Studio sui ricongiungimenti familiari - Comune di La Spezia

Comune della Spezia Regione Liguria Comitato Solidarietà Immigrati
Ricreare l’unità familiare nel
contesto di migrazione
Studio statistico dei Ricongiungimenti Familiari concessi alla Spezia
nel quadriennio 2003-2006 con riguardo particolare all’inserimento
scolastico dei minori così entrati, seguito da un’analisi antropologica
delle esperienze di alcune famiglie dominicane.
di Cavazzini Martina

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Ad Ana Maria Disla Gomeri
Si ringrazia per la collaborazione:
la Prefettura della Spezia
la Questura della Spezia
la Provincia della Spezia
l’Ufficio provinciale scolastico

Indice
PRESENTAZIONE ------------------------------------------------------------------------------- 5
PARTE PRIMA
L’ISTITUTO DEL RICONGIUNGIMENTO E I DATI DEL COMUNE DELLA
SPEZIA ---------------------------------------------------------------------------------------------- 9
Il Ricongiungimento Familiare: la legislazione ---------------------------------------------------------- 10
Ricongiungimento familiare: un istituto, poliedriche applicazioni ------------------------------- 14
Il caso spezzino ---------------------------------------------------------------------------------------------------- 19
I Nulla Osta concessi alla Spezia nel quadriennio 2003-2006 -------------------------------------- 24
Le richieste ------------------------------------------------------------------------------------------------------- 25
I richiedenti --------------------------------------------------------------------------------------------------------- 35
Paesi d’origine dei richiedenti -------------------------------------------------------------------------------- 35
Genere dei richiedenti------------------------------------------------------------------------------------------ 38
Fasce d’età di richiedenti -------------------------------------------------------------------------------------- 42
I beneficiari ---------------------------------------------------------------------------------------------------------- 48
Paesi d’origine dei beneficiari -------------------------------------------------------------------------------- 48
Sesso dei beneficiari ------------------------------------------------------------------------------------------- 50
Fasce d’età dei beneficiari ------------------------------------------------------------------------------------ 53
Rapporto di parentela sussistente tra richiedente beneficiari ---------------------------------------- 60
Nuovi ingressi nel Quartiere Umbertino ------------------------------------------------------------------- 64
PARTE SECONDA
IL RICONGIUNGIMENTO DEI FIGLI------------------------------------------------------ 69
I figli ricongiunti alla Spezia: i dati -------------------------------------------------------------------------- 70
Paesi di provenienza ------------------------------------------------------------------------------------------- 72
Sesso dei minori ------------------------------------------------------------------------------------------------ 73
Fasce d’età dei minori------------------------------------------------------------------------------------------ 75
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PARTE TERZA
INSERIMENTO SCOLASTICO DEI MINORI DOMINICANI, ALBANESI,
MAROCCHINI ----------------------------------------------------------------------------------- 86
Premessa ------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 87
Iscrizioni effettuate dai figli ricongiunti nel corso del triennio 2003-2005 ---------------------- 90
Andamento scolastico dei minori --------------------------------------------------------------------------- 97
Anno 2004 ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 102
Anno 2005 ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 106
Prime conclusioni tratte dalla ricerca statistica sui minori --------------------------------------- 109
PARTE QUARTA
L’INDAGINE ANTROPOLOGICA PRESSO FAMIGLIE DOMINICANE ------- 111
Premessa metodologica -------------------------------------------------------------------------------------- 112
Le protagoniste delle interviste ---------------------------------------------------------------------------- 114
Prima intervista: Dulce Maria ------------------------------------------------------------------------------- 114
Seconda intervista: Carolina ------------------------------------------------------------------------------- 120
Terza intervista: Pedro --------------------------------------------------------------------------------------- 124
Quarta intervista:Yudy Altagracia ------------------------------------------------------------------------- 135
Quinta intervista: Mariela ------------------------------------------------------------------------------------ 141
Sesta intervista: Maria Magdalena ------------------------------------------------------------------------ 149
CONCLUSIONI -------------------------------------------------------------------------------- 155
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA --------------------------------------------------------- 166
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Presentazione
La presente ricerca nasce dalla volontà dei Servizi Sociali del Comune
della Spezia di monitorare gli esiti dell’istituto del Ricongiungimento Familiare,
con particolare attenzione ai minori e al loro inserimento nella comunità
autoctona, soprattutto all’interno delle scuole.
L’attuabilità della ricerca, progettata da me assieme alle operatrici del Comitato
Solidarietà Immigrati (ente no-profit che dal 1991 lavora a stretto contatto con la
realtà dei migranti spezzini) e comissionata dal Comune, è stata resa possibile
dalla collaborazione di vari uffici che hanno aperto i loro archivi al fine di poter
concepire un lavoro che non facesse riferimento a meri dati anonimi, ma che
puntasse sull’aspetto qualitativo della questione.
Lo studio si divide in quattro parti: la prima fornisce innanzitutto un
quadro generale dell’istituto in questione, descrivendo i suoi caratteri particolari
così come emergono dai decreti legge che gli hanno dato vita e dalla letteratura
in merito. Indaga inoltre i modelli familiari che esso tende a ricreare nel contesto
di immigrazione e le problematiche ad esso connesse, qui e nel paese
d’origine.
Si procede in questa sezione anche ad una elaborazione di quei dati che
permettono di costruire una prima immagine dell’andamento dei
Ricongiungimenti Familiari nel Comune della Spezia relativamente al
quadriennio 2003-2006; tali dati sono stati elaborati sul numero di Nulla Osta
per Ricongiungimento Familiare concessi da Questura e in Prefettura nel
periodo preso in esame.
Per poter discutere apertamente di questo fenomeno è infatti necessario
comprendere chi siano i richiedenti e i beneficiari, quali le aree geo-politiche più
interessate, quali i familiari più frequentemente ricongiunti e le fasce di età degli
attori interessati. Sono informazioni importanti per poter costruire prime ipotesi
circa le tipologie di ricongiungimenti effettuate.
La seconda parte dello studio ha invece come obiettivo l’analisi più
dettagliata dei dati che riguardano i minori ricongiunti: l’intento è quello di fornire
un quadro delle caratteristiche dei ragazzi che fanno ingresso nel tessuto
5

cittadino e nelle sue scuole. Le informazioni che sono state estrapolate dai dati
riguardano, come nel caso precedente, il paese di provenienza, il sesso, e l’età
dei ragazzi.
La terza parte riguarda sempre l’universo minorile, ma con particolare
attenzione al loro inserimento scolastico: proposito è stato quello di determinare
innanzitutto quanti dei ragazzi entrati con Ricongiungimento Familiare si siano
effettivamente iscritti a scuola, per procedere poi ad una valutazione
dell’andamento di quelli che hanno frequentato.
La volontà di seguire i percorsi scolastici di tali ragazzi ha come obiettivo
comprendere se l’istituto del Ricongiungimento, attuato secondo le direttive
nazionali, possa essere sufficiente per garantire l’inserimento dei giovani così
entrati nel paese, o se, al contrario, sarebbe opportuno attivare politiche ad essi
mirate al fine di agevolare la conoscenza del nuovo contesto.
Questa parte della ricerca è stata possibile grazie ai dati forniti dal
Provveditorato agli Studi che ha concesso le liste di iscrizione dei minori
stranieri per quel che riguarda gli anni scolastici 2004/2005, 2005/2006,
2006/2007. Non è stato possibile ottenere informazioni riguardanti anche il
primo anno di ricongiungimenti esaminati, ovvero il 2003/2004, poiché non sono
ancora stati informatizzati.
La quarta e ultima parte assume un tratto decisamente antropologico ed
è frutto di una serie di incontri avuti con alcuni degli attori dei Ricongiungimenti
Familiari esaminati precedentemente. Lo sguardo in questo caso, come
motivato nel proseguo della ricerca, è stato rivolto esclusivamente ai dominicani
sia perché il carattere sperimentale della ricerca ha reso necessario focalizzare
l’attenzione su un campione ristretto e possibilmente omogeneo, sia perché
nell’ambito dell’attività svolta dai Servizi Sociali si rileva come molti minori
dominicani si trovino in condizione di disagio sociale.
Si è deciso dunque di abbandonare l’ambiente, per quanto stimolante, dei meri
dati, per andare ad incontrare alcune delle persone che hanno vissuto
l’esperienza del Ricongiungimento sulla propria pelle. Attraverso la personale
conoscenza che gli operatori del C.S.I. hanno dei migranti è stato possibile
selezionare un campione di individui che, per quanto numericamente esiguo, è
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tuttavia alquanto rappresentativo: si è posta attenzione a rintracciare sia ragazzi
che hanno avuto un facile inserimento sia altri che hanno invece incontrato
notevoli difficoltà, per motivi diversi, una volta intrapresa l’avventura della
migrazione. Con queste persone si è proceduto ad interviste di ampio respiro
che avevano come proposito farsi raccontare, oltre ai fatti strettamente attinenti
la presente ricerca, anche le loro storie di vita. Operare assiduamente all’interno
del C.S.I. mi ha consentito inoltre di entrare a stretto contatto con i migranti e di
poter continuamente mettere in discussione i risultati e le ipotesi che questi
colloqui frontali suscitavano.
L’attenzione particolare riservata dagli operatori dei Servizi Sociali del
Comune all’istituto del Ricongiungimento Familiare è pienamente motivato,
come mostrerò in seguito, da due fattori: il primo è che esso, assieme ai “flussi”,
è rimasto all’atto pratico l’unico modo legale per migrare in Italia. Il secondo
riguarda invece il tipo di migrazione che esso favorisce, poiché punta al
ricompattamento delle famiglie con il preciso scopo di ricreare le nicchie
primarie capaci di produrre stabilità nel tessuto sociale: l’idea conduttrice è
dunque che un migrante che richiami qui i propri cari sia intenzionato a
stabilizzarsi nel territorio e che, d’altro canto, la presenza dei nuovi giunti
contribuisca a riprodurre quel clima di serenità indispensabile per condurre una
vita ordinata, regolare e aperta verso la comunità ospitante.
Quello che ci si propone pertanto di verificare è se l’apparato teorico messo in
atto dall’istituto del Ricongiungimento Familiare abbia prodotto nel territorio
spezzino un risvolto pratico positivo, dunque se esso agevoli l’auspicato
rinsaldamento dei migranti all’interno del nuovo contesto con cui si trovano ad
interagire.
La particolare attenzione rivolta alla comunità dominicana è motivata
dalla sua massiccia presenza sul territorio spezzino: si tratta della comunità più
numerosa, assieme a quella degli albanesi e dei marocchini, e sicuramente di
una delle più visibili, capace di attirare su di sé i malumori degli autoctoni. I
dominicani, proprio per la visibilità che li caratterizza, rivestono nell’immaginario
7

pubblico il ruolo dell’altro per eccellenza, con il quale la convivenza può essere
estremamente difficile, e sono facili bersagli di generalizzati pregiudizi.
Per quanto riguarda l’istituto del Ricongiungimento Familiare, ampio
spazio è stato concesso, soprattutto per quel che riguarda i minori, alla
comunità albanese oltre a quella dominicana; il motivo di tale scelta risiede nel
fatto che nel corso del periodo considerato sono queste due comunità quelle
che ottengono il maggior numero di Nulla Osta. Già dall’indagine statistica
emergerà, tuttavia, che l’accesso al medesimo apparato burocratico sottende in
realtà due progetti migratori molto differenti, per certi versi quasi opposti, da
parte di queste due comunità. Sarà premura mettere in evidenza come tali
progetti di vita diano risultati molto diversi nel contesto di migrazione, avendo
influenze antitetiche nel processo di integrazione, ma soprattutto di
affermazione personale nella società ospitante.
Nella presente ricerca sono riportate dichiarazioni rilasciate direttamente
dagli intervistati, la cui paternità è riconducibile agli stessi. Pertanto, pur
riportate perché necessarie alla comprensione delle storie di vita degli stessi,
sono affermazioni soggettive alle quali non è seguito un approfondimento circa
la veridicità dei fatti in esse indicati, e non costituiscono assolutamente
denuncia di fatto illecito alcuno. Le dichiarazioni degli stessi sono state in alcuni
casi utilizzate per tentare di fornire possibili spiegazioni ai dati statistici,
soprattutto quando alle loro parole facevano eco testimonianze attestate anche
dalla letteratura in merito. E’ comunque utile sottolineare che ciò che preme
all’interno di una ricerca dal carattere antropologico come la presente, è riferire
quelle retoriche, quelle impressioni e quegli stati emozionali che contribuiscono
a strutturare il mondo delle persone di cui si narrano le vicende.
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Parte Prima
L’istituto del Ricongiungimento
e i dati del Comune della Spezia
9

Il Ricongiungimento Familiare: la legislazione
E’ necessario sottolineare subito che l’importanza arrogata all’istituto del
Ricongiungimento Familiare è scaturita dalle recenti politiche attuate dagli Stati
europei per controllare e regolare i flussi migratori. Oggi esso, come già
anticipato, risulta uno dei pochi strumenti legali per poter attuare un progetto
migratorio, assieme alle richieste di asilo politico e agli ingressi per lavoro
possibili grazie ai “flussi”.
La prima legge sull’immigrazione viene promulgata in Italia nel 1986 proprio a
seguito dell’aumento delle domande fatte dai residenti stranieri per
ricongiungere i propri familiari: la suddetta legge acconsentiva all’ingresso di
coniugi, figli a carico non sposati e genitori a carico. Costoro avevano il
permesso di soggiornare in Italia fino a che vi fosse rimasto il richiedente
purché questi riuscisse a garantire “normali condizioni di vita”.
Nel 1990 viene emanata la legge Martelli in risposta ad un incremento degli
stranieri migranti, a seguito del quale si sono cominciati a percepire i primi
conflitti sociali. Con la nuova legge le procedure per il controllo delle migrazioni
per lavoro e dei Ricongiungimenti Familiari vennero affidate alle Questure:
intento era controllare e disciplinare le richieste d’ingresso, la durata della
permanenza e le eventuali espulsioni. Fanno parte della legge le prime linee
guida per disciplinare i Ricongiungimenti Familiari: rimanevano le disposizioni
riguardanti il lavoro e l’alloggio attraverso i quali il richiedente dimostrava di
poter offrire uno stile di vita decoroso a se stesso e al ricongiunto, ma ad esse
si aggiungeva tutto l’apparato burocratico volto a dimostrare il reale ed effettivo
rapporto di parentela. Questi ultimi documenti dovevano essere fatti tradurre e
legalizzare nel Consolato italiano del paese d’origine ed il tutto doveva essere
corredato con documenti che attestassero che il beneficiario si trovasse ancora
nel paese d’origine e non già sul territorio italiano. Si sfavorivano così
ricongiungimenti di fatto 1 .
1 Per Ricongiungimento di fatto si intendono i “ricongiungimenti che avvengono senza rispettare
le procedure normative, che si attuano perché i membri non sono nelle condizioni psicologiche
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Qualora tutti i documenti fossero risultati impeccabili, sarebbe stato concesso
un “Nulla Osta” per l’ingresso. Rispetto alle disposizioni precedenti
l’aggravamento burocratico per i richiedenti era notevole, come denota il fatto
che una pratica poteva richiedere fino a due anni per essere correttamente
vagliata, ma ciò non ha significato uno scoraggiamento ad intraprendere le
domande che anzi sono aumentate costantemente.
Nel 1992 sono state apportate significative modifiche alla legge Martelli
soprattutto per quel che concerne la tempistica; semplificando alcune procedure
si è giunti al più ragionevole periodo di 90 giorni entro il quale la pratica doveva
essere vagliata.
Nel 1993 l’Italia aderisce al trattato di Schengen e, aprendo le proprie frontiere,
si vede costretta a ripensare in parte le norme per gestire l’immigrazione: il
risultato più sensibile è stato un ulteriore decentramento a livello delle
amministrazioni locali, in particolare Questure e Ambasciate.
Ulteriori modifiche sono state fatte nel 1995/96, ma per significativi cambiamenti
è necessario attendere la legge 40 del 1998 i cui scopi principali erano, da una
parte combattere l’immigrazione illegale, dall’altra offrire maggiori garanzie a
chi risiedesse qui regolarmente auspicando così una positiva integrazione.
Quest’ultimo obiettivo è stato perseguito investendo proprio sull’istituto del
Ricongiungimento Familiare: si concedeva diritto a farne domanda a tutti i
migranti in possesso di carta 2 o permesso di soggiorno superiore ad un anno.
Si doveva dimostrare di possedere un contratto di locazione per un immobile
che doveva risultare a norma secondo i parametri minimi previsti dalla legge
Regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica ed inoltre un reddito
annuo pari all’importo dell’assegno sociale nel caso si fosse ricongiunta una
sola persona, doppio per due-tre persone, triplo per quattro o più persone. Per
di aspettare tutte le carte, di ultimare le procedure previste dalla nostra normativa, oppure
perché vi è un’inadeguatezza abitativa o reddituale” (Cfr. Tognetti Bordogna M. (2004), p. 31)
2 Secondo la legge 40/98 la carta di soggiorno poteva essere rilasciata a chi avesse i requisiti
economici e soggiornasse in Italia da almeno 5 anni; la Bossi-Fini ha portato a 6 il numero di
anni necessari per farne richiesta. Agli inizi del 2007 un nuovo decreto ha riportato a 5 gli anni
necessari per la richiesta del Permesso di Soggiorno Europeo di lungo periodo.
11

determinare il reddito si doveva tenere conto anche di quanto guadagnano
annualmente i familiari conviventi con il richiedente.
Beneficiari potevano essere tutte le persone con cui esiste un legame di
parentela sancito dalla legge:
• Coniugi non legalmente separati.
• Figli minori a carico (la cui immigrazione viene autorizzata anche
dall’altro genitore) di età inferiore ai 18 anni, o ai 21 in caso di figli di
cittadini europei o appartenenti all’UE.
• Genitori a carico
• Minori adottati, affidati o sotto tutela
• Parenti di terzo grado, inabili al lavoro secondo le norme italiane.
Permaneva l’obbligo di attestare la presenza del beneficiario in un altro paese:
quest’ultimo, in caso la domanda fosse stata accettata, avrebbe ricevuto il Nulla
Osta con il quale, nell’arco di 6 mesi, avrebbe potuto richiedere il visto per
l’ingresso in Italia al nostro Consolato. Arrivato qui, entro 8 giorni, doveva fare
domanda di Permesso di Soggiorno, o Carta di Soggiorno per motivi familiari
alla rispettiva Questura.
La legge 40/98 prevedeva che anche un minore, con regolare Permesso di
Soggiorno, potesse fare domanda di Ricongiungimento Familiare a favore di un
proprio genitore risiedente all’estero, purché questi non fosse stato
precedentemente espulso dal nostro territorio o non fosse stato segnalato da
organi internazionali quale minaccia per l’ordine pubblico. Al genitore così
ricongiunto veniva concesso un anno per dimostrare i requisiti alloggiativi e
reddituali richiesti dalla legge.
La legge 40/98 decretava inoltre che ai ricongiunti fossero garantite tutte le
misure di assistenza sanitaria e sociale previste dalla legge italiana.
Da allora si può parlare anche di coesione familiare, ovvero di quella particolare
forma di ricongiungimento che permette di convertire un Permesso di Soggiorno
a un parente già presente sul territorio nazionale, in uno per Motivi Familiari
Il 30 luglio 2002 viene emessa la legge 189, conosciuta come legge Bossi-Fini
che apporta notevoli modifiche agli iter per ingresso in Italia, compreso quello
del Ricongiungimento Familiare: da questo momento saranno ammessi anche i
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figli maggiorenni qualora si possa dimostrare che essi non possono mantenersi
da soli nel proprio paese a causa di un’invalidità totale. Potranno essere
richiamati i genitori ultra-sessantacinquenni, oppure quelli per cui è possibile
dimostrare la loro incapacità a provvedere a se medesimi non avendo in patria
altri figli in grado di occuparsi di loro. Non è più possibile ricongiungere parenti
di terzo grado inabili al lavoro.
L’ultimo decreto del febbraio 2007 agevola decisamente l’ingresso dei genitori
poiché abolisce il limite di età dei sessantacinque anni previsto dalla legge 189;
rimane come condizione per il loro ingresso che si possa dimostrare che siano
carico dei richiedenti senza tuttavia che la presenza in patria di altri figli
costituisce motivo ostativo.
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Ricongiungimento familiare: un istituto, poliedriche
applicazioni
Le normative concernenti i Ricongiungimenti Familiari si sono dunque
affinate nel corso del tempo soprattutto a partire dagli anni Novanta, facendosi
progressivamente più dettagliate allo scopo di disciplinare gli ingressi dei
migranti.
Nonostante le norme legislative siano divenute sempre più puntuali non si può
tacere sul fatto che, nei suoi risvolti pratici, esso sia un fenomeno
particolarmente sfaccettato. Rimasta una delle poche strade per accedere
regolarmente alla residenza nel nostro paese, sottende realtà estremamente
variegate che producono una altrettanto poliedrica pluralità di adattamento.
Osservando la realtà con occhio attento ed esaminando in particolar modo la
fisionomia che assumono le famiglie ricompattate grazie a questo istituto,
diviene evidente che esso non creerà da sé un uniforme processo di
integrazione, continuando a produrre piuttosto dinamici approcci al contesto di
approdo.
“Le modalità di ricompattamento della famiglia mutano in relazione al
genere e all’età di chi attiva il ricongiungimento, in funzione di chi è il
soggetto che viene ricongiunto, in riferimento alla motivazione
sottesa alla decisione di ricompattare la famiglia.” 3 .
Mara Tognetti Bordogna, nella sua pluriennale esperienza di docente e
ricercatrice circa le Politiche Immigratorie, ha proposto una tipologia dei vari
modelli di ricongiungimento che possono essere praticati e di cui qui riferirò
brevemente.
• Vero Ricongiungimento
al maschile
al femminile
Si tratta della forma più frequente e più aderente agli intenti delle norme
legislative. Si verifica quando il marito o la moglie, dopo un periodo in genere
3 Tognetti Bordogna M. (2004), p. 28.
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abbastanza lungo di separazione, sono riusciti finalmente a costruirsi condizioni
economiche e sociali tali da poter finalmente ricostruire la famiglia qui. Il lungo
periodo di distacco in genere produce cambiamenti nei ruoli identitari dei vari
membri familiari i quali andranno rivisti gradualmente. Ulteriore complicazione a
questa situazione già precaria deriva dal fatto che tali ruoli vanno ridefiniti nel
contesto di immigrazione: bisogna pertanto tenere presente le enormi difficoltà
che incontrano i ricongiunti ad adeguarsi alla nuova realtà in cui si trovano a
convivere. Si consideri infatti che i Ricongiungimenti Familiari, proprio come
nell’intento dei legislatori, riunendo la famiglia spingono anche ad una maggiore
interazione con le istituzioni autoctone: ciò, se da un lato dovrebbe produrre un
più alto livello di integrazione, dall’altro rappresenta spesso un problema per chi
vive un momento di spaesamento, già solo per ritrovarsi vicina una persona che
per anni è stata solo una lontana voce telefonica.
Possiamo ovviamente inserire in questa categoria anche i
ricongiungimenti volti a richiamare i genitori. Tale scelta può essere attivata da
varie motivazioni: precario stato di salute dei genitori rimasti soli nel paese
d’origine oppure bisogno di un sostegno materiale, per esempio nella crescita
dei propri figli. L’arrivo del ramo ascendente della famiglia implica un passo
indietro verso le norme e le strutture tradizionali che da una parte può
parzialmente opprimere la nuova coppia ormai inserita nel nuovo contesto, ma
che rappresenta sempre un appiglio e un conforto in un mondo spesso
percepito come distante.
• Ricongiungimento di/in coppia
Concerne il ricongiungimento dei figli da parte di una coppia giunta in
Italia insieme, o in tempi successivi (e che dunque è già stata oggetto di un vero
ricongiungimento). Molteplici sono le sequenze con cui si decide di far arrivare i
propri figli, e la scelta dipende da questioni economiche, da particolari bisogni
della famiglia rimasta in patria o da precipue esigenze di alcuni dei propri figli.
Si potrà parlare in merito di ricongiungimenti selettivi, asincronici o privilegiati.
Un genitore infatti, prima di sradicare i propri figli dal contesto in cui sono
cresciuti, oltretutto per lungo tempo senza la loro presenza, valuteranno le loro
fasce di età e quindi lo stato del percorso scolastico, la possibilità di lasciarli
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ancora in affido a familiari rimasti in patria, l’avvicinarsi della maggiore età
scattata la quale non sarà più possibile chiamarli, oltre ovviamente a bisogni
emotivi ed affettivi. La scelta, che spetta ovviamente solo al genitore, non sarà
scevra di forti ripercussioni sull’inserimento dei futuri migranti nel nuovo
contesto.
• Ricongiungimenti di secondo livello
Riguarda principalmente i maschi celibi partiti da soli per l’avventura della
migrazione. Nel momento in cui la loro situazione si è stabilizzata decidono che
è giunto il momento di costruire il proprio nucleo familiare, pertanto tornano a
casa e lì prendono moglie: in molti casi si tratta di matrimoni combinati dalle
famiglie. Il neo-marito dunque rientra in Italia ed avvia le pratiche per il
Ricongiungimento Familiare; generalmente trascorre poco tempo dall’arrivo
della moglie e la nascita del primo figlio. Questo viene definito il figlio della
transizione e porta su di sé le difficoltà della neo-madre a crescere il primo figlio
in quanto priva delle tradizionali reti femminili e inserita oltretutto in un contesto
che implica attenzioni e approcci all’infanzia differenti.
Per molte donne questa scelta di matrimonio rappresenta l’unica via d’accesso
alla migrazione, ma è una forma che generalmente agevola l’inserimento nella
società ospitante. Non va dimenticato che il migrante accede spesso nel proprio
paese ad uno status più elevato proprio in seguito alla sua esperienza e
pertanto riesce ad accompagnarsi con sue pari, frequentemente istruite e ben
aperte alla nuova vita. La nuova coppia inoltre definirà i propri ruoli in terra di
migrazione, svincolata dalle norme tradizionali e in modo dinamico con gli input
che gli giungono dal mondo in cui sono immersi, e verso il quale generalmente
dimostrano discreta apertura.
• Ricongiungimento di neo-coppie
Variante della forma precedente in cui però il matrimonio, non affatto
desiderato in quanto tale, viene contratto solo al fine di poter accedere alla
migrazione. E’ a tutti gli effetti un ricongiungimento strumentale. Questa
modalità, frutto delle chiusure delle frontiere, ha dato vita a veri e propri mercati
matrimoniali basati sul precetto “tutto per le carte” ed ha importanti riflessi sia
sulle strutture familiari tradizionali del contesto d’origine, sia sulla struttura
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sociale che si crea nel nuovo contesto. Non ci troveremo di fronte a famiglie
intenzionate a creare un nuovo nucleo stabile e mediamente inserito, quanto
piuttosto a unioni che spesso terminano con il divorzio che, in tale situazione,
diviene l’ultimo gradino da compiere, soprattutto per le donne, per conquistare
l’agognata emancipazione nel contesto d’emigrazione.
• Ricongiungimento forzato
In questo caso la decisione di attuare il ricongiungimento non è frutto di
un precedente progetto familiare, o comunque di una decisone maturata al suo
interno, ma dipende esclusivamente dal benessere economico cui è giunto il
migrante che impone un ricompattamento della famiglia. Tipico è il caso dei
minori chiamati in Italia senza che sia stato chiesto il loro parere ed è una forma
altamente deleteria per la conseguente disponibilità del ricongiunto ad inserirsi
nel nuovo contesto.
• Ricongiungimento per prostituzione
Si manifesta nel momento in cui l’uomo sposa una donna al fine di
portarla in immigrazione per sfruttarla poi sessualmente. Questo tipo di
ricongiungimento si presenta raramente nel nostro territorio stando a quanto
riferiscono gli operatori del settore.
• Ricongiungimento a fini fiscali e a pendolo
Forma strumentale per poter usufruire delle risorse che il nostro welfare
predispone per i ricongiunti a carico. Le persone che attuano il
ricongiungimento con tali motivazioni sono frequentemente quelle che
compiono continui viaggi a casa, in bilico tra il qui ed il là e che non riescono a
stabilizzarsi da nessuna delle due parti.
• Ricongiungimenti di fatto
Sono quelli che avvengono senza rispettare le norme legali, per esempio
nel caso non vi sia più la pazienza di aspettare il momento legalmente idoneo
per presentare la domanda, oppure per i figli maggiorenni che, rispettando i
modi burocratici, difficilmente potrebbero essere chiamati. In attesa di una
sanatoria si fa dunque entrare il familiare, ma tale modalità pregiudica
notevolmente il livello di possibile integrazione, processo estremamente difficile
ed ambiguo per chi vive in clandestinità. Si sono rilevate situazioni in cui figli
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maggiorenni vanno a ricongiungersi a genitori, migrati da anni, a loro completa
insaputa, desiderosi di far parte di quella sezione della famiglia che grazie
all’emigrazione ha deciso di proiettarsi nella modernità. Sono situazioni causate
sovente dalla tendenza dei migranti a tacere sugli aspetti difficili e stremanti
della loro esperienza.
Il Ricongiungimento viene dunque attivato in base a scelte che possono
essere a vari gradi frutto di un dialogo e di un progetto familiare. Chi fa
domanda di Ricongiungimento spesso non tiene in considerazione solo i
parametri burocratici imposti dalla normativa italiana, ma valuta anche gli
squilibri che si verranno a creare in terra d’origine a causa della dipartita di un
nuovo membro della famiglia. Si decide pertanto con tutta la famiglia se,
quando e chi far migrare, ma, come già sottolineato, si verificano situazioni in
cui si attuano ricongiungimenti forzati. E’ evidente che il grado di scelta con cui
il nuovo migrante giunge in Italia avrà profonde influenze sul suo livello di
interazione con la nuova società.
Risulta ormai chiaro che l’istituto del Ricongiungimento familiare,
“proprio perché diversamente motivato, si fonda su aspettative,
vissuti, bisogni e potenzialità altamente differenziate e quindi non
può essere considerato solo come mero atto formale o burocratico,
ma piuttosto un occasione per collocarsi in modo nuovo nel contesto
di migrazione, un’occasione di ridefinizione dei ruoli dei membri
migranti prima, ma anche dei neo arrivati.” 4
4 Tognetti Bordogna M. (2004), p. 34.
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Il caso spezzino
E’ utile, per poter valutare con il giusto peso i dati riguardanti le domande
di Ricongiungimento Familiare, inquadrare lo stato dell’immigrazione nella
Provincia della Spezia. Il Dossier Caritas/Migrantes 2006, riporta i seguenti dati:
Tabella 1. Stima soggiornanti per Provincia al 31.12.2005
Province
Stima soggiornanti
2004
Stima soggiornanti
2005
19
Variazione %
2004-2005
% Femmine
Genova 40.718 44.032 8,1 55,8
Imperia 11.609 12.618 8,7 51,2
La Spezia 7.790 8.557 9,8 52,6
Savona 12.404 13.499 8,8 50,8
Liguria 72.521 78.706 8,5 53,7
Si nota subito che La Spezia, tra le quattro Province, è quella che ospita
il minor numero di stranieri e, considerando i gruppi a forte pressione
migratoria, l’incidenza della popolazione straniera su quella locale è circa del
3,0%, decisamente inferiore rispetto alla media ligure che si attesta sul 3,6%.
La provincia spezzina è al contempo quella che presenta il più elevato tasso di
crescita, infatti la variazione percentuale tra il 2004 e il 2005 è di oltre un punto
superiore alla media regionale.
Notevole è anche la percentuale delle donne migranti, non distante dalla media
ligure che con il suo 53,7 è decisamente superiore alla media italiana che nel
2005 si aggira sul 49,9%. L’alta percentuale delle donne può essere compresa
tenendo presente una delle caratteristiche dell’immigrazione ligure, fatta
eccezione per Imperia, e cioè l’alta percentuale di migranti provenienti
dall’America Latina: nella Provincia di Genova per esempio essi rappresentano
il 43% di soggiornanti: è un valore molto superiore alla media nazionale del
9,3%.
Sempre il Dossier Caritas/Migrantes 2006 riferisce che nella Provincia
della Spezia il 26,9% degli stranieri provengono dall’America Latina, e il gruppo
più fortemente rappresentato è quello dominicano.

