23.11.2012 Views

il libro dei salmi - Istituto Superiore di Scienze Religiose S. Apollinare

il libro dei salmi - Istituto Superiore di Scienze Religiose S. Apollinare

il libro dei salmi - Istituto Superiore di Scienze Religiose S. Apollinare

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Seconda Parte<br />

IL LIBRO DEI SALMI<br />

STORIA DELL’INTERPRETAZIONE DEI SALMI<br />

QUESTIONI INTRODUTTORIE<br />

SAGGI DI ESEGESI


STORIA DELL’INTERPRETAZIONE DEI SALMI *<br />

Nota preliminare<br />

In genere le introduzioni generali al salterio terminano con un breve riferimento alla storia<br />

dell’interpretazione, molto breve, confrontata con l’informazione su problemi e <strong>di</strong>scussioni<br />

attuali. A noi interessa invece inserirci saldamente in una grande tra<strong>di</strong>zione esegetica.<br />

A tal fine ripercorreremo in una visione panoramica le principali tappe dell’interpretazione,<br />

segnalando i problemi dominanti, i meto<strong>di</strong> applicati, alcuni nomi più significativi. Cominceremo<br />

dal tempo dell’Antico Testamento, quando <strong>il</strong> salterio si stava formando. Ci soffermeremo<br />

sull’epoca fiorente <strong>dei</strong> Padri. Del Me<strong>di</strong>oevo segnaleremo tre movimenti: la lectio monastica,<br />

la lectio scholastica e la rivoluzione critica <strong>dei</strong> maestri giu<strong>dei</strong>. L’insegnamento <strong>di</strong> questi<br />

ultimi penetra e si estende attraverso Nicola <strong>di</strong> Lira e feconda una nuova fioritura nei secoli<br />

XV-XVII. Alla fine del XVIII secolo arriva l’epoca della critica in cui ci troviamo. All’interno<br />

<strong>di</strong> questa, H. Gunkel è la vetta che imprime un cambio <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione, anche se non esaurisce le<br />

possib<strong>il</strong>ità e le esigenze dell’interpretazione. Per questo parleremo, infine, <strong>di</strong> lavori o compiti<br />

in sospeso da tenere in conto.<br />

Questo percorso ci permetterà <strong>di</strong> apprezzare come gli antichi furono già coscienti <strong>di</strong> molti<br />

problemi che oggi trattiamo con altri meto<strong>di</strong>. La panoramica storica ci guarisce dal provincialismo,<br />

denuncia le pretese monopolizzanti <strong>di</strong> un metodo, allarga <strong>il</strong> nostro orizzonte attuale.<br />

I. PERIODO DELLA FORMAZIONE DELL’ANTICO TESTAMENTO<br />

1. Interpretazione incorporata al testo<br />

La <strong>di</strong>stinzione tra interpretazione riproduttiva ed interpretazione esplicativa 1 trova una speciale<br />

applicazione nel caso <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Questo perché i <strong>salmi</strong>, in modo del tutto particolare, na-<br />

* L. ALONSO SCHÖKEL – C. CARNITI, I <strong>salmi</strong>, vol. 1 (Commenti biblici), Roma 1992, 11-87.<br />

1 «Em<strong>il</strong>io Betti, nella sua Teoria generale della interpretazione, M<strong>il</strong>ano 1955, 343-349, propone una classificazione<br />

delle <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> interpretazione che possono venire applicate nell’esercizio dell’interpretazione<br />

<strong>di</strong> testi letterari, secondo la loro rispettiva funzione. Così, stab<strong>il</strong>isce vi possano essere l’interpretazione riproduttiva<br />

(o rappresentativa), quella esplicativa e quella normativa.<br />

a) L’interpretazione riproduttiva consiste nel rendere presente <strong>il</strong> testo. Per esempio, un rapsodo quando recita<br />

un poema, la rappresentazione <strong>di</strong> un’opera teatrale, l’esecuzione <strong>di</strong> un brano musicale, la lettura personale <strong>di</strong> un<br />

testo: sono tutte azioni che riproducono, rappresentano <strong>il</strong> messaggio che si comunica e che è conservato in un<br />

determinato registro. L’esempio teatrale esprime molto bene questo tipo <strong>di</strong> rappresentazione. L’attore interpreta<br />

un personaggio, nella messa in scena non sv<strong>il</strong>uppa un’azione banale, ma riproduce <strong>il</strong> suo ruolo, dando vita al<br />

personaggio che incarna: così l’opera scritta recupera la sua esistenza autentica nella funzione teatrale.<br />

L’interpretazione dell’attore riproduce, dà vita, col rappresentarlo, al personaggio.<br />

b) L’interpretazione esplicativa presuppone <strong>il</strong> fatto che si arriverà all’interpretazione riproduttiva, che è la più<br />

importante, perché rappresenta, dà vita al messaggio. A volte, nella comunicazione del messaggio, l’u<strong>di</strong>tore non<br />

coglie <strong>il</strong> significato. Interviene allora l’interpretazione esplicativa, che cerca <strong>di</strong> me<strong>di</strong>are <strong>il</strong> significato o <strong>di</strong> arricchirlo.<br />

Se ascolto l’aria “Recitar” dell’opera I pagliacci, capto una melo<strong>di</strong>a e delle parole nelle quali si palpa<br />

un’intensa drammaticità, l’espressione <strong>di</strong> sentimenti profon<strong>di</strong>, la tristezza e la rabbia che scaturiscono unite...<br />

Poco dopo trovo <strong>il</strong> libretto dell’opera, leggo <strong>il</strong> testo dell’aria; tramite un critico musicale, giungo a conoscere la<br />

situazione del personaggio: un pagliaccio che deve svolgere la sua funzione <strong>di</strong> uomo del circo in una situazione,<br />

intima e personale, <strong>di</strong> dolore per l’amore tra<strong>di</strong>to. Quando torno ad ascoltare l’aria, la gusto maggiormente. Può<br />

servirci anche l’esempio <strong>di</strong> un interprete <strong>di</strong> lingue: è me<strong>di</strong>atore <strong>di</strong> significato tra due persone che non con<strong>di</strong>vidono<br />

lo stesso linguaggio. La sua funzione è quella <strong>di</strong> aiutare a comprendere e, nello svolgere la sua traduzione simultanea,<br />

egli realmente viene a favorire la riproduzione del messaggio attraverso <strong>il</strong> suo lavoro <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azionespiegazione.<br />

c) La funzione normativa è ancora nel campo del significato del testo. È la funzione che stab<strong>il</strong>isce <strong>il</strong> significato<br />

del testo, che può essere norma <strong>di</strong> intelligenza o <strong>di</strong> azione. Pren<strong>di</strong>amo l’esempio <strong>di</strong> Gv 14,28: «Se mi amaste,


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 135<br />

scono o sono destinati all’esecuzione: devono essere recitati o cantati. I loro interpreti primari<br />

sono coloro che li recitano o li cantano. È vero che qualsiasi testo letterario per vivere deve<br />

essere riprodotto, almeno nella mente s<strong>il</strong>enziosa <strong>di</strong> un lettore. Altri testi però, nascono semplicemente<br />

per essere ascoltati: i <strong>salmi</strong> per essere pregati. Se <strong>il</strong> poeta lirico fa parlare <strong>il</strong> suo io nel<br />

poema, l’autore <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> si sacrifica, si ritira ed esce <strong>di</strong> scena, affinché altri che verranno,<br />

forse anonimi e lontani dal suo tempo, si approprino <strong>dei</strong> suoi versi e possano <strong>di</strong>re in essi «io».<br />

Con una identificazione reale, non con la finzione dell’attore drammatico. Nella Bibbia ebraica<br />

e nella traduzione greca <strong>dei</strong> Settanta, sono restate le vestigia <strong>di</strong> questa destinazione alla recitazione<br />

e al canto, come vedremo più avanti.<br />

Nelle pagine che seguiranno, tratteremo in primo luogo della interpretazione esplicativa.<br />

Infatti, prima della fissazione definitiva del testo ebraico <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, <strong>il</strong> lavoro <strong>di</strong> interpretazione<br />

accompagnava <strong>il</strong> testo e talvolta <strong>di</strong>ventava tutt’uno con esso, incorporandosi in esso. Quella<br />

che nel linguaggio tecnico <strong>di</strong> alcuni esegeti viene chiamata «storia della redazione» si riferisce<br />

per buona parte ad un lavoro <strong>di</strong> spiegazione e <strong>di</strong> adattamento, che si se<strong>di</strong>menta su un testo<br />

provvisoriamente costituito. Qui ci interessa l’interpretazione che resta fuori dal testo, quando<br />

questo è già fissato in modo definitivo.<br />

2. Processo <strong>di</strong> formazione<br />

Parallelo al precedente, un altro fatto importante va tenuto in conto, per ciò che è capitato<br />

ai <strong>salmi</strong> nella storia <strong>di</strong> Israele: <strong>il</strong> processo <strong>di</strong> canonizzazione. Non siamo in grado <strong>di</strong> ricostruire<br />

tappe e cronologie <strong>di</strong> detto processo, però possiamo certo riflettere sulle sue implicazioni e<br />

conseguenze ermeneutiche.<br />

I <strong>salmi</strong> non vengono conservati come un cimelio nazionale o un monumento funebre, come<br />

meri ricor<strong>di</strong> storici; vengono conservati e tramandati come un repertorio a <strong>di</strong>sposizione per un<br />

uso continuo. Pur essendo contenuti e racchiusi in un canone, restano istituzionalmente aperti.<br />

Altre persone potranno e dovranno immedesimarsi nell’io dell’orante originale; altre situazioni<br />

analoghe si imporranno come riferimento del testo originale. Questo è ovvio nei <strong>salmi</strong> che<br />

nascono come brani <strong>di</strong> repertorio già pre<strong>di</strong>sposti per certe situazioni, però questo capita anche<br />

per i <strong>salmi</strong> che sgorgano da una situazione o circostanza unica, storicamente determinata. Si<br />

<strong>di</strong>staccano da essa, come modelli <strong>di</strong> nuove situazioni sim<strong>il</strong>i o analoghe: un es<strong>il</strong>io può <strong>di</strong>ventare<br />

allora modello <strong>di</strong> un altro, un ritorno può <strong>di</strong>ventare <strong>il</strong> modello <strong>di</strong> un altro ritorno, una vittoria<br />

l’archetipo <strong>di</strong> un’altra vittoria. La canonizzazione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> è un atto interpretativo.<br />

C’è un momento storico o un principio teorico che chiude l’apertura descritta? Si potrà fissare<br />

un limite numerico artificiale, quello <strong>di</strong> 150; ma è un limite così artificiale che non convince.<br />

Si potranno comp<strong>il</strong>are collezioni <strong>di</strong>verse per estensione. La <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, <strong>il</strong><br />

loro uso e la loro apertura, come <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> nascita o priv<strong>il</strong>egio acquisito nella canonizzazione,<br />

non può essere abolita. Che questo comporti amplificazioni e trasposizioni <strong>di</strong> senso, specialmente<br />

<strong>dei</strong> simboli, è una conseguenza inevitab<strong>il</strong>e e necessaria della <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità; non deplorevole<br />

ma felice, perché è segno <strong>di</strong> ricchezza espansiva. Se nell’orizzonte dell’autore e <strong>di</strong> alcune<br />

generazioni <strong>di</strong> oranti l’espressione «per sempre» significava «per la vita», ecco che un<br />

giorno questo «per sempre» si prolungherà ben al <strong>di</strong> là dello spazio e del tempo fisico annullati<br />

dalla morte, ad un’altra vita che non conosce tramonto. Non si tratta <strong>di</strong> una deformazione o<br />

<strong>di</strong> una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> senso; al contrario, le parole riacquistano tutto <strong>il</strong> loro spessore, si riempiono<br />

del loro senso. Se un salmo canta che «<strong>il</strong> Signore verrà», chi oserà o potrà fissare limiti al<br />

modo della sua venuta? Fin dove può spingersi l’assidersi alla destra <strong>di</strong> Dio?<br />

vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché <strong>il</strong> Padre è più grande <strong>di</strong> me». Nelle <strong>di</strong>spute cristologiche del IV secolo,<br />

questo versetto veniva usato come argomentazione dagli ariani; con esso, costoro volevano <strong>di</strong>fendere la loro<br />

posizione che <strong>il</strong> Figlio può essere concepito come creatura della volontà del Padre. Tuttavia, la Chiesa stab<strong>il</strong>isce<br />

con la sua autorità che <strong>il</strong> testo non può essere inteso come un’espressione <strong>di</strong> inferiorità ontologica del Figlio<br />

in rapporto al Padre. Questa è un’interpretazione normativa, che è vincolante nell’or<strong>di</strong>ne del credere» (L. ALON-<br />

SO SCHÖKEL – J. M. BRAVO ARAGÓN, Appunti <strong>di</strong> ermeneutica [Stu<strong>di</strong> biblici 24], Bologna 1994, 13-14).


136 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

3. Titoli e collezioni<br />

I primi visib<strong>il</strong>i processi e conseguenze <strong>di</strong> questo lavoro interpretativo sono le collezioni e i<br />

titoli. Riunire i <strong>salmi</strong> in cinque libri o collezioni non è un semplice espe<strong>di</strong>ente pratico, ma denota<br />

una opzione ermeneutica che mira ad instaurare una corrispondenza interpretativa tra <strong>il</strong><br />

corpus delle preghiere ufficiali e <strong>il</strong> Pentateuco. Come <strong>di</strong>cevano gli antichi autori, «in modo<br />

che <strong>il</strong> salterio sia un altro Pentateuco». Grazie a questo artificio, a prima vista così estrinseco,<br />

<strong>il</strong> Davide bardo ideale <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> replica al Mosè della Torāh. I titoli biblici e le <strong>di</strong>dascalie preposte<br />

ai <strong>salmi</strong>, rivelano più <strong>di</strong>rettamente questo lavoro interpretativo per due aspetti: <strong>il</strong> riferimento<br />

storico e la denominazione del genere.<br />

Riferimento storico. Spesso, leggendo le pagine dell’Antico Testamento, da Es 15 a Gdt 16,<br />

ci imbattiamo in <strong>salmi</strong> o cantici incastonati in un episo<strong>di</strong>o storico o in una trama narrativa 2 . Si<br />

tratta <strong>di</strong> un artificio narrativo che arresta o ristagna <strong>il</strong> flusso del racconto, che eleva a Dio<br />

l’esperienza storica, che invita <strong>il</strong> lettore ad una simpatia e ad un coinvolgimento più intenso.<br />

Inoltre, <strong>il</strong> ricorso riflette probab<strong>il</strong>mente pratiche liturgiche e risulta correlativo all’attribuzione<br />

<strong>di</strong> titoli o <strong>di</strong>dascalie storiche <strong>di</strong> determinati <strong>salmi</strong>. I <strong>salmi</strong> vengono attribuiti e contestualizzati<br />

in situazioni storiche narrate. Ritroviamo questa operazione letteraria in 2Sam 22 e nel <strong>libro</strong><br />

delle Cronache dove ci imbattiamo in brani del salterio: tale modo <strong>di</strong> procedere penetrerà abitualmente<br />

nei testi del Nuovo Testamento.<br />

Solo 23 <strong>salmi</strong> presentano nei rispettivi titoli un riferimento storico concreto, quasi sempre a<br />

qualche episo<strong>di</strong>o della vita <strong>di</strong> Davide ad esempio Sal 3,1: «Quando fuggiva da suo figlio Assalonne»;<br />

Sal 34,1: «Quando si finse pazzo davanti ad Abimelek e scacciato se ne andò»; o<br />

Sal 51,1 (che non <strong>di</strong>sdegna in ebraico un gioco <strong>di</strong> parole): «Quando venne da lui <strong>il</strong> profeta<br />

Natan, perché aveva avuto relazioni con Betsabea», ecc. In un certo senso, questo è un lavoro<br />

<strong>di</strong> critica storica, che ricerca nella storia conosciuta da altre fonti l’origine e la ragion d’essere<br />

<strong>di</strong> <strong>salmi</strong> in<strong>di</strong>viduali; in<strong>di</strong>rettamente stab<strong>il</strong>isce una cronologia, anche se non approda alla descrizione<br />

<strong>di</strong> un processo storico.<br />

Nonostante sia davvero sparuto <strong>il</strong> drappello <strong>di</strong> questi brevissimi prologhi (soltanto 23), esso<br />

esercita una forza <strong>di</strong> attrazione e <strong>di</strong> espansione. Nel presentare Davide come l’autore <strong>di</strong> 72<br />

<strong>salmi</strong> e alcuni suoi contemporanei (più o meno) <strong>di</strong> altri 23, l’interprete è invitato a ricercare<br />

nella vita <strong>di</strong> Davide la circostanza storica corrispondente al contenuto del salmo in questione.<br />

In quanto ai generi poetici <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, i titoli ci lasciano un po’ frastornati, dal momento che<br />

alle loro denominazioni non corrispondono caratteristiche formali o <strong>di</strong> contenuto coerenti.<br />

Abbiamo titoli con <strong>di</strong>verse denominazioni come mizmôr, maókîl, miktām, šîr e composti. Etichettare<br />

con siffatte denominazioni un salmo è una maniera embrionale <strong>di</strong> interpretarlo. Però<br />

ci resta nascosto <strong>il</strong> criterio seguito dagli autori <strong>di</strong> tali in<strong>di</strong>cazioni nei titoli.<br />

Autore, situazione storica, genere, sono le tre preoccupazioni costanti nei vecchi titoli, che<br />

perdureranno con mutamenti nel corso <strong>dei</strong> secoli. Continuamente i commentatori si domanderanno:<br />

chi ha composto <strong>il</strong> salmo? In quale circostanza? Come classificare <strong>il</strong> salmo? 3<br />

II. I SALMI NEL NUOVO TESTAMENTO<br />

1. Interpretazione me<strong>di</strong>ante citazione o allusione<br />

Il Nuovo Testamento introduce un fattore ermeneutico originale e ra<strong>di</strong>cale nella interpretazione<br />

<strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>: <strong>il</strong> riferimento a Gesù, Messia venuto nel mondo da parte del Padre. I testi<br />

2 Si veda A. GONZÁLEZ NÚÑEZ, La oración en la Biblia, Madrid 1968; F. FESTORAZZI, I Salmi: preghiera <strong>di</strong><br />

Israele nella sua storia, in La preghiera nella Bibbia. Storia, struttura e pratica dell’esperienza religiosa, Napoli<br />

1983, 129-155.<br />

3 Abbiamo parlato <strong>dei</strong> titoli che appaiono nelle nostre e<strong>di</strong>zioni della Bibbia ebraica, che oggi non consideria-<br />

mo canonici.


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 137<br />

dell’Antico Testamento vengono r<strong>il</strong>etti nel Nuovo in questa chiave cristologica fondamentale.<br />

Tra questi, Isaia e i <strong>salmi</strong> sono i libri più citati nel NT. Tra citazioni esplicite, frasi occasionali<br />

ed allusioni, reminiscenze, un e<strong>di</strong>tore moderno del NT può registrare qualcosa come quattrocento<br />

atti <strong>di</strong> presenza. Ci sono <strong>salmi</strong> preferiti per la loro frequenza (Sal 2; 110) o per la loro<br />

densità (Sal 22). Nell’uso i vangeli non si <strong>di</strong>stinguono dagli altri scritti.<br />

«Questo significavano le mie parole che vi <strong>di</strong>cevo quando ero ancora con voi, che doveva<br />

compiersi tutto ciò che era scritto riguardo a me nella Legge <strong>di</strong> Mosè, nei profeti e nei <strong>salmi</strong>».<br />

Sono parole <strong>di</strong> Gesù risorto ai <strong>di</strong>scepoli, secondo Lc 24,44. In esse risiede la certezza <strong>di</strong> ciò<br />

che crede la comunità cristiana.<br />

In Mt 21,16, entrando in Gerusalemme, Gesù risponde alla recriminazione <strong>di</strong> alcune autorità<br />

giudaiche, sacerdoti e scribi, citando come scrittura Sal 8,3.<br />

In Mc 12,10s. Gesù cita come scrittura Sal 118,22s riferendosi a sé. In Gv 10,34 Gesù<br />

chiama «Legge» Sal 82,6, traendo da esso un argomento a fortiori in suo favore.<br />

In Gv 13,18, durante l’ultima cena Gesù cita Sal 41,10 ed afferma: «Così si compie quel<br />

passo della Scrittura»; cfr. Gv 17,12.<br />

Per non allungare la lista, ricor<strong>di</strong>amo che quaranta <strong>salmi</strong> sono esplicitamente citati nel<br />

Nuovo Testamento; alcuni versi ripetute volte.<br />

A mo’ <strong>di</strong> esempio, ve<strong>di</strong>: 4<br />

Sal 2,1.2.7: At 2,27; 4,25s; 13,33; Eb 1,5; 3,5; Ap 2,27.<br />

Sal 8,3.5-8: Mt 21,16; 1Cor 15,26; Eb 2,6-8.<br />

Sal 16,8-11: At 2,25-28; 13,35.<br />

Sal 95,8: Eb 3,7-11.15; 4,7; ecc.<br />

In questo modo si instaura un orizzonte nuovo <strong>di</strong> interpretazione e comprensione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>.<br />

Che Gesù reciti liturgicamente alcuni <strong>salmi</strong>, come si <strong>di</strong>ce in Mt 26,30 e Mc 14,26, tuttavia non<br />

è decisivo. Il salto ermeneutico si dà nel riferimento esclusivo preferenziale a Gesù.<br />

L’uso <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> nel NT si inquadra tranqu<strong>il</strong>lamente nell’apertura connaturale e tra<strong>di</strong>zionale<br />

che abbiamo descritto più sopra. Prolunga la <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> lettura, in una espansione che a<br />

volte sembra eccedere la capacità del testo.<br />

2. Inni nuovi per imitazione<br />

Gli scrittori del NT compiono tre operazioni. Pongono sulla bocca <strong>di</strong> Gesù o <strong>di</strong> un altro<br />

personaggio un salmo o alcuni versetti, immedesimandolo nell’«io» dell’orante. Altre volte<br />

citano un salmo, o un versetto come tipo o profezia che si compie in qualche circostanza della<br />

vita <strong>di</strong> Cristo o della sua comunità, o che <strong>il</strong>lumina qualche aspetto del suo mistero. Una terza<br />

operazione è la composizione, o la citazione <strong>di</strong> alcuni cantici o inni specificatamente cristiani:<br />

alcuni <strong>di</strong> taglio semitico, come <strong>il</strong> Bene<strong>di</strong>ctus e <strong>il</strong> Magnificat, altri invece <strong>di</strong> matrice greca, come<br />

in alcune lettere <strong>di</strong> Paolo e nell’Apocalisse 5 .<br />

Le tre operazioni risulteranno para<strong>di</strong>gmatiche con variab<strong>il</strong>e intensità nella tra<strong>di</strong>zione cristiana.<br />

Vogliamo <strong>di</strong>re che i cristiani non si accontenteranno <strong>di</strong> ripetere ciò che era stato già fatto<br />

dagli agiografi neotestamentari, ma li imiteranno; facendo proprio <strong>il</strong> principio ed osservando<br />

la sua applicazione, amplieranno l’ambito, getteranno le reti fino a catturare nelle loro maglie<br />

tutto <strong>il</strong> salterio, rispettando sempre <strong>il</strong> carattere unico del NT come parola ispirata ed ispirante.<br />

Inoltre, se <strong>il</strong> NT cita espressamente 78 versetti <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi <strong>salmi</strong>, questa non è altro che la<br />

traccia scritta e canonizzata <strong>di</strong> una prassi consolidata presso le primitive comunità cristiane.<br />

Altri passi del NT che menzionano <strong>salmi</strong>, inni, cantici, possono considerarsi testimoni in<strong>di</strong>retti.<br />

Ad esempio in 1Cor 14,15 e Gc 5,13 troviamo impiegato <strong>il</strong> verbo psallein, che può corrispondere<br />

all’ebraico zāmar; Ef 5,19 e Col 3,16 menzionano psalmois hymnois kai o\dais. La<br />

4 Riman<strong>di</strong>amo a M. SIMONETTI, I <strong>salmi</strong> nel NT, in Orpheus 9 (1988) 1-20.<br />

5 Si veda J. KROLL, Die christliche Hymno<strong>di</strong>k bis zu Klemens von Alexandreia, Braunsberg 1921, Darmstadt<br />

1968, 15-17.


138 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

Chiesa primitiva non inventò un nuovo salterio che soppiantasse l’antico, ma ricevette e trasmise<br />

<strong>il</strong> salterio costituito. Aggiunse da parte sua un certo numero <strong>di</strong> inni. Non consideriamo<br />

qui testi extracanonici come le O<strong>di</strong> <strong>di</strong> Salomone, la cui composizione è datab<strong>il</strong>e per alcuni al<br />

II secolo 6 .<br />

III. FINO AL III SECOLO<br />

Sul periodo che va dalla chiusura del NT fino a quasi tutto <strong>il</strong> III secolo, la nostra documentazione<br />

è scarsa. Le primitive comunità cristiane potevano conservare i <strong>salmi</strong> come profezia<br />

messianica e come fonte <strong>di</strong> insegnamento o catechesi, mentre componevano in forma spontanea<br />

o con consumata ab<strong>il</strong>ità letteraria preghiere specificamente cristiane: inni rivolti a Cristo e<br />

suppliche al Padre. A quanto pare, sorse un problema che oggi potremmo formulare in questi<br />

termini: gli antichi <strong>salmi</strong>, repertorio <strong>di</strong> preghiera <strong>di</strong> una tappa precedente della storia della salvezza,<br />

dovevano essere sostituiti con un repertorio nuovo? In tal caso si potevano mantenere<br />

senza <strong>di</strong>fficoltà alcuni <strong>salmi</strong> «messianici» come <strong>il</strong> Sal 2, <strong>il</strong> Sal 8, <strong>il</strong> Sal 22 (21), <strong>il</strong> Sal 45, <strong>il</strong> Sal<br />

110... Il resto poteva servire, in una lettura tipologica, per continuare a penetrare ed esporre <strong>il</strong><br />

mistero <strong>di</strong> Cristo 7 .<br />

Diversi documenti, anche se esigui, ci attestano che le comunità cristiane composero nuovi<br />

testi, in modo particolare degli inni. Non ci risulta che <strong>il</strong> nuovo repertorio dovesse spodestare<br />

<strong>il</strong> precedente. Tuttavia, è conseguenza logica che i <strong>salmi</strong> perdessero importanza ed accoglienza.<br />

Secondo alcuni dati, anche gli eretici lavorarono alacremente all’elaborazione <strong>di</strong> inni cristiani,<br />

come mezzo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione delle loro particolari dottrine del cristianesimo. Possiamo<br />

domandarci se anche le primitive comunità ecclesiali, al loro nascere, avvertissero le stesse<br />

<strong>di</strong>fficoltà che avvertiamo noi oggi, in pieno rinnovamento biblico, <strong>di</strong>nanzi a molti <strong>salmi</strong>, come<br />

quelli imprecatori, pervasi da sentimenti e da espressioni a prima vista così estranee, o ad<strong>di</strong>rittura<br />

in contrasto con la nostra sensib<strong>il</strong>ità cristiana. Così, sarebbe interessante chiedersi che cosa<br />

pensavano e sentivano i neo-convertiti, i loro catechisti ed evangelizzatori. Sfortunatamente,<br />

per l’assenza <strong>di</strong> qualsiasi documentazione, le pagine <strong>di</strong> quello che potrebbe costituire un<br />

capitolo interessante e stimolante <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, visto in una prospettiva <strong>di</strong> «storia delle mentalità»,<br />

restano per ora bianche.<br />

Nel IV secolo, assistiamo ad una inversione <strong>di</strong> tendenza: si tende ad escludere o limitare<br />

l’uso <strong>di</strong> composizioni specificamente cristiane non canoniche e, nel contempo, ad accordare ai<br />

<strong>salmi</strong> <strong>di</strong>ritti esclusivi o a priv<strong>il</strong>egiarli come testi <strong>di</strong> preghiera. Ciò esigeva una maggiore e sistematica<br />

«cristianizzazione» <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Due dati <strong>il</strong>lustreranno questa inversione <strong>di</strong> tendenza.<br />

Il conc<strong>il</strong>io <strong>di</strong> Lao<strong>di</strong>cea (verso <strong>il</strong> 360) proibisce per la Chiesa la recita <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> privati o non<br />

ufficiali (i<strong>di</strong>o\tikous psalmous) e la lettura <strong>di</strong> altri libri non canonici. Possono essere letti soltanto<br />

i testi canonici del Nuovo e dell’Antico Testamento (ta kanonika).<br />

Da parte sua, la lettera <strong>di</strong> Atanasio a Marcellino (cfr. più sotto) insegna come pregare con i<br />

<strong>salmi</strong> canonici. Gli inni specificamente cristiani, non presentavano problemi particolari, salvo<br />

<strong>il</strong> pericolo <strong>di</strong> una contaminazione eretica, in quel tempo avvertito con particolare acutezza.<br />

Non è nostro compito descrivere qui ciò che accadde in seguito. Ci limitiamo a segnalare,<br />

in una rapida rassegna, gli avvenimenti più salienti e gli autori più importanti. I <strong>salmi</strong> entrarono<br />

e continuarono a vivere nelle comunità cristiane come repertorio ufficiale <strong>di</strong> preghiera. Si<br />

6 A parte le monografie su ogni <strong>libro</strong> del NT, possono vedersi le esposizioni d’insieme, con rispettiva bibliografia:<br />

L. VENARD, Citations de l’AT dans le NT, in DBS 2 (1934) 23-51; G. SMITS, Oud-Testamentiche citaten in<br />

het Nieuwe Testament, Amsterdam 1952-1963. Classico resta C. H. DODD, Secondo le Scritture (Stu<strong>di</strong> biblici<br />

16), Brescia 1972. Più generale con due esempi (Sal 2 e 110) P. GRECH, Ermeneutica e teologia biblica, Roma<br />

1986, 88-96. Sulle conseguenze teologiche della pratica si può consultare M. HENGEL, Hymn and Christology<br />

(Stu<strong>di</strong>a Biblica 78; JSNT Suppl. 3).<br />

7 Si veda B. FISCHER, Die Psalmenfrömmigkeit der Märtyrerkirche, Freiburg 1949.


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 139<br />

continuò a coltivare e recitare gli inni cristiani, relegandoli però, più in Oriente che in Occidente,<br />

in una posizione <strong>di</strong> secondo piano. I nomi più celebri nel campo dell’inno<strong>di</strong>a cristiana<br />

sono: Efrem <strong>il</strong> Siro (306-373), Romano <strong>il</strong> Melode che compone in greco († 565 ca.); in lingua<br />

latina Ilario († 367), Ambrogio († 397), Prudenzio († dopo <strong>il</strong> 405), Sedulio († verso la metà<br />

del V secolo), Venanzio Fortunato († dopo <strong>il</strong> 600), Beda <strong>il</strong> Venerab<strong>il</strong>e († 735). Il quarto conc<strong>il</strong>io<br />

<strong>di</strong> Toledo (633) <strong>di</strong>fende gli inni liturgici non canonici. La convivenza dura fino ai nostri<br />

giorni. Gli inni cristiani non sono un commento <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> in senso stretto. Sono però una testimonianza<br />

autorevole dell’accoglienza <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, <strong>di</strong> una recezione vitale che ha saputo assim<strong>il</strong>are<br />

<strong>il</strong> potere generatore <strong>dei</strong> simboli e <strong>di</strong> forme poetiche. Anche qui si potrebbe scrivere una<br />

storia interessante della interpretazione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> negli inni della Chiesa.<br />

Conserviamo papiri con testi <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> che risalgono al II e III secolo e con più abbondanza<br />

nei secoli successivi. A volte questi papiri venivano usati come amuleti 8 .<br />

IV. DA ORIGENE A CASSIODORO: PANORAMA<br />

A partire da Origene e terminando con Cassiodoro, dal III secolo fino a quasi tutto <strong>il</strong> VI secolo,<br />

una intensa attività intellettuale fiorisce e si sv<strong>il</strong>uppa intorno ai <strong>salmi</strong>. La definiamo intellettuale<br />

per <strong>di</strong>stinguerla dall’uso liturgico e spirituale, mai interrotto, che alimentava <strong>il</strong> lavoro<br />

intellettuale ed affiorava nelle sue linee. Un’attività intensa, a nostro parere, in proporzione<br />

alla cultura dell’epoca.<br />

Riesaminando ciò che ci è stato tramandato, che sicuramente non è tutto, possiamo apprezzare<br />

una ragionevole unità <strong>di</strong> criteri, una grande varietà <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> e risultati, un ampio arco <strong>di</strong><br />

questioni trattate. Il testo ut<strong>il</strong>izzato è la versione greca <strong>dei</strong> LXX e quella latina Gallicana della<br />

Vulgata. Prima <strong>di</strong> passare in rassegna i singoli commentatori e tenendo conto della scarsa attenzione<br />

che questa epoca ha riscosso negli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> alcuni specialisti moderni, ci sembra opportuno<br />

delineare una mappa st<strong>il</strong>izzata che permetta <strong>di</strong> comprendere ed abbracciare in una visione<br />

<strong>di</strong> insieme lo sv<strong>il</strong>uppo e la ramificazione dell’esegesi <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>.<br />

Seguendo la tra<strong>di</strong>zione giudaica <strong>di</strong> alcuni titoli, corredati da <strong>di</strong>dascalie, i commentatori si<br />

interessano alla contestualizzazione storica <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Seguendo l’esempio del NT, i Padri cercano<br />

nei <strong>salmi</strong> <strong>il</strong> riferimento a Cristo, che li cita, o a proposito del quale vengono citati. Le<br />

due prospettive possono sovrapporsi ed incrociarsi. Tuttavia, è legittima la <strong>di</strong>visione principale<br />

in interpretazione storica ed interpretazione cristologica.<br />

Alcune questioni affrontate sono: <strong>il</strong> problema dell’autore o degli autori <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>; i generi<br />

poetici e gli argomenti; la forma <strong>di</strong> esecuzione; l’appropriazione personale del salmo. Varie<br />

sono le forme <strong>di</strong> esposizione ut<strong>il</strong>izzate: l’esposizione può essere analitica o sintetica, può presentarsi<br />

come note brevi, glosse o come commentario, può adottare <strong>il</strong> genere dell’omelia e del<br />

trattato. Nella interpretazione cristologica, <strong>di</strong>stingueremo vari livelli: l’interpretazione profetica,<br />

tipologica, allegorica, prosopologica.<br />

1. Interpretazione storica<br />

Tre<strong>di</strong>ci <strong>salmi</strong> recano in ebraico una brevissima introduzione storica che li mette in relazione<br />

con episo<strong>di</strong> della vita <strong>di</strong> Davide, narrata nei libri <strong>di</strong> Samuele. La traduzione greca <strong>dei</strong> LXX<br />

e la Vulgata Gallicana aggiungono altri otto titoli storici. La maggioranza <strong>dei</strong> Padri, eccettuato<br />

Teodoro <strong>di</strong> Mopsuestia, accettano l’autorità <strong>dei</strong> titoli e delle <strong>di</strong>dascalie storiche e, sulla falsariga<br />

<strong>di</strong> questi, si sforzano <strong>di</strong> rintracciare nella storia biblica <strong>di</strong> Davide, circostanze in cui situare<br />

storicamente gli altri <strong>salmi</strong> sprovvisti <strong>di</strong> titoli storici, <strong>salmi</strong> che la tra<strong>di</strong>zione attribuisce a<br />

Davide e ai suoi contemporanei; la contestualizzazione storica può estendersi a fatti ed epoche<br />

posteriori a Davide. Teodoro <strong>di</strong> Mopsuestia († 428) non accetta i titoli tra<strong>di</strong>zionali, però sposa<br />

8 Si veda O. MONTEVECCHI, La Papirologia. Torino 1973, 301-306.


140 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

con entusiasmo <strong>il</strong> criterio della contestualizzazione storica. Egli ricerca allora nel corso della<br />

storia <strong>di</strong> Israele, fino all’epoca postes<strong>il</strong>ica, le circostanze e gli eventi che gli permettono, per<br />

coerenza, <strong>di</strong> situare storicamente i <strong>salmi</strong>. Pertanto, accetta avvenimenti futuri a Davide. I risultati<br />

e i frutti della sua esegesi <strong>di</strong> scuola antiochena, pesano o esercitano un in<strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>e influsso<br />

nella tra<strong>di</strong>zione della chiesa siriaca.<br />

In altri termini, i Padri manifestano un interesse storico, che è critico nella misura in cui<br />

applica un criterio <strong>di</strong> coerenza; in realtà, però, risulta poco critico, perché non adotta criteri<br />

rigorosi e si contenta fac<strong>il</strong>mente della coerenza o della tra<strong>di</strong>zione, come criterio valido <strong>di</strong> attribuzione<br />

del salmo. Teodoro è l’unico a saper valutare criticamente con in<strong>di</strong>pendenza la tra<strong>di</strong>zione<br />

<strong>dei</strong> titoli, anche se non perviene ad una elaborazione criticamente controllata. Per ciò<br />

che concerne questa attività esegetica <strong>dei</strong> Padri, non possiamo parlare ante litteram, <strong>di</strong> «critica<br />

storica» nell’accezione tecnica che <strong>il</strong> termine possiede attualmente; d’altra parte, è ingiusto<br />

sostenere, come ha fatto una certa critica superficiale, che i Padri non si interessavano né alla<br />

storia né alla critica.<br />

2. Interpretazione profetica<br />

Si può intendere la profezia in senso stretto, come pre<strong>di</strong>zione del futuro ed in senso lato,<br />

come visione ispirata. Come pre<strong>di</strong>zione del futuro, una profezia può riferirsi ad eventi della<br />

storia del popolo ebraico posteriori a Davide, supposto autore <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, e può in principio<br />

avere un riferimento cristologico ed ecclesiologico: può cioè riferirsi a Cristo nella sua vita e<br />

alla sua Chiesa. Il profeta-autore esce dalla sua coor<strong>di</strong>nata temporale e si proietta con <strong>il</strong> pensiero<br />

ad eventi futuri precisi, che egli conosce per rivelazione <strong>di</strong>vina. Non è necessario che<br />

l’evento futuro sia <strong>di</strong> per sé omogeneo o sim<strong>il</strong>e alla situazione dell’autore; se si verifica questa<br />

somiglianza, questa sarà una pura coincidenza che non interessa o intacca <strong>il</strong> senso della profezia.<br />

La profezia non si pone sulla linea della continuità, ma rappresenta un salto; non annuncia<br />

<strong>il</strong> preve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e, ma l’impreve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e, a rischio <strong>di</strong> essere fraintesa. Teodoro <strong>di</strong> Mopsuestia, profondamente<br />

ra<strong>di</strong>cato nella sua esegesi minimalista del NT, accetta solo quattro <strong>salmi</strong> come<br />

profezia <strong>di</strong> Cristo: <strong>il</strong> Sal 2, <strong>il</strong> Sal 8, <strong>il</strong> Sal 22 (21), <strong>il</strong> Sal 110 (109). Considera i <strong>salmi</strong> restanti<br />

come profezia <strong>di</strong> Davide che si riferisce ad eventi futuri <strong>dei</strong> suoi <strong>di</strong>scendenti e del suo popolo.<br />

Teodoro fu condannato per <strong>il</strong> suo minimalismo esegetico, che suona contrario alla prassi del<br />

NT, e le sue teorie furono rifiutate anche da altri padri della scuola antiochena, come Teodoreto<br />

<strong>di</strong> Ciro († 458). La maggioranza <strong>dei</strong> Padri riba<strong>di</strong>sce in molte occasioni che alcuni interi <strong>salmi</strong>,<br />

o alcuni versi <strong>di</strong> altri si riferiscono unicamente a Cristo e alla Chiesa, senza la me<strong>di</strong>azione<br />

<strong>di</strong> un senso storico imme<strong>di</strong>ato. L’assenza <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione, <strong>di</strong> riferimento alla propria contemporaneità,<br />

la netta proiezione verso <strong>il</strong> punto futuro, sono requisiti essenziali per la profezia.<br />

Se molti <strong>salmi</strong> o versetti sono una chiara profezia, comprovata a posteriori dagli avvenimenti<br />

(così pensano i Padri), se <strong>il</strong> più delle volte si riferiscono puramente e semplicemente<br />

all’economia salvifica cristiana, <strong>il</strong> loro autore deve essere <strong>di</strong>chiarato un profeta. Sebbene la<br />

tra<strong>di</strong>zione non annoveri i <strong>salmi</strong> nella serie <strong>dei</strong> n e bî’îm (Profeti), bensì tra i k e tûbîm (gli Scritti),<br />

Davide è ho prophe\te\s, <strong>il</strong> profeta per antonomasia. L’abate Gerhoh <strong>di</strong> Reichersberg (XII secolo)<br />

prolunga ed amplia questa tra<strong>di</strong>zione quando afferma e cerca <strong>di</strong> mostrare che nel salterio<br />

Davide è <strong>il</strong> primo a svelare <strong>il</strong> mistero della Trinità. Agli inizi del XVII secolo Lorinus si spinge<br />

ad affermare che «tutti i misteri della religione cattolica, possono essere provati con i <strong>salmi</strong>».<br />

Nel suo commentario, <strong>il</strong> cap. III della sua ampia introduzione reca questa epigrafe: «An<br />

David fuerit propheta et quamvis; et cur inter alios prophetas non censetur (Se Davide fu profeta<br />

e questo sommamente; e perché non è annoverato tra gli altri profeti)».<br />

A questo punto, possiamo definire profezia i <strong>salmi</strong> che cantano la creazione del cosmo o<br />

l’esodo dall’Egitto? Alcuni autori rispondono affermativamente ricorrendo al senso lato <strong>di</strong><br />

profezia, come visione ispirata o <strong>il</strong>luminata <strong>di</strong> qualsiasi evento. Questa estensione <strong>di</strong> senso<br />

permette <strong>di</strong> unificare tutti i <strong>salmi</strong> come profezia e <strong>di</strong> giustificare <strong>il</strong> loro autore come profeta<br />

per antonomasia, però al prezzo dell’uso ambiguo del termine, che lo rende inservib<strong>il</strong>e ai fini


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 141<br />

della nostra indagine storica. Anche Teodoro considera Davide come ispirato e come profeta,<br />

sebbene egli ritenga che soltanto quattro volte annunciò <strong>il</strong> Cristo (ra<strong>di</strong>calizzando la posizione<br />

del suo maestro Diodoro <strong>di</strong> Tarso). La maggioranza <strong>dei</strong> Padri considera Davide come autore<br />

<strong>di</strong> tutti o quasi tutti i <strong>salmi</strong>, profeta <strong>di</strong> Cristo: ho prophe\te\s.<br />

3. Interpretazione tipologica<br />

La tipologia si basa su una somiglianza tra due avvenimenti. Il termine typos, usato nel NT<br />

(Rom 5,14; 1Cor 10,6) deriva dal mondo delle arti plastiche. Significa la forma o <strong>il</strong> calco, <strong>il</strong><br />

modello o la copia, la figura. Per questo <strong>di</strong>ciamo che l’interpretazione tipologica è figurativa.<br />

In senso ampio, la tipologia si può applicare alla coincidenza o somiglianza <strong>di</strong> due avvenimenti<br />

che permette <strong>di</strong> considerarli come modello e copia o come due calchi <strong>di</strong> uno stampo <strong>di</strong><br />

figura o <strong>di</strong> statua. Questo senso ampio del termine, <strong>di</strong> semplice coincidenza o <strong>di</strong> somiglianza<br />

umana, non è sufficiente a definire <strong>il</strong> metodo tipologico <strong>dei</strong> Padri, perché essi esigono che la<br />

corrispondenza faccia parte <strong>di</strong> un <strong>di</strong>segno o piano <strong>di</strong> rivelazione: un evento deve sv<strong>il</strong>upparsi<br />

in modo da prefigurare un altro evento futuro. Come se un artista facesse un modello prima <strong>di</strong><br />

fondere la statua: o meglio, come se facesse un bozzetto prima <strong>di</strong> realizzare l’opera definitiva.<br />

Ecco allora che a Davide perseguitato possono assomigliare innumerevoli innocenti perseguitati;<br />

questo non basta però per fare <strong>di</strong> Davide un tipo in senso tecnico. Secondo <strong>il</strong> piano<br />

prestab<strong>il</strong>ito <strong>di</strong> Dio, Davide sarà perseguitato per prefigurare la persecuzione del Cristo innocente,<br />

nella sua vita e nelle sue membra. In tali con<strong>di</strong>zioni, Davide è tipo <strong>di</strong> Cristo. Il tipo è<br />

una sorta <strong>di</strong> profezia <strong>di</strong>namica, in azione, che però non resta indefinitamente aperta, né si<br />

espande senza un punto <strong>di</strong> arrivo. Un <strong>di</strong>segno superiore la polarizza e la <strong>di</strong>rige ad un punto<br />

preciso: Cristo e la sua Chiesa. Però siccome Davide agisce in una costellazione <strong>di</strong> personaggi<br />

storici, quando questi si intersecano o interagiscono con lui, possono trasformarsi in tipi <strong>di</strong><br />

personaggi che hanno attorniato Cristo; Saul può essere tipo <strong>di</strong> P<strong>il</strong>ato; Assalonne può essere<br />

tipo del demonio che perseguita <strong>il</strong> credente...<br />

Se abbandoniamo <strong>il</strong> riferimento singolare a Cristo e al <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> salvezza dell’intera economia<br />

salvifica, l’esemplarità tipologica si riduce a quella <strong>di</strong> un comune testo letterario, che,<br />

per generalizzazione, si applica ad una gamma più svariata <strong>di</strong> molteplici casi o esperienze<br />

umane. Un buon testo letterario può dare voce ed un’espressione singolare ad una pluralità,<br />

forse ad una universalità. Non per questo, però, è «tipo» nel senso tecnico qui descritto.<br />

L’autore deve essere cosciente del fatto che la sua esperienza si riferisce all’evento futuro<br />

preciso? Oltre a vivere nell’angoscia e poi essere liberato, Davide deve essere cosciente che in<br />

ciò egli prefigura l’angoscia e la liberazione del Messia? Se <strong>il</strong> senso tipologico deve entrare e<br />

permeare l’intenzione dell’autore umano, la risposta è affermativa. Teoricamente, anche<br />

quando l’autore umano non è cosciente ed ignora questo senso tipologico, è sufficiente <strong>il</strong> fatto<br />

che sia l’autore <strong>di</strong>vino a conoscerlo. I Padri non impostano con rigore questa questione, benché<br />

<strong>il</strong> modo con cui si esprimono tenda a presupporre la coscienza riflessa <strong>di</strong> Davide.<br />

Come possiamo vedere, la tipologia può sovrapporsi alla profezia, aggiungendo la me<strong>di</strong>azione<br />

storica del fatto.<br />

4. Interpretazione allegorica<br />

Non è fac<strong>il</strong>e <strong>di</strong>stinguerla dalla precedente. Dal momento che dobbiamo delimitarla, possiamo<br />

<strong>di</strong>re che l’allegoria spazia nel campo <strong>dei</strong> simboli letterari, <strong>dei</strong> personaggi e degli avvenimenti<br />

in quanto presentati e rappresentati in un testo.<br />

Ecco allora che la Sion del Sal 87 è simbolo della Chiesa; ciò che <strong>il</strong> salmo <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Sion, per<br />

allegoria lo interpretiamo come detto della Chiesa. Il Mosè del Sal 106 (105) che si pone sulla<br />

breccia per sbarrare la strada alla collera <strong>di</strong>vina, è simbolo <strong>di</strong> Cristo che intercede per i peccatori.<br />

Me<strong>di</strong>ante l’allegoria, attribuiamo a Cristo ciò che <strong>il</strong> salmo <strong>di</strong>ce del suo personaggio Mosè.<br />

I Padri procedono così, ma la loro allegoria è più spregiu<strong>di</strong>cata e libera, più letteraria e<br />

poetica. Ma anche inevitab<strong>il</strong>mente più pericolosa, quando abbandona la visione globale, tota-


142 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

le, del simbolo e si perde in minuzie o si frammenta nella corrispondenza <strong>dei</strong> dettagli. Allora<br />

una legittima allegoria scade in un <strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>e allegorismo. A ragione scrittori antichi e moderni<br />

rifiutano l’allegorismo che rappresenta una deformazione massimalista dell’allegoria.<br />

Di rigore, l’interpretazione allegorica non nega né esclude <strong>il</strong> senso storico del salmo, anzi,<br />

solitamente ne fa <strong>il</strong> suo punto <strong>di</strong> appoggio e parte da esso come primo gra<strong>di</strong>no esegetico. Che<br />

la Sion del Sal 87 simbolizzi o significhi la Chiesa, non vuol <strong>di</strong>re che la città <strong>di</strong> Sion non è<br />

mai esistita o che <strong>il</strong> salmo deve cancellarla dalla mente. Dato che la spiegazione <strong>dei</strong> Padri <strong>il</strong><br />

più delle volte è om<strong>il</strong>etica o contemplativa, non si può sempre domandare loro una precisione<br />

su questo punto. Tuttavia, ci sono casi in cui <strong>il</strong> commentatore nega ogni riferimento del simbolo<br />

letterario ad una realtà concreta della sua epoca storica.<br />

L’interpretazione allegorica tra<strong>di</strong>sce in coloro che la praticano un’acuta e raffinata sensib<strong>il</strong>ità<br />

per <strong>il</strong> linguaggio simbolico, non sempre controllata da criteri razionali. Il lettore <strong>di</strong> commentari<br />

patristici sui <strong>salmi</strong>, deve sintonizzarsi con questa sensib<strong>il</strong>ità nei confronti del linguaggio<br />

simbolico, poiché spesso <strong>il</strong> linguaggio simbolico risulta un fattore dominante nella poesia<br />

<strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. In nome della oggettività, <strong>il</strong> commentatore o l’esegeta devono rispettare <strong>il</strong> loro oggetto,<br />

ancor più quando questo è simbolico. Ma non devono confondere l’allegoria qui descritta<br />

con l’omonima figura retorica.<br />

5. Interpretazione prosopologica<br />

L’interpretazione prosopologica è stata br<strong>il</strong>lantemente stu<strong>di</strong>ata con particolare successo da<br />

M. Rondeau 9 . Se <strong>il</strong> principio che sta alla base del metodo è fac<strong>il</strong>e da comprendere, le sue <strong>di</strong>ramazioni<br />

sono <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i da seguire. La <strong>di</strong>fferenza tra interpretazione tipologica e quella prosopologica<br />

sta nel fatto che <strong>il</strong> typos deriva dalle arti plastiche, mentre <strong>il</strong> proso\pon proviene dal<br />

mondo dell’arte drammatica e della lirica. In greco proso\pon può designare sia la maschera<br />

dell’attore in scena, sia <strong>il</strong> personaggio rappresentato, sia la personalità; per designare invece la<br />

persona come entità metafisica, gli autori preferiscono ricorrere al termine tecnico hypostasis.<br />

I latini hanno tradotto proso\pon con persona che può designare sia la maschera teatrale, sia <strong>il</strong><br />

personaggio, la personalità, ma anche la persona come entità o soggetto metafisico. Come si<br />

può intuire, questo però genera ambiguità pericolose. Nel linguaggio teatrale, talvolta usano<br />

vox al posto o come sinonimo <strong>di</strong> persona.<br />

In un’opera teatrale, l’autore introduce (eisagei) o mette in scena (skhe\matizei) <strong>il</strong> suo personaggio<br />

(proso\pon): lo fa parlare o parla attraverso <strong>di</strong> lui. Uno stesso attore può rappresentare<br />

<strong>di</strong>versi personaggi o sostenere <strong>di</strong>versi ruoli (ekhein, sustinere), secondo le opere rappresentate<br />

in scena; un personaggio teatrale può ricoprire <strong>di</strong>versi ruoli, apparendo come padre, come<br />

marito, come commerciante... Anche nella poesia lirica l’autore può introdurre uno o più personaggi,<br />

può farli parlare o <strong>di</strong>alogare, può effettuare cambi <strong>di</strong> voce parlante in scena. Questa è<br />

la prosopopoia in senso lato, che i latini hanno reso con <strong>il</strong> termine personificatio. L’autore può<br />

restare al <strong>di</strong> fuori del testo e può entrarvi come voce parlante o <strong>di</strong>alogante. Come se non bastasse,<br />

i personaggi <strong>di</strong>aloganti sulla scena possono riferirsi a terzi e parlare <strong>di</strong> essi, possono<br />

citare alla lettera parole <strong>di</strong> altri, prestando loro la voce in uno st<strong>il</strong>e <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto o in<strong>di</strong>retto.<br />

Un personaggio che parla, può parlare a nome <strong>di</strong> un altro o <strong>di</strong> altri, può, come rappresentante,<br />

prestare la voce ad una intera comunità, come voce, per così <strong>di</strong>re, corporativa. Il locutore<br />

deve parlare in modo coerente con <strong>il</strong> suo personaggio o con l’aspetto che è chiamato a rappresentare,<br />

l’attore deve calarsi ed adattarsi nel suo personaggio, immedesimandosi nel suo<br />

ruolo e nei suoi sentimenti.<br />

L’arte drammatica e la personificazione lirica instaurano una rete <strong>di</strong> relazioni e provocano<br />

una serie <strong>di</strong> domande: chi parla, in nome <strong>di</strong> chi parla (ek proso\pou, ex persona, ex voce), a chi<br />

9 Cfr. M. J. RONDEAU, Les commentaires patristiques du Psautier (III-IV siècles), vol. II: Exégèse prosopologique<br />

et théologie (OrChA 220), Roma 1982-1985. Per uno sguardo cronologico cfr. DSp 12, Les commentaires<br />

2562-2567.


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 143<br />

si rivolge, <strong>di</strong> chi parla. Un critico avvezzo non confonderà mai l’autore con <strong>il</strong> personaggio o<br />

con <strong>il</strong> locutore.<br />

Dopo aver brevemente fornito elementi <strong>di</strong> una poetica «in nuce», passiamo all’interpretazione<br />

patristica <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, per entrare nei meandri e nelle molteplici <strong>di</strong>ramazioni dell’interpretazione<br />

prosopologica, che dall’esegesi può fac<strong>il</strong>mente assurgere alla teologia. I <strong>salmi</strong> sono<br />

stati composti dallo (hypo) Spirito Santo come autore principale, per mezzo <strong>di</strong> (<strong>di</strong>a) Davide. Il<br />

salmo introduce un soggetto parlante, l’«io» del poema, che parla in nome <strong>di</strong>, come <strong>il</strong> tal personaggio,<br />

(ek proso\pou, ex persona, ex voce), secondo questo o quel ruolo, a nome proprio o<br />

<strong>di</strong> altri o come personalità corporativa (che include un gruppo o una comunità). Quando entra<br />

in gioco la figura trascendente <strong>di</strong> Cristo, lo schema drammatico si complica, se c’è posto.<br />

Supponiamo che in un salmo Davide parli in prima persona: l’io dell’autore si identifica liricamente<br />

con l’io del salmo. Egli può parlare rappresentando <strong>il</strong> futuro Messia, ek proso\pou<br />

Christou. Supponiamo che colui che parla, l’io del salmo, sia Cristo, caso frequente secondo i<br />

Padri. Cristo può parlare come Dio e come uomo, a nome proprio o a nome <strong>dei</strong> suoi membri<br />

o, includendo ambedue, può rivolgersi al Padre o ad altri. C’è qualche criterio per definire un<br />

locutore o personaggio <strong>di</strong> un salmo o <strong>di</strong> un brano?<br />

Il criterio principale è la coerenza (harmozo\n). Nei <strong>salmi</strong> troviamo espressioni <strong>di</strong> sentimenti<br />

o <strong>di</strong> dottrine che sono convenienti al Cristo soltanto nella sua natura <strong>di</strong>vina, altri invece unicamente<br />

alla sua natura umana, altre soltanto ai suoi membri peccatori, altre a Lui come testa<br />

del Corpo che include i suoi membri. All’interno <strong>di</strong> un salmo può verificarsi un cambio <strong>di</strong><br />

persona che parla, non solo nell’interscambio esplicito del <strong>di</strong>alogo, ma nella continuità poetica<br />

del medesimo «io». Sebbene, secondo i Padri, buona parte del salterio sia pronunciata ex<br />

persona Christi, questo costituisce un principio <strong>di</strong> unità e, nel contempo, <strong>di</strong> varietà. Il principio<br />

non è un rullo compressore che livella e appiattisce con monotonia la varietà <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> e la<br />

sinfonia <strong>dei</strong> loro personaggi.<br />

Gli Antiocheni elaborano un metodo che designano con <strong>il</strong> nome tecnico <strong>di</strong> theo\ria. Questo<br />

metodo presuppone un’analisi psicologica: nella mente dell’autore, al riferimento storico<br />

prossimo o imme<strong>di</strong>ato, si sovrappone un’immagine futura analogica e maggiore della prima.<br />

Il testo significa in senso proprio <strong>il</strong> personaggio o l’evento futuro, significa inoltre per eccesso,<br />

kath’ hyperbole\n, l’evento che dovrà accadere. I casi sono contati. Non ci sembra che gli<br />

Antiocheni applichino <strong>il</strong> metodo nella loro interpretazione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>.<br />

6. Generi <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> e <strong>dei</strong> commentari<br />

Gli antichi commentatori sono consapevoli <strong>dei</strong> <strong>di</strong>versi generi che si trovano nel salterio,<br />

specialmente <strong>dei</strong> generi <strong>di</strong> lode e <strong>di</strong> supplica, narrativi o <strong>di</strong> consolazione. Sono anche coscienti<br />

della enorme varietà <strong>di</strong> sentimenti che vengono espressi e che, logicamente, suscitano <strong>di</strong>versi<br />

tipi <strong>di</strong> preghiera. Ciò che non hanno fatto è l’aver saputo cogliere le relazioni tra affetti,<br />

sentimenti e tematiche con le forme letterarie in cui questi venivano espressi. Per questo solitamente<br />

si limitano ad una semplice enunciazione o elenco, senza trasformare lo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong><br />

generi in fattore <strong>di</strong> interpretazione. Si <strong>di</strong>mostrano anche consapevoli della possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> re<strong>di</strong>gere<br />

<strong>di</strong>versi generi <strong>di</strong> commentari. Ecco allora che, accanto al commentario eru<strong>di</strong>to, ben elaborato<br />

nei concetti e nella redazione, fiorisce <strong>il</strong> commentario <strong>di</strong> tipo om<strong>il</strong>etico destinato alla<br />

comunità cristiana. Alcune volte si tratta <strong>di</strong> un commento occasionale, magari su un salmo<br />

proclamato nella liturgia, altre volte <strong>il</strong> commento nasce da una pre<strong>di</strong>cazione su una serie più o<br />

meno nutrita <strong>di</strong> <strong>salmi</strong>. Il lettore potrà fare un confronto tra i testi parenetici <strong>di</strong> Bas<strong>il</strong>io e la elaboratissima<br />

spiegazione <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci <strong>salmi</strong> fatta da Ambrogio o quella in due tappe <strong>di</strong> Agostino.<br />

Nell’antichità era comune l’uso della tachigrafia. Alcuni <strong>dei</strong> commentari che conserviamo si<br />

<strong>di</strong>rebbero omelie pre<strong>di</strong>cate e successivamente riviste e corrette dall’autore in quanto a st<strong>il</strong>e ed<br />

eru<strong>di</strong>zione. In un caso, quello <strong>di</strong> Di<strong>di</strong>mo <strong>il</strong> Cieco, sono stati conservati gli appunti <strong>di</strong> un alunno<br />

presi durante la spiegazione fatta a scuola. Un altro tipo <strong>di</strong> commentario è quello tipico


144 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

proposto dall’abate o da un maestro ad una comunità <strong>di</strong> monaci. Questa poliformità <strong>di</strong> generi<br />

attesta la vitalità <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> nelle antiche comunità cristiane.<br />

Nel commentario <strong>di</strong> scuola si <strong>di</strong>stingue talvolta tra quello che segue un metodo analitico<br />

(katamerike\) che esamina <strong>il</strong> testo verso dopo verso e parola per parola e quello che segue un<br />

metodo sintetico (epoptike\) che cerca <strong>di</strong> cogliere l’unità del salmo stu<strong>di</strong>ato. È la <strong>di</strong>stinzione<br />

formulata più tar<strong>di</strong> da Proclo (412-485). A volte i due meto<strong>di</strong> vengono combinati, con una anticipazione<br />

dell’argomento stu<strong>di</strong>ato (hypothesis), prima dell’analisi <strong>di</strong> ogni verso, o <strong>di</strong> alcuni<br />

versi scelti per <strong>di</strong>versi motivi.<br />

7. Esecuzione<br />

Infine i Padri affrontano <strong>il</strong> problema dell’esecuzione del salmo, nel suo aspetto materiale e<br />

spirituale. Ambedue gli aspetti sono pertinenti a quella che E. Betti chiama interpretazione riproduttiva,<br />

<strong>di</strong> cui abbiamo parlato all’inizio. Una interpretazione riproduttiva, ad esempio, è<br />

quella <strong>di</strong> un pianista, virtuoso o no, che esegue la sua partitura. La pratica precede la teoria e,<br />

talvolta, la polemica o la controversia costringono a chiarire posizioni e ad approfon<strong>di</strong>re <strong>il</strong><br />

problema.<br />

Nell’ambito dell’esecuzione materiale si situano <strong>il</strong> recitato e <strong>il</strong> canto. Cogliamo l’occasione,<br />

per introdurre qui un veloce e breve accenno al tema del canto, anche se anticipiamo<br />

considerazioni che faremo in seguito. Da una parte, i Padri, nel loro zelo <strong>di</strong> pastori, nella pratica<br />

e nella teoria apprezzano l’importanza del canto come forma naturale <strong>di</strong> esecuzione, <strong>di</strong><br />

appropriazione del salmo. I sentimenti si esprimono meglio con <strong>il</strong> canto che con <strong>il</strong> parlare; da<br />

qui <strong>il</strong> detto <strong>di</strong> Agostino: «Qui bene cantat, bis orat». Il canto unifica sentimento ed espressione,<br />

manifesta e favorisce l’armonia dell’uomo, corpo e spirito, sensi ed emozioni. Se è corale,<br />

<strong>il</strong> canto unifica in una melo<strong>di</strong>a la comunità, trasformandola in uno strumento ben accordato.<br />

La musica può anche simbolizzare l’armonia dell’universo, far pregustare e penetrare<br />

nell’intimo la gioia celeste. Resta da decidere come cantare i <strong>salmi</strong>: in forma semplice e piana<br />

(planus) o con vari arricchimenti melismatici (cioè dove più note vengono intonate su una sola<br />

s<strong>il</strong>laba); oppure con una formula melo<strong>di</strong>ca per tutti i versi o variando, con l’apporto strumentale<br />

o a cappella, oppure alternando assolo e coro.<br />

Nella liturgia della parola della Chiesa latina si passò dal salmo responsoriale, ancora conosciuto<br />

da Agostino, al «graduale» che priv<strong>il</strong>egiava la musica e riduceva <strong>il</strong> testo a due o tre<br />

versetti.<br />

Due dati emergono dall’antica controversia. Primo, la preferenza accordata a melo<strong>di</strong>e semplici,<br />

senza abbellimenti; secondo, un’opposizione all’accompagnamento strumentale. Le due<br />

scelte possono sorprendere quelli come noi che vivono sugli allori <strong>di</strong> una ricchissima tra<strong>di</strong>zione<br />

musicale. Il testo <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> si presenta sovente complesso, con un cambio <strong>di</strong> voci ed un<br />

caleidoscopio <strong>di</strong> sentimenti più vari e cangianti. Possiamo chiederci se una melo<strong>di</strong>a variata e<br />

ricca <strong>di</strong> modulazioni e sfumature non sarebbe stata atta ad esprimere meglio questa complessità<br />

polimorfa e polifonica. Per ciò che riguarda gli strumenti, abbiamo l’ultimo salmo del salterio,<br />

<strong>il</strong> 150, un «tutti» finale che passa in rassegna l’orchestra del tempio con i suoi strumenti e<br />

raccoglie tante in<strong>di</strong>cazioni esplicite. In conto vanno tenute anche le varie <strong>di</strong>dascalie <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>,<br />

sul modo <strong>di</strong> esecuzione, sim<strong>il</strong>i al nostro «sull’aria <strong>di</strong>» o «si canta come», che per la maggior<br />

parte ci restano enigmatiche 10 .<br />

10 A questo punto ci limitiamo ancora una volta ad accennare un’ulteriore pista <strong>di</strong> ricerca, che esula dai fini <strong>di</strong><br />

questo stu<strong>di</strong>o. Sarebbe interessante una storia dell’interpretazione musicale <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, che potrebbe costituire un<br />

vero ed autonomo capitolo della storia della musica. Il salterio è <strong>il</strong> <strong>libro</strong> «musicale» per eccellenza ed è stato variamente<br />

interpretato musicalmente. Dagli octo toni gregoriani (con <strong>il</strong> tonus peregrinus) all’austera composizione<br />

<strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> penitenziali (6; 32; 38; 51; 102; 130; 143) del fiammingo Roland de Lattre (Orlando <strong>di</strong> Lasso) (†<br />

1594) o dell’italiano A. Gabrieli († 1596); dalla complessità <strong>dei</strong> maestri del contrappunto come C. Montever<strong>di</strong> (†<br />

1643) che musicò i <strong>salmi</strong> 110; 113; 122; 127; 147 Vg; o come A. Vival<strong>di</strong> († 1741), alla musica barocca che trovò<br />

nel campo <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> un fruttuoso ambito dove cimentarsi (come esempio possiamo ricordare <strong>il</strong> napoletano F. Durante);<br />

da B. Marcello († 1739) che compose musicalmente 50 <strong>salmi</strong>, al genio <strong>di</strong> W. A. Mozart († 1791); dalla


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 145<br />

Sul versante spirituale, l’esecuzione è ciò che oggi chiamiamo appropriazione. Il credente<br />

che recita i <strong>salmi</strong>, deve fare propri i sentimenti espressi e le parole del testo, in una relazione<br />

orante, che rispetta la prosopologia, armonizza in sintonia la bocca con <strong>il</strong> cuore e tutto <strong>il</strong> suo<br />

essere con <strong>il</strong> testo ispirato. I Padri espongono la teoria o i principi relativi dell’appropriazione<br />

en passant; <strong>il</strong> principio informa vitalmente tutta la pre<strong>di</strong>cazione sui <strong>salmi</strong> e, in<strong>di</strong>rettamente,<br />

tutto <strong>il</strong> relativo stu<strong>di</strong>o. Infatti i <strong>salmi</strong>, per natura, sono destinati non tanto ad essere stu<strong>di</strong>ati o<br />

ascoltati, bensì ad essere pregati.<br />

Avendo davanti agli occhi questa mappa semplificata <strong>di</strong> problemi, principi, meto<strong>di</strong> ed<br />

orientamenti esegetici, possiamo a questo punto seguire la storia <strong>dei</strong> principali commentatori,<br />

senza smarrirci nel percorso; in altri termini situeremo ogni autore nel suo preciso ambito spirituale.<br />

V. DA ORIGENE A CASSIODORO: AUTORI<br />

1. Greci<br />

Origene (185-254 ca.). Dobbiamo cominciare con questo geniale commentatore della<br />

Scrittura, perché, secondo l’autorevole testimonianza <strong>di</strong> Girolamo, Origene fu <strong>il</strong> primo a<br />

commentare tutti i <strong>salmi</strong>. Realizzò <strong>il</strong> suo commento in tre forme: in scholia o brevi note esegetiche<br />

a passi scritturistici, in omelie pre<strong>di</strong>cate ad Alessandria (222-225) e Cesarea (239-<br />

242), in tomoi cioè in volumi o commentari composti intorno agli anni 239-242. Poco ci resta<br />

<strong>di</strong> questa poderosa mole <strong>di</strong> lavoro e <strong>di</strong> eru<strong>di</strong>zione: nove omelie piuttosto moraleggianti, tradotte<br />

in latino da Rufino (345-411), settantaquattro omelie tradotte e adattate in alcuni brani<br />

da Girolamo, giunte fino a noi sotto <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Tractatus in psalmos, attribuite a Girolamo. A<br />

ciò si aggiungono frammenti corrispondenti a 27 <strong>salmi</strong>, conservati in <strong>di</strong>verse catene 11 . Il magistero<br />

<strong>di</strong> Origene fu universalmente riconosciuto, <strong>il</strong> suo influsso fu senza pari. Si potrebbe<br />

<strong>di</strong>re che <strong>il</strong> suo destino fu quello <strong>di</strong> morire come un seme nella terra per moltiplicare ovunque<br />

<strong>il</strong> suo frutto. Egli che ebbe una così intensa preoccupazione pastorale e spirituale non poteva<br />

meritare destino migliore.<br />

Nel suo metodo allegorico Origene <strong>di</strong>pende da F<strong>il</strong>one; per la prosopologia da grammatici<br />

come Teone e lo Pseudo-Plutarco. Tuttavia <strong>il</strong> doctor adamantinus, come lo chiamò Girolamo,<br />

attua cambiamenti importanti ed originali. L’allegoria f<strong>il</strong>oniana interpretava platonicamente i<br />

fatti <strong>di</strong> un testo biblico come simboli <strong>di</strong> idee; Origene interpreta i fatti e gli eventi del testo<br />

dell’AT come simboli <strong>dei</strong> fatti e degli eventi del NT, in prospettiva cristologica ed ecclesiologica,<br />

simboli cioè del Cristo e della Chiesa. Anche la teoria <strong>dei</strong> grammatici sui personaggi del-<br />

musica dodecafonica <strong>di</strong> A. Schönberg († 1951) con <strong>il</strong> suo Moderner Psalm alla Sinfonia <strong>dei</strong> Salmi <strong>di</strong> I. Stravinsky<br />

(† 1971), non <strong>di</strong>sdegnando la severa gravità delle composizioni <strong>di</strong> Gélineau o le melo<strong>di</strong>e popolari che sono<br />

pullulate negli ultimi decenni. Oppure, con metodo <strong>di</strong>acronico e sincronico, sarebbe interessante stu<strong>di</strong>are<br />

l’interpretazione che un salmo ha avuto nella storia della musica e della liturgia; basti pensare al Miserere, nelle<br />

<strong>di</strong>verse composizioni <strong>di</strong> J. S. Bach, <strong>di</strong> G. B. Lulli, in quella poco nota <strong>di</strong> Donizetti (1820), o dello svizzero A.<br />

Honegger (1921) o in quella ideologica <strong>di</strong> Zoltàn Kodály († 1967) che ha trasformato <strong>il</strong> Miserere in un lamento<br />

nazionale del popolo ungherese (<strong>il</strong> celebre Psalmus Hungaricus). Recentemente, un noto cantautore italiano, L.<br />

Dalla, ha composto la colonna sonora al salterio. Anche la musica, come del resto l’arte, la pittura e le incisioni,<br />

è una forma <strong>di</strong> interpretazione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Per l’antichità possono consultarsi due opere fondamentali: J. QUA-<br />

STEN, Musik und Gesang in den Kulten der heidnischen Antike und christlichen Frühzeit, Münster 1930; 1973<br />

(trad. inglese, Washington 1983); J. MCKINNON, Music in Early Christian Literature, Cambridge 1987. Ut<strong>il</strong>e è<br />

anche E. GERSON KIWI, Musique, in DBS V, 1411-1468 (con ampia bibliografia). Il lettore italiano potrà trovare<br />

un’ampia panoramica in G. RAVASI, Il canto della rana. Musica e teologia nella Bibbia, Casale Monferrato 1990<br />

(con bibliografia scelta): è una riflessione sul musicale come teologico ed una fonte <strong>di</strong> notizie<br />

sull’interpretazione musicale <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> nel corso <strong>dei</strong> secoli.<br />

11<br />

La catena è un genere esegetico secondario che inanella, come una catena o collana, i commenti in serie<br />

<strong>dei</strong> Padri su ogni verso.


