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terra pura. sul sentiero di un antico shirvan (pdf 4,19 mb)

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Terra <strong>pura</strong><br />

Sul <strong>sentiero</strong> <strong>di</strong> <strong>un</strong> <strong>antico</strong> Shirvan


Una <strong>terra</strong> <strong>pura</strong>. Tra le molte definizioni del<br />

tappeto islamico questa – in M. Barracano,<br />

Si<strong>mb</strong>ologia del tappeto, www.magnanelli.it -<br />

appare come la più sinteticamente felice per<br />

esprimere il senso profondo <strong>di</strong> questo spazio<br />

agli occhi della cultura orientale. Il piccolo<br />

viaggio che qui si propone all’interno <strong>di</strong> <strong>un</strong><br />

tappeto, tipo <strong>antico</strong> Shirvan (figura 1), è<br />

d<strong>un</strong>que <strong>un</strong> percorso all’interno <strong>di</strong> <strong>un</strong>a <strong>terra</strong><br />

<strong>pura</strong>, come tale popolata <strong>di</strong> si<strong>mb</strong>oli da<br />

decifrare, e prima ancora strutturata su piani<br />

<strong>di</strong> lettura <strong>di</strong>fferenti e sovrapposti, e prima<br />

ancora intersecata da prospettive <strong>di</strong>verse: <strong>un</strong>a<br />

<strong>terra</strong> <strong>pura</strong> è <strong>un</strong>o spazio <strong>pura</strong>mente<br />

intellettuale. Si<strong>mb</strong>oli, piani <strong>di</strong> lettura e<br />

prospettive: da dove cominciare? Subito<br />

alc<strong>un</strong>i si<strong>mb</strong>oli colpiscono l’attenzione: ma<br />

adesso, a furia <strong>di</strong> guardarlo e riguardarlo, ho il<br />

sospetto <strong>di</strong> aver proceduto all’occidentale,<br />

con il tipico gusto razionalistico per il<br />

dettaglio, e ho il sospetto che <strong>un</strong> orientale<br />

procederebbe al contrario: cioè partirebbe<br />

guardando il tappeto da <strong>un</strong>a prospettiva<br />

lontana. Così ho rifatto il percorso, partendo<br />

da lontano, e la lettura è ca<strong>mb</strong>iata. Alla fine<br />

(ma ci sarà mai <strong>un</strong>a fine della lettura <strong>di</strong> questo<br />

manufatto?) mi sono convinto che esistono<br />

due <strong>di</strong>verse prospettive, lontana e vicina, ma<br />

entra<strong>mb</strong>e convergono verso <strong>un</strong>’<strong>un</strong>ica<br />

interpretazione definitiva assai complessa.<br />

Per tale ragione, lontano/vicino emergeranno<br />

<strong>di</strong> volta in volta, <strong>di</strong>acronicamente e non<br />

cronologicamente, nel piccolo viaggio che sto<br />

per raccontare.<br />

Tecnica<br />

Alc<strong>un</strong>e nozioni tecniche, per cominciare: il tappeto misura 1.70 <strong>di</strong> base x 2.53 <strong>di</strong> altezza, è annodato a mano<br />

con la tecnica del doppio nodo (nodo turco o Ghiordes, cioè “nodo gor<strong>di</strong>ano” <strong>di</strong> mitica memoria) con 5 doppi<br />

no<strong>di</strong> al centimetro quadro, 2500 al decimetro quadro (densità che definisce <strong>un</strong>a qualità “molto fine”),<br />

proviene da <strong>un</strong>a manifattura casalinga o artigianale caucasica, app<strong>un</strong>to nel <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Shirvan. La<br />

realizzazione è moderna, ma con ogni evidenza riproduce <strong>un</strong> modello <strong>antico</strong>. C’è da parlare <strong>di</strong> modello<br />

