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Seguito dal numero precedente…<br />
Cap. 3° Paragrafo 27<br />
Ottavio Roncioni, Vescovo<br />
Penale di annui scudi cento, inflitta<br />
al Municipio, per il mantenimento e<br />
ristauro della chiesa di S. Maria<br />
Maggiore<br />
Fu sotto il Vescovato di Giov. Carlo<br />
Antonelli, che il Clero ed i devoti cittadini,<br />
fecero istanza al Commune per<br />
ottenere un sussidio, allo scopo di riattare<br />
e riedificare nell’esterno della<br />
chiesa di S. Maria Maggiore, alcuni<br />
sconci e diroccamenti, molto immenzi,<br />
arrecati dalle fazioni cittadine armate;<br />
allorch<strong>è</strong> nelle lotte tra Ferentinesi ed<br />
Alatrini, rivolsero i faziosi, le armi contro<br />
i Frati Cistercensi, che ritenevano<br />
contiguo alla detta chiesa il loro convento.<br />
Il Comune adunato il Consiglio,<br />
rispose negativamente, all’appello del<br />
Clero e devoti; ma questi non si arresero<br />
al diniego, poiché aiutati da persone<br />
influenti, sporsero reclamo alla S. Sede<br />
in Roma. La corte di Roma, appurata la<br />
necessità dei ristauri e guasti da farsi al<br />
bellissimo tempio di S. Maria<br />
Maggiore, e posta a cognizione, che<br />
detti sconci, erano stati cagionati anticamente<br />
dallo stesso popolo ferentinese;<br />
ordinò con rescritto Il.mo al<br />
Comune, di pagare il giorno di Pasqua<br />
di ogni anno, fintantoch<strong>è</strong> non si verificassero<br />
ultimati i lavori murari di<br />
restauro suddetti, la penale di scudi<br />
cento: dando la facoltà al Potestà locale<br />
per l’osservanza, ed in caso di rifiuto,<br />
di dover duplicare la somma inflitta,<br />
con altri cento scudi. Nel libro<br />
Riformanze manosc: Commun: all’art.<br />
LXXXI pag: 45: tergo, si legge il sunto<br />
del detto Rescritto, copiato pure dal<br />
Giorgi e dal Bono così.<br />
= Da elemosina facendo Ecclesia S.<br />
Maria. Statuevum quod omni anno ad<br />
onorem beate Virg: Mariae et quod ipsa<br />
virgo Maria quae est mater pi<strong>è</strong>tatij liberet<br />
Civit: Ferent: ab obnim: oppressionib:<br />
quod de proventilus Comunitatis<br />
veniunt pro edificio Ecclesiae Sancta<br />
M. Majoris Den: Centum = Et dictum<br />
edificium fieri debeat per potestatem, et<br />
officiales civitatis predictae ubi feuvit<br />
plus necesse. Et Camerarius dieta<br />
Comunitatis, teneatur, et cogeve possit<br />
addandum, et solvendum de pecunia<br />
dicti Comuni anno quolibet in festo<br />
Pascatis Majoris Resurrezionis<br />
Domini, pro opere supradicto. Et<br />
Potestas dicti Comunitatis decretavimus<br />
statutum faciat in = violabiliter<br />
observavi, ad penam Den: Centum =<br />
Con il danaro suddetto, in ogni anno<br />
versato, si riebbe al pristino stato, la<br />
forma ed il disegno, deturpato, della<br />
chiesa nell’esterno dei lati . Anzi, in<br />
tale occasione, si volle abbondare il<br />
lavoro, poiché al lato destro, dal versante<br />
all’ospedale, vi si costruì la nuova<br />
fabbrica per la Sacrestia; lavoro, oggi<br />
riprovato dai moderni studiosi, perché<br />
deturpa la bellezza del tempio.<br />
Cap. 3° Paragrafo 28<br />
Soppressione del Convento dei PP.<br />
Celestini<br />
Fu pure sotto il Vescovato di Gio. Carlo<br />
Antonelli, che in virtù della Bolla emanata<br />
