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FERENTINO...è 2012 - Pro Loco

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4<br />

Seguito dal numero precedente…<br />

Cap. 3° Paragrafo 27<br />

Ottavio Roncioni, Vescovo<br />

Penale di annui scudi cento, inflitta<br />

al Municipio, per il mantenimento e<br />

ristauro della chiesa di S. Maria<br />

Maggiore<br />

Fu sotto il Vescovato di Giov. Carlo<br />

Antonelli, che il Clero ed i devoti cittadini,<br />

fecero istanza al Commune per<br />

ottenere un sussidio, allo scopo di riattare<br />

e riedificare nell’esterno della<br />

chiesa di S. Maria Maggiore, alcuni<br />

sconci e diroccamenti, molto immenzi,<br />

arrecati dalle fazioni cittadine armate;<br />

allorch<strong>è</strong> nelle lotte tra Ferentinesi ed<br />

Alatrini, rivolsero i faziosi, le armi contro<br />

i Frati Cistercensi, che ritenevano<br />

contiguo alla detta chiesa il loro convento.<br />

Il Comune adunato il Consiglio,<br />

rispose negativamente, all’appello del<br />

Clero e devoti; ma questi non si arresero<br />

al diniego, poiché aiutati da persone<br />

influenti, sporsero reclamo alla S. Sede<br />

in Roma. La corte di Roma, appurata la<br />

necessità dei ristauri e guasti da farsi al<br />

bellissimo tempio di S. Maria<br />

Maggiore, e posta a cognizione, che<br />

detti sconci, erano stati cagionati anticamente<br />

dallo stesso popolo ferentinese;<br />

ordinò con rescritto Il.mo al<br />

Comune, di pagare il giorno di Pasqua<br />

di ogni anno, fintantoch<strong>è</strong> non si verificassero<br />

ultimati i lavori murari di<br />

restauro suddetti, la penale di scudi<br />

cento: dando la facoltà al Potestà locale<br />

per l’osservanza, ed in caso di rifiuto,<br />

di dover duplicare la somma inflitta,<br />

con altri cento scudi. Nel libro<br />

Riformanze manosc: Commun: all’art.<br />

LXXXI pag: 45: tergo, si legge il sunto<br />

del detto Rescritto, copiato pure dal<br />

Giorgi e dal Bono così.<br />

= Da elemosina facendo Ecclesia S.<br />

Maria. Statuevum quod omni anno ad<br />

onorem beate Virg: Mariae et quod ipsa<br />

virgo Maria quae est mater pi<strong>è</strong>tatij liberet<br />

Civit: Ferent: ab obnim: oppressionib:<br />

quod de proventilus Comunitatis<br />

veniunt pro edificio Ecclesiae Sancta<br />

M. Majoris Den: Centum = Et dictum<br />

edificium fieri debeat per potestatem, et<br />

officiales civitatis predictae ubi feuvit<br />

plus necesse. Et Camerarius dieta<br />

Comunitatis, teneatur, et cogeve possit<br />

addandum, et solvendum de pecunia<br />

dicti Comuni anno quolibet in festo<br />

Pascatis Majoris Resurrezionis<br />

Domini, pro opere supradicto. Et<br />

Potestas dicti Comunitatis decretavimus<br />

statutum faciat in = violabiliter<br />

observavi, ad penam Den: Centum =<br />

Con il danaro suddetto, in ogni anno<br />

versato, si riebbe al pristino stato, la<br />

forma ed il disegno, deturpato, della<br />

chiesa nell’esterno dei lati . Anzi, in<br />

tale occasione, si volle abbondare il<br />

lavoro, poiché al lato destro, dal versante<br />

all’ospedale, vi si costruì la nuova<br />

fabbrica per la Sacrestia; lavoro, oggi<br />

riprovato dai moderni studiosi, perché<br />

deturpa la bellezza del tempio.<br />

Cap. 3° Paragrafo 28<br />

Soppressione del Convento dei PP.<br />

Celestini<br />

Fu pure sotto il Vescovato di Gio. Carlo<br />

