il costo industriale di quei
trattamenti poneva il prodotto finito – benzine,
nafte ed oli - sul mercato a prezzi maggiori
di quasi tre volte tanto di quelli dei derivati
originali del petrolio.
D’altra parte quell’iniziativa – andrebbe ancora
ricordato – si inquadrava perfettamente
in quel clima di “surrogati” che l’autarchia
prima, e l’economia di guerra
poi, avevano portato d’attualità
(infatti dal caffè alle sete e
finanche alle lane ed alle benzine
s’andava avanti proprio
con quei “surrogati”, facendo
la fortuna dell’orzo, del rayon,
del lanital e della stessa benzina Sulcis!).
Quei primi anni ’ 0 del Novecento furono
poi forieri, per chi ne ha memoria diretta, di
giorni e di mesi di estreme e drammatiche
difficoltà per la stessa vita di tanti sardi. Gli
andamenti disastrosi della guerra avrebbero
portato l’isola al centro dei combattimenti
– aerei e navali – di quella sciagurata guer-
Sardegna Economica 1/2011
59

Passato & Presente
ra mondiale. Tra l’altro, proprio per mantenere
l’attenzione sulle vicende del bacino
carbonifero, il timore, non infondato d’una
possibile invasione degli eserciti anglo-americani,
avrebbe provocato l’ordine governativo
di smobilitazione delle attività estrattive
e, quindi, del progressivo licenziamento delle
maestranze. E proprio nell’autunno del ’ 3, a
poche settimane dall’armistizio chiesto dall’Italia
sconfitta, gli anglo-americani avrebbero
occupato la Sardegna.
Da un articolo apparso su “Sardegna socialista”
nel luglio 19 5, sarà possibile rievocare la
tragica atmosfera di quei giorni. «Tra giugno e
ottobre del 19 3 – si legge – gli operai presenti
in miniera erano rimasti in poco più di 2500,
mentre le produzioni erano
precipitate verso zero. Gran
parte delle maestranze sarde
s’era dispersa nell’isola
sotto l’assillo della fame incombente,
mentre la maggior
parte degli operai non
sardi aveva lasciato precipitosamente l’isola.
Ma l’esodo – o la fuga – aveva interessato anche
i tecnici ed i dirigenti non sardi, creando
così un clima di generale sfiducia rappresentato
dal grido Carbonia è finita!».
Proprio quel grido di disperazione, pur nella
drammatica situazione in cui si trovava tutta
l’isola, non fu lasciato cadere. Sotto la pressione
della Commissione alleata di controllo (era
l’organo di governo degli eserciti occupanti)
già dal gennaio 19 la Carbosarda poté riprendere
l’attività estrattiva, anche se fra difficoltà
d’ogni genere.
Il mezzo milione di tonnellate estratte in
quell’anno indicano che la ripresa, anche se
timidamente, s’era potuta avviare. Anche il
positivo trend successivo, culminato con il
superamento del milione di tonnellate nel
19 7, confermerà le capacità produttive di un
gruppo industriale – quello della Carbosarda
60
Sardegna Economica 1/2011
Negli anni del primo dopoguerra
a Carbonia si lotta e si spera
per una ripresa produttiva
perché riviva la città del carbone
– certamente di elevato livello internazionale
(nonostante i rendimenti giornata/operaio
fossero rimasti ancora lontani dagli standard
europei, soprattutto per l’alto tasso di assenteismo).
Per dare un quadro sintetico della situazione,
contro un rendimento/giorno dell’operaio
“europeo” pari a 0,550 tonn., nei cantieri del
Sulcis s’era registrato un pericoloso trend in
discesa: dalle 0,3 8 del 19 0 alle 0,210 tonn.
del 19 7!
Comunque, ed al di là dei negativi risultati
gestionali (sempre in profondo rosso), quella
ripresa produttiva avrebbe fatto ritornare,
attorno alla più giovane città dell’isola, ormai
abitata da oltre 5 mila cittadini, l’euforia degli
anni pre-bellici. Carbonia
sarà nuovamente grande!, si
gridava nelle piazze. Il management
dell’azienda (tanto
tecnicamente all’avanguardia
quanto sprovveduto
in economia aziendale) si
era posto da subito ambiziosi traguardi, decisa
a poter raggiungere in tre-quattro anni il
traguardo dei tre milioni di tonnellate. Per ottenere
questi risultati si predisposero dei piani
di rilancio con degli investimenti miliardari
per una meccanizzazione ed automazione del
lavoro tale da poter raggiungere – almeno in
teoria – la media operaia di 0,600-0,650 tonn/
giorno, nuovo record mondiale. Purtroppo si
sarebbero però disattesi gli equilibri gestionali,
incuranti delle voragini di debiti che s’andavano
accumulando giorno dopo giorno (le
perdite giornaliere ormai avevano superato
abbondantemente i due milioni di lire).
Sembrava interessare assai poco che i bilanci
fossero sempre e costantemente in rosso (nel
triennio 19 6- 8 furono accumulate perdite
per oltre tre miliardi di lire del tempo, oltre 60
milioni di euro d’oggi!). In effetti il carbonsulcis
veniva venduto sui mercati ad un prezzo

“politico” inferiore di circa il 25-30 per cento
del costo industriale d’estrazione, in modo da
poterne incrementare l’utilizzo. Ciononostante
i piazzali delle miniere erano sempre saturi
d’invenduto.
Può essere interessante, oltre che istruttivo,
per meglio comprendere quei momenti socialmente
difficili, se non proprio drammatici,
rievocare il clima di continua effervescenza
Passato & Presente
sociale, se non proprio d’insurrezione,
introdotto a Carbonia
da gruppi a forte componente
anarcoide, che mal
sopportavano quanto alcuni
politici benpensanti, come
l’onorevole socialista Angelo
Corsi, andavano avvertendo
circa i pericoli “non solo
economici” dal veder bruciare,
con quei vistosi disavanzi
gestionali, tanta preziosa ricchezza
(le perdite di bilancio
altro non erano, per quegli
estremisti rossi, che un’invenzione
dei capitalisti per
costringere i lavoratori alla
resa).
Vi era, comunque, la necessità
di un urgente risanamento
delle attività. Per un
carbone senza mercato, appariva
ancor più necessario
predisporre dei progetti di
“verticalizzazione” a bocca
di miniera, in modo da far
sì che il carbone estratto
trovasse una sua utilizzazione.
In concreto si sarebbero
formalizzate due proposte,
peraltro integrabili
fra loro:
- la prima: di sottoporre a
distillazione e gassificazione
circa 150 mila tonnellate/anno per produrre
concimi azotati per l’agricoltura sarda e nazionale;
- la seconda: di bruciarne tal quale altre 350
mila tonnellate in una centrale termica per
produrre all’incirca 200 milioni di chilowattora
di energia elettrica all’anno.
Peraltro, il piano più articolato e, tutto sommato,
più realistico l’avrebbe presentato nel
Sardegna Economica 1/2011
61

Passato & Presente
19 8 all’Alto Commissario generale Pietro
Pinna lo stesso presidente dell’A.Ca.I., l’ingegner
Mario Giacomo Levi. Su quel piano Levi,
divenuto il cavallo di battaglia delle forze sindacali,
si sarebbero quindi animati dibattiti e
polemiche a non finire.
La sua mancata realizzazione fu anche attribuita,
dai gruppi di sinistra «agli interessi dei
gruppi monopolistici della chimica (la Montecatini)
e dell’elettricità (la SES), tutelati dai
dirigenti reazionari della Democrazia Cristiana».
Si trattava di una semplice speculazione
di parte, soprattutto perché i conti industriali
che avrebbero dovuto sorreggere quegli investimenti
apparivano assai
fragili (se non proprio aleatori),
legati com’erano su
rendimenti di produttività
in miniera mai raggiunti (e,
di fatto, ritenuti anche utopici
da alcuni tecnici, viste
le condizioni giacimentologiche).
Erano infatti passati in seconda linea
– almeno nella pubblica opinione – quelli che
erano stati i principali vincoli all’adozione di
quel piano:
- innanzitutto per l’entità dell’investimento
richiesto (circa 20 miliardi di lire del tempo),
impossibile per le stremate finanze del Paese
ancora debilitato dalla guerra persa e per le
difficoltà di trovare aiuti dalla finanza internazionale;
- ed ancora per l’alto costo, anch’esso non
competitivo, degli azotati che dovevano essere
prodotti con i processi di distillazione;
- ed infine per l’impossibilità di collocare sul
mercato sardo quelle maggiori produzioni di
energia elettrica stante i consumi ipotizzabili
dal nostro sistema produttivo (in Sardegna si
utilizzavano allora poco meno di 280 milioni
di chilowattora/anno).
Va detto che, nonostante le pressioni esercitate
da una parte politica e dal sindacato,
62
Sardegna Economica 1/2011
anche i tecnici più autorevoli (come il professor
Mario Carta) avrebbero contestato pubblicamente
la validità economica del piano
Levi, affermando che il carbonsulcis – anche
se trattato – rimaneva un combustibile di
scarso pregio, e che la stessa sua utilizzazione
chimica non era in grado di risolvere il problema
del rilancio economico delle miniere
della Carbosarda.
Comunque, il problema del salvataggio dell’occupazione
operaia di Carbonia continuava
a rimanere – nella Sardegna di quell’inizio degli
anni Cinquanta – in primo piano. Di fronte
ad un’inevitabile caduta produttiva (nel 19 9
s’erano estratte poco più di
600 mila tonnellate di grezzi,
Le speranze e le attese il 38 per cento in meno del
per il piano dell’ingegner Levi
’ 7), occorreva fare qualcosa.
rimasto però solo sulla carta
D’altra parte, con la nascita
per gli alti costi e le perplessità
della Regione autonoma nel
tecniche d’una sua attuazione
19 9, il problema dello sviluppo
economico dell’isola
era stato posto con grande decisione.
Per far nascere nuove industrie nell’isola
– si sosteneva – occorre disporre di maggiori
quantità d’energia e, soprattutto, di rompere
il monopolio che nel settore deteneva
la società Elettrica Sarda. Il carbonsulcis poteva
e doveva essere il grimaldello capace di
scardinare il potere dei baroni dell’elettricità.
Diverrà proprio questo il cavallo di battaglia
delle Giunte della “prima” Regione. La successione
dei primi atti compiuti dalla Regione
sarda ne danno testimonianza. Dal 1950 al
1953 verranno emanate leggi regionali
- per incrementare la produzione di energia
elettrica attraverso l’utilizzazione del carbonsulcis,
- per istituire l’Ente sardo di elettricità,
EN.SA.E.,
- e, ancora, per realizzare a Portovesme, in
partnership con la Carbosarda, una centrale
termoelettrica da 60 megawatt per

European Union
18 aprile 1951 la firma del Trattato per la costituzione della Comunità del carbone e dell’acciaio
fornire energia ai nuovi impianti industriali
promossi dalle leggi regionali d’incentivazione,
da distribuire attraverso una
propria società (l’AGES) rompendo così il
monopolio della SES.
Intanto, nello scenario politico internazionale,
erano spuntate molte novità. La prima,
che avrà notevole importan-
za per le sorti delle miniere
carbonifere, sarebbe stata
la costituzione – fra Belgio,
Francia, Germania Ovest ed
Italia – della Comunità europea
del carbone e dell’acciaio,
in acronimo CECA, che sarà poi l’antesignana
dell’attuale Unione Europea.
Era – ricordiamolo – il 18 aprile del 1951, e
con la sua entrata in vigore venne istituito
un mercato comune del carbone e dell’acciaio
con la soppressione dei diritti doganali
e le restrizione nell’import fra i quattro paesi
firmatari. L’apertura del libero mercato per il
carbone avverrà il 18 febbraio del 1953. L’adozione
di quel trattato contemplava comunque
delle misure di salvaguardia per le miniere del
Sulcis, in quanto l’autorità della CECA aveva
stabilito, per un periodo di cinque anni,
la possibilità di sostenere le produzioni sarde
introducendo dei diritti di dogana per le
importazioni. Comunque, per il carbonsulcis
il futuro s’era fatto quindi ancor più difficile,
anche perché nel 195 era stata disposta dal
Passato & Presente
governo la soppressione dell’A.Ca.I. divenuta
incongrua nella nuova situazione nazionale
(l’Arsia era divenuta jugoslava e la sola società
carbonifera era quella sarda).
Quel che destava la maggior preoccupazione
era comunque l’entità dei deficit annuali della
Carbosarda: il Tesoro dello Stato vi avrebbe
immesso, fra il 19 7 ed il 1960, capitali freschi
per oltre 35 miliardi di lire (sarebbero circa
70 milioni in euro d’oggi).
Ed è forse questa situazione a determinare la nascita
di quel che la storia deve ricordare come il
“piano Carta”, dal nome dell’ingegner Giorgio
Carta, un geniale manager iglesiente divenuto
il direttore generale della società carbonifera.
Il piano si reggeva sui punti seguenti:
- costruire a bocca di miniera una centrale
termoelettrica da 500 megawatt (destinata ad
essere la più grande d’Italia),
capace di bruciare circa 2
Preoccupano le forti perdite
milioni di tonnellate di car-
e la richiesta di nuovi capitali:
bone immettendo sul mer-
in 10 anni vengono impegnati
cato miliardi di chilovatto-
fondi per oltre 30 miliardi di lire
re all’anno;
- ottimizzare l’attività estrattiva
per giungere a rendimenti doppi di quelli
fino ad allora registrati, in modo da poter produrre
i 2 milioni di tonnellate previsti ad un
costo, per tonnellata estratta, in linea con gli
standard europei;
- creare così un complesso energetico integrato
(miniera più centrale elettrica) capace
di assicurare un futuro all’occupazione ed all’economia
industriale dell’isola.
Le previsioni economiche parevano sulla carta
interessanti: i costi di produzione del kilowattore
avrebbero permesso di vendere l’energia
a basso costo (3 lire circa contro le 7,50
richieste allora dall’Elettrica Sarda agli utenti
industriali), mentre per gli eccessi di produzione
sui fabbisogni sardi (circa 600 milioni
di chilowattora annui) si sarebbe utilizzato
un grande elettrodotto sottomarino che dal-
Sardegna Economica 1/2011
63

Passato & Presente
la Sardegna e la Corsica avrebbe raggiunto la
Toscana immettendosi nelle reti nazionali.
Un’apposita legge dello Stato – voluta dal governo
del tempo – aveva assicurato il finanziamento
necessario all’investimento valutato in
65 miliardi di lire (ma alla fine se ne sarebbero
spesi più di 200 che in euro d’oggi farebbero
quasi due miliardi).
Su quelle basi la Carbonifera Sarda era andata
alla ricerca di industrie energivore (cioè
grandi consumatrici di elettri-
cità) perché si stabilissero nell’isola.
Alla sollecitazione del
prezzo a bon marché dell’elettricità
risposero la Rumianca
con un investimento chimico
a Macchiareddu, l’AMMI per
un impianto metallurgico dello zinco a Portovesme
e, soprattutto, gli industriali europei
dell’alluminio, le cui produzioni hanno
l’energia come il maggior fattore di costo (le 3
lire promesse dalla Carbosarda facevano mercato
sul prezzo medio europeo allora attorno
alle 6 lire). Quelle scelte, a cui sarebbero seguite
quelle del gruppo SIR a Porto Torres e
di quelli SNIA e Beretta a Villacidro, avrebbero
orientato decisamente la nuova industrializzazione
sarda verso impianti a basso tasso
d’occupazione e ad alti consumi energetici.
Purtroppo, anche quel piano era destinato
a confermare il triste apologo di Salvatore
Cambosu. Per ragioni – questo va detto in
tutta obiettività – non del tutto imputabili al
progetto.
Perché in quei cinque anni fra il 1956 ed il
1960 sarebbero avvenuti molti fatti nuovi,
purtroppo non positivi. Innanzitutto l’andamento
dei salari, determinato dall’adozione
di nuovi contratti collettivi, che fece crescere
in maniera esponenziale il costo del lavoro, in
maniera forse non prevedibile al momento del
varo del piano Carta. Contemporaneamente si
andavano diffondendo anche fenomeni di di-
6
Sardegna Economica 1/2011
saffezione al lavoro, tanto da portare il tasso di
assenteismo nei cantieri minerari del Sulcis da
un fisiologico 10-12 per cento a punte anche
del 5-50 per cento. Così, fatto eguale a 100 il
valore d’una giornata di lavoro di un minatore
nel 1955, cinque anni dopo era salita a 156,
mentre il rendimento tonnellata/giorno/presenza
era passato dall’ottimale 0,600 indicato
nel piano ad un mediocre 0,325. Le produzioni
del 1960/61 si sarebbero fermate attorno alle
700 mila tonnellate con l’im-
piego di circa 5 mila operai.
Un maxi investimento La storia dunque ci dirà che
per miniera e centrale:
quel piano non sarebbe riusci-
i costi totali raggiungono
to a centrare i suoi ambiziosi
oltre 200 miliardi di lire
obiettivi. I primi esperimenti
portarono infatti ad un costo
industriale di un chilowattatt termico molto
vicino alle 10 lire, oltre tre volte tanto il preventivato.
Infatti la supercentrale termica la
si dovette rapidamente convertire a nafta e,
soprattutto, l’intervenuta nazionalizzazione
delle produzioni elettriche – disposta dal governo
nazionale nel dicembre 1962 – avrebbe
vanificato la stessa logica su cui si reggevano
le sinergie elettro-minerarie del piano Carta.
Ma quel che renderà ancor più deludente il
risultato sarà il constatare che fra il 1955 ed il
1960 la Carbosarda avrebbe consuntivato perdite
d’esercizio pari a poco meno di un miliardo
di euro d’oggi. Non è quindi senza ragione
che, secondo degli attendibili calcoli di un
ricercatore, il denaro pubblico fatto affluire
dal 19 al 1962 per cercare di dare sostanza e
futuro a quell’impresa mineraria ascenderebbe
a non meno di tre volte la dotazione totale
del Piano di Rinascita ( 00 miliardi delle
lire 1960), senza peraltro ottenere che poco o
niente. Quel povero carbone, come sostiene la
vulgata popolare raccolta da Salvatore Cambosu,
si sarebbe così tramutato in un nulla,
come un sogno di ricchezza svanito nel nulla
e che ha lasciato tutti più poveri. •

Cento anni fa Francesco Nobilioni viene eletto sindaco di Cagliari
Dalla Camera di Commercio
al Municipio di Cagliari
di Gianfranco Murtas
Al piano nobile di palazzo
Devoto Cao, nel Largo
Carlo Felice, giovedì 23 marzo 1911 – giusto
cento anni fa – si riunisce in seduta soltanto
in apparenza ordinaria il Consiglio camerale.
Il primo ad intervenire è il vice presidente
Alfonso Aurbacher che dichiara di interpretare
il comune sentimento dei colleghi nel
Dopo una lunga e apprezzata
presenza al vertice della Camera
nel 1911 inizia la brevissima
esperienza come sindaco di Cagliari
ufficio che lascerà solo dopo sei mesi
Passato & Presente
felicitarsi con il presidente
Francesco Nobilioni, appena
eletto sindaco di Cagliari, carica nella
quale porterà – dice – «il contributo prezioso
della sua opera intelligente ed alacre: opera di
cui fornisce ognora prova in tutte le amministrazioni
delle quali fa parte».
Prende quindi la parola, per ringraziare, lo
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Archivio Sardegna Economica

Passato & Presente
stesso comm. Nobilioni, dichiarando di «accettare
l’onorifico ufficio sindacale» affidatogli
dal Consiglio comunale appena due giorni
prima (23 voti dai 33 votanti) per null’altro
che per l’«interesse del paese», impegnandosi
a fare del proprio meglio al fine di rispondere
alla fiducia in lui riposta, «cercando colla buona
volontà e coi lumi dei colleghi di adempiere
ai doveri non pochi né facili di una amministrazione
tanto importante». E intanto conferma
la disponibilità, lasciando la presidenza
della Camera, di proseguire qui il proprio servizio
come semplice consigliere.
Appena tre settimane dopo (l’11 aprile per la
precisione), la scena di scambio delle gentilezze
– da non scambiare per leziosità trattandosi
di pura galanteria istituzionale e autenticità
di rapporto personale –, si ripete. Alfonso
Aurbacher, ora nuovo leader della Camera,
introduce la tornata rinnovando «un saluto
riverente ed affettuoso al collega Nobilioni»
ed evidenziando una particolare soddisfazione
nel vederlo ancora presente «al suo posto
di combattimento per gl’interessi industriali e
commerciali della provincia, nobile esempio
questo di amore alla legale rappresentanza del
commercio». Scontate ma non meno appezzate
le parole in risposta: Nobilioni ribadisce
«l’affetto» per l’istituzione camerale «che con
volontà costante ed operosa presiede agli interessi
economici del nostro paese».
Con l’elezione a vice presidente di Benvenuto
Pernis, strettamente associato ad Aurbacher
nella gestione dell’appena avviata trasformazione
giuridica e statutaria della Camera di
Commercio cagliaritana, si chiude un ciclo e
se ne apre un altro. E peraltro va ricordato che
Francesco Nobilioni, consigliere eletto alla
fine del 1898 e per quasi un decennio stretto
collaboratore del presidente Varsi, dopo circa
quattro anni di sua presidenza riceverà nuovi
mandati consiliari ancora a tutto il 1919, accompagnando
quindi l’ente anche nei difficili
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Sardegna Economica 1/2011
anni della grande guerra, quando la Camera
sarà ormai saldamente affidata alla saggia e
intraprendente guida di Benvenuto Pernis.
Esempio anche questo di una straordinaria
lealtà istituzionale.
Fra Cocco Ortu e Bacaredda
Ma se questa presenza di Francesco Nobilioni
ai vertici della Camera di Commercio è fra le
più longeve che si ricordi – ventuno anni esatti!
–, si rivela per contro brevissima quella nell’ufficio
di sindaco del capoluogo. Consigliere
comunale dal 1889 – eletto con la minoranza
cocchiana contro i bacareddiani al loro esordio
con il partito della Casa Nuova –, egli sarà per
un quindicennio circa, dal 1896, assessore. E
assessore in diverse giunte Bacaredda (o di obbedienza
bacareddiana come è quella Picinelli,
in cui ha le deleghe all’edilizia urbana, beneficenza,
culto, stato civile e anagrafe), come a
mostrare la “compatibilità” della sua indipendenza
e del suo pragmatismo con entrambi gli
schieramenti in campo. Confermato nell’incarico
fino ai giorni caldi della “rivoluzione” del
maggio 1906, e ancora nei tentativi della ripresa
bacareddiana tra la fine del 1906 e il 1907,
e poi ancora nella giunta Marcello, Nobilioni
rappresenta veramente un esempio, per competenza
e rettitudine, di servitore dell’interesse
generale nei lunghi e complessi anni del passaggio
di secolo. Quando, andrebbe segnalato,
il servizio di amministratore del Municipio e
degli enti controllati o partecipati è gratuito, e
costituisce una offerta disinteressata della cosiddetta
“società civile” – con le sue esperienze
e le sue professionalità – alla Amministrazione
con la A maiuscola.
Un rapido ripasso delle attività pubbliche del
Nobilioni prima della sua breve sindacatura
può favorire un opportuno approfondimento
della sua figura che, per gli aspetti attinenti
al suo ufficio privato di “negoziante” (da intendersi
come uomo d’affari, imprenditore e

investitore in proprio e rappresentante di case
industriali o commerciali) ed alla sua “militanza”
camerale, è stata ben illustrata in vari
saggi ed articoli, fra i quali merita speciale
richiamo quello di Paolo Fadda uscito sul n.
del 2000 proprio di Sardegna Economica
(“Un esponente della nuova borghesia degli
affari nella fertile stagione delle grandi trasformazioni”).
Varrà ricordare, in breve, che egli nacque ad
Iglesias, da madre sarda e padre ligure, nel
febbraio 18 7 – l’anno della “perfetta fusione”
che sarebbe stata anche occasione e matrice
giuridico-politica dell’affidamento ad
una compagnia genovese (la “Regia Miniera
di Monte Poni”) della concessione estrattiva
e di trasformazione dei filoni piombo-argentiferi
del bacino sud-occidentale isolano. Da lì
ecco svilupparsi nel tempo
una fitta trama di relazioni
d’affari, ma con risvolti
anche familiari, con alcuni
dei maggiori esponenti
di quel mondo che darà
modernità industriale
alla Sardegna in generale,
opportunità di lavoro (duro lavoro) a vaste
maestranze, altrimenti destinate ad infiacchire
nelle campagne o all’emigrazione, e importanti
flussi di profitto alle multinazionali dello
scavo, lavorazioni e collocamento sul mercato
europeo delle produzioni.
È nel 1870 che la “Casa Nobilioni” come simbolo
d’una affermata “maison d’affaires” – di
cui scrive acutamente Paolo Fadda – vede il
passaggio di testimone generazionale: da Angelo
Nobilioni a suo figlio Francesco, giovane
di soli 23 anni ma già introdotto nelle dinamiche
del business ed abile operatore. Ecco perciò,
a parte le cointeressenze minerarie – mirate
comunque alla redditizia gestione della
“brevità dell’affare” piuttosto che alla capitalizzazione
di lungo periodo –, la promettente
Abile uomo d’affari
fu imprenditore poliedrico
apprezzato curatore fallimentare
e rappresentante dei governi
del Nicaragua e dell’Uruguay
Passato & Presente
iniziativa di una fabbrica di laterizi a Funtana
Coperta (in società con Francesco Devilla e
Ulisse Moretti) e, nel 1879, il trasferimento
della ditta a Cagliari (città di provenienza di
Annunziata Randaccio, moglie del giovane
Nobilioni). Con ufficio nella via Roma ormai
in rapida trasformazione con la progressiva
edificazione della palazzata porticata a fronte
mare, e successivamente nella piazza Yenne,
Francesco Nobilioni cura fra il molto altro le
procedure fallimentari assegnategli dal tribunale,
e le pratiche consolari, in quanto rappresentante
del governo del Nicaragua. Oltreché
vice console del governo nicaraguense, egli
sarà negli anni ’10 anche reggente il consolato
dell’Uruguay.
Nel gran novero dei suoi incarichi pubblici
meritano una citazione anche quello di consigliere
di sconto della suc-
cursale della Banca d’Italia
e di amministratore della
regia Scuola industriale.
Dal 1882 data la sua iscrizione
come elettore camerale
di Cagliari. Fino al
1890 con la qualifica di negoziante,
dal 1892 con quella di industriale. Né
le liste registrano soltanto la variazione professionale.
Da esse risultano anche le onorificenze
civili in progress: cavaliere della Corona
d’Italia dal 189 , commendatore dal 190 .
Amministratore civico e
presidente-filantropo
Nel 1889 l’esordio amministrativo con il “partito”
del Cocco-Ortu, cui s’è accennato; è allora,
con 92 preferenze, uno degli eletti nella
lista sponsorizzata dall’Unione Sarda (nata
allora per sostenere appunto le posizioni cocchiane),
e votato comunque dai bacareddiani
in giunta, nella logica di un esecutivo bipartisan,
intendendosi cioè dare rappresentanza
nell’amministrazione attiva anche ad un
Sardegna Economica 1/2011
67