dal Pontefice Innocenzo X° fin<br />
“…<strong>Pro</strong>seguiamo il lavoro”<br />
“Storia di Ferentino”<br />
di Giacomo Bono<br />
dall’anno 1652 per la soppressione e<br />
restrizione dei Conventi, in Ferentino<br />
dietro rescritto della S. Sede, rimase<br />
soppresso il Convento dei PP. Celestini,<br />
nella chiesa rurale di S.Antonio<br />
Abbate. Le rendite ed i beni del detto<br />
convento, vennero aggregati al<br />
Monastero di S. Eusebio, di Roma. Per<br />
vari anni di seguito, dopo la soppressione,<br />
nel locale dei detti PP. Celestini,<br />
rimasero due soli Monaci Conversi, che<br />
in ogni anno riscuotevano la rendita dei<br />
fondi, ascendente alla somma di scudi<br />
mille e cento, che prelevatane per essi<br />
la parte al necessario sostentamento,<br />
erano in dovere di rimettere il restante<br />
in Roma, al Monastero di S. Eusebio.<br />
L’antico Regist: Commun: il Giorgi ed<br />
il Bono, accennano al rescritto sudd.º.<br />
Cap. 3° Paragrafo 29<br />
Valeriano Chierichelli, Vescovo<br />
Segna il numero LXXII della serie, il<br />
Vescovo di Ferentino, Valeriano<br />
Chierichelli, nativo di Amelia<br />
nell’Umbria, fu eletto alla sede vescovile<br />
di questa città dal Pontefice<br />
Innocenzo XII nell’anno 1694, dopo<br />
aver esercitato lodevolmente, cariche<br />
onorifiche presso la S. Sede. Nella reggenza<br />
della sua chiesa e diocesi, fu<br />
rigoroso per l’osservanza della disciplina<br />
ecclesiastica, con il Clero: a questi<br />
proibì di vestire abbiti borghesi entro la<br />
città, come nei viaggi e villeggiature,<br />
volle, che prevalesse nei preti l’abbito<br />
ecclesiastico: proibì loro le riunioni o<br />
combriccole serali, e di assistere ai<br />
pubblici spettacoli, sotto pena di multe<br />
pecuniarie, esercizi nei ritiri, e sospensioni<br />
di cariche a seconda della gravità<br />
del caso. Però un tal sistema di rigore,<br />
venne tosto attraversato dal Clero<br />
potente, ed anche da personaggi<br />
influenti della città, presso la corte di<br />
Roma; cosicch<strong>è</strong> il buon Vescovo<br />
Valeriano Chierichelli, contrariato dal<br />
Clero, fu nella necessità di esulare,<br />
cedendo la reggenza ai Vicari<br />
Apostolici, che per più anni governarono<br />
la chiesa di Ferentino. Finch<strong>è</strong> pergiunti<br />
all’anno 1710, ossia dopo 16<br />
anni dalla sua elezione al Vescovato,<br />
intesosi col Pontefice Clemente XI il<br />
quale, e per l’età, e per il bene della<br />
salute, lo consigliava a liberarsi da ogni<br />
intrigo, spontaneamente si dimisse dal<br />
Vescovato, riservandosi soltanto sopra<br />
la rendita di questa Mensa Vescovile<br />
un’annua pensione.<br />
Cap. 3° Paragrafo 30<br />
Rifusione della Campana grande<br />
della chiesa Cattedrale<br />
Sotto il Vescovato di Valeriano<br />
Chierichelli, ma allorch<strong>è</strong> la chiesa di<br />
Ferentino si reggeva dai Vicari<br />
Apostolici, in assenza del Vescovo, si<br />
addivenne, alla fusione della Campana<br />
grande della chiesa Cattedrale, la quale,<br />
fin dall’anno 1634, ossia più di settant’anni<br />
innanzi, ritrovavasi rotta sulla<br />
torre del Campanile. Cosicch<strong>è</strong> pergiunti<br />
all’anno 1705 fra le elemosine raccolte,<br />
ed elargizioni del Clero, e del<br />