<strong>antico</strong> e non <strong>di</strong> vari <strong>di</strong>segni antichi in <strong>un</strong> modello concepito alla nostra epoca, per il messaggio complessivo<br />

che esprime e che si evidenzierà nel prosieguo dell’analisi. La trama è in lana con colori naturali, che<br />

appaiono più intensi nella parte alta rispetto alla parte bassa: questo non è <strong>un</strong> <strong>di</strong>fetto ma <strong>un</strong>a caratteristica<br />

dovuta proprio alle colorazioni naturali della lana.<br />

Primo approccio<br />

La struttura grafica si compone <strong>di</strong> <strong>un</strong>a bordura, <strong>un</strong>a cornice con doppio<br />

bordo in cui ricorrono motivi uguali, <strong>un</strong>’area centrale rettangolare a sua<br />

volta sud<strong>di</strong>visa concettualmente in quattro rettangoli, dei quali B-C<br />

sono uguali e più gran<strong>di</strong>, A è minore <strong>di</strong> B e C, e D è il più piccolo <strong>di</strong> tutti<br />

(figura 2). Come vedremo, anche questi rapporti <strong>di</strong> proporzione non<br />

appaiono né casuali né dettati da mere esigenze estetiche. Poiché tutte<br />

le rappresentazioni contenute sono bi<strong>di</strong>mensionali, cioè prive <strong>di</strong><br />

spessore (profon<strong>di</strong>tà, prospettiva), è intuitivo che la <strong>di</strong>versa misura dei<br />

rettangoli dell’area rettangolare centrale voglia <strong>di</strong>re “qualcosa”, in<br />

qualche modo sostituendo alla prospettiva questa <strong>di</strong>versificazione <strong>di</strong><br />

misure, come fossero esse misure a definire <strong>un</strong>a prospettiva non del<br />

visibile ma del messaggio, non della realtà ma della mente.


E che il tappeto nel suo insieme voglia <strong>di</strong>re “qualcosa” è ann<strong>un</strong>ciato subito dalla bordura: <strong>un</strong> motivo a greca<br />

che in effetti può rappresentare uccelli, il cui significato è “notizia”, ”significato” (figura 3). La <strong>di</strong>vinazione<br />

decifrando il volo degli uccelli è antichissima in molte culture, si pensi solo agli “àuguri” della civiltà classica<br />

greca e romana. Quin<strong>di</strong> la bordura che accoglie chi si appresta ad “entrare nel tappeto” (noi <strong>di</strong>remmo “salire<br />

<strong>sul</strong> tappeto”, deprivando questo gesto dei significati sacri che per esempio <strong>un</strong> islamico attribuirebbe ad esso),<br />

<strong>di</strong>ce a costui: “stai per ricevere <strong>un</strong> messaggio”, oppure “questo tappeto ti <strong>di</strong>rà qualcosa”.<br />

Se la bordura è l’invito, la cornice è l’esortazione. Bordo esterno e bordo interno della cornice recano due<br />

si<strong>mb</strong>oli <strong>di</strong>fferenti che rappresentano draghi, mentre al suo interno c’è lo scorpione, sempre associato a gruppi<br />

<strong>di</strong> griglie che rappresentano <strong>un</strong>a prigione. Lo scorpione, come si <strong>di</strong>ce, se imprigionato, quando non ha più vie<br />

<strong>di</strong> scampo, p<strong>un</strong>ge se stesso e si suicida: perciò esprime coraggio, onore, desiderio insopprimibile <strong>di</strong> libertà.<br />

La cornice coi suoi bor<strong>di</strong> esprime d<strong>un</strong>que questa sorta <strong>di</strong> esortazione: sii coraggioso e onorevole, e ti<br />

trasformerai in drago che detiene il potere della libertà e della conoscenza (figura 4). Gli scorpioni sono<br />

raggruppati a due a due e inscritti in aree colorate, <strong>un</strong>a delle quali presenta stilizzato il p<strong>un</strong>giglione proteso,<br />

mentre motivi <strong>pura</strong>mente ornamentali sono le losanghe e i fiori a quattro petali, forse in<strong>di</strong>cativi delle quattro<br />