146 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

la narrazione (ad es. Omero), del teatro e della personificazione lirica, servono ad Origene per<br />

incontrare nei <strong>salmi</strong> la persona <strong>di</strong> Cristo come parlante, come interlocutore, come rappresentante,<br />

nella sua <strong>di</strong>mensione teandrica, cioè nel suo aspetto umano e <strong>di</strong>vino. Origene cita <strong>il</strong><br />

Cantico <strong>dei</strong> Cantici come esempio <strong>di</strong> forma drammatica, però rintraccia l’uso <strong>di</strong> vari personaggi<br />

anche nella lettera ai Romani. Senza negare <strong>il</strong> primato e la centralità <strong>di</strong> Cristo, sa identificare<br />

<strong>di</strong>versi personaggi nella voce parlante, nell’«io» orante del salmo:<br />

«Ve<strong>di</strong>amo che nei <strong>salmi</strong> Dio si commuove e <strong>di</strong>ce» (Hom. in Num 7, in GCS 30,37).<br />

«Il profeta <strong>di</strong>ce in nome (ek proso\pou) <strong>di</strong> Dio» (In Rom 9,1, in PG 14,1207).<br />

«Il profeta aveva predetto in nome (ek proso\pou) <strong>di</strong> Gesù: la mia carne riposa nella speranza» (Sal 15<br />

[16],10, in CGS 2,184).<br />

«Il salmo 5 si <strong>di</strong>ce in nome (ex persona) della Chiesa» (CCSL 78,48).<br />

«La Chiesa <strong>di</strong> Cristo aveva detto per mezzo del profeta» (CGS 29,43).<br />

«Davide parla in nome (ex persona) del peccatore pentito» (Sal 37[38],6, in CGS 29,102).<br />

Origene cerca anche <strong>di</strong> identificare <strong>il</strong> destinatario, la persona verso cui si <strong>di</strong>rige colui che<br />

parla. Così, nel Sal 2 è Dio che parla al Figlio e <strong>il</strong> Figlio invita <strong>il</strong> Padre o lo Spirito Santo<br />

(CCSL 78,179). Origene può allora sovrapporre la prospettiva cristologica a quella storica: dal<br />

momento che Davide è figura <strong>di</strong> Cristo e ne è simultaneamente cosciente, può parlare in nome<br />

<strong>di</strong> Cristo come rappresentante <strong>di</strong> Cristo. Alternando e combinando le due prospettive, Origene<br />

può mettere l’esegesi al servizio della teologia. Se i <strong>salmi</strong> sono proclamati ex persona Christi,<br />

essi rivelano <strong>il</strong> mistero <strong>di</strong> Cristo: la sua <strong>di</strong>vinità e la sua umanità, la sua anima e la sua psicologia;<br />

anche la sua missione <strong>di</strong> salvatore solidale con gli uomini. Sebbene non in modo sistematico,<br />

Origene attinge dai <strong>salmi</strong> materiale per una cristologia, per una soteriologia ed una<br />

ecclesiologia.<br />

Non possiamo <strong>di</strong>menticare che con le sue Hesapla, l’alessandrino ha dato un contributo vigoroso<br />

e decisivo alla critica del testo biblico ed ha esercitato un notevole influsso sulle traduzioni<br />

posteriori. Possiamo concludere che nelle mani <strong>di</strong> Origene l’esegesi sistematica <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong><br />

nasce adulta.<br />

Eusebio <strong>di</strong> Cesarea (263 ca., † 339). Eusebio compose un commentario completo del salterio,<br />

<strong>di</strong> cui ci resta ciò che corrisponde ai Sal 51-95,3 (52-96,3). Prima della spiegazione <strong>dei</strong><br />

<strong>salmi</strong>, propone <strong>il</strong> tema (hypothesis) o argomento. Nelle sue Eclogae propheticae talvolta<br />

commenta versetti isolati <strong>di</strong> <strong>salmi</strong>. Oggi potremmo definire <strong>il</strong> suo orientamento <strong>di</strong> tipo f<strong>il</strong>ologico<br />

e cristologico. Per <strong>il</strong> testo si avvale delle Hexapla <strong>di</strong> Origene; per la contestualizzazione<br />

storica <strong>di</strong> ogni salmo va alla ricerca <strong>di</strong> situazioni storiche corrispondenti nei libri <strong>di</strong> Samuele e<br />

<strong>dei</strong> Re. Inoltre legge alcuni <strong>salmi</strong> come profezie della conversione <strong>dei</strong> pagani e della vita della<br />

Chiesa. Eusebio si preoccupa <strong>di</strong> identificare <strong>il</strong> genere <strong>di</strong> ogni salmo e raccoglie, con la sua innata<br />

passione per le cose antiche, qualsiasi dato o informazioni storiche. Nella sua Demonstratio<br />

Evangelica, cita testi <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> come profezia del NT. L’influsso <strong>di</strong> Eusebio fu notevole.<br />

Atanasio (295 ca., † 373). Più che sul suo commentario, che è meno importante, vale la<br />

pena soffermarci piuttosto sulla sua Epistola a Marcellino (PG 27,10-46). Il suo commentario<br />

adotta la forma <strong>di</strong> «argomento» corredato da brevi glosse. La sua interpretazione è <strong>di</strong> ampio<br />

respiro: attraverso l’esperienza umana <strong>di</strong> Davide e <strong>di</strong> altri, i <strong>salmi</strong> parlano <strong>di</strong> Cristo, della<br />

Chiesa e degli uomini in generale. A questo punto Atanasio introduce un concetto nuovo: ek<br />

proso\pou anthro\pote\tos = in nome dell’umanità. L’umanità è una collettività, o un concetto<br />

astratto, che per parlare, necessita <strong>di</strong> una personificazione, qual è l’«io» <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Cristo,<br />

nell’assunzione integrale dell’esperienza umana (eccetto <strong>il</strong> peccato) può prestare la sua voce<br />

all’umanità nelle parole <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>.<br />

La Epistola a Marcellino merita una maggiore considerazione. È una lettera a prima vista<br />

destinata alla vita monastica, alla pietà e alla contemplazione. Sceglieremo alcune tra le raccomandazioni<br />

e gli insegnamenti <strong>di</strong> questa lettera, già consolidati nel IV secolo.<br />

2. Il <strong>libro</strong> <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> sovrasta tutti gli altri perché riassume quello che gli altri contengono e nel canto aggiunge<br />

ciò che ha <strong>di</strong> suo e <strong>di</strong> proprio. Ad esempio, <strong>il</strong> <strong>libro</strong> della Genesi è contenuto in Sal 18 (19) e 23


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 147<br />

(24); Esodo, Numeri e Deuteronomio sono contenuti nei Sal 77; 113; 104-105 (78; 114; 105-106); <strong>il</strong> santuario<br />

in Sal 28 (29); Giosuè in 106 (107); i libri <strong>dei</strong> Re in 19 (20); le profezie sulla venuta <strong>di</strong> Cristo in Sal<br />

44 e Sal 86 (45; 87); la sua umanità nei Sal 2 e 21 (22); la sua ascensione in 23 (24), ecc.<br />

10. Ciò che contrad<strong>di</strong>stingue questo <strong>libro</strong>: «contiene scritti e modellati gli affetti <strong>di</strong> ogni anima, le sue trasformazioni,<br />

i suoi pentimenti; <strong>di</strong> modo che se qualcuno vuole cogliere o comprendere da essi (come in<br />

un’immagine) ciò che egli è, per conformarvisi, è lì che lo trova scritto». Altri libri espongono la Legge,<br />

annunciano <strong>il</strong> Messia; questo <strong>libro</strong> descrive i movimenti dell’anima. In questo <strong>libro</strong> <strong>il</strong> lettore trova <strong>il</strong> modello<br />

delle parole ... I <strong>salmi</strong> ci insegnano le parole del pentimento, della pazienza, della speranza,<br />

dell’azione <strong>di</strong> grazie: [ci insegnano] cosa <strong>di</strong>re nella fuga, nella persecuzione, nella liberazione; [ci insegnano]<br />

come lodare e bene<strong>di</strong>re. (Troviamo qui abbozzato <strong>il</strong> tema <strong>dei</strong> generi e dell’appropriazione <strong>di</strong> sentimenti<br />

e linguaggio).<br />

11. In altri libri chi legge o ascolta si <strong>di</strong>stingue e si <strong>di</strong>stanzia dai personaggi; nel salterio può capitare la<br />

stessa cosa; però molte volte <strong>il</strong> lettore o l’ascoltatore si ritrova dentro, coinvolto, è lui <strong>il</strong> personaggio, le<br />

parole che egli pronuncia sono le sue.<br />

13. Tutto questo è dono <strong>di</strong> Cristo, che ha assunto la nostra con<strong>di</strong>zione umana. Prima <strong>di</strong> abitare tra noi,<br />

esprime nei <strong>salmi</strong> questa con<strong>di</strong>zione umana ed anche la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>vina, come esempio per l’uomo.<br />

14. Tutta la Scrittura è maestra <strong>di</strong> virtù e <strong>di</strong> fede. I <strong>salmi</strong> presentano un modello <strong>di</strong> vita spirituale. Si <strong>di</strong>versificano<br />

in vari generi: narrativi, <strong>di</strong> supplica, <strong>di</strong> colloquio, <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> grazie, <strong>di</strong> confessione, <strong>di</strong><br />

confessione con narrazione, <strong>di</strong> lode, <strong>di</strong> ammonizione, <strong>di</strong> profezia, <strong>di</strong> esortazione, cantici, descrizione <strong>di</strong><br />

virtù... macarismi, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrazione, <strong>di</strong> esortazione al valore, <strong>di</strong> rimprovero, <strong>di</strong> invocazione, <strong>di</strong> accusa,<br />

<strong>salmi</strong> in cui ci si gloria <strong>di</strong> Dio, inno, canto <strong>di</strong> giub<strong>il</strong>o. (Nei successivi paragrafi, 15-26, dell’epistola, ricorrono<br />

<strong>di</strong>verse situazioni della vita spirituale).<br />

27. Perché si cantano? Non basta <strong>il</strong> piacere o la sod<strong>di</strong>sfazione. È l’onore stesso <strong>di</strong> Dio ad esigerlo; per<br />

esprimere l’armonia dell’anima. Affinché l’uomo sia come uno strumento ben accordato al servizio <strong>di</strong><br />

Dio. La recita melo<strong>di</strong>osa <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> è immagine e modello <strong>di</strong> un’anima serena e tranqu<strong>il</strong>la.<br />

<strong>Apollinare</strong> <strong>di</strong> Lao<strong>di</strong>cea: († verso <strong>il</strong> 390). Ci restano alcuni frammenti conservati nelle catene,<br />

vestigia <strong>di</strong> un commentario scientifico con spiccato interesse cosmologico ed antropologico.<br />

Bas<strong>il</strong>io (330-379). Di lui ci restano quin<strong>di</strong>ci omelie sui <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> st<strong>il</strong>e parenetico, che tra<strong>di</strong>scono<br />

una spiccata influenza origeniana.<br />

Gregorio <strong>di</strong> Nissa († 394). Compose <strong>il</strong> Tractatus in psalmorum inscriptiones, un commentario<br />

molto originale. Come scrive la Rondeau, l’intento <strong>di</strong> Gregorio è «quello <strong>di</strong> scoprire la<br />

struttura del <strong>di</strong>scorso, che corrisponde ad una struttura <strong>di</strong> vita spirituale inscritta in una metafisica<br />

coerente». Vuole stu<strong>di</strong>are scientificamente l’unità del salterio e <strong>di</strong> ogni singolo salmo in<br />

funzione della sua finalità. La sua prospettiva è mistica ed ascetica: <strong>il</strong> metodo è lo stu<strong>di</strong>o globale,<br />

unitario, più logico che f<strong>il</strong>ologico (Origene) o storico (Eusebio).<br />

Di<strong>di</strong>mo <strong>il</strong> Cieco (313 ca.-398). Una parte <strong>dei</strong> suoi commentari ci sono pervenuti nelle catene<br />

e probab<strong>il</strong>mente grazie agli appunti <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scepolo. Pratica un’esegesi minuziosa, riservando<br />

un sufficiente spazio alla lessicografia, sulla scia <strong>di</strong> Origene. Se le sue categorie f<strong>il</strong>osofiche<br />

sono platonizzanti, <strong>il</strong> metodo critico con cui lavora è aristotelico; <strong>il</strong> suo commentario ha<br />

come destinatario la vita spirituale del cristiano.<br />

I due antiocheni, Diodoro <strong>di</strong> Tarso († 394) e <strong>il</strong> suo <strong>di</strong>scepolo Teodoro <strong>di</strong> Mopsuestia (†<br />

428) rappresentano un movimento <strong>di</strong> reazione critica al modo allora in voga <strong>di</strong> interpretare i<br />

<strong>salmi</strong>. Di Diodoro è giunto fino a noi <strong>il</strong> suo commento ai Sal 1-50; <strong>di</strong> Teodoro abbastanza materiale<br />

grazie alle catene. Per quanto riguarda <strong>il</strong> versante della storia, i due rifiutano i titoli e le<br />

<strong>di</strong>dascalie storiche tra<strong>di</strong>zionali e li sostituiscono con altri attinti alla storia del popolo <strong>di</strong> Israele.<br />

Come profezia <strong>di</strong> Cristo in senso letterale, ammettono soltanto quattro <strong>salmi</strong>: Sal 2; 8; 22<br />

(21); 109 (110). Le restanti citazioni <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> sono un adattamento, una r<strong>il</strong>ettura accomodata<br />

del senso originale ad una nuova situazione. I due antiocheni ammettono un’altra serie <strong>di</strong> profezie<br />

davi<strong>di</strong>che, tutte riferite a fatti dell’antica economia <strong>di</strong> salvezza. In essi Davide svolge <strong>il</strong><br />

ruolo (ek proso\pou) o la parte <strong>di</strong> un personaggio futuro, come Ezechia nel Sal 26 (27) e Geremia<br />

nel Sal 34 (35). L’autore, Davide, crea i <strong>di</strong>scorsi che mette in bocca ai suoi personaggi,<br />

come conviene ai loro caratteri. L’influsso <strong>di</strong> Diodoro e <strong>di</strong> Teodoro si estese soprattutto alla


148 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

Chiesa siro-orientale. Il loro minimalismo teologico, che aveva provocato tra le altre conseguenze<br />

un impoverimento dell’AT, fu condannato.<br />

Evagrio Pontico (346-399). Abbiamo i suoi commenti conservati nelle catene. Hanno la<br />

forma <strong>di</strong> scholia e sono l’opera <strong>di</strong> un monaco destinata a monaci; pertanto, la tendenza è ascetica<br />

e mistica. Sebbene sia sulla scia <strong>di</strong> Origene e <strong>di</strong> Di<strong>di</strong>mo <strong>il</strong> Cieco, presenta originalità nelle<br />

idee, che esprime in una prosa raffinata, alternando aforismi e s<strong>il</strong>logismi.<br />

Giovanni Crisostomo (345 ca.-407). Di questo grande pre<strong>di</strong>catore conserviamo 58 commenti,<br />

scaglionati nel tempo, che egli chiama herme\neiai. A prima vista sembrano <strong>dei</strong> trattati,<br />

però potrebbero essere sermoni riveduti e corretti per la pubblicazione. Altri frammenti si<br />

conservano nelle catene.<br />

Cir<strong>il</strong>lo <strong>di</strong> Alessandria († 444). Tra <strong>il</strong> poco materiale <strong>di</strong> indubbia autenticità che ci è pervenuto,<br />

possiamo apprezzare un suo commento piuttosto eru<strong>di</strong>to, con scopi teologici.<br />

Teodoreto <strong>di</strong> Ciro (393 ca.-466 ca.). Uno tra i più importanti e tra quelli che ha avuto più<br />

influsso tra i Padri greci. La sua notevole personalità sembra consistere in un complesso armonioso<br />

<strong>di</strong> qualità <strong>di</strong> cui nessuna attira l’attenzione per se stessa. È un antiocheno e come tale<br />

conserva l’interesse per <strong>il</strong> senso letterale, per un lavoro f<strong>il</strong>ologico raffinato. La padronanza del<br />

greco e la sua probab<strong>il</strong>e conoscenza dell’ebraico, gli permettono <strong>di</strong> verificare i testi originali.<br />

Quanto al metodo Teodoreto opta per una via me<strong>di</strong>a, molto accettab<strong>il</strong>e; vuole evitare l’allegorismo<br />

e l’esuberante allegoria degli Alessandrini; d’altra parte vuole correggere <strong>il</strong> minimalismo<br />

e <strong>il</strong> letteralismo <strong>dei</strong> suoi predecessori antiocheni, che gli appare, come ad altri, giudaizzante.<br />

Uomo <strong>di</strong> vasta cultura e profonda eru<strong>di</strong>zione, la mette a frutto senza ostentazione e<br />

scrive in uno st<strong>il</strong>e piano e limpido. Nei suoi commenti, riaffiora <strong>il</strong> senso cristiano <strong>di</strong> non pochi<br />

<strong>salmi</strong>, quali ad esempio i Sal 15 (16), 21 (22), 39 (40), 108 (109): in essi riconosce l’«io» del<br />

Cristo. In altri casi, accetta la tipologia con moderazione. Fra tutti i Padri greci, Teodoreto è<br />

forse <strong>il</strong> più accessib<strong>il</strong>e per noi.<br />

Esichio <strong>di</strong> Gerusalemme († dopo <strong>il</strong> 451). Il suo commento è de<strong>di</strong>cato ai monaci. Le sue<br />

glosse sui <strong>salmi</strong> furono stampate nella Patrologia Greca del Migne sotto <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Atanasio.<br />

Il suo st<strong>il</strong>e indulge continuamente nelle glosse e nella parafrasi, al modo del targum. A Gerusalemme<br />

un’epoca si chiude con un monaco. Dopo <strong>di</strong> lui verrà <strong>il</strong> maestro <strong>di</strong> retorica Procopio<br />

<strong>di</strong> Gaza (ca. 460-530), che inventa le catene, seirai o eklogai. Lo stu<strong>di</strong>o creativo cessa e la<br />

tra<strong>di</strong>zione si salva.<br />

2. Latini<br />

I Padri latini ci offrono un raccolto più modesto. Lasciamo da parte i Padri che commentano<br />

uno o l’altro salmo nelle loro omelie o trattati, come Zenone <strong>di</strong> Verona, Prisc<strong>il</strong>liano, Gregorio<br />

<strong>di</strong> Elvira, Cromazio <strong>di</strong> Aqu<strong>il</strong>eia, Massimo <strong>di</strong> Torino, Pietro Crisologo. È sufficiente una<br />

rapida citazione <strong>di</strong> ripetitori, come Eusebio <strong>di</strong> Vercelli († ca. 371), che traduce, espurgandolo,<br />

<strong>il</strong> commentario <strong>di</strong> Eusebio <strong>di</strong> Cesarea; come Ambrogio († 397) che nelle sue Enarrationes<br />

commenta in chiave allegorico-morale 12 <strong>salmi</strong>; o come Prospero <strong>di</strong> Aquitania che riassume<br />

Agostino. Ci restano sette commentatori che possono interessarci per meriti <strong>di</strong>versi.<br />

Ilario <strong>di</strong> Poitiers (315 ca.-367). Del suo Tractatus super Psalmos, che probab<strong>il</strong>mente era<br />

completo, ci resta oggi <strong>il</strong> commento a 58 <strong>salmi</strong>. Appare come una redazione rielaborata <strong>di</strong><br />

sermoni pre<strong>di</strong>cati. Ilario segue Origene, però con una sua spiccata personalità. Vale la pena<br />

leggere l’ampia introduzione al Sal 1, nella quale espone i suoi principi ermeneutici, con chiarezza<br />

e luci<strong>di</strong>tà:<br />

Per comprendere un salmo, dobbiamo sapere chi è che parla e a chi parla. La persona che parla può essere<br />

<strong>il</strong> Padre, normalmente è <strong>il</strong> Cristo. Dobbiamo anche sapere «<strong>di</strong> chi si parla». E anche se ogni profezia si riferisce<br />

in qualche modo a Cristo, «bisogna <strong>di</strong>scernere scientificamente quando si riferisce <strong>di</strong>rettamente a<br />

Lui». Il criterio principale è la coerenza.


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 149<br />

Girolamo (347 ca.-419). Ci interessa come eco e come conservatore <strong>di</strong> Origene. Cammina<br />

sulla sua scia e sceglie nei suoi Commentarioli settanta pagine <strong>di</strong> note concise ed essenziali;<br />

traduce l’Alessandrino senza <strong>di</strong>rlo, con alcuni interventi personali nei Tractatus (verso <strong>il</strong> 400).<br />

Se tace <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Origene, <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio è forse dovuto alla crisi origeniana dell’epoca. Più duratura<br />

è l’opera <strong>di</strong> Girolamo come traduttore <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Nel 384 corresse secondo <strong>il</strong> testo greco<br />

una traduzione latina allora in uso; tra <strong>il</strong> 389 e <strong>il</strong> 392 ne operò una revisione secondo le Hexapla:<br />

è la versione denominata «Gallicana»; nel 392-393 traduce <strong>di</strong>rettamente dall’ebraico,<br />

«iuxta hebraicam veritatem» 12 .<br />

Citiamo Niceta <strong>di</strong> Remesiana († dopo <strong>il</strong> 414) semplicemente per <strong>il</strong> suo piccolo trattato De<br />

ut<strong>il</strong>itate hymnorum, nel quale giustifica l’uso liturgico <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Alla fine del IV secolo questo<br />

uso stava acquistando la sua forma definitiva.<br />

Giuliano <strong>di</strong> Eclana († 454). È l’unica presenza antiochena in Occidente, poiché opera un<br />

adattamento, conformemente alle sue teorie, del commentario <strong>di</strong> Teodoro <strong>di</strong> Mopsuestia. Limita<br />

la profezia alla storia <strong>di</strong> Israele e pratica un’esegesi strettamente ancorata alla littera.<br />

Il più grande <strong>dei</strong> Latini è Agostino (354-430). Dei <strong>salmi</strong> 1-32 ci ha lasciato appunti che<br />

prolungano la tra<strong>di</strong>zione precedente. A partire dal salmo 33, <strong>di</strong>spiega <strong>il</strong> suo genio teologico e<br />

letterario. Le sue Enarrationes in Psalmos br<strong>il</strong>lano come una delle sue opere esegetiche fondamentali,<br />

forse <strong>il</strong> più grande commentario vergato sui <strong>salmi</strong>. Agostino non è assolutamente<br />

un f<strong>il</strong>ologo alla maniera <strong>di</strong> Teodoreto o <strong>di</strong> Girolamo: la sua esegesi è piuttosto una lettura che<br />

si muove in profon<strong>di</strong>tà alla ricerca dell’unità. Potremmo affermare che <strong>il</strong> commentatore si<br />

inabissa nelle profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> una esperienza religiosa, <strong>di</strong> comprensione del mistero, <strong>di</strong> cui <strong>il</strong> testo<br />

è soltanto una piccolissima superficie per cui entrare. In questa profon<strong>di</strong>tà s’imbatte in<br />

correnti e relazioni nuove, in <strong>il</strong>luminazioni sorprendenti; da queste riemerge con ciò che ha<br />

scoperto e trovato. Agostino trova l’unità nel profondo. Per questo può succedere che le cose<br />

migliori su un verso <strong>di</strong> un salmo si leggano quando egli ne commenta un altro. Il suo modo <strong>di</strong><br />

collegare i testi biblici può risultare <strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>e in termini f<strong>il</strong>ologici, molte volte è ab<strong>il</strong>mente<br />

indovinato e quasi sempre suggestivo, a volte soltanto ingegnoso. Egli esprime la sua ricerca,<br />

che è preghiera, in un’ammirab<strong>il</strong>e prosa latina, con frasi piane e nitide, in una progressione<br />

lucida e rigorosa, traboccante <strong>di</strong> entusiasmo ed affettività che giocano sulla tastiera del lirico e<br />

del retorico. Perdoniamo ad Agostino <strong>il</strong> suo compiacersi, talvolta, su giochi <strong>di</strong> parole; le sue<br />

<strong>di</strong>gressioni sul tema però ne valgono la pena. Chi ha letto attentamente le Enarrationes avrà<br />

acquisito una comprensione globale e vitale <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, che in seguito potrà affinare e precisare<br />

con altri strumenti f<strong>il</strong>ologici.<br />

La Rondeau segnala tre contributi importanti del maestro <strong>di</strong> Ippona. Un primo contributo è<br />

squisitamente teologico: è la visione del Cristo totale, corpo e membra, sposo e sposa, assim<strong>il</strong>ato<br />

ai suoi per assim<strong>il</strong>arli a sé. Un secondo contributo, è la nascita dal precedente <strong>di</strong> un nuovo<br />

repertorio <strong>di</strong> testi del NT messi in relazione con <strong>il</strong> salterio: l’immagine del corpo, l’immagine<br />

coniugale, l’identificazione <strong>di</strong> Paolo con Cristo. Un terzo contributo è <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne pastorale ed è<br />

la consuetu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Agostino <strong>di</strong> rivolgersi al popolo.<br />

Citiamo <strong>di</strong> passaggio Arnobio <strong>il</strong> Giovane († dopo <strong>il</strong> 455), la cui esegesi si muove sulla scia<br />

<strong>di</strong> Agostino, anche se confuta la teoria agostiniana della predestinazione.<br />

Per ultimo passiamo a colui che è stato chiamato l’esecutore testamentario dell’antichità:<br />

Cassiodoro (ca. 485-583). Raccoglie gli elementi della tra<strong>di</strong>zione, specialmente da Agostino,<br />

con un intento scolastico. Notevole è <strong>il</strong> contributo della sua eru<strong>di</strong>zione nelle scienze profane,<br />

specialmente nel campo della retorica. La sua Expositio Psalmorum respira la temperie spiri-<br />

12 Discute quest’ultimo C. ESTIN, Les psautiers de Jerôme à la lumière des traductions juives antérieures, Ro-<br />

ma 1984.


150 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

tuale del suo tempo, anche se <strong>il</strong> modello resta fortemente agostiniano. Cassiodoro con le sue<br />

Institutiones rappresenta la fine <strong>di</strong> un’epoca.<br />

Fra i Padri siriaci che commentarono i <strong>salmi</strong>, ricor<strong>di</strong>amo Efrem <strong>il</strong> Siro († 373) e nel Me<strong>di</strong>oevo<br />

Ishodad (che svolse la sua attività verso l’850) e Gregorio Bar-ebreo (1222-1286).<br />

Cre<strong>di</strong>amo che questa breve rassegna abbia mostrato la ricchezza e la varietà dell’esegesi<br />

patristica <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>: l’ampia gamma delle questioni puntualmente segnalate e trattate con rigore,<br />

l’esercizio consapevole <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> interpretazione, la visione <strong>di</strong> storia, profezia e figura,<br />

l’osmosi <strong>di</strong> f<strong>il</strong>ologia e teologia, lo stu<strong>di</strong>o permeato dalla pietà e dalla preghiera e finalizzato<br />

all’esperienza cristiana, la perspicace sensib<strong>il</strong>ità per <strong>il</strong> linguaggio simbolico. Misconoscere e<br />

rompere con questo patrimonio ci sembra un impoverimento; <strong>di</strong>sprezzarlo con superiorità<br />

suona come un atto <strong>di</strong> arroganza; occultare tutte queste ricchezze con l’alibi dell’«allegorismo»,<br />

come chi nasconde la spazzatura sotto <strong>il</strong> tappeto, non è prova <strong>di</strong> <strong>di</strong>scernimento 13 .<br />

VI. DA CASSIODORO A NICOLA DI LIRA<br />

I manuali <strong>di</strong> storia ci hanno abituato a considerare a parte <strong>il</strong> Me<strong>di</strong>oevo, come epoca storica<br />

<strong>di</strong>stinta. Questa perio<strong>di</strong>zzazione or<strong>di</strong>naria non vale per la storia dell’interpretazione, perché<br />

verso la metà del XIV secolo comincia una rivoluzione nel campo dell’esegesi. Cassiodoro<br />

suggella come esecutore testamentario l’Antiquitas. Il francescano Nicola <strong>di</strong> Lira segna <strong>il</strong> prelu<strong>di</strong>o<br />

e l’avvio <strong>di</strong> una nuova temperie e <strong>di</strong> un nuovo modo <strong>di</strong> pensare nel mondo dell’esegesi<br />

cristiana. All’interno <strong>di</strong> questo periodo dobbiamo <strong>di</strong>stinguere l’epoca monastica e l’epoca scolastica.<br />

1. Lectio monastica<br />

A partire da Cassiodoro, tutta la corrente tra<strong>di</strong>zionale trova <strong>il</strong> suo alveo <strong>di</strong> trasmissione nelle<br />

catene, nella copia alacre <strong>dei</strong> manoscritti, nella vita liturgica e contemplativa <strong>dei</strong> cristiani.<br />

Da questa corrente emergono alcuni autori con una spiccata personalità. Tra questi notiamo<br />

Beda <strong>il</strong> Venerab<strong>il</strong>e, eco e cassa <strong>di</strong> risonanza dell’antichità in un momento <strong>di</strong> rinascita e <strong>di</strong> rinnovamento<br />

intellettuale; Aimone, testimone dell’interpretazione allegorica e spiritualista;<br />

Walafrido Strabone (nome latino <strong>di</strong> Alfredo lo Strabico) che avvia <strong>il</strong> genere della «glossa»,<br />

sim<strong>il</strong>e a quello della catena; la corrente <strong>di</strong> cui fu l’iniziatore acquistò consistenza e portata<br />

con vari affluenti, che oggi appaiono riuniti nella Glossa Or<strong>di</strong>naria.<br />

A dominare <strong>il</strong> campo sono vescovi e abati, <strong>il</strong> che significa tutto un orientamento pastorale e<br />

spirituale; questa tendenza favorisce <strong>il</strong> terreno e lo prepara per una interpretazione cristiana<br />

secondo <strong>il</strong> senso allegorico, tropologico ed anagogico. Lo stu<strong>di</strong>o f<strong>il</strong>ologico e storico non si<br />

apre la strada; tuttavia <strong>il</strong> testo viene rispettato, senza manipolazione.<br />

Un autore così creativo nei suoi commentari come Ruperto <strong>di</strong> Deutz, liquida frettolosamente<br />

i <strong>salmi</strong>, imponendo loro una unità ed uno sv<strong>il</strong>uppo dottrinale artificiosi. Di questo periodo<br />

selezioniamo due nomi, come rappresentanti <strong>di</strong> molti altri: <strong>il</strong> greco Eutimio Zigabeno ed<br />

<strong>il</strong> latino Gerhoh.<br />

Eutimio. Nell’introduzione al suo commento <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, Eutimio si interessa ad una serie <strong>di</strong><br />

questioni tra<strong>di</strong>zionali, cui fornisce delle risposte. Sulla questione dell’autore, Eutimio risponde<br />

che l’autore è stato Davide. Se vengono citati altri nomi, si tratta <strong>di</strong> esecutori. Per ciò che<br />

concerne la situazione storica per cui <strong>il</strong> salmo è stato composto, Eutimio la rintraccia <strong>di</strong> volta<br />

13 Oltre all’opera citata <strong>di</strong> M. J. Rondeau, cfr. C. ANDERSEN, Zur Entstehung und Geschichte der trinitarischen<br />

Personenbegriffes, in ZNTW 52 (1961) 1-39; La Bible de tous les temps, vol. I, Paris 1984: sui Padri greci:<br />

vol. II, Paris 1985; sui Padri latini: C. ESTIN, Les psautiers de Jerôme à la lumière des traductions juives antérieures,<br />

Roma 1984; P. CANIVET, Histoire d’une entreprise apologétique au V e siècle, Paris 1958; W. HULST,<br />

Hymni latini antiquissimi, Heidelberg 1956; C. EMERREAU, Hymnographi graeci (1922-1926).


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 151<br />

in volta in alcuni episo<strong>di</strong> della vita <strong>di</strong> Davide. Le tematiche sono storiche e messianiche. I generi<br />

sono <strong>di</strong> vario tipo: <strong>di</strong> lode, <strong>di</strong> ringraziamento, suppliche, voto, <strong>di</strong> incoraggiamento (<strong>di</strong> fiducia?),<br />

<strong>di</strong> esortazione, <strong>di</strong> istruzione morale. Eutimio si sofferma sulla spiegazione <strong>dei</strong> titoli e<br />

sull’importanza dell’esecuzione musicale. Per ciò che concerne le profezie, ribalta la posizione<br />

<strong>di</strong> Teodoreto <strong>di</strong> Ciro. Quest’ultimo affermava che le profezie risultano chiare, una volta che<br />

si è visto <strong>il</strong> loro adempimento. Eutimio sostiene che Davide profetizzò sul Messia in maniera<br />

oscura, velata, per evitare che gli Ebrei <strong>di</strong>struggessero le sue profezie. Il principio della oscurità<br />

profetica, in mano agli investigatori delle profezie, si trasforma in un criterio ambiguo e<br />

pericoloso. Infine Eutimio <strong>di</strong>ce che <strong>il</strong> salmo può essere adattato (prosarmozein) alla vita del<br />

cristiano.<br />

Gerhoh. Scrisse per i suoi monaci ed <strong>il</strong> suo commento riscosse una certa fortuna nel Me<strong>di</strong>oevo.<br />

Nel commentare i <strong>salmi</strong>, va alla ricerca dell’intelligenza spirituale, occultata sotto <strong>il</strong><br />

velame <strong>dei</strong> simboli. L’autore <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> è Davide, che è <strong>il</strong> primo profeta ad aver attestato la<br />

Trinità, tema che Gerhoh sv<strong>il</strong>uppa adducendo vari passi del salterio. In seguito, tratta i temi<br />

seguenti: la materia <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> è <strong>il</strong> Cristo totale, ossia <strong>il</strong> Cristo con la sua Chiesa (sulla scia <strong>di</strong><br />

Agostino); l’intenzione o la finalità è che le membra si conformino alla testa (in questo mette<br />

a fuoco l’aspetto ascetico, tropologico). Gerhoh <strong>di</strong>stingue nella Bibbia tre mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> esposizione:<br />

narrativa, quando a parlare è l’autore o i personaggi esplicitamente introdotti dall’autore;<br />

drammatica, quando sono i personaggi a parlare <strong>di</strong>rettamente (come nel Cantico <strong>dei</strong> Cantici);<br />

<strong>di</strong> tipo misto, che domina nella letteratura profetica e <strong>salmi</strong>ca, particolarmente adatto ad<br />

esporre i misteri della salvezza.<br />

Il lettore è chiamato ad appropriarsi vitalmente <strong>dei</strong> sentimenti e delle emozioni <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>:<br />

«affinché nel salmo<strong>di</strong>are congiungiamo <strong>il</strong> nostro sentimento al sentimento <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>» (come si comporta<br />

un attore teatrale con <strong>il</strong> suo personaggio).<br />

«Dobbiamo conformarci ai sentimenti <strong>di</strong> quelli alle cui parole facciamo eco... Il solo Davide infatti rappresentò<br />

in sé molte persone [prosopologia], <strong>di</strong> molte persone i sentimenti, fattosi perciò tutto a tutti, non<br />

solo lo [Cristo] preconizzò a parole, ma lo prefigurò con la vita [tipologia]».<br />

Segue una enumerazione spiegata <strong>di</strong> alcuni sentimenti o affetti espressi e combinati nei<br />

<strong>salmi</strong>; <strong>il</strong> cambiamento e l’intreccio <strong>di</strong> sentimenti o <strong>di</strong> affetti all’interno <strong>di</strong> un salmo è un fatto<br />

che non va sottovalutato e trascurato.<br />

2. Lectio Scholastica<br />

La Scolastica apporta un metodo nuovo o una tecnica nuova nell’esegesi <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Si tratta<br />

della tecnica e degli strumenti concettuali della nuova scienza che irrompe e si instaura in Occidente,<br />

trionfa e produce nell’arco <strong>di</strong> due secoli opere <strong>di</strong> pensiero magistrali.<br />

La Scolastica applicata a commentare i <strong>salmi</strong> dà risultati piuttosto <strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>i, perché <strong>il</strong> suo<br />

metodo opera più sul versante speculativo che su quello f<strong>il</strong>ologico. Prima <strong>di</strong> tutto lo scholasticus<br />

è un professore: la lectio scholastica ruba <strong>il</strong> campo alla lectio monastica per coesistere pacificamente<br />

o in antagonismo con essa. La separazione o la <strong>di</strong>ssociazione comporta una specializzazione<br />

che in passato esisteva appena: <strong>il</strong> professore o l’universitario, nell’esercizio del<br />

proprio magistero, può prescindere dall’aspetto pastorale o si basa per deduzione sulle conseguenze<br />

e le implicazioni del suo <strong>di</strong>scorso. Lo scolastico è un professore che si accinge a<br />

commentare i <strong>salmi</strong> con un sistema formale <strong>di</strong> concetti e <strong>di</strong> categorie, che si possono <strong>di</strong>videre<br />

e sud<strong>di</strong>videre ed organizzare logicamente. Nel contempo, tende a sv<strong>il</strong>uppare la <strong>di</strong>sputatio, che<br />

invaderà l’esegesi biblica lanciando le sue quaestiones, domande o problemi da risolvere con<br />

<strong>il</strong> metodo <strong>di</strong>alettico. Possiamo ora vedere come funziona <strong>il</strong> nuovo metodo <strong>di</strong> spiegazione nelle<br />

mani del suo rappresentante più estremo, Ugo <strong>di</strong> S. Caro († 1263). Cominciamo con <strong>il</strong> suo<br />

commento al Sal 1.<br />

Già la presentazione che Ugo fa ci orienta, poiché è fornita <strong>di</strong> chiavi interpretative che <strong>di</strong>stribuiscono<br />

secondo un or<strong>di</strong>ne logico i materiali del salmo, dopo un’astrazione in concetti:


152 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

«La beatitu<strong>di</strong>ne consiste in: immunità da triplice peccato: Dell’opera “colui che non cammina operando<br />

nel consiglio degli empi”, Del cuore “e non <strong>di</strong>mora nella via <strong>dei</strong> peccatori”, Della bocca “e non siede su<br />

una cattedra <strong>di</strong> pestolenza”. Nella buona volontà... “la sua volontà”. Nella me<strong>di</strong>tazione della legge <strong>di</strong>vina<br />

“e nella legge...”. Nella buona operazione... “darà <strong>il</strong> suo frutto”. Nel buon parlare “le sue foglie non cadranno”.<br />

Nella perseveranza... “sempre prospereranno”.<br />

La beatitu<strong>di</strong>ne è: Via Sinistra: Sal 143... Destra...: Mt 5. Patria: Lc 14. Per questa beatitu<strong>di</strong>ne è richiesto:<br />

Evitare, piangere, non rendere pubblico <strong>il</strong> peccato. Futuro. Passato. Presente. Volere <strong>il</strong> bene, conoscere <strong>il</strong><br />

bene, potere <strong>il</strong> bene. Tendere con l’opera. Discrezione. Modestia. Pazienza. Volere <strong>il</strong> bene “la sua volontà”,<br />

conoscere <strong>il</strong> bene “me<strong>di</strong>terà”, potere <strong>il</strong> bene “l’albero piantato”».<br />

È vero che <strong>il</strong> Sal 1 non è un capolavoro <strong>di</strong> immagini originali e felici, però in una certa misura<br />

suggerisce la vitalità spirituale in termini botanici, <strong>di</strong> foglie e <strong>di</strong> frutti. Il car<strong>di</strong>nale Ugo, con la<br />

sua bacchetta magica <strong>di</strong> buon scolastico, trasforma la foglia non caduca in «parola che non si<br />

abbassa, in modestia nel parlare» e <strong>il</strong> frutto maturo <strong>di</strong>viene «l’esecuzione del bene e la <strong>di</strong>screzione».<br />

Trasformate in concetti, le immagini <strong>di</strong>vengono «intellegib<strong>il</strong>i», possono essere raggruppate<br />

in articolazioni logiche rigorose o approssimate. Possiamo vedere un altro esempio:<br />

Sal 2,2: «Congiurano contro <strong>il</strong> suo Signore e contro <strong>il</strong> suo Messia». Spiega Ugo: «Contro <strong>il</strong> Signore abusano<br />

<strong>dei</strong> doni della natura, contro <strong>il</strong> suo Unto abusano <strong>dei</strong> doni della grazia». Così entra nel salmo la <strong>di</strong>stinzione<br />

tra natura e grazia.<br />

Leggiamo nel Sal 18,34: «Mi dà pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> cervo». Avendo in mente 1Gv 2,16: «concupiscenza della carne,<br />

concupiscenza degli occhi e superbia della vita», così spiega Ugo: «... i miei pie<strong>di</strong>, cioè i miei sentimenti,<br />

che passino saltando attraverso tutte le cose <strong>di</strong> questo mondo. I cervi infatti attraversano luoghi paludosi,<br />

spinosi e fossi e per mezzo <strong>di</strong> queste tre cose vengono designate le cose del mondo».<br />

Il commento <strong>di</strong> Ugo, nella bellissima e<strong>di</strong>zione del 1754, occupa 1432 colonne <strong>di</strong> pagine in<br />

folio: concretamente <strong>di</strong>eci colonne o venti pagine <strong>di</strong> oggi, per salmo. Non dobbiamo lasciarci<br />

ingannare, quando leggiamo al margine «allegorice de Christo», «moraliter», pensando che<br />

egli continui l’esegesi tra<strong>di</strong>zionale per sensus. Questa persiste come schema subor<strong>di</strong>nato alla<br />

concettualizzazione scolastica. Nel linguaggio esegetico subentrano l’astrazione e una nuova<br />

terminologia. Il tessuto biblico è intellettualizzato.<br />

Sulla stessa linea <strong>di</strong> una concettualizzazione ben sistematizzata, ha lavorato s. Tommaso<br />

d’Aquino (ha commentato 51 <strong>salmi</strong> nella sua Expositio in Psalmos Davi<strong>di</strong>s). Commentando<br />

Sal 46,5: «Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città <strong>di</strong> Dio», l’Aquinate descrive tre<br />

qualità della città che è la Chiesa:<br />

«La prima cosa è che cosa si intenda per moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> liberi ... La seconda è che abbiano a sufficienza<br />

per sé... La terza è l’unità <strong>dei</strong> citta<strong>di</strong>ni... ».<br />

Ogni qualità viene comprovata da una citazione biblica: Gal 4,31, Sal 65,5; Gv 17,22.<br />

Più moderato nella <strong>di</strong>stinzione, anche se sim<strong>il</strong>e nella trasmutazione delle immagini in concetti,<br />

è <strong>il</strong> seguente commento, attinto ad un’opera falsamente attribuita a s. Bonaventura. A<br />

proposito <strong>di</strong> Sal 97,5, che descrive la teofania e reca l’immagine <strong>dei</strong> «monti che si squagliano<br />

come cera», così spiega <strong>il</strong> commento: «Qui mostra la superbia dove <strong>di</strong>ce monti, l’instab<strong>il</strong>ità<br />

dove <strong>di</strong>ce che come cera si squagliano».<br />

Una volta che questo metodo è applicato sistematicamente al salterio, si d<strong>il</strong>egua la fantasia,<br />

<strong>il</strong> corporeo si spiritualizza, <strong>il</strong> sentimento viene congelato. È come se un bel <strong>di</strong>pinto o affresco,<br />

ricco <strong>di</strong> forme e <strong>di</strong> colori vivi, si trasformasse in un freddo reticolato nero su bianco.<br />

Quanto alle quaestiones, un esempio ci è offerto da un commento <strong>di</strong> Riccardo <strong>di</strong> san Vittore.<br />

Sal 2,4 nel testo della Vulgata recita «qui habitat in coelis». Un’analisi f<strong>il</strong>ologica preciserebbe<br />

che <strong>il</strong> termine ebraico yāšab significa qui «sedersi, essere intronizzato, governare»;<br />

l’analisi letteraria spiegherebbe che «cielo» è una rappresentazione spaziale simbolica, comune<br />

a molte religioni. Riccardo allora imposta un problema, una quaestio:<br />

«Se <strong>il</strong> Signore è in ogni luogo, perché si <strong>di</strong>ce che sta in cielo e non ovunque? E se sta in cielo, come possiamo<br />

credere che Egli è dappertutto?»


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 153<br />

Proseguendo nel suo ragionamento, Riccardo cerca una risposta appellandosi al concetto <strong>di</strong><br />

essere visto, mostrarsi (che è poco convincente).<br />

Nel complesso, <strong>il</strong> metodo scolastico non arricchì l’intelligenza e la comprensione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong><br />

e, nella metà del XIV secolo, provocò una salutare reazione. Per comprenderla, dobbiamo gettare<br />

uno sguardo su un’altra tra<strong>di</strong>zione importante e decisiva.<br />

A mo’ <strong>di</strong> complemento, <strong>di</strong>remo qualcosa sui titoli latini e i capitoli. Introduciamo qui questo<br />

argomento, perché la composizione <strong>di</strong> molti e la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> tutti, caratterizza precipuamente<br />

questo secondo periodo della storia dell’esegesi. I «tituli psalmorum» servono per guidare<br />

la preghiera e fac<strong>il</strong>itano l’interpretazione cristiana. Tendono ad amplificare, a spiegare. I<br />

capitoli sono riassunti articolati, offrono l’argomento del salmo per sezioni successive, del tipo<br />

«primo...secondo...terzo...». Sono più vicine allo stu<strong>di</strong>o intellettuale che alla preghiera 14 .<br />

3. I maestri giu<strong>dei</strong><br />

Quali energie misteriose, quali con<strong>di</strong>zioni o fattori ambientali, fanno sì che un giorno dalla<br />

materia si sprigioni la scint<strong>il</strong>la vivida della vita? Quali correnti spirituali, quali venti invisib<strong>il</strong>i<br />

spingono e provocano quel contatto o quella congiunzione in cui qualcosa <strong>di</strong> nuovo comincia?<br />

Mentre <strong>il</strong> Me<strong>di</strong>oevo cristiano scorre tranqu<strong>il</strong>lamente e si appresta al violento e brusco trapasso<br />

culturale della Scolastica, fra i commentatori giu<strong>dei</strong> si verifica un’autentica rivoluzione copernicana<br />

che si coagula intorno a tre personalità, i cui nomi rispondono a quelli <strong>di</strong> Raši<br />

(1040-1105), <strong>di</strong> Abraham Ibn Ezra (1089-1164) e <strong>di</strong> David Kimchi (1160-1235).<br />

Occorre risalire a più <strong>di</strong> un secolo prima, per poter capire questa rivoluzione esegetica.<br />

L’esegesi giudaica <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, come del resto della Bibbia, procede per <strong>il</strong> percorso serrato dell’<br />

esegesi targumica e per quello più ampio ed aperto dell’esegesi midrašica 15 . Nella prima metà<br />

del X secolo, mettendo a frutto <strong>il</strong> retaggio e i risultati della cultura greca classica trasmessi<br />

dagli Arabi, un geniale rabbino in Egitto getta le fondamenta <strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>o scientificof<strong>il</strong>ologico<br />

della Bibba ebraica. Questo rabbino egiziano è <strong>il</strong> gaon (= maestro) Saa<strong>di</strong>a al<br />

Fayyumi (<strong>di</strong> Fayyum). Il frutto <strong>dei</strong> suoi stu<strong>di</strong> lessicografici e grammaticali e delle sue traduzioni<br />

si propaga per <strong>il</strong> Nord-Africa, risale al Sud della Spagna e attecchisce in una scuola <strong>di</strong><br />

grammatici e <strong>di</strong> maestri <strong>di</strong> retorica eccezionali. I centri <strong>di</strong> questo vivace movimento intellettuale<br />

sono Cordoba e Lucena. Citiamo i due maestri, rivali fra loro, Menachem Ibn Saruk e<br />

Dunash Ibn Labrat (vissuti nel X sec.), alcuni <strong>di</strong>scepoli minori e <strong>il</strong> maestro incontrastato<br />

Abulwalid = Ibn Yanah († 1050), esperto in grammatica e versato nella retorica. In<br />

quest’ultima <strong>di</strong>sciplina eccelle fra tutti Mosè Ibn Ezra. Con questi antecedenti, nell’arco <strong>di</strong> un<br />

secolo, l’esegesi letterale e f<strong>il</strong>ologica del testo biblico fiorisce e raggiunge <strong>il</strong> suo culmine.<br />

Questa ricerca del senso letterale-f<strong>il</strong>ologico è chiamato dai rabbini pešaè (= semplice) per <strong>di</strong>stinguerlo<br />

dal deraš (= ricerca).<br />

Non ci è pervenuto <strong>il</strong> commentario sui <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> Mosè Ibn Gikat<strong>il</strong>la <strong>di</strong> Cordoba, né <strong>di</strong><br />

Jehudah Ibn Balaam <strong>di</strong> Toledo (vissuti entrambi nell’XI sec.). Li conosciamo per citazioni occasionali,<br />

raccolte dal famoso commentatore Abraham Ibn Ezra, detto anche Abenestra (1089-<br />

1164), anche lui <strong>di</strong> Toledo. Con quest’ultimo, l’esegesi letterale trionfa su quella midrašica.<br />

Ibn Ezra fece <strong>di</strong>versi viaggi e soggiornò alcuni anni a Roma e in <strong>di</strong>verse località della Francia.<br />

14 P. SALMON, Les tituli psalmorum des manuscrits latins (CBLa 12), Roma 1959; H. BOESE, Capitula Psalmorum,<br />

in RBen 91 (1981) 131-163. Per un’informazione sui nomi <strong>di</strong> quest’epoca e delle seguenti: H. HURTER,<br />

Nomenclator litterarius theologiae catholicae, Innsbruck 1903-1913, nonché le opere <strong>di</strong> carattere generale come<br />

la Cambridge History of the Bible e La Bible de tous les temps nei loro volumi corrispondenti; ut<strong>il</strong>i anche H. DE<br />

LUBAC, Esegesi me<strong>di</strong>evale, 2 voll., Roma 1972; B. SMALLEY, Lo stu<strong>di</strong>o della Bibbia nel Me<strong>di</strong>oevo, Bologna<br />

1972; P. RICHÉ - J. CHATILLON - J. VERGER, Lo stu<strong>di</strong>o della Bibbia nel Me<strong>di</strong>oevo latino, Brescia 1989. Inoltre la<br />

serie esaustiva <strong>di</strong> F. STEGMÜLLER, Repertorium biblicum Me<strong>di</strong>i Aevi, Madrid 1940-1980 (11 volumi). Per eventuali<br />

aggiornamenti Me<strong>di</strong>oevo latino (bollettino bibliografico della cultura europea VI-XIII s.; Spoleto) e <strong>il</strong> Bulletin<br />

de la Bible latine pubblicato nella Révue Réné<strong>di</strong>ctine.<br />

15 Il midraš è una traduzione e nel contempo una parafrasi ed un commento spirituale del testo, che mira<br />

all’e<strong>di</strong>ficazione.


154 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

Nei suoi scritti si oppone alla prolissa e soverchia eru<strong>di</strong>zione <strong>dei</strong> g e ’onim, maestri, al rifiuto<br />

della tra<strong>di</strong>zione orale rabbinica <strong>dei</strong> Karaiti che ritenevano soltanto la Scrittura, all’allegoria e al<br />

deraš. Il suo influsso si estende a giu<strong>dei</strong> e cristiani. I suoi commenti saranno un fermento ed<br />

avranno una risonanza duratura. Qualche tempo prima e attraverso i suoi maestri Saruk e Labrat,<br />

Rabbi Šelomoh ben Jitzchak <strong>di</strong> Troyes (1040?-1105), più comunemente conosciuto con <strong>il</strong><br />

nome <strong>di</strong> Raši (sigla del suo nome), aveva scoperto l’esegesi letterale o pešaè ed aveva cercato <strong>di</strong><br />

armonizzare i suoi risultati esegetici con alcuni elementi tra<strong>di</strong>zionali del midraš. Il suo commento<br />

al Pentateuco è <strong>il</strong> più importante fra quelli dell’esegesi giudaica me<strong>di</strong>evale e quello sui <strong>salmi</strong><br />

rivaleggiò con l’altro <strong>di</strong> Ibn Ezra nell’influsso sui contemporanei e sui posteri.<br />

Un secolo più tar<strong>di</strong>, a Narbona visse e lavorò David Kimchi (1160-1235), detto Radak. Il<br />

suo commentario si <strong>di</strong>stingue per l’acribia f<strong>il</strong>ologica, per lo sv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> argomenti <strong>di</strong> carattere<br />

f<strong>il</strong>osofico, per la ricerca che si attiene al senso semplice ed ovvio. È strano che dovesse ricercare<br />

l’ovvio... Il suo pregevole commento esercitò un influsso su tutti, nonostante le inesattezze<br />

e le <strong>di</strong>storsioni polemiche contro i cristiani, c’è chi pensa che <strong>il</strong> suo commentario fu <strong>il</strong> più<br />

influente.<br />

Dopo <strong>il</strong> trionfo dell’esegesi letterale, tornò ad imporsi l’esegesi <strong>di</strong> tipo midrašico, senza<br />

tuttavia cancellare o annullare l’influsso della precedente.<br />

Alla fine del XV secolo, viene stampato per la prima volta a Napoli, <strong>il</strong> commentario <strong>di</strong><br />

Kimchi; agli inizi del secolo seguente si stampano a Venezia e in altre città, alcuni commentari<br />

giudaici classici; a Napoli dal 1487, a Venezia dal 1525. Famose sono le collezioni <strong>di</strong> Athia<br />

(1549) e <strong>di</strong> Fagius (1542) e <strong>il</strong> commento ai <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> Oba<strong>di</strong>a ben Jaakob Storno (1586). Nel<br />

1712, Bashuysen pubblicò una importante collezione ad Amsterdam.<br />

Con influssi della Cabbala (<strong>il</strong> termine designa <strong>il</strong> complesso delle dottrine ritenute tra<strong>di</strong>zionali,<br />

<strong>di</strong> carattere mistico e teosofico) si segnalano un commento pubblicato a Sabbioneta nel<br />

1556 ed un altro commento <strong>di</strong> Israel Ben Mosè del 1592 16 .<br />

VII. DA NICOLA DI LIRA FINO ALL’EPOCA STORICO-CRITICA<br />

1. XIV secolo<br />

Così, all’improvviso, eccoci a Nicola <strong>di</strong> Lira. Forse non proprio all’improvviso, visto che <strong>il</strong><br />

suo <strong>libro</strong> reca un titolo curioso: Post<strong>il</strong>lae. Vale a <strong>di</strong>re post <strong>il</strong>la, ciò che segue dopo quello. Ma<br />

a quale «quello» ci si riferisce? Al testo biblico che egli commenta, che egli «post<strong>il</strong>la», cioè<br />

chiosa con note. Però, per un momento, ci sia concesso stravolgere <strong>il</strong> senso del termine, per<br />

dare un’altra accezione ad <strong>il</strong>la. Nicola <strong>di</strong> Lira viene post <strong>il</strong>las, cioè dopo la lectio monastica e<br />

dopo la lectio scolastica. Ambedue avevano <strong>di</strong>minuito e sbia<strong>di</strong>to <strong>il</strong> realismo e la corporeità <strong>dei</strong><br />

<strong>salmi</strong>: la prima in una eccessiva spiritualizzazione del testo; la seconda in una astrazione e in<br />

un concettualismo condotti all’estremo. L’esegesi monastica conservava almeno la capacità <strong>di</strong><br />

ascoltare i simboli, la tensione <strong>di</strong> vibrare emotivamente per risonanza. La seconda era invece<br />

più arida e fredda. In ambedue, i <strong>salmi</strong> avevano smarrito <strong>il</strong> fresco profumo dell’humus bagnato<br />

della terra nativa. Dopo <strong>di</strong> loro viene Nicola <strong>di</strong> Lira (1270-1340).<br />

Nicola <strong>di</strong> Lira <strong>di</strong>pende dai commentatori giu<strong>dei</strong>. Egli trasmette ai cristiani le teorie ed i meto<strong>di</strong><br />

propri dell’esegesi giudaica in modo originale e con contributi personali. Può svolgere<br />

16 W. BACHER, Die Bibelexegese, in J. WINTER - A. WÜNSCHE, Geschichte der rabbinischen Literatur<br />

während des Mittelalters und ihrer Nachblüte in der neueren Zeit, H<strong>il</strong>desheim 1965; B. BLUMENKRANZ, Les auteurs<br />

chrétiens latins du Moyen Âge sur le juifs et le judaïsme, Paris 1963; S. LEHMANN, Saa<strong>di</strong>a al-Fajjumi’s<br />

arabische Psalmenübersetzung und Kommentar, Berlin 1902; YAFET BEN HELI DE BASORA, Liber Psalmorum<br />

David Regis et Prophetae, a R. Y. karaita auctore decimi saeculi arabice concinnatum (ed J. J. L. BARGÉS), Paris<br />

1861; F. TALMAGE, David Kimchi. The Man and the Commentaries, Cambridge Massachusetts-London 1975. Su<br />

Kimchi è <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e in italiano L. CATTANI (a cura <strong>di</strong>), Commento ai <strong>salmi</strong> 1-50, Roma 1991; Commento ai<br />

<strong>salmi</strong> 51-100, Roma 1995; Commento ai <strong>salmi</strong> 101-150, Roma 2001, con ampia bibliografia.


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 155<br />

tranqu<strong>il</strong>lamente questa opera <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione culturale, perché è un cristiano; figlio fedele <strong>di</strong> s.<br />

Francesco, devoto <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> s. Bonaventura, formato alla scuola della Scolastica (suo è un<br />

commento alle Sententiae <strong>di</strong> Pietro Lombardo). Fu chiamato doctor planus e doctor ut<strong>il</strong>is: <strong>il</strong><br />

suo st<strong>il</strong>e piano, lungi dall’essere povertà, ci evita <strong>di</strong> inciampare, la sua ut<strong>il</strong>ità è poliedrica. È<br />

come se le sue post<strong>il</strong>le togliessero la ruggine o i detriti se<strong>di</strong>mentati sopra <strong>il</strong> testo, o rimuovessero<br />

le squame dagli occhi <strong>dei</strong> lettori. Egli inaugura ed instaura un nuovo modo <strong>di</strong> leggere e<br />

comprendere l’Antico Testamento. A partire da Nicola, è raro trovare un commentatore che si<br />

sente <strong>di</strong>spensato dall’analisi del senso letterale <strong>di</strong> un testo. Le Post<strong>il</strong>lae riscossero una grande<br />

accoglienza, insieme alle 1100 «aggiunte» critiche dell’ebreo convertito Paolo <strong>di</strong> Burgos e le<br />

400 «repliche» del francescano Mattia Döring. Della seconda metà del XIV secolo si conservano<br />

oltre 700 copie integre o parziali. L’opera fu stampata per la prima volta nel 1471; nel<br />

corso del XVI secolo raggiunse le oltre 140 e<strong>di</strong>zioni. Per più <strong>di</strong> tre secoli fu l’opera biblica<br />

più usata. L’influsso delle Post<strong>il</strong>lae cessò <strong>di</strong> essere così esclusivo agli inizi del XVI secolo,<br />

che conobbe altre opere originali <strong>di</strong> grammatica e lessicografia.<br />

2. XV secolo<br />

Del secolo XV, nel Nomenclator <strong>di</strong> Hurter contiamo sette autori:<br />

Michael Ayguanus (Angrianus) (1320 ca.-1400)<br />

Giovanni <strong>di</strong> Torquemada (1388-1468)<br />

Enrico <strong>di</strong> Loe († 1481)<br />

Giovanni <strong>di</strong> Waldheim († 1482)<br />

Giacomo Pérez <strong>di</strong> Valencia († 1490)<br />

Tommaso <strong>di</strong> Oppenheim († 1493)<br />

Tommaso Schifal<strong>di</strong>s († 1495)<br />

Il commento <strong>di</strong> Ayguanus, la cui datazione apre <strong>il</strong> campo a congetture, riscosse <strong>di</strong>versi giu<strong>di</strong>zi<br />

favorevoli della critica posteriore; tuttavia, continuò ad essere dato alle stampe, molte<br />

volte senza <strong>il</strong> nome dell’autore. Presenta con sobrietà <strong>il</strong> senso letterale. L’opera <strong>di</strong> Torquemada<br />

(da non confondere con l’omonimo inquisitore, suo nipote) raggiunse un buon numero <strong>di</strong><br />

e<strong>di</strong>zioni (1470, 1474, 1476, 1485, 1513, 1524, ecc.) ed adempie soprattutto un compito <strong>di</strong> trasmissione,<br />

poiché <strong>il</strong> suo commento è in gran parte copia o sunto <strong>di</strong> Girolamo, Agostino, Cassiodoro<br />

e Remigio. Se ricor<strong>di</strong>amo che Girolamo è un traduttore e un <strong>di</strong>vulgatore che rielabora<br />

Origene e che Cassiodoro è <strong>il</strong> grande collettore del VI secolo, ve<strong>di</strong>amo che Torquemada ripete<br />

a <strong>di</strong>stanza questa funzione <strong>di</strong> catena <strong>di</strong> trasmissione.<br />

Il più importante in questo secolo è senza dubbio Pérez <strong>di</strong> Valencia. Il suo commento fu<br />

pubblicato a Valencia nel 1484 e nel 1493, a Parigi nel 1509 e nel 1518, a Lione nel 1499 e<br />

nel 1514, a Venezia nel 1526 e nel 1586, ecc. Segue Nicola <strong>di</strong> Lira per la sua esegesi letterale:<br />

presenta <strong>il</strong> quadruplice senso tra<strong>di</strong>zionale (storico, allegorico, tropologico ed anagogico) con<br />

una grande ricchezza <strong>di</strong> pensiero e chiarezza <strong>di</strong> esposizione, nonostante qualche prolissità.<br />

Non è esagerato affermare che, con Pérez <strong>di</strong> Valencia, si inaugura <strong>il</strong> grande secolo <strong>di</strong> splendore<br />

dell’esegesi. Se <strong>il</strong> rigido confine delle date non si interponesse, collocheremmo la data del<br />

1490 nella prossima sezione. Accettando la tirannia delle date, potremmo <strong>di</strong>re che <strong>il</strong> 1490 segna<br />

una vig<strong>il</strong>ia solenne <strong>di</strong> un secolo solenne<br />

3. XVI e XVII secolo: l’esegesi cattolica<br />

Durante <strong>il</strong> XVI secolo si consuma <strong>il</strong> dramma della <strong>di</strong>visione della cristianità d’Occidente<br />

nel duplice movimento, contrastato e polemico, che prende <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Riforma e Controriforma.<br />

Non <strong>di</strong>mentichiamo <strong>il</strong> precedente ed intenso movimento spirituale, denominato da una<br />

certa storiografia «Preriforma», che si fa sentire in tutta l’Europa verso la fine del XV secolo e<br />

gli inizi del XVI. Nel campo biblico <strong>il</strong> fenomeno è chiaro. Lo stu<strong>di</strong>o delle lingue bibliche, i<br />

lavori sul testo e le traduzioni, la fondazione dell’università <strong>di</strong> Alcalà, quell’opera importante<br />

e sorprendente che è la Poliglotta <strong>di</strong> Alcalà, sono alcuni segni cospicui.


156 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

Il movimento è tanto più vigoroso ed unitario, <strong>di</strong> quanto sia meno decisiva la <strong>di</strong>visione in<br />

esegesi tra cattolici e protestanti. Se non si tocca una questione teologica controversa,<br />

l’esegesi cattolica e quella protestante <strong>di</strong> un salmo non sono così <strong>di</strong>verse. Lutero è debitore a<br />

Nicola <strong>di</strong> Lira e cristologico al pari <strong>di</strong> uno qualsiasi degli esegeti cattolici. Forse lo sv<strong>il</strong>uppo<br />

<strong>di</strong> una teologia specificamente <strong>di</strong> controversia fu un vantaggio, perché sgombrò da polemica,<br />

anche se non completamente, <strong>il</strong> campo dell’esegesi.<br />

È ancora da farsi, e sarebbe interessante e proficuo, un lavoro che metta a raffronto gli esegeti<br />

cattolici e protestanti del XVI secolo e della metà del XVII. L’esegesi <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> potrebbe<br />

essere un ottimo banco <strong>di</strong> prova, perché si continuò a pregare <strong>il</strong> salterio in ambedue le parti<br />

della cristianità <strong>di</strong>visa e non v’è dubbio che molte preghiere pronunciate così, con parole ispirate,<br />

furono accolte da Dio senza <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> persone.<br />

Se l’Alto Me<strong>di</strong>oevo fu dominato da monaci e da vescovi, <strong>il</strong> periodo che va dal XVI al<br />

XVII secolo, come quello precedente, conobbe l’egemonia <strong>dei</strong> professori universitari. Il carattere<br />

universitario dell’esegesi non annullò, né attenuò, l’ansia pastorale e la preoccupazione<br />

spirituale: impresse loro soltanto un sig<strong>il</strong>lo nuovo, più speculativo, più colto. La maggior parte<br />

<strong>dei</strong> capi spirituali dell’epoca ricevette la sua formazione in università e collegi. Pre<strong>di</strong>catori<br />

come Alonso de Cabrera, maestri spirituali come Giovanni de los Angeles, poeti come Lope<br />

de Vega e Giovanni della Croce si formarono in aule universitarie o si ispirarono a libri <strong>di</strong><br />

esegesi universitaria.<br />

Sebbene <strong>il</strong> metodo non sia cambiato ra<strong>di</strong>calmente, questo periodo conosce <strong>il</strong> perfezionamento<br />

estremamente notevole degli strumenti <strong>di</strong> lavoro; grazie all’invenzione della stampa,<br />

<strong>di</strong>zionari, grammatiche, testi in varie lingue, nuove traduzioni latine dall’ebraico e dal greco,<br />

enciclope<strong>di</strong>e sulle antichità bibliche, concordanze, <strong>di</strong>ventano più accessib<strong>il</strong>i e consultab<strong>il</strong>i. La<br />

stampa avvicina e <strong>di</strong>ffonde opere un tempo quasi inaccessib<strong>il</strong>i, propaga con rapi<strong>di</strong>tà quelle<br />

nuove per tutta l’Europa e <strong>il</strong> nuovo mondo, in quella lingua franca che è <strong>il</strong> latino.<br />

I tipografi dell’epoca, ammirab<strong>il</strong>i nell’arte <strong>di</strong> comporre e <strong>di</strong>stribuire <strong>il</strong> testo in colonne e<br />

note marginali, non meritano la stessa ammirazione per la loro capacità <strong>di</strong> riprodurre testi<br />

ebraici e greci. Con moltissima ed allarmante frequenza, ricadono negli stessi errori <strong>di</strong> confondere<br />

le lettere degli alfabeti non latini.<br />

Si continua a commentare sulla scia del quadruplice senso o <strong>di</strong> altri equivalenti, un po’ meno<br />

per quaestiones. La Scolastica continua a essere presente e non scompaiono gli allegorismi<br />

concettuali: così <strong>il</strong> car<strong>di</strong>nal Bellarmino commenta <strong>il</strong> cedro del Libano <strong>di</strong> Sal 92,13:<br />

«Moltiplicati i rami delle buone opere, appoggiati su salde ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> perseveranza, non li abbatterà nessun<br />

vento <strong>di</strong> tentazioni. Finalmente, saranno ut<strong>il</strong>i per decorare, come pannelli <strong>di</strong> cedro, <strong>il</strong> soffitto a cassettoni<br />

del Re <strong>dei</strong> re, nella Gerusalemme celeste».<br />

In questo contesto globale, germina e si sv<strong>il</strong>uppa una fioritura esegetica, all’interno della<br />

quale dobbiamo contemplare l’esegesi <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. È raro l’esegeta o <strong>il</strong> commentatore che non<br />

si attenga in qualche maniera al senso letterale, fondato sul testo ebraico. Anche dopo <strong>il</strong> decreto<br />

Tridentino sulla Vulgata, l’esegeta consulta, se può, l’originale ebraico ed espone <strong>il</strong> suo<br />

senso. Alcuni autori si sforzano nel concordare ed armonizzare <strong>il</strong> latino con l’ebraico, anche a<br />

prezzo <strong>di</strong> ingegnose acrobazie. Non manca chi scende in campo a <strong>di</strong>fendere la superiorità del<br />

testo latino (riscuote un enorme favore s. Girolamo, come testimonia anche la pittura e la scultura<br />

dell’epoca).<br />

Grazie all’affermazione incontrastata e all’invasione pacifica dello stu<strong>di</strong>o del senso letterale,<br />

un principio, dapprima più <strong>di</strong>chiarato che praticato, può dar origine ad una sintesi nuova:<br />

historia est fundamentum. Questo significa che <strong>il</strong> senso letterale è la base del senso spirituale.<br />

Inoltre, le quaestiones vengono normalmente risolte ricorrendo allo stesso senso letterale, metodo<br />

che preconizzava già s. Tommaso.<br />

Cominciamo la rassegna degli autori e delle opere <strong>di</strong> questo periodo con le catene. Spiccano<br />

fra tutte quella <strong>dei</strong> Padri greci tradotti in latino comp<strong>il</strong>ata da Daniele Barbaro († 1587) e<br />

pubblicata nel 1572. Baldassarre Corderius (Cor<strong>di</strong>er, 1582-1650) comp<strong>il</strong>ò una catena greca,


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 157<br />

pubblicata nel 1630. Di minore importanza è la catena o comp<strong>il</strong>azione <strong>di</strong> F. Dupuy († 1521)<br />

pubblicata nel 1510 17 .<br />

Per <strong>il</strong> testo e le versioni, basta menzionare due autori. Giovanni Pocken pubblicò nel 1518<br />

un salterio quadr<strong>il</strong>ingue, in ebraico, greco, latino ed aramaico (o caldaico, come si <strong>di</strong>ceva allora),<br />

in anticipo sulla data <strong>di</strong> pubblicazione, ma non nel lavoro <strong>di</strong> preparazione, della Poliglotta<br />

<strong>di</strong> Alcalà. Un’opera che spicca fra tutte per la sua poderosa eru<strong>di</strong>zione è la Ottapla <strong>di</strong> Agostino<br />

Giustiniani (1536), che offre in otto colonne <strong>il</strong> testo ebraico, <strong>il</strong> greco della LXX, la Vulgata,<br />

l’aramaico, l’arabo e tre versioni latine <strong>di</strong> quelle anteriori. Alcuni autori commentano i<br />

<strong>salmi</strong> come parte <strong>di</strong> un commentario completo alla Scrittura o all’Antico Testamento. In tal<br />

caso <strong>il</strong> commentario può essere breve, a guisa <strong>di</strong> note o scholia. Oggi lo chiameremmo manuale:<br />

nella sua epoca svolse una funzione equivalente. Un enorme successo riscosse quello<br />

<strong>di</strong> F. Titelmans, Elucidationes in Psalterium, Paris 1545, rie<strong>di</strong>to, letto e citato come autorità<br />

con notevole frequenza. La sua esegesi trionfa nella parafrasi descrittiva o retorica del testo,<br />

allora molto in auge, secondo i gusti dell’epoca. Ecco, per esempio, <strong>il</strong> commento al Sal 75,9:<br />

«Nella mano del Signore è un calice ricolmo <strong>di</strong> vino drogato»<br />

«La concessione <strong>di</strong> una degna retribuzione, la <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> un salario meritato, stanno nella mano del<br />

Giu<strong>di</strong>ce, come una coppa sta nella mano <strong>di</strong> un uomo; una coppa ricolma <strong>di</strong> vino inebriante e non potab<strong>il</strong>e,<br />

mescolato a feccia ed impurità, tutto torbido <strong>di</strong> fon<strong>di</strong>, a tal punto che dà nausea in chi lo beve. È la coppa<br />

dell’ira e della collera <strong>di</strong> Dio onnipotente, che contiene <strong>il</strong> castigo più amaro, <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio più insopportab<strong>il</strong>e<br />

che è come vino ad alta gradazione, inebriante, amarissimo, torbido <strong>di</strong> feccia, impossib<strong>il</strong>e a bersi».<br />

Sim<strong>il</strong>e in autorità, un po’ inferiore quanto al numero delle e<strong>di</strong>zioni, fu l’opera <strong>di</strong> F. Vatablus<br />

(=Watebled), scritta in forma <strong>di</strong> scolii (l’e<strong>di</strong>zione più valida è la seconda, del 1584). Un<br />

altro autore, Manuel Sa compose un prontuario breve, preciso, nel quale affrontava specialmente<br />

la <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> passi <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i. La sua opera continuò ad essere pubblicata per tutto <strong>il</strong><br />

XVII secolo. Meno conosciuto è <strong>il</strong> commentario a modo <strong>di</strong> glosse <strong>di</strong> Giovanni de Mariana. Di<br />

Tommaso <strong>di</strong> Maluenda parleremo più avanti.<br />

Del XVII secolo segnaliamo come eminenti A. Alleret, J. Gordon, J. S. Menochio, J. Tirino<br />

e L. I. Le Maître de Saci. J. de la Haye pubblicò la sua Biblia Magna nel 1643 e la sua Biblia<br />

Maxima nel 1660: opera fondamentalmente <strong>di</strong> comp<strong>il</strong>azione, con note <strong>di</strong> eru<strong>di</strong>zione. È strano<br />

che nell’opera magna <strong>di</strong> Cornelio a Lapide manchi proprio un commento ai <strong>salmi</strong>.<br />

Alcuni commentatori meritano una speciale menzione per l’attenzione de<strong>di</strong>cata all’ebraico<br />

e al senso letterale. Iniziamo con Ottmar Luscinius (Nachtigall), che de<strong>di</strong>cò tre opere al salterio:<br />

una versione dall’ebraico e dal greco, corredata da succinte note <strong>di</strong> tipo morale, una versione<br />

in tedesco, alcuni compen<strong>di</strong>. Sulla sua scia Agazio <strong>di</strong> Giu<strong>di</strong>ci, professore <strong>di</strong> ebraico, che<br />

traduce dall’ebraico e commenta i Sal 1-24 (1540). Felice da Prato, rabbino convertito, realizza<br />

una traduzione letterale dall’ebraico. Mathias Bredenbach segue fedelmente <strong>il</strong> testo originale<br />

ebraico, tenendo conto delle antiche versioni. In pieno XVII secolo, in polemica con la<br />

tendenza che priv<strong>il</strong>egia la Vulgata, spicca la personalità <strong>di</strong> S. de Muis, autore che si concentra<br />

sul senso storico e letterale, accordando la sua preferenza quasi esclusiva ad autori rabbinici.<br />

Tommaso <strong>di</strong> Maluenda, domenicano (1566-1628), è un caso speciale. Prima <strong>di</strong> tutto occorre<br />

rettificare <strong>il</strong> suo nome, solitamente storpiato in Malvenda (Maluenda è un v<strong>il</strong>laggio vicino<br />

Calatayud). Auto<strong>di</strong>datta, nella sua fervida attività interrotta solo dalla morte, scrisse commentari<br />

a quasi tutta la Bibbia (5 volumi in folio), in cui si compiace nel raccogliere e moltiplicare<br />

le traduzioni possib<strong>il</strong>i <strong>di</strong> parole ed espressioni ebraiche. Non è chiaro se per sfoggio <strong>di</strong> eru<strong>di</strong>zione<br />

o per <strong>il</strong> fatto che egli non si pronunci per qualcuna in particolare, o perché si presenti<br />

come un precursore inconsapevole della teoria della polisemia o del testo aperto. Offriamo un<br />

esempio del tipo <strong>di</strong> commento che fa Tommaso, vale la pena leggerlo più ampiamente:<br />

Sal 104,15: «Per far br<strong>il</strong>lare <strong>il</strong> volto con l’olio». Il verbo ßāhal qui all’hiph<strong>il</strong> si legge soltanto<br />

all’infinitivo: lo rendono in vari mo<strong>di</strong>. I. Per far br<strong>il</strong>lare i volti con l’olio. II. Per rendere mondo, ossia<br />

17 Cfr. R. DEVREESSE, Chaînes exégétiques gresques, in DBS 1 (1928) 1114-1140 (sotto la voce Psaumes).


158 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

splendente, <strong>il</strong> volto per l’olio [min comparativo]... IV. Per far sì che risplenda <strong>il</strong> volto per l’olio... VI. Propriamente,<br />

per far nitrire i volti dall’olio; cioè affinché i volti impregnati <strong>di</strong> olio per lo splendore e la gioia<br />

sembrassero gridare e gesticolare sfacciatamente e lascivamente: metafora. Acutamente Forsterus congettura<br />

che forse l e haßhîl sta al posto <strong>di</strong> l e haßhîr... come se <strong>di</strong>cessi, per oleificare i volti dell’olio. Altri rendono<br />

così questo verso allo scopo <strong>di</strong> evidenziarne la limpidezza...».<br />

Per riassumere: fornisce tre traduzioni del verbo ebraico: rallegrare, risplendere, nitrire.<br />

Due traduzioni della preposizione: causale e comparativa. Conclude <strong>il</strong> verso la versione <strong>di</strong><br />

Buchanan <strong>dei</strong> vv. 14-15 in tre esametri latini.<br />

Quanto al valore <strong>dei</strong> commentari, meritano una menzione <strong>di</strong> onore quattro autori, che sanno<br />

integrare buona conoscenza delle lingue, interpretazioni <strong>dei</strong> molteplici sensi, tra<strong>di</strong>zione e<br />

originalità. Si tratta <strong>di</strong> Cornelio Giansenio, G<strong>il</strong>bertus Genebrardus, che abbina tra<strong>di</strong>zione rabbinica<br />

e tra<strong>di</strong>zione patristica, Antonio Agellio acuto, sicuro e br<strong>il</strong>lante nelle spiegazioni, e la<br />

monumentale opera <strong>di</strong> J. Lorinus (Jean de Lorin 1559-1634). Ci soffermeremo <strong>di</strong> più su<br />

quest’ultimo, perché nell’attività <strong>di</strong> questo gesuita, esegeta e teologo, vissuto a Roma, Parigi,<br />

M<strong>il</strong>ano, dove insegnò, confluiscono molte opere e tendenze precedenti. Il suo commentario è<br />

un’opera poderosa, ricca, prolissa, fatta più per la consultazione che per una lettura continua.<br />

La consultazione è alquanto fac<strong>il</strong>itata dalla catena <strong>di</strong> informazioni o riferimenti marginali al<br />

lato delle pagine, che in<strong>di</strong>cano temi ed autori. L’introduzione, in 17 paragrafi, mostra l’ampio<br />

respiro degli interessi dell’autore. Il commento <strong>di</strong> ogni salmo procede con <strong>di</strong>ffusa ampiezza e<br />

si compiace nell’abbondanza del materiale. Prima espone <strong>il</strong> titolo. Per secondo l’argomento,<br />

riportando le varie proposte e le auctoritates: senso storico, Davide; o profetico del popolo, ad<br />

esempio l’es<strong>il</strong>io; o messianico nell’attesa <strong>di</strong> Israele; o <strong>di</strong> Cristo, la Chiesa e del singolo fedele;<br />

per questa vita e per quella futura. Per terzo, viene l’analisi e lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> ogni versetto. Ogni<br />

verso merita un’ampia parafrasi che amplifica e mostra l’inserimento e la funzione nello sv<strong>il</strong>uppo.<br />

C’è l’esposizione del senso letterale sulla base dell’originale ebraico, o greco e anche<br />

latino, con l’appoggio delle varie auctoritates, in particolare <strong>di</strong> Nicola <strong>di</strong> Lira.<br />

Presenta poi altri sensi (per sensus), allegando abbondanti citazioni <strong>dei</strong> Padri o <strong>di</strong> altri, sottoposte<br />

ad un vaglio critico. A mo’ <strong>di</strong> excursus può trattare la teologia che soggiace ad un termine<br />

come luce, verità, o ad un tema squisitamente <strong>di</strong> eru<strong>di</strong>zione. Se si presenta un problema<br />

(quaestio), viene <strong>di</strong>scusso. Il commento ad ogni verso occupa or<strong>di</strong>nariamente poco più <strong>di</strong> una<br />

pagina in folio a due colonne.<br />

Secondo <strong>il</strong> costume dell’epoca, <strong>il</strong> commentario ai <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> Lorinus è tutta una biblioteca<br />

sacra, con <strong>di</strong>gressioni profane. Tuttavia ci fu chi lo superò, se non nel valore, almeno per<br />

l’ampiezza: in pieno XVII secolo, Tommaso Le Blanc, ha la bizzarra idea <strong>di</strong> comporre un<br />

commentario in 6 volumi.<br />

Nella seconda metà del XVII secolo questo fervore creativo sembra affievolirsi e comincia<br />

un periodo <strong>di</strong> decadenza.<br />

Proprio al tramonto del secolo, ricor<strong>di</strong>amo C. Bossuet (1627-1704), che preparò per <strong>il</strong> clero<br />

della sua <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Meaux un Liber Psalmorum (1690) seguito da alcune Notae in Psalmos<br />

(Lyon 1691).<br />

4. XVI-XVII secolo: l’esegesi protestante<br />

È logico che <strong>il</strong> movimento della Riforma protestante abbia dato un notevole impulso<br />

all’uso <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> nella pietà <strong>dei</strong> suoi seguaci. I suoi principali capi ed ispiratori scrissero subito<br />

<strong>dei</strong> commenti ai <strong>salmi</strong>. Lutero nella sua Auslegung der Psalmen (1525) continua con talento<br />

ed intelligenza originali la lettura cristologica <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>; ciò che fa raccomandare i suoi<br />

commenti, non è tanto la novità <strong>di</strong> principi o meto<strong>di</strong> ermeneutici, quanto la loro qualità; per <strong>il</strong><br />

senso letterale, Lutero preferisce Girolamo e Nicola <strong>di</strong> Lira. Calvino si attiene <strong>di</strong> più al senso<br />

storico-letterale, la sua attitu<strong>di</strong>ne è più intellettuale, a giu<strong>di</strong>care dalle citazioni degli autori<br />

moderni, <strong>il</strong> suo commento (Commentarii in Psalmos) è uno <strong>dei</strong> più durevoli della Riforma.<br />

Zwingli compose soltanto un Enchiri<strong>di</strong>on.


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 159<br />

La Riforma non produce nei primi secoli commenti paragonab<strong>il</strong>i per eru<strong>di</strong>zione a quelli <strong>di</strong><br />

Genebrardus, Maluenda o Lorinus. Si concentra piuttosto su alcuni autori riconosciuti <strong>di</strong> cui si<br />

moltiplicano le e<strong>di</strong>zioni.<br />

Pescatore (Johann Piscator o Fisher 1546-1625), teologo calvinista, espone in ogni salmo<br />

una analysis o argomento per sezioni e genere, scolii che spiegano i passi <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i, osservazioni<br />

teologiche e pastorali. I generi che egli trova sono un<strong>di</strong>ci, secondo una denominazione latina:<br />

<strong>di</strong>dascalici, epaenetici (<strong>di</strong> lode), eucharistici, gloriabun<strong>di</strong>, contestativi, epangeletici, paraenetici,<br />

confessorii, querulativi, euctici (<strong>di</strong> supplica), consolatorii.<br />

Matteo Polo (Mattheus Polus, Pole) raccoglie le opinioni <strong>di</strong> autori <strong>di</strong>versi, includendo nella<br />

sua s<strong>il</strong>loge santi Padri ed alcuni autori cattolici. I suoi preferiti sembrano essere Cocceius (Johannes<br />

Koch, 1603-1669), ritenuto caposcuola <strong>dei</strong> «figuristi», Simeon Marotte de la Muis<br />

(1587-1644), versatissimo nell’ebraico biblico e rabbinico, Moller e Geier. Polus <strong>di</strong>scute <strong>il</strong><br />

senso letterale, parola per parola. Dobbiamo usare l’e<strong>di</strong>zione emendata <strong>di</strong> Frankfurt (1712).<br />

Con Pole possiamo comodamente chiudere un’epoca.<br />

5. XVIII secolo<br />

Accettando le frontiere artificiali <strong>di</strong> cento anni, questo secolo ci si presenta come un’epoca<br />

<strong>di</strong> transizione: nascono e maturano i primi germi <strong>di</strong> un grande movimento critico e, nel contempo,<br />

assistiamo ai prodromi <strong>di</strong> un certo avvicinamento e convergenza tra le <strong>di</strong>verse confessioni.<br />

A metà secolo, si danno appuntamento tre eventi. Il vescovo anglicano Robert Lowth<br />

(1710-1787) pubblica in latino <strong>il</strong> suo stu<strong>di</strong>o sulla poesia ebraica De sacra poësi hebraeorum<br />

(1753), aprendo la strada all’apprezzamento e allo stu<strong>di</strong>o letterario della Bibbia; nel <strong>libro</strong>, i<br />

<strong>salmi</strong> occupano un posto importante. Il me<strong>di</strong>co francese <strong>di</strong> origine catalana Jean Astruc<br />

(1684-1766) (si ricor<strong>di</strong> <strong>il</strong> me<strong>di</strong>evale Bonastruc Saporta) pubblica anonimamente nel 1753 uno<br />

stu<strong>di</strong>o sul Pentateuco, aprendo la strada all’analisi delle fonti. C. F. Houbigant (1686-1783),<br />

oratoriano, orientalista, pubblica la sua e<strong>di</strong>zione critica della Bibbia 18 .<br />

Nel <strong>libro</strong> <strong>di</strong> Lowth, a parte numerosi riferimenti, i <strong>salmi</strong> occupano quasi interamente le<br />

prae-lectiones XXV-XXIX. Ogni praelectio si chiude con una traduzione in versi latini (esametri,<br />

anapesti, coriambi, strofa alcaica).<br />

Fra i cattolici persiste la tra<strong>di</strong>zione; solo che <strong>il</strong> lavoro scientifico sembra aver ceduto <strong>il</strong> posto<br />

ad opere <strong>di</strong> pietà e <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione. Questo significa che, nell’ambito della innegab<strong>il</strong>e decadenza<br />

degli stu<strong>di</strong> biblici, specialmente nei paesi latini, i <strong>salmi</strong> continuano ad alimentare la<br />

pietà cristiana.<br />

Vengono tradotti dall’ebraico: M. F. Dantine (Parigi 1739). Oppure si commenta la Vulgata.<br />

Oppure si parafrasano in francese: C. L. Dugard (Parigi 1754). Con note brevi o ridondanti,<br />

<strong>di</strong> cui si può avere idea leggendo un paio <strong>di</strong> titoli:<br />

F. BELLENGER, Liber Psalmorum Vulgatae e<strong>di</strong>tionis cum notis, in quibus titulus, occasio,<br />

argumentum cuiusque p<strong>salmi</strong>, sensus litterales mysticus etc., explicatur, Parigi 1727.<br />

A. KALKSTEIN, Elucubrationes litterales, allegoricae, morales et anagogicae in totam S.<br />

Scripturam, Breslavia 1727-1754.<br />

Il più notevole e <strong>di</strong> maggior influsso per la sua concentrazione sul senso letterale, fu quello<br />

<strong>di</strong> A. Calmet (1672-1757), che costituisce parte della sua opera La Bible en latin et en français<br />

(1707-1716).<br />

Da parte protestante ebbe una particolare accoglienza <strong>il</strong> commento in forma <strong>di</strong> note sul<br />

senso letterale <strong>di</strong> J. D. Michaelis (1771). Verso la fine del secolo, <strong>il</strong> nuovo movimento critico<br />

biblico si compen<strong>di</strong>a nella famosa introduzione <strong>di</strong> Eichorn e nei lavori <strong>di</strong> Semler.<br />

18 Nel 1751 <strong>il</strong> fiorentino Antonio Casini aveva pubblicato <strong>il</strong> suo <strong>libro</strong> De <strong>di</strong>vina poësi sive de p<strong>salmi</strong>s, canticis<br />

deque omni re poetica S. Scripturae, opera che però non ebbe successo.