Commune, si operò la rifazione della<br />
detta Campana nella pubblica piazza<br />
del Duomo. Tanto si rileva nella rubblicella<br />
Comm: e libr: Riformanze alla<br />
lett: F: pag: 35, come pure nell’indice<br />
De Ius e Rag: pag: 7. tergo; in dove si<br />
dice, che il Municipio vi concorse con<br />
la somma elargita di scudi 25. Nella d.ª<br />
Campana rifusa, vennero incisi i<br />
seguenti versi e motti latini, che io stes-<br />
so copiai, allorch<strong>è</strong> dietro nuova rottura,<br />
venne rifusa l’anno 1857.<br />
- Texqui millet. juper. bis. centum.<br />
quinque. salutis<br />
Communique. Capi. Praesulis. Aere.<br />
Tuli.1705<br />
- Quinque . et.. quincentos. mea. vox.<br />
jam. computat. Annos Post. quos.<br />
fracta. silens. ecce. refusa. sono.<br />
Ego sum sacra tuba ad Laudem<br />
Omnipotentis Dei Ejusque SS. MM.<br />
Joannis et Pauli devota ecclesiae voce<br />
proclamaus.<br />
– Isti sunt duae Olivae et duo candelabra<br />
lucentia Ante Dnum habent protestatem<br />
claudere coelum nubibus, et<br />
aperire portas ejus quia linguae<br />
corum claves coeli facte sunt.<br />
Ricordo pure, che oltre la detta iscrizione,<br />
restava di mirabile lavoro, il rilievo<br />
dell’ornato intorno alla bocca della<br />
Campana, con le figure dei santi martiri<br />
Giovanni e Paolo.<br />
Cap. 3° Paragrafo 31<br />
Simone Gritti, Vescovo<br />
Simone Gritti veneziano, segna il<br />
numero LXXIII della serie, che dal<br />
vescovato di Lattavo, venne traslato<br />
alla reggenza della sede di Ferentino<br />
dal pontefice Clemente XI, nell’anno<br />
1710 il mese di giugno. Governò questa<br />
chiesa per anni 19, essendo stato traslato<br />
alla sede dell’Acquapendente dal<br />
pontefice Benedetto XIII l’anno 1729.<br />
La detta traslazione, fù dal detto vescovo<br />
richiesta per liberarsi dalle vessazioni<br />
e persecuzioni del clero infierito contro<br />
di lui, essendo ch<strong>è</strong> egli rigorosissimo<br />
e tenace nel suo giusto proposito,<br />
forse più dell’antecessore, mantenne il<br />
sistema delle multe pecuniarie, per i<br />
canonici, parroci, preti e chierici, trasgressori<br />
dei propri offici. Colle somme<br />
raccolte dai multati, esso ricostruì il<br />
nuovo davanzale dell’orto, incontro la<br />
chiesa di S.Giuseppe, fece alcuni arredi<br />
sacri nella chiesa Cattedrale, ed altri<br />
utensili. Ma le persecuzioni del clero,<br />
irritato contro, sempre più aumentarono,<br />
che si vidde nella necessità di<br />
domandare al Pontefice un provvedimento,<br />
quale, ottenne colla traslazione<br />
alla chiesa d’Acquapendente come si <strong>è</strong><br />
detto. Simone Gritti, nel lasciare questa<br />
città, esarcebato dal contegno del clero,<br />
nel montare in vettura volle col fazzoletto<br />
sbarazzarsi dalla polvere il vestito<br />
e le scarpe, affine di non portare con se<br />
neanche la terra di Ferentino, accoltasi<br />
adosso nell’atto della partenza. Nel<br />
muro da lui edificato, col ritratto delle<br />
multe, prossimo alla chiesa di S.<br />
Giuseppe, ancora si vede la lapide coll’iscrizione,<br />
accennando a tal fatto, soltanto<br />
non <strong>è</strong> più riconoscibile il suo<br />
stemma perché deturpato per sfregio<br />
dopo la sua partenza.<br />
Cap 3° Paragrafo 32<br />
Fabrizio Borgia, Vescovo<br />