Al 31.12.2004 nella Provincia della Spezia le nazionalità a maggior pressione
migratoria erano: Albania 18,9% , Repubblica Dominicana 18,5%, Marocco
15,7%, Ecuador 5,4%, Romania 5,4%.
Poiché lo studio sui Ricongiungimenti Familiari riguarda solamente il
Comune della Spezia, può essere utile fornire dati solo su quest’area,
escludendo il resto della Provincia.
Tabella 2. Popolazione spezzina nel quadriennio 2003-2006. Dati rilasciati dall’Anagrafe.
Grafico 1.
Popolazione
100%
80%
60%
40%
20%
Donne
0%
Minori
4%
Anni di
riferimento
20
Autoctoni Migranti
Totale
Residenti
2003 90730 3800 94530
2004 89978 4380 94358
2005 89312 4958 94270
2006 88643 5555 94198
2003 48357 2046 50403
2004 47889 2342 50231
2005 47474 2610 50084
2006 47067 2912 49979
2003 11227 804 12031
2004 11288 968 12256
2005 11369 1144 12513
2006 11326 1315 12641
Autoctoni/Migranti nel Comune della Spezia
Quadriennio 2003-2006
96% 95% 95%
5%
5%
94%
6%
2003 2004 2005 2006
Autoctoni
Migranti
I dati dell’anagrafe mettono in luce un progressivo calo della popolazione
spezzina che perde, nell’arco di quattro anni, 332 unità; la diminuzione è
interamente ascrivibile agli autoctoni che nello stesso periodo scendono di 2087

persone. Sono dunque gli stranieri a rafforzare la crescita demografica con un
aumento di 1755.
Le fasce dei minori segnalano una crescita graduale e costante tra gli autoctoni,
più repentina tra i migranti (tra 2003 e 2006 aumentano di 99 i minori autoctoni,
di 511 quelli stranieri).
21

Tabella 3. Analisi della popolazione migrante residente nel Comune della Spezia.
2003 2004 2005 2006
M F Tot 0-17 M F Tot 0-17 M F Tot 0-17 M F Tot 0-17
Albanesi 516 379 895 258 594 447 1041 297 661 508 1169 326 728 594 1322 380
Algerini 13 3 16 0 11 3 14 1 16 5 21 5 20 6 26 4
Bangladeshi 12 9 21 9 14 4 18 5 31 9 40 19 37 15 52 15
Bosniaci 10 5 15 4 10 7 17 4 9 7 16 6 10 7 17 7
Brasiliani 4 14 18 1 8 17 25 3 10 21 31 4 7 19 26 2
Cinesi 82 59 141 36 121 81 202 48 148 105 253 67 176 136 312 89
Colombiani 19 44 63 11 22 48 70 11 22 52 74 11 20 50 70 9
Cubani 2 22 24 1 3 22 25 2 5 26 31 3 9 25 34 3
Dominicani 427 707 1134 267 448 750 1198 297 524 812 1336 346 574 855 1429 362
Ecuadoriani 69 165 234 22 104 198 302 47 132 202 334 73 158 215 373 88
Filippini 6 11 17 1 8 12 20 3 8 9 17 3 12 11 23 4
Francesi 2 21 23 0 0 22 22 0 0 22 22 0 0 20 20 0
Indiani 6 11 17 1 25 17 42 1 4 18 22 1 6 17 23 0
Inglesi 11 16 27 0 11 15 26 0 11 14 25 1 9 15 24 1
Marocchini 266 136 402 106 322 172 494 146 370 194 564 161 406 217 623 172
Nigeriani 5 24 29 5 7 30 37 7 9 30 39 8 7 25 32 6
Polacchi 3 55 58 3 8 74 82 5 13 90 103 6 19 104 123 9
Rumeni 45 68 113 11 59 101 160 21 80 131 211 25 108 160 268 39
Russi 1 14 15 1 1 24 25 1 2 27 29 3 2 37 39 5
Senegalesi 36 4 40 3 44 7 51 4 43 9 52 5 41 11 52 7
Spagnoli 2 26 28 1 2 25 27 1 1 28 29 1 3 31 34 2
Statunitensi 3 18 21 1 3 14 17 0 2 10 12 0 3 10 13 0
Sudcoreani 9 7 16 6 8 5 13 3 9 6 15 5 7 5 12 4
Tedeschi 5 24 29 0 7 24 31 0 9 25 34 0 10 26 36 0
Tunisini 77 34 111 22 88 30 118 22 91 36 127 25 113 46 159 34
Ucraini 10 40 50 7 18 56 74 10 19 59 78 9 21 73 94 12
Yugoslavi 24 17 41 11 25 17 42 13 29 17 46 15 29 17 46 18
Altri 89 113 202 16 67 120 187 15 90 138 228 16 108 165 273 43
Totale 1754 2046 3800 804 2038 2342 4380 967 2348 2610 4958 1144 2643 2912 5555 1315
22

Innanzitutto alcune puntualizzazioni: sono state raggruppate sotto la
dicitura “Altri”, quelle comunità che non raggiungevano mai, nel corso del
quadriennio, almeno le 15 unità; le fasce d’età dei minori inoltre sono calcolate
all’anno di riferimento.
Sono solo otto le comunità che nell’arco del quadriennio arrivano a superare i
cento residenti: dominicana, albanese, marocchina, ecuadoriana, cinese,
rumena, tunisina e polacca. Nella successiva tabella i loro valori sono stati
indicati tenendo conto di differenza di genere e dei minori presenti.
Tabella 4. Le sette Comunità con più di 100 residenti alla Spezia. Dati dell’Anagrafe.
2003
2004
2005
2006
Rep.
Dom.
Albania Marocco Ecuador Cina Romania Tunisia Polonia
M 427 516 266 69 82 45 77 3
F 707 379 136 165 59 68 34 55
Tot 1134 895 402 234 141 113 111 58
Di cui
Minori
267 258 106 22 36 11 22 3
M 448 594 322 104 121 59 88 8
F 750 447 172 198 81 101 30 74
Tot 1198 1041 494 302 202 160 118 82
Di cui
Minori
297 297 146 47 48 21 22 5
M 524 661 370 132 148 80 91 13
F 812 508 194 202 105 131 36 90
Tot 1336 1169 564 334 253 211 127 103
Di cui
Minori
346 326 161 73 67 25 25 6
M 574 728 406 158 176 108 113 19
F 855 594 217 215 136 160 46 104
Tot 1429 1322 623 373 312 268 159 123
Di cui
Minori
362 380 172 88 89 39 34 9
Indiscutibile è la predominanza delle comunità dominicana e albanese le quali,
vedremo, sono anche quelle che hanno ottenuto il maggior numero di Nulla
Osta.
23

I Nulla Osta concessi alla Spezia nel quadriennio 2003-2006
Per entrare invece nel merito della presente ricerca, è bene precisare
subito che di queste otto comunità non verranno singolarmente prese in
considerazione né la tunisina né la polacca poiché è stato esiguo il numero di
Nulla Osta rilasciato in favore di loro migranti; i dati rumeni inoltre non saranno
più fruibili a partire dal 2005 poiché con l’abolizione del visto d’ingresso da tale
paese si sono avuti esclusivamente ricongiungimenti di fatto.
Compariranno, invece, riferiti al 2003, i dati della comunità colombiana che in
quel periodo ha un’incidenza simile all’ecuadoriana (ed è un dato che permette
di rilevare la massiccia presenza di latinos nel territorio). Negli anni successivi i
Nulla Osta loro concessi diminuiranno piuttosto significativamente e per questo
saranno compresi nella categoria Altri.
Per quel che riguarda l’analisi statistica si prenderanno subito di seguito
in considerazione le richieste, mettendo in evidenza l’andamento lungo il corso
del quadriennio e facendo attenzione dapprima al numero di domande che sono
state presentate, per poi concentrare l’attenzione sul numero di beneficiari
effettivamente richiamati.
Si passerà poi ad un’analisi dei richiedenti prendendo in considerazione il loro
paese d’origine, l’appartenenza di genere e le fasce d’età. Ad analisi simile
verranno poi sottoposti i beneficiari riguardo ai quali si indagheranno anche le
parentele con i richiedenti.
E’ giusto sottolineare che i dati riferiti al numero di Nulla Osta rilasciati
per Ricongiungimento Familiare riguardanti tutto il 2003 e tutto il 2004 e il
periodo gennaio-marzo 2005 provengono dalla Questura, mentre quelli
riguardanti il periodo successivo al marzo 2005 sono stati concessi dalla
Prefettura. Il mutamento di provenienza dipende da una variazione nelle
direttive nazionali che sanciscono il passaggio alla Prefettura in materia di
Ricongiungimenti Familiari.
Per avere una più completa idea del fenomeno va inoltre tenuto in conto
che nei dati che seguiranno non compaiono i minori richiamati da cittadini
naturalizzati italiani, o dai coniugi italiani di cittadini stranieri. Queste due
24

categorie possono infatti operare una domanda di Ricongiungimento per
Familiare al Seguito per il quale non è necessario alcun Nulla Osta: i parenti
che entrano in questo modo lo fanno con un visto d’ingresso concesso dalle
nostre Ambasciate a seguito della presentazione di una domanda del cittadino
italiano. Il cittadino italiano che fa domanda di Ricongiungimento per Familiare
al Seguito necessita di una documentazione molto più esigua di quella per il
normale Ricongiungimento: invia alla nostra Ambasciata all’estero i propri
documenti, eventualmente i certificati che formalizzano il matrimonio con il
cittadino straniero, i documenti concernenti la casa in cui vive e il proprio
reddito. La legge non impone rigorosi limiti di reddito e o di abitabilità
dell’alloggio in cui si condurrà il ricongiunto ed è inoltre concesso richiamare
una gamma di parenti molto più ampia: figli di qualsiasi età e parenti fino al
terzo grado con i quali sia possibile dimostrare la parentela e che siano a carico
del richiedente. Prima dell’ingresso del beneficiario non vi è dunque alcun
contatto né con la Questura né con la Prefettura: una volta presenti sul territorio
verrà loro rilasciato un Permesso di Soggiorno direttamente dalla Questura.
La particolare modalità con cui avviene l’ingresso, se da una parte semplifica
l’iter burocratico, poco cambia tuttavia sul piano emotivo del beneficiario e sui
suoi problemi di inserimento, soprattutto quando si tratta di minori. E’ risultato
tuttavia impossibile accedere anche a questi dati, ed è pertanto opportuno
tenere presente la loro mancanza nelle analisi successive.
Le richieste
Comincerò l’analisi dei dati forniti dalla Questura e dalla Prefettura
offrendo un quadro del numero di domande di Nulla Osta accettate dagli uffici
competenti nell’arco del quadriennio 2003-2006.
Il grafico successivo mostra un forte incremento nel numero delle
domande per quel che riguarda il 2004 e un altrettanto repentino calo nel 2005,
che porta il numero di Nulla Osta concessi sotto il livello del 2003; tale
andamento è solo in parte arginato nel 2006.
25

Grafico 2
Num ero delle richieste
250
200
150
100
50
0
Andamento delle richieste di Nulla Osta
nel quadriennio 2003-2006
157
204
26
115
2003 2004 2005 2006
Comune 157 204 115 129
Per poter valutare nella giusta proporzione il picco discendente che si
registra nelle domande del 2005 è bene ricordare che esso dipende da
mutamenti burocratici: a marzo di quell’anno, infatti, sono state notevolmente
rallentate le consegne delle domande poiché il Decreto di attuazione della
Legge Bossi-Fini aveva comportato grandi cambiamenti che necessitavano una
riorganizzazione da parte degli uffici competenti.
Innanzitutto le domande non dovevano più essere inoltrate alle Questure, ma
allo Sportello Unico per l’Immigrazione di competenza della Prefettura e, fatto
ancora più rilevante, si segnalano notevoli variazioni circa la documentazione
da presentare. Prima di marzo 2005 non era necessario produrre attestazioni,
tradotte e legalizzate dalla nostra Ambasciata nel paese d’origine del
richiedente, concernenti i rapporti di parentela con i beneficiari. A marzo 2005,
attuate le norme previste dalla Bossi-Fini, è richiesta anche questo tipo di
verifica; le persone che a quel periodo avevano già raccolto i documenti
necessari per inoltrare la domanda se la vedono bloccare: dovevano far
129

pervenire anche il materiale dalle Ambasciate, procedimento assai lungo e
spesso, a detta di molti utenti del Comitato Immigrati, anche molto oneroso.
Tutta la letteratura in materia di Ricongiungimenti Familiari segnala questo tipo
di documentazione come quella che comporta maggiore stress sia per i
richiedenti sia per le famiglie rimaste in patria. E’ necessario riuscire a
comunicare a casa precisamente cosa procurarsi, ma ciò che dai racconti dei
migranti appare come l’aspetto più complesso è la fase di traduzione e
legalizzazione presso le nostre Ambasciate. Spesso in molti paesi, raccontano i
migranti, sono necessari giorni di fila per aspettare il proprio turno; ci riferiscono
inoltre che tutta la procedura è frequentemente assai dispendiosa, essendo
necessari incoraggiamenti economici affinché tutto giunga a buon fine. E’
evidente che è impossibile una verifica diretta di queste prassi, che nelle
descrizioni di alcuni migranti assumo i caratteri di veri e propri illeciti attuati dalle
autorità, nondimeno anche la letteratura in merito riferisce questo genere di
costo economico, sottolineando tuttavia che questo “non sempre è riconducibile
a episodi di corruzione o d’illegalità in genere, ma può essere promosso
all’interno di semplici reti amicali italiane o etniche nelle quali un individuo è
inserito…” 5
Noto tra parentesi, benché questo fatto non influisca sulla lettura dei seguenti
dati, che a partire da febbraio 2007, è stata rimessa in vigore la legislazione
anteriore a marzo 2005 circa la documentazione da presentare: ora non sono
più necessari documenti attestanti il rapporto di parentela come certificati di
nascita o di matrimonio, ma è sufficiente la fotocopia del passaporto del
beneficiario.
Fatto certo è che l’entrata in vigore della nuova normativa, a marzo 2005,
produce una battuta d’arresto nella consegna delle domande per
Ricongiungimento Familiare.
Dal primo maggio 2005 inoltre sono entrati a far parte della Comunità
Europea altri stati e i rumeni, per esempio, possono varcare le frontiere senza
visto; per tutti questi paesi dunque non è più necessario presentare la domanda
5 Tognetti Bordogna M., op.cit. pg. 42.
27

di Ricongiungimento, infatti i membri di queste nazioni possono far entrare i
propri familiari i quali, una volta qui, riceveranno un Permesso di Soggiorno per
Famiglia.
Se si tiene conto dello stallo burocratico dei mesi di marzo-aprile e del
fatto che a molte nazionalità non è più richiesto fare domanda di
Ricongiungimento per avvicinare la propria famiglia, si può comprendere che le
115 domande del 2005 rappresentino in realtà, benché inferiori a quelle degli
anni precedenti, sempre un incremento nell’accesso all’istituto.
Si nota poi che nel 2006 vi è di nuovo un incremento nel numero dei
richiedenti che presentano domanda di Nulla Osta: non si torna ai livelli anteriori
al 2005, ma bisogna sempre tenere presente tutti quei richiedenti che, essendo
divenuti comunitari, non necessitano più di visto per i loro familiari.
Per tentare di comprendere l’impatto che l’istituto del Ricongiungimento
Familiare ha sulla pressione migratoria nel territorio spezzino, è necessario
tuttavia visionare il numero di beneficiari per cui è stata presentata domanda,
poiché ogni singolo richiedente può chiedere Ricongiungimento per più familiari
all’interno della stessa pratica. Vedremo che vi saranno casi, per quanto rari, in
cui il medesimo richiedente chiede il Ricongiungimento per ben sette familiari: è
ovvio che sono proprio i beneficiari quelli che, con il loro ingresso,
influenzeranno il volto della migrazione spezzina.
Vediamo innanzi tutto l’andamento lungo i tre anni: il grafico 3 mostra un
andamento simile a quello del numero di richiedenti 6 : si assiste ad un picco nel
2004 e ad un calo nel 2005 dovuto alle questioni burocratiche sopra esposte.
Anche per quanto riguarda i beneficiari richiamati vi è una lieve ripresa nel
2006.
6 Cfr. Grafico 2.
28

Grafico 3.
N um ero dei B eneficiari
350
300
250
200
150
100
50
0
Numero dei Beneficiari di Nulla Osta
Quadriennio 2003-2006
236
291
29
190
2003 2004 2005 2006
Comune 236 291 190 203
Nonostante l’andamento del numero dei richiedenti e di quello dei
beneficiari sia molto simile, i dati sopraccitati indicano che i beneficiari sono
sempre molto più numerosi dei richiedenti e che quindi devono essere
molteplici i familiari per cui lo stesso richiedente chiede il Nulla Osta all’interno
della stessa pratica.
Si è deciso di porre particolare attenzione a questo dato perché cambiano i
parametri legali nel caso si intenda ricongiungere più di un familiare, e mutano
anche quelli ai quali il migrante ambisce prima di attuare il Ricongiungimento. E’
giusto ricordare che si tratta di un dato statistico che può solo svelare delle
tendenze, o degli andamenti nel corso del quadriennio, dietro al quale tuttavia si
possono celare le più disparate situazioni: non è affatto scontato che chi accede
all’istituto (sia per il richiedente, sia per il beneficiario) sia più propenso
all’apertura con il contesto ospitante, o che abbia intenzione di stanziarsi
stabilmente sul territorio. Seguendo l’analisi che Mara Tognetti Bordogna fa
dell’istituto del Ricongiungimento Familiare si è visto precedentemente che
svariate possono essere le motivazioni di chi decide di intraprendere domanda
203

di Ricongiungimento Familiare e che più o meno spontanea può essere
l’adesione di chi viene richiamato.
La seguente analisi può essere solo un indice, della situazione socio-
economica dei richiedenti (o della loro possibilità di ricrearla, anche se alle volte
solo formalmente, agli occhi delle istituzioni), e di riflesso di quella in cui
verranno a trovarsi i beneficiari nel momento del loro arrivo in Italia. Al fine di
presentare domanda per un singolo ricongiungimento è infatti necessario
guadagnare almeno il corrispettivo dell’assegno sociale; per due o tre familiari
che si desidera far entrare è necessario uno stipendio doppio all’importo
dell’assegno sociale, per quattro o più persone deve corrispondere quantomeno
al triplo. La casa di residenza del migrante deve inoltre essere idonea ad
ospitare il numero di persone che si richiama e nel Comune della Spezia sono
richiesti 14 metri quadrati ad inquilino. Riuscire a ricongiungere più di tre
familiari implica quindi che il migrante abbia raggiunto una certa stabilità.
Nei grafici seguenti non mi sono limitata ad indicare le barriere burocratiche del
singolo, dei tre o dei quattro ricongiunti, preferendo tenere conto dei vari valori
emersi da ogni pratica. Se è vero che per richiamare sette persone serve uno
stipendio uguale a quello per richiamarne quattro, il sostentamento economico
che ad essi deve essere garantito, se non altro per il primo periodo, è ben
diverso, in particolar modo quando si tratta di minori.
Tabella 5. Numero di beneficiari, all’interno di ogni domanda, richiamati nell’anno 2003.
Pratiche
con
1 Ben.
Pratiche
con
2 Ben.
Pratiche
con
3 Ben.
Pratiche
con
4 Ben.
30
Pratiche
con
5 Ben.
Pratiche
con
6 Ben.
Pratiche
con
7 Ben.
Albania 21 10 6 0 0 0 0 59
Cina 5 4 0 1 0 0 0 17
Ecuador 8 1 0 0 0 0 0 10
Marocco 10 3 3 1 1 0 1 41
Rep. Dom. 39 13 2 0 0 0 0 71
Romania 8 1 0 0 0 0 0 10
Altri 14 3 1 0 1 0 0 28
Tot
Ben.
Totale 105 35 12 2 2 0 1 236

Grafico 4
Valori assoluti
40
35
30
25
20
15
10
5
0
Numero di beneficiari richiamati con una sola pratica
Anno 2003
Albania Cina Ecuador Marocco Rep. Dom Romania Altri
1 Ben 2 Ben 3 Ben 4 Ben 5 Ben 6 Ben 7 Ben
Solo un migrante marocchino ha ottenuto il Nulla Osta per 7 suoi
familiari, tuttavia è evidente che questa, nel 2003, è stata la comunità più
propensa a tentare un massiccio ricompattamento della famiglia. 7 Per i paesi
latini e per l’Albania, nonostante siano quelle che hanno inoltrato il maggior
numero di richieste, si nota che il migrante richiama al massimo tre persone. Al
fine di valutare nella giusta dimensione quest’ultimo dato bisogna tenere
presente le strutture sociali di questi paesi.
Nell’area maghrebina l’istituto della poligamia permette la costruzione di
famiglie allargate e quindi spesso di un elevato numero i figli. Per quel che
riguarda i paesi latini bisogna invece considerare che in area spezzina si tratta
prevalentemente di donne occupate nel settore della collaborazione domestica:
tale mansione raramente permette il raggiungimento di quella solidità
economica e abitativa per poter richiamare contemporaneamente molte
persone.
7 Pare che fino a poco tempo fa la politica marocchina in fatto di emigrazione tentasse di
sfavorire lo sfaldamento delle famiglie e che quindi fossero concessi i Visti per famiglia solo a
quelle persone che erano in grado di far espatriare tutto il proprio nucleo familiare.
31

Tabella 6. Numero di beneficiari richiamati all’interno di ogni domanda nell’anno 2004.
Pratiche
con
1 Ben.
Pratiche
con
2 Ben.
Pratiche
con
3 Ben.
Pratiche
con
4 Ben.
32
Pratiche
con
5 Ben.
Pratiche
con
6 Ben.
Pratiche
con
7 Ben.
Albania 21 13 6 0 0 0 0 65
Cina 14 7 6 0 0 0 0 46
Ecuador 14 1 2 0 0 0 0 22
Marocco 11 2 2 2 0 0 0 29
Rep. Dom 56 11 2 0 0 0 0 84
Romania 10 0 1 0 0 0 0 13
Altri 16 3 0 0 2 0 0 32
Tot
Ben.
Totale 142 37 19 2 2 0 0 291
Grafico 5
Valori assoluti
60
50
40
30
20
10
0
Numero di beneficiari richiamati con una sola pratica
Anno 2004
Albania Cina Ecuador Marocco Rep. Dom Romania Altri
1 Ben 2 Ben 3 Ben 4 Ben 5 Ben 6 Ben 7 Ben
Aumenta nel 2004 il numero dei beneficiari, ma diminuiscono
notevolmente i richiedenti che riescono a chiedere il Nulla Osta per più di tre
persone. La maggior parte delle domande riguarda, infatti, il Ricongiungimento
di uno, al limite di due familiari. Se nel 2003 era stato un marocchino l’unico a
poter richiamare ben sette parenti, nel 2004 è sempre un marocchino a
richiamarne il più alto numero, solo quattro però quest’anno.

Tabella 7. Numero di beneficiari richiamati all’interno di ogni domanda nell’anno 2005.
Pratiche
con
1 Ben.
Pratiche
con
2 Ben.
Pratiche
con
3 Ben.
Pratiche
con
4 Ben.
33
Pratiche
con
5 Ben.
Pratiche
con
6 Ben.
Pratiche
con
7 Ben.
Albania 14 6 5 2 0 0 0 49
Cina 2 2 3 0 0 0 0 15
Ecuador 9 4 1 0 2 0 0 30
Marocco 5 2 2 1 1 0 0 24
Rep. Dom 30 6 2 0 0 0 0 48
Altri 11 2 3 0 0 0 0 24
Tot
Ben.
Totale 71 22 16 3 3 0 0 190
Grafico 6
Valori assoluti
30
25
20
15
10
5
0
Numero di beneficiari richiamati con una sola pratica
Anno 2005
Albania Cina Ecuador Marocco Rep. Dom Altri
1 Ben 2 Ben 3 Ben 4 Ben 5 Ben 6 Ben 7 Ben
Nel 2005 aumentano un po’ le richieste di Nulla Osta per più familiari: nel
corso di quest’anno due ecuadoriani e un marocchino riescono a ottenere il
documento per cinque membri della propria famiglia.

Tabella 8. Numero di beneficiari richiamati all’interno di ogni domanda nell’anno 2006.
Pratiche
con
1 Ben.
Pratiche
con
2 Ben.
Pratiche
con
3 Ben.
Pratiche
con
4 Ben.
34
Pratiche
con
5 Ben.
Pratiche
con
6 Ben.
Pratiche
con
7 Ben.
Albania 12 6 5 1 2 0 0 53
Cina 2 3 0 0 0 0 0 8
Ecuador 4 4 0 0 0 0 0 12
Marocco 4 0 0 0 0 0 0 4
Tot
Ben.
Rep.Dom. 46 16 6 1 0 0 0 100
Altri 12 3 1 0 1 0 0 26
Totale 80 32 12 2 3 0 0 203
Grafico 7
Valori assoluti
50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
Numero di beneficiari richiamati con una sola pratica
Anno 2006
Albania Cina Ecuador Marocco Rep. Dom Altri
1 Ben 2 Ben 3 Ben 4 Ben 5 Ben 6 Ben 7 Ben
Nell’anno 2006 si afferma la tendenza a richiamare un solo beneficiario
all’interno della stessa pratica: eccezioni riguardano tuttavia le due comunità
che hanno ottenuto il maggior numero di Nulla Osta, ovvero quella dominicana
e quella albanese.

I richiedenti
Dopo aver valutato il numero di Nulla Osta concessi nel quadriennio
2003-2006 e quante siano state le persone per le quali esso è stato
effettivamente richiesto, vorrei cominciare a indagare le caratteristiche dei
richiedenti mostrando innanzitutto il paese di provenienza cui appartengono, la
loro appartenenza di genere e la loro fascia di età.
A partire da questo momento, come già anticipato, si terrà conto di quelle
comunità che nel corso del periodo considerato abbiano superato almeno una
volta le cinque unità; tutte le altre sono raggruppate sotto la voce Altri.
Paesi d’origine dei richiedenti
Il seguente grafico compara i paesi d’origine dei richiedenti nel corso del
quadriennio considerato.
Grafico 8
Valori assoluti
70
60
50
40
30
20
10
0
Paesi d'origine dei Richiedenti
Quadriennio 2003-2006
Albania Cina Colombia Ecuador Marocco Rep.
Dom.
35
Romania Altri
2003
2004
2005
2006

Tabella 9. Paesi d’origine dei Richiedenti Nulla Osta nel quadriennio 2003-2006.
2003 2004 2005 2006
Albania 37 40 27 26
Cina 10 27 7 5
Colombia 5 6 2 2
Ecuador 9 17 16 8
Marocco 19 17 11 4
Rep. Dom. 54 69 38 69
Romania 9 11 0 0
Altri 14 17 14 15
Totale 157 204 115 129
I dati che saltano subito all’occhio riguardano innanzitutto i richiedenti
cinesi e dominicani: notevolissimo l’aumento dei primi che passano dai 10 del
2003 ai 27 del 2004, per ridiscendere tuttavia a 11 nel 2005 e precipitare a soli
5 nel 2006.
Tentando di fornire una spiegazione a questo dato ho chiesto delucidazioni alla
Signora Paola Cozzani, operatrice del C.S.I. con pluriennale esperienza, la
quale mi ha fatto riflettere su un fenomeno da lei osservato allo sportello. Con la
Bossi-Fini attuata nel 2002 molte sono state le persone che hanno fatto
domanda di regolarizzazione. Nel Dossier Caritas/Migrantes, proprio a
proposito dell’immigrazione cinese si può leggere: “un momento importante per
la storia di questa comunità in Italia è stato il 2002, quando al fianco di una
presenza già numerosa pari a 62.314 soggiornanti sono emerse 35.443
domande di regolarizzazione, che hanno fatto della Cina il sesto nella
graduatoria dei paesi a forte pressione irregolare.” 8
Si comprende il motivo del boom dei Nulla Osta concessi a cinesi nel 2004
considerando come esempio l’andamento delle affluenze di cinesi al CSI nel
corso del 2002-2004. La loro presenza comincia a farsi sentire proprio in
seguito alla richiesta di regolarizzazione, poiché il Comitato era un tramite per
8 AAVV (2006), p. 37.
36

conoscere lo stato della loro pratica. I tempi burocratici nell’approvazione delle
domande sono stati piuttosto lunghi arrivando le prime risposte nel corso del
2003. Nell’arco di questo periodo l’incontro frequente con le operatrici di questo
ente (come dei molteplici altri che operano sul territorio) apre i migranti a nuove
possibilità ed agevolazioni offerte dalla Stato italiano che essi spesso
ignoravano. Non stupisce dunque che, ottenuta la regolarizzazione durante il
2003 e finalmente venuti a conoscenza dei requisiti per accedere all’istituto del
Ricongiungimento Familiare, nel corso del 2004 molteplici siano stati coloro che
vi hanno fatto ricorso. La tendenza sembra tuttavia esaurirsi in quello stesso
anno, visto il calo di domande dell’anno successivo.
E’ utile sottolineare il ruolo notevole di conoscenza reciproca e
conseguente apertura svolto dal Comitato Solidarietà Immigrati, ma per
estensione, da tutti gli enti fondati sul volontariato. Il loro lavoro contiene
sempre una percentuale di donazione che per vari motivi è preclusa alla
macchina statale. L’aspetto umano che tali enti rivestono su di sé è un’arma
vincente quando si devono risolvere delicate questioni come l’inserimento in un
nuovo territorio. L’apparato statale, per sua intrinseca natura, mira a trattare i
cittadini come tutti uguali e a fornire risposte standardizzate, non potendo
tenere conto delle singole peculiarità individuali; l’unica eccezione è
rappresentata, in parte, dagli operatori dei Servizi Sociali che si trovano ad
interagire in modo particolarmente profondo e diretto con i propri utenti. Rimane
evidente tuttavia, e molti sono gli studi in merito, che chi opera nel settore del
volontariato, anche se solo parziale come nel caso del C.S.I., aggiunge sempre
una maggiorazione, a livello di impegno e cura, nel proprio rapporto con chi
cerca il loro aiuto; è proprio questo dono a creare un legame tra chi mette a
disposizione le proprie competenze e chi ne usufruisce. La donazione di tempo
e attenzione che caratterizza gli enti di volontariato è ciò che permette la
generazione di fiducia e solidarietà, presupposti indispensabili per favorire
l’integrazione, fattore talmente intimo e personale da essere difficilmente
gestibile dal redistributivo apparato statale. 9
9 Per un approfondimento sull’argomento si può far riferimento agli autori aderenti alla Revue du
M.A.U.S.S. In particolare cfr. Godbout J.T. (2002), Lo spirito del dono, Bollati Boringhieri, Torino
37

Tornando alle statistiche si può ancora evidenziare da parte dei migranti
latini un aumento dei richiedenti, costante rispetto a quello cinese, soprattutto
per quel che riguarda la Repubblica Dominicana: questo incremento è tuttavia
meno notevole di quello cinese se si considera che si tratta della comunità più
numerosa della Spezia. Per quel che riguarda questi richiedenti si assiste al
calo del 2005, dovuto probabilmente alle questioni burocratiche
precedentemente analizzate, ma ad un’altrettanto repentina ripresa già a partire
dall’anno successivo. Anche la comunità ecuadoriana vede un sostanzioso
incremento di domande tra 2003 e 2004; l’andamento si stabilizza nel 2005, ma
precipita nel 2006, anno in cui i richiedenti si dimezzano e scendono sotto la
decina. Crollano invece, dopo un lieve picco nel 2004, il numero di colombiani.
La comunità albanese invece mantiene le sue domande pressoché stabili nel
corso del biennio 2003-2004, per scendere poi di poco più di dieci unità nei due
anni successivi.
Un andamento particolare denota invece i richiedenti marocchini: questi
rimangono di numero piuttosto elevato negli anni 2003-2004, cominciano a
scendere nel 2005 per andare quasi a scomparire nel 2006. Se questa stessa
tendenza ha riguardato altre comunità, come quella colombiana e quella cinese,
il dato marocchino è più singolare poiché si tratta della terza comunità più
numerosa della Spezia che oltretutto aumenta costantemente la propria
presenza sul territorio come si evince dalla tabella 4. Cercheremo in seguito di
rendere ragione di tale particolarità.
Genere dei richiedenti
Proseguendo nella caratterizzazione dei richiedenti, altro dato importante
da rilevare è il genere di chi ha fatto domanda di Ricongiungimento Familiare.
Per questo tipo di dato si evidenziano prima i dati generali, considerando le
[ed. orig. L'Esprit du don, Édition La Découverte, Paris, 1992] e Bassi A. (2000), Dono e fiducia.
Le forme di volontariato nelle società complesse, Edizioni Lavoro, Roma. Tali teorie sono
esaminate anche in M. Cavazzini, C. Di Clemente, Poetiche e prassi di dono. Un’indagine
antropologica tra gli immigrati senegalesi nella provincia di Pisa, tesi di laurea, Università di Pisa,
Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2005-06.
38

percentuali nei singoli anni considerati, per poi scendere nel dettaglio delle
differenze di genere all’interno delle singole comunità
Femmine
46%
Femmine
48%
Femmine
57%
Femmine
84%
Grafico 9
Sesso dei richiedenti nel 2003
Grafico 10
39
Maschi
16%
Sesso dei richiedenti nel 2004
Grafico 11
Maschi
54%
Sesso dei richiedenti nel 2005
Grafico 3
Maschi
52%
Sesso dei richiedenti nel 2006
Maschi
43%
Femmine
Maschi
Femmine
Maschi
Femmine
Maschi
Femmine
Maschi

Si nota già tra il 2003 e il 2004 un netto aumento delle domande
presentate da uomini, andamento che si mantiene stabile anche nel 2005; il
dato potrebbe trovare spiegazione sempre nella sanatoria del 2002 cui ho fatto
riferimento precedentemente. Tale sanatoria riguardava ovviamente sia gli
uomini sia le donne, tuttavia queste ultime, impegnate in alte percentuali come
badanti e colf, ricevevano solo il minimo di paga con il quale non è possibile
fare domanda di ricongiungimento. Gli uomini, sovente occupati nell’edilizia,
ricevono uno stipendio mensile superiore all’assegno di sussidio sociale, motivo
per cui potrebbero essere stati incaricati loro di occuparsi delle domande. La
tendenza si esaurisce nel 2006, anno in cui le domande presentate da donne
salgono nuovamente al 57%.
L’elevato numero di richieste presentate da donne, pur sempre alto nel corso
del quadriennio, nonostante i picchi maschili evidenziati, è perfettamente in
linea con le caratteristiche dell’immigrazione spezzina segnata da una forte
presenza di donne latine, in particolare dominicane, che gradualmente tendono
a ricompattare il nucleo familiare.
Può essere interessante valutare le percentuali di genere prendendo in
considerazione le singole comunità.
Grafico 13
Valori asso luti
50
40
30
20
10
0
Sesso dei richiedenti
Anno 2003
Albania Cina Pop. Ecuador Marocco Rep.Dom. Romania Altri
Femmine 27 6 9 17 49 9 15
Maschi 10 4 0 2 5 0 4
Paesi d'origine
40
Femmine
Maschi

Grafico 14
Grafico 15
Grafico 16
Valori assoluti
60
50
40
30
20
10
0
Sesso dei richiedenti
Anno 2004
Femmine 1 8 14 2 53 5 11
Maschi 39 19 3 15 16 6 12
Valori assoluti
40
30
20
10
0
Albania Cina Pop. Ecuador Marocco Rep.Dom Romania Altri
Paesi d'origine
Sesso dei richiedenti
Anno 2005
Femmine 1 3 12 1 32 0 6
Maschi 26 4 4 10 6 0 10
Valori assoluti
60
50
40
30
20
10
0
Albania Cina Pop. Ecuador Marocco Rep.Dom. Romania Altri
Paesi d'origine
Sesso dei richiedenti
Anno 2006
Albania Cina Pop. Ecuador Marocco Rep.Dom. Romania Altri
Femmine 2 2 4 1 54 0 11
Maschi 24 3 4 3 15 0 6
Paesi d'origine
41
Femmine
Maschi
Femmine
Maschi
Femmine
Maschi

Si nota, nell’arco di un solo anno, il cambiamento di tendenza
riguardante il sesso dei richiedenti. Avevo già mostrato come nel 2004 diventino
gli uomini i protagonisti di questa pratica, ma, osservando nel dettaglio, si nota
che sono soprattutto alcune comunità ad incidere su questa tendenza. Innanzi
tutto la comunità albanese: solo una è la donna che nel 2004 presenta la
domanda, rispetto alle 27 dell’anno precedente: i maschi aumentano da 10 a
39. Nel 2005 sono solo 2 le donne, su 45 richiedenti; nel 2006, scende il
numero di domande che raggiungono solo le 26 unità, 24 delle quali sono
tuttavia maschili.
Stesso andamento, anche se meno marcato, si presenta anche per la
comunità marocchina e per quella rumena. In merito a quest’ultima, anche se i
valori di genere pressoché si equivalgono, è necessario sottolineare che nel
2003 neppure un uomo presentò domanda di ricongiungimento.
Per quel che riguarda i cinesi, vi è un forte aumento di richiedenti maschili nel
2004, mentre i valori pressoché si riequilibrano nel 2005 e nel 2006 (anno,
questi ultimo, in cui il numero dei richiedenti diviene veramente esiguo)
L’unica ipotesi per ora formulabile è appunto quella che la sanatoria del 2002
abbia prodotto profonde influenze sulla regolarizzazione dei migranti e quindi
sulla loro interazione con le istituzioni e la burocrazia italiana.
Il riaffermarsi della predominanza femminile nel 2006 è imputabile al fatto che i
richiedenti di quell’anno sono quasi esclusivamente dominicani e, come
sempre nel corso del quadriennio, di donne: la tendenza di questa comunità,
sotto questo punto di vista, non subisce infatti che lievissime e irrilevanti
variazioni.
Fasce d’età di richiedenti
Restano ancora da valutare le fasce di età delle persone che hanno
presentato domanda di Ricongiungimento Familiare. La variazione lungo il
corso del quadriennio considerato è mostrato dalla tabella seguente.
Per quanto vi siano delle variazioni, si nota subito che sono persone
piuttosto giovani che presentano la domanda: la fascia d’età dominante è quella
42

tra i 30 e i 45, ovvero quella di persone che con più probabilità hanno svariati
anni di migrazione alle spalle e possono finalmente permettersi di ricostruire il
nucleo familiare precedentemente spezzato. Notevole è tuttavia anche il
numero di domande presentate da chi ha tra i 21 e i 29 anni.
Grafico 17
V a lo ri a s s o lu t i
120
100
80
60
40
20
0
Fasce d'età dei richiedenti
Quadriennio 2003-2006
0-17 18-20 21-29 30-45 46-65 66-75 più di 75
Fasce d'età
Tabella 10. Fasce d’età dei richiedenti nel quadriennio 2003-2006.
2003 2004 2005 2006
0-17 anni 0 1 0 0
18-20 anni 2 4 1 5
21-29 anni 35 54 23 33
30-45 anni 99 119 79 77
46-65 anni 21 26 12 14
66-75 anni 0 0 0 0
Più di 75 anni 0 0 0 0
Totale 157 204 115 129
L’età è riferita al momento in cui è stato concesso il Nulla Osta e tale
approccio verrà mantenuto per tutto il corso della ricerca.
43
2003
2004
2005
2006