Passato & Presente
esponente della minoranza. Egli non accetta,
però, l’incarico e ancora per diversi anni
– perché viene confermato, a partire dal luglio
1893 (allora con 1.119 preferenze) e nel maggio
1895 (con 1.351 suffragi personali), nelle
elezioni di rinnovo parziale (1893) o generale
(1895) dell’assemblea – preferisce limitare la
sua presenza alle attività consiliari, nelle commissioni
via via costituite in seno al Municipio
(come quella di sindacato per l’imposta
sul valore locativo, o quell’altra di studio della
praticabilità di una zona franca, o di revisione
del conto annuo), così come nelle rappresentanze
comunali presso gli enti partecipati.
Sono da ricordare, di questi anni, specialmente
la presidenza della Congregazione di
carità e del connesso Monte di Pietà, quella
del Ricovero di mendicità Vittorio Emanuele
II, quella dell’Asilo Marina e Stampace,
nonché la partecipazione alla commissione
di sorveglianza dell’Istituto-convitto dei sordomuti.
Presto sarà presidente-fondatore
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Sardegna Economica 1/2011
dell’Istituto dei ciechi, presidente dell’Ospedale
civile, vice presidente del Ricovero San
Vincenzo de’ Paoli, consigliere della Società
di patronato per i liberati dal carcere.
Di formazione cattolica, ma di linea conciliatorista
o liberale, sa distinguere fra la sfera
civile e quella prettamente religiosa e le sue
posizioni più volte lo portano a subire duri (e
ingiustificati) rimbrotti dagli ambienti clericali
cittadini. Sempre risponde con la civiltà
d’una parola misurata, ma anche con la fermezza
delle idee che in nulla cedono alle convenienze
elettorali che pur rimangono sullo
sfondo. Gli episodi – gustosi in sé ed emblematici
della temperie di fine Ottocento/primo
Novecento, con la questione romana ancora
irrisolta – sono diversi e taluno merita d’esser
brevemente richiamato.
Un cattolico liberale e conciliatorista
In quanto presidente-fondatore dell’Istituto
dei ciechi accetta nel settembre 1896 l’offerta
Archivio Sardegna Economica

di 50 lire che la loggia massonica Sigismondo
Arquer eroga con l’intenzione patriottica
di onorare la ricorrenza della breccia di Porta
Pia. Accetta e difende la sua decisione dagli
attacchi stizziti della nobiltà nera di Cagliari
che considera quella offerta impura perché...
di Mammona e contesta al presidente cattolico
una incoerenza assoluta. E anche quando
da parte delle patronesse (leader donna Maria
Sanjust Amat) e del clero viene la promessa
di reintegrare immediatamente quella somma
ove sia respinta, e anzi di moltiplicare per dieci,
con generosa sottoscrizione, l’obolo della
discordia, egli sostiene le ragioni liberali cui
un amministratore pubblico deve attenersi,
non umiliando alcuna parte della città a motivo
d’una ideologia pur non condivisa.
Anche nel 1903 (e ancora a ridosso della data
del XX Settembre), il suo nome diviene bersaglio
dell’invettiva clericale. Sindaco facente
finzioni. in un intermezzo bacareddiano,
sottoscrive un manifesto affisso alle cantonate
delle strade, nel quale con lui numerosi
esponenti degli “libero pensiero” della città
– dagli avvocati Giuseppe Sanna Randaccio
e Bartolomeo Rapisardi al professor Luigi
Volpe Rinonapoli direttore della scuola tecnica
Cima, al ragionier Efisio Ambrogi, ecc.
– evidenziano il valore patriottico dell’evento
memorando. La rampogna è immediata, ma
la replica certo non è di mera difesa, rivelando
piuttosto l’orgogliosa sensibilità civile del
pubblico amministratore: «Unico mio intento
nel sottoscrivere come prosindaco il patriottico
manifesto, fu quello di interpretare
i sentimenti della massima parte dei cittadini
cagliaritani, che sono pure i miei, commemoranti
il fausto avvenimento della presa di
Roma. Se qualche frase, rilevata con soverchia
cura non scevra di passione, si è ritenuta
ostile ai sentimenti dei clericali, ciò è per
me cosa di secondaria importanza; poiché,
quantunque credente, non sono clericale né
Passato & Presente
massone, e della mia coscienza voglio essere
io solo giudice dopo Dio».
Anche in occasione dell’approvazione annuale
del bilancio comunale, quando si tratta
di pesare e misurare le varie poste, fra spese
obbligatorie e spese facoltative, la sua linea
rimane quella di valutare, con assoluta priorità
(e si potrebbe anche dire, con criterio
di esclusività), l’interesse municipale sopra
quello, pur legittimo e anche giustificato e
addirittura condiviso, di una parte. Così ad
esempio nel 1909 – essendo in carica la giunta
Marcello –, quando c’è da decidere sul
contributo al Capitolo dei canonici della cattedrale
di Cagliari, e va considerato, in stretta
connessione, il mantenimento o meno della
Cappella civica costituita da una ventina di
musicisti che costano complessivamente circa
1 mila lire.
Andrebbe peraltro aggiunto che non di rado,
nell’arco della decina di competizioni elettorali
cui partecipa, egli è incluso nelle liste
promosse da comitati cattolici (evidentemente
propensi... al perdono per gli atti di
indipendenza ripetutamente manifestati).
Così, fra l’altro, anche in quel 1907 che è poi
l’anno della sua elezione alla presidenza della
Camera di Commercio, vissuta in tandem
con il servizio municipale. Benché – va detto
pure questo – proprio nel 1907, che è anche
l’anno dei “botti” più accesamente bruniani
che Cagliari abbia conosciuto nella propria
storia moderna, la sua rielezione al Consiglio
comunale sia dovuta al concorso di preferenze
di molti liberali e democratici (laici e
agnostici) di obbedienza bacareddiana.
In giunta, tra fermezza e dialogo
Partito da posizioni di minoranza ma elettore
bacareddiano già dal 1892, Nobilioni raggiungerà
in un ventennio il vertice dell’Amministrazione
ancora per poco in quel palazzo di
Città dirimpetto alla cattedrale di monsignor
Sardegna Economica 1/2011
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Passato & Presente
Pietro Balestra, dopo il passaggio ora cordiale
ora aspro (verso la politica comunale) di
monsignor Balestra e monsignor Serci-Serra.
Allora la politica locale sarà però molto diversa
da quella del 1889, tanto più perché dopo i
fuochi della rivoluzione popolare del maggio
1906 ed il processo in tribunale che oppone,
l’anno successivo, Bacaredda a Umberto Cao
– esponente radicale e presunto sobillatore di
quei moti – l’antico divorzio fra la Casa Nuova
e i cocchiani si è riassorbito e l’unità liberale
ricostituita sia pure sempre in una logica
notabilare pre-democratica.
Non è da credere, peraltro, che la politica amministrativa
dell’ultimo decennio dell’Ottocento
e dei primi anni del nuovo secolo abbia
conosciuto a Cagliari un contrasto rigoroso
fra le due storiche fazioni: i bacareddiani
(eredi in certo modo anche dell’area di consenso
dell’on. Francesco Salaris, deceduto nel
1900) ed i fedeli a Francesco Cocco Ortu, più
volte potente ministro.
Così pure il contrasto
strettamente ideologico
fra l’ambiente liberale
e quello del gruppo dei
guelfi intransigenti, ai
quali si è fatto cenno, è
il più delle volte sfumato
nella convergenza dettata dal superiore interesse
municipale. In altre parole: sia la maggioranza
“politica” espressa soprattutto nella
elezione del sindaco e della giunta da parte del
Consiglio comunale, sia la coalizione a sostegno
dei vari provvedimenti amministrativi di
competenza locale hanno visto orientamenti
spesse volte, o il più delle volte, convergenti.
Assessore in pianta stabile, come detto, per un
decennio circa prima dello scoppio dei moti
del “maggio rosso” cagliaritano e al debutto
elettorale amministrativo delle formazioni
“popolari” più o meno antisistema (socialisti,
radicali e repubblicani), Nobilioni è fra i pro-
70
Sardegna Economica 1/2011
tagonisti di una politica civica che si sviluppa
su equilibri tutto sommato saldi perché “di
classe”, anche come effetto di una legge che
riconosce l’elettorato attivo a ceti acculturati e
fiscalmente rispondenti escludendo da esso le
quote sociali marginali.
Riformista moderato, interessato certamente
più alla concretezza dell’amministrazione
(che non si priva peraltro dei suoi orizzonti
ideali) piuttosto che alle verticalità dottrinarie,
egli è chiamato ad occuparsi, nel tempo,
di tutto: della nuova urbanistica cittadina (si
registrano diversi suoi interventi su cantieri
edili, gli allineamenti nell’area fra la stazione
ferroviaria e l’antico bastione di Sant’Agostino,
ecc.), degli svincoli cauzionali all’impresa
che ha abbattuto le catapecchie ai piedi del
bastione e lastricato e collocato chiaviche in
mezza città, dell’appalto quinquennale della
nettezza urbana, dei rifacimenti nelle storiche
parrocchie di Sant’Avendrace, San Lucifero e
l’Annunziata, delle tarif-
fe daziarie, dell’erezione
Municipalista e pragmatico di un mercato dei cerea-
si impegna con convinzione nel progetto
li, dei finanziamenti alle
“solo amministrazione, niente politica”
cucine economiche, del
ritenendo che il Comune abbia bisogno
prezziario del pane, e
di buoni e onesti amministratori
ancora della trasformazione
di alcuni legati di
beneficenza, della riforma dello statuto organico
del Monte di Pietà, e così via elencando.
Certamente un salto di qualità si registra nella
partita elettorale dell’estate 1910. In primo
luogo c’è il suo protagonismo – questa volta
su un fronte piuttosto politico (non partitico
però) – nell’agitazione legale, ovverosia nella
vertenza con il governo a proposito della questione
dei trasporti marittimi e ferroviari fra
continente e Sardegna e viceversa. In quanto
presidente (dimissionario anche lui per protesta)
della Camera di Commercio, copresiede
– con Giovanni Marcello per il Comune e
Virgilio Piga per la Provincia – il comitato che

coordina le manifestazioni di contestazione
dell’esecutivo nazionale.
In secondo luogo, a guardare la vicenda puramente
cittadina, è da ricordare che, incluso
tanto nelle lista cattolica quanto in quella
municipale (che ripropone il sindaco uscente
Giovanni Marcello, poi battuto clamorosamente
alle urne), egli riscuote un indiscutibile
successo. Tanto che, allorché Bacaredda
non accetta l’elezione a primo cittadino, il
suo nome viene suggerito (dall’avv. Sanjust
di Teulada) per guidare una giunta puramente
“amministrativa” o “d’affari”, senza colore
politico, come anche sarebbe nelle sue propensioni.
I tempi non consentono ancora, però, una tale
neutralità che, invero, sia pure in forme diverse,
sarà rilanciata l’anno successivo facendo
perno sul nome e la competenza appunto di
Francesco Nobilioni. La convergente contrarietà
della maggioranza liberale (con le sue
punte giacobine) e della minoranza di sinistra
fa fallire il progetto e a palazzo di Città torna
per qualche mese il commissario prefettizio.
La svolta, o solo un tentativo
Come detto, il nome (da tutti rispettato) di
Nobilioni torna al centro della scena politica
cittadina nella primavera 1911. La novità del
momento è rappresentata dalla recentissima
costituzione della Associazione Democratica
– una sorta di raggruppamento parapartitico,
con molti umori massonici miscelati al progressismo
liberale – che decide di scendere in
campo come nuovo soggetto politico-amministrativo.
A fronte della scheda democratica,
i municipali più moderati e i clericali, associati
insieme in una lista sostenuta da un Comitato
indipendente, lanciano la carta della
“solo amministrazione, niente politica”. Una
formula che Il Corriere dell’Isola – quotidiano
diretto da Enrico Sanjust – efficacemente
riassume con questa riflessione: «le questioni
Passato & Presente
del divorzio, della laicità della scuola, della
precedenza del contratto civile di matrimonio,
delle corporazioni religiose e altre tali
possono formare la piattaforma di una lotta
politica, ma nella contingenza delle elezioni
amministrative sono fuori luogo».
Pur municipalista e pragmatico, e impegnato
in prima persona nel progetto “solo amministrazione,
niente politica”, Nobilioni non
si nasconde la debolezza di una situazione in
cui le forze in gara siano soltanto «un amalgama
di nomi diversi e disparati, quando non
opposi ed avversari». In una breve intervista
rilasciata all’Unione Sarda dell’8 marzo
– vigilia quasi del turno elettorale – compie
però un atto di fede osservando: «Il Consiglio
comunale è un corpo amministrativo e non
politico. Il Comune ha bisogno di buoni ed
onesti amministratori, e non di competizioni
politiche. E qualsiasi invasione della politica
nell’amministrazione del Comune non può
essere altro che un inquinamento, un danno.
Quindi, secondo me, si dovrebbe amministrare
con tutte le forze capaci e virtuose che non
mancano nel paese, con questo solo proposito:
il bene della città. Il passato ci ha insegnato
che nel Comune non esistono incompatibilità.
L’armonia solidale degli uomini più benemeriti,
a qualunque partito appartengano, con
la meta radiosa della progressiva ascensione
della nostra amata città, dovrebbe e potrebbe
raggiungersi se si volesse».
Aggiungendo infine per sé, dato sindaco in
pectore dopo la ribadita decisione di Bacaredda,
candidato con la stessa sua lista, di non
accettare incarichi: «Non ho mai aspirato ad
essere sindaco della mia città, comprendendo
benissimo che mi mancano quelle doti preclare
degli uomini onorandissimi che furono a capo
del Comune. Se, del resto, avessi proprio avuto
la velleità di essere sindaco, non mi mancò la
possibilità... Io non ho che un solo desiderio:
contribuire con le mie deboli forze a servire il
Sardegna Economica 1/2011
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Passato & Presente
paese, come credo di avere fatto finora, senza
secondi fini, disinteressatamente, con completa
abnegazione di tutto me stesso».
Aperta da Ottone Bacaredda – certamente
liberale (nel senso del laicismo) e certamente
riformatore – la lista definita “clerico-moderata”
lanciata dal Comitato indipendente
comprensiva anche, nella piazza d’onore, del
nome di Francesco Nobilioni avrà un successo
pieno ma al dunque rivelerà tutta l’illusione
di una amministrazione senza politica, dando
così ragione ai liberal-progressisti e massoni
della Associazione Democratica, soltanto apparentemente
usciti sconfitti dalla contesa (9
eletti contro i 31 della lista omnibus).
Sono 903 le preferenze ricevute da Nobilioni
(undicesimo nella classifica), contro le 1.0 2
di Bacaredda e le 1.01 di Sanjust Amat il quale
guida una pattuglia di clericali che cantano
vittoria all’inizio, e puntano – insieme con i
bacareddiani apparentemente “in riposo” –
proprio su Nobilioni sindaco. D’altra parte va
detto che un’anticipazione di quel che sarà la
navigazione amministrativa della giunta che
sta per eleggersi si ha proprio nella seduta di
insediamento del nuovo Consiglio comunale.
E precisamente quando Bacaredda, che presiede
la seduta come consigliere anziano (più
votato), riafferma la sua fede democratica e
conclude inneggiando a «Roma intangibile».
Allora tutto il Consiglio si leva ad applaudire,
ad acclamare anzi, nella manifesta freddezza
della pattuglia guelfa. Freddezza che si fa
gelo allorché, autorizzato dalla maggioranza
dei consiglieri, ancora Bacaredda mette in votazione
un ordine del giorno proposto dalla
minoranza liberal-massonica che, riferendosi
all’imminente solenne cerimonia in Campidoglio
per celebrare il cinquantenario della
proclamazione di Roma a capitale d’Italia,
impegna il Consiglio a «delegare il Sindaco a
rappresentare la città in quella commemorazione,
e a riunirsi in pubblica adunanza la mat-
72
Sardegna Economica 1/2011
tina del 27 corrente per ricordare il patriottico
avvenimento». Nobilioni naturalmente vota
con la grande maggioranza dei colleghi a favore
del documento.
Si passa alla scelta del sindaco. Ringraziando
i colleghi per la larga convergenza sul suo
nome, l’eletto promette di seguire «l’esempio
luminoso» di Ottone Bacaredda. Con lui
collaboreranno gli assessori effettivi Ravenna
(Finanze, ragioneria, tesoreria ed economato),
Ravot (Aziende comunali, acqua e gas),
Palomba (Stato civile, contenzioso, leva, contravvenzioni
ai regolamenti locali), Borgna
(Istruzione pubblica), Melis (Sanità e igiene),
Nieddu (Edilizia, opere pubbliche, servizi tecnici
e pompieri), ed i supplenti Anchisi (Mattatoio,
pulizia urbana e guardie municipali) e
Semproni (Dazii consumo, mercati, beneficenza
e culto).
Le dimostrazioni di simpatia per il nuovo sindaco
che, nei diversi ambienti cittadini, si organizzano
fra marzo e aprile sono numerose e
talvolta toccanti. Ad iniziare dalla serenata in
piazza Yenne, il 2 sera, da parte dell’orchestra
civica (in programma sinfonie e mazurke di Rachele,
walzer di Grawen, centone di Marenco),
come e soprattutto all’Istituto dei ciechi (per i
discorsi o discorsetti non tanto del prefetto, del
direttore di servizio o del teologo confessore,
ma della piccola ospite Elvira Orrù).
Da marzo ad agosto, sono meno di sei i mesi di
governo amministrativo di Francesco Nobilioni.
Sei mesi tormentati, di conflitti interni alla
nuova maggioranza che sul piano “basso” della
amministrazione non trova una regola di autosufficienza
rispetto agli indirizzi “forti” e incombenti
della politica e anche della ideologia!
La disputa per il nome d’una piazza
La causa dei maggiori dolori per i guelfi municipali
cagliaritani, e di conseguenza per la
coalizione di appartenenza è una data: il 27
marzo. Perché è la data che nel 1911 chiu-

de il primo mezzo secolo di storia del regno
d’Italia, ricorrenza che tutto il Paese ricorda e
celebra e soprattutto rilancia nel sentimento
patrio simboleggiato da Roma capitale.
Alla seduta straordinaria del Consiglio convocato
a palazzo di Città mentre il nuovo
sindaco partecipa nel Campidoglio alla grande
celebrazione presente Vittorio Emanuele
III, hanno dato forfait i consiglieri clericali
Sanjust di Teulada, Manca di Nissa, De Magistris
di Castella e Colomo, come a marcare la
persistenza del vulnus del 1870.
Il discorso celebrativo è affidato all’assessore
anziano Giovanni Battista Ravenna ed il
senso della partecipazione, sia del Municipio
che della città, all’evento viene infine fissato
in un breve documento illustrato dall’assessore
alla Pubblica istruzione Giuseppe Borgna
e proposto al voto dell’Aula. Questo: «Il
Consiglio comunale di Cagliari, rendendosi
interprete dei sentimenti altamente patriottici
dell’intera cittadinanza, unisce il pensiero
Passato & Presente
più fervido di fedeltà e di giubilo alla solenne
commemorazione che a quest’ora si compie
in Roma, presente il nostro sindaco, in memoria
del 50.mo anniversario dell’inviolabile
unità della Patria».
Per parte sua, Borgna (che da giovanissimo ha
frequentato in Curia la redazione del Risveglio)
così si esprime: «Il voto con cui il Parlamento,
non più subalpino ma italiano, proclamò
immancabile l’annessione di Roma, fu
un vero miracolo di civile e politica sapienza.
Quel voto schiuse al sentimento religioso un
più largo e puro orizzonte: rivendicò all’Italia
la città che, sola, può sedere regina anche tra
le più splendide della penisola».
E più oltre: «Grazie a quel voto, al caos, triste
eredità del medioevo, successero definitivamente
l’ordine e la luce. Di qui l’importanza
non pur nazionale, ma universale dell’avvenimento.
Una soluzione così mirabile doveva
finire per diffondere in tutti i cuori la più
serena letizia, e noi alla distanza d’appena
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Passato & Presente
mezzo secolo possiamo già affermarlo. E tutti
i cuori, pur pensando a Colui che per effetto
della proclamazione ed elevazione di Roma
a capitale d’Italia, è tornato e per sempre ai
santi studi, re delle preci e signore del sacrificio,
come s’augurava l’animo nobilissimo
di Alessandro Manzoni, del poeta della Fede
che baciò la mano del re e strinse al petto Garibaldi,
i due che rappresentavano le forze regolari
e le volontarie della patria redenta, ma
la letizia, o signori, non può fiorire piena e
schietta, che sul terreno della concordia...».
Ma non è solo qui l’inizio della fine per la
giunta appena nata, perché subito ci si mette
anche l’ordine del giorno Siotto – esponente
della minoranza consiliare – invocante il
cambio di denominazione della piazza del
Carmine, da restituire al riferimento storico
del 27 marzo, la data appunto della proclamazione,
da parte del Parlamento di Torino,
di Roma come capitale d’Italia.
Questo il suo documento firmato anche dagli
altri colleghi dell’Associazione Democratica
e votato dall’Aula: «Il Consiglio comunale
di Cagliari per festeggiare il cinquantenario
della proclamazione di Roma a capitale d’Italia
delibera di intitolare a perpetuo ricordo
della data memorabile, col nome di “piazza
27 marzo”, la piazza attualmente denominata
“del Carmine” e, unendosi alla proposta
del presidente, di inviare al sindaco di Roma
il seguente telegramma: “Cittadinanza cagliaritana
a mezzo della sua rappresentanza
convocata per commemorare odierna fausta
ricorrenza rivolge memore pensiero a Roma
capitale che col suo nome fatidico riassume
la suprema aspirazione e segna l’intangibile
conquista del popolo italiano”».
Rientrando a Cagliari, Nobilioni troverà una
situazione che, se non proprio compromessa,
certo risulta seriamente condizionata
dalla presa di distanze della fazione clericale
partner di maggioranza: presa di distanze
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Sardegna Economica 1/2011
che troverà presto nuove occasioni per farsi
ancor più marcata. Alla formale protesta del
consigliere Sanjust segue intanto la polemica
mobilitazione dei cattolici cagliaritani per
raccogliere fondi in vista di proteggere la statua
della Immacolata, nella ormai ex-piazza
del Carmine, con una dignitosa inferriata.
Non regge l’amministrazione senza politica
Sono almeno due gli episodi che oppongono
reciprocamente le ali del Consiglio nell’estate
1911, accelerando così la crisi politica
e togliendo al sindaco Nobilioni la pratica
possibilità di amministrare efficacemente la
città, affrontando i suoi maggiori problemi,
primo fra tutti quello delle abitazioni per i
ceti più poveri ancora costretti ad occupare i
sottani nei diversi quartieri. E con i sottani,
affrontare le altre emergenze: dalle macellerie
e i forni municipali alla viabilità urbana,
dal dazio consumo (da prendere in gestione
diretta) all’acquedotto, dal gasometro al palazzo
municipale da completare e finalmente
inaugurare, dal mattatoio ai mercati, dall’illuminazione
e trazione elettrica alla bonifica
di Bonaria, dagli assetti del porto al personale
comunale, all’istruzione pubblica tanto
sul fronte degli insegnanti stipendiati quanto
su quello del patronato scolastico, ecc. Tutte
questioni che riscaldano gli animi fin dalle
prime sedute di aprile miscelando così, e per
il peggio, reciproche diffidenze fra consiglieri
che pur dovrebbero essere alleati.
A luglio si discute del finanziamento comunale
alla Società Operaia cattolica, sollecitata
da Sanjust, e molto mal digerita, con risvolti
kafkiani, dai colleghi liberali della maggioranza.
Il mese successivo scoppia lo “scandalo”
Podrecca, l’uso cioè della Passeggiata coperta
concesso dall’Amministrazione all’esponente
del socialismo nazionale più enfaticamente
anticlericale, che ne fa, infatti, teatro d’invettiva
e satira irreligiosa.