Riforma della Cappella, e delle<br />
<strong>Pro</strong>cessioni, del <strong>Pro</strong>t: S. Ambrogio<br />
Fabrizio Borgia, Vescovo di Ferentino,<br />
nativo di Velletri, segna della serie il<br />
num. LXXIV; fù eletto dal pontefice<br />
Benedetto XIII nell’anno 1729. Esso<br />
coll’assunzione al vescovato di questa<br />
città, ebbe subito il pensiero di rimodernare<br />
la cappella del protettore S.<br />
Ambrogio, nella chiesa cattedrale, a<br />
spese della Ven: Confraternita dello<br />
Spirito Santo, abbellendola di stucchi e<br />
dorature, come anche riportandola al<br />
piano antico della navata, trovandosi<br />
essa alquando elevata dal suolo: tolsevi<br />
le colonne a spira nell’ingresso, perché<br />
una di esse era spezzata in più parti e<br />
minacciante rovina, riordinò e fece a<br />
proprie spese ristampare l’officio di S.<br />
Ambrogio, coll’aggiunta dei decreti<br />
degli altri Santi particolari di questa<br />
chiesa, unitamente alla sua Umilia,<br />
fatta in occasione dell’invenzione<br />
sudd.a come rilevasi dal processo, esistente<br />
nel libro Capitolare lett: C: fogl:<br />
69 degl’istromenti; come anche nella<br />
vita del Santo <strong>Pro</strong>tettore del P. Nicola<br />
Angelini d.c.d.g. a pag: 50 e 51.<br />
Al vescovo Fabrizio Borgia, devesi<br />
attribuire la riforma dei tanti abusi,<br />
rimasti ancora inveterati nel popolo, fin<br />
dai bassi tempi, circa i pregiudizi e ridicolaggini<br />
adottate nell’incedere alle<br />
pubbliche processioni di penitenza precedente<br />
il 1 maggio giorno dell’invenzione<br />
del corpo del <strong>Pro</strong>tettore S.<br />
Ambrogio.<br />
Dette processioni, allora, composte da<br />
una calca di popolani denudati insino<br />
alla vita, scalsi ed adorni di nastri d’ogni<br />
colore, recanti per mano lance,<br />
spade, scure, roncole e corde nodose<br />
gridando a scuarciagola, evviva, ed<br />
alternando canti di rozze strofe formavano<br />
più di una processione di penitenza,<br />
una confusione, anzi un riprorevole<br />
baccano. Tali sconcezze, per lo innanzi<br />
mai potettero esser vietate dalla supervivita<br />
ecclesiastica, perché il massimo<br />
fanatismo, proveniva dalla compagnia<br />
detta dei Centurioni, o Flagellanti, istituita,<br />
molti secoli indietro, ed ora si<br />
riconosceva appropriata alla antichissima<br />
confraternita dello Spirito Santo,<br />
che per la sua grande influenza e ricchezza,<br />
quasi dominava la città tutta.<br />
Così il vescovo Fabrizio Borgia, nel<br />
proposito di provvedere a tanto sconcio,<br />
col suo sinodo Diocesano stampato<br />
nell’anno 1732, coi tipi di stor: Jannetti<br />
di Macerata, al cap: XXI, pag: 57 ebbe<br />
a stabilire una riforma per le dette processioni<br />
come pene ed altro.<br />
Ecco testualmente il sunto del paragr:<br />
in proposito.<br />
= Quoniam vero in hac Civitate inolevit<br />
abusus, risumpotius et admirationem<br />
vivis sanae mentis, quam devotionem<br />
ingenenes agendi scilicet tribus diebus<br />
ante Festum inventionis corporis S.<br />
Ambrosii Martiris primarii <strong>Pro</strong>tectoris<br />
<strong>Pro</strong>cessiones Nocturnas, concurrentibus<br />
ominibus omnis actatis nudis usque<br />
ad foemova, enjes, aliaque husus generis<br />
arma gestantibus et ridicula quaedam<br />