Antonelli, che in virtù della Bolla emanata<br />

dal Pontefice Innocenzo X° fin<br />

“…<strong>Pro</strong>seguiamo il lavoro”<br />

“Storia di Ferentino”<br />

di Giacomo Bono<br />

dall’anno 1652 per la soppressione e<br />

restrizione dei Conventi, in Ferentino<br />

dietro rescritto della S. Sede, rimase<br />

soppresso il Convento dei PP. Celestini,<br />

nella chiesa rurale di S.Antonio<br />

Abbate. Le rendite ed i beni del detto<br />

convento, vennero aggregati al<br />

Monastero di S. Eusebio, di Roma. Per<br />

vari anni di seguito, dopo la soppressione,<br />

nel locale dei detti PP. Celestini,<br />

rimasero due soli Monaci Conversi, che<br />

in ogni anno riscuotevano la rendita dei<br />

fondi, ascendente alla somma di scudi<br />

mille e cento, che prelevatane per essi<br />

la parte al necessario sostentamento,<br />

erano in dovere di rimettere il restante<br />

in Roma, al Monastero di S. Eusebio.<br />

L’antico Regist: Commun: il Giorgi ed<br />

il Bono, accennano al rescritto sudd.º.<br />

Cap. 3° Paragrafo 29<br />

Valeriano Chierichelli, Vescovo<br />

Segna il numero LXXII della serie, il<br />

Vescovo di Ferentino, Valeriano<br />

Chierichelli, nativo di Amelia<br />

nell’Umbria, fu eletto alla sede vescovile<br />

di questa città dal Pontefice<br />

Innocenzo XII nell’anno 1694, dopo<br />

aver esercitato lodevolmente, cariche<br />

onorifiche presso la S. Sede. Nella reggenza<br />

della sua chiesa e diocesi, fu<br />

rigoroso per l’osservanza della disciplina<br />

ecclesiastica, con il Clero: a questi<br />

proibì di vestire abbiti borghesi entro la<br />

città, come nei viaggi e villeggiature,<br />

volle, che prevalesse nei preti l’abbito<br />

ecclesiastico: proibì loro le riunioni o<br />

combriccole serali, e di assistere ai<br />

pubblici spettacoli, sotto pena di multe<br />

pecuniarie, esercizi nei ritiri, e sospensioni<br />

di cariche a seconda della gravità<br />

del caso. Però un tal sistema di rigore,<br />

venne tosto attraversato dal Clero<br />

potente, ed anche da personaggi<br />

influenti della città, presso la corte di<br />

Roma; cosicch<strong>è</strong> il buon Vescovo<br />

Valeriano Chierichelli, contrariato dal<br />

Clero, fu nella necessità di esulare,<br />

cedendo la reggenza ai Vicari<br />

Apostolici, che per più anni governarono<br />

la chiesa di Ferentino. Finch<strong>è</strong> pergiunti<br />

all’anno 1710, ossia dopo 16<br />

anni dalla sua elezione al Vescovato,<br />

intesosi col Pontefice Clemente XI il<br />

quale, e per l’età, e per il bene della<br />

salute, lo consigliava a liberarsi da ogni<br />

intrigo, spontaneamente si dimisse dal<br />

Vescovato, riservandosi soltanto sopra<br />

la rendita di questa Mensa Vescovile<br />

un’annua pensione.<br />

Cap. 3° Paragrafo 30<br />

Rifusione della Campana grande<br />

della chiesa Cattedrale<br />

Sotto il Vescovato di Valeriano<br />

Chierichelli, ma allorch<strong>è</strong> la chiesa di<br />

Ferentino si reggeva dai Vicari<br />

Apostolici, in assenza del Vescovo, si<br />

addivenne, alla fusione della Campana<br />

grande della chiesa Cattedrale, la quale,<br />

fin dall’anno 1634, ossia più di settant’anni<br />

innanzi, ritrovavasi rotta sulla<br />

torre del Campanile. Cosicch<strong>è</strong> pergiunti<br />

all’anno 1705 fra le elemosine raccolte,<br />

