31.05.2013 Views

Scheda del libro “Uditori della Parola” - Istituto Superiore di Scienze ...

Scheda del libro “Uditori della Parola” - Istituto Superiore di Scienze ...

Scheda del libro “Uditori della Parola” - Istituto Superiore di Scienze ...

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

<strong>Scheda</strong> <strong>del</strong> <strong>libro</strong> <strong>“U<strong>di</strong>tori</strong> <strong>del</strong>la <strong>Parola”</strong> <strong>di</strong> Karl Rahner, Ed. Borla, Roma, 2006<br />

Il testo raccoglie un ciclo <strong>di</strong> lezioni sul fondamento <strong>di</strong> una filosofia <strong>del</strong>la religione<br />

tenuto da un giovanissimo Karl Rahner (1904-1984) nell’estate <strong>del</strong> 1937 alle<br />

settimane universitarie <strong>di</strong> Salisburgo.<br />

Pubblicato in volume in piena guerra – nel 1941 – il testo fu successivamente<br />

rielaborato e semplificato dall’allievo Johannes Baptist Metz nel 1963.<br />

Il titolo – scelto dallo stesso Rahner – Horer des Wortes sintetizza efficacemente<br />

l’intero contenuto <strong>del</strong>l’opera, al punto da essere <strong>di</strong>ventato, come scrive Metz, “più<br />

famoso <strong>del</strong> suo contenuto”.<br />

Alfredo Marranzini S.J. nella presentazione al libo scrive: “L’espressione biblica,<br />

che designa la posizione <strong>del</strong>l’uomo <strong>di</strong> fronte alla rivelazione <strong>di</strong> Dio, è immessa in<br />

una sintesi filosofico-religiosa, fe<strong>del</strong>e al pensiero tomistico e attenta ai principi <strong>del</strong>la<br />

filosofia contemporanea” (p. 7). Il Metz, da parte sua, nell’introduzione alla nuova<br />

e<strong>di</strong>zione afferma: “ L’uomo viene qui concepito come l’ente che si realizza solo nella<br />

storia, mentre questa a sua volta attua la sua essenza solo attraverso l’uomo. Per ciò<br />

egli durante il corso <strong>del</strong>la storia deve stare in ascolto per incontrarvi quella<br />

“parola” che illumina e fonda l’esistenza e alla quale la ragione umana, che ha per<br />

oggetto l’essere, è <strong>di</strong> sua natura aperta nella sua problematicità” (p. 24).<br />

Capitolo I : Impostazione <strong>del</strong> problema<br />

A) La FdR come ontologia <strong>del</strong>la potentia oboe<strong>di</strong>entialis <strong>di</strong> fronte alla Rivelazione<br />

Domandandosi quale sia il rapporto tra la fdr come “scienza” e la teologia, Rahner<br />

pone il problema <strong>di</strong> fondo (che chiama teoretico-scientifico) <strong>di</strong> come due scienze<br />

particolari siano confrontabili tra <strong>di</strong> loro solo facendo riferimento all’unico principio<br />

fondante <strong>di</strong> tutto il conoscere umano. Questo principio fondante è – per R. – la<br />

metafisica: “il rapporto tra due scienze è una questione metafisica” (p. 31). E<br />

ancora: “ Il problema teoretico-scientifico <strong>del</strong> rapporto tra due scienze è in definitiva<br />

quello metafisico <strong>del</strong>l’unico principio originario, che determina in partenza il loro<br />

oggetto formale e la loro necessità, ponendole così in un certo rapporto” (p. 32). Ma<br />

attenzione a non <strong>di</strong>menticarsi che “un problema teoretico-scientifico non è una<br />

curiosità innocua su una qualunque realtà, ma un problema esistenziale <strong>del</strong>l’uomo<br />

stesso” (p. 32).<br />

Discendendo da questa premessa alla questione <strong>del</strong> rapporto tra fdr e Teologia, R. fa<br />

subito cenno ad una duplice <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> impostazione <strong>del</strong> problema.<br />

1^ <strong>di</strong>fficoltà:<br />

La fdr è “la conoscenza che l’uomo può raggiungere circa il suo esatto rapporto con<br />

Dio, l’Assoluto” (p. 33), ma Dio “non è una realtà che possa essere in se stessa intuita<br />

e sperimentata imme<strong>di</strong>atamente dall’uomo”, anzi, per <strong>di</strong>rla con san Tommaso, “Dio è<br />

dato sempre solo come principium <strong>del</strong>l’ente e <strong>del</strong>la sua conoscenza, mai come<br />

subiectum <strong>di</strong> una vera scienza puramente umana” (p. 34). Quanto poi alla teologia,<br />

1


essa “nella sua natura originaria non è una scienza costituita dagli uomini… ma un<br />

<strong>di</strong>scorso fatto da Dio stesso all’uomo, sia pure in termini umani” (p. 34). Allora?<br />

“Il nostro problema verte in partenza sull’uomo, non in quanto vero teologo, ma in<br />

quanto essere capace per sua costituzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare teologo, qualora il messaggio<br />

libero e impreve<strong>di</strong>bile <strong>di</strong> Dio giunga a lui e gli sia concessa anche, attraverso la<br />

grazia e la sua “manifestazione” storica nella parola, la piena capacità <strong>di</strong> ascoltare”<br />

(p. 36). Il cammino scelto da R. è ulteriormente precisato poco dopo: “Partendo dalle<br />

conoscenze naturali <strong>del</strong>l’uomo non deduciamo la sua capacità <strong>di</strong> una fede<br />

soprannaturale, ciò che non si può provare dall’essenza <strong>del</strong>la teologia, ma<br />

analizziamo la sua idoneità ad ascoltare la rivelazione <strong>di</strong> Dio, idoneità che costituisce<br />

fondamentalmente il suo essere e sviluppa in pieno la sua essenza” (p. 37).<br />