carmina cantantibus, nos ut hujsmodi<br />
abusum in verae devotionis specie<br />
reformamus processiones has fieri<br />
permittimus a solis confratribus vestibus<br />
confraternitatis ll.mi Sagramenti, et<br />
aliarum indutis, pedibus tantum, si placet,<br />
denudatis Sacrosancto crucis<br />
vexillo praecedente, cum duobus cantoribus,<br />
litaniajs sanctorum et hjmmos a<br />
nobis praescribendos cantantibus confratribus<br />
devote responndentibus omnino<br />
nudatis piensonis. Ae ita deo imprimis,<br />
et deinde divo titulari verus et non<br />
despicendus honor redditur. Quod si<br />
alias per quemcumque factum fuevit<br />
condignas ipse, gravesque arbitrio<br />
nostro non effuget poenas.=<br />
Il detto paragrafo si trova pure riportato<br />
nel manoscr: Reg: Communitativo<br />
alla pag: 640. Il vescovo Fabrizio<br />
Borgia tenne il governo della chiesa di<br />
Ferentino per anni 25, essendo morto<br />
nell’anno 1754 il giorno, 2 settembre.<br />
Si osserva tanto annotato pure nel libro<br />
degli atti capitolari lett: F: fogl: 207. Di<br />
fino lavoro e di bei marmi colorati <strong>è</strong> il<br />
monumento che venne eretto al vescovo<br />
Fabrizio Borgia nella chiesa cattedrale<br />
al disopra dell’abside difronte alla<br />
cattedrale vescovile. Detto monumento,<br />
ben conservato fino ad oggi con la<br />
figura di esso vescovo ed iscrizione<br />
venne trasportato dentro la sacrestia in<br />
occasione dell’odierna riedificazione<br />
del tempio.<br />
Cap 3° Paragrafo 33<br />
Erezione del Monte Frumentario e<br />
Compimento della Residenza<br />
Vescovile<br />
Colla morte del vescovo Fabrizio<br />
Borgia nell’anno 1754 e per sua ultima<br />
disposizione, volle egli stabilito, che<br />
tutti i generi ritrovati nel suo granaio<br />
alla di lui morte servissero per l’erezione<br />
di un Monte Frumentario.<br />
Difatti due anni dopo la sua morte,<br />
ossia nell’anno 1756, i fratelli eredi,<br />
vennero ad erigere il detto Monte<br />
Frumentario, con l’amministrazione<br />
affidata al M. Capitolo della Cattedrale.<br />
Come il tutto si osserva dall’istromentro,<br />
registrato in principio dal primo<br />
libro, o registro del detto Monte<br />
Frumentario.<br />
Fù il vescovo Fabrizio Borgia, che<br />
ultimò a sue spese il braccio della residenza<br />
vescovile soprastante alla carcere<br />
di S. Ambrogio; che stabilì con intonaco<br />
all’esterno tutto il fabbricato<br />
superiore del palazzo, rimasto fino allora<br />
con mura rustiche; che pose in buon<br />
ordine e semetria i vani e le tettoie nell’interno<br />
e nell’esterno di esso, riducendolo<br />
allo stato com’ora si vede.<br />
Il detto lavoro fatto eseguire dal vescovo<br />
Fabrizio Borgia, fù di non lieve<br />
spesa e tempo, perché durò per vari<br />
anni, ma egli ebbe a vederlo ultimato<br />
Monumento funerario del vescovo Borgia<br />
nell’anno 1743, cio<strong>è</strong> undici anni prima<br />
della sua morte, ed in quello stesso<br />
anno, al totale compimento dell’opera,<br />
ne volle perpetuare la memoria colla<br />
lapide ed iscrizione, posta all’esterno<br />
della prospettiva, prossima all’arco del<br />
supportico, dal versante di ponente,<br />
difronte alla via detta, delle Monache<br />
buone.<br />
...Continua al prossimo numero