ed elargizioni del Clero, e del<br />

Commune, si operò la rifazione della<br />

detta Campana nella pubblica piazza<br />

del Duomo. Tanto si rileva nella rubblicella<br />

Comm: e libr: Riformanze alla<br />

lett: F: pag: 35, come pure nell’indice<br />

De Ius e Rag: pag: 7. tergo; in dove si<br />

dice, che il Municipio vi concorse con<br />

la somma elargita di scudi 25. Nella d.ª<br />

Campana rifusa, vennero incisi i<br />

seguenti versi e motti latini, che io stes-<br />

so copiai, allorch<strong>è</strong> dietro nuova rottura,<br />

venne rifusa l’anno 1857.<br />

- Texqui millet. juper. bis. centum.<br />

quinque. salutis<br />

Communique. Capi. Praesulis. Aere.<br />

Tuli.1705<br />

- Quinque . et.. quincentos. mea. vox.<br />

jam. computat. Annos Post. quos.<br />

fracta. silens. ecce. refusa. sono.<br />

Ego sum sacra tuba ad Laudem<br />

Omnipotentis Dei Ejusque SS. MM.<br />

Joannis et Pauli devota ecclesiae voce<br />

proclamaus.<br />

– Isti sunt duae Olivae et duo candelabra<br />

lucentia Ante Dnum habent protestatem<br />

claudere coelum nubibus, et<br />

aperire portas ejus quia linguae<br />

corum claves coeli facte sunt.<br />

Ricordo pure, che oltre la detta iscrizione,<br />

restava di mirabile lavoro, il rilievo<br />

dell’ornato intorno alla bocca della<br />

Campana, con le figure dei santi martiri<br />

Giovanni e Paolo.<br />

Cap. 3° Paragrafo 31<br />

Simone Gritti, Vescovo<br />

Simone Gritti veneziano, segna il<br />

numero LXXIII della serie, che dal<br />

vescovato di Lattavo, venne traslato<br />

alla reggenza della sede di Ferentino<br />

dal pontefice Clemente XI, nell’anno<br />

1710 il mese di giugno. Governò questa<br />

chiesa per anni 19, essendo stato traslato<br />

alla sede dell’Acquapendente dal<br />

pontefice Benedetto XIII l’anno 1729.<br />

La detta traslazione, fù dal detto vescovo<br />

richiesta per liberarsi dalle vessazioni<br />

e persecuzioni del clero infierito contro<br />

di lui, essendo ch<strong>è</strong> egli rigorosissimo<br />

e tenace nel suo giusto proposito,<br />

forse più dell’antecessore, mantenne il<br />

sistema delle multe pecuniarie, per i<br />

canonici, parroci, preti e chierici, trasgressori<br />

dei propri offici. Colle somme<br />

raccolte dai multati, esso ricostruì il<br />

nuovo davanzale dell’orto, incontro la<br />

chiesa di S.Giuseppe, fece alcuni arredi<br />

sacri nella chiesa Cattedrale, ed altri<br />

utensili. Ma le persecuzioni del clero,<br />

irritato contro, sempre più aumentarono,<br />

che si vidde nella necessità di<br />

domandare al Pontefice un provvedimento,<br />

quale, ottenne colla traslazione<br />

alla chiesa d’Acquapendente come si <strong>è</strong><br />

detto. Simone Gritti, nel lasciare questa<br />

città, esarcebato dal contegno del clero,<br />

nel montare in vettura volle col fazzoletto<br />

sbarazzarsi dalla polvere il vestito<br />

e le scarpe, affine di non portare con se<br />

neanche la terra di Ferentino, accoltasi<br />

adosso nell’atto della partenza. Nel<br />

muro da lui edificato, col ritratto delle<br />

multe, prossimo alla chiesa di S.<br />

Giuseppe, ancora si vede la lapide coll’iscrizione,<br />

accennando a tal fatto, soltanto<br />

non <strong>è</strong> più riconoscibile il suo<br />

stemma perché deturpato per sfregio<br />

dopo la sua partenza.<br />

Cap 3° Paragrafo 32<br />