Il 1 luglio l’assessore Ravenna informa
dunque i colleghi che l’Istituto della Provvidenza
Agricola – il ricovero delle suore
francesi di via Giardini – ha avanzato domanda
di un sussidio straordinario per il
completamento dei locali e di uno ordinario
per la gestione. Si tratta, rispettivamente, di
mille e 500 lire. S’alza il consigliere Sanna-
Randaccio, radicale, che sostiene la richiesta
perfino quasi raddoppiandola nell’importo
ma compensandola con la contestuale eliminazione
del contributo alla Società Operaia
cattolica sponsorizzata dall’illustre collega:
«Le ragioni per cui sarebbe opportuno
radiare quest’ultimo sussidio sono due: anzitutto
è più urgente e più equo aiutare i
bambini affidati alle cure delle suore anziché
soccorrere una scuola la cui importanza
non appare molto rilevante, dato il grande
numero di scuole serali che si trovano nella
nostra città. Non bisogna inoltre dimenticare
che fu proprio la Società Operaia cattolica
a dichiarare esplicitamente di non voler
partecipare alle feste del cinquantenario,
celebrato or non è molto nella nostra città.
Come si può adunque dare un sussidio ad
una società che provvede all’insegnamento
serale in cui di tutto si potrà parlare fuorché
di amor di patria e dei gloriosi avvenimenti
della nostra indipendenza?».
Obietta Sanjust: «È ben vero che la Cattolica,
a mezzo del suo presidente, dichiarò di non
poter aderire alle solenni feste del cinquantenario.
Ma ciò non avvenne perché manchi
negli operai che fanno parte della Società la
sacra fiamma dell’amor di patria, ma avvenne
per una ragione profetica che ebbe poi
pratica attuazione. Poteva infatti il vessillo
della Cattolica unirsi ai labari massonici che
volevano inneggiare non ai fasti della nostra
storia, ma fare aperta manifestazione anticlericale
gridando “abbasso il papa, abbasso
il Vaticano”?».
Passato & Presente
Il dibattito alza i toni che con fatica Nobilioni
cerca di governare. Riprende Sanna-
Randaccio: «La Società Operaia cattolica ha
dimostrato di aver scopi antipatriottici, per
cui il Consiglio non dovrebbe concedergli
nessun sussidio». Sanjust quantifica in circa
200 i soci che frequentano le lezioni serali
impartite dal maestro Pisano. Interloquisce,
tranchant, Lippi: «Ci sono le scuole serali
municipali». «Le scuole serali municipali
sono poche di fronte al grandissimo numero
di analfabeti», ribatte Garau, appoggiato
da Concas, presidente della Società Operaia
(quella di più remota fondazione e di tutt’altra
matrice ideologica): «Favorevole alla
concessione del sussidio, la Cattolica prepara
buoni operai impartendo un regolare
insegnamento...». «... e compiendo opera di
sana educazione», chiosa Colomo, della pattuglia
guelfa, cui replicano ironicamente dai
banchi della minoranza democratica (Macis,
Scano...): «Ah, s’impartisce una sana educazione
rinnegando la storia della nostra patria!».
(Infine il contributo verrà comunque
concesso).
Ma giusto due settimane dopo ecco altre e
maggiori fibrillazioni. È giunto in Sardegna
con i propri familiari, per qualche giorno di
vacanza, l’on. Guido Podrecca. E naturalmente
i suoi compagni di partito non si lasciano
sfuggire l’occasione per invitarlo a tenere un
discorso in pubblico. Per questo chiedono ed
ottengono dal Municipio la disponibilità della
Passeggiata coperta.
La cosa avviene sabato 5 agosto, davanti a
svariate decine di militanti e cittadini che,
per ascoltare il direttore dell’Asino – la rivista
più fieramente ghibellina d’Italia, con le
sue vignette e le sue rime irridenti –, hanno
accettato di pagare il biglietto, a beneficio di
una istituenda scuola laica. Tema trattato: “Il
marito dell’anima e la donna dell’avvenire”.
Bis la settimana successiva, nella tarda sera
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del 12, stavolta a beneficio della comitiva
operaia per l’esposizione di Torino. Tema:
“La satira nell’arte”. E per l’indomani ecco
fissato un ter, sulla “Lourdes svelata”. Un
titolo che fa temere un affronto blasfemo.
I cattolici s’oppongono stampando in tutta
fretta un numero unico di devoto omaggio
alla Vergine... Si teme una contestazione, che
non ci sarà.
Quel che c’è, invece, è una serie di dimissioni
che finiscono per paralizzare l’attività sia
della giunta che del Consiglio. Abbandonano
l’incarico gli assessori Borgna, Semproni
e Melis; chiedono polemicamente di lasciare
il seggio consiliare anche tre guelfi: Sanjust,
De Magistris e Colomo (quest’ultimo poi ci
ripensa, in considerazione della nuova emergenza
che va prendendo in una morsa la città:
l’epidemia colerica!).
L’epilogo
Ormai la politica, anzi lo scontro ideologico,
ha la meglio, mattina e sera, sull’amministrazione.
E Nobilioni deve prenderne atto.
Riunisce nella tarda serata del 29 agosto il
Consiglio comunale e presenta le dimissioni
sue e della giunta: «Ambita ma non sollecitata,
tanto meno subordinata all’ostracismo
di persone delle quali fui per molti anni assiduo
e leale collaboratore, accettai la carica di
sindaco in momenti difficili, mosso soltanto
dall’onesto desiderio di contribuire, mercé la
valida cooperazione di tutti voi, al buon andamento
della pubblica cosa, risparmiando
al Comune il disagio e la incognita di nuovi
commissari prefettizi e regi. Senza presumere
di me, speravo di non smentire le tradizioni
di buon volere e di amore al paese che mi valsero
per oltre 25 anni la stima e la fiducia del
corpo elettorale.
«Difficoltà di ogni genere, interne ed esterne,
ostilità palesi ed occulte, ingenerose e capziose,
che talora prendevano a pretesto frivoli ri-
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picchi personali, e talvolta pretesero assurgere
all’importanza di questioni politiche, tutto
contribuì a rendere penoso e superiore alle
mie forze il fardello che a voi piacque addossarmi,
e che il sentimento del dovere non mi
consigliava di respingere.
«È lo stesso sentimento del dovere che di
fronte a queste ostilità accanite, a queste difficoltà
insormontabili, mi consiglia, mi impone
di rassegnarvi il mandato... Scendiamo, dopo
pochi mesi forse non infruttuosi, da questi
seggi che altri saprà più degnamente coprire;
ma scendiamo a fronte alta, senza macchia e
senza paura, e soprattutto senza rimpianti,
attendendo sereni il giudizio imparziale della
coscienza pubblica... Al Paese l’augurio di
giorni migliori e di uomini più validi e più
fortunati di noi».
Ormai la situazione è precipitata. I lavori del
Consiglio si svolgono fra le contestazioni del
pubblico che gremisce «spaventosamente»
gli spalti. L’ex sindaco Picinelli propone un
ordine del giorno di rigetto delle dimissioni.
Messo ai voti esso è respinto con solo 12
voti favorevoli su 26. Lo stesso Nobilioni si
astiene.
Il settembre la maggioranza dei consiglieri
– il sindaco incluso – formalizzano le dimissioni,
notificandole al prefetto che deve
quindi sciogliere, un’altra volta ancora, l’Assemblea.
I cagliaritani torneranno al voto il 1° ottobre,
approvando con larga maggioranza il nuovo
quadro politico all’insegna del radicalismo
laico e progressista proposto da Bacaredda,
che darà così vita a una delle giunte più durature
(tre anni) e feconde della tormentata
storia amministrativa del capoluogo. Nobilioni
(eletto un’altra volta ancora con 08
preferenze) sarà pure lui della partita, ma
con un ruolo ormai più defilato. E le sue cure
torneranno prevalentemente alla Camera di
Commercio. •

Un festival a Gonnosfanadiga per i successi dell’olio da olive sarde
Passato & Presente
Un’importante ricchezza dell’isola
per un miglior futuro dell’agricoltura
di Marcello Atzeni
Gonnosfanadiga, 7mila
abitanti, ai piedi del Monte
Linas, città dell’olio per antonomasia, si
conferma tale, anche e soprattutto per aver
ospitato l’undicesima edizione del concorso
regionale, “Olio nuovo”. Concorso organizzato
dall’amministrazione gonnese, dalla Pro
Loco, dalla Provincia del Medio Campidano,
“Olio Nuovo” è l’importante
manifestazione che ha riunito
e premiato le migliori aziende
della nostra olivicoltura
dall’assessorato regionale
dell’Agricoltura, e gestito
dalle Agenzie Laore e Agris, in collaborazione
con la Camera di Commercio di Cagliari.
I responsabili delle sessantacinque aziende in
gara, per un totale di settantanove campioni,
aspettavano, ormai, solo il momento della
premiazione, avvenuta, nella mattina del 19
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Provincia Medio Campidano

Provincia Medio Campidano
Passato & Presente
febbraio nel padiglione della Fiera Mercato di
Gonnosfanadiga.
Ed eccoli, finalmente i vincitori. La società agricola
Corte Olias, di Escolca (cuore del Sarcidano),
si è aggiudicato il primo premio, nella
sezione Dop Sardegna. Giuliana Puligheddu, di
Oliena, ha vinto nel settore biologico, mentre la
Cooperativa Olivicoltori “Valle del Cedrino” di
Orosei, si è imposta nella sezione Pluricultivar.
Nel concorso riservato alle sezioni monovarietali,
hanno ottenuto la massima onorificenza:
Sebastiano Fadda di Oliena, per la Bosana;
Barbara Deias, per la Tonda di Cagliari e per la
Nera di Gonnos; i Fratelli Puddu di Oliena, per
la Nera di Villacidro e di Oliena, infine, Gisella
Pinna di Villacidro, per la cultivar Semidana.
La palma del miglior frantoiano è andata a
Sandro Chisu con la Pluricultivar. I vincitori,
oltre ad aver ricevuto il premio per il concorso
“Olio nuovo”, parteciperanno alla fase finale
del premio Montiferru di Seneghe, il paese
più importante della provincia di Oristano,
per la coltivazione dell’Olea europea.
Ma il 19 marzo, a Seneghe, non ci saranno solo
i vincitori della kermesse gonnese, in quanto
sono state ammesse per merito acquisito
sul campo, è il caso di dirlo, anche le seguenti
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aziende: Accademia Olearia, Antica Compagnia
olearia sarda, Fratelli Cocco e Domenico
Manca di Alghero; Francesco Atzori di Cabras;
Massimo Ibba di Oristano; Paolo Demuru di
Ilbono; Sa Spinarba di Donori; Giovanni Maria
Nieddu e Cooperativa olearia Sardegna centrale,
di Bolotana; Francesco Pinna di Oliena;
Gianluigi Salaris e Oleificio sociale di Seneghe:
Sebastiana Fadda e Giuseppe Puligheddu di
Oliena; Pietro Sanna di Nuoro; Fattorie Enrico
Loddo di Dolianova; Chieddà di Siniscola;
Leonardo Sanna, Angela Taras, Salvatore Sanna,
Giovanni Dore, Baingio Delogu, Vincenzo
Masia, Olio Sardegna, Fratelli Olia, Giuseppe
Tore, tutti di Ittiri; Ditta Argei di Gergei; Caterina
Delaconi di Usini; Masoni Becciu, Tenute
dell’Olivastro e Fratelli Angelo e Luciano Serra,
di Villacidro; Sisinnio Foddi di Gonnosfanadiga,
infine, Oleificio Secchi di Sassari.
Insomma, il concorso di Gonnosfanadiga, grazie
anche al supporto della Camera di Commercio
di Cagliari, cresce di anno in anno.
A questa edizione, undicesima, come sopra
ricordato, hanno partecipato, ben 65 aziende
per un numero totale di 79 campioni. Nel
paese del Monte Linas era rappresentata tutta
la Sardegna olivicola: Usini, Ittiri, Alghero
e Sassari per la provincia di Sassari; Oliena,
Orosei, Nuoro e Siniscola, in rappresentanza
della provincia barbaricina; la provincia ogliastrina
con Osini e Ilbono; Dolianova e Donori,
della zona storica del Parteolla; Escolca e
Gergei, nel Sarcidano; il Medio Campidano
con Gonnosfanadiga e Villacidro; quindi la
provincia di Eleonora con Seneghe, Cuglieri,
Villaurbana, Bonarcado, Cabras e Oristano,
infine, altre realtà olivicole, provenienti dal
centro Sardegna, come Bolotana, inserita nella
regione storica del Marghine e altre ancora.
Insomma, un altro successo per l’olivicoltura
della vecchia provincia cagliaritana, che riscoprendo
le radici, è diventata un punto di riferimento
nell’agricoltura isolana. •

Il progresso nasce a due passi da Cagliari
Passato & Presente
Con il “Sitòfono” si realizza
l’integrazione fra telefonia e internet
di Marcello Atzeni
Abbey net, tradotto letteralmente
dall’inglese, significa,
rete dell’abbazia. Non parla di improbabili
conciliaboli di frati trappisti e non parla
neanche della musica colta, dei Beatles.
Com’è noto, uno degli album più fortunati
dei Fab four di Liverpool, si chiama Abbey
Road, e ritrae i quattro baronetti, che attra-
Si chiama Abbey net
l’azienda tutta sarda
che con questo prodotto
d’alta tecnologia
ha rivoluzionato
il mondo del Web
versano, sulle strisce pedonali,
a piedi rigorosamente scalzi,
l’omonima strada londinese, di fronte
allo studio di registrazione della Emi.
Niente abbazie, niente musica. E allora? Si
parla invece di un’azienda, tutta sarda, che
opera, dal 2000, nel mondo del web. La sede
è a Sestu, per essere precisi, si trova al chi-
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European Union

Passato & Presente
lometro 8 e 200, della vecchia strada statale
131, ancora abbastanza frequentata, per poter
garantire alla ditta isolana, un via vai, di
clienti, curiosi del web, e ragazzi pronti a
tuffarsi in una ipotetica sfida al futuro.
Abbey net, si occupa di tecnologie e servizi
per il “Voip”. Chi è addentro al mondo dei
pc, sa che con “Skype”, usando una cuffia da
centralinista, e collegandosi da computer a
computer, può parlare, dall’Italia, con utenti
di quasi tutto il pianeta. Conversazioni,
anche video, che durano ore e ore.
Tecnologia per magnati? No: per tutti, visto
che le chiamate, o le video chiamate, non costano
nulla o al massimo qualche centesimo.
Ebbene, da qualche anno a questa parte, Luca
Filigheddu (il cui cognome tradisce origini
galluresi) e company, hanno sviluppato un
servizio, che hanno battezzato, “Sitòfono click
to call”. Servizio appunto, che permette il
contatto diretto con gli utenti online, integrando
la telefonia tradizionale con internet.
Per l’utente online, Sitòfono, è semplice-
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mente un pulsante, o tasto, inserito in un
sito web o in una e-mail. Il visitatore clicca
e parla: clic sul pulsante sitòfono e può
subito parlare all’apparecchio telefonico,
senza dover minimamente cambiare le sue
abitudini, quelle con le quali è nato o che,
comunque, ha assimilato, in tanti anni di
lavoro o di rilassamento, chiamando per diletto,
i genitori, gli amici o la fidanzata. Questa
innovazione, ripetiamo tutta sarda (è il
caso di specificarlo), non stravolge il modus
operandi dei dipendenti di un’azienda.
La chiamata che proviene dal sitòfono, fa semplicemente
squillare un telefono. È possibile
collegare questo nuovo apparato a un telefono
fisso, a un cellulare o anche ad un centralino.
“È uno strumento finalizzato a migliorare la
redditività dell’investimento fatto sul canale
online, riducendo la percentuale degli utenti
che abbandonano il sito o chiudono una email
senza lasciare alcuna traccia” spiegano
dall’azienda campidanese, ormai conosciuta,
in tutta l’isola. Anzi, anche oltre, in quanto dal
200 al 2007, a Roma, era presente una filiale.
Filiale che era stata aperta per esigenze specifiche,
che ora non esistono più.
Ma quali sono i benefit? Il sitòfono richiede
un piccolo investimento per poter disporre
di grandi vantaggi: diversi numeri verdi a
disposizione, non c’è alcun limite di utilizzo
per quantità, durata e provenienza delle
chiamate. Il servizio è globale, ovvero, senza
confini, se non quelli del pianeta! Abbey Net,
significa, ricerca, sviluppo e innovazione.
L’Università di Cagliari e il Politecnico di
Milano, collaborano attivamente, da anni,
con la compagnia sarda. Diversi anni di
presenza sul mercato, hanno permesso alla
ditta di Sestu, per due anni consecutivi, di
arrivare in cima alla Pulver 100, prestigioso
riconoscimento assegnato alle cento migliori
aziende web del vecchio continente.
Se il sitòfono, abituatevi a questa parole, è

la punta di diamante della ditta condotta da
Luca Filigheddu, ci sono altre frecce all’arco,
molto incisive.
Il campo del micro-blogging, ad esempio,
diverse applicazioni che interagiscono con
uno dei social network più famosi al mondo,
vale a dire Twitter, che fa concorrenza
a Facebook, l’antesignano nel settore. Una
di queste applicazioni si chiama Hictu, innovativo
servizio di video micro-blogging
lanciato da Abbeynet nel giugno del 2007,
che si è integrato con Jajah, il servizio di telefonia
via web, offerto dall’omonima società
austriaco-californiana.
Questa tecnologia è tanto semplice da usare
quanto utile: gli utenti Hictu possono accedere
al servizio telefonico di Jajah direttamente
da ogni singolo micro-post inserito
su Hictu, o dal profilo utente e parlare
quindi dal proprio terminale telefonico con
Passato & Presente
qualsiasi altro utente registrato al servizio
o che abbia semplicemente specificato il
proprio numero di telefono nell’apposita
sezione Jajah del proprio profilo su Hictu.
Insomma, un’altra invenzione nel mondo
del web, che si aggiorna continuamente.
Se David Zuckerberg, ragazzo prodigio statunitense,
ha letteralmente inventato Facebook,
solo per rimanere in contatto con i
colleghi della sua università, e poi il fenomeno
ha avuto una diffusione pressoché
planetaria, i colpi di genio della premiata
ditta Abbeynet, possono fare altrettanto,
riuscendo, tramite web, a valorizzare le
menti nostrane, con l’acume di Luca Filigheddu
e i suoi compagni, sempre alla ricerca
di soluzioni alternative, per interagire
con amici sparsi in tutto il mondo. Loro
lavorano sodo e noi? Ci basta un semplice
clic. O al massimo due. •
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Le novità della Manovra 2010
Per rafforzare l’efficacia
della riscossione tramite ruolo
di Valentina Tagliagambe
La Manovra 2010 (decreto
legge n. 78/2010, convertito
con modifiche dalla legge n. 122/10) ha previsto
diverse novità in tema di riscossioni e
compensazioni che entrano in vigore nel corso
del 2011.
Le molteplici norme introdotte possono essere
ricondotte a un quadro unitario se viste
Con la Manovra 2010
gli avvisi di accertamento
acquistano efficacia esecutiva
e sono state previste nuove
possibilità di pagamento
tramite compensazione
Fisco & Tasse
nell’ambito dell’obiettivo comune
di rafforzare l’efficacia
della riscossione coattiva tramite ruolo. Infatti
da un lato sono stati ampliati gli effetti degli
avvisi di accertamento, che acquistano efficacia
esecutiva, dall’altro sono state previste
nuove possibilità di pagamento tramite compensazione
dei ruoli pendenti, mentre è stato
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© Elisabetta Messina

Fisco & Tasse
limitato il diritto a operare compensazioni in
F2 per chi sia destinatario di ruoli inevasi.
Vista la frammentarietà delle previsioni, è utile
riepilogare la nuova disciplina, cercando di
porre l’attenzione sulle conseguenze pratiche
che deriveranno per i contribuenti e sui problemi
rimasti aperti.
L’avviso di accertamento
acquista efficacia esecutiva
È interessante un breve approfondimento sulla
valenza che, alla luce del disposto dell’articolo
29 del decreto citato, acquisiscono gli
avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia
delle Entrate.
Fino al 30 giugno 2011 gli stessi sono atti amministrativi
volti ad assicurare l’attuazione
delle norme impositive, tramite la determinazione
unilaterale e autoritativa dell’obbligazione
tributaria a carico del contribuente.
Fatte salve le possibilità di impugnazione e di
riconoscimento della sospensione dell’efficacia
dell’atto, il mancato pagamento di quanto
dovuto nei termini indicati comporta la
notifica da parte dell’Agente della riscossione
di una cartella di pagamento, contenente
l’iscrizione a ruolo delle somme di cui il contribuente
è debitore. Tale cartella costituisce
titolo esecutivo necessario ai fini dell’avvio (in
caso di mancato pagamento nei termini) delle
procedure di esecuzione forzata.
Nell’ottica della semplificazione dell’attività di
riscossione e della riduzione dei tempi necessari
per la soddisfazione del credito tributario,
il legislatore ha previsto che gli accertamenti
e i relativi provvedimenti di irrogazione delle
sanzioni, emessi a partire dal 01 luglio 2011 e
riferiti al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre
2007 e ai successivi, riuniscano in un
unico atto gli effetti dell’accertamento e quelli
della cartella di pagamento, diventando titoli
esecutivi sufficienti per la riscossione coattiva.
Tale previsione non è tuttavia valida per qua-
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Sardegna Economica 1/2011
lunque avviso di accertamento, ma esclusivamente
per quelli emessi dall’Agenzia delle Entrate,
riferiti alle imposte sui redditi e all’IVA,
anche se la norma prevede la possibilità che in
futuro siano introdotte, con uno o più regolamenti,
disposizioni finalizzate a razionalizzare
e semplificare la riscossione degli altri tributi. È
possibile pertanto ipotizzare che in una seconda
fase la portata di tutti gli avvisi di accertamento
dell’Agenzia delle entrate sarà omologata.
Entrando più nel dettaglio del disposto normativo,
si segnala che diventa elemento essenziale
del nuovo avviso di accertamento
l’intimazione ad adempiere, entro il termine
per la presentazione del ricorso, al pagamento
dell’intero ammontare degli importi richiesti,
o in caso di impugnazione dell’atto, al pagamento
della metà degli importi richiesti. Resta
valida per i contribuenti la possibilità di
instaurare un contradditorio con l’Agenzia
delle Entrate, al fine di perfezionare un accertamento
con adesione: in questo caso si
beneficia della sospensione per 90 giorni dei
termini di pagamento.
L’intimazione ad adempiere deve essere riformulata
in eventuali atti successivi , notificati
al contribuente in caso di rideterminazione
degli importi dovuti.
La norma prevede inoltre che affinché l’atto
impositivo possa avere efficacia esecutiva deve
riportare l’avvertimento che, trascorsi trenta
giorni dal termine ultimo per il pagamento,
si procederà tramite gli agenti della riscossione
all’esecuzione forzata. Quest’ultima deve
necessariamente essere avviata entro il 31 dicembre
del secondo anno successivo a quello
in cui l’accertamento è divenuto definitivo:
la definitività dell’atto si realizza allo scadere
dei termini per l’impugnazione, o in caso di
ricorso, al momento della formazione del giudicato
sfavorevole al contribuente. Decorso
un anno dalla notifica dell’avviso, l’espropriazione
forzata deve comunque essere precedu-

ta da un’ulteriore intimazione ad adempiere
entro 5 giorni.
È interessante evidenziare che l’esecutività degli
avvisi di accertamento non ha valenza immediata,
come previsto dal decreto legge nella
sua versione originaria: la legge di conversione
ha stabilito che gli atti impositivi diventano
esecutivi decorsi 60 giorni dalla notifica. Tale
previsione garantisce ai contribuenti l’intervallo
temporale necessario per verificare la
correttezza della pretesa tributaria e valutare
l’ipotesi del ricorso.
Una particolare situazione disciplinata dal
legislatore è quella in cui si accerti il fondato
pericolo per il positivo esito della riscossione.
Questa eventualità si realizza quando l’Agenzia
delle Entrate dimostri il rischio di insolvenza,
derivante dall’evidente sproporzione tra l’ammontare
di quanto richiesto e il patrimonio
residuo del debitore. In questo caso la norma
prevede la possibilità di iscrizione a ruolo dell’intero
ammontare dovuto, decorsi 60 giorni
dalla notifica dell’avviso di accertamento.
Le novità descritte hanno certamente lo scopo
di favorire l’attività di riscossione, semplificando
e abbreviando la relativa procedura.
La riduzione dei tempi, da un certo punto di
vista, va a svantaggio del debitore che non ha
più la possibilità di scegliere se pagare entro
il termine previsto dall’avviso di accertamento
o se attendere la notifica della cartella e di
conseguenza rinviare l’adempimento, accollandosi
il maggiore onere derivante dagli interessi
maturati e dalla quota a suo carico dell’aggio
spettante all’agente della riscossione.
Da un altro punto di vista tuttavia, la semplificazione
dell’iter di riscossione ha dei risvolti
favorevoli anche al contribuente. Per chiarire
questo aspetto, è utile ricordare che allo stato
attuale (e fino al 30 giugno 2011) l’avviso di
accertamento può essere impugnato, ma non
può essere oggetto di sospensione cautelare,
in quanto non contiene alcuna intimazione
Fisco & Tasse
ad adempiere. Pertanto il contribuente che
voglia far valere in giudizio le proprie ragioni
dovrà in un primo momento impugnare l’avviso
di accertamento per contestare la pretesa
e successivamente impugnare la cartella di
pagamento per chiedere la sospensione cautelare
della riscossione. Dal 1 luglio l’avviso
di accertamento, accorpando anche gli effetti
della cartella di pagamento, potrà essere oggetto
di impugnazione sia nel merito che per
la richiesta di misure cautelari. Queste ultime,
oltre che in sede giurisdizionale, potranno essere
richieste anche tramite istanza all’ufficio
amministrativo competente.
È indubbio che il venir meno dell’onere a carico
del contribuente di effettuare due ricorsi
e la conseguente riduzione dei tempi necessari
per ottenere il giudicato è coerente con una
maggiore tutela degli interessi del singolo. In
questo senso le previsioni normative descritte
possono essere considerate un passo avanti
nel percorso di tutela della parte (amministrazione
o contribuente) che risulterà vincente in
caso di impugnazione dell’atto impositivo.
Limiti alla compensazione orizzontale
in presenza di iscrizioni a ruolo
Come noto, una storica semplificazione degli
adempimenti dei contribuenti è stata introdotta
nel nostro sistema tributario con l’articolo
17 del decreto legislativo 2 1/97, che
dispone il versamento unitario di differenti
tipologie di debiti e la conseguente possibilità
di compensare situazioni debitorie e creditorie
nei confronti dei diversi enti destinatari
di pagamenti effettuati tramite F2 (la cosiddetta
compensazione orizzontale). Il decreto
legge n.78/2010, dispone al comma 1 dell’articolo
31 un importante limite a tale possibilità,
in quanto sancisce, a decorrere dal 01 gennaio
2011, il divieto all’effettuazione della compensazione
da parte dei contribuenti che hanno
debiti iscritti a ruolo di ammontare superiore
Sardegna Economica 1/2011
85