<strong>di</strong>rezioni del mondo. Ma, poiché anche il colore rosso prevalente nel tappeto e dominante nell’area<br />

rettangolare centrale dello stesso ha il significato <strong>di</strong> sete <strong>di</strong> conoscenza e forza volitiva, è da ritenere che<br />

cornice e colore rappresentino <strong>un</strong> sistema esortativo <strong>un</strong>itario. Il tappeto è <strong>un</strong>’esortazione, d<strong>un</strong>que, a<br />

procedere con coraggio in <strong>un</strong> cammino sapienziale, le cui tappe sono quelle definite nel rettangolo centrale, a<br />

cominciare dal sotto-rettangolo A (figura 5).<br />

Lo stile<br />

Stilisticamente è da notare nel rettangolo A<br />

<strong>un</strong>a costante dell’intero manufatto:<br />

rappresentazioni zoomorfe coesistono con<br />

si<strong>mb</strong>ologie <strong>di</strong> ispirazione totemicosciamanica,<br />

bud<strong>di</strong>ste, forse cristiane e<br />

islamiche, quasi che il precetto islamico<br />

dell’aniconicità non si sia ancora imposto del<br />

tutto. Appare <strong>un</strong>a giustapposizione sincretica<br />

<strong>di</strong> culture si<strong>mb</strong>oliche <strong>di</strong>verse nella quale<br />

ness<strong>un</strong>a cultura si è definitivamente<br />

sovrapposta alle preesistenti. Il confine tra A<br />

e B, poi tra B e C, e tra C e D è segnato da<br />

si<strong>mb</strong>oli <strong>di</strong>sposti specularmente a destra e<br />

sinistra in aree geometriche all<strong>un</strong>gate e<br />

dentellate verso il basso: mura, cancelli,<br />

porte?<br />

L’apertura centrale popolata da si<strong>mb</strong>oli<br />

complessi definisce il percorso ascendente<br />

in<strong>di</strong>cato dal tappeto (figura 6-6A).<br />

Questo si<strong>mb</strong>olo <strong>di</strong> “confine” è inscritto in<br />

aree geometriche irregolari all’interno delle<br />

quali appaiono si<strong>mb</strong>oli <strong>di</strong> corna (forza),<br />

uccelli e stormi <strong>di</strong> uccelli (notizie,<br />

conoscenze), e tale insieme si<strong>mb</strong>olico<br />

significa: “abbi la forza <strong>di</strong> superare questo<br />

confine per conseguire nuove conoscenze”.<br />

Le aree geometriche irregolari che fanno da<br />

sfondo a questo sistema si<strong>mb</strong>olico sono in<br />

colori chiari, specie l’azzurro che in<strong>di</strong>ca il<br />

cielo della libertà.<br />

A<br />

stormo<br />

corna<br />

uccelli<br />

uccello<br />

porta/cancello/<br />

muraglia


La natura selvaggia<br />

Il rettangolo A (figura 5) definisce lo spazio aperto della natura selvaggia: alberi in campo blu scuro (la foresta buia),<br />

profili <strong>di</strong> montagne, pecore (greggi al pascolo), stelle a otto p<strong>un</strong>te, fiori a 4 e 8 petali, si<strong>mb</strong>oli a forma forse <strong>di</strong> croce<br />

greca (tipici nell’arte bizantina) e al centro, circondata da uccelli in volo e inscritta in <strong>un</strong>’area geometrica a sfondo<br />

chiaro, l’enigmatica figura antropomorfa a 8 braccia (figura 7). L’area in cui è inscritta ricorda quella <strong>di</strong> <strong>un</strong> e<strong>di</strong>ficio<br />

signorile o più probabilmente sacro, <strong>un</strong>a pagoda o <strong>un</strong>a moschea? Di primo acchito la figura antropomorfa mi ha<br />

ricordato l’idea <strong>di</strong> <strong>un</strong>a <strong>di</strong>vinità della natura selvaggia, assimilabile a Dioniso per la cultura occidentale. Ma le stelle a<br />

otto p<strong>un</strong>te e soprattutto i fiori a otto petali, si<strong>mb</strong>oli bud<strong>di</strong>sti (il fiore <strong>di</strong> loto, il mandala) non possono che consigliare<br />