L’andamento è costante durante tutto il triennio, nel corso del quale,
considerando un’approssimazione del 2% per eccesso e difetto, il 60% dei
richiedenti ha tra i trenta e i quarantacinque anni, il 24% tra i 21 e i 29 anni e la
restante parte quasi esclusivamente tra i 46 e i 65 anni.
comunità.
Grafico 18
Valori assoluti
Grafico 19
Valori assoluti
Può essere utile valutare tale andamento all’interno delle singole
35
30
25
20
15
10
5
0
40
35
30
25
20
15
10
5
0
Fasce d'età dei richiedenti
Anno 2003
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom Romania Altri
Paesi d'origine
Fasce d'età dei richiedenti
Anno 2004
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom Romania Altri
Paesi d'origine
44
0-17
18-20
21-29
30-45
46-65
66-75
più di 75
0-17 anni
18-20 anni
21-29 anni
30-45 anni
46-65 anni
66-75 anni
più di 75 anni

Grafico 20
Valori assoluti
30
25
20
15
10
Grafico 21
Valori assoluti
5
0
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
Fasce d'età dei richiedenti
Anno 2005
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom Altri
Paesi d'origine
Fasce d'età dei richiedenti
Anno 2006
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom Altri
Paesi d'origine
Tabella 11. Fasce di età dei richiedenti: anno 2003.
45
0-17 anni
18-20 anni
21-29 anni
30-45 anni
46-65 anni
66-75 anni
più di 75 anni
0-17
18-20
21-29
30-45
46-65
66-75
più di 75
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom. Romania Altri Totale
0-17 anni 0 0 0 0 0 0 0 0
18-20 anni 0 0 0 0 2 0 0 2
21-29 anni 15 2 3 2 9 1 3 35
30-45 anni 18 8 5 14 34 7 13 99
46-65 anni 4 0 1 3 9 1 3 21
66-75 anni 0 0 0 0 0 0 0 0
più di 75 anni 0 0 0 0 0 0 0 0
Totale 37 10 9 19 54 9 19 157

Tabella 12. Fasce di età dei richiedenti: anno 2004.
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom. Romania Altri Totale
0-17 anni 0 0 0 0 1 0 0 1
18-20 anni 1 0 0 0 3 0 0 4
21-29 anni 16 7 2 3 19 5 2 54
30-45 anni 20 19 13 11 37 4 15 119
46-65 anni 3 1 2 3 9 2 6 26
66-75 anni 0 0 0 0 0 0 0 0
più di 75 anni 0 0 0 0 0 0 0 0
Totale 40 27 17 17 69 11 23 204
Tabella 13. Fasce di età dei richiedenti: anno 2005.
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom. Altri Totale
0-17 anni 0 0 0 0 0 0 0
18-20 anni 1 0 0 0 0 0 1
21-29 anni 8 0 4 2 6 3 23
30-45 anni 14 7 10 7 28 13 79
46-65 anni 4 0 2 2 4 0 12
66-75 anni 0 0 0 0 0 0 0
Più di 75 anni 0 0 0 0 0 0 0
Totale 27 7 16 11 38 16 115
Tabella 14. Fasce di età dei richiedenti: anno 2006.
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom. Altri Totale
0-17 0 0 0 0 0 0 0
18-20 0 0 1 0 3 1 5
21-29 8 2 4 1 15 3 33
30-45 17 2 2 3 42 11 77
46-65 1 1 1 0 9 2 14
66-75 0 0 0 0 0 0 0
Più di 75 0 0 0 0 0 0 0
Totale 26 5 8 4 69 17 129
46

Come si evinceva già dal Grafico 12, riguardante genericamente le
fasce di età di migranti che hanno fatto domanda di Nulla Osta, l’andamento nel
corso dei tre anni resta pressoché simile anche all’interno delle singole
comunità. Si può rilevare un lieve aumento dei richiedenti appartenenti alle
fasce più giovani, quelle comprese tra i 18 e i 45 anni, soprattutto per quel che
riguarda i dominicani, i cinesi, gli albanesi e i rumeni. Non stupisce affatto che
siano proprio queste categorie ad aprirsi al contesto ospitante, interagendo con
istituzioni ed enti. Sicuramente sono anche quelle maggiormente proiettate
verso la costruzione o ricostruzione del nucleo familiare, poiché sono quelle che
hanno lasciato a casa coniugi e figli.
47

I beneficiari
L’analisi prosegue a questo punto mettendo in evidenza le medesime
caratteristiche evidenziate per i richiedenti anche per quanto riguarda i
beneficiari. Nell’indagine seguente sarà premura volgere lo sguardo anche al
rapporto di parentela sussistente tra richiedenti e beneficiari e inoltre
all’incremento dei migranti, a seguito dei Ricongiungimenti Familiari concessi,
nel quartiere Umbertino.
Paesi d’origine dei beneficiari
Se nel Grafico 3 è già stato mostrato quale sia l’andamento generico del
numero di beneficiari lungo il corso del quadriennio 2003-2006, a questo punto
è necessario valutate il dato in modo più dettagliato, prendendo in
considerazione cioè le varie nazionalità dei beneficiari.
Grafico 22
Numero Beneficiari
Valori assoluti
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Incidenza delle nazionalità dei Beneficiari
Quadriennio 2003-2006
Albania Cina Ecuador Marocco Rep. Dom Romania Altri
48
2003
2004
2005
2006

Tabella 15. Incidenza delle nazionalità dei Beneficiari di Nulla Osta nel quadriennio 2003-
2006.
2003 2004 2005 2006
Albania 59 65 49 53
Cina 17 46 15 8
Ecuador 10 22 30 12
Marocco 41 29 22 4
Rep. Dom. 71 84 50 100
Romania 10 13 0 0
Altri 28 32 24 26
Totale 236 291 190 203
Si nota subito una costante aumento per quel che riguarda le comunità
“forti” del territorio spezzino, la dominicana, l’ecuadoriana e l’albanese, le quali
risultano pertanto quelle meglio inserite e sicuramente più interessate allo
stanziamento. Un regolare calo riguarda invece la comunità marocchina che
passa dai 41 Nulla Osta concessi nel 2003 ai soli 22 del 2005, per precipitare a
solo 4 ricongiungimenti nel 2006.
L’annullamento dei Nulla Osta rilasciati a cittadini rumeni nel 2005 dipende
esclusivamente dal fatto, già messo in luce, che a partire da marzo di
quell’anno è stato loro concesso l’ingresso senza visto, motivo per cui non
sussisteva più alcun interesse a presentare la domanda di Ricongiungimento.
Per quel che riguarda la Cina, dopo il picco ascendente del 2004, anno in cui i
Nulla Osta quasi triplicano, si assiste ad un ridimensionano nel 2005 che
continua anche nel 2006.
Un discorso a sé meritano i dati del 2006: si assiste ad un drastico calo
di tutte le domande, oltre a quella marocchina e cinese già evidenziate, tranne
che per quella dominicane e quella albanese. Il numero di beneficiari albanesi si
mantiene piuttosto costante rispetto agli anni passati, mentre si assiste ad un
boom impressionante dei dominicani ricongiunti che duplicano rispetto all’anno
precedente.
49

Sesso dei beneficiari
Per quanto riguarda il sesso di beneficiari la situazione è indicata dai
grafici seguenti.
Femmine
62%
Femmine
53%
Femmine
59%
Femmine
49%
Grafico 23
Sesso Beneficiari
Anno 2003
Grafico 24
Sesso Beneficiari
Anno 2004
Grafico 25
Sesso Beneficiari
Anno 2005
Grafico 26
Sesso Beneficiari
Anno 2006
50
Maschi
38%
Maschi
47%
Maschi
41%
Maschi
51%
Femmine
Maschi
Maschi
Femmine
Maschi
Femmine
Maschi
Femmine

L’’incidenza del ricongiungimento femminile nel 2003 è notevole: le
donne che fanno ingresso alla Spezia rappresentano ben il 62 per cento dei
nuovi migranti. Tra il 2003 e il 2004 si assiste ad un aumento dei
ricongiungimenti maschili, i quali tuttavia non raggiungono ancora quello
femminile. Il contesto spezzino, caratterizzato da una decisa presenza
femminile, in parte legata alle possibilità lavorative che offre, sembra dunque
dirigersi verso un incremento di questa tendenza. Lo dimostra il fatto che nel
2005 ritorna preponderante il numero delle beneficiarie, che risale al 55 per
cento, rispetto al 53 dell’anno precedente. I dati comunque tendono a
stabilizzarsi verso la parità nell’anno successivo.
Per capire l’incidenza di genere all’interno delle singole comunità si può
far riferimento ai grafici seguenti.
Grafico 27
V alo ri n u m erci
50
40
30
20
10
0
Sesso dei beneficiari ripartiti per nazionalità
Anno 2003
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom Romania Altri
Maschi 11 9 8 16 31 6 8
Femmine 48 8 2 25 40 4 20
51
Maschi
Femmine

Grafico 28
Grafico 29
Grafico 30
Valori numerici
60
50
40
30
20
10
0
Sesso dei beneficiari per nazionalità
Anno 2004
Maschi 21 22 7 8 57 6 17
Femmine 44 24 15 21 27 7 15
Valori numerici
40
30
20
10
0
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom Romania Altri
Sesso dei beneficiari per nazionalità
Anno 2005
Maschi 13 9 11 8 32 5
Femmine 36 6 19 16 16 19
Valori numerici
80
60
40
20
0
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom Altri
Sesso dei beneficiari per nazionalità
Anno 2006
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom Altri
Maschi 21 3 3 1 62 14
Femmine 32 5 9 3 38 12
52
Maschi
Femmine
Maschi
Femmine
Maschi
Femmine

Tra 2003 e 2004 il numero di donne albanesi che vengono chiamate in
Italia resta pressoché invariato, mentre quasi raddoppiano gli uomini; nel 2005
aumenta lievemente il numero dei beneficiari maschi, mentre cresce di ben 17
unità il numero delle femmine.
Diminuiscono invece drasticamente le donne dominicane che vengono
richiamate nel 2004: passano da 40 a 27, e, come nel caso albanese,
aumentano notevolmente gli uomini. Questa crescita della migrazione maschile
dominicana continua anche nel 2005, mentre quella femminile rimane statica.
Molto bilanciati nell’arco di questo biennio sono invece gli ingressi maschili e
femminili dalla Romania e dalla Cina Popolare.
Nel 2006 continua la tendenza a richiamare donne per quanto riguarda l’Albania
e a richiamare uomini dominicani.
Questi valori indicano una tendenza opposta rispetto al genere dei
richiedenti; è bene tralasciare in questa analisi i dati del 2003 perché in
quell’anno, probabilmente a seguito della sanatoria del 2001, per tutte le
nazionalità sono le femmine a mobilitarsi per presentare domanda. Nel resto del
triennio si nota invece che ad un’elevata presenza di richiedenti maschili
albanesi corrisponde un altrettanto forte aumento dei beneficiari maschili.
Diverso andamento caratterizza la comunità marocchina: si tratta di uomini che
richiamano soprattutto donne. Opposto discorso per i dominicani: tra di loro, per
tutto il quadriennio, sono sempre le donne a richiedere il Nulla Osta ed invece
aumenta il numero degli uomini richiamati.
Fasce d’età dei beneficiari
Per comprendere l’impatto che i nuovi migranti avranno sul territorio
riporto di seguito una ripartizione del numero di beneficiari di Nulla Osta a
seconda della loro fascia d’età; seguirà immediatamente una suddivisione di
tale incidenza all’interno delle singole comunità.
53

Grafico 31
Grafico 32
Valori numerici
35
30
25
20
15
10
5
0
Valori assoluti
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Fasce d'età dei beneficiari
Quadriennio 2003-2006
0-10 11-17 18-20 21-29 30-45 46-65 66-75
2003 49 68 20 32 40 17 9 1
2004 69 76 11 39 52 36 8 0
2005 50 51 13 25 37 11 3 0
2006 49 46 10 37 45 12 4 0
54
più di
75
Fasce d'età dei Beneficiari a seconda del paese d'origine
Anno 2003
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom Romania Altri
Paesi d'origine
0-10 anni
11-17 anni
18-20 anni
21-29 anni
30-45 anni
46-65 anni
66-75 anni
2003
2004
2005
2006
più di 75 anni

Grafico 33
Valori numerici
30
25
20
15
10
5
0
Grafico 34
Valori numerici
18
16
14
12
10
8
6
4
2
0
Fasce d'età dei Beneficiari a seconda del paese d'origine
Anno 2004
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom Romania Altri
Paesi d'origine
Fasce d'età dei Beneficiari a seconda del paese d'origine
Anno 2005
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom Altri
Paesi d'origine
55
0-10 anni
11-17 anni
18-20 anni
21-29 anni
30-45 anni
46-65 anni
66-75 anni
più di 75 anni
0-10 anni
11-17 anni
18-20 anni
21-29 anni
30-45 anni
46-65 anni
66-75 anni
più di 75 anni

Grafico 35
Valori numerici
35
30
25
20
15
10
5
0
Fasce d'età dei Beneficiari a seconda del paese d'origine
Anno 2006
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom Altri
Paesi d'origine
56
0-10 anni
11-17 anni
18-20 anni
21-29 anni
30-45 anni
46-65 anni
66-75 anni
più di 75 anni
Tabella 16. Fasce d’età dei Beneficiari a seconda del paese d’origine. Anno 2003.
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom. Romania Altri Totale
0-10 anni 13 4 1 15 11 0 5 49
11-17 anni 7 7 3 7 33 1 10 68
18-20 anni 8 0 1 0 6 1 4 20
21-29 anni 9 0 2 8 8 2 3 32
30-45 anni 9 5 2 6 10 4 4 40
46-65 anni 7 1 0 4 2 2 1 17
66-75 anni 6 0 1 1 0 0 1 9
più di 75 anni 0 0 0 0 1 0 0 1
Totale 59 17 10 41 71 10 28 236

Tabella 17. Fasce d’età dei Beneficiari a seconda del paese d’origine. Anno 2004.
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom. Romania Altri Totale
0-10 anni 17 13 7 8 12 3 9 69
11-17 anni 5 16 6 5 30 1 13 76
18-20 anni 6 1 1 1 2 0 0 11
21-29 anni 11 6 3 2 12 3 2 39
30-45 anni 7 8 4 7 18 3 5 52
46-65 anni 15 2 1 3 9 3 3 36
66-75 anni 4 0 0 3 1 0 0 8
più di 75 anni 0 0 0 0 0 0 0 0
Totale 65 46 22 29 84 13 32 291
Tabella 18. Fasce d’età dei Beneficiari a seconda del paese d’origine. Anno 2005.
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom. Altri Totale
0-10 anni 11 3 12 9 6 9 50
11-17 anni 10 8 7 5 17 4 51
18-20 anni 5 0 2 2 3 1 13
21-29 anni 11 0 4 2 3 5 25
30-45 anni 4 4 3 6 16 4 37
46-65 anni 6 0 2 0 2 1 11
66-75 anni 2 0 0 0 1 0 3
più di 75 anni 0 0 0 0 0 0 0
Totale 49 15 30 24 48 24 190
Tabella 19. Fasce d’età dei Beneficiari a seconda del paese d’origine. Anno 2006.
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom. Altri Totale
0-10 anni 16 3 5 0 17 8 49
11-17 anni 7 0 0 0 33 6 46
18-20 anni 4 0 0 0 5 1 10
21-29 anni 8 2 4 3 16 4 37
30-45 anni 9 2 2 1 26 5 45
46-65 anni 5 1 1 0 3 2 12
66-75 anni 4 0 0 0 0 0 4
più di 75 anni 0 0 0 0 0 0 0
Totale 53 8 12 4 100 26 203
57

E’ una popolazione giovane quella che viene richiamata in Italia dalle
domande di Ricongiungimento Familiare del 2003. Molto scarso il numero di
ultra-quarantacinquenni, mentre notevolissimo è il numero di minori.
Si possono notare due forti tendenze: da una parte gli albanesi
ricongiungono in modo molto ripartito persone di ogni fascia d’età, con una
lievissima predominanza di bambini tra 0 e 10 anni. I dominicani hanno ottenuto
Nulla Osta per un elevato numero di minori soprattutto di età tra gli 11 e i 17
anni, mentre piuttosto notevole è la totale assenza di beneficiari compresi tra i
18 e i trent’anni all’interno della comunità cinese.
Nel 2004, come già mostrato, aumentano le domande inoltrate da cinesi:
l’incremento riguarda soprattutto minori, e, più lievemente, persone tra i 30-45
anni. Si può già supporre che ciò indichi una predisposizione a richiamare il
nucleo primario della famiglia, coniugi e soprattutto figli. Caratteristico della
comunità cinese è il bassissimo numero di beneficiari tra i 18 e i 21 anni:
nessuno nel 2003 e nel 2005, mentre solo uno nel 2004.
In questa fascia d’età si segnala, per tutte le comunità, un calo del numero di
beneficiari, come ben evidente già nel grafico 31. E’ effettivamente un età critica
per accedere al Ricongiungimento Familiare: si è varcata la soglia per poter
essere richiamati dai genitori, e si può fare affidamento solo su un coniuge,
qualora si sia già sposati. L’unica comunità che va in controtendenza è l’Albania
che per tutto il triennio richiama un considerevole numero di neo-maggiorenni:
nel 2003 il 40% dei beneficiari in questa fascia d’età sono albanesi (seguiti solo
da un significativo 30% di dominicani). Nel 2004 passano al 54%, per
ridiscendere al 45% nel 2005.
In quest’ultimo anno l’aumento dei beneficiari dominicani riguarda
prevalentemente persone tra i 21 e i 45 anni, mentre il boom ecuadoriano
coinvolge prevalentemente bambini tra 0 e 11 anni.
La pressione dei minori, come già anticipato è molto forte lungo tutto l’arco del
triennio. La proporzione tra adulti e minori richiamati raggiunge quasi sempre
l’equilibrio, tranne che nel 2005, anno in cui propende leggermente a favore dei
minori (con 13 beneficiari in più).
58

I valori possono essere osservati nel grafico sottostante, tuttavia verranno
ripresi con più precisione nella seconda parte dello Studio.
Grafico 36
Valori numerici
160
140
120
100
80
60
40
20
0
Beneficiari Adulti e Minori
Quadriennio 2003-2006
2003 2004 2005 2006
Minori 117 146 101 95
Adulti 119 145 89 108
59
Minori
Adulti
La tendenza evidenziata a richiamare soprattutto minori ha un importante
significato: i Ricongiungimenti richiesti per i figli hanno meno frequentemente
carattere strumentale: quando si richiamano i figli, soprattutto quelli più piccoli,
significa che si sono raggiunte non solo le soglie burocratiche per accedere
all’istituto, ma anche che ci si trova ormai in condizioni di vita tali che
consentono di trovare tempo e opportunità da dedicare ai ragazzi. E’ forse il tipo
di Ricongiungimento che meglio denota, insomma, il raggiungimento di quella
stabilità che l’istituto si propone di promuovere.
Il Ricongiungimento dei figli è tuttavia quello che può presentare le
maggiori difficoltà di integrazione poiché è la forma che meglio si predispone a
forzature. I minori ancora sotto l’autorità dei genitori possono facilmente venire
esclusi da ogni decisione circa il loro espatrio. Lo stato emotivo con cui si
abbandona la propria casa per intraprendere l’avventura dell’emigrazione è

fondamentale nel momento in cui si arriva nel nuovo contesto, per l’apertura
verso di esso che si decide di mettere in atto. E’ certamente impossibile in
questa parte della ricerca poter valutare questo genere di impatto ed è pertanto
auspicabile nel proseguo del lavoro un avvicinamento agli attori di questo
istituto.
Per quel che riguarda più da vicino la presente ricerca i precedenti dati fanno
subito presagire che forte deve essere stato l’impatto che i minori stranieri
appena arrivati sul territorio nazionale hanno avuto all’interno della comunità
locale ed in particolar modo nelle scuole.
Rapporto di parentela sussistente tra richiedente beneficiari
Al fine di completare la caratterizzazione delle persone che sono potute
entrare in Italia a seguito dell’ottenimento del Nulla Osta, e anche per
comprendere più approfonditamente che tipo di struttura sociale tale istituto
contribuisca a creare nel tessuto cittadino, è necessario valutare il rapporto di
parentela sussistente tra richiedente e beneficiario.
Grafico 37
V a lo ri a s s o lu ti
30
25
20
15
10
5
0
Rapporto di parentela con i beneficiari
Anno 2003
Marito Moglie Padre Madre Figlio Figlia
60
Albania
Cina Popolare
Ecuador
Marocco
Rep.Dom.
Romania
Altri

Tabella 20. Rapporto di parentela con i beneficiari. Anno 2003.
Albania Cina Popolare Ecuador Marocco Rep.Dom. Romania Altri Totale
Marito 0 3 4 1 10 5 2 25
Moglie 25 2 0 15 8 3 6 59
Padre 5 0 0 1 1 0 0 7
Madre 8 1 1 2 2 0 3 17
Figlio 6 6 4 13 20 1 6 56
Figlia 15 5 1 8 30 1 11 71
Totale 59 17 10 40 71 10 28 235
A questo punto è chiara la tendenza per quel che riguarda il 2003: la
volontà messa in atto dai richiedenti è quella di ricompattare la famiglia
nucleare: innanzi tutto le figlie e i figli, soprattutto dei dominicani. Quella
albanese invece è una migrazione fortemente femminile: si richiamano figlie,
mogli e madri, mentre basso è il numero di figli maschi ricongiunti.
Per quel che riguarda la comunità cinese le domande sono state abbastanza
omogenee; si denota solo una certa trascuratezza verso la famiglia ascendente.
Grafico 38
Valo ri a s soluti
30
25
20
15
10
5
0
Rapporto di parentela con i beneficiari
Anno 2004
Marito Moglie Padre Madre Figlio Figlia
61
Albania
Cina Popolare
Ecuador
Marocco
Rep.Dom.
Romania
Altri

Tabella 21. Rapporto di parentela con i beneficiari. Anno 2004.
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom. Romania Altri Totale
Marito 0 4 5 1 27 4 2 43
Moglie 26 11 3 8 8 3 6 65
Padre 10 1 0 1 2 0 0 14
Madre 8 1 0 6 3 2 2 22
Figlio 11 17 9 6 27 2 14 86
Figlia 10 12 5 7 17 2 8 61
Totale 65 46 22 29 84 13 32 291
Il 2004 è caratterizzato da un parziale cambiamento di rotta per quel che
riguarda le richieste fatte dai migranti dominicani: se è ancora incisivo il numero
di figli, maschi in maggior numero durante quest’anno, si nota un vertiginoso
aumento dei richiami a favore dei mariti (si passa dalle 5 domande del 2003 alle
27 del 2004).
La comunità albanese presenta un incremento graduale in ogni fascia e
continua ad essere forte il richiamo alla parte femminile della popolazione.
La comunità cinese, il cui numero di richieste è notevolmente aumentato nel
corso del biennio, si dimostra sempre interessata al ricongiungimento del
nucleo familiare primario come dimostra il fatto che solo due sono le domande
in favore dei genitori.
62

Grafico 39
V a lo ri a s s o lu ti
25
20
15
10
5
0
Rapporto di parentela con i beneficiari
Anno 2005
Marito Moglie Padre Madre Figlio Figlia
Tabella 22. Rapporto di parentela con i beneficiari. Anno 2005.
63
Albania
Cina Popolare
Ecuador
Marocco
Rep.Dom.
Altri
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.Dom. Altri Totale
Marito 1 2 4 1 17 0 25
Moglie 24 2 3 9 6 9 53
Padre 2 0 1 0 0 0 3
Madre 2 0 1 0 0 1 4
Figlio 10 7 6 7 15 5 51
Figlia 10 4 15 7 10 9 54
Totale 49 15 30 24 48 24 190
Nel 2005 si può osservare un ulteriore calo nel numero di genitori che
vengono richiamati in Italia, anche all’interno della comunità albanese che fino
al 2004 aveva dimostrato una modesta disposizione al ricongiungimento dei
genitori. L’attenzione, da parte di questa comunità si concentra, ancora di più
nel 2005, sulle mogli e sui figli.
Per quanto riguarda i beneficiari dominicani, si mantiene la tendenza inaugurata
l’anno precedente, al ricongiungimento di mariti.

Grafico 40
V a lo ri a s s o lu ti
35
30
25
20
15
10
5
0
Rapporto di parentela con i beneficiari
Anno 2006
Marito Moglie Padre Madre Figlio Figlia
Tabella 23. Rapporto di parentela con i beneficiari. Anno 2006.
64
Albania
Cina Popolare
Ecuador
Marocco
Rep.Dom.
Altri
Albania Cina Popolare Ecuador Marocco Rep.Dom. Altri Totale
Marito 2 2 2 1 30 4 41
Moglie 18 3 5 3 11 8 48
Padre 6 0 0 0 1 0 7
Madre 2 0 0 0 2 0 4
Figlio 13 1 1 0 31 10 56
Figlia 12 2 4 0 25 4 47
Totale 53 8 12 4 100 26 203
Nel 2006 l’Albania incrementa il numero di ricongiungimenti in favore dei
genitori, soprattutto dei padri; mantiene stabile il desiderio di far migrare moglie
e figli. Anche per i dominicani la tendenza è stabile al ricongiungimento di mariti
e figli, in particolare maschi.
Nuovi ingressi nel Quartiere Umbertino
Il quartiere Umbertino è la zona calda della Spezia per quanto riguarda
l’immigrazione. Qui, in appartamenti alle volte sovraffollati, risiede un

elevatissimo numero di stranieri, dominicani in particolare. La convivenza tra
autoctoni e migranti spesso si fa stridente, soprattutto nelle vie che circondano
Piazza Brin.
Molti i progetti che la città ha attivato per tentare un recupero della zona nella
quale, come gli articoli di giornale riferiscono, avviene un elevato numero di
azioni di micro-criminalità, primo fra tutti lo spaccio e a seguire i ripetuti scontri
tra le bande di stranieri.
Se molteplici e costanti sono le voci dei residenti autoctoni che si
lamentano per la situazione esasperata, certo anche molti degli stranieri con i
quali ho parlato non celano una preoccupazione crescente per la situazione. Si
leggerà nell’ultima parte della ricerca che anche alcuni dei ragazzi intervistati
percepiscono il problema.
Per questi motivi, ma anche per esplicita richiesta dei Servizi Sociali che
cercano di monitorare l’andamento della vita in quella zona, si è deciso di fare
una stima di quanto sia incrementata la popolazione dei migranti a seguito delle
domande di Ricongiungimento Familiare.
Grafico 41. Nuovi ingressi nel Quartiere Umbertino a seguito del rilascio di Nulla Osta
nell’anno 2003.
15%
8%
12%
Ingressi nel Quartiere Umbertino
Anno 2003
65
65%
Dominicani
Albanesi
Marocchini
Altre
nazionalità

Tabella 24. Nuovi ingressi nel Quartiere Umbertino divisi secondo adulti e minori. Anno
2003.
Ingressi nel Quartiere
Umbertino
Dominicani Albanesi Marocchini Altre nazionalità
Adulti Minori Adulti Minori Adulti Minori Adulti Minori
66
Totale
3 14 2 1 2 0 4 0 26
Valori in percentuale 12% 53% 8% 4% 8% 0% 15% 0% 10%
Numero complessivo
Di ingressi
21 50 37 22 19 22 30 35 236
Solo meno del 10% dei nuovi ingressi del 2003 va a risiedere nel Quartiere
Umbertino, la maggior parte dei quali sono minori e adulti dominicani.
Grafico 42. Nuovi ingressi nel Quartiere Umbertino a seguito del rilascio di Nulla Osta
nell’anno 2004.
43%
Ingressi nel Quartiere Umbertino
Anno 2004
33%
7%
17%
Dominicani
Albanesi
Marocchini
Altre
nazionalità
Tabella 25. Nuovi ingressi nel Quartiere Umbertino divisi secondo adulti e minori. Anno
2004.
Ingressi nel Quartiere
Umbertino
Dominicani Albanesi Marocchini Altre nazionalità
Adulti Minori Adulti Minori Adulti Minori Adulti Minori
Totale
9 5 4 3 0 3 8 10 42
Valori in percentuale 21% 12% 10% 7% 0% 7% 19% 24% 13%
Numero complessivo
di ingressi
42 43 43 22 16 13 47 65 291

Nel 2004 la percentuale aumenta di tre punti e si tratta sempre, anche se in
modo più modesto, di dominicani, soprattutto adulti.
Grafico 43. Nuovi ingressi nel Quartiere Umbertino a seguito del rilascio di Nulla Osta
nell’anno 2005.
31%
0%
Ingressi nel Quartiere Umbertino
Anno 2005
67
27%
42%
Dominicani
Albanesi
Marocchini
Altre
nazionalità
Tabella 26. Nuovi ingressi nel Quartiere Umbertino divisi secondo adulti e minori. Anno
2005.
Ingressi nel Quartiere
Umbertino
Dominicani Albanesi Marocchini Altre nazionalità
Adulti Minori Adulti Minori Adulti Minori Adulti Minori
Totale
6 5 4 3 0 0 2 6 26
Valori in percentuale 23% 19% 15% 12% 0% 0% 8% 23% 12%
Numero complessivo
di ingressi
23 25 29 20 10 14 24 45 190
Nei due anni successivi la percentuale non muta in modo significativo,
mantenendosi sempre attorno al 12-13 per cento, tuttavia nel 2005 già diviene
consistente la presenza di nuovi migranti albanesi all’interno del Quartiere, oltre
alla sempre elevata percentuale di dominicani. Va sottolineato che sebbene si
parli del 42% di residenti dominicani in più, su cifre così modeste implica che la
popolazione di tale quartiere ha subito un incremento di sole 11 persone.

Grafico 44. Nuovi ingressi nel Quartiere Umbertino a seguito del rilascio di Nulla Osta
nell’anno 2006.
12%
6%
9%
Ingressi nel Quartiere Umbertino
Anno 2006
68
73%
Dominicani
Albanesi
Marocchini
Altre
nazionalità
Tabella 27. Nuovi ingressi nel Quartiere Umbertino divisi secondo adulti e minori. Anno
2006.
Ingressi nel Quartiere
Umbertino
Dominicani Albanesi Marocchini Altre nazionalità
Adulti Minori Adulti Minori Adulti Minori Adulti Minori
Totale
12 10 2 1 2 0 2 2 31
Valori in percentuale 40% 33% 6% 3% 6% 0% 6% 6% 13%
Numero complessivo
di ingressi
44 56 28 25 4 0 24 22 203
Nel 2006 è indiscussa la predominanza dei dominicani, ma ciò dipende
dallo schiacciante numero di Nulla Osta in loro favore concessi in quest’anno.

Parte Seconda
Il ricongiungimento dei figli
69

I figli ricongiunti alla Spezia: i dati
Si è già mostrato (cfr. Grafico 36) che, nel corso del quadriennio 2003-
2006, i Nulla Osta concessi hanno riguardato in larga misura i figli dei migranti
rispetto ai coniugi e ai genitori. La Tabella sottostante riporta i dati del numero
di Beneficiari richiamati, suddividendo la categoria figli da quella degli altri
parenti. Ogni considerazione, in questa parte della ricerca, si baserà infatti non
esclusivamente sui minori, ma sui figli dei richiedenti: in quest’ultimo gruppo
sono compresi anche alcuni neo-maggiorenni. Costoro, probabilmente, hanno
ottenuto il Nulla Osta ormai prossimi al compimento del diciottesimo anno e i
tempi burocratici hanno fatto sì che entrassero ormai maggiorenni. Sia per la
nostra Prefettura, sia per le nostre Ambasciate fa fede infatti l’età del ragazzo al
momento della concessione del Nulla Osta. Ipotesi più improbabile è che si
tratti di figli con problemi di salute tali da essere considerati inabili al lavoro: loro
potrebbero essere ricongiunti anche se maggiorenni.
Tabella 28. Figli e altri parenti ricongiunti nel quadriennio 2003-2006.
Figli Genitori/Coniugi Totale
2003 127 110 235
2004 147 144 291
2005 105 85 190
2006 103 100 203
Calcolando i dati precedenti in percentuale si evince che l’andamento è
rimasto piuttosto costante nel corso del nostro quadriennio, con due picchi in
favore dei figli nel 2003 e nel 2005 e risulta evidente nel Grafico successivo
come il numero dei Nulla Osta per figli superi sempre il 50% di quelli concessi.
70

Grafico 45
Percentuale
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Figli e altri parenti ricongiunti
Quadriennio 2003-2006
2003 2004 2005 2006
71
Figli
Adulti
Si è già sottolineato come questo richiamare i figli potrebbe essere un
ottimo indice per una valutazione positiva dell’istituto del Ricongiungimento
Familiare, il cui proposito è proprio quello di favorire un ingresso di stranieri che
possa condurre ad una maggiore stabilità quelli già presenti sul territorio. Non si
può però tacere tuttavia il fatto che sia proprio questa fascia d’età quella più
delicata e problematica e che risente in modo più profondo dello sradicamento
dal proprio paese natale e del nuovo inserimento in un contesto altro. E’ a loro
che la società civile dovrebbe dedicare particolare attenzione nel momento del
loro ingresso perché, se da una parte sono una potenziale risorsa quando
incentivata positivamente, dall’altra sono anche quelli che più facilmente si
possono smarrire. I minori sono infatti la categoria più a rischio di mal
sopportare i difficili sforzi che l’integrazione richiede e di subire nel modo più
pesante i facili pregiudizi cui viene sottoposto uno straniero.
Si cercherà di mettere in rilievo questi disagi nel corso dell’indagine volta
a fotografare più nel dettaglio le caratteristiche di questi ragazzi.