Fisco & Tasse
a 1.500 euro 1 . La preclusione, che ha effetto
anche in presenza di cartelle scadute anteriormente
al 1 gennaio 2011, opera tuttavia solo
nell’ambito delle imposte erariali, pertanto
sia i crediti che il contribuente intende compensare,
sia gli importi iscritti a ruolo devono
essere riferiti a tale categoria di imposte e ai
relativi accessori (sanzioni e interessi).
In caso di mancata osservanza del divieto, è
applicata una sanzione pecuniaria pari al 50%
dell’importo iscritto a ruolo, ma la stessa non
può superare il 50% di quanto indebitamente
compensato (la sanzione sarà
pertanto pari alla metà dell’importo
minore tra quello iscritto
a ruolo e quello indebitamente
compensato). Nel corso di Telefisco
2011 e con la successiva
circolare /E del 15 febbraio,
l’Agenzia delle Entrate ha
chiarito che il divieto di compensazione
coincide con l’intero
credito, anche se superiore
agli importi iscritti a ruolo. A titolo di esempio:
il contribuente titolare di un credito Iva per
17.000 euro e destinatario di un’iscrizione a
ruolo per imposte sui redditi per 6.000 euro,
non può compensare neanche la quota del credito
eccedente il ruolo, se prima non ha estinto
il suo debito. Pertanto, in caso di inosservanza,
anche qualora compensi solo la differenza tra
il credito e il ruolo (nell’esempio 11.000 euro),
sarà irrogata una sanzione pari a 3.000 euro
(metà dell’importo del ruolo, in quanto minore
dell’importo indebitamente compensato).
La rigidità di tale previsione è mitigata per le
compensazioni orizzontali operate anteriormente
alla data di pubblicazione del decreto
ministeriale, firmato il 10 febbraio, che disciplina
le possibilità di compensazione dei debiti
iscritti a ruolo relativi a imposte erariali
86
Sardegna Economica 1/2011
Dal 1 gennaio 2011
i contribuenti che hanno
debiti iscritti a ruolo
per un ammontare
superiore a 1.500 euro
non possono effettuare
la compensazione
delle imposte erariali
e dei crediti della stessa natura (tale previsione
è approfondita nel paragrafo successivo).
A tal riguardo va sottolineato che l’Agenzia
delle Entrate ha correttamente individuato
una stretta connessione tra la possibilità per il
contribuente di estinguere mediante compensazione
il debito iscritto a ruolo e i presupposti
per l’applicazione della sanzione di cui
trattasi: con riferimento al periodo di tempo
che intercorre dal 1 gennaio 2011 alla data di
pubblicazione del decreto, l’Agenzia ha infatti
specificato che non è sanzionabile la compensazione
orizzontale operata
fino a concorrenza della differenza
tra il valore del credito e
l’importo iscritto a ruolo (pari
a 11.00 euro nell’esempio precedente).
La norma, nella versione approvata
dalla legge di conversione,
specifica inoltre che, in
caso il ruolo sia oggetto di impugnazione
(giudiziale o amministrativa),
la sanzione non può essere applicata
fino alla definizione della controversia. Tale
previsione comporta che di fronte ad un ruolo
oggetto di contestazione, la compensazione possa
essere operata a rischio e pericolo del contribuente,
il quale resterà indenne da sanzione solo
se il debito iscritto a ruolo non sarà confermato
in sede giurisdizionale o amministrativa. Con
riferimento a questa disposizione non è tuttavia
chiaro se la sospensione debba applicarsi anche
nel caso in cui oggetto dell’impugnazione non
sia il ruolo, ma l’avviso di accertamento o l’atto
dal quale lo stesso deriva.
Da un’attenta lettura della disposizione legislativa
si pongono inoltre ulteriori problemi
interpretativi.
In primo luogo il concetto di imposte erariali
non è scontato, si pensi ad esempio a un tributo
1 L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che tale importo ricomprende anche le sanzioni, gli interessi, gli aggi della riscossione e a tutte le altre spese
collegate al ruolo, come quelle di notifica della cartella.

cosiddetto “regionale improprio”, quale l’IRAP,
che è istituito con legge statale, e viene versato
nelle casse erariali prima di essere trasferito alle
Regioni di competenza. Tuttavia questo dubbio
sembrerebbe superato alla luce del decreto ministeriale
“compensa ruoli” che, come vedremo
nel paragrafo successivo, chiarisce che il concetto
di imposte erariali utilizzato ai fini della
compensazione dei ruoli con i crediti in F2 ,
ricomprende anche l’IRAP e le addizionali alle
imposte sui redditi. Vista la stretta connessione
tra le due disposizioni, evidenziata anche dal
fatto che le stesse sono entrambe introdotte dal
1 comma dell’articolo 31, sembra improbabile
dover applicare un concetto di imposte erariali
differente nei due casi.
Ci si chiede inoltre quali siano i crediti nei confronti
dei quali opera il limite alla compensazione:
in particolare va valutato se tra gli stessi
vadano ricomprese anche agevolazioni fiscali
concesse nella forma di credito d’imposta. A
tal riguardo va ricordato che questo strumento
agevolativo consiste in una sorta di bonus
fiscale, utilizzabile tramite compensazione in
F2 per pagare qualunque versamento tributario
o contributivo effettuabile tramite tale
modello. Di conseguenza il credito d’imposta
è difficilmente definibile come credito specificatamente
relativo a imposte erariali, a meno
che tale collegamento non venga esplicitato
nella legge che lo istituisce. In attesa di un
chiarimento da parte dell’Agenzia delle Entrate,
questa valutazione andrà pertanto fatta
di volta in volta.
Infine, appurato che il divieto di compensazione
opera solo se i debiti per imposte
erariali sono iscritti in ruoli per i quali è decorso
il termine di pagamento, la dottrina si
interroga se la data alla quale valutare l’avvenuta
scadenza del termine debba essere
individuata nel giorno in cui il debitore effettua
il versamento tramite F2 o nel giorno
individuato dalle norme come data ul-
Fisco & Tasse
tima per il pagamento. A titolo di esempio:
la cartella ricevuta dal contribuente (contenente
debiti relativi ad imposte erariali per importi
superiori a 1.500 euro) ha come scadenza per
il pagamento il 15 giugno. Il debitore effettua
in data 1 giugno (quindi antecedentemente
al termine ultimo per il pagamento del ruolo)
il versamento tramite compensazione di un
acconto IRPEF per il quale la scadenza è 16
giugno (successiva alla scadenza del ruolo). In
questo caso il debitore è sanzionabile? In caso
contrario sarebbe possibile aggirare il divieto
imposto dalla norma anticipando la data di
pagamento rispetto alla scadenza.
Alla luce delle numerose difficoltà interpretative,
alcune delle quali sono state esposte anche
nel corso di Telefisco 2011, si attendono
con urgenza da parte dell’amministrazione finanziaria
chiarimenti ulteriori rispetto a quelli
forniti con la circolare /E del 15 febbraio.
Nuove possibilità per il pagamento
di somme iscritte a ruolo
Accanto alle limitazioni alla compensazione
di cui al paragrafo precedente, lo stesso articolo
31 introduce nuovi orizzonti per il pagamento
delle somme iscritte a ruolo. Di seguito
una breve illustrazione delle novità.
Compensazione di debiti iscritti a ruolo per
imposte erariali e crediti della stessa natura
Come sopra accennato, è stata introdotta dal
legislatore la possibilità di compensare i ruoli
relativi a imposte erariali con crediti della
stessa natura (comma 1 dell’articolo 31).
Questa previsione, complementare a quella
descritta nel precedente paragrafo, diventa effettivamente
applicabile dall’entrata in vigore
del decreto ministeriale attuativo, che secondo
quando chiarito in un comunicato stampa
del Dipartimento delle Finanze, è stato firmato
il 10 febbraio. Il decreto prevede la possibilità
che, tramite il sistema del versamento
Sardegna Economica 1/2011
87

Fisco & Tasse
unificato con F2 , possano essere pagate e
compensate le somme iscritte a ruolo per imposte
erariali. Si chiarisce che rientrano nella
previsione anche le somme dovute a titolo
di addizionali alle imposte dirette e all’IRAP,
nonché gli oneri accessori e gli aggi che spettano
all’agente della riscossione.
In coerenza con le novità sull’attribuzione di
efficacia esecutiva agli avvisi di accertamento
emessi a partire dal 1 luglio, dovrebbero
rientrare nella possibilità di compensazione le
somme relative ad imposte
erariali che saranno dovute
in base a tali atti impositivi.
La compensazione può interessare
anche solo una
parte del debito: in tali
casi il contribuente dovrà
segnalare a quali posizioni debitorie vuole che
sia imputato il pagamento; in mancanza di indicazioni
tale imputazione sarà operata direttamente
dall’agente della riscossione.
L’efficacia della nuova misura è subordinata,
oltre che alla pubblicazione del decreto stesso
sulla Gazzetta Ufficiale, anche all’istituzione,
da parte dell’Agenzia delle Entrate, dei codici
tributo che dovranno essere utilizzati per effettuare
i pagamenti tramite il modello F2 .
Compensazione di debiti iscritti a ruolo con
crediti vantati nei confronti delle pubbliche
amministrazioni
Di particolare interesse il disposto di cui al
comma 1 bis dell’articolo 31, relativo alla possibilità
di estinguere debiti iscritti a ruolo con
crediti non prescritti, liquidi, certi ed esigibili,
maturati nei confronti di regioni, enti locali
ed enti del Servizio sanitario nazionale, riferiti
a somministrazioni, forniture e appalti. Tale
norma dovrebbe operare a far data dal 1 gen-
88
Sardegna Economica 1/2011
naio 2011, ma è subordinata all’emanazione
di un decreto del Ministero delle finanze, per
il quale non è previsto un termine ultimo.
A livello pratico, il contribuente dovrà richiedere
all’amministrazione debitrice un certificato
attestante l’esistenza del credito come
certo, liquido ed esigibile, nonché il termine
entro il quale è previsto il pagamento dello
stesso. Alla luce del riferimento operato dalla
norma all’articolo 9, comma 3 bis, del decreto
legge 185/2008 2 , sembra che anche in
questo caso la suddetta
certificazione debba es-
È ora possibile estinguere sere rilasciata entro venti
debiti iscritti a ruolo con crediti
giorni dalla richiesta: ci
non prescritti maturati nei confronti
si interroga a tal riguardo
della pubblica amministrazione
sugli effetti di una mancata
risposta nei termini
da parte dell’amministrazione interessata.
Ottenuta la certificazione, il contribuente può
presentarla all’agente della riscossione per
pagare in tutto o in parte gli importi iscritti a
ruolo: la mancata specificazione in legge della
tipologia di ruoli interessati sembra implicare
che la disposizione sia applicabile a qualunque
tipologia di ruolo e non solo a quelli relativi a
imposte erariali, come previsto per le disposizioni
di cui al comma precedente. Qualora,
decorsi sessanta giorni dal termine indicato
per il pagamento, l’amministrazione non
abbia ottemperato, l’agente della riscossione
procede alla riscossione coattiva nei confronti
della stessa: il debitore originario si intende
pertanto liberato dal ruolo fino a concorrenza
dell’importo compensato.
Si tratta di un meccanismo semplice, che se
utilizzato nei modi opportuni, potrebbe alleviare
la situazione delle aziende che attendono
spesso molto tempo prima di ottenere quanto
dovuto per i beni o i servizi forniti alla pub-
2 La norma richiamata prevede la possibilità di cedere pro soluto ad istituti finanziari i crediti vantati nei confronti di regioni, enti locali ed enti
del Servizio sanitario nazionale, riferiti a somministrazioni, forniture e appalti, una volta ottenuta la certificazione degli stessi dall’amministrazione
debitrice. Tale possibilità, originariamente prevista solo per il 2009 e per il 2010 è stata stabilizzata dal comma 1 ter dell’articolo 31 del
decreto legge n. 78/10.

lica amministrazione. Tuttavia la portata innovativa
della norma riguarda in realtà solo
i casi in cui i crediti o i ruoli abbiano valore
non superiore a 10.000 euro: al di sopra di tale
importo il creditore/debitore non ha facoltà di
scelta, ma è obbligato alla compensazione. Ai
sensi dell’articolo 8 bis del DPR 602/73 infatti
tutte le pubbliche amministrazioni e le società
a prevalente partecipazione pubblica, prima
di procedere al pagamento (a qualunque titolo)
di somme superiori a 10.000 euro, devono
verificare se il beneficiario abbia ai suo carico
cartelle di pagamento insolute di valore complessivo
pari almeno a tale importo. Qualora il
riscontro sia positivo saranno tenute a informare
l’agente alla riscossione che pignorerà il
credito fino a concorrenza della somma iscritta
a ruolo. Anche in questo caso pertanto si realizzerà
una sorta di compensazione, ma senza
che il creditore abbia possibilità di scelta.
Compensazione su iniziativa
dell’Agenzia delle Entrate
Altra disposizione da richiamare è contenuta
nell’ultimo capoverso del primo comma
dell’articolo 31, che riduce l’ambito di applicazione
di un’ulteriore possibilità di compensazione
già in vigore, disciplinata dall’articolo
28-ter del DPR 602/73. Si tratta di una procedura
che può essere attivata dall’Agenzia delle
Entrate in sede di erogazione di un rimborso
d’imposta, qualora il beneficiario sia debitore
di somme iscritte a ruolo. L’Agenzia può
segnalare le somme da rimborsare all’agente
della riscossione che proporrà al contribuente
una compensazione tra il rimborso al quale ha
diritto e gli importi dovuti. Se entro 60 giorni
il destinatario accetta, l’agente della riscossione
procederà con la compensazione, in caso
contrario i due procedimenti proseguiranno
separatamente. Va segnalato che, mentre i
crediti oggetto della compensazione devono
necessariamente essere relativi a rimborsi do-
Fisco & Tasse
vuti dall’Agenzia delle entrate, i ruoli possono
essere attinenti a qualunque tipologia di debiti
(purché almeno una parte delle somme sia
dovuta all’Agenzia delle Entrate).
La novità introdotta a partire dal 2011 è che
tale procedura può essere attivata solo per
ruoli di ammontare superiore ai 1.500 euro.
Tale limitazione alla precedente disciplina va
letta come una volontà di rendere la norma
coerente e complementare con la nuova normativa
sopra descritta, relativa ai limiti alla
compensazione orizzontale in presenza di
ruoli superiori a 1.500 euro.
Conclusioni
Come anticipato in premessa, nonostante la
molteplicità e la frammentarietà delle norme
analizzate, sembra di poter ravvisare l’obiettivo
comune di ottenere una maggiore velocità
dei processi di riscossione coattiva e un maggior
grado di adempimento da parte dei debitori.
E’ indubbio che la normativa in esame si
ponga come finalità prioritaria la tutela degli
interessi della pubblica amministrazione, tuttavia
in alcuni casi sembra emergere l’intuizione
del legislatore che il raggiungimento di
tale obiettivo sia agevolato dalla semplificazione
degli adempimenti del debitore e non
solo dalla previsione di sanzioni e limitazioni
a svantaggio dello stesso.
In quest’ottica, accanto alle limitazioni alla compensazione
orizzontale si è giustamente pensato
di facilitare il pagamento dei debiti iscritti a
ruolo e, più in generale, si è fatto lo sforzo di
realizzare un approccio alla posizione debitoria
e creditoria dei singoli che superi le frontiere
date dalle diverse tipologie di rapporti.
Si accusa tuttavia la mancanza di una trattazione
organica e chiara della materia che aiuti
a superare le oggettive difficoltà interpretative
e di coordinamento tra le diverse disposizioni,
rendendone più immediata e diffusa l’applicazione.
•
Sardegna Economica 1/2011
89

90
Sardegna Economica 1/2011

Insediato il nuovo
Consiglio Camerale
Il 9 febbraio scorso si è svolta
la cerimonia di insediamento
del nuovo Consiglio Camerale
nominato dal Presidente
della Regione Sardegna Ugo
Cappellacci con decreto 24
gennaio 2011, n. 10. Il Consiglio
è composto complessivamente
da 32 membri in
rappresentanza di ciascuna
organizzazione imprenditoriale,
o gruppo di organizzazioni,
sia nell’ambito dei
sistemi di attività economiche
che delle organizzazioni
sindacali e delle associazioni
dei consumatori. Ne fanno
parte i consiglieri Francesco
Erbì, Fabio Cois e Roberto
Scano in rappresentanza del
settore Agricoltura. Giampiero
Lecis, Cristian Atzori,
Ignazio Schirru e Sergio
Mocci in rappresentanza del
settore Artigianato. Alberto
Scanu, Giovanni Biggio, Gigi
Picciau, Francesco Lippi,
Giancarlo Ferrua in rappresentanza
del settore Industria.
Carlo Tedde per il settore
Cooperative. Giancarlo
Deidda, Vincenzo Mareddu,
Raffaele Bistrussu, Luciano
Toppeta, Franco Luchi, Roberto
Bolognese, Marco Sulis
in rappresentanza del settore
Commercio. Simonetta
Caredda e Mauro Murgia in
rappresentanza del settore
Turismo. Enrico Binaghi e
Maria Grazia Dessì in rappresentanza
del settore Trasporti
e Spedizioni. Gabriele
Racugno in rappresentanza
del settore Credito e Assicurazioni.
Gualtiero Cualbu,
Eugenio Maria Aymerich,
Piergiuseppe Piano e Mario
Stevelli in rappresentanza
del settore Servizi alle imprese.
Mariano Mocci in rappresentanza
del settore Pesca.
Elisabetta Sorgia in rappresentanza
delle Organizzazioni
sindacali e Giuliano Frau
in rappresentanza delle Associazioni
dei Consumatori.
Il nuovo Consiglio resterà in
carica fino a febbraio 2016.
A UGF Banca il servizio
di cassa 2011 - 2014
L’UGF Banca S.p.A. si è aggiudicata
il servizio di cassa
della Camera di Commercio
di Cagliari per
il triennio 2011 - 2014.
L’aggiudicazione è avvenu-
a cura di Maria Rita Longhitano
ta in seguito ad un pubblico
incanto appositamente indetto.
L’UGF Banca ha sede
operativa a Cagliari, in viale
Trieste, n. 38.
Il conto corrente, intestato a
Camera di Commercio Industria
Artigianato e Agricoltura
di Cagliari (Iban IT
17 W 03127 04802 000 000
001 000), può essere utilizzato
per il versamento delle
cauzioni relative agli appalti
indetti dall’Ente, per il
diritto annuale e per i ruoli
Equitalia, oltre che per ogni
altro versamento non espressamente
previsto nei diversi
conti correnti postali intestati
alla Camera.
Trasferiti gli uffici
della Camera a Carbonia
L’ufficio decentrato di Carbonia
è stato trasferito presso
la sede della Provincia
di Carbonia Iglesias, in via
Fertilia, n. 40. L’apertura
del servizio nella nuova sede
è frutto di una apposita convenzione
tra l’Amministrazione
provinciale e la Camera
di Commercio di Cagliari.
L’ufficio è aperto al pubblico
dal lunedì al venerdì dalle
Sardegna Economica 1/2011 91

9:00 alle 12:30 e può essere
contattato al numero telefonico
0781 61914, via fax al
numero 0781 663543 o via
mail all’indirizzo carbonia@
ca.camcom.it.
Anche in Sardegna si
ricomincia a fare impresa
Passa dallo 0,01% del 2009
all’1,24% del 2010 il tasso di
crescita del numero delle imprese
in Sardegna. E’ questo
il dato più significativo che
emerge da Movimprese la
rilevazione trimestrale sulla
natalità e mortalità delle imprese
condotta da Infocamere,
la società di informatica
delle Camere di Commercio
Italiane, sui dati del Registro
delle Imprese. Il buon risultato
registrato dal sistema
delle imprese sarde supera
addirittura la media nazionale
che registra una crescita
dell’1,2% rispetto all’anno
precedente. Tale crescita si è
localizzata in modo più accentuato
nell’Italia Centrale,
al Sud e nelle Isole. Le due
circoscrizioni, infatti, a fronte
di uno stock delle proprie
imprese che a inizio 2010 era
pari al 54% di tutte le imprese
92
Sardegna Economica 1/2011
italiane, hanno determinato
il 62,8% della crescita totale
dell’anno. In termini assoluti,
la circoscrizione che ha
dato il maggior contributo al
saldo positivo delle imprese
è stata quella del Sud e Isole
(24.848 unità in più) cui
la Sardegna ha contribuito
con 2114 unità. Bilancio in
ripresa ma ancora negativo
per le imprese artigiane. Il
comparto segnala infatti difficoltà
più marcate rispetto
alla media delle imprese per
via degli effetti negativi che
la crisi ha avuto nei settorichiave
dell’artigianato, quali
le costruzioni e l’industria
manifatturiera. Tali difficoltà
nel corso del 2010 si sono
soltanto attenuate portando
il tasso di crescita dal -1,06%
del 2009 al -0,34% dell’anno
appena concluso. Saldo positivo
anche per le società
cooperative che, in Sardegna,
incrementano lo stock
di 47 unità con una variazione
percentuale 2010-2009
dello 0,96%. Analizzando i
principali indicatori di natimortalità
delle imprese nel
2010, a livello provinciale, il
tasso di crescita più elevato
a cura di Maria Rita Longhitano
si registra a Nuoro (2,13%)
che si colloca addirittura al
quinto posto della graduatoria
delle province italiane
dopo L’Aquila, Roma, Terni
e Milano. Oristano registra
invece un +1,67% seguita
da Sassari con +1,13%. Fanalino
di coda Cagliari dove
invece il tasso di crescita si
ferma a +0,85%.
Sempre più rosa
le imprese in Sardegna
Alla fine del primo semestre
2010, in Sardegna, si registra
un tasso di femminilizzazione
del tessuto imprenditoriale
del 23,9%. Lo rileva il
secondo Rapporto Nazionale
sull’imprenditoria Femminile
realizzato da Unioncamere
con la collaborazione
del Ministero dello Sviluppo
Economico e del Dipartimento
per le Pari Opportunità,
recentemente presentato a
Roma. A metà dello scorso
anno le imprese femminili
in Sardegna erano 40.563,
lo 0,11% in più rispetto allo
stesso periodo dell’anno precedente.
Ciò che colpisce però
è come le imprese femminili
resistano meglio alla crisi ri