160 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

Nel campo dell’esegesi ebraica, c’è da segnalare la corrente <strong>di</strong> rinnovamento <strong>di</strong> Mosè<br />

Mendelssohn (1729-1786) che, grazie alla sua formazione f<strong>il</strong>osofica aperta alle correnti <strong>di</strong><br />

pensiero contemporanee, si fa campione dell’Haskalah (Illuminismo ebraico) della apertura e<br />

dell’interscambio culturale tra la cultura ebraica e la cultura moderna cominciando dal campo<br />

degli stu<strong>di</strong> della Bibbia. La sua traduzione tedesca <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> costituì la base <strong>di</strong> alcuni commentari.<br />

Influenzato da Lowth ed Herder, sottolineò l’importanza lirica <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> come pura<br />

espressione <strong>di</strong> poesia, liberata da tutti quei significati teologici e mistici soverchi in taluni interpreti<br />

cristiani ed ebrei e rivalutò l’indagine grammaticale.<br />

VIII. L’EPOCA CRITICA FINO A GUNKEL<br />

Man mano che ci avviciniamo alla nostra epoca, <strong>di</strong>venta meno in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e tracciare un<br />

quadro generale <strong>dei</strong> movimenti e delle correnti <strong>di</strong> pensiero. Sappiamo cosa fu e rappresentò<br />

l’Illuminismo, la sua potenza rinnovatrice, la congerie crescente <strong>di</strong> scoperte, i fermenti e le<br />

idee <strong>di</strong> un ottimismo critico, la Weltanschauung che ha creato e che ci ha lasciato come retaggio<br />

culturale. La nostra scienza biblica attuale, vive nell’epoca critica inaugurata dai pionieri<br />

del XVIII secolo.<br />

Il XIX secolo è un periodo <strong>di</strong> splendore dell’esegesi critica, preparata dagli stu<strong>di</strong> grammaticali<br />

e lessicografici <strong>di</strong> Gesenius ed Ewald. In Italia G. B. De Rossi pubblica I Salmi <strong>di</strong> Davide<br />

tradotti dal testo originale (1808), corredati <strong>di</strong> brevissime note.<br />

Nel 1816 apparve <strong>il</strong> Salterio ebraico italianizzato, versificato da G. Gazola sulla italianizzazione<br />

dell’abate G. Venturi.<br />

La ricerca si sv<strong>il</strong>uppa al ritmo dell’epoca ed oggi può sembrarci lento. Per la stragrande<br />

maggioranza, gli stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> una certa originalità e i ricercatori creativi sono protestanti. I cattolici,<br />

con rare eccezioni, sembrano arroccati, se non ripiegati, su posizioni apologetiche, ancora<br />

<strong>di</strong>ffidenti verso molte istanze f<strong>il</strong>osofiche che <strong>di</strong> fatto ispiravano la ricerca biblica.<br />

Cominciamo con F. C. Rosenmüller (1821) e W. M. L. de Wette (1811). Il primo prende in<br />

esame, più tra<strong>di</strong>zionalmente, l’origine, la cronologia, gli autori, le collezioni e la <strong>di</strong>visione, <strong>il</strong><br />

numero e i titoli <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Il secondo allarga lo sguardo nel suo Kommentar über <strong>di</strong>e Psalmen<br />

(1823):<br />

1. St<strong>il</strong>e poetico e contenuto: antologia <strong>di</strong> poemi lirici, tipi o generi poetici. 2. Origine e formazione della lirica<br />

ebraica: Davide e Samuele. 3. Autori <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. 4. Originalità ed imitazione, opere antiche e tar<strong>di</strong>ve. 5. Collezione<br />

e <strong>di</strong>visione. 6. Titoli. 7. Ritmo e musica. Il verso ebraico, <strong>il</strong> parallelismo, la sonorità, altri ricorsi poetici.<br />

8. Interpretazione storica: circostanze, situazione.<br />

L’influsso <strong>di</strong> Lowth e <strong>di</strong> Herder è evidente. È curioso osservare come ritornano in una impostazione<br />

ed una prospettiva nuove i problemi che Atanasio già affrontava nella sua Epistola<br />

a Marcellino. Lo stu<strong>di</strong>o storico-critico domina <strong>il</strong> commentario e questo sarà una costante negli<br />

autori successivi. L’attenzione prestata agli aspetti letterari eserciterà un influsso su alcuni autori<br />

posteriori.<br />

H. Ewald (1826) è importante per i suoi contributi agli stu<strong>di</strong> della grammatica ebraica. E.<br />

W. Hengstenberg (1842-1847) si <strong>di</strong>stingue per <strong>il</strong> suo stu<strong>di</strong>o dell’unità e dello sv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> ogni<br />

salmo. G. Ph<strong>il</strong>lips (1849) si <strong>di</strong>mostra un eccellente f<strong>il</strong>ologo. J. Olshausen (1853) si rese famoso<br />

e fu contestato per la sua datazione, che ascriveva quasi tutto <strong>il</strong> salterio all’epoca maccabaica.<br />

Anche J. Wellhausen e B. Duhm (1899) situavano <strong>il</strong> salterio tra i prodotti del tardo giudaismo,<br />

in particolare dell’epoca maccabaica. Famosa resta la frase <strong>di</strong> Wellhausen: «Non si<br />

tratta <strong>di</strong> sapere se <strong>il</strong> salterio contiene <strong>salmi</strong> posteriori all’es<strong>il</strong>io bab<strong>il</strong>onese, ma se ne contiene<br />

<strong>di</strong> anteriori». In ambito cattolico, proliferano i commenti <strong>di</strong> tipo devozionale o <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione,<br />

come nel secolo precedente, fra i quali spicca l’opera in vari volumi <strong>di</strong> M. Wolter (1868-<br />

1890). Fra i commenti scientifici, menzioneremo quello <strong>di</strong> Schegg (1845-1847), <strong>di</strong> G. C. Reischl<br />

(1873) e <strong>di</strong> H. Lesêtre (1886).


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 161<br />

In ambito italiano, l’unico commento <strong>di</strong> un certo r<strong>il</strong>ievo è quello dell’eru<strong>di</strong>to esegeta F. S.<br />

Patrizi, Cento <strong>salmi</strong> tradotti letteralmente dal testo ebraico e commentati (in folio), Roma<br />

1875, con una introduzione al salterio ed una traduzione che conserva, con soverchio letteralismo<br />

in italiano, la costruzione ebraica. Di minor importanza, i commenti <strong>di</strong> C. M. Curci<br />

(1883) e R. A. Franchini, quest’ultimo moraleggiante (1889). Ricor<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> passaggio anche<br />

la versione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> in veneziano, con parafrasi <strong>di</strong> L. C. Borghi (1889), in sic<strong>il</strong>iano <strong>di</strong> F. Arceri<br />

(1896). La versione più pregevole, <strong>di</strong>rettamente sul testo ebraico con versione e note fu<br />

quella <strong>di</strong> S. Menocchi (1895).<br />

Nel campo dell’esegesi ebraica, dobbiamo segnalare H. Graetz (Breslavia 1882-1883), S.<br />

R. Hirsch (Francoforte 1883), A. B. Erlich (1905), J. Nobel (1911) ed <strong>il</strong> commento in ebraico<br />

<strong>di</strong> Z. P. Chaiess, inserito nella Bibbia <strong>di</strong> A. Kahana (1904-1930).<br />

A questo punto affideremo <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> rappresentare questa epoca al più insigne <strong>dei</strong> protestanti,<br />

F. Delitzsch e ad uno <strong>dei</strong> commentatori cattolici più significativi, H. Lesêtre. Il secondo<br />

ci fa conoscere i suoi problemi e i suoi interessi in una <strong>di</strong>ffusa introduzione <strong>di</strong> 92 pagine:<br />

A parte le questioni risapute, come storia, titoli ecc., vale la pena mettere in r<strong>il</strong>ievo alcuni punti. Ci offre<br />

una breve storia <strong>di</strong> commentari, con nomi e critica. Stu<strong>di</strong>a le origini della poesia ebraica: le attitu<strong>di</strong>ni poetiche<br />

del popolo ebraico e della lingua ebraica. Descrive alcuni ricorsi poetici principali e parla della esecuzione<br />

musicale. Distingue i generi seguenti: <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> adorazione, <strong>di</strong> ringraziamento, <strong>di</strong> petizione, penitenziali,<br />

<strong>di</strong>dattici, storici, liturgici, messianici, <strong>di</strong> ascensione. Termina con una sintesi della dottrina e della<br />

morale che si trovano nel corpo del salterio<br />

Franz Delitzsch è uno <strong>dei</strong> più gran<strong>di</strong> commentatori <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> tutte le epoche. A <strong>di</strong>stanza<br />

<strong>di</strong> un secolo e mezzo, la lettura della sua opera può, o dovrebbe essere interessante e proficua.<br />

La relativa introduzione ci darà un saggio del respiro e dell’ampiezza della sua visione, <strong>dei</strong><br />

suoi interessi e <strong>dei</strong> suoi obiettivi <strong>di</strong> ricerca priv<strong>il</strong>egiati:<br />

1. Collocazione del salterio tra gli agiografi o k e tûbîm, in particolare fra i libri poetici. 2. Nome del salterio.<br />

3. Storia della composizione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. La poesia ebraica comincia con Mosè che compose un inno,<br />

Es 15, una elegia, Sal 90, ed un poema profetico-<strong>di</strong>dattico, Dt 32. Giunge alla maturità con Davide: prima<br />

<strong>di</strong> essere unto, compose i Sal 8 e 144; in seguito i <strong>salmi</strong> che gli sono attribuiti ed altri ancora. Descrizione<br />

dello st<strong>il</strong>e poetico <strong>di</strong> Davide. Con Salomone comincia la decadenza, nella quale si salvano Giosafat ed<br />

Ezechia. Subentra un periodo caratterizzato da imitazioni, fino all’es<strong>il</strong>io: alla poesia subentra la profezia.<br />

Ci sono <strong>salmi</strong> maccabaici? Non è impossib<strong>il</strong>e, però sembra improbab<strong>il</strong>e. 4. Origine della collezione, data,<br />

limite. 5. Distribuzione e titoli; relazioni tematiche; collezioni comp<strong>il</strong>ate secondo criteri eterogenei. 6.<br />

Metrica: metro, ritmo, rima, parallelismo, strofa. Musica del tempio e salmo<strong>di</strong>a: testimoni. 8. Traduzioni.<br />

9. Storia dell’interpretazione. 10. Osservazioni teologiche preliminari. Senso messianico.<br />

Nel suo commento Delitzsch abbina la perizia del f<strong>il</strong>ologo consumato all’intuito<br />

dell’afflato e <strong>dei</strong> contenuti spirituali. È eru<strong>di</strong>to, ma al tempo stesso uomo <strong>di</strong> preghiera, senza<br />

sbavature o forzature. La sua ricostruzione storica è oggi insostenib<strong>il</strong>e per la sua mancanza <strong>di</strong><br />

atteggiamento critico; non realizzò neppure lo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> generi.<br />

Delitzsch e Lesêtre con<strong>di</strong>vidono un interesse che è decaduto e <strong>di</strong> cui non si trova traccia<br />

nei commentari recenti: la storia dell’interpretazione. Curiosamente, in nome del metodo storico-critico,<br />

abbiamo messo alla porta, senza un’autentica critica, tutta la storia che è trascorsa<br />

fra i <strong>salmi</strong> e noi. Le storie dell’interpretazione delineate da H. Lesêtre e da F. Delitzsch sono<br />

superficiali, sbrigative, forse troppo sommarie; Delitzsch, ad esempio, non ha saputo liberarsi<br />

dalle pastoie <strong>di</strong> certi pregiu<strong>di</strong>zi.<br />

Nel 1926 a Göttingen, un solitario maestro dell’esegesi tedesca, dava alle stampe <strong>il</strong> suo<br />

commento sui <strong>salmi</strong>, seguito dall’incompiuta Einleitung in <strong>di</strong>e Psalmen (1928-1933, completata<br />

da J. Begrich). Questo maestro si chiama H. Gunkel (1862-1932). Con lui si inaugura una<br />

nuova e decisiva tappa nella storia dell’interpretazione, la nostra.


162 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

IX. GUNKEL: OPERA E INFLUSSO<br />

1. Hermann Gunkel<br />

Trascinandosi <strong>di</strong>etro un retaggio <strong>di</strong> romanticismo tar<strong>di</strong>vo, Hermann Gunkel aspirava a penetrare<br />

nella mente dell’autore per immedesimarsi in lui. Intendeva arrivare all’esperienza religiosa<br />

originale dell’autore passando attraverso la catalogazione e descrizione <strong>dei</strong> generi letterari<br />

adottati dall’autore stesso. In questo modo combinava l’aspetto psicologico con quello<br />

oggettivo o testuale. Sosteneva che gli antichi erano maggiormente legati alle convenzioni <strong>di</strong><br />

st<strong>il</strong>e, fra le quali occupava un posto <strong>di</strong> primo piano la forma tipica o «genere letterario», convenzione<br />

sociale ed artistica. Di propria iniziativa, Gunkel introduce nel suo programma un<br />

concetto nuovo, ine<strong>di</strong>to nella scienza esegetica a lui contemporanea: <strong>il</strong> contesto vitale o situazione<br />

(Sitz im Leben) <strong>di</strong> origine ed uso, che per i <strong>salmi</strong> era normalmente <strong>il</strong> culto comunitario o<br />

almeno pubblico. In questo modo ai fattori psicologico e testuale si aggiungeva <strong>il</strong> fattore sociale<br />

della situazione o contesto.<br />

Dei generi o forme, catalogati secondo temi o affetti e sentimenti, si erano già occupati antichi<br />

e moderni. Fra questi si è soliti citare de Wette, Tholuck, Hupfeld, Buhl. La novità del<br />

metodo morfocritico <strong>di</strong> H. Gunkel è consistita nel far assurgere ciò a un principio sistematico<br />

<strong>di</strong> interpretazione. Anche gli antichi avevano fatto riferimento al culto, e la prassi della Chiesa<br />

manteneva viva la tra<strong>di</strong>zione m<strong>il</strong>lenaria. Gunkel riconquistò per i <strong>salmi</strong> <strong>il</strong> culto come contesto<br />

vitale per cui erano destinati ed eseguiti.<br />

Me<strong>di</strong>ante l’idea <strong>di</strong> forma ripetib<strong>il</strong>e, <strong>di</strong> brano <strong>di</strong> repertorio, Gunkel si allontanava dalla<br />

spiegazione storica <strong>di</strong> moltissimi esegeti. Grazie al recupero del culto, si metteva contro una<br />

potente corrente protestante. Gunkel definiva <strong>il</strong> genere letterario attraverso un tema peculiare,<br />

uno schema o modello proprio, ed alcuni proce<strong>di</strong>menti st<strong>il</strong>istici caratteristici. Il tema si articolava<br />

in motivi letterari, che consentivano l’accesso al mondo spirituale del salmo e del genere<br />

(Welt der Frömmigkeit). Fedele all’orientamento storico della scienza a lui contemporanea,<br />

dal momento che non poteva contestualizzare ogni salmo nella storia <strong>di</strong> Davide o <strong>di</strong> Israele, si<br />

accinse all’opera <strong>di</strong> comporre una storia <strong>dei</strong> generi, per cui stab<strong>il</strong>ì uno schema fisso <strong>di</strong> evoluzione.<br />

Il genere nasce come forma pura e semplice, si sv<strong>il</strong>uppa poi per ad<strong>di</strong>zione o sottrazione<br />

<strong>di</strong> elementi, per <strong>di</strong>visione e contaminazione, fino a che <strong>il</strong> genere si <strong>di</strong>ssolve. Il suo schema storico<br />

non era un risultato cui era pervenuto per induzione, ma una ipotesi fabbricata a priori,<br />

praticamente impossib<strong>il</strong>e da verificare.<br />

Il vasto programma <strong>di</strong> Gunkel trovò la sua applicazione più coerente e felice nello stu<strong>di</strong>o<br />

del salterio, Die Psalmen, Göttingen 1926. I suoi sforzi si coagularono in un’opera postuma,<br />

pubblicata dal suo <strong>di</strong>scepolo J. Begrich. La sua Einleitung in <strong>di</strong>e Psalmen (1933; 2 1966) è oggi<br />

un classico in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e della nostra scienza esegetica 19 .<br />

2. Influsso imme<strong>di</strong>ato<br />

Ben pochi si chiusero al suo metodo, anche se restarono alcuni focolai isolati <strong>di</strong> resistenza,<br />

che non si allearono in un fronte unitario 20 .<br />

La stragrande maggioranza <strong>dei</strong> commentatori ha seguito Gunkel, ripetendo o prolungando<br />

<strong>il</strong> suo programma. Con l’opera <strong>di</strong> Gunkel si apre una nuova e feconda era.<br />

Inten<strong>di</strong>amo mostrarne la novità mettendo a confronto due autori <strong>di</strong> spicco, che si segnalano<br />

prima e dopo Gunkel. A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> un secolo emergono e si <strong>di</strong>stinguono due commenti influenti:<br />

nel 1859-1860 F. Delitzsch pubblicava la prima e<strong>di</strong>zione del suo commento; nel 1960<br />

19<br />

Trad. ingl. <strong>di</strong> J. D. Nogalski, Introduction to the Psalms: The Genres of the Religious Lyric of Israel, Macon,<br />

GA, 1998. Si può consultare W. KLATT, Hermann Gunkel. Zu einer Theologie der Religiongeschichte und<br />

zur Entstehung der formgeschichtlichen Methode (FRLANT 100), Göttingen 1969.<br />

20<br />

E. König ebbe appena <strong>il</strong> tempo per conoscere o assim<strong>il</strong>are <strong>il</strong> nuovo metodo. Ricor<strong>di</strong>amo J. Calès, H. Erkenne,<br />

M. Buttenwieser, B. D. Eerdmans, M. Dahood.


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 163<br />

J. Kraus pubblicava la sua 21 . Le loro rispettive introduzioni costituiscono un terreno adatto per<br />

<strong>il</strong> confronto.<br />

Per Delitzsch si veda più sopra <strong>il</strong> riassunto della sua introduzione. Ci limitiamo a ricordare<br />

ciò che <strong>di</strong>ce su Mosè, Davide e la monarchia fino all’es<strong>il</strong>io. Kraus, dopo aver trattato i temi<br />

tra<strong>di</strong>zionali come testo, titolo, collezioni, generi, st<strong>il</strong>e, ecc., abborda nel paragrafo 7 <strong>il</strong> problema<br />

della storia: la relazione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> con la storia <strong>di</strong> Israele non è imme<strong>di</strong>ata né lineare:<br />

non è sufficiente <strong>il</strong> culto come unico denominatore. Datazione e la storia <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>: la lingua,<br />

lo st<strong>il</strong>e ed alcune allusioni storiche possono orientare; tuttavia fanno <strong>di</strong>fficoltà la datazione e<br />

la ripetizione convenzionale <strong>di</strong> temi e formule, gli adattamenti e le attualizzazioni. Come destinazione<br />

in<strong>di</strong>ca <strong>il</strong> culto ed anche la pietà in<strong>di</strong>viduale. Termina con un paragrafo sulla teologia<br />

<strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> 22 .<br />

Delitzsch e Kraus coincidono in alcune questioni tra<strong>di</strong>zionali. L’ampio paragrafo descrittivo<br />

<strong>dei</strong> generi letterari non esisteva nell’opera <strong>di</strong> Delitzsch. Cambia notevolmente l’impostazione<br />

dell’analisi storica. Delitzsch ricostruiva una storia della letteratura <strong>salmi</strong>ca per epoche,<br />

stab<strong>il</strong>endo gli autori e definendo congiunture storiche in cui ogni composizione era sorta.<br />

Kraus riconosce nei <strong>salmi</strong> una qualche relazione con la storia: puntuale in pochi casi, normalmente<br />

generica. Si chiede piuttosto dove sorga e si trasmetta <strong>il</strong> salmo, quale destinazione<br />

abbia. L’or<strong>di</strong>ne o <strong>il</strong> genere stab<strong>il</strong>ito conta più dell’in<strong>di</strong>vidualità del poeta, la destinazione con<strong>di</strong>ziona<br />

l’origine. Come si vede, per l’impatto della teoria del contesto vitale, si è spostata la<br />

focalizzazione dello stu<strong>di</strong>o storico.<br />

Non meno profonda è la <strong>di</strong>fferenza nel paragrafo sulla teologia <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Delitzsch si interroga<br />

sul senso cristiano <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>; in seguito su un tema squisitamente protestante, la giustificazione<br />

per fede; infine su due temi genericamente cristiani, come l’amore verso i nemici e<br />

la vita futura. Kraus incentra la sua esposizione su due dati correlativi: la presenza del Signore<br />

in Sion, nel tempio, e la comunità che si rivolge a Lui per lodarlo, supplicarlo, per affrontare<br />

<strong>di</strong>nanzi a lui i gran<strong>di</strong> problemi dell’esistenza umana.<br />

In Kraus è scomparso <strong>il</strong> riferimento al senso cristiano così come la storia dell’interpretazione.<br />

Non si imposta neppure <strong>il</strong> problema dell’appropriazione. In un secolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, non<br />

tutto si è rivelato un guadagno.<br />

3. I <strong>salmi</strong> e la storia<br />

Nell’instaurare <strong>il</strong> contesto vitale, sociologico, ripetib<strong>il</strong>e, Gunkel ha abolito la situazione o<br />

circostanza storica irripetib<strong>il</strong>e. Il tema merita un breve sv<strong>il</strong>uppo. Abbiamo visto che i titoli<br />

storici <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> erano un tentativo <strong>di</strong> storicizzarli, e come tali furono ricevuti dagli autori antichi<br />

e nel corso <strong>dei</strong> secoli occuparono un posto <strong>di</strong> primo piano nell’esegesi. Teodoro <strong>di</strong><br />

Mopsuestia, che rifiutava i titoli storici tra<strong>di</strong>zionali, li sostituiva con altri, farina del suo sacco,<br />

per un criterio <strong>di</strong> coerenza. Delitzsch tuttavia si aggrappava alla spiegazione storica<br />

dell’origine <strong>di</strong> ogni salmo e metteva al servizio <strong>di</strong> tale spiegazione la sua acutezza e la sua<br />

eru<strong>di</strong>zione. Alla fine del secolo, corifeo <strong>di</strong> molti, Lesêtre tracciava in tre pagine un quadro<br />

cronologico <strong>di</strong> tutti i <strong>salmi</strong>, lasciando spazio a dubbi ed alternative. Se autori come Ewald, Hitzig<br />

e Cheyne si sforzavano <strong>di</strong> datare i <strong>salmi</strong>, Hupfeld e Smend si mostravano scettici o cauti:<br />

nel contempo, su un altro fronte si scatenava la battaglia sulla datazione maccabaica 23 .<br />

Caratteristica del fatto storico è la sua unicità, <strong>il</strong> suo essere irripetib<strong>il</strong>e come tale. Se Davide<br />

ha composto un salmo mentre si nascondeva nella caverna <strong>di</strong> Adullam, <strong>il</strong> salmo non è stato<br />

composto da uno <strong>dei</strong> profeti jahvisti nascosti nelle caverne, <strong>di</strong> cui ci parla 1Re 18. Gli investigatori<br />

biblici, come Wellhausen, Olshausen ecc., che assegnano la maggior parte <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> al<br />

21<br />

H. J. KRAUS, Die Psalmen (BKAT XV/1.2), Neukirchen-Vluyn 1960.<br />

22<br />

Tema al quale ha de<strong>di</strong>cato più tar<strong>di</strong> un intero volume, La teologia <strong>dei</strong> Salmi, Brescia 1989: l’e<strong>di</strong>zione originale<br />

tedesca è del 1979.<br />

23<br />

Sul XIX secolo ci veda la sintesi informativa: Historical sketch of Psalms criticism, in J. ROBERTSON, The<br />

poetry and religion of the Psalms, E<strong>di</strong>nburgh-London 1898.


164 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

periodo maccabaico, cercano nella storia <strong>dei</strong> Maccabei l’intersezione storica precisa dove è<br />

sorto <strong>il</strong> salmo che si vuole datare.<br />

Gunkel ha annullato <strong>il</strong> presupposto e lo ha sostituito con un altro. I <strong>salmi</strong> sorgono e si recitano<br />

in situazioni sociali tipiche, ripetib<strong>il</strong>i. In questo caso non abbiamo a che fare con la persecuzione<br />

<strong>di</strong> Davide da parte <strong>di</strong> Saul, ma con la persecuzione <strong>di</strong> un qualsiasi innocente. Il tipico<br />

si contrappone all’unico: la tipicità all’irripetib<strong>il</strong>ità. I <strong>salmi</strong> sono ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>i e adattab<strong>il</strong>i fin<br />

dalla nascita e non per un adattamento successivo o avventizio. In questo senso Gunkel si oppone<br />

energicamente alla corrente storicizzante, ed ha ragione. Non c’è un adattamento: c’è un<br />

puro senso letterale secondo l’intenzione dell’autore.<br />

Allora lo stu<strong>di</strong>o storico è superfluo? Gunkel è fedele alla sua epoca e alla sua formazione,<br />

appartiene alla scuola della Religionsgeschichte. Per questo torna ad introdurre la critica storica<br />

da un’altra porta. Traccerà la storia <strong>di</strong> ogni genere letterario secondo un processo ed una<br />

traiettoria rigorosi. Il male è che, per tracciare la sua storia, Gunkel inventa come ipotesi lo<br />

schema <strong>di</strong> evoluzione. I critici letterari come Viëtor, Pesch ed altri che scrivono la storia <strong>dei</strong><br />

generi letterari, operano induttivamente su testi previamente datati. La costruzione (non ricostruzione)<br />

storica <strong>di</strong> Gunkel è <strong>il</strong> tallone d’Ach<strong>il</strong>le del suo programma.<br />

È chiaro che la situazione sociale ripetib<strong>il</strong>e ed <strong>il</strong> culto sono fatti storici, appartengono alla<br />

fenomenologia storica e religiosa <strong>di</strong> Israele, e in questo senso Gunkel non rinnega la critica<br />

storica.<br />

Negli ultimi decenni spunta un tentativo <strong>di</strong>verso <strong>di</strong> storicizzazione. Consiste nell’introduzione<br />

del fattore processo all’interno <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> visti nella loro in<strong>di</strong>vidualità. Secondo i sostenitori<br />

<strong>di</strong> questa teoria, <strong>il</strong> salmo non nasce come un’unità poetica in una circostanza irripetib<strong>il</strong>e o<br />

tipica, ma i suoi versi nascono a mano a mano e attecchiscono ai precedenti in una successione<br />

<strong>di</strong> epoche o tappe storiche. Il salmo che oggi leggiamo può essere <strong>il</strong> prodotto <strong>di</strong> secoli, <strong>di</strong><br />

apporti anonimi accumulatisi in un processo <strong>di</strong> se<strong>di</strong>mentazione. Come una cattedrale che conserva<br />

nelle linee e nelle pietre la testimonianza <strong>dei</strong> secoli <strong>di</strong> costruzione, i mutamenti e le <strong>di</strong>fferenze<br />

<strong>di</strong> artisti e <strong>di</strong> st<strong>il</strong>i.<br />

Che alcuni <strong>salmi</strong> si prestarono ad attualizzazioni, che ricevettero aggiunte a seconda delle<br />

situazioni, è una ipotesi plausib<strong>il</strong>e, che si conferma in un’analisi senza pregiu<strong>di</strong>zi (ad es. Sal<br />

2; 14; 51). La teoria cui facciamo riferimento non si limita a riconoscere casi isolati, ma li<br />

eleva a principio generale, a criterio che orienta e guida l’investigazione esegetica. Prima ipotesi:<br />

supponiamo che all’inizio i poeti compongano con estremo nitore e rigore, nel pieno rispetto<br />

<strong>dei</strong> canoni convenzionali, secondo esigenze dell’uso liturgico e della pietà. Ne consegue<br />

che <strong>il</strong> salmo che ora stiamo esaminando non riproduce questo prof<strong>il</strong>o puro e semplice: segno<br />

che questo salmo ha patito elaborazioni <strong>di</strong> varia portata e in tappe scaglionate. Come investigatori,<br />

è nostro compito identificare i brani avventizi, attribuire ad ognuno la sua epoca<br />

ed <strong>il</strong> suo motivo <strong>di</strong> composizione, per isolare alla fine <strong>il</strong> suo antico nucleo originario (se fortunatamente<br />

si conserva nella sua integrità). In un caso contrario – seconda ipotesi – supponiamo<br />

che i poeti compongano con maggiore libertà e con maggior o minore talento, che la<br />

vita, anche quella del culto, sia meno lineare e <strong>di</strong>fferenziata e che le convenzioni poetiche siano<br />

più flessib<strong>il</strong>i o meno rigide. In questo caso, i <strong>salmi</strong> che oggi leggiamo o stu<strong>di</strong>amo, salvo<br />

eccezioni, si spiegano come opera <strong>di</strong> poeti ufficiali o privati.<br />

Come rappresentanti della prima ipotesi (<strong>di</strong> se<strong>di</strong>mentazione successiva) possiamo citare<br />

Beyerlin, Loretz e LipiÓski (che informa sul tema).<br />

Abbiamo parlato <strong>di</strong> due ipotesi che guidano la ricerca esegetica e l’investigazione scientifica<br />

<strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. La prima prende in considerazione precetti astratti e scuole anonime, la seconda<br />

accorda più importanza ai poeti (<strong>di</strong> cui sfortunatamente non conosciamo <strong>il</strong> nome). In teoria,<br />

l’esistenza della scuola x può essere tanto storica come l’esistenza del poeta y. Dobbiamo <strong>di</strong>re<br />

però, che la seconda ipotesi rispetta maggiormente i fatti e lavora meno con costruzioni speculative.


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 165<br />

4. Sigmund Mowinckel<br />

Con le sue due gran<strong>di</strong> opere, Psalmenstu<strong>di</strong>en I-V, Oslo 1921-1924 e The Psalms in Israel’s<br />

worship I-II (traduzione riveduta <strong>di</strong> Offersang og Sangoffer, Oslo 1951), <strong>il</strong> norvegese S. Mowinckel<br />

(1884-1965) è la figura più importante dopo Gunkel. Dal maestro riprende come inelu<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e<br />

lo stu<strong>di</strong>o tipologico e riafferma con energia <strong>il</strong> principio del ra<strong>di</strong>camento cultico <strong>dei</strong><br />

<strong>salmi</strong>. Polemizza contro coloro che sostengono una religione senza culto, puramente interiore;<br />

idea che «si fonda su una falsa concezione della religione e del culto».<br />

Le sue tesi, originali e formulate in modo ra<strong>di</strong>cale, hanno suscitato fino ad oggi vivaci e dure<br />

reazioni, ma hanno costretto gli stu<strong>di</strong>osi a confrontarvisi.<br />

Per Gunkel, molti <strong>salmi</strong> sono nati nell’ambiente del culto. Mowinckel è più ra<strong>di</strong>cale: tutti i<br />

<strong>salmi</strong> hanno un Sitz im Leben cultuale, ad eccezione soltanto <strong>dei</strong> Sal 1; 112 e 127 (ai quali, nel<br />

corso delle sue pubblicazioni, Mowinckel sembra <strong>di</strong>sposto ad aggiungere qualche altro salmo).<br />

La festa principale, nel quadro della quale va collocata la maggior parte <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, è la festa<br />

del Nuovo Anno, nella quale si celebrava la intronizzazione <strong>di</strong> YHWH come re dell’universo. Tale<br />

festa non è mai menzionata nella Bibbia, ma Mowinckel suppone che anche gli Israeliti la celebrassero<br />

a somiglianza <strong>dei</strong> Bab<strong>il</strong>onesi, presso i quali tale ricorrenza era chiamata Akitu.<br />

La festa <strong>di</strong> Akitu. La celebrazione dell’Akitu è un dramma cultuale, nel quale si rappresenta<br />

e si rivive la fine e la rinascita dell’universo. Il rito non è inteso come mero simbolo, ma produce<br />

ciò che significa. Attraverso <strong>il</strong> dramma cultuale, le realtà salvifiche sono ripresentate, attualizzate<br />

e vissute dai partecipanti al culto. La festa durava una settimana e comprendeva queste<br />

fasi.<br />

Rituale della morte della <strong>di</strong>vinità. La festa iniziava con un rito «funebre», ossia con preghiere<br />

<strong>di</strong> lamento e <strong>di</strong> cordoglio per la morte della <strong>di</strong>vinità. In queste preghiere si esprime <strong>il</strong> dolore e <strong>il</strong><br />

lamento sia della <strong>di</strong>vinità sia <strong>dei</strong> suoi fedeli. Nella lamentazione si esprime anche la convinzione<br />

che l’intero universo, con la morte della <strong>di</strong>vinità, è piombato nel caos. L’or<strong>di</strong>ne cosmico infatti<br />

era pensato come legato alla vita del <strong>di</strong>o che si venerava. Per tre giorni continuava questo<br />

rito.<br />

Lettura del racconto della creazione (Enuma Eliš). Il quarto giorno della festa era de<strong>di</strong>cato alla<br />

lettura, fatta dallo urigallu, del poema Enuma Eliš. In questo poema si racconta che all’inizio<br />

esisteva soltanto l’Oceano primor<strong>di</strong>ale o <strong>il</strong> Caos, al quale presiedeva <strong>il</strong> <strong>di</strong>o malefico Tiamat.<br />

Contro tale <strong>di</strong>o si ribellano le altre <strong>di</strong>vinità, a capo delle quali si mette Marduk, <strong>il</strong> <strong>di</strong>o <strong>di</strong> Bab<strong>il</strong>onia.<br />

In un aspro e crudele corpo a corpo, Marduk riesce con la sua spada a uccidere <strong>il</strong> <strong>di</strong>o Tiamat.<br />

Con i suoi resti costruisce l’universo, poi crea l’umanità mescolando <strong>il</strong> sangue <strong>di</strong> un <strong>di</strong>o ribelle,<br />

uno degli aiutanti <strong>di</strong> Tiamat, con della creta. Alla fine <strong>il</strong> <strong>di</strong>o Marduk viene incoronato re<br />

nel suo tempio e un inno canta i suoi cinquanta titoli. Il mito recitato non fa che esprimere quello<br />

che viene «vissuto» e si attua nel rito.<br />

Um<strong>il</strong>iazione e trionfo del re. Nel quinto giorno della festa, i templi <strong>di</strong> Marduk e <strong>di</strong> Nabu sono<br />

purificati me<strong>di</strong>ante vari riti: aspersione con l’acqua del fiume, offerta dell’incenso, sacrificio <strong>di</strong><br />

un montone, pulizie del tempio. Segue poi <strong>il</strong> rito della «um<strong>il</strong>iazione» del re, che viene spogliato<br />

<strong>di</strong> tutte le sue insegne e, prostrato a terra, professa la sua innocenza davanti al <strong>di</strong>o. Allora <strong>il</strong> re<br />

riprende le sue insegne e <strong>il</strong> rito si conclude con l’offerta <strong>di</strong> un sacrificio <strong>di</strong> un bue bianco, che<br />

rappresenta Kingu, lo sposo <strong>di</strong> Tiamat.<br />

Dopo la sua «morte-um<strong>il</strong>iazione», <strong>il</strong> re «risuscita» e viene <strong>di</strong> nuovo incoronato, <strong>il</strong> giorno seguente,<br />

in mezzo ai canti che esaltano la sua sovranità e la regalità della <strong>di</strong>vinità. È la vittoria<br />

del re e <strong>di</strong> Marduk, che <strong>il</strong> re rappresenta sulla terra.<br />

Processione e matrimonio sacro. L’ottavo giorno si fa una processione portando le statue <strong>di</strong><br />

Marduk in un santuario <strong>di</strong> campagna, <strong>il</strong> «tempio <strong>di</strong> Akitu». La festa termina con <strong>il</strong> matrimonio<br />

sacro, cioè con l’unione <strong>di</strong> Marduk con Sarpanit. Tutto lo svolgimento della festa era accompagnato<br />

da numerosi canti, paragonab<strong>il</strong>i ai nostri <strong>salmi</strong> biblici.<br />

In Israele, fino all’epoca <strong>di</strong> Giosia, che fece della festa primaver<strong>il</strong>e <strong>di</strong> Pasqua la festa principale,<br />

l’anno cominciava in autunno, con la festa delle Tende. Era la stagione in cui le prime


166 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

piogge autunnali ridavano vita alla terra <strong>di</strong>sseccata. Secondo Mowinckel, anche gli Israeliti<br />

avrebbero celebrato tale festa, in modo analogo a quella bab<strong>il</strong>onese: l’espressione jhwh mālak,<br />

che Mowinckel traduce «YHWH <strong>di</strong>venta re» (Sal 93,1; 96,10; 97,1; 99,1), sarebbe l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> una<br />

celebrazione <strong>di</strong> intronizzazione <strong>di</strong>vina sim<strong>il</strong>e a quella del trionfo <strong>di</strong> Marduk.<br />

Interpretazione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Secondo Mowinckel, molti <strong>salmi</strong> sono da collocare nell’ambito<br />

della festa <strong>di</strong> intronizzazione <strong>di</strong> YHWH. In primo luogo, i <strong>salmi</strong> sulla regalità <strong>di</strong> YHWH intendono<br />

far «rivivere» la sua intronizzazione all’inizio del Nuovo Anno per proclamare <strong>il</strong> suo trionfo sulle<br />

forze del caos e celebrare YHWH come garante dell’or<strong>di</strong>ne cosmico. Anche i <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> supplica<br />

o lamentazione, che secondo Mowinckel formano un terzo dell’intero salterio, devono essere<br />

collocati nella prima fase della celebrazione della festa. Molti altri <strong>salmi</strong> possono essere pure<br />

collegati con questa festa e i suoi <strong>di</strong>versi momenti: così per gli inni, <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> pellegrinaggio,<br />

<strong>salmi</strong> liturgici, ecc.<br />

Il <strong>di</strong>battito sulla tesi <strong>di</strong> Mowinckel. La proposta ra<strong>di</strong>cale <strong>di</strong> Mowinckel ha scatenato un ampio<br />

e acceso <strong>di</strong>battito. Alcuni stu<strong>di</strong>osi (come M. Noth, A. Alt e H. Schmidt) hanno reagito piuttosto<br />

positivamente, avanzando tuttavia riserve e proponendo mo<strong>di</strong>fiche. Altri esegeti (come O.<br />

Eissfeldt, R. Tournay, R. de Vaux, ecc.) hanno rifiutato decisamente la tesi <strong>di</strong> Mowinckel.<br />

Gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Mowinckel hanno avuto la più consistente eco in Ingh<strong>il</strong>terra, con la cosiddetta<br />

scuola «Myth and Ritual», e negli ambienti scan<strong>di</strong>navi dell’università <strong>di</strong> Uppsala. L’opera collettiva,<br />

e<strong>di</strong>ta nel 1933 a Oxford a cura <strong>di</strong> S. H. Hooke, si intitolava Myth and Ritual. Tale scuola<br />

usa, nell’interpretazione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, le teorie proposte dall’antropologo V. Groenbech per lo stu<strong>di</strong>o<br />

della storia delle religioni.<br />

Gli esegeti <strong>di</strong> questa scuola (come I. Engnell, G. Widengren, G. W. Ahlstroem, A. Bentzen e<br />

A. R. Johnson), con sfumature <strong>di</strong> posizioni e <strong>di</strong> accentuazioni, sostengono l’esistenza <strong>di</strong> una festa<br />

israelitica del Nuovo Anno, nella quale <strong>il</strong> re tiene ritualmente <strong>il</strong> ruolo della <strong>di</strong>vinità, <strong>di</strong> cui<br />

attualizza ritualmente la passione, morte e risurrezione, come anche <strong>il</strong> matrimonio sacro e la sua<br />

intronizzazione in Sion. La «Myth and Ritual School» si affidava a un uso abbondantissimo <strong>dei</strong><br />

paralleli sumerici, assiro-bab<strong>il</strong>onesi, hittiti, egiziani e soprattutto ugaritici.<br />

Due stu<strong>di</strong>osi, A. Weiser e M. Mannati, riprendono da Mowinckel l’idea della festa del Nuovo<br />

Anno come quadro liturgico <strong>di</strong> molti <strong>salmi</strong>, ma sostengono che quella festa aveva caratteristiche<br />

tipicamente israelitiche, cioè era una festa del rinnovamento dell’alleanza. La celebrazione era<br />

incentrata sulla «memoria» della storia salvifica sperimentata da Israele, a partire dall’es<strong>il</strong>io fino<br />

all’ingresso nella terra promessa.<br />

H. J. Kraus invece suppone che la festa in questione sarebbe stata una celebrazione <strong>di</strong> Sion e<br />

della <strong>di</strong>nastia davi<strong>di</strong>ca, nella quale l’arca aveva un ruolo centrale.<br />

Tutta questa serie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> ha attirato l’attenzione <strong>dei</strong> biblisti su due campi: <strong>il</strong> culto come ambiente<br />

d’origine <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> e i paralleli extrabiblici.<br />

Valutazione critica. Anzitutto la festa <strong>di</strong> ro\š ha-šānāh, Nuovo Anno, non è mai esistita<br />

nell’Antico Testamento. Essa compare, in Israele, verso gli inizi dell’era cristiana. La festa<br />

delle Tende, certamente del periodo prees<strong>il</strong>ico, era una festa agricola per ringraziare <strong>dei</strong> frutti<br />

della terra, comprendente pellegrinaggi al tempio, azioni <strong>di</strong> grazie e gioia popolare. In epoca<br />

più tarda, essa è stata messa in rapporto con <strong>il</strong> soggiorno del popolo nel deserto, dove abitava<br />

nelle tende.<br />

Inoltre le teorie suesposte sembrano peccare <strong>di</strong> pancultualismo. È innegab<strong>il</strong>e che certi <strong>salmi</strong><br />

abbiano un nesso più o meno stretto con <strong>il</strong> culto, ma voler spiegare tutti i <strong>salmi</strong> in funzione del<br />

culto e, in particolare, del rito dell’intronizzazione <strong>di</strong> YHWH sembra inaccettab<strong>il</strong>e.<br />

Anche i paralleli extrabiblici sono sfruttati senza molto <strong>di</strong>scernimento. Per es., uno stu<strong>di</strong>o recente<br />

sul culto a Ugarit conclude che in quella città-stato non si parlò mai <strong>di</strong> «regalità <strong>di</strong>vina» o<br />

«regalità» sacrale 24 .<br />

24 Cfr. M. DE TARRAGON, Le culte à Ugarit d’après les textes de la pratique en cunéiformes alphabétiques,<br />

Paris 1980.


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 167<br />

Infine, l’espressione jhwh mālak sembra doversi tradurre non con «YHWH <strong>di</strong>venta re», come<br />

vorrebbe Mowinckel, ma semplicemente con «YHWH regna» 25 .<br />

5. Tendenze principali<br />

A partire da Gunkel, l’investigazione esegetica sui <strong>salmi</strong> è stata alacre e produttiva.<br />

Per orientarci nel campo delle ultime ricerche, possiamo tracciare tre linee o delimitare tre<br />

settori.<br />

a) In un nutrito gruppo centrale, situiamo i commentari con <strong>il</strong> loro seguito <strong>di</strong> introduzioni e<br />

sintesi <strong>di</strong> teologia o <strong>di</strong> spiritualità. Ogni anno si arriva a pubblicare fino a <strong>di</strong>eci nuovi commentari,<br />

fra opere specializzate, scientifiche, <strong>di</strong>vulgative o <strong>di</strong> me<strong>di</strong>tazione spirituale. Per definizione<br />

i commentari procedono in un alveo centrale, aperto a molteplici affluenti, grati o critici<br />

o tolleranti. Gli affluenti <strong>di</strong> solito sono <strong>di</strong> portata un po’ scarsa, nati in questo secolo. È raro<br />

<strong>il</strong> commento che sa allacciarsi alla tra<strong>di</strong>zione <strong>dei</strong> Padri, del Me<strong>di</strong>oevo o del Rinascimento.<br />

Una citazione occasionale <strong>di</strong> Lutero o <strong>di</strong> Calvino o <strong>di</strong> Agostino è la rara traccia <strong>di</strong>chiarata del<br />

passato. Come se Gunkel avesse prosciugato o cancellato la storia precedente.<br />

b) In un settore a lato procedono gli stu<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zionali <strong>di</strong> critica testuale, <strong>di</strong> lessicografia, <strong>di</strong><br />

f<strong>il</strong>ologia, <strong>di</strong> istituzioni, <strong>di</strong> aspetti letterari, ecc. I risultati <strong>di</strong> questa investigazione paziente e<br />

certosina si stanno travasando lentamente nei commentari per trasformarsi in un bene comune.<br />

c) In un altro settore o f<strong>il</strong>one collochiamo gli stu<strong>di</strong> monografici su problemi già sollevati e<br />

non risolti o su problemi che nascono sotto l’impulso delle circostanze o sono suscitati dal potere<br />

<strong>di</strong> scavo o <strong>di</strong> indagine <strong>di</strong> un ricercatore.<br />

L’esito della ricerca <strong>di</strong> Gunkel approdò ad una costruzione sistematica, attuata con rigore<br />

moderato, e nella combinazione <strong>di</strong> fattori <strong>di</strong> forma e <strong>di</strong> contenuto. A nostro parere questa moderazione<br />

nel rigore è un pregio e non un <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> Gunkel. Essa permise <strong>di</strong> elaborare un sistema<br />

abbastanza completo e funzionale. Quando si ha a che fare con la poesia, <strong>il</strong> rigore meticoloso<br />

o fanatico non è <strong>il</strong> miglior consigliere. Il suo sistema è servito inoltre come una coor<strong>di</strong>nata<br />

per la ricerca.<br />

Nella cornice <strong>dei</strong> generi letterari si ricerca l’origine <strong>di</strong> un genere nuovo o <strong>di</strong> alcuni <strong>dei</strong> suoi<br />

temi, la nascita cultica <strong>di</strong> un brano, la sua esecuzione liturgica. Ad esempio, la preghiera penitenziale<br />

sarebbe un brano postes<strong>il</strong>ico staccato dalla supplica collettiva, che cominciava con la<br />

confessione delle colpe del popolo. La teofania come venuta del Signore non deriverebbe<br />

dall’esperienza storica del Sinai, dove <strong>il</strong> Signore stava e non veniva, bensì da modelli mitici<br />

extrabiblici. La visione <strong>di</strong> Sion come città protetta dal Signore non sarebbe una scoperta provocata<br />

dalla <strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> Sennacherib, ma sarebbe ispirata a concezioni mitiche <strong>di</strong> città o territori<br />

sacri. Nelle liturgie <strong>di</strong> ingresso, <strong>il</strong> Sal 118 si spiega descrivendo <strong>il</strong> cerimoniale <strong>di</strong> esecuzione.<br />

Sulla preghiera dell’innocente accusato che si appella al tribunale del tempio ci si domanda<br />

in quale momento del processo venga pronunciato <strong>il</strong> salmo in questione.<br />

L’analisi <strong>dei</strong> generi continua con l’identificazione o descrizione <strong>di</strong> supposti generi nuovi,<br />

con la <strong>di</strong>fferenziazione in due <strong>di</strong> un genere già registrato, o sfruttando ed approfondendo <strong>il</strong><br />

suo significato religioso. Ad esempio, H. Schmid introduce <strong>il</strong> genere dell’innocente ingiustamente<br />

accusato che si appella al tempio. J. Jeremias propone la teofania come genere autonomo.<br />

Crüsemann tende a <strong>di</strong>stinguere tipi <strong>di</strong> inni secondo criteri rigorosamente formali, come<br />

l’uso <strong>di</strong> participi come pre<strong>di</strong>cati, del coortativo con YHWH alla 2 a o 3 a persona, dell’ottativo. Il<br />

suggerimento <strong>di</strong> Gunkel sui <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> intronizzazione o della regalità <strong>di</strong> YHWH crebbe smisuratamente<br />

nella costruzione <strong>di</strong> Mowinckel. Il tema della regalità, <strong>di</strong> Dio e del monarca umano,<br />

ha polarizzato un’enorme quantità <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>. Coloro che ne seguono la pista ideologica si appel-<br />

25 Alcuni stu<strong>di</strong> recenti hanno ripreso <strong>il</strong> problema con risultati <strong>di</strong>versi: D. MICHEL, Stu<strong>di</strong>en zu den sogenannten<br />

Thronbesteigungspsalmen, in VT 6 (1956) 40-68; J. H. ULRICHSEN, JHWH malak: einige sprachliche Beobachtungen,<br />

in VT 27 (1977) 361-374; P. WELTEN, Königsherrschaft Jahwes und Thronbesteigung. Bemerkungen<br />

zu unerle<strong>di</strong>gen Fragen, in VT 32 (1982) 297-310.


168 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

lano con fac<strong>il</strong>ità a concezioni straniere, all’ideologia regale; solo in seconda istanza si interrogano<br />

sulla proiezione messianica del tema.<br />

Nel quadro <strong>dei</strong> generi l’obiettivo è anche l’identificazione <strong>dei</strong> personaggi che intervengono<br />

nei testi <strong>salmi</strong>ci: in prima persona come locutore/orante, alla seconda persona come destinatario,<br />

alla terza come riferimento. In prima persona: parla un singolo o la comunità, oppure un<br />

re che rappresenta la comunità? Con ruoli specifici: talvolta parla un malato, o un perseguitato,<br />

oppure un innocente accusato ingiustamente. La seconda persona provoca <strong>di</strong> rimbalzo<br />

un’altra domanda: se qualcuno si rivolge all’orante, in<strong>di</strong>viduo o comunità, chi è che parla? È<br />

un profeta del culto, pressoché funzionario del tempio? Oppure un sacerdote, addetto per mestiere<br />

all’oracolo <strong>di</strong> risposta, a consultazioni o suppliche? Oppure è una voce interiore che<br />

l’orante oggettiva poeticamente? Oltre a ciò un’analisi sim<strong>il</strong>e porta a ipotizzare che determinate<br />

suppliche fossero interrotte da oracoli <strong>il</strong> cui testo non è stato incorporato nella supplica in<br />

quanto estraneo ed eterogeneo. Alla terza persona: ciò che ha destato soprattutto curiosità ed<br />

interesse è la presenza <strong>di</strong> nemici o rivali, empi o malfattori, che sembrano asse<strong>di</strong>are sempre <strong>il</strong><br />

malato.<br />

Una mo<strong>di</strong>ficazione o attenuazione del metodo <strong>di</strong> Gunkel consiste nel concedere più spazio<br />

alla creazione poetica d’imitazione delle forme cultuali, ormai slegata dall’esecuzione cultuale.<br />

Questo spiega meglio molte irregolarità formali o tematiche. Ciò non contrad<strong>di</strong>ce, anzi<br />

prolunga un po’ quanto era stato suggerito da Gunkel.<br />

Senza rinnegare i generi e senza ricorrere sistematicamente ad essi, procede lo stu<strong>di</strong>o letterario<br />

che si può chiamare retorico o poetico o st<strong>il</strong>istico. In maniera generale lo coltivano Ridderbros<br />

ed Aletti-Trublet; Girard e Auffret stu<strong>di</strong>ano le strutture; Monloubou e Keel analizzano<br />

<strong>il</strong> linguaggio delle immagini; Culley stu<strong>di</strong>a le formule. Questo drappello, ancor oggi sparuto,<br />

potrà ampliarsi ed ingrossare le sue f<strong>il</strong>e perché la materia abbonda ed è stata poco stu<strong>di</strong>ata.<br />

Con questo conclu<strong>di</strong>amo e ci accingiamo a varcare la soglia <strong>dei</strong> «lavori» o compiti da fare,<br />

che costituirà l’oggetto <strong>di</strong> un altro breve capitolo.<br />

X. LAVORI IN SOSPESO<br />

Si ha l’impressione <strong>di</strong> essere giunti alla fine <strong>di</strong> questa rassegna storica sino ai nostri giorni,<br />

quand’ecco che ci si prospetta un lavoro immane. Così immane che, invece <strong>di</strong> realizzarlo, ci<br />

limiteremo timidamente a descriverlo nei punti più nodali. Per quanto concerne gli autori <strong>dei</strong><br />

<strong>salmi</strong>, si dovranno delineare le loro concezioni teologiche, i loro sentimenti, <strong>il</strong> loro linguaggio.<br />

Per quanto riguarda i recettori e i fruitori <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, dobbiamo trattare dell’appropriazione<br />

e dell’esecuzione.<br />

1. Concezioni teologiche<br />

In generale i <strong>salmi</strong> non espongono dottrina. Quando mi rivolgo a Dio, non lo faccio come<br />

maestro. E se insegno qualcosa all’assemblea, forse come liturgo che guida la celebrazione, è<br />

perché l’assemblea si volga a Dio. Posso, questo sì, riflettere ad alta voce, per <strong>il</strong> bene <strong>di</strong> coloro<br />

che ascoltano, certo non per istruire Dio:<br />

Is 40,13s: «Chi ha sondato lo Spirito del Signore? Chi gli ha suggerito <strong>il</strong> suo progetto? Con<br />

chi si è consigliato per comprendere, perché gli insegnasse la strada giusta? Perché gli insegnasse<br />

<strong>il</strong> sapere, gli suggerisse <strong>il</strong> metodo intelligente?».<br />

Il Sal 49 suona come un’istruzione e non come una preghiera. Come se fosse una breve<br />

esortazione spirituale pronunciata <strong>di</strong>nanzi ad un u<strong>di</strong>torio devoto. Da un punto <strong>di</strong> vista formale,<br />

la preghiera non sta nelle parole <strong>di</strong> colui che parla, ma nella reazione <strong>di</strong> coloro che ascoltano.<br />

a) Sebbene i <strong>salmi</strong> non espongano dottrina, certamente però professano o presuppongono<br />

credenze, concezioni ed anche credulità. Quando queste vengono professate, possiamo isolarle<br />

fac<strong>il</strong>mente e potremmo raccoglierle e sistematizzarle per comporre una teologia <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>.


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 169<br />

Quando sono solo presupposte, dobbiamo rintracciarle e tirarle in superficie. Forse non possiamo<br />

tirare l’intera rete <strong>di</strong> credenze che osc<strong>il</strong>la nella profon<strong>di</strong>tà e si nasconde alla superficie<br />

del testo. Le relazioni sottomarine <strong>di</strong> questo lago o mare profondo possono essere istruttive o<br />

suggestive. Vale la pena però ricordare che alcune idee non sono credenze ma credulità e perciò<br />

dobbiamo procedere con un sano atteggiamento critico, onde una nostra maggiore comprensione<br />

del mistero.<br />

b) Le concezioni sono molte, ramificate o intrecciate: credenze su Dio, sull’uomo e sulla<br />

natura e le rispettive relazioni <strong>di</strong> creazione e salvezza. C’è però dal <strong>di</strong> sotto un credo fondamentale<br />

che le sostiene tutte: <strong>il</strong> credere profondamente che pregare Dio ha senso e valore. Nel<br />

mero fatto <strong>di</strong> pregare l’uomo crede <strong>di</strong> fare qualcosa che vale la pena. Si situa nel suo posto <strong>di</strong><br />

uomo, um<strong>il</strong>e, nob<strong>il</strong>issimo. Um<strong>il</strong>e, perché prende coscienza <strong>di</strong> essere una creatura <strong>di</strong>nanzi al<br />

Creatore; nob<strong>il</strong>issimo, perché si sa interlocutore <strong>di</strong> Dio. Il Signore parlava con Mosè faccia a<br />

faccia, «come parla un uomo con un amico» (pānîm ’el pānîm, Es 33,11; cfr. Dt 34,10) e gli<br />

Israeliti ricorrevano alla me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> Mosè. Ebbene i <strong>salmi</strong> democratizzano l’esperienza:<br />

chiunque è chiamato a trattare con Dio faccia a faccia, come ognuno parla ad un amico. In<br />

questo modo i <strong>salmi</strong>, globalmente, anticipano l’esperienza <strong>di</strong> Gesù che parla con <strong>il</strong> Padre suo<br />

e l’esperienza <strong>dei</strong> <strong>di</strong>scepoli che parlano con Gesù e poi con <strong>il</strong> Padre.<br />

c) Si può obiettare, come si è obiettato, che la preghiera è inut<strong>il</strong>e: perché Dio sa già tutto,<br />

perché non Gli <strong>di</strong>amo niente, perché Egli non interviene. Il salterio risponde alle obiezioni in<br />

azione. «La parola non è arrivata sulla mia bocca e Tu Signore, già la conosci interamente»<br />

(Sal 139,4); chi parla, continua pronunciando parole che Dio conosce già. Potevamo collocare<br />

questo verso nel frontespizio <strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> salterio e non lo avrebbe certo invalidato. Sal 50,13 ci<br />

ricorda la domanda ironica <strong>di</strong> Dio: «Mangerò io carne <strong>di</strong> tori, berrò sangue <strong>dei</strong> capri?» (Sal<br />

50,13). Neppure con la nostra lode, più spirituale della carne degli animali sacrificati, aggiungiamo<br />

qualcosa alla gloria e alla felicità <strong>di</strong> Dio. Nonostante questo, l’israelita continua a cantare<br />

i suoi inni e a recitare i suoi ren<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> grazie. Che Dio non intervenga è semplicemente<br />

l’opinione o la credulità interessata dell’empio e dell’insensato: «Il Signore non lo vede, <strong>il</strong><br />

Dio <strong>di</strong> Giacobbe non vi fa attenzione» (Sal 94,7); al contrario l’israelita fedele può avere fiducia<br />

perché sa che Dio agirà (Sal 37,5).<br />

d) Un altro modo <strong>di</strong> obiettare è affermare che i <strong>salmi</strong> sono un semplice monologo in forma<br />

<strong>di</strong> interpellazione, un atto immanente al soggetto: nel migliore <strong>dei</strong> casi, un autoincitamento<br />

benefico; nel peggiore, una <strong>il</strong>lusione ingannevole. La risposta del salterio a questa obiezione<br />

si situa nell’ambito o contesto della fede: se preghiamo, è perché Dio vuole che lo facciamo, è<br />

perché Dio ci concede u<strong>di</strong>enza. Pregare i <strong>salmi</strong> non è recitare monologhi, ma <strong>di</strong>alogare con un<br />

amico faccia a faccia. La prima metà del Sal 77 mostra l’esito inconcludente della preghiera<br />

ridotta a monologo, o la sua funzione preparatoria e <strong>di</strong>alettica per slanciarsi in una preghiera<br />

efficace.<br />

e) È impossib<strong>il</strong>e intentare qui una esposizione sistematica ed esaustiva delle credenze o<br />

concezioni teologiche formulate nel salterio. Cre<strong>di</strong>amo più realizzab<strong>il</strong>e e produttivo richiamare<br />

l’attenzione sull’<strong>il</strong>locuzione o sul modo in cui sono proposte. Queste credenze solitamente<br />

hanno la consistenza <strong>di</strong> convinzioni, sebbene in alcuni <strong>di</strong>battiti interiori (ad es. Sal 73)<br />

l’orante lotti con <strong>il</strong> dubbio. Le credenze possono venir formulate in atti <strong>di</strong> professione, <strong>di</strong> proclamazione,<br />

<strong>di</strong> semplice comunicazione, <strong>di</strong> testimonianza personale; possono essere tema <strong>di</strong><br />

riflessione o contemplazione. La proclamazione, la testimonianza, possono risiedere semplicemente<br />

nell’esecuzione pubblica; a volte vengono tematizzate: «Ti renderò grazie in eterno<br />

perché hai agito; proclamerò <strong>di</strong>nanzi ai tuoi fedeli che <strong>il</strong> tuo nome è buono» (52,11) 26 .<br />

26 Si veda J.-N. ALETTI – J. TRUBLET, Approche poétique et théologique des Psaumes, Paris 1983.


170 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

2. I sentimenti<br />

Non meno importante del mondo delle credenze, ben più complesso e abbastanza trascurato<br />

è <strong>il</strong> mondo <strong>dei</strong> sentimenti nei <strong>salmi</strong>. Il salterio è stato per Israele una grande scuola <strong>di</strong> lirica,<br />

intendendo questo termine come espressione verbale dell’esperienza personale o altrui. I <strong>salmi</strong><br />

sono soprattutto espressione, più che informazione o interpellazione. L’uomo può gridare o<br />

urlare <strong>di</strong>rettamente i suoi sentimenti e le sue emozioni, esprimerli in parole approssimate o<br />

generiche. Il poeta trasforma in parola <strong>il</strong> suo proprio sentire e quello <strong>di</strong> altri. A questo scopo<br />

comincia con <strong>il</strong> <strong>di</strong>stanziarsi dall’esperienza per osservarla ed analizzarla. Successivamente<br />

plasmerà o levigherà <strong>il</strong> suo linguaggio per dare una forma comunicab<strong>il</strong>e al sentimento. Queste<br />

operazioni, che abbiamo <strong>di</strong>stinto per la preoccupazione <strong>di</strong> chiarezza, in realtà si sovrappongono.<br />

Molte volte, la necessità <strong>di</strong> esprimere obbliga ad analizzare. In questo senso <strong>il</strong> salterio è un<br />

apporto letterario che si <strong>di</strong>stingue ra<strong>di</strong>calmente dalla narrazione, così oggettiva e così poco<br />

psicologica, <strong>di</strong> Israele. Il salterio è una autentica fucina poetica dove viene forgiata o creata<br />

una lingua dell’interiorità.<br />

L’aspetto corporeo, che un tempo era un mero sintomo, come <strong>il</strong> tremare <strong>di</strong> paura,<br />

l’arrossire <strong>di</strong> vergogna, si tramuta a poco a poco in un universo <strong>di</strong> simboli descrittivi ed<br />

espressivi. «Tremo <strong>di</strong> paura» è oggettivo, imme<strong>di</strong>ato; «<strong>il</strong> terrore mi attanaglia» è una trasformazione<br />

espressiva perché personifica <strong>il</strong> sentimento e presenta l’orante come vittima <strong>di</strong> tale<br />

personificazione. Quando in Sal 55,5 l’orante <strong>di</strong>ce che <strong>il</strong> «cuore gli si attorciglia/spasima dentro»<br />

questo spasmo non è una mera descrizione fisiologica. Suppone innanzitutto la concezione<br />

antropologica degli antichi che vedevano <strong>il</strong> cuore come sede dell’interiorità (i greci la immaginavano<br />

nel <strong>di</strong>aframma, phrenes); immagina poi un movimento <strong>di</strong> attorcigliamento (torcere,<br />

torqueo) dell’organo, e con <strong>il</strong> soggetto ed <strong>il</strong> verbo vuole far comprendere una esperienza<br />

unitaria, in cui <strong>il</strong> poeta forse non <strong>di</strong>stingue ancora fra <strong>di</strong>mensione fisica e spirituale. Se continuiamo,<br />

segue l’espressione «piombano su <strong>di</strong> me terrori mortali»: la morte come potenza ha<br />

un seguito <strong>di</strong> subalterni, una sorta <strong>di</strong> squadrone <strong>di</strong> sgherri che sono i terrori. L’io dell’orante<br />

sente che si avventano contro <strong>di</strong> lui, lo caricano, piombano su <strong>di</strong> lui e lo schiacciano. Neppure<br />

questa è descrizione fisica.<br />

Per quale motivo, allora, non cerchiamo <strong>di</strong> st<strong>il</strong>are una catalogazione <strong>di</strong> sentimenti con le<br />

loro espressioni, come Gunkel aveva catalogato i generi <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>? Perché è impossib<strong>il</strong>e. Abbiamo<br />

già visto quanto sia poco rigorosa la classificazione <strong>di</strong> Gunkel e come negli anni seguenti<br />

non sia migliorata <strong>di</strong> molto. L’impossib<strong>il</strong>ità nasce dal fatto che <strong>il</strong> mondo <strong>dei</strong> sentimenti<br />

si presenta molto più complesso, <strong>il</strong> passaggio dall’uno all’altro è più fluido, si combinano e si<br />

sovrappongono più liberamente, sono capaci <strong>di</strong> lottare fra loro, si mascherano e si d<strong>il</strong>eguano<br />

in un gioco caleidoscopico. Neppure gli psicologi moderni che si sono accinti a questo tipo <strong>di</strong><br />

lavoro sono pervenuti ad una classificazione comunemente accettata. La classificazione stoica<br />

delle passioni (pathe\) con la sua primaria quadruplice <strong>di</strong>visione <strong>di</strong> base e le sue sotto<strong>di</strong>visioni,<br />

nonostante sia m<strong>il</strong>lenaria, continua ad avere la sua ut<strong>il</strong>ità. Altre classificazioni possono fornire<br />

<strong>di</strong>stinzioni <strong>di</strong> orientamento o strumenti <strong>di</strong> analisi. Inoltre non dobbiamo <strong>di</strong>menticare la nostra<br />

lingua moderna con <strong>il</strong> suo ricco repertorio non sistematizzato.<br />

Recentemente è stata pubblicata un’opera de<strong>di</strong>cata allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un sentimento davvero<br />

fondamentale: la paura 27 ; sono più <strong>di</strong> 300 pagine <strong>di</strong> analisi e <strong>di</strong> sintesi. A questa possiamo aggiungere<br />

un articolo sul tema fondamentale dell’angoscia 28 .<br />

Altrettanto si dovrebbe fare con sentimenti come la fiducia, l’amore e l’o<strong>di</strong>o, <strong>il</strong> desiderio e<br />

l’apatia, l’ira e la mitezza, la tristezza e l’allegria, la compassione e la crudeltà, l’invi<strong>di</strong>a e<br />

l’ammirazione. Oppure intraprendere lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sentimenti più sott<strong>il</strong>i come <strong>il</strong> risentimento, <strong>il</strong><br />

rancore, l’inquietu<strong>di</strong>ne, la nostalgia o i loro antonimi. Il nostro linguaggio moderno ci offre un<br />

copioso repertorio, un campo semantico non ancora ridotto a campo lessicale.<br />

27 B. COSTACURTA, La vita minacciata, Roma 1988.<br />

28 T. J. RAJA RAO, Agony and anguish: the P<strong>salmi</strong>st in his sufferings, in JES 18 (1988) 94-100.


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 171<br />

Passiamo ora ad esaminare succintamente alcuni sentimenti ed atteggiamenti che nel salterio<br />

occupano un posto <strong>di</strong> primo piano.<br />

a) Iniziamo con la lode, proprio dell’inno. Chi loda riconosce ed afferma la bontà dell’altro<br />

(prescin<strong>di</strong>amo dalla lode <strong>di</strong> se stessi). La lode significa un’apertura all’essere come vero o conoscib<strong>il</strong>e<br />

e come buono. La lode semplice non ha secon<strong>di</strong> fini, né è interessata. La bontà riconosciuta<br />

genera gioia e per questo la lode è gioiosa. Si oppone all’invi<strong>di</strong>a, che è provare <strong>di</strong>spiacere<br />

del bene altrui, alla meschinità degli spiriti gretti ed è <strong>il</strong> contrario della calunnia. La<br />

lode è generosa e con la sua generosità arricchisce o nob<strong>il</strong>ita colui che la sperimenta e la pronuncia.<br />

La lode è estroversa, in quanto si <strong>di</strong>rige all’oggetto; tuttavia, nel lodare, uno esprime<br />

la sua gioia, si corrobora in essa e la con<strong>di</strong>vide. Nel lodare gli Israeliti hanno scoperto la bellezza/bontà<br />

dell’universo, la meraviglia della loro storia. Il lodare è la prima forma <strong>di</strong> mettersi<br />

in relazione con Dio.<br />

b) Se <strong>il</strong> bene altrui ci è stato comunicato come dono, favore, grazia, allora proviamo gratitu<strong>di</strong>ne,<br />

esprimiamo la nostra riconoscenza. La parola riconoscere racchiude un conoscere accettato,<br />

la parola gratitu<strong>di</strong>ne contiene la grazia ricevuta. Nonostante non sia interessata, la gratitu<strong>di</strong>ne<br />

è meno gratuita della lode. In qualche modo, in essa si insinua un sentimento<br />

d’obbligo; l’altro mi ha fatto un favore, mostrandomi la sua bontà cor<strong>di</strong>ale ed io non posso fare<br />

a meno <strong>di</strong> riconoscerlo. Anche la gratitu<strong>di</strong>ne solitamente è gioiosa e nob<strong>il</strong>e. Consideriamo<br />

biasimevole l’ingratitu<strong>di</strong>ne. Talvolta qualcuno non vorrebbe dover essere riconoscente o grato<br />

ad un altro: se ci chie<strong>di</strong>amo perché, la risposta è <strong>il</strong> fatto che essere debitori <strong>di</strong> un favore ad un<br />

altro, ci vincola, ci priva della nostra autonomia ed <strong>il</strong> fatto <strong>di</strong> ricevere ci sembra una forma <strong>di</strong><br />

inferiorità. Però la gratitu<strong>di</strong>ne può essere una scuola o un tirocinio <strong>di</strong> generosità.<br />

c) La fiducia è una sicurezza fondata in un altro (prescin<strong>di</strong>amo dalla fiducia in se stessi,<br />

che non ha accesso nella preghiera). La fiducia è nemica del timore e del dubbio. Può stare<br />

all’inizio <strong>di</strong> un processo o alla sua fine. Non supplichiamo la persona <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>ffi<strong>di</strong>amo, da cui,<br />

in qualche modo, <strong>di</strong>speriamo <strong>di</strong> ottenere ciò che desideriamo. Anche la fiducia afferma la<br />

bontà dell’altro, ma in più aggiunge <strong>il</strong> suo potere e la sua <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità. Però, non sempre cominciamo<br />

da questo sentimento; anzi può essere <strong>il</strong> risultato finale <strong>di</strong> un processo. A volte<br />

l’orante desidera confidare, e questo è un atteggiamento incerto, dai toni non ancora chiari. Se<br />

vuole, è perché ancora non confida, tuttavia confida <strong>di</strong> poter giungere ad una fiducia. Ha fiducia<br />

a metà, fra dubbi che cerca <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssipare e certezze che ripete a se stesso. La fiducia può<br />

esprimersi nei <strong>salmi</strong> in un tono tranqu<strong>il</strong>lo e categorico, oppure con drammatica ambiguità.<br />

L’orante del Sal 27 non sta rincuorando se stesso? Se è così sicuro, perché tante richieste? Alcuni<br />

commentatori spezzano <strong>il</strong> salmo in due brani autonomi ed opposti; da ciò che si vede,<br />

non credono nel dramma della coscienza.<br />

d) Il pentimento è un altro sentimento complesso. Non è <strong>il</strong> <strong>di</strong>spiacere <strong>di</strong> ciò che mi è successo,<br />

ma <strong>di</strong> ciò che ho fatto, con un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> valore negativo, con <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere<br />

quanto ho fatto. La coscienza <strong>di</strong> un uomo si sdoppia in giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> se stessa o in un inquisitore<br />

che persegue un colpevole che è lui stesso. A perseguitarci sono le conseguenze e molto<br />

<strong>di</strong> più l’accaduto, la nostra stessa azione. Per i suoi motivi può aggrovigliare e complicare <strong>il</strong><br />

suo prof<strong>il</strong>o. Molte volte l’orante prova rincrescimento per ciò che ha compiuto, perché gli rincresce<br />

ciò che gli è accaduto dopo, siano esse delle conseguenze immanenti dell’azione, sia<br />

esso un castigo esterno a lui. Nel salterio la sofferenza è molte volte una realtà che rivela <strong>il</strong><br />

peccato e provoca <strong>il</strong> pentimento. Però <strong>il</strong> motivo può essere <strong>il</strong> fatto che Dio detesta <strong>il</strong> peccato<br />

(Sal 51): <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio della coscienza si conc<strong>il</strong>ia con <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Dio ed <strong>il</strong> Dio a<strong>di</strong>rato <strong>di</strong>venta<br />

<strong>il</strong> Dio protettore. L’uomo non può <strong>di</strong>struggere quanto ha commesso, Dio invece può perdonarlo.<br />

Quanto l’uomo ha fatto, si incorpora come brano <strong>di</strong> una biografia, nella speranza che le sue<br />

conseguenze siano minime. Dio «si <strong>di</strong>mentica». Dal perdono sgorga un tranqu<strong>il</strong>lo sentimento<br />

<strong>di</strong> gioia e <strong>di</strong> serenità, oppure un giub<strong>il</strong>o che grida e si comunica (Sal 28 e 51). La felicità <strong>di</strong><br />

essere stato perdonato è un sentimento complesso <strong>di</strong> alcuni <strong>salmi</strong>.


172 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

e) La sorpresa. Ecco qui un altro sentimento non normale, non catalogato dagli Stoici. La<br />

sorpresa è qualcosa <strong>di</strong> più <strong>di</strong> ciò che è impressionante. R. Otto, descrivendo la categoria del<br />

«sacro», parlava <strong>di</strong> sintesi del fascinosum ac tremendum. Dinanzi all’oggetto che lo oltrepassa<br />

e lo sovrasta, l’uomo <strong>di</strong>scopre e avverte la sua piccolezza e resta sorpreso, intimorito. La maestosità<br />

<strong>di</strong> una catena montuosa, l’impeto <strong>di</strong> una cateratta, la vastità <strong>di</strong> una catastrofe. L’orante<br />

del salterio sperimenta questo sentimento <strong>di</strong>nanzi a Dio e alle sue opere o segni: «gli abitanti<br />

delle estremità dell’orbe si sgomentano <strong>di</strong>nanzi ai tuoi segni» (Sal 65,9).<br />

Ammirazione, sgomento, stupore, si inquadrano nel paragrafo precedente ed appartengono<br />

al mondo della lode. I greci <strong>di</strong>cevano che l’ammirazione è madre della scienza o della conoscenza.<br />

Il salterio fa dell’ammirazione una scala per la conoscenza <strong>di</strong> Dio. Modello <strong>di</strong> una<br />

contemplazione ammirata, quasi incantata della natura, sono <strong>il</strong> Sal 104 e Sir 43. Il Sal 8 vibra<br />

<strong>di</strong> meraviglia davanti al firmamento <strong>di</strong> una notte stellata e dall’ammirazione passa alla domanda,<br />

all’enigma dell’uomo. Un passaggio significativo.<br />

f) La pena o afflizione è un sentimento provocato da un male presente e, molto umanamente,<br />

occupa una buona parte del salterio e si esprime in svariate maniere. Una forma particolare<br />

consiste nel sentire come propria la pena o male altrui, e questa la definiamo compassione.<br />

Molto vicina è la pietà, anche se gli antichi riservavano la pietà alle relazioni fam<strong>il</strong>iari o con<br />

la <strong>di</strong>vinità. Chi non prova sentimenti <strong>di</strong> compassione è crudele o spietato, un tipo che nel salterio<br />

appare e si concretizza nella persona del nemico. Di rigore, pietà e compassione si riferiscono<br />

a persone; per estensione possono <strong>di</strong>rigersi ad altri oggetti. È notevole e commovente<br />

un verso per la capitale <strong>di</strong>strutta: «I tuoi servi amano le sue pietre, addolorati persino per la<br />

sua polvere» (102,15). Dio deve avvicinarsi provando pietà e compassione per <strong>il</strong> suo popolo,<br />

per <strong>il</strong> povero e l’abbandonato, per <strong>il</strong> peccatore pentito, nel qual caso si suppone che <strong>il</strong> sentimento<br />

si tradurrà in azione. Può accadere <strong>il</strong> contrario, cioè che l’uomo provi pietà <strong>di</strong> Dio?<br />

Oggettivamente questo è privo <strong>di</strong> senso: psicologicamente però l’orante prende sopra <strong>di</strong> sé le<br />

offese inferte a Dio: «Lo zelo del tuo tempio mi <strong>di</strong>vora e gli insulti <strong>di</strong> chi ti insulta ricadono<br />

sopra <strong>di</strong> me» (69,10).<br />

La pena normalmente tende a calmarsi con una rimozione delle cause. Curiosamente, la<br />

pena cerca talvolta <strong>di</strong> prolungarsi, quasi assaporando l’elenco <strong>dei</strong> propri mali, o come sentendosi<br />

protagonista che provoca ed accentra su <strong>di</strong> sé la compassione. L’uomo non vuole essere<br />

un <strong>di</strong>sgraziato, però, giacché lo è, vuole essere compatito, e sente che l’ultima istanza <strong>di</strong> pietà<br />

e compassione si trova in Dio: «Anche se mio padre e mia madre mi abbandonano, <strong>il</strong> Signore<br />

mi accoglierà» (27,10). Esprime sentimenti <strong>di</strong> compassione Sal 35,14: «Come per un amico o<br />

un fratello andavo in lutto triste e a capo chino come per una madre». Sal 69,21 va alla ricerca<br />

della compassione altrui: «M’aspetto compassione e non c’è, consolatori e non li trovo».<br />

g) Contraria alla pietà è la crudeltà, la quale assume a volte la forma <strong>di</strong> superiorità e <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzo<br />

e si esprime nel riso sarcastico o trionfale. È <strong>il</strong> sentimento del vincitore che si accanisce<br />

sulla sua vittima. L’orante lo descrive nei suoi avversari: «Quando mi affliggo con i <strong>di</strong>giuni,<br />

mi scherniscono; quando mi vesto <strong>di</strong> sacco, mi dan la baia» (69,12-13). O ancor più duramente<br />

come in Sal 35,21: «Sghignazzano sguaiati <strong>di</strong> me – Ah, ah, lo stiamo vedendo». Ride<br />

bene però chi ride ultimo, perché un giorno sarà Dio che li deriderà (2,2; 37,13); allora «si ritireranno<br />

svergognati coloro che mi deridono» (70,4).<br />

h) Solitamente non collochiamo tra i sentimenti <strong>il</strong> desiderio, nonostante <strong>il</strong> desiderio venga<br />

vissuto molte volte con una forte carica emozionale: come ansia, anelito, aspettativa, brama. È<br />

un sentimento che si sperimenta nello spirito e nel corpo, e si esprime probab<strong>il</strong>mente con sospiri:<br />

«La mia carne ha ansia <strong>di</strong> te» (63,2); «la mia anima si consuma anelando» (84,3).<br />

i) Sentimento della sod<strong>di</strong>sfazione e <strong>di</strong> vanità. La sod<strong>di</strong>sfazione o compiacimento può avere<br />

un oggetto <strong>di</strong>verso dal soggetto, la vanità prende <strong>il</strong> soggetto come oggetto. In Sal 49,19 si riporta<br />

<strong>il</strong> commento sod<strong>di</strong>sfatto <strong>di</strong> un ricco: «Eppure nella sua vita si congratulava: si complimentano<br />

per come te la passi bene»: è un compiacimento o sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> secondo grado, della lode<br />

che strappa ad altri. Egli se la passa bene, gli altri lo lodano, egli si gonfia <strong>di</strong> piacere. Il <strong>salmi</strong>sta


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 173<br />

pronuncia <strong>il</strong> suo giu<strong>di</strong>zio su tutto <strong>il</strong> complesso psicologico e sociale. Altri «si compiacciono nella<br />

menzogna» (62,5), Ci provano gusto. Il piacere deliberato e cosciente nel male è una colpa<br />

aggravante. Compiacimento nasconde nell’etimo <strong>il</strong> termine piacere, <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> proprio o <strong>di</strong><br />

altri. Se <strong>di</strong> altri, può esprimersi in auguri, complimenti, elogi. Il compiacimento o sod<strong>di</strong>sfazione<br />

può essere sociale e pubblico e generare la festa. Al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> tutti celebriamo e festeggiamo<br />

Dio: <strong>il</strong> piacere è tripu<strong>di</strong>o, giub<strong>il</strong>o e può esprimersi sonoramente.<br />

l) L’in<strong>di</strong>gnazione si accende principalmente <strong>di</strong>nanzi all’ingiustizia e all’abuso. Giunge al<br />

colmo <strong>di</strong>nanzi all’ingiustizia <strong>dei</strong> governanti <strong>di</strong> fronte all’abuso contro i deboli, e può sfociare<br />

in imprecazioni appassionate e persino violente. Violenza verbale. È <strong>il</strong> sentimento che occupa<br />

un posto <strong>di</strong> primo piano nei <strong>salmi</strong> cosiddetti <strong>di</strong> imprecazione, è <strong>il</strong> volto coraggioso e legittimo<br />

della vendetta <strong>il</strong>legale o perversa. Nell’in<strong>di</strong>gnazione si rivela l’amore della giustizia. Si possono<br />

citare <strong>il</strong> Sal 58 che interpella governanti e <strong>il</strong> Sal 137 che prende <strong>di</strong> mira gli stranieri. In<br />

questo settore possono trovar posto sentimenti come l’ira, la collera, <strong>il</strong> furore, che animano molti<br />

<strong>salmi</strong>. L’in<strong>di</strong>fferenza o passività non è biblica.<br />

m) Che grande capitolo si dovrebbe re<strong>di</strong>gere sui sentimenti dell’amore e dell’o<strong>di</strong>o, del rancore<br />

e della tenerezza, dell’affetto e dell’in<strong>di</strong>fferenza! Si definiscono me<strong>di</strong>ante i loro oggetti:<br />

chi o che cosa ama l’orante? Prima <strong>di</strong> tutto Dio, <strong>il</strong> suo popolo, la patria e la capitale, <strong>il</strong> tempio,<br />

la legge, la famiglia; detesta gli empi, gli idolatri, gli intrighi e le macchinazioni, la menzogna<br />

e la doppiezza. Però, nonostante sia così centrale, l’amore viene enunciato senza aggiungere<br />

altro, non analizzato nelle sue sfaccettature, nelle sue tonalità e nei suoi processi.<br />

n) L’introspezione raggiunge <strong>il</strong> suo acme quando l’orante osserva in sé una lotta <strong>di</strong> sentimenti,<br />

come pubblico <strong>di</strong> un pezzo drammatico che si rappresenta dentro <strong>di</strong> lui, o che lui rappresenta.<br />

L’orante <strong>di</strong> Sal 42-43 si <strong>di</strong>batte tra la speranza e la <strong>di</strong>sperazione, e nel ritornello torna<br />

a farsi coraggio ben tre volte. Nel Sal 73 ad angosciare l’orante è un problema vitale ed<br />

egli si <strong>di</strong>batte tra la coscienza della sua rettitu<strong>di</strong>ne, <strong>il</strong> successo degli empi e <strong>il</strong> fallimento della<br />

teologia della retribuzione; in un monologo fra sé e sé <strong>di</strong>ce: «<strong>il</strong> mio cuore inaci<strong>di</strong>va, nel mio<br />

intimo/reni fitte lancinanti» (73,21). L’orante del Sal 77 si <strong>di</strong>batte tra la sua fede tra<strong>di</strong>zionale<br />

nella protezione <strong>di</strong>vina e l’esperienza allucinante <strong>di</strong> un presente <strong>di</strong> abbandono. L’orante del<br />

Sal 39 si <strong>di</strong>batte tra parlare e tacere, per timore <strong>di</strong> <strong>di</strong>re sciocchezze. «Restai in s<strong>il</strong>enzio rassegnato,<br />

mi contenni inut<strong>il</strong>mente, la mia ferita peggiorò, <strong>il</strong> cuore mi ardeva dentro; al ripensarci<br />

ri<strong>di</strong>vampava, finché sciolsi la lingua» (39,4).<br />

3. Il linguaggio<br />

Qualcosa è già emerso riguardo all’espressione verbale <strong>dei</strong> sentimenti, ora facciamo alcune<br />

altre osservazioni <strong>di</strong> carattere generale.<br />

La formulazione <strong>di</strong> un sentimento lo prolunga, lo intensifica o lo acquieta, lo esaurisce o lo<br />

rinnova, lo rende chiaro alla coscienza. Non basta la sincerità <strong>di</strong>nanzi a Dio e agli uomini; è<br />

necessario anche un linguaggio adeguato e pertinente. Però, è possib<strong>il</strong>e dare una forma verbale<br />

alla nostra interiorità, alla profon<strong>di</strong>tà della nostra relazione con Dio? È possib<strong>il</strong>e fino ad un<br />

certo punto, me<strong>di</strong>ante la st<strong>il</strong>izzazione della complessità, attraverso la me<strong>di</strong>azione <strong>dei</strong> simboli.<br />

È questo precisamente uno <strong>dei</strong> compiti <strong>dei</strong> compositori <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>: dare un’adeguata forma<br />

verbale ai sentimenti religiosi, in presenza <strong>di</strong> Dio e dell’assemblea.<br />

La lode può adottare <strong>il</strong> linguaggio descrittivo, fatto <strong>di</strong> brevi tratti, piccoli o gran<strong>di</strong>osi, quoti<strong>di</strong>ani<br />

o cosmici: può lavorare con affermazioni o per allusione. Se narra, può congelare un<br />

fatto o una serie in participi pre<strong>di</strong>cativi, in titoli; molte volte, supponendo che la storia sia conosciuta,<br />

le basta solamente soffermarsi in un momento culminante o farvi allusione.<br />

La supplica adotta <strong>il</strong> linguaggio retorico della persuasione. Ama l’amplificazione e l’accumulazione,<br />

non teme l’iperbole, insiste, ripete continuamente.<br />

L’espressione psicologica può apparirci sorprendente per la sua corporeità, che testimonia<br />

la coscienza dell’unità dell’uomo, prima <strong>di</strong> qualsiasi <strong>di</strong>cotomia. I sentimenti possono venir<br />

espressi <strong>di</strong>rettamente, in interiezioni, oppure possono venir tematizzati. L’arsenale <strong>di</strong> immagi-


174 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

ni e <strong>di</strong> simboli è ben fornito ed abbondante. A volte assistiamo allo sdoppiamento dell’io parlante.<br />

Per concludere, ricor<strong>di</strong>amo <strong>il</strong> linguaggio dell’interpellazione profetica, <strong>il</strong> linguaggio performativo<br />

che convoca alla lode e alla celebrazione, <strong>il</strong> linguaggio della teofania.<br />

XI. L’APPROPRIAZIONE<br />

1. I <strong>salmi</strong> come espressione<br />

Ci rimane un punto importante, forse <strong>il</strong> più importante: l’appropriazione, <strong>il</strong> far nostro <strong>il</strong><br />

salmo come preghiera, come espressione efficace <strong>dei</strong> nostri sentimenti rivolta a Dio. Possiamo<br />

comprendere i <strong>salmi</strong> come un documento insolito o singolare <strong>di</strong> una cultura antica. Non è<br />

questo <strong>il</strong> senso autentico ed originale <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, che furono composti per essere pregati e me<strong>di</strong>tati.<br />

Il senso originario <strong>di</strong> un salmo si consuma ogni volta che un uomo lo pronuncia come<br />

preghiera sua a Dio 29 .<br />

I <strong>salmi</strong> sono anche poesia. Me<strong>di</strong>ante i <strong>salmi</strong>, un credente o una comunità professano <strong>il</strong> loro<br />

credo, esprimono i loro sentimenti spirituali, si esortano all’azione; i tre atti religiosi possono<br />

fondersi e rimanere tali nella parola poetica, nel carme. Possiamo stu<strong>di</strong>are <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o o l’aspetto<br />

artistico del salmo e fare poetica o st<strong>il</strong>istica; possiamo stu<strong>di</strong>are <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o religioso e fare teologia.<br />

Se per questioni <strong>di</strong> metodo separiamo l’aspetto poetico da quello religioso è perché in seguito<br />

si fondano nella nuova, viva preghiera del credente e del suo orizzonte. Uno stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong><br />

ottica può analizzare e separare i colori; un pittore può applicare <strong>di</strong>rettamente <strong>il</strong> colore verde<br />

senza dar prima uno strato <strong>di</strong> azzurro e poi uno <strong>di</strong> giallo.<br />

I <strong>salmi</strong> sono poesia e preghiera: sono espressione <strong>di</strong> esperienze religiose, rivolta a Dio. Se<br />

pren<strong>di</strong>amo in considerazione <strong>il</strong> complemento <strong>di</strong> termine Dio, i <strong>salmi</strong> interpellano; se pren<strong>di</strong>amo<br />

in considerazione l’orante, i <strong>salmi</strong> esprimono. In questo modo possiamo <strong>di</strong>stinguere questo<br />

corpus letterario dalla profezia, che è interpellazione <strong>di</strong> Dio all’uomo, e dalla storia, che è<br />

primariamente informazione. È vero che ogni parola <strong>di</strong> Dio all’uomo lo interpella; anche i<br />

<strong>salmi</strong>. Tuttavia, e all’interno <strong>di</strong> questa potenzialità generale, i <strong>salmi</strong> possiedono un proprio statuto,<br />

perché collocano in primo piano <strong>il</strong> protagonismo dell’uomo. Come portatori <strong>di</strong> Spirito<br />

(parola ispirata), rendono l’uomo capace <strong>di</strong> rivolgersi efficacemente ed autenticamente a Dio,<br />

in spirito e con verità. Il protagonismo dell’uomo può avere <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> personalità. Nella<br />

preghiera privata si hanno momenti <strong>di</strong> assoluta personalità irripetib<strong>il</strong>e. Nei <strong>salmi</strong>, si sacrifica <strong>il</strong><br />

ra<strong>di</strong>calmente personale o in<strong>di</strong>viduale per esprimere quello che una comunità in questo momento<br />

con<strong>di</strong>vide o ciò che è con<strong>di</strong>visib<strong>il</strong>e da <strong>di</strong>versi in<strong>di</strong>vidui. Soltanto che ognuno con<strong>di</strong>vide<br />

a modo suo.<br />

I <strong>salmi</strong>, in quanto preghiera, impostano acutamente <strong>il</strong> problema dell’esperienza religiosa.<br />

Se è vero che quanto riusciamo a capire <strong>di</strong> Dio lo raggiungiamo dal nostro punto <strong>di</strong> appoggio,<br />

anche se elevati dallo Spirito, e lo cogliamo in quanto ci sfiora o ci invade, è anche vero che la<br />

preghiera spinge l’orante in primo piano. L’espressione si fa in prima persona: nel pregare<br />

l’uomo si avvicina e sembra prendere l’iniziativa, anche se mosso dallo Spirito.<br />

2. Comprendere i <strong>salmi</strong><br />

Comprendere l’esperienza umana religiosa espressa poeticamente non è ricadere nello psicologismo?<br />

No, perché non cerchiamo <strong>di</strong> penetrare nella mente dell’autore per ripetere la sua<br />

esperienza, ma ci atteniamo a testi poetici per realizzare un’esperienza sim<strong>il</strong>e o equivalente, la<br />

nostra. Il salmo dà voce ad una esperienza umana, non necessariamente però, né imme<strong>di</strong>atamente,<br />

a quella dell’autore. Non necessariamente, perché <strong>il</strong> poeta può aver composto un car-<br />

29 Cfr. A. SCHENKER, Das Gebet im Lichte der Psalmen, in BiKi 35 (1980) 37-41.


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 175<br />

me su commissione, senza essere passato personalmente per la situazione presunta; non imme<strong>di</strong>atamente,<br />

perché si interpone l’opera foriera <strong>di</strong> senso.<br />

Per comprendere i <strong>salmi</strong> come preghiera, occorre entrare in sintonia con essi. Se è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e<br />

capire testi religiosi quando non si crede, è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>issimo capire delle preghiere quando uno è<br />

incapace <strong>di</strong> pregare. L’analogia potrà tendere un ponte levatoio, ma al termine ci imbatteremo<br />

in un portone sbarrato. Si paragonino le frasi: «accade un po’ così, come quando...» e «proprio<br />

quello che mi succede». Non può bastarci <strong>il</strong> colore che può immaginare un uomo cieco fin<br />

dalla nascita.<br />

Dobbiamo comprendere i <strong>salmi</strong> come poemi, come opere <strong>di</strong> poesia. Non facciamo ricorso<br />

ad una sorta <strong>di</strong> telepatia spirituale che mette in contatto due menti senza una me<strong>di</strong>azione verbale.<br />

Il poema è qui ed è <strong>il</strong> nostro oggetto primario <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o. In poesia non conta ciò che <strong>di</strong><br />

fatto sentì l’autore, ma la sua espressione che resta valida: valida ed efficace principalmente<br />

per <strong>il</strong> lettore che la fa sua. In un poema, conta prima <strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> suo universo poetico, <strong>il</strong> suo<br />

linguaggio e la sua organizzazione 30 .<br />

Il contesto vitale o situazione <strong>di</strong> cui parlava Gunkel, ad esempio l’uso <strong>di</strong> un carme in una<br />

cerimonia liturgica, può risultare superficiale rispetto alla coscienza <strong>di</strong> coloro che pregano.<br />

Una cosa è descrivere una liturgia penitenziale, con le sue parti e i suoi attori, un’altra cosa è<br />

la coscienza del peccato e della con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> peccatori, come ci vengono descritti da Paolo in<br />

Rom 7 o come ci vengono espressi nel Sal 51. All’inizio la comprensione dell’esperienza religiosa<br />

o <strong>di</strong> fede è più profonda ed importante della descrizione, più ut<strong>il</strong>e, indubbiamente, <strong>di</strong><br />

una situazione o contesto <strong>di</strong> uso.<br />

3. Appropriazione e me<strong>di</strong>azione<br />

Il salmo, che un tempo ha dato voce nella sua espressione all’esperienza <strong>di</strong> un uomo o <strong>di</strong><br />

una comunità, deve trasformarsi in una espressione religiosa <strong>di</strong> un nuovo uomo o <strong>di</strong> una nuova<br />

comunità. A tal scopo, deve aver luogo una esperienza analoga o equivalente ed <strong>il</strong> salmo<br />

deve trasformarsi nella sua espressione efficace e valida. Sulla ra<strong>di</strong>cale unità umana agisce<br />

l’unico Spirito:<br />

«Le due cose sono vere: che sono voce nostra e che non lo sono, che sono voce dello Spirito e che non lo<br />

sono. Sono dello Spirito <strong>di</strong> Dio perché, se non fosse lui ad ispirarle, non le <strong>di</strong>remmo, non sono dello Spirito,<br />

perché non ha bisogno né soffre. Queste voci sono proprie <strong>di</strong> gente bisognosa che soffre. Sono nostre,<br />

perché esprimono la nostra necessità; non sono nostre, perché è un dono suo anche la nostra capacità<br />

<strong>di</strong> gemere» 31 .<br />

Oltre ad offrirsi come espressione valida <strong>di</strong> una esperienza, i <strong>salmi</strong> possono me<strong>di</strong>are una<br />

esperienza analoga o vicaria, con la quale vi sia una inclinazione o affinità <strong>di</strong> base. Lo Spirito<br />

che ha ispirato i <strong>salmi</strong> e continua a soffiare in essi promuove in noi una esperienza <strong>di</strong> fede<br />

somigliante:<br />

«Se <strong>il</strong> salmo prega, pregate: se geme, gemete... Tutto ciò che vi si trova scritto, è uno specchio che ci riflette»<br />

32 .<br />

Attraverso la comprensione, ten<strong>di</strong>amo all’appropriazione; tuttavia questa permette una migliore<br />

comprensione: così, in una alternanza che intensifica o in una spirale che si allarga 33 .<br />

30<br />

Per più dettagli riman<strong>di</strong>amo <strong>il</strong> lettore a L. ALONSO SCHÖKEL, Manuale <strong>di</strong> poetica ebraica, Brescia 1989.<br />

31<br />

AGOSTINO, Enarrationes in Psalmos XXVI,1.<br />

32<br />

AGOSTINO, Enarrationes in Psalmos XXXIII,1.<br />

33<br />

Cfr. S. SCHNEIDER, Das Denken in B<strong>il</strong>dern als Voraussetzung für das persönliche Psalmenbeten, in BiKi<br />

35 (1980) 47-59.