Paesi di provenienza
Grafico 46
Valori assoluti
60
50
40
30
20
10
0
Paesi di proveienza
Quadriennio 2003-2006
Albania Cina Ecuador Marocco Rep.
Dom.
72
Romania Altri
2003
2004
2005
2006
Tabella 29. Numero di Nulla Osta concessi per figli nel corso del quadriennio 2003-2006.
Albania Cina Ecuador Marocco Rep. Dom. Romania Altri Totale
2003 21 11 5 21 50 2 17 127
2004 21 29 14 13 42 4 24 147
2005 20 11 21 14 25 0 14 105
2006 25 3 5 0 56 0 14 103
In linea con gli andamenti dei Nulla Osta concessi nel quadriennio, anche
per quanto riguarda la categoria dei figli, il paese che ne ha richiesto maggior
numero è la Repubblica Dominicana, seguita da Albania e Marocco nel 2003,
da Cina e Albania nel 2004, da Ecuador e Albania nel 2005; nel 2006 l’unica
nazionalità che richiede un notevole numero di Nulla Osta, oltre alla Repubblica
Dominicana è l’Albania. Sono appunto dominicani e albanesi che mantengono
sempre stabile il flusso di figli richiamato in Italia; per tutte le altre nazionalità si
assiste a delle importanti variazioni che fanno pensare che esse non abbiano
raggiunto una necessaria stabilità nel Comune della Spezia. Notevole è il caso
di marocchini e cinesi: i primi, nel triennio 2003-2005, richiamano quasi lo
stesso numero di figli degli albanesi, mentre nel 2006 non vi è neppure un Nulla
Osta in favore dei loro minori. Per quel che riguarda la Cina, assistiamo a un

picco nel 2004, per tornare subito dopo sui livelli degli anni precedenti. Questi
due andamenti vanno di pari passo con quelli dei Nulla Osta concessi per
coniugi e genitori. Il boom cinese del 2004 dipende, come visto, dalle
regolarizzazioni avvenute a seguito della sanatoria del 2002. I marocchini
residenti nel Comune della Spezia, invece, pare che sempre più raramente
riescano ad attuare domanda di Ricongiungimento Familiare poiché i settori in
cui sono impegnati ed il fatto che raramente le donne siano occupate, non
consentono loro di affittare appartamenti idonei. Bisognerebbe verificare se al
calo delle domande presentate dai residenti nel Comune va di pari passo un
aumento delle domande dei residenti in Provincia, dove è più facile trovare affitti
a buon mercato. Indiscussa comunque la predominanza dei Nulla Osta
concessi a dominicani che subiscono un lieve calo solo nel 2005 per tornare
tuttavia ad essere gli assoluti protagonisti l’anno successivo.
Sesso dei minori
Grafico 47
Percentuali
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Sesso dei figli beneficiari di Nulla Osta
Quadriennio 2003-2006
2003 2004 2005 2006
M 44% 41% 48% 54%
F 56% 59% 52% 46%
Concentrando invece l’attenzione sulle differenze di genere dei figli
ricongiunti si nota subito una predominanza delle femmine, dato anche questo
73
M
F

in linea con le caratteristiche della migrazione spezzina, tendenza che cala nel
2005 fino ad invertirsi nel 2006.
Come mostrano i grafici seguenti, volti ad indagare le differenze di
genere durante il quadriennio all’interno di ciascuna comunità, si nota come al
femminile siano sempre i Ricongiungimenti della Repubblica Dominicana,
tranne che nell’anno 2006, mentre per le altre comunità vi siano delle variazioni
da anno ad anno. Abbastanza stabile l’andamento dei Nulla Osta albanesi:
trascurata la predominanza femminile nel 2003, negli altri anni le percentuali
tendono all’equivalenza.
Grafico 48
V alo ri asso lu ti
Grafico 49
V a lo ri as so lu ti
30
20
10
0
Sesso dei figli beneficiari di Nulla Osta
Anno 2003
M 6 6 4 13 20 1 6
F 15 5 1 8 30 1 11
30
20
10
0
Albania Cina Ecuador Marocco
74
Rep.
Dom.
Romani
a
Sesso dei figli beneficiari di Nulla Osta
Anno 2004
Albania Cina Ecuador Marocco
Rep.
Dom.
Altri
Romania Altri
F 10 12 5 7 16 2 9
M 11 17 9 6 26 2 15
M
F
F
M

Grafico 50
V alo ri asso lu ti
Grafico 51
V alo ri asso lu ti
15
10
5
0
Sesso dei figli beneficiari di Nulla Osta
Anno 2005
F 10 4 15 7 10 9
M 10 7 6 7 15 5
40
30
20
10
Fasce d’età dei minori
0
Albania Cina Ecuador Marocco Rep. Dom. Altri
Sesso dei figli beneficiari di Nulla Osta
Anno 2006
Albania Cina Ecuador Marocco Rep. Dom. Altri
M 13 1 1 0 31 10
F 12 2 4 0 25 4
Molto più significativa della distinzione di genere, è una differenziazione
per fasce d’età dei Nulla Osta concessi a figli. Tale dato aiuta in modo decisivo
a comprendere a che tipo di problematiche devono far fronte le istituzioni a
seguito dei Ricongiungimenti. E’ evidente infatti che le difficoltà cui vanno
incontro coniugi o genitori ricongiunti sono piuttosto omologhe, meno
influenzate dall’età rispetto a quelle che si trova ad affrontare un minore.
All’interno della categoria figli, infatti, anche minime differenze d’età comportano
bisogni e cure molto diversificati, essendo le esigenze di un adolescente, per
esempio, molto dissimili da quelle di un neonato.
75
F
M
M
F

Grafico 52
Percentuali
45%
40%
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
Età dei figli beneficiari di Nulla Osta
Quadriennio 2003-2006
2003 2004 2005 2006
Anni di riferimento
Tabella 30. Età dei figli beneficiari di Nulla Osta nel quadriennio 2003-2006.
Anni dei minori
Valore
2003
Assoluto
%
Valore
assoluto
2004 2005 2006
76
%
Valore
assoluto
%
Valore
assoluto
0-2
3-5
6-10
11-13
14-18
0-2 7 6% 8 5% 8 8% 5 5%
3-5 11 9% 19 13% 15 14% 10 10%
6-10 30 24% 39 27% 27 26% 34 33%
11-13 24 19% 19 13% 20 19% 17 17%
14-18 55 42% 62 42% 35 33% 37 35%
Salta subito agli occhi, e poi vedremo se la tendenza è più forte
all’interno di alcune comunità, il desiderio di richiamare figli tra i 14 e i 18 anni.
Ciò si spiega facilmente con i motivi burocratici poiché raggiunta la maggiore
età si dovrà rinunciare a ricompattare la famiglia attraverso l’istituto del
Ricongiungimento. Numerosi sono anche i bambini tra i 6 e i 10 anni, mentre
diminuiscono le domande per ragazzi tra 11 e i 13 anni. Questo dato lo si
spiega ipotizzando il desiderio di non sradicare i ragazzi dalle loro abitudini
proprio durante la delicata fase della pre-adolescenza.. Minore è il numero dei
neonati, tra 0 e 5 anni: poiché questa è un’età in cui i bambini hanno
%

particolarmente bisogno di cure costanti, i genitori prima di richiamarli devono
valutare attentamente se si trovano nelle condizioni di concedere loro le
attenzioni di cui necessitano.
Ho più volte sottolineato come l’accesso al Ricongiungimento non dipende solo
dal raggiungimento di obiettivi burocratici, ma anche dal conseguimento di
quelle condizioni di vita che non possono certo essere indagate dall’apparato
burocratico, ma che fanno fronte alla sola coscienza degli individui, soprattutto
quando si tratta di minori. Le famiglie o i singoli genitori si troveranno così a
dover valutare se le condizioni per crescere i propri figli, non ancora
indipendenti, siano più favorevoli nel contesto di migrazione, o se al contrario
sia più saggio lasciarli ancora nel paese d’origine affidati alle certe e costanti
cure di nonni o zie. Accade tuttavia che si debbano fare i documenti per portare
al più presto i figli in Italia, al di là di ogni considerazione, per esempio a seguito
di una disgrazia familiare che rischia di precipitare i ragazzi in uno stato di totale
abbandono nel paese natio. Non è difficile immaginare come simili accadimenti
nel contesto d’origine, a seguito dei quali avvengono improvvise e non mediate
migrazioni, lascino segni indelebili nel minore che renderanno la sua
integrazione assai complessa.
I grafici seguenti mostrano una suddivisione per fasce di età con
attenzione alle diversità all’interno delle singole comunità. Si procederà
innanzitutto ad una mera analisi dei dati, sottolineando le variazioni e le
particolarità più evidenti, per tentare in un secondo momento di trovare delle
spiegazioni a tali andamenti.
77

Grafico 53
V a lo ri a s s o lu ti
25
20
15
10
5
0
Fasce d'eta dei figli beneficiari di Nulla Osta
Anno 2003
Albania Cina Ecuador Marocco Rep. Dom. Romania Altri
Paesi d'origine
Tabella 31. Fasce d’età dei figli beneficiari di Nulla Osta. Anno 2003.
Anni di
Nascita
Età Albania Cina Ecuador Marocco Rep. Dom. Romania Altri Totale
2003-2001 0-2 3 0 0 3 0 0 1 7
2000-1998 3-5 3 0 1 5 1 0 1 11
1997-1993 6-10 7 4 0 6 10 0 3 30
1992-1990 11-13 3 2 1 0 14 0 4 24
1989-1985 14-18 5 5 3 7 25 2 8 55
78
0-2
3-5
6-10
11-13
14-18
Totale 21 11 5 21 50 2 17 127
Nel corso dell’anno 2003 sono decisamente i dominicani a richiamare
soprattutto i ragazzi in età adolescenziale, sebbene sia una fascia d’età forte
per tutte le nazionalità. Per quel che riguarda l’Albania i ricongiungimenti
riguardano in particolar modo bambini tra i 6 e i 10 anni; quelli tra 0 e 2 anni
sono richiamati quasi esclusivamente da albanesi e marocchini.

Grafico 54
V a lo ri a s s o l u ti
25
20
15
10
5
0
Fasce d'eta dei figli beneficiari di Nulla Osta
Anno 2004
Albania Cina Ecuador Marocco Rep. Dom, Romania Altri
Paesi d'origine
Tabella 32. Fasce d’età dei figli beneficiari di Nulla Osta. Anno 2004.
Anni di
nascita
Età Albania Cina Ecuador Marocco Rep. Dom. Romania Altri Totale
2004-2002 0-2 4 0 1 0 2 0 1 8
2001-1999 3-5 8 4 1 1 2 1 2 19
1998-1994 6-10 5 8 5 7 6 2 6 39
1993-1991 11-13 2 4 0 0 8 0 5 19
1990-1986 14-18 2 13 7 5 24 1 10 62
79
0-2
3-5
6-10
11-13
14-18
Totale 21 29 14 13 42 4 24 147
Nel 2004 la situazione non muta: i dominicani ricongiungono soprattutto
adolescenti quasi maggiorenni, come anche i cinesi nell’anno del boom delle
loro domande di Ricongiungimento; tale tendenza è particolarmente forte anche
per ecuadoriani e marocchini. Gli albanesi ancora richiamano bambini di età
inferiore ai 10 anni con particolare attenzione a quelli tra 3 e 5 anni, mentre
scarse sono le loro domande a favore di adolescenti.

Grafico 55
V a lo ri a s s o l u ti
16
14
12
10
8
6
4
2
0
Fasce d'eta dei figli beneficiari di Nulla Osta
Anno 2005
Albania Cina Ecuador Marocco Rep. Dom. Altri
Paesi d'origine
Tabella 33. Fasce d’età dei figli beneficiari di Nulla Osta. Anno 2005.
Anni di nascita Età Albania Cina Ecuador Marocco Rep. Dom, Altri Totale
2005-2003 0-2 0 0 2 3 1 2 8
2002-2000 3-5 2 0 5 2 3 3 15
1999-1995 6-10 9 3 5 4 2 4 27
1994-1992 11-13 4 3 4 4 4 1 20
1991-1987 14-18 5 5 5 1 15 4 35
80
0-2
3-5
6-10
11-13
14-18
Totale 20 11 21 14 25 14 105
Nel 2005 vi sono alcune variazioni rispetto agli anni precedenti, solo i
dominicani non mutano la loro propensione al ricongiungimento di minori quasi
maggiorenni. Cominciano a seguire questa linea anche gli albanesi, che per il
primo anno non richiamano nessun bambino in età da nido e pochi in età da
materna, mentre più numerosi sono i Nulla Osta per bambini in età da primaria
e, in misura minore, da scuola media inferiore. Per quello che riguarda le altre
nazionalità la situazione sembra omogeneizzarsi, infatti ecuadoriani, marocchini
e appartenenti ad altre comunità minori chiamano in modo ripartito minori di
tutte le fasce d’età.

Grafico 56
V a lo ri a s s o l u ti
30
25
20
15
10
5
0
Fasce d'eta dei figli beneficiari di Nulla Osta
Anno 2006
Albania Cina Ecuador Rep. Dom. Altri
Paesi d'origine
Tabella 34. Fasce d’età dei figli beneficiari di Nulla Osta. Anno 2006.
Anni di nascita Età Albania Cina Ecuador Rep. Dom. Altri Totale
2006-2004 0-2 2 0 1 0 2 5
2003-2001 3-5 3 0 3 4 0 10
2000-1996 6-10 11 2 1 14 6 34
1995-1993 11-13 4 0 0 11 2 17
1992-1988 14-18 5 1 0 27 4 37
81
0-2
3-5
6-10
11-13
14-18
Totale 25 3 5 56 14 103
L’indagine, per quello che riguarda il 2006, riguarda quasi
esclusivamente Albania e Repubblica Dominicana poiché le domande fatte da
membri di altri paesi sono pressoché irrisorie, rimanendo sotto la decina di
unità. I dominicani confermano la tendenza, mantenuta nel corso di tutto il
quadriennio, a richiamare quasi maggiorenni e, proporzionalmente, quasi
nessun ragazzo sotto i sei anni. Anche gli albanesi riprendono il loro solito
andamento richiamando in maggioranza ragazzi tra i 6 e i 10 anni, e anche di
età inferiore, ed invece di numero inferiore sono i ricongiungimenti per ragazzi
sopra i 13 anni.

Concludendo si può affermare che quelle evidenziate per Albania e
Repubblica Dominicana siano le due tendenze stabili riscontrabili nell’arco del
quadriennio e che possono trovare una spiegazione soffermandosi a riflettere
su alcune caratteristiche di queste due comunità.
Cominciamo innanzi tutto a valutare il caso dominicano: nel corso del
quadriennio le domande sono state presentate soprattutto da donne.
Riprendendo parte dei dati dei grafici 13,14,15,16 si ottengono i seguenti valori:
Grafico 57
Valori assoluti
Genere dei richiedenti dominicani
Quadriennio 2003-2006
60
40
20
0
2003 2004 2005 2006
Maschi 5 16 6 15
Femmine 49 53 32 54
82
Maschi
Femmine
La predominanza delle donne è schiacciante nel corso di tutto il
quadriennio ed è immediato riflettere sul fatto che queste sono
necessariamente donne lavoratrici, poiché altrimenti non avrebbero potuto
avere accesso all’istituto del Ricongiungimento. Angela Lostia nella sua analisi
del Ricongiungimento Familiare fa delle considerazioni che, sebbene basate su
dati nazionali, possono essere utilizzate per comprendere la realtà spezzina.
“Il mercato del lavoro in Italia offre alle donne straniere quasi
esclusivamente impieghi come colf o come assistenti di persone
anziane. Poter lavorare a ore, o a giornata è considerato un
privilegio delle donne immigrate da molti anni, o di quelle più
richieste dalle famiglie italiane (peruviane, filippine, rumene). La
norma prevalente sono la collaborazione domestica fissa, che
comprende la residenza presso il datore di lavoro con un giorno e

mezzo di permesso la settimana, e l’assistenza diurna e notturna. In
queste condizioni conciliare il lavoro con la cura dei figli, soprattutto
per le madri sole, diventa impossibile se non si può far ricorso a
servizi di supporto o a robuste e continuative reti informali di aiuto…
In assoluto la fascia di famiglie più in difficoltà è quella con figli sotto
i 3 anni d’età” 10
Non dimentichiamo che le donne dominicane che richiamano i propri figli
sono spesso donne sole, come dimostra il fatto che subito dopo la categoria dei
figli sono i mariti quelli più frequentemente richiamati in Italia (Cfr. Grafici 37, 38,
39, 40). Risulta per loro impossibile prendersi cura di bambini che non hanno né
l’età per frequentare la scuola dell’obbligo, né quella per potersi procacciare un
lavoro e aiutare così il sostentamento del riunito nucleo familiare. Per quel che
riguarda i bambini in età da materna e da nido sono infatti note le difficoltà ad
accedere a queste strutture, sia per autoctoni sia per stranieri.
Sono dunque le condizioni lavorative di queste donne, descritte
mirabilmente dalle parole di Angela Lostia, a far sì che esse propendano a
lasciare il più a lungo possibile i figli nel loro paese, per portarli qui solo in un
secondo momento, anche se questo significa per i ragazzi andare incontro a più
complessi problemi di integrazione. E’ piuttosto evidente infatti che l’inserimento
nella società, civile e scolastica, italiana sia più semplice per i bambini piccoli,
ancora poco chiusi all’interno dei propri schemi culturali, siano essi linguistici o
comportamentali.
Le donne dominicane impiegate nei lavori domestici sono dunque
penalizzate in un certo senso nel loro accesso all’istituto del Ricongiungimento
Familiare poiché vengono spesso a trovarsi nella condizione di dover
richiamare figli molto grandi, tuttavia il loro impiego a tempo pieno presso
famiglie italiane, nelle cui abitazioni prendono sovente anche la residenza, le
facilita poiché questa condizione le aiuta spesso a risolvere lo scoglio
dell’idoneità dell’alloggio. Dopo anni in cui si sono prese cura di una persona,
10 Lostia A. (1999), pg. 10.
83

guadagnandosi così la fiducia anche di tutta la famiglia, è piuttosto facile che
venga concessa l’ospitalità anche ai figli che devono arrivare.
Questa congiuntura, legata dunque all’occupazione delle donne dominicane alla
Spezia, ma latine più genericamente, spiega molto bene il motivo di questi
richiami in età tardiva dei figli, e d’altra parte è uno specchio nel quale si riflette
la situazione albanese che ha tutt’altre basi.
I richiedenti albanesi, fatta eccezione per il 2003, sono quasi
esclusivamente uomini, come mostra il grafico sottostante.
Grafico 58
Valori assoluti
40
30
20
10
Genere dei richiedenti albanesi
Quadriennio 2003-2006
0
2003 2004 2005 2006
Maschi 16 39 26 24
Femmine 27 1 1 2
84
Maschi
Femmine
Il dato discordante del 2003 può essere frutto delle alterazioni prodotte
dalla sanatoria dell’anno precedente, tuttavia nel periodo successivo si
riafferma il ruolo predominante della figura maschile: sono questi ultimi che si
occupano di gestire la burocrazia e soprattutto sono loro che provvedono al
sostentamento familiare.
I dati presi in esame precedentemente non fanno altro che sottolineare
quello che la letteratura in merito sostiene, ovvero il ruolo della donna che,
soprattutto dopo la caduta del regime, è ritornata a ricoprire quasi
esclusivamente il ruolo di moglie e madre. Durante gli anni del regime sforzi
erano stati fatti per promuovere “politiche di emancipazione della donna”,
garantendole diritto all’istruzione, alla partecipazione politica senza tuttavia
mettere in discussione il suo ruolo all’interno della famiglia e continuando a
celebrarla innanzi tutto come moglie e madre – propaganda che ha portato al

oom demografico degli anni ’50-’60 che ha fatto dell’Albania il paese più
giovane d’Europa (stando ai dati del 2001). Con la caduta del regime e il
successivo crollo economico, sono venute meno molte delle possibilità
lavorative per le donne che hanno perso parte della conquistata indipendenza
economica. 11 Molte giovani vedono il matrimonio, anche precoce, come l’unica
strada per uscire dal nucleo familiare, e questo fatto appare evidente anche
dalle richieste dei ricongiungimenti richiesti nel Comune della Spezia: gli
albanesi sono praticamente gli unici che in età tra i 18 e i 21 anni richiamano
coniugi.
Fatto noto per chi opera nel settore è che il ruolo di madre-moglie della
donna si ripropone frequentemente anche in contesto di migrazione e spesso
anche tra le coppie più giovani. Questo fatto, legato probabilmente anche ad
un’idea di famiglia molto più chiusa rispetto a quella dominicana, fa sì che la
tendenza sia quella di richiamare subito i figli, non appena raggiunte le
condizioni burocratiche, anche perché la madre riesce a garantire anche ai più
piccoli tutte le attenzioni che richiedono senza dover far troppo affidamento
sulle istituzioni.
La stessa tendenza degli albanesi a ricongiungere figli giovanissimi è stata
manifestata, nei primi anni considerati, anche dai marocchini e la spiegazione
risiede sempre nella disponibilità delle donne ad accudirli.
11 AAVV. (2003), ppgg. 9-53.
85

Parte Terza
Inserimento scolastico dei minori dominicani, albanesi,
marocchini
86

Premessa
Per questa parte dell’indagine sono state prese in considerazione solo le
tre comunità più rappresentate sul territorio, che sono anche quelle che hanno
chiesto maggior numero di Ricongiungimenti per i figli. Sono inoltre queste
quelle che all’interno della retorica cittadina attirano su di sé, a causa della
visibilità dovuta alla loro massiccia presenza, le ostilità degli autoctoni per le
difficoltà dovute all’incontro con l’altro.
E’ importante, proprio al fine di valutare il reale stato di integrazione,
considerare l’andamento scolastico di questi individui poiché:
“il grado di istruzione costituisce uno dei fattori più potenti nel
discriminare i livelli di molte delle variabili demografiche ed i
comportamenti della popolazione che li determinano. Tempi e modi
di nuzialità, dimensione e cadenza della riproduzione, età e causa
della morbilità e della mortalità, portata, direzioni e tasso dei flussi
migratori non diversamente da alcuni fattori intermedi – come la
partecipazione al mercato del lavoro o la cura della propria salute -
che su quelle variabili intervengono in modo determinante, risultano
tutti fortemente dipendenti dal livello di istruzione dei soggetti
coinvolti.” 12
Se è vero, come lo stesso Giuseppe Gesano sottolinea, che non è
sufficiente riferirsi ad una definizione statica di istruzione per determinare tutte
le variabili sopraelencate, influenzate maggiormente da quella che si potrebbe
definire education, ovvero istruzione in senso più ampio, dinamico e non
esclusivamente istituzionale, “rimane l’evidenza che quel livello di istruzione
formale al quale facciamo riferimento costituisce la base di un processo che si
svolge lungo tutto il corso della vita.” 13
E’ innegabile infatti che sia importantissima la formazione continua di un
individuo, sia essa spontanea o perseguita attraverso percorsi istituzionali,
tuttavia è altrettanto indubbio che sono fondamentali gli strumenti di base forniti
12 Giuseppe Gesano, (2000), pg. 1.
13 Ibidem, pg. 1
87

dall’istruzione istituzionale, proprio al fine di rendere gli individui capaci di
adeguarsi e comprendere un mondo in sempre più rapida evoluzione.
Il ruolo centrale della scuola nel processo di integrazione viene
sottolineato anche nelle “Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli
alunni stranieri.” pubblicate nel 2006 dal Ministero dell’Istruzione.
“L’integrazione piena degli immigrati nella società di accoglienza è
un obiettivo fondamentale e, in questo processo, il ruolo della scuola
è primario. Tale integrazione è oggi comunemente intesa come un
processo bidirezionale, che prevede diritti e doveri tanto per gli
immigrati quanto per la società che li accoglie.” 14
A partire dal 1990, anno di promulgazione del decreto Martelli
sull’immigrazione, il Ministero della Pubblica Istruzione ha insistito in modo
sempre più deciso, attraverso Circolari Ministeriali, sulla necessità di puntare su
un insegnamento interculturale. Il tema, sempre più approfondito, compare
nuovamente in Circolari Ministeriali del 1990 del 1994: nella prima si
sollecitano, tra l’altro, tutti gli organismi istituzionali in qualche modo legati alla
scuola a promuovere la formazione di una società multiculturale e interculturale,
salvaguardano il diritto allo studio anche di ogni cittadino straniero; nella
seconda si giunge a fornire alcuni consigli concreti su come perseguire tale
obiettivo, come per esempio lo studio di culture altre o la creazione di piccole
biblioteche multiculturali.
Se è vero che la scuola ha come scopo più immediato e tangibile quello
di fornire ai propri alunni le competenze e gli strumenti per inserirsi un domani
nel mondo del lavoro, non va dimenticato che il suo scopo più alto, anche se più
velato, rimane quello di formare dei cittadini, di insegnare ai ragazzi a vivere
insieme al di là di pregiudizi.
Questo è possibile poiché
“la scuola è un luogo centrale per la costruzione e condivisione di
regole comuni, in quanto può agire attivando una pratica di vita
quotidiana che si richiami al rispetto delle forme democratiche di
14 AAVV. (2006), pg. 1.
88

convivenza e, soprattutto, può trasmettere le conoscenze storiche,
sociali, giuridiche ed economiche che sono saperi indispensabili
nella formazione della cittadinanza societaria.” 15
Un insegnamento interculturale prevede un’attenzione alla diversità
culturale, una valorizzazione dell’altro, ovvero un riconoscimento positivo della
diversità culturale, tema che trova la sue ragioni nella comune umanità che lega
tutti gli individui del mondo: auspica una scuola che sappia valorizzare i diritti
umani come fulcro comune attorno al quale non vanno, tuttavia, negate o
rigettate le ricchezze prodotte dalle varie specificità culturali.
“L’idea di intercultura ha colto, e ripreso, la centralità della
dimensione culturale sia nei termini di una distintiva, originaria
identità dei soggetti, sia come tessuto connettivo tra coloro che
presumibilmente condividono la medesima origine e la vita
quotidiana, sia, infine, come concetto che la teoria antropologica
sottrae ad ogni tentativo di ordinamento gerarchico tentato dalle
società nei confronti dei gruppi – etnici, culturali, religiosi, linguistici –
che le compongono o con cui sono in contatto, affermando invece il
principio che ogni cultura storica ha la sua specificità che può essere
compresa solo grazie a criteri interni, e relativi alla medesima. 16 ”
Considerare dunque l’andamento scolastico di chi è recentemente entrato
in Italia è un buon indice per comprendere che tipo di cittadino futuro sia in via
di formazione e quali siano le sue aspettative per la propria vita; può essere
oltretutto un campanello d’allarme per capire quanto il progetto interculturale,
così caldamente auspicato dal Ministero della Pubblica Istruzione, sia
perseguito dalle scuole del territorio spezzino.
15 Ibidem, pg. 3-4.
16 Gobbo F. (2004), pg. 32.
89

Iscrizioni effettuate dai figli ricongiunti nel corso del triennio
2003-2005
Questa parte della ricerca riguarda esclusivamente i minori dominicani,
albanesi e marocchini che hanno ottenuto Nulla Osta nel triennio 2003-2005.
Non si considerano i minori del 2006 poiché nel periodo in cui si svolge la
presente ricerca non tutti quelli che hanno ottenuto il Nulla Osta in quell’anno
hanno già avuto la possibilità di fare ingresso in Italia e l’indagine risulterebbe
pertanto parziale.
Sarà utile cominciare a fare una valutazione di quanti siano i figli
effettivamente entrati nel territorio nel corso del triennio, poiché, come già
sottolineato, non necessariamente alla concessione del Nulla Osta deve far
seguito l’ingresso del migrante nel nostro territorio.
Tabella 35. Numero dei minori effettivamente ricongiunti. Anno 2003.
Anno 2003
Dominicani Albanesi Marocchini
Beneficiari di Nulla Osta 50 21 21
Entrati effettivamente in Italia 48 21 21
Tabella 36. Numero dei minori effettivamente ricongiunti. Anno 2004.
Anno 2004
Dominicani Albanesi Marocchini
Beneficiari di Nulla Osta 42 21 13
Entrati effettivamente in Italia 40 21 13
Tabella 37. Numero dei minori effettivamente ricongiunti. Anno 2005.
Anno 2005
Dominicani Albanesi Marocchini
Beneficiari di Nulla Osta 25 20 14
Entrati effettivamente in Italia 24 20 14
90

Si nota subito che, benché minimi, gli unici scarti riguardano la
Repubblica Dominicana, mentre per quel che riguarda albanesi e marocchini al
numero di Nulla Osta concessi è corrisposto un pari numero di ingressi. La
differenza tuttavia non è così sostanziale da poter far pensare ad una causa
comune, trattandosi in realtà di cinque Nulla Osta non sfruttati nel corso dei tre
anni considerati. Le spiegazioni tuttavia potrebbero essere molteplici: problemi
con la nostra Ambasciata, con la quale, a detta degli utenti del CSI, è
particolarmente difficile relazionarsi o, per esempio, problemi di ordine familiare.
Dopo aver valutato quanti siano i minori che hanno effettivamente fatto
ingresso in Italia nel corso del triennio 2003-2005, si può cominciare a
considerare quanti tra di essi si sono iscritti a scuola. Si prenderanno in esame
di seguito gli anni scolastici 2004-2005, 2005-2006, 2006-2007. Non è possibile
considerare l’anno 2003-2004 poiché i dati relativi non erano ancora stati
informatizzati.
Grafico 59
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Iscrizioni scolastiche
2003 2004 2005 2003 2004 2005 2003 2004 2005
Dominicani Albanesi Marocchini
91
Iscritti
Mai iscritti

Tabella 38. Percentuali delle iscrizioni scolastiche dei ricongiunti tra 2003 e 2005.
Dominicani Albanesi Marocchini
2003 2004 2005 2003 2004 2005 2003 2004 2005
Iscritti 67% 52% 44% 48% 71% 80% 86% 77% 57%
Mai iscritti 33% 48% 56% 52% 29% 20% 14% 23% 43%
Tabella 39. Iscrizioni a scuola, nel corso del triennio scolastico 2004-2007, dei minori
ricongiunti nel 2003.
Tutti i minori
Ricongiunti
iscritti mai
Iscritti
Ricongiunti nell’anno 2003
0/5 anni
iscritti mai
iscritti
6/11 anni
iscritti mai
iscritti
92
11/13 anni 14/16 anni più di 16
Iscritti mai
iscritti
iscritti mai
iscritti
iscritti mai
Iscritti
Dom. 32 16 0 0 9 1 12 2 8 5 3 8
Alb. 10 11 0 6 7 0 2 1 1 1 0 3
Mar. 18 3 5 2 7 0 0 0 5 0 1 1
Grafico 60
Percentuali
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
Iscrizioni a scuola dei figli ricongiunti nel 2003
iscritti mai
iscritti
iscritti mai
iscritti
iscritti mai
iscritti
iscritti mai
iscritti
iscritti mai
iscritti
0/5 6/10 anni 11/13 anni 14/16 più di 16
Dominicani
Albanesi
Marocchni
Si notano subito le numerose non iscrizioni di albanesi e dominicani, con
una sostanziale differenza: per i primi si tratta per più del 50% di bambini di età

inferiore ai 6 anni, di rare evasioni per i minori in obbligo scolastico, e scarse
dispersioni per i ragazzi con più di 16 anni.
Per i dominicani la situazione è molto diversa: la prima evasione
compare nella fascia d’età della scuola primaria e il numero continua ad essere
piuttosto discreto per il periodo dell’età dell’obbligo diventando dominante la
dispersione, rispetto al numero degli iscritti, per i ragazzi con più di 16 anni.
I marocchini appaiono ancora più attenti a far rispettare l’obbligo
scolastico degli albanesi: le uniche 3 non iscrizioni riguardano due bambini con
meno di cinque anni e uno ultra-sedicenne.
Nonostante il maggior numero di evasioni, si deve evidenziare che
all’interno delle scuole medie rimane predominante la presenza di dominicani e
questo come causa del più alto numero di migranti ricongiunti in quella fascia
d’età, il doppio rispetto ad albanesi e marocchini. Le evasioni aumentano per i
dominicani proprio in ragione del fatto, evidenziato precedentemente, che i
ragazzi richiamati appartengono proprio a fasce di età più grandi, mentre più
scarsi sono i bambini piccoli (addirittura nessuno sotto i 5 anni).
Tabella 40. Iscrizioni a scuola, nel corso del triennio scolastico 2004-2007, dei minori
ricongiunti nel 2004.
Tutti i minori
Ricongiunti
iscritti mai
Iscritti
Ricongiunti nell’anno 2004
0/5 anni
iscritti mai
iscritti
6/11 anni
iscritti mai
iscritti
93
11/13 anni 14/16 anni più di 16
Iscritti mai
iscritti
iscritti mai
iscritti
iscritti mai
iscritti
Dom. 21 19 2 1 6 0 7 1 6 11 0 6
Alb. 15 6 6 6 5 0 2 0 2 0 0 0
Mar.i 10 3 1 0 7 0 0 0 2 1 0 2

Grafico 61
Percentuali
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Iscrizioni a scuola dei figli ricongiunti nel 2004
iscritti mai
iscritti
iscritti mai
iscritti
iscritti mai
iscritti
94
iscritti mai
iscritti
iscritti mai
iscritti
0/5 6/10 anni 11/13 anni 14/16 più di 16
Dominicani
Albanesi
Marocchni
Nel 2004 la situazione dominicana peggiora rispetto all’anno precedente:
il numero delle non iscrizioni quasi uguaglia quello delle iscrizioni. Sebbene
un’evasione compaia già nella scuola primaria, il dato più preoccupante
riguarda le scuole medie inferiori: qui gli iscritti sono 6 contro gli 11 non iscritti.
Addirittura tra gli ultra-sedicenni neppure uno si iscrive a scuola.
Per albanesi e marocchini le cose rimangono pressoché stazionarie:
molto basse le non iscrizioni, che per gli albanesi riguardano esclusivamente
ragazzi con meno di 5 anni, mentre per i marocchini si ha una evasione alle
scuole medie inferiori e due non iscrizioni tra gli unici due ultra-sedicenni
ricongiunti.
Per l’Albania sono utili due precisazioni: neppure un ragazzo con più di
sedici anni viene ricongiunto nel 2004 e, per quanto riguarda quelli di età
inferiore ai 5 anni, si nota che ben un 50% sono iscritti a scuola. Solo uno di
questi in realtà è iscritto alla scuola dell’infanzia, negli altri casi si tratta di
bambini di 5 anni iscritti già alla scuola primaria. Il dato insomma non inficia
l’ipotesi precedentemente fatta che gli albanesi richiamino bambini piccoli non
certo perché riescano ad accedere alle scuole dell’infanzia, ma perché le madri
hanno il tempo per prendersi cura di loro.