spetto alle imprese maschili.
Nel periodo 30 giugno 2009-
30 giugno 2010 lo stock delle
imprese maschili, infatti,
perde ben 2229 unità con
un decremento dell’1,70%,
mentre quelle femminili si
incrementano di 44 unità.
Un altro dato interessante
riguarda la forma giuridica
scelta dalle donne imprenditrici.
Negli ultimi dodici
mesi analizzati, lo studio di
Unioncamere mostra come
tra le donne che avviano una
nuova attività, emerga, progressivamente,
la preferenza
per forme giuridiche “collettive”
rispetto all’impresa individuale.
Anche se quest’ultima
rimane comunque la
forma giuridica prevalente
per donne e uomini. Si rileva
così che le società di capitali
si incrementano addirittura
del 17,39%, le cooperative
del 2,52%, mentre le società
di persone e le imprese individuali
registrano un decremento,
rispettivamente
dell’1,05% e del 2,17%. Al 30
giugno 2010, lo stock delle
imprese femminili in Sardegna
risulta pertanto formato
in larga parte da imprese
individuali (64,7%) e per il
20,4% da società di persone.
Le società di capitali rappresentano
però l’11,3% delle
imprese di genere. Completano
il quadro le cooperative
(3,2%), i consorzi (0,1%)
e le imprese con altre forme
giuridiche (0,2%). Il testo
completo del Rapporto Nazionale
sull’imprenditoria
femminile è disponibile sul
sito Internet di Unioncamere
all’indirizzo www.unioncamere.gov.it.
Semplificazione e giustizia
alternativa: un accordo
Unioncamere e Consiglio
Nazionale dei Dottori commercialisti
si alleano per
sostenere le piccole e medie
imprese. L’ampio protocollo
d’intesa, firmato di recente
dai presidenti dei due organismi,
si propone di favorire
iniziative rivolte a garantire
l’accesso a strumenti di
giustizia alternativa, promuovendo
una moderna
cultura della mediazione.
A tal fine saranno attuate
delle iniziative per la concreta
attuazione del decreto
legislativo 28/2010. In par-
a cura di Maria Rita Longhitano
ticolare si farà riferimento
alle norme sulla condizione
di procedibilità, offrendo a
imprese e consumatori servizi
di mediazione su tutto il
territorio nazionale. A livello
locale saranno promosse
delle convenzioni tra Camere
di Commercio e Ordini
territoriali finalizzate alla
costituzione di organismi di
mediazione associati e alla
promozione di accordi affinché,
sul territorio, si realizzi
la specializzazione dei servizi
di mediazione. L’accordo
affronta anche il tema della
semplificazione amministrativa.
Su questo fronte Dottori
Commercialisti e Unioncamere
lavoreranno insieme
alla semplificazione della
procedura di iscrizione dei
trasferimenti di quote delle
SRL, unificando, nella medesima
procedura informatica,
anche quelle per la registrazione
di natura fiscale. Altre
azioni riguardano la promozione
dell’utilizzo della firma
digitale con ruolo e del
certificato di autenticazione
CNS di categoria da parte
dei professionisti. È prevista
anche la semplificazione e il
Sardegna Economica 1/2011 93

miglioramento delle istruzioni
per la compilazione
delle pratiche telematiche
indirizzate al Registro delle
imprese. Infine, nel campo
del credito, l’accordo prevede
che Dottori commercialisti
e Unioncamere si impegnino
a condividere ed avviare
iniziative di educazione finanziaria
rivolte ai piccoli
imprenditori.
Neoimprenditori, il 34%
in proprio per necessità
Uomo, diplomato, di età
compresa tra i 31 e i 40
anni. È questo il profilo dei
neoimprenditori cioè di coloro
che, nel corso del 2010,
hanno deciso di fondare, da
titolari o da soci di maggioranza,
una nuova azienda.
Le motivazioni poste alla
base della scelta sono però
differenti. Lo rileva il Centro
Studi di Unioncamere che
ha condotto un’indagine su
un campione di 5.200 neoimprese.
Tra queste il 52%
degli imprenditori è certo di
poter contare sulle proprie
capacità e sull’esperienza
già acquisita per affrontare
il rischio di aprire un’attivi-
9
Sardegna Economica 1/2011
tà. Ma nel 34 % dei casi la
scelta è stata quasi obbligata
essendo stati indotti a mettersi
in proprio dalla perdita
o dalla difficoltà a trovare
un lavoro dipendente. Dall’indagine
emerge anche che
la grande maggioranza di
imprenditori ha un titolo di
studio elevato. Quasi il 45%
è in possesso di un diploma
di scuola media superiore e
oltre il 17% della laurea. Secondo
gli analisti del Centro
Studi Unioncamere, l’elevata
quota di imprenditori con
titolo di studio secondario
o universitario è indicativo
dell’innalzamento della cultura
imprenditoriale nel nostro
Paese, fattore primario
per la diffusione dell’innovazione
nell’offerta di prodotti
e servizi, anche in settori
come il turismo, i servizi alle
persone e il commercio.
Nasce il Comitato nazionale
per la legalità
Il Consiglio generale di
Unioncamere ha istituto il
Comitato nazionale per la
legalità. L’intento è quello
di creare un organismo che,
a nome di tutto il sistema
a cura di Maria Rita Longhitano
delle Camere di Commercio,
coordini le azioni di monitoraggio
e di supporto alle
imprese colpite dalle malversazioni
delle mafie. Al
Comitato spetterà anche il
coordinamento del progetto
elaborato da Unioncamere
che, in collaborazione
con l’Associazione Libera,
si propone di supportare le
Camere già impegnate o che
hanno intenzione di operare
sul tema dei beni confiscati
alla criminalità organizzata.
In particolare il progetto
di Unioncamere punta ad
agire sia sulla governance
delle aziende confiscate alle
organizzazioni criminali che
alla nascita di nuove imprese
per la gestione dei beni
confiscati, oltre naturalmente
al consolidamento e allo
sviluppo di aziende già reimmesse
nel circuito economico.
Il Comitato nazionale
per la legalità è costituito dai
presidenti delle Camere, dai
rappresentanti delle amministrazioni
centrali, delle associazioni
particolarmente
coinvolte sui temi della legalità
e dal Direttore generale
di Infocamere.

Documenti
Le rilevazioni Istat per gli anni 2000-2008
La misura dell’economia sommersa
secondo le statistiche ufficiali
L’Istat diffonde le stime aggiornate al 2008
del Pil attribuibile alla parte di economia non
osservata costituita dal sommerso economico.
Il sommerso economico deriva dall’attività di
produzione di beni e servizi che, pur essendo
legale, sfugge all’osservazione diretta in quanto
connessa al fenomeno della frode fiscale e
contributiva. Tale componente è già compresa
nella stima del Pil e negli aggregati economici
diffusi correntemente dall’Istat il 1° marzo di
ogni anno.
Secondo i criteri dell’Unione europea solo una
misura esaustiva del Pil rende tale aggregato
confrontabile fra i vari Paesi ed utilizzabile
come indicatore per il calcolo dei contributi
che gli Stati membri versano all’Unione, per
il controllo dei parametri di Maastricht e per
l’attribuzione dei fondi strutturali.
La conoscenza del fenomeno dell’economia
sommersa è condizione necessaria per assicurare
l’esaustività delle stime del prodotto
interno lordo e misurarne l’impatto sulla
crescita del sistema economico, ma anche
per studiarne le implicazioni sul mercato del
lavoro. Le statistiche sul valore aggiunto attribuibile
all’area dell’economia sommersa
sono, quindi, accompagnate dalle stime sul
lavoro non regolare che in Italia assume dimensioni
consistenti, soprattutto in alcuni
settori produttivi.
La Contabilità nazionale italiana, al pari di
quella degli altri paesi dell’Unione europea,
segue gli schemi e le definizioni del Regolamento
2223/96 sul “Sistema europeo dei conti
- Sec95”, che impone di contabilizzare nel Pil
sia l’economia direttamente osservata (attraverso
le indagini statistiche sulle imprese e gli
archivi fiscali e amministrativi) sia l’economia
non direttamente osservata. L’Istituto statistico
dell’Unione europea (Eurostat) vigila sul
rispetto del Sec e sulla bontà delle metodologie
adottate dagli Stati membri, accertandone
e certificandone la validità, in relazione alla
capacità di produrre stime esaustive del Pil.
Principali risultati
Nel 2008 il valore aggiunto prodotto nell’area
del sommerso economico è compreso tra un
minimo di 255 e un massimo 275 miliardi di
euro (Tabella 1). Il peso dell’economia sommersa
è compreso tra il 16,3 per cento e il 17,5
per cento del Pil (nel 2000 era tra 18,2 e 19,1
per cento).
Tra il 2000 e il 2008 l’ammontare del valore
aggiunto sommerso registra una tendenziale
flessione, pur mostrando andamenti alterni:
la quota del sommerso economico sul Pil raggiunge
il picco più alto (19,7 per cento) nel
2001, per poi decrescere fino al 2007 (17,2 per
cento) e mostrare segnali di ripresa nel 2008
(17,5 per cento).
Il fenomeno dell’economia sommersa è mol-
Sardegna Economica 1/2011 95

Documenti
to complesso e la sua dimensione può essere
stimata analizzando i diversi comportamenti
fraudolenti assunti dagli operatori economici
per evadere il sistema fiscale e contributivo. La
pratica dell’utilizzo di lavoro non regolare, ad
esempio, è strettamente connessa al mancato
versamento dei contributi sociali: nel 2008
erano circa 2 milioni e 958 mila le unità di lavoro
non regolari (ula) 1 . Questa componente,
che rappresenta l’11,9 per cento dell’input di
lavoro complessivo nel 2008, raggiunge il 12,2
per cento nel 2009 (Tabella ).
Se le prestazioni lavorative sono non regolari,
e quindi non direttamente osservabili, producono
un reddito che non viene dichiarato dalle
unità produttive che le impiegano. Nel 2008
l’incidenza del valore aggiunto prodotto dalle
unità produttive che impiegano lavoro non
regolare risulta pari al 6,5 per cento del Pil, in
calo rispetto al 2000 quando ne rappresentava
il 7,5 per cento (Tabella 2).
Ma l’impiego di lavoro non regolare rappresenta
soltanto una componente dell’economia
sommersa. La parte più rilevante del
fenomeno è costituita dalla sottodichiarazione
del fatturato e dal rigonfiamento dei
costi impiegati nel processo di produzione
del reddito. Nel 2008 l’incidenza del valore
aggiunto non dichiarato dovuto alle suddette
componenti raggiunge il 9,8 per cento del
Pil (era il 10,6 per cento nel 2000) (Tabella 2).
A livello settoriale l’evasione fiscale e contributiva
è più diffusa nei settori dell’Agricoltura e
dei Servizi, ma è rilevante anche nell’Industria
(Tabella 3). Se si considera la sola economia
di mercato, senza considerare, cioè, il valore
aggiunto prodotto dai servizi non market forniti
dalle Amministrazioni pubbliche, il som-
96
Sardegna Economica 1/2011
merso nel 2008 rappresenta il 20,6 per cento
del Pil, contro il 17,5 per cento calcolato per
l’intera economia.
Il valore aggiunto sommerso
La valutazione dell’economia sommersa effettuata
dall’Istat individua una “forchetta”
di stime: il valore inferiore di quest’ultima è
dato dalla parte del prodotto interno lordo
italiano che è certamente ascrivibile al sommerso
economico; quello superiore si riferisce,
invece, alla parte del Pil che presumibilmente
deriva dal sommerso economico ed
ingloba anche una componente di più difficile
quantificazione, data la commistione esistente
tra problematiche di natura statistica
e quelle di tipo più prettamente economico.
Nel 2008 il valore aggiunto prodotto nell’area
del sommerso economico risulta compreso
tra un minimo di 255 miliardi di euro e un
massimo di 275 miliardi di euro, pari rispettivamente
al 16,3 per cento e al 17,5 per cento
del Pil. (Tabella 1). Nel 2000 l’ampiezza dell’economia
sommersa oscillava tra i 217 e i
228 miliardi di euro, rispettivamente il 18,2
per cento e il 19,1 per cento del Pil.
L’analisi consente di identificare separatamente
le diverse componenti della stima complessiva
del valore aggiunto, riconducibili al fenomeno
della frode fiscale e contributiva. Queste
derivano da stime che mirano ad integrare o
correggere i dati ricavabili dalle dichiarazioni
delle imprese (integrazioni esplicite), oppure
dall’enucleazione, partendo dalla stima complessiva
di un fenomeno, della parte implicita
relativa al sommerso economico (integrazioni
implicite come, ad esempio, l’insieme dei fitti
in nero rispetto al totale dei fitti pagati) 2 .
1 Le ula sono l’unità di analisi che quantifica in modo omogeneo il volume di lavoro svolto da coloro che partecipano al processo di produzione.
Sono ottenute dalla somma delle posizioni lavorative a tempo pieno e delle prestazioni lavorative a tempo parziale (principali e secondarie)
trasformate in unità equivalenti a tempo pieno.
2 L’approccio consente di stimare l’ammontare del valore aggiunto non dichiarato, mentre non permette di pervenire ad una stima delle imposte
non versate (tax gap) per categorie di reddito e di consumo (ad esempio, redditi da lavoro dipendente, da lavoro autonomo, delle società
non finanziarie e imponibile Iva).

Tab. 1 - Valore aggiunto prodotto dall’area del sommerso economico.
Anni 2000-2008
Anni
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
Milioni di euro
216.514
231.479
223.721
223.897
224.203
229.706
237.151
246.060
255.365
Le varie integrazioni non sono presentate con
riferimento alle modalità “esplicite” o “implicite”,
ma in rapporto ai diversi tipi di comportamento
fraudolento degli operatori economici
riguardo alla normativa fiscale/contributiva
e sono raggruppate in tre tipologie principali.
Il primo gruppo considera l’insieme delle
integrazioni ascrivibili ai seguenti aspetti: a)
controlli di coerenza sui microdati d’impresa;
b) controlli di coerenza sui costi intermedi a
livello macro; c) locazione in nero di immobili;
d) parte di valore aggiunto realizzato attraverso
l’attività edilizia abusiva (Cfr. Nota
metodologica). Il secondo gruppo evidenzia
la parte di valore aggiunto realizzata attraverso
l’utilizzazione di occupazione non regolare
(cioè non dichiarata dalle imprese). Ai primi
due gruppi si aggiunge l’integrazione dovuta
alla riconciliazione fra le stime indipendenti
dell’offerta e della domanda di beni e servizi.
Questa è ancora configurabile come integra-
Ipotesi minima (A) Ipotesi massima (B)
Variazioni %
-
6,9
-3,4
0,1
0,1
2,5
3,2
3,8
3,8
% sul PIL Milioni di euro
18,2
18,5
17,3
16,8
16,1
16,1
16,0
15,9
16,3
227.994
245.950
241.030
247.566
252.064
254.096
259.584
266.294
275.046
Variazioni %
Documenti
zione dovuta a sottodichiarazione di fatturato
o sovradichiarazione di costi.
Dei tre diversi tipi d’integrazione sopra richiamati,
soltanto i primi due concorrono alla valutazione
dell’ipotesi minima, mentre il terzo (riconciliazione
fra le stime indipendenti degli aggregati
dell’offerta e della domanda), unitamente agli altri,
concorre alla valutazione dell’ipotesi massima.
Quest’ultimo tipo di integrazione contiene
in sé, in proporzione non identificabile, sia effetti
collegabili a fenomeni di carattere puramente
statistico sia fenomeni certamente ascrivibili all’esistenza
dell’economia sommersa non colti in
toto attraverso i primi due tipi. Infatti, poiché le
stime degli aggregati di offerta sono condizionate
direttamente dall’interesse degli operatori
economici a dissimulare parte dei loro profitti,
avviene di norma che le stime degli aggregati
economici relativi alla domanda finale siano più
esaustive di quelle dell’offerta.
-
7,9
-2,0
2,7
1,8
0,8
2,2
2,6
3,3
% sul PIL
19,1
19,7
18,6
18,5
18,1
17,8
17,5
17,2
17,5
Sardegna Economica 1/2011 97

Documenti
Tra il 2000 e il 2008 il valore aggiunto prodotto
nell’area del sommerso economico
ha subito andamenti diversi (Grafico 1).
Al considerevole incremento del 2001, che,
nell’ipotesi massima, ha portato il peso del
sommerso al 19,7 per cento del Pil, è seguita
una fase decrescente interrottasi nel
2008 quando l’ipotesi massima è passata
al 17,5 per cento dal 17,2 per cento del
2007 (il valore più basso nel periodo 2000-
2008).
Nel 2002 il peso, sia in termini assoluti che relativi,
della componente di valore aggiunto riconducibile
all’utilizzo di lavoro non regolare
ha registrato una progressiva riduzione per effetto,
principalmente, della Sanatoria di legge a
favore dei lavoratori extra-comunitari occupati
in modo non regolare (Legge n.189 del 30 luglio
2002). Tale sanatoria ha prodotto “effetti di travaso”
dal segmento di occupazione non regolare
verso quello dei regolari anche nell’anno successivo.
A partire dal 200 sono venuti meno gli
98
Sardegna Economica 1/2011
Nel 2001 avevano assunto un ruolo più marcato
le componenti non direttamente ascrivibili all’utilizzazione
di lavoro irregolare: la sottodichiarazione
del fatturato ottenuto con occupazione
regolarmente iscritta nei libri paga, il rigonfiamento
dei costi intermedi, l’attività edilizia abusiva,
le locazioni in nero, cui si aggiunge l’effetto
della riconciliazione delle stime dell’offerta di beni
e servizi con quelle della domanda, componenti il
cui peso complessivo sul Pil è passata dall’11,6 per
cento del 2000 al 12,1 per cento del 2001.
Graf. 1 - Quota del valore aggiunto prodotto dall’area del sommerso
economico sul Pil. Anni 2000-2008
20.0
19.0
18.0
17.0
16.0
15.0
14.0
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Ipotesi minima Ipotesi massima
effetti della sanatoria del 2002, ma il fenomeno
dell’utilizzo di lavoratori non regolari da parte di
imprese e famiglie non si è arrestato.
Dal 2003 al 2008 il valore aggiunto prodotto
nell’area del sommerso economico nel suo complesso
ha ripreso a crescere in termini assoluti,
sia nell’ipotesi minima che in quella massima,
ma il suo peso sul Pil, fino al 2007, è risultato in
calo, avendo avuto una dinamica leggermente
meno sostenuta rispetto a tale aggregato.

Tab. 2 - Valore aggiunto prodotto nell’area del sommerso economico
per tipologia dell’integrazione. Anni 2000-2008
Anni
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
Correzione del fatturato
e dei costi intermedi
Milioni di
euro
% su
ipotesi
massima
% sul PIL
126.784
136.415
131.983
136.241
134.641
137.030
137.825
143.865
153.015
55,6
55,5
54,8
55,0
53,4
53,9
53,1
54,0
55,6
10,6
10,9
10,2
10,2
9,7
9,6
9,1
9,3
9,8
L’incremento del 2008, rilevato sia in termini
assoluti che relativi, è ascrivibile esclusivamente
alla componente Correzione del fatturato
e dei costi intermedi, che fa registrare
un incremento del 6, per cento, mentre le
altre componenti restano sostanzialmente
stabili (Lavoro non regolare) o diminuiscono
leggermente (Riconciliazione stime offerta e
domanda).
Nel 2008 la quota del Pil imputabile all’area
del sommerso economico (17,5 per cento nell’ipotesi
massima) è scomponibile in un 9,8
per cento dovuto alla sottodichiarazione del
fatturato ottenuto con un’occupazione regolarmente
iscritta nei libri paga, al rigonfiamento
dei costi intermedi, all’attività edilizia
abusiva e ai fitti in nero, in un 6,5 per cento
riconducibile all’utilizzazione di lavoro non
regolare e in un 1,3 per cento dovuto alla ri-
Lavoro non regolare
Milioni di
euro
89.730
95.064
91.738
87.656
89.562
92.676
99.326
102.194
102.349
% su
ipotesi
massima
39,4
38,7
38,1
35,4
35,5
36,5
38,3
38,4
37,2
% sul PIL
7,5
7,6
7,1
6,6
6,4
6,5
6,7
6,6
6,5
Documenti
Riconciliazione stime
offerta e domanda
% sul PIL
Milioni di
euro
11.480
14.471
17.309
23.669
27.861
24.390
22.433
20.234
19.681
% su
ipotesi
massima
5,0
5,9
7,2
9,6
11,1
9,6
8,6
7,6
7,2
1,0
1,2
1,3
1,8
2,0
1,7
1,5
1,3
1,3
conciliazione delle stime dell’offerta di beni e
servizi con quelle della domanda.
Il peso del valore aggiunto prodotto nell’area del
sommerso economico differisce considerevolmente
per settore di attività economica (Tabella
3). Nel 2008, nell’ipotesi massima, il valore aggiunto
sommerso nel settore agricolo è pari al
32,8 per cento del valore aggiunto totale della
branca (9.188 milioni di euro), nel settore industriale
al 12, per cento (52.881 milioni di euro) e
nel terziario al 20,9 per cento (212.978 milioni di
euro). Questi valori percentuali si discostano in
modo evidente da quelli d’inizio periodo, quando
in agricoltura risultava sommerso il 29,7 per
cento del valore aggiunto, nell’industria il 1 per
cento e nel terziario il 23,2 per cento.
Nel considerare il peso del sommerso nel terziario
è utile tener presente l’effetto “calmiera-
Sardegna Economica 1/2011
99

Documenti
tore” del settore pubblico, dove il fenomeno è
assente. Se si considera solo la parte di attività
di mercato, cioè quella svolta dalle imprese, il
peso del valore aggiunto sommerso in questo
settore si attesta sul 29,9 per cento nel 2000 e
sul 27,1 per cento nel 2008.
Il lavoro non regolare
Il concetto di occupazione regolare e non
regolare è strettamente connesso a quello
di attività produttive osservabili e non osservabili
considerate ai fini del calcolo del
Pil. Sono definite regolari le prestazioni
lavorative registrate e osservabili sia dalle
100
Sardegna Economica 1/2011
Nel 2008, se consideriamo solamente l’economia
di mercato, al netto della Pubblica amministrazione,
il peso del sommerso è del 20,6
per cento, contro il 17,5 per cento calcolato
sull’intera economia.
Tab. 3 - Valore aggiunto prodotto nell’area del sommerso economico
per settore di attività economica. Anni 2000-2008
Anni
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
Agricoltura Industria
Servizi
Milioni di euro % sul valore Milioni di euro % sul valore Milioni di euro % sul valore
aggiunto ai
aggiunto ai
aggiunto ai
prezzi al pro-
prezzi al pro-
prezzi al produttore
della
branca
duttore della
branca
duttore della
branca
8.047
8.188
7.739
7.606
8.463
8.321
8.622
9.102
9.188
29,7
29,9
28,4
27,5
29,5
31,1
31,5
32,4
32,8
Ipotesi massima
47.995
53.071
53.216
50.630
48.520
45.784
47.493
49.698
52.881
istituzioni fiscali-contributive sia da quelle
statistiche e amministrative. Si dicono
non regolari le prestazioni lavorative svolte
senza il rispetto della normativa vigente
in materia fiscale-contributiva, quindi non
osservabili direttamente presso le imprese,
le istituzioni e le fonti amministrative 3 .
3 Le stime dettagliate per settore di attività economica sulle diverse misure del lavoro non regolare sono disponibili sul sito dell’Istat all’indirizzo
http://www.istat.it/dati/dataset/20100 1 _00.
Le stime sono state presentate il 15 aprile del 2010 dal Presidente dell’Istituto di Statistica Prof. Enrico Giovannini nel corso di un’Audizione
presso la Camera dei Deputati (XI Commissione permanente “Lavoro pubblico e privato”) finalizzata allo svolgimento di un’indagine conoscitiva
su taluni fenomeni distorsivi del mercato del lavoro (lavoro nero, caporalato e sfruttamento della manodopera straniera).
14,0
14,9
14,6
13,7
12,7
11,7
11,6
11,6
12,4
171.952
184.691
180.075
189.330
195.081
199.991
203.470
207.494
212.978
23,2
23,5
21,9
22,1
21,8
21,7
21,3
20,9
20,9

Rientrano in tale categoria le prestazioni
lavorative: 1) continuative, svolte non rispettando
la normativa vigente; 2) occasionali,
svolte da persone non attive in quanto
studenti, casalinghe o pensionati; 3) svolte
dagli stranieri non residenti e non regolari;
) plurime, cioè le attività ulteriori rispetto
alla principale e non dichiarate alle istituzioni
fiscali.
Il ricorso al lavoro non regolare da parte delle
famiglie e delle imprese caratterizza il mercato
italiano da diversi decenni. Nel 2009 sono
circa 2 milioni e 966 mila le unità di lavoro
non regolari occupate in prevalenza come dipendenti
(circa 2 milioni e 326 mila rispetto
alle 6 0 mila unità di lavoro indipendenti), in
crescita rispetto al 2008 (2 milioni e 958 mila
unità di lavoro circa) (Tabella ).
Dal 2001 al 2009 si assiste ad una riduzione
delle unità di lavoro non regolari e ad una
crescita corrispondente di quelle regolari. Oltre
a fattori strettamente legati all’andamento
del sistema economico, le diverse dinamiche
del lavoro regolare e non regolare sembrano
essere riconducibili anche ad interventi normativi,
rivolti sia al mercato del lavoro che a
regolamentare il lavoro degli stranieri non residenti
sul territorio.
A partire dagli inizi degli anni Duemila la
normativa sul lavoro è cambiata in modo
considerevole, offrendo alle imprese la possibilità
di ricorrere a forme di lavoro flessibile,
sia in termini di durata del contratto che di
orario di lavoro. Le nuove tipologie contrattuali,
come ad esempio il lavoro interinale e il
lavoro a termine, hanno consentito di incrementare
il livello dell’occupazione dipendente
regolare, a fronte di un decremento di quella
Documenti
non regolare. Inoltre, gli strumenti normativi
che regolano il lavoro atipico hanno avuto un
impatto rilevante sul lavoro indipendente: il
ricorso da parte delle imprese ai contratti di
collaborazione coordinata e continuativa ha
contribuito alla crescita del lavoro autonomo
almeno fino al 2003, ma a partire dal 200 la
legge 30/2003 e il decreto attuativo 276/2003,
con l’introduzione delle collaborazioni a progetto,
hanno determinato una contrazione
del lavoro autonomo regolare poiché, introducendo
requisiti più restrittivi, ne hanno
limitato l’utilizzo come forma sostitutiva di
contratti di lavoro dipendente.
Gli interventi legislativi volti a sanare l’irregolarità
lavorativa degli stranieri extra-comunitari
hanno contribuito a ridurre il lavoro
non regolare dei dipendenti. La legge Bossi-
Fini del 2002 ha consentito, in particolare, la
regolarizzazione di circa 600 mila stranieri. I
successivi decreti governativi, con la definizione
delle quote di ingresso annuali fino al
2007, hanno costituito per i lavoratori stranieri
ulteriori occasioni di passaggio da una
condizione di non regolarità ad una condizione
di regolarità sia da un punto di vista della
presenza sul territorio sia lavorativa.
Gli effetti di contenimento del lavoro non
regolare determinati dai differenti strumenti
normativi emergono ad un esame più dettagliato
delle componenti del lavoro non regolare.
La metodologia di stima dell’input di
lavoro non regolare consente, infatti, di individuare
separatamente tre diverse tipologie
occupazionali:
- gli irregolari residenti, ossia le persone occupate,
sia italiani che stranieri iscritti in
La legge è articolata in due provvedimenti legislativi: il primo riguardante principalmente collaboratrici domestiche e badanti (legge 30 luglio
2002, n. 189) e il secondo riguardante i dipendenti di imprese operanti nel settore dell’industria e dei servizi (decreto legge 9 settembre 2002,
n. 195 convertito con legge 222/2002).
Sardegna Economica 1/2011
101