2^ <strong>di</strong>fficoltà:<br />

Come è possibile cercare l’unico principio metafisico che fonda tutto il conoscere<br />

umano? In particolare, la nostra pretesa <strong>di</strong> voler vedere fdr e teologia costituite<br />

originariamente da un unico principio “sembra a priori assurda” (p. 39).<br />

La soluzione <strong>di</strong> tale <strong>di</strong>fficoltà appare possibile a patto che la fdr non pretenda <strong>di</strong><br />

fondare una religione autosufficiente che debba essere in un secondo tempo inverata,<br />

completata od eventualmente annullata dalla teologia, ma si limiti ad “in<strong>di</strong>rizzare<br />

l’uomo verso un’ eventuale rivelazione <strong>di</strong> Dio e, precisamente, a una rivelazione<br />

storica” (p. 40). Infatti la metafisica non può “arrogarsi il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> decidere<br />

aprioristicamente il modo in cui questo Essere libero , sconosciuto e personale<br />

intenda venire a contatto con l’uomo” o quello <strong>di</strong> “stabilire come e con quale titolo<br />

questo Dio possa e voglia rivelarsi, come intenda fondare e fissare i rapporti tra sé e<br />

gli uomini e quin<strong>di</strong> precisare cosa debba essere la religione” (p. 40).<br />

La vera metafisica sa che “l’uomo è un essere essenzialmente storico, che deve stare<br />

in ascolto <strong>di</strong> un’eventuale rivelazione <strong>di</strong> Dio” (p. 41). Ne consegue allora che:<br />

- La fdr <strong>di</strong>venta “il fondamento <strong>del</strong>l’unica teologia possibile a partire dal<br />

basso” (p. 41).<br />

- Il rapporto tra fdr e teologia <strong>di</strong>venta quello <strong>di</strong> un’antropologia metafisica<br />

fondamentale che deve cogliere la natura <strong>del</strong>l’uomo sotto un duplice aspetto:<br />

l’uomo come spirito e l’uomo come essere storico (pp. 41-42).<br />

B) Problematiche analoghe<br />

1) Confrontando questa tematica con il proce<strong>di</strong>mento tra<strong>di</strong>zionale <strong>del</strong>la teologia<br />

cattolica fondamentale, appare subito chiara l’insufficiente antropologia <strong>del</strong>la storia<br />

sottesa a quest’ultima.<br />

Infatti, da un punto <strong>di</strong> vista ontologico, la teologia fondamentale tra<strong>di</strong>zionale parte<br />

dal presupposto che sia già stato provato dalla metafisica speciale (teo<strong>di</strong>cea) il fatto<br />

<strong>del</strong>la esistenza <strong>di</strong> un Dio personale e trascendente e <strong>del</strong>la sua possibilità <strong>di</strong> rivelarsi; e<br />

continua assumendosi l’onere <strong>di</strong> provare che “ tale rivelazione è <strong>di</strong> fatto avvenuta in<br />

Cristo e continua ad essere promulgata e conservata integra dal magistero <strong>del</strong>la<br />

2


Chiesa cattolica” (p. 44). Il riconoscimento <strong>di</strong> essa da parte <strong>del</strong>l’uomo avverrebbe in<br />

forza <strong>del</strong> “dovere universalissimo <strong>del</strong>l’obbe<strong>di</strong>enza a Dio” (p.46).<br />

In realtà, in questo modo <strong>di</strong> procedere “si tratta solo molto poco o per nulla <strong>del</strong>la<br />

giustificazione razionale <strong>del</strong>la fede” (p. 44) e si spiega “solo in maniera molto<br />

inadeguata come l’uomo da una parte, in forza <strong>del</strong>la sua costituzione essenziale e<br />

<strong>del</strong>la sua natura spirituale, possa essere capace <strong>di</strong> ricevere tale allargamento <strong>del</strong>le sue<br />

conoscenze, e dall’altra come queste conoscenze rivelate non siano già<br />

fondamentalmente un compimento necessario <strong>del</strong>la sua costituzione essenziale” (p.<br />

45). Il punto da chiarire è invece proprio “perché l’uomo in forza <strong>del</strong>la sua<br />

costituzione essenziale può ricevere tale contenuto, che per sé gli è inaccessibile” (p.<br />

46). Se si parte dall’uomo si scopre che “il dovere <strong>di</strong> stare in ascolto e <strong>di</strong> tenere<br />

conto <strong>di</strong> un’eventuale rivelazione, è ontologicamente anteriore al suo effettivo<br />

verificarsi” (p. 46).<br />

In secondo luogo, dal punto <strong>di</strong> vista storico, la teologia fondamentale tra<strong>di</strong>zionale non<br />

spiega sufficientemente l’orientamento costitutivo <strong>del</strong>l’uomo verso la storicità, cioè il<br />

dovere che ha l’uomo per sua natura <strong>di</strong> occuparsi <strong>del</strong>la verità storica (p. 47).<br />

Si può invece rispondere all’obiezione illuministica e liberale sull’indeducibilità <strong>di</strong><br />

verità etiche e metafisiche da parte <strong>di</strong> contenuti storici, solo <strong>di</strong>mostrando che<br />

“l’essere umano non può prescindere da un fondamento storico”. Ne consegue che<br />

una vera teologia fondamentale non può prescindere da “una concezione metafisica<br />

<strong>del</strong>l’uomo quale essere che nella sua storia sta in ascolto <strong>di</strong> una possibile rivelazione<br />

<strong>di</strong> Dio” (p. 48). Insomma: il punto <strong>di</strong> partenza è la potentia oboe<strong>di</strong>entialis<br />

<strong>del</strong>l’uomo rispetto all’ascolto <strong>di</strong> una possibile locuzione <strong>di</strong> Dio (p. 49).<br />

2) Un secondo punto da chiarire riguarda il tema <strong>del</strong>la cosiddetta filosofia cristiana.<br />