Tabella 41. Iscrizioni a scuola, nel corso del triennio scolastico 2004-2007, dei minori
ricongiunti nel 2005.
Tutti i minori
Ricongiunti
iscritti mai
Iscritti
Ricongiunti nell’anno 2005
0/5 anni
Iscritti mai
iscritti
6/11 anni
Iscritti mai
iscritti
95
11/13 anni 14/16 anni più di 16
Iscritti mai
iscritti
iscritti mai
iscritti
iscritti mai
Iscritti
Dom. 11 14 0 4 2 0 4 0 5 5 0 5
Alb. 16 4 2 0 6 3 4 0 4 1 0 0
Mar. 8 6 1 4 3 1 3 1 1 0 0 0
Grafico 62
Percentuali
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
Iscrizioni a scuola dei figli ricongiunti nel 2005
iscritti mai
iscritti
iscritti mai
iscritti
iscritti mai
iscritti
iscritti mai
iscritti
iscritti mai
iscritti
0/5 6/10 anni 11/13 anni 14/16 più di 16
Dominicani
Albanesi
Marocchni
I dati del 2005 confermano all’incirca la tendenza degli anni passati: i
dominicani non iscritti superano in numero quelli regolarmente iscritti a scuola
e, ad esclusione di quattro bambini con meno di 5 anni, si tratta di non iscrizioni
di ragazzi con più di 14. Per quel che riguarda gli ultra-sedicenni anche per
quest’anno neppure uno si iscrive a scuola.
Caso anomalo rispetto agli anni passati è quello albanese: continuano a
essere pochi i ragazzi non iscritti, solo quattro, ma di cui tre sono nella fascia
d’età delle scuole primarie (due sono sorelle giunte con Ricongiungimento

quadruplo che comprendeva anche una sorella maggiore, regolarmente iscritta
alle medie, e la madre delle tre bambine) e l’altro ha tra i 14 e i 16 anni.
I due bambini con meno di 5 anni frequentano invece regolarmente la scuola
dell’infanzia.
Aumenta notevolmente, per i ricongiunti marocchini del 2005, il numero
di quelli non iscritti a scuola, arrivando ad una percentuale del 47%; si tratta per
la maggior parte tuttavia di ragazzi in età da scuole dell’infanzia.
I dati fin qui presi in esame portano a formulare l’ipotesi che marocchini e
soprattutto albanesi richiamino figli in giovane età e provvedano a farli andare a
scuola, spesso anche oltre il limite anagrafico previsto dalla legge. 17
Per quel che riguarda i dominicani si nota invece che quel flusso di
ragazzi prossimi all’età adulta che ogni anno investe il Comune della Spezia,
entra probabilmente con speranze lavorative, non precedute dall’ambizione di
concludere il percorso scolastico, infatti molti di loro, e sempre di più anno dopo
anno, neppure per una volta frequenta le aule scolastiche.
Certo è che ragazzi ultra-sedicenni che arrivano in Italia, magari dopo
aver abbandonato anche nel proprio paese d’origine la scuola, difficilmente
propenderanno ad un re-inserimento scolastico, auspicando piuttosto una
sistemazione lavorativa, anche per poter contribuire all’economia della famiglia.
Questo rientra nel loro pieno diritto.
A questo punto è necessario comprendere quanto le iscrizioni abbiano
prodotto buoni frutti: nel proseguo della ricerca verranno prese in esame le
promozioni e le bocciature degli studenti nel corso degli anni scolastici 2004-
2004, 2005-2006, 2006-2007, considerando separatamente i figli ricongiunti nel
2003, nel 2004 e nel 2005 dominicani, albanesi e marocchini.
17 A questo proposito è tuttavia necessaria una nota di cautela: i dati forniti dal Provveditorato
agli Studi indicano le iscrizioni compiute di anno in anno dagli studenti, ma non la loro effettiva
frequenza scolastica; tuttavia se è vero che possono venire fatte iscrizioni con il solo fine di
rinnovare il permesso di soggiorno, queste riguardano raramente i minori di diciotto anni che
possono continuare a rinnovare i propri documenti nel modo più semplice possibile, ovvero per
motivi familiari.
96

Andamento scolastico dei minori
Prima di cominciare l’analisi è utile una nota metodologica. Si parlerà di
seguito di promozioni, bocciature e abbandoni, tuttavia attraverso i dati forniti
dal Provveditorato agli Studi è possibile capire che un ragazzo è stato
promosso solo quando, nell’anno successivo, lo si trova iscritto nella classe
successiva. Si ha invece la certezza che un ragazzo è stato bocciato solo nel
caso in cui questi decida di riscriversi a scuola l’anno successivo, poiché
apparirà infatti come frequentante la medesima classe dell’anno passato.
Gli abbandoni vengono individuati facilmente poiché i ragazzi semplicemente
spariscono dall’anagrafe del Provveditorato, non è dato tuttavia sapere se ciò
avvenga a seguito di una promozione o di una bocciatura. Si cercherà tuttavia
di mettere in rilievo nell’analisi successiva i casi in cui ad una diminuzione delle
bocciature fa eco un proporzionale aumento degli abbandoni. Un’indagine più
precisa richiederebbe certamente l’accesso e l’analisi degli esiti scolastici di
ciascun alunno, ma ciò esula dalla portata della presente indagine che ha
carattere sperimentale.
Anno 2003
Grafico 63. Andamento scolastico, nel biennio scolastico 2004-2006, dei minori
dominicani ricongiunti nel 2003.
80%
60%
40%
20%
0%
67%
ricongiunti nel 2003
43%
0% 2%
97
33%
55%
percentuale Andamento scolastico dei minori dominicani
promozioni bocciature abbandoni
A.s. 2004/2005 67% 0% 33%
A.s. 2005/2006 43% 2% 55%
A.s.
2004/2005
A.s.
2005/2006

Ciò che salta subito agli occhi è il bassissimo numero di bocciature,
ovvero di ragazzi che decidono di riscriversi a scuola nonostante una
bocciatura; pare che in generale, tra i ricongiunti del 2003, prevalga la tendenza
o a continuare la scuola qualora ammessi alla classe successiva, o ad
abbandonare totalmente l’iscrizione. Come anticipato i dati pervenuti non
permettono di dire se coloro che abbandonano la scuola lo abbiano fatto a
seguito di una bocciatura o di una promozione: semplicemente i ragazzi
scompaiono dalle liste del Provveditorato agli studi.
Tabella 42. Andamento scolastico dei dominicani ricongiunti nel 2003.
Anno Scolastico
2004/2005
Anno Scolastico
2005/2006
Anno Scolastico
2006/2007
Andamento scolastico dei Dominicani ricongiunti nel 2003
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 11 11 0 0
Medie 4 2 0 2
Superiori 12 5 0 7
Totale 27 18 (67%) 0 9 (33%)
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 7 7 0 0
Medie 9 9 0 0
Superiori 4 2 1 1
Totale 20 18 (90%) 1 (5%) 1 (5%)
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 4 x x x
Medie 9 x x x
Superiori 10 x x x
Totale 23 x x x
Per quanto riguarda l’anno scolastico 2006-2007 non è dato sapere
l’andamento degli alunni poiché mancano ancora i riferimenti alle iscrizioni
dell’anno scolastico successivo. Nell’anno scolastico 2005/2006 tuttavia
98

diminuiscono le iscrizioni, ma anche gli abbandoni che riguardano solo un
ragazzo delle superiori. Molto più numerosi sono gli abbandoni del 2004/2005
che raggiungono ben il 33% e riguardano anche due ragazzi delle scuole
medie.
Grafico 64. Andamento scolastico, nel biennio 2004-2006, dei minori albanesi ricongiunti
nel 2003.
percentuale
Andamento scolastico dei minori albanesi
ricongiunti nel 2003
100%
80%
60%
40%
20%
0%
100% 89%
0% 0% 0% 11%
promozioni bocciature abbandoni
A.s. 2004/2005 100% 0% 0%
A.s. 2005/2006 89% 0% 11%
99
A.s.
2004/2005
A.s.
2005/2006
Notevolmente alto il numero di studenti che prosegue il cammino
scolastico nel corso dei due anni; nullo il numero di bocciature e pressoché
irrilevante quello degli abbandoni. Lieve il peggioramento dell’andamento tra i
due anni scolastici.
Tabella 43. Andamento scolastico degli albanesi ricongiunti nel 2003.
Anno Scolastico
2004/2005
Andamento scolastico degli Albanesi ricongiunti nel 2003
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 5 5 0 0
Medie 2 2 0 0
Superiori 1 1 0 0
Totale 8 8 (100%) 0 0

Anno Scolastico
2005/2006
Anno Scolastico
.2006-2007
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 5 5 0 0
Medie 3 3 0 0
Superiori 1 0 0 1
Totale 9 8 (89%) 0 1 (11%)
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 3 x x x
Medie 3 x x x
Superiori 2 x x x
Totale 8 x x x
La questione per gli albanesi è molto differente: praticamente nulli sono gli
abbandoni scolastici tra i ricongiunti del 2003: solo uno e oltretutto riguardante
un ragazzo delle superiori. Nessuna bocciatura e il numero di iscrizioni rimane
pressoché costante nel corso del triennio scolastico.
Grafico 65. Andamento scolastico, nel biennio scolastico 2004-2006, dei minori
marocchini ricongiunti nel 2003.
80%
60%
40%
20%
0%
ricongiunti nel 2003
80%
70%
10%10%
100
20%
10%
percentuale Andamento scolastico dei minori marocchini
promozioni bocciature abbandoni
A.s. 2004/2005 70% 10% 20%
A.s. 2005/2006 80% 10% 10%
A.s.
2004/2005
A.s.
2005/2006
Rispetto all’andamento degli albanesi, compare qualche bocciatura e
qualche abbandono in più, tuttavia sempre di numero piuttosto irrilevante.
L’andamento oltretutto subisce un lieve miglioramento nell’anno scolastico

successivo e ciò potrebbe denotare un maggior inserimento dei ragazzi
all’interno del contesto scolastico.
Tabella 44. Andamento scolastico dei marocchini ricongiunti nel 2003.
Anno Scolastico
2004-2005
Anno Scolastico
2005-2006
Anno Scolastico
2006-2007
Andamento scolastico dei Marocchini ricongiunti nel 2003
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 6 4 0 2
Medie 2 2 0 0
Superiori 2 1 1 0
Totale 10 7 (70%) 1 (10%) 2 (20%)
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 6 5 0 1
Medie 1 1 0 0
Superiori 3 2 1 0
Totale 10 8 (80%) 1 (10%) 1 (10%)
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 5 x x x
Medie 1 x x x
Superiori 3 x x x
Totale 9 x x x
Per quel che riguarda i ricongiunti marocchini del 2003, la situazione è
simile a quella albanese: costanti le iscrizioni scolastiche e scarsi gli abbandoni,
tuttavia gli unici tre che si segnalano riguardano, fatto piuttosto insolito, bambini
delle scuole primarie
101

Anno 2004
Grafico 66. Andamento scolastico, nel biennio scolastico 2004-2006, dei minori
dominicani ricongiunti nel 2004.
percentuale
Andamento scolastico dei minori dominicani
ricongiunti nel 2004
60%
40%
20%
0%
0%
58%
0%
102
18%
0%
24%
promozioni bocciature abbandoni
A.s. 2004/2005 0% 0% 0%
A.s. 2005/2006 58% 18% 24%
A.s.
2004/2005
A.s.
2005/2006
Per i figli dominicani ricongiunti nel 2004 si hanno dati disponibili solo per
gli anni scolastici 2005/2006 e 2006/2007, poiché in quello precedente non vi è
alcuna iscrizione; questo dipende probabilmente dal fatto che in quell’anno
scolastico i ragazzi richiamati o non erano ancora entrati o, arrivati ad anno
scolastico iniziato, i genitori hanno concesso loro qualche mese per adattarsi al
nuovo contesto.
Rispetto all’anno precedente notevole è il numero delle bocciature: ciò ha un
particolare significato, valutabile anche positivamente poiché indica
un’intenzione, da parte dei genitori, se non proprio dei ragazzi, di investire le
proprie energie nell’istituto scolastico, nonostante eventuali insuccessi. Ho già
sottolineato che gli abbandoni possono essere conseguenze di bocciature e
quindi di frustrazioni dei ragazzi; decidere di ripetere un anno, quando, come
spesso capita, si era già stati inseriti in classi inferiori rispetto alla propria età, è
una decisione coraggiosa che può appunto denotare un investimento
nell’istituto scolastico. Diminuiscono, proporzionalmente all’aumentare delle
bocciature, il numero degli abbandoni; anche questo è un dato positivo poiché è

sempre preferibile uno studente ripetente ad uno che, ancora in giovane età,
esce dal formativo circuito scolastico.
Tabella 45. Andamento scolastico dei dominicani ricongiunti nel 2004.
Anno Scolastico
2004/2005
Anno Scolastico
2005/2006
Anno Scolastico
2006/2007
Andamento scolastico dei Dominicani ricongiunti nel 2004
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 0 0 0 0
Medie 0 0 0 0
Superiori 0 0 0 0
Totale 0 0 0 0
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 1 1 0 0
Medie 12 7 1 4
Superiori 4 2 2 0
Totale 17 10 (58%) 3 (18%) 4 (24%)
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 1 x X x
Medie 7 x X x
Superiori 4 x X x
Totale 12 x X x
Nota piuttosto dolente per quel che riguarda i minori dominicani è che gli
abbandoni riguardano ragazzi iscritti alle scuole medie inferiori, ai quali si va ad
aggiungere una bocciatura in questa fascia d’età.
Calano invece, nell’arco dei due anni scolastici, le iscrizioni che passano da 17
a 12 e la perdita riguarda esclusivamente le scuole medie inferiori.
103

Grafico 67. Andamento scolastico, nel biennio 2004-2006, dei minori albanesi ricongiunti
nel 2004.
percentuale
Andamento scolastico dei minori albanesi
ricongiunti nel 2004
100%
80%
60%
40%
20%
0%
100%
80%
0% 10%
104
0% 10%
promozioni bocciature abbandoni
A.s. 2004/2005 100% 0% 0%
A.s. 2005/2006 80% 10% 10%
A.s.
2004/2005
A.s.
2005/2006
Sempre positivo l’andamento degli albanesi che nell’anno scolastico
2004/2005 raggiungono il 100% di promozioni, dato che cala però solo 20%
nell’anno successivo.
Tabella 46. Andamento scolastico degli albanesi ricongiunti nel 2004.
Anno Scolastico
2004/2005
Anno Scolastico
2005/2006
Andamento scolastico degli albanesi ricongiunti nel 2004
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 1 1 0 0
Medie 1 1 0 0
Superiori 0 0 0 0
Totale 2 2 (100%) 0 0
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 7 7 0 0
Medie 2 1 0 1
Superiori 1 0 1 0
Totale 10 8 (80%) 1 (10%) 1 (10%)

Anno Scolastico
2006/2007
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 8 x X x
Medie 1 x X x
Superiori 3 x X x
Totale 12 x X x
L’unico abbandono che si registra nell’anno scolastico 2005/2006
riguarda le scuole medie, mentre l’unica bocciatura è registrata, sempre nello
stesso anno, alle superiori.
Grafico 68. Andamento scolastico, nel biennio 2004-2006, dei minori marocchini
ricongiunti nel 2004.
100%
80%
60%
40%
20%
0%
0%
ricongiunti nel 2004
83%
0%
105
17%
0% 0%
percentuale Andamento scolastico dei minori marocchini
promozioni bocciature abbandoni
A.s. 2004/2005 0% 0% 0%
A.s. 2005/2006 83% 17% 0%
A.s.
2004/2005
A.s.
2005/2006
Per i figli marocchini ricongiunti nel 2004 vale il discorso fatto per i
dominicani: si hanno dati disponibili solo per l’anno 2005/2006 in cui alto è il
numero delle promozioni (che raggiunge l’83% degli iscritti) e nullo quello degli
abbandoni. Questo dato, in aumento rispetto ai ricongiunti dell’anno
precedente, ci indica come tutti i ragazzi abbiano ritentato la strada
dell’istruzione. Anche il numero delle iscrizioni aumenta tra l’anno scolastico
2005/2006 e quello successivo, seppure solo di una unità.

Come si nota nella tabella sottostante, l’unica bocciatura riguarda un alunno
delle scuole medie inferiori.
Tabella 47. Andamento scolastico dei marocchini ricongiunti nel 2004.
Anno Scolastico
2004/2005
Anno Scolastico
2005/2006
Anno Scolastico
2006/2007
Anno 2005
Andamento scolastico dei marocchini ricongiunti nel 2004
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 0 0 0 0
Medie 0 0 0 0
Superiori 0 0 0 0
Totale 0 0 0 0
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 2 2 0 0
Medie 2 1 1 0
Superiori 2 2 0 0
Totale 6 5 (83%) 1 (17%) 0
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 2 x x x
Medie 3 x x x
Superiori 2 x x X
Totale 7 x x x
Grafico 69. Andamento scolastico, nel biennio 2004-2006, dei minori marocchini
ricongiunti nel 2005.
Andamento riferito all'anno scolastico 2005/2006
dei minori ricongiunti nel 2005
Percentuali
100%
50%
0%
0%0% 0%
106
100%
0%0%
43%
57%
0%
marocchini albanesi dominicani
promozioni 0% 100% 43%
bocciature 0% 0% 0%
abbandoni 0% 0% 57%
promozioni
bocciature
abbandoni

Minori
Escludendo l’annullamento dei Ricongiungimenti per figli richiesti dalla
comunità marocchina, si nota l’affermarsi del solito andamento positivo per quel
che riguarda gli albanesi, e della tendenza negativa per i dominicani. I primi
riconfermano il 100% di promozioni, mentre gli abbandoni dei dominicani
superano abbondantemente la soglia del 50%. Per nessuna delle comunità si
registrano bocciature.
Tabella 48. Andamento scolastico dei minori albanesi, dominicani e marocchini
ricongiunti nell’anno 2005.
Minori dominicani
Minori albanesi
marocchini
A.s.2005/2006
A.s.
2006/2007
A.s.2005/2006
A.s.
2006/2007
A.s.2005/2006
Iscrizioni Promozioni Bocciature Abbandoni
Elementari 0 0 0 0
Medie 5 3 0 2
Superiori 2 0 0 2
Totale 7 3 (43%) 0 4 (57%)
Elementari 1 x x x
Medie 5 x x x
Superiori 1 x x x
Totale 7 x x x
Elementari 3 3 0 0
Medie 1 1 0 0
Superiori 0 0 0 0
Totale 4 4 (100%) 0 0
Elementari 6 x x x
Medie 3 x x x
Superiori 5 x x x
Totale 14 x x x
Elementari 0 0 0 0
Medie 0 0 0 0
Superiori 0 0 0 0
Totale 0 0 0 0
107

A.s.
2006/2007
Elementari 2 x x x
Medie 3 x x x
Superiori 0 x x x
Totale 5 x x x
Gli abbandoni dei dominicani riguardano le scuole medie le superiori, mentre
non vi sono proprio iscritti alle scuole primarie. Il numero degli iscritti tuttavia
rimane invariato nel corso dei due anni. Le iscrizioni degli albanesi invece
aumentano in modo deciso per il secondo anno scolastico, passando da 4 a 14.
108

Prime conclusioni tratte dalla ricerca statistica sui minori
La presente parte di ricerca ha mosso i suoi passi dal tentativo di
fotografare le varie categorie di figli che hanno fatto ingresso in Italia nel triennio
2003-2006. Le uniche due comunità che hanno mantenuto pressoché costante
il numero di questa tipologia di Ricongiungimenti sono dominicani e albanesi
(per i marocchini la tendenza è equilibrata nei primi tre anni, ma le domande si
azzerano nel 2006). Per quel che riguarda le altre comunità si assiste a dei
picchi nel corso del periodo considerato, ma gli andamenti sono alquanto
irregolari.
Sono giovanissimi i minori richiamati dagli albanesi, prossimi alla
maggiore età quelli dominicani e le ragioni sono state illustrate
precedentemente. La giovane età dei primi li porta naturalmente ad inserirsi in
modo più immediato nel contesto scolastico (si è sottolineato infatti che anche
per quel che riguarda i bambini dominicani in età da primaria si ha una buona
frequenza e buoni risultati): l’analisi degli andamenti scolastici ha mostrato
infatti un elevatissimo numero di iscrizioni e di relative promozioni. Rari gli
abbandoni, e ancora più rari gli abbandoni prima dei 16 anni.
A questo clima di liceità contribuisce senz’altro anche la percezione che gli
albanesi dimostrano della scuola: sebbene a partire dagli anni ’80 in Albania si
registri un aumento dell’abbandono scolastico, soprattutto per quel che riguarda
le aree urbane e le donne in particolar modo, gli utenti albanesi del C.S.I.
parlano sempre della loro scuola come di un istituto piuttosto severo sul quale
molto spesso le famiglie investono fortemente. Non stupisce dunque che il
medesimo rigore venga mantenuto anche nel contesto di migrazione e che i
bambini, spesso anche con un anno di anticipo, vengano inseriti nel circuito
scolastico e spronati a rimanervi costantemente.
Vedremo nell’ultima parte della ricerca quale sia la percezione
dell’istruzione che mi hanno fornito i dominicani: ciò che appare ovvio è che, i
genitori, spesso indifferentemente dalla nazionalità di provenienza, investano
nella scuola in modo meno deciso quando si tratta di figli quasi maggiorenni,
categoria questa assai numerosa tra i dominicani ricongiunti. Proprio questa
109

caratteristica dei Ricongiungimenti dei minori dominicani fa sì che sia
necessario concentrare nel proseguo della ricerca l’attenzione su di essa.
Da questa prima analisi emerge senz’altro un primo nodo critico: sono
molti i ragazzi ricongiunti che evadono la scuola o che l’abbandonano dopo una
breve frequenza. Soprattutto tra i ragazzi che hanno compiuto quindici anni.
Questo è un chiaro indice di disinteresse e probabilmente di sfiducia nei
confronti dell’istituzione scolastica: non appena si raggiungono i termini legali i
ragazzi tendono a sparire dalle scuole. Se questo rientra tra i loro diritti, molti
diverse le cose per chi non ha ancora compiuto quindici anni: anche in questa
fascia d’età, come evidenziato, sono numerose le non iscrizioni e anche gli
abbandoni. Si tratta in questo caso però del venir meno ad una delle due facce
del sistema scolastico italiano fondato sul diritto, ma anche sul dovere
all’istruzione.
Quanto emerso dall’analisi dei dati statistici non porta certo ad una
valutazione positiva degli influssi dell’istituto del Ricongiungimento Familiare,
tuttavia è giusto far parlare i diretti interessati e di procedere ad un approccio
prettamente antropologico, prima di tentare di dare delle spiegazioni a questi
dati.
110

Parte quarta
L’indagine antropologica presso famiglie dominicane
111

Premessa metodologica
Questa parte della ricerca ha richiesto un gran dispendio di energie,
poiché condurre un’indagine antropologica non significa solamente incontrare
delle persone, per quanto scelte accuratamente in quanto rispondenti a
particolari caratteristiche, per somministrare loro dei questionari. Grande
impegno va posto invece nel necessario lavoro preparatorio, in quel faticoso
cammino che porta ad ottenere la fiducia dei propri interlocutori affinché
rispondano nel modo più personale e creativo agli stimoli che si pone loro. E’ un
tipo di ricerca che non può riuscire se non vi è fiducia poiché spesso alle
domande che ci pone un estraneo si risponde in modo standardizzato, secondo
quelle che sono ricorrenti retoriche di gruppo; questo accade in particolar modo
quando si indagano fatti così intimi come quelli che riguardano le dinamiche
familiari.
La difficoltà di inserirsi in un mondo altro, di cominciare a sbirciare dentro
un’altra cultura, un altro universo di simboli e rappresentazioni, mi ha convinta
della necessità di concentrare tutta l’attenzione possibile solo su una comunità,
benché sarebbe stato estremamente interessante poter istituire più fronti di
ricerca per poter poi confrontare le risposte ottenute. Il presente lavoro, per la
brevità dei tempi che presupponeva, ha tuttavia carattere di campione,
soprattutto per quel che riguarda quest’ultima parte e potrebbe divenire stimolo
per ulteriori approfondimenti in cui articolare le inchieste su più comunità e
aprire nuovi campi d’indagine, per esempio all’interno delle scuole, con gli
operatori scolastici e con gli esponenti delle comunità.
La scelta della comunità, considerati i risultati statistici e i problemi
cittadini, non poteva che cadere sulla comunità dominicana.
Il processo di inserimento nel campo, che normalmente può richiedere svariati
mesi, ma anche anni di frequentazione a seconda del contesto con cui si deve
interagire, è stato nel mio caso agevolato dal fatto di avere un ottimo contatto, o
meglio un ottimo biglietto da visita.
112

Dopo aver selezionato le persone che, secondo le indagini statistiche sopra
riportate, mi sembravano più rappresentative 18 , ho chiesto alla Signora Cozzani
del C.S.I. di intercedere per me. La sua esperienza nel settore, e la personale
conoscenza che ha con molti dei miei intervistati, nonché il fatto di essere stata
in più occasioni la persona che ha risolto loro cavillosi problemi burocratici, ha
fatto sì che per una sorta di proprietà transitiva, la fiducia a lei accordata si sia
trasmessa anche a me.
Per mantenere tuttavia un minimo di pluralità di voci sia all’interno della
comunità dominicana, ma anche per non avere la loro sola interpretazione del
fenomeno, mi sono resa visibile ai migranti insediandomi per lungo tempo al
Comitato Immigrati. Il vantaggio è stato triplice: da una parte ho appreso tutte le
sofisticherie burocratiche che l’Istituto del Ricongiungimento cela (nonché i
modi, spesso fantasiosi, in cui i migranti si ingegnano per aggirarle); dall’altra
ho potuto esperire personalmente le lacune che il sistema burocratico produce
sul territorio spezzino; e in ultimo entrare in contatto anche con altre realtà oltre
quella dominicana, sebbene non altrettanto profondamente. Ho cercato di
interagire in modo abbastanza intenso soprattutto con gli albanesi, questo in
ragione della loro massiccia presenza sul territorio; molte delle riflessioni
precedentemente riportate sono frutto, oltre che della letteratura in merito,
proprio di questi incontri.
18 La scelta degli intervistati ha tenuto conto di diversi fattori, cercando di creare un campione
sufficientemente rappresentativo. Ho pertanto contattato quelle persone i cui figli si sono inseriti
magistralmente a scuola oppure, per opposizione, ragazzi che hanno riscontrato grandi
difficoltà e che hanno propeso per l’abbandono. Alcune madri sono richiedenti significative in
quanto hanno effettuato Ricongiungimenti a puntate con esiti molto difformi tra un figlio e l’altro.
Le peculiarità di ogni protagonista verranno comunque messe in evidenza durante i resoconti
delle interviste.
113

Le protagoniste delle interviste
Le interviste approfondite sono state sei, cinque delle quali con membri
di famiglie in cui il ricongiungimento è stato effettuato da donne. In alcuni casi al
momento dell’intervista era presente solo la madre o solo il figlio ricongiunto, in
una, tutte e due contemporaneamente. Per quanto riguarda la seconda famiglia
intervistata ho avuto un colloquio prima con la madre e dopo un certo periodo
anche con la figlia.
L’ultima intervista ho deciso di svolgerla non con donne che hanno
effettuato il Ricongiungimento, ma con una Signora che, da molti anni residente
alla Spezia, ha svolto plurimi lavori come mediatrice all’interno delle scuole: in
lei cercavo una donna che, grazie anche ad un livello di istruzione decisamente
alto rispetto alla media, fosse capace di ricoprire il ruolo dell’informatore
dell’antropologo, ovvero quell’individuo che per proprie intrinseche
caratteristiche è capace di stare in bilico tra due mondi, relativizzando in parte
la propria cultura d’origine e mostrando verso di essa, come verso quella
ospitante, un atteggiamento critico.
Delle interviste riporterò di seguito un resoconto, inserendo fedelmente
alcuni stralci di conversazione, per quel che riguarda racconti particolarmente
interessanti o significativi. Poiché si tratta di conversazioni basate sulla fiducia
che queste persone hanno riposto in me, è stata mia premura tutelare la loro
identità dietro degli pseudonimi e celare comunque ogni riferimento che potesse
renderle riconoscibili.
Prima intervista: Dulce Maria
Dulce Maria è una Signora di circa quarant’anni che vive in Italia dal
1993, anno in cui sua sorella minore le ha trovato un lavoro a Napoli che le ha
consentito di cominciare il suo percorso migratorio. La sorella trova poi un
lavoro in un ristorante della Spezia e Dulce Maria decide di seguirla, sebbene
simili occupazioni le siano precluse per problemi alla schiena. Si impegna
subito come badante, lavoro che le sue parole descrivono nella sua
pesantezza: “lavorava in casa de famiglia, dormiva, faceva tutto, anche
114

dormiva, tutto.” L’impiego più duraturo, quello che le ha concesso di attuare la
domanda di Ricongiungimento, era dunque a giornata. Quando l’anziana della
quale si prendeva cura muore, Dulce comincia a cercare occupazioni a ore,
perché la presenza dei figli richiede la sua attenzione.
Nella Repubblica Dominicana lascia tre figli, affidati nel frattempo alla propria
madre e con i quali, a detta sua, decide un progetto migratorio ben preciso: loro
l’avrebbero raggiunta in Italia, non appena le condizioni economiche glielo
avessero permesso.
Il periodo d’attesa è assai lungo, trascorrono ben nove anni durante i
quali si sentivano “anche quattro o cinque volte al giorno. I soldi mia
andavano per pagare la telefonata a quel tempo là perché era cara la
telefonata.” La descrizione del periodo della separazione avviene, per Dulce
come per tutte le altre intervistate, in un tono di serena malinconia, quella che
compare parlando di eventi dolorosi, ma per fortuna ormai passati.
Presenta per la prima volta domanda di Ricongiungimento nell’anno
2002. Quando tutti gli scogli burocratici sono superati si manifesta un grande
problema: il figlio maggiore si rifiuta di partire e così entreranno solo i due più
piccoli.
Dulce impiegherà i tre anni successivi a convincere Miguel, il figlio maggiore, a
ricongiungersi e lasciare il proprio paese e i propri affetti, ma i problemi si
protraggono notevoli anche nel contesto di migrazione. Miguel arriva quasi
diciassettenne nel 2005, ed è stato proprio il suo ricongiungimento a portarmi
sulle tracce di Dulce. Quando la Signora Cozzani mi ha narrato sommariamente
gli eventi fin qui accennati della vita di Dulce Maria, mi sono convinta che con
lei avrei potuto avere un’intervista piuttosto stimolante.
Il suo è stato quello che si può definire un Ricongiungimento a puntate
ovvero quando i genitori (la madre in questo caso) decidono di richiamare i figli
a scaglioni: la scelta di quali figli portare per primi e le motivazioni che
sottendono tale scelta possono essere assai diversi. Capita che si chiami il figlio
già adolescente, perché come già accennato parlando dei ricongiungimenti di
figli dominicani, il lavoro non lascerebbe il tempo di occuparsi dei bambini
piccoli. Oppure si richiamano questi ultimi, come nel caso albanese, perché
115

disponendo di tempo, si preferisce riunire subito la famiglia anche con la
consapevolezza che la giovane età favorirà l’inserimento del giovane.
Oppure capitano vicende come quella di Miguel: egli comincia a manifestare il
proprio disagio già quando la madre fa i primi progetti con i suoi figli per portarli
qui. Quando le chiedo se loro tre si fossero dimostrati contenti, Dulce la prima
volta, laconica, mi risponde di sì, ma quando poco dopo torno sul discorso mi
dice: “Sì. Loro ben contenti di venire, Marino e Carolina sempre contenti di
venire.”. Questa precisazione mi fa presagire la presenza di un problema:
l’inserimento di Miguel.
Cerco di prendere l’argomento da un’altra prospettiva e le chiedo come abbia
fatto a decidere in che ordine far entrare i figli e lei mi confessa:
“Perché lui non voleva venire, non voleva lasciare mia mamma quando ho
portato i due più piccoli. Diceva che no, che non voleva lasciare mia
mamma da sola, che ancora dormiva con mia mamma. Allora io ho portato
qua, ma dicevo: “Non posso lasciare là da solo perché un domani se poi
vuole venire…”. E poi quando l’ho portato qua lui voleva andare via, non
voleva restare… però adesso si ha calmato un po’!”
La decisione di Dulce Maria è alquanto difficile: il figlio dimostra un forte
attaccamento alla nonna e le dice espressamente di non voler abbandonarla,
tuttavia Miguel stava per compiere diciassette anni e lo spauracchio della
maggiore età cominciava a farsi sentire prepotentemente. Inizia dunque un
lavoro di persuasione da parte della madre che alla fine riesce a condurre qui il
figlio, il quale anche una volta entrato, manifesta subito l’intenzione di volersene
riandare. Per Dulce comincia un periodo molto difficile: deve ricostruire un
legame con il proprio figlio adolescente, legame affievolito da anni di
migrazione.
“Il primo giorno ti dico che era un inferno. Io ti dico non mi mangiava…
niente... Niente! Non mangiava, piangeva. Io gli diceva: “Te hai diciassette
anni, te devi capire.” Miguel non ha mai manifestato piacere all’idea di venire
in Italia, neppure quando la madre glielo proponeva durante i suoi viaggi a
casa. “però lui non era contento… Già allora diceva di no.”
116

Il diciassettenne Miguel quando viene sradicato dalla sua casa aveva già
abbandonato la scuola da due anni, terminando solo la classe corrispettiva alla
nostra prima media. Quando arriva in Italia, in preda a tutti i suoi problemi di
inserimento, non viene neppure presa in considerazione l’ipotesi di una sua
possibile iscrizione a scuola; frequenterà solo per qualche mese, ma quando
era già qui da molto, dei corsi di alfabetizzazione. Quando chiedo a Dulce Maria
il motivo per cui non l’ha iscritto a scuola, considerando soprattutto i problemi a
trovargli un lavoro, lei mi dice: “Quando è arrivato qua non ci è andato a
scuola perché sai lui non è piccolo 19 , è lungo. Anche se c’ha l’anno che
ha, lui è più lungo… [l’audio è disturbato, ma si capisce che al ragazzo dava
fastidio stare in mezzo a ragazzi fisicamente più piccoli di lui]”. Si aggiungono
dunque a tutti i problemi creati dalla migrazione anche malesseri tipicamente
adolescenziali come il non riuscire a inserirsi tra i propri pari a causa di diversità
fisiche: nel caso di Miguel una corporatura più matura di quella dei suoi
coetanei.
E’ trascorso più di un anno dal suo ingresso, e solo ora le cose
sembrano rasserenarsi almeno emotivamente. Il problema sta per insorgere a
livello burocratico poiché, non frequentando la scuola, non appena sarà
maggiorenne dovrà rinnovare il Permesso di Soggiorno con un lavoro che non
riesce a trovare.
Sta tuttavia cominciando ad inserirsi nella società italiana e questo è
stato possibile esclusivamente grazie alla prima puntata del Ricongiungimento:
sono state infatti le conoscenze del fratello minore, già inserito in Italia, a far
uscire Miguel di casa, a fargli conoscere altri ragazzi, anche italiani che
probabilmente cominciano a dargli qualche stimolo. Le chiedo infatti dove il
figlio maggiore abbia trovato gli amici e lei mi dice: “E il più grande l’ha
trovato perché c’erano quei ragazzi che vanno a cercare suo fratello, e poi
per via di lui [del fratello minore] lui ha trovato…”
Quando arrivano i due figli piccoli hanno undici anni e come spesso
succede, vengono retrocessi in una classe inferiore rispetto alla loro età,
19 Fa gesto con la mano di alto di statura
117

venendo inseriti in una quinta elementare. Riusciranno tuttavia a trascorrere lì i
pochi mesi che li separavano dalla fine dell’anno scolastico, per venire poi
inseriti alla scuola media.
Carolina, nelle parole di sua madre, è l’intelligente di casa, quella che è
sempre andata bene a scuola, che ha voglia di terminare gli studi. Ora
frequenta un istituto professionale. Più volte, nel corso della nostra
chiacchierata, mi ripeterà che tutti gli insegnanti hanno sempre avuto un debole
per Carolina, puntando molto al suo percorso scolastico al punto da ricercarla a
casa se non andava a scuola per troppi giorni.
Dulce non parla in modo altrettanto elogiativo, dal punto di vista
scolastico, di Marino che, a quanto pare, si è spesso appoggiato alla sorella nei
momenti di difficoltà scolastica. E’ stato inoltre bocciato quando frequentava la
terza media, ma ripetuto l’anno è stato promosso. Le sue difficoltà non iniziano
tuttavia in Italia, ma già a Santo Domingo manifesta un ambiguo attaccamento
alla scuola: “lui ha voglia di studiare… quando si mette fa, però ci sono
settimana che non si trova…”. Non è certo la volontà che gli manca, quanto,
mi pare di capire, la costanza.
Il loro inserimento a scuola è stato agevolato dalla presenza di una
mediatrice culturale che i Servizi Sociali, su segnalazione della scuola, hanno
provveduto ad affiancargli; la madre ne parla con soddisfazione dicendomi che
non si è trattato di un mero sostegno linguistico e che la ragazza ha sempre
tenuto i bambini in classe, facendoli lavorare insieme al resto della classe.
Questa è la metodologia corretta per un progetto interculturale, poiché
l’allontanamento dal contesto della classe può lasciare intendere la presenza di
una diversità risolvibile solo con la separazione dal gruppo dei pari.
L’allontanamento può essere tentato in casi particolarmente problematici, ma
non è auspicabile quando si interagisce con ragazzi come Carolina o Marino.
La mediatrice ha il compito di aiutare il ragazzo ad inserirsi nell’attività
didattica che svolge l’insegnante, non di crearne una alternativa poiché
altrimenti può accadere che “nel modo di funzionare delle classi c’era in atto
questo meccanismo che faceva sì che ci fosse un continuo ribadire la presenza
118

differenziata di questi bambini” 20 . Questo produce, secondo Francesca Gobbo,
il frustrante risultato di non poter mai mostrare le proprie competenze o i propri
miglioramenti al resto dei pari guadagnandosi così il loro rispetto. “Il mediatore
ha il compito di agevolare il dialogo, di proporre uno scambio di informazioni e
di tessere una preziosa trama di nessi tra i simboli, le memorie e la storia delle
due realtà culturali che si incontrano, quella straniera e quella autoctona.” 21
I tre figli di Dulce Maria, già provati dal cambiamento di vita devono
affrontare qui anche il nuovo compagno italiano della madre, figura con la quale
però i giovani riescono a instaurare un rapporto di stima e rispetto. Non si tratta
tanto di un’impressione, quanto di un’esplicita confessione di Dulce, il fatto che
lei non riesce più ad avere molta presa sui ragazzi, tra l’altro tutti ormai piuttosto
cresciuti: anche se lei gli chiede di restare a casa, per esempio, questi
ubbidiscono solo quando arriva il monito del compagno.
Il nuovo compagno, mi dice Dulce, è stato molto presente nella vita dei ragazzi,
li ha sempre aiutati nei compiti ed è lui che si occupa di andare alle udienze. Le
chiedo se abbia mai conosciuto di persona gli ultimi insegnanti di Carolina e lei
mi dice: “No, non ci sono. Ci va il mio compagno, perché ti dico, io qua
lavoro e loro si vedono alle cinque del pomeriggio e io lavoro del
pomeriggio. Alle cinque bisogna essere lì e allora quando c’è la riunione
nel pomeriggio ci va lui perché io quando arrivo già sono le sei.”
E’ di nuovo il lavoro a essere, almeno apparentemente, motivo ostativo per
inserirsi a pieno titolo nella vita dei figli, e la sua situazione di accompagnata a
uomo italiano, molto disponibile a quanto pare, le permette di defilarsi senza
creare troppi disagi ai suoi figli.
Come mi ero prefigurata, il caso di Dulce Maria ingloba in sé molte
dinamiche problematiche che possono scaturire a seguito del Ricongiungimento
Familiare: il suo, a puntate, funziona bene nella prima parte mentre la seconda
è un esempio di come l’ingresso di adolescenti possa essere più problematico e
possa comportare una maggiore difficoltà per l’integrazione.
20 Gobbo F. (2004), pg. 168.
21 AAVV. (2004a), pg. 25.
119