Documenti
102
Tab. 4 - Unità di lavoro regolari e non regolari per posizione nella professione.
Anni 2001-2009 (in migliaia)
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
Anni
Sardegna Economica 1/2011
Regolari
20.548
21.076
21.471
21.510
21.479
21.813
22.058
21.972
21.304
13.981
14.531
14.817
14.816
15.022
15.311
15.579
15.597
15.107
6.568
6.545
6.654
6.694
6.457
6.502
6.480
6.374
6.197
Non regolari
3.280
3.056
2.812
2.863
2.933
2.976
2.968
2.958
2.966
2.673
2.427
2.175
2.227
2.285
2.322
2.318
2.313
2.326
Totale
Dipendenti
Indipendenti
607
629
637
636
648
654
650
645
640
Totale
23.829
24.132
24.283
24.373
24.412
24.789
25.026
24.930
24.270
16.654
16.958
16.992
17.043
17.307
17.633
17.897
17.910
17.432
7.175
7.174
7.291
7.330
7.105
7.155
7.130
7.020
6.837
Tasso di regolarità
86,2
87,3
88,4
88,3
88,0
88,0
88,1
88,1
87,8
84,0
85,7
87,2
86,9
86,8
86,8
87,0
87,1
86,7
91,5
91,2
91,3
91,3
90,9
90,9
90,9
90,8
90,6
Tasso di irregolar.
13,8
12,7
11,6
11,7
12,0
12,0
11,9
11,9
12,2
16,0
14,3
12,8
13,1
13,2
13,2
13,0
12,9
13,3
8,5
8,8
8,7
8,7
9,1
9,1
9,1
9,2
9,4

anagrafe, che si dichiarano nelle indagini
presso le famiglie, ma non risultano presso
le imprese;
- gli stranieri non regolari e non residenti
che, in quanto tali, non sono visibili al fisco e
sono esclusi dal campo di osservazione delle
indagini presso le famiglie;
- le attività plurime non regolari, stimate
con metodi indiretti per cogliere prestazioni
lavorative svolte come seconde attività
sia da residenti che da non residenti,
tipicamente nei settori dei trasporti, costruzioni,
alberghi, pubblici esercizi e servizi
domestici.
Dal 2001 gli irregolari residenti rappresentano
la componente più rilevante delle unità
di lavoro non regolari e si attestano nel
2009 intorno a 1 milione e 652 mila unità
(Tabella 5). L’altra componente rilevante è
rappresentata dalle unità di lavoro riferibili
alle posizioni plurime (937 mila unità).
Gli stranieri clandestini rappresentano, invece,
la componente più piccola del lavoro
non regolare (377 mila unità di lavoro nel
2009).
Nonostante gli interventi di sanatoria, tuttavia,
è da rilevare che tra il 2001 e il 2008 il
numero di lavoratori stranieri irregolari in
Italia è cresciuto, subendo un’inversione di
tendenza soltanto nel 2009. Tale dinamica
è dovuta presumibilmente ad una crescita
tendenziale della domanda di lavoro da
parte delle famiglie (in particolare colf e
badanti), che solo nel 2009 è stata controbilanciata
dalla diminuzione degli stranieri
occupati nelle imprese.
Nel periodo 2001-2008 gli interventi normativi
hanno, quindi, agito nella direzione
di un contenimento del lavoro non regolare,
consentendo di trasformare lavorato-
Documenti
ri già occupati irregolarmente in posizioni
lavorative regolari. La crisi economica dell’ultimo
biennio, invece, ha modificato il
quadro che, sebbene ancora basato su evidenze
statistiche che dovranno essere consolidate,
evidenzia una riduzione complessiva
dell’occupazione pari a 660 mila unità,
con una forte contrazione del lavoro regolare
(-668 mila unità), accompagnata da una
lieve crescita del lavoro non regolare (+8
mila unità). La diversa dinamica del lavoro
regolare e non regolare ha determinato una
modesta crescita del tasso di irregolarità,
passato dall’11,9 per cento del 2008 al 12,2
per cento nel 2009.
Alla perdita consistente di unità di lavoro
regolari hanno contribuito diversi fattori:
la significativa contrazione del numero di
persone fisiche occupate, l’aumento nel
ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni
(CIG) da parte delle imprese, la diminuzione
delle attività di doppio lavoro e l’aumento
(seppur modesto rispetto agli anni
precedenti) dell’incidenza dei contratti
part-time. La lieve crescita del lavoro non
regolare ha, invece, riguardato la componente
residente, mentre sono diminuiti gli
stranieri irregolari.
Osservando i vari settori (Tabella 6), l’Agricoltura
emerge come il settore con la maggiore
incidenza di unità di lavoro non regolari
e con un tasso di irregolarità in aumento
dal 20,9 per cento del 2001 al 2 ,5 per cento
del 2009. La rilevanza del fenomeno è dovuta
al carattere stagionale dell’attività agricola
e al forte ricorso al lavoro a giornata,
fattori che non hanno trovato nelle misure
di regolarizzazione degli stranieri o di regolamentazione
del lavoro atipico strumenti
di contrasto sufficienti a ridurre l’impiego
di manodopera non regolare.
Sardegna Economica 1/2011
103

Documenti
10
Tab. 5 - Unità di lavoro non regolari per tipologia di occupazione.
Anni 2001-2009 (in migliaia)
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
Anni
Sardegna Economica 1/2011
Irregolari residenti
1.626
1.644
1.686
1.628
1.610
1.623
1.618
1.606
1.652
49,6
53,8
60,0
56,9
54,9
54,5
54,5
54,3
55,7
Stranieri non residenti
721
464
114
213
274
352
383
407
377
Composizione per cento
22
15,2
4,0
7,5
9,4
11,8
12,9
13,8
12,7
Posizioni plurime
934
948
1.012
1.022
1.049
1.001
968
944
937
28,5
31,0
36,0
35,7
35,8
33,6
32,6
31,9
31,6
Totale economia
3.280
3.056
2.812
2.863
2.933
2.976
2.968
2.958
2.966
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0

Il settore industriale presenta il minor tasso
di irregolarità: l’Industria in senso stretto è
coinvolta marginalmente dal fenomeno del
lavoro non regolare, che nel periodo 2001-
2009 si è mantenuto intorno al per cento.
Diverso è il caso delle Costruzioni, che impiegano
una quota di lavoro non regolare significativa,
ancorché in discesa dal 15,7 per
cento nel 2001 al 10,5 per cento nel 2009. La
dinamica del lavoro non regolare in questo
Documenti
settore sembra essere stata fortemente influenzata
dagli interventi di regolarizzazione
degli stranieri irregolari.
Il settore dei Servizi è interessato dal fenomeno
del lavoro non regolare in misure
differenti a seconda dei comparti. Il tasso
di irregolarità è particolarmente rilevante
in quello del Commercio, riparazioni, alberghi
e ristoranti, trasporti e comunicazioni
(18,7 per cento nel 2009); si tratta,
Tab. 6 - Tasso di irregolarità delle unità di lavoro per settore di attività economica.
Anni 2001-2009
Agricoltura
Industria
Settore di attività
- Industria in senso stretto
- Costruzioni
Servizi
- Commercio, alberghi, pubblici esercizi,
riparazioni, trasporti
- Intermediazione monetaria e finanziaria,
attività imprenditoriali e immobiliari
- Altri servizi
Totale
2001
20,9
7,4
4,6
15,7
15,8
19,7
10,4
14,5
13,8
2002
21,0
6,6
4,2
13,3
14,5
19,5
10,0
11,8
12,7
2003
18,3
5,7
3,8
11,2
13,5
18,4
10,1
10,2
11,6
2004
18,9
5,7
3,8
10,9
13,6
18,4
9,4
10,9
11,7
2005
22,1
5,8
3,8
11,0
13,8
19,0
9,0
11,1
12,0
2006
22,7
5,9
3,8
11,3
13,7
18,5
8,9
11,3
12,0
2007
23,9
5,6
3,9
10,1
13,5
18,0
8,9
11,4
11,9
2008
24,5
5,7
4,0
9,8
13,5
18,0
9,1
11,3
11,9
2009
24,5
6,2
4,4
10,5
13,7
18,7
9,9
10,6
12,2
Sardegna Economica 1/2011
105

Documenti
infatti, di un’attività, in particolare quella
relativa agli alberghi e pubblici esercizi,
che impiega in misura consistente seconde
attività prestate in forma marginale, occasionale
e non regolare sia da personale alle
dipendenze che da lavoratori indipendenti
(prevalentemente familiari coadiuvanti).
Risulta più modesto e stabile nel tempo
l’impiego del lavoro non regolare nel comparto
dell’intermediazione monetaria e finanziaria
e delle attività immobiliari e imprenditoriali
(9,9 per cento nel 2009).
Il tasso di irregolarità degli Altri servizi,
con un valore prossimo alla media, presenta
una dinamica complessiva in diminuzione
nell’ultimo decennio, dal 1 ,5 per cento
nel 2001 al 10,6 per cento nel 2009. Il settore
presenta, tuttavia, incidenze del lavoro non
regolare molto differenti tra i comparti, comprendendo
al suo interno sia le attività della
Pubblica amministrazione, che impiega solo
lavoro regolare, sia quelle dei servizi privati
alla persona e alle famiglie, tra cui i servizi
domestici, che impiegano in misura rilevante
lavoro non regolare. In particolare, il settore
dei servizi privati alla persona e alle famiglie,
che è ad alta domanda di lavoro non specializzata
e ad ore, impiega circa la metà della
manodopera straniera non regolare; inoltre,
le famiglie offrono attività lavorative a tempo
ridotto determinando per i lavoratori la
necessità di ricoprire più posizioni lavorative
di cui generalmente solo la principale svolta
in forma regolare.
Se dal settore terziario si esclude l’occupazione
impiegata nel settore della Pubblica amministrazione
il tasso di irregolarità nel 2009
passa dal 13,7 per cento al 17, per cento.
Le definizioni di economia non osservata e
di economia sommersa
Con il termine economia non direttamen-
106
Sardegna Economica 1/2011
te osservata si fa riferimento a quelle attività
economiche che devono essere incluse nella
stima del Pil ma che non sono registrate nelle
indagini statistiche presso le imprese o nei
dati fiscali e amministrativi utilizzati ai fini
del calcolo delle stime dei conti economici
nazionali, in quanto non osservabili in modo
diretto.
Sulla base delle definizioni internazionali
(contenute nel Sec95 e nell’Handbook for
Measurement of the Non-observed Economy
dell’Ocse) l’economia non osservata origina,
oltre che dal sommerso economico definito
precedentemente, anche da: 1) attività illegali;
2) produzione del settore informale; 3) inadeguatezze
del sistema statistico.
Le attività illegali sono sia le attività di produzione
di beni e servizi la cui vendita, distribuzione
o possesso sono proibite dalla
legge, sia quelle attività che, pur essendo legali,
sono svolte da operatori non autorizzati
(ad esempio, l’aborto eseguito da medici non
autorizzati). Sono legali tutte le altre attività
definite produttive dai sistemi di Contabilità
nazionale.
Si parla di attività informali se le attività produttive
legali sono svolte su piccola scala, con
bassi livelli di organizzazione, con poca o nulla
divisione tra capitale e lavoro, con rapporti
di lavoro basati su occupazione occasionale,
relazioni personali o familiari in contrapposizione
ai contratti formali.
Le attività produttive legali non registrate
esclusivamente per deficienze del sistema
di raccolta dei dati statistici, quali il
mancato aggiornamento degli archivi delle
imprese o la mancata compilazione dei
moduli amministrativi e/o dei questionari
statistici rivolti alle imprese, costituiscono

il sommerso statistico.
Quella che comunemente viene detta economia
sommersa, nelle definizioni internazionali
coincide con il solo sommerso economico,
cioè con l’insieme delle attività produttive
legali svolte contravvenendo a norme fiscali e
contributive al fine di ridurre i costi di produzione.
Il concetto di sommerso economico non va
confuso con il termine economia informale,
che non è sinonimo di attività nascosta al
fisco poiché fa riferimento agli aspetti strutturali
dell’attività produttiva e non alla problematica
dell’assolvimento degli obblighi
fiscali e contributivi. Le attività informali
sono incluse nell’insieme dell’economia
non osservata perché, date le loro caratteristiche,
sono difficilmente rilevabili in modo
diretto.
I nuovi sistemi di Contabilità nazionale impongono
a tutti i paesi di contabilizzare nel
Pil anche l’economia non osservata. Teoricamente,
tutti i fenomeni che danno luogo
a economia non osservata sono oggetto di
stima e di inclusione nei conti nazionali 5 .
Allo stato attuale, però, la Contabilità nazionale
italiana, al pari di quella degli altri partners
europei, esclude l’economia illegale per
l’eccessiva difficoltà nel calcolare tale aggregato
e per la conseguente incertezza della stima,
che renderebbe poco confrontabili i dati dei
vari paesi.
L’Istat ha adottato una metodologia di sti-
Documenti
ma dei conti economici nazionali coerente
con le definizioni contenute nel Sec95 e che,
per la sua completezza, consistenza e replicabilità,
ha assunto un rilievo particolare
all’interno della statistica ufficiale europea.
L’impianto metodologico, che è descritto
sinteticamente nella nota metodologica,
ha la funzione primaria di garantire stime
complessive integrate con le stime dell’economia
non osservata.
Esiste la possibilità di separare l’effetto delle
singole integrazioni portate ai dati di base
rilevati presso le imprese, così da evidenziare
a posteriori quelle rese necessarie per
ovviare ai comportamenti che frodano il fisco
e la contribuzione sociale. È quindi possibile
individuare una stima del sommerso
economico. In realtà, la difficoltà oggettiva
di misurare fenomeni non direttamente osservabili
fa ritenere scientificamente corretto
misurare l’incidenza dell’economia
sommersa sul Pil fornendo non un valore
unico ma un intervallo fra le due stime
che rappresentano un’ipotesi di minima e
un’ipotesi di massima della dimensione del
fenomeno, tenendo conto del fatto che, per
alcune integrazioni, non è possibile determinare
con certezza quanto derivi da problematiche
di natura puramente statistica e
quanto derivi, invece, da problematiche di
natura economica.
Data la limitata ampiezza dell’intervallo, le
valutazioni costituiscono comunque un riferimento
conoscitivo solido per le scelte di politica
economica, che implicano il recupero di
gettito fiscale e di contribuzione.
5 Si esprimono in tal senso i sistemi di contabilità nazionale Sna93 e Sec95, nonché l’Handbook for Measurement of the non-observed
econommy dell’Ocse. Quest’ultimo non dà solo le definizioni delle diverse componenti dell’economia non osservata, ma indica le metodologie
più appropriate per effettuarne una misurazione. I paesi dell’Unione europea sono tenuti a depositare presso l’Eurostat gli
“Inventari sulle fonti ed i metodi di calcolo del Pil”, nei quali deve essere data dimostrazione della corretta e completa quantificazione
dell’economia non osservata.
Sardegna Economica 1/2011
107

Sardegna Economica 1/2011

Questa rubrica
è dedicata
alle novità librarie
che potete consultare
presso la biblioteca
della Camera di Commercio
di Cagliari.
Lo spettro di indagine
privilegiato del curatore
è quello dell’economia,
sia nell’indirizzo storico
che in quello dell’attualità.
a cura di Paolo Fadda
Italia, il grande inganno
1861-2011
L’unico stato al mondo che non vuole sapere
quando è nato, dove è nato e qual è la sua storia
di Francesco Cesare Casula
Carlo Delfino editore – pagine 300
Gennaio 2010
In Biblioteca
L’autore di questo libro – divenuto in breve tempo, qui in Sardegna,
un vero best-sellers – è uno dei più brillanti ed autorevoli
storici della Scuola universitaria isolana. Allievo di Alberto
Boscolo, certamente il più celebre dei nostri medievisti, Francesco
Cesare Casula (settantotto anni ottimamente portati), è
un autore prolifico, avendo pubblicato una quantità di volumi,
di saggi e di articoli, con i quali ha illustrato, con illuminante
sapere e con straordinaria capacità comunicativa, a diverse generazioni
di studenti del suo Ateneo (e più in generale di sardi
appassionati alla loro storia) le vicende e gli uomini (e le donne)
che hanno illustrato, e illuminato anche nei secoli bui, la nostra
terra sarda.
Proprio in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia
(che viene celebrato in questo 2011) ha dato alle stampe questo
libro con cui denuncia “il grande inganno” con cui – nelle memorie
degli storici ufficiali e negli atti celebrativi – si sarebbe sottratta
alla Sardegna la paternità di quel Regno d’Italia proclamato
ufficialmente la domenica 17 marzo del 1861 (denuncia infatti
Casula che in quel giorno al «Regno di Sardegna fu mutato il
nome e, con esso, la storia»).
Proprio quel giorno, si racconta che il conte di Cavour, allora
capo del governo, non avesse avuto altra premura se non quella
di ordinare alle regie tipografie di sostituire prontamente da ogni
documento la dizione “Regno di Sardegna” con quella di “Regno
d’Italia”. Cassando così ogni traccia di memoria di quell’isola
dal cui regno era partita quell’unità nazionale. Si trattò quindi
di una semplice modifica d’intestazione delle “regie carte”, dato
che non ne venne modificato né il preesistente Statuto “sardo”,
Sardegna Economica 1/2011 109

In Biblioteca
110
Sardegna Economica 1/2011
né il governo in carica e neppure il regime monarchico. Questa
di Francesco Cesare Casula è, dopo tutto, vera storia, poggiata
su documenti e, quindi, non una controstoria o un’operazione
revisionista.
Perché di inganni ce ne sono stati tanti, proprio per “cassare”
con inganno alla Sardegna la primogenitura del nuovo Regno
unitario. Che gran parte della penisola, prima di quel 17 marzo,
fosse Regno di Sardegna non ci piove, tant’è che in molti si credette
che il deamicisiano “tamburino sardo” fosse di Cossoine o
di Tratalias e non, come pare, di Cirié. Perché prima di allora,
come riportavano annuari e carte geografiche, fiumi “sardi” erano,
con il Tirso e il Rio Mannu, anche il Po e il Ticino.
Sempre in quel fatidico giorno di marzo, una domenica, secondo
il manuale “Il Diritto”, «non vi fu in tale occasione (la seduta del
Parlamento in Palazzo Carignano) né in alcun’altra antecedente
o susseguente, alcuna costituzione ex novo di un’entità politica
statale». Ciò a dar valore a quella tesi che il nuovo Regno nacque
con il solo cambio dell’insegna e con lo stesso Re.
Citando il trattato di illustri costituzionalisti, l’A. precisa
come «l’attuale Stato italiano altro non sia che l’antico Regno
di Sardegna, profondamente mutato nelle sua struttura
politica e non meno mutato nei suoi confini territoriali...
«Tutte le trasformazioni che si ebbero, dall’antico Regno di Sardegna
ad oggi, furono trasformazioni interne, per le quali si trasformò
bensì, e per importanti materie, l’ordine giuridico preesistente,
ma senza che questo venisse mai meno e cedesse il luogo
ad un nuovo Stato...
«Vi fu dunque una ininterrotta continuità dell’antico ordinamento
dello Stato sardo. Né questa continuità è mai venuta
meno per gli avvenimenti successivi, fino al passaggio dalla forma
monarchica a quella repubblicana».
Casula per questo elenca, con giusta precisione, le fonti storiche,
iconografiche, archivistiche e cartografiche, dalle quali ben si
evince come dopo quella domenica di marzo lo Stato «proseguì
nella sua linea vitale sarda, prima, durante e dopo il cambio del
nome».
Su questa tesi l’A. si esprime con la dovuta forza argomentativa,
sostenendo che «il Regno di Sardegna, con tutta la sua storia
iniziata nell’isola il 19 giugno 1324, continui ad esistere tutt’oggi
nella propria individualità istituzionale malgrado gli abbiano
cambiato il nome e, con esso, ingannevolmente il passato».
Se ben va intesa questa “lezione” del professor Casula, non avrebbe
l’intendimento di voler rimettere oggi le vicende storiche al
loro giusto posto, quanto il doverne valutare l’effettiva valenza
in chiave politica. Poiché, da allora e pur essendo regione “pri-

In Biblioteca
mogenita”, la Sardegna verrà trattata come un’intrusa, ricevendo
solo le briciole dal ricco banchetto dei bilanci unitari e dalle
sue diverse celebrazioni.
Proprio perché questo appare il giusto obiettivo di questo saggio:
perché occorre sfatare tante menzogne e ripristinare, nella memoria
collettiva, quello che appartiene, storicamente, alla Sardegna,
dando ad essa il giusto ricordo e gli indiscussi meriti nel
processo unitario del nostro Stato.
In questi giorni in cui un po’ dovunque si va celebrando il 150°
anniversario dell’Unità nazionale, proprio la lettura di questo
saggio di Casula meriterebbe qui nell’isola una riflessione più
attenta e meno smemorata su quale bilancio politico, del dato
e dell’avuto, i sardi dovrebbero redigere dopo un secolo e mezzo
d’unità nazionale. E quali meriti gli debbano essere riconosciuti
per essere stati la cellula primogenita, e determinante, della costituzione
della Nazione in cui viviamo.
Si è dell’opinione che, proprio in questi giorni – e principalmente
qui in Sardegna – la lettura di questo saggio, pubblicato dall’editore
Delfino, debba essere quasi d’obbligo per quanti ancor oggi
molto ignorano del nostro passato e tanto credono, o vogliono
credere, ai miti ancestrali con cui s’intende ripercorrere la nostra
storia. •
Sardegna Economica 1/2011 111

In Biblioteca
112
Sardegna Economica 1/2011
Non è il paese che sognavo
Taccuino laico per i 150 anni dell’Unità d’Italia
Colloquio di Alberto Orioli con Carlo Azeglio Ciampi
Edizione Il Saggiatore – pagine190
Dicembre 2010
«Un colloquio con Carlo Azeglio Ciampi sui 150 anni dell’Unità
d’Italia significa fare un viaggio nel tempo degli ideali e
nello spazio della nazione, fusi insieme nella convinzione profonda
che l’Italia sia un paese saldo nella continuità patriottica
tra Risorgimento, Resistenza e Costituente».
Chi scrive quest’incipit al libro-intervista è Alberto Orioli, vice direttore
ed editorialista del quotidiano “Il Sole - 24 Ore”, che nella
prima metà del 2010 ha avuto l’opportunità di colloquiare lungamente
con il Presidente emerito della Repubblica su quel suo impegno,
svolto con lucida determinatezza soprattutto nel settennato
vissuto al Quirinale, per ridare smalto ed orgoglio al sentimento di
italianità, annacquato da tante fole separatiste. Quasi che si fosse
posto il dovere di adempiere a quell’invito di Massimo d’Azeglio (o
di chi per lui) perché, dopo fatta l’Italia, si facessero gli italiani.
Ed è pertanto molto giusto ricordare come fu proprio Ciampi a ricercare
ed a esaltare, in ogni circostanza, quella continuità ideale
che deve esistere fra il Risorgimento, la Resistenza e la Costituente
repubblicana. Perché c’è - e la si ritrova nella storia - una continuità
d’ideali e di vocazioni fra quanti parteciparono a quelle tre
tappe fondamentali del nostro essere Nazione. Purtroppo molti di
quei sentimenti e di quelle idealità si sono appannate ed altri impulsi,
meno nobili e patriottici, sembrano averne preso il posto.
Sarà proprio lo sguardo su questo difficile presente a dare senso e
ragione al titolo scelto per questo libro: “questo non è il paese che
sognavo”. Perché per Ciampi quest’Italia del 2011 non è quel paese
che aveva sognato in gioventù; perché il paese dei grandi ideali risorgimentali
è diventato il paese di una politica senza valori e senza
ideali, del declino economico come dei gossip e degli scandali. Un
paese divenuto, per dirla con un aggettivo usato da un giornalista
straniero, “volgare” da quel che era in passato, nobile e bello.
Così il Presidente si interroga: «dove sono i valori, la passione civile,
la fiducia negli ideali? Come si vive oggi la dignità delle persone,
dell’intera nostra società?». Si tratta di domande retoriche,
perché la risposta è implicita: non ci sono più ideali e la dignità
delle persone la si vive in grande sofferenza.