Questa è stata così intesa (appunto cristiana) in forza <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> battesimo a<br />

posteriori da parte <strong>del</strong>la teologia, come per una fecondazione resa possibile dai<br />

problemi postile dalla teologia. Per R. invece “la filosofia è cristiana in senso<br />

autentico e originario, quando costituisce con mezzi propri se stessa e quin<strong>di</strong> l’uomo<br />

in quanto battezzabile e giunge da se stessa ad un atteggiamento in cui si <strong>di</strong>spone a<br />

essere superata dalla teologia fondata eventualmente da Dio” (p. 51).<br />

In conclusione: “solo quando si concepisce la filosofia anche come ontologia <strong>di</strong> una<br />

potentia oboedentialis rispetto alla rivelazione, si coglie insieme il suo carattere<br />

cristiano, cioè la sua vera autonomia e la sua relatività originaria alla teologia” (pp.<br />

51-52).<br />

3) L’ultimo confronto riguarda due tipi <strong>di</strong> fdr <strong>di</strong> stampo protestante. Per alcuni, il<br />

contenuto <strong>del</strong>la religione non è altro che “l’oggettivazione <strong>del</strong>l’esperienza religiosa<br />

soggettiva” frutto <strong>di</strong> un originario senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza interiore e <strong>di</strong> valori<br />

soggettivamente sperimentati, per cui Dio <strong>di</strong>venta “l’Essere che dà l’intimo<br />

significato e rende possibile il mondo e l’essere storico <strong>del</strong>l’uomo e nulla più”.<br />

Per altri, il contenuto <strong>del</strong>la religione è “la parola <strong>del</strong> Dio vivente, che pone in crisi<br />

tutto ciò che è finito e umano, ed è assolutamente inattesa e inatten<strong>di</strong>bile”, per cui<br />

3


Dio <strong>di</strong>venta “il termine opposto e <strong>di</strong>aletticamente necessario <strong>di</strong> ciò che nell’uomo c’è<br />

<strong>di</strong> ra<strong>di</strong>calmente anti<strong>di</strong>vino” (p. 53).<br />

Contro queste posizioni R. si propone <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare: a) che la possibilità che ha Dio<br />

<strong>di</strong> rivelarsi all’uomo sia più che la semplice oggettivazione <strong>del</strong>l’aspirazione religiosa<br />

<strong>del</strong>l’uomo stesso; b) che l’uomo, pur costituito nel suo limite ontologico, sia capace<br />

<strong>di</strong> accogliere la rivelazione <strong>di</strong> Dio, pur senza poterne prevedere il contenuto e senza<br />

trasformarla in un inevitabile correlato oggettivo <strong>del</strong>l’umana esistenza.<br />

La considerazione sui rapporti tra fdr e teologia che chiude il capitolo è<br />

particolarmente interessante e la riportiamo testualmente:<br />

“Una fdr, intesa nel suo giusto significato, non lede neppure minimamente<br />

l’autonomia <strong>del</strong>la teologia, anzi al contrario la sua mancanza porta la teologia<br />

proprio a <strong>di</strong>ventare una filosofia teologicamente sofisticata e in fondo falsa. Quando<br />

la teologia <strong>di</strong>venta falsamente tanto “autonoma” da non aver più rapporto alcuno<br />

con la metafisica e con l’essenza <strong>del</strong>l’uomo che in essa si scopre, si corre il rischio <strong>di</strong><br />

farle perdere, almeno conseguenzialmente, ogni significato nei riguar<strong>di</strong> <strong>del</strong>l’uomo”<br />

(pp. 54-55).<br />

A) La trasparenza <strong>del</strong>l’essere<br />

Capitolo II: L’apertura <strong>del</strong>l’essere e <strong>del</strong>l’uomo<br />

La metafisica è la “conoscenza meto<strong>di</strong>ca e riflessa <strong>di</strong> ciò che si è sempre saputo” (p.<br />

59). Essa ci <strong>di</strong>ce che “l’essere umano è capace <strong>di</strong> ascoltare il messaggio <strong>di</strong> Dio e<br />

ricevere, me<strong>di</strong>ante la grazia, la luce e l’eterna vita che si celano nelle profon<strong>di</strong>tà <strong>del</strong><br />

Dio vivente” (p. 60).<br />

Sulla scorta <strong>del</strong>la metafisica <strong>di</strong> Tommaso d’Aquino, ma con le opportune integrazioni<br />

ricavate dalla contemporanea analisi metafisica <strong>del</strong>l’essere umano, affrontiamo “il<br />

problema <strong>del</strong> significato <strong>del</strong>l’essere <strong>di</strong> ciascuna realtà esistente, quale viene posto<br />

necessariamente dall’uomo” (p. 63). Tale problema ha tre caratteristiche: a) è un<br />

problema <strong>del</strong>l’essere in genere; b) lo si deve porre necessariamente; c) tenendo conto<br />

<strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza tra essere ed ente (p. 65).<br />

La prima proposizione ontologica da cui partire è che “l’essenza <strong>del</strong>l’essere è<br />

conoscere ed essere conosciuto in un’ unità originaria che noi vogliamo chiamare<br />

coscienza o trasparenza (soggettività/conoscenza) <strong>del</strong>l’essere in ogni ente” (p. 66). Si<br />

può anche <strong>di</strong>re che, in quanto l’essenza <strong>del</strong>l’uomo è l’assoluta apertura all’essere,<br />

allora l’uomo è spirito. La conoscibilità è pertanto una proprietà ontologica<br />

<strong>del</strong>l’ente: “essere e conoscere costituiscono un’unità originaria” (p. 68). La coscienza<br />

<strong>di</strong> sé è l’espressione <strong>di</strong> questa unità originaria: “l’essere <strong>del</strong>l’ente è la sua<br />

autotrasparenza” (p. 69).<br />

B) L’analogia <strong>del</strong> “possesso <strong>del</strong>l’essere”<br />

4


Questa unità originaria <strong>di</strong> conoscere e <strong>di</strong> essere naturalmente “non ha niente a che<br />

fare con un panteismo o con un idealismo deteriore <strong>di</strong> ogni tipo” (p. 75). Infatti,<br />

l’uomo indaga l’essere, quin<strong>di</strong> come soggetto interrogante non può coincidere con ciò<br />

su cui indaga (l’essere). Ciò non toglie tuttavia che l’ente inquirente deve pur<br />

possedere un essere, secondo una determinata gradualità.<br />

La conoscenza <strong>del</strong>l’essere da parte <strong>del</strong>l’ente (il suo possesso) sarà perciò graduale e<br />

proporzionata. L’uomo “non è coscienza assoluta, ma uno spirito finito, proprio<br />

perché avendo una “coscienza trascendentale” ha bisogno <strong>del</strong>la metafisica” (p. 81).<br />