Fabrizio Borgia, Vescovo<br />

Riforma della Cappella, e delle<br />

<strong>Pro</strong>cessioni, del <strong>Pro</strong>t: S. Ambrogio<br />

Fabrizio Borgia, Vescovo di Ferentino,<br />

nativo di Velletri, segna della serie il<br />

num. LXXIV; fù eletto dal pontefice<br />

Benedetto XIII nell’anno 1729. Esso<br />

coll’assunzione al vescovato di questa<br />

città, ebbe subito il pensiero di rimodernare<br />

la cappella del protettore S.<br />

Ambrogio, nella chiesa cattedrale, a<br />

spese della Ven: Confraternita dello<br />

Spirito Santo, abbellendola di stucchi e<br />

dorature, come anche riportandola al<br />

piano antico della navata, trovandosi<br />

essa alquando elevata dal suolo: tolsevi<br />

le colonne a spira nell’ingresso, perché<br />

una di esse era spezzata in più parti e<br />

minacciante rovina, riordinò e fece a<br />

proprie spese ristampare l’officio di S.<br />

Ambrogio, coll’aggiunta dei decreti<br />

degli altri Santi particolari di questa<br />

chiesa, unitamente alla sua Umilia,<br />

fatta in occasione dell’invenzione<br />

sudd.a come rilevasi dal processo, esistente<br />

nel libro Capitolare lett: C: fogl:<br />

69 degl’istromenti; come anche nella<br />

vita del Santo <strong>Pro</strong>tettore del P. Nicola<br />

Angelini d.c.d.g. a pag: 50 e 51.<br />

Al vescovo Fabrizio Borgia, devesi<br />

attribuire la riforma dei tanti abusi,<br />

rimasti ancora inveterati nel popolo, fin<br />

dai bassi tempi, circa i pregiudizi e ridicolaggini<br />

adottate nell’incedere alle<br />

pubbliche processioni di penitenza precedente<br />

il 1 maggio giorno dell’invenzione<br />

del corpo del <strong>Pro</strong>tettore S.<br />

Ambrogio.<br />

Dette processioni, allora, composte da<br />

una calca di popolani denudati insino<br />

alla vita, scalsi ed adorni di nastri d’ogni<br />

colore, recanti per mano lance,<br />

spade, scure, roncole e corde nodose<br />

gridando a scuarciagola, evviva, ed<br />

alternando canti di rozze strofe formavano<br />

più di una processione di penitenza,<br />

una confusione, anzi un riprorevole<br />

baccano. Tali sconcezze, per lo innanzi<br />

mai potettero esser vietate dalla supervivita<br />

ecclesiastica, perché il massimo<br />

fanatismo, proveniva dalla compagnia<br />

detta dei Centurioni, o Flagellanti, istituita,<br />

molti secoli indietro, ed ora si<br />

riconosceva appropriata alla antichissima<br />

confraternita dello Spirito Santo,<br />

che per la sua grande influenza e ricchezza,<br />

quasi dominava la città tutta.<br />

Così il vescovo Fabrizio Borgia, nel<br />

proposito di provvedere a tanto sconcio,<br />

col suo sinodo Diocesano stampato<br />

nell’anno 1732, coi tipi di stor: Jannetti<br />

di Macerata, al cap: XXI, pag: 57 ebbe<br />

a stabilire una riforma per le dette processioni<br />

come pene ed altro.<br />

Ecco testualmente il sunto del paragr:<br />

in proposito.<br />

= Quoniam vero in hac Civitate inolevit<br />

abusus, risumpotius et admirationem<br />

vivis sanae mentis, quam devotionem<br />

ingenenes agendi scilicet tribus diebus<br />

ante Festum inventionis corporis S.<br />

Ambrosii Martiris primarii <strong>Pro</strong>tectoris<br />

<strong>Pro</strong>cessiones Nocturnas, concurrentibus<br />

ominibus omnis actatis nudis usque<br />

ad foemova, enjes, aliaque husus generis<br />

arma gestantibus et ridicula quaedam<br />