<strong>di</strong> cercare questa <strong>di</strong>vinità più a oriente e segnatamente nel bud<strong>di</strong>smo. Ness<strong>un</strong> dubbio che essa esprima l’dea <strong>di</strong><br />

fertilità, dato il ventre geometricamente evidenziato, ma <strong>di</strong> quale <strong>di</strong>vinità può trattarsi? Una <strong>di</strong>vinità bud<strong>di</strong>sta a otto<br />

braccia, molto venerata, è Guanyin, “osservatrice dei suoni del mondo”: in sostanza, <strong>un</strong>a dea madre. Qui è<br />

rappresentata in forme semplificate che risentono dell’arte dei graffiti preistorici. Tra le leggende da cui è<br />

circondata/o (il sesso <strong>di</strong> Guanyin in alc<strong>un</strong>e culture è sia maschile che femminile), ve ne è <strong>un</strong>a secondo la quale si<br />

riposerà soltanto dopo che avrà liberato tutti gli esseri dal Samsara (dal sanscrito “percorrimento”, “pellegrinaggio”),<br />

cioè dal ciclo purificatore <strong>di</strong> vita, morte, rinascita (reincarnazione). Se la figura <strong>di</strong> cui stiamo parlando è Guanyin, il<br />

profilo geometrico in cui è inscritta la figura è quello <strong>di</strong> <strong>un</strong>a pagoda e non <strong>di</strong> <strong>un</strong>a moschea e il senso del percorso<br />

in<strong>di</strong>cato nel tappeto si illumina: su <strong>un</strong>a superficie piana è rappresentato <strong>un</strong> percorso <strong>di</strong> liberazione intesa come presa<br />

<strong>di</strong> coscienza <strong>di</strong> successivi sta<strong>di</strong> sapienziali.<br />

La transizione dal settore A al settore B è segnata dall’apertura tra i motivi speculari che rappresentano<br />

porte/mura/cancello, al centro della quale, come <strong>un</strong>a freccia <strong>di</strong>rezionale, la figura geometricamente stilizzata <strong>di</strong> <strong>un</strong>a<br />

dea madre o della fertilità che a sua volta sormonta <strong>un</strong> motivo a forma <strong>di</strong> corna (figura 8). Le braccia sui fianchi della<br />

figura stilizzata conferiscono <strong>un</strong>a <strong>di</strong>mensione pentagonale alla figura (femminile), tipica <strong>di</strong> molte rappresentazioni<br />

ancestrali della dea madre (figura 9), tra cui la celeberrima dea madre <strong>di</strong> Chatal Hoyuk che sta partorendo seduta <strong>sul</strong><br />

trono (figura 10).<br />

Il senso generale della scena può essere così interpretato: la transizione dallo sta<strong>di</strong>o primitivo della natura selvaggia<br />

ad <strong>un</strong>o sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong>verso avviene sotto la spinta della dea madre o della fertilità.


L’or<strong>di</strong>ne cosmico e la sapienza sciamanica.<br />

Il settore B è infatti concettualmente antitetico al settore A.<br />

E’ dominato da tre aree chiuse, le due più piccole sono simmetriche tra loro, e quella più grande<br />

centrale domina la scena (figura 11).<br />

Il contrasto con il settore precedente (A) ri<strong>sul</strong>ta evidente: in A spazi aperti, qui spazi chiusi, ben<br />

delimitati, anche se inframmezzati da croci greche (forse), motivi a 8 lobi <strong>di</strong>fficilmente decifrabili, altre<br />

stilizzazioni geometriche <strong>di</strong> corna (figura 12), abbinate a scorpioni in campo azzurro e privi <strong>di</strong><br />

p<strong>un</strong>giglione proteso - come invece quelli della cornice - (figura 13): questo sistema (scorpioni in campo<br />

chiaro/corna) se<strong>mb</strong>rano in<strong>di</strong>care la necessità della forza e del coraggio per procedere successivamente<br />

da B a C.<br />

Lo scorpione appare liberato, quasi ormai tranquillo per essersi liberato da <strong>un</strong> bisogno <strong>di</strong> lotta<br />

insopprimibile.<br />

La ragione <strong>di</strong> ciò e il senso complessivo della scena risiedono con evidenza nella figura geometrica<br />

centrale, la più grande <strong>di</strong> tutte. Cosa può rappresentare? La risposta può venire dai mandala, ove spesso<br />

“Il cosmo appare come <strong>un</strong> palazzo <strong>di</strong> cinque piani che poggia sugli elementi (etere, aria, fuoco, acqua e<br />