Conclusione: “L’unità suprema <strong>di</strong> essere e conoscere è il presupposto ultimo perché<br />

Dio, nonostante la “sua trascendenza”, comunichi con l’uomo attraverso il <strong>di</strong>scorso e<br />

la parola” (p. 82).<br />

C) L’uomo come spirito<br />

“La rivelazione, nel caso che sia possibile, presuppone in secondo luogo che l’uomo<br />

debba essere aperto a ricevere la comunicazione che l’Essere assoluto fa <strong>di</strong> se stesso<br />

attraverso la sua parola luminosa” (p. 83).<br />

L’uomo non si identifica con ciò che lo circonda, ma rimane soggetto <strong>di</strong> fronte a<br />

degli oggetti. San Tommaso designa questa capacità come re<strong>di</strong>tio completa subiecti<br />

in seipsum. La soggettività si manifesta anzitutto nel giu<strong>di</strong>zio, possibile grazie alla<br />

capacità <strong>di</strong> astrazione <strong>del</strong>la nostra intelligenza, quin<strong>di</strong> nella libertà.<br />

La capacità <strong>di</strong> astrazione – che nel linguaggio tomistico si chiama anche intellectus<br />

agens – richiama il concetto <strong>di</strong> percezione previa che è “la capacità che ha per sua<br />

natura lo spirito umano <strong>di</strong> protendersi <strong>di</strong>namicamente verso l’illimitata vastità <strong>di</strong> tutti<br />

gli oggetti possibili” (p. 90). Essa è anche definibile come “presa <strong>di</strong> coscienza<br />

<strong>del</strong>l’orizzonte nell’ambito <strong>del</strong> quale l’uomo conosce il singolo oggetto”. Grazie a<br />

questa capacità l’uomo coglie non soltanto l’essere (che è appunto l’oggetto formale<br />

<strong>del</strong>la percezione previa), ma anche Dio come essere assoluto “in quanto si afferma<br />

l’esse absolutum sempre e fondamentalmente insieme con la vastità per sé infinita<br />

<strong>del</strong>la percezione previa”. Infatti “noi <strong>di</strong>ciamo e pensiamo oggettivamente che l’<br />

affermazione <strong>del</strong>la finitezza reale <strong>di</strong> un ente postula come con<strong>di</strong>zione <strong>del</strong>la sua<br />

possibilità l’affermazione <strong>del</strong>l’esistenza <strong>di</strong> un esse absolutum” (p. 95).<br />

In conseguenza <strong>di</strong> ciò possiamo <strong>di</strong>re che “l’uomo è spirituale, cioè vive la sua vita in<br />

una continua tensione verso l’Assoluto, in un’apertura a Dio”. Egli è uomo “solo<br />

perché è in cammino verso Dio, lo sappia o no espressamente, lo voglia o no. Egli è<br />

sempre l’essere finito totalmente aperto a Dio” (pp. 97-98).<br />

Conclusione: “La trascendenza <strong>del</strong>la conoscenza <strong>del</strong>l’essere in genere, che è<br />

necessariamente tematizzata e costituisce essenzialmente l’uomo in quanto spirito, è<br />

la prima affermazione <strong>di</strong> un’antropologia metafisica, tendente a una fdr capace <strong>di</strong><br />

fondare la possibilità <strong>di</strong> una rivelazione orale… L’essere è illuminato, è logos e può<br />

essere rivelato me<strong>di</strong>ante la parola…L’uomo è però dotato <strong>del</strong>lo spirito, che lo plasma<br />

interamente, perciò ha l’orecchio teso a qualunque parola che possa venire dalla<br />

bocca <strong>del</strong>l’eterno” (pp. 98-99).<br />

5


Cap. III: La misteriosità <strong>del</strong>l’essere<br />

A) Impostazione <strong>del</strong> problema e preliminari <strong>del</strong>la soluzione<br />

Bisogna ora contrastare una possibile obiezione. Questa: se l’uomo è l’essere<br />

spirituale totalmente aperto all’essere in genere e capace con la sua conoscenza <strong>di</strong><br />

essere, come <strong>di</strong>ce la Scolastica, quodammodo omnia, la rivelazione non potrebbe<br />

essere allora niente altro che la “necessaria e immanente evoluzione <strong>del</strong>l’apertura<br />

<strong>del</strong>l’essere, che a priori ci sarebbe stata sempre nello spirito in quanto tale”?<br />

Insomma: “La rivelazione sarebbe così niente altro che la spiritualizzazione<br />

progressiva <strong>del</strong>l’uomo secondo la sua “naturale” legge interna. Dio stesso sarebbe per<br />

sé l’essere che è sempre aperto e rivelatore. La rivelazione non potrebbe essere l’atto<br />

libero <strong>di</strong> Dio, perché la sua luce si è sempre irra<strong>di</strong>ata e ha brillato in ogni uomo. La<br />

“luce inaccessibile” sarebbe una contrad<strong>di</strong>zione, perché l’essere luminoso si <strong>di</strong>ffonde<br />

da sé necessariamente dovunque ci sia uno spazio che glielo permetta” (pp. 105-106).<br />

L’antropologia metafisica si trova quin<strong>di</strong> nella necessità <strong>di</strong> dover spiegare: a) perché<br />

l’essere è nascosto nonostante la sua luminosità; b) perché la natura <strong>del</strong>l’uomo,<br />

nonostante la sua trascendenza sull’essere e la sua autotrasparenza, non è in grado <strong>di</strong><br />

anticipare il contenuto <strong>di</strong> una possibile rivelazione, libera e personale, <strong>di</strong> Dio.<br />