carmina cantantibus, nos ut hujsmodi<br />

abusum in verae devotionis specie<br />

reformamus processiones has fieri<br />

permittimus a solis confratribus vestibus<br />

confraternitatis ll.mi Sagramenti, et<br />

aliarum indutis, pedibus tantum, si placet,<br />

denudatis Sacrosancto crucis<br />

vexillo praecedente, cum duobus cantoribus,<br />

litaniajs sanctorum et hjmmos a<br />

nobis praescribendos cantantibus confratribus<br />

devote responndentibus omnino<br />

nudatis piensonis. Ae ita deo imprimis,<br />

et deinde divo titulari verus et non<br />

despicendus honor redditur. Quod si<br />

alias per quemcumque factum fuevit<br />

condignas ipse, gravesque arbitrio<br />

nostro non effuget poenas.=<br />

Il detto paragrafo si trova pure riportato<br />

nel manoscr: Reg: Communitativo<br />

alla pag: 640. Il vescovo Fabrizio<br />

Borgia tenne il governo della chiesa di<br />

Ferentino per anni 25, essendo morto<br />

nell’anno 1754 il giorno, 2 settembre.<br />

Si osserva tanto annotato pure nel libro<br />

degli atti capitolari lett: F: fogl: 207. Di<br />

fino lavoro e di bei marmi colorati <strong>è</strong> il<br />

monumento che venne eretto al vescovo<br />

Fabrizio Borgia nella chiesa cattedrale<br />

al disopra dell’abside difronte alla<br />

cattedrale vescovile. Detto monumento,<br />

ben conservato fino ad oggi con la<br />

figura di esso vescovo ed iscrizione<br />

venne trasportato dentro la sacrestia in<br />

occasione dell’odierna riedificazione<br />

del tempio.<br />

Cap 3° Paragrafo 33<br />

Erezione del Monte Frumentario e<br />

Compimento della Residenza<br />

Vescovile<br />

Colla morte del vescovo Fabrizio<br />

Borgia nell’anno 1754 e per sua ultima<br />

disposizione, volle egli stabilito, che<br />

tutti i generi ritrovati nel suo granaio<br />

alla di lui morte servissero per l’erezione<br />

di un Monte Frumentario.<br />

Difatti due anni dopo la sua morte,<br />

ossia nell’anno 1756, i fratelli eredi,<br />

vennero ad erigere il detto Monte<br />

Frumentario, con l’amministrazione<br />

affidata al M. Capitolo della Cattedrale.<br />

Come il tutto si osserva dall’istromentro,<br />

registrato in principio dal primo<br />

libro, o registro del detto Monte<br />

Frumentario.<br />

Fù il vescovo Fabrizio Borgia, che<br />

ultimò a sue spese il braccio della residenza<br />

vescovile soprastante alla carcere<br />

di S. Ambrogio; che stabilì con intonaco<br />

all’esterno tutto il fabbricato<br />

superiore del palazzo, rimasto fino allora<br />

con mura rustiche; che pose in buon<br />

ordine e semetria i vani e le tettoie nell’interno<br />

e nell’esterno di esso, riducendolo<br />

allo stato com’ora si vede.<br />

Il detto lavoro fatto eseguire dal vescovo<br />

Fabrizio Borgia, fù di non lieve<br />

spesa e tempo, perché durò per vari<br />

anni, ma egli ebbe a vederlo ultimato<br />

Monumento funerario del vescovo Borgia<br />

nell’anno 1743, cio<strong>è</strong> undici anni prima<br />

della sua morte, ed in quello stesso<br />

anno, al totale compimento dell’opera,<br />

ne volle perpetuare la memoria colla<br />

lapide ed iscrizione, posta all’esterno<br />

della prospettiva, prossima all’arco del<br />

supportico, dal versante di ponente,<br />

difronte alla via detta, delle Monache<br />

buone.<br />

...Continua al prossimo numero

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