I ricongiungimenti non vengono molto preparati nel paese d’origine, per Miguel
nel modo più totale, ma credo neppure per gli altri due dato che neppure erano
a conoscenza che si sarebbero trovati a fare i conti con un idioma diverso. Mara
Tognetti Bordogna, afferma:
“da parte dei genitori è importante coinvolgere i figli nel progetto di
ricomposizione del nucleo: renderli partecipi della decisione, aiutarli
a prefigurare la vita nel nuovo paese, contenere le ansie e i timori,
essere consapevoli della portata affettiva dei distacchi e delle
separazioni.” 22
L’idea che mi sono fatta è che Miguel si aspettasse di trovare subito lavoro
giunto qui: l’essere messo di fronte all’evidenza delle numerose difficoltà deve
essere stato un nuovo motivo di distacco da ciò che lo circonda. Io ho
conosciuto il ragazzo per caso al C.S.I. ed appare, nonostante l’altezza, un
giovane disorientato che a stento solleva gli occhi da terra e lascia che sia la
madre a parlare per lui, come se ancora non avesse padronanza linguistica
(dato questo smentitomi da Dulce).
La vicenda di questa famiglia è un ottimo esempio dunque di come
“sembrano essere facilitati i bambini più piccoli, nella fascia di età prescolare o
dei primi anni della scuola elementare. Difficoltà maggiore – di tipo relazionale e
di inserimento – si rivelano tra i ragazzi pre-adolescenti e adolescenti che
possono incontrare maggiori problemi scolastici e linguistici” 23
Seconda intervista: Carolina
Carolina è la figlia di Dulce Maria; entrata in Italia con Ricongiungimento
Familiare nel 2002 non rientra tra i ragazzi che hanno influenzato le precedenti
statistiche. Ho chiesto tuttavia alla madre di mettermi in contatto con lei,
piuttosto che con Miguel, il diretto interessato della nostra ricerca essendo
giunto nel 2005, poiché mi sembrava un soggetto più disponibile al confronto e
più aperto. Sarebbe stato molto arduo conquistarsi la fiducia di Miguel, a causa
del suo carattere schivo, poco propenso ad aprirsi. I brevi tempi della ricerca mi
22 Tognetti Bordogna M., (2004), pg. 196.
23 Ibi, pg. 190.
120

hanno spinto dunque a contattare la disinvolta ed affermata sorella: lei avrebbe
facilmente potuto narrarmi oltre alla sua pluriennale esperienza, anche quella
del fratello.
Come nel caso di Dulce, anche questa intervista si svolge al Comitato,
scelta verso la quale ho sempre propeso poiché si tratta di un ambiente
alquanto controllato che suscita serenità e fiducia nei miei interlocutori.
Carolina, come mi aveva svelato la madre, vi bazzica piuttosto frequentemente
poiché spesso si fa carico delle questioni burocratiche della famiglia, dato
l’impegno lavorativo della madre e la sua elevata integrazione con la lingua e
con il contesto spezzino.
Ora Carolina ha diciassette anni ed è arrivata in Italia quando ne aveva
undici. Mi racconta che a Santo Domingo oltre alla nonna, riceveva anche le
cure del padre, figura che Dulce non mi aveva menzionato; costui era d’accordo
sulla partenza dei figli. Non si ricorda molto bene il periodo della partenza della
madre e ha un ricordo molto offuscato anche della fase che precede la sua
migrazione. La richiesta della madre di lasciare Santo Domingo spaventa un
po’ la ragazza che si vede costretta a lasciare amici e parenti, ma pare che
abbia affrontato la vicenda con una certa intraprendenza tentando di mettere
via le molteplici paure.
Ricorda vividamente la defezione del fratello maggiore e quando le chiedo se
questo abbia influito negativamente sullo spirito con cui loro due affrontavano il
viaggio lei mi risponde “Mhh… normale”. “Normale” così definisce sempre il
suo viaggio verso l’Italia, quasi a voler annullare ogni difficoltà dentro la
quotidianità di un evento che moltissime persone subiscono: la sua voce
tradisce tuttavia un tono titubante mentre pronuncia tale parola.
Ha atteso quattro o cinque mesi prima di poter entrare in Italia e durante
quel periodo non si era fatta progetti per il futuro nel nuovo contesto, ma
quando affermo che forse era troppo piccola per porsi tale genere di questione
lei mi dice: “Veramente non mi aspettavo che era così…”. Si immaginava un
paese “Normale… No, forse no, come Santo Domingo no, ma più, come si
dice, meglio!”. Le chiedo se la delusione sia stata a livello paesaggistico o
umano e lei mi risponde che sono state le persone a deluderla poiché con
121

queste non si è trovata benissimo soprattutto all’inizio, “…ma poi andando a
scuola…”. Contraddicendo quello che mi aveva detto Dulce, una delle poche
informazioni che aveva dell’Italia era proprio che avrebbe avuto a che fare con
una lingua diversa. Non è stata certo questa barriera a crearle dei problemi,
perché in poco tempo è stata in grado di comunicare.
Prima di entrare in Italia non conosceva quasi nulla di questo paese e anche la
madre non le aveva fornito scarsi racconti in merito: “No, ma lei non mi
raccontava niente!...” Quest’affermazione conferma l’impressione che mi ero
fatta durante l’intervista con Dulce: da parte sua non vi era stato un lavoro
preparatorio sui ragazzi, una sorta di scuola a ciò che li avrebbe attesi. Per loro
è stato un po’ come un salto nel buio.
A Santo Domingo andava bene a scuola e lì ha frequentato fino alla
quarta elementare. Giunta qui è stata inserita nella classe quinta della scuola
elementare, per poi passare alla medie. Lei si ambienta senza problema nella
sua nuova classe dove è l’unica straniera e all’interno della quale trova anche
le sue prime amiche italiane che frequenta anche nelle ore pomeridiane. Solo in
un secondo momento, quando si trasferirà nella casa nuova. conoscerà anche
ragazze dominicane.
Terminata la scuola media si iscrive ad un istituto professionale dove nel
2005/2006 viene bocciata. Mi stupisco di tale notizia, cui la madre non aveva
fatto cenno e che va in controtendenza con l’immagine della ragazza sempre
interessata allo studio. Mi spiega in un secondo momento il motivo di tale
bocciatura: durante quell’anno, in occasione delle vacanze natalizie era andata
a Santo Domingo e si era trattenuta per tre mesi e al suo rientro le era stato
impossibile recuperare tutte le materie. La madre le aveva dato il permesso per
stare un mese, ma poi la sua permanenza si è prolungata; c’è stato un
momento in cui aveva pensato di non tornare più. Anche quest’anno tornerà a
casa in occasione delle vacanze natalizie, probabilmente in compagnia di
Marino, il fratello con cui ha fatto ingresso in Italia. Mi dice che fa più fatica a
staccarsi da Santo Domingo, dove si trova particolarmente bene anche se ha
meno libertà di movimento rispetto a qui, potendo uscire per esempio, solo con
il padre o la zia. Le amiche dominicane invece le ha perse di vista e molte di
122

loro sono migrate qua in Italia, alcune anche alla Spezia. Questo non è
sufficiente a staccare il suo cuore dal paese d’origine.
I suoi racconti mi danno l’idea che lei stia diventando una donna in
bilico, spaccata tra il là e il qua, che vive in modo ambivalente i rapporti con i
due contesti. Si è ben inserita in Italia, ma gli affetti le rendono pesante una
prolungata separazione da casa e la felicità di tornarvi diventa, come visto,
motivo per trascurare le responsabilità che si sono assunte nel paese di
migrazione. Lo dimostra il fatto che non ha ancora la minima idea di che cosa
desidera dal suo futuro: prendere il diploma è un obiettivo, ma non sa neppure
se fermarsi all’attestato di qualifica di terza superiore, o proseguire fino alla
quinta.
Quando le chiedo se è stata contenta della decisione della madre di portarla in
Italia, lei mi risponde con il solito “Normale!”. Chiedo dove vede la sua vita
futura e lei mi risponde esplicitamente: “Un po’ qua e un po’ là”, come se le
difficoltà di essere divisa tra due contesti non le fosse evidente.
Ha tentato un primo inserimento nel mondo del lavoro quando, a inizio
giugno è andata a fare la cameriera: l’esperienza è stata di breve durata
perché, dice, si trattava di un lavoro troppo pesante. Ora ha trovato un piccolo
impiego come baby-sitter. Marino invece segue un corso di elettronica, sua vera
passione fin da quando era piccolo.
Cerco di farmi raccontare la vicenda di Miguel, il fratello maggiore che
giunge qui diciassettenne. Non sa come la madre alla fine abbia fatto a
convincerlo a lasciare Santo Domingo, ma rammenta che lui non ha mai avuto
alcun interesse nello studio, neppure quando era ancora nel paese d’origine. E’
piuttosto reticente a scendere nei dettagli dell’ arrivo di Miguel in Italia e mi
racconta solo dei suoi tentativi di inserirsi nel mondo del lavoro che sono stati
però tutti deludenti.
Il suo più grande problema, almeno all’inizio, pare essere stato quello di non
aver amici, ma ora finalmente sta cominciando a frequentare la città e a fare
conoscenze, sia con ragazzi dominicani sia italiani. L’immagine del ragazzo che
scende nel cortile sotto casa, dove si incontra con gli amici per ascoltare
musica, mi rimanda l’idea di un individuo che non è ancora riuscito a costruirsi
123

un percorso di vita e, non potendo puntare alla realizzazione di questo, tenta
almeno di non rimaner escluso dalla vita sociale.
Dulce Maria mi aveva raccontato che Carolina frequenta l’Oratorio del
Don Bosco e lei mi conferma di essere stata là, in alcuni periodi della sua vita,
ma che ora non ci va più. Vi si recava solo saltuariamente, alle volte per fare i
compiti, altre semplicemente per giocare.
Marino non è mai andato là preferendo sempre spostarsi con i suoi amici e
frequentare con loro il campetto di calcio.
L’intervista con Carolina mi ha permesso di vedere il cambiamento di
prospettiva allorché si affronta il tema della migrazione con il ragazzo o con il
genitore che l’ha organizzata. Molteplici le discrepanze tra quanto raccontatomi
da lei e dalla madre, anche su aspetti piuttosto rilevanti. Sembra quasi che i
genitori si trovino nell’impossibilità di vedere, o almeno di comprendere fino in
fondo, la situazione dilaniante che i propri figli sono chiamati a vivere, questo
anche nel caso di un progetto migratorio tutto sommato ben riuscito come
quello di Carolina. Sarà Mariela, durante l’ultima intervista, a rendere esplicita
questa mia sensazione.
Terza intervista: Pedro
L’incontro con Pedro è stato uno dei più significativi e arricchenti. Spesso
la qualità di un intervista non dipende tanto dalla vicenda familiare in sé, ma da
come viene vissuta e analizzata dal suo attore. Carolina, forse solo a livello
esteriore, non sembra problematizzare alcuni passaggi della sua vita, e come
dicevo, tende a definirli semplicemente “normali”. Pedro è tutt’altro soggetto:
vive la sua esistenza riflettendo sempre sulle cause e sulle conseguenze delle
proprie azioni e di quelli di chi lo circonda.
Lui, assieme alla sorella di due anni più piccola, appartengono alla
schiera dei Ricongiunti nel 2003, anche se a sentire la sua pronuncia e il suo
ricco vocabolario si direbbe che è in Italia da molto più tempo. La sua fama in
qualche modo lo precede, infatti avevo già sentito parlare di lui, e ho
l’impressione che sia un elemento particolarmente conosciuto all’interno della
propria comunità, ma anche all’interno di alcuni ambienti della società civile
124

spezzina. Se ne capiranno i motivi leggendo quanto riporterò delle sue
narrazioni.
L’intervista, una delle più lunghe, inizia al Comitato Immigrati e prosegue
davanti ad un pranzo; ho dovuto rincorrerlo molto a lungo prima di riuscire a
parlargli: pare avere una vita sempre piuttosto impegnata.
La vicenda migratoria della famiglia di Pedro inizia con la partenza, nel
1994 della madre la quale, nel 2001 richiama il padre e poi,
contemporaneamente, i due figli; loro fino alla partenza rimangono affidati alle
cure della nonna e degli altri parenti. La sua famiglia proviene dalla Bomba de
Cenovi, una zona di campagna fuori San Francisco de Macoris, regione poco
urbanizzata e dove, come mi racconterà durante il pranzo, la famiglia allargata
vive sempre a stretto contatto.
Quando arriva in Italia Pedro deve compiere quindici anni e si trova
pertanto nel bel mezzo della sua adolescenza. Ha dovuto subire la partenza
della madre la quale ha vissuto l’esperienza migratoria inizialmente come
un’avventura più che come un progetto di vita, fino a quando ha cominciato a
sentire più stabile la propria situazione e ha cominciato a riflettere sulla
possibilità di portare in Italia il resto della famiglia. Procedendo per gradi
richiama il marito, e la partenza di quest’ultimo comincia a conferire una precisa
dinamica al progetto migratorio della famiglia: quando quest’ultimo parte lascia
intendere in modo piuttosto chiaro ai propri figli che presto li avrebbe portati con
lui in Italia.
Arrivato in Italia Pedro si prende un paio di mesi per ambientarsi e poi
comincia il tentativo di iscrizione a scuola. A questo proposito mi accenna
velocemente ad alcuni problemi che ha incontrato presso alcuni istituti dicendo:
“comunque c’era difficoltà perché magari in alcune scuole dicevano che
non sapevo l’italiano. Invece lì [nella scuola superiore che attualmente ancora
frequenta] non mi hanno detto niente, sono andato lì e mi hanno detto: -
allora vieni domani a scuola -” Benché appena accennato appare qui un
argomento piuttosto critico nella storia di Pedro: il suo tentativo di inserimento
scolastico non è semplice e lineare, poiché incontra difficoltà a trovare una
scuola in cui iscriversi in quanto non ancora alfabetizzato.
125

Nel paese d’origine aveva già concluso il primo ciclo di studi; gli chiedo
come sia suddiviso il percorso scolastico e lui mi spiega che: “anche noi
abbiamo otto [sottintende anni di scuola], che però è uguale, cinque di
elementare e tre di medie che però da noi è tutto prima, seconda, terza,
quarta… Si inizia a sei anni, si fa dalla prima all’ottava e da lì si va alle
superiori che sono quattro anni… Da noi c’è soltanto un Liceo, non
scientifico, ma un Liceo così normale dove facciamo tutte le materie…
L’Università ci andavi dopo che prendevi il diploma, però non sono mai
riuscito a capire come funziona.”
Pedro è un caso raro nel piccolo campione di persone da me intervistate,
poiché arriva in Italia quindicenne, non solo con la Licenza media, ma avendo
già frequentato un anno e mezzo di superiori: “Ho fatto la prima, ero già nella
seconda, e quando sono qua ho dovuto rifare anche la prima! La prima
superiore!” E’ lui a menzionare la retrocessione e quando gli domando come vi
abbia reagito mi risponde ridendo: “Lo sapevo! Tutti dicevano in giro che
abbassano gli anni a scuola… Per esempio mia sorella che faceva la terza
elementare, ha dovuto rifare la seconda!”
Da questo breve stralcio di conversazione emergono tre fatti alquanto
importanti: il primo riguarda proprio la storia personale di Pedro e della sorella,
poiché si percepisce alquanto chiaramente che il loro Ricongiungimento è stato
in qualche modo preparato attivamente dalla famiglia. Non sono giunti in un
paese ignoto, ma conoscevano già alcune dinamiche, almeno quelle che più
strettamente riguardano la vita di un ragazzo. Essere a parte, per esempio, del
fatto che quasi certamente si dovrà ripetere un anno di scuola, aiuta ad
affrontare più serenamente questo fatto tutt’altro che positivo. Questo è
chiaramente un compito che compete esclusivamente la famiglia nel paese
d’origine, ma i cui buoni frutti si notano nel contesto di migrazione poiché
risulterà più facile l’inserimento dei minori.
L’altro fatto degno di nota riguarda la tendenza a far sistematicamente
retrocedere i ragazzi che arrivano con Ricongiungimento Familiare. Dalle sue
parole risulta essere una pratica così diffusa che ne sono a conoscenza tutti
anche all’estero. Il suo inserimento scolastico presenta inoltre un’altra anomalia
126

poiché, come già accennato, viene scoraggiata la sua iscrizione in alcuni istituti
a causa delle sue carenze linguistiche, ritrovandosi così a frequentare un
istituto superiore (la cui scelta nel nostro paese dovrebbe dipendere dalle
propensioni e dalle attitudini dei ragazzi), semplicemente perché è stato l’unico
ad aprirgli le proprie porte. Non ha potuto scegliere dunque, con lungimiranza
per il proprio futuro, che tipo di formazione ricevere, poiché nessuno gli ha
spiegato come si differenziano le scuole superiori in Italia, e comunque la sua
scelta sarebbe stata condizionata dalla mancanza di disponibilità di alcuni
istituti. Queste ultimi, scoraggiando l’iscrizione di un ragazzo, come riferisce
Pedro, hanno violato la prima norma che dovrebbe gestire l’istruzione nel nostro
paese, ovvero che “la scuola è aperta a tutti”, come recita l’articolo 34 della
nostra Costituzione. “I minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno
diritto ad essere iscritti alla scuola dell’obbligo, secondo le stesso condizioni dei
minori italiani, e l’iscrizione può essere richiesta, e deve essere accettata, in
qualunque periodo dell’anno.” 24 Così afferma un manuale per la formazione
degli operatori che lavorano con i minori stranieri.
Credo esistano pochi esempi più calzanti della vicenda di Pedro per dimostrare
che un atteggiamento pregiudizievole delle scuole sarebbe errato: giunto qui nel
2003 inoltrato, in soli pochi anni ha acquisito una padronanza della lingua
italiana stupefacente, come si sarà intuito anche dai pochi brani fedelmente
trascritti. Le modalità di apprendimento dipendono, come si vedrà tra poco, da
una sua particolare propensione, tuttavia sono convinta che un qualsiasi
insegnante che avesse comunicato con lui al momento del suo arrivo, avrebbe
potuto notare la sua forte spinta motivazionale e le sue elevate capacità. Se lui
è stato particolarmente penalizzato dal sistema che tende a trattare ogni
ricongiunto allo stesso modo, senza valutare situazione per situazione, è anche
vero che bisognerebbe, piuttosto, prefiggersi di stimolare ed incentivare anche
quei ragazzi che arrivano qui demotivati e rassegnati, come Miguel. Ad ogni
giovane in età scolare dovrebbe essere offerta almeno un’opportunità di
24 Castellani Tarabini M., Saperi C. (a cura), (2004), pg. 52.
127

conoscere le possibilità che la nostra scuola offre, quali i suoi percorsi e quali i
vantaggi.
Continuando la conversazione, Pedro mi confessa in effetti di aver avuto
alcune difficoltà per l’impatto con la nuova lingua, ma soprattutto con alcune
materie: italiano e storia “che qua sono diverse, rispetto a quelle che
insegnano là, perché qua vanno proprio sul livello europeo, antico, quelle
cose lì… Di là noi ci facevano di più, per esempio nelle medie ci basiamo
di più sulla storia del nostro paese, le conquiste… Poi quando vai alle
superiori si amplia un po’ sugli altri posti, sull’Europa, così, anche se non
propri come fanno qua, concreta come la fanno qua.
I primi due anni italiano è normale, poi in terza inizia letteratura ed è
diverso. Matematica i primi anni che sono arrivato ho fatto le stesse cose
che avevo fatto là.. adesso!!! Infatti c’ho anche il debito di matematica.
Dalla terza in su… poi [alla mia scuola] dipende da che specializzazione
scegli. Io ho scelto informatica e lì matematica è difficile.”
La frequentazione della quarta non gli ha dato i buoni frutti sperati, infatti esce
con tre debiti (italiano, matematica e inglese, tutte con il cinque), ma si sente
piuttosto sereno perché invece, in tutte le materie scientifiche riguardanti
l’informatica, è passato con ottimi voti. La materia che lo preoccupa di più è
inglese, poiché, anche se riesce a comprendere una conversazione, fa fatica a
scrivere. E’ sua intenzione comunque studiare per recuperarli tutti e tre, magari
andando a esercitarsi dai salesiani al Don Bosco.
Entriamo così in un altro argomento piuttosto interessante, ovvero come
è avvenuto il suo inserimento nella società civile italiana al momento del suo
arrivo in Italia . All’inizio si recava al Don Bosco solo quando ve lo conducevano
le sue frequentazioni dominicane “perché prima quando sono arrivato qua
frequentavo più dominicani… amici che ho conosciuto tutti qua. Io a
scuola non ci stavo nemmeno, quindi giravo [intende al Don Bosco],
salutavo e me ne andavo subito a casa. Poi dopo un po’ mi sono
cominciato ad inserire...”
Oggi frequenta soprattutto ragazzi italiani, dei dominicani continua a uscire con
quei pochi che conosco e che “sono bravi, perché la maggior parte [afferma
128

idendo] sono fuori banda.” Essendo lui a citare la deriva cui sono soggetti
alcuni suoi connazionali, non posso fare a meno di chiedergli cosa ne pensi
delle vicende di Piazza Brin. “In quella piazza succedono sempre dei casini,
soprattutto fra gli stessi dominicani e questo è quello che mi fa più
arrabbiare: che se sono tutti lì, perché si devono litigare tra di loro…
Anche con quei marocchini che sono lì all’angolo… quasi sempre
succedono dei casini che si picchiano… Con gli italiani non credo, non è
che gli italiani rompono tanto le balle, però alcuni rompono e quindi anche
con loro… sì, ma non ho sentito in giro che si prendono con gli italiani.”
Mi confessa di non frequentare mai quella Piazza, tuttavia quella situazione gli
pesa tanto “perché io sono una persona che di amici ne ha tantissimi, per
nazionalità: italiani, marocchini, albanesi, di tutto… però un po’ ti dà
fastidio perché senti qualcuno che ti conosce e poi comincia a parlare: -
Eh, i dominicani questo e questo - E’ un po’ difficile questo. I primi anni
che sono arrivato era un po’ difficile questo, perché tutti parlavano male
dei dominicani e poi avevano le loro ragioni per dire quelle cose. E io
dicevo: -No, non è vero!- Poi vedo questi qua che si picchiano e gli credo,
ci avevano ragione nel parlare… Poi qua a Spezia è così, pieno di
dominicani, albanesi, marocchini… Comunque tanti sono bravi, gente
tranquilla, pacifica, non tutti, ma alcuni che conosco sono bravi, si sono
inseriti bene.
Anche lì, al Don Bosco, perché ormai quel posto lì è frequentato da tutti i
giovani, italiani, albanesi, marocchini… questa è anche la ricchezza di
quel posto.”
Lo interrompo per chiedergli se i due posti vengono frequentati dalle
stesse persone e dunque se chi frequenta Piazza Brin vada anche al Don
Bosco e lui: “Ci vengono, magari quelli giovani e quando vengono lì
stanno bravi. Cioè, è anche un posto per tenerli un po’ calmi. Per
esempio, ti parlo di anni fa, quando io non c’ero ancora, che anche lì, al
Don Bosco, c’era sempre da litigare, tra le nazionalità, diciamo, era
sempre una guerriglia… Poi tra i salesiani che arrivavano, perché si
cambia, c’è arrivato uno che ha messo un po’ a posto… Don
129

Massimiliano, che ha salvato un po’ tutto. Tra poco andrà via e ci sarà da
rifare tutto daccapo! Adesso si è fatto tranquillo, ormai si sono inseriti
tutti, vedi anche i bambini piccoli albanesi che giocano con gli italiani;
questo è anche bello da vedere, tutte le nazionalità insieme. Anche nelle
scuole è così adesso, anche fra magari i cinesi e tutto il resto, nelle
scuole è così adesso! Magari tanti anni fa quando si parlava di razzismo,
magari non si poteva neanche venire qua… mentre adesso. Ormai sta
tutto cambiando… da quattro anni che sono qua, si vede il cambiamento.
Poi parlo di Spezia, ma penso che anche dalle altre parti sia così.”
Cerco di tornare sull’argomento scuola e gli chiedo che importanza abbia
nella Repubblica Dominicana il titolo di studio al fine del conseguimento di una
buona occupazione professionale; lui mi dice che è fondamentale, ma non è
certamente sufficiente il conseguimento della licenza media, essendo
necessaria almeno un’istruzione superiore, sebbene l’ideale per avere un posto
di lavoro garantito, sia il raggiungimento della laurea. “Per esempio io puntava
là [intende alla formazione universitaria], poi sono arrivato qua e ho
cambiato progetti… Là volevo studiare legge… Ma qua è veramente
difficile: è difficile trovare un lavoro, ma anche l’Università.” Comincio
veramente a convincermi che abbia abbandonato definitivamente i suoi progetti
universitari ed infatti, parlando del proprio futuro dice: “Voglio finire
quest’anno e vedere un po’ se con il diploma delle superiori riesco a
trovare un lavoro da qualche parte… perché comunque il tempo per fare
l’Università non ce l’ho, perché già c’è mio padre che ha quarantaquattro
anni e, poverino, c’ha un ernia alla schiena e non ce la fa più.. fare il
muratore con un’ernia alla schiena non è mica facile. E’ sempre
all’ospedale a veder come va, come non va, così. E poi lui è stanco; cioè
lui sta lavorando fino a quando io non mi colloco da qualche parte… Mia
mamma sta lavorando, è in famiglia da dieci anni e problemi non ce n’ha,
ormai lì fa parte della famiglia.” Per comprendere se si tratti solamente di una
questione economica gli chiedo se non sia neppure intenzionato a guardarsi
intorno per veder se fossero disponibili borse di studio, o altri tipi agevolazioni e
lui mi dice: “E’ difficile!!! Se mi capita l’occasione certo non dico di no,
130

dipende tanto da come sei messo, soprattutto dipende da come sei messo
con il denaro.” Dimostra insomma di avere un particolare attaccamento
all’istruzione, ma mi rendo conto che non sta proprio facendo il minimo progetto
in questo senso: è come se avesse accantonato definitivamente ogni speranza,
sentendosi come imprigionato in una situazione senza uscita in cui prima di
tutto viene la responsabilità nei confronti della propria famiglia.
Sfrutto il discorso sul suo inserimento all’interno della comunità
dominicana per tentare di comprendere se è vera la mia sensazione che i
genitori dominicani non investano molte energie per tenere i figli a scuola, come
se l’ottenimento di un titolo di studio non fosse altro che motivo d’orgoglio, ma
che a livello pratico non avesse un gran valore. Lui mi dice che dipende dalle
famiglie, che non per tutti è uguale; i suoi genitori, per esempio, gli fanno molte
pressioni affinché riesca a conseguire il diploma e sostiene inoltre che
probabilmente dipende dalle zone di provenienza.
Per quello che gli insegna la sua esperienza, là ricorda un maggiore
entusiasmo da parte dei ragazzi nei confronti dell’istituto scolastico; mi racconta
per esempio di quanto frequenti fossero le giornate passate a studiare assieme
ai compagni, con i quali formava dei veri gruppi di studio. Qui questo è molto
difficile innanzi tutto perché i suoi compagni abitano spesso a grandi distanze,
ma spesso è proprio la volontà a mancare.
Certo quello che conta è la famiglia e aggiunge, senza che sia io a suggerirgli
l’argomento: “Se non ce l’hanno, cosa fanno? Come tantissimi…
comunque tutti quei discorsi che si litigano, che si drogano, è per
quello… non c’hanno niente da fare, i genitori vanno a lavorare, quindi
sono liberi, fanno tutto quel che vogliono e lì si ritrovano nel casino!... E i
genitori a mantenerli, con quello che guadagnano non è che riescono a
mantenerlo, è per quello che anche…. Io la mentalità di alcune persone
proprio non la capisco!”
Pedro si dimostra molto d’accordo con me quando gli faccio notare che forse la
situazione apparentemente serena che vive la sua famiglia dipende dal fatto
che tutto il nucleo familiare si trova qui e che c’è arrivato a seguito di un
progetto di vita abbastanza concreto e condiviso da tutti i membri della famiglia.
131