A questo punto R. si addentra in una profonda (anche se spesso – ahimè – oscura e<br />

<strong>di</strong>fficile) <strong>di</strong>scussione sulle modalità naturali <strong>di</strong> accesso al mistero <strong>di</strong>vino,<br />

contrapponendo una pietà mistica alla pietà profetica propria <strong>del</strong>la religione rivelata e<br />

arrivando alla conclusione che “la mistica filosofica <strong>del</strong>la notte estatica” finirebbe col<br />

superare inesorabilmente “la pietà profetica <strong>del</strong>la parola rivelata nella sua ristrettezza<br />

storica”, rendendo la rivelazione “una sorta <strong>di</strong> manifestazione anticipata, attraverso la<br />

parola, <strong>di</strong> un Dio, che per sé era già noto, almeno fondamentalmente e<br />

definitivamente, allo spirito umano” (pp. 110-113).<br />

Invece, la misteriosità <strong>di</strong> Dio appare “più cecità <strong>del</strong>l’uomo che chiusura <strong>di</strong> Dio in se<br />

stesso” e “solo se sappiamo che Dio non solo trascende il contenuto <strong>del</strong>la nostra<br />

conoscenza umana, quale è stato fissato nell’antropologia, ma anche può parlare o<br />

tacere, possiamo comprendere il valore <strong>del</strong>la parola rivelatrice <strong>di</strong> Dio, qualora<br />

effettivamente fosse pronunciata: è l’atto impreve<strong>di</strong>bile <strong>del</strong> suo amore personale, che<br />

l’uomo adora in ginocchio” (p. 115).<br />

B) L’ignoto libero<br />

Si riprende l’esame <strong>del</strong> secondo aspetto <strong>del</strong>l’essere: la sua problematicità.<br />

Escludendo a priori ogni forma <strong>di</strong> ontologismo (e, come <strong>di</strong>ce R., <strong>del</strong> suo “gemello<br />

camuffato” che è il razionalismo), va affermato che l’uomo non può possedere in<br />

maniera assoluta l’essere nella sua completa trasparenza (visio beatifica), ma si apre<br />

ad esso solo “quando accetta la sua esistenza umana, il che è in ultima analisi<br />

ineluttabile” (p. 119), riconoscendone la contingenza e la finitezza.<br />

A questo punto R. tratteggia una nuova ontologia generale, tenendo evidentemente in<br />

conto l’analitica esistenziale <strong>di</strong> Heiddeger. Secondo questa linea:<br />

6


1) L’uomo “indaga l’essere” e “per il fatto <strong>di</strong> dover indagare, egli afferma<br />

necessariamente la propria finitezza contingente”. Tale affermazione è “assoluta”, nel<br />

senso che “solo in questo rapporto necessario e cosciente verso il non-necessario,<br />

egli trascende l’essere in genere che è per sé trasparente ed affermato come tale” (p.<br />

121).<br />

2) Questa posizione assoluta <strong>del</strong>la propria contingenza è “un atto <strong>di</strong> volizione”,<br />

perché “riguarda anzitutto l’atto <strong>del</strong> porre e solo dopo l’oggetto posto in quanto tale”<br />

(p. 121).<br />

3) Questo atto <strong>di</strong> volizione è libero: “il porre assoluto e necessario <strong>di</strong> un essere<br />

contingente, che in quanto tale implica la trasparenza <strong>del</strong>l’essere, può essere solo la<br />

realizzazione e la conclusione posta da un atto assoluto e libero <strong>di</strong> questo essere<br />

contingente” (p. 123).<br />

4) Questa posizione libera, voluta e originaria <strong>del</strong>l’ente-uomo “può essere effetto<br />

solo <strong>del</strong>l’essere assoluto, <strong>di</strong> Dio”, che è principio <strong>di</strong> ogni ente. Per cui: “il<br />

fondamento <strong>del</strong>l’ente finito può essere solo un atto <strong>del</strong>la libera volontà <strong>di</strong> Dio” e Dio<br />

appare come “il termine <strong>del</strong>la percezione previa <strong>del</strong>lo spirito umano proprio in<br />

quanto appare potenza libera <strong>di</strong> fronte al finito. Quando un essere finito lo conosce,<br />

questa conoscenza è sostenuta da un suo atto libero” (pp. 123-124).<br />

A proposito <strong>del</strong>la libertà vanno fatte ancora alcune osservazioni. La prima è che<br />

“l’incontro conoscitivo <strong>di</strong> una persona libera e perciò autonoma è in quanto tale un<br />

lasciare libero il conosciuto nella sua misteriosità” (p. 124). Nel caso <strong>del</strong> rapporto<br />

uomo-Dio nell’esperienza <strong>del</strong>la rivelazione storica vanno rispettate due con<strong>di</strong>zioni: a)<br />

Dio “deve poter agire liberamente anche dopo la creazione <strong>di</strong> questo essere finito che<br />

lo conosce”; b) l’uomo da parte sua “deve avere ancora spazio per la conoscenza<br />

oggettiva <strong>di</strong> tale atto libero <strong>di</strong> Dio nei suoi confronti…deve esserci ancora un oggetto<br />

<strong>di</strong> un altro atto libero che possa essere ancora conosciuto” (p. 125).<br />

Secondo R. tali con<strong>di</strong>zioni si sono entrambe verificate, perché ogni ulteriore azione<br />

<strong>di</strong> Dio sulle sue creature non è mai la semplice e calcolabile conseguenza <strong>del</strong> primo<br />

atto creativo che si è verificato e perché da parte <strong>del</strong>l’uomo lo spirito, in forza <strong>del</strong>la<br />

sua trascendenza, può cogliere un orizzonte <strong>di</strong> oggetti più vasto <strong>di</strong> quello già dato.<br />