176 Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi<br />

4. La verità <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong><br />

Un poema ha un senso ed ha un valore. Se ci sono cattivi poemi o non genuini, non ci occupiamo<br />

adesso <strong>di</strong> questi. Anche ciò che gli anglosassoni chiamano non-sense ha <strong>il</strong> suo senso.<br />

Affermare che i <strong>salmi</strong> sono poemi religiosi non significa svalutarli, ma esaltarne <strong>il</strong> valore. Chi<br />

colloca la poesia nello stesso settore o ambito <strong>dei</strong> cruciverba o della letteratura <strong>di</strong> evasione<br />

non dovrebbe de<strong>di</strong>carsi alla poesia né opinare in proposito.<br />

Un poema ha <strong>il</strong> suo senso e la sua verità. Un poema <strong>di</strong> tipo «espressivo» ha <strong>il</strong> suo senso e<br />

la sua verità riferiti all’esperienza espressa. Possiamo sfogare <strong>il</strong> nostro sentimento in una interiezione,<br />

in un grido appena articolato. Possiamo descriverlo in un <strong>di</strong>scorso enunciativo, come<br />

molte volte fanno i novellisti. Un poeta lirico trasforma <strong>il</strong> sentimento proprio o altrui in un<br />

poema: si veda <strong>il</strong> Sal 133.<br />

Diciamo che l’esperienza è vera, quando raggiunge <strong>il</strong> suo fine reale. In altre parole,<br />

l’esperienza non è puramente immanente, perché tende ad un fine estrinseco ad essa; non è<br />

mera <strong>il</strong>lusione, perché in qualche modo raggiunge <strong>il</strong> suo fine. Colui che prega recitando un<br />

salmo raggiunge veramente <strong>il</strong> Dio vero, lo adora in spirito e verità.<br />

L’espressione o la formulazione dell’esperienza può essere sincera, finta o fittizia. È sincera<br />

se l’espressione corrisponde al sentimento, se le labbra concordano con <strong>il</strong> cuore. L’espressione<br />

è finta quando non corrisponde al sentimento: chi parla finge, è un ipocrita o recita come<br />

un pappagallo. Più sott<strong>il</strong>e è la categoria del fittizio, che non è in contrasto con la verità.<br />

Anche se <strong>il</strong> poeta non lo sente personalmente, fa suo <strong>il</strong> sentimento <strong>di</strong> altri per dargli una forma<br />

poetica vera e sincera. L’espressione non corrisponde all’«io» del poeta, è fittizia; corrisponde<br />

all’«io» del poema, non è finta. In cambio colui che si appropria <strong>di</strong> questa espressione per<br />

pregare, non ha <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> fingere.<br />

Il poema deve essere vero come espressione valida dell’esperienza umana. Non solo per la<br />

coerenza interna del proprio universo poetico, ma per <strong>il</strong> suo riferimento al sentimento da cui<br />

sgorga. In qualche modo <strong>il</strong> poeta generalizza: sceglie da ciò che è in<strong>di</strong>viduale quello che può<br />

essere con<strong>di</strong>viso, fa assurgere a categoria esemplare <strong>il</strong> dato in<strong>di</strong>viduale.<br />

Il salmo rivela l’uomo toccato da Dio, e Dio che tocca l’uomo. Il suo senso può essere attualizzato<br />

proprio grazie all’appropriazione.<br />

5. Una preghiera che è nostra<br />

Arriviamo alla tappa finale, quella decisiva, che giustifica tutto ciò che abbiamo detto precedentemente;<br />

per spiegarla, ricorriamo a due esempi.<br />

Il primo è quello dell’innamorato che si imbatte con la lirica che esprime ciò che egli prova<br />

e non sa <strong>di</strong>re. Sarebbe capace <strong>di</strong> firmare <strong>il</strong> poema e farlo recapitare alla sua amata (anche se<br />

oggi non va più <strong>di</strong> moda comporre <strong>di</strong>chiarazioni d’amore in versi). È un caso fra molti altri<br />

sim<strong>il</strong>i, poiché una parte della letteratura funzionale viene composta affinché altri se ne approprino,<br />

sia personalmente, sia collettivamente: pensiamo ad un inno nazionale, un canto <strong>di</strong> resistenza,<br />

o ad inni <strong>di</strong> gruppi o squadre. Nell’ambito civ<strong>il</strong>e come in quello religioso, <strong>il</strong> poeta raccoglie<br />

<strong>il</strong> sentimento <strong>di</strong> molti e mette sulla loro bocca le parole che egli compone.<br />

Un caso correlativo è quello <strong>di</strong> colui che si contagia con le parole del poema, da sole o in<br />

comune con altri. Comincia a provare ciò che non provava, ciò che era una semplice formula<br />

acquista sincerità, cresce e si afferma ciò che insinuava. Il Cyrano de Bergerac ci fornisce un<br />

caso più sott<strong>il</strong>e e complesso.<br />

Un altro esempio è quello dell’attore drammatico, già suggerito nella prosopologia <strong>dei</strong> Padri<br />

ed esplicito in un testo dell’abate me<strong>di</strong>evale Gerhoh. L’attore drammatico stu<strong>di</strong>a <strong>il</strong> suo<br />

personaggio per entrare in esso o per immedesimarsi in lui. Deve incarnarlo con le sue parole<br />

ed i suoi gesti. Quando un attore stu<strong>di</strong>a la sua parte, non esercita soltanto la memoria e<br />

l’intelligenza, ma mette in azione tutte le sue facoltà. La fantasia si trasferisce nella situazione<br />

del personaggio, entrano in gioco emozioni, forti o sott<strong>il</strong>i, flessib<strong>il</strong>i e sfumate, la <strong>di</strong>zione attinge<br />

ad una gamma <strong>di</strong> ricorsi espressivi e ci si serve <strong>di</strong> un ampio repertorio <strong>di</strong> gesti a <strong>di</strong>sposi-


Storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi 177<br />

zione. Quando l’attore entra nel ruolo e rappresenta <strong>il</strong> suo personaggio, presenta una verità,<br />

che è una verità dell’uomo o riguardo all’uomo. Tuttavia tocca un limite: quando abbandona<br />

la scena, smette <strong>di</strong> essere quel personaggio e ritorna alla sua personalità, anche se si registrano<br />

casi <strong>di</strong> contagio o <strong>di</strong> transfert artistico in cui la rappresentazione trasforma l’attore; oppure situazioni<br />

in cui realtà e finzione si sovrappongono (si pensi a Pirandello), bivalenza sfruttata in<br />

Un drama nuevo <strong>di</strong> Tamayo y Baus (sec. XIX) e in opere sim<strong>il</strong>i.<br />

Gli esempi sono superati dal credente che prega un salmo. Infatti egli non rappresenta un<br />

altro, ma si dà con la sua persona alla preghiera. Fa sue le parole del salmo, assoggettandosi<br />

ad esse. Senza finzione né rappresentazione fittizia, egli rivive un’esperienza vicaria me<strong>di</strong>ata<br />

dal salmo, per poi esprimerla sinceramente ed efficacemente con le parole del salmo. Egli si<br />

identifica non con l’autore, ma con l’«io» del poema, con l’orante del salmo. Adesso «egli» o<br />

«loro» sono l’orante. Questo è stato compreso e formulato molto bene dagli antichi commentatori<br />

<strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>.<br />

6. Preghiera cristiana<br />

Ripetere un’esperienza equivalente, fare proprie le parole del poema non significa rinunciare<br />

o ab<strong>di</strong>care alla nostra personalità, né al nostro mondo e al suo orizzonte. Non dobbiamo<br />

fare un viaggio nel passato per pregare i <strong>salmi</strong> come gli Ebrei <strong>di</strong> venticinque secoli fa. Al contrario,<br />

trasferiamo i <strong>salmi</strong> nella nostra epoca per pregarli come cristiani. Questo comporta un<br />

significativo cambio <strong>di</strong> orizzonte, con tutte le sue conseguenze. Neppure un ebreo <strong>di</strong> oggi<br />

prega nella stessa maniera <strong>di</strong> un contemporaneo <strong>di</strong> Ezechia, perché non cerca né può abolire<br />

la sua modernità e la storia che si è interposta da allora ad oggi. Nel caso dell’orante cristiano,<br />

si sovrappone la novità ricreatrice del mistero pasquale <strong>di</strong> Gesù Cristo e della sua rivelazione.<br />

Esplicitamente o implicitamente, un cristiano si rivolge sempre a Dio Padre «per Gesù Cristo<br />

nostro Signore». Se cercasse <strong>di</strong> escluderlo espressamente, cesserebbe <strong>di</strong> pregare. Questo<br />

fatto fondamentale, garantito dallo Spirito che ci insegna a pregare, può essere spiegato e accresciuto<br />

con dati forniti dal NT, dai Padri, dalla liturgia e da altri commenti tra<strong>di</strong>zionali. A tal<br />

fine non cambiamo <strong>il</strong> testo <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, ma li trasportiamo in una nuova chiave, li collochiamo<br />

nell’orizzonte della rivelazione e dell’esperienza cristiana.<br />

7. Altri <strong>salmi</strong><br />

Una volta assim<strong>il</strong>ati i <strong>salmi</strong> come preghiera, essi possono tramutarsi in matrice generatrice<br />

<strong>di</strong> testi sim<strong>il</strong>i, per imitazione <strong>di</strong>retta o per ispirazione globale. In questa attività, <strong>il</strong> linguaggio<br />

<strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> <strong>di</strong>spiega <strong>di</strong> nuovo la sua inesausta potenzialità. In questa casella entrano gli inni cristiani<br />

<strong>di</strong> cui abbiamo parlato nell’esposizione storica e molti altri <strong>di</strong> altrettanti poeti che si sono<br />

lasciati ispirare dai <strong>salmi</strong> biblici.


I. I SALMI COME LIBRO<br />

INTRODUZIONE AI SALMI *<br />

1. Il nome<br />

I <strong>salmi</strong> sono una raccolta <strong>di</strong> poesie-preghiere, un repertorio <strong>di</strong> orazioni collezionate insieme<br />

per farne un «<strong>libro</strong> <strong>di</strong> preghiere». Costituiscono dunque un «<strong>libro</strong>», che chiamiamo Salterio 1 .<br />

Secondo la Bibbia ebraica, esso appartiene al gruppo <strong>dei</strong> k e tûbîm, cioè «Scritti», secondo la triplice<br />

<strong>di</strong>visione che comprende anche la tôrâ e i n e bî’îm.<br />

Il termine «salmo» è la semplice traslitterazione della parola greca psalmós, con cui la Bibbia<br />

greca <strong>dei</strong> LXX rende l’ebraico mizmôr, che significa un canto da eseguirsi con accompagnamento<br />

musicale. Il verbo zāmar infatti significa «suonare musica», come in Sal 71,22: «Ti canterò<br />

sulla cetra, o santo <strong>di</strong> Israele». Nei cosiddetti «titoli», apposti dalla tra<strong>di</strong>zione giudaica precedente<br />

la LXX che già mostra <strong>di</strong> non comprenderli, 75 <strong>salmi</strong> sono definiti mizmôr. Poiché questi<br />

titoli danno soprattutto in<strong>di</strong>cazioni per <strong>il</strong> canto e la musica, abbiamo una preziosa testimonianza<br />

antica che i <strong>salmi</strong> non sono da leggere con gli occhi, ma anzitutto dovrebbero essere cantati<br />

e recitati.<br />

Nella Bibbia ebraica, però, per designare i <strong>salmi</strong> si usa <strong>il</strong> termine t e h<strong>il</strong>lîm, plurale irregolare<br />

<strong>di</strong> t e h<strong>il</strong>lâ, lode. Anche questa designazione è una chiave <strong>di</strong> lettura interessante: infatti le due<br />

forme fondamentali della preghiera sono la supplica e la lode. Anzi, la lode è l’espressione perfetta<br />

della preghiera e della salvezza quando è insieme supplica e lode quali ritmi <strong>di</strong> un unico<br />

respiro.<br />

I <strong>salmi</strong> sono chiamati anche šîr, canto, titolo che appare per i <strong>salmi</strong> 120-134. È pure usato <strong>il</strong><br />

termine t e ph<strong>il</strong>lâ, supplica, come in Sal 72,20.<br />

2. Numerazione<br />

Il salterio forma un vasto continente <strong>di</strong> 150 componimenti poetici 2 ; la versione greca <strong>dei</strong><br />

LXX ne propone un 151° non canonico. Questi componimenti sono numerati da 1 a 150. La<br />

loro sud<strong>di</strong>visione, o raggruppamento, non è identica nel testo ebraico e greco; ne risulta una<br />

<strong>di</strong>fferenza nella numerazione, come appare nella tavola seguente:<br />

* Cfr. A. BONORA, I Salmi, in Gli «Scritti» dell’Antico Testamento (Il messaggio della salvezza 5), Leumann<br />

(TO) 1985, 183-230; L. MONLOUBOU, I <strong>salmi</strong>, in J. AUNEAU (ed.), I <strong>salmi</strong> e gli altri scritti (Piccola Enciclope<strong>di</strong>a<br />

Biblica 5), Roma 1991, 13-88; T. BALLARINI, Salmi: Questioni introduttorie, in T. BALLARINI (a cura <strong>di</strong>), Ultimi<br />

storici, <strong>salmi</strong>, sapienziali (Introduzione alla Bibbia 3), Bologna 1978, 219ss; A LANCELLOTTI, I <strong>salmi</strong> (NVB 18),<br />

Paoline, Cinisello Balsamo 3 1990, 6ss; V. MORLA ASENSIO, Libri sapienziali e altri scritti (Introduzione allo stu<strong>di</strong>o<br />

della Bibbia 5), Brescia 1997, 233-322.<br />

1 Il nome psalterion, salterio, non ricorre mai nella LXX e nel NT; lo incontriamo per la prima volta nel Co<strong>di</strong>ce<br />

Alessandrino (V sec. d.C.). Il termine designava originariamente qualunque strumento a corda.<br />

2 Al <strong>di</strong> fuori del salterio è possib<strong>il</strong>e rintracciare testi <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> nei libri narrativi, «storici», dell’Antico Testamento:<br />

Es 15,1-18.21; Dt 32,1-43; 33; Gdc 5; 1Sam 2,1-10; 2Sam 22; 1Cr 16,8-36; Ne 9,5-37; Tb 3,2-6.11-15;<br />

8,5-7.15-17; 11,14s; 13; Gdt 9; 16,1-17; Est 4, e del Nuovo: Lc 1,46-55.68-79; 2,29-32; 10,21s.<br />

Negli scritti profetici: Is 12,1-6; 21,1-5(+9); 26,1-19; 38,9-20; 42,10-17; 59; 63,7-64,11; Am 4,13; 5,8s; 9,5s<br />

(+ Ger 10,12s+31,35); Gio 2,3-10; Mic 7,18-20; Na 1,2-8; Ab 3; Sof 3,14-17; Dan 2,20-23; 3,26-45.<br />

Nelle riflessioni sapienziali: <strong>il</strong> <strong>libro</strong> <strong>di</strong> Giobbe e <strong>il</strong> Siracide contengono <strong>dei</strong> veri e propri <strong>salmi</strong>: Gb 6,9-16;<br />

9,4-12; 11,10s; 12,13-25; 26,5-14; 34,18-30; 36,22-37,13; Sir 36,1-17; 51,1-12.


Introduzione ai Salmi 179<br />

Testo ebraico LXX, Volgata, liturgia<br />

1-8<br />

9-10 9<br />

11-113 10-112<br />

114-115 113<br />

116 114-115<br />

117-146 116-145<br />

147 146-147<br />

148-150<br />

Bisogna tener presente che le bibbie moderne seguono la numerazione ebraica, aggiungendo<br />

abitualmente tra parentesi quella greca, che è la stessa delle versioni latine (Volgata) e della<br />

liturgia.<br />

3. Raccolte e formazione del Salterio<br />

Raccolta <strong>di</strong> raccolte<br />

A prima vista si può osservare che <strong>il</strong> Salterio non costituisce l’opera <strong>di</strong> un solo autore né è<br />

<strong>il</strong> risultato <strong>di</strong> un’unica comp<strong>il</strong>azione. Si tratta piuttosto <strong>di</strong> una raccolta <strong>di</strong> raccolte 3 . È praticamente<br />

impossib<strong>il</strong>e ricostruire gli sta<strong>di</strong> della formazione del Salterio, che fu certamente <strong>il</strong> frutto<br />

<strong>di</strong> un lungo e complicato processo all’interno del culto sinagogale, iniziato con probab<strong>il</strong>ità<br />

intorno al 200 a.C. Queste affermazioni poggiano su <strong>di</strong>versi argomenti. Nel Salterio si può osservare<br />

una serie relativamente ampia <strong>di</strong> doppioni (ad es. Sal 14 e 53; 40,14-18 e 70, ecc.).<br />

D’altra parte in alcune sezioni del Salterio si nota un uso non in<strong>di</strong>scriminato <strong>dei</strong> nomi del Dio<br />

d’Israele: YHWH ed Elohim. In particolare nel blocco 42–83 si segnala l’uso quasi esclusivo <strong>di</strong><br />

Elohim (200 occorrenze contro le 43 <strong>di</strong> YHWH); questo dato è tanto più degno <strong>di</strong> nota se si<br />

considera che nel resto del Salterio viene impiegato <strong>di</strong> norma <strong>il</strong> nome YHWH (642 occorrenze;<br />

Elohim ricorre soltanto 29 volte). Sim<strong>il</strong>i incongruenze non possono essere accidentali. Secondo<br />

alcuni sarebbero imputab<strong>il</strong>i a una «revisione elohista» del Salterio. Tuttavia bisogna supporre<br />

l’esistenza <strong>di</strong> almeno due raccolte, una jahvista e l’altra elohista, altrimenti non si comprenderebbe<br />

come mai la revisione elohista si limiti al solo blocco 42–83. L’annotazione <strong>di</strong><br />

72,20 («qui terminano le preghiere <strong>di</strong> Davide») significa che l’e<strong>di</strong>tore non conosceva altri<br />

<strong>salmi</strong> <strong>di</strong> Davide oppure che questa particolare raccolta finiva in quel punto. In ogni caso non<br />

si deve <strong>di</strong>menticare che altri <strong>salmi</strong> catalogati in seguito (ad es. 86; 138–145) sono del pari attribuiti<br />

a Davide. Un altro elemento importante è collegato ai titoli <strong>dei</strong> Salmi. Mentre <strong>il</strong> blocco<br />

90–150 è in gran parte anonimo, in 1–89 i poemi sono attribuiti a Davide, Asaf, Etan e ai figli<br />

<strong>di</strong> Core. Tutta questa serie <strong>di</strong> dati confermerebbe che <strong>il</strong> Salterio, così com’è giunto a noi, costituisce<br />

una grande raccolta composta <strong>di</strong> raccolte minori.<br />

Gruppi <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> all’interno della raccolta<br />

Il blocco 3–41 rappresenta evidentemente una raccolta <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> attribuita a Davide 4 . Con<br />

l’eccezione <strong>dei</strong> Sal 10 e 33, tutti sono contrassegnati dal nome del re <strong>di</strong> Gerusalemme. In realtà<br />

<strong>il</strong> Sal 10 (da lamed a tau) è la seconda parte <strong>di</strong> un acrostico alfabetico che inizia con <strong>il</strong> Sal 9<br />

(da ’alef a kaf) e quest’ultimo riporta la <strong>di</strong>zione «<strong>di</strong> Davide». Per quanto riguarda <strong>il</strong> 33, è probab<strong>il</strong>e<br />

che esso abbia perso questo titolo nel corso del processo <strong>di</strong> redazione o <strong>di</strong> raccolta, poiché<br />

<strong>il</strong> titolo compare nella versione greca. Si è già parlato della «raccolta elohista» (Sal 42–<br />

83). Il blocco 84–89, attribuito (con l’eccezione dell’86) a <strong>di</strong>versi cantori del tempio, che non<br />

3 Sul tema cfr. H. GUNKEL, Introducción, 451-473; S. MOWINCKEL, Israel’s Worship II, 193-206; P.D. MIL-<br />

LER JR., Interpreting the Psalms, Ph<strong>il</strong>adelphia 1986, 14-15; J. DAY, Psalms, Sheffield 1990, 109-122.<br />

4 Con i loro inviti a osservare la torāh e a credere nel messia i <strong>salmi</strong> 1 e 2 rivelano l’intento <strong>di</strong> costituire una<br />

sorta <strong>di</strong> prologo all’intero Salterio. La loro collocazione risale, probab<strong>il</strong>mente, all’ultimo raccoglitore.


180 Introduzione ai Salmi<br />

compaiono più in seguito, costituisce un’altra raccolta. La dossologia finale <strong>di</strong> 89,52, segno<br />

della fine <strong>di</strong> una raccolta, dovrebbe in<strong>di</strong>care che anche questo piccolo gruppo fa parte del<br />

complesso 42–83. Essendo stati aggiunti più tar<strong>di</strong>, non sarebbero stati sottoposti alla «revisione<br />

elohista». All’interno del grande gruppo 90–150, forse la parte più <strong>di</strong>sorganica dell’intero<br />

Salterio, si possono in<strong>di</strong>viduare quattro piccole raccolte: 90–104, in cui sono raccolti quasi<br />

tutti i <strong>salmi</strong> d’intronizzazione e terminerebbe con i Salmi 105–107, del tipo hôdû «rendete<br />

grazie»; 108–110 («<strong>di</strong> Davide»), con una serie conclusiva <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> in «alleluia» (che probab<strong>il</strong>mente<br />

fanno parte <strong>di</strong> un’altra raccolta); 120–134, canti <strong>di</strong> pellegrinaggio o <strong>salmi</strong> delle salite,<br />

che terminerebbe con un salmo in «alleluia» e altro del tipo «rendete grazie»; infine 138–<br />

145 («<strong>di</strong> Davide»), gruppo che si concluderebbe con i <strong>salmi</strong> in «alleluia» 146–150. Tutti questi<br />

gran<strong>di</strong> blocchi sono, a loro volta, probab<strong>il</strong>mente composti <strong>di</strong> raccolte minori.<br />

Evoluzione del Salterio<br />

L’evoluzione del Salterio potrebbe essere descritta come una progressiva aggiunta <strong>di</strong> altre<br />

raccolte al nucleo 3–41, probab<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> più antico. D’altra parte si tratta <strong>di</strong> poemi collegati<br />

in prevalenza più con le necessità dell’in<strong>di</strong>viduo che con interessi comunitari. Benché sia quasi<br />

impossib<strong>il</strong>e ricostruire la storia della raccolta <strong>di</strong> questi poemi 5 , è lecita una ipotesi. Parallelamente<br />

al nucleo sopra menzionato circolava una seconda «raccolta davi<strong>di</strong>ca» (51–72), che<br />

probab<strong>il</strong>mente ha una storia in<strong>di</strong>pendente e <strong>di</strong>versa dalla prima. Col passare del tempo fu aggiunto<br />

a quest’ultima <strong>il</strong> gruppo <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> «<strong>di</strong> Asaf» (74–82, inquadrato da 73 e 83); <strong>il</strong> Sal 50<br />

rappresenterebbe <strong>il</strong> salmo introduttivo all’unione <strong>di</strong> queste raccolte minori. In un terzo sta<strong>di</strong>o<br />

e<strong>di</strong>toriale venne incluso <strong>il</strong> blocco <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> «<strong>dei</strong> figli <strong>di</strong> Core» (42–49). L’insieme risultante<br />

(42–83) sarebbe stato sottoposto a una profonda rielaborazione, che comportò, tra l’altro, la<br />

sostituzione <strong>di</strong> YHWH con Elohim («recensione elohista»). I Salmi 84–89 costituiscono una<br />

sorta <strong>di</strong> appen<strong>di</strong>ce, mentre <strong>il</strong> Sal 2 rappresenta un prologo. Il grande gruppo risultante (2–41<br />

più 42–89) si ampliò gradualmente me<strong>di</strong>ante l’incorporazione delle piccole raccolte (<strong>di</strong> <strong>di</strong>versa<br />

epoca e provenienza) ricordate in precedenza e <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi <strong>salmi</strong> isolati. La storia del blocco<br />

90–119 è piuttosto complessa. Come si è visto, si tratta <strong>di</strong> una miscellanea che comprende <strong>di</strong>versi<br />

tipi <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> e alcune appen<strong>di</strong>ci inniche (111–114; 116–118).<br />

In quest’ultimo blocco sorprende, per la sua eccezionale lunghezza, <strong>il</strong> Sal 119 (serie <strong>di</strong> variazioni<br />

su uno stesso tema: la parola <strong>di</strong> Dio); ciò fa pensare a una regola aurea etico-religiosa<br />

offerta da un comp<strong>il</strong>atore che intendeva apporre un «punto finale» al gruppo <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> precedenti.<br />

Questi elementi sottolineano ancor più <strong>il</strong> significato e la portata del Sal 119 se paragonato<br />

al Sal 1. Si riscontrano tre punti <strong>di</strong> contatto: <strong>il</strong> carattere «sapienziale»; l’inizio <strong>di</strong> entrambi<br />

con un macarismo («Beato l’uomo» Sal 1; «Beati gli uomini d’integra condotta» Sal 119);<br />

<strong>il</strong> riferimento alla legge (1,2; 119,1b). Queste coincidenze formali e <strong>di</strong> contenuto, che caratterizzano<br />

i due <strong>salmi</strong> come formanti un’«inclusione», troverebbero spiegazione se <strong>il</strong> resto del<br />

Salterio (120–150) fosse stato incorporato gradualmente al grande blocco 1–119. Poco <strong>di</strong> più<br />

<strong>di</strong> quanto si è detto può essere proposto a titolo d’ipotesi 6 .<br />

Se, secondo quanto è stato esposto, si suppone che <strong>il</strong> Salterio continuò ad accrescersi dall’inizio<br />

alla fine e i gruppi <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> con la numerazione più bassa sono i più antichi, si potrà<br />

osservare l’evoluzione dell’intento fondamentale che i vari redattori e comp<strong>il</strong>atori hanno impresso<br />

al Salterio. È probab<strong>il</strong>e che le «raccolte davi<strong>di</strong>che», nelle quali sono frequenti i poemi<br />

in prima persona singolare e che presentano un numero relativamente ampio <strong>di</strong> circostanze<br />

della vita <strong>di</strong> Davide, fossero <strong>di</strong>rette alla coltivazione in<strong>di</strong>viduale della fede in YHWH e avessero<br />

una funzione più <strong>di</strong>dascalica che liturgica. Così s’impose l’ere<strong>di</strong>tà teologica e cultuale della<br />

5<br />

Non si può negare, all’interno <strong>di</strong> questa prima collezione «davi<strong>di</strong>ca», la presenza <strong>di</strong> sotto-gruppi minori (3–<br />

5; 18–21; 26–28; 38–41).<br />

6<br />

Per tutto quanto riguarda la formazione e l’e<strong>di</strong>zione del Salterio cfr. G.H. WILSON, The E<strong>di</strong>ting o f Hebrew<br />

Psalter, Chico, Cal. 1985. Si veda inoltre IDEM, The Use of Royal Psalms at the «seams» of the Hebrew Psalter,<br />

in JSOT 35 (1986) 85-94.


Introduzione ai Salmi 181<br />

tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Sion, città <strong>di</strong> Davide, che chiedeva al singolo <strong>di</strong> coltivare la fede prees<strong>il</strong>ica nella<br />

salvezza emanata da Sion. La prospettiva cambiò con l’inclusione <strong>di</strong> modelli «corali» e liturgici<br />

provenienti dai circoli <strong>di</strong> cantori e leviti; <strong>il</strong> Salterio acquistò un nuovo prof<strong>il</strong>o, <strong>di</strong>venendo<br />

un <strong>libro</strong> <strong>di</strong> preghiere e <strong>di</strong> canti più che <strong>di</strong> devozione 7 . L’inclusione <strong>dei</strong> Salmi 1 e 119 comportava<br />

nuovi accenti. La nuova raccolta trascurava l’interesse liturgico e affrontava <strong>il</strong> Salterio<br />

come documento della rivelazione <strong>di</strong>vina: un manuale che forniva istruzioni in or<strong>di</strong>ne alla<br />

salvezza. Se <strong>il</strong> quadro qui delineato non è senza fondamento, probab<strong>il</strong>mente esso cominciava<br />

a essere considerato «sacra Scrittura». Con l’incorporazione delle ultime ad<strong>di</strong>zioni (120–150),<br />

per lo più <strong>di</strong> carattere innico, riprendono forza gli interessi liturgici. A quest’epoca risalgono<br />

verosim<strong>il</strong>mente le in<strong>di</strong>cazioni musicali delle intestazioni <strong>di</strong> alcuni <strong>salmi</strong>, atte a fac<strong>il</strong>itarne<br />

l’esecuzione nella pratica del culto.<br />

A mano a mano andava imponendosi nell’uso della sinagoga, <strong>il</strong> Salterio prese a essere sud<strong>di</strong>viso<br />

in cinque libri (1–41; 42–72; 73–89; 90–106; 107–150) 8 , conclusi da altrettante dossologie<br />

9 . La ragione <strong>di</strong> questa sud<strong>di</strong>visione quinaria non è molto chiara, anche se è stato avanzato<br />

<strong>il</strong> sospetto <strong>di</strong> una certa arbitrarietà nella <strong>di</strong>sposizione, perché <strong>il</strong> modello <strong>di</strong> cui ci si servì furono<br />

probab<strong>il</strong>mente i cinque libri della torāh. Di fatto, una sim<strong>il</strong>e sud<strong>di</strong>visione non corrisponde<br />

a interessi <strong>di</strong> carattere letterario, come potrebbe essere la <strong>di</strong>sposizione per tipi o generi,<br />

giacché questi ultimi sono <strong>di</strong>sseminati lungo tutti i suddetti cinque libri.<br />

4. Datazione del Salterio 10<br />

Preferiamo parlare <strong>di</strong> datazione del Salterio, anziché <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> in<strong>di</strong>viduali, poiché <strong>di</strong> questi<br />

non è possib<strong>il</strong>e conoscere neppure la data approssimativa <strong>di</strong> composizione. Gli sforzi in questa<br />

<strong>di</strong>rezione si sono rivelati infruttuosi. Mentre alcuni ritengono che la maggior parte <strong>dei</strong><br />

<strong>salmi</strong> sia stata composta nel periodo <strong>dei</strong> Maccabei 11 , Mowinckel e la «scuola mito e rituale»<br />

pensano alla monarchia come epoca aurea <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> 12 . Tuttavia nessuno <strong>dei</strong> principi metodologici<br />

presi in considerazione (eventi storici riscontrab<strong>il</strong>i nei Salmi, presunte in<strong>di</strong>cazioni liturgiche,<br />

uso <strong>di</strong> forme letterarie arcaiche, analisi linguistiche) ha condotto sinora a risultati nettamente<br />

convincenti. Se si riesce a <strong>di</strong>mostrare che un certo salmo riflette una situazione storica<br />

determinata 13 , si potrà tutt’al più dedurne <strong>di</strong> trovarsi <strong>di</strong> fronte al suo termine temporale a<br />

quo. Sarebbe parimenti incoerente dal punto <strong>di</strong> vista metodologico affidarsi all’analisi <strong>di</strong> ar-<br />

7<br />

Tuttavia è dubbio che queste caratteristiche abbiano avuto qualche crisma «ufficiale» in età intertestamentaria;<br />

cfr. N. FÜGLISTER, Die Verwendung und das Verständnis der Psalmen und des Psalters um <strong>di</strong>e Zeitenwende,<br />

in J. SCHREINER (ed.), Beiträge zur Psalmenforschung, Würzburg 1988, 350.<br />

8<br />

Sulle sud<strong>di</strong>visioni del Salterio cfr. G.H. WILSON, Evidence of E<strong>di</strong>torial Divisions in the HebrewPsalter, in<br />

VT 34 (1984) 337-352.<br />

9<br />

Questo impiego liturgico contribuirebbe a spiegare <strong>il</strong> numero <strong>di</strong> 150, ricordando le 153 sezioni in cui la<br />

torāh era sud<strong>di</strong>visa. Non sorprenderebbe che ciascuna delle suddette sezioni terminasse con <strong>il</strong> canto <strong>di</strong> un salmo.<br />

Tuttavia alcuni ritengono che l’articolazione attuale del Salterio in 150 unità non ha probab<strong>il</strong>mente niente a che<br />

fare con i s e dārîm o sezioni liturgiche della torāh e che, per quanto i <strong>salmi</strong> potessero essere letti in un ciclo triennale,<br />

ciò non implicherebbe necessariamente che <strong>il</strong> Salterio fosse organizzato su questa base; cfr. G.H. WILSON,<br />

The E<strong>di</strong>ting of the Hebrew Psalter, 203.<br />

10<br />

Nonostante <strong>il</strong> metodo <strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>e e talune deduzioni inaccettab<strong>il</strong>i, merita attenzione R. TOURNAY, Recherches<br />

sur la chronologie des Psaumes, in RB 65 (1958) 321-327; 66 (1959) 161-190.<br />

11<br />

Cfr. B. DUHM, Die Psalmen, Tübingen 1899. Stu<strong>di</strong> recenti <strong>di</strong> st<strong>il</strong>istica comparata tra i <strong>salmi</strong> canonici e<br />

quelli <strong>di</strong> Qumran <strong>di</strong>mostrano l’impossib<strong>il</strong>ità della presenza nel nostro Salterio <strong>di</strong> composizioni del periodo maccabaico.<br />

S. MOWINCKEL, Israel’s Worship II, 154s. assume una posizione critica al riguardo; cfr. A. WEISER, I<br />

Salmi. Parte prima: Ps. 1–60, Brescia 1984, 97.<br />

12<br />

Si veda, in particolare, S. MOWINCKEL, Israel’s Worship II, 146-158.<br />

13<br />

Su questo terreno viene messa alla prova la nostra prudenza. Non soltanto è molto <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e determinare rigorosamente<br />

quale sia l’evento storico adombrato nel salmo – per l’assenza <strong>di</strong> particolari e la descrizione st<strong>il</strong>izzata<br />

<strong>di</strong> «situazioni emotive» più che <strong>di</strong> «situazioni storiche» –, ma è pure da considerare che un fatto storico può<br />

essere assurto col tempo alla categoria <strong>di</strong> prototipo ermeneutico, come nel caso dell’esodo, ed essere ut<strong>il</strong>izzato<br />

secoli dopo senza alcun riferimento a fattori <strong>di</strong> carattere storico.


182 Introduzione ai Salmi<br />

caismi formali o <strong>di</strong> elementi linguistici per procedere alla datazione <strong>di</strong> un salmo 14 , dal momento<br />

che la poesia religiosa sia israelita sia me<strong>di</strong>o-orientale è caratterizzata, tra l’altro, dalla<br />

tendenza a imitare modelli precedenti e dall’uso <strong>di</strong> un lessico arcaizzante 15 . D’altra parte, come<br />

si vedrà al momento opportuno, i <strong>salmi</strong> sono stati sottoposti a un complicato processo <strong>di</strong><br />

sv<strong>il</strong>uppo 16 e adattamento 17 .<br />

Non vi è dubbio che, prima <strong>di</strong> Davide, in Israele si coltivava – non si sa su quale scala – la<br />

poesia religiosa. Lo confermano esempi decisamente antichi come Es 15,1-18 e Gdc 5. D’altro<br />

canto se la maggior parte <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> sono, almeno in origine, poemi cultuali, alcuni modelli<br />

potrebbero risalire ai primor<strong>di</strong> dell’istituzione del culto a Gerusalemme con Davide e Salomone.<br />

Altri parlano dell’es<strong>il</strong>io <strong>di</strong> Bab<strong>il</strong>onia (Sal 137). Alcuni, infine, sono a tal punto correlati<br />

con le preoccupazioni e i connotati letterari del mondo <strong>dei</strong> sapienti, da dover pensare necessariamente<br />

al periodo postes<strong>il</strong>ico avanzato 18 . Di conseguenza <strong>il</strong> Salterio è una raccolta <strong>di</strong> poemi<br />

composti lungo un arco temporale <strong>di</strong> vari secoli. Come termine ad quem per la prima redazione<br />

si dovrà pensare al III/II secolo a.C.<br />

Secondo quanto si è suggerito, è indubbia l’esistenza <strong>di</strong> un processo storico <strong>di</strong> reinterpretazione<br />

<strong>di</strong> questi poemi religiosi. Alcuni <strong>di</strong> essi rivelano chiaramente la loro natura <strong>di</strong> opere letterariamente<br />

riformulate, sia come risultato dell’unione <strong>di</strong> parti già esistenti 19 sia come segmenti<br />

<strong>di</strong> <strong>salmi</strong> reinterpretati alla luce <strong>di</strong> un nuovo contesto storico 20 . Numerosi <strong>salmi</strong> costituiscono<br />

senza dubbio <strong>il</strong> risultato dell’attività, durante <strong>il</strong> periodo es<strong>il</strong>ico o postes<strong>il</strong>ico, <strong>di</strong> scribi<br />

preoccupati degli aspetti pietisti della torāh o della sapienza 21 più che della <strong>di</strong>mensione cultuale.<br />

Così si spiegano le «antologie» rappresentate da Sal 25; 33; 34; 103; 119, ecc.<br />

5. Il testo <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong><br />

Testo masoretico 22<br />

Il testo ebraico <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> offre molte <strong>di</strong>fficoltà, e spesso si è ripetuto che è tra quelli meno<br />

ben conservati della Bibbia. Di conseguenza, la critica testuale ha trovato un immenso campo<br />

<strong>di</strong> lavoro con le opinioni più svariate circa <strong>il</strong> valore del TM. Non possiamo qui entrare nei dettagli,<br />

per i quali riman<strong>di</strong>amo ai commentari ai <strong>salmi</strong>.<br />

Oltre a quelli abituali e comuni ad altri testi, quali cause possono aver concorso in modo<br />

particolare per i <strong>salmi</strong> a «corrompere» <strong>il</strong> testo come si trova nel textus receptus della tra<strong>di</strong>zione<br />

masoretica? Possiamo enumerarle ipoteticamente:<br />

14<br />

Nonostante le argomentazioni <strong>di</strong> M. DAHOOD, Psalms III (AB), New York 1970, XXXIV-XXXVII.<br />

15<br />

In effetti lo stesso fenomeno è riscontrab<strong>il</strong>e tanto nella poesia quanto nella narrativa.<br />

16<br />

Si veda L. SABOURIN, Le livre des Psaumes, Montréal-Paris 1988, 35.<br />

17<br />

Alcuni drammatici avvenimenti storici – ad esempio la caduta della monarchia e la <strong>di</strong>struzione del primo<br />

tempio, l’es<strong>il</strong>io bab<strong>il</strong>onese o la soggezione ai persiani – resero certamente necessaria la r<strong>il</strong>ettura <strong>di</strong> alcuni <strong>salmi</strong>.<br />

18<br />

Probab<strong>il</strong>mente i <strong>salmi</strong> 90; 129 e altri che, come questi, implicano uno stato permanente <strong>di</strong> dolore e rispecchiano<br />

la necessità <strong>di</strong> un’imme<strong>di</strong>ata restaurazione.<br />

19<br />

Al riguardo è evidente <strong>il</strong> rapporto tra i <strong>salmi</strong> 18 e 144, o tra 115 e 135, così come l’identità <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> 70 e<br />

40,14-18 e la composizione del salmo 108 a partire da 57,8-12 e 60,7-14. Cfr. P.D. MILLER, Interpreting the<br />

Psalms, 12.<br />

20<br />

Questo aspetto della reinterpretazione è riscontrab<strong>il</strong>e nella trasformazione <strong>di</strong> poemi prees<strong>il</strong>ici in<strong>di</strong>viduali in<br />

<strong>salmi</strong> comunitari, avvenuta durante <strong>il</strong> periodo es<strong>il</strong>ico o postes<strong>il</strong>ico, processo nel quale l’«io» in<strong>di</strong>viduale originario<br />

si è trasformato nell’«io» della comunità israelitica. Le <strong>di</strong>verse circostanze storiche produssero un nuovo significato<br />

<strong>di</strong> questi poemi. In proposito cfr. J. BEGRICH, Israel deutet seine Psalmen. Urform und Neuinterpretation<br />

in den Psalmen, Stuttgart 2 1967, 24-35.<br />

21<br />

Sulla progressiva influenza della tra<strong>di</strong>zione sapienziale e della torāh nella formazione del Salterio cfr. N.<br />

FÜGLISTER, art. cit., 354-365. Sulla torāh e i <strong>salmi</strong> in particolare si veda B. DE PINTO, The Torah and the Psalms,<br />

in JBL 86 (1967) 154-174; J. REINDL, Weisheitliche Bearbeitung von Psalmen, in VTS 32 (1981) 333-356.<br />

22<br />

Cfr. E. BEAUCAMP, Psaumes, in DBS 9 (1979) 190-206; B. D. EERDMANS, Essays on Masoretic Psalms<br />

(OTS 1/2.3), Leiden 1942; l’e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>plomatica del testo masoretico nella Biblia Hebraica Stuttgartensia, Stuttgart<br />

1977, è stata curata da H. BARDTKE.


Introduzione ai Salmi 183<br />

– la frequente trascrizione del testo <strong>salmi</strong>co, che fu senz’altro tra i più usati e, quin<strong>di</strong>, più bisognosi<br />

<strong>di</strong> copiature; gli ebrei non scrivevano più su tavolette, <strong>il</strong> materiale usato (papiro o pergamena)<br />

si logorava fac<strong>il</strong>mente;<br />

– la lingua poetica <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, talora arcaica o arcaizzante, non fu probab<strong>il</strong>mente sempre<br />

compresa nel variare delle epoche nelle quali i <strong>salmi</strong> erano recitati o cantati;<br />

– possib<strong>il</strong>i ritocchi attualizzanti, per adattare la preghiera a nuove e mutate con<strong>di</strong>zioni, potrebbero<br />

aver «forzato» <strong>il</strong> testo tramandatoci;<br />

– caratteristiche della poesia ebraica, specialmente delle sue leggi metriche, possono «giustificare»<br />

certe apparenti incongruenze, presunti errori o licenze poetiche.<br />

Avendo sempre presenti queste possib<strong>il</strong>i cause, considerate nella prospettiva storica <strong>di</strong> un<br />

testo che si è formato non a tavolino ma nella temperie culturale-religiosa <strong>di</strong> molti secoli e nel<br />

crogiuolo infuocato <strong>di</strong> un’esistenza complessa e drammatica <strong>di</strong> un popolo intero, si può accostare<br />

con fiducia <strong>il</strong> testo ebraico <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. L’e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>plomatica della Biblia Hebraica Stuttgartensia<br />

contiene molte proposte correzionali in meno rispetto alle e<strong>di</strong>zioni precedenti: forse<br />

anche questo è un segno <strong>di</strong> maggior cautela nel ritenere corrotto <strong>il</strong> TM.<br />

Recentemente, soprattutto ad opera <strong>di</strong> M. Dahood, si è tentato <strong>di</strong> comprendere meglio i <strong>salmi</strong><br />

biblici con l’aus<strong>il</strong>io della lingua ugaritica. Dahood sostiene che <strong>il</strong> testo consonantico conservatoci<br />

dai masoreti è molto buono, ma va vocalizzato spesso in modo <strong>di</strong>fferente, tenendo<br />

conto della lingua e della poesia ugaritica. L’interpretazione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> alla luce dell’ugaritico<br />

ha suscitato perplessità e riserve 23 .<br />

Anche la scoperta <strong>dei</strong> manoscritti <strong>di</strong> Qumrân, particolarmente <strong>il</strong> rotolo proveniente dalla<br />

grotta 11, in<strong>di</strong>cato con la sigla 11QPs a , ha indotto a maggior cautela nel proporre correzioni<br />

del TM.<br />

Una migliore conoscenza dell’ebraico, della poesia e della metrica ebraica, delle lingue affini,<br />

e un confronto accurato con i testi <strong>di</strong> Qumrân ci daranno la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> evitare<br />

un’ingenua fiducia nel TM, ma anche un ra<strong>di</strong>calismo critico che tende a vedere corruzioni del<br />

testo ad ogni piè sospinto.<br />

La traduzione greca <strong>dei</strong> LXX 24<br />

La versione <strong>dei</strong> LXX è stata definita, riguardo ai <strong>salmi</strong>, troppo materialmente letterale, fino a<br />

ricalcare le parole, a costo <strong>di</strong> sacrificare <strong>il</strong> senso. Ciò supporrebbe <strong>di</strong>mostrato che i LXX traducono<br />

un testo ebraico identico al nostro TM. Ma nonostante la materiale aderenza al testo da cui<br />

<strong>di</strong>pende, la versione <strong>dei</strong> LXX <strong>di</strong>fferisce notevolmente dal TM. È possib<strong>il</strong>e pensare che i LXX<br />

avessero <strong>di</strong> fronte un testo ebraico <strong>di</strong>verso dal nostro TM.<br />

I frammenti greci del salterio, scoperti a Qumrân, sarebbero, secondo D. Barthélemy 25 un<br />

primo tentativo <strong>di</strong> revisione del testo <strong>dei</strong> LXX in base all’ebraico, che <strong>di</strong>verrà poi <strong>il</strong> TM.<br />

Oggi si tende a non esagerare le <strong>di</strong>fferenze tra i LXX e <strong>il</strong> TM, ma nello stesso tempo si fa<br />

strada l’opinione che l’originale ebraico che sta alla base della versione greca fosse <strong>di</strong>verso dal<br />

TM. Ciò suppone che i LXX rispecchino un testo ebraico forse più antico?<br />

Non ci è possib<strong>il</strong>e qui una <strong>di</strong>scussione più dettagliata, che si può trovare nei commentari.<br />

Così pure ad essi riman<strong>di</strong>amo per notizie sulle versioni <strong>di</strong> Aqu<strong>il</strong>a, Teo<strong>di</strong>zione e Simmaco.<br />

23 Cfr. per es. H. DONNER, Ugaritismen in Psalmenforschung, in ZAW 79 (1967) 322-350.<br />

24 Cfr. A. RAHLFS, P<strong>salmi</strong> cum O<strong>di</strong>s (Septuaginta Societatis Scientiarum Gottingensis auctoritate e<strong>di</strong><strong>di</strong>t, 10),<br />

Göttingen 1931; IDEM, Septuaginta id est Vetus Testamentum graece iuxta LXX interpretes, vol. 2, Stuttgart 1935,<br />

1-164; G. BERTHRAM, Praeparatio evangelica in der Septuaginta, in VT 7 (1957) 225-249; J. GRIBOMONT – A.<br />

THIBAUT, Méthode et esprit des traducteurs du Psautier grec, in Richesses et déficiences des anciens Psautiers<br />

latins (CBLa 13), Città del Vaticano 1959, 51-105; S. JELLICOE, The Septuagint and Modern Study, Oxford 1968;<br />

A. PIETERSMA, The Greek Psalter. A Question of Methodology and Syntax, in VT 26 (1976) 60-69.<br />

25 D. BARTHELEMY, Redécouverte d’un chaînon manquant a l’histoire de la Septante, in RB 60 (1953) 18-19.


184 Introduzione ai Salmi<br />

I <strong>salmi</strong> a Qumrân 26<br />

Nelle celebri grotte <strong>di</strong> Qumrân furono scoperti numerosi frammenti <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> canonici, in totale<br />

più <strong>di</strong> 30. Le più ricche <strong>di</strong> testi <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> sono state la grotta 4 (18 manoscritti) e 11 (5 manoscritti).<br />

Ricor<strong>di</strong>amo in particolare <strong>il</strong> rotolo contrassegnato con la sigla 11QPs a che contiene 41<br />

<strong>salmi</strong> su 28 colonne.<br />

I testi <strong>di</strong> Qumrân sono <strong>di</strong> circa 1000 anni anteriori al nostro TM. Lo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> scoperti<br />

a Qumrân confrontati con <strong>il</strong> TM sembra documentare uno sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> graduale fissazione del salterio<br />

canonico che, nel sec. I a.C., godeva ancora <strong>di</strong> un certo stato <strong>di</strong> flui<strong>di</strong>tà.<br />

A Qumrân sono stati trovati anche <strong>salmi</strong> propri della comunità che vi risiedeva, come per es.<br />

<strong>il</strong> Sal 151, presente anche nei LXX. Non possiamo <strong>di</strong>re con sicurezza se ciò significhi che non<br />

esisteva ancora una «serie canonica» autoritativa <strong>di</strong> <strong>salmi</strong>, ma sembra più verosim<strong>il</strong>e pensare<br />

che non esistesse ancora chiara consapevolezza su un elenco canonico chiuso <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>.<br />

Le varianti offerte dai testi <strong>di</strong> Qumrân rispetto al TM sono <strong>di</strong> grande valore per ricostruire <strong>il</strong><br />

testo più atten<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e possib<strong>il</strong>e. È da notare che alcune <strong>di</strong> esse coincidono con quelle <strong>dei</strong> LXX.<br />

La Pešièta 27<br />

Un’antichissima versione, che <strong>di</strong>pende in parte dai LXX, è quella siriaca detta Pešièta, ossia<br />

«comune» o «semplice», del sec. I-II d.C. Discusso è <strong>il</strong> valore critico testuale <strong>di</strong> questa versione,<br />

sia per i suoi rapporti con i LXX sia per le <strong>di</strong>fferenze rispetto al TM.<br />

L’importanza della Pešièta per la critica testuale si può misurare anche dal r<strong>il</strong>ievo datole<br />

nell’apparato critico dell’e<strong>di</strong>zione rinnovata della Bibbia ebraica, curata in passato da Kittel e<br />

collaboratori e ora e<strong>di</strong>ta come Biblia Hebraica Stuttgartensia.<br />

Traduzioni latine 28<br />

Le traduzioni latine, conosciute soprattutto dalle tre versioni latine preparate da san Girolamo<br />

29 , non offrono grande aiuto per la critica testuale. Sono interessanti, come anche la versione<br />

targumica aramaica, soprattutto per la storia dell’esegesi sia nell’ambiente giudaico (per quanto<br />

riguarda i «targumîm», che erano versioni aramaiche libere), sia in quello cristiano (per le versioni<br />

latine). La Vulgata ha avuto grande importanza per <strong>il</strong> riconoscimento ricevuto da una secolare<br />

tra<strong>di</strong>zione ecclesiastica che ne ha fatto la versione usata nella liturgia. Il Conc<strong>il</strong>io <strong>di</strong> Trento<br />

ne aveva riconosciuto anche <strong>il</strong> valore <strong>di</strong> testo giuri<strong>di</strong>camente «autentico». Ovviamente non ha<br />

26 Cfr. J. A. SANDERS, The Psalms Scroll of Qumran Cave 11 (11QPs a ), in Discoveries in the Judaean Desert<br />

of Jordan, IV, Oxford 1965; IDEM, Pre-Masoretic Psalter Texts, in CBQ 27 (1965) 114-123; IDEM, The Psalter at<br />

the Time of Christ, in BiTod 22 (1966) 1462-1469; IDEM, The Dead Sea Psalms Scroll, Ithaca/N.Y. 1967; P. W.<br />

SKEHAN, The Apocriphal Psalm 151, in CBQ 25 (1963) 407-409; IDEM, A Psalm Manuscript from Qumran<br />

(4QPs), in CBQ 26 (1964) 313-322; IDEM, The Biblical Scrolls from Qumran and the Text of the Old Testament,<br />

in BA 28 (1965) 87-100.97-115; J. OUELLETTE, Variantes qumrâniennes du livre des Psaumes, in RdQ 7 (1969)<br />

105-123; M. DELCOR, Zum Psalter von Qumrân, in BZ 10 (1966) 15-29; L. MORALDI, I manoscritti <strong>di</strong> Qumran,<br />

Torino 2 1986; G. H. WILSON, The Qumran Psalms Manuscripts and the Consecutive Arrangement of Psalms in<br />

the Hebrew Psalter, in CBQ 45 (1983) 377-388.<br />

27 Cfr. A. VOGEL, Stu<strong>di</strong>en zum Pešièta-Psalter. Besonders im Hinblick auf sein Verhältnis zu Septuaginta, in Bib<br />

32 (1951) 32-56; P. A. H. DE BOER, The Book of Psalms (Pešièta), Leiden 1980.<br />

28 Cfr. A. BEA, La nuova traduzione latina del salterio, in Bib 26 (1945) 203-237; IDEM, I primi <strong>di</strong>eci anni del<br />

nuovo salterio, in Bib 36 (1955) 161-181; V. HAMP, Nova Vulgata – Neo-Volgata, in BZ 22 (1978) 284-285; N. M.<br />

LOSS, Annotazioni sul salterio della Neo-Volgata nella nuova «Liturgia Horarum», in Sal 36 (1974); J. H.<br />

MARKS, Der textkritische Wert des Psalterium Hieronymi iuxta Hebraeos, Winterthur 1956; F. MINUTO, Dopo la<br />

nuova versione latina <strong>dei</strong> Salmi, in Aevum 28 (1954) 301-329; H. DE SAINTE-MARIE, Sancti Hieronymi Psalterium<br />

iuxta Hebraeos (CBLa 11), Città del Vaticano 1954.<br />

29 Nel 384 corresse secondo <strong>il</strong> testo greco una traduzione latina allora in uso; tra <strong>il</strong> 389 e <strong>il</strong> 392 ne operò una<br />

revisione secondo le Hexapla: è la versione denominata «Gallicana»; nel 392-393 tradusse <strong>di</strong>rettamente<br />

dall’ebraico, «iuxta hebraicam veritatem»


Introduzione ai Salmi 185<br />

più quel valore da quando la riforma liturgica, dopo <strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io Vaticano II, ha introdotto le versioni<br />

in varie lingue dai testi originali.<br />

Recentemente è stata pubblicata una rie<strong>di</strong>zione, corretta secondo le moderne conoscenze<br />

esegetiche, della Vulgata con l’appellativo <strong>di</strong> Neo-Vulgata perché conserva lessico e st<strong>il</strong>e, per<br />

quanto è possib<strong>il</strong>e, dell’antica versione (anno <strong>di</strong> pubblicazione 1979).<br />

La trasmissione testuale<br />

La critica specialistica <strong>di</strong>stingue quattro sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> trasmissione testuale. Il primo, oggetto <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>o della critica letteraria, corrisponde alla composizione del testo nella forma originale; si<br />

cerca <strong>di</strong> ricostruirlo «depurandolo» dalle alterazioni alle quali può essere stato sottoposto nel<br />

corso del tempo. Il secondo sta<strong>di</strong>o, campo <strong>di</strong> lavoro della critica testuale, corrisponde alla<br />

forma testuale più antica. Poiché <strong>il</strong> testo, «redatto» in forma stab<strong>il</strong>ita normativamente per una<br />

funzione determinata, è stato copiato molte volte, <strong>il</strong> critico deve cercare <strong>di</strong> fissare la forma più<br />

antica a partire dallo stu<strong>di</strong>o particolareggiato delle varianti testuali. Nel terzo sta<strong>di</strong>o i rabbi<br />

portano a compimento la sistemazione del testo consonantico a partire dal 70 d.C. (textus receptus).<br />

L’importanza <strong>di</strong> tale «testo protomasoretico» è stata apprezzata paragonandolo alla<br />

tra<strong>di</strong>zione testuale greca e ai testi <strong>di</strong> Qumran. Questo terzo sta<strong>di</strong>o deriva dalla convinzione che<br />

i Salmi sono parte della sacra Scrittura e perciò è possib<strong>il</strong>e una sola forma testuale. Il quarto<br />

sta<strong>di</strong>o corrisponde all’opera <strong>dei</strong> masoreti (in particolare a Tiberiade, IX-X secolo d.C.): un sistema<br />

<strong>di</strong> vocalizzazione e <strong>di</strong> accenti tendente a proteggere <strong>il</strong> testo sacro da eventuali manipolazioni.<br />

I più antichi testimoni <strong>di</strong> quest’opera sono i co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Aleppo e <strong>di</strong> Leningrado.<br />

6. I titoli<br />

Le Bibbie moderne hanno l’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> assegnare un titolo ad ogni salmo; qui però non ci<br />

interessiamo a questi, ma a quelli che seguono e che vengono contati nella numerazione <strong>dei</strong><br />

versetti; per esempio, 84,1; 85,1; 88,1; ecc. «L’oscurità <strong>dei</strong> titoli tiene nascosta, e nel modo<br />

più irritante, la chiave dell’enigma del salterio e delle sue origini. Dovrebbe trovarsi lì la testimonianza<br />

irrecusab<strong>il</strong>e <strong>di</strong> ciò a cui serviva lo scritto, ma questa testimonianza rimane indecifrab<strong>il</strong>e.<br />

In mancanza <strong>di</strong> informazioni chiare, si può supporre <strong>il</strong> genere delle informazioni che<br />

essi volevano trasmettere» 30 .<br />

Sebbene sia ormai fuori <strong>di</strong>scussione la non appartenenza <strong>dei</strong> titoli al testo sacro, tuttavia essi<br />

meritano una certa attenzione e anche un certo rispetto per la loro antichità. Essi sono conosciuti<br />

dai LXX e tradotti, sebbene spesso non siano stati compresi; e già al tempo della composizione<br />

delle Cronache <strong>il</strong> loro esatto significato era andato irrime<strong>di</strong>ab<strong>il</strong>mente perduto.<br />

Abbiamo così:<br />

1) Titoli riguardanti in qualche modo <strong>il</strong> genere letterario, quali:<br />

a) mizmôr, 57 volte), che i LXX traducono per lo più con psalmós, «salmo», cioè: canto accompagnato<br />

dal suono <strong>di</strong> uno strumento (dal verbo zāmar, «cantare al suono <strong>di</strong> uno strumento»).<br />

b) šîr (canto, 30 volte); in Sal 45 abbiamo: šîr j e dîdôt, «canto d’amore», oppure «epitalamio».<br />

c) maókîl (13 volte), «salmo sapienziale» (?).<br />

d) miktām (Sal 16 e 56-60), «salmo allusivo» (?), oppure, secondo altri, «preghiera segreta»<br />

(dal verbo kātam, «nascondere»), oppure, secondo l’interpretazione <strong>dei</strong> LXX, «canto<br />

da iscrivere su stele» (?).<br />

e) šîggāyôn (Sal 7), «lamento», oppure «salmo penitenziale» (cfr. l’acca<strong>di</strong>co šegû).<br />

f) t e f<strong>il</strong>lāh (Sal 17; 86; 90; 142 e alla fine del Sal 72), «preghiera».<br />

30 BEAUCAMP, Psaumes, 137.


186 Introduzione ai Salmi<br />

2) Titoli riguardanti annotazioni musicali:<br />

a) higgājôn (Sal 9,17; 92,4), «me<strong>di</strong>tazione», oppure «musica me<strong>di</strong>tativa».<br />

b) selāh, 71 volte in 31 <strong>salmi</strong>. Incerta è la sua etimologia, come anche <strong>il</strong> suo significato.<br />

Trovandosi alla fine <strong>di</strong> una strofa, forse in<strong>di</strong>ca una pausa, una specie <strong>di</strong> «intermezzo»,<br />

per consentire alla folla <strong>di</strong> prostrarsi in adorazione. Secondo altri, al contrario, selāh starebbe<br />

ad in<strong>di</strong>care un «crescendo» della salmo<strong>di</strong>a o del suono degli strumenti.<br />

c) bin e gînôt (Sal 4; 6; 54; 55, 61; 67; 76), «su strumenti a corda».<br />

d) ’el hann e ˙îlôt (Sal 5), «per strumenti a fiato».<br />

e) ‘al hašš e mînît (Sal 6; 12), «sull’ottava (= in tono <strong>di</strong> basso)»; oppure «sull’ottava (corda<br />

dell’arpa)».<br />

3) Titoli in<strong>di</strong>canti melo<strong>di</strong>e o arie popolari:<br />

a) ‘al haggîttît (Sal 8; 81; 84), «sulla (melo<strong>di</strong>a) ghittita», che si riferisce probab<strong>il</strong>mente a<br />

un canto proprio del corpo <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Davide proveniente dalla città <strong>di</strong> Gat (cfr. 2Sam<br />

15,18). Altri pensano a uno strumento caratteristico portato da Davide da Gat. In tal caso<br />

l’annotazione farebbe parte del gruppo precedente.<br />

b) ‘al y e dûtûn (Sal 62 e, con variante y e dîtûn, Sal 39 e 77), «secondo (la maniera o la melo<strong>di</strong>a)<br />

<strong>di</strong> Yedutun». Yedutun figura nelle Cronache (cfr. 1Cr 16,41 e 2Cr 5,12) come uno<br />

<strong>dei</strong> più importanti maestri <strong>di</strong> coro al tempo <strong>di</strong> Davide.<br />

c) ‘al mût labbe\n (Sal 9), «secondo Morte al figlio», oppure «sull’aria <strong>di</strong> La morte del figlio».<br />

d) ‘al ajjelet hašša˙ar (Sal 22), «secondo (l’aria <strong>di</strong>) La cerva del mattino».<br />

e) ‘al šôšannîm (Sal 45; 69), «secondo (l’aria <strong>di</strong>) I gigli».<br />

f) ‘al šûšan ‘ e dût (Sal 60 e con la variante šôšannîm in Sal 80), «secondo (l’aria <strong>di</strong>) Il giglio<br />

(var.: I gigli) della testimonianza».<br />

g) ‘al jônat e\lem r e ˙oqîm (Sal 56), «secondo (l’aria <strong>di</strong>) La colomba <strong>dei</strong> terebinti lontani(?)».<br />

h) ’al-taš˙e\t (Sal 57-59; 75), lett.: «Non <strong>di</strong>struggere»; ma del tutto incerto rimane <strong>il</strong> significato<br />

<strong>di</strong> questa espressione.<br />

4) Titoli che si riferiscono al culto o in qualche modo all’impiego liturgico del salmo:<br />

a) l e jôm haššabbat (Sal 92), «per <strong>il</strong> giorno del sabato».<br />

b) l e hazkîr (Sal 38; 70), lett.: «per ricordare» («in memoria»), in riferimento forse all’offerta<br />

dell’incenso o, secondo alcuni, al sacrificio della ’azkārāh (per <strong>il</strong> quale cfr. Lev 2,2ss).<br />

c) l e tôdāh (Sal 100), «per <strong>il</strong> ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> grazie», in riferimento al sacrificio <strong>di</strong> ringraziamento,<br />

che più volte viene menzionato nei <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> lamentazione e <strong>di</strong> ringraziamento<br />

(cfr. inoltre Lev 7,12).<br />

d) l e lamme\d (Sal 60), lett.: «per insegnare».<br />

e) šîr hamma¨’alôt (Sal 120-134), lett.: «canto delle ascensioni» (così le versioni <strong>di</strong> Aqu<strong>il</strong>a,<br />

Simmaco e Teodozione), con riferimento al pellegrinaggio (ma‘a¨lāh, «salita») alla Città<br />

santa. Altri preferiscono tradurre con «canto graduale» in riferimento ai gra<strong>di</strong>ni della<br />

scalinata che conduceva al tempio.<br />

5) Titoli che riguardano circostanze storiche. Tre<strong>di</strong>ci <strong>salmi</strong> recano annotazioni che si riferiscono<br />

per lo più ad alcuni momenti della vita <strong>di</strong> Davide, come la persecuzione subìta da parte <strong>di</strong><br />

Saul (Sal 7; 34; 52; 56; 57; 59; 142), <strong>il</strong> trionfo su tutti i suoi nemici (Sal 18, riportato per intero<br />

in 2Sam 22), la guerra siro-ammonita (Sal 60), <strong>il</strong> peccato con Betsabea (Sal 51, cioè <strong>il</strong> famoso<br />

Miserere), e infine la sua fuga <strong>di</strong> fronte ad Assalonne (Sal 3; 63).<br />

6) Titoli, infine, con <strong>il</strong> lamed (l) <strong>di</strong> autore o <strong>di</strong> attribuzione 31 . Più <strong>di</strong> due terzi <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> (101<br />

su 150!) portano l’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> un personaggio a cui viene attribuita la composizione o, se-<br />

31 Questo lamed è seguito settantatré volte dal nome <strong>di</strong> Davide; si è imposta allora l’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> considerare<br />

i <strong>salmi</strong> introdotti da l e dāwid come <strong>dei</strong> «<strong>salmi</strong> <strong>di</strong> Davide». Progressivamente l’uso è passato dai <strong>salmi</strong> (3-41; ecc.)<br />

ai fascicoli (cfr. 72,20: «preghiere <strong>di</strong> Davide», senza lamed), e poi a tutto <strong>il</strong> <strong>libro</strong>. La realtà non è però così sem-


Introduzione ai Salmi 187<br />

condo una interpretazione più recente (basata su paralleli ugaritici), della particolare collezione<br />

a cui <strong>il</strong> salmo apparteneva prima della sua accettazione nel Salterio. Essi sono:<br />

a) l e dawîd, <strong>di</strong> Davide, 73 <strong>salmi</strong> (nei LXX 84 <strong>salmi</strong>: to Daueid).<br />

b) l e ’āsāf, <strong>di</strong> Asaf, 12 <strong>salmi</strong>: Sal 50; 73-83.<br />

c) lib e nê Qora˙, <strong>dei</strong> figli <strong>di</strong> Core, 11 <strong>salmi</strong>: Sal 42; 44-49; 84-85; 87-88.<br />

d) liš e lomoh, <strong>di</strong> Salomone, Sal 72; 124.<br />

e) l e môšeh, <strong>di</strong> Mosè, Sal 90.<br />

f) l e hêmān, <strong>di</strong> Heman, Sal 88.<br />

g) l e ’êtan, <strong>di</strong> Etan, Sal 89.<br />

Qui infine va ricordata l’espressione che ricorre in ben 55 <strong>salmi</strong>, e cioè lam e naßße\a˙, che i<br />

LXX traducono con eis télos (Vg: in finem), derivando dal verbo nāßa˙: «portare a termine».<br />

Oggi si preferisce far derivare <strong>il</strong> termine dalla ra<strong>di</strong>ce nß˙, che ricorre frequentemente nelle Cronache<br />

per in<strong>di</strong>care la «supervisione» <strong>dei</strong> lavori <strong>di</strong> costruzione del tempio, come anche delle funzioni<br />

sacre che in esso si svolgevano (cfr. 1Cr 23,4; Esd 3,8s); lam e naßße\a˙ quin<strong>di</strong> (con lamed<br />

<strong>di</strong> destinazione) significherebbe, almeno all’origine, <strong>il</strong> «supervisore» o «<strong>di</strong>rettore», oppure, secondo<br />

altri, <strong>il</strong> «maestro <strong>di</strong> coro».<br />

Circa <strong>il</strong> significato e <strong>il</strong> valore <strong>dei</strong> titoli va ricordato che già al tempo <strong>di</strong> S. Girolamo, negandone<br />

alcuni l’appartenenza al testo sacro <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, non vi si riconosceva autorità assoluta; anzi<br />

la Chiesa <strong>di</strong> Antiochia li rigettò come falsi e nella versione siriaca della Pešièta furono del tutto<br />

omessi.<br />

Nel sec. XVIII la critica storica, dal canto suo, ravvisò in essi non delle note introduttive atte<br />

a fac<strong>il</strong>itare la comprensione del salmo, ma delle aggiunte superflue (immeritevoli perciò <strong>di</strong> qualunque<br />

considerazione) della tar<strong>di</strong>va tra<strong>di</strong>zione giudaica. Analoga posizione ra<strong>di</strong>cale contro <strong>il</strong><br />

valore storico e letterario <strong>dei</strong> titoli, nei tempi recenti, ha assunto lo stesso H. Gunkel.<br />

Ma oggi fra gli stu<strong>di</strong>osi, come per esempio in Scan<strong>di</strong>navia la scuola <strong>di</strong> Uppsala, si sta manifestando<br />

un sempre crescente interesse per queste antichissime e, perciò, preziose annotazioni,<br />

le quali fanno intravedere, anche se non in modo sufficiememente intelligib<strong>il</strong>e, una certa storia<br />

che ha accompagnato la plurisecolare trasmissione del salterio e la sua ut<strong>il</strong>izzazione sia nel culto<br />

ufficiale come nella pietà privata d’Israele.<br />

plice. Innanzitutto la mentalità <strong>di</strong> questi tempi antichi non si preoccupava dell’autore reale <strong>di</strong> un’opera come lo si<br />

fa oggi. Interessandosi apparentemente a quello che noi chiamiamo «l’autore», gli antichi si preoccupavano <strong>di</strong><br />

più <strong>di</strong> riferirsi a una personalità <strong>il</strong> cui «patronato» avrebbe aiutato a comprendere <strong>il</strong> significato del testo. «Il pensiero<br />

<strong>di</strong> una paternità letteraria sembra qui anacronistico. La Bibbia identifica, in genere, l’autore <strong>di</strong> uno scritto<br />

solo nella misura in cui viene coinvolto un preciso messaggio» (BEAUCAMP, Psaumes, 139). I comp<strong>il</strong>atori del<br />

salterio propongono quin<strong>di</strong> a coloro che ut<strong>il</strong>izzeranno la loro opera <strong>di</strong> cantare i <strong>salmi</strong> assim<strong>il</strong>andosi, in qualche<br />

modo, a Davide, o a Mosè (Sal 90), o a Salomone (72; 127) a meno che non propongano loro <strong>di</strong> unire le loro voci<br />

a quelle <strong>dei</strong> leviti, «figli <strong>di</strong> Asaf» e «figli <strong>di</strong> Core». Anche le interessanti notizie «storiche» contenute nei titoli<br />

<strong>di</strong> alcuni <strong>salmi</strong>, non avevano forse soprattutto lo scopo <strong>di</strong> spingere coloro che recitavano o cantavano un certo<br />

salmo etichettato come l e dāwid ad «assim<strong>il</strong>arsi» al re? (cfr. <strong>il</strong> «titolo» <strong>dei</strong> Sal 3; 7; 18; 34; 51; 52; 54; 56; 57; 59;<br />

60). Il fedele che ascolta o canta <strong>il</strong> Sal 51 può conoscere meglio, grazie alla menzione <strong>di</strong> Davide penitente, quale<br />

pentimento debba suscitare in lui la me<strong>di</strong>tazione <strong>di</strong> questo cantico. Altri commentatori considerano che <strong>il</strong> lamed<br />

introduca <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> colui che canterà <strong>il</strong> salmo; questo significato si ad<strong>di</strong>ce abbastanza bene alla formula che fa<br />

riferimento ai leviti già menzionati, a Eman (88) e poi a Etan (89) entrambi «Ezraiti». Si comprenderebbero allora<br />

un po’ meglio le formule enigmatiche riferite ugualmente nei titoli e che sembrano regolare l’esecuzione musicale;<br />

«su strumenti a corda», <strong>di</strong>cono alcuni testi (Sal 4; 6; 54; 55, 61; 67; 76; Ab 3,19). La traduzione delle altre<br />

espressioni equivalenti è meno certo; ad ogni modo, si tratta <strong>di</strong> rubriche musicali antiche, così antiche che le<br />

stesse versioni non ne conoscono più <strong>il</strong> significato. Un buon esempio delle <strong>di</strong>fficoltà incontrate nella traduzione e<br />

nell’interpretazione <strong>di</strong> questi titoli è fornita dallo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> M. DELCOR, La portée liturgique de la suscription<br />

«Lehazkir» et des Ps 38 et 70, in Mens concordet voci... A.G. Martimort, Paris 1983, 413-422.


188 Introduzione ai Salmi<br />

7. Autori <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong><br />

Contro ca. 48 <strong>salmi</strong> anonimi (secondo <strong>il</strong> TM) nel senso che i loro titoli non presentano<br />

alcun nome, gli altri ca. 102 sono così attribuiti: 73 a Davide, 12 ad Asaf, 11 ai figli <strong>di</strong> Core, 2<br />

a Salomone, 1 a Mosè, 1 a Ye<strong>di</strong>tun, 1 a Heman, 1 a Etan. E le attribuzioni aumentano nei<br />

LXX e altre versioni, continuando ad assegnare a Davide la parte del leone.<br />

La pseudonimia<br />

La tendenza ad attribuire a un autore <strong>di</strong>stintosi in un determinato genere scritti sim<strong>il</strong>ari è<br />

talmente accentuata, specialmente nella letteratura biblica sapienziale, che questa è passata in<br />

gran parte sotto <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Salomone, anche quando l’evidenza mostra che essa è <strong>di</strong> molto<br />

posteriore. Ed è proprio in questa assenza <strong>di</strong> preoccupazione per l’anacronismo che meglio si<br />

rivela <strong>il</strong> senso dell’attribuzione e, insieme, la comune coscienza della liceità del proce<strong>di</strong>mento.<br />

La fama acquisita costituiva una specie <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto ad accre<strong>di</strong>tare con <strong>il</strong> proprio nome scritti<br />

analoghi <strong>di</strong> successive generazioni. Quello che nella nostra cultura occidentale accade per<br />

opere <strong>di</strong> autori sconosciuti <strong>di</strong> passare, in processo <strong>di</strong> tempo, sotto <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> una celebrità,<br />

avveniva nel mondo semitico e biblico in particolare fin dall’origine dello scritto: nasceva, per<br />

deliberata volontà dell’autore vero e con l’assenso <strong>dei</strong> contemporanei, sotto <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> un<br />

altro.<br />

Il fenomeno va tenuto presente anche in considerazione dell’amplissimo arco <strong>di</strong> tempo<br />

segnato dalla composizione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. La critica più recente, infatti, ha ri<strong>di</strong>mensionato sia<br />

l’affermazione <strong>di</strong> un passato ormai remoto circa l’origine davi<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> buona parte <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> sia<br />

<strong>il</strong> ra<strong>di</strong>calismo negativo che ritardava la composizione <strong>di</strong> vari fino all’età maccabaica o<br />

asmonea 32 . La possib<strong>il</strong>ità che i <strong>salmi</strong> vengano scaglionati nel corso <strong>di</strong> sei o più secoli spiega<br />

più fac<strong>il</strong>mente l’abbondanza e la varietà della produzione <strong>salmi</strong>ca, della quale <strong>il</strong> nostro<br />

salterio è forse soltanto un’antologia, e la deliberata collocazione <strong>di</strong> molti <strong>salmi</strong> sotto <strong>il</strong> nome<br />

prestigioso <strong>di</strong> Davide.<br />

II. SALMI E POESIA 33<br />

Con felice intuizione, L. Alonso Schökel ha intitolato i suoi saggi <strong>di</strong> esegesi <strong>di</strong> 30 <strong>salmi</strong><br />

«poesia e preghiera». Infatti i <strong>salmi</strong> sono poesia religiosa, ossia espressione poetica <strong>di</strong> esperienze<br />

religiose. La loro qualità poetica non è un ornamento o una qualificazione aggiunta, ma la loro<br />

propria forma <strong>di</strong> essere. Di conseguenza, i <strong>salmi</strong> non possono nemmeno essere veramente<br />

compresi e vissuti senza essere capiti e recitati come poesia. Soltanto una certa capacità <strong>di</strong> accogliere<br />

<strong>il</strong> testo <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> come poesia dà la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> sintonizzarsi realmente con essi e <strong>di</strong><br />

farli propri, non soltanto <strong>di</strong> «comprenderli» intellettualmente. E siccome pregare con i <strong>salmi</strong> significa<br />

fare un’esperienza religiosa equivalente a quella in essi espressa poeticamente, sarà decisiva<br />

una piena «fusione <strong>di</strong> orizzonti» (nel senso <strong>di</strong> Gadamer) con <strong>il</strong> testo stesso.<br />

Riteniamo perciò ut<strong>il</strong>e richiamare brevemente alcune caratteristiche della poesia ebraica, che<br />

ritroviamo anche nei <strong>salmi</strong>. Si tratta <strong>di</strong> peculiarità «significative» della poesia ebraica, cioè <strong>di</strong><br />

fenomeni che sono r<strong>il</strong>evanti per <strong>il</strong> «senso» degli stessi componimenti poetici. Sappiamo infatti<br />

che forma e contenuto non sono adeguatamente <strong>di</strong>stinti, anzi sono tra loro in stretta e intima inter<strong>di</strong>pendenza.<br />

In conformità al carattere introduttivo della nostra trattazione, ci contenteremo <strong>di</strong> semplici<br />

«allusioni», ma ciò non va inteso nel senso <strong>di</strong> una minore importanza dell’argomento.<br />

32<br />

Sulle opinioni tuttora fortemente <strong>di</strong>vergenti <strong>dei</strong> critici cfr. C. HAURET, Un problème insoluble? La chronologie<br />

des Psaumes, in RSR 35 (1961) 225-247.<br />

33<br />

Cfr. E. DHORME, La poésie biblique, Paris 1931; L. ALONSO SCHÖKEL, Estu<strong>di</strong>os de Poética Hebrea, Barcelona<br />

1963; IDEM, Poésie hébraïque, in DBS 8 (1972) 47-90; IDEM, Trenta <strong>salmi</strong>: poesia e preghiera, Bologna<br />

1982; IDEM – E. ZURRO, La traducción bíblica: linguística y est<strong>il</strong>ística, Madrid 1977; M. DAHOOD, Poetry,<br />

Hebrew, in IDBSuppl, Nashv<strong>il</strong>le 1976, 669-672.


1. Parallelismo 34<br />

Introduzione ai Salmi 189<br />

La poesia ebraica si basa fondamentalmente sul principio del parallelismo. Il parallelismo è<br />

un modo <strong>di</strong> pensare, prima ancora <strong>di</strong> essere una modalità espressiva. Esso consiste nella ripetizione<br />

o nello sv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> una intuizione poetica in più parti <strong>di</strong>sposte in parallelo. Le due forme<br />

principali <strong>di</strong> parallelismo sono quelle del parallelismo sinonimico e antitetico.<br />

Come esempio <strong>di</strong> parallelismo sinonimico, leggiamo Sal 25,4:<br />

«Fammi conoscere, Signore, le tue vie,<br />

insegnami i tuoi sentieri»<br />

Oppure in Sal 6,7:<br />

«Ogni notte inondo <strong>di</strong> pianto <strong>il</strong> mio giaciglio,<br />

irroro <strong>di</strong> lacrime <strong>il</strong> mio letto»;<br />

e in Sal 143,5:<br />

«Ripenso a tutte le tue opere,<br />

me<strong>di</strong>to sui tuoi pro<strong>di</strong>gi».<br />

Nello stesso Sal 25, al v. 3, troviamo invece un bell’esempio <strong>di</strong> parallelismo antitetico:<br />

«Chiunque spera in te non resti deluso,<br />

sia confuso chi tra<strong>di</strong>sce per un nulla».<br />

Nel parallelismo sinonimico si accoppiano <strong>dei</strong> sinonimi («fammi conoscere – insegnami»;<br />

«le tue vie – i tuoi sentieri»). Nel parallelismo antitetico, invece, la seconda parte esprime un<br />

senso che è esattamente l’antitesi della prima parte: nell’esempio citato sopra, a «chiunque<br />

spera in te» è contrapposto «chi tra<strong>di</strong>sce per un nulla»; a «non resti deluso» è opposto «sia<br />

confuso».<br />

È detto sintetico <strong>il</strong> parallelismo nel quale <strong>il</strong> secondo stico non fa che completare <strong>il</strong> primo.<br />

Leggiamo, ad es., Sal 14,2:<br />

«Il Signore dal cielo si china sugli uomini<br />

per vedere se esista un saggio,<br />

se c’è uno che cerchi Dio».<br />

Il «saggio» è specificato e precisato da «uno che cerchi Dio» (cfr. per altri esempi Sal 2,6;<br />

17,11-12; 23,5-6; 40,2-3).<br />

Il parallelismo climatico è quello in cui un elemento del primo membro viene ripetuto per ottenere<br />

l’effetto <strong>di</strong> climax o <strong>di</strong> culmine espressivo. Per es., Sal 24,8:<br />

«Il Signore forte e potente,<br />

<strong>il</strong> Signore potente in battaglia».<br />

Oppure Sal 29,1:<br />

«Date al Signore, figli <strong>di</strong> Dio,<br />

date al Signore gloria e potenza».<br />

La ripetizione conferisce allo st<strong>il</strong>e maggiore solennità, intensità e plasticità.<br />

34 Cfr. R. LOWTH, De sacra poësi hebraeorum, Gottingae 1753; W. POPPER, Stu<strong>di</strong>es in biblical Parallelism,<br />

II, Berkeley 1923; M. PEIÑADOR, Estu<strong>di</strong>os sobre el paralelismo de la poesía hebrea, in Illustración del Clero 33<br />

(1940) 5-15.319-328; 34 (1941) 251-262; D. GONZALO MAESO, Contribución al estu<strong>di</strong>o de la métrica bíblica: sobre<br />

la verdadera significación y alcance del «paralelismo», in Sefarad 3 (1943) 3-39; F. HORST, Die Kennzeichen<br />

der hebraïschen Poesie, in ThR 21 (1953) 97-121; L. ALONSO SCHÖKEL, En los orígenes de la literatura, in<br />

Razón y Fe 150 (1954) 59-76.203-218; R. G. BOLING, «Synonimous» Parallelism in the Psalms, in JSSt 5 (1960)<br />

221-255.


190 Introduzione ai Salmi<br />

2. Il ritornello<br />

Un altro proce<strong>di</strong>mento st<strong>il</strong>istico frequente è <strong>il</strong> ritornello. Esso può avere funzioni <strong>di</strong>fferenti.<br />

Può servire da inclusione, essendo collocato all’inizio e alla fine (per es. Sal 8,2.10; 118,1.29).<br />

Inclusione è <strong>il</strong> fenomeno per cui un poema o parte <strong>di</strong> esso si apre e si conclude con lo stesso<br />

verso. Il ritornello può essere un mezzo per separare le <strong>di</strong>fferenti strofe (per es. in Sal 42,6.12<br />

e 43,5). Nel Sal 107 c’è ad<strong>di</strong>rittura la presenza <strong>di</strong> due ritornelli: a) vv. 6.13.19.28; b) vv.<br />

8.15.21.31. Nel Sal 136 la ripetizione continua <strong>di</strong> «eterna è la sua misericor<strong>di</strong>a» non costituisce<br />

un ritornello, ma espressione della struttura litanica del salmo: un solista <strong>di</strong>ce la prima<br />

parte <strong>di</strong> ogni verso e l’assemblea risponde coralmente con la seconda parte sempre uguale.<br />

A volte <strong>il</strong> ritornello sembra avere anche la funzione <strong>di</strong> segnalare <strong>il</strong> tema principale della<br />

composizione poetica, ripetendolo più volte.<br />

3. Chiasmo 35<br />

Si denomina chiasmo la sequenza rovesciata <strong>di</strong> elementi secondo lo schema a-b-b’-a’. Leggiamo<br />

ad es. Sal 19,2:<br />

a: i cieli b: narrano c: la gloria <strong>di</strong> Dio<br />

c’: l’opera delle sue mani b’: annunzia a’: <strong>il</strong> firmamento.<br />

In questo esempio si sovrappongono due fenomeni: parallelismo sinonimico e struttura chiasmatica.<br />

La poesia e anche la prosa ebraica ha un gusto particolare per questo proce<strong>di</strong>mento st<strong>il</strong>istico.<br />

Altro esempio, Sal 135,15-18:<br />

«Gli idoli <strong>dei</strong> popoli sono argento e oro,<br />

opera delle mani dell’uomo.<br />

Hanno bocca e non parlano<br />

hanno occhi e non vedono<br />

hanno orecchi e non odono<br />

non c’è respiro nella loro bocca.<br />

Sia come loro chi li fabbrica».<br />

Il chiasmo può dar luogo a una <strong>di</strong>sposizione concentrica del tipo abcdc’b’a’ nella quale<br />

l’elemento d ha la funzione <strong>di</strong> membro centrale.<br />

4. Effetti sonori 36<br />

La poesia, e quin<strong>di</strong> anche i <strong>salmi</strong>, non è fatta per essere letta solo con gli occhi, ma per essere<br />

recitata ad alta voce. Di conseguenza, la poesia ebraica, come ogni altra, assegna agli effetti sonori<br />

un’importanza fondamentale. Tra gli espe<strong>di</strong>enti usati per ottenere effetti sonori menzioniamo:<br />

a) l’allitterazione: insistenza su una o più lettere, come per es. in Sal 127,1b (šāw e ’ šāqad<br />

šômer) con la ripetizione della lettera š;<br />

b) assonanza: eguaglianza <strong>di</strong> vocali finali <strong>di</strong> più parole, mentre sono <strong>di</strong>fferenti le consonanti.<br />

Per es. Sal 22,17b-18a:<br />

kā’arû yāday w e raglāy, hanno forato le mie mani e i miei pie<strong>di</strong><br />

’āsappe\r kol ‘aßmo\tāy, posso contare ogni mio osso<br />

Nota <strong>il</strong> ripetersi del suono ay.<br />

Purtroppo non è possib<strong>il</strong>e rendere in traduzione gli effetti sonori dell’originale, ma una buona<br />

traduzione poetica dovrebbe tentare <strong>di</strong> crearne <strong>di</strong> equivalenti.<br />

35 Cfr. A. DI MARCO, Il chiasmo nella Bibbia, Torino 1980; J. W. WELCH (ed.), Chiasmus in Antiquity: Struc-<br />

tures, Analysis, Exegesis, H<strong>il</strong>desheim 1981.<br />

36 Cfr. L. ALONSO SCHÖKEL, in DBS 8 (1972) 57-60.


5. Ritmo 37<br />

Introduzione ai Salmi 191<br />

Il ritmo è un movimento alternato e regolare (del corpo nella danza, <strong>dei</strong> suoni nella musica,<br />

delle s<strong>il</strong>labe lunghe o brevi, toniche o atone nella poesia). Il ritmo è artistico quando è un moto<br />

non solo meccanico, ma ottiene risultati <strong>di</strong> misura armoniosa e varia, piacevole e gra<strong>di</strong>ta.<br />

Gli antichi stu<strong>di</strong>osi cercarono <strong>di</strong> spiegare la metrica ebraica o teoria del ritmo poetico ebraico<br />

con quella greca o romana, in cui <strong>il</strong> ritmo consiste nell’alternanza <strong>di</strong> s<strong>il</strong>labe lunghe e brevi.<br />

Una svolta fu impressa da E. Sievers (1901-1907) con l’affermazione che <strong>il</strong> ritmo ebraico è<br />

l’alternanza <strong>di</strong> s<strong>il</strong>labe toniche e atone. Questo stu<strong>di</strong>oso, dotato <strong>di</strong> una straor<strong>di</strong>naria sensib<strong>il</strong>ità<br />

per gli aspetti sonori del linguaggio, segnò una tappa decisiva nella conoscenza del ritmo poetico<br />

ebraico.<br />

Oggi <strong>il</strong> consenso degli esegeti sembra orientato a ritenere che <strong>il</strong> ritmo ebraico si basi principalmente<br />

su un determinato numero <strong>di</strong> accenti intensivi <strong>di</strong> un’unità ritmica chiusa dal segno della<br />

pausa, grande o piccola. Il verso ebraico è racchiuso tra due gran<strong>di</strong> pause; l’emistichio termina<br />

con una piccola pausa.<br />

Se in<strong>di</strong>chiamo con cifre <strong>il</strong> numero degli accenti e con <strong>il</strong> segno + la piccola pausa, allora potremmo<br />

rappresentare così un verso <strong>di</strong> due emistichi aventi ciascuno tre accenti: 3+3. Altro<br />

esempio: 2+2+2 è un verso con tre emistichi <strong>di</strong> due accenti ciascuno.<br />

Elemento caratteristico e fondamentale della metrica ebraica è dunque <strong>il</strong> verso, al cui interno<br />

<strong>il</strong> ritmo è deciso dall’alternanza e dal rapporto <strong>di</strong> s<strong>il</strong>labe accentate e non accentate.<br />

Per es., in Sal 18,17 leggiamo:<br />

yišlá˙ mimmārô:m yiqqā˙éni (3), stese [la mano] dall’alto e mi prese<br />

yaniše\:nî mimmáim rabbî:m (3), [mi] sollevò dalle gran<strong>di</strong> acque<br />

Si ha un verso costituito da due emistichi, ciascuno con tre accenti. È un verso molto frequente.<br />

Piuttosto raro è quello costituito da due emistichi con due soli accenti ciascuno; per es.,<br />

Sal 137,3:<br />

šî:ru lánu, cantate per noi<br />

miššî:r ßiyyô:n, un canto <strong>di</strong> Sion<br />

Degno <strong>di</strong> nota è <strong>il</strong> verso chiamato qînâ (lamento), usato soprattutto nelle lamentazioni e costituito<br />

dallo schema 3+2.<br />

In or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> frequenza, la poesia ebraica preferisce <strong>il</strong> verso secondo lo schema 3+3; meno<br />

usati: 2+2 e 3+2; meno frequenti ancora i moduli 4+4 o loro varianti. Il verso ebraico non conosce<br />

«pie<strong>di</strong>» metrici quali si trovano nella poesia greca e latina (giambo, anapesto) e che spesso<br />

non coincidono con i vocaboli.<br />

La metrica ebraica è molto semplice. E non si deve pensare che <strong>il</strong> poeta contasse gli accenti,<br />

poiché aveva la libertà <strong>di</strong> variare <strong>il</strong> metro all’interno dello stesso salmo. Ogni stico contiene da 2<br />

a 4 accenti.<br />

Il poeta ebreo si lasciava guidare non da una rigida regola esterna, ma dalla legge vitale del<br />

suo senso del ritmo. Gli schemi da noi in<strong>di</strong>viduati (3+3; 2+2; ecc») non sono paragonab<strong>il</strong>i a<br />

quelli della metrica greca o latina.<br />

6. Altri proce<strong>di</strong>menti st<strong>il</strong>istici<br />

a) Espressione polare<br />

È un modo <strong>di</strong> esprimere la totalità me<strong>di</strong>ante la menzione <strong>di</strong> due poli estremi. Ad es. «cielo e<br />

terra» per in<strong>di</strong>care tutto <strong>il</strong> creato; «notte e giorno» per designare la totalità del tempo. Nei <strong>salmi</strong><br />

37 Cfr. G. CASTELLINO, Il ritmo ebraico nel pensiero degli antichi, in Bib 15 (1934) 505-516; T. PIATTI, I<br />

carmi alfabetici della Bibbia chiave della metrica ebraica?, in Bib 31 (1950) 281-315.427-458; R. SEGERT, Vorarbeiten<br />

zur hebraïschen Metrik, in ArOr 21 (1953) 97-121; IDEM, Problems of Hebrew Prosody (VTS 7), Leiden<br />

1960, 283-291; M. DAHOOD, A New Metrical Pattern in Biblical Poerry, in CBQ 29 (1967) 574-579.


192 Introduzione ai Salmi<br />

si ricorre spesso a questa modalità espressiva. Sovente l’espressione polare è associata al parallelismo.<br />

Per es. in Sal 22,3:<br />

«Dio mio, invoco <strong>di</strong> giorno e non rispon<strong>di</strong>,<br />

grido <strong>di</strong> notte e non trovo riposo».<br />

Così pure in Sal 88,2: «davanti a te grido giorno e notte», cioè sempre.<br />

«Sedere e alzarsi», «camminare e riposare» sono espressioni polari per in<strong>di</strong>care l’intera esistenza,<br />

come nel Sal 139,1-3:<br />

«Signore, tu mi scruti e mi conosci,<br />

tu sai quando seggo e quando mi alzo.<br />

Penetri da lontano i miei pensieri,<br />

mi scruti quando cammino e quando riposo.<br />

Ti sono note tutte le mie vie».<br />

b) Merismo<br />

È la figura retorica nella quale la totalità è espressa menzionando i due estremi <strong>di</strong> una stessa<br />

categoria. Per es. in Sal 8,8: «bestiame piccolo e bestiame grosso». Due parti contrapposte, polari,<br />

rappresentano la totalità del bestiame.<br />

c) «Negatio paradoxa»<br />

Con questo termine si intende un modo espressivo con cui si nega retoricamente un termine<br />

per far risaltare l’opposto. Un bell’esempio si ha in Sal 51,18-19:<br />

«Non gra<strong>di</strong>sci <strong>il</strong> sacrificio<br />

e, se offro olocausti, non li accetti.<br />

Uno spirito contrito è sacrificio a Dio<br />

un cuore affranto e um<strong>il</strong>iato, Dio, tu non <strong>di</strong>sprezzi».<br />

Non si può citare questo passo per <strong>di</strong>mostrare <strong>il</strong> rifiuto <strong>dei</strong> sacrifici.<br />

7. Verso la struttura letteraria<br />

L’in<strong>di</strong>viduazione <strong>dei</strong> <strong>di</strong>versi elementi st<strong>il</strong>istici ut<strong>il</strong>izzati dai <strong>salmi</strong>sti fa scoprire <strong>dei</strong> componimenti<br />

poetici organizzati, strutturati; gli elementi st<strong>il</strong>istici sono segni <strong>di</strong> questa organizzazione<br />

interna 38 .<br />

Così nel Sal 29, la menzione, sette volte, della «voce <strong>di</strong> YHWH» delimita <strong>il</strong> centro del salmo,<br />

costituito dai sette versetti che contengono questa menzione, <strong>di</strong>stinguendolo dai vv. 1-2 e<br />

9-11 che sono come la cornice <strong>di</strong> questo sv<strong>il</strong>uppo centrale. Con la ripetizione in serie della<br />

formula «voce <strong>di</strong> YHWH», i vv. 3-9b mostrano che l’insistenza viene posta su questa teofania,<br />

sulla potenza terrificante <strong>di</strong> questa voce <strong>di</strong>vina <strong>di</strong> cui gli sconvolgimenti cosmici sono<br />

l’espressione suggestiva. Invece la cornice del salmo contiene la ripetizione, organizzata<br />

simmetricamente da una parte e dall’altra della sezione centrale, delle parole: «gloria e potenza<br />

[...] atrio <strong>di</strong> santità», in 1-2, e «palazzo [...] gloria e potenza», in 9-11.<br />

I temi ripetuti all’inizio e alla fine del salmo sono identici, senza che però le realtà designate<br />

siano le stesse. I primi versetti esprimono una gloria e una potenza che sono beni propri <strong>di</strong><br />

YHWH, questo Dio che la menzione, sette volte, della sua voce e la descrizione <strong>dei</strong> suoi effetti<br />

cosmici fanno apparire temib<strong>il</strong>e. Eppure gli ultimi versetti affermano <strong>il</strong> dono che YHWH fa ai<br />

suoi fedeli della sua «gloria» e della sua «potenza». La ripetizione centrale viene collocata al<br />

centro del salmo per far apparire con più evidenza <strong>il</strong> contrasto segnalato dalla cornice del<br />

38 J.-N. ALETTI – J. TRUBLET, Approche poétique et théologique des Psaumes, Paris 1983, fanno questo lavoro<br />

con molta ab<strong>il</strong>ità; la loro prima opera, Rhétorique e Poétique, introduce efficacemente alla lettura <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. I<br />

numerosi stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> P. Auffret sulla Struttura letteraria <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> e altri testi sono stati pubblicati in varie riviste.<br />

Per citare una sola <strong>di</strong> esse, cfr. VT 26 (1976) 142-147; 27 (1977) 1-12; 29 (1979) 385-402; 30 (1980) 91-93; 31<br />

(1981) 385-399; 33 (1983) 129-148; 34 (1984) 257-269. Apprezzamento <strong>di</strong> M. GIRARD, Les Psaumes. Analyse<br />

structurelle et interprétation, vol. 1, Montreal-Paris 1984, 20, nota 44.


Introduzione ai Salmi 193<br />

componimento poetico. Questa potenza, che Dio possiede in proprio e che si mostra terrificante<br />

nei suoi effetti cosmici, Dio la dona al suo popolo.<br />

Pren<strong>di</strong>amo ancora l’esempio del Sal 103; i vv. 8 e 17 sono in corrispondenza: «YHWH è<br />

[...] pieno <strong>di</strong> amore... [la sua collera] non per sempre» (v. 8s); «l’amore <strong>di</strong> YHWH [...] per<br />

sempre» (v. 17). Questa inclusione mostra l’affermazione principale del salmo; essa isola anche<br />

l’unità centrale (vv. 9-16) che fornisce <strong>dei</strong> dettagli sul significato <strong>di</strong> questa tesi principale.<br />

Questa unità è costruita su sette paragoni che spiegano tutti <strong>il</strong> v. 8: «YHWH tenerezza [...] pietà<br />

[...] grande nell’amore». I primi due paragoni sono negativi: «l’amore <strong>di</strong> YHWH non è come;<br />

non [...] come» (v. 10); gli altri cinque sono positivi (vv. 11-13.15) e riguardano «l’amore» (v.<br />

11), la «tenerezza» (v. 13), e ancora l’amore (v. 17): questo amore è come. Inoltre, queste <strong>di</strong>verse<br />

considerazioni sono riferite a delle annotazioni temporali: «sempre» (v. 9), spaziali:<br />

«l’altezza [...] lontano» (v. 11s), e <strong>di</strong> nuovo temporali: «non più [...] mai più [...] sempre» (v.<br />

16s).<br />

Questa unità, vv. 8-18, è così costruita su un piano concentrico che fa risaltare la somiglianza<br />

e ancor più la <strong>di</strong>fferenza che <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta percepisce tra Dio e l’uomo: Dio non è come<br />

l’uomo, litigioso e astioso, ma perdona; è come l’uomo: padre tenero verso i suoi figli; non è<br />

come l’uomo, effimero: è stab<strong>il</strong>e e <strong>il</strong> suo amore rimane come lui.<br />

Il Sal 132 è costituito da due sv<strong>il</strong>uppi paralleli; <strong>il</strong> primo comprende i vv. 1-10: Davide è<br />

l’iniziatore delle azioni descritte; <strong>il</strong> secondo, i vv. 11-18: YHWH è <strong>il</strong> soggetto <strong>dei</strong> verbi e <strong>il</strong> locutore<br />

delle parole. All’interno <strong>di</strong> queste due parti, i versetti corrispondenti; vv. 1-2 e 11ab:<br />

Davide giurò a YHWH; YHWH giurò a Davide; 5-8 e 13-15: «<strong>di</strong>mora per YHWH [...] tuo riposo»;<br />

«YHWH ha scelto Sion [...] mio riposo»; 9 e 16: «i sacerdoti rivestiti <strong>di</strong> giustizia e i fedeli<br />

che cantano <strong>di</strong> gioia»; vv. 10 e 17s: Davide unto. Da notare che Davide viene menzionato<br />

all’inizio e alla fine <strong>di</strong> ogni sezione. Così <strong>il</strong> salmo presenta due parti parallele, e questo parallelismo<br />

esprime <strong>il</strong> rapporto <strong>dei</strong> temi sv<strong>il</strong>uppati: al giuramento <strong>di</strong> Davide YHWH risponde col<br />

suo giuramento. Tra YHWH e Davide viene stab<strong>il</strong>ita un’alleanza che comporta impegno reciproco.<br />

I proce<strong>di</strong>menti letterari appaiono quin<strong>di</strong> come eccellenti in<strong>di</strong>zi del significato del testo.<br />

8. Il linguaggio simbolico<br />

Occorrerebbe un <strong>libro</strong> intero per stu<strong>di</strong>are <strong>il</strong> linguaggio simbolico <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>sti 39 , tanto è<br />

grande l’importanza dell’elemento simbolico nella poesia del salterio.<br />

Il lettore viene molto presto sedotto dal linguaggio immaginoso ut<strong>il</strong>izzato dai <strong>salmi</strong>. Con<br />

un po’ più <strong>di</strong> attenzione egli osserva che <strong>il</strong> fascino <strong>di</strong> questo linguaggio è dato dall’alternanza,<br />

irregolare, sempre inattesa, della formula realistica che esprime chiaramente la realtà: «Signore,<br />

quanti sono i miei oppressori!», e dall’espressione immaginosa che suggerisce subito qualcosa<br />

al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> questa realtà: «Tu, Signore, scudo che mi circonda, mia gloria! Tu mi sollevi <strong>il</strong><br />

capo» (Sal 3,2.4).<br />

Per quale magia, delle parole <strong>di</strong> tutti i giorni, destinate a in<strong>di</strong>care delle cose quoti<strong>di</strong>ane, <strong>di</strong>ventano<br />

capaci <strong>di</strong> suggerire qualcosa più del quoti<strong>di</strong>ano? Per intravederlo è necessario fare<br />

delle considerazioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne psicologico che vanno al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> questa breve presentazione; se<br />

ne può trovare l’esposizione, molto documentata, nell’opera <strong>di</strong> G<strong>il</strong>bert Durand 40 . Se è permesso<br />

riassumere in poche righe <strong>il</strong> risultato <strong>di</strong> questa ampia ricerca, <strong>di</strong>ciamo che bisogna «cercare<br />

le categorie motivanti <strong>dei</strong> simboli nel comportamento elementare dello psichismo umano». «È<br />

nel campo psicologico che bisogna scoprire i gran<strong>di</strong> assi <strong>di</strong> una classificazione sod<strong>di</strong>sfacente»<br />

<strong>dei</strong> simboli. Questi «gran<strong>di</strong> assi» sono i gesti elementari del corpo, infatti «esiste una stretta<br />

concomitanza tra essi e le rappresentazioni simboliche».<br />

39 Cfr. L. MONLOUBOU, Les Psaumes - le symbole - le corps, in NRTh 102 (1980) 35-42; IDEM, L’immaginaire<br />

des p<strong>salmi</strong>stes. Psaumes et Symboles (LeDiv 101), Le Cerf, Paris 1980.<br />

40 G. DURAND, Le strutture antropologiche dell’immaginario, Bari 1972.


194 Introduzione ai Salmi<br />

Illuminato da queste riflessioni, <strong>il</strong> lettore del salterio è sensib<strong>il</strong>e all’istanza con la quale i<br />

<strong>salmi</strong>sti rinviano a tre atteggiamenti dell’uomo, che corrispondono alle <strong>di</strong>stinzioni <strong>di</strong> G. Durand:<br />

l’uomo in pie<strong>di</strong>, l’uomo seduto, l’uomo in cammino. Si vedano i testi seguenti: Sal 1,1;<br />

26,1.4.11s; 122,1s.5; 139,2s; cfr. anche Sal 65,5; 101,6s...<br />

L’uomo in pie<strong>di</strong> si ritrova, in qualche modo, in tutto ciò che esprime l’altezza: la montagna,<br />

l’uccello, la parola, <strong>il</strong> re, <strong>il</strong> padre; in ciò che esprime la separazione: <strong>il</strong> combattimento, la<br />

purificazione, <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio, <strong>il</strong> fuoco, <strong>il</strong> soffio. Gli animali, l’oscurità, la <strong>di</strong>scesa, la fossa, la polvere,<br />

la rete, rinviano quest’uomo al combattimento <strong>di</strong> tutta la sua vita che egli affronta alzandosi<br />

in pie<strong>di</strong>.<br />

Seduto, l’uomo si <strong>di</strong>spone ad «assim<strong>il</strong>are per fondere nell’unità»: la casa, la città, <strong>il</strong> santuario,<br />

<strong>il</strong> volto, <strong>il</strong> nido, la caverna, la sposa-madre, la coppa, <strong>il</strong> cibo, gli sembrano una proiezione<br />

<strong>di</strong> ciò che egli prova in sé: la sua tendenza a unire, ad assim<strong>il</strong>are... Sedersi per essere con.<br />

Il tema del cammino esprime l’orientamento verso uno scopo; appoggiano questo tema i<br />

verbi: andare, salire, avvicinarsi... alzare gli occhi verso, la mano verso, voltare la faccia verso,<br />

tendere l’orecchio. Questo tema si collega con quello dell’evoluzione, del progresso: <strong>il</strong> <strong>di</strong>venire,<br />

la maturazione, la crescita; esso si esprime nell’immagine del figlio e dell’albero.<br />

Queste considerazioni astratte aiutano a una giusta valutazione della forza suggestiva <strong>di</strong> cui<br />

<strong>di</strong>spongono le immagini <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Queste immagini parlano incontrando le aspirazioni che<br />

sgorgano dal più profondo dell’uomo e mettono <strong>il</strong> messaggio del salmo alla portata del lettore,<br />

lo mostrano in intima comunione con lui.<br />

Allora questo lettore coglie le realtà ineffab<strong>il</strong>i <strong>di</strong> cui gli si parla; ritrova in esse l’ardore delle<br />

proprie lotte, l’unità calorosa che desidera, la sua ostinata progressione verso un avvenire<br />

mai raggiunto. È così che <strong>il</strong> salmo 122 esprime l’azione cultuale attraverso una triplice immagine<br />

simbolica: innanzitutto <strong>il</strong> cammino che porta al santuario; giunto in questo luogo in cui si<br />

percepisce l’unità delle tribù, l’uomo è «seduto», in comunione col suo popolo, con Dio. Ma<br />

arriva la preghiera, cioè l’espressione <strong>di</strong> un desiderio, la tensione verso un obiettivo non ancora<br />

raggiunto. La «seduta» cultuale è solo momentanea; <strong>il</strong> possesso che si è raggiunto è solo un<br />

ald<strong>il</strong>à verso <strong>il</strong> quale bisogna ancora... camminare<br />

Un salmo è un componimento simbolicamente «strutturato», come è simbolicamente strutturato<br />

<strong>il</strong> <strong>di</strong>scorso che questo componimento poetico tiene su Dio. Non ci può essere vera conoscenza<br />

del salterio che non passi attraverso uno stu<strong>di</strong>o strutturale del suo simbolismo.<br />

III. GENERI LETTERARI<br />

«I generi letterari costituiscono la chiave che apre all’intelligenza del salterio, chiave in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e<br />

per penetrare nel pensiero <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>sti. Il genere letterario, infatti, è caratterizzato<br />

da una forma <strong>di</strong> espressione adeguata al contenuto che intende esprimere. È possib<strong>il</strong>e cogliere<br />

l’uno solo attraverso l’altro, <strong>il</strong> contenuto solo attraverso la forma, <strong>il</strong> pensiero del <strong>salmi</strong>sta solo<br />

attraverso <strong>il</strong> suo modo <strong>di</strong> espressione. Non è quin<strong>di</strong> affatto sorprendente che lo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> generi<br />

letterari del salterio abbia dato un nuovo impulso alla comprensione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>» 41 .<br />

1. Il metodo morfocritico <strong>di</strong> H. Gunkel<br />

La storia delle forme, metodo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o legato al nome <strong>di</strong> H. Gunkel (1862-1932), <strong>di</strong>mostrò<br />

la sua effettiva ut<strong>il</strong>ità anche nell’analisi <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Sebbene abbia avuto <strong>dei</strong> precursori, H. Gunkel<br />

fu ritenuto <strong>il</strong> fondatore della «formgeschichtliche Psalmenexegese» 42 . Il suo influsso nello<br />

stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> generi letterari <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> perdura ancora.<br />

La Formgeschichte è un metodo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> testi letterari che si applica a in<strong>di</strong>viduare piccole<br />

unità testuali e a determinare la forma letteraria o genere (Gattung). Tale metodo presuppone<br />

41 E. LIPIÑSKI, Psaumes. I. Formes et genres littéraires, in DBS 9 (1979) 1. Nelle note <strong>di</strong> questo capitolo la<br />

semplice menzione del nome dell’autore rinvia a questo monumentale articolo.<br />

42 Soprattutto con le sue opere: Die Psalmen, Göttingen 4 1926; 5 1968; Einleitung in <strong>di</strong>e Psalmen. Die Gattungen<br />

der religiosen Lyrik Israels, Göttingen 1933; 2 1966 (opera pubblicata postuma ad opera del <strong>di</strong>scepolo Joachim<br />

Begrich; trad. ingl. <strong>di</strong> J. D. Nogalski, Introduction to the Psalms: The Genres of the Religious Lyric of Israel,<br />

Macon, GA, 1998).


Introduzione ai Salmi 195<br />

pure che ogni unità letteraria sia da collegare con un preciso ambiente vitale (Sitz im Leben) che<br />

spiega la nascita <strong>di</strong> quella forma e le sue caratteristiche.<br />

La Formgeschichte presuppone anche una certa fissità ripetib<strong>il</strong>e delle forme letterarie, le<br />

quali <strong>di</strong>ventano così schemi letterari che si adattano a contesti <strong>di</strong>fferenti. Di conseguenza, si<br />

cerca <strong>di</strong> ricostruire la storia delle forme letterarie.<br />

La classificazione <strong>dei</strong> generi letterari proposta da Gunkel resta <strong>il</strong> punto <strong>di</strong> partenza obbligato<br />

per lo stu<strong>di</strong>o morfologico <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Nella nostra esposizione ci rifaremo alla classificazione<br />

gunkeliana, non tanto perché sia in<strong>di</strong>scussa e in<strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>e, ma piuttosto perché tutte le ipotesi<br />

successive <strong>di</strong> numerosi stu<strong>di</strong>osi si fondano sulla fondamentale intuizione gunkeliana.<br />

A Gunkel sono stati mossi giustamente molti r<strong>il</strong>ievi critici circa la sua impostazione f<strong>il</strong>osofica<br />

e teologica (per es. circa <strong>il</strong> suo evoluzionismo storico, <strong>il</strong> deprezzamento del culto esterno che<br />

risente dell’influenza del protestantesimo liberale, l’idea che la pietà in<strong>di</strong>viduale <strong>di</strong>penda e nasca<br />

dal culto pubblico, ecc.). Tali critiche non impe<strong>di</strong>scono <strong>di</strong> riconoscere a Gunkel <strong>il</strong> merito <strong>di</strong><br />

un’analisi preziosa <strong>dei</strong> generi letterari. Egli definisce un genere letterario in base ai seguenti<br />

elementi costitutivi:<br />

– un tema particolare<br />

– uno schema (o struttura) proprio<br />

– proce<strong>di</strong>menti st<strong>il</strong>istici peculiari<br />

– uno specifico Sitz im Leben o contesto vitale.<br />

L’investigazione critica <strong>dei</strong> generi letterari promossa da H. Gunkel si è sv<strong>il</strong>uppata con una<br />

serie innumerevole <strong>di</strong> pubblicazioni che hanno corretto, precisato, ampliato e <strong>di</strong>scusso le ipotesi<br />

iniziali del pioniere dello stu<strong>di</strong>o morfocritico <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Questa immensa opera fa concludere a<br />

uno stu<strong>di</strong>oso come L. Alonso Schökel: «Credo che la catalogazione <strong>dei</strong> generi letterari nel salterio<br />

sia praticamente conclusa, sebbene non dobbiamo escludere possib<strong>il</strong>i sorprese» 43 .<br />

2. I cinque generi letterari principali<br />

Secondo H. Gunkel, i <strong>salmi</strong> sono classificab<strong>il</strong>i in cinque generi letterari principali (inni, suppliche<br />

collettive, <strong>salmi</strong> regali, suppliche in<strong>di</strong>viduali, <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> ringraziamento in<strong>di</strong>viduale) e altri<br />

generi letterari secondari. Diamo una breve descrizione orientativa.<br />

a) Inni 44<br />

L’inno è una preghiera <strong>di</strong> lode <strong>di</strong>sinteressata, tesa non tanto a chiedere, ma a lodare. Questo<br />

genere è particolarmente importante e ben rappresentato nel salterio, tanto che H. Gunkel lo<br />

considerava <strong>il</strong> «genere tipico» della preghiera israelitica anteriore all’es<strong>il</strong>io. L’intera raccolta <strong>dei</strong><br />

<strong>salmi</strong> riceve infatti, nella Bibbia ebraica, <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> t e h<strong>il</strong>lîm, cioè canti <strong>di</strong> lode, sebbene <strong>il</strong> termine<br />

t e h<strong>il</strong>lâ ricorra soltanto nel «titolo» del Sal 145.<br />

Sono classificati come inni i seguenti <strong>salmi</strong>: 8; 19; 29; 33; 65; 67; 68; 96; 98; 100; 103; 104;<br />

105; 111; 113; 114; 117; 135; 136; 145; 146; 147; 148; 149; 150.<br />

A questi si aggiungono altri <strong>salmi</strong>, che alcuni stu<strong>di</strong>osi considerano un genere a parte, mentre<br />

altri li fanno rientrare nel genere degli inni. Si tratta <strong>di</strong> due serie <strong>di</strong> <strong>salmi</strong>:<br />

a) i canti <strong>di</strong> Sion: 46; 48; 76; 84; 87; 122; 45<br />

b) <strong>salmi</strong> regali per YHWH: 47; 93; 96; 97; 98; 99. 46<br />

43 L. ALONSO SCHÖKEL, Trenta Salmi: poesia e preghiera, Bologna 1982, 18.<br />

44 Cfr. A. BARUCQ, L’expression de la louange <strong>di</strong>vine et de la prière dans la Bible et en Egypte, Le Caire<br />

1962; F. CRÜSEMANN, Stu<strong>di</strong>en zur Formgeschichte von Hymnus und Danklied in Israel, Neukirchen-Vluyn<br />

1969; C. WESTERMANN, Das Loben Gottes in den Psalmen, Göttingen 1954 (= Lob und Klage in den Psalmen,<br />

Göttingen 1977, 11-124); IDEM, Der Psalter, Stuttgart 1967 (trad. it.: I Salmi, Torino 1973).<br />

45 Sui canti <strong>di</strong> Sion, cfr. G. WANKE, Die Zionstheologie der Korachiten (BZAW 97), Berlin 1966; S. L.<br />

KELLY, The Zion-Victory Songs: Psalm 46, 48 and 76. A Critical Study of Modern Methods of P<strong>salmi</strong>c Interpretation<br />

(<strong>di</strong>ss.), Vanderb<strong>il</strong>t 1968; S. LACH, Versuch einer neuer Interpretation der Zionshymnen, in Congress Volume<br />

Göttingen 1977 (VTS 29), Leiden 1978, 149-164.<br />

46 Sui <strong>salmi</strong> regali per YHWH, cfr. E. LIPIÑSKI, Les psaumes de la royauté de Yahvé dans l’exégèse moderne,<br />

in R. DE LANGHE (ed.), Le Psautier. Ses origines. Ses problèmes littéraires. Son influence (OBL 4), Louvain


196 Introduzione ai Salmi<br />

STRUTTURA<br />

Il genere innico presenta una struttura molto semplice, i cui elementi formali – che non sempre<br />

ricorrono tutti insieme – sono i seguenti:<br />

– introduzione: or<strong>di</strong>nariamente è un invito alla lode, un’in<strong>di</strong>cazione <strong>dei</strong> gesti da compiere<br />

o degli strumenti da usare;<br />

– corpo: è normalmente introdotto da un kî poiché causale che dà la motivazione della lode.<br />

Si loda YHWH per <strong>il</strong> suo nome, per la sua gloria, per la sua bontà e attività nel creato<br />

e nella storia, ecc.: <strong>il</strong> motivo della lode sta in Dio stesso;<br />

– conclusione: può avere forme <strong>di</strong>fferenti. O riprende l’iniziale invito alla lode con qualche<br />

possib<strong>il</strong>e variazione o contiene un’invocazione a Dio perché ascolti la preghiera.<br />

SITZ IM LEBEN<br />

L’inno è ambientato nel culto. Spesso infatti si fa allusione al tempio (per es. Sal 100,4), al<br />

canto o alla musica (per es. Sal 33,2-3; 68,26-27) o al pellegrinaggio (per es. Sal 122,1-4) e al<br />

rituale liturgico (per es. Sal 81,3-4). La festa liturgica, alla quale partecipa l’assemblea <strong>dei</strong> fedeli,<br />

crea quel clima <strong>di</strong> lode gioiosa alla quale si unisce tutto <strong>il</strong> popolo con <strong>il</strong> grido hal e lu-yah, lodate<br />

YHWH, espressione che ricorre nei <strong>salmi</strong> 106; 111-113; 146; 148; 150. Dal Sitz im Leben<br />

degli inni non sembra che si possa dedurre con certezza la data <strong>di</strong> composizione <strong>di</strong> questi <strong>salmi</strong>.<br />

• Nell’opera citata sopra, C. Westermann <strong>di</strong>stingue tra «<strong>salmi</strong> <strong>di</strong> lode descrittiva», che riguardano<br />

l’essere e l’agire <strong>di</strong> Dio, e i «<strong>salmi</strong> <strong>di</strong> lode informativa», che cantano qualche intervento<br />

particolare <strong>di</strong> Dio nella storia della salvezza. I <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> lode descrittiva sono ambientati<br />

nell’assemblea cultuale; i <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> lode in<strong>di</strong>viduale nell’azione liturgica <strong>di</strong> tôdāh (Sal 66,13-14).<br />

• F. Crüsemann <strong>di</strong>stingue due forme in<strong>di</strong>pendenti del genere innico: la «forma imperativa»,<br />

che consiste in un appello alla lode ed è ambientata nel culto (per es. Es 15,21), e la «forma participiale»,<br />

con la formula conclusiva «YHWH ß e baot è <strong>il</strong> suo nome», la quale ha <strong>il</strong> suo Sitz im<br />

Leben nella polemica contro gli dèi pagani.<br />

b) Suppliche collettive 47<br />

Gunkel ha introdotto <strong>il</strong> termine «lamentazione», ma forse è meglio <strong>di</strong>re «supplica», perché <strong>il</strong><br />

«lamento», ossia l’evocazione della situazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgrazia, non è l’elemento dominante. Infatti<br />

<strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta evoca <strong>il</strong> passato o <strong>il</strong> presente doloroso non per abbandonarsi ad esso con rassegnazione<br />

stoica, ma per protestare e gridare a Dio perché intervenga. Il <strong>salmi</strong>sta non è uno stoico<br />

che soccombe e si sottomette alla sventura, ma prega <strong>il</strong> suo Dio <strong>di</strong> liberarlo. La supplica o domanda<br />

<strong>di</strong> liberazione è dunque l’elemento portante <strong>dei</strong> seguenti <strong>salmi</strong>: 44; (58); 74; 79; 80; 83;<br />

(106); (125).<br />

STRUTTURA<br />

Le suppliche collettive si articolano normalmente in tre momenti:<br />

– introduzione: appello a Dio o al suo nome e un verbo all’imperativo (per es. Sal 44,2;<br />

60,3; 74,1-2); tale appello può essere ampliato e variato;<br />

– corpo: esposizione della con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> dolore, prova, sventura, ecc., del popolo <strong>di</strong> Israele;<br />

su questa esposizione si fonda la supplica e la domanda <strong>di</strong> intervento liberatore <strong>di</strong><br />

1962, 133-272; IDEM, La royauté de Yahvé dans la poésie et le culte de l’ancien Israël, Bruxelles 1965; J. COP-<br />

PENS, La date des psaumes de l’intronisation et de la royauté de Yahvé, in EThL 43 (1967) 192-197; J. H. UL-<br />

RICHSEN, YHWH malak: einige sprachliche Beobachfungen, in VT 27 (1977) 361-374; J. COPPENS, La royauté<br />

de Yahvé dans le psautier, in EThL 53 (1977) 297-362; 54 (1978) 1-59; P. WELTEN, Königsherrschaft Jahwes und<br />

Thronbesteigung. Bemerkungen zu unerle<strong>di</strong>gten Fragen, in VT 32 (1982) 297-310.<br />

47 Cfr. C. WESTERMANN, Struktur und Geschichte der Klage im Alten Testament, in ZAW 66 (1954) 44-80 (=<br />

Forschungen am Alten Testament, München 1964, 266-305); N. LOHFINK, Enthielten <strong>di</strong>e im Alten Testament bezeugten<br />

Klageriten eine Phase des Schaweigens?, in VT 12 (1962) 269-277; H. W. WOLFF, Der Aufruf zur Volksklage,<br />

in ZAW 76 (1964) 48-56; E. GERSTENBERGER, Der Klagende Mensch, in Probleme biblischer Theologie<br />

(ed. H. W. WOLFF), München 1971, 64-72.


Introduzione ai Salmi 197<br />

YHWH, congiunta con la proclamazione della sua potenza e bontà o con l’evocazione<br />

delle gran<strong>di</strong> gesta salvifiche della storia passata;<br />

– conclusione: espressione <strong>di</strong> fiducia o <strong>di</strong> ringraziamento, oppure ripresa dell’appello iniziale<br />

(per es. Sal 74,22-23; 79,12).<br />

Come nelle suppliche in<strong>di</strong>viduali, tre sono gli attori in gioco: <strong>il</strong> noi della comunità, <strong>il</strong> tu <strong>di</strong><br />

Dio cui si fa appello, e l’essi <strong>dei</strong> nemici che insi<strong>di</strong>ano la vita del popolo.<br />

La supplica è spesso espressa nella forma <strong>di</strong> un interrogativo rivolto a Dio: «Perché dormi?»<br />

(Sal 44,24); «Perché nascon<strong>di</strong> <strong>il</strong> tuo volto?» (Sal 44,25); «Fino a quando sarai a<strong>di</strong>rato?» (Sal<br />

79,5; 80,5).<br />

Ricorrono anche rimproveri rivolti a Dio: per es. in Sal 44,10: «Tu ci hai respinti». Sim<strong>il</strong>i toni<br />

e lamenti sono molto affini a quelli che si trovano nel Deuteroisaia.<br />

Altro elemento <strong>di</strong> notevole importanza è l’accusa <strong>dei</strong> nemici, colpevoli <strong>di</strong> tramare e compiere<br />

<strong>il</strong> male contro <strong>il</strong> popolo <strong>di</strong> Dio e <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzare in modo blasfemo sia Dio sia <strong>il</strong> suo popolo.<br />

SITZ IM LEBEN<br />

Secondo H. Gunkel, i <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> questo genere facevano parte del rituale <strong>dei</strong> gran<strong>di</strong> giorni del<br />

ßo\m, o <strong>di</strong>giuno penitenziale celebrato dalla comunità per confessare i propri peccati in caso <strong>di</strong><br />

calamità pubbliche, chiedere perdono e gridare a Dio per ottenere salvezza. Lo stu<strong>di</strong>o citato <strong>di</strong><br />

Wolff ha messo in risalto la formula <strong>di</strong> convocazione alla liturgia pubblica nella quale si recitavano<br />

questi <strong>salmi</strong>, mentre l’articolo <strong>di</strong> N. Lohfink sottolinea l’importanza <strong>dei</strong> momenti <strong>di</strong> s<strong>il</strong>enzio<br />

in questa medesima liturgia. Una ripresa <strong>di</strong> tutti i dati sulla liturgia penitenziale in Israele è<br />

stata compiuta da E. Lipiñski 48 , <strong>il</strong> quale afferma, circa <strong>il</strong> Sitz im Leben: «Le liturgie nazionali <strong>di</strong><br />

penitenza sono tra le forme <strong>di</strong> culto meglio attestate nell’antico Israele. Quando una guerra, una<br />

battaglia perduta, un’epidemia, una siccità prolungata o un cattivo raccolto, un’invasione <strong>di</strong> cavallette<br />

o qualche altra analoga calamità colpivano la nazione, quando una qualsiasi sventura si<br />

prof<strong>il</strong>ava all’orizzonte e minacciava <strong>di</strong> abbattersi sul popolo (cfr. Dt 9,18.25; 1Re 8,33-53; Os<br />

7,14; Gl 1-2; Gio 3,9; Est 4,3; Esd 8,21-23; 2Cr 20,9), le autorità competenti decretavano un<br />

giorno <strong>di</strong> penitenza collettiva» 49 .<br />

c) Salmi regali 50<br />

L’istituzione monarchica, in Israele, non era un fatto puramente politico, ma rivestiva un carattere<br />

sacro. Il re infatti veniva consacrato con l’unzione, me<strong>di</strong>ante la quale gli era concesso lo<br />

«spirito <strong>di</strong> YHWH»; così <strong>il</strong> re era adottato da Dio come «figlio» e <strong>di</strong>ventava <strong>il</strong> suo rappresentante<br />

in terra. Il giorno dell’incoronazione era quin<strong>di</strong> <strong>il</strong> giorno della «nascita» del figlio adottivo <strong>di</strong><br />

YHWH, che riceveva la missione <strong>di</strong> reggere con «giustizia» ß e dāqâ e «<strong>di</strong>ritto» mišpāè 51 .<br />

Sono classificati in questa categoria i seguenti <strong>salmi</strong>: 2; 18; 20; 21; 45; 72; (89,47-52); 101;<br />

110; 132; 144,1-11.<br />

STRUTTURA<br />

Questa serie <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> non presenta una struttura tipica e costantemente ricorrente, cioè non<br />

seguono uno schema fisso. Tuttavia ricorrono <strong>di</strong> frequente alcuni temi ed elementi st<strong>il</strong>istici:<br />

– oracolo: si tratta del Königprotokoll, ossia del decreto <strong>di</strong>vino rivolto al re (per es. Sal<br />

2,7-9; 110,1.34);<br />

– promessa <strong>di</strong>nastica: è ricordata la promessa <strong>di</strong>vina alla <strong>di</strong>nastia davi<strong>di</strong>ca (per es. Sal<br />

20,2-6; 72,1-2; 132,1-2.10);<br />

– supplica per <strong>il</strong> re: si invoca da Dio l’aiuto e la protezione per <strong>il</strong> re.<br />

48<br />

E. LIPIÑSKI, La liturgie pénitentielle dans la Bible, Paris 1969.<br />

49<br />

LIPIÑSKI, 86-87.<br />

50<br />

Cfr. J. BECKER, Die kollektive Deutung der Königspsalmen, in ThPh 52 (1977) 561-578; J. H. EATON,<br />

Kingship and the Psalms, London 1976; S. SPRINGER, Neuinterpretation im Alten Testament. Untersucht an den<br />

Themenkreisen des Herbstfestes und der Königspsalmen in Israel (Stutt. Bihl. Beitr., 5), Stuttgart 1979, 109-190.<br />

51<br />

Cfr. H. CAZELLES, Le Messie de la Bible, Paris 1978 (con la bibliografia a pag. 82ss).


198 Introduzione ai Salmi<br />

SITZ IM LEBEN<br />

Probab<strong>il</strong>mente i <strong>salmi</strong> regali sono stati composti e recitati in occasione dell’intronizzazione<br />

del re, o anche nelle feste annuali, anniversari dell’incoronazione. Ma non abbiamo dati sufficienti<br />

per <strong>di</strong>re con certezza che in Israele si celebravano tali feste annuali. Poiché non è pensab<strong>il</strong>e<br />

datarli all’epoca della monarchia asmonea (sec. I a.C.), Gunkel li colloca al tempo della monarchia<br />

prees<strong>il</strong>ica. Gli stu<strong>di</strong> citati <strong>di</strong> Becker e Springer sostengono che i <strong>salmi</strong> regali hanno subìto<br />

r<strong>il</strong>etture posteriori, soprattutto dopo la fine della monarchia in epoca postes<strong>il</strong>ica. Gli esegeti<br />

francesi A. Robert e R. Tournay, insieme col tedesco A. Deissler, considerano i <strong>salmi</strong> regali, ma<br />

anche la maggior parte <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, <strong>di</strong> epoca postes<strong>il</strong>ica. Essi sarebbero una pura creazione letteraria,<br />

non legati a un re o a una festa in onore del re perché la monarchia non esiste più; avrebbero<br />

lo scopo <strong>di</strong> cantare la speranza nel Messia o re ideale dell’avvenire. Secondo questi autori, i<br />

<strong>salmi</strong> regali sarebbero «messianici» nel senso tra<strong>di</strong>zionale del termine, ossia sarebbero <strong>di</strong>rettamente<br />

riferiti al re ultimo e definitivo del futuro che porterebbe la salvezza <strong>di</strong>vina e instaurerebbe<br />

<strong>il</strong> regno <strong>di</strong> Dio.<br />

d) Suppliche in<strong>di</strong>viduali 52<br />

Come per le suppliche collettive, preferiamo parlare <strong>di</strong> «suppliche» in<strong>di</strong>viduali piuttosto che<br />

<strong>di</strong> «lamentazioni» (Klagelieder). Osserviamo subito che «in<strong>di</strong>viduale» non significa necessariamente<br />

preghiera «personale»: sorge <strong>il</strong> problema dell’«io» che parla in questi <strong>salmi</strong>.<br />

È stato detto che <strong>il</strong> 40% <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> rientra in questa categoria 53 . Dai <strong>salmi</strong>, stando a questo<br />

genere, traspare un’umanità sofferente che, paradossalmente, nell’esperienza dell’abbandono e<br />

dell’assenza <strong>di</strong> Dio fa appello proprio al suo Dio.<br />

Secondo Gunkel, fanno parte delle suppliche o lamentazioni in<strong>di</strong>viduali i <strong>salmi</strong> seguenti: 3;<br />

5; 6; 7; 13; 17; 22; 25; 26; 27,7-14; 28; 31; 35; 38; 39; 42; 43; 51; 54; 55; 56; 57; 59; 61; 63; 64;<br />

69; 70; 71; 86; 88; 102; 109; 120; 130; 140; 141; 142; 143.<br />

STRUTTURA<br />

La «forma» <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> supplica in<strong>di</strong>viduale era già stata delineata nelle opere <strong>di</strong> Gunkel.<br />

Essa si articola in quattro momenti.<br />

– Introduzione-appello: è la parte introduttiva del salmo, che può assumere forme <strong>di</strong>verse.<br />

Spesso la fiducia del <strong>salmi</strong>sta esplode in un «Mio Dio» (per es. Sal 22,2); a volte in frasi<br />

come: «Io <strong>di</strong>co a YHWH: Tu sei <strong>il</strong> mio Dio!» (Sal 140,7; 31,15). In un ambiente politeistico,<br />

l’appello a YHWH quale «mio Dio» equivale a una professione <strong>di</strong> fede jahvista.<br />

– Esposizione del caso: l’orante espone davanti a Dio la sua situazione <strong>di</strong> angoscia, <strong>di</strong> bisogno,<br />

<strong>di</strong> malattia. A volte qui si inserisce la menzione <strong>dei</strong> «nemici» che perseguitano <strong>il</strong><br />

<strong>salmi</strong>sta. È caratteristico <strong>di</strong> questa parte l’interrogativo pressante: «Perché?», o «Fino a<br />

52 Cfr. N. AIROLDI, La consultazione <strong>di</strong>vina nella malattia in Israele, in BeO 16 (1973) 163-172; G. W. AN-<br />

DERSON, «Sicut cervus»: Evidence in the Psalter of Private Devotion in Ancient Israel, in VT 30 (1980) 388-397;<br />

J. BECKER, Wege der Psalmenexegese (SBS 78), Stuttgart 1975, spec. pp. 24-65; W. BEYERLIN, Die Rettung der<br />

Bedrängten in den Feindpsalmen des Einzelnen auf institutionelle Zusammenhänge untersucht (FRLANT 99),<br />

Göttingen 1970; L. DELEKAT, Asyle und Schutzorakel am Zionhe<strong>il</strong>igtum. Eine Untersuchung zu den privaten<br />

Feindpsalmen, Leiden 1967; D. EICHHORN, Gott als Fels, Burg und Zuflucht. Eine Untersuchung zum Gebet des<br />

Mittlers in den Psalmen (Europäische Hochschulschriften XXIII,4), Bern-Frankfurt 1972; G. GERLEMAN, Der<br />

«Einzelne» der Klage– und Dankpsalmen, in VT 32 (1982) 33-49; E. S. GERSTENBERGER, Der Bittende Mensch.<br />

Bittritual und Klagelied des Einzelnen im Alten Testament (WMANT 51), Neukirchen 1980; R. HUBBARD, Dynastic<br />

and Legal Language in the Complaint Psalms (<strong>di</strong>ss.), Claremont 1980; O. KEEL, Feinde und Gottesleugner<br />

(SBM 7), Stuttgart 1969; I. LJUNG, Tra<strong>di</strong>tion und Interpretation. A Study of the Use and Application of Formulaic<br />

Language in the so-called Ebed YHWH-Psalms (CB.OT 12), Lund 1978; L. RUPPERT, Der leidende Gerechte<br />

(FzB 5), Würzburg 1972; K. SEYBOLD, Das Gebet des Kranken im Alten Testament. Untersuchungen zur Bestimmung<br />

und Zuordnung der Krankheits- und He<strong>il</strong>ungspsalmen (BWANT 99), Stuttgart 1973.<br />

53 Cfr. O. FUCHS, Die Klage als Gebet. Eine theologische Besinnung am Beispiel des Psalms 22, München<br />

1982.


Introduzione ai Salmi 199<br />

quando?». L’esposizione del proprio caso può essere brevissima, anche un solo cenno<br />

(come in Sal 54,5). Normalmente questa parte è introdotta da un kî, poiché; infatti essa<br />

fornisce la motivazione della supplica.<br />

– Supplica: ricorre qui la fraseologia tipica <strong>di</strong> questi <strong>salmi</strong>: ascoltami, ascolta la mia voce,<br />

porgi l’orecchio alle mie parole, non nascondermi <strong>il</strong> tuo volto, svegliati, sorgi, affrettati,<br />

non tardare, salva la mia vita dai nemici ecc. Talora s’aggiunge anche l’invocazione del<br />

perdono <strong>dei</strong> peccati. Notevole è l’imprecazione contro i nemici (cfr. Sal 69,23-29; 70,3-<br />

4; 109,6-20).<br />

Il <strong>salmi</strong>sta fa appello alla misericor<strong>di</strong>a, fedeltà, giustizia <strong>di</strong> Dio e fonda la sua richiesta<br />

sulla sua fiducia e sulla debolezza umana bisognosa <strong>di</strong> aiuto <strong>di</strong>vino.<br />

– Certezza <strong>di</strong> esau<strong>di</strong>mento e ringraziamento: normalmente <strong>il</strong> salmo si conclude con la certezza<br />

che Dio ha ascoltato la supplica. Il <strong>salmi</strong>sta anticipa <strong>il</strong> futuro e si vede già nell’atto<br />

<strong>di</strong> sciogliere <strong>il</strong> suo voto <strong>di</strong> ringraziamento nel tempio me<strong>di</strong>ante un sacrificio (cfr. Sal<br />

22,24-25; 54,8-9) o un canto <strong>di</strong> lode riconoscente.<br />

L’attenzione degli stu<strong>di</strong>osi si è puntata sull’improvviso cambiamento che avviene, in questi<br />

<strong>salmi</strong>, tra <strong>il</strong> momento della supplica e quello del ringraziamento gioioso. Come spiegare tale<br />

mutamento <strong>di</strong> tono e <strong>di</strong> atmosfera? Che cosa è intervenuto perché <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta passi dal «lamento»<br />

alla «lode»? Diversi sono stati i tentativi <strong>di</strong> risposta 54 .<br />

a) Una prima opinione nega che esista un problema, in quanto attribuisce al «ringraziamento»<br />

la funzione <strong>di</strong> esprimere la certezza dell’esau<strong>di</strong>mento e <strong>il</strong> voto <strong>di</strong> ringraziamento.<br />

b) Una seconda ipotesi ritiene che, anche se breve, l’espressione <strong>di</strong> ringraziamento è talmente<br />

decisiva che si deve parlare <strong>di</strong> «<strong>salmi</strong> <strong>di</strong> ringraziamento» piuttosto che <strong>di</strong> «<strong>salmi</strong> <strong>di</strong> supplica».<br />

Il lamento non è l’elemento caratterizzante; esso ha carattere <strong>di</strong> professione <strong>di</strong> fede e viene ricapitolato<br />

nel ringraziamento.<br />

c) Una terza opinione <strong>di</strong>stingue due <strong>di</strong>stinte preghiere con <strong>di</strong>fferenti Sitz im Leben. Supplica<br />

e ringraziamento sono come due preghiere separate, poi messe in relazione l’una con l’altra.<br />

d) Una quarta posizione cerca <strong>di</strong> spiegare <strong>il</strong> «cambiamento d’atmosfera» all’interno del salmo:<br />

tra la supplica e <strong>il</strong> ringraziamento si deve collocare un avvenimento che dà ragione del<br />

cambiamento, ossia un oracolo sacerdotale. L’orante immerso nel lamento e nella supplica ha<br />

ricevuto dal sacerdote una risposta favorevole alle sue richieste, perciò ora si effonde con gratitu<strong>di</strong>ne<br />

nel ringraziamento. Questo evento che muta la situazione è per altri una teofania cultuale<br />

nella festa dell’alleanza, oppure <strong>il</strong> segno dell’accettazione del sacrificio.<br />

Queste <strong>di</strong>verse ipotesi non sembrano sod<strong>di</strong>sfacenti, soprattutto non sembrano fondarsi su<br />

elementi obiettivi presenti nelle suppliche in<strong>di</strong>viduali. Perciò mi sembra accettab<strong>il</strong>e la conclusione<br />

<strong>di</strong> Becker: «Invero <strong>il</strong> cosiddetto “canto <strong>di</strong> ringraziamento” (Danklied), che è annesso alla<br />

lamentazione, sembra avere per lo più soltanto la funzione <strong>di</strong> un voto <strong>di</strong> ringraziamento<br />

(Dankgelübdes) ed esprime la certezza dell’esau<strong>di</strong>mento» 55 .<br />

SITZ IM LEBEN<br />

Secondo Gunkel l’ambiente delle suppliche è quello del culto, come apparirebbe dal voto <strong>di</strong><br />

ringraziamento e da cenni al rituale cultico (per es. Sal 51,9). A. Weiser, nel suo commentario,<br />

suppone che questi <strong>salmi</strong> fossero usati nella festa annuale dell’alleanza. Ma, come aveva notato<br />

lo stesso Gunkel, alcuni <strong>di</strong> questi <strong>salmi</strong> non hanno riferimento al culto. Delekat, nell’opera citata<br />

sopra, propone <strong>di</strong> vedere le suppliche in<strong>di</strong>viduali come preghiere <strong>di</strong> gente che cerca protezione<br />

da cre<strong>di</strong>tori e nemici personali rifugiandosi in un tempio, sulle cui pareti scrive le proprie<br />

preghiere. Tali <strong>salmi</strong> sarebbero allora paragonab<strong>il</strong>i a «tavolette» o iscrizioni votive <strong>dei</strong> nostri<br />

santuari mete <strong>di</strong> pellegrinaggi. La tesi <strong>di</strong> Delekat, globalmente presa, sembra esagerare e in-<br />

54<br />

Una sintetica rassegna <strong>di</strong> opinioni si trova in J. BECKER, Wege der Psalmenexegese (SBS 78), Stuttgart 1975,<br />

59-65.<br />

55<br />

BECKER, Wege der Psalmenexegese, 65


200 Introduzione ai Salmi<br />

gran<strong>di</strong>re qualche piccolo elemento su cui potrebbe forse appoggiarsi e soprattutto immaginare,<br />

con molta fantasia, situazioni dove <strong>il</strong> testo non dà informazione alcuna.<br />

E. S. Gerstenberger ha proposto invece <strong>di</strong> considerare i <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> supplica in<strong>di</strong>viduale come<br />

opera <strong>di</strong> scrittori professionisti esperti del culto (o personale addetto al tempio, o uomini <strong>di</strong> Dio,<br />

o profeti) ai quali si ricorreva in caso <strong>di</strong> malattia (cfr. <strong>il</strong> caso narrato in 1Re 14,1-18 e 2Re 8,7-<br />

15). Questi <strong>salmi</strong> così intesi sarebbero da spiegarsi con parallele preghiere bab<strong>il</strong>onesi. Il Sitz im<br />

Leben delle suppliche in<strong>di</strong>viduali sarebbe da cercarsi nella liturgia privata ma spiritualmente<br />

orientata al tempio.<br />

K. Seybold <strong>di</strong>stingue tra <strong>salmi</strong> «privati» <strong>di</strong> malati (Krankenpsalmen) che chiedono la guarigione<br />

e <strong>salmi</strong> recitati in una situazione cultuale (He<strong>il</strong>ungspsalm), cioè <strong>di</strong> preghiere recitate da<br />

uomini trascinati <strong>di</strong>nanzi al tribunale sacro del tempio.<br />

L’«IO» DELLE SUPPLICHE<br />

Chi è l’io che si esprime nelle suppliche in<strong>di</strong>viduali? È un problema antico. La soluzione,<br />

che potremmo definire «classica», è quella <strong>di</strong> E. Balla 56 , <strong>il</strong> quale sostiene che questi <strong>salmi</strong> sono<br />

espressione <strong>dei</strong> sentimenti personali <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui colpiti da sventura. E questa opinione fu accolta<br />

dalla maggioranza degli esegeti 57 . Gunkel ha ripreso questa spiegazione, annotando che le<br />

immagini evocanti un pericolo mortale non vanno intese alla lettera: sono descrizioni immaginose<br />

<strong>di</strong> un’opposizione sociale e religiosa subìta da persone del popolo che si scontrano con i<br />

ricchi <strong>di</strong>rigenti, complici <strong>dei</strong> pagani.<br />

Un’altra ipotesi, ritenuta da S. Mowinckel, D. Eichhorn e J. H. Eaton, sostiene che le suppliche<br />

in<strong>di</strong>viduali sono preghiere recitate dal re (cfr. per es. Sal 18; 89; 101; 144). I nemici, in tal<br />

caso, sarebbero i nemici della nazione. Il re parla a nome <strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> popolo. G. Gerleman,<br />

nell’articolo citato, ha proposto <strong>di</strong> intendere l’«io» non come in<strong>di</strong>cante <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta, ma come l’io<br />

del re Davide in bocca al quale <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta mette <strong>il</strong> salmo.<br />

Altri (come R. Smend e H.-J. Kraus) sostengono un’interpretazione collettiva. Questi <strong>salmi</strong><br />

<strong>di</strong> supplica sarebbero composizioni dell’epoca postes<strong>il</strong>ica, e l’io <strong>di</strong> tali preghiere sarebbe <strong>il</strong> rappresentante<br />

della comunità, <strong>il</strong> «tipo» del credente. Questa posizione si avvicina a quella <strong>di</strong> Becker,<br />

<strong>il</strong> quale propone <strong>di</strong> considerare i <strong>salmi</strong> attuali quale frutto <strong>di</strong> una r<strong>il</strong>ettura-reinterpretazione<br />

collettiva.<br />

e) Salmi <strong>di</strong> ringraziamento in<strong>di</strong>viduale 58<br />

Si tratta <strong>di</strong> preghiere che esprimono la riconoscenza gioiosa <strong>di</strong> chi è stato esau<strong>di</strong>to; esse formano<br />

<strong>il</strong> «pendant» <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> supplica. La questione dell’«io» <strong>di</strong> questi <strong>salmi</strong> si pone nello<br />

stesso modo che per le suppliche in<strong>di</strong>viduali.<br />

Secondo Gunkel, appartengono a questo genere i seguenti <strong>salmi</strong>: 18; 30; 32; 34; 40,2-12; 41;<br />

66; 92; (100); (107); 116; 118; 138.<br />

STRUTTURA<br />

Gli elementi essenziali nei quali si articola questo genere <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> sono:<br />

– introduzione: viene enunciata la volontà e l’opportunità <strong>di</strong> ringraziare Dio (cfr. per es.<br />

Sal 138,2).<br />

– corpo: <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta ricorda <strong>il</strong> pericolo, la malattia o la sventura da cui è stato liberato, e<br />

così dà ragione del suo ringraziamento. Tipico è l’uso della forma verbale ’ôde\h, che<br />

56 E. BALLA, Das Ich der Psalmen, Göttingen 1912.<br />

57 Cfr. LIPIÑSKI, 35ss.<br />

58 Cfr. F. CRÜSEMANN, Stu<strong>di</strong>en zur Formgeschichte von Hymnus und Danklied in Israel (WMANT 32), Neukirchen<br />

1969; E. LIPIÑSKI, Les Psaumes d’action de grâces in<strong>di</strong>viduelle, in REcL 53 (1967) 348-366; IDEM, Psaumes,<br />

in DBS 9 (1979) 72-86; F. MAND, Die Eigenstän<strong>di</strong>gkeit der Danklieder des Psalters als Bekenntnislieder, in<br />

ZAW 70 (1958) 185-199.


Introduzione ai Salmi 201<br />

viene resa con «ringrazio», oppure con «confesso» (sottintendendo la «bontà <strong>di</strong> Dio»), o<br />

anche con «offro».<br />

– conclusione: non tutti i <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> questo genere hanno una «finale» vera e propria, <strong>di</strong>stinta<br />

dal «corpo». Si tratta <strong>di</strong> una lode conclusiva (per es. Sal 32,11; 138,8).<br />

SITZ IM LEBEN<br />

Gunkel ha ipotizzato che questi <strong>salmi</strong> fossero recitati nel corso <strong>di</strong> una cerimonia liturgica,<br />

nella quale <strong>il</strong> «graziato» scioglieva <strong>il</strong> voto fatto e offriva un sacrificio <strong>di</strong> ringraziamento nel<br />

tempio. Ma non tutti i <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> ringraziamento fanno riferimento a un sacrificio e quin<strong>di</strong> a un<br />

contesto cultuale-liturgico.<br />

3. I generi letterari secondari<br />

Accanto ai cinque generi letterari principali, Gunkel ha posto gli altri generi. Sono definiti<br />

«secondari» perché raggruppano un numero più ridotto <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> e sono un po’ una mescolanza<br />

<strong>di</strong> vari generi; infine, perché questi generi sarebbero tar<strong>di</strong>vi.<br />

La valutazione <strong>di</strong> Gunkel riguardo ai <strong>salmi</strong> che ora pren<strong>di</strong>amo in considerazione è molto <strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>e<br />

e si presta a molte critiche. Tuttavia manteniamo, per motivi <strong>di</strong>dattici e storici, la <strong>di</strong>stinzione<br />

proposta da Gunkel, accennando, come abbiamo già fatto, ad altre opinioni.<br />

a) Salmi <strong>di</strong> pellegrinaggio 59<br />

Secondo Gunkel, a questa categoria appartengono soltanto i <strong>salmi</strong> 84 e 122, ma altri stu<strong>di</strong>osi<br />

considerano <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> pellegrinaggio tutto <strong>il</strong> complesso <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> dal 120 al 134. In ebraico tali<br />

<strong>salmi</strong> sono detti «canti delle ascensioni» šîr hamma’a¨lôt, titolo che comprende i Sal 120-134.<br />

STRUTTURA<br />

A gran<strong>di</strong> linee la loro struttura comprende:<br />

– esclamazione iniziale <strong>di</strong> gioia o <strong>di</strong> meraviglia (per es. Sal 84; 91; 122);<br />

– scambio <strong>di</strong> saluti tra pellegrino e leviti (o sacerdoti) (per es. Sal 84,5-6);<br />

– catechesi della porta: prima <strong>di</strong> lasciar entrare i pellegrini nel tempio si faceva una breve<br />

catechesi con l’<strong>il</strong>lustrazione delle con<strong>di</strong>zioni richieste da Dio (per es. Sal 84,12; 122,4-5);<br />

– preghiera <strong>dei</strong> pellegrini per la città santa che li riceve (per es. Sal 84,9-10 e 122,6-9);<br />

– formula <strong>di</strong> accoglienza degli abitanti <strong>di</strong> Gerusalemme (per es. Sal 84,13).<br />

Questa struttura tuttavia non si verifica sempre con tutti questi elementi.<br />

SITZ IM LEBEN<br />

È fac<strong>il</strong>e immaginare che questi <strong>salmi</strong> venivano recitati in occasione delle gran<strong>di</strong> feste giudaiche<br />

(Pasqua e Azzimi, festa delle Settimane e delle Tende). Tali feste sono designate con <strong>il</strong> termine<br />

ebraico ˙ag, che significa «festa <strong>di</strong> pellegrinaggio», comprendente la salita al tempio <strong>di</strong><br />

Gerusalemme.<br />

Un problema a parte riguarda i cosiddetti «<strong>salmi</strong> delle ascensioni». Secondo qualcuno, si<br />

tratta del ritorno a Gerusalemme dopo l’es<strong>il</strong>io. Per G. Castellino si tratta <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> cantati nel<br />

primo giorno della festa delle Tende. Altri, infine, intendono «ascensione» la salita del pellegrino<br />

verso <strong>il</strong> tempio <strong>di</strong> Gerusalemme. Si tratta <strong>di</strong> un complesso omogeneo? E. Beaucamp lo afferma<br />

con decisione; mentre K. Seybold sostiene che si tratta <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> <strong>di</strong>fferenti raggruppati insieme<br />

sotto <strong>il</strong> segno della «ascensione», ma in realtà in<strong>di</strong>pendenti. Questo elemento comune sarebbe<br />

allora frutto <strong>di</strong> una reinterpretazione <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> che sv<strong>il</strong>uppano temi e motivi svariati, ma<br />

unificati da uno o più redattori finali.<br />

59 Cfr. M. MANNATI, Les psaumes graduels constituent-<strong>il</strong>s un genre littéraire <strong>di</strong>stinct à l’intérieur du psautier<br />

biblique?, in Sem 29 (1979) 85-100; K. SEYBOLD, Die Wallfahrtpsalmen. Stu<strong>di</strong>en zur Entstehungsgeschichte von<br />

Psalm 120-134, Neukirchen 1978; IDEM, Die Redaktion der Wallfahrtpsalmen, in ZAW 91 (1979) 247-268.


202 Introduzione ai Salmi<br />

b) Salmi sapienziali 60<br />

Molti stu<strong>di</strong>osi hanno intravisto «spirito» e st<strong>il</strong>e sapienziale in un certo numero <strong>di</strong> <strong>salmi</strong>. Criteri<br />

letterari (per es. la forma proverbiale) o tematici (per es. <strong>il</strong> tema della retribuzione) aiutano a<br />

in<strong>di</strong>viduare questo genere <strong>di</strong> <strong>salmi</strong>. Tuttavia c’è molta varietà <strong>di</strong> opinioni.<br />

Secondo Gunkel, appartengono a questo genere i seguenti <strong>salmi</strong>: 1; 37; 49; 73; 91; 112; 127;<br />

128; 133. Lo stesso Gunkel non ne ha precisato meglio la forma letteraria. Infatti, come nota<br />

Sabourin, la struttura letteraria <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> sapienziali non obbe<strong>di</strong>sce a uno schema determinato.<br />

Così pure per <strong>il</strong> Sitz im Leben possiamo <strong>di</strong>re che questi <strong>salmi</strong> hanno avuto origine nell’ambito<br />

dell’insegnamento sapienziale, ma non è possib<strong>il</strong>e precisare maggiormente.<br />

c) Salmi <strong>di</strong> ringraziamento nazionale 61<br />

Gunkel colloca in questa categoria i <strong>salmi</strong> 66,8-12; 67; 124; 129.<br />

STRUTTURA<br />

Questo genere <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> è così strutturato:<br />

– introduzione: si tratta <strong>di</strong> un invito a lodare YHWH;<br />

– corpo: in questa parte si ha un racconto delle opere salvifiche <strong>di</strong> Dio a favore del suo popolo;<br />

– conclusione: normalmente, come negli inni, si riprende <strong>il</strong> tema iniziale.<br />

DIBATTITO ATTUALE<br />

Gli stu<strong>di</strong> recenti <strong>di</strong> Crüsemann e <strong>di</strong> Mand, citati sopra, mettono in dubbio l’esistenza <strong>di</strong> questo<br />

genere <strong>di</strong> <strong>salmi</strong>, poiché mancano elementi formali comuni. Il Sitz im Leben, per chi ammette<br />

l’esistenza <strong>di</strong> questo genere, sarebbe una cerimonia liturgica nel tempio.<br />

d) Salmi profetici 62<br />

Gunkel non usa l’espressione «<strong>salmi</strong> profetici», tuttavia ammette che ci sono <strong>salmi</strong> «influenzati<br />

dal profetismo». Anche R. Tournay – R. Schwab osservano: «I <strong>salmi</strong>sti, <strong>dei</strong> quali si <strong>di</strong>ce che<br />

profetizzano (1Cr 25,1; 2Cr 20,14), sfruttano a fondo gli scritti <strong>dei</strong> profeti, soprattutto Isaia, e<br />

ne imitano lo st<strong>il</strong>e (esortazioni, promesse, minacce), senza tuttavia abbandonare la maniera <strong>di</strong>dattica»<br />

63 .<br />

Il carattere e l’influenza profetica si presenta in forme <strong>di</strong>verse, e lo stesso Gunkel usa denominazioni<br />

<strong>di</strong>fferenti per i seguenti <strong>salmi</strong>, che collochiamo tutti insieme sotto l’ombrello profetico:<br />

9,6-13.16ss; 14; 46; 47; 48; 50; 53; 68; 75; 76; 81,6c-11; 82; 85; 93; 96,10-13; 97; 98; 99;<br />

126; 149. Alcuni <strong>di</strong> questi <strong>salmi</strong> sono anche detti «requisitorie sulla rottura dell’alleanza», e si<br />

aggiungono i <strong>salmi</strong> 78; 81; 95,8-11 e 105.<br />

60 Cfr. S. MOWINCKEL, Psalms and Wisdom, in Wisdom in Israel and in the Ancient Near East (VTS 3), Leiden<br />

1955, 205-224; R. E. MURPHY, A Consideration of the Classification «Wisdom Psalms», in Congress Volume<br />

Bonn 1962 (VTS 9), Leiden 1963, 156-167; L. SABOURIN, Un classement littéraire des psaumes, in ScEc 16<br />

(1964) 23-58, spec. 51-53; J. K. KUNTZ, The canonical Wisdom Psalms of Ancient Israel, in Rhetorical Criticism.<br />

Fs. J. Mu<strong>il</strong>enburg, Pitsburg 1974, 186-222; IDEM, The retribution motif in P<strong>salmi</strong>c Wisdom, in ZAW 89 (1977)<br />

223-233; J. LUYTEN, Psalms 73 and Wisdom, in M. GILBERT (ed.), La Sagesse de l’Ancien Testament, Leuven<br />

1979, 59-81; J. P. M. VAN DER PLOEG, Le Psaume 119 et la sagesse, in La Sagesse de l’Ancien Testament, 82-87.<br />

61 Cfr. F. CRÜSEMANN, Stu<strong>di</strong>en zur Formgeschichte von Hymnus und Danklied in Israel (WMANT 32), Neukirchen-Vluyn<br />

1969, 155-209; F. MAND, Die Eigenstän<strong>di</strong>gkeit der Danklieder des Psalters als Bekenntnislieder, in<br />

ZAW 70 (1958) 185-199.<br />

62 Cfr. J. HARVEY, Le «Rib-Pattern», réquisitoire prophétique sur la rupture de l’alliance, in Bib 43 (1962)<br />

172-196; IDEM, Le plaidoyer prophétique contre Israël après la rupture de l’alliance. Étude d’une formule littéraire<br />

de l’Ancien Testament, Bruges 1967, 49-53 (riguardo al Sal 50); M. MANNATI, Le Psaume 50 est-<strong>il</strong> un rib?,<br />

in Sem 23 (1973) 27-50.<br />

63 R. TOURNAY – R. SCHWAB, Les Psaumes, Paris 1951, 27.


Introduzione ai Salmi 203<br />

Tra questi sono isolati, da alcuni, i cosiddetti <strong>salmi</strong> o canti <strong>di</strong> Sion (46; 48; 76; 84; 87; 122;<br />

132, secondo H. Gunkel). Una questione <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e è tentare <strong>di</strong> datare tali <strong>salmi</strong> e chiarire se esistesse<br />

in Israele la cosiddetta «tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Sion» legata alla dottrina sulla inviolab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> Gerusalemme,<br />

oppure se questi <strong>salmi</strong> non siano che una espressione dell’ideologia regale <strong>di</strong> Gerusalemme<br />

64 .<br />

A mio avviso, questi <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> Sion sono inni che esprimono la speranza <strong>di</strong> Israele in un regno<br />

<strong>di</strong> pace e giustizia collegato con la <strong>di</strong>nastia davi<strong>di</strong>ca. Essi riflettono quin<strong>di</strong> l’ideologia regale,<br />

che era <strong>di</strong>ffusa in Israele prima <strong>dei</strong> gran<strong>di</strong> profeti prees<strong>il</strong>ici 65 .<br />

e) Salmi <strong>di</strong> fiducia<br />

Si tratta <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> che Gunkel collegava con le suppliche in<strong>di</strong>viduali: 4; 11; 16; 23; 27,1-6; 62;<br />

131. In realtà è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e parlare <strong>di</strong> un genere a sé stante, dati gli imprecisi contorni formali <strong>di</strong><br />

questi <strong>salmi</strong>. La denominazione «<strong>salmi</strong> <strong>di</strong> fiducia» non determina che lo stato d’animo<br />

dell’orante.<br />

f) Liturgia della porta<br />

In questa categoria possiamo collocare soltanto Sal 15; 24,3-6. Sono preghiere che riflettono<br />

un cerimoniale celebrato prima dell’ingresso nel tempio. Sulla porta <strong>il</strong> pellegrino viene interrogato<br />

dal sacerdote, e solo dopo aver risposto esattamente alle domande e aver <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> conoscere<br />

le «con<strong>di</strong>zioni» necessarie, può essere ammesso alla preghiera nel tempio.<br />

g) Salmi misti<br />

Gunkel ammette una serie <strong>di</strong> «<strong>salmi</strong> misti», nei quali si trovano elementi <strong>di</strong> vari generi: 104<br />

(inno e ringraziamento); 19; 33; 90; 139 (inno e supplica); 129 (ringraziamento e supplica); 9;<br />

10; 94 (supplica collettiva e salmo sapienziale); 119 (quasi tutti i generi).<br />

h) Salmi collegati con la liturgia<br />

Alcuni <strong>salmi</strong> sono da collegarsi con cerimonie liturgiche particolari: 134 (liturgia della sera);<br />

24,7-10; 132 (liturgia in onore dell’arca); 66 e 118 (<strong>di</strong>alogo liturgico tra <strong>il</strong> coro e un solista); 12;<br />

60; 85; 121 (supplica e oracolo sacerdotale nel tempio).<br />

i) Salmi alfabetici<br />

Nel salterio ci sono otto <strong>salmi</strong> acrostici alfabetici: 9/10; 25; 34; 37; 111; 112; 119; 145. Gunkel<br />

non parla <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> alfabetici, ma la questione è stata ripresa dagli stu<strong>di</strong>osi con <strong>di</strong>fferenti prese<br />

<strong>di</strong> posizione. A mio parere, non si può sostenere un genere «alfabetico», perché l’acrostico<br />

alfabetico è un proce<strong>di</strong>mento st<strong>il</strong>istico che da solo non può costituire un genere.<br />

4. Valutazione critica sullo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> generi<br />

Lo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> secondo <strong>il</strong> loro genere letterario domina tutta la letteratura esegetica moderna.<br />

Il metodo inaugurato da H. Gunkel è stato affinato e approfon<strong>di</strong>to con innumerevoli opere.<br />

Nessun commentario moderno trascura la classificazione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> secondo i generi o «famiglie».<br />

È molto <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e <strong>di</strong>re qualcosa <strong>di</strong> nuovo sulla classificazione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Tuttavia non<br />

c’è affatto accordo tra gli stu<strong>di</strong>osi, e gli accenni fatti nell’esposizione precedente bastano a far<br />

intravedere una molteplicità <strong>di</strong> opinioni <strong>di</strong>fferenti. Alcuni <strong>salmi</strong> vengono fatti passare, a seconda<br />

degli autori, da una «famiglia» all’altra; altri sono orfani e vengono «adottati» da una famiglia<br />

maggiore; altri ancora sono isolati e sperduti. I generi in<strong>di</strong>viduati da Gunkel sono stati <strong>di</strong>visi,<br />

spezzati e moltiplicati. Tutto ciò fa sorgere l’interrogativo: basta catalogare i <strong>salmi</strong> per farne una<br />

64<br />

Cfr. WANKE, Die Zionstheologie (attribuisce questi <strong>salmi</strong> a un tardo periodo postes<strong>il</strong>ico); R. E. CLEMENTS,<br />

Isaiah and the Deliverance of Jerusalem, Sheffield 1980, 72-89.<br />

65<br />

Sui <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> Sion, cfr. la bibliografia in<strong>di</strong>cata in LIPIÑSKI, Psaumes, 23-32.


204 Introduzione ai Salmi<br />

vera esegesi? In effetti <strong>il</strong> metodo della storia delle forme va ri<strong>di</strong>mensionato, pur riconoscendo<br />

tutta la necessità e l’ut<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> un tale tipo <strong>di</strong> approccio al testo. Ma non è l’unico.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o morfocritico in<strong>di</strong>vidua soltanto gli elementi costanti, tipici e ripetib<strong>il</strong>i. Ma<br />

l’autentica composizione poetica è una realtà concreta, in<strong>di</strong>vidua e originale. D’altra parte, per<br />

molti generi letterari la Formgeschichte non ha assegnato se non uno schema generico (introduzione,<br />

corpo, conclusione), del quale occorre ammettere anche numerose eccezioni. Così, per<br />

esempio, nessuno degli inni in<strong>di</strong>viduati da Gunkel corrisponde perfettamente alla struttura tipica<br />

<strong>di</strong> questo genere; d’altronde in essi <strong>il</strong> Gunkel vede un caso esemplare per l’applicazione del genere<br />

letterario.<br />

La linguistica moderna, in modo particolare lo strutturalismo nelle sue varie espressioni, in<strong>di</strong>ca<br />

altre piste <strong>di</strong> ricerca per cogliere la «struttura» <strong>di</strong> un’opera poetica. Lo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> generi fa<br />

uscire dal salmo per confrontarlo con gli altri e scoprire gli elementi tipici e ripetib<strong>il</strong>i; lo stu<strong>di</strong>o<br />

«strutturale» fa rimanere entro <strong>il</strong> salmo per coglierne le peculiarità originali e irripetib<strong>il</strong>i.<br />

Anche <strong>il</strong> problema del Sitz im Leben o ra<strong>di</strong>camento sociale <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> si scontra con i limiti<br />

del metodo morfocritico. La storia delle forme, infatti, cerca <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare delle situazioni vitali<br />

che possono rendere conto delle caratteristiche <strong>dei</strong> vari generi. E ciò può risultare plausib<strong>il</strong>e nel<br />

caso <strong>di</strong> certi <strong>salmi</strong>, per es. i <strong>salmi</strong> regali legati all’intronizzazione del re. Ma per molti <strong>salmi</strong> resta<br />

<strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e ipotizzare un Sitz im Leben convincente, se non ricorrendo alla generica «situazione»<br />

del culto o della sventura/malattia, ecc.<br />

a) Recenti tentativi <strong>di</strong> classificazione<br />

Senza rinnegare la grande ut<strong>il</strong>ità e <strong>il</strong> ricchissimo contributo portato dalla Formgeschichte,<br />

due autori hanno recentemente proposto un tentativo <strong>di</strong> ripensamento della classificazione <strong>dei</strong><br />

<strong>salmi</strong>.<br />

W. BRUEGGEMANN 66<br />

Questo stu<strong>di</strong>oso parte dalla costatazione ovvia che non sempre la forma <strong>di</strong> un testo letterario<br />

corrisponde alla stessa intenzionalità. Da questa osservazione, Brueggemann deduce che le<br />

«classi» o generi <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> in<strong>di</strong>viduati dalla Formgeschichte hanno un valore puramente formale.<br />

Per comprendere i <strong>salmi</strong>, occorre interrogarli circa la loro intenzionalità. E l’A. ricorre, a questo<br />

scopo, alla f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> P. Ricoeur. Egli <strong>di</strong>stingue tre momenti della vita <strong>di</strong> fede, ai quali corrispondono<br />

tre «categorie» fondamentali <strong>di</strong> <strong>salmi</strong>.<br />

a) Salmi <strong>di</strong> orientamento: sono quelli caratterizzati da una fede serena, «orientata»; non ci<br />

sono tensioni, si sperimenta un senso <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne, <strong>di</strong> bontà e <strong>di</strong> gioia <strong>di</strong> vivere. A questo gruppo<br />

appartengono i <strong>salmi</strong> che cantano la creazione, come Sal 104,27-28: «Tutti da te aspettano che<br />

tu <strong>di</strong>a loro <strong>il</strong> cibo in tempo opportuno. Tu lo provve<strong>di</strong>, essi lo raccolgono, tu apri la mano, si saziano<br />

<strong>di</strong> beni». Rientrano in questa famiglia i <strong>salmi</strong> che trattano della retribuzione, in quanto<br />

legge che garantisce un or<strong>di</strong>ne coerente nel sistema dell’universo (cfr. Sal 1; 119). Questi due<br />

gruppi si collegano con la tra<strong>di</strong>zione sapienziale che sa molto apprezzare i beni della vita. Così<br />

<strong>il</strong> Sal 37 riflette un sapienziale equ<strong>il</strong>ibrio acritico e in<strong>di</strong>sturbato, dove tutto va a posto. Così <strong>il</strong><br />

Sal 145 è un canto alla Provvidenza <strong>di</strong>vina quale garante dell’or<strong>di</strong>ne cosmico. In questo contesto<br />

<strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne e benessere rientrano i <strong>salmi</strong> sulla creazione, sulla retribuzione, sulla bene<strong>di</strong>zione,<br />

gli inni e i canti delle ascensioni.<br />

b) Salmi <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazione: sono quelli nei quali si riflette la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un sereno orientamento<br />

precedente. L’orante vive una profonda r<strong>il</strong>uttanza a rassegnarsi alla per<strong>di</strong>ta del benessere e<br />

dell’equ<strong>il</strong>ibrio: reagisce e protesta. Rientrano in questa categoria i <strong>salmi</strong> chiamati «lamentazioni»;<br />

in realtà sono una protesta e non una rassegnazione.<br />

La «supplica» proviene dalla convinzione che YHWH possa e debba intervenire per creare un<br />

nuovo or<strong>di</strong>ne. Nei <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> questo tipo ricorre <strong>il</strong> tema della «fossa» come simbolo della per<strong>di</strong>ta<br />

dell’equ<strong>il</strong>ibrio vitale; si parla spesso <strong>di</strong> «nemici», cioè <strong>di</strong> coloro che hanno provocato o favorito<br />

66 W. BRUEGGEMANN, Psalms and the Life of Faith. A Suggested Typology of Function, in JSOT 17 (1980) 3-32.


Introduzione ai Salmi 205<br />

la «<strong>di</strong>slocazione». Allora <strong>il</strong> salmo <strong>di</strong>venta nostalgia del passato, protesta contro la situazione<br />

presente, aggressività verso i nemici, ecc. Sempre presente è la speranza che <strong>il</strong> «buon or<strong>di</strong>ne»<br />

perduto può essere ritrovato. Tutte le suppliche o lamentazioni rientrano in questa famiglia.<br />

c) Salmi <strong>di</strong> ri-orientamento: celebrano la ricostituzione o restaurazione dell’or<strong>di</strong>ne perduto.<br />

A questa classe appartengono i <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> ringraziamento e i cosiddetti «inni declarativi»<br />

J. GOLDINGAY 67<br />

È l’autore <strong>di</strong> un breve articolo, che si presenta come una «footnote» al saggio <strong>di</strong> Brueggemann.<br />

Riprende una comparazione, stu<strong>di</strong>ata da Westermann, tra la salmo<strong>di</strong>a bab<strong>il</strong>onese e quella<br />

israelitica. Nella salmo<strong>di</strong>a bab<strong>il</strong>onese si trova una serie <strong>di</strong> atteggiamenti dell’orante che sono <strong>di</strong>sposti<br />

sempre nella stessa sequenza invariab<strong>il</strong>e: appello, lode, lamento, petizione, promessa <strong>di</strong><br />

lode. Questi cinque elementi sono incorporati tutti insieme in ogni salmo in<strong>di</strong>viduale. Invece<br />

nella salmo<strong>di</strong>a israelitica la caratteristica è la <strong>di</strong>visione in due tipi principali: <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> lode<br />

(comprendenti i primi due elementi della serie bab<strong>il</strong>onese) e i <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> supplica (comprendenti<br />

gli ultimi tre). In Israele, dunque, la lode può sussistere da sola; in Bab<strong>il</strong>onia (e in Egitto) essa<br />

forma generalmente soltanto un’introduzione al lamento e alla supplica. In Bab<strong>il</strong>onia <strong>il</strong> movimento<br />

caratteristico è dalla lode alla supplica; in Israele è dalla supplica alla lode, ma anche dalla<br />

lode alla supplica. Si può dunque parlare, per Israele, <strong>di</strong> un «circolo della lode», ed è proprio<br />

questo aspetto «ciclico» che caratterizza la salmo<strong>di</strong>a israelitica. Infatti la fine <strong>di</strong> un salmo può<br />

essere l’inizio <strong>di</strong> un altro.<br />

Gol<strong>di</strong>ngay propone dunque un «circolo <strong>di</strong>namico <strong>di</strong> preghiera e <strong>di</strong> lode», comprendente questi<br />

elementi: lamentazione, domanda, promessa (o voto) <strong>di</strong> lode, lode declarativa (cioè riguardante<br />

un atto particolare <strong>di</strong> Dio nella vita dell’orante), lode descrittiva (cioè lode dell’essere e<br />

dell’agire <strong>di</strong> Dio in generale). Chi vuol pregare può entrare nel cerchio in qualsiasi punto. Si<br />

tratta <strong>di</strong> un cerchio vitale, e anche ermeneutico, non <strong>di</strong> un circolo vizioso!<br />

Conclusione<br />

La presentazione che abbiamo fatto mostra i risultati ai quali è giunto <strong>il</strong> metodo della Formgeschichte<br />

applicato ai <strong>salmi</strong>: r<strong>il</strong>evazione <strong>di</strong> molti aspetti letterari e tentativo <strong>di</strong> classificazione<br />

<strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Lo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> generi letterari ha tolto i <strong>salmi</strong> dall’isolamento e li ha inseriti entro<br />

schemi letterari ricorrenti e ripetuti, mettendone in risalto strutture permanenti e ripetib<strong>il</strong>i. Tuttavia<br />

abbiamo fatto notare, qua e là, che la classificazione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> secondo i generi riesce non<br />

poche volte <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e o forzata, a volte ad<strong>di</strong>rittura impossib<strong>il</strong>e.<br />

La ricerca del Sitz im Leben è stata fatta spesso in modo tale da condurre quasi esclusivamente<br />

all’ambiente cultuale quale «situazione vitale» da cui hanno avuto origine queste immortali<br />

preghiere d’Israele. Ma la vita <strong>di</strong> fede <strong>di</strong> Israele non si esaurisce nel culto, e la preghiera non<br />

fiorisce soltanto nei giar<strong>di</strong>ni chiusi dell’area del santuario.<br />

I saggi <strong>di</strong> W. Brueggemann e <strong>di</strong> J. Gol<strong>di</strong>ngay tentano <strong>di</strong> ampliare l’ambiente «sociologico»<br />

d’origine <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, in<strong>di</strong>viduando alcuni <strong>di</strong>namismi della vita spirituale, ma trascurano troppo la<br />

<strong>di</strong>mensione storica. La preghiera concreta <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> non è esaurientemente spiegata me<strong>di</strong>ante<br />

categorie astratte, ma sgorga da situazioni storiche precise della vita <strong>di</strong> un popolo. L’epoca prees<strong>il</strong>ica,<br />

l’es<strong>il</strong>io e <strong>il</strong> postes<strong>il</strong>io non sono soltanto in<strong>di</strong>cazioni cronologiche, ma contrassegnano anche<br />

epoche spirituali <strong>di</strong>fferenti. Inoltre la Formgeschichte non tiene conto delle possib<strong>il</strong>i molteplici<br />

r<strong>il</strong>etture vissute dai <strong>salmi</strong> passando da una generazione all’altra attraverso vari secoli <strong>di</strong><br />

storia.<br />

È necessario, dunque, leggere i <strong>salmi</strong> interrogandoci sia sull’ambiente concreto del culto<br />

israelitico sia sulle <strong>di</strong>fferenti situazioni storiche vissute dai <strong>salmi</strong> prima <strong>di</strong> giungere a noi.<br />

67 J. GOLDINGAY, The Dynamic Cycle of Praise and Prayer in the Psalms, in JSOT 20 (1981) 85-90.


206 Introduzione ai Salmi<br />

IV. TEOLOGIA DEI SALMI<br />

L’insieme della riflessione teologica compiuta dai <strong>salmi</strong>sti non si <strong>di</strong>stingue dalla riflessione<br />

fatta dai sacerdoti, dai profeti, dai saggi e dagli storiografi. Il salterio, la cui composizione si<br />

estende per un periodo <strong>di</strong> circa otto secoli è un buon riflesso delle idee sv<strong>il</strong>uppate altrove,<br />

sebbene non sia molto esatto parlare <strong>di</strong> «riflesso». Se <strong>il</strong> culto è spesso la ripresa <strong>di</strong> temi nati e<br />

sv<strong>il</strong>uppati in altri ambienti, è anche <strong>il</strong> luogo dove scaturiscono delle intuizioni che maturano<br />

prima <strong>di</strong> essere riprese e ut<strong>il</strong>izzate altrove. Tra sacerdoti, coristi del Tempio e <strong>salmi</strong>sti, da una<br />

parte, e profeti, saggi e storiografi, dall’altra, la comunicazione doveva essere costante e ciascuno,<br />

<strong>di</strong> volta in volta, arricchiva gli altri prima <strong>di</strong> trarre vantaggio dalle sue ricchezze.<br />

La teologia <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> è quin<strong>di</strong> la teologia comune; ma l’approccio a questa teologia <strong>di</strong> tutti<br />

attraverso <strong>il</strong> cammino <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> fa sì che essa sia considerata in modo particolare. Facciamo<br />

notare qui due particolarità.<br />

Stu<strong>di</strong>are la teologia <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> significa procedere alla maniera degli archeologi che fanno<br />

uno scavo in un tell palestinese. Questi ricercatori acquisiscono una prima idea della storia<br />

vissuta in questo luogo dallo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> <strong>di</strong>versi strati <strong>di</strong> occupazione. Allo stesso modo, <strong>il</strong> salterio<br />

mostra gli «strati» successivi <strong>di</strong> riflessione che si sono accumulati nel corso <strong>dei</strong> secoli.<br />

Nel salterio la teologia conserva le tracce dell’evoluzione da essa seguita e della sua storia<br />

molto lunga.<br />

Inoltre la teologia appare qui non nella forma del trattato sapienziale o della proclamazione<br />

profetica, quando saggi e profeti «parlano <strong>di</strong> Dio», ma attraverso le frasi della preghiera che i<br />

fedeli recitano «parlando a Dio». Questa forma <strong>di</strong>versa dà al pensiero una nota speciale. Come<br />

tutti gli autori, i <strong>salmi</strong>sti parlano <strong>di</strong> Dio, ma ne parlano a loro modo, rivolgendosi a lui<br />

dandogli del tu: «Tu [...] Noi [...] Te [...] Me [...] Tu [...] Io», spesso con una certa tensione:<br />

«Perché tu?», ripetendo nel loro ambiente lo scambio che essi hanno avuto con Dio, invitando<br />

gli altri a un <strong>di</strong>alogo sim<strong>il</strong>e. «Ciò vuol <strong>di</strong>re, scrive E. Beaucamp, che <strong>il</strong> salterio non ha un volto<br />

proprio in seno alla letteratura biblica? La sua caratteristica infatti è quella <strong>di</strong> essere un <strong>libro</strong><br />

liturgico e tutto quanto possiede <strong>di</strong> originale si trova in relazione con la sua funzione cultuale.<br />

[...] Considerato nel suo insieme, <strong>il</strong> salterio non ha un messaggio da comunicare. Esso<br />

introduce in un <strong>di</strong>alogo tra Dio e l’uomo, la cui natura costituirà la base teologica del <strong>libro</strong>» 68 .<br />

Ritrovare, lungo tutto <strong>il</strong> salterio, degli in<strong>di</strong>zi dell’evoluzione seguita dalla teologia biblica,<br />

esprimere ciò che rientra nel <strong>di</strong>alogo che i <strong>salmi</strong>sti intrattengono con Dio, significa in<strong>di</strong>viduare<br />

ciò che i <strong>salmi</strong> apportano <strong>di</strong> unico nella testimonianza teologica comune. Ma è necessario<br />

dapprima prendere in considerazione un punto particolare.<br />

1. I <strong>salmi</strong> e <strong>il</strong> culto<br />

Il cristiano che oggi ascolta <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> nella celebrazione eucaristica, che li legge o li canta<br />

nell’ufficio quoti<strong>di</strong>ano, non ha alcuna <strong>di</strong>fficoltà ad ammettere che i <strong>salmi</strong> hanno uno stretto<br />

rapporto con l’azione cultuale e anche che essi sono nati nell’ambiente in cui tale azione si<br />

svolge. Qualunque sia <strong>il</strong> modo in cui questi testi parlano <strong>di</strong> Dio: con <strong>il</strong> Tu della seconda persona,<br />

quando si rivolgono a lui, con l’Egli della terza persona quando ne parlano o lo cantano<br />

in seno alla comunità riunita; qualunque sia <strong>il</strong> genere letterario adoperato: tono <strong>di</strong> supplica o<br />

<strong>di</strong> lode delle suppliche o degli inni, andatura me<strong>di</strong>tativa delle evocazioni del passato o delle<br />

riflessioni sapienziali, <strong>il</strong> cristiano trova sempre in questi componimenti poetici che recita o<br />

ascolta, che proclama o canta, l’espressione <strong>di</strong> una preghiera, <strong>di</strong> una contemplazione <strong>di</strong> Dio e<br />

del suo <strong>di</strong>segno sull’uomo, le parole che esprimono la sua speranza e la sua fede 69 .<br />

Chi usa oggi <strong>il</strong> salterio non ha <strong>di</strong>fficoltà ad accompagnare col pensiero gli Israeliti pellegrini<br />

(Sal 122), a unirsi ai loro riti <strong>di</strong> ammissione al santuario (Sal 15), a seguirli quando penetrano<br />

nel luogo santo, <strong>di</strong>etro l’arca (Sal 24) che una processione è andata a cercare lontano<br />

68 BEAUCAMP, Psaumes,, 157s.<br />

69 H. J. KRAUS, Die Psalmen, III, Theologie der Psalmen (BKAT XV/3), Neukirchen-Vluyn 1979, 83-133.


Introduzione ai Salmi 207<br />

(Sal 132). Egli ammira la grande prostrazione dell’assemblea (95,6-7) <strong>di</strong> cui segue la supplica<br />

per <strong>il</strong> popolo, per <strong>il</strong> re; fa sua la parola che annuncia la salvezza (Sal 85,9-10). Poi vede i fedeli<br />

procedere alle loro devozioni in<strong>di</strong>viduali, abitare «al riparo <strong>di</strong> Elyôn, <strong>di</strong>morare all’ombra <strong>di</strong><br />

Šaddai» (Sal 91,1) come «ospite» <strong>di</strong> YHWH 70 , lanciare le loro suppliche, ascoltare «l’oracolo<br />

<strong>di</strong> salvezza», far conoscere agli altri le opere <strong>di</strong> Dio nel pasto sacrificale, me<strong>di</strong>tare le riflessioni<br />

proposte dai «ministri» accre<strong>di</strong>tati sulle opere <strong>di</strong> Dio (Sal 34).<br />

Tuttavia si pone <strong>il</strong> problema <strong>dei</strong> rapporti che uniscono i <strong>salmi</strong> al culto, in particolare alcuni<br />

<strong>di</strong> essi. Infatti non tutti i <strong>salmi</strong> rinviano in modo così netto alla liturgia; per esempio, quale legame<br />

con <strong>il</strong> culto si può vedere in <strong>salmi</strong> come Sal 1; 112; 127? La valutazione <strong>dei</strong> rapporti che<br />

collegano <strong>il</strong> salterio con <strong>il</strong> culto non avviene quin<strong>di</strong> senza qualche <strong>di</strong>versità. Una <strong>di</strong>versità tanto<br />

più comprensib<strong>il</strong>e in quanto <strong>il</strong> problema chiama in causa una certa comprensione del salterio<br />

ma anche un certo significato del culto. Che H. Gunkel 71 , <strong>il</strong> padre dell’esegesi moderna <strong>dei</strong><br />

<strong>salmi</strong> abbia pensato che questi testi non fossero, per la maggior parte, che delle composizioni<br />

in<strong>di</strong>viduali, ricuperati più tar<strong>di</strong> e ut<strong>il</strong>izzati per <strong>il</strong> culto, non è in<strong>di</strong>pendente dalla dottrina<br />

sull’azione cultuale che prevaleva nel suo tempo e nel suo ambiente.<br />

Occorre segnalare un primo fatto: i <strong>salmi</strong> contengono numerosissime allusioni ad azioni liturgiche,<br />

la lista <strong>dei</strong> loro generi letterari aiuta a re<strong>di</strong>gerne una prima enumerazione. Queste allusioni<br />

si incontrano nelle suppliche collettive (per esempio: la proclamazione rituale del Nome),<br />

e nelle suppliche in<strong>di</strong>viduali (per esempio l’intervento del sacerdote che pronuncia<br />

l’oracolo <strong>di</strong> salvezza; cfr. Sal 5,3b-4); nelle «liturgie della porta» e nelle preghiere degli innocenti;<br />

negli inni <strong>di</strong> tôdāh; nelle <strong>di</strong>verse categorie <strong>di</strong> inni; nei <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> «congratulazione», <strong>di</strong><br />

pellegrinaggio e <strong>di</strong> processione; nelle poesie redatte a gloria del re, per la sua incoronazione, <strong>il</strong><br />

suo matrimonio, la partenza per una guerra, ecc. Il gran numero <strong>dei</strong> riferimenti cultuali spinge<br />

a vedere nei <strong>salmi</strong> non <strong>dei</strong> componimenti poetici che riflettono, come dall’esterno, i <strong>di</strong>versi<br />

atti liturgici, ma <strong>dei</strong> testi destinati ad accompagnare questi atti al fine <strong>di</strong> farne meglio assim<strong>il</strong>are<br />

<strong>il</strong> significato.<br />

Un secondo fatto: i <strong>salmi</strong> lasciano supporre che i riti particolari che essi richiamano si<br />

svolgessero nel contesto <strong>di</strong> una grande liturgia che radunava una buona parte del popolo. Così<br />

l’esegeta norvegese S. Mowinckel 72 vedeva in tutto <strong>il</strong> salterio, fatta eccezione giustamente <strong>dei</strong><br />

Sal 1; 112 e 127, ai quali in seguito ne aggiunse molti altri, l’espressione poetica della festa<br />

del Nuovo Anno che celebrava YHWH, re dell’universo. Nessun salmo menziona esplicitamente<br />

questa solennità, eppure <strong>il</strong> citato commentatore pensava <strong>di</strong> doverne affermare la realtà<br />

a partire dalla liturgia bab<strong>il</strong>onese dell’Akitu e dell’affinità implicita <strong>di</strong> certi <strong>salmi</strong>, in particolare<br />

quelli del Regno, con l’ideologia che ispirava questa liturgia 73 .<br />

La spiegazione del salterio con una liturgia più bab<strong>il</strong>onese che israelitica ha provocato molte<br />

perplessità. Altri hanno cercato nel pensiero biblico <strong>il</strong> contesto cultuale che avrebbe dato<br />

origine al salterio. A. Weiser 74 , le cui idee furono riprese da M. Mannati, pensa a una festa del<br />

Nuovo Anno centrata sul «rinnovo dell’alleanza», mentre H. J. Kraus suppone (riferendosi, tra<br />

l’altro, al Sal 132) una festa <strong>di</strong> Sion e della <strong>di</strong>nastia davi<strong>di</strong>ca, centrata sull’arca.<br />

È eccessivo mettere in relazione tutto, o quasi, <strong>il</strong> salterio a un tipo <strong>di</strong> liturgia. Questo <strong>libro</strong>,<br />

la cui composizione si <strong>di</strong>stende per un periodo <strong>di</strong> circa otto secoli, è necessariamente <strong>di</strong>verso<br />

e, naturalmente, molto <strong>di</strong>versa e molto sfumata è anche la sua relazione con <strong>il</strong> culto 75 . Alcuni<br />

<strong>salmi</strong>, anche se pensati in funzione <strong>di</strong> una precisa liturgia, sono stati ut<strong>il</strong>izzati in altri contesti<br />

cultuali. Rimane <strong>il</strong> fatto che, da secoli, i <strong>salmi</strong>, tutti i <strong>salmi</strong>, accompagnano la preghiera litur-<br />

70<br />

M. MANNATI, Les Psaumes, I, Paris-Bruges 1966, 51-53.<br />

71 5<br />

H. GUNKEL, Die Psalmen, Göttingen 1968.<br />

72<br />

S. MOWINCKEL, Psalmenstu<strong>di</strong>en, 5 voll., Kristiana, Oslo 1921-1924.<br />

73 Cfr. H. CAZELLES, Nouvel-An, in DBS 6 (1960) 622-645.<br />

74 A. WEISER, Die Psalmen, Göttingen 1959.<br />

75 Cfr. KRAUS, Die Psalmen, III, 104.


208 Introduzione ai Salmi<br />

gica <strong>di</strong> Israele e della Chiesa. Certo, non è possib<strong>il</strong>e <strong>di</strong>mostrare che tutti sono stati composti in<br />

funzione del culto. «I dati <strong>dei</strong> nostri <strong>salmi</strong> concordano perfettamente con quanto è dato sapere<br />

del canto cultuale in Israele prima dell’es<strong>il</strong>io [ma] rimane una parte <strong>di</strong> incertezza. Le prove<br />

addotte valgono solo per l’insieme <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, non per ciascuno <strong>di</strong> essi in particolare» 76 . È tuttavia<br />

<strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e <strong>di</strong>mostrare <strong>il</strong> contrario. Per esempio: in nome <strong>di</strong> quale a priori ritenere impossib<strong>il</strong>e<br />

l’origine cultuale <strong>di</strong> testi sapienziali ut<strong>il</strong>izzati, <strong>di</strong> fatto e da secoli, in <strong>di</strong>verse liturgie? Non<br />

forse ispirandosi a una dottrina contestab<strong>il</strong>e della separazione sapienza/culto? 77<br />

Il salterio è strettamente legato al culto, e una delle sue ricchezze più importanti è costituita<br />

proprio dalla molteplicità e dalla <strong>di</strong>versità <strong>dei</strong> legami che lo collegano al santuario<br />

2. La teologia biblica vista attraverso i <strong>salmi</strong><br />

Alcuni inni <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> sono particolarmente preziosi per comprendere la storia della teologia<br />

biblica, in essi, infatti, «le tra<strong>di</strong>zioni storiche d’Israele si mescolano ai temi comuni dell’antica<br />

salmografia orientale» 78 . In questi testi appaiono, da una parte, i temi che la Bibbia ha preso<br />

dall’ambiente religioso circostante e, dall’altra, i temi che essa trae dalla propria esperienza <strong>di</strong><br />

Dio.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o letterario ha mostrato che a ciascuno <strong>di</strong> questi sv<strong>il</strong>uppi corrispondevano delle<br />

forme <strong>di</strong>verse. Però oggi nel salterio i generi sono mescolati, e lo sono ugualmente gli sv<strong>il</strong>uppi<br />

teologici, qualunque sia la loro origine.<br />

Comunque la classificazione stab<strong>il</strong>ita dagli storici è da ritenere perché si comprende meglio<br />

<strong>il</strong> contenuto <strong>di</strong> certe formule teologiche ricordandosi del loro contesto originale.<br />

L’assim<strong>il</strong>azione <strong>dei</strong> «temi comuni dell’antica salmografia orientale» è più apparente negli<br />

inni dalla forma participiale, anche se ridotti a <strong>dei</strong> frammenti: la conclusione che era loro abituale<br />

(«YHWH Sabaôt è <strong>il</strong> suo nome») <strong>di</strong>mostra che questi inni proclamavano a vantaggio <strong>di</strong><br />

YHWH <strong>dei</strong> titoli attribuiti ad altre <strong>di</strong>vinità. Il soggetto <strong>di</strong> questi inni molto antichi è la creazione;<br />

YHWH viene detto signore dell’universo.<br />

Lo stesso fenomeno <strong>di</strong> assim<strong>il</strong>azione spiega gli sv<strong>il</strong>uppi centrati sul titolo <strong>di</strong>vino El Elyôn,<br />

che trasformano in favore <strong>di</strong> YHWH <strong>dei</strong> titoli ut<strong>il</strong>izzati nell’innografia contemporanea. Viene<br />

ancora affermata l’autorità cosmica <strong>di</strong> YHWH, ma questi sv<strong>il</strong>uppi, che si leggono nei canti del<br />

Regno <strong>di</strong> YHWH e nei Cantici <strong>di</strong> Sion, sono ora inseriti in forme all’imperativo, che trasmettono<br />

l’apporto innico propriamente ebraico. Essi proclamano <strong>il</strong> Dio signore della storia in seno<br />

alla quale egli agisce per <strong>il</strong> bene del suo popolo. Tali sv<strong>il</strong>uppi appaiono anche nei <strong>salmi</strong> che<br />

abbiamo appena in<strong>di</strong>cato.<br />

Gli inni-participi<br />

Sono <strong>dei</strong> testi molto antichi in quanto possono risalire fino ai tempi remoti della controversia<br />

condotta dalla fede jahvista contro l’idolatria. Essi riferiscono ciò che questa controversia<br />

spingeva Israele a <strong>di</strong>re del suo Dio.<br />

Citiamo alcune formule participiali semplici. Si parla del Dio «che siede in trono nei cieli»<br />

(2,4), «che siede sui Cherubini» (80,2), «che cavalca le nubi» (68,5.34; 104,3), «che ha fatto<br />

cielo e terra» (115,14; 121,2; 124,8; 134,3b; 146,6a), «che abita in Gerusalemme» (135,21),<br />

«che abita nelle lo<strong>di</strong> d’Israele» (22,4), «che compie meraviglie» (72,18; 74,12; 77,15; 86,10),<br />

«che dà <strong>il</strong> pane a tutti» (136,25). Invece <strong>di</strong> Baal, al quale questi titoli erano attribuiti, è YHWH<br />

<strong>il</strong> signore cosmico, l’artefice del mondo; è lui che nutre gli uomini dando la pioggia, lui che<br />

viene riflesso nella vita del suo popolo per <strong>il</strong> quale egli «compie meraviglie».<br />

Altre formule, più elaborate, riprendono le stesse espressioni. Si tratta del signore cosmico<br />

«che fa tacere <strong>il</strong> fragore del mare» (65,8), «che stende i cieli, [...] fondando la terra sulle sue<br />

76 BEAUCAMP, Psaumes, 135.<br />

77 «I rapporti tra sapienza e inno sono innumerevoli [...]. Il canto cultuale si serve <strong>di</strong> forme espressive sapien-<br />

ziali» (G. VON RAD, La sapienza in Israele, Torino 1975, 172).<br />

78 E. LIPIÑSKI, 11, che cita Crüsemann.


Introduzione ai Salmi 209<br />

basi» (104,2.5); impone al mondo la stab<strong>il</strong>ità, «rende sal<strong>di</strong> i monti con la sua forza» (65,7).<br />

Questo Dio è attivo in seno al mondo, «facendo delle nubi <strong>il</strong> suo carro, camminando sulle ali<br />

del vento, facendo <strong>dei</strong> venti i suoi messaggeri, facendo scaturire le sorgenti, facendole scorrere<br />

tra le montagne» (104,3-5.10). Egli rende <strong>il</strong> mondo abitab<strong>il</strong>e per tutti, «dando <strong>il</strong> cibo a suo<br />

tempo, [...] aprendo la sua mano, [...] saziando la fame <strong>di</strong> tutti i viventi» (145,15s). Inoltre è<br />

attivo in mezzo agli uomini, «mettendo fine alle guerre fino ai confini della terra» (46,10),<br />

«placando <strong>il</strong> tumulto <strong>dei</strong> popoli» (65,8), «restando sempre fedele» (146,6). I beneficiari priv<strong>il</strong>egiati<br />

della sua azione sono quelli maggiormente colpiti dalla sventura: «YHWH che libera <strong>il</strong><br />

piccolo, [...] <strong>il</strong> povero [...] che <strong>di</strong>fende i piccoli» (35,10; 116,6), «YHWH che rialza coloro che<br />

cadono, che libera i prigionieri, ridona la vista ai ciechi, protegge lo straniero» (146,7-9).<br />

Scrivendo queste parole <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta pensa senza dubbio agli afflitti del suo popolo, come suggerisce<br />

la formula: «YHWH protegge quanti lo amano» (145,20); queste espressioni sono però<br />

molto aperte e sembrano scaturire da un senso <strong>di</strong> Dio abbastanza universale.<br />

Il Dio lodato in queste formule viene compreso a partire dall’immagine <strong>di</strong> Baal; egli è <strong>il</strong> signore<br />

del cosmo, ma interviene nella vita degli in<strong>di</strong>vidui e in modo più particolare in quella <strong>di</strong><br />

Israele. Egli appartiene allora ai sentimenti <strong>di</strong> cui questo popolo ha sospettato l’intensità solo<br />

riferendosi alle proprie esperienze, a quel senso <strong>di</strong> Dio originale che scopriva man mano che<br />

me<strong>di</strong>tava sulla propria storia.<br />

Inni imperativi e <strong>salmi</strong> del Regno<br />

Le forme imperative sono numerose in un insieme <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> tutti centrati sulla proclamazione<br />

piena <strong>di</strong> lode del Regno <strong>di</strong> Dio. Come già detto, questi <strong>salmi</strong> mescolano attualmente delle<br />

forme letterarie un tempo <strong>di</strong>stinte. Ma la predominanza della costruzione all’imperativo, da<br />

una parte e l’omogeneità degli sv<strong>il</strong>uppi centrati sulla regalità <strong>di</strong>vina dall’altra, spingono ad<br />

accostare tra loro questi testi in vista <strong>di</strong> una stessa sintesi teologica.<br />

L’immagine che questi <strong>salmi</strong> tracciano <strong>di</strong> Dio riceve ancora una volta i tratti che <strong>il</strong> mondo<br />

circostante accordava alla <strong>di</strong>vinità che venerava. Israele trasferisce questi tratti in favore <strong>di</strong><br />

YHWH; ma anche qui questi <strong>salmi</strong> sono penetrati dalla luce nuova che Israele vede scaturire<br />

dalla propria storia.<br />

Il punto <strong>di</strong> riferimento <strong>di</strong> questi <strong>salmi</strong> non è più l’innologia del Baal, ma quella che era sv<strong>il</strong>uppata<br />

nell’era semitico-occidentale e che celebrava <strong>il</strong> grande <strong>di</strong>o El riconosciuto sotto<br />

l’appellativo <strong>di</strong> El-Elyôn. Questo vocabolo molto antico, probab<strong>il</strong>mente anteriore all’occupazione<br />

<strong>di</strong> Canaan, era ut<strong>il</strong>izzato dai clan dell’epoca patriarcale. Presso i politeisti questo<br />

termine in<strong>di</strong>cava <strong>il</strong> <strong>di</strong>o supremo, signore <strong>di</strong> un panteon subalterno; presso gli ebrei esprimeva<br />

la superiorità <strong>di</strong> YHWH, signore <strong>di</strong> tutte le forze naturali e soprannaturali.<br />

Nei <strong>salmi</strong>, El-Elyôn, l’«Altissimo» (47,3; 97,9), viene detto «eccelso», «grande» (96,4;<br />

99,2), «nell’alto» (93,4). Egli «regna» (47,9; ecc.). «Siede» (98,7; 99,1; ecc.) sul suo «trono»<br />

(47,9; ecc.).<br />

Le prerogative <strong>di</strong> questo re sono «la potenza» (93,1; 96,6s; ecc.), che lo rende «temib<strong>il</strong>e»<br />

(99,3; 145,6; ecc.), che lo fa «temere» (99,1; 145,19); la «maestà» (93,1; cfr. 96,6), «la Gloria»<br />

(24,8-10; 29,1-3; 96,3-7s; ecc.), «la santità» (99,3.5.9; ecc.) <strong>di</strong> cui <strong>il</strong> fuoco è <strong>il</strong> simbolo<br />

(97,3) e che caratterizza <strong>il</strong> luogo dove egli <strong>di</strong>mora: «luogo santo» (29,2; 96,6).<br />

Questo «grande Re» agisce (99,4); «fa» (96,5; 99,4) <strong>il</strong> mondo; lo «fissa» (24,2; 93,1s;<br />

96,10; 99,4), lo «fonda» (24,2). Regna sul cosmo (29,3-10). L’universo dominato, sottomesso,<br />

reso stab<strong>il</strong>e, «incrollab<strong>il</strong>e» (46,3-7; 93,1; ecc.) segnala la sua venuta (97,3s; 99,1) e si associa<br />

alla lode <strong>di</strong> Israele (99,3s; ecc.).<br />

Signore dell’universo, questo «grande Re» regna su tutti i popoli (47,9; 96,3.10; 98,2);<br />

«viene» per «giu<strong>di</strong>carli» (96,13; 98,9), «<strong>di</strong>struggerli» (145,20), e ristab<strong>il</strong>ire così la situazione<br />

<strong>dei</strong> «suoi», <strong>dei</strong> «giusti» che egli «ama», «liberarli dalla mano degli empi» (97,10-12). È un<br />

guerriero (24,8; 145,4.11s) che combatte per <strong>il</strong> suo popolo (48,8-9). Per coloro che «lo temono»,<br />

che «lo amano» (145,19s), egli «compie meraviglie» (96,3; ecc.); parla ad essi, «rispon-


210 Introduzione ai Salmi<br />

de» (99,6), li «perdona» (99,8); li salva (24,5; ecc.), con<strong>di</strong>vide con essi «potenza e dominio»<br />

(29,11; 47,4), li «bene<strong>di</strong>ce» (24,5, li «stab<strong>il</strong>isce nella pace» (29,11).<br />

La «venuta» del Dio che agisce per la felicità <strong>dei</strong> suoi viene descritta con termini molto<br />

espressivi dalle «epifanie» citate sopra. Questi testi prolungano i <strong>salmi</strong> del Regno esprimendo<br />

un intervento che perturba <strong>il</strong> cosmo e convince gli uomini del carattere decisivo del giu<strong>di</strong>zio<br />

imminente (18,8-6; 77,14-20; ecc.).<br />

Prolungano anche l’insegnamento <strong>di</strong> questi inni regali i cantici <strong>di</strong> Sion che collegano con la<br />

città, scelta da Davide come residenza reale e <strong>di</strong>vina, <strong>dei</strong> temi teologici 79 originariamente attribuiti<br />

a tutta la terra d’Israele, dopo essere stati attribuiti al monte santo sul quale sedeva El-<br />

Elyôn, <strong>il</strong> grande Dio, re <strong>di</strong> tutta la terra 80 .<br />

Allora Dio viene chiamato «YHWH Sabaôt»: «l’attribuzione <strong>di</strong> questo titolo a YHWH sottolinea<br />

la sua maestà e <strong>il</strong> suo supremo dominio: infatti, qualunque sia <strong>il</strong> sisnificato esatto <strong>di</strong><br />

ß e bā‘ôt, <strong>il</strong> nome include l’idea <strong>di</strong> potenza» 81 . In Sal 24,10 la formula è legata al ricordo<br />

dell’arca e richiama la tematica della guerra santa: YHWH che combatte con potenza per <strong>il</strong> suo<br />

popolo. In Sal 46,8.12, <strong>il</strong> titolo «YHWH Sabaôt» è legato al tema dell’assalto <strong>dei</strong> popoli. I <strong>salmi</strong><br />

invocano anche <strong>il</strong> «Dio <strong>di</strong> Giacobbe»; è <strong>il</strong> Dio del popolo nel suo insieme, o <strong>il</strong> Dio <strong>di</strong> tutti<br />

coloro che appartengono a YHWH.<br />

Molteplici sono i temi mitologici. Quello del «monte degli <strong>dei</strong>» (48,2c.3; 87,1b.5b) è comune<br />

a <strong>di</strong>verse religioni orientali e presente anche in Is 2,2-4; Mic 4,1-4, come pure in Zc<br />

14,10 ed Ez 17,22s. C’è <strong>il</strong> tema del luogo para<strong>di</strong>siaco (46,5) al quale Ezechiele dà una significativa<br />

<strong>il</strong>lustrazione (Ez 47,1-12; cfr. Gl 4,18; Zc 14,8). C’è anche <strong>il</strong> tema della lotta contro <strong>il</strong><br />

Caos (Sal 46,2-4; cfr. numerosi testi, per es. Gb 26,12ss; 38,8-11); in queste evocazioni <strong>dei</strong><br />

<strong>salmi</strong> del combattimento <strong>di</strong> YHWH contro i popoli ribelli gli sv<strong>il</strong>uppi mitici sono allora mescolati<br />

ad allusioni storiche (Sal 46,7; 48,2-7). Elementi identici si ritrovano nei profeti (Zc 12,2-<br />

9; 14,1-3.12-15; Gl 4,1-3.9-12; Mic 4,11-13).<br />

Infine, Gerusalemme è detta la «città <strong>dei</strong> Dio» (46,5s; 48,2s.9; 87,3; cfr. anche 9,12; 10,18;<br />

15.1; 24.3).<br />

Maestà e grazia<br />

C. Westermann afferma che la lode <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> scaturisce tutta dall’ammirazione, inesaurib<strong>il</strong>e,<br />

che suscita l’antitesi misteriosa che appare in seno all’opera <strong>di</strong>vina. Attraverso le sue azioni,<br />

Dio si rivela come «Colui che siede sul trono della sua maestà», mentre è anche «Colui che<br />

ha pietà». Questa antitesi, assicura l’autore, viene ripresa all’infinito; anche quando tale categoria<br />

<strong>di</strong> <strong>salmi</strong> sv<strong>il</strong>uppa più a lungo uno <strong>dei</strong> suoi membri essa è almeno supposta se non<br />

espressa ed è essa a offrire a quanto viene detto la sua vera <strong>di</strong>mensione.<br />

È vero che <strong>il</strong> Dio <strong>di</strong> maestà non appare mai così grande che quando «fa grazia» e «ha pietà»;<br />

è vero ancora che le azioni <strong>di</strong>vine <strong>di</strong> misericor<strong>di</strong>a non sono mai tanto ammirab<strong>il</strong>i che<br />

quando appaiono come le opere del Dio <strong>di</strong> maestà. Il Sal 113 è allo stesso modo costruito su<br />

questa antitesi, in cui ciascuno <strong>dei</strong> due membri emerge ancora <strong>di</strong> più per <strong>il</strong> fatto che uno viene<br />

accostato all’altro e opposto ad esso. «La grandezza <strong>di</strong> Dio», <strong>di</strong>ce C. Westermann 82 , la sua<br />

«altezza, la sua maestà sono evocate a partire dalla sua azione creatrice e dal dominio che egli<br />

esercita sulla storia. La sua grazia <strong>di</strong>venta operante quando Dio guarda nella profon<strong>di</strong>tà,<br />

quando libera, salva e guarisce; è inoltre attiva quando Dio mantiene la sua creazione e quando<br />

dà <strong>il</strong> pane agli affamati».<br />

Anche quando priv<strong>il</strong>egiano l’uno o l’altro <strong>di</strong> questi temi, i <strong>salmi</strong>sti hanno la costante<br />

preoccupazione <strong>di</strong> far intravedere l’insieme del mistero. E lo fanno esprimendosi attraverso<br />

79<br />

WANKE, Die Zionstheologie.<br />

80<br />

R. LACK, Les origines de ’Elyôn, le Très-Haut dans la tra<strong>di</strong>tion cultuelle d’Israël, in CBQ (1962) 44-64.<br />

81<br />

R. DE VAUX, Le istituzioni dell’Antico Testamento, Torino 1972, 304; cfr. O. EISSFELDT, Jahvé Zebaoth,<br />

Berlin 1950, 149; WANKE, Die Zionstheologie, 43.<br />

82<br />

C. WESTERMANN, Théologie de l’Ancien Testament, Ginevra, 10.


Introduzione ai Salmi 211<br />

tre tipi <strong>di</strong> affermazioni: – «Colui che scruta nelle profon<strong>di</strong>tà è Colui che siede sul trono<br />

nell’alto». – «Colui che trae dalle profon<strong>di</strong>tà è Colui che fa cadere nelle profon<strong>di</strong>tà». – «Colui<br />

che crea è Colui che mantiene. Colui che salva è Colui che rende saldo».<br />

Lo schema è molto suggestivo; raggiunge <strong>il</strong> nocciolo della testimonianza biblica esprimendo<br />

un’antitesi che i <strong>salmi</strong>sti non sono i soli a riprendere, sempre per considerarla ed esprimerla<br />

in modo nuovo. Ma è preferib<strong>il</strong>e non chiudere tutto <strong>il</strong> salterio in uno schema così rigido.<br />

Servendosi <strong>di</strong> un vocabolario abbondante e vario, i <strong>salmi</strong>sti mostrano la ricca <strong>di</strong>versità della<br />

loro riflessione teologica sull’opera <strong>di</strong> Dio, su Dio stesso.<br />

Giustizia, fedeltà, bontà<br />

Per penetrare nella teologia del salterio è importante notare le formule teologiche con le<br />

quali i <strong>salmi</strong>sti cercano <strong>di</strong> riassumere ciò che Dio rivela attraverso le sue opere. Queste formule<br />

si trovano nelle conclusioni degli inni narrativi: <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta abbozza una breve descrizione<br />

del mistero <strong>di</strong>vino <strong>di</strong> cui scopre le tracce nell’operato <strong>di</strong> Dio; si incontrano anche all’inizio<br />

degli inni descrittivi nel momento in cui l’autore annuncia <strong>il</strong> mistero <strong>di</strong> cui descriverà le molteplici<br />

sfumature. Tali espressioni sono al centro della teologia <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>; si potrebbe perfino<br />

<strong>di</strong>re che lo scopo del salterio è quello <strong>di</strong> esplicitare <strong>il</strong> loro significato. Infatti non soltanto le<br />

due categorie <strong>di</strong> inni mettono questi titoli <strong>di</strong>vini e la realtà che esprimono al centro della loro<br />

contemplazione, ma anche le suppliche non cessano <strong>di</strong> riferirsi al mistero così espresso per far<br />

emergere <strong>il</strong> carattere insopportab<strong>il</strong>e della situazione in cui si trovano i fedeli e per giustificare<br />

l’intervento <strong>di</strong>vino che reclamano.<br />

Già gli sv<strong>il</strong>uppi che precedono avrebbero dovuto fare allusione a queste note teologiche<br />

concludendo la descrizione dell’opera <strong>di</strong>vina che re<strong>di</strong>gono gli autori <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. L’elogio contenuto<br />

negli inni-participi termina con l’evocazione <strong>di</strong> Dio «che perdona, guarisce, riscatta<br />

(gā‘al) [...], che corona <strong>di</strong> grazia (˙esed) e <strong>di</strong> misericor<strong>di</strong>a (ra˙a¨mîm) [...], che agisce con giustizia<br />

(ß e dāqâ) e <strong>di</strong>ritto (mišpāè)» [103,3-6]. Ugualmente, gli inni all’imperativo attribuiscono<br />

a YHWH la giustizia (ßedeq, 94,15 e ß e dāqâ, 98,2), <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto (mišpāè, 97,2-8; 99,4), l’or<strong>di</strong>ne<br />

(96,10; 99,4), la stab<strong>il</strong>ità/verità (’emûnāh, 96,13; 98,3) e la bontà (˙esed).<br />

Appaiono anche la grazia/pietà, espressa dalla ra<strong>di</strong>ce ˙en e i suoi <strong>di</strong>versi composti: <strong>il</strong> Dio<br />

della grazia (116,5), <strong>il</strong> Dio che fa grazia (4,2; 6,9); la tenerezza (ra˙a¨mîm): «Nella tenerezza<br />

[...]» (51,3); <strong>il</strong> Dio della grazia e della tenerezza (˙anûn e ra˙ûm, 86,15; 103,8; 111,4; 145,8).<br />

Appare infine che i <strong>salmi</strong>sti hanno riassunto la loro dottrina, più che attraverso lo schema<br />

rigido dell’antitesi in<strong>di</strong>cata sopra, nell’associazione <strong>di</strong> alcuni termini chiave. Sal 26,6s enumera<br />

bontà, verità, giustizia, giu<strong>di</strong>zio, salvezza. Sal 40,11s unisce giustizia, verità, salvezza, bontà,<br />

tenerezza. In 57,4 appaiono salvezza bontà, fedeltà (’emet) e in 85,11s, bontà e fedeltà,<br />

giustizia e pace, fedeltà e giustizia. Secondo la formula tra<strong>di</strong>zionale riportata in 86,15, a Dio<br />

vengono attribuite misericor<strong>di</strong>a e grazia, bontà e fedeltà; 88,12s menziona bontà, verità, giustizia;<br />

89,15 enumera giustizia e giu<strong>di</strong>zio, bontà e fedeltà.<br />

Senza schematizzare troppo <strong>il</strong> pensiero <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>sti, è possib<strong>il</strong>e condensare un po’ <strong>di</strong> più la<br />

sintesi da essi iniziata; infatti le <strong>di</strong>verse qualità <strong>di</strong>vine rivelate dalle innumerevoli meraviglie<br />

<strong>di</strong> Dio si raggruppano intorno a tre termini chiave: – la giustizia (ßedeq e ß e dāqâ) completata<br />

dalla salvezza (yeša‘); – la stab<strong>il</strong>ità/verità/fedeltà (’emûnāh ed ’emet); – la bontà (˙esed) completato<br />

dalla grazia (˙en) e dalla tenerezza (ra˙amîm).<br />

Giustizia e salvezza<br />

Dio è giusto 83 ; è giustizia piena (103,17). I <strong>salmi</strong> lo <strong>di</strong>cono e lo ripetono: «YHWH è giusto;<br />

ama le cose giuste» (11,7). «Si conosce forse la tua giustizia nel paese dell’oblio?» (88,13). Il<br />

tuo popolo «nella tua giustizia trova la sua gloria» (89,17). «YHWH ha rivelato agli occhi <strong>dei</strong><br />

popoli la sua giustizia» (98,2), che «rimane per sempre» (111,3). «YHWH è giustizia in tutte le<br />

83 H. H. SCHMIDT, Die Gerechtigkeit als Weltordnung, Tübingen 1968.


212 Introduzione ai Salmi<br />

sue vie [...]. Si acclamerà la sua giustizia» (145,7.17). «La mia lingua celebrerà la tua giustizia»<br />

(35,28). «Dai cieli [= da Dio] si affaccerà la Giustizia. [...] Giustizia camminerà davanti a<br />

lui» (85,12.14).<br />

La giustizia <strong>di</strong> Dio è alla <strong>di</strong>mensione del mondo (48,11) che è tutto impregnato<br />

dell’armonia che essa esprime (33,5); anche <strong>il</strong> Sal 97,6 <strong>di</strong>ce che «i cieli proclamano la giustizia»<br />

<strong>di</strong> YHWH. «Con i pro<strong>di</strong>gi della tua giustizia tu ci rispon<strong>di</strong>», <strong>di</strong>ce un altro testo, che aggiunge:<br />

«Tu ren<strong>di</strong> sal<strong>di</strong> i monti con la tua forza [...] Visiti la terra e la <strong>di</strong>sseti» (65,6.7.10). La<br />

pioggia e la fecon<strong>di</strong>tà della terra sono manifestazioni della giustizia <strong>di</strong>vina.<br />

Ma la giustizia si manifesta soprattutto attraverso <strong>il</strong> ristab<strong>il</strong>imento <strong>di</strong> questa stessa armonia<br />

in seno alle relazioni sociali così fac<strong>il</strong>mente turbate; <strong>il</strong> Sal 36 evoca la giustizia <strong>di</strong>vina che appare<br />

nel mondo attraverso gli interventi – i mišpāèîm – <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso or<strong>di</strong>ne (v. 7): gli uni assicurando<br />

la loro sussistenza agli uomini e al bestiame e colmando <strong>di</strong> delizie i figli degli uomini<br />

(vv. 7c-10), gli altri rovesciando superbi, empi e malfattori affinché i fedeli <strong>di</strong> YHWH siano<br />

mantenuti nella giustizia (vv. 11-13). Bisogna «vedere – scrive H. Cazelles – nel mišpāè e nella<br />

ß e dāqâ [...] l’effetto <strong>di</strong> una provvidenza e <strong>di</strong> un ricorso <strong>di</strong>vino che assicura <strong>il</strong> buon andamento<br />

e la pace nella società umana [...]. Il buon andamento delle cose esige che ciascuno sia<br />

al suo posto, abbia la sua parte e la sod<strong>di</strong>sfazione <strong>dei</strong> suoi bisogni. È necessario che Dio assicuri<br />

la pioggia, [...] ma è necessario soprattutto che Dio assicuri <strong>il</strong> buon andamento, l’armonia<br />

<strong>di</strong> tutto ß e dāqâ e che egli supplisca alle incapacità e colmi le lacune, se ce ne sono<br />

(mišpāèîm)» 84 . Questi interventi <strong>di</strong>vini, questi «giu<strong>di</strong>zi» trasformano la situazione degli sventurati;<br />

così Dio li «salva» e si rivela come «salvatore». «Tu ci rispon<strong>di</strong> con i pro<strong>di</strong>gi della tua<br />

giustizia [...] Dio della nostra salvezza» (65,6). «Liberami dal sangue, Dio della mia salvezza,<br />

e la mia lingua esalterà la tua giustizia» (51,16). «La mia bocca proclamerà la tua giustizia<br />

[...] la tua salvezza» (71,15).<br />

Dio agisce perciò nel mondo, e lo fa «secondo la giustizia» (9,9; 96,13; 98,8). Gli sventurati,<br />

i poveri, gli oppressi si rivolgono a lui perché intervenga conformemente alla sua giustizia<br />

e ristab<strong>il</strong>isca i loro <strong>di</strong>ritti: «Giu<strong>di</strong>cami secondo la tua giustizia [...] che non abbiano a gioire <strong>di</strong><br />

me» (35,24). «Poni fine alla malizia degli empi [...] Dio giusto giu<strong>di</strong>ce», domanda questo<br />

supplice. Lo stesso si rallegra <strong>di</strong> vedere i malvagi puniti; come tutti i fedeli che hanno fatto<br />

l’esperienza <strong>di</strong> questi interventi <strong>di</strong> Dio che, ristab<strong>il</strong>endo la giustizia, sono altrettanto azioni<br />

salvifiche (98,2), manifestazioni della «giustizia del Dio salvatore» (24,5), del «Dio salvatore<br />

[...] giusto» (7,11s), egli «canta YHWH per la sua giustizia» (7,9-18). «YHWH è giusto, ama la<br />

giustizia» (11,7a). «YHWH <strong>il</strong> giusto ha spezzato <strong>il</strong> giogo degli empi» (129,4). «Tu hai <strong>di</strong>feso <strong>il</strong><br />

mio <strong>di</strong>ritto e la mia causa sie<strong>di</strong> in trono giu<strong>di</strong>ce giusto» (9,5). Egli promette <strong>di</strong> far risuonare<br />

dappertutto l’annuncio <strong>di</strong> questa giustizia (51,16; 71,24; cfr. 5,9; 22,32; 31,2; 71,15-16;<br />

143,11).<br />

In risposta alla «giustizia» salvatrice <strong>di</strong> YHWH che ristab<strong>il</strong>isce la giustizia per stab<strong>il</strong>irvi <strong>il</strong><br />

suo fedele, quest’ultimo si impegna a vivere conformemente all’armonia <strong>di</strong> cui desidera beneficiare.<br />

O, conscio <strong>di</strong> essere vissuto fino ad ora «nella giustizia», vede nel suo giusto comportamento<br />

un motivo per chiedere a YHWH <strong>di</strong> ristab<strong>il</strong>ire intorno a lui la «giustizia» compromessa<br />

dai misfatti <strong>di</strong> coloro che lo circondano. «Giu<strong>di</strong>cami [=salvami] secondo la mia giustizia»<br />

(18,21.25), <strong>di</strong>ce uno (7,9); un altro: «YHWH mi rende secondo la mia giustizia» (18,21.25).<br />

Un altro parla <strong>dei</strong> suoi amici «che esultano per la [sua] giustizia» (35,27); si definisce «<strong>il</strong> giusto»<br />

(31,19; 64,11; 94,21).<br />

Questo fedele fa allora parte <strong>di</strong> coloro che «esultano» perché sono beneficiari della «giustizia<br />

<strong>di</strong> YHWH»: «La luce si leva per <strong>il</strong> giusto. [...] Esultate, giusti, in YHWH» (97,11s). «YHWH<br />

<strong>di</strong>fende la causa <strong>dei</strong> miseri, <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>dei</strong> poveri. Sì, i giusti loderanno <strong>il</strong> tuo nome» (140,14).<br />

«YHWH ama i giusti» (146,8). Pred<strong>il</strong>etti <strong>di</strong> YHWH, i «giusti» sono ammessi, e solo essi, nella<br />

84<br />

H. CAZELLES, A propos de quelques textes <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>es relatifs à la Justice de Dieu dans l’Ancien Testament,<br />

in RB (1951) 168-188, qui 175.


Introduzione ai Salmi 213<br />

casa, luogo para<strong>di</strong>siaco dove è in qualche modo concentrata «la Giustizia»: «Aprite le porte<br />

della giustizia! – I giusti [soltanto] entreranno» (118,19s). «Chi abiterà nella tua casa? [...] Colui<br />

che agisce con giustizia» (15,2).<br />

La fedeltà<br />

La coppia ’emûnāh-’emet, «stab<strong>il</strong>ità/verità/fedeltà», non è molto lontana da quella che<br />

esprime la giustizia. «Le nozioni ebraiche si sovrappongono alle nostre. [...] Queste nozioni<br />

ebraiche non sono mai molto nette, fondamentalmente opposte le une alle altre, ma sempre in<br />

rapporto mutuo» 85 . Così ’emet e ß e dāqâ si trovano talvolta affiancate l’una all’altra: «La fedeltà<br />

germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo» (85,12). «Egli giu<strong>di</strong>cherà <strong>il</strong><br />

mondo con giustizia e i popoli nella sua verità» (96,12). (Cfr. 11,7s; 119,75.138.142; 143,1).<br />

Ma <strong>il</strong> significato originario, fermezza/soli<strong>di</strong>tà /stab<strong>il</strong>ità, suppone delle sfumature <strong>di</strong>verse.<br />

Il Dio giusto è anche <strong>il</strong> Dio vero: «Nella tua giustizia liberami [...] YHWH, Dio <strong>di</strong> verità»<br />

(31,6). I <strong>salmi</strong>sti parlano della «sua verità/fedeltà», lo interpellano evocando «la tua verità/fedeltà»,<br />

<strong>di</strong> cui trovano la rivelazione nelle sue opere. Infatti tutto ciò che Dio fa è caratterizzato<br />

dalla soli<strong>di</strong>tà, dalla stab<strong>il</strong>ità: quin<strong>di</strong>, dalla verità.<br />

Così <strong>il</strong> mondo, opera <strong>di</strong> Dio, è «stab<strong>il</strong>ito», (yāsad: 24,2; 78,69; 89,12; 102,26; 104,5.8;<br />

ecc.), «fissato», (kûn: 89,38; 93,1s; 96,10), «da lungo tempo» (102,26), «incrollab<strong>il</strong>e» (93,1;<br />

96,10; 104,5), «per sempre» (78,69; 104,5): «Incrollab<strong>il</strong>e [...] fin dal principio [...] da sempre<br />

[...] Tu [...] per la durata <strong>dei</strong> giorni» (93,1-5).<br />

La soli<strong>di</strong>tà e la stab<strong>il</strong>ità, costatate nell’opera creatrice e segni <strong>di</strong> autenticità, <strong>di</strong> verità, riappaiono<br />

nelle <strong>di</strong>verse opere <strong>di</strong> Dio. «Stab<strong>il</strong>ità/fedeltà, le opere delle sue mani» (111,7). Riappaiono<br />

nei suoi interventi storici: «Sorregge <strong>il</strong> mondo perché non vac<strong>il</strong>li; giu<strong>di</strong>ca le nazioni<br />

con rettitu<strong>di</strong>ne» (96,10); riappaiono anche nelle parole da lui pronunciate agli uomini allo<br />

scopo <strong>di</strong> regolare la loro vita: «La testimonianza <strong>di</strong> YHWH è verace [...] [i suoi] giu<strong>di</strong>zi sono<br />

verità» (19,8.10). «Stab<strong>il</strong>i sono tutti i suoi comandamenti, immutab<strong>il</strong>i nei secoli, per sempre,<br />

eseguiti con verità e rettitu<strong>di</strong>ne» (111,7s). «Da tempo conosco le tue testimonianze che hai<br />

stab<strong>il</strong>ito per sempre» (119,152), <strong>di</strong>ce questo ammiratore della Legge, che riprende, per fare<br />

l’elogio della «testimonianza», <strong>il</strong> vocabolario che esprime lo splendore della creazione. Infine,<br />

gli impegni che Dio prende <strong>di</strong> fronte agli uomini sono caratterizzati dalle stesse note; partendo<br />

da una riflessione sulla stab<strong>il</strong>ità/verità dell’opera creatrice (vv. 6-15), l’autore del Sal 89 conclude<br />

con la verità/fedeltà della promessa fatta da Dio a Davide (vv. 4-5.20-38).<br />

Una volta esau<strong>di</strong>ta la preghiera, <strong>il</strong> supplice che aveva fatto appello alla verità/fedeltà <strong>di</strong><br />

Dio, fa <strong>di</strong> questa stessa verità/fedeltà l’oggetto <strong>dei</strong> suoi canti <strong>di</strong> lode. «Anch’io proclamerò<br />

sull’arpa la tua fedeltà» (71,22). «YHWH è fedele per sempre» (146,6). Da parte sua <strong>il</strong> fedele<br />

si impegna a vivere secondo questa stab<strong>il</strong>ità/verità/fedeltà che ha contemplato in Dio. Al contrario<br />

<strong>dei</strong> «padri» <strong>il</strong> cui cuore non era stab<strong>il</strong>e nei riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> YHWH, che mancavano perciò <strong>di</strong><br />

fiducia nella sua alleanza, questo fedele conserverà <strong>il</strong> suo cuore «fermamente» attaccato a<br />

YHWH (112,7). «Sia la mia condotta fermamente conforme alla tua volontà» (119,5).<br />

Bontà/grazia/misericor<strong>di</strong>a<br />

Anche qui i termini bontà/grazia/misericor<strong>di</strong>a, commentati in questo paragrafo, sono vicini<br />

a quelli sv<strong>il</strong>uppati nel precedente. Il binomio bontà/fedeltà, ˙esed-’emet, appare in ventinove<br />

passi <strong>di</strong> <strong>salmi</strong>.<br />

«I sentieri <strong>di</strong> YHWH, verità e grazia» (25,10). «La tua bontà [...] la tua fedeltà» (26,3;<br />

40,12; 92,3; 138,4). «La tua bontà fino ai cieli [...] la tua fedeltà fino alle nubi» (57,11; 108,4).<br />

«La bontà [...] la fedeltà preservino <strong>il</strong> re» (61,8). «Si parla forse nella tomba della tua bontà<br />

[...], della tua fedeltà?» (88,12). «Si è ricordato della sua bontà, della sua fedeltà» (98,3).<br />

«Eterna è la sua bontà [...] <strong>di</strong> generazione in generazione la sua fedeltà» (100,5). «Al tuo nome<br />

dà gloria, per la tua fedeltà, per la tua grazia» (115,1). «Forte è <strong>il</strong> suo amore per noi, la fe-<br />

85 CAZELLES, A propos de quelques textes <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>es, 170.


214 Introduzione ai Salmi<br />

deltà <strong>di</strong> YHWH dura in eterno» (117,2). «YHWH è fedeltà e bontà» (145,13). Il Sal 89 presenta<br />

parecchie volte lo stesso binomio (vv. 2.3.15.25.34.50).<br />

Detto <strong>il</strong> carattere fedele della bontà <strong>di</strong> Dio, quin<strong>di</strong> la sua stab<strong>il</strong>ità, la sua permanenza viene<br />

espressa dalla formula le‘ôlām, che si ritrova nel ritornello ripetuto molto spesso: «Eterna è la<br />

sua misericor<strong>di</strong>a!» (106,1; 107,1; 118,1s; 136,1s). YHWH è apprezzato per la sua «fedele bontà»<br />

che appare in tutto ciò che compie (cfr. 89,2.15). Questa bontà è motivo <strong>di</strong> ammirazione<br />

(25,10) e <strong>di</strong> fiducia (13,6; 31,22); se infatti YHWH si è mostrato fedelmente benevolo nelle sue<br />

opere <strong>di</strong> un tempo, lo può essere ancora oggi (cfr. 89,2-15, prolungati da 25-30). Il <strong>salmi</strong>sta,<br />

proprio perché è certo <strong>di</strong> questa bontà, ne domanda la manifestazione efficace: «Mostra la tua<br />

fedeltà, salvatore <strong>dei</strong> rifugiati» (17,7). «Su <strong>di</strong> noi, Signore, la tua bontà» (33,22). «Non rifiutarmi,<br />

Signore, la tua misericor<strong>di</strong>a; la tua fedeltà e la tua grazia mi proteggano sempre»<br />

(40,12). «Dio man<strong>di</strong> la sua grazia e la sua fedeltà» (57,4). Appoggiandosi su <strong>di</strong> essa <strong>il</strong> fedele<br />

cerca <strong>di</strong> ottenere ciò <strong>di</strong> cui ha bisogno: «Per la tua grande bontà, rispon<strong>di</strong>mi» (69,14). «Dà<br />

gloria al tuo nome, per la tua bontà e la tua fedeltà» (115,1; cfr. 5,8; 6,5; 25,6s; 31,17).<br />

Per colui che è stato esau<strong>di</strong>to questa bontà <strong>di</strong>venta oggetto <strong>di</strong> lode: «Benedetto YHWH che<br />

ha fatto per me meraviglie <strong>di</strong> grazia» (31,22). Più spesso essa è oggetto <strong>di</strong> testimonianza:<br />

«Non ho nascosto la tua bontà e la tua fedeltà nella grande assemblea» (40,11). «È bello annunziare<br />

al mattino <strong>il</strong> tuo amore» (92,3). «Ti loderò tra i popoli, YHWH, perché la tua bontà è<br />

grande fino ai cieli» (108,4). «Rendo grazie al tuo nome per la tua bontà e la tua fedeltà»<br />

(138,2).<br />

Infine, la certezza della bontà <strong>di</strong> YHWH orienta la vita del fedele: «La tua bontà è davanti ai<br />

miei occhi e nella tua verità <strong>di</strong>rigo i miei passi» (26,3s).<br />

Il Dio dell’amore fedele è anche <strong>il</strong> Dio della «misericor<strong>di</strong>a» (ra˙a¨mîm) e della grazia/pietà<br />

(˙en). La formula tra<strong>di</strong>zionale, citata dall’Esodo (34,6), è ripresa nei <strong>salmi</strong>: «Dio <strong>di</strong> misericor<strong>di</strong>a<br />

e <strong>di</strong> grazia/pietà, YHWH, grande nell’amore e fedele» (86,15). «Buono e [pieno] <strong>di</strong> grazia/pietà,<br />

YHWH, grande nell’amore» (103,8; 145,8s). Ed è su questa pietà piena <strong>di</strong> amore che<br />

si appoggia <strong>il</strong> credente per ottenere da Dio grazia, pietà. «Dio <strong>di</strong> misericor<strong>di</strong>a e <strong>di</strong> pietà [...]<br />

abbi pietà <strong>di</strong> me» (86,16). «Intenerito per Sion, ne avrai pietà» (102,14) «YHWH ha pietà [...]<br />

<strong>il</strong> nostro Dio è misericor<strong>di</strong>oso» 116,5). Egli non può «<strong>di</strong>menticare <strong>di</strong> aver pietà» o «chiudere<br />

nell’ira la sua misericor<strong>di</strong>a» (77,10). Così risuona senza fine <strong>il</strong> grido: «Abbi pietà <strong>di</strong> me,<br />

YHWH» (4,2; 6,3; ecc.).<br />

Ancora una volta, l’uomo che ha beneficiato della misericor<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Dio ha <strong>il</strong> dovere <strong>di</strong> dare<br />

prova <strong>di</strong> pietà nei riguar<strong>di</strong> <strong>dei</strong> suoi fratelli: «Il giusto ha compassione [...] Egli ha sempre<br />

compassione» (37,21.26).<br />

BIBLIOGRAFIA COMMENTATA *<br />

ALONSO SCHÖKEL, L. – CARNITI, C., I Salmi, Roma 1992-1993, 2 voll.<br />

L’opera si apre con un’ampia introduzione <strong>di</strong> centoventicinque pagine sud<strong>di</strong>visa in due sezioni:<br />

storia dell’interpretazione <strong>dei</strong> Salmi e lavori in sospeso; introduzione ai Salmi. La problematica<br />

relativa al Salterio è affrontata quasi esaustivamente, con st<strong>il</strong>e, profon<strong>di</strong>tà, professionalità<br />

e sensib<strong>il</strong>ità letteraria. L’elemento più nuovo nella storia dell’interpretazione qui delineata<br />

è la parte de<strong>di</strong>cata all’antichità e al me<strong>di</strong>oevo. Sotto i titoli «lavori in sospeso» e «l’appropriazione»<br />

gli autori <strong>di</strong>spiegano la loro grande conoscenza del Salterio e le loro qualità pedagogiche,<br />

dando mostra d’in<strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>e profon<strong>di</strong>tà religiosa. La nutrita bibliografia è or<strong>di</strong>nata<br />

per temi.<br />

* V. MORLA ASENSIO, Libri sapienziali e altri scritti (Introduzione allo stu<strong>di</strong>o della Bibbia 5), Brescia 1997,<br />

360-364.


Introduzione ai Salmi 215<br />

I commenti ai Salmi seguono in parte le <strong>di</strong>rettrici <strong>dei</strong> gran<strong>di</strong> commenti. L’espressione «in<br />

parte» non ha qui valore <strong>di</strong> riduzione ma <strong>di</strong> somma. Alla già classica <strong>di</strong>sposizione «testo»,<br />

«bibliografia», «analisi f<strong>il</strong>ologica» ed «esegesi» gli autori aggiungono «stu<strong>di</strong>o globale» e<br />

«trasposizione cristiana». Nello stu<strong>di</strong>o globale si trovano i contributi più originali a partire<br />

dall’ambito della retorica, della linguistica e della letteratura; analisi <strong>di</strong> sonorità, in<strong>di</strong>viduazione<br />

<strong>di</strong> strutture, stu<strong>di</strong>o d’immagine e sistemi simbolici aiutano <strong>il</strong> lettore a leggere i Salmi in<br />

modo davvero nuovo. Nella trasposizione cristiana gli autori non si limitano a un repertorio <strong>di</strong><br />

commenti patristici o a un elenco <strong>di</strong> paralleli neotestamentari. Il contributo personale a partire<br />

dalla propria fede arricchisce la vali<strong>di</strong>tà del salmo in questione. Tutte queste qualità ne fanno<br />

uno <strong>dei</strong> tre migliori commenti ai <strong>salmi</strong> del secolo XX.<br />

BRIGGS, CH.A., The Book of Psalms (ICC), E<strong>di</strong>nburgh 1906, rist. 1976, 2 voll.<br />

Quest’opera appartiene al prestigioso «International Critical Commentary». Il primo volume<br />

comprende un’introduzione <strong>di</strong> novantuno pagine e <strong>il</strong> commento ai primi cinquanta Salmi.<br />

L’introduzione è de<strong>di</strong>cata al testo <strong>dei</strong> Salmi e alla poesia ebraica, alle teorie critiche elaborate<br />

nel corso della storia, alla canonicità e alla storia dell’interpretazione. Pressoché tutti i problemi<br />

e aspetti vengono affrontati con attenzione e profon<strong>di</strong>tà. Riguardo al commento, l’analisi<br />

del testo è magistrale, fino a oggi insuperata: minuzie grammaticali, valutazione delle varianti<br />

testuali, ricorso a co<strong>di</strong>ci ebraici o <strong>di</strong> altre versioni. Per contro, si registrano due importanti<br />

lacune: la scarsa sensib<strong>il</strong>ità letteraria e l’assenza quasi totale <strong>di</strong> afflato religioso.<br />

DAHOOD, M., Psalms (AB), New York 1965-70, 3 voll.<br />

Questo commento appartiene alla «Anchor Bible», <strong>di</strong> fama internazionale per i suoi straor<strong>di</strong>nari<br />

contributi. In realtà non si tratta precisamente <strong>di</strong> un’opera ascrivib<strong>il</strong>e al genere letterario<br />

del «commento», almeno nell’accezione tra<strong>di</strong>zionale del termine, ma <strong>di</strong> prolegomeni (cfr. vol.<br />

1, p. XVII). Nell’introduzione si troveranno informazioni sulle scoperte <strong>di</strong> Ugarit, sul problema<br />

del TM del Salterio e su questioni grammaticali e lessicografiche ebraiche. Al termine<br />

dell’opera, con la collaborazione <strong>di</strong> T. Penar, Dahood presenta un’interessante «grammatica<br />

del Salterio» (vol. 3, pp. 361-456) nella quale affronta questioni <strong>di</strong> ortografia, fonetica, pronomi,<br />

sostantivi, verbi, preposizioni, particelle, sintassi, proce<strong>di</strong>menti poetici e parallelismi<br />

lessicali tra <strong>il</strong> Salterio e la letteratura ugaritica. All’interno <strong>dei</strong> limiti che l’autore si è posto, si<br />

tratta indubbiamente <strong>di</strong> un’opera straor<strong>di</strong>naria. Il maggior rischio che presenta, tuttavia, consiste<br />

nello sforzo smodato che Dahood profonde per <strong>il</strong>luminare <strong>il</strong> testo <strong>dei</strong> Salmi a partire<br />

dall’ugaritico. Non si può negare che in alcuni casi i risultati rappresentino una gra<strong>di</strong>ta sorpresa,<br />

ma per lo più lasciano a desiderare. L’eccessiva fantasia finisce per rendere oscure parti<br />

del TM, non bisognose <strong>di</strong> chiarimenti.<br />

DELITZSCH, F., Biblischer Kommentar über <strong>di</strong>e Psalmen, Leipzig 5 1894, 3 voll. (1a ed. 1859-<br />

1860) (anche in tr. ingl. in un unico volume: Psalms, «Commentary on the Old Testament»,<br />

Grand Rapids 1980).<br />

Il commento è preceduto da un’estesa introduzione sulla problematica generale del <strong>libro</strong><br />

<strong>dei</strong> Salmi: collocazione del Salterio tra gli agiografi e i libri poetici; storia della composizione<br />

<strong>dei</strong> Salmi; origine della raccolta; musica e salmo<strong>di</strong>a; storia dell’interpretazione; considerazioni<br />

teologiche, ecc. Nello svolgimento del commento <strong>il</strong> lettore ammirerà la profonda conoscenza<br />

<strong>di</strong>mostrata dall’autore in campo linguistico (latino, greco, ebraico, aramaico, arabo) e<br />

<strong>il</strong> profondo significato religioso delle sue interpretazioni e osservazioni. D’altra parte la sua<br />

conoscenza della patristica arricchisce considerevolmente <strong>il</strong> commento, collegando con finezza<br />

<strong>il</strong> passato e <strong>il</strong> presente <strong>dei</strong> Salmi nella vita della chiesa. Perdonando all’autore alcuni pregiu<strong>di</strong>zi<br />

tipici dell’epoca, non è eccessivo affermare che è questo uno <strong>dei</strong> migliori sei commenti<br />

ai <strong>salmi</strong> che mai siano stati scritti.


216 Introduzione ai Salmi<br />

GUNKEL, H., Die Psalmen, Göttingen 1926, 5 1968.<br />

«L’epoca che ora volge al tramonto... era ben <strong>di</strong>sposta a lasciarsi impressionare dalle figure<br />

gran<strong>di</strong>ose e impressionanti <strong>dei</strong> profeti, ma era meno proclive a comprendere, con amorosa penetrazione,<br />

<strong>il</strong> mondo più semplice e uniforme <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>sti... I Salmi, <strong>dei</strong> quali già è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e<br />

in<strong>di</strong>viduare l’epoca <strong>di</strong> composizione, attiravano assai poco l’attenzione <strong>dei</strong> ricercatori e ad<strong>di</strong>rittura<br />

rischiavano <strong>di</strong> scomparire tra le brume <strong>di</strong> un’età tarda poco apprezzata da quella scuola<br />

(quella <strong>di</strong> Wellhausen) ... Possiamo così spiegarci perché molti <strong>dei</strong> nostri commenti ai <strong>salmi</strong>...<br />

non abbiano potuto superare una certa ari<strong>di</strong>tà e mancanza <strong>di</strong> sensib<strong>il</strong>ità. In questo campo, critica<br />

e scienza linguistica occupavano <strong>il</strong> primo piano, mentre retrocedevano sullo sfondo religiosità<br />

e poesia» (p. V, corsivo nostro).<br />

Questo brano, tratto dall’introduzione, definisce chiaramente <strong>il</strong> panorama della ricerca sui<br />

Salmi all’epoca <strong>di</strong> Gunkel e gli obiettivi e la portata della sua opera. Il suo straor<strong>di</strong>nario<br />

commento propone una nuova comprensione della poesia ebraica e un nuovo approccio allo<br />

spirito religioso <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Questo è <strong>il</strong> suo grande contributo alla storia della ricerca.<br />

GUNKEL, H., Einleitung in <strong>di</strong>e Psalmen, Göttingen 1933, 2 1966 (anche in traduzione spagnola:<br />

Introducción a los salmos, Valencia 1983; e in traduzione inglese: Introduction to the<br />

Psalms. The Genres of the Religious Lyric of Israel, Macon, Georgia 1998).<br />

In quest’opera <strong>il</strong> maestro tedesco espone i principi che ne guidano e informano <strong>il</strong> commento<br />

ai Salmi. Opera della maturità dell’autore (completata dal <strong>di</strong>scepolo Joachim Begrich) che<br />

inaugura un metodo e un’epoca; in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e nella biblioteca del frequentatore <strong>dei</strong> Salmi e<br />

dello stu<strong>di</strong>oso. Per un giu<strong>di</strong>zio si rinvia a quanto se ne è detto in questo capitolo.<br />

JACQUET, L., Les Psaumes et le coeur de l’homme, Bruxelles 1975-1979, 3 voll.<br />

Dopo alcune considerazioni preliminari <strong>di</strong> carattere generale, quest’opera monumentale si<br />

apre con una bibliografia <strong>di</strong> trentaquattro pagine. L’introduzione (pp. 67-197) affronta la consueta<br />

tematica propedeutica: posizione del Salterio nella Bibbia e canonicità; numero e numerazione<br />

<strong>dei</strong> Salmi; le raccolte del Salterio; titoli e intestazioni; origine <strong>dei</strong> Salmi; testo e versioni;<br />

struttura poetica <strong>dei</strong> Salmi; Salmi biblici e poemi profani; <strong>il</strong> Salterio, <strong>libro</strong> <strong>di</strong> preghiera<br />

universale; consigli per un uso proficuo del Salterio; <strong>il</strong> Salterio e le liturgie.<br />

Il para<strong>di</strong>gma analitico applicato a ciascun salmo è composto dalle seguenti parti: traduzione;<br />

presentazione; annotazioni critiche; note esegetiche; orientamento cristiano; ut<strong>il</strong>izzazione<br />

neotestamentaria e/o liturgica; conclusioni. La presentazione offre considerazioni sul genere<br />

letterario, la trasmissione del testo, l’epoca <strong>di</strong> composizione, i possib<strong>il</strong>i riferimenti storici, ecc.<br />

Le annotazioni critiche sul testo sono brevi ma sufficienti. Le note esegetiche costituiscono <strong>il</strong><br />

commento vero e proprio, versetto per versetto. Nell’orientamento cristiano l’autore non ricorre<br />

solo al Nuovo Testamento, alla patristica e ad altri commentatori moderni; cita spesso<br />

anche scrittori cristiani moderni e contemporanei (Pascal, Claudel, Bernanos, Ch. de Foucauld,<br />

ecc.). La sezione intitolata «Per concludere» è una pia orazione, opera dell’autore, collegata<br />

alla tematica del salmo in questione. A favore <strong>di</strong> questo commento vi è <strong>il</strong> ricorso alla<br />

patristica e alla tra<strong>di</strong>zione giudaica; contro si può addurre la farraginosità, la mancanza<br />

d’interesse letterario e <strong>di</strong> slancio critico e una tendenza spiritualeggiante un po’ datata.<br />

KRAUS, H.-J., Psalmen, Neukirchen/Vluyn 1960, 5 1978, 2 voll. (tr. sp. del solo vol. 1: Los<br />

salmos 1, Salamanca 1993).<br />

Opera già classica, sulla linea <strong>dei</strong> gran<strong>di</strong> commenti ai Salmi. L’introduzione, ampia e documentata,<br />

affronta gli aspetti tipici del genere: titolo del <strong>libro</strong> e situazione canonica; testo e<br />

versioni; <strong>il</strong> Salterio come raccolta; titoli e altre annotazioni <strong>dei</strong> Salmi; forma poetica; generi e<br />

contesto vitale; rapporto con la storia d’Israele; storia dell’origine e della tra<strong>di</strong>zione <strong>dei</strong> Salmi;<br />

teologia; bibliografia. Nel commento vero e proprio l’autore sfoggia una sorprendente eru<strong>di</strong>zione<br />

che pone <strong>il</strong> <strong>libro</strong> all’avanguar<strong>di</strong>a delle opere <strong>di</strong> questo genere. Tuttavia, in generale, si


Introduzione ai Salmi 217<br />

nota una regressione rispetto ai commentari precedenti, come quelli <strong>di</strong> Delitzsch e <strong>di</strong> Gunkel:<br />

scarseggia la sensib<strong>il</strong>ità letteraria e religiosa. D’altra parte, la sua insistenza sull’ipotetica festa<br />

<strong>di</strong> Sion soffoca in certi casi le potenzialità teologiche <strong>di</strong> alcuni Salmi.<br />

KRAUS, H.-J., Teologia <strong>dei</strong> Salmi, Brescia 1989 (ed. or. Theologie der Psalmen, Neukirchen<br />

1979).<br />

Ottimo <strong>libro</strong>, opera d’in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e consultazione nel suo genere. Consta <strong>di</strong> sette capitoli:<br />

sei incentrati propriamente sulla teologia del Salterio e uno relativo ai Salmi nel Nuovo Testamento.<br />

Lo schema tematico è relativamente tra<strong>di</strong>zionale: natura <strong>di</strong> YHWH (cap. I «Il Dio<br />

d’Israele») e del popolo (cap. II «Il popolo <strong>di</strong> Dio»); istituzioni: <strong>il</strong> santuario (cap. III) e <strong>il</strong> re<br />

(cap. IV); elementi estranei nello schema precedente (cap. V «Le potenze nemiche»); l’uomo<br />

<strong>di</strong> fronte a Dio (VI). Pur riconoscendo la profon<strong>di</strong>tà e l’eru<strong>di</strong>zione dell’opera (peraltro sommamente<br />

raccomandab<strong>il</strong>e), le si può muovere una critica <strong>di</strong> carattere generale: ci si chiede se<br />

sia metodologicamente corretto l’orientamento dogmatico in forza del quale si comincia parlando<br />

della natura del Dio d’Israele per terminare con la tematica dell’«uomo <strong>di</strong> fronte a Dio».<br />

MOWINCKEL, S., Psalmenstu<strong>di</strong>en, Christiania 1921-1924, 6 voll.<br />

Opera eccezionale del grande maestro norvegese. In essa l’autore presenta molti materiali<br />

importanti sui problemi più urgenti della sua epoca relativamente al Salterio. Nel primo volume<br />

si viene informati sulla sua ricerca sul contesto vitale delle lamentazioni in<strong>di</strong>viduali, in<br />

particolare sulla natura <strong>dei</strong> «nemici» del <strong>salmi</strong>sta, i «malfattori», a partire dal termine ’āwen.<br />

Il secondo è de<strong>di</strong>cato alla presentazione della tesi sui <strong>salmi</strong> (e la festa) d’intronizzazione, e<br />

sulle conseguenze che ne derivano per la comprensione dell’escatologia dell’Antico Testamento.<br />

Il terzo affronta i temi relativi al rapporto tra profezia e culto a partire da alcuni Salmi<br />

(veggente e sacerdote; <strong>il</strong> nābî’ al servizio del culto; l’oracolo cultuale, ecc.). Nel quarto volume<br />

Mowinckel stu<strong>di</strong>a i dati ricorrenti nelle intestazioni <strong>dei</strong> Salmi (termini musicali; espressioni<br />

relative alla loro esecuzione o a <strong>di</strong>verse situazioni storiche, ecc.). Il quinto è de<strong>di</strong>cato al<br />

problema delle formule <strong>di</strong> bene<strong>di</strong>zione e <strong>di</strong> male<strong>di</strong>zione nel culto in generale e nei Salmi in<br />

particolare, sulla base della storia delle religioni. Nel sesto viene presentato uno stu<strong>di</strong>o approfon<strong>di</strong>to<br />

della poesia e <strong>dei</strong> poeti del Salterio: i veri autori e l’origine delle presunte paternità riscontrab<strong>il</strong>i<br />

nelle intestazioni <strong>dei</strong> Salmi. Sebbene molte tesi proposte da Mowinckel in questa<br />

opera siano state superate o ri<strong>di</strong>mensionate da ricerche ulteriori, i suoi stu<strong>di</strong> sono ancor oggi<br />

un punto <strong>di</strong> riferimento obbligato.<br />

MOWINCKEL, S., The Psalms in Israel’s Worship, Oxford 1967, 2 voll.<br />

Senza dubbio si tratta dell’opera più rappresentativa <strong>di</strong> Mowinckel, nella quale vengono in<br />

sostanza affrontati tutti i temi relativi al Salterio. La maturità <strong>di</strong> pensiero e la ricchezza <strong>di</strong> dati<br />

compensano alcune opinioni eccessivamente audaci e comunque non stravaganti, come alcuni<br />

ingiustamente ritengono. Se si eccettua la <strong>di</strong>fesa ossessiva del contesto cultuale come luogo<br />

quasi esclusivo <strong>dei</strong> Salmi e qui e là la tendenza a ut<strong>il</strong>izzare acriticamente i risultati della scuola<br />

storico-religiosa come soluzione <strong>di</strong> alcuni problemi posti dai Salmi, si può affermare <strong>di</strong> trovarsi<br />

<strong>di</strong> fronte a una delle gran<strong>di</strong> opere <strong>di</strong> ricerca <strong>di</strong> tutti i tempi.<br />

RAVASI, G., Il <strong>libro</strong> <strong>dei</strong> Salmi, Bologna 1981-1984, 3 voll.<br />

Quest’opera monumentale sui <strong>salmi</strong> (circa trem<strong>il</strong>a pagine) aspira a occupare un posto tra i<br />

gran<strong>di</strong> commenti dell’epoca attuale. Il para<strong>di</strong>gma analitico <strong>di</strong> ciascuna unità è invariab<strong>il</strong>e: traduzione;<br />

testo e contesto; <strong>di</strong>mensione letteraria; lettura esegetica. La traduzione è piuttosto<br />

aderente alla lettera. Al riguardo si registra la mancanza <strong>di</strong> un serio esame <strong>dei</strong> problemi testuali,<br />

ridotto qui ai minimi termini. Con l’ambigua formula testo e contesto, l’autore si riferisce<br />

alla fortuna del salmo in questione nella tra<strong>di</strong>zione cristiana e giudaica, e insieme nella letteratura<br />

e nelle arti in genere. Le minuziose analisi letterarie sono orientate alla ricerca <strong>di</strong> strutture.<br />

Questo sforzo encomiab<strong>il</strong>e è purtroppo assente in altri celebri commenti. Tali strutture, tut-


218 Introduzione ai Salmi<br />

tavia, si rivelano talvolta pericolosamente forzate o artificiali. In ogni caso si deve riconoscere<br />

la sensib<strong>il</strong>ità letteraria dell’autore, che affronta con indubbia sicurezza analisi <strong>di</strong> immagini o<br />

<strong>di</strong> sistemi simbolici, ai quali sfortunatamente sono così poco inclini gli autori <strong>di</strong> alcuni «gran<strong>di</strong>»<br />

commenti. La lettura esegetica è ampia, colta, ben orientata e fonte <strong>di</strong> arricchimento per <strong>il</strong><br />

lettore. Due aspetti dell’opera offuscano l’indubbio valore dell’insieme. L’autore ricorre a uno<br />

st<strong>il</strong>e farraginoso e ripetitivo che finisce per produrre una certa irritazione. Segnaliamo, poi,<br />

l’assenza <strong>di</strong> una sezione finale de<strong>di</strong>cata a una bibliografia scelta. I dati bibliografici, quasi<br />

esaustivi, si trovano sparsi lungo tutto <strong>il</strong> commento, <strong>il</strong> che ne pregiu<strong>di</strong>ca i vantaggi e l’ut<strong>il</strong>ità.<br />

SABOURIN, L., Le livre des Psaumes, Montréal-Paris 1988.<br />

Pur mancando in generale <strong>di</strong> originalità, questo commento è d’in<strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>e ut<strong>il</strong>ità per<br />

l’esposizione sintetica del contenuto teologico e della problematica <strong>di</strong> ciascun salmo. Si potrebbe<br />

<strong>di</strong>re che è un’opera «sufficiente» per quantità e qualità. Sufficiente non solo per ciò che<br />

riguarda la presentazione della problematica generale del Salterio (in una introduzione <strong>di</strong> 61<br />

pagine), ma per la sobrietà nella presentazione <strong>dei</strong> dati letterari, esegetici e teologici.<br />

WEISER, A., I Salmi, Brescia 1984, 2 voll. (ed. or. Die Psalmen, Göttingen 7 1966).<br />

È uno <strong>dei</strong> sei migliori commenti <strong>di</strong> tutti i tempi. Sommamente raccomandab<strong>il</strong>e per spirito<br />

critico, elevato livello <strong>di</strong> ricerca, vastità <strong>di</strong> conoscenze e sensib<strong>il</strong>ità letteraria, virtù quest’ultima<br />

estranea ai commentatori della sua epoca e in altri posteriori. Vi è una sola obiezione:<br />

l’eccessiva r<strong>il</strong>evanza accordata alle tra<strong>di</strong>zioni dell’alleanza nel Salterio, in particolare alla festa<br />

<strong>di</strong> rinnovamento dell’alleanza come base interpretativa <strong>di</strong> gran parte <strong>dei</strong> Salmi.<br />

Bibliografia in italiano [a cura <strong>di</strong> D. SCAIOLA, in Parole <strong>di</strong> Vita, 50/1 (2005) 47-48]<br />

Contrariamente a quanto spesso succede con i libri dell’Antico Testamento, per i quali è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e reperire una<br />

bibliografia in lingua italiana, nel caso del <strong>libro</strong> <strong>dei</strong> Salmi esistono molti strumenti, anche fac<strong>il</strong>mente accessib<strong>il</strong>i.<br />

Introduzioni<br />

Per quanto riguarda le introduzioni al Salterio consigliamo (in or<strong>di</strong>ne cronologico) tre libri: H. RAGUER, Introduzione<br />

ai Salmi, Borla, Roma 1997; A. WÉNIN, Entrare nei Salmi, EDB, Bologna 2002 e A. MELLO, I Salmi:<br />

un <strong>libro</strong> pre pregare, E<strong>di</strong>zioni Qigajon, Magnano 2007 Si tratta <strong>di</strong> strumenti ag<strong>il</strong>i, dal linguaggio semplice, ma<br />

dal contenuto sostanzioso, che, da punti <strong>di</strong> vista <strong>di</strong>versi, costituiscono un’ottima introduzione a tutto <strong>il</strong> <strong>libro</strong>.<br />

Esistono anche introduzioni più brevi, come quella <strong>di</strong> V. SCIPPA, «Salmi», in La Bibbia Piemme, Piemme,<br />

Casale Monferrato 2 1996, 1188-1416.<br />

Segnaliamo infine l’esistenza <strong>di</strong> introduzioni <strong>di</strong> carattere più spirituale, tra le quali in<strong>di</strong>chiamo: D. BONHOEF-<br />

FER, Pregare i Salmi con Cristo, Queriniana, Brescia 1978, un <strong>libro</strong> breve, ma ricco dal punto <strong>di</strong> vista teologico;<br />

ed E. BIANCHI, Pregare i Salmi, Gribau<strong>di</strong>, Torino 1997.<br />

Commentari<br />

In genere i commentari de<strong>di</strong>cati ai <strong>salmi</strong> sono testi voluminosi. Tra i più accessib<strong>il</strong>i e attenti alle nuove tendenze<br />

esegetiche segnaliamo in modo particolare: T. LORENZIN, I Salmi, Paoline, M<strong>il</strong>ano 2 2001.<br />

Altri commentari «classici» sono: G. RAVASI, Il <strong>libro</strong> <strong>dei</strong> Sаlmi. Commento e attualizzazione, 3 voll., EDB,<br />

Bologna 1981-1984; L. ALОNSO ЅСHÖKEL - C. CARNITI, I Salmi, 2 voll., Borla, Roma 1992-1993.<br />

Si vedano anche i volumi <strong>di</strong> M. GIRARD, I Salmі, specchio della vita <strong>dei</strong> poveri, San Paolo, Cinisello Balsamo<br />

1994; e <strong>di</strong> C. WESTERMANN, Salmi. Generi ed esegesi, Piemme, Casale Monferrato 1990. Si tratta <strong>di</strong> commentari<br />

al Salterio che operano una selezione tra i <strong>salmi</strong>, quin<strong>di</strong> rientrano in questa rubrica, anche se non fanno<br />

un’analisi esegetica <strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> <strong>libro</strong>.<br />

Alcuni commentari adottano un approccio «spirituale»: A. DEISSLER, I Salmi. Esegesi e spiritualità, Città<br />

Nuova, Roma 2 1991. E. BEAUCAMP, Dai Salmi al «Pater». Commento teologico-spirituale al Salterio, San Paolo,<br />

Cinisello Balsamo 1991; M. CIMOSA, «Con te non temo alcun male» (Salmi 1–25); ID., «Nelle tue mani la<br />

mia vita» (Salmi 26–50); ID., «Se avessi ali <strong>di</strong> una colomba» (Salmi 51–75), E<strong>di</strong>zioni Dehoniane, Roma 1995-<br />

1997.


Introduzione ai Salmi 219<br />

Mondo ebraico<br />

Segnaliamo anche la traduzione <strong>di</strong> un commento «antico», me<strong>di</strong>evale per la precisione, proveniente dal mondo<br />

ebraico, e interessante per <strong>il</strong> tipo <strong>di</strong> approccio che segue: D. KIMCHI, Commento ai Salmi, 3 voll., Città Nuova,<br />

Roma 1991-2001.<br />

Un’antologia tratta dalla tra<strong>di</strong>zione ebraica e tradotta in italiano si può trovare nel bel <strong>libro</strong> <strong>di</strong> A. MELLO<br />

(ed.), Un mondo <strong>di</strong> grazia. Letture dal midrash sui Salmi. Midrash Teh<strong>il</strong>lim, Qiqajon, Magnano 1995.<br />

Un approccio sim<strong>il</strong>e, sempre proveniente dal mondo ebraico, è presente anche nelle opere <strong>di</strong> D. LIFSCHITZ, È<br />

tempo <strong>di</strong> cantare. Il grande Salterio, 3 voll., EDB, Bologna 1998-2002.<br />

Commenti <strong>di</strong> tipo liturgico<br />

Esistono vari strumenti <strong>di</strong> questo tipo, ma ci limitiamo a segnalare <strong>il</strong> testo <strong>di</strong> M. GILBERT, Ogni vivente <strong>di</strong>a<br />

lode al Signore. Commento <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> delle domeniche e delle feste, 3 voll., AdP, Roma 1991-1992. Come recita <strong>il</strong><br />

sottotitolo, non si tratta <strong>di</strong> un commentario integrale al <strong>libro</strong> <strong>dei</strong> Salmi, ma <strong>di</strong> un commento che presenta i <strong>salmi</strong><br />

responsoriali delle domeniche e delle feste. Non c’è quin<strong>di</strong> tutto, ma la prospettiva <strong>di</strong> lettura adottata è interessante.<br />

Uno specialista <strong>di</strong> fama mon<strong>di</strong>ale mostra come si coniugano eru<strong>di</strong>zione e spiritualità.<br />

Stu<strong>di</strong> particolari<br />

Quest’ultima sezione raccoglie testi eterogenei.<br />

Innanzitutto ricor<strong>di</strong>amo alcuni commenti de<strong>di</strong>cati a gruppi <strong>di</strong> <strong>salmi</strong>: L. ALONSO ЅСHÖKEL, Trenta <strong>salmi</strong>: poesia<br />

e preghiera, EDB, Bologna 1982. È un commentario piuttosto tecnico, ma molto interessante, anche se, come<br />

<strong>di</strong>ce <strong>il</strong> titolo, vengono commentati «solo» trenta <strong>salmi</strong>. P. ЅTАNCARI, I passi <strong>di</strong> un pellegrino. I canti delle ascensioni<br />

(Salmi 120–134), Ancora, M<strong>il</strong>ano 1992. R. VIGNOLO, S<strong>il</strong>labe preziose. Quattro <strong>salmi</strong> per pensare e pregare,<br />

Vita e Pensiero, M<strong>il</strong>ano 1997 si concentra su quattro <strong>salmi</strong> (8; 130; 77; 42–43) in chiave esegetico-teologica,<br />

ma anche con un’apertura alla preghiera, com’è esplicitato già nel sottotitolo.<br />

Recentemente è stato ristampato <strong>il</strong> bel <strong>libro</strong> <strong>di</strong> P. BEAUCHAMP, Salmi notte e giorno, Cittadella, Assisi 2002.<br />

Una lettura <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> carattere prettamente me<strong>di</strong>tativo, praticata secondo <strong>il</strong> metodo della lectio <strong>di</strong>vina si<br />

può trovare in V. SCIPPA, Salmi, 4 voll., EMP, Padova 2002-2004.<br />

Segnaliamo anche degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> carattere più complessivo: W. HOLLADAY, La storia <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>. Da 3000 anni<br />

poesia e preghiera, Piemme, Casale Monferrato 1998; P. GRELOT, Il mistero <strong>di</strong> Cristo nei Salmi, EDB, Bologna<br />

2000.<br />

Infine, i sei numeri dell’intera annata 2005 <strong>di</strong> Parole <strong>di</strong> vita sono de<strong>di</strong>cati a «Il <strong>libro</strong> <strong>dei</strong> Salmi».


SAGGI DI ESEGESI<br />

Nella lettura esegetica <strong>di</strong> alcuni Salmi si seguirà <strong>il</strong> criterio <strong>di</strong> esemplificare gli attuali orientamenti<br />

ermeneutici nello stu<strong>di</strong>o del Salterio e <strong>di</strong> offrire saggi <strong>dei</strong> <strong>di</strong>versi generi letterari, delle<br />

tematiche teologiche e infine delle problematiche che <strong>il</strong> Salterio suscita nei credenti che <strong>dei</strong><br />

Salmi nutrono la loro preghiera.<br />

1. Un primo saggio è de<strong>di</strong>cato ai Salmi iniziali 1 e 2, ai Salmi finali 148, 149 e 150 e al Salmo<br />

22. Si tratta del tentativo <strong>di</strong> proporre un quadro teologico e concettuale entro cui collocare<br />

l’attuale successione <strong>dei</strong> 150 Salmi che compongono <strong>il</strong> Salterio, inteso come <strong>libro</strong> unitario.<br />

2. Ancora nella prospettiva del Salterio come <strong>libro</strong> unitario si muove lo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> Salmi 50<br />

e 51 letti insieme come esempio della successione <strong>dei</strong> vari Salmi imposta dal loro uso nella<br />

liturgia. I due Salmi in questione vengono letti come due momenti <strong>di</strong> una liturgia penitenziale.<br />

3. Il Salmo 110 viene stu<strong>di</strong>ato come esempio del genere letterario “Salmi regali”.<br />

Tenendo conto che anche per i Salmi analizzati secondo prospettive <strong>di</strong>verse e particolari<br />

si pone un’attenzione precisa al genere letterario, nell’insieme <strong>dei</strong> saggi <strong>di</strong> esegesi si avrà una<br />

esemplificazione <strong>dei</strong> maggiori generi letterari.<br />

4. Lo stu<strong>di</strong>o del Salmo 8 permetterà considerazioni sintetiche sull’intera teologia del Salterio,<br />

se non ad<strong>di</strong>rittura sull’intera teologia biblica.<br />

5. Analizzando, infine, i Salmi 83, 58 e 94, si affronterà la questione problematica <strong>dei</strong><br />

“Salmi imprecatori” o Salmi <strong>di</strong> vendetta. È legittimo pregare la violenza? La Chiesa, che fa<br />

della preghiera <strong>dei</strong> Salmi la sua preghiera ufficiale, deve epurare <strong>il</strong> Salterio?


IL SALTERIO DALL’INIZIO ALLA FINE *<br />

Nelle pagine precedenti, sulla scorta <strong>dei</strong> risultati raggiunti dagli stu<strong>di</strong>osi, abbiamo tracciato<br />

le linee generali per una storia della formazione del <strong>libro</strong> <strong>dei</strong> Salmi, in prospettiva <strong>di</strong>acronica.<br />

Ora è tempo <strong>di</strong> prendere consapevolezza che <strong>il</strong> Salterio in una lettura sincronica, nella sua redazione<br />

finale, non è una semplice raccolta <strong>di</strong> preghiere poetiche poste per caso le une accanto<br />

alle altre. La concatenazione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> e la <strong>di</strong>sposizione generale del <strong>libro</strong> rispondono probab<strong>il</strong>mente<br />

a una coerenza, se non ad<strong>di</strong>rittura a un progetto teologico. Da una ventina d’anni<br />

taluni ricercatori si interessano <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e questione e tentano <strong>di</strong> scoprire <strong>il</strong> segreto del<br />

Salterio come <strong>libro</strong> 1 . Qui non si vuole trattare l’argomento in lungo e in largo, ma le letture<br />

che proporrò man mano in questo capitolo lo riguardano da vicino.<br />

Infatti, leggendo prima l’inizio del Salterio (Sal 1 e 2) e poi la sua conclusione (Sal 148–<br />

150), vorrei tentare <strong>di</strong> mettere in luce una linea <strong>di</strong> coerenza che, a mio avviso, attraversa l’intero<br />

<strong>libro</strong>. Vale a <strong>di</strong>re che <strong>il</strong> Salterio mette in scena, se così posso esprimermi, un mondo dove,<br />

sotto lo sguardo <strong>di</strong> un Dio <strong>di</strong> vita, i protagonisti si trovano alle prese col male, siano essi ora<br />

attori, ora vittime, ora spettatori 2 . Dopo avere così mostrato come <strong>il</strong> Salterio inizi e si concluda,<br />

entrerò, servendomi del Sal 22, nel cuore del dramma evocato dall’intero <strong>libro</strong>.<br />

1. L’APERTURA DEL SALTERIO: I SALMI 1 E 2<br />

Il Sal 1 deve forse la sua fortuna al fatto che apre <strong>il</strong> Salterio. Ma questa sua collocazione<br />

probab<strong>il</strong>mente non <strong>di</strong>pende dal caso, poiché questo poema, opponendo <strong>il</strong> giusto ai malvagi, dà<br />

vita fin dall’inizio ai personaggi che gli altri <strong>salmi</strong> metteranno in scena. Per <strong>di</strong> più, situando la<br />

loro opposizione sul terreno del contrasto col male, imposta lo scenario <strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> <strong>libro</strong>. Il Sal<br />

2 dà <strong>il</strong> cambio, come se volesse sdoppiare <strong>il</strong> primo e arricchire in tal modo la chiave <strong>di</strong> lettura.<br />

Vi compaiono infatti altri personaggi che vengono a sovrapporsi ai primi, inserendosi nel<br />

quadro <strong>di</strong> una lotta dove si precisa l’opposizione <strong>di</strong> cui si parla nel Sal 1.<br />

Gli specialisti hanno molto <strong>di</strong>scusso sul genere letterario del primo salmo. Spesso, lo si è<br />

rubricato tra quei <strong>salmi</strong> <strong>di</strong>dattici, o sapienziali, composti da saggi a scopo <strong>di</strong> istruzione privata,<br />

ma forse anche in vista <strong>di</strong> un uso cultuale. Peraltro, questo poema dal linguaggio sintetico<br />

ed evocatore è anche una lode alla rivelazione del Signore che traccia un cammino <strong>di</strong> vita. Ma<br />

una tale colorazione teologica non è rara presso i saggi <strong>di</strong> Israele, come pure <strong>il</strong> tema delle<br />

«due vie». D’altronde <strong>il</strong> Sal 1 si sottrae forse a ogni classificazione, nella misura in cui ha potuto<br />

essere composto per servire da porta d’ingresso all’intero <strong>libro</strong>. Ma ecco, per prima cosa,<br />

una traduzione letterale <strong>di</strong> questo salmo:<br />

* A. WÉNIN, Entrare nei Salmi (Stu<strong>di</strong> biblici 41), Bologna 2002, 63-111.<br />

1 Si veda l’opera <strong>di</strong> J.-M. AUWERS, La composition littéraire du Psautier. État de la question (Cahiers de la<br />

Revue biblique 46), Gabalda, Paris 2000. Segno <strong>dei</strong> nuovi orientamenti ermeneutici nello stu<strong>di</strong>o del Salterio<br />

sono tre recenti pubblicazioni presentate inizialmente come tesi <strong>di</strong> dottorato al Pontificio <strong>Istituto</strong> Biblico sotto la<br />

<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Pietro Bovati: S. BAZYŁIŃSKI, I Salmi 20–21 nel contesto delle preghiere regali, Roma 1999; D.<br />

SCAIOLA, «Una cosa ha detto Dio, due ne ho u<strong>di</strong>te». Fenomeni <strong>di</strong> composizione appaiata nel Salterio<br />

Masoretico, Roma 2002; G. STROLA, Il desiderio <strong>di</strong> Dio. Stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> Salmi 42–43, Assisi 2003.<br />

2 L’essenziale <strong>di</strong> queste riflessioni costituisce l’oggetto <strong>di</strong> una presentazione maggiormente argomentata in<br />

un articolo pubblicato nel volume <strong>di</strong> omaggio a P. Beauchamp, <strong>di</strong>retto da P. BOVATI e R. MEYNET, Ouvrir les<br />

Écritures (Lectio Divina 162), Paris 1995, 151-176.


222 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine<br />

1<br />

A. Felice l’uomo<br />

che non è andato nel consiglio <strong>dei</strong> malvagi<br />

e nel cammino <strong>dei</strong> peccatori non si è fermato<br />

e nella <strong>di</strong>mora / nella sede degli schernitori<br />

non ha <strong>di</strong>morato / non si è seduto,<br />

2<br />

B. ma piuttosto nella legge <strong>di</strong> YHWH suo desiderio / piacere<br />

e nella sua legge mormora (senza tregua) giorno e notte;<br />

3<br />

C. sarà come un albero piantato vicino a canali d’acque<br />

che <strong>il</strong> suo frutto darà a suo tempo<br />

e <strong>il</strong> cui fogliame non appassirà<br />

D. – tutto ciò che farà riuscirà.<br />

4<br />

D’. Non così i malvagi,<br />

C’. ma piuttosto come la pula che un vento <strong>di</strong>sperderà.<br />

5<br />

B’. È così che<br />

non si alzeranno i malvagi nel giu<strong>di</strong>zio<br />

e i peccatori nell’assemblea <strong>dei</strong> giusti;<br />

6<br />

A’. ma YHWH conosce <strong>il</strong> cammino <strong>dei</strong> giusti,<br />

tuttavia <strong>il</strong> cammino <strong>dei</strong> malvagi si smarrirà.<br />

1.1. SALMO 1: STRUTTURA E OPPOSIZIONI<br />

Diverse proposte <strong>di</strong> struttura sono state avanzate per questo salmo. Valorizzando questo o<br />

quell’elemento ricorrente, si ottengono effettivamente risultati <strong>di</strong>fferenti. Ma non è detto che i<br />

<strong>di</strong>versi accostamenti che si possono operare nel poema debbano necessariamente potersi sintetizzare<br />

in una sola e identica struttura. Ecco alcune osservazioni che mirano a mettere in r<strong>il</strong>ievo<br />

alcune delle simmetrie letterarie in<strong>di</strong>viduab<strong>il</strong>i.<br />

L’unità del poema è sottolineata dall’inclusione tra le parole cammino e malvagi (con <strong>il</strong> suo<br />

parallelo peccatori) che leggiamo ai vv. 1 e 5-6. Così, opponendo due cammini, quello <strong>dei</strong><br />

giusti e quello <strong>dei</strong> malvagi, <strong>il</strong> v. 6 si collega al v. 1 dove l’uomo <strong>di</strong> cui si parla non procede sul<br />

cammino <strong>dei</strong> malvagi, prendendo quin<strong>di</strong> un altro cammino. Le due parole estreme, felice e si<br />

smarrirà, contribuiscono a rafforzare l’antitesi tra le due parti presenti. In maniera più blanda,<br />

possiamo ancora in<strong>di</strong>viduare un’altra opposizione tra <strong>il</strong> consiglio <strong>dei</strong> malvagi al v. 1 e l’assemblea<br />

<strong>dei</strong> giusti della fine del v. 5 (con assonanza in ebraico). Tutti questi elementi inclusivi<br />

contribuiscono così a forgiare un’antitesi tra giusti e malvagi.<br />

La cesura principale del salmo si colloca al v. 4. Con le parole non così <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta sembra<br />

negare, a proposito <strong>dei</strong> malvagi, tutto ciò che ha detto prima dell’uomo che me<strong>di</strong>ta la Legge.<br />

Una cesura del genere si impone in quanto riprende, per rafforzarla, l’opposizione tracciata<br />

dall’inclusione. Infatti, isolate, le estremità <strong>di</strong> queste due parti riassumono magnificamente<br />

l’antitesi: da una parte felice l’uomo... ciò che farà riuscirà (vv. 1-3) e, dall’altra, non così i<br />

malvagi... <strong>il</strong> loro cammino si smarrirà (vv. 4-6). Si ottengono dunque due sezioni contrastate,<br />

delle quali si deve adesso esplorare <strong>il</strong> dettaglio.<br />

In queste due sezioni (vv. 1-3 e 4-6), l’opposizione fondamentale riappare. Nella prima, la<br />

condotta dell’uomo che me<strong>di</strong>ta la Legge è descritta in contrasto con quella <strong>dei</strong> malvagi, <strong>dei</strong><br />

peccatori e degli schernitori (v. 1), prima <strong>di</strong> ricevere una qualifica positiva e in<strong>di</strong>pendente (v.<br />

2). Nella seconda parte, secondo una simmetria in chiasmo, la sorte <strong>dei</strong> malvagi è in primo<br />

luogo definita in se stessa (v. 5) prima <strong>di</strong> essere descritta per contrasto con quella <strong>dei</strong> giusti (v.<br />

6). Al centro (vv. 3 e 4), l’opposizione <strong>dei</strong> rispettivi destini è espressa con immagini vegetali<br />

che, come vedremo, si corrispondono. A livello del contenuto, una figura concentrica sembra<br />

dunque delinearsi (A B C | C’ B’ A’).<br />

Per quanto riguarda <strong>il</strong> centro (vv. 3-4, C e C’), è possib<strong>il</strong>e un’ulteriore precisazione. Infatti,<br />

le immagini non occupano tutto lo spazio, poiché la fine del v. 3 e l’inizio del successivo non<br />

<strong>di</strong>pendono dall’immagine. È forse perciò necessario isolarle e <strong>di</strong>stinguere immagine dell’albero<br />

(C) e successo (D), negazione del successo (D’) e immagine della pula (C’). Così, si ve-


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine 223<br />

de meglio che le due immagini <strong>il</strong>lustrano <strong>il</strong> contrasto affermato al centro 3 . Questa osservazione<br />

mette in r<strong>il</strong>ievo l’unità <strong>di</strong> tale centro che garantisce <strong>il</strong> passaggio dalla prima alla seconda<br />

parte, agganciandole solidamente l’una all’altra.<br />

A Agire dell’uomo opposto a quello <strong>dei</strong> malvagi (v. 1)<br />

B Attaccamento dell’uomo alla Legge (v. 2)<br />

C Immagine vegetale dell’albero fiorente (v. 3a)<br />

D Successo dell’uomo (v. 3b)<br />

D’ Scacco <strong>dei</strong> malvagi (v. 4a)<br />

C’ Immagine vegetale della pula (v. 4b)<br />

B’ Sorte negativa <strong>dei</strong> malvagi (v. 5)<br />

A’ Sorte <strong>dei</strong> giusti opposta a quella <strong>dei</strong> malvagi (v. 6)<br />

Se per un istante lasciamo da parte <strong>il</strong> contenuto per attenerci ai soli in<strong>di</strong>zi letterari, la simmetria<br />

appare in modo un po’ <strong>di</strong>verso. Così, i vv. 1 e 5 sv<strong>il</strong>uppano entrambi <strong>il</strong> parallelo tra<br />

malvagi e peccatori, mentre oppongono, come si è visto, <strong>il</strong> consiglio <strong>dei</strong> malvagi e l’assemblea<br />

<strong>dei</strong> giusti, con assonanza a sostegno. Allo stesso modo, i vv. 2 e 6 possono essere tra loro<br />

accostati a motivo delle due sole menzioni del nome <strong>di</strong>vino YHWH e a causa della ripetizione<br />

<strong>dei</strong> quasi-sinonimi legge (due volte al v. 2) e cammino (due volte al v. 6), poiché questo secondo<br />

termine viene spesso ut<strong>il</strong>izzato come metafora per la Legge. Questi segni formali sottolineano<br />

così un parallelismo tra i vv. 1-2 e 5-6, secondo <strong>il</strong> modello A B | A’ B’. I numerosi legami<br />

già in<strong>di</strong>viduati tra le due estremità del poema ne risultano confermati: come i comportamenti<br />

dell’uomo e <strong>dei</strong> malvagi si <strong>di</strong>fferenziano tra loro ra<strong>di</strong>calmente, così anche le loro sorti<br />

<strong>di</strong>vergeranno definitivamente.<br />

Infine, se si osserva con attenzione la sintassi delle frasi, emerge un’altra figura. Per tre<br />

volte <strong>il</strong> salmo ripete la stessa sequenza: non... ma (vv. 1-2.4 e 5-6). Le prime due volte la<br />

struttura è più complessa: non... ma piuttosto... come... (vv. 1-3 e 4): vi si oppone la lunga descrizione<br />

dell’uomo che ha rifiutato <strong>il</strong> male (tre volte non), me<strong>di</strong>ta la Legge (ma piuttosto) e<br />

riuscirà (come), alla negazione senza appello <strong>di</strong> questa stessa descrizione a proposito <strong>dei</strong> malvagi<br />

(v. 4). La fine del poema (vv. 5-6), che inizia con è così che, ha l’andamento <strong>di</strong> una conclusione.<br />

Riprende l’antitesi con un ultimo non... ma che oppone adesso giusti e malvagi<br />

(un’occorrenza a ogni v. per queste due parole); ma questa volta essa li oppone per descrivere<br />

chiaramente le sorti contrastate che troveranno al termine del loro cammino, cosa che abbozzavano<br />

già le immagini <strong>dei</strong> vv. 3 e 4.<br />

In conclusione, si noterà che tutti gli elementi strutturanti del poema contribuiscono a rafforzare<br />

l’opposizione ra<strong>di</strong>cale su cui si apre <strong>il</strong> Salterio. Anche la prima lettera delle parole<br />

estreme del testo sembra sottolineare questa opposizione. Il felice, che annuncia appunto la<br />

felicità del giusto, inizia infatti con la prima lettera dell’alfabeto (alef), mentre <strong>il</strong> si smarrirà,<br />

che sig<strong>il</strong>la la sorte <strong>dei</strong> malvagi, comincia con l’ultima (tau), come se nulla al mondo vi fosse<br />

<strong>di</strong> più opposto della felicità <strong>dei</strong> giusti rispetto alla per<strong>di</strong>zione <strong>dei</strong> malvagi... È questa opposizione<br />

che cercherò ora <strong>di</strong> descrivere in un’analisi poetica.<br />

1.2. L’UOMO, I MALVAGI E I GIUSTI<br />

L’antitesi che la struttura delinea mette chiaramente a confronto malvagio e giusto. Questi<br />

due termini sono in<strong>di</strong>cati dai lessici come antonimi. Il primo, <strong>il</strong> rasha‘, è <strong>il</strong> fuor<strong>il</strong>egge (nel<br />

senso biblico del termine legge): in rivolta contro Dio, egli ignora tutto delle esigenze della<br />

giustizia e della verità, e se la prende coi poveri. Se viene processato, è <strong>di</strong>chiarato colpevole.<br />

Di fronte a lui, e spesso vittima della sua violenza, lo ßaddîq <strong>di</strong>ce <strong>il</strong> vero, opera con rettitu<strong>di</strong>ne<br />

e si mostra fedele all’alleanza con <strong>il</strong> suo Dio. Per questo gli si rende giustizia <strong>di</strong>chiarandolo<br />

3 Il legame tra i vv. 3b e 4a è reso chiaro da allitterazioni: tre paia <strong>di</strong> consonanti del v. 3b sono riprese, invertite,<br />

nel v. 4a: k-l (kôl) <strong>di</strong>venta l-k (lo’-ken), mentre sh-r e y-‘ (‘asher-ya‘aseh) <strong>di</strong>ventano r-sh e ‘-y (r e sha‘ym). È<br />

molto per sette parole.


224 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine<br />

innocente. Questo <strong>di</strong>cono i <strong>di</strong>zionari. Ma <strong>il</strong> Sal 1 elabora questo antagonismo in un modo che<br />

gli è peculiare e che conviene esplorare con metodo.<br />

Il poema ha qualcosa <strong>di</strong> paradossale. Innanzitutto, <strong>il</strong> termine «giusto» non vi figura all’inizio,<br />

ma soltanto alla fine (vv. 5-6). Nella prima parte, si parla soltanto <strong>di</strong> un «uomo». Successivamente,<br />

se si ritorna sulla tensione creata tra i vv. 1-3 e <strong>il</strong> v. 4 col brusco non così!, si constata<br />

che la ricca descrizione della prima parte viene semplicemente negata al v. 4, o ridotta al<br />

breve paragone della pula. Tutto accade come se, per descrivere i malvagi, bastasse negare ciò<br />

che è affermato de «l’uomo». Da qui a <strong>di</strong>re che in essi vi è qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>sumano non c’è che<br />

un passo, che molti <strong>salmi</strong> supereranno attribuendo ai malvagi i lineamenti <strong>di</strong> bestie selvagge 4 .<br />

Ma <strong>il</strong> paradosso assume nuovi sv<strong>il</strong>uppi. Infatti, la descrizione dell’uomo inizia con un’evocazione<br />

<strong>dei</strong> malvagi ai quali l’uomo rifiuta <strong>di</strong> unirsi. Con tre frasi simmetriche, <strong>il</strong> poeta suggerisce<br />

<strong>il</strong> processo dell’indurimento nel male (v. 1): si comincia col seguire <strong>il</strong> consiglio <strong>dei</strong> malvagi,<br />

poi ci si ferma sul loro cammino, e si finisce col <strong>di</strong>morare con loro. Quanto ai malvagi,<br />

<strong>di</strong>ventano <strong>dei</strong> «peccatori»: in una situazione <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> alleanza, la loro vita è un fallimento<br />

perché, secondo <strong>il</strong> significato concreto del verbo «peccare», mancano <strong>il</strong> loro obiettivo 5 . Infine,<br />

non contenti <strong>di</strong> volgere le spalle al bene, si beffano <strong>di</strong> esso e fanno trionfare la menzogna, burlandosi<br />

<strong>di</strong> quelli che si fondano sulla verità della propria condotta. Scalzano così la fiducia,<br />

fondamento della vita in società (Sal 119,51; Pr 9,7; 19,28; 22,10). Per questo, burlandosi,<br />

esasperano al massimo <strong>il</strong> male.<br />

Se si presta attenzione alle simmetrie e ai chiasmi, si vede rapidamente che nel v. 1, che<br />

descrive in<strong>di</strong>rettamente i malvagi in una frase con tre membri, i primi due formano un chiasmo:<br />

rovesciando l’or<strong>di</strong>ne verbo-complemento, sottolineano che la scelta de «l’uomo» si oppone<br />

a quella <strong>dei</strong> malvagi. Questo chiasmo è d’altronde rafforzato da scambi <strong>di</strong> termini: normalmente,<br />

si procede seguendo un cammino e ci si ferma in un consiglio. In compenso, <strong>il</strong> parallelismo<br />

rigoroso del secondo e terzo stico potrebbe raffigurare l’indurimento progressivo<br />

nel male e, <strong>di</strong> conseguenza, la costanza de «l’uomo» nel suo rifiuto del male. Al v. 2, le due<br />

frasi ugualmente parallele sembrano suggerire positivamente la stessa costanza: quella de<br />

«l’uomo» nel suo attaccamento alla Legge.<br />

Quanto alla finale del poema, essa annuncia le sorti opposte <strong>dei</strong> malvagi e <strong>dei</strong> giusti, e anche<br />

qui le simmetrie paiono significative. Così, al v. 5, <strong>il</strong> parallelo tra i due stichi potrebbe insistere<br />

sull’immutab<strong>il</strong>ità del destino colpevole <strong>dei</strong> peccatori, mentre <strong>il</strong> chiasmo del v. 6 metterebbe<br />

in r<strong>il</strong>ievo <strong>il</strong> contrasto tra gli sbocchi delle vie seguite dagli uni e dagli altri. È questa<br />

stessa opposizione che può rafforzare ancora la ripresa in chiasmo ai vv. 5-6 <strong>dei</strong> due termini<br />

chiave, malvagi e giusti.<br />

L’antitesi è ulteriormente rafforzata dall’uso <strong>dei</strong> tempi <strong>dei</strong> verbi. L’uomo del v. 1 è <strong>il</strong> soggetto<br />

<strong>di</strong> numerose frasi. I primi tre verbi sono al passato e segnati dalla negazione per in<strong>di</strong>care<br />

che l’uomo non si è lasciato trascinare nella logica del male: <strong>il</strong> fatto è che l’assenza del peccato<br />

può constatarsi soltanto per <strong>il</strong> passato (v. 1). Ma che <strong>di</strong>re del presente? Una frase nominale 6<br />

lo in<strong>di</strong>ca: <strong>il</strong> presente dell’uomo è desiderio della Legge del Signore (v. 2a) che egli me<strong>di</strong>ta<br />

giorno e notte, cioè «tutto <strong>il</strong> tempo», nel corso <strong>di</strong> una me<strong>di</strong>tazione ripresa <strong>di</strong> continuo (v. 2b: <strong>il</strong><br />

verbo ebraico è all’incompiuto). Il seguito parla del suo avvenire. Due verbi innanzitutto: <strong>il</strong><br />

primo implica la successione nel futuro, e <strong>il</strong> secondo è un participio passivo (sarà come un<br />

albero piantato). Così, l’avvenire <strong>di</strong> quest’uomo è un <strong>di</strong>venire fecondo che gli verrà dato e<br />

che <strong>il</strong> v. 3 descrive. Infine, non si deve <strong>di</strong>menticare la frase nominale che apre <strong>il</strong> salmo e che<br />

4<br />

Per strano che sia, questo paragone è tuttavia ben ra<strong>di</strong>cato nel simbolismo biblico del male. Si veda ad<br />

esempio A. WÉNIN, Non <strong>di</strong> solo pane... Violenza e alleanza nella Bibbia, Bologna 2004.<br />

5<br />

Il verbo hata’ significa «mancare (<strong>il</strong> bersaglio)» in Gdc 20,16; Is 65,20; Pr 8,36 (dove è opposto al «trovare»<br />

del v. 35).<br />

6<br />

In ebraico, la frase nominale è una proposizione senza verbo (<strong>il</strong> verbo «essere» è sottinteso) normalmente<br />

situata nel presente.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine 225<br />

ha l’uomo per soggetto: essa proclama la felicità che quest’uomo conosce nel suo camminare<br />

secondo la Legge, un camminare che va dal rifiuto del male, ieri, al suo successo, domani.<br />

I malvagi, invece, sono soggetti <strong>di</strong> un unico verbo: quello che, con una negazione, li esclude<br />

dall’assemblea <strong>dei</strong> giusti nell’avvenire (v. 5). Con ciò, <strong>il</strong> poeta in<strong>di</strong>ca chiaramente che saranno<br />

responsab<strong>il</strong>i della loro esclusione, della loro <strong>di</strong>spersione (v. 4) e della loro erranza (v.<br />

6b). Quanto alle azioni <strong>dei</strong> malvagi, esse costituiscono l’oggetto <strong>di</strong> una descrizione puramente<br />

in<strong>di</strong>retta e negativa (v. 1); allo stesso modo, simmetricamente, <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio dell’uomo ammesso<br />

in compagnia <strong>dei</strong> giusti non apparirà se non in<strong>di</strong>rettamente, per contrasto con la sentenza <strong>di</strong><br />

esclusione da cui saranno colpiti i malvagi (v. 5).<br />

1.3. L’UOMO, I GIUSTI E YHWH<br />

Un particolare salta agli occhi quando si esamina la posizione <strong>di</strong> YHWH in questo salmo. Di<br />

lui si fa menzione solo due volte, però mai in rapporto con i malvagi, come se costoro fossero<br />

per lui <strong>dei</strong> perfetti estranei. Lo troviamo dapprima accanto all’uomo (v. 2), poi con i giusti (v.<br />

6). Questa constatazione solleva due interrogativi. Quale relazione intercorre tra l’uomo da<br />

una parte e i giusti dall’altra? E in che modo <strong>il</strong> poema parla del rapporto che questi personaggi<br />

intrattengono con <strong>il</strong> Dio <strong>di</strong> Israele?<br />

In tutta la prima parte, <strong>il</strong> poeta parla <strong>di</strong> un «uomo». Il singolare colpisce, tanto più che questo<br />

in<strong>di</strong>viduo si trova posto a confronto con un plurale, quello <strong>dei</strong> malvagi, <strong>dei</strong> peccatori e degli<br />

schernitori. In realtà, è in primo luogo ciò che non fa che lo rende singolare: i suoi rifiuti lo<br />

mettono a parte dal gran numero suggerito dalla triplice designazione <strong>dei</strong> fautori del male (v.<br />

1). Di fronte a costoro e alla scelta che la loro presenza impone, l’uomo è sempre solo, e tale<br />

resterà se sceglie <strong>di</strong> evitare <strong>il</strong> loro cammino per de<strong>di</strong>carsi alla Legge del Signore. Come lui,<br />

tutti coloro che nel Salterio supplicano si troveranno soli <strong>di</strong> fronte a quelli che fanno loro del<br />

male, non essendo riusciti a trascinarli nelle loro vie.<br />

Nella seconda parte, l’uomo scompare e i giusti si presentano. Ma questo nel futuro, e a favore<br />

<strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>zio che li riunisce. Così dunque, prima del termine, nessuno viene <strong>di</strong>chiarato<br />

giusto. C’è solo un uomo – <strong>dei</strong> singoli uomini – che me<strong>di</strong>ta la Legge e resiste alla tentazione<br />

<strong>di</strong> conformarsi alla folla che lo circonda. Solo al momento del giu<strong>di</strong>zio quest’uomo verrà <strong>di</strong>chiarato<br />

innocente dal male e scoprirà, entrando nell’assemblea <strong>dei</strong> giusti, che non era unico<br />

della sua specie. Ma, prima <strong>di</strong> questo giu<strong>di</strong>zio che <strong>di</strong>ssipa le apparenze e manifesta la verità,<br />

vi sono certo <strong>dei</strong> giusti, tuttavia YHWH solo lo sa, lui che conosce <strong>il</strong> loro cammino.<br />

Infatti, <strong>il</strong> Signore è presente nel mondo abbozzato dal poema. Se vi si trova, è perché un<br />

uomo sceglie <strong>di</strong> prestare attenzione alla sua Legge e assume <strong>il</strong> proprio isolamento rispetto ai<br />

malvagi volgendosi verso <strong>di</strong> lui (v. 2). Due termini ricchi <strong>di</strong> significato descrivono <strong>il</strong> suo rapporto<br />

con la Legge. C’è dapprima <strong>il</strong> sostantivo ˙èfèß che vede ricongiungersi le idee <strong>di</strong> desiderio<br />

e <strong>di</strong> piacere in un solo concetto: un desiderio che si volge verso ciò che piace. A connotare<br />

questo termine è la «vita interiore» dell’uomo: essa è fatta del desiderio <strong>di</strong> una vita piena e feconda,<br />

ciò verso cui conduce la Legge. L’inizio del salmo non parla forse <strong>di</strong> un uomo che<br />

cammina verso la felicità (v. 1a)? Ora la Legge <strong>di</strong> YHWH può piacere, questa legge migliore<br />

dell’oro fino e del miele, la quale dona vita, saggezza, gioia e luci<strong>di</strong>tà (Sal 19,8-11). Ma per<br />

colui che pone in essa <strong>il</strong> proprio piacere tanto da farne <strong>il</strong> suo desiderio, una metamorfosi si<br />

compie: la Legge <strong>di</strong> YHWH <strong>di</strong>venta la sua propria Legge, come suggerisce l’interpretazione<br />

ebraica antica del v. 2b 7 .<br />

Il secondo termine ut<strong>il</strong>izzato è <strong>il</strong> verbo hagâ, «mormorare», «parlare sottovoce». Esso<br />

sembra in<strong>di</strong>care che la vita interiore è anche un’attività <strong>di</strong> parola, ma una parola «detta per sé»<br />

da quest’uomo solitario «per meglio essere intesa dal cuore e dalla mente», per <strong>di</strong>rla con Yo-<br />

7 Secondo le regole del parallelismo, <strong>il</strong> possessivo <strong>di</strong> la sua Legge rimanda a YHWH (la Legge <strong>di</strong> YHWH//la<br />

sua Legge). Ma, grammaticalmente, <strong>il</strong> possessivo può anche riferirsi all’uomo cui si rifà <strong>il</strong> possessivo precedente<br />

(<strong>il</strong> suo piacere... la sua Legge).


226 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine<br />

hanan Goldmann. Al consiglio <strong>dei</strong> malvagi – «consiglio» nel senso <strong>di</strong> pensiero e <strong>di</strong> parola<br />

d’incoraggiamento che cercano <strong>di</strong> trascinare al male (v. la) –, alla canzonatura degli schernitori<br />

che è derisione della Legge (v. 1c), l’uomo oppone giorno e notte una parola che ha fatto<br />

sua, perché si compiace <strong>di</strong> porre <strong>il</strong> suo desiderio nella Legge. Allo stesso modo, all’agitazione<br />

<strong>dei</strong> malvagi che camminano, si fermano e si siedono (v. 1), l’uomo oppone l’unico desiderio e<br />

la sola parola che danno senso a tutti i suoi gesti. Il fatto è che egli meno si caratterizza per la<br />

sua attività esteriore che per <strong>il</strong> suo essere interiore tutto teso verso la Legge.<br />

Ma cos’è questa Legge, questa Torāh <strong>di</strong> YHWH che costituisce <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> quest’uomo?<br />

In ebraico, <strong>il</strong> termine torâ riveste un duplice significato, come la parola italiana «istruzione».<br />

Può trattarsi <strong>di</strong> una prassi da seguire, <strong>di</strong> una <strong>di</strong>rettiva per l’azione, ma anche, e forse più fondamentalmente,<br />

<strong>di</strong> un insegnamento, <strong>di</strong> una parola che istruisce. È così che la Torāh biblica si<br />

presenta come una rivelazione, un insegnamento su Dio, che ingloba e implica un’etica, un<br />

modo <strong>di</strong> vivere. In questo senso, la Torāh è <strong>il</strong> luogo dove l’uomo impara a conoscere YHWH<br />

guardandolo agire in un racconto che lo rivela, ma anche adottando gradualmente <strong>il</strong> suo modo<br />

<strong>di</strong> essere con l’osservanza <strong>dei</strong> suoi or<strong>di</strong>ni. In poche parole, <strong>il</strong> desiderio della Legge altro non è<br />

che <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> Dio, ma un desiderio che non fa a meno delle me<strong>di</strong>azioni imposte dalla parola:<br />

l’intelligenza e l’operare, due vie priv<strong>il</strong>egiate <strong>di</strong> un’autentica conoscenza <strong>di</strong> Dio.<br />

L’uomo che vive in questa <strong>di</strong>namica, <strong>il</strong> Signore lo riconosce come giusto insieme ad altri.<br />

Poiché YHWH conosce <strong>il</strong> cammino <strong>dei</strong> giusti (v. 6a). È così che si instaura la reciprocità tra <strong>il</strong><br />

Signore e l’uomo che me<strong>di</strong>ta la Legge. Infatti, come quest’uomo impara a conoscere Dio per<br />

mezzo della sua Legge, così Dio lo conosce vedendo <strong>il</strong> suo «cammino». Il suo comportamento<br />

– <strong>il</strong> suo modo <strong>di</strong> essere, <strong>di</strong> agire e <strong>di</strong> parlare in conformità con ciò che egli è e con la Legge<br />

che lo abita – permette a Dio <strong>di</strong> conoscerlo come giusto e <strong>di</strong> poter entrare in alleanza con lui,<br />

secondo <strong>il</strong> significato profondo del verbo ebraico yada‘, «conoscere». Infatti non si tratta soltanto<br />

<strong>di</strong> una conoscenza esteriore che permette a Dio <strong>di</strong> valutare <strong>il</strong> valore delle azioni, ma <strong>di</strong><br />

quel legame profondo che impegna non solamente l’intelletto, ma anche la volontà e l’affettività,<br />

l’amore. E va notato bene: questa conoscenza non è annunciata per <strong>il</strong> futuro. Al contrario<br />

<strong>di</strong> tutti gli altri verbi della seconda parte del salmo, <strong>il</strong> verbo «conoscere» è al participio che<br />

traduce un presente durativo, <strong>il</strong> tempo delle due frasi che, al v. 2, qualificano positivamente<br />

l’attività dell’uomo della Legge. È questo un altro elemento della reciprocità tra <strong>il</strong> Signore e<br />

quest’uomo: essi durano nella conoscenza attiva l’uno dell’altro. YHWH può così conoscere<br />

come giusto colui che non può tuttavia essere <strong>di</strong>chiarato tale prima dell’ora decisiva del giu<strong>di</strong>zio<br />

(vv. 5b-6a).<br />

1.4. L’ALBERO, LA PULA E IL GIUDIZIO<br />

Due vie sono dunque aperte. La prima conduce all’erranza, allo smarrimento nel nulla;<br />

l’altra è conosciuta da YHWH, anche se l’uomo ne ignora i rigiri (v. 6). Ma quale che sia<br />

l’itinerario, la scelta <strong>di</strong> questo cammino è feconda e portatrice <strong>di</strong> vita. La lunga descrizione<br />

dell’albero lo <strong>il</strong>lustra a meraviglia. L’immagine si muove nell’ambito dell’agricoltura, poiché<br />

l’albero è piantato, probab<strong>il</strong>mente presso canali <strong>di</strong> irrigazione destinati a fert<strong>il</strong>izzare una steppa.<br />

Quest’immagine assume <strong>di</strong>verse connotazioni. Così, l’albero è piantato e porta frutto e fogliame:<br />

la linea verticale che va dal basso verso l’alto, dalle ra<strong>di</strong>ci ai rami, produce un’impressione<br />

<strong>di</strong> soli<strong>di</strong>tà, <strong>di</strong> stab<strong>il</strong>ità. Ma quest’ultima è rafforzata dalla fecon<strong>di</strong>tà messa in risalto: con<br />

le ra<strong>di</strong>ci nell’acqua, l’albero può dare <strong>il</strong> suo frutto e conservare <strong>il</strong> suo fogliame, offrendo così<br />

la propria ombra quando <strong>il</strong> sole arde.<br />

In compenso, nulla <strong>di</strong> sim<strong>il</strong>e per i malvagi: sono come la pula che <strong>il</strong> vento <strong>di</strong>sperde. Qui, la<br />

linea non è più verticale, ma orizzontale: è quella della <strong>di</strong>spersione, della <strong>di</strong>sseminazione. Ma<br />

ciò che viene così seminato dal vento è <strong>il</strong> nulla. Infatti, anche la pula è un’immagine derivata<br />

dal mondo agricolo e serve a sottolineare <strong>il</strong> contrasto con l’albero fecondo. La pula, infatti, è<br />

l’involucro del frutto, ciò che resta quando <strong>il</strong> frutto è stato tolto, cioè <strong>il</strong> non-frutto. Senza ra<strong>di</strong>ce<br />

e dunque senza frutto, i malvagi non hanno né consistenza né fecon<strong>di</strong>tà.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine 227<br />

Ma perché questa <strong>di</strong>fferenza tra i malvagi e l’uomo? Dev’essere una questione d’acqua<br />

perché da essa <strong>di</strong>pende ogni fert<strong>il</strong>ità. Ora, per un gioco sott<strong>il</strong>e <strong>di</strong> assonanze e <strong>di</strong> allitterazioni,<br />

<strong>il</strong> poeta ha legato la sua descrizione dell’albero piantato vicino a corsi d’acque al mormorio<br />

giorno e notte della Legge (vv. 2 e 3a) 8 . Così, come l’albero affonda le sue ra<strong>di</strong>ci nell’acqua<br />

donde trae <strong>il</strong> suo vigore e la sua capacità <strong>di</strong> produrre, allo stesso modo l’uomo trova la sua<br />

stab<strong>il</strong>ità, la sua forza e la sua fecon<strong>di</strong>tà nella me<strong>di</strong>tazione della sua Legge. Ma se i malvagi rifiutano<br />

la Legge, come possono fruttificare? Sono come la pula, senza ra<strong>di</strong>ce e senza frutto.<br />

Così, dunque, l’opposizione è totale tra l’uomo giusto e i malvagi, le due categorie <strong>di</strong> personaggi<br />

la cui descrizione apre <strong>il</strong> Salterio. E come l’alfabeto, che serve a <strong>di</strong>re <strong>il</strong> mondo, è<br />

compreso tra l’alef e <strong>il</strong> tau, così <strong>il</strong> Sal 1 contiene l’insieme del mondo dove si muovono i <strong>salmi</strong>.<br />

È essenzialmente un mondo <strong>di</strong>viso in due, dove ci si colloca adottando una posizione <strong>di</strong><br />

fronte al male. Possiamo farcene complici lasciandoci progressivamente sedurre (v. 1); possiamo<br />

rifiutarlo per aderire alla Legge <strong>di</strong> YHWH in un’alleanza duratura (v. 2).<br />

Così, gli attori sono posizionati per l’alternanza <strong>di</strong> supplica e <strong>di</strong> lode che ritma <strong>il</strong> Salterio.<br />

L’uomo della Legge è <strong>di</strong> continuo alle prese con i fautori del male, le cui orme si rifiuta <strong>di</strong> seguire;<br />

ed è un’autentica lotta quella da lui condotta. Quando questa lotta lo schiaccia perché i<br />

malvagi sono potenti e la morte lo travolge, egli supplica colui che la Torāh gli consente <strong>di</strong><br />

conoscere come <strong>il</strong> Dio che libera dalla morte e dalla mano <strong>dei</strong> malvagi. E quando Dio risponde,<br />

è l’esodo che si rinnova. Allora scaturisce la lode, segno della vita che trionfa della morte<br />

(cfr. Es 14–15).<br />

Tuttavia, se questo mondo è <strong>di</strong>viso in due, un giu<strong>di</strong>zio in<strong>di</strong>cherà un giorno dove passava la<br />

frattura. Tale giu<strong>di</strong>zio è da intendersi come un processo <strong>di</strong> rivelazione o <strong>di</strong> svelamento della<br />

verità profonda degli esseri e delle cose, e accadrà nel futuro. Come <strong>di</strong>ce l’apostolo Paolo nella<br />

Prima lettera ai Corinzi: Non giu<strong>di</strong>cate prima del tempo, prima che venga <strong>il</strong> Signore: è lui<br />

che <strong>il</strong>luminerà ciò che è nascosto nelle tenebre e metterà in evidenza i <strong>di</strong>segni <strong>dei</strong> cuori (1Cor<br />

4,5). Ora, fin da adesso, <strong>il</strong> poeta evoca tale giu<strong>di</strong>zio. Perché lo fa?<br />

Di solito – e taluni <strong>salmi</strong> lo <strong>di</strong>ranno chiaramente – l’attualità offre una sferzante smentita<br />

alla felicità che <strong>il</strong> poeta proclama per l’uomo della Legge. Il più delle volte, anzi, sono i malvagi<br />

che trionfano, imponendo la loro potenza riuscendo nelle loro imprese (Sal 49,12; 73,3-<br />

12). Poiché le apparenze sono contro <strong>di</strong> lui, <strong>il</strong> poeta si appoggia su ciò che la Torāh gli insegna<br />

<strong>di</strong> Dio per evocare <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio che lacererà tali apparenze fallaci e svelerà la verità delle<br />

cose: Dio radunerà tutti gli uomini della Legge <strong>di</strong> cui riconoscerà la giustizia, <strong>di</strong>chiarandoli<br />

innocenti <strong>di</strong> ogni male. Quanto ai malvagi che hanno scelto <strong>il</strong> male, non potranno alzarsi in<br />

pie<strong>di</strong> per prendere la parola, sia per accusare <strong>il</strong> giusto o per assumere la propria <strong>di</strong>fesa 9 . Allora<br />

apparirà ciò che essi erano in realtà e in che consisteva la loro apparente felicità.<br />

Del resto, quando ricorre a immagini per descrivere le rispettive sorti dell’uomo e <strong>dei</strong> malvagi,<br />

<strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta cerca forse qualcos’altro rispetto a quando si trasporta al tempo del giu<strong>di</strong>zio?<br />

Ricorrendo all’immagine, <strong>il</strong> poeta ci conduce «in un altro mondo, un altro spazio e un altro<br />

tempo» 10 e provoca così una presa <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza propizia alla riflessione. Da questo luogo può<br />

contestare le brutali evidenze della realtà concreta e proporre un’altra visione delle cose, fondata<br />

sulla sua fede nel Signore, quel Dio che egli crede nemico del male e della morte perché<br />

l’ha scoperto sotto tali tratti nella sua storia personale e in quella del suo popolo.<br />

8 Queste due espressioni (due volte tre vocaboli) contengono giochi <strong>di</strong> suoni: tra shatû]l ‘al-pal[gê e<br />

laylâ (suoni l e a ripetuti in ebraico in «piantato vicino a canali d’acque» e «notte»), tra mayim e yômam (m, a e<br />

y, in «acque» e «giorno»), e tra palgê e yehgèh (suono -ge, in «canali» e «mormorio»).<br />

9 Si alza in pie<strong>di</strong>, in tribunale, chi sta per prendere la parola per accusare, <strong>di</strong>fendere o giu<strong>di</strong>care. Per <strong>di</strong> più, <strong>il</strong><br />

verbo «alzarsi» è l’opposto <strong>di</strong> «sedersi». Ora, nel v. 1c, <strong>il</strong> verbo tradotto con «<strong>di</strong>morare» può anche significare<br />

«sedersi». È pertanto significativo che quelli che si sono seduti con i denigratori non possono più alzarsi per <strong>di</strong>fendersi<br />

nel momento del giu<strong>di</strong>zio.<br />

10 TRUBLET - ALETTI, Approche poétique, 276.


228 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine<br />

Tuttavia, la situazione del giu<strong>di</strong>zio nel futuro presenta un altro aspetto. Mostra che, nel presente,<br />

tutto è ancora confuso, oscuro, ambiguo, e che, in questa realtà complessa, nulla è ancora<br />

deciso. L’uomo che me<strong>di</strong>ta la Legge può ancora fermarsi sul cammino <strong>dei</strong> malvagi, mentre<br />

<strong>dei</strong> malvagi possono riprendere la strada mormorando la Legge. Nel presente, nulla è giocato,<br />

perché è lì che tutto si gioca. Oggi è <strong>il</strong> tempo della decisione che impegna domani. In tal modo,<br />

<strong>il</strong> salmo <strong>di</strong>venta un invito appena velato a imboccare <strong>il</strong> cammino che la Legge propone.<br />

1.5. IL MESSIA E I SUOI NEMICI: SAL 2 - SALMO DI INTRONIZZAZIONE REGALE<br />

All’inizio del Salterio, <strong>il</strong> Sal 2 viene per così <strong>di</strong>re a innestarsi sul precedente per prolungarlo,<br />

completarlo. Peraltro, una delle forme attestate <strong>di</strong> un brano degli Atti degli apostoli – <strong>il</strong> cosiddetto<br />

testo «occidentale» (ms. D) – cita <strong>il</strong> Sal 2,7b presentando questa frase come proveniente<br />

dal primo salmo (At 13,33), un’attribuzione che si ricollega a certe tra<strong>di</strong>zioni talmu<strong>di</strong>che<br />

e patristiche che testimoniano una lettura unificata <strong>dei</strong> primi due <strong>salmi</strong>.<br />

Ma prima <strong>di</strong> affrontare la relazione tra questi due poemi, è importante dare alcuni riferimenti<br />

storici ed esegetici per capire <strong>di</strong> che cosa parla <strong>il</strong> Sal 2.<br />

1 Perché si agitano le nazioni<br />

e le popolazioni me<strong>di</strong>tano invano<br />

2 (perché) insorgono <strong>dei</strong> re della terra<br />

e <strong>dei</strong> principi fanno lega insieme<br />

contro YHWH e contro <strong>il</strong> suo unto:<br />

3 «Spezziamo le loro catene<br />

e gettiamo via <strong>il</strong> loro giogo»?<br />

4 Colui che <strong>di</strong>mora/siede nei cieli ride,<br />

<strong>il</strong> Signore si burla <strong>di</strong> loro<br />

5 poi parla loro nella sua collera<br />

e nel suo furore li spaventa:<br />

6 «E io, ho consacrato <strong>il</strong> mio re<br />

su Sion, <strong>il</strong> monte della mia santità».<br />

7 Che io annunzi <strong>il</strong> decreto <strong>di</strong> YHWH:<br />

mi ha detto: «Tu sei mio figlio,<br />

io, oggi, ti ho generato.<br />

8 Chie<strong>di</strong>mi, che ti <strong>di</strong>a nazioni in ere<strong>di</strong>tà<br />

e in proprietà i confini della terra.<br />

9 Li schiaccerai con uno scettro <strong>di</strong> ferro,<br />

come un vaso <strong>di</strong> vasaio li frantumerai».<br />

10 E ora, re, siate intelligenti,<br />

lasciatevi istruire, giu<strong>di</strong>ci della terra.<br />

11 Servite YHWH con timore<br />

e festeggiatelo con tremore.<br />

12 Abbracciate <strong>il</strong> figlio 11 ,<br />

perché non si a<strong>di</strong>ri e vi smarriate in cammino,<br />

poiché come un nulla la sua collera s’infiamma.<br />

Felici quanti si rifugiano in lui.<br />

11 Il TM ha našš e qû-bar, baciate, abbracciate <strong>il</strong> figlio; LXX e Vg leggono un altro testo. Altri correggono congetturalmente:<br />

n e ó’û qorbā\n, portare doni, oppure n e šû q e rab, scordate la guerra; M. Dahood: ’anšê qeber, uomini<br />

della tomba, cioè mortali. Ma molti (Rowley, Closen, Weiser, Kraus, BJ) accettano ancora l’emendamento proposto<br />

da A. Bertholet, <strong>il</strong> quale, mo<strong>di</strong>ficando 11b e 12a, legge našš e qû b e rā\glaw e traduce, baciategli i pie<strong>di</strong>. A.<br />

Vaccari traduce rendetegli omaggio con tremore. S. Mowinckel riferisce le testimonianze relative al gesto <strong>di</strong> baciare<br />

i pie<strong>di</strong> come segno <strong>di</strong> soggezione, sia in Egitto che in Mesopotamia (cfr. Is 49,23). Preferiamo la lezione<br />

<strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e del TM: abbracciate <strong>il</strong> figlio. Vedere questo stesso gesto <strong>di</strong> omaggio in 1Sam 10,1; 1Re 19,18; Os 13,2;<br />

Gb 31,27.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine 229<br />

1.5.1. Spunti tematici e <strong>di</strong>visione *<br />

Idee centrali sono la f<strong>il</strong>iazione <strong>di</strong>vina del re e la stab<strong>il</strong>ità della <strong>di</strong>nastia davi<strong>di</strong>ca orientata<br />

profeticamente verso <strong>il</strong> regno messianico universale. Il salmo si lascia agevolmente <strong>di</strong>videre<br />

in quattro parti: complotto <strong>dei</strong> re subalterni contro <strong>il</strong> nuovo sovrano e inut<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> tale progetto<br />

(vv. 1ss); reazione tra ironica e minacciosa <strong>di</strong> YHWH contro le loro pretese e in favore del suo<br />

consacrato (vv. 4ss); reazione del nuovo re, che riven<strong>di</strong>ca la propria autorità regale, proclamando<br />

l’oracolo <strong>di</strong>vino che gliela conferisce (vv. 7ss); minaccia <strong>di</strong> punizione in tono da ultimatum<br />

agl’insubor<strong>di</strong>nati e promessa <strong>di</strong> felicità agli obbe<strong>di</strong>enti (vv. 10s).<br />

1.5.2. Elementi formali<br />

Appartiene al genere letterario dell’oracolo profetico con prospettive escatologiche. Sembra<br />

probab<strong>il</strong>e si tratti <strong>di</strong> una drammatizzazione 12 o trasposizione lirico-liturgica dell’oracolo <strong>di</strong><br />

Natan relativo alla <strong>di</strong>nastia davi<strong>di</strong>ca. La lingua è protocollare e tersa; lo st<strong>il</strong>e tanto più efficace<br />

quanto meno ricercato. La struttura ritmica non è uniforme, tuttavia predomina 3 + 3. Volendo<br />

si può <strong>di</strong>videre in quattro strofe, sebbene l’unità logica racchiusa nella strofa qua e là esorbiti<br />

da quella ritmica come in 2c e 12c.<br />

1.5.3. Circostanze <strong>di</strong> composizione<br />

L’occasione più probab<strong>il</strong>e sembra la nascita o meglio l’incoronazione <strong>di</strong> un re della <strong>di</strong>nastia<br />

davi<strong>di</strong>ca, beneficiaria della promessa <strong>di</strong>vina, me<strong>di</strong>atrice e garante dell’alleanza <strong>di</strong> Dio con<br />

Israele 13 . Il pretesto imme<strong>di</strong>ato: la cospirazione <strong>dei</strong> re vassalli durante l’interregno. L’autore<br />

degli Atti (4,25), recependo una tra<strong>di</strong>zione corrente, ne fa risalire la composizione a Davide.<br />

Fra gli stu<strong>di</strong>osi alcuni optano per una data remota, almeno prees<strong>il</strong>ica e avente come oggetto<br />

un re storico: infatti <strong>il</strong> v. 6 sembra supporre <strong>il</strong> regno unito e i vv. 4-9 sono poco comprensib<strong>il</strong>i<br />

dopo la <strong>di</strong>struzione della città e del tempio. G. Castellino e M. Dahood propongono ad<strong>di</strong>rittura<br />

<strong>il</strong> sec. X, per <strong>il</strong> contesto storico evocato e <strong>il</strong> colore arcaicizzante dello st<strong>il</strong>e. Per S. Mowinckel<br />

niente <strong>di</strong> decisivo può essere addotto contro la datazione prees<strong>il</strong>ica del salmo. Altri propongono<br />

una data più recente. Per A. Robert tutto <strong>il</strong> salmo, eccetto i vv. 6.12, usa termini caratteristici<br />

del linguaggio postes<strong>il</strong>ico. H. Gunkel lo ritiene una specie <strong>di</strong> plagio letterario dai protocolli<br />

e cerimoniali <strong>dei</strong> gran<strong>di</strong> imperi assiro-bab<strong>il</strong>onesi; mentre secondo R.H. Pfeiffer sarebbe<br />

un acrostico su Alessandro Janneo (103-76 a.C.) per la sua elevazione al supremo pontificato<br />

e alla regalità. M. Treves, evolvendo l’opinione <strong>di</strong> Pfeiffer, sostiene che <strong>il</strong> re è uno degli<br />

Asmonei: ogni dubbio sarebbe eliminato dal fatto che le prime lettere <strong>di</strong> ciascun verso formerebbero<br />

la frase: «Su, cantiamo a Janneo, <strong>il</strong> Primo, e alla sua sposa!». Ma <strong>il</strong> 103 appare una<br />

data impossib<strong>il</strong>e; d’altra parte, B. Lindars ha <strong>di</strong>mostrato che non è affatto certo che <strong>il</strong> salmo<br />

sia acrostico 14 .<br />

1.5.4. Esegesi<br />

La cospirazione <strong>dei</strong> popoli: vv. 1-3. Chi sono i rivoltosi? I gôyîm sono sempre le nazioni<br />

pagane ost<strong>il</strong>i a Israele. Tuttavia i re confederati non sembrano identificab<strong>il</strong>i, come non lo sono<br />

quelli <strong>di</strong> Sal 48,5. La corrispondenza <strong>di</strong> El-Amarna, peraltro antecedente alla monarchia israelitica,<br />

ci informa su complotti e intrighi che gl’insignificanti re siro-palestinesi or<strong>di</strong>vano contro<br />

<strong>il</strong> faraone e altri sovrani: <strong>il</strong> nostro salmo potrebbe fare eco a una situazione sim<strong>il</strong>e 15 . Poi-<br />

*<br />

V. REALI, Salmi: Saggi <strong>di</strong> esegesi, in T. BALLARINI (ed.), Ultimi storici, <strong>salmi</strong>, sapienziali (Introduzione alla<br />

Bibbia 3), Bologna 1978, 302-308.<br />

12<br />

Tale processo avviene attraverso <strong>di</strong>scorsi <strong>di</strong>retti, immagini plastiche, simboli e gesti significativi.<br />

13<br />

Cfr. 2Sam 7,11-16; 1Cr 17,10-14; Sal 89,20-30; 132,11-18; Is 7,2.<br />

14<br />

Per le varie opinioni circa la data <strong>di</strong> composizione, ve<strong>di</strong> SABOURIN, The Psalms, 340.<br />

15<br />

L’interregno e quin<strong>di</strong> <strong>il</strong> trapasso <strong>dei</strong> poteri prestava occasione ai vassalli <strong>di</strong> ammutinarsi e <strong>di</strong> tentare la rivolta.<br />

Fra le molteplici testimonianze extrabibliche, notevole è l’oracolo <strong>di</strong> Ninl<strong>il</strong> a favore <strong>di</strong> Aššurbanipal, dove


230 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine<br />

ché Israele è sempre stato un piccolo regno, anche nel periodo del suo massimo splendore, è<br />

ovvio ritenere che, letterariamente, ci troviamo <strong>di</strong> fronte ad un’imitazione del cerimoniale <strong>dei</strong><br />

gran<strong>di</strong> imperi orientali, in particolare del rito dell’adozione <strong>di</strong>vina. Il <strong>di</strong>scorso sui re vassalli<br />

ha offerto al <strong>salmi</strong>sta l’occasione <strong>di</strong> parlare del dominio universale <strong>di</strong> Dio (cfr. Is 14,27;<br />

17,12s; 18,4). In effetti l’ost<strong>il</strong>ità delle nazioni è contro <strong>il</strong> Signore e <strong>il</strong> suo Messia in quanto<br />

Israele e <strong>il</strong> suo re me<strong>di</strong>ano la salvezza che Dio intende realizzare nelle vicende storiche 16 . E<br />

poiché YHWH è l’unico vero Dio, <strong>il</strong> suo <strong>di</strong>segno condanna al fallimento tutti i progetti ost<strong>il</strong>i ed<br />

insensati degli uomini. Il v. 3 drammatizza, me<strong>di</strong>ante una formula <strong>di</strong>alogica ortativa, la ribellione.<br />

Questo <strong>di</strong>segno fallimentare è descritto con un lessico vario dai toni cupi e sicuri: si assembrano,<br />

complottano, si schierano. Il giogo e le cinghie <strong>di</strong> cuoio per applicarlo al collo degli<br />

animali simboleggiano <strong>il</strong> potere politico del sovrano sui vassalli (cfr. Is 9,3; 10,27; 14,25;<br />

47,6).<br />

Ironia e ira <strong>di</strong>vina: vv: 4-6. Il <strong>salmi</strong>sta, con volo d’aqu<strong>il</strong>a, balza dall’arrogante fracasso<br />

della follia umana all’imperturbab<strong>il</strong>e maestà <strong>di</strong> Dio, che siede sovrano sul firmamento e sogguarda<br />

con serena ironia l’impotente orgoglio <strong>dei</strong> mortali (cfr. Gen 3,11; 11,6; Is 18,4). Dopo<br />

questa prima reazione ironica, uno scatto <strong>di</strong> collera sconvolgente (v. 5). Cfr. Is 17,13: Le nazioni<br />

fanno fragore, come <strong>il</strong> fragore <strong>di</strong> molte acque, ma <strong>il</strong> Signore le minaccia, esse fuggono<br />

lontano; come pula sono <strong>di</strong>spersi sui monti dal vento e come mulinello <strong>di</strong> polvere <strong>di</strong>nanzi al<br />

turbine. Ancora Is 18,4: Il Signore osserva tranqu<strong>il</strong>lo dalla sua <strong>di</strong>mora. Di fronte alla ribellione<br />

e al peccato degli uomini Dio assume un atteggiamento <strong>di</strong> superiore <strong>di</strong>stanza che sgomenta<br />

la creatura appesa al f<strong>il</strong>o del suo grido sul vuoto. In questo modo Dio conturba l’uomo<br />

per insegnargli la pietà. Chiunque si ribella e tenta <strong>di</strong> vanificare <strong>il</strong> piano salvifico <strong>di</strong> Dio verrà<br />

schiacciato con mazza <strong>di</strong> ferro, travolto come pula dal vento. Dio (v. 6) è causa e garanzia della<br />

stab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong>nastica. Il davi<strong>di</strong>de è stato consacrato re da Dio stesso in Sion (cfr. Sal 89,20ss;<br />

110,4; 132,11s; 2Sam 7), la sua santa montagna 17 , ovvero sul monte della sua santità. Poiché<br />

Sion è <strong>il</strong> monte del tempio dove Dio abita, la scelta del re davi<strong>di</strong>co è legata a quella <strong>di</strong> Sion e<br />

in ultima analisi del popolo.<br />

Proclamazione del decreto <strong>di</strong> YHWH: vv. 7-9. Questa specie <strong>di</strong> recita del protocollo che conferiva<br />

l’investitura regale si comprende meglio se proiettata sullo sfondo <strong>dei</strong> cerimoniali <strong>di</strong><br />

corte dell’antico Oriente. Quei documenti testimoniano una concezione idolatrica del re che si<br />

arrogava prerogative <strong>di</strong>vine. Più sobriamente la Bibbia, pur calandosi nel contesto culturale<br />

me<strong>di</strong>orientale, vede nel re un semplice rappresentante <strong>di</strong> YHWH e solo per questo esso viene<br />

chiamato figlio (adottivo) <strong>di</strong> Dio (cfr. Sal 89,27; 2Sam 7,14) 18 .<br />

Oggi ti ho generato: l’oggi è <strong>il</strong> giorno dell’incoronazione e dell’adozione <strong>di</strong>vina. Si tratta<br />

<strong>di</strong> una metafora iperbolica, quanto mai ar<strong>di</strong>ta, che prepara <strong>il</strong> messianismo meta<strong>di</strong>nastico ed<br />

escatologico, orienta cioè verso una realtà insospettata: un re la cui f<strong>il</strong>iazione <strong>di</strong>vina non sarà<br />

si incontrano frasi come queste: I re della terra si son detti l’un l’altro: orsù marciamo contro Aššurbanipal... Il<br />

suo potere non causi <strong>di</strong>visione in mezzo a noi. Ninl<strong>il</strong> rispose: I re della terra li abbatterò, li porrò sotto un giogo,<br />

ceppi forti ai loro pie<strong>di</strong> porrò (ANET, 451). E l’iscrizione <strong>di</strong> Zakir: Si allearono contro <strong>di</strong> me... (sette?) re! ma io<br />

alzai le mani a Be‘elšamaim e mi esaudì. Per mezzo <strong>di</strong> veggenti (parlò) a me: Non temere, perché io ti ho fatto<br />

re... e ti salverò da tutti (questi re i quali) hanno preparato un asse<strong>di</strong>o contro <strong>di</strong> te (ANET, 501).<br />

16 Cfr. Sal 83.<br />

17 Sion è nome poetico <strong>di</strong> Gerusalemme, più precisamente è la collina a sud-est del tempio: la città <strong>di</strong> Davide<br />

(cfr. 1Re 8,1), sede politica del regno davi<strong>di</strong>co e sede spirituale del regno <strong>di</strong> Dio. Era detto anche monte santo o<br />

<strong>di</strong> Dio, come già <strong>il</strong> Sinai (cfr. Es 3,1; 18,5). Per S∫a\fôn, monte degli <strong>dei</strong>, cfr. Sal 48,3.<br />

18 Per l’oracolo <strong>di</strong>vino Figlio mio sei tu e per la <strong>di</strong>scendenza <strong>di</strong>vina <strong>dei</strong> re cfr. 1Sam 10,6; 16,13; 2Sam 23,2-<br />

7. Per i testi extrabiblici ve<strong>di</strong> G. CASTELLINO, Libro <strong>dei</strong> Salmi (La Sacra Bibbia), Torino-Roma 1955, 593.<br />

L’espressione figlio <strong>di</strong> Dio era usata anche nell’accezione giuri<strong>di</strong>ca, come nel co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Hammurapi, paragrafo<br />

170s. (ANET, 173s). Cfr. G. VON RAD, Erwägungen zu dem Königsritual, in ThLZ 72 (1947) 211-216; P. SAY-<br />

DON, The Divine Sonship of Christ in Psalm 2, in Scripture 3 (1948) 32-35; K.H. RENGSTORF, Old and New Testament<br />

traces of a formula of a Judaean Royal Ritual, in NT 5 (1962) 229-244.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine 231<br />

semplicemente adottiva, ma naturale. Il re davi<strong>di</strong>co è figlio <strong>di</strong> Dio, perché egli stesso lo ha<br />

scelto, lo ha consacrato e ha stretto con lui un’alleanza perenne. Questa triplice realtà instaurava<br />

fra i due un rapporto intimo <strong>di</strong> intenti e <strong>di</strong> azione per cui <strong>il</strong> re poteva qualificarsi figlio <strong>di</strong><br />

Dio. Poiché Dio è Signore dell’universo, l’adozione <strong>di</strong>vina del re <strong>di</strong> Sion aveva come conseguenza<br />

<strong>il</strong> possesso del regno tendenzialmente universale. In qualche modo <strong>il</strong> re d’Israele rifletteva<br />

in sé <strong>il</strong> dominio universale del Signore, non tanto sulla natura quanto sulla storia degli<br />

in<strong>di</strong>vidui e delle nazioni (cfr. Sal 47,3-9; 89,12; Is 45,1; 52,10). L’ere<strong>di</strong>tà promessa era soprattutto<br />

<strong>il</strong> Canaan (v. 8b) abitato dalle genti. L’espressione tutta la terra d<strong>il</strong>ata quella prima ere<strong>di</strong>tà,<br />

per cui dai confini del regno <strong>di</strong> Davide si passa, in senso profetico, ai confini del mondo<br />

intero. La frase del v. 9, li fracasserai con mazza <strong>di</strong> ferro, potrebbe riecheggiare <strong>il</strong> rito magico<br />

<strong>di</strong>ffuso nell’antico Oriente <strong>di</strong> scrivere su vasi <strong>di</strong> terracotta i nomi <strong>dei</strong> vassalli ost<strong>il</strong>i o ribelli e<br />

<strong>di</strong> spezzarli, per simboleggiare l’intenzione <strong>di</strong> annientare l’oggetto del timore o dell’o<strong>di</strong>o.<br />

Ammonimento ai potenti della terra: vv. 10-12. L’avverbio <strong>di</strong> tempo w e ‘attâ, e ora, ha un<br />

valore consecutivo e conclusivo. L’invito al timor <strong>di</strong> Dio scaturisce logicamente dall’oracolo:<br />

o <strong>il</strong> ravve<strong>di</strong>mento o la <strong>di</strong>sfatta ineluttab<strong>il</strong>e. Il timore con cui debbono servire <strong>il</strong> Signore è tipicamente<br />

religioso (v. 11; cfr. Dt 6,13): un atteggiamento <strong>di</strong> um<strong>il</strong>e e stupita gratitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> fronte<br />

alla percezione del soprannaturale e alla manifestazione <strong>di</strong> Dio, riconoscendone e accettandone<br />

la sovranità che si esplica me<strong>di</strong>ante <strong>il</strong> suo consacrato. Il v. 11b potrebbe significare entrare<br />

a far parte della gioia del Signore. L’avvertimento <strong>di</strong> 12b ai reggitori del mondo è <strong>di</strong> tono<br />

sapienziale: la minaccia del castigo ha una finalità me<strong>di</strong>cinale e salvifica. La misericor<strong>di</strong>a<br />

iniziale respinta aggraverebbe la giustizia finale (cfr. Sap 11,21–12,2; 2Pt 3,9; Ap 6,16s). Il<br />

verbo ˙āsâ, v. 12c, rifugiarsi in Dio, tipico del salterio, in<strong>di</strong>ca una fiducia piena e totale: <strong>il</strong> significato<br />

originario è quello <strong>di</strong> ripararsi sotto qualcosa che protegge. Quest’ultimo stico appare<br />

monco e da alcuni è ritenuto aggiunto e sopprimib<strong>il</strong>e; però non sembra per ragioni ritmiche;<br />

infatti alla fine <strong>di</strong> una composizione la misura del verso varia con maggiore frequenza.<br />

1.5.5. R<strong>il</strong>ettura cristiana<br />

Secondo la costante e in<strong>di</strong>scussa tra<strong>di</strong>zione giudeo-cristiana <strong>il</strong> salmo 2 ha una portata messianica,<br />

come <strong>il</strong> 110. Vi si parla <strong>di</strong> un sovrano scelto da YHWH e consacrato con un crisma <strong>di</strong><br />

fortezza e <strong>di</strong> gioia, <strong>di</strong> vigore e d’esultanza, la cui perennità è garantita dalla parola fedele <strong>di</strong><br />

Dio. Il ritratto <strong>di</strong> questo re andrà sempre meglio delineandosi (Sal 110) e assumendo tratti<br />

ideali che si realizzeranno pienamente solo nel Messia escatologico, quando Dio ricapitolerà<br />

in lui tutte le cose ed egli le consegnerà al Padre portando a compimento le promesse fatte a<br />

Davide (Sal 89), me<strong>di</strong>ante la sofferenza espiatrice (Sal 22) e <strong>il</strong> perfezionamento dell’alleanza<br />

(Sal 45). Cioè <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta, partendo da una situazione storica politico-m<strong>il</strong>itare relativa alla <strong>di</strong>nastia<br />

<strong>di</strong> Davide, lascia intravedere la realtà <strong>di</strong> un re e <strong>di</strong> un regno ideali. Questa <strong>di</strong>mensione<br />

escatologica fa della regalità davi<strong>di</strong>ca <strong>il</strong> prototipo del regno atteso per la fine <strong>dei</strong> tempi. Il ruolo<br />

del re israelita è <strong>di</strong> essere me<strong>di</strong>atore dell’alleanza (cfr. 2Sam 7; 2Re 23,3); in questo senso è<br />

ritenuto figlio <strong>di</strong> Dio. S.H. Jones 19 sottolinea questo compito del re e afferma che <strong>il</strong> segno tangib<strong>il</strong>e<br />

<strong>di</strong> esso è <strong>il</strong> decreto del Signore che <strong>il</strong> re vuol proclamare. Anche S. Mowinckel 20 , analizzando<br />

Sal 2,7, conclude che abbiamo qui una conferma del patto con Davide. L’elezione e<br />

l’ascesa al trono <strong>di</strong> un re <strong>di</strong> Giuda che attualizza e perpetua <strong>il</strong> regno <strong>di</strong> Davide esorbitano dai<br />

limiti empirici del regno d’Israele e puntano verso orizzonti più vasti. Tale ampio sguardo,<br />

all’inizio, è un’iperbole letteraria (Israele è sempre stato la cenerentola delle nazioni); poi è<br />

una speranza e un’<strong>il</strong>lusione del popolo; più tar<strong>di</strong> è la grande attesa <strong>di</strong> quanti sperano <strong>il</strong> regno<br />

<strong>di</strong> Dio; infine è una realtà che si compie in Cristo, specialmente a partire dalla sua risurrezione.<br />

Infatti riferito a Gesù, re e figlio <strong>di</strong> Davide, <strong>il</strong> Sal 2 s’inquadra nella prospettiva globale<br />

cristiana ed esplica tutta la sua portata, prima racchiusa come nel germe o nel simbolo. Già<br />

19 S.H. JONES «The Decree of Jahvé», Ps II,7, in VT 15 (1965) 336-340.<br />

20 S. MOWINCKEL, Psalmenstu<strong>di</strong>en, I, Amsterdam 1961, 62.


232 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine<br />

nei vv. 10ss <strong>il</strong> re <strong>di</strong> Giuda è fuori campo, perché l’intento più vero, sebbene forse implicito,<br />

del <strong>salmi</strong>sta è che i potenti della terra riconoscano e servano Dio come sovrano universale.<br />

Cioè, la regalità in quanto messianica assume molteplici aspetti – sacerdotale, profetico, escatologico<br />

– che oltrepassano le <strong>di</strong>mensioni della realtà storica d’Israele. Il NT, sia che citi Sal<br />

2, sia che vi alluda 21 , lo applica alla messianità e alla f<strong>il</strong>iazione <strong>di</strong>vina <strong>di</strong> Gesù, esplicitandone<br />

la tipologia. Per J. Dupont 22 gli autori del NT hanno descritto <strong>il</strong> trionfo <strong>di</strong> Gesù Cristo, Figlio<br />

<strong>di</strong> Dio, Signore e Re dopo la sua passione, come un’investitura regale. In questo senso qualcuno<br />

vede in Dan 7 un’interpretazione <strong>di</strong> Sal 2 in chiave escatologica e secondo cliché apocalittici:<br />

uno scorcio ar<strong>di</strong>to del destino provvidenziale d’Israele.<br />

1.6. PARAGONE CON IL SALMO 1<br />

È tempo adesso <strong>di</strong> confrontare i primi due <strong>salmi</strong> del Salterio. A prima vista, queste due<br />

composizioni non hanno granché in comune. Eppure con<strong>di</strong>vidono la particolarità <strong>di</strong> non essere<br />

contrassegnate da alcun «titolo» 23 , contrariamente alla grande maggioranza <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong>, e <strong>di</strong><br />

essere inquadrate da due proclamazioni <strong>di</strong> felicità (felice... felici... in Sal 1,1 e 2,12).<br />

1.6.1. Strutture parallele<br />

Come abbiamo visto, nel Sal 2 si possono <strong>di</strong>stinguere quattro strofe: 1-3; 4-6; 7-9 e 10-12.<br />

Queste quartine formano una struttura A B | B’ A’ le cui <strong>di</strong>verse parti presentano corrispondenze<br />

con <strong>il</strong> Sal 1, sulla base del parallelismo tra i binomi giusto-malvagi da una parte, e renemici<br />

ribelli dall’altra. Così, Pierre Auffret 24 propone uno schema, qui adattato, che fa risaltare<br />

delle corrispondenze significative basandosi sugli attori e le loro mutue relazioni.<br />

SALMO 1 SALMO 2<br />

a (v. 1) <strong>il</strong> giusto <strong>di</strong> fronte ai malvagi A (vv.1-3) le nazioni <strong>di</strong> fronte a<br />

YHWH e al suo messia<br />

B (vv. 2-3) condotta e prosperità B (vv. 4-6) [<strong>di</strong> fronte alle nazioni]<br />

dell’uomo alleato <strong>di</strong> YHWH alleanza <strong>di</strong> Dio col suo re<br />

b (v. 4) vanità <strong>dei</strong> malvagi B' (vv. 7-9) [alleanza <strong>di</strong> Dio con suo<br />

figlio per] a per<strong>di</strong>ta delle nazioni<br />

A (vv. 5-6) i malvagi perduti A' (vv.10-12) le nazioni devono arrendersi<br />

<strong>di</strong> fronte ai giusti salvati a YHWH; altrimenti, rovina<br />

1.6.2. Altri accostamenti significativi<br />

Oltre l’inquadramento con una formula identica (felice... felici...), un’altra inclusione globale<br />

è in<strong>di</strong>viduab<strong>il</strong>e tra i due <strong>salmi</strong>. Infatti, la parola cammino (derek) che si trova all’inizio e<br />

alla fine del Sal l (vv. 1 e 6) torna ancora in Sal 2,12; l’espressione è del resto sim<strong>il</strong>e a quella<br />

<strong>di</strong> Sal 1,6 (con <strong>il</strong> verbo smarrirsi) e sottolinea l’affinità tra i malvagi <strong>di</strong> 1,1.6 e i re e i giu<strong>di</strong>ci<br />

<strong>di</strong> 2,10. Del resto, nella stessa linea, se <strong>il</strong> Sal 1 menziona all’inizio e alla fine i malvagi e i<br />

peccatori (vv. 1 e 5-6), un’inclusione sim<strong>il</strong>e incornicia <strong>il</strong> Sal 2: è la duplice menzione <strong>dei</strong> re<br />

della terra (2,2) e <strong>dei</strong> re e giu<strong>di</strong>ci della terra (2,10).<br />

Oltre a queste corrispondenze strutturali, si possono operare, grazie al vocabolario adoperato,<br />

degli accostamenti suggestivi. Così, i malvagi che siedono o <strong>di</strong>morano in Sal 1,1 sono<br />

21<br />

Cfr. At 4,25s; 13,33; Eb 1,5; Ap 2,26s; 19,15.<br />

22<br />

J. DUPONT, «F<strong>il</strong>ius meus es tu». L’interprétation du Psaume 2,7 dans le Nouveau Testament, in RSR 35<br />

(1948) 522-543.<br />

23<br />

Si chiamano «titolo» le poche notazioni, alcune delle quali abbastanza oscure, che precedono spesso <strong>il</strong><br />

poema stesso. Le traduzioni moderne lo evidenziano <strong>di</strong> solito con <strong>il</strong> corsivo.<br />

24<br />

P. AUFFRET, La sagesse a bâti sa maison. Études de structures littéraires dans l’A.T. et spécialement dans<br />

les Psaumes, Fribourg-Göttingen 1982, 174.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine 233<br />

opposti al Signore che siede nella sua potenza in Sal 2,4 (stesso verbo), ridendosene <strong>dei</strong> suoi<br />

oppositori. Allo stesso modo, <strong>il</strong> mormorio dell’uomo che me<strong>di</strong>ta la Legge (Sal 1,2) si oppone<br />

al mormorio ribelle delle nazioni (Sal 2,1: stesso verbo). Peraltro, si sa che <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio che fa<br />

giustizia al giusto <strong>di</strong>chiarandolo innocente (Sal 1,5) appartiene a YHWH, cosa ironica nei confronti<br />

<strong>dei</strong> re giu<strong>di</strong>ci della terra (Sal 2,10). Se essi non si lasciano correggere dal Giu<strong>di</strong>ce, <strong>il</strong> loro<br />

cammino li perderà (Sal 2,12) e in esso si smarriranno come i malvagi <strong>di</strong> Sal 1,6. Infine, è<br />

possib<strong>il</strong>e scorgere un’analogia tra <strong>il</strong> vento che <strong>di</strong>sperde la pula (Sal 1,4) e la potenza del messia<br />

che spazza via i ribelli (Sal 2,9).<br />

1.7. IL SALMO 2, AMPLIAMENTO DEL SALMO 1?<br />

1.7.1. Corrispondenze<br />

Fin dall’inizio del Salterio <strong>il</strong> parallelo tra i due <strong>salmi</strong> tende a designare <strong>il</strong> messia come <strong>il</strong> tipo<br />

del giusto contro <strong>il</strong> quale insorgono invano i nemici, i fautori <strong>di</strong> male. Se le cose stanno così,<br />

posse<strong>di</strong>amo una chiave <strong>di</strong> lettura importante per l’intero <strong>libro</strong>. Ogni giusto, ogni innocente<br />

che grida verso <strong>il</strong> Signore o lo loda è in qualche modo una figura del messia. Inversamente, <strong>il</strong><br />

messia, con tutto l’onore che gli conferisce l’elezione <strong>di</strong> YHWH, è una figura del giusto e della<br />

sua sorte. A tal proposito, <strong>il</strong> parallelismo evidenziato da Auffret tra Sal 1,2-3 e Sal 2,4-6 è prezioso<br />

perché sottolinea la sim<strong>il</strong>itu<strong>di</strong>ne tra l’alleanza che unisce <strong>il</strong> giusto al suo Dio (Sal 1,2) e<br />

quella che lega <strong>il</strong> Dio <strong>di</strong> Israele al suo re (Sal 2,6). Questa osservazione permette <strong>di</strong> situare<br />

imme<strong>di</strong>atamente i <strong>salmi</strong> regali nel quadro fornito dal Sal 1 (cfr. Sal 20; 21; 45; 72; 89; 101;<br />

110).<br />

Essa consente ugualmente <strong>di</strong> comprendere i pochi titoli <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> che collocano la preghiera<br />

che segue nell’ambito della vita <strong>di</strong> Davide (cfr. Sal 3; 7; 18; 51; 52; 54; 56; 57; 59; 60; 63;<br />

142). Tali titoli fanno <strong>di</strong> Davide <strong>il</strong> modello del giusto che prega. In cambio, essi danno <strong>di</strong> Davide<br />

un’immagine che non è quella del re glorioso <strong>di</strong> cui i libri <strong>di</strong> Samuele raccontano la storia.<br />

Infatti gli episo<strong>di</strong> evocati nei titoli sono i momenti dolorosi della vita dell’uomo Davide:<br />

la sua fuga <strong>di</strong>nanzi a Saul, la sua cattura da parte <strong>dei</strong> f<strong>il</strong>istei, l’uccisione del marito <strong>di</strong> Betsabea<br />

ecc. Pertanto, <strong>il</strong> Davide del Salterio è un Davide «pieno <strong>di</strong> um<strong>il</strong>tà, <strong>di</strong> fiducia in YHWH e <strong>di</strong><br />

compunzione», «configurato all’immagine del suo popolo <strong>di</strong> poveri e [...] modello per Israele<br />

nel suo abbassamento e nella sua erranza» 25 .<br />

Peraltro, dato che un re è una personalità simbolica del suo intero popolo, <strong>il</strong> messia è<br />

anch’egli una figura rappresentativa <strong>di</strong> Israele davanti alle nazioni e davanti al suo Dio. L’in<strong>di</strong>viduo<br />

che prega i <strong>salmi</strong> ha dunque sempre, almeno potenzialmente, una portata collettiva. Si<br />

ottiene così un co<strong>di</strong>ce globale <strong>di</strong> corrispondenze dove, al pari <strong>dei</strong> malvagi, i re e le nazioni sono<br />

figure emblematiche del mondo del male:<br />

giusto = messia rappresentativo <strong>di</strong> Israele<br />

malvagi = re rappresentativi delle nazioni<br />

In questo ambito, anche Sion acquisisce una portata simbolica. Sion, o Gerusalemme, non<br />

è infatti solamente un luogo geografico. È <strong>il</strong> luogo simbolico dell’alleanza <strong>di</strong> YHWH con <strong>il</strong> suo<br />

eletto, <strong>il</strong> messia, e con Israele (Sal 2,6). Sion e <strong>il</strong> tempio che ne è <strong>il</strong> cuore acquistano così una<br />

posizione priv<strong>il</strong>egiata. Il fatto è che questo luogo dell’alleanza, della comunione con Dio, costituisce<br />

<strong>il</strong> termine della «marcia» dell’uomo che mormora la Legge (Sal 122,1-2). Ora, Sion è<br />

la città del Signore, quella da lui scelta per farvi abitare la lode e coloro che la cantano, i giusti<br />

liberati, <strong>di</strong>venuti figli <strong>di</strong> Dio come <strong>il</strong> messia (Sal 2,7). Questo elemento permette <strong>di</strong> situare i<br />

«cantici delle ascensioni» (Sal 120–134) o altre preghiere dello stesso genere (ad esempio Sal<br />

25 J.-M. AUWERS, «Le David des Psaumes et les Psaumes de David», in L. DEROUSSEAUX - J. VERMEYLEN<br />

(edd.), Figures de David à travers la Bible (Lectio Divina 177), Paris 1999, 187-224, qui 222.


234 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine<br />

15; 24; 84 o 91), come pure quelli che la critica ha classificato sotto <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> «cantici <strong>di</strong><br />

Sion» (Sal 46; 48; 76; 87; 132) 26 .<br />

1.7.2. Ampliamenti e prolungamenti<br />

Il Sal 2 non si limita a trasporre su un altro livello le opposizioni del Sal 1. Aggiunge anche<br />

alcuni elementi e, in tal modo, completa lo schema <strong>di</strong> apertura. Nel Sal 1, <strong>il</strong> poeta giustappone<br />

l’uomo della Legge e i malvagi, precisando soltanto che <strong>il</strong> primo evita <strong>di</strong> prendere <strong>il</strong> cammino<br />

<strong>dei</strong> secon<strong>di</strong> quando li incontra (v. 1). Nel parallelo del Sal 2 (vv. 1-3) l’idea viene prolungata.<br />

I malvagi – qui, le nazioni e i loro re – si oppongono infatti all’uomo dell’alleanza <strong>di</strong> YHWH, <strong>il</strong><br />

messia in questo caso: si coalizzano contro <strong>di</strong> lui e, <strong>di</strong> conseguenza, contro <strong>il</strong> Signore. In altre<br />

parole, se l’uomo della Legge cerca semplicemente <strong>di</strong> allontanarsi dai malvagi, non per questo<br />

costoro lo lasciano in pace. Al contrario, come affermano numerosissimi <strong>salmi</strong>, questi si alleano<br />

per attentare alla sua vita. È proprio questa alleanza <strong>dei</strong> fautori <strong>di</strong> male che l’inizio del<br />

Sal 2 descrive.<br />

Peraltro, nel Sal 1, YHWH non prende posizione rispetto ai malvagi. Costoro vanno da soli<br />

verso la propria rovina, pula <strong>di</strong>spersa dal vento, colpevoli inadatti a presentare la loro <strong>di</strong>fesa<br />

(Sal 1,4-6). Del resto, in questo poema, <strong>il</strong> Signore non ha alcun legame se non con l’uomo<br />

della Legge. Nel Sal 2, in compenso, YHWH si colloca con chiarezza accanto al suo messia<br />

nella sua lotta contro i nemici (vv. 5.8-9 e 12). Questa nuova prospettiva è complementare a<br />

quella del Sal 1: essa afferma che, lungi dall’essere in<strong>di</strong>fferente alla lotta che l’uomo deve<br />

condurre contro i fautori <strong>di</strong> male e <strong>di</strong> morte, <strong>il</strong> Signore s’impegna con lui per la loro rovina.<br />

Questa duplice affermazione trova delle eco nel Salterio, dove talvolta ve<strong>di</strong>amo <strong>il</strong> male auto<strong>di</strong>struggersi<br />

(Sal 7,15-17: Chi scava una buca e la fa profonda cade nella fossa che ha fatto...),<br />

talaltra si vede Dio lottare per la sua rovina (Sal 73,18: Li metti su un terreno scivoloso<br />

per precipitarli verso la rovina). Da qui la formula concisa <strong>di</strong> Sal 9,17: YHWH prende <strong>il</strong> malvagio<br />

nella trappola, opera delle sue mani.<br />

Inoltre, al centro della lotta evocata dal Sal 2, echeggia un appello ai re e ai giu<strong>di</strong>ci. È un<br />

appello al timore e al tremore davanti al Signore, un appello alla conversione (vv. 10-11). Se<br />

si legge <strong>il</strong> verbo «servire» del v. 11 nel senso del servizio cultuale del Signore (cfr. Sal 100,2;<br />

102,22-23), possiamo persino vedere qui l’invito lanciato ai malvagi ad entrare nel cerchio<br />

della lode, nell’esultanza <strong>di</strong> fronte alla regalità <strong>di</strong> YHWH finalmente riconosciuta (cfr. Sal<br />

97,1). Questo invito è già un’anticipazione della vittoria della lode, l’annuncio velato <strong>di</strong> un<br />

trionfo che non lascerà fuori nessuno, se non coloro che non saranno voluti entrare. Così, tra<br />

l’oggi e <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio del Sal 1, <strong>il</strong> Sal 2 sembra aprire un luogo per la conversione <strong>dei</strong> malvagi.<br />

È consentito suggerire un ultimo accostamento? All’inizio del Salterio si legge dapprima<br />

una me<strong>di</strong>tazione <strong>di</strong> tipo sapienziale sulla felicità dell’uomo che me<strong>di</strong>ta la Legge (Sal 1). Segue<br />

un annuncio <strong>di</strong> tipo profetico che riguarda la storia del messia alleato del Signore (Sal 2).<br />

In tal modo, è tutto l’universo della Bibbia – dalla Legge ai Profeti, dalla Sapienza alla storia<br />

– che se ne sta alle porte del Salterio.<br />

26<br />

A proposito <strong>di</strong> Sion come luogo della vita e della lode, vedere ad esempio Sal 48,2-13; 65,2.5; 87,5-7;<br />

102,14-15.16-18.19-23.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine 235<br />

2. LA FINALE DEL SALTERIO: I SALMI 148, 149 E 150<br />

Se <strong>il</strong> Salterio si apre sulla duplice visione <strong>di</strong> un mondo <strong>di</strong>viso in due, si chiude su un mondo<br />

dove tutto converge nella lode. Nei ventinove versetti degli ultimi tre <strong>salmi</strong>, leggiamo ventotto<br />

volte <strong>il</strong> verbo «lodare» 27 , due volte <strong>il</strong> sostantivo «lode» (Sal 148,14 e 149,1) e sette sinonimi<br />

nel Sal 149 (sei verbi e un sostantivo, al v. 6, «elevazioni»). Questa lode tuttavia non è<br />

realizzata: viene anticipata nell’invito o nel desiderio. È così che tutti i verbi sono al modo volitivo<br />

esprimendo qui l’appello o l’auspicio. In questo modo la finale del Salterio è un’apertura<br />

attraverso, un desiderio su un mondo dove tutto non sarebbe altro che lode. Questo mondo,<br />

essa lo annuncia, pur lanciando un pressante invito ad entrarvi fin da adesso, per costruirlo.<br />

2.1. IL SALMO 148: L’ESTENSIONE UNIVERSALE DELLA LODE<br />

1<br />

Lodate Yah!<br />

Lodate YHWH dai cieli,<br />

lodatelo nelle elevazioni,<br />

2<br />

lodatelo, tutti suoi messaggeri,<br />

lodatelo, tutto <strong>il</strong> suo esercito,<br />

3<br />

lodatelo, sole e luna,<br />

lodatelo, tutte le stelle <strong>di</strong> luce,<br />

4<br />

lodatelo, cieli <strong>dei</strong> cieli<br />

e le acque che sono sopra i cieli.<br />

5<br />

Lo<strong>di</strong>no <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> YHWH:<br />

sì! egli or<strong>di</strong>nò ed essi furono creati,<br />

6<br />

li stab<strong>il</strong>ì in eterno per sempre,<br />

<strong>di</strong>ede un decreto che non passerà.<br />

7<br />

Lodate YHWH dalla terra,<br />

mostri marini e tutti gli abissi,<br />

8<br />

fuoco e gran<strong>di</strong>ne, neve e nebbia,<br />

vento <strong>di</strong> tempesta che esegue la sua parola,<br />

9<br />

le montagne e tutte le colline,<br />

alberi da frutto, tutti i cedri,<br />

10<br />

le bestie selvagge e tutto <strong>il</strong> bestiame,<br />

rett<strong>il</strong>e e uccello alato,<br />

11<br />

re della terra e tutte le tribù,<br />

principi e tutti i giu<strong>di</strong>ci della terra,<br />

12<br />

ragazzi e anche ragazze,<br />

anziani con bambini.<br />

13<br />

Lo<strong>di</strong>no <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> YHWH:<br />

sì! è sublime, <strong>il</strong> suo nome, lui solo,<br />

<strong>il</strong> suo splendore sulla terra e nei cieli:<br />

14<br />

ha fatto elevare una potenza [corno] per <strong>il</strong> suo popolo,<br />

lode per (<strong>di</strong>) tutti i suoi fedeli<br />

per (<strong>di</strong>) i figli <strong>di</strong> Israele, <strong>il</strong> popolo che gli è vicino.<br />

Lodate Yah!<br />

2.1.1. Struttura letteraria<br />

Un buon in<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> strutturazione in questo salmo è l’alternanza tra invitatorio e contenuto.<br />

Esso è rafforzato da ricorrenze significative e inclusioni. Così, tra gli alleluia inclusivi (lodate<br />

Yah, vv. 1 e 14), <strong>il</strong> salmo è formato <strong>di</strong> due parti: la lode <strong>dei</strong> cieli per la stab<strong>il</strong>ità dell’universo<br />

creato (vv. 1-6) e la lode della terra per l’elevazione <strong>di</strong> Israele (vv. 7-14).<br />

La fine del poema (v. 14b) annuncia una lode specifica <strong>di</strong> Israele che verrà sv<strong>il</strong>uppata nel<br />

salmo successivo, come lo attesta tra i due poemi la presenza <strong>di</strong> parole-ganci significative del<br />

27 Vi sono 89 occorrenze <strong>di</strong> questo verbo nel Salterio. Quasi un terzo si trova negli ultimi tre <strong>salmi</strong>.


236 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine<br />

tema (tra Sal 148,14b e 149,1-2: lode, fedeli, Israele e figli <strong>di</strong>). Si noterà altresì la regolarità<br />

nella lunghezza delle strofe.<br />

A Invitatorio celeste (vv. 1-4):<br />

«dai cieli... le elevazioni» [8 stichi]<br />

con 7 volte «lodate» e 7 elementi chiamati alla lode,<br />

inclusione tra 2 menzioni <strong>dei</strong> «cieli» (vv. 1 e 4)<br />

B Contenuto:<br />

«Lo<strong>di</strong>no <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> YHWH: sì!...» [4 stichi]<br />

con 3 espressioni per <strong>il</strong> contenuto (vv. 5-6)<br />

A’ Invitatorio terrestre (vv. 7-12):<br />

«dalla terra... gli abissi» [12 stichi]<br />

con 3 serie <strong>di</strong> 6, 8 e 8 elementi chiamati a lodare (v. 22),<br />

inclusione tra 2 menzioni della «terra» (vv. 7 e 11)<br />

B’ Contenuto:<br />

«Lo<strong>di</strong>no <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> YHWH: sì!...» [6 stichi]<br />

al centro, <strong>il</strong> riassuntivo «terra e cieli» (vv. 13-14a)<br />

2.1.2. Gli invitatori: universalità della lode cosmica<br />

La lunga lista degli elementi convocati per la lode organizza <strong>il</strong> reale per settori. È <strong>il</strong> segno<br />

che questo reale non è caotico, che è, al contrario, un cosmos, cioè un insieme or<strong>di</strong>nato e ornato,<br />

che <strong>di</strong>pende da un progetto creatore che <strong>il</strong> centro del poema afferma e al quale l’uomo partecipa<br />

nominando gli elementi e scoprendo la loro coerenza e la loro bellezza.<br />

Qui troviamo la totalità <strong>dei</strong> giorni della creazione, dato che la cifra sette è quella degli elementi<br />

della lode celeste. Troviamo anche la totalità del linguaggio umano che esprime <strong>il</strong> mondo:<br />

<strong>il</strong> numero degli elementi terrestri è infatti quello delle lettere che formano l’alfabeto ebraico,<br />

ventidue. La totalità è persino <strong>di</strong>rettamente evocata poiché <strong>il</strong> termine tutto torna per <strong>di</strong>eci<br />

volte. Analogamente, l’aspetto spaziale della terra e <strong>dei</strong> cieli potrebbe ispirare la quadruplice<br />

ripetizione <strong>dei</strong> termini terra e cieli 28 (quattro come i punti car<strong>di</strong>nali). Infine, <strong>il</strong> mondo umano<br />

è rappresentato nel suo insieme da tre coppie antitetiche che designano la totalità sotto <strong>di</strong>versi<br />

aspetti: re e popoli (statuto politico), ragazzi e ragazze (sesso), anziani e bambini (età). Allo<br />

stesso modo, <strong>il</strong> regno animale è evocato da due coppie: animali terrestri domestici e selvaggi,<br />

poi rett<strong>il</strong>i e uccelli.<br />

Tutti questi elementi sono <strong>di</strong>sposti sui due assi fondamentali dello spazio. Sull’asse verticale<br />

o ascendente, dai cieli e nelle elevazioni, sono <strong>di</strong>sposte tre serie <strong>di</strong> elementi: angeli ed eserciti<br />

(v. 2) che assicurano <strong>il</strong> legame con la terra; sole, luna e astri appesi alla volta <strong>dei</strong> cieli (v.<br />

3); infine, proprio in cima, cieli <strong>dei</strong> cieli e acque al <strong>di</strong> sopra <strong>dei</strong> cieli (v. 4, cfr. Gen 1). Da queste<br />

acque in alto, <strong>il</strong> poeta passa, a quanto sembra, alle acque in basso, l’abisso sul quale è posata<br />

la terra e dove abitano i mostri marini 29 . L’evocazione dell’universo lascia allora l’asse<br />

verticale per l’orizzontale. Qui, ancora, tre serie <strong>di</strong> elementi si succedono con una certa gradazione<br />

verso l’umanità: le meteore (v. 8), l’ambiente naturale (vv. 9-10), poi <strong>il</strong> mondo umano,<br />

punto culminante e centro <strong>di</strong> tutto l’or<strong>di</strong>ne della creazione (vv. 11-12).<br />

Infine, non si <strong>di</strong>menticherà la permanenza nel tempo garantita dagli elementi celesti posti<br />

nei cieli «per sempre» e la cui costanza nell’obbe<strong>di</strong>re alle loro leggi proprie è concepita come<br />

una lode perpetua (v. 6). Questo tempo è del resto ritmato anch’esso dall’orologio cosmico<br />

costituito dagli astri (cfr. Gen 1,14-18).<br />

28 Il termine «cieli» ricorre in realtà cinque volte, ma solo quattro nella forma assoluta shamayim. La quinta<br />

volta si trova allo stato costrutto nell’espressione sh e mê shamayim (v. 4): la sonorità non è dunque la stessa.<br />

29 L’abisso può essere l’ambiente in cui si muovono i mostri. Ma potrebbe essere anche un elemento chiamato<br />

alla lode. Si conterebbero allora ventitré elementi, tanti quante sono le lettere dell’alfabeto quando si <strong>di</strong>stinguono<br />

sin e shin.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine 237<br />

2.1.3. I contenuti: motivi <strong>di</strong> lode<br />

I due contenuti essenziali della lode del Salterio si ritrovano in questo salmo: la creazione e<br />

la storia della salvezza. Nel cuore della lode <strong>dei</strong> cieli (vv. 5-6) c’è <strong>il</strong> Dio creatore, <strong>il</strong> cui comando<br />

è efficace e <strong>il</strong> cui «decreto non passa mai». Infatti, è nei cieli, e in particolare nel movimento<br />

degli astri, che l’efficacia permanente della parola creatrice è la più visib<strong>il</strong>e (Sal<br />

19,2-3; cfr. Is 40,26).<br />

Quanto alla lode della terra, è Dio stesso che essa celebra, è la sua sublimità e <strong>il</strong> suo splendore<br />

che essa canta (vv. 13-14a). Ma dove meglio si manifesta questa grandezza? È nell’elevazione<br />

<strong>di</strong> Israele <strong>di</strong> cui Dio ha stab<strong>il</strong>ito la potenza quando ha fatto <strong>di</strong> quest’infima tribù <strong>il</strong> suo<br />

proprio popolo. Questo è <strong>il</strong> contenuto proprio della lode terrestre. Anche nel Sal 117, tutte le<br />

nazioni sono invitate a lodare YHWH <strong>il</strong> cui amore per Israele si è mostrato forte e fedele.<br />

La lode dell’universo e specialmente della terra culmina così in Israele. Ecco <strong>il</strong> motivo<br />

specifico della lode <strong>di</strong> Israele, questo popolo composto dai fedeli e dai vicini <strong>di</strong> YHWH (v.<br />

14bc). Questa lode, proprio perché sorge da una salvezza storica, è chiamata canto nuovo (Sal<br />

149,1): nuovo rispetto a quello dell’universo creato (Sal 148) e nuovo rispetto al cantico <strong>di</strong> ieri,<br />

quello del Mar Rosso, ad esempio (Es 15). In poche parole, la salvezza <strong>di</strong> Israele è motivo<br />

della lode della terra e <strong>dei</strong> popoli, allo stesso modo in cui la creazione è motivo della lode <strong>dei</strong><br />

cieli. Perciò Israele stesso è invitato alla lode.<br />

2.2. IL SALMO 149: LA LODE DI ISRAELE E LA VITTORIA SUL MALE<br />

1<br />

Lodate Yah!<br />

Cantate per YHWH un canto nuovo,<br />

la sua lode nell’assemblea <strong>dei</strong> fedeli:<br />

2<br />

si rallegri Israele <strong>di</strong> colui che l’ha fatto,<br />

i figli <strong>di</strong> Sion, festeggino <strong>il</strong> loro re;<br />

3<br />

lo<strong>di</strong>no <strong>il</strong> suo nome con danza,<br />

con tamburo e citara, suonino per lui.<br />

4<br />

Sì! YHWH favorisce <strong>il</strong> suo popolo<br />

adorna gli um<strong>il</strong>iati <strong>di</strong> vittoria.<br />

5<br />

Esultino i fedeli in gloria<br />

gri<strong>di</strong>no la loro gioia sui loro giacigli,<br />

6<br />

elevazioni <strong>di</strong> Dio nella loro gola<br />

e spada a doppio taglio nella loro mano,<br />

7<br />

per compiere vendetta nelle nazioni,<br />

castighi nelle tribù,<br />

8<br />

per legare i loro re in catene<br />

i loro gloriosi in ceppi,<br />

9<br />

per fare con essi <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio scritto:<br />

è un onore per tutti i suoi fedeli.<br />

Lodate Yah!<br />

2.2.1. Struttura letteraria<br />

Come per <strong>il</strong> Sal 148, è possib<strong>il</strong>e strutturare <strong>il</strong> poema partendo dall’alternanza tra invitatori<br />

e contenuti <strong>di</strong> lode secondo lo schema A B | A’ B’. Si noterà, tra l’altro, la corrispondenza tra i<br />

due sv<strong>il</strong>uppi del contenuto, corrispondenza che sottolinea la complementarità dell’azione <strong>di</strong><br />

YHWH e <strong>dei</strong> suoi fedeli. Una tale strutturazione è corroborata da inclusioni. Così, la prima parte<br />

(vv. 1-4) è inquadrata dalla duplice ricorrenza <strong>di</strong> YHWH, la seconda (vv. 5-9) da una duplice<br />

menzione <strong>dei</strong> fedeli. Quest’ultima parola assicura del resto l’inclusione generale accanto alla<br />

ripetizione dell’alleluia (vv. 1 e 9). Ecco uno schema riassuntivo:


238 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine<br />

I a Invitatorio:<br />

gioia per YHWH nei fedeli (vv. 1-3)<br />

b Contenuto:<br />

agire <strong>di</strong> YHWH per gli um<strong>il</strong>iati, <strong>il</strong> suo popolo (v. 4)<br />

II a’ Invitatorio:<br />

acclamazione guerriera <strong>dei</strong> FEDELI (vv. 5-6)<br />

b’ Contenuto:<br />

agire <strong>dei</strong> FEDELI in nome <strong>di</strong> Dio (vv. 7-9)<br />

2.2.2. Invitatori: i mo<strong>di</strong> della lode<br />

Gli invitatori <strong>di</strong> questo salmo sono scan<strong>di</strong>ti da sette verbi <strong>di</strong> lode nel modo volitivo che<br />

compongono l’appello alla lode. Sono inquadrati da due alleluia così che troviamo <strong>il</strong> verbo<br />

«lodare» alle estremità e al centro della serie. Il primo verbo sinonimo («cantare») è seguito<br />

dal termine «lode», e l’ultimo («gridare») dal termine «elevazioni» (vv. 1 e 6). Il tutto forma<br />

un autentico lessico della gioia che traduce una nuova estensione della lode: nei mo<strong>di</strong>.<br />

lodate-Yah<br />

cantate + lode<br />

si rallegri<br />

festeggino<br />

lo<strong>di</strong>no<br />

suonino<br />

esultino<br />

gri<strong>di</strong>no + elevazioni<br />

lodate-Yah<br />

2.2.3. Chi compone Israele?<br />

Questo salmo propone dunque la lode propria a Israele. Questo Israele vi è descritto con<br />

<strong>di</strong>verse espressioni. Si parla <strong>di</strong> assemblea <strong>dei</strong> fedeli, <strong>di</strong> fedeli o <strong>di</strong> suoi fedeli (vv. 1.5.9), <strong>dei</strong><br />

figli <strong>di</strong> Sion (v. 2) uniti al loro re, e anche degli um<strong>il</strong>iati che costituiscono <strong>il</strong> suo popolo secondo<br />

<strong>il</strong> parallelismo del v. 4. Così l’Israele che intona <strong>il</strong> canto nuovo è un popolo <strong>di</strong> fedeli, <strong>di</strong><br />

hasîdîm.<br />

Ma a che cosa rimanda questo termine? Esso in<strong>di</strong>ca tanto colui che è fedele a YHWH quanto<br />

colui che è l’oggetto dell’amore fedele dello stesso YHWH. Forse, del resto, ha simultaneamente<br />

entrambi i significati? Giacché <strong>il</strong> sostantivo hèsèd, sul quale l’aggettivo hasîd è formato,<br />

in<strong>di</strong>ca l’amore leale capace <strong>di</strong> andare al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quanto è richiesto. In<strong>di</strong>ca una qualità intimamente<br />

legata all’alleanza e, a questo titolo, implica perlomeno potenzialmente la reciprocità,<br />

la lealtà dell’uno che risponde a quella dell’altro. Così, gli hasîdîm sono coloro che, credendo<br />

nella fedeltà <strong>di</strong> YHWH, gli sono rimasti leali (Sal 148,14), restando altresì legati a Sion<br />

e a ciò che Sion rappresenta. Um<strong>il</strong>iati nella loro lotta contro <strong>il</strong> male e la morte, si sono mostrati<br />

fedeli al Signore che, a sua volta, ha <strong>di</strong>mostrato loro <strong>il</strong> suo amore fedele dando loro la vittoria<br />

e facendo <strong>di</strong> essi <strong>il</strong> suo popolo (v. 4).<br />

Così, dunque, <strong>il</strong> Sal 149 precisa ciò che è Israele, <strong>il</strong> che significa, in altri termini, spostare<br />

<strong>il</strong> concetto. Se «Israele» raggruppa chiunque è fedele a YHWH nella resistenza contro <strong>il</strong> male,<br />

allora esseri umani che non fanno parte dell’Israele etnico possono rientrare in questa definizione<br />

e raggiungere perciò «Israele». Un allargamento è dunque possib<strong>il</strong>e per Israele. Ogni<br />

uomo che mormora la Legge (Sal 1,2) <strong>di</strong>venta un israelita, un fedele del vero Re che è in Sion<br />

(Sal 149,2) e <strong>di</strong> cui <strong>il</strong> re terrestre è <strong>il</strong> luogotenente. Con gli altri fedeli, egli è chiamato figlio <strong>di</strong><br />

Sion, sim<strong>il</strong>e cioè a quel re proclamato «figlio» in Sion (Sal 2,6-7). A questo titolo, egli è ab<strong>il</strong>itato<br />

a compiere la vendetta (Sal 149,7-9), promessa nella minaccia del Sal 2,9, e a cantare la<br />

lode nel suo luogo, Sion. Un tale ampliamento del concetto, del resto, non è del tutto ignoto


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine 239<br />

all’Antico Testamento. Così, ad esempio, Is 56,1-7a presenta più <strong>di</strong> un punto in comune con i<br />

<strong>salmi</strong> stu<strong>di</strong>ati qui.<br />

2.2.4. Contenuto della lode: vittoria e giu<strong>di</strong>zio<br />

Al v. 4, <strong>il</strong> poema parla <strong>di</strong> una vittoria, vittoria seguita dal giu<strong>di</strong>zio <strong>dei</strong> vinti (v. 9). Secondo<br />

<strong>il</strong> Sal 149, tale giu<strong>di</strong>zio è scritto. Ma dove sta scritto? Non sarebbe per caso nel Sal 1,5 dove è<br />

detto che, nel giu<strong>di</strong>zio, i malvagi non possono alzarsi e sono perciò condannati a che <strong>il</strong> loro<br />

cammino si smarrisca, a perire come i ribelli (Sal 1,6 e 2,12)?<br />

Per <strong>di</strong> più, chi <strong>di</strong>ce vittoria <strong>di</strong>ce lotta vinta. Qual è dunque questa lotta al termine della quale<br />

<strong>il</strong> Signore conferisce la vittoria? Non sarebbe per caso <strong>il</strong> combattimento iniziato nel Sal 2 e<br />

che oppone YHWH e <strong>il</strong> suo messia a re e nazioni ribelli? Su questo punto, gli accostamenti tra i<br />

Sal 2 e 149 sono numerosi: ritroviamo qui molti termini già adoperati là per parlare della ribellione<br />

delle nazioni e <strong>dei</strong> loro re. Mentre nel Sal 148,11 i re della terra (cfr. Sal 2,2) e i giu<strong>di</strong>ci<br />

della terra (cfr. Sal 2,10), come pure le tribù (cfr. Sal 2,1), sono ancora invitati alla lode,<br />

nel Sal 149 se ne vedono definitivamente esclusi. Sono votati alla <strong>di</strong>sfatta a scapito <strong>di</strong> quelli<br />

che hanno um<strong>il</strong>iato (Sal 149,4). Come annunciato al messia (Sal 2,8-9), <strong>il</strong> Signore favorisce <strong>il</strong><br />

suo popolo e lo rende vittorioso (Sal 149,4). Quanto al giu<strong>di</strong>zio, è proprio un assembramento<br />

<strong>di</strong> giusti (Sal 1,5), <strong>di</strong> fedeli che bran<strong>di</strong>scono la spada (Sal 149,6), come <strong>il</strong> messia bran<strong>di</strong>sce <strong>il</strong><br />

suo scettro <strong>di</strong> ferro (Sal 2,9). Così le nazioni (Sal 149,7; cfr. 2,1.8) e le tribù (Sal 149,7; cfr.<br />

Sal 2,1) sono castigate; i loro re, che volevano spezzare le loro catene (Sal 2,2-3) vengono incatenati<br />

(Sal 149,8) con ferro (Sal 149,8; cfr. Sal 2,9 dove lo strumento del castigo è anch’esso<br />

<strong>di</strong> ferro), mentre i giu<strong>di</strong>ci (Sal 2,10) sono giu<strong>di</strong>cati (Sal 149,9). In poche parole, l’annuncio<br />

del Sal 2 sembra essere qui realizzato.<br />

Del resto, questa realizzazione è preparata nei Sal 146 e 147 che, come gli ultimi tre, sono<br />

inquadrati dall’inclusione dell’Alleluia (lodate Yah!). È così che nel Sal 146,3-5, <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta<br />

invita chi prega con lui a non porre la sua fiducia nei principi che periranno (cfr. Sal 2,2.12 e<br />

1,6), quanto piuttosto in YHWH, la cui azione è giusta fin dalla creazione (Sal 146,6), ma anche<br />

nella vita <strong>di</strong> ogni giorno (vv. 7-9), poiché, nel suo amore per <strong>il</strong> giusto (1,5-6a), egli <strong>di</strong>rotta<br />

i passi <strong>dei</strong> malvagi (cfr. Sal 1,6b). Nel Sal 147 lo stesso <strong>salmi</strong>sta invita a lodare YHWH che<br />

non apprezza la forza che gli uomini <strong>di</strong>spiegano nel combattimento, quanto piuttosto la loro<br />

lealtà e la loro fiducia (vv. 10-11). Perciò bene<strong>di</strong>ce i figli <strong>di</strong> Sion e protegge questa città contro<br />

i suoi aggressori, per darle la pace e la prosperità (vv. 13-14), ma anche la Parola che lo fa conoscere<br />

(vv. 15.19-20).<br />

2.2.5. Una lode conquistata sul male<br />

Dopo questa breve parentesi, torniamo al Sal 149. L’evocazione della lotta contro <strong>il</strong> male,<br />

della vittoria <strong>dei</strong> fedeli e del giu<strong>di</strong>zio che ne consegue, evidenzia che la lode finale annunciata<br />

da questo poema è una lode conquistata in un aspro combattimento cui i fedeli prendono parte.<br />

In questo combattimento, essi dapprima hanno sperimentato l’um<strong>il</strong>iazione che ha fatto <strong>di</strong><br />

loro delle persone che supplicano poiché, nel loro rifiuto <strong>di</strong> compromettersi con <strong>il</strong> male, hanno<br />

creduto nella vittoria finale dell’amore <strong>di</strong> YHWH. È in questa lotta che è stato «fatto» <strong>il</strong><br />

nuovo Israele <strong>di</strong> cui parlo sopra, che è stato creato, scelto, costituito da Dio (v. 2a). È composto<br />

dai figli <strong>di</strong> Sion (v. 2b), vero popolo <strong>di</strong> Dio (v. 4) che può ormai cantare la vittoria esibendo<br />

le sue armi: non i cavalli o i muscoli (Sal 147,10), ma la spada a doppio taglio (Sal<br />

149,6b), letteralmente: «a due bocche».<br />

Ma qual è dunque questa spada? Il v. 6 che ricorre a tale immagine comporta un parallelismo<br />

tra, da una parte, le elevazioni <strong>di</strong> Dio nella gola e, dall’altra, la spada a due bocche nella<br />

mano. Questo sembra orientare <strong>il</strong> lettore verso un significato simbolico. Infatti, che cosa sono<br />

le elevazioni o le lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> Dio nella gola <strong>dei</strong> suoi fedeli, se non le due forme <strong>di</strong> lode proposte<br />

dal Salterio: la lode propriamente detta e quella che implica la supplica? Non sarebbe questa<br />

la spada a due bocche, con la quale i <strong>salmi</strong>sti rispondono all’attacco <strong>dei</strong> malvagi la cui arma


240 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine<br />

principale, come si è visto, è anche la bocca? Sulla lingua <strong>dei</strong> fedeli, la parola <strong>di</strong> Dio sotto<br />

forma <strong>di</strong> lode e <strong>di</strong> grido <strong>di</strong>venterebbe così uno strumento <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio (cfr. Eb 4,12), giu<strong>di</strong>zio<br />

promulgato fin dall’inizio (Sal 1,5-6), e fin dall’inizio ripreso sotto forma <strong>di</strong> ammonimento<br />

(Sal 2,10-12) perché nessuno ignori che scegliere <strong>il</strong> male significa concludere un patto con la<br />

morte.<br />

«Gli empi hanno invocato l’Ade (l’inferno)<br />

col gesto e con la voce,<br />

facendo amicizia con lui, si sono consumati;<br />

poi hanno concluso un patto con lui:<br />

tanto meritano <strong>di</strong> appartenergli [...].<br />

È per l’invi<strong>di</strong>a del <strong>di</strong>avolo che la morte è entrata nel mondo:<br />

la subiscono quelli che si schierano dalla sua parte» (Sap 1,16 e 2,24).<br />

La lode finale celebra dunque una vittoria del Signore, con Israele e in suo favore. E se, alla<br />

fine del Salterio, tutto converge nella sola lode, è grazie a tale vittoria <strong>il</strong> cui risultato è <strong>di</strong><br />

eliminare <strong>il</strong> male e i suoi sgherri, uno <strong>dei</strong> due lati del mondo quale i Salmi 1 e 2 l’avevano<br />

presentato. Con questo lato del male è scomparsa la supplica, che ha perso la sua ragion<br />

d’essere. Più esattamente, essa è stata assunta interamente nella lode, la quale ormai occupa<br />

tutto lo spazio. Non siamo lontani dall’Apocalisse dove la lotta contro le forze del male sbocca<br />

in una vittoria finale che fiorisce in pura lode nella Gerusalemme celeste (cfr. Ap 19,1-<br />

2a.5b.6b. 11.13.16.20b-21; 20,1-2).<br />

2.3. IL SALMO 150: LA LODE PURA<br />

1<br />

Lodate Yah!<br />

Lodate Dio nel suo santuario/santità<br />

lodatelo nel firmamento della sua forza<br />

2<br />

lodatelo nelle sue gesta lodatelo per tanta grandezza<br />

3<br />

lodatelo con squ<strong>il</strong>lo <strong>di</strong> tromba<br />

lodatelo con arpa e citara<br />

4<br />

lodatelo con tamburo e danza<br />

lodatelo con corde e flauto<br />

5<br />

lodatelo con cembali sonori<br />

lodatelo con cembali d’ovazione<br />

6<br />

tutto ciò che respira lo<strong>di</strong> Yah!<br />

Lodate Yah!<br />

Questo salmo è costituito soltanto da un invitatorio. A stento si osa intuire un qualche contenuto<br />

alla lode nei vv. 1-2. Il santuario e la fortezza del suo firmamento potrebbero infatti costituire<br />

un’allusione alla creazione, all’or<strong>di</strong>ne cosmico trascendente. Quanto ai termini gesta e<br />

grandezza, potrebbero rinviare all’azione <strong>di</strong>vina nella storia della salvezza. Tuttavia, queste<br />

allusioni sono <strong>di</strong>screte e non intervengono a titolo <strong>di</strong> contenuto in<strong>di</strong>pendente poiché fanno<br />

parte dell’invitatorio dove qualificano Dio (v. 1). Quest’ultimo è dunque esattamente l’unico<br />

contenuto <strong>di</strong> questo inno.<br />

La lode qui si fa musica (cfr. già Sal 149,3.6a): strumenti a fiato (vv. 3a.4b), corde (vv.<br />

3b.4b), percussioni (vv. 4a.5), voce umana (v. 5b: grido d’ovazione); <strong>il</strong> tutto accompagna una<br />

danza menzionata al centro (v. 4a: quattro strumenti prima, altri quattro dopo). Ci si trova così<br />

nella pienezza del suono, della voce e del movimento. Tutto è pronto per la lode <strong>di</strong> tutti (v.<br />

5b), del creato (Sal 148) e <strong>di</strong> Israele (Sal 149), qui riuniti nella lode <strong>di</strong> un’assemblea unanime.<br />

La gradazione è sorprendente. La tromba lancia dapprima la convocazione all’assemblea<br />

liturgica (v. 3a). Poi le corde pizzicate iniziano una melo<strong>di</strong>a <strong>di</strong>screta (v. 3b), cui viene ad aggiungersi<br />

<strong>il</strong> ritmo del tamburo che trascina la danza (v. 4a). In seguito la musica si veste del<br />

suono degli strumenti a corda e <strong>dei</strong> legni (v. 4b), prima che la sonorità <strong>dei</strong> cembali e le ovazioni<br />

umane vengano a concludere la sinfonia dell’alleluia (v. 5).<br />

La tra<strong>di</strong>zione ebraica parla, a proposito del Sal 150, <strong>di</strong> un «decalogo alleluiatico»: vi si trova<br />

infatti <strong>di</strong>eci volte l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> lodare (imperativo plurale del verbo: lodate Dio, poi lodate-


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine 241<br />

lo), proprio come si trovano <strong>di</strong>eci or<strong>di</strong>ni nel racconto della creazione del mondo (Gen 1,1–<br />

2,4a) e <strong>di</strong>eci altri nel decalogo (Es 20 e Dt 5). Queste <strong>di</strong>eci nuove parole invitano a una lode<br />

che sia nel contempo risposta alla creazione e alla Legge, entrambi doni <strong>di</strong> YHWH. Alla creazione<br />

risponderà <strong>il</strong> canto dell’universo; alla Legge, quello <strong>di</strong> Israele.<br />

2.4. RIFLESSIONI CONCLUSIVE<br />

L’inizio del Salterio descrive una tensione <strong>di</strong> cui annuncia già la risoluzione. Vengono sistemati<br />

gli attori del dramma: <strong>di</strong> fronte al Signore (Dio), da una parte l’uomo che mormora la<br />

Legge, giusto in <strong>di</strong>venire o messia, figura <strong>di</strong> Israele, e dall’altra i malvagi, le nazioni e i loro<br />

re. Successivamente la preghiera può iniziare. Così <strong>il</strong> Sal 3, col suo titolo <strong>di</strong> Davide, quando<br />

fuggiva <strong>di</strong> fronte al figlio Assalonne (cfr. 2Sam 15–17), dà avvio al corpo del <strong>libro</strong>. Un uomo,<br />

un amico <strong>di</strong> YHWH che <strong>il</strong> titolo identifica con Davide, comincia a supplicare Dio che considera<br />

come uno scudo (Sal 3,4), un sostegno (Sal 3,5) capace <strong>di</strong> proteggerlo efficacemente (Sal<br />

3,8) contro i nemici troppo numerosi (Sal 3,2-3.7) che l’assalgono. Poiché presso YHWH è la<br />

salvezza (Sal 3,9), conclude opponendosi frontalmente a ciò che <strong>di</strong>cevano i suoi nemici: Nessuna<br />

salvezza per lui presso Dio (Sal 3,3). Il Sal 4 proseguirà con la preghiera dello stesso<br />

uomo che Dio ha ascoltato e liberato: salmo <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong> fiducia al centro del quale risuona<br />

un appello agli alleati del male. E così via...<br />

Alla fine del <strong>libro</strong> ritroviamo gli stessi attori, ma questa volta al termine della lotta descritta<br />

all’inizio. Ne viene annunciato del resto l’ep<strong>il</strong>ogo: la <strong>di</strong>sfatta definitiva delle forze della morte<br />

e <strong>dei</strong> fautori <strong>di</strong> male, come pure l’esplosione della lode alla quale ciascuno è stato invitato a<br />

suo tempo. Da un capo all’altro tuttavia, da un salmo all’altro, un combattimento ha luogo e<br />

continua ad avere luogo, una lotta dove si affrontano la vita e la morte e dove l’uomo che<br />

mormora la Legge passa dalla supplica alla lode, a seconda che sia schiacciato dal male cui ha<br />

scelto <strong>di</strong> resistere o, al contrario, liberato dalla morsa del male da parte <strong>di</strong> Dio, nel quale ripone<br />

la sua fiducia. Il Sal 22, che adesso affronteremo, consentirà <strong>di</strong> penetrare precisamente nel<br />

cuore <strong>di</strong> questa lotta 30 .<br />

30<br />

Per questa interpretazione mi ispiro alle chiavi <strong>di</strong> lettura date da P. BEAUCHAMP, Salmi notte e giorno, Assisi<br />

2 2003, 239-280.


242 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine<br />

3. DOVE IL GRIDO DIVENTA LODE: IL SALMO 22<br />

1 Al maestro del canto. Su: «La cerva dell’aurora». Salmo. Di Davide.<br />

2<br />

Mio Dio (’el), mio Dio, perché mi hai abbandonato?<br />

Lontano dalla mia salvezza le parole del mio ruggito.<br />

3<br />

Mio Dio (’elohîm), chiamo <strong>di</strong> giorno – e tu non rispon<strong>di</strong><br />

– e <strong>di</strong> notte – e nessun s<strong>il</strong>enzio per me.<br />

4<br />

E tu, <strong>il</strong> Santo che abiti le lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> Israele,<br />

5<br />

in te si fidarono i nostri padri, si fidarono e tu li liberasti;<br />

6<br />

verso te gridarono e fuggirono,<br />

in te si fidarono e non furono confusi.<br />

7<br />

E io, verme e non uomo,<br />

vergogna della gente e <strong>di</strong>sprezzato dal popolo,<br />

8<br />

tutti quelli che mi vedono si burlano <strong>di</strong> me,<br />

<strong>di</strong>varicano le labbra e scuotono la testa.<br />

9<br />

«Si affida a YHWH? Che lo scampi,<br />

che lo liberi, poiché in lui si compiace!».<br />

10<br />

Tu infatti mi traesti dal ventre,<br />

mia fiducia sui seni <strong>di</strong> mia madre,<br />

11<br />

su te fui gettato [all’uscir] dalla matrice<br />

fin dal ventre <strong>di</strong> mia madre, <strong>il</strong> mio Dio sei tu.<br />

12<br />

Non star lontano da me<br />

poiché l’angoscia è vicina – e nessun aiuto.<br />

13<br />

Mi circondano tori numerosi,<br />

potenti <strong>di</strong> Bashan mi accerchiano;<br />

14<br />

spalancano contro me la loro bocca,<br />

leone che <strong>di</strong>vora e ruggisce.<br />

15<br />

Come l’acqua mi spando<br />

e si sconnettono tutte le mie ossa;<br />

<strong>il</strong> mio cuore è come la cera,<br />

si scioglie in mezzo alle mie viscere;<br />

16<br />

secco come un coccio <strong>il</strong> mio palato,<br />

e la mia lingua incollata alle mie mascelle.<br />

A polvere <strong>di</strong> morte mi riduci.<br />

17<br />

Mi circondano infatti <strong>dei</strong> cani,<br />

una banda <strong>di</strong> malvagi mi circonda<br />

come per lacerare le mie mani e i miei pie<strong>di</strong>;<br />

18<br />

posso contare tutte le mie ossa.<br />

Loro guardano: mi vedono,<br />

19<br />

spartiscono i miei vestiti per loro,<br />

sul mio abito gettano la sorte.<br />

20<br />

E tu, YHWH, non star lontano,<br />

mia forza, in mio aiuto, affrettati!<br />

21<br />

Libera dalla spada <strong>il</strong> mio soffio (= vita)<br />

dalla mano del cane, <strong>il</strong> mio unico.<br />

22<br />

Salvami dalla bocca del leone<br />

e dalle corna <strong>dei</strong> bufali. – Mi hai risposto!<br />

23 Racconterò <strong>il</strong> tuo nome ai miei fratelli,<br />

in piena assemblea, ti loderò:<br />

24 «Voi che temete YHWH, lodatelo,<br />

tutta la <strong>di</strong>scendenza <strong>di</strong> Giacobbe, glorificatelo<br />

e tremate davanti a lui, <strong>di</strong>scendenza tutta <strong>di</strong> Israele.<br />

25 Infatti non ha avuto <strong>di</strong>sprezzo né <strong>di</strong>sgusto<br />

dell’um<strong>il</strong>iazione dell’um<strong>il</strong>iato<br />

e non ha nascosto <strong>il</strong> suo volto da lui,<br />

e quando gridava verso <strong>di</strong> lui, l’ha u<strong>di</strong>to».


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine 243<br />

26<br />

Da te la mia lode nell’assemblea numerosa;<br />

i miei voti, li adempirò davanti a coloro che lo temono:<br />

27<br />

«Mangino gli um<strong>il</strong>iati e si sazino,<br />

lo<strong>di</strong>no YHWH coloro che lo cercano,<br />

viva <strong>il</strong> vostro cuore per sempre».<br />

28<br />

Si ricorderanno e torneranno verso YHWH,<br />

tutti i confini della terra;<br />

e si prostreranno davanti a te tutte le famiglie delle nazioni,<br />

29<br />

infatti a YHWH la regalità e <strong>il</strong> dominio sulle nazioni.<br />

30<br />

Hanno mangiato e si sono prosternati tutti i grassi<br />

della terra, davanti a lui s’inginocchiano tutti coloro che scendono in polvere:<br />

«Il suo soffio, davvero, l’ha fatto vivere!».<br />

31<br />

Una <strong>di</strong>scendenza lo servirà,<br />

si racconterà per YHWH alla generazione che viene,<br />

32<br />

riferiranno la sua giustizia al popolo che nasce,<br />

poiché egli ha agito.<br />

3.1. STRUTTURA D’INSIEME<br />

Ad una prima lettura, si in<strong>di</strong>viduano abbastanza fac<strong>il</strong>mente due parti in questo salmo: una<br />

lunga preghiera <strong>di</strong> supplica (vv. 2-22) e un inno <strong>di</strong> lode (vv. 23-32). Questa sud<strong>di</strong>visione è confermata<br />

da inclusioni tra i vv. 2-3 e 20-22, da una parte (a), e tra i vv. 23 e 31-32, dall’altra (b):<br />

(a) lontano dalla mia salvezza (v. 2)<br />

e non essere lontano... salvami (vv. 20.22)<br />

tu non rispon<strong>di</strong> (v. 3)<br />

e tu m’hai risposto (v. 22)<br />

(b) racconterò <strong>il</strong> tuo nome ai miei fratelli (v. 23)<br />

e si racconterà per YHWH alla generazione che viene (v. 31).<br />

Il primo blocco così delimitato può essere <strong>di</strong>viso in due. Infatti, i vv. 11-12 hanno più <strong>di</strong> un<br />

punto in comune con l’inizio e la fine <strong>di</strong> questa parte. Il termine mio Dio (una sola parola in<br />

ebraico) è comune ai vv. 2 e 11, e troviamo un richiamo del lontano dalla mia salvezza (v. 2)<br />

al v. 12 (lontano da me). Quanto ai vv. 12 e 20, li si può raffrontare grazie all’appello ripetuto<br />

non star lontano e grazie all’eco tra nessun aiuto (v. 12) e in mio aiuto (v. 20).<br />

Detto ciò, si può raffrontare a più <strong>di</strong> un titolo la prima parte alla terza (vv. 2-11 e 23-32), nonostante<br />

le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> genere letterario. Da entrambe le parti si menziona la lode (v. 4; vv.<br />

23.24.26.27), mentre le quattro menzioni <strong>di</strong> questa nei vv. 23-32 trovano <strong>il</strong> loro corrispondente<br />

nelle quattro menzioni della fiducia ai vv. 2-11 (vv. 5[bis].6 e 10). Allo stesso modo, da una parte<br />

e dall’altra, si osserva la menzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse relazioni fam<strong>il</strong>iari assenti nel centro del poema<br />

(padri e madre; fratelli, <strong>di</strong>scendenza, generazione, famiglia). In base a queste osservazioni iniziali,<br />

<strong>il</strong> movimento del salmo potrebbe riassumersi in questi termini: dalla lode <strong>dei</strong> padri (vv. 2-<br />

11) alla lode rinnovata per i figli (vv. 23-32), attraverso l’assenza <strong>di</strong> lode (vv. 12-22).<br />

3.2. PRIMA PARTE: LA LODE SOTTO SCACCO (VV. 2-11)<br />

La prima parte <strong>di</strong> questo salmo merita la più grande attenzione. Dopo un primo colpo d’occhio<br />

sull’insieme della parte e delle sue sezioni, una lettura serrata farà vedere qual è in profon<strong>di</strong>tà<br />

la posta in gioco della situazione che questo poema <strong>di</strong>sperato evoca.<br />

3.2.1. Struttura interna<br />

La situazione è esaminata partendo dal passato, dal sentimento <strong>di</strong> abbandono (v. 2) e da un<br />

grido che persiste ma resta senza risposta (v. 3). Questo passato ancora presente rompe con <strong>il</strong><br />

passato del popolo (vv. 4-6: i nostri padri) e con quello stesso <strong>di</strong> colui che supplica (vv. 10-<br />

11: mia madre). Separato dal passato del suo popolo e dal proprio, <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta lo è altresì rispetto<br />

al popolo attuale (al centro, ai vv. 7-9: <strong>il</strong> popolo, quelli che mi vedono).


244 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine<br />

3.2.2. Lettura e interpretazione<br />

I vv. 2 e 3 fungono da apertura. L’essenziale del dramma vissuto da colui che supplica è<br />

imme<strong>di</strong>atamente sottolineato dall’opposizione tra mio Dio (ripetuto) e mi hai abbandonato.<br />

Chi <strong>di</strong>ce mio Dio parla in<strong>di</strong>rettamente <strong>di</strong> un’alleanza che lo unisce a Dio e viceversa. La domanda<br />

in<strong>di</strong>ca pertanto che, agli occhi <strong>di</strong> colui che supplica, Dio sembra aver rotto l’alleanza<br />

nella quale si era impegnato a restargli vicino, a non abbandonarlo. Si pensa certo all’alleanza<br />

che <strong>il</strong> Sal 1 evoca tra l’uomo che me<strong>di</strong>ta la Legge e YHWH e a quella del Sal 2 tra Dio e <strong>il</strong> re <strong>di</strong><br />

Sion. È questa che viene chiamata in causa dalla situazione.<br />

Questa prima opposizione è sottolineata e rafforzata dal contrasto tra la ripetizione della<br />

prima persona del singolare (pronome e possessivo) e i verbi attribuiti a Dio: abbandonare, essere<br />

lontano, non rispondere. Alla fede e al grido <strong>di</strong> colui che supplica risponde l’assenza <strong>di</strong><br />

Dio, tanto crudele quanto l’appello è intenso e costante. Da qui <strong>il</strong> perché? che sorge da questa<br />

situazione contrad<strong>di</strong>ttoria e incomprensib<strong>il</strong>e dove <strong>il</strong> grido non ottiene risposta, ma anche dove<br />

l’assenza <strong>di</strong> s<strong>il</strong>enzio nell’ora del sonno è intollerab<strong>il</strong>e.<br />

Nei vv. 4-6 <strong>il</strong> supplice evoca la lode passata, quella <strong>dei</strong> padri, degli antenati. Da dove proveniva<br />

questa lode? Sgorgava dalla liberazione concessa dal Santo in risposta al grido pieno<br />

<strong>di</strong> fiducia <strong>dei</strong> padri, dell’Israele <strong>di</strong> ieri, conformemente al suo impegno (cfr. Sal 2,7-9). Ora,<br />

per <strong>il</strong> supplice questa lode è attualmente interrotta 31 . Questa strofa ricorda un passato che fa<br />

pensare che Dio può salvare i suoi: <strong>di</strong> ciò egli si è effettivamente <strong>di</strong>mostrato capace nel passato.<br />

Da qui la fiducia sottesa al grido. Ma anche <strong>il</strong> rimprovero rivolto a Dio, <strong>il</strong> quale ha consentito<br />

che le sue liberazioni s’interrompessero e, con esse, la lode, poiché le due serie sono attualmente<br />

come sospese.<br />

Dopo aver così interrogato Dio su questo comportamento incomprensib<strong>il</strong>e, <strong>il</strong> supplicante<br />

descrive poi quel che ne è <strong>di</strong> lui per via dell’assenza <strong>di</strong> Dio (vv. 7-9). Per lui è l’isolamento<br />

totale. La separazione non è soltanto consumata con Dio (vv. 2-3) e con <strong>il</strong> passato del popolo<br />

salvato (vv. 4-6), ma si evidenzia anche con <strong>il</strong> popolo attuale: <strong>il</strong> supplice ne viene espulso come<br />

un animale v<strong>il</strong>e, un non-uomo (Tu, <strong>il</strong> Santo... io, <strong>il</strong> verme). Da qui la vergogna che nasce<br />

dal <strong>di</strong>sprezzo (v. 7).<br />

Questa separazione assume soprattutto la forma della denigrazione <strong>di</strong> cui parla già <strong>il</strong> Sal<br />

1,1c. Le parole degli schernitori sono derisione della lode, che essi riprendono per burlarsene.<br />

Infatti la canzonatura che ci fa sentire <strong>il</strong> v. 9 capovolge le parole della lode evocate dal v. 5.<br />

Così, l’uomo salvato del Sal 18,20 cantava: YHWH mi ha liberato, poiché in me si compiace.<br />

Ma nella bocca degli schernitori, questo canto <strong>di</strong>venta: Si affida a YHWH?... Lo liberi, poiché<br />

in lui si compiace! (v. 9b). Nella sua derisione, <strong>il</strong> popolo nega l’efficacia e dunque l’ut<strong>il</strong>ità<br />

della fiducia del supplice. Secondo gli avversari, tale fiducia non sfocerà sulla salvezza sperata.<br />

In altre parole, i beffeggiatori negano la possib<strong>il</strong>ità della salvezza e dunque anche la possib<strong>il</strong>ità<br />

della lode che canta la salvezza. La loro negazione interrompe la lode <strong>dei</strong> padri, poiché è<br />

opera degli stessi che dovrebbero prolungare tale lode fino a che, una volta salvato, <strong>il</strong> supplice<br />

possa riprenderla per conto suo. Invece <strong>di</strong> questo, la loro derisione ricorda al supplicante la<br />

sua separazione da Dio che persiste nel suo s<strong>il</strong>enzio nonostante la fiducia e l’amore che la<br />

preghiera esprime.<br />

Per quanto li riguarda, i vv. 10 e 11 fanno memoria della lode recente e personale del supplice.<br />

Ridotto all’isolamento dalla sua separazione dal popolo <strong>di</strong> ieri e <strong>di</strong> oggi, questi si ricorda<br />

della propria lode passata: lode per la vita ricevuta, nella misura in cui la nascita è vista<br />

come liberazione dal seno materno, e dove Dio è descritto nella posizione <strong>di</strong> una levatrice (v.<br />

10a). Dopo la nascita, del resto, Dio ha adottato quest’uomo, ciò che probab<strong>il</strong>mente suggeriscono<br />

i vv. 10b-11a che alludono ad una procedura <strong>di</strong> adozione o <strong>di</strong> riconoscimento <strong>di</strong> un<br />

31<br />

Un identico lamento si trova in Sal 44,10-17 e Sal 77,6-11: Ho detto: <strong>il</strong> mio male viene da lì: la destra<br />

dell’Altissimo è cambiata.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine 245<br />

neonato. Questo particolare avvicina una volta <strong>di</strong> più <strong>il</strong> nostro supplice al re messia, anch’egli<br />

adottato da Dio (Sal 2,7).<br />

Così, sentendosi vicino alla morte, colui che supplica parla della sua nascita: accosta i due<br />

momenti in cui l’esistenza è in gioco. Alla sua nascita, egli ha sperimentato la tenerezza <strong>di</strong><br />

Dio, una tenerezza che precede sempre e comunque e ispira piena fiducia, come quella <strong>di</strong> un<br />

bambino verso suo padre. È così che riconosce Dio come mio Dio, un termine che ricorda <strong>il</strong><br />

perché? iniziale: perché tutto questo se tu sei <strong>il</strong> mio Dio? Colui che è <strong>il</strong> mio Dio può forse star<br />

lontