terra pura. sul sentiero di un antico shirvan (pdf 4,19 mb)

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Il settore C appare di più facile decifrazione (Figura 16). Simmetrici, ecco due alberi della vita, i cui rami in alto si chiudono con due uccelli il cui becco converge fino toccarsi (figura 17). L’albero della vita è motivo tipicamente sciamanico, e indica i piani cosmici attraverso i quali la figura sapienziale sale e scende nell’ordine della natura animata. Sono sovrastati da due astri a otto bracci e terminazioni angolari forse di derivazione cufica, e all’intorno quadrupedi (cavalli o cani?) e fiori di loto a otto petali. Al centro della scena, il tridente o “trisula” delle tradizioni indiane, che simboleggia il crearemantenere-distruggere (figura 18), circondato da motivi geometrici che potrebbero simboleggiare le anse del grande fiume della vita. Nella parte alta, uccelli e corna e la dea madre che, nello spazio vuoto tra le mura/porta/cancello indica la transizione da C a D.
Ma a questo punto, prima di affrontare D, l’ultimo settore, il punto d’arrivo del percorso indicato da questo Shirvan, riguardiamo da più lontano A, B e C. Ci accorgiamo allora che una grande figura zoomorfa (o antropomorfa?) segna in modo differente la geometria che sin qui abbiamo suddiviso in tre rettangoli. Cosa ci appare dalla figura 19? E’ il non casuale profilo stilizzato di un felino, probabilmente una tigre: ciò si arguisce proprio se quelli che ci sembravano fulmini li interpretiamo invece come le vibrisse di una tigre. E’ vero che intuitivamente si potrebbe vedere anche la figura stilizzata di uno sciamano mascherato, ma l’idea della tigre sembra meglio corrispondere agli altri motivi decorativi che indicano forza, onore e coraggio (scorpioni, draghi, colore rosso). Le stesse figure rappresentative di mura/porte/cancelli, con la loro aggressiva dentellatura inferiore, sono posizionate al centro delle zampe, quasi a indicare la forza muscolare e persino gli artigli dell’indomito felino. Coraggio e fierezza sono simbolizzati dalla tigre al loro più elevato grado, niente di contraddittorio dunque con il “programma pedagogico” generale rappresentato dal tappeto, che finalmente sembra dirci: sii una tigre se vuoi ambire a D. Ma anche i cromatismi della figura della tigre possiedono un linguaggio specifico: non sfugge infatti che zampe posteriori e busto sono in campo azzurro, mentre zampe anteriori e testa sono in campo oro (colore del sole). Azzurro: libertà. Oro: sapienza. La tigre qui raffigurata è essa stessa un invito ad avere forza per conseguire libertà di spirito e intelligenza per conseguire la sapienza. Lo scarabeo vola verso il sole Ed eccoci finalmente a D: la meta, il traguardo del percorso (figura 20), verso la quale ci conduce un’ulteriore figura di transizione attraverso le porte/mura/cancelli, che ricorda la dea madre/fertilità in campo azzurro . Qui la scena è dominata dallo scarabeo che vola verso il sole: si compie il ciclo della sapienza cosmica. Completano il quadro cavalli (nobiltà) e cani (fedeltà), figure floreali ottagonali, croci greche (forse) e le stesse “case” che avevamo incontrato in B, ma con una differenza cromatica: in B il fondo era blu scuro, qui è azzurro acqua. Qui la casa è divenuta trasparente, una casa di vetro senza più misteri (chiusure), quasi a indicare l’avvenuta riconciliazione con il senso generale del ciclo cosmico. Lo scarabeo (Kephri) è sacro già per gli antichi egizi, simbolo di trasformazione e rinascita, molto spesso abbinato appunto al sole, che qui è raffigurato come una sorta di rettangolo con raggi piegati a L quasi a indicare la rifrazione. Una nota preghiera del Libro dei Morti recita: “Io sono Keper al mattino, Ra a mezzogiorno e Atum alla sera”, dunque lo scarabeo è il simbolo dell’intelligenza del cosmo nel suo ciclo completo. Il fascino ancestrale che lo fece diventare un dio agli occhi degli Egizi dipende dal suo ciclo: Scarabeo Stercorario in quanto arrotola palline di sterco animale (simile al movimento circolare del sole, Ra), e il riemergere dalla terra in cui scava le sue gallerie simile alla rinascita dall’oltretomba. Dunque il più piccolo animale venerato dal politeismo egizio diviene amuleto simboleggiante la rinascita, il potere vitale, la generazione spontanea, la nuova vita e la resurrezione. Era conosciuto anche come “protettore del cuore”, e così diventa anche un portafortuna. Come giunge questo simbolo egizio fino ad un tappeto prodotto in un distretto del Caucaso? Per via della globalizzazione, dovremmo dire. Grazie ai commerci dei fenici questo simbolo si diffonde nei porti di vari mari e penetra in terre dove non era mai stato conosciuto come animale. Nulla di più facile che sia giunto in questo modo anche a ridosso del Caucaso. Ed è così che il nostro Shirvan contiene anche cultura egizia, cosa difficilmente sospettabile all’inizio del nostro percorso (figura 21).
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