L’uomo, come spirito libero in ascolto <strong>di</strong> una possibile rivelazione <strong>di</strong> Dio, sta <strong>di</strong><br />

fronte ad un Dio che si rivela sempre: con la parola o con il silenzio. “lo spirito non<br />

può esigere che Dio parli, ma se questi non parla, egli ascolta proprio il suo silenzio;<br />

altrimenti non sarebbe spirito, perché non starebbe <strong>di</strong> fronte al Dio vivente e libero in<br />

quanto tale. L’uomo, perché spirito, sta <strong>di</strong> fronte all’Essere vivente e libero, che si<br />

apre o si chiude nel silenzio, in quanto tale” (p. 127).<br />

C) L’ascoltante libero<br />

“Trovarsi <strong>di</strong> fronte a Dio, il che costituisce essenzialmente l’esistenza umana, è <strong>di</strong> sua<br />

natura sempre un trovarsi <strong>di</strong> fronte al Dio libero, che non ha ancora esaurito le sue<br />

incalcolabili possibilità e quin<strong>di</strong> un trovarsi <strong>di</strong> fronte a un essere che agisce<br />

storicamente, <strong>di</strong> fronte al Dio <strong>del</strong>la rivelazione…L’uomo è l’ente che, in forza <strong>del</strong>la<br />

7


sua costituzione essenziale <strong>di</strong> spirito finito, il quale indaga e deve indagare l’essere,<br />

sta <strong>di</strong> fronte al Dio libero, <strong>di</strong> cui afferma la libertà nella peculiarità <strong>del</strong> suo problema<br />

ontologico” (p. 130). Da queste affermazioni, che in qualche modo riassumono<br />

conclusivamente il lavoro <strong>del</strong> precedente capitolo, R. passa ora ad analizzare il<br />

momento volitivo <strong>del</strong>la conoscenza umana.<br />

“La conoscenza è in fondo la coscienza che ha l’ente <strong>del</strong> proprio essere… L’atto<br />

libero, preso nella sua essenza originaria.. è un perfezionamento <strong>del</strong>la propria<br />

essenza, una presa <strong>di</strong> possesso <strong>di</strong> se stesso.. Perciò esso è trasparente a se stesso,<br />

anche se è oscuro a un altro” (p. 134). Ma “può <strong>di</strong>ventare trasparente e comprensibile<br />

a un altro solo se si realizza liberamente e si ama”. Continua naturalmente a restare<br />

oscuro ed inintelligibile “solo a una conoscenza che vuole coglierlo restando fuori <strong>di</strong><br />

lui” (p. 135).<br />

Nel caso <strong>del</strong> rapporto uomo-Dio, poiché “il finito ha il suo fondamento nell’atto<br />

libero e trasparente <strong>di</strong> Dio” e Dio “libero nell’amore <strong>di</strong> se stesso, ama in quanto<br />

potenza che pone il finito e lo coglie nell’amore”, anche il finito quin<strong>di</strong> viene a<br />

partecipare <strong>del</strong>la trasparenza <strong>del</strong>l’essere e <strong>del</strong>la logica <strong>del</strong>l’amore <strong>di</strong>vino.<br />

“Il trovarsi <strong>del</strong>l’uomo <strong>di</strong> fronte a Dio, che si attua attraverso la conoscenza e<br />

costituisce la natura <strong>del</strong>l’uomo in quanto spirito, implica per sé che l’amore verso Dio<br />

sia un momento intrinseco <strong>di</strong> questa conoscenza. L’amore non è qualcosa che può<br />

introdursi o meno o s’inserisce solo successivamente nella sua conoscenza, ma è il<br />

momento intrinseco <strong>di</strong> essa, la sua con<strong>di</strong>zione e il suo principio” (p. 137).<br />

Volontà e conoscenza vengono perciò ad essere “momenti inseparabili <strong>del</strong>l’unica<br />

struttura fondamentale, che compete all’esistenza umana <strong>di</strong> fronte a Dio”. Si tratta in<br />

fondo <strong>di</strong> niente altro che <strong>del</strong>l’assioma scolastico ens-verum-bonum convertuntur.<br />

C’è però in questione la libertà: infatti l’uomo si rapporta a Dio secondo una propria<br />

or<strong>di</strong>nata pre<strong>di</strong>sposizione. “Il vero modo con cui si concepisce Dio è sempre<br />

determinato dal suo amore or<strong>di</strong>nato o contrario all’or<strong>di</strong>ne…La conoscenza concreta<br />

<strong>di</strong> Dio è a priori determinata sempre dal modo in cui l’uomo ama e valuta gli oggetti<br />

offertigli… Così ogni uomo ha il Dio che corrisponde al suo impegno e al tipo <strong>di</strong><br />

questo impegno” (p. 143). Insomma: “ l’apertura cosciente <strong>del</strong>l’uomo a questo Dio<br />

<strong>del</strong>la possibile rivelazione, che fa parte <strong>del</strong>la costituzione fondamentale <strong>del</strong>l’uomo, è<br />

nello stesso tempo ed è per essenza sempre determinata nella sua intima struttura<br />

concreta dal libero atteggiamento <strong>del</strong>l’uomo” (p. 144).<br />

Il capitolo si chiude con la formulazione <strong>del</strong>la seconda proposizione<br />

<strong>del</strong>l’antropologia metafisica <strong>del</strong> Rahner : “l’uomo è l’ente che, amando<br />

liberamente, si trova <strong>di</strong> fronte al Dio <strong>di</strong> una possibile rivelazione” (p. 145).<br />

N.B. La prima proposizione era (p. 98) quella <strong>del</strong>la trascendenza <strong>del</strong>la conoscenza<br />

<strong>del</strong>l’essere in generale, cioè <strong>del</strong>l’uomo in quanto spirito, costitutivamente teso<br />

all’ascolto <strong>di</strong> qualsiasi parola possa venire dalla bocca <strong>del</strong>l’eterno.<br />