<strong>terra</strong>)” (Marco Matera, Mandala tra Oriente e Occidente, in “Arti Oriente”, a. III, n. 8, ottobre 2000).<br />

L’e<strong>di</strong>ficio è sacro (assomiglia al profilo <strong>di</strong> <strong>un</strong>a pagoda) in quanto il cosmo è sacro. I cinque piani sono<br />

chiaramente <strong>di</strong>stinguibili nel profilo esterno (figura 14), mentre all’interno <strong>un</strong> motivo a scacchiera e<br />

vari stilizzazioni <strong>di</strong> corna sono chiaramente <strong>di</strong>stinguibili, e altri segni appaiono assai oscuri. Al culmine<br />

dell’e<strong>di</strong>ficio ancora la dea madre e lo scorpione in<strong>di</strong>cano la strada della successiva transizione verso C.<br />

Le due aree geometriche simmetriche e più piccole, che richiamano il profilo <strong>di</strong> <strong>un</strong>a casa, contengono<br />

due serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>segni a X e tre forme (zoomorfe ?) che vagamente richiamano uccelli galleggianti<br />

nell’acqua (figura 15), presenti anche nel <strong>di</strong>segno centrale. Il fondo è blu scuro: opacità, chiusura? Un<br />

villaggio chiuso? Un e<strong>di</strong>ficio chiuso in se stesso? E le forme (zoomorfe?) sono proprio uccelli acquatici<br />

nello stagno o nel laghetto?


Il settore C appare <strong>di</strong> più facile decifrazione<br />

(Figura 16). Simmetrici, ecco due alberi della<br />

vita, i cui rami in alto si chiudono con due<br />

uccelli il cui becco converge fino toccarsi<br />

(figura 17). L’albero della vita è motivo<br />

tipicamente sciamanico, e in<strong>di</strong>ca i piani<br />

cosmici attraverso i quali la figura sapienziale<br />

sale e scende nell’or<strong>di</strong>ne della natura animata.<br />

Sono sovrastati da due astri a otto bracci e<br />

terminazioni angolari forse <strong>di</strong> derivazione<br />

cufica, e all’intorno quadrupe<strong>di</strong> (cavalli o<br />

cani?) e fiori <strong>di</strong> loto a otto petali. Al centro<br />

della scena, il tridente o “tri<strong>sul</strong>a” delle<br />

tra<strong>di</strong>zioni in<strong>di</strong>ane, che si<strong>mb</strong>oleggia il crearemantenere-<strong>di</strong>struggere<br />

(figura 18), circondato<br />

da motivi geometrici che potrebbero<br />

si<strong>mb</strong>oleggiare le anse del grande fiume della<br />

vita. Nella parte alta, uccelli e corna e la dea<br />

madre che, nello spazio vuoto tra le<br />

mura/porta/cancello in<strong>di</strong>ca la transizione da C<br />

a D.


Ma a questo p<strong>un</strong>to, prima <strong>di</strong> affrontare D, l’ultimo<br />

settore, il p<strong>un</strong>to d’arrivo del percorso in<strong>di</strong>cato da<br />

questo Shirvan, riguar<strong>di</strong>amo da più lontano A, B e C.<br />

Ci accorgiamo allora che <strong>un</strong>a grande figura zoomorfa<br />

(o antropomorfa?) segna in modo <strong>di</strong>fferente la<br />

geometria che sin qui abbiamo sud<strong>di</strong>viso in tre<br />

rettangoli. Cosa ci appare dalla figura <strong>19</strong>?<br />

E’ il non casuale profilo stilizzato <strong>di</strong> <strong>un</strong> felino,<br />

probabilmente <strong>un</strong>a tigre: ciò si arguisce proprio se<br />

quelli che ci se<strong>mb</strong>ravano fulmini li interpretiamo<br />

invece come le vibrisse <strong>di</strong> <strong>un</strong>a tigre. E’ vero che<br />

intuitivamente si potrebbe vedere anche la figura<br />

stilizzata <strong>di</strong> <strong>un</strong>o sciamano mascherato, ma l’idea<br />

