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CONTRO OGNI RAGIONEVOLEZZA<br />

Vi propongo un piccolo gioco. Immaginate per un attimo che la trama de La signora delle camelie sia una storia di cronaca<br />

attuale. Un paesotto della provincia, un ragazzo sano e onesto, cresciuto con affetto da un padre laborioso e da<br />

una madre che in punto di morte ha la soddisfazione di donare il lavoro di tutta la sua vita (una piccola rendita annuale)<br />

al figlio in modo che possa provare a realizzare il suo sogno: trasferirsi nella più grande metropoli del mondo in<br />

cerca di fortuna. E questo bel ragazzo, catapultato improvvisamente tra il lusso più sfrenato, feste da capogiro, fortune<br />

di cui a malapena comprende l’entità, che combina? Anziché lavorar sodo e metter a frutto i sacrifici dei genitori, perde<br />

la testa per la Escort più in voga e pagata del momento, anzi fa di meglio, va a convivere con lei… Il Padre ovviamente<br />

corre a tentar di far tornare in sé il ragazzo, e soprattutto corre a scacciare di casa la famosa Escort, che porta disonore<br />

e vergogna a tutta la famiglia.<br />

È sufficiente specificare la zona di provincia (ovviamente… la Provenza) e il nome della grande metropoli, magari capitale<br />

mondiale del lusso (ovviamente Parigi) per ritornare alla storia ideata da Dumas da cui Traviata deriva. Solo che<br />

in quest’ottica di cronaca ci riesce difficile non simpatizzare per il padre… che fa ciò che probabilmente ogni padre<br />

avrebbe fatto in quelle circostanze: usare ogni mezzo per redimere il figlio e la reputazione della famiglia. Eppure contro<br />

ogni ragionevolezza – come abbiamo appena dimostrato – da sempre la simpatia e compassione dello spettatore<br />

va verso la coppia di amanti… sarà forse e solamente a causa della fine tragica della loro storia?<br />

Arrivati a quest’apparente impasse, ci viene in soccorso insperato niente di meno che Aristotele, il quale apre la sua Poetica<br />

con una definizione tanto semplice quanto illuminante di cosa è Commedia e cosa è Tragedia. Aristotele ci sorprende dicendo<br />

che si ha Commedia ogni volta che si rappresenta o imita una persona peggiore rispetto alla realtà attuale, si ha invece<br />

Tragedia quando si rappresenta o imita una persona migliore rispetto alla realtà attuale. Definizione tanto più sorprendente<br />

per noi poiché svincola totalmente il termine Tragedia da lutti, morti e sofferenze cui è comunemente associato, per legarlo<br />

esclusivamente alla levatura morale dei protagonisti.<br />

Se Traviata è una Tragedia, ne consegue che Violetta e Alfredo sono persone migliori di quelle che s’incontrano nella<br />

realtà di tutti i giorni. Sembra un discorso cosi semplicistico… ma perché migliori? Migliori di cosa? Non è forse migliore<br />

l’orgogliosa e pratica ragionevolezza di Germont padre?<br />

O forse sono migliori proprio perché nonostante ogni ragionevolezza, contro il grido della società che urla confusamente<br />

tra decenza, decoro ed edonismo, sono tuttavia in grado di farsi trascinare completamente da una forza cosmica<br />

di altra levatura? E parlo di forza cosmica a ragion veduta… è proprio Alfredo che la riconosce come tale, dichiarando<br />

di amare Violetta «… di quell’amor che è palpito dell’universo intero».<br />

Non a caso Verdi pone un culmine, forse il culmine tragico dell’opera sulle parole «Amami Alfredo, amami quant’io<br />

t’amo». È questo amore, radicale e profondo, in grado di sradicare ogni altra cosa, l’oggetto e lo sfondo implicito di ogni<br />

nota e di ogni parola di Traviata. Ed alla fine ci viene quasi da pensare che in fondo in fondo neanche Violetta e Alfredo<br />

siano in realtà i veri protagonisti di questa storia, ma che siano soltanto gli strumenti attraverso cui si manifesta una<br />

potenza cosmica inspiegabile, in grado di piegare tutte le regole di ragionevole opportunità della società civile, e di far<br />

impallidire d’un colpo tutte le gioiose follie edonistiche che lusso e ricchezza possono comprare, di cui l’uomo è al<br />

tempo stesso vittima, strumento, mezzo e fine: l’Amore.<br />

Francesco Pasqualetti

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