8


A) Il problema<br />

Cap. IV: Il “luogo” <strong>del</strong> messaggio libero<br />

La domanda è : dove si trova, nell’esistenza <strong>del</strong>l’uomo, il punto concreto ove si attua<br />

la possibile rivelazione <strong>di</strong> Dio? Nell’interiorità <strong>del</strong>lo spirito? In una estasi<br />

<strong>del</strong>l’anima? Oppure… Premesso che “non si può comunque determinare il punto <strong>di</strong><br />

una possibile rivelazione <strong>di</strong> Dio in maniera da <strong>del</strong>imitare in partenza la possibilità <strong>di</strong><br />

detta rivelazione” (p. 151), perché ciò significherebbe trasformare la rivelazione nel<br />

“correlato oggettivo “ <strong>del</strong>la <strong>di</strong>sposizione religiosa <strong>del</strong>l’uomo (errore in cui sono<br />

cadute le moderne fdr, sia nella versione razionalistica sia in quella sentimentalistica),<br />

allora questo “luogo” non può appartenere al mondo <strong>del</strong>le leggi a priori.<br />

Si dànno allora due possibilità: o Dio si rivela <strong>di</strong>rettamente nella propria essenza<br />

oppure me<strong>di</strong>ante un segno rappresentativo come la parola. Nel primo caso, l’uomo<br />

coglierebbe Dio <strong>di</strong>rettamente nel proprio io, in una visione beatifica suprema; nel<br />

secondo caso l’uomo si costituisce invece come “u<strong>di</strong>tore <strong>del</strong>la parola”, cioè come<br />

“colui che deve prevedere una possibile rivelazione <strong>di</strong> Dio, che non consiste nella<br />

manifestazione <strong>di</strong>retta <strong>del</strong> contenuto <strong>del</strong>l’oggetto rivelato nella sua propria essenza,<br />

ma nella sua comunicazione me<strong>di</strong>ante segni rappresentativi, che in<strong>di</strong>chino ciò che<br />

deve essere rivelato, pur essendo da essi <strong>di</strong>verso” (p. 153).<br />

Anche a proposito <strong>del</strong> luogo <strong>di</strong> una possibile rivelazione si deve <strong>di</strong>re che non può<br />

darsi alcuna determinazione aprioristica. Ma occorre peraltro affermare che tale luogo<br />

deve essere “senz’altro l’uomo” (p. 154). E poiché “l’elemento preciso che determina<br />

l’uomo come spirito” è la sua storicità, si può concludere che “il luogo <strong>di</strong> una<br />

possibile rivelazione è sempre e necessariamente la storia <strong>del</strong>l’uomo” (p. 155).<br />

La conoscenza umana è infatti recettiva: l’uomo “prende coscienza <strong>di</strong> sé quando<br />

percepisce un altro oggetto <strong>di</strong>verso da lui” e solo dopo questo incontro è capace <strong>di</strong><br />

ritornare in se stesso. Insomma: “il ritorno in sé <strong>del</strong>l’uomo è sempre anche un<br />

“esodo nel mondo” e attraverso il mondo” (p. 159). Quando si indaga sul possibile<br />

luogo <strong>di</strong> una rivelazione bisogna tenere ben presente questa ineliminabile<br />

caratteristica <strong>del</strong>la conoscenza umana.<br />

B) L’uomo come essere materiale<br />

Ontologicamente la struttura <strong>del</strong>l’uomo si colloca nella <strong>di</strong>fferenza originaria tra<br />

essere ed ente. “L’essere <strong>del</strong>l’uomo è <strong>di</strong> conseguenza l’essere <strong>di</strong> una possibilità<br />

ontologica realmente <strong>di</strong>versa dall’essere, vuota, indeterminata, in funzione <strong>di</strong><br />

soggetto. Tale possibilità nella metafisica tomistica si chiama materia” (p. 164).<br />

Naturalmente si parla non <strong>del</strong>la moderna materia fisico-chimica ma <strong>di</strong> un “costitutivo<br />

metafisico <strong>del</strong>l’ente, indubbiamente reale ma non osservabile e afferrabile come<br />

oggetto”. E’ in forza <strong>di</strong> questa sua costituzione materiale che l’uomo conosce in<br />

9


maniera recettiva, cioè in modo essenzialmente sensibile. Questa <strong>del</strong>la sensibilità non<br />

è una determinazione aggiuntiva o estrinseca, ma è “intrinseca alla stessa spiritualità<br />

<strong>del</strong>l’uomo”. Infatti l’uomo “in quanto spirito, nella sua caratteristica umana <strong>di</strong><br />

spiritualità recettiva – anima tabula rasa – ha bisogno <strong>di</strong> una facoltà sensibile intesa<br />

come mezzo specifico, necessario e da essa prodotto, attraverso cui tende al suo<br />

proprio fine: la percezione <strong>del</strong>l’essere in genere. L’uomo è in questo senso spiritualità<br />

sensibile…L’anima in quanto spirito entra per sé nella materia” (p. 170).<br />

C) L’uomo spirito nella storia<br />

Da questo concetto <strong>di</strong> materia prima si deducono facilmente due sue fondamentali<br />

funzioni: spazialità/temporalità.<br />

a) Spazialità: “un ente ha carattere spaziale quando in forza <strong>del</strong>la sua più intima<br />

costituzione ontologica ha la materia come suo principio interiore essenziale”<br />

(p. 172);<br />

b) Temporalità: un ente appare sempre aperto a nuove future determinazioni<br />

ontologiche e perciò in movimento verso nuove possibili realizzazioni <strong>di</strong> sé.<br />

Ma ciò allora significa che “l’ente è immesso nel tempo” e che questa sua<br />

temporalità va intesa come “l’estensione interna <strong>del</strong>l’ente stesso in tutta la<br />

realizzazione <strong>del</strong>le sue possibilità” (p. 173).<br />

Questo uomo definito nella sua spazio-temporalità non è unico, ma appartiene ad una<br />

specie (è infatti ripetibile nella sua quid<strong>di</strong>tà), è “reale solo in una umanità” (p. 174).<br />