della tigre se<strong>mb</strong>ra meglio corrispondere agli altri<br />

motivi decorativi che in<strong>di</strong>cano forza, onore e<br />

coraggio (scorpioni, draghi, colore rosso). Le stesse<br />

figure rappresentative <strong>di</strong> mura/porte/cancelli, con la<br />

loro aggressiva dentellatura inferiore, sono<br />

posizionate al centro delle zampe, quasi a in<strong>di</strong>care<br />

la forza muscolare e persino gli artigli dell’indomito<br />

felino. Coraggio e fierezza sono si<strong>mb</strong>olizzati dalla<br />

tigre al loro più elevato grado, niente <strong>di</strong><br />

contrad<strong>di</strong>ttorio d<strong>un</strong>que con il “programma<br />

pedagogico” generale rappresentato dal tappeto,<br />

che finalmente se<strong>mb</strong>ra <strong>di</strong>rci: sii <strong>un</strong>a tigre se vuoi<br />

a<strong>mb</strong>ire a D. Ma anche i cromatismi della figura della<br />

tigre possiedono <strong>un</strong> linguaggio specifico: non sfugge<br />

infatti che zampe posteriori e busto sono in campo<br />

azzurro, mentre zampe anteriori e testa sono in<br />

campo oro (colore del sole). Azzurro: libertà. Oro:<br />

sapienza. La tigre qui raffigurata è essa stessa <strong>un</strong><br />

invito ad avere forza per conseguire libertà <strong>di</strong> spirito<br />

e intelligenza per conseguire la sapienza.<br />

Lo scarabeo vola verso il sole<br />

Ed eccoci finalmente a D: la meta, il traguardo del percorso (figura 20), verso la quale ci conduce <strong>un</strong>’ulteriore<br />

figura <strong>di</strong> transizione attraverso le porte/mura/cancelli, che ricorda la dea madre/fertilità in campo azzurro .<br />

Qui la scena è dominata dallo scarabeo che vola verso il sole: si compie il ciclo della sapienza cosmica.<br />

Completano il quadro cavalli (nobiltà) e cani (fedeltà), figure floreali ottagonali, croci greche (forse) e le stesse<br />

“case” che avevamo incontrato in B, ma con <strong>un</strong>a <strong>di</strong>fferenza cromatica: in B il fondo era blu scuro, qui è azzurro<br />

acqua. Qui la casa è <strong>di</strong>venuta trasparente, <strong>un</strong>a casa <strong>di</strong> vetro senza più misteri (chiusure), quasi a in<strong>di</strong>care<br />

l’avvenuta riconciliazione con il senso generale del ciclo cosmico.<br />

Lo scarabeo (Kephri) è sacro già per gli antichi egizi, si<strong>mb</strong>olo <strong>di</strong> trasformazione e rinascita, molto spesso abbinato<br />

app<strong>un</strong>to al sole, che qui è raffigurato come <strong>un</strong>a sorta <strong>di</strong> rettangolo con raggi piegati a L quasi a in<strong>di</strong>care la<br />

rifrazione. Una nota preghiera del Libro dei Morti recita: “Io sono Keper al mattino, Ra a mezzogiorno e Atum alla<br />

sera”, d<strong>un</strong>que lo scarabeo è il si<strong>mb</strong>olo dell’intelligenza del cosmo nel suo ciclo completo. Il fascino ancestrale che<br />

lo fece <strong>di</strong>ventare <strong>un</strong> <strong>di</strong>o agli occhi degli Egizi <strong>di</strong>pende dal suo ciclo: Scarabeo Stercorario in quanto arrotola<br />

palline <strong>di</strong> sterco animale (simile al movimento circolare del sole, Ra), e il riemergere dalla <strong>terra</strong> in cui scava le<br />

sue gallerie simile alla rinascita dall’oltreto<strong>mb</strong>a. D<strong>un</strong>que il più piccolo animale venerato dal politeismo egizio<br />

<strong>di</strong>viene amuleto si<strong>mb</strong>oleggiante la rinascita, il potere vitale, la generazione spontanea, la nuova vita e la<br />

resurrezione. Era conosciuto anche come “protettore del cuore”, e così <strong>di</strong>venta anche <strong>un</strong> portafort<strong>un</strong>a.<br />