“Una delle cose che punto sempre è che qua la cosa principale sono
davvero i genitori. Senza i genitori che ti stanno dietro basta! Quelli che
conosco e che sono bravi è perché c’hanno i suoi genitori dietro che gli
dicono non far questo, devi far questo. Anche se non c’hanno la figura del
padre, però qualcuno che li tenga dietro ci deve essere. Perché ci sono
tanti che lavorano dalle otto di mattina fino alle dieci di sera! Non si
chiedono mai: - Cosa ha fatto mio figlio oggi? – Arrivano a casa gli
preparano da mangiare, poi il giorno dopo vanno a lavorare, tornano, gli
preparano da mangiare…”
Potendo disporre di cure, secondo Pedro, per alcuni ragazzi sarebbe preferibile
che rimanessero in patria, ed in effetti, come mi racconta la Signora Cozzani,
capita che alcuni casi, quelli più complessi in cui l’integrazione appare subito
utopica, vengono risolti dai genitori con il rimpatrio dei minori.
Da quando è arrivato in Italia Pedro non è mai rientrato nel proprio paese e
comunque il suo futuro lo immagina qui in Italia, impiegato in qualche lavoro
con il quale contribuire alle finanze della famiglia.
Per sua sorella le cose non sono andate altrettanto bene: è arrivata qui
insieme a lui quando ancora frequentava le medie, retrocessa di un anno
rispetto al titolo conseguito a casa, si è comunque data da fare per ottenere la
licenza media e iscriversi alle superiori dove ora frequenta la terza. E’ una
ragazza piuttosto casalinga e puntualizza subito Pedro: “E meno male! Ci
sono delle ragazze qui che lasciamo stare, è meglio non parlarne!... Ne
conosco tante, anche italiane, che non c’hanno voglia di fare niente,
vanno in giro… cioè, bambine e anche bambini di prima media che mi
dicono: - Che palle la scuola! – Mia sorella è tranquilla, normale…
Conosce ragazzi italiani, ma non è che frequenta… Lei c’ha un carattere
così, un po’ più duro. Ma problemi non è che ne ha.”
Quando gli chiedo se i loro genitori siano soddisfatti dei risultati
conseguiti dai loro figli, viene fuori quella che ritengo la caratteristica distintiva di
Pedro, quella che gli ha permesso di essere il ragazzo così stimato di cui tutti
mi parlano: “Comunque essere uno dei pochi a fare la quinta superiore e a
dare l’esame di maturità… Ormai tutti che mi vedono e mi dicono: - Ma te
132

sei nato qua? – Cioè, è una soddisfazione anche quella!... Perché io ho
imparato subito l’italiano più che altro perché già sono arrivato in una
classe di soli italiani, e lì ho detto, meno male così devo imparare subito
l’italiano. E infatti c’è stato un mese che non ho detto niente e poi non mi
ha fermato più nessuno!... E’ una cosa che da quando sono in prima che
lo voglio: un diploma di una materia scientifica in Italia lo voglio! E’
proprio una cosa che ci tengo. Essere uno dei pochi, stranieri soprattutto,
ad avere un diploma è una cosa che fa veramente piacere.”
Ha affrontato la vita della migrazione come una sfida, come se avesse
mobilitato una propria
“capacità di resistere, difendersi e reagire alle situazioni di stress.
Alcuni bambini sembrano sviluppare risorse interne straordinarie per
far fronte a eventi e sfide imprevisti: hanno la capacità di
attraversare eventi importanti e cambiamenti profondi mobilitando
risorse per non farsi sommergere dalle difficoltà.”. 25
Questa, credo è stata la sua arma vincente, accettare le difficoltà che gli
si sono presentate come montagne da scalare e prefiggersi fin da subito un
obiettivo chiaro e accessibile, ma altrettanto soddisfacente, da raggiungere.
Intervista singolare quella fatta con Pedro: all’inizio reticente come un po’
tutte le persone che vengono chiamate a raccontarsi davanti ad un microfono,
presto si lascia andare e comincia a sommergermi di informazioni e impressioni
sul mondo. Riflettendo a posteriori su quella che è stata la sua esperienza mi
viene da pensare che un altro fattore che ha contribuito alla riuscita del suo
inserimento sia stata la decisione, non so quanto sua spontanea o quanto
mediata dai genitori, di non frequentare il gruppo dei dominicani, ma di crearsi
tutto un suo cerchio personale di amicizie. L’ho incontrato un giorno al C.S.I.
mentre chiacchierava con due suoi amici, uno del Burkina Faso e l’altro
albanese; questo, che alle volte appare come un evento singolare ed
25 Tognetti Bordogna M. (2004), pg. 200.
133

inaspettato, mi ha poi detto, è stato merito del clima che si è creato al Don
Bosco.
La frequentazione assidua ed esclusiva del proprio gruppo d’origine può essere
un vero problema per l’integrazione, non solo perché esclude l’altro, ma anche
perché può essere motivo per assumere comportamenti devianti.
Molte sono le teorie pedagogiche che sottolineano come
“il modo in cui il gruppo di appartenenza è stato storicamente
incorporato nella società e nella cultura di maggioranza, interpretano
la richiesta della scuola di apprendere regole, comportamenti,
linguaggi e contenuti educativi, come una minaccia alla loro identità
culturale e linguistica. Tale apprendimento, lungi dall’aggiungersi
produttivamente alla cultura e alla lingua del gruppo, assume perciò
il significato di una rinuncia al senso di appartenenza e viene bollato,
dai loro pari, come un comportarsi da bianchi, un simbolico
passaggio nel campo dell’oppressore e un ripudio dei legami di
fratellanza. La logica della cultura d’opposizione pone infatti i giovani
di questi gruppi di fronte al dilemma di diventare uno studente e
(auspicabilmente) una persona adulta di successo, abbandonando
gli ancoraggi dell’appartenenza etnica o viceversa, salvaguardare la
propria cultura, fallendo a scuola: dal loro punto di vista è infatti
culturalmente appropriato ciò che si definisce in opposizione e per
contrasto alla cultura dominante, una percezione e una scelta che
purtroppo li condanna all’insuccesso.” 26
Per comprendere fino in fondo perché alcuni gruppi riescono a rendere meglio a
scuola è indispensabile valutare il modo in cui la società civile ha ricevuto quella
data comunità al proprio interno e, viceversa, di come tale comunità si relaziona
al contesto circostante.
26 Gobbo F.(2004), pg. 183.
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Quarta intervista: Yudy Altagracia
L’intervista con Yudy Altagracia e con sua figlia Daysi Maria ha luogo
nella casa presso la quale la signora lavora come badante: sono le tre del
pomeriggio e l’anziana signora, proprietaria della casa, è stata appena
accompagnata nella sua stanza per un breve riposo.
L’abitazione, perfettamente ordinata, è resa viva dagli schiamazzi del piccolo
bambino che Yudy Altagracia tiene in braccio, Ramon il suo piccolo
secondogenito.
Faccio solo qualche domanda alla madre e subito compare Daysi Maria: la
signora sembra ben contenta di lasciare che sia la figlia a condurre i giochi,
credo in parte per la buona padronanza della lingua italiana che la ragazza
subito dimostra.
Come al solito mi informo subito del loro progetto migratorio: Daysi Maria
è arrivata in Italia a gennaio del 2005 27 , dopo sei anni che la madre era in Italia.
L’inizio della migrazione della madre è stata sollecitata dalla presenza sul
nostro territorio sia di sua sorella sia di suo fratello dai quali Yudy viene
richiamata, anche se deve rimanere in condizione di clandestinità. Vive in
Toscana per un paio d’anni e si regolarizza nel 2002 con la sanatoria; a quel
punto lascia la sua occupazione e si trasferisce alla Spezia dove, aiutata dal
Comitato Solidarietà Immigrati, chiede il Ricongiungimento con la figlia.
Quando la madre partì per la migrazione Daysi aveva solo cinque anni,
ma sostiene di ricordarsi tutto molto lucidamente, anche il fatto che fosse già
chiaro che avrebbe raggiunto la madre non appena fosse stato possibile.
L’attesa sarà di ben cinque anni durante i quali Daysi Maria ha vissuto con la
nonna, la zia e alcune cugine, sentendo certamente la mancanza della figura
genitoriale, ma rassicurata dalla certezza del futuro ricongiungimento.
Yudy Altagracia non è scesa al suo paese per tre anni e mezzo, ovvero per
tutto il tempo in cui è rimasta in Italia clandestina. Anche quando la sua
situazione economica si è stabilizzata, l’assenza dei documenti non le
permetteva di tornare a casa. “Quando non c’hai i documenti è dura la
27 Daysi risulta tuttavia tra i Ricongiungimenti del 2004, poiché è in quell’anno che le viene
concesso il Nulla Osta.
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vita… quando c’è la famiglia lontano… non poter dire: “Domani vado a
Santo Domingo a guardare la mia mamma…” questo non poteva dirlo!”
Nonostante la lunga attesa, quando per la ragazza è arrivato il momento
della partenza le cose non sono state così semplici poiché è stato molto
doloroso il distacco dalla propria famiglia, dalla nonna e dalle cugine. Daysi
sostiene di non aver sofferto altrettanto a staccarsi dal gruppo dei suoi pari.
Arriva in Italia all’età di 10 anni e viene subito inserita in una scuola
primaria, e da due anni sta frequentando le medie inferiori. Quest’ultima viene
scelta dalla madre su consiglio di un’amica insegnante e di un’altra conoscente
dominicana che aveva già figli iscritti in quella scuola.
Prima di lasciare la Repubblica Dominicana Daysi stava frequentando
già la scuola media, tuttavia al suo ingresso in Italia è stata retrocessa in quinta
elementare, fatto che non ha gradito molto: “Insomma, [intende: “l’ho presa”]
un po’ malino, perché rifare daccapo tutto... però poi mi sono un po’
abituata.”
Alla luce delle informazioni che emergeranno in seguito questa sembra più una
petizione di principio, un’offesa formale per essere stata retrocessa ad una
classe inferiore: mi dirà infatti che la scuola media italiana è più difficile di quella
dominicana, proprio a livello di contenuti, volendo tralasciare gli impedimenti
linguistici. Vero è che Daysi, con l’espressione ancora bambina e
l’atteggiamento così mite, non deve aver accusato in alcun modo le implicazioni
sociali che una retrocessione può comportare: essere messa in classe con
ragazzi di solo un anno più piccoli di lei e con i quali condivideva probabilmente
il medesimo aspetto fisico non le ha creato alcun imbarazzo, come afferma lei
stessa subito dopo.
La ragazza si dichiara soddisfatta di come stanno procedendo le cose
alle scuole medie, mentre sostiene di non essersi trovata troppo bene alla
primaria; quando gliene chiedo il motivo mi risponde, con tono di chi è chiamata
a fare un’affermazione scontata: “Perché ero nuova, non conoscevo bene la
lingua, non ero, insomma…” In quella scuola trova nella propria classe altri
due ragazzi dominicani e una cubana; riesce presto a instaurare buoni rapporti
con tutti, anche con gli insegnanti.
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Cerco di farmi raccontare da Daysi episodi della sua vita scolastica, sia nella
Repubblica Dominicana, sia qui, e lei mi dice di non ricordarsi il primo giorno di
scuola nel suo paese, ma ipotizza tuttavia che le abbia prodotto altrettanta
ansia del primo giorno di scuola in Italia. E’ stata inserita a scuola poco dopo il
suo arrivo qui e sostiene di non aver avuto grandi problemi con la lingua: “A
parte forse un po’ la pronuncia e i paroloni grandi… no, perché si
assomiglia un po’!”
L’apprendimento dell’italiano ha avuto due canali: la televisione e la
scuola. Mi riferisce con tono soddisfatto l’approccio usato dalla sua scuola
nell’aiutarla a imparare l’italiano. Le è stata infatti affiancata una mediatrice
culturale: “c’avevo una maestra che sapeva lo spagnolo, una maestra solo
per me che sapeva lo spagnolo e mi faceva… mi insegnava un po’ la
grammatica.” La signora non era dominicana, ma parlava lo spagnolo e con lei
ha fatto le trenta ore separandola dal resto della classe affinché apprendesse le
basi della grammatica. Le chiedo se questo corso intensivo e personale di
italiano l’abbia aiutata e lei mi risponde: “Sì, tantissimo. Mi parlava bene e io
capivo. C’ero anche un altro gruppo che ci portavano dalla classe, con
degli italiani, che ci portavano e ci insegnavano a leggere.” La scuola non
si è dunque accontentata dell’aiuto del mediatore, ma ha attivato delle proprie
risorse interne per aiutare i ragazzi: “con dei professori italiani, mi sembra
nella sala computer, e mi portavano lì e mi facevano leggere, disegnare…
era più o meno un laboratorio.”
Pochi mesi sono stati dunque sufficienti a Daysi Maria per giungere ad
una buona comprensione della lingua e per padroneggiare più che
discretamente la grammatica; sostiene infatti che quando si è trasferita alla
scuola media l’unica cosa di cui difettava era un ricco vocabolario. In questa
nuova classe sono cinque gli stranieri: tre dominicani, un’albanese e un
algerino. Tutti e cinque padroneggiavano già l’italiano, ma gli insegnanti si
prendono lo stesso cura di loro in modo attento: “per esempio per correggere
i compiti la Prof. a volte ci portava da qualche altra parte da soli e così li
leggevamo con lei. […] Tra di noi è un bel rapporto.”
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L’esperienza di Daysi sembra contraddire quanto solitamente riporta la
letteratura in merito al ruolo dei mediatori culturali, di cui si è già riferito
precedentemente. Lei ha fatto lezioni frontali, mirate solo all’apprendimento
della lingua italiana e non ha interagito assieme alla sua mediatrice in classe,
con il resto dei suo pari. Si dichiara tuttavia soddisfatta di quest’approccio. Si
dovrebbe pertanto ipotizzare che il ruolo delle mediatrici non dovrebbe essere
sancito in via inderogabile dalla scuola una volta per sempre, ma che ogni volta
si dovrebbe considerare il singolo ragazzo, le sue peculiarità. Le ore svolte con
il mediatore e l’incontro con insegnanti particolarmente volenterosi e disponibili,
dei quali Daysi ha grandissima stima, danno i loro frutti: come si noterà dalle
conversazioni sopra trascritte, la ragazza parla molto bene l’italiano.
Tuttavia appare una nota dolente in quello che appariva come un inserimento
perfettamente riuscito, nel momento in cui le chiedo che rapporto si sia creato
con i suoi compagni italiani. Benché un po’ titubante, mi risponde: “Eh,
insomma… A volta andava un po’ male!... Tra alcuni no [intende: non si
sono creati dei muri], almeno io penso… forse con qualcuno sì.”
Le chiedo se frequenti qualcuno dei suoi compagni fuori dalla scuola e lei dice
immediatamente che solitamente esce con le sue amiche dominicane, alle volte
con la compagna albanese (ma non spesso perché quest’ultima non sempre
può ed esce preferibilmente con la sorella maggiore), e anche se non lo vede
fuori dalla scuola, ha instaurato un buon rapporto con il ragazzo algerino. Le
chiedo dunque che ne è delle ragazze italiane con cui va a scuola e lei subito:
“Loro… un po’ di meno di quelle del mio paese perché mi trovo meglio
ovviamente con loro.”
Risulta difficile comprendere l’ovvietà di tale affermazione dopo aver
conosciuto un ragazzo come Pedro, tuttavia forse questo è stato l’unico
fallimento imputabile alla scuola ed in particolare alla mediatrice: aver mancato
completamente l’integrazione all’interno della classe, tanto che i cinque ragazzi
stranieri sembrano aver formato un gruppo a sé, ben affiatato. Viene dunque da
chiedersi se la letteratura circa il ruolo delle mediatrici non solleciti la
partecipazione in classe al fine di evitare situazioni come queste e di spronare il
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più possibile i ragazzi alla condivisione di spazi e tempi scolastici attraverso i
quali dovrebbe maturare una più salda unione e una sincera fiducia.
Il senso di esclusione, invece, tra le ragazze dominicane e quelle italiane è
reciproco, infatti, mi racconta, queste ultime si infastidiscono molto quando
vengono escluse linguisticamente da conversazioni tenute in spagnolo, e al
contrario, le ragazze dominicane percepiscono alle volte come un voltare le
spalle di quelle italiane.
Sempre stata promossa, afferma tuttavia di non andare benissimo in
alcune materie, soprattutto in matematica, mentre meglio, anche se non
benissimo, nelle altre, nonostante quello che lei reputa un discreto impegno a
casa dove, il pomeriggio, studia circa un’ora. Al suo paese non aveva alcun
problema di matematica, ma attribuisce questo semplicemente al fatto che là
insegnano cose molto più semplici. Non ha grandi problemi con la storia,
nonostante si studino cose completamente diverse; i risultati sono dovuti al fatto
che è un argomento che le piace particolarmente.
La madre ha conosciuto i suoi insegnanti, anche se li ha visti solo in
sporadiche circostanze: per ritirare la pagella, o durante un infortunio di Daysi.
Come già altri genitori, confessa di non avere proprio il tempo per andare
regolarmente alle udienze, tuttavia in quelle occasioni è rimasta piacevolmente
colpita dagli insegnanti che, sostiene, le hanno sempre parlato bene di sua
figlia.
Indago a questo punto le prospettive di Daysi per il futuro e lei si
dimostra molto sicura dei suoi progetti: “Dopo le medie vorrei andare a
scuola per parrucchiere e poi l’apprendista e poi aprire un negozio per
parrucchiere…”; sta maturando questo progetto assieme ad una sua
compagna di scuola. Daysi appena tredicenne sogna già di non andare più a
scuola e questo non per un personale odio verso lo studio, che ripetutamente
sostiene in parte di gradire, ma perché “Forse, una carriera scolastica
sarebbe troppo difficile per me.. cioè fare tutto, superiori, Università,
sarebbe troppo per me… Mi incoraggiano tutti, la Prof. mi ha detto che c’è
una scuola che potrebbe fare per me, ma io vorrei più fare quella, la
scuola per parrucchiera.”
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Crede che continuerà qui in Italia la sua vita perché : “ora che so più o meno
cosa voglio fare, se vado là non saprò più cosa fare.” Crescere in
migrazione sembra aver concretizzato i suoi sogni e averle anche dato una
certa determinazione, non dimenticando che si tratta pur sempre di una
ragazzina di tredici anni, ancora soggetta a volubili cambiamenti. Mi racconta
ridendo che quando era a casa sognava di fare l’attrice.
La madre si dichiara contenta; le piacerebbe certamente che Daysi si
diplomasse, ma questa, sostiene, è una scelta che spetta solo a sua figlia. Lei è
già soddisfatta.
Cerco di comprendere dai suoi racconti come è strutturato il sistema
scolastico dominicano e lei mi dice che è andata all’asilo quando aveva due
anni, mentre si comincia a frequentare le scuole elementari a sette anni. Chiedo
conferma a Yudy Altagracia di quanto appreso in una precedente intervista,
ovvero che non c’è un’età prestabilita per cominciare a frequentare le scuole
dell’obbligo, ma entrambe smentiscono e Yudy Altagracia precisa che anni fa si
cominciava a otto anni, mentre adesso l’età è stata abbassata di un anno 28 . Le
scuole elementari comprendono anche le nostre medie, quindi si comincia a
sette anni e si finisce dopo otto anni.
Le informazioni a riguardo variano ad ogni intervista e ciò mi lascia supporre
che il funzionamento dipenda dalle zone di provenienza e che non vi sia
dunque una regola nazionale. Ognuno mi racconta della propria esperienza, ma
queste divergono sistematicamente: Pedro per esempio mi racconta di un
sistema scolastico con durata e tempi, anche se scanditi in modo diverso,
uguali al nostro almeno fino alle medie. Dulce Maria, proveniente da Santo
Domingo, afferma che la scuola pubblica mal funziona e che i ragazzi, dall’età
di sette anni vengono iscritti in istituti privati. Cerco di verificare quest’ultima
informazione anche con Yudy, la quale mi risponde che Daysi frequentava una
scuola pubblica, e non una privata. Ipotizziamo che la ragione di tale differenza
dipenda dal fatto che esse provengo dalla campagne e non da una grande città:
28 Pedro, spiegandomi come è strutturato la scuola nella Repubblica Dominicana, mi dice che si
inizia a frequentare all’età di sei anni. Cfr. pg. 126 e 128.
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lì le scuole private proprio non ci sono, perché si trovano in città, sono oltretutto
molto onerose e il sistema pubblico funziona a dovere.
Quinta intervista: Mariela
L’intervista si svolge al Comitato Immigrati, luogo con il quale Mariela
dimostra buona familiarità: ne comprendo facilmente il motivo visto che qui ha
organizzato, tra l’altro, il Ricongiungimento Familiare a puntate per quattro
membri della sua famiglia.
Sono entrate innanzi tutto, nel 2003, le due figlie femmine: la più grande aveva
allora sedici anni, mentre la più piccola quattordici. L’anno successivo entrano il
figlio più piccolo, allora quattordicenne, e il marito.
Mariela ride spesso, cercando di apparire solare, ma è evidente che le vicende
familiari le hanno prosciugato molte energie. “Una volta che tu cominci a
portare gente qua è una responsabilità tua, ti senti che ogni passo che si
muovono, ti senti responsabile… Perché mio marito all’inizio è stata dura
a iniziare a lavorare per motivo della lingua … è stato un po’ duro…”
Dopo alcuni sommari cenni alla sua situazione, cerco di riprendere il filo
cronologico della sua vicenda migratoria e scopro che è entrata in Italia la prima
volta nel ’93 con un visto; è rimasta tre mesi durante i quali ha lavorato presso
una signora che, soddisfatta del suo operato, ha deciso di assumerla in regola.
Mariela è dunque tornata a casa, per rientrare definitivamente in Italia nel ’95.
Tutta questa parte della sua vicenda si svolge nel Nord Italia; vive poi in città
toscane, fino a quando, morta la Signora che assisteva, ha contattato delle
amiche alla Spezia che le hanno trovato un impiego.
Le chiedo come sia andato il Ricongiungimento dei figli e lei con poche
parole mi descrive una situazione assai difficile: “Con i figli, sì, fino adesso…
fino adesso… come te posso dire [prende una pausa prima di proseguire, ma
il tono è sereno e sembra presagire un racconto positivo]: una è rimasta
incinta de uno che lui se n’è scappato e la responsabilità è stata mia 29 .
L’altra adesso ha un figlio anche lei… però fino adesso non è che sono…
29 Intende che si è dovuta far carico della responsabilità della figlia, ancora minorenne e del
futuro nascituro.
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sai, andavano a ballare in questi posti per la festa della mamma… quelle
cose lì… però non è che sono state tanto cattive, sono sempre mammone.
E il maschio è un po’ birichino, madonna, se sente di essere già un
uomo… a diciassette anni!”
Nonostante la propensione ad un atteggiamento antropologico, aperto ad
ogni possibilità e tendenzialmente non giudicante, un simile resoconto mi ha
lasciato un peso grandissimo addosso. Riprendendo le parole di Augé e Kilani,
Francesca Gobbo afferma
“nel progetto antropologico la questione dell’altro… costituisce
l’evidenza della differenza su cui è costruita la ricerca etnologica e
produce l’idea del diverso che permette di prendere coscienza che
c’è qualcosa che non è il medesimo e che ci dà il potere di concepire
l’altro provocando il riconoscimento affascinato della distanza.” 30
Un etnografo si prepara sempre all’accettazione, si apre appunto
all’affascinato incontro che la percezione della distanza produce, ma alle volte
un primo impatto con l’altro non può che irrigidire l’animo, facendo sì, che con
un movimento dettato da un atteggiamento etnocentrico, si arrocchi sulla
propria morale, vedendola come buona e giusta al di là di ogni tentativo di
comprensione. In quel momento, in cui dovevo ancora sentire tutti i dettagli e i
risvolti di queste poche parole, sfioro l’atteggiamento di rifiuto che molti
autoctoni mostrano alle volte nei confronti proprio di quest’altro. Devo cercare di
riprendere la necessaria distanza e ciò mi risulta abbastanza facile nel
momento in cui relativizzo il racconto rammentandomi che si tratta di un
episodio, non generalizzabile alla cultura dominicana; si tratta di vicende inoltre
non prettamente culturali, che si verificano anche all’interno di famiglie di altre
nazionalità, anche italiane. Certo è indubbio che la tendenza delle ragazze a
diventare ragazze madri in giovane età sia piuttosto frequente tra le
dominicane, ma questo è un fatto che necessita di comprensione e non di un
giudizio. Molteplici i fattori che lo determinano, qui, come forse nel paese
30 Gobbo F. (2004), pg.50.
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d’origini: situazione socio-economica e struttura della famiglia sono i primi che
mi vengono in mente.
Forse ciò che più mi ha turbato è il modo leggero in cui Mariela pronuncia
quella frase e con cui mi racconterà il seguito della storia, ma anche in questo
caso è difficile capire quanto celi il suo dolore dietro un comportamento di
pacata, ma apparente accettazione, o quanto realmente riesca a comprendere
l’atteggiamento di questi suoi figli. Alla fine della conversazione mi convinco che
sia una donna veramente provata da tutte le vicende che ha passato, ma per la
quale l’amore per i figli continua a essere il fattore dominante che la spinge a
giustificarli e cercare di comprenderli, soprattutto di fronte ad un estranea quale
sono io. Quel che è certo è che sono certamente un po’ disorientata e
impreparata a gestire una conversazione assai difficile, poiché il desiderio di
comprendere e di farsi raccontare non poteva certo essere più forte della
necessità di una certa discrezione per salvaguardare i sentimenti della Signora.
Mariela mi dice che all’inizio le cose andavano piuttosto bene: le due
ragazze erano iscritte alle superiori ed “erano intelligentissime a scuola;
però si sono innamorate delle persone sbagliate e via, è cominciato tutto.
Vabbé, è andata così, che vuoi farci… ma guarda, tu non ti immagini, alle
volte dico: - Oh, Signore mio quante ne mancano ancora, mandamene
ancora; che devo fare?” Ribadirà nel corso dell’intervista più volte questa loro
riuscita scolastica: “Ma guarda che a scuola, lì [dalla scuola] mi mandavano
delle lettere dicendomi che era un peccato che mollasse perché era brava
e ordinata e tutto quanto. E l’altra, Ramona, era più birichina, ma anche
l’altra era brava… L’altra l’hanno messa lì in seconda, poi è dovuta andare
giù e ha dovuto ricominciare di nuovo e l’hanno portata [in un'altra scuola],
e lì stava facendo la terza superiore…. Un giorno mi sono arrabbiata sul
serio e le avrei dato tante di quelle botte e le ho detto: -Perché non ti
prendi almeno un diploma?-”
La nipote più grande porta il cognome di Noemi; quando è nata la bambina
Mariela ha dovuto mettere la sua firma a tutela, poiché Noemi era ancora
minorenne. Ramona, la sorella maggiore, gode ancora della vicinanza del
padre della bambina, ma costui non si prende cura di loro come dovrebbe:
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“Sono giovani e pensano che i figli sono un giocattolo… e non sono un
giocattolo, sono una responsabilità.”
Mariela ribadisce che comunque le più grandi difficoltà le ha con il
maschio, perché le femmine, anche se sono rimaste incinte e si sono
innamorate della persona sbagliata, sono comunque più controllabili e gestibili,
mentre il giovane viene descritto proprio come una testa calda. E’ arrivato in
Italia quindicenne e si è iscritto ad una scuola media, dove dopo pochi giorni di
frequenza, assieme ad un compagno ha causato parecchi danni all’edificio. Ha
frequentato pochissimo e dopo quell’anno non è più andato. Anche a Santo
Domingo aveva la stessa repulsione per la scuola: “Non gli piace, neanche
laggiù! Quando gli parlo di andare a scuola mi dice: - Allora mi fai
diventare pazzo e io diventare pazzo non voglio… Anche laggiù mi faceva
lo stesso.” Non è riuscito a conseguire la licenza media né qui, né a Santo
Domingo; aggiunge che invece le femmine avevano un'altra indole, avendo
frequentato corsi di inglese e di informatica quando erano ancora a casa,
mentre qui, benché stessero andando bene, hanno trovato un po’ di difficoltà
“tra la lingua e i compagni… e allora lì all’uscita di scuola si vede che
hanno trovato questi ragazzi e abbiamo perso il tutto per tutto. E così è
andata!”
Le chiedo se secondo lei si sono un po’ persi venendo qui, o se pensa
che sarebbero capitate cose simili anche in patria e lei mi fa un discorso molto
simile a quello fatto nella conclusione dell’indagine statistica sugli andamenti
scolastici dei minori ricongiunti, discorso tra l’altro discusso e approvato anche
da tutta la letteratura: “Penso che è meglio portarli quando sono piccoli,
perché portandoli piccoli qua, si adattano più facili alla lingua, e si
ambientano più facile agli amici che conoscono piccoli, crescendo,
magari uno le dice: - No io non devo finire la scuola! – E magari l’amico gli
dice: -No, finiamo, facciamo vedere alla mamma!- E così… Direi
portandolo qua di quattro o cinque anni, perché dopo che sono grandi,
essendo abituati a laggiù, a tutto quello che c’è laggiù, alla scuola, a tutto
quanto, che è tanto diverso di quello che c’è qua, trovarsi qua è un mondo
perso per loro. E uno come mamma non capisci questa cosa, non capisci,
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non la capisci proprio…Qua o si portano o piccoli, o grandi per lavorare,
magari a diciassette anni… Dico portandolo qua di diciassette, quasi di
diciotto… ché già quando ha diciassette anni comincia a lavorare, fa una
vita normale, però per studiare, per carità!” Alla fine dell’intervista torno su
quest’argomento e le chiedo come mai, nonostante ci sia questa
consapevolezza, tutti i dominicani tendano a portare i figli qui proprio nell’età
dell’adolescenza e lei risponde: “Perché noi pensiamo che, sì, è così, che
lasciandolo laggiù noi possiamo per esempio lavorare di più e spendere
di meno e poter fare una casetta, qualcosa, ammucchiare qualcosa di
soldi. E infatti è vero, perché se io non faceva così prima di iniziare una
casa laggiù, non lo facevo mai più….” Persuasa dalla sua risposta le
domando allora perché non abbia atteso ancora qualche anno prima di farli
venire e lei mi mette davanti alle difficoltà burocratiche del Ricongiungimento:
“Non si sa come va in Questura, per esempio con Josè abbiamo avuto
tante difficoltà a farlo arrivare qua… E allora figurati un po’ si quando uno
aspetta che già hanno fatto diciassette anni per portarlo qua per lavoro,
poi c’è la paura che non fai tempo e rimane là il figlio. Perché anche se
uno dice che uno sbaglia de portarlo qua quando è ancora giovane, però
almeno dentro di sé uno dice che i documenti ce l’hanno. Perché un
domani non possono dire: -No tu sei andato in Italia e mi hai lasciato qua
nel mio paese senza documento, senza niente e hai fatto una cattiveria…-
almeno quello!”
Mi racconta poi la vicenda di una ragazza che ha frequentato il Liceo con
successo, qui alla Spezia, dalla prima fina alla quinta, e quando le mancava un
mese al diploma ha cominciato di nascosto a non frequentare più, rifugiandosi
in soffitta: il motivo è stato che si era innamorata di un ragazzo e quando è finita
la storia con lui ha abbandonato tutto. I genitori della ragazza sono disperati
vedendo le aspettative riposte su questa figlia, una delle poche che
sembravano riuscire, infrante per una delusione amorosa; senza contare i
sacrifici caduti nel vuoto. “Tu ti immagini come sono le ragazze adesso?
Che gioventù! E’ dura adesso, perché ci sono tante cose cattive in giro!”
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Cerco di capire che genere di ambienti frequentassero le ragazze
appena arrivate in Italia, e lei mi fa notare che le quattordicenni non vanno in
giro con la mamma e pertanto, per quanto si cerca sempre di controllarle, alla
fine riescono sempre a imbrogliare. Bisogna anche aggiungere che nel primo
periodo della loro migrazione le ragazze erano affidate alle sole cure del padre,
perché Mariela doveva ancora lasciare la sua occupazione in un altra città, non
potendo andarsene fino a quando la famiglia non avesse trovato una sostituta.
Vedeva dunque le figlie una volta ogni quindici giorni, ma tentava di controllarle
sempre per telefono, almeno durante le ore non scolastiche.
Mi ritornano in mente le parole di Pedro, quando mi dice che i ragazzi che in
qualche modo riescono meglio nel progetto migratorio sono quelle che hanno
una famiglia solida alle spalle. Non è certo questo un giudizio negativo su
Mariela, ma una semplice constatazione della sua necessaria assenza dovuta a
motivi strettamente lavorativi.
Ora le due ragazze stanno trovando le loro prime occupazioni, anche se a
piccoli passi.
Riprende poi i racconti delle vicende di José, il figlio piccolo; accenna alle
scorribande di cui si è reso partecipe appena iscritto a scuola. Lo trasferisce in
un'altra scuola media per allontanarlo dalle compagnie che aveva iniziato a
frequentare, ma qui incontra dei soggetti peggiori che spingono la madre a
toglierlo definitivamente da scuola, in parte, da quel che mi è dato capire,
perché così avrebbe arginato un po’ le proprie difficoltà. Lascia intendere infatti
che tutti questi disastri erano proprio frutto della volontà di suo figlio di non
andare a scuola.
Con una risata amara introduce poi l’ultima novità: poco tempo prima
dell’intervista suo figlio è stato arrestato durante una retata in Piazza Brin. Mi
racconta quello che è successo: “Quella sera erano a casa mia, erano a
mangiare perché uno dei suoi amici compie gli anni. Ho preparato da
mangiare e poi mi ha detto: - Mamma, dammi dieci euro se ce l’hai che
andiamo a offrire un bicchiere di birra lì al bar... - Gli ho detto: - Ma
guarda, eh, non fate tardi, tutti e tre alle 11.30 andate a casa!- Vedo che
sono le undici e mezza e non arriva. Mezzanotte e non arriva… io ho fatto
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la notte in bianco! Stavano andando a casa, secondo quello che
raccontano, ma arrivano i carabinieri e gli chiedono i documenti… una
retata e hanno dormito tutti in galera… Li hanno accusati che più in là
c’era una macchina e in questa macchina hanno trovato della roba… però
so che non erano con loro, perché loro erano tra amici… Hanno preso
tutti… tutti sono spacciatori!”.
I ragazzi sono stati portati a Genova e Mariela la mattina successiva deve
recarsi là a prendere il figlio, non potendo così neppure andare al lavoro; dice
che avrebbe voluto una punizione severa per suo figlio, a prescindere dalla sua
innocenza, affinché gli servisse come lezione per il futuro. Mi confessa di
avergli promesso che, se la situazione si fosse ripetuta, lei non sarebbe andata
a prenderlo e l’avrebbe lasciato in prigione. Sostiene infatti che ragazzi,
neppure fidanzati, non dovrebbero andare in giro a certi orari se non vogliono
correre rischi.
Le chiedo se il fatto di abitare nel Quartiere Umbertino (è l’unica dei miei
intervistati a vivere lì) abbia influenzato in qualche modo la vita dei suoi figli, e
lei, ampliando la mia domanda mi dice: “E’ stato lo sbaglio più grosso della
mia vita portarlo alla Spezia. Può darsi che anche in un'altra città… però
magari se era in un'altra città! Però non lo so, sono confusa, perché anche
una mia cugina che abita [in un'altra città], che non ci sono tante confusioni
perché c’ho lavorato anche io là e so com’è la città! Lei c’ha quattro figli e
quella lì piange continuamente perché i figli sono proprio sbandati. E
allora non lo so, io non lo so che cosa c’è in giro!”
Si dichiara molto soddisfatta di come le istituzioni le sono state vicine
durante queste sue tribolazioni: “Sì, sì, sì, non posso lamentarmi, io qui ho
trovato degli aiuti, sia economici che spirituali diciamo. Dall’assistente
sociale… Anche la Noemi c’ha una persona dell’assistenza sociale per
vedere se le trova qualcosa di meglio 31 , perché poverina c’ha la schiena
distrutta e per due soldi, perché se sei giovane ancora di più si
approfittano. E poi perde più tempo sul treno e aspettando il treno magari,
31 Ora ha un lavoro a ore fuori della Spezia, dove pulisce delle camere.
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che quello che lavora… Comunque non posso lamentarmi, qua in Italia mi
sono trovata bene… anche se loro, perché potevano farlo anche laggiù!
Perché mia mamma diceva: -Sbagliando si impara e non sbagliando non
si impara mai!-“
Tento di comprendere il ruolo che ha avuto il padre in queste dinamiche
e lei mi dice che è stato un peso ulteriore per lei. Lui ha sempre mantenuto un
atteggiamento “da caserma in casa”. Ha tentato di crescere i figli con delle
regole ferree, senza mai preoccuparsi di fornire delle spiegazioni. Sostiene che
sia importante che “quando il figlio è grande gli si deve saper spiegare
perché è no, e non solo no perché io sono la mamma, io sono il papà,
perché dopo si impaurisce e ti fa le cose apposta.” Gli insuccessi dei figli
sono sempre stati spiegati dal padre accusando la madre di avere delle
mancanze e lui non si rende conto che “per bene che tu lo cresci, dopo
prendono la loro strada!”
Mariela ha fretta, il tempo che si era ritagliata per l’intervista sta
scadendo. Chiudo la nostra chiacchierata domandandole, visto la sua plurima
esperienza, se secondo lei c’è qualcosa che le istituzioni potrebbero fare per
agevolare l’inserimento soprattutto dei minori. Lei pensa subito a Josè e dice
“per esempio nel caso di Josè che non vuoi studiare, che magari ci fosse
la possibilità di trovargli un lavoretto che magari gli diano qualche cosa
perché lui giustamente abbia i soldi in tasca. No chissà che cosa,
giustamente per motivarlo e che veda come si guadagna i soldi. Perché
nel frattempo anche lui dice: -Voglio lavorare, voglio lavorare, cercami un
lavoro!-, anche se mi muovo di qua e di là dove lo trovo un lavoro? E
studiare non vuole! E per quel motivo lì io direi di fare una valutazione: chi
vuole studiare va a studiare, chi non vuole studiare, non so io, il Comune
cerca la maniera di farlo avere un lavoretto, magari spazzando che ne
so… che tiene un tot al mese, alla settimana, che tra l’altro mi prendo un
paio di scarpe, mi prendo una maglia o c’ho la ragazza e vado, senza
andare a chiedergli a mamma e a papà che magari mi viene vergogna…
Magari facendo quello questi ragazzi stanno più calmi con la delinquenza,
con queste cose che io non sono proprio d’accordo.”
148