In Biblioteca
In queste domande-riflessioni c’è proprio tutta l’amarezza e la sofferenza
del vecchio uomo delle istituzioni repubblicane (Governatore
della Banca d’Italia, Presidente del Consiglio, Presidente della Repubblica),
che ha percorso all’interno dello Stato un intenso e responsabile
cammino. Ed appare amareggiato, molto amareggiato, nel constatare
che c’è, nel paese, un cambio nelle sensibilità collettive, quasi che agli
ideali venga contrapposta la ricchezza personale, la furbizia all’etica
del servizio, l’imbroglio corsaro alla limpidezza dei comportamenti.
Per cui è lecita la sua domanda: cosa lasceremo ai nostri giovani,
ai nostri figli e nipoti? Su questo interrogativo si dipana il lungo filo
rosso che lega e unisce tutto l’argomentare del Presidente emerito
mentre il Paese si accinge a celebrare il centocinquantesimo anniversario
della sua unità nazionale. E le sue esortazioni verso i giovani,
come ricordate nel colloquio con Orioli, ritornano in più pagine:
«bisogna fare in modo che i giovani acquisiscano soprattutto
il senso di assunzione di responsabilità, la capacità di prendere decisioni,
che non si facciano impressionare dagli impegni che la vita
ci propone e che il nostro avvenire come società ci impone. Occorre
quindi invitare i nostri giovani a prendere lo spazio che meritano e
a rispondere soprattutto ai loro ideali puri di speranza e di fiducia».
Il parlare di Ciampi è tutto entro quel Paese dei suoi sogni e dei
suoi ideali, quello che – avvilito e ferito a morte in quel 1943-45 –
aveva chiamato tutti i giovani d’allora all’impegno della ricostruzione.
Così i diversi capitoli dell’intervista ne scandiscono le tappe:
“Italia unita, la prova della storia” – “8 settembre, compleanno
della Patria” – “La scommessa dell’inno di Mameli” – “L’Italia
(poco) unita dell’industria” – “Dai briganti alla mafia” ...
C’è quindi in questi, come in altri capitoli un po’ della “grande”
storia d’Italia, degli ideali risorgimentali ritrovati e riperduti, di
un Paese dalle grandi potenzialità ma anche dalle grandi contraddizioni
e complessità. Un Paese, come ha detto qualcuno,
che stenta ad essere Patria.
Proprio “A mo’ di chiusa” il Presidente Ciampi ringrazia il suo
intervistatore per aver tolto dalla polvere «fatti, volti, episodi forse
mai del tutto dimenticati, certo sedimentati negli strati più
profondi della memoria, rendendomeli vicini e vivi». E che paiono,
per noi lettori, di pregnante interesse.
In questi giorni, in cui il ricordo dell’Unità nazionale è divenuto
di grande attualità, riportando alla mente pagine luminose e pagine
oscure di quel processo (dal Risorgimento alla Repubblica),
leggere queste riflessioni, amare e stimolanti insieme, che Carlo
Azeglio Ciampi ci ha riconsegnato in questo libro, può essere assai
istruttivo e stimolante. Perché si capisca che occorra riappropriarsi
di “alti”valori ideali per riportare i nostri giovani (ma
anche noi tutti) a sognare una Patria migliore! •
Sardegna Economica 1/2011 113

In Biblioteca
11
Sardegna Economica 1/2011
101 battaglie che
hanno fatto l’Italia unita
Rivolte popolari, azioni eroiche e scontri sanguinosi
per realizzare un sogno
di Andrea Frediani
Newton Compton editori – pagine 376
Gennaio 2011
Sembra quasi che per quel Regno d’Italia, nato dopo avere
semplicemente modificato l’intestazione del preesistente
Regno di Sardegna, i sardi siano stati i grandi assenti, o gli
ignari spettatori di quel che stava avvenendo nella penisola.
Infatti, in questo volume che vuol ricordare le tante battaglie
che, dal 1815 con l’avventurosa insurrezioni antiaustriaca di
Gioacchino Murat e Guglielmo Pepe, fino al 1920 con le giornate
dannunziane di Fiume, portarono alla costruzione della
Nazione, proprio dei sardi, e del loro voler fare l’Italia, non si
parla affatto. Neppure si ricordano quegli eroi dalle mostrine
bianco-rosse e dalla leppa pattadese o guspinese – i fantaccini
della Brigata Sassari – che, sul Piave e sulle doline del Carso,
versarono il loro sangue, ed illustrarono il loro eroismo, perché
l’Italia fosse una dal Brennero alla Sicilia. Portando per primi
il tricolore a Trieste, redenta e liberata dal giogo asburgico.
Forse questo è l’unico “peccato” (che virgolettiamo appositamente)
di questo volume che Andrea Frediani, ricercatore e
storico romano, specializzato nei fatti di guerra (ha pubblicato
anche “Le grandi battaglie di Roma antica”), ha voluto dedicare
a quanti eroismi, moti, insurrezioni e battaglie ci sono voluti
perché il nostro Paese raggiungesse i suoi confini naturali.
Anche perché sembrerebbe essersi persa non solo la consapevolezza,
ma anche la memoria di quanto sia costata ai nostri avi
la realizzazione del “sogno unitario”. Forse perché non di un
solo sogno si sarebbe trattato, ma di diversi e differenti “sogni”,
in una pluralizzazione di obiettivi e di intendimenti a cui accenna
lo stesso A.
Anche questo, lo precisiamo, è un libro che ha visto la luce nelle
librerie in occasione di questo 150° anniversario dell’Unità nazionale;
ed anche per questo trova posto in questa rubrica, tutta
dedicata, stavolta, a libri di un simile argomento rievocativo.
Va detto ancora, proprio per confermarne la validità storica,

In Biblioteca
che anche quest’A. si avvicina alla tesi del “grande inganno” di
Francesco C. Casula, scrivendo che «vi sono pochi dubbi, ormai,
sul fatto che il 1861 non abbia rappresentato l’unità d’Italia
ma l’espansione del Regno di Sardegna e dei possedimenti di
Casa Savoia». Al quale concetto andrebbe anche aggiunto il ricordo
di quanti sardi operarono e si batterono coraggiosamente
nelle “patrie battaglie” del Risorgimento e nei duri e sanguinosi
combattimenti della guerra mondiale del 1915-18 (a Cagliari
nell’Ottocento si costituirono delle associazioni per riunire il
centinaio e passa di reduci dalle guerre d’indipendenza e dalle
spedizioni garibaldine e, più di recente, gli ex combattenti della
“Sassari” furono protagonisti della politica isolana degli anni
’20 del Novecento).
Quel regno divenuto “d’Italia”, dal 1861 al 1865, avrebbe peraltro
conosciuto una sanguinosa lotta civile nei territori dell’ex
regno borbonico, non dissimile – sono le parole dell’A. –alla
guerra di secessione americana (Nord contro Sud, appunto).
Perché l’imposta piemontizzazione del nuovo Regno non fu indolore,
ed ebbe anche in Sardegna oppositori assai duri, come
Giorgio Asproni e Giovanni Antonio Sanna. In Lucania e in
Campania le resistenze furono molte, come opposizione alla
dura colonizzazione voluta dai militari e dai burocrati sabaudi.
Proprio quelle resistenze armate, come nota proprio Frediani,
provocarono un numero dei morti assai maggiore – scrive
– di tutte le tre guerre d’indipendenza. Quindi, fu vera guerra
civile «altro che lotta al brigantaggio – aggiunge ancora – come
venne rubricata fino a quando il velo, solo pochi anni fa, non è
stato squarciato!».
Se anche queste “post 1861” furono battaglie “interne” al nuovo
Stato per realizzarne con l’imposizione l’unificazione (lo
scontro fratricida sull’Aspromonte nell’agosto del ’62 o, ancora,
la rivolta di Palermo del settembre ’66), la ricostruzione
dell’A. ne elenca altre, in quel centinaio di schede, che furono
combattute contro eserciti e poteri “esterni”, per creare lo Stato
unitario; di queste alcune erano rimaste completamente
dimenticate dalla memoria storica, ma che, per quel che scrive
l’A., furono altrettanto importanti per il completamento di
quel processo unitario.
Perché pochi sanno cosa avvenne nelle balze di Scavignano
il 28 settembre 1845, o, ancora, perché poco si è saputo della
sconfitta di Sommacampagna il 23 luglio del ’48, durante la
prima guerra d’indipendenza. O, per andare più avanti negli
anni risorgimentali, la memoria non aiuta per sapere cosa
avvenne il 20 ottobre del ’60 al passo del Macerone, nei pressi
di Isernia.
Sardegna Economica 1/2011 115

In Biblioteca
116
Sardegna Economica 1/2011
Questo lungo elenco di “rivolte popolari, azioni eroiche e scontri
sanguinosi” ha termine con l’avventura di Fiume nel Natale
del 1920, sotto la guida del poeta-soldato Gabriele d’Annunzio,
per l’occasione in divisa di tenente colonnello dei Lancieri di
Novara. Il trattato di Rapallo, che sottrarrà la città istriana
all’Italia, avrebbe portato il “comandante” d’Annunzio ad “entrare
in guerra” con il Regno d’Italia, essendosi opposto, con le
armi e con i suoi volontari (giunti da tutt’Italia, una ventina
anche dalla Sardegna), all’assedio portato dalle truppe regie
comandate dal generale Caviglia. «È stata una lotta fratricida,
perfino peggiore di quella dell’Aspromonte, scrive Frediani.
Tutto per niente, oltretutto: quattro anni dopo il regime fascista
avrebbe sancito con l’annessione all’Italia le ripetute occupazioni
squadriste seguite a quello che lo stesso d’Annunzio
aveva definito il Natale di sangue!».
C’è dunque, per chi legge questo il libro il tanto per comprendere
quanto “sangue” venne versato, da tanti nostri fratelli, perché
nascesse la nazione che ci ha fatto – sardi e veneti, siciliani
e piemontesi, campani e toscani, ecc. – “italiani, italiani veri”,
come recita la bella canzone di Cutugno.
Ed ha molta ragione l’A. dove suggerisce l’acquisto del suo libro
«ai rappresentanti delle istituzioni, affinché ricordino quali
sacrifici sono stati compiuti per permettere loro di occupare le
poltrone su cui siedono. ...Perché – parlamentari, ministri, consiglieri
regionali, provinciali, comunali o circoscrizionali – non
dimentichino mai quanto sangue è costata la costruzione del
nostro Paese».
Questo libro di Frediani può essere anche letto (ed è questa
una ragione che ne consiglia la conoscenza) come un lungo
racconto, intenso ed appassionante, in cui quelle 101 battaglie
(poche vinte e molte perdute) hanno visto decine di migliaia
di valorosi soldati, volontari o regolari, sacrificarsi per una
grande causa in un’epopea che oggi nessun italiano dovrebbe
dimenticare.
Forse, quest’anniversario può servire per meglio comprendere
la storia passata, per conoscerne tanti aspetti rimasti colposamente
nell’ombra per via d’una demagogia nazionalista che
ha lungamente nascosto a tanti di noi molte verità e molti
passi falsi.
Così, anche questo libro aiuta a fare memoria, a riscoprire gli
entusiasmi che portarono tanti giovani (e c’erano tanti sardi
fra loro) a correre dietro le camicie rosse di Garibaldi o ai proclami
del divo Gabriele d’Annunzio. Perché l’Unità d’Italia fu
certamente un sogno – romantico ed eroico allo stesso tempo
– che avrebbe infiammato i cuori di tanta gioventù. •

I movimenti degli aeroporti e
dei porti sardi nel 2010
In questa bella foto panoramica di Elisabetta
Messina si può vedere in primo piano il porto
commerciale di Cagliari con la nave passeggeri
che collega la nostra isola con la penisola
e, sullo sfondo a destra, la pista di atterraggio
a cura della Redazione
dell’aeroporto internazionale “Mario Mameli”
di Elmas.
Sono questi i due varchi d’entrata e d’uscita
dei movimenti passeggeri della Sardegna meridionale.
Sardegna Economica 1/2011 117

Tab. 1 - Aeroporto di Alghero - Passeggeri - Anno 2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
Fonte: Assaeroporti
118 Sardegna Economica 1/2011
Nazionali
59.402
55.716
67.597
65.776
75.833
85.582
99.794
116.667
89.083
74.703
62.414
68.100
920.667
Internazionali
13.017
10.791
16.982
29.984
41.557
53.823
77.027
76.085
60.705
48.608
18.108
17.586
464.273
Transito
217
140
250
380
117
182
0
179
209
541
132
0
2.347
Tab. 2 - Aeroporto di Cagliari - Passeggeri - Anno 2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
Fonte: Assaeroporti
Nazionali
164.779
159.806
190.877
204.318
241.318
263.996
294.019
309.324
263.339
235.317
187.698
194.046
2.708.837
Internazionali
30.965
24.553
38.907
53.806
70.327
74.836
93.048
104.818
88.459
75.335
32.892
26.532
714.478
Transito
976
1.049
732
889
1.625
2.185
950
662
2.018
1.753
1.171
973
14.983
Aviaz. generale
69
9
125
221
56
78
101
94
79
31
42
25
930
Aviaz. generale
127
135
191
161
431
445
1.061
1.322
490
193
166
207
4.929
a cura della Redazione
Totale
72.705
66.656
84.954
96.361
117.563
139.665
176.922
193.025
150.076
123.883
80.696
85.711
1.388.217
Totale
196.847
185.543
230.707
259.174
313.701
341.462
389.078
416.126
354.306
312.598
221.927
221.758
3.443.227

Tab. 3 - Aeroporto di Olbia - Passeggeri - Anno 2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
Fonte: Assaeroporti
Nazionali
39.344
36.354
41.630
56.523
72.100
133.856
196.762
226.632
113.113
57.038
41.749
45.437
1.060.538
Internazionali
4.125
5.029
8.660
21.408
65.453
75.504
100.611
102.917
87.024
52.346
6.083
4.217
533.377
Transito
1.488
1.295
2.793
3.160
4.795
5.831
5.500
5.328
2.396
3.467
2.629
2.600
41.282
Aviaz. generale
Tab. 4 - Aeroporto di Oristano Fenosu - Passeggeri - Anno 2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
Fonte: So.Ge.A.OR SpA
Nazionali
-
-
-
-
-
426
911
1.321
1.535
1.111
667
1.586
7.557
Internazionali
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Transito
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
182
269
280
638
1.554
3.516
6.578
7.120
2.609
522
220
151
23.639
Aviaz. generale
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
a cura della Redazione
Totale
45.139
42.947
53.363
81.729
143.902
218.707
309.451
341.997
205.142
113.373
50.681
52.405
1.658.836
Totale
Sardegna Economica 1/2011
-
-
-
-
-
426
911
1.321
1.535
1.111
667
1.586
7.557
119

Tab. 5 - Aeroporto di Tortolì Arbatax - Passeggeri - Anno 2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
Tab. 6 - Aeroporto di Alghero - Cargo - Anno 2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Fonte: Assaeroporti
120 Sardegna Economica 1/2011
Nazionali
-
-
-
-
-
1.581
3.474
4.327
1.223
-
-
-
10.605
Fonte: Ge.Ar.To SRL Gestione Aeroporto Arbatax
Internazionali
Totale merci
84
99
136
119
127
129
115
111
136
124
131
108
-
-
-
-
89
561
702
449
1.088
78
-
-
2.967
Transito
Posta
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Aviaz. generale
0
0
0
0
0
0
0
0
0
2
0
0
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
a cura della Redazione
Totale
Totale
84
99
136
119
127
129
115
111
136
126
131
108
-
-
-
-
89
2.142
4.176
4.776
2.311
78
-
-
13.572

Tab. 7 - Aeroporto di Cagliari - Cargo - Anno 2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Fonte: Assaeroporti
Totale merci
135
129
166
152
160
157
163
149
170
168
142
119
Tab. 8 - Aeroporto di Olbia - Cargo - Anno 2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Fonte: Assaeroporti
Totale merci
13
12
15
13
17
26
31
25
24
15
13
17
Posta
Posta
150
152
168
152
156
148
150
123
144
155
146
158
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
a cura della Redazione
Totale
Totale
285
281
334
304
316
305
313
272
314
323
288
277
13
12
15
13
17
26
31
25
24
15
13
17
Sardegna Economica 1/2011
121

122
Graf. 1 - Porto di Cagliari - Traffico passeggeri - Anni 2000-2010
600000
500000
400000
300000
200000
100000
423331
0
521523
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Fonte: Autorità Portuale di Cagliari
Sardegna Economica 1/2011
474701
490497
451363
417619
327213
330185
Graf. 2 - Porto di Cagliari - Traffico croceristi - Anni 2000-2010
250000
200000
150000
100000
50000
0
39491
16607
286721
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Fonte: Autorità Portuale di Cagliari
20221
47389 46692
35423
24072
63638
89871
a cura della Redazione
344146
347859
2009 2010
112419
158303
2009 2010

Graf. 3 - Porto di Cagliari - Traffico container (in TEU’s) - Anni 2000-2010
800000
700000
600000
500000
400000
300000
200000
100000
21631
0
25908
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Fonte: Autorità Portuale di Cagliari
73657
313938
501194
639049
687657
547336
307527
Graf. 4 - Porto di Cagliari - Traffico RoRo (in tonnellate) - Anni 2000-2010
5000000
4500000
4000000 3702732
3500000
3000000
2500000
2000000
1500000
1000000
500000
0
3861810
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Fonte: Autorità Portuale di Cagliari
3382198
4406504
3378950
3595585
3251750 3185158 3237514
a cura della Redazione
736984
629340
2009 2010
2639541 2596700
2009 2010
Sardegna Economica 1/2011 123

12
Graf. 5 - Porto di Cagliari - Rinfuse solide (in tonnellate) - Anni 2000-2010
800000
700000
600000 538841
500000
400000
300000
200000
100000
0
Graf. 6 - Porto di Cagliari - Rinfuse liquide (in tonnellate) - Anni 2000-2010
30000000
25000000
20000000
15000000
10000000
5000000
0
25799415
557598
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Fonte: Autorità Portuale di Cagliari
24113176
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Fonte: Autorità Portuale di Cagliari
Sardegna Economica 1/2011
608497
25983693
667896
26631307
671416
22858950
414388
27990420
289154
26984884
317129
26033123
236587
26843064
a cura della Redazione
520411
2009 2010
23343513
395980
25956304
2009 2010

Tab. 9a - Porto di Olbia - Arrivi - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
190
175
197
231
288
476
515
546
412
275
214
204
3.723
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Tot. Navi di Linea Passeggeri
2010
211
220
258
265
313
442
510
536
381
210
188
175
3.709
Diff. %
11,05%
25,71%
30,96%
14,72%
8,68%
-7,14%
-0,97%
-1,83%
-7,52%
-23,64%
-12,15%
-14,22%
-0,38%
Tab. 9b - Porto di Olbia - Arrivi - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
208.022
239.268
270.781
260.881
287.469
288.121
362.060
184.860
272.686
282.550
269.375
244.784
3.170.857
Merce varia
2010
234.448
270.538
289.003
269.719
295.316
293.086
347.829
230.633
281.032
296.998
274.596
263.192
3.346.390
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Diff. %
12,70%
13,07%
6,73%
3,39%
2,73%
1,72%
-3,93%
24,76%
3,06%
5,11%
1,94%
7,52%
5,54%
2009
12.145
10.907
14.206
34.166
48.915
106.980
142.642
174.426
56.599
18.183
12.648
17.961
649.778
Auto + camper
2010
14.503
10.747
16.786
28.471
45.830
97.060
148.311
163.843
59.838
20.681
12.375
17.246
635.691
2009
35.909
31.359
41.062
94.738
144.576
329.363
451.172
544.502
166.991
56.237
34.255
47.560
1.977.724
Diff. %
19,42%
-1,47%
18,16%
-16,67%
-6,31%
-9,27%
3,97%
-6,07%
5,72%
13,74%
-2,16%
-2,16%
-2,17%
2010
43.127
30.996
45.487
81.073
124.717
283.155
458.773
530.016
173.186
59.965
33.667
45.633
1.909.795
a cura della Redazione
Diff. %
20,10%
-1,16%
10,78%
-14,42%
-13,74%
-14,03%
1,68%
-2,66%
3,71%
6,63%
-1,72%
-4,05%
-3,43%
Veicoli industriali
2009 2010 Diff. %
12.137
12.833
15.125
14.261
16.766
16.687
21.345
11.354
14.759
16.722
14.477
15.524
181.990
12.518
14.034
14.981
13.702
15.202
16.324
16.971
11.958
14.343
14.963
12.778
12.522
170.296
3,14%
9,36%
-0,95%
-3,92%
-9,33%
-2,18%
-20,49%
5,32%
-2,82%
-10,52%
-11,74%
-19,34%
-6,43%
Sardegna Economica 1/2011 125

126
Tab. 10a - Porto di Olbia - Partenze - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
Sardegna Economica 1/2011
2009
188
174
197
231
287
476
512
544
412
275
214
204
3.714
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Tot. Navi di Linea Passeggeri
2010
216
219
258
265
313
442
511
536
381
207
188
175
3.711
Diff. %
14,89%
25,86%
30,96%
14,72%
9,06%
-7,14%
-0,20%
-1,47%
-7,52%
-24,73%
-12,15%
-14,22%
-0,08%
2009
36.791
29.620
37.653
76.121
104.984
241.469
376.280
587.795
313.509
55.247
34.456
43.150
1.937.075
Tab. 10b - Porto di Olbia - Partenze - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
161.849
222.441
204.145
161.409
205.286
226.621
218.107
105.252
198.634
202.439
204.091
145.830
2.256.104
Merce varia
2010
204.045
232.418
240.384
223.944
229.025
228.436
259.889
170.059
243.787
236.059
274.596
209.901
2.752.543
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Diff. %
26,07%
4,49%
17,75%
38,74%
11,56%
0,80%
19,16%
61,57%
22,73%
16,61%
34,55%
43,94%
22,00%
2009
15.162
10.647
13.423
24.734
36.248
82.349
117.907
198.674
110.528
25.960
13.810
15.414
664.856
Auto + camper
2010
16.595
10.456
12.937
17.999
30.687
76.937
121.959
179.224
107.485
27.628
12.375
14.876
629.158
Diff. %
9,45%
-1,79%
-3,62%
-27,23%
-15,34%
-6,57%
3,44%
-9,79%
-2,75%
6,43%
-10,39%
-10,39%
-5,37%
2010
45.674
30.388
38.357
77.582
87.235
228.559
381.283
557.928
302.809
75.454
33.667
42.272
1.901.208
a cura della Redazione
Diff. %
24,14%
2,59%
1,87%
1,92%
-16,91%
-5,35%
1,33%
-5,08%
-3,41%
36,58%
-2,29%
-2,03%
-1,85%
Veicoli industriali
2009 2010 Diff. %
10.930
11.963
13.451
12.296
14.854
14.979
16.887
10.658
14.689
15.406
13.517
11.962
161.592
11.853
12.686
14.263
12.650
13.678
15.496
15.456
11.104
15.518
13.436
12.788
11.094
160.022
8,44%
6,04%
6,04%
2,88%
-7,92%
3,45%
-8,47%
4,18%
5,64%
-12,79%
-5,39%
-5,39%
-0,97%

Tab. 11a - Porto di Olbia - Dati globali arrivi/partenze - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
378
349
394
462
575
952
1027
1090
824
550
428
408
7.437
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Tot. Navi di Linea Passeggeri
2010
427
439
516
530
626
884
1021
1072
762
417
376
350
7.420
Diff. %
12,96%
25,79%
30,96%
14,72%
8,87%
-7,14%
-0,58%
-1,65%
-7,52%
-24,18%
-12,15%
-14,22%
-0,23%
2009
72.700
60.979
78.715
170.859
249.560
570.832
827.452
1.132.297
480.500
111.484
68.711
90.710
3.914.799
2010
88.801
61.384
83.844
158.655
211.952
511.714
840.056
1.087.944
475.995
135.419
67.334
87.905
3.811.003
Tab. 11b - Porto di Olbia - Dati globali arrivi/partenze - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
369.871
461.709
474.926
422.290
492.755
514.742
580.167
290.112
471.320
484.989
473.466
390.614
5.426.961
Merce varia
2010
438.493
502.956
529.387
493.663
524.341
521.522
607.718
400.692
524.819
533.057
549.192
473.093
6.098.933
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Diff. %
18,55%
8,93%
11,47%
16,90%
6,41%
1,32%
4,75%
38,12%
11,35%
9,91%
15,99%
21,12%
12,38%
2009
27.307
21.554
27.629
58.900
85.163
189.329
260.549
373.100
167.127
44.143
26.458
33.375
1.314.634
Auto + camper
2010
31.098
21.203
29.723
46.470
76.517
173.997
270.270
343.067
167.323
48.309
24.750
32.122
1.264.849
Diff. %
13,88%
-1,63%
7,58%
-21,10%
-10,15%
-8,10%
3,73%
-8,05%
0,12%
9,44%
-6,46%
-3,75%
-3,79%
a cura della Redazione
Diff. %
22,15%
0,66%
6,52%
-7,14%
-15,07%
-10,36%
1,52%
-3,92%
-0,94%
21,47%
-2,00%
-3,09%
-2,65%
Veicoli industriali
2009 2010 Diff. %
23.067
24.796
28.576
26.557
31.620
31.666
38.232
22.012
29.448
32.128
27.994
27.486
343.582
24.371
26.720
29.244
26.352
28.880
31.820
32.427
23.062
29.861
28.399
25.566
23.616
330.318
5,65%
7,76%
2,34%
-0,77%
-8,67%
0,49%
-15,18%
4,77%
1,40%
-11,61%
-8,67%
-14,08%
-3,86%
Sardegna Economica 1/2011 127