Come gi<strong>un</strong>ge questo si<strong>mb</strong>olo egizio fino ad <strong>un</strong> tappeto prodotto in <strong>un</strong> <strong>di</strong>stretto del Caucaso? Per via della<br />

globalizzazione, dovremmo <strong>di</strong>re. Grazie ai commerci dei fenici questo si<strong>mb</strong>olo si <strong>di</strong>ffonde nei porti <strong>di</strong> vari mari e<br />

penetra in terre dove non era mai stato conosciuto come animale. Nulla <strong>di</strong> più facile che sia gi<strong>un</strong>to in questo<br />

modo anche a ridosso del Caucaso.<br />

Ed è così che il nostro Shirvan contiene anche cultura egizia, cosa <strong>di</strong>fficilmente sospettabile all’inizio del nostro<br />

percorso (figura 21).


Complessità culturale<br />

Riepilogando sommariamente i significati del tappeto, esso è caratterizzato da <strong>un</strong> intento marcatamente<br />

esortativo segnato da macro-elementi (cornice [scorpioni e draghi], colore rosso, tigre) e da micro-elementi<br />

<strong>di</strong>stribuiti nell’area rettangolare interna (corna <strong>di</strong> montone stilizzate in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi, altri scorpioni in campo<br />

azzurro-acqua); l’esortazione così sottolineata è a cogliere il senso <strong>di</strong> <strong>un</strong> messaggio (uccelli in volo), il quale è<br />

rappresentato dal passaggio verso quattro successivi sta<strong>di</strong>. La transizione da <strong>un</strong>o sta<strong>di</strong>o all’altro (attraverso le<br />

porta/mura/cancelli) è segnata dalla forza della natura-dea madre. I quattro sta<strong>di</strong> della conoscenza attraverso cui<br />

si deve transitare sono: nel rettangolo A la natura selvaggia (Guanyin-foreste-montagne-stelle-fiori); nel<br />

rettangolo B il ciclo cosmico (e<strong>di</strong>ficio sacro a 5 piani) gli spazi chiusi delle case/villaggio su fondo blu; nel<br />

rettangolo C l’albero della vita sciamanico, la testa della tigre, gli astri splendenti; nel rettangolo D lo scarabeo<br />

che vola verso il sole, si<strong>mb</strong>olo dell’armonia della sapienza cosmica conseguita. Che il rettangolo D sia il più<br />

piccolo dei quattro può significare che la meta qui in<strong>di</strong>cata è la più lontana e <strong>di</strong>fficile da conseguire, d<strong>un</strong>que tali<br />

ridotte <strong>di</strong>mensioni sono a loro volta connesse con gli elementi esortativi precedenti. Per inciso, il tappeto reca<br />

anche <strong>un</strong> logo geometrico, <strong>un</strong>a sorta <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cazione geografica tipica, assegnato al capostipite del villaggio o della<br />

tribù, in modo da renderne riconoscibile la provenienza (figura 22).


Ma <strong>un</strong>a cosa è la provenienza geografica, altra<br />

cosa è la provenienza culturale.<br />

Questo Shirvan può essere definito <strong>un</strong> tappeto<br />

<strong>di</strong> villaggio, non è <strong>di</strong> origine noma<strong>di</strong>ca in<br />

quanto lo spazio è nettamente delimitato dalla<br />

cornice, mentre i tappeti noma<strong>di</strong>ci sono<br />

caratterizzati da spazi non delimitati o da<br />

motivi che si ripetono perio<strong>di</strong>camente<br />

all’infinito. Contiene <strong>un</strong>a giustapposizione <strong>di</strong><br />

culture: sciamanica, bud<strong>di</strong>sta, forse cristiana<br />

(se cioè quelle che abbiamo visto in<br />

precedenza sono effettivamente croci greche,<br />

ma qualche dubbio resta), islamica e persino<br />

egizia, e l’islam non ha ancora preso il<br />

sopravvento <strong>sul</strong>le altre.<br />

Questo è tema assai interessante, e meglio<br />

ri<strong>sul</strong>ta comparando questo tappeto con altri<br />

due “tipicamente” islamici, cioè<br />

schiettamente aniconici, <strong>un</strong> Turkmen e <strong>un</strong><br />

Kayseri Mustamel.<br />

Come si nota, negli altri due tappeti solo<br />

motivi floreali, è sparita ogni raffigurazione <strong>di</strong><br />

animali, persone o mitici esseri antropomorfi:<br />

questi due sono tappeti schiettamente<br />

islamici, il nostro Shirvan no, o per meglio<br />

<strong>di</strong>re: non ancora. E forse proprio qui sta il suo<br />

fascino. Il suo fascino risiede nella sua<br />

complessità e nella necessità che esso<br />

presenta, <strong>di</strong> <strong>un</strong>a lettura per così <strong>di</strong>re<br />