Sesta intervista: Maria Magdalena
Come già anticipato nella presentazione di questa parte della ricerca,
l’ultima intervista non è stata condotta con una persona che ha effettuato
Ricongiungimento, ma con una Signora che, avendo lavorato per un certo
tempo all’interno delle scuole come mediatrice, avrebbe potuto fornire
un’impressione alternativa e forse più imparziale rispetto a quella di una madre
che narra della vita dei propri figli. Cercavo inoltre uno sguardo capace di
interpretare alcuni nodi della cultura dominicana, realtà non facilmente
indagabile poiché è molto difficili trovare degli studi su questo paese.
Maria Magdalena mi accoglie a casa sua, e con estrema cortesia,
benché all’inizio un po’ diffidente, chiede di conoscere le ragioni dell’intervista
che le propongo. Mi sottopone a una sorta di interrogatorio, volendo ella sapere
anche quali sono i miei titoli di studio, dove abito, e poi, forse appagata dalle
risposte mi concede di porle la prima domanda. Le chiedo come funziona
l’inserimento dei ragazzi nelle scuole e lei, senza scomporsi minimamente mi
risponde: “Malissimo! Malissimo perché quando non si dispone delle
risorse per poter far le cose si deve…! Quando si dispone di più dispone
di più risorse, la musica cambia… Purtroppo in questa regione le cose
non camminano come dovrebbero camminare. In alcune cose, in altri
sono andate bene, però purtroppo in altre… Si dovrebbe cambiare
mentalità in tutto.” Trova che la popolazione spezzina sia un po’ diffidente e
che richieda un po’ troppo tempo prima di fidarsi e aprirsi alle persone così
come a progetti e idee nuove. Dopo tanti anni in Italia le capita di trovare ancora
delle difficoltà a relazionarsi con le persone che non fanno parte della sua
cerchia di conoscenze.
Le chiedo come sia divenuta mediatrice e lei mi racconta che è venuta a
contatto di questa realtà tramite il Comitato: lei aveva un buon titolo di studio da
far fruttare perché, terminato il Liceo, ha frequentato l’Università quasi fino al
conseguimento della Laurea.
Al suo ingresso in Italia, tuttavia, ha fatto quasi come tutte la badante, ma ha
cercato presto di uscire da quel giro che non le offriva gratificazioni e la teneva
149

a stretto contatto con un ambiente frequentato da persone il cui basso livello di
istruzione non le offriva stimoli.
Con il lavoro di mediatrice ha trovato soddisfazioni personali, ma alle quali non
faceva seguito un adeguato compenso economico. “E’ diciamo un
volontariato: devi amare l’altro per farlo. O amarlo o fregartene, una delle
due cose. Perché sai, se metti il tuo cuore lo fai con amore e cerca di [fa
un gesto con la mano come per dire, centrare il bersaglio] e odiarlo perché
vada come vada sono affari suoi, cioè dell’altra persona che ha bisogno!
Se ci riesce bene, se non ci riesce… tanto a me che me ne frega.
Dipende.” Le faccio notare che le mediatrici culturali dominicane sono
pochissime in proporzione al numero di residenti del loro paese, e lei mi fa
capire che è tutto legato al fatto economico: lei, avendo sempre agito per
passione, non ha mai guardato ai soldi in tasca. Non si tratta, come si potrebbe
credere del basso livello di istruzione delle migranti dominicane perché “la
prima generazione aveva un livello più basso, poi sono arrivate delle altre
con un livello di istruzione più alto, però… come qua, se te esci e dici non
ce la farò, allora non ce la farai mai…Perché loro mettevano in confronto
la società americana, degli Stati Uniti. Allora, lì se hai un profilo culturale
cercano di darti un po’ di spazio e se non sai far niente rimani lì dove sei a
meno che non ti metti a fare il delinquente. Però se sai fare qualcosa… se
hai qualcosa che hai in mano, lo puoi sfruttare. Invece qua ti devi
adeguare. In altri paesi d’Europa se hai qualcosa che porti in mano ti
danno un po’ più spazio… ti posso parlare dell’Olanda e dell’Inghilterra.”
Insisto su quella che mi sembra un’anomalia: madri mediamente istruite che,
pur vedendo lo sfacelo cui vanno incontro molti giovani della propria comunità,
non hanno sentito il bisogno di impegnarsi dentro le scuole per aiutare
l’inserimento di questi ragazzi. Maria Magdalena torna sulla questione
economica: “Sai com’è… sai, quando ti arriva il conto dell’affitto, le
bollette, mangiare, che poi devi mandare anche i soldi a casa, la
mediazione non paga!”
Ritorna a dirmi che oltretutto La Spezia offre poche risorse e quindi lascia
le persone che entrano nella loro situazione, non avendo le possibilità per
150

sollevarle ad un livello più alto. Mancano proprio anche degli esempi positivi, e
questo anche all’interno della sua comunità. Non ci sono molti ragazzi che
riescono ad affermarsi nello studio e questo crea un livello che gli altri non
cercano mai di superare: è come se mancassero stimoli, sfide: gli esempi
contagiosi sono sempre quelli negativi, e bisognerebbe essere tempestivi
nell’eliminarli perché corrompono velocemente anche gli altri.
Ci mettiamo a parlare di Pedro e lei, che lo conosce personalmente, dice
che è il suo idolo perché ha saputo tirare fuori la grinta per perseguire i propri
obiettivi. Al di là della tendenza di Pedro a ridere sulle cose negative che gli
capitano, mi dice Maria Magdalena: “lui già era demoralizzato perché
quando è arrivato qua era nella seconda e l’hanno messo in prima. Per di
più è stato più scioccante per lui perché erano arrivati degli altri ragazzi di
un altro paese che li hanno inseriti in seconda e non in prima. Per lui è
stata una mazzata che non te lo immagini, ma io gli ho detto: - Guarda, te
hai una marcia in più che lui non ha, quindi non guardare a quello e cerca
di tenere duro che se te finisci questa scuola a seconda dell’indirizzo che
prendi hai la strada spianata… Sono persone [intende i genitori di Pedro]
che ci tengono, stanno dietro!”
Le racconto che mi sembra che molti genitori non si curino troppo della
svogliatezza che i propri figli dimostrano nei confronti della scuola, come se non
investissero nella loro istruzione, che non trovano strano che i figli credano che i
compiti non sono alla loro portata, che sono troppo difficili. Maria Magdalena
ribatte prontamente che queste non sono motivazioni valide, che le difficoltà
vanno affrontate di petto, proprio come ha fatto Pedro, “per tutti è difficile,
però ci devi mettere la tua voglia, il tuo interesse. Gli dico, anche andare a
lavare i sederi è difficile. Poi se sei lì fissa! Ora perché sono meno
frequenti quelle badanti che sono fisse tra le dominicane, ma quando è
fisso che te devi stare lì 24 ore su 24, solamente due ore libere al
pomeriggio, che hai la fortuna di averle, poi mezzo pomeriggio, poi i
151

festivi che devi rientrare, non è facile. Io 32 gli dico, al mattino quando ti
alzi a volte pensi a fare la colazione, ti fai una bella colazione con una
pulitina di sedere che devi dare ai vecchietti… se non hai lo stomaco,
passa tutto il giorno con lo stomaco… Anche se ti metti a fare da
mangiare, quando meno te pensi ti torna il pensiero a quello. A volte
prima di pranzo, che devi servire, nel momento che devi portare a tavola ti
chiamano perché devi pulire. Gli dicevo: non è simpatico… per vedere
se…. Perché io gli dicevo, queste cose le ho vissute! Se volete anche voi
andare a fare queste cose, mi dispiace per voi che siete giovani… Alcuni
sentono qualcosa, nel momento dicono di sì, ma se i genitori non li
motivano!...”
Crede che i giovani andrebbero incentivati, anche da parte dei genitori, a
studiare e magari anche ad andarsene dalla Spezia, a muoversi per cercare
delle opportunità, senza arrendersi alla condizione in cui si è cresciuti. Nella
Repubblica Dominicana la scuola ha la sua alta rilevanza, quale che sia lo stato
sociale cui si appartiene, offre comunque delle chance. Racconta però che ora
le cose stanno andando un po’ allo sfacelo, e soprattutto nella regione centrale,
quella da cui provengono la maggior parte dei migranti della Spezia, anche per
quel che riguarda la pubblica istruzione.
Mi spiega che la società civile risente solo in parte del grande flusso migratorio
che ha investito il paese: quando ad andarsene sono dei cervelli, allora si
registra una perdita, quando escono delinquenti, allora la situazione è
vantaggiosa; certo non ignorabili sono gli introiti economici prodotti dalle
rimesse, che comunque non sono mai sufficienti perché il costo della vita negli
ultimi tre-quattro anni ha subito una forte impennata.
Le chiedo un parere sulla questione di Piazza Brin; mi dice che il
problema sussiste da tempo, da prima che ci fossero i grandi scalpori
giornalistici. Non si può infatti ignorare, continua, che dieci anni fa il problema
già sussisteva: “Non era lì… era prima vicino alla Pinetina che era il punto
32 Comincia a riferire a questi punto i discorsi che faceva ai bambini per incentivarli a studiare,
ad uscire dal livello lavorativo basso in cui vengono a trovarsi così sovente le donne
dominicane, per svegliare in loro un po’ d’ambizione.
152

d’incontro, prima dalla parte dei giardini, da lì sono passati a dove ci sono
i taxi, da lì, si sono lamentati, e sono passati in piazza Brin… Ora la
popolazione è aumentata; prima si sentiva poco perché erano pochi.” Le
chiedo se questo gruppo, in costante aumento da quanto mi dice lei, sia una
causa della parallela crescita di abbandono scolastici che si sono registrati negli
ultimi anni, e lei mi dice: “Sì, sì!!! Però una certa parte di colpa ce l’ha la
scuola perché se si suppone che qui c’è una legge che ti obbliga ad
andare a scuola fino ad una certa età, allora gli insegnanti per prendersi la
loro responsabilità dovrebbero chiamare i carabinieri e: - guardi che
manca questa persona.- Io sempre l’ho detto, cattiveria o meno, ma io in
certe cose sono drastica, Fai la chiamata, guardate, chiamo i carabinieri e
dico che questo ragazzo non viene a scuola; vado alla polizia di stato e
dico che questo ragazzo non viene a scuola, di modo che guardate, se
non viene a scuola è un futuro delinquente, quindi provvedete. Io sempre
l’ho detto!”
Questo è forse uno dei nodi cruciali su cui più volte ho già insistito e che Maria
Magdalena condivide perfettamente: è altamente controproducente che ci siano
dei ragazzi, alle volte dei bambini, che possano permettersi di non andare a
scuola impunemente, e che, nonostante il non adempimento di quello che è
tanto un loro diritto quanto un loro dovere, le istituzioni oltre a non intervenire si
dimostrino tolleranti nei loro confronti. Un adolescente che non riceve disciplina
né a casa, poiché i genitori lavorano tutto il giorno, né a scuola, facilmente
scivolerà nelle maglie della micro-criminalità, o, quando va bene, in una sorta di
limbo che lo costringerà, una volta adulto a doversi necessariamente piegare a
lavori umili, senza avere più possibilità di scelta.
Maria Magdalena è un po’ infastidita dai suoi connazionali e dalla loro
tendenza a non adeguarsi agli usi e costumi della società ospitante. Le chiedo
come mai una comunità così grande come quella dominicana, non abbia
attivato delle risorse interne e non si sia mobilitata in qualche modo per
recuperare i propri figli. Mi dice che lei ha cercato in tutti i modi di svegliarli, ma
che tutti hanno percepito la mancanza del supporto istituzionale, per cui,
demotivati non hanno investito le proprie energie. Mi dice che troppo spesso,
153

secondo lei i soldi sono spesi per progetti che non sono calzanti per un
ragazzino dominicano, con i quali difficilmente si riuscirà ad attrarre la loro
attenzione. Tutti questi progetti mancano inoltre di un elemento fondamentale
che è la prevenzione, puntando piuttosto al recupero di chi si è già smarrito.
Concludiamo la chiacchierata parlando del Don Bosco e mi dice che è
convinta che questo sia uno dei pochi posti positivi dove i ragazzi si possono
ritrovare, e non solo, perché in definitiva “è l’unico posto che hanno i
ragazzi. Non hanno più niente!...” Quello che trova di veramente complicato è
la mancanza di spazi, l’inesistenza di luoghi, nel centro della città, in cui i
ragazzi si possono ritrovare, giocare e confrontarsi.
Si chiude così il ciclo di interviste che mi ha portata ad immergermi nella
realtà della comunità dominicana della Spezia, con un racconto disincantato e
molto spesso amaro. Nelle precedenti interviste fatti tragici mi erano stati narrati
tentando sempre di mantenere il sorriso sulle labbra, con Maria Magdalena
cade ogni velo, sia per quanto riguarda l’impegno delle istituzioni nel risolvere i
problemi che attanagliano la convivenza tra autoctoni e migranti, sia nei
confronti della propria comunità che, a detta sua, non sempre ha saputo tirare
fuori la forza e la coesione necessaria.
154

Conclusioni
La presente ricerca è stata pensata per tentare di capire se il
Ricongiungimento Familiare abbia un risvolto positivo sia sugli attori che lo
mettono in atto, sia sulla società civile di accoglienza. Uno dei propositi di
questo istituto è infatti quello di far entrare quei migranti che, contribuendo al
ricompattamento del nucleo familiare disgregatosi al momento della migrazione,
sono considerati portatori di stabilità.
La nostra indagine ha fotografato genericamente gli andamenti
dell’istituto nel quadriennio 2003-2006, scendendo in profondità solo per quel
che riguarda la condizione minorile, in particolare quella dominicana. Per dare
una valutazione se costoro siano riusciti a inserirsi nella società civile si è
ritenuto che fosse necessario valutare la loro adesione all’unica attività che loro
compete, per diritto, ma anche come dovere, ovvero la formazione scolastica.
Giunta alla fine dell’inchiesta mi sono fatta alcune precise idee dei
problemi che riguardano questa fascia della popolazione, impressione nata
innanzi tutto da un’attenta riflessione sulle cifre emerse dai dati statistici, dalle
lunghe conversazioni con i diretti interessati e inoltre dalla frequentazione di un
luogo in cui i migranti spezzini si recano spesso, ovvero il Comitato Solidarietà
Immigrati.
Come già evidenziato durante le conclusioni della terza parte della
ricerca, il primo dato allarmante è l’evasione scolastica e la dispersione di
quanti a scuola provano ad andarci. L’anagrafe del Provveditorato agli Studi si
alleggerisce sempre di più, anno dopo anno e inoltre neppure viene gravata da
un numero crescente di ragazzi che a scuola proprio non ci hanno mai messo
piede. Riporto di seguito una veloce tabella che riassume i dati dell’evasione
scolastica, considerando questa volta esclusivamente i ragazzi tra i 6 e i 15
anni, ovvero quelli che per legge dovrebbero andare a scuola. Nel momento in
cui la ricerca viene condotta le istituzioni considerano infatti necessari nove anni
per la formazione di un ragazzo
155

Tabella 49. Evasioni scolastiche: triennio 2003/2005.
Ricongiunti del 2003 Ricongiunti del 2004 Ricongiunti del 2005
Dom. Alb. Mar. Dom. Alb. Mar. Dom. Alb. Mar.
Totale 30 10 9 25 9 10 12 17 9
Iscritti 25 9 9 18 9 9 11 13 7
Non
iscritti
4 1 0 7 0 1 1 4 2
Discuto di seguito solo i valori dei ricongiunti dominicani, essendo questa
la comunità sulla quale gradualmente si è andata concentrando la ricerca.
Nel 2003 ben quattro, su trenta ragazzini si sono sentiti in diritto, e gliene è
stata concessa la possibilità, di non iscriversi a scuola per tre anni consecutivi,
ovvero mai a partire da quando hanno messo piede alla Spezia: si parla di
un’evasione che raggiunge il quattordici per cento. Voglio sottolineare qui che
non si tratta di ragazzini che hanno saltato un anno, ma solo di quelli che mai
sono andati a scuola. Se si considerassero tutti quelli che hanno frequentato
solo al secondo o al terzo anno dal loro ingresso alla Spezia, il valore delle
evasioni crescerebbe vertiginosamente.
Il numero di coloro che mai si sono iscritti aumenta fino al ventotto per cento per
i ricongiunti dell’anno successivo (sette su venticinque non hanno mai
conosciuto un’aula scolastica).
Fortunatamente l’evasione sembra ridimensionarsi tra i ricongiunti del 2005,
poiché scende al dieci per cento circa (volendo ignorare però che quell’anno i
minori in obbligo sono solo dodici, mentre per quel che riguarda i più numerosi
ultra-sedicenni le iscrizioni sono dello zero per cento). Vorrei sottolineare che la
media italiana delle evasioni, secondo dati ISTAT del 2001, era del tre per
cento e il dato veniva già definito preoccupante. 33
33 AAVV., (2001), pg.3.
156

Procedendo con l’analisi del rendimento scolastico dei minori dominicani,
albanesi e marocchini, sono emersi numerosi gli abbandoni scolastici, anche tra
le fasce di bambini in età da media inferiore (più rari i casi delle elementari). Qui
il discorso si fa ancora più delicato e complesso che per le evasioni totali:
ragazzi capitano nelle scuole e probabilmente frequentano almeno per una
parte dell’anno scolastico, poi, forse in seguito ad una bocciatura o a difficoltà di
adattamento, spariscono dal circuito scolastico.
Questa situazione credo possa essere monitorata solo dalle istituzioni
scolastiche, ad ogni livello, partendo da quello più concreto degli insegnanti per
giungere al Provveditorato.
Lo stato attuale delle cose, dovuto probabilmente alle più diverse cause, rende
gioco facile ad alcuni genitori, come nel caso di Yudi Altagracia, che possono
semplicemente far sparire i propri figli dalle scuole: il suo ragazzo, per esempio,
ancora quindicenne, ha potuto bazzicare per le strade senza creare problemi a
scuola e quindi, di riflesso, fastidi a casa.
L’abbandono scolastico è purtroppo anche indice del fatto che tale
istituzione non è stata in grado di motivare i ragazzi, di invogliarli a integrarsi nel
contesto in cui erano chiamati a vivere per cinque ore al giorno. Questo non
può essere compito esclusivo degli insegnanti che alle volte non possono avere
gli strumenti necessari per entrare in sintonia con alcuni stranieri. Sebbene un
progetto interculturale auspichi un insegnante che sappia avere capacità
antropologiche, è evidente che questa particolare sensibilità non la si può
pretendere e la si può a stento insegnare. Le scuole dovrebbero quindi poter
fare affidamento sulla figura del mediatore culturale, intendendo con tale
termine una persona fornita delle necessarie competenze e non un mero
traduttore linguistico. E’ singolare che in una città dove la pressione dominicana
è altissima e dove sono proprio questi i minori che più numerosi fanno ingresso
con Ricongiungimento, vi sia attualmente un solo mediatore di tale nazionalità.
Non parlo di mediatori che parlano lo spagnolo, ma di mediatori dominicani,
formati per svolgere tale compito. Questa è una figura fondamentale per
favorire l’inserimento degli studenti e per risollevare il clima delle aule
scolastiche, spesso gravato dalla presenza di plurimi alunni stranieri. Non
157

isogna scordare che spesso i bambini e soprattutto gli adolescenti che sono
più o meno forzosamente condotti in Italia vivono una sorta di passaggio,
sottoposti a plurimi strappi dagli affetti di sempre. E’ superficiale bollarli come
delinquenti o svogliati perché manifestano comportamenti aggressivi oppure di
totale distrazione, date le condizioni di stress, disagio e spaesamento in cui si
trovano a vivere. Questo stato di smarrimento non va affatto sottovalutato
soprattutto per quanto riguarda i ragazzi adolescenti:
“La decisione di farsi raggiungere dal figlio adolescente, appena si
possiedono le condizioni per il ricongiungimento, risponde a bisogni
affettivi di vicinanza, ma determina interruzioni del percorso di
vita dei ragazzi che, in alcuni casi, non riescono a ritrovare in
Italia un proprio equilibrio né a ricomporre una propria strada…
Gli studi abbandonati al Paese d’origine, ad esempio,
rimangono sospesi per le difficoltà di adattamento, soprattutto
linguistico, alla scuola superiore italiana. Né è semplice trovare
un lavoro…” 34
E’ probabile che in molti casi si tratti di far ritrovare speranze a quei
ragazzi che subiscono una forte pressione familiare e sociale proprio in un
momento della vita instabile in cui i cambiamenti possono produrre devastanti e
inaccettabili terremoti, senza contare che per loro, rispetto ai più piccoli, le
stesse barriere linguistiche sono più difficilmente sormontabili.
Solo una figura competente, che abbia almeno le più fondamentali conoscenze
di psicologia e pedagogia, li può realmente aiutare. Sono ragazzi che devono
essere sostenuti innanzi tutto nell’inserimento nell’unico contesto sociale che
necessariamente dovrebbero essere chiamati a vivere, ovvero l’aula scolastica
e tale inserimento non dovrebbe essere considerato puramente linguistico. Si è
visto nel caso di Daysi che la formazione linguistica l’ha aiutata a non perdere
anni scolastici, tuttavia all’interno della classe ha instaurato scarsi e diffidenti
rapporti con le compagne autoctone. Inoltre, né la mediazione, né la scuola
sono riuscite a toglierle la paura di non essere all’altezza della scuola italiana, al
34 Lostia A., op. cit. pg. 15.
158

punto che già a tredici anni sta progettando di cercare un corso di formazione
professionale. Non è disdicevole la strada che ha scelto, anzi le fa onore la
chiarezza con cui guarda al futuro, ma non è accettabile che l’abbia scelta per
paura e perché non si sente idonea.
La scuola, dal canto suo, potrebbe cercare di puntare su un maggiore
dialogo con i genitori migranti, nonostante la loro reticenza e la loro tendenza a
sfuggire alle istituzioni. Il motivo di questo loro eclissarsi risiede spesso in una
sensazione di disagio, in un senso di inferiorità, quanto meno linguistico, che li
porta a non cercare il dialogo con le persone che, dopotutto, stanno crescendo i
loro ragazzi. 35 Sarebbe un momento importante anche per i genitori, per portarli
fuori di casa e attirarli all’interno della vita della comunità spezzina e dei loro
figli, soprattutto pensando ad alcune madri che sono emarginate dal vivere
civile. L’ingresso dei figli a seguito di Ricongiungimento ambiva proprio anche a
questo obiettivo che potrebbe essere agevolato dall’intervento di mediatori
culturali.
Va da sé che tale discorso non deve riguardare solo i dominicani, poiché
questa ricerca non è un atto di accusa contro di loro, ma è rivolto a tutti i minori:
non si tratta tanto di punire, quanto di prevenire, poiché la dispersione
scolastica fa rifluire i ragazzi nelle strade incentivando il loro sbandamento.
Si tratta infatti di una semplice considerazione di ordine razionale, anche perché
non sono da sottovalutare le difficoltà economiche e tempistiche per la gestione
delle conseguenze della dispersione scolastica. Non si può ignorare che la città
della Spezia lamenti un progressivo inasprirsi della convivenza con migranti,
soprattutto con alcune comunità e soprattutto in alcuni quartieri. Tale aumento
del malessere sta andando di pari passo ad un calo della frequenza scolastica
dei minori (e sarebbe il caso di sottolineare che i dati, sebbene già elevati, delle
evasioni e degli abbandoni in obbligo scolastico riguardano solamente i minori
ricongiunti, tralasciando completamente tutti quelli già presenti sul territorio).
Questi due andamenti complementari non stupiscono: ci si trova davanti ad un
piccolo esercito senza controllo familiare, poiché come abbiamo visto si
35 Lostia A. (1999), pg. 13.
159

ichiamano figli più grandi proprio perché il lavoro prolungato e stremante non
permette di prendersene cura a tempo pieno, e privi anche di controllo
istituzionale nel momento in cui abbandonano definitivamente i banchi
scolastici.
Angela Lostia nella sua analisi dei Ricongiungimenti Familiari afferma:
“L’assenza dei genitori, impegnati tutta la settimana nel lavoro,
lascia questi ragazzi soli, senza impegni precisi, esposti ai rischi
della nostra società. La mancanza di controllo sia genitoriale, sia
sociale, e l’immersione in una realtà nuova e sconosciuta
incentivano comportamenti trasgressivi, impensabili nella società
d’origine. Ad esempio, l’associazione peruviana di Torino ha dovuto
affrontare, riuscendo solo in parte ad arginarla, la diffusione dell’uso
eccessivo di alcolici da parte delle ragazze. Questi problemi
vengono denunciati soprattutto dalle mediatrici filippina e peruviana
poiché le loro comunità vedono il numero maggiore di
ricongiungimenti con figli 15-18enni.” 36
Nonostante il contesto e gli attori siano diversi, le sue parole descrivono
molto appropriatamente il caso di molti minori spezzini.
Molte sono le energie che, in vari modi, la città impiega per risollevare, per
esempio, la situazione in Piazza Brin. Benché sarebbe necessaria una ricerca
mirata alla questione, da quanto riferitomi dai ragazzi incontrati in questo
periodo, il problema di tale zona non sono certo strettamente gli stranieri che lì
risiedono, o che al più vivono nel Quartiere Umbertino. La questione è molto più
generale in quanto questo è divenuto punto di ritrovo e catalizzatore di molte di
quelle persone che non riescono ad inserirsi nel tessuto sociale.
Il tema principale rimane dunque come reintegrare tali individui all’interno
di un percorso di vita normale al quale, molto spesso, loro stessi ambivano nel
momento in cui hanno intrapreso la strada della migrazione. Se molteplici
possono essere i problemi che si incontrano nel tentativo di recuperare un
uomo adulto, più facile può risultare con un ragazzo nel momento in cui, anche
36 Lostia A., op.cit., pg. 15.
160

sfruttando l’arma della coercizione, lo si trascina almeno per cinque ore al
giorno lontano da luoghi e compagnie devianti.
Vorrei ricordare a questo punto le parole di Maria Magdalena quando
sostiene che ogni ragazzo che non frequenta la scuola, soprattutto in quella
fascia d’età in cui la personalità, essendo in via di definizione è facilmente
influenzabile (gioco molto facile in particolar modo da parte delle persone che il
ragazzo riconosce come parte del gruppo, con le quali insomma va
immediatamente identificandosi), è potenzialmente sulla strada della micro-
criminalità. In fondo si suggerisce di riportarli, magari un po’ forzosamente, sui
banchi di scuola, dove persone competenti e dotate dei giusti mezzi e supporti,
dovrebbero stimolarli a vivere e a costruire progetti. L’obiettivo dell’intercultura,
così caldamente sollecitato dal Ministero della Pubblica Istruzione non deve e
non può essere abbandonato poiché forse solo per suo tramite è pensabile un
reale coinvolgimento dei ragazzi, una partecipazione tale da far nascere in loro
aspettative e speranze.
Se la ricerca dei ragazzi che evadono la scuola in alcuni casi potrebbe
comportare un loro salvarli dalla strada, in altri potrebbe significare tirarli fuori di
casa. Non si può tacere che, per quanto minoritari e sebbene riguardanti
soprattutto le ragazze, esistono situazioni in cui i figli vengono richiamati per
aiutare i genitori nella gestione familiare. Ecco così che ragazze appena
adolescenti possono ritrovarsi a fare le casalinghe o a prendersi cura dei fratelli
minori, senza possibilità alcuna di formarsi un’istruzione e quindi senza
concrete prospettive per il futuro.
Finora si sono citati manifestazioni di noncuranza nel reperire i ragazzi in
obbligo scolastico; mi sono giunte tuttavia anche narrazioni di vere e proprie
azioni di “boicottaggio” dell’inserimento di alcuni ragazzi. Mi sono stati infatti
riferiti plurimi racconti di genitori che hanno visto i propri figli rifiutati dalle scuole
con le più svariate scuse: tale atteggiamento, benché necessiti di una verifica
poiché sto riportando solo le narrazioni di alcuni genitori incontrati casualmente
al Comitato, se corrispondente è fatto degno di nota soprattutto per quel che
riguarda i minori in obbligo scolastico.
161

Se da una parte le istituzioni dovrebbero far sì che i minori rispettino in pieno il
loro dovere scolastico, dall’altra non possono assolutamente indietreggiare di
fronte al loro diritto allo studio: alla fine la partita si gioca tra questi due concetti
che sono la colonna portante della nostra istruzione.
Capita di incontrare al C.S.I. madri che non sanno più a chi rivolgersi per
trovare un banco ai propri figli ed alcune di loro riferiscono di aver ricevuto
proposte di corsi di alfabetizzazione di due ore settimanali invece della classica
formazione di cinque ora al giorno,. L’unico caso emblematico a riguardo,
trattato direttamente durante la presente indagine, è quello di Pedro: si è
rischiato di perdere per strada un ragazzo dalle mille risorse solo perché le
scuole non lo volevano in quanto non ancora alfabetizzato.
La vicenda di Pedro ci mette inoltre di fronte ad un altro problema:
l’assenza di incontri di orientamento per quei ragazzi in età da scuola superiore
che fanno ingresso nel nostro territorio. Se si considera il caso dominicano
diviene evidente che ragazzi non informati sul nostro percorso scolastico non
possono avere i mezzi per operare una scelta. Nella Repubblica Dominicana le
scuole superiori portano il nome di Liceo, e quindi per molti ragazzi, ma anche
per molti genitori, è scontato che i propri figli se hanno concluso le medie si
iscrivano ad un Liceo. E’ inutile sottolineare quanto sia fuorviante tale
atteggiamento e quanto sarebbe educativo per loro poter fare una scelta per il
proprio futuro, cominciare a fantasticare e progettare sulle opportunità che il
contesto di migrazione gli può offrire.
Anche in questo campo un ruolo importante potrebbe essere giocato da
competenti mediatrici culturali che vivendo abilmente in uno spazio tra,
conoscendo cioè bene i due contesti in cui il ragazzo è chiamato a dividere la
propria vita, potrebbero consigliarlo nel modo più idoneo. E’ ovvio infatti che
una signora dominicana saprà capire in molto minor tempo che genere di
ragazzo, e famiglia, si trova di fronte; avrà a disposizione tutta una gamma di
informazioni in più per valutare la situazione. Non è detto però che in questo
compito non si possa tentare di coinvolgere anche ragazzi che frequentano già
da anni le superiori, così come accade per esempio in molte Università nelle
quali l’orientamento delle matricole è affidato ai veterani. Certo non è un
162

compito che si possa affidare esclusivamente a ragazzini di sedici o diciassette
anni, ma la loro presenza potrebbe giovare ad entrambi.
Questa è una proposta che mi porta in realtà a riflettere su un’altra importante
questione. Si tratta di una constatazione fattami durante molte interviste e dalla
mediatrice in particolare: la mancanza di spazi per i ragazzi, luoghi dove
possano comunicare, confrontarsi, darsi consigli e incoraggiarsi.
Parlando con i ragazzi sembra che uno dei rari punti di ritrovo sia il Don Bosco,
parrocchia che negli ultimi anni ha saputo tirare fuori il meglio dai ragazzi che lo
frequentavano assiduamente. Sono spazi come questi che richiedono
l’appoggio delle istituzioni, in quanto qui, mi pare, qui si promuove quel clima di
stabilità, di comunicazione e di confronto che un istituto come il
Ricongiungimento Familiare non può magicamente creare da solo.
Questa è una pratica burocratica che, come sottolineato fin dall’analisi
della letteratura in merito, può sottendere i più diversi intenti e progetti. La sua
riuscita dipende esclusivamente da come viene gestito, da come si accoglie il
migrante che fa ingresso nel nuovo contesto; è evidente che un’attenzione
particolare dovrebbe essere riservata alle fasce deboli della società civile, cioè
ai minori e alle donne. L’ingresso di queste ultime solleva tutta una serie di
questioni, altrettanto delicate di quelle dei minori, che nel corso di questo studio
si sono solo intraviste.
Se ci sono casi in cui l’istituto produce buoni frutti, come quello di Pedro, ciò
dipende dalla buona volontà della famiglia che si è però trovata in una
condizione favorevole per prendersi cura del proprio figlio. Non è disinteresse o
trascuratezza quella che porta alcuni ragazzini a gestire la propria vita da soli,
ma semplicemente l’impossibilità per alcune famiglie di dedicare il tempo
necessario all’educazione del figlio poiché non si può ignorare che costoro
devono risolvere innanzi tutto le questioni economiche.
Un’ultima annotazione mi sento di farla nei confronti diretti della comunità
dominicana: questa, mi pare, sta commiserando se stessa, piangendo un quasi
totale abbandono delle istituzioni. Se non li si può biasimare per questo,
sentimento però che condividono con tutti gli altri migranti, non si può ignorare
che sono proprio i suoi figli a perdersi più numerosi sulle strade. Questa è una
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situazione che caratterizza loro più di ogni altra comunità, almeno per quel che
riguarda i ragazzi entrati negli ultimi anni. Si dovrebbe dunque pensare ad un
intervento mirato al recupero, ma soprattutto alla prevenzione dell’evasione e
dell’abbandono scolastico, che coinvolga sia le istituzioni, sia la comunità
stessa. Con la seconda generazione delle migranti, mi si racconta, hanno
cominciato a fare ingresso alla Spezia persone con un livello di istruzione più
alto, ovvero persone idonee a questo tipo di collaborazione: loro, più di un
italiano, sapranno come trattare con i propri ragazzi, come stimolarli e attirare la
loro attenzione. Certo ogni progetto richiede una partecipazione e un sostegno
istituzionale, poiché l’obiettivo, forse, non è quello di far sì che i ragazzi siano
recuperati all’interno della comunità dominicana, ma che si inseriscano nel
circuito del vivere sociale cittadino. Una stretta e proficua collaborazione
avrebbe il duplice vantaggio di aiutare i ragazzi a non perdersi per strada e di
sfruttare le competenze degli adulti che vivono sul territorio: muterebbe così la
percezione che molti autoctoni, ma anche alcuni dominicani, hanno di tale
universo, come condannato e relegato in determinate attività e ruoli sociali.
Sarebbe un occasione per dare spazio, visibilità e soddisfazione a quelle
persone che da tempo stanno lavorando per la propria comunità, per
impiegarle in progetti concreti che creino un legame solido e di reciproca
conoscenza con le istituzioni e per far emergere il volto solare e intraprendente
della comunità che ormai da troppo tempo rimane celato dietro spiacevoli fatti di
cronaca. Questi ultimi, per quanto numerosi possano essere, non sono che
l’aspetto più visibile e sul quale più facilmente ricade l’attenzione; non bisogna
però dimenticare il vivere pacifico di una moltitudine di persone che da tempo
prolungato operano per far emergere l’altra faccia della comunità.
Dalla presente conclusione può sembrare che il Ricongiungimento
Familiare abbia effetti devastanti e che vada in qualche modo ripensato, ma le
cose non stanno esattamente così. Nella sua formulazione legislativa esso ha
solide basi, poiché è veramente auspicabile che facciano ingresso in Italia
proprio i parenti stretti dei migranti già presenti sul territorio. Come però ho già
accennato, si tratta infine di una pratica burocratica che necessita un sostegno
da parte della società affinché produca gli effetti sperati. Non bisogna
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dimenticare che esso offre un grande vantaggio, al pari dei flussi: si sa chi e
quando migra. Se per i flussi l’integrazione è un poco più semplice perché
generalmente si tratta di persone adulte e che partono essendo già inserite nel
mondo del lavoro, il Ricongiungimento richiama fasce deboli che necessitano di
orientamento e sostegno. Non sono numeri esorbitanti quelli dei minori che
hanno fatto ingresso nel quadriennio considerato, si tratta in totale,
comprendendo tutte le fasce d’età, di 482 figli, all’incirca un centinaio all’anno.
Si dovrebbe fare uno sforzo per investire su di loro, poiché sarà il loro positivo
inserimento a ripercuotere sul nucleo familiare quella stabilità e
quell’avvicinamento all’integrazione tanto ambite. Se è elevato la percentuale di
evasioni e abbandoni si tratta tuttavia di cifre più che gestibili, essendo modesto
il numero degli ingressi. Vorrei dunque far presente che non è affatto
impossibile rendere il Ricongiungimento un arma vincente nella scommessa
che necessariamente va fatta sulla migrazione.
Le istituzioni, in un’azione di concerto, dovrebbero tra l’altro perseguire
l’inserimento scolastico, prevenendo e impedendo la dispersione (cercando di
rispettare il più possibile la reale età anagrafica e abbandonando la prassi della
retrocessione); far seguire chi è appena arrivato da mediatori competenti (che
attivino pratiche non escludenti); orientare i ragazzi all’interno delle scuole o del
mondo del lavoro (badando alle loro reali aspettative); creare spazi di incontro
in cui si favorisca l’incontro e il confronto. Queste sono le linee di indirizzo che
mi sento di suggerire agli operatori competenti al termine della ricerca, ma che
sono pressoché simili alle buone prassi consigliate da Mara Tognetti Bordogna
e Angela Lostia a conclusione dei loro prolungati studi sull’argomento.
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