128
Tab. 12a - Porto di Golfo Aranci - Arrivi - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
36
33
34
51
56
93
94
94
79
38
31
33
672
Sardegna Economica 1/2011
Tot. Navi di Linea
2010
30
30
37
73
68
89
98
92
75
36
30
35
693
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Diff. %
-16,67%
-9,09%
8,82%
43,14%
21,43%
-4,30%
4,26%
-2,13%
-5,06%
-5,26%
-3,23%
6,06%
3,13%
2009
8.485
6.035
6.849
23.857
33.530
66.020
107.803
126.656
47.820
17.513
7.376
13.680
465.624
Passeggeri
2010
8.534
5.815
12.020
26.919
36.390
75.118
109.891
123.030
45.287
19.202
8.515
13.113
483.834
Diff. %
0,58%
-3,65%
75,50%
12,83%
8,53%
13,78%
1,94%
-2,86%
-5,30%
9,64%
15,44%
-4,14%
3,91%
Tab. 12b - Porto di Golfo Aranci - Arrivi - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
3.371
2.290
2.832
9.107
12.334
24.303
38.055
43.791
17.212
6.804
3.504
5.914
169.517
Auto + camper
2010
3.309
2.570
4.870
10.514
14.612
27.058
39.601
46.166
17.254
6.960
3.588
5.307
181.809
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Diff. %
-1,84%
12,23%
71,96%
15,45%
18,47%
11,34%
4,06%
5,42%
0,24%
2,29%
2,40%
-10,26%
7,25%
Veicoli Industriali
2009
795
694
865
903
1.172
1.093
981
442
880
985
655
856
10.321
2010
545
619
930
1.087
1.889
990
744
-
1012
856
879
823
10.374
Diff. %
-31,45%
-10,81%
7,51%
20,38%
61,18%
-9,42%
-24,16%
-100,00%
15,00%
-13,10%
34,20%
-3,86%
0,51%
Merce varia
2009 2010
107
239
200
389
-
350
-
492
2.329
2.881
6.987,00
2009
-
-
15
13
59
9
5
6
-
2
61
83
-
-
253
a cura della Redazione
-
917
-
537
-
438
-
-
22
1.914,00
Carri FS
2010
-
-
-
19
-
9
-
11
-
-
9
-
-
48
Diff. %
-100,00%
283,68%
-100,00%
38,05%
-
25,14%
-100,00%
-100,00%
-
-99,24%
-
-
-72,61%
Diff. %
-100,00%
46,15%
-100,00%
0,00%
-100,00%
83,33%
-100,00%
-100,00%
-
-89,16%
-
-
-81,03%

Tab. 13a - Porto di Golfo Aranci - Partenze - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
Tot. Navi di Linea
2009
36
33
34
51
56
93
94
94
79
38
31
33
672
2010
30
30
37
73
68
89
98
92
75
36
30
35
693
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Diff. %
-16,67%
-9,09%
8,82%
43,14%
21,43%
-4,30%
4,26%
-2,13%
-5,06%
-5,26%
-3,23%
6,06%
3,13%
2009
11.818
4.942
5.862
19.456
24.248
51.468
84.395
126.878
84.708
23.127
7.655
9.751
454.308
Passeggeri
2010
9.295
5.601
8.715
24.866
22.697
53.149
87.739
122.970
82.232
23.342
7.960
10.275
458.841
Diff. %
-21,35%
13,33%
48,67%
27,81%
-6,40%
3,27%
3,96%
-3,08%
-2,92%
0,93%
3,98%
5,37%
1,00%
Tab. 13b - Porto di Golfo Aranci - Partenze - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
4.130
1.952
2.217
9.107
9.058
17.647
28.546
44.455
31.104
9.075
3.480
3.882
164.653
Auto + camper
2010
3.950
2.351
3.416
9.501
9.004
20.500
30.293
43.992
30.219
9.249
3.468
3.980
169.923
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Diff. %
-4,36%
20,44%
54,08%
4,33%
-0,60%
16,17%
6,12%
-1,04%
-2,85%
1,92%
-0,34%
2,52%
3,20%
Veicoli Industriali
2009
874
841
919
992
1.302
1.342
1.055
485
756
994
693
646
10.899
2010
583
644
858
1.127
1.174
1.167
899
-
589
827
965
763
9.596
Diff. %
-33,30%
-23,42%
-6,64%
13,61%
-9,83%
-13,04%
-14,79%
-100,00%
-22,09%
-16,80%
39,25%
18,11%
-11,96%
Merce varia
2009 2010
-
25
-
352
308
147
-
797
441
869
2.939,00
2009
-
-
33
12
-
10
5
14
-
5
34
48
-
-
161
a cura della Redazione
-
1.090 4260,00%
-
1.641
-
929
-
-
550
4.210,00
Carri FS
2010
-
-
-
32
-
56
-
37
-
-
8
-
-
133
Diff. %
366,19%
-100,00%
531,97%
-100,00%
-100,00%
Sardegna Economica 1/2011 129
-
-
-
-36,71%
-
-
43,25%
Diff. %
-100,00%
166,67%
460,00%
-100,00%
164,29%
-100,00%
-100,00%
-
-
-83,33%
-
-
-17,39%

130
Sardegna Economica 1/2011
a cura della Redazione
Tab. 14a - Porto di Golfo Aranci - Dati globali arrivi/partenze - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
Tot. Navi di Linea
2009
72
66
68
102
112
186
188
188
158
76
62
66
1.344
2010
60
60
74
146
136
178
196
184
150
72
60
70
1.386
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Diff. %
-16,67%
-9,09%
8,82%
43,14%
21,43%
-4,30%
4,26%
-2,13%
-5,06%
-5,26%
-3,23%
6,06%
3,13%
2009
20.303
10.977
12.711
43.313
57.778
117.488
192.198
253.534
132.528
40.640
15.031
23.431
919.932
Passeggeri
2010
17.829
11.416
20.735
51.785
59.087
128.267
197.630
246.000
127.519
42.544
16.475
23.388
942.675
Diff. %
-12,19%
4,00%
63,13%
19,56%
2,27%
9,17%
2,83%
-2,97%
-3,78%
4,69%
9,61%
-0,18%
2,47%
Merce varia
2009 2010
107
264
200
741
308
497
-
1.289
2.770
3.750
-
-
9.926
-
2.007
-
2.178
-
1.367
-
-
-
572
-
-
6.124
Diff. %
-100,00%
660,23%
-100,00%
193,93%
-100,00%
175,05%
-100,00%
-100,00%
-
-84,75%
-
-
-38,30%
Tab. 14b - Porto di Golfo Aranci - Dati globali arrivi/partenze - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
7.501
4.242
5.049
18.214
21.392
41.950
66.601
88.246
48.316
15.879
6.984
9.796
334.170
Auto + camper
2010
7.259
4.921
8.286
20.015
23.616
47.558
69.894
90.158
47.473
16.209
7.056
9.287
351.732
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Diff. %
-3,23%
16,01%
64,11%
9,89%
10,40%
13,37%
4,94%
2,17%
-1,74%
2,08%
1,03%
-5,20%
5,26%
Veicoli Industriali
2009
1.669
1.535
1.784
1.895
2.474
2.435
2.036
927
1.636
1.979
1.348
1.502
21.220
2010
1.128
1.263
1.788
2.214
3.063
2.157
1.643
-
1.601
1.683
1.844
1.586
19.970
Diff. %
-32,41%
-17,72%
0,22%
16,83%
23,81%
-11,42%
-19,30%
-100,00%
-2,14%
-14,96%
36,80%
5,59%
-5,89%
2009
48
25
59
19
10
20
-
7
95
131
-
-
414
Carri FS
2010
-
51
-
65
-
48
-
-
-
17
-
-
181
Diff. %
-100,00%
104,00%
-100,00%
242,11%
-100,00%
140,00%
-100,00%
-100,00%
-
-87,02%
-
-
-56,28%

Tab. 15a - Porto di Porto Torres - Arrivi - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
52
48
76
82
98
148
157
174
126
85
66
78
1.190
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Navi Ro - Pax Navi merci
2010
67
47
62
70
82
120
147
161
111
64
53
52
1.036
Diff. %
28,85%
-2,08%
-18,42%
-14,63%
-16,33%
-18,92%
-6,37%
-7,47%
-11,90%
-24,71%
-19,70%
-33,33%
-12,94%
2009
Tab. 15b - Porto di Porto Torres - Arrivi - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
13.104
11.760
14.818
34.921
41.828
77.368
107.296
131.270
42.385
23.663
12.461
25.058
535.932
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
17
27
34
26
25
26
46
29
15
30
23
28
326
Passeggeri Auto
2010
13.979
8.884
15.509
29.127
38.762
77.887
112.545
124.444
42.535
22.822
10.851
19.304
516.649
Diff. %
6,68%
-24,46%
4,66%
-16,59%
-7,33%
0,67%
4,89%
-5,20%
0,35%
-3,55%
-12,92%
-22,96%
-3,60%
2009
4.340
3.978
4.407
9.055
12.377
24.677
33.810
42.970
14.147
6.280
4.148
9.245
169.434
2010
27
32
33
28
30
36
33
34
30
26
28
28
365
2010
4.878
3.009
5.198
7.556
11.960
24.663
35.527
39.223
13.854
6.351
3.872
7.190
163.281
a cura della Redazione
Diff. %
58,82%
18,52%
-2,94%
7,69%
20,00%
38,46%
-28,26%
17,24%
100,00%
-13,33%
21,74%
0,00%
11,96%
Diff. %
12,40%
-24,36%
17,95%
-16,55%
-3,37%
-0,06%
5,08%
-8,72%
-2,07%
1,13%
-6,65%
-22,23%
-3,63%
Sardegna Economica 1/2011 131

132
Tab. 15c - Porto di Porto Torres - Arrivi - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
Sardegna Economica 1/2011
2009
51.185
52.352
64.613
60.538
72.862
70.050
75.183
62.082
59.509
67.770
59.763
62.479
758.386
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Merci Ro - Ro Rinfuse secche
2010
49.456
42.555
56.356
64.789
62.089
77.995
81.229
64.551
64.295
70.349
58.005
64.071
755.740
Diff. %
-3,38%
-18,71%
-12,78%
7,02%
-14,79%
11,34%
8,04%
3,98%
8,04%
3,81%
-2,94%
2,55%
-0,35%
2009
96.761
169.075
113.349
147.445
90.570
78.934
151.825
146.680
2.960
221.081
82.483
69.808
1.370.971
Tab. 15d - Porto di Porto Torres - Arrivi - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
48.980
85.798
173.477
75.202
143.551
77.553
223.882
92.182
108.392
118.627
69.740
102.613
1.319.997
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
2010
161.647
88.015
90.810
73.935
96.533
73.474
144.242
167.539
63.777
155.754
80.236
9.741
1.205.703
Rinfuse liquide Veicoli industriali
2010
66.490
140.765
89.626
87.328
75.036
115.333
101.601
107.085
196.523
132.140
57.029
81.973
1.250.929
Diff. %
35,75%
64,07%
-48,34%
16,12%
-47,73%
48,72%
-54,62%
16,17%
81,31%
11,39%
-18,23%
-20,11%
-5,23%
2009
2.209
2.461
2.828
2.844
3.195
2.931
2.819
1.915
2.526
2.976
2.728
2.765
32.197
2010
2.200
1.917
2.537
2.706
2.661
2.266
2.745
1.912
2.562
3.017
2.492
2.659
29.674
a cura della Redazione
Diff. %
67,06%
-47,94%
-19,88%
-49,86%
6,58%
-6,92%
-4,99%
14,22%
2054,63%
-29,55%
-2,72%
-86,05%
-12,05%
Diff. %
-0,41%
-22,10%
-10,29%
-4,85%
-16,71%
-22,69%
-2,63%
-0,16%
1,43%
1,38%
-8,65%
-3,83%
-7,84%

Tab. 16a - Porto di Porto Torres - Partenze - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
52
47
76
83
98
148
157
174
126
85
66
78
1.190
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Navi Ro - Pax Navi merci
2010
67
47
62
70
82
120
147
161
112
64
53
52
1.037
Diff. %
28,85%
0,00%
-18,42%
-15,66%
-16,33%
-18,92%
-6,37%
-7,47%
-11,11%
-24,71%
-19,70%
-33,33%
-12,86%
2009
Tab. 16b - Porto di Porto Torres - Partenze - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
13.096
7.753
13.017
43.480
24.825
49.846
72.190
146.390
78.179
25.473
12.868
17.618
504.735
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
16
28
30
28
26
28
47
28
17
29
24
27
328
Passeggeri Auto
2010
16.199
7.677
11.830
24.129
25.563
49.746
80.761
135.728
77.285
20.750
9.562
13.475
472.705
Diff. %
23,69%
-0,98%
-9,12%
-44,51%
2,97%
-0,20%
11,87%
-7,28%
-1,14%
-18,54%
-25,69%
-23,52%
-6,35%
2009
5.453
2.289
3.596
6.534
7.045
15.593
23.063
47.045
28.815
8.074
6.157
7.041
160.705
2010
27
33
32
29
32
36
32
34
30
26
29
27
367
2010
7.330
2.664
3.734
7.240
8.052
16.262
27.247
45.699
26.686
6.556
3.280
4.160
158.910
a cura della Redazione
Diff. %
68,75%
17,86%
6,67%
3,57%
23,08%
28,57%
-31,91%
21,43%
76,47%
-10,34%
20,83%
0,00%
11,89%
Diff. %
34,42%
16,38%
3,84%
10,81%
14,29%
4,29%
18,14%
-2,86%
-7,39%
-18,80%
-46,73%
-40,92%
-1,12%
Sardegna Economica 1/2011 133

13
Tab. 16c - Porto di Porto Torres - Partenze - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
Sardegna Economica 1/2011
2009
49.303
48.400
59.109
51.771
54.646
61.575
58.439
46.979
56.975
61.294
52.874
51.149
652.514
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Merci Ro - Ro Rinfuse secche
2010
46.026
36.576
48.465
50.851
55.433
51.940
55.060
47.164
53.374
53.306
55.450
55.798
609.443
Diff. %
-6,65%
-24,43%
-18,01%
-1,78%
1,44%
-15,65%
-5,78%
0,39%
-6,32%
-13,03%
4,87%
9,09%
-6,60%
2009
1.748
16.118
3.066
-
24.572
10.330
25.494
9.368
7.211
16.988
4.812
10.970
130.677
Tab. 16d - Porto di Porto Torres - Partenze - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
4.000
25.733
68.572
71.891
14.347
20.115
21.400
7.400
1.550
28.049
22.150
20.000
305.207
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
2010
15.300
17.392
22.522
15.424
9.209
54.938
29.276
21.271
31.848
12.628
29.381
24.680
283.869
Rinfuse liquide Veicoli industriali
2010
26.000
32.150
31.500
30.000
26.530
34.100
23.040
36.329
26.949
12.100
21.702
22.496
322.896
Diff. %
550,00%
24,94%
-54,06%
-58,27%
84,92%
69,53%
7,66%
390,93%
1638,65%
-56,86%
-2,02%
12,48%
5,80%
2009
1.825
2.301
2.635
2.231
2.770
3.001
2.467
1.705
2.173
2.398
3.364
2.322
29.192
2010
1.999
1.666
2.557
2.726
2.769
2.456
3.032
1.770
2.437
2.316
2.475
2.504
28.707
a cura della Redazione
Diff. %
775,29%
7,90%
634,57%
-
-62,52%
431,83%
14,83%
127,06%
341,66%
-25,67%
510,58%
124,98%
117,23%
Diff. %
9,53%
-27,60%
-2,96%
22,19%
-0,04%
-18,16%
22,90%
3,81%
12,15%
-3,42%
-26,43%
7,84%
-1,66%

a cura della Redazione
Tab. 17a - Porto di Porto Torres - Dati globali arrivi/partenze - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
104
95
152
165
196
296
314
348
252
170
132
156
2.380
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Navi Ro - Pax Navi merci
2010
134
94
124
140
164
240
294
322
223
128
106
104
2.073
Diff. %
28,85%
-1,05%
-18,42%
-15,15%
-16,33%
-18,92%
-6,37%
-7,47%
-11,51%
-24,71%
-19,70%
-33,33%
-12,90%
2009
33
55
64
54
51
54
93
57
32
59
47
55
654
2010
54
65
65
57
62
72
65
68
60
52
57
55
732
Diff. %
63,64%
18,18%
1,56%
5,56%
21,57%
33,33%
-30,11%
19,30%
87,50%
-11,86%
21,28%
0,00%
11,93%
Tab. 17b - Porto di Porto Torres - Dati globali arrivi/partenze - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
26.200
19.513
27.835
78.401
66.653
127.214
179.486
277.660
120.564
49.136
25.329
42.676
1.040.667
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Passeggeri Auto
2010
30.178
16.561
27.339
53.256
64.325
127.633
193.306
260.172
119.820
43.572
20.413
32.779
989.354
Diff. %
15,18%
-15,13%
-1,78%
-32,07%
-3,49%
0,33%
7,70%
-6,30%
-0,62%
-11,32%
-19,41%
-23,19%
-4,93%
2009
9.793
6.267
8.003
15.589
19.422
40.270
56.873
90.015
42.962
14.354
10.305
16.286
330.139
2010
12.208
5.673
8.932
14.796
20.012
40.925
62.774
84.922
40.540
12.907
7.152
11.350
322.191
Diff. %
24,66%
-9,48%
11,61%
-5,09%
3,04%
1,63%
10,38%
-5,66%
-5,64%
-10,08%
-30,60%
-30,31%
-2,41%
Sardegna Economica 1/2011 135

136
Sardegna Economica 1/2011
a cura della Redazione
Tab. 17c - Porto di Porto Torres - Dati globali arrivi/partenze - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
100.488
100.752
123.722
112.309
127.508
131.625
133.622
109.061
116.484
129.064
112.637
113.628
1.410.900
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Merci Ro - Ro Rinfuse secche
2010
95.482
79.131
104.821
115.640
117.522
129.935
136.289
111.715
117.669
123.655
113.455
119.869
1.365.183
Diff. %
-4,98%
-21,46%
-15,28%
2,97%
-7,83%
-1,28%
2,00%
2,43%
1,02%
-4,19%
0,73%
5,49%
-3,24%
2009
98.509
185.193
116.415
147.445
115.142
89.264
177.319
156.048
10.171
238.069
87.295
80.778
1.501.648
2010
176.947
105.407
113.332
89.359
105.742
128.412
173.518
188.810
95.625
168.382
109.617
34.421
1.489.572
Diff. %
79,63%
-43,08%
-2,65%
-39,40%
-8,16%
43,86%
-2,14%
20,99%
840,17%
-29,27%
25,57%
-57,39%
Tab. 17d - Porto di Porto Torres - Dati globali arrivi/partenze - Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
52.980
111.531
242.049
147.093
157.898
97.668
245.282
99.582
109.942
146.676
91.890
122.613
1.625.204
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Rinfuse liquide Veicoli industriali
2010
92.490
172.915
121.126
117.328
101.566
149.433
124.641
143.414
223.472
144.240
78.731
104.469
1.573.825
Diff. %
74,58%
55,04%
-49,96%
-20,24%
-35,68%
53,00%
-49,18%
44,02%
103,26%
-1,66%
-14,32%
-14,80%
-3,16%
2009
4.034
4.762
5.463
5.075
5.965
5.932
5.286
3.620
4.699
5.374
6.092
5.087
61.389
2010
4.199
3.583
5.094
5.432
5.430
4.722
5.777
3.682
4.999
5.333
4.967
5.163
58.381
-0,80%
Diff. %
4,09%
-24,76%
-6,75%
7,03%
-8,97%
-20,40%
9,29%
1,71%
6,38%
-0,76%
-18,47%
1,49%
-4,90%

a cura della Redazione
Tab. 18a - Porti di Olbia, Golfo Aranci, Porto Torres - Dati globali arrivi/partenze
Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
554
510
614
729
883
1.434
1.529
1.626
1.234
796
622
630
11.161
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Tot. Navi di Linea Passeggeri
2010
621
593
714
816
926
1.302
1.511
1.578
1.135
617
542
524
10.879
Diff. %
12,09%
16,27%
16,29%
11,93%
4,87%
-9,21%
-1,18%
-2,95%
-8,02%
-22,49%
-12,86%
-16,83%
-2,53%
2009
119.203
91.469
119.261
292.573
373.991
815.534
1.199.136
1.663.491
733.592
201.260
109.071
156.817
5.875.398
2010
136.808
89.361
131.918
263.696
335.364
767.614
1.230.992
1.594.116
723.334
221.535
104.222
144.072
5.743.032
Diff. %
14,77%
-2,30%
10,61%
-9,87%
-10,33%
-5,88%
2,66%
-4,17%
-1,40%
10,07%
Tab. 18b - Porti di Olbia, Golfo Aranci, Porto Torres - Dati globali arrivi/partenze
Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
470.466
562.725
598.848
535.340
620.571
646.864
713.789
400.462
590.574
617.803
586.103
504.242
6.847.787
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Merce varia Auto + camper
2010
533.975
584.094
634.208
611.481
641.863
652.824
744.007
512.407
642.488
657.284
662.647
592.962
7.470.240
Diff. %
13,50%
3,80%
5,90%
14,22%
3,43%
0,92%
4,23%
27,95%
8,79%
6,39%
13,06%
17,59%
9,09%
2009
44.601
32.063
40.681
92.703
125.977
271.549
384.023
551.361
258.405
74.376
43.747
43.171
1.962.657
2010
50.565
31.797
46.941
81.281
120.145
262.480
402.938
518.147
255.336
77.425
38.958
52.759
1.938.772
-4,45%
-8,13%
-2,25%
Diff. %
13,37%
-0,83%
15,39%
-12,32%
-4,63%
-3,34%
4,93%
-6,02%
-1,19%
4,10%
-10,95%
22,21%
-1,22%
Sardegna Economica 1/2011 137

138
Sardegna Economica 1/2011
a cura della Redazione
Tab. 18c - Porti di Olbia, Golfo Aranci, Porto Torres - Dati globali arrivi/partenze
Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
28.770
31.093
35.823
33.527
40.059
40.033
45.554
26.559
35.783
39.481
35.434
34.075
426.191
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Veicoli Industriali Rinfuse solide
2010
29.698
31.566
36.126
33.998
37.373
38.699
39.847
26.744
36.461
35.415
32.377
30.365
408.669
Diff. %
3,23%
1,52%
0,85%
1,40%
-6,71%
-3,33%
-12,53%
0,70%
1,89%
-10,30%
-8,63%
-10,89%
-4,11%
2009
98.509
185.193
116.415
147.445
115.142
89.264
177.319
156.048
10.171
238.069
87.295
80.778
1.501.648
2010
176.947
105.407
113.332
89.359
105.742
128.412
173.518
188.810
95.625
168.382
109.617
34.421
1.489.572
Diff. %
79,63%
-43,08%
-2,65%
-39,40%
-8,16%
43,86%
-2,14%
20,99%
840,17%
-29,27%
25,57%
-57,39%
Tab. 18d - Porti di Olbia, Golfo Aranci, Porto Torres - Dati globali arrivi/partenze
Anni 2009-2010
Mese
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Totali
2009
52.980
111.531
242.049
147.093
157.898
97.668
245.282
99.582
109.942
146.676
91.890
122.613
1.625.204
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Rinfuse liquide Carri FS
2010
92.490
172.915
121.126
117.328
101.566
149.433
124.641
143.414
223.472
144.240
78.731
104.469
1.573.825
Diff. %
74,58%
55,04%
-49,96%
-20,24%
-35,68%
53,00%
-49,18%
44,02%
103,26%
-1,66%
-14,32%
-14,80%
-3,16%
2009
48
25
59
19
10
20
-
7
95
131
-
-
414
2010
-
51
-
65
-
48
-
-
-
17
-
-
181
-0,80%
Diff. %
-100,00%
104,00%
-100,00%
242,11%
-100,00%
140,00%
-100,00%
-100,00%
-
-87,02%
-
-
-56,28%

Tab. 19 - Traffico croceristico nel nord Sardegna - Anni 2005-2010
Anno
2005
2006
2007
2008
2009
2010
Fonte: Autorità Portuale del Nord Sardegna
Pax
30.619
35.486
101.882
209.536
224.115
184.623
Accosti
39
41
54
107
114
93
a cura della Redazione
Sardegna Economica 1/2011 139

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