pluri<strong>di</strong>mensionale. Composto da figure<br />

rigorosamente bi<strong>di</strong>mensionali, va letto<br />

tri<strong>di</strong>mensionalmente, nel senso che c’è<br />

bisogno, per capirlo, <strong>di</strong> <strong>un</strong>a lettura anche in<br />

profon<strong>di</strong>tà, e solo così può apparire la tigre, e<br />

solo così possono trovare <strong>un</strong>a motivazione<br />

sostanzialmente <strong>un</strong>itaria si<strong>mb</strong>ologie relative a<br />

culture espressive tanto <strong>di</strong>verse tra loro.<br />

Come se <strong>un</strong> artefice sapiente abbia saputo<br />

trarre da mon<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi gli elementi <strong>di</strong> <strong>un</strong>a<br />

lingua composita, <strong>un</strong>a sorta <strong>di</strong> esperanto<br />

espressivo capace <strong>di</strong> parlare a molti <strong>di</strong>versi, se<br />

non proprio a tutti. Mentre il linguaggio del<br />

tappeto schiettamente islamico è religioso, il<br />

linguaggio sincretico <strong>di</strong> questo Shirvan è<br />

piuttosto sapienziale e in tale plurima<br />

<strong>di</strong>mensione può parlare a molti <strong>di</strong>versi. Non è<br />

qui in gioco la finezza del <strong>di</strong>segno, ciò che<br />

conta è il messaggio, e a queste due <strong>di</strong>vergenti<br />

linee estetiche non è estranea la questione<br />

tecnologica: il tappeto raffinato nei <strong>di</strong>segni più<br />

minuti <strong>di</strong> solito è realizzato nella tecnica del<br />

nodo singolo (Senneh), come i persiani, mentre<br />

qui si utilizza app<strong>un</strong>to la tecnica del nodo<br />

doppio o turco (Ghiordes, il nodo gor<strong>di</strong>ano,<br />

talmente forte da non poter essere sciolto, ma<br />

solo tagliato con la spada), il quale ha <strong>un</strong>a<br />

valenza anche si<strong>mb</strong>olica <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>naria<br />

efficacia: poiché il filo della trama annoda due<br />

catene dell’or<strong>di</strong>to, il nodo turco si<strong>mb</strong>olizza<br />

l’<strong>un</strong>ità inscin<strong>di</strong>bile <strong>di</strong> due, cioè l’amore e il<br />

matrimonio. Da qui, <strong>un</strong>a possibile conclusione<br />

per il <strong>sentiero</strong> che abbiamo percorso<br />

all’interno <strong>di</strong> <strong>un</strong> <strong>antico</strong> Shirvan: non si pone il<br />

problema <strong>di</strong> capire per amare, il problema<br />

vero è amare per capire. Se si ama il proprio<br />

tappeto, per quanto arduo, si troverà il<br />

<strong>sentiero</strong> all’interno <strong>di</strong> esso per coglierne i<br />

recon<strong>di</strong>ti messaggi. E forse questa è <strong>un</strong>a<br />

metafora più generale dell’intera vita umana:<br />

è il cuore che muove la mente, non viceversa.<br />

C’è sempre <strong>un</strong> <strong>sentiero</strong> per noi in <strong>un</strong>a <strong>terra</strong><br />

<strong>pura</strong>.●<br />

Tappeto Turkmen. Tappeto Kaiseri Mustamel.<br />

Nodo Senneh. Nodo Ghiordes.


B<strong>un</strong>jan (Turchia), preparazione dell’or<strong>di</strong>to.


B<strong>un</strong>jan (Turchia), annodatura del tappeto.


Testo e foto: Corrado Mornese

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