NOTE SUL REGOLAMENTO INTERNO CARCERARIO
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A poche settimane dal rilascio di D’Urso, il governo ritorna all’attacco reintroducendo nelle carceri<br />
speciali le restrizioni che le lotte degli anni precedenti erano riuscite a rendere inoffensive.<br />
Parola d’ordine del governo era “tagliare la giugulare al terrorismo”, una linea che verrà seguita<br />
in modo ancor più esplicito dal governo Spadolini.<br />
Adesso viene applicato in modo risoluto l’articolo 90.<br />
Questo famoso articolo ha per titolo Esigenze di sicurezza ed è anch’esso parte della legge del<br />
1975, di cui è il penultimo. Esso recita così: “Quando ricorrono gravi ed eccezionali motivi di ordine<br />
e di sicurezza, il Ministro per la grazia e giustizia ha facoltà di sospendere, in tutto o in parte,<br />
l’applicazione in uno o più stabilimenti penitenziari, per un periodo determinato, strettamente<br />
necessario, delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano<br />
porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza.”<br />
Dopo che le organizzazioni rivoluzionarie avevano subito grossi colpi e il movimento rivoluzionario<br />
si poneva ormai su una posizione difensiva, l’articolo 90 viene riposto nel cassetto nel<br />
1984-85 e in tutte le carceri diventa regola l’ordinamento dettato dalla legge del 1975. Così,<br />
anche nelle carceri o nelle sezioni dove compagni e compagne, proletari prigionieri ribelli che nel<br />
frattempo erano stati separati dagli altri e da questi rimanevano isolati, viene reintrodotta la possibilità<br />
di lavorare ecc, e la stessa possibilità di prendere parte alle procedure del “reinserimento”.<br />
Questa eguaglianza formale viene coronata con la legge n. 663 agosto 1986 (la Legge<br />
Gozzini di cui abbiamo accennato in precedenza). Una simile intelligenza disgregatrice era la<br />
continuazione di precedenti strumenti come la Legge n. 304 “In materia di misure per la difesa<br />
dell’ordinamento costituzionale”. Questa legge nasce nel dicembre del 1979, prima come Decreto<br />
legislativo, poi nel 1982 varato come legge, unito al 270 bis, prevedeva forti sconti di pena a chi<br />
mostrasse “ravvedimento” e a chi interrompesse “il vincolo che lo lega ai concorrenti, fornendo<br />
informazioni utili sulla struttura e sull’organizzazione dell’associazione o della banda...”, i termini<br />
della sua applicazione scadranno il 31 gennaio 1983.<br />
Prima la premiazione di chi si era “pentito”, cioè di chi aveva tradito collaborando direttamente<br />
con lo stato (alcuni compirono questo passo senza essere passati sotto la tortura, adoperata a<br />
piene mani da polizie, carabinieri e guardie). Ma lo stato va oltre, facilita poi il distacco dalla lotta<br />
armata che purtroppo diversi prigionieri comunisti o comunque rivoluzionari cominciavano ad<br />
esprimere. Era la “dissociazione”, forma nemmeno tanto nascosta di abbandono della lotta, di<br />
denigrazione delle “velleità” di chi voleva continuare invece a vivere per la rivoluzione proletaria,<br />
di denigrazione del proletariato stesso. Viene varata nel 1987 la legge n. 43 che ora riduce le<br />
condanne a chi si dissocia dalle organizzazioni rivoluzionarie e dalla loro prassi.<br />
E’ evidente anche a noi che una tale complessità richiede una riflessione più completa che va oltre<br />
gli scopi di questa ricerca, perciò per il momento ci fermeremo a queste parziali considerazioni.<br />
Accanto a questa reinvenzione delle politiche del “reinserimento”, alle sue sottili manovre per<br />
introdurle nelle carceri, continuano ad esistere livelli di carcerazione assolutamente diretti all’annientamento<br />
dei prigionieri. Ci riferiamo ai “braccetti della morte”, aperti sul finire del 1982, il cui<br />
regolamento interno è basato su un’applicazione letterale dell’articolo 90: in particolare, un isolamento<br />
più rigido e l’impedimento a cucinare in cella. Sono sezioni collocate in poche carceri<br />
(“Le Nuove” di Torino, Bellizzi Irpino), dove vengono rinchiusi prigionieri che in qualche rivolta<br />
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