Ma affermando ciò è come se <strong>di</strong>cessimo che “egli è storico nel senso concreto <strong>di</strong> una<br />

storia umana”, cioè <strong>di</strong> una vicenda che è tale (storia umana) in quanto caratterizzata<br />

dalla irripetibilità ed impreve<strong>di</strong>bilità <strong>del</strong>la libertà. Infatti: “La storia si ha solo quando<br />

l’unicità e il valore particolare la vincono sulla ripetizione dei casi e sui valori già<br />

<strong>di</strong>sposti, dove quin<strong>di</strong> c’è libertà” (p. 175).<br />

Dopo aver sottolineato la piena aderenza <strong>di</strong> questi concetti al quadro generale<br />

<strong>del</strong>l’ontologia tomista, il Rahner conclude con la <strong>del</strong>ineazione <strong>del</strong> nuovo compito:<br />

“chiarire perché e fino a che punto la storicità <strong>del</strong>l’uomo determini la sua apertura<br />

verso un Dio <strong>di</strong> una possibile libera rivelazione e la renda proprio una potentia<br />

oboe<strong>di</strong>antialis <strong>del</strong>l’uomo per tale rivelazione” (p. 182).<br />

D) Spirito e storicità. Essere e fenomeno<br />

Poiché la caratteristica fondamentale <strong>del</strong>lo spirito umano è la sensibilità, questi si<br />

apre all’essere (e anche all’essere assoluto: Dio) solo “ in quanto penetrando nella<br />

materia realizza un incontro con l’ente materiale nello spazio e nel tempo… un<br />

accesso a Dio solo in un ingresso nel mondo”. Si può anche <strong>di</strong>re che “l’uomo ha la<br />

possibilità <strong>di</strong> un ritorno in se stesso che gli apra l’essere e in esso Dio, solo uscendo<br />

nel mondo interiore ed esteriore, materiale e sociale” (p. 184).<br />

Si può allora affermare che:<br />

a) L’essere in genere è aperto all’uomo solo nel fenomeno (pp. 189-191);<br />

10


) Ma Dio “ente immateriale e non fenomenizzabile” come può manifestarsi<br />

nella pienezza <strong>del</strong>le sue proprietà per mezzo <strong>del</strong> fenomeno? Come “un ente<br />

sopramondano può essere svelato nella sua concretezza” ? (pp. 191-194).<br />

E) La storicità umana <strong>di</strong> una possibile rivelazione<br />

Si può iniziare a rispondere a questa domanda ricordando anzitutto che “ogni ente<br />

può <strong>di</strong>ventare un dato nell’orizzonte <strong>del</strong> fenomeno sensibile attraverso la parola” (p.<br />

195). La parola naturalmente non si identifica con il suono fonetico, ma con “un<br />

segno concettuale escogitato dallo spirito e a lui dato imme<strong>di</strong>atamente” (p. 200).<br />

Questa parola, in quanto allude sempre ad un fenomeno , “può essere il modo in cui<br />

ogni ente senz’altro si rivela. Se poi è ascoltata come pronunciata da Dio in quanto<br />

depositaria <strong>del</strong> concetto <strong>di</strong> un ente sopramondano.. può rivelare anche l’esistenza e la<br />

possibilità interna <strong>di</strong> tale ente” (p. 200).<br />

L’uomo, in quanto essere costitutivamente teso all’ascolto <strong>di</strong> una possibile<br />

rivelazione <strong>di</strong> Dio, ha il dovere <strong>di</strong> ascoltare questa libera manifestazione <strong>di</strong> Dio<br />

attraverso la parola. La parola <strong>di</strong>venta il luogo <strong>di</strong> questo possibile incontro.<br />

Ma dove l’uomo deve attendere questa parola? R. risponde: “La rivelazione deve<br />

essere attesa come un evento fissato nello spazio e nel tempo <strong>di</strong> tutto il complesso<br />

<strong>del</strong>la storia umana” (p. 206). E ciò perché “l’uomo è un essere storico a causa <strong>del</strong>la<br />

sua apertura trascendente, protesa verso l’essere in genere, verso Dio e quin<strong>di</strong> verso<br />

una possibile rivelazione” (p. 207).<br />

A conclusione <strong>del</strong>l’ultimo capitolo Rahner formula la terza proposizione <strong>del</strong>la sua<br />

antropologia metafisica (cfr. le altre due a p. 8 <strong>del</strong>la presente scheda): “l’uomo è<br />

l’ente che nella sua storia deve tendere l’orecchio ad un’eventuale rivelazione<br />

storica <strong>di</strong> Dio attraverso la parola umana” (p. 208). E conclude:<br />

“l’uomo è l’ente che è dotato <strong>di</strong> una spiritualità recettiva aperta sempre alla storia e<br />

nella sua libertà in quanto tale si trova <strong>di</strong> fronte al Dio libero <strong>di</strong> una possibile<br />

rivelazione, la quale, nel caso si verifichi, si effettua sempre me<strong>di</strong>ante “la parola”<br />

nella sua storia, <strong>di</strong> cui costituisce la più alta realizzazione. L’uomo è colui che ascolta<br />

nella storia la parola <strong>del</strong> Dio libero. Solo così egli è quello che deve essere.<br />

Un’antropologia metafisica è completa solo quando concepisce se stessa come la<br />

metafisica <strong>di</strong> una potentia oboe<strong>di</strong>entialis rispetto alla rivelazione <strong>del</strong> Dio<br />

trascendente” (p. 209).<br />

N.B. Rahner chiude il suo <strong>libro</strong> con una conclusione (pp. 213-229) de<strong>di</strong>cata al tema<br />

dei rapporti tra fdr e teologia. La <strong>di</strong>scussione su tali rapporti appare oggi datata e<br />

priva – a mio avviso - <strong>di</strong> interesse (se non in or<strong>di</strong>ne ad una storia <strong>del</strong> pensiero<br />

teologico), per cui mi permetto <strong>di</strong> ignorarla, invitando il lettore interessato alle pagine<br />

succitate.<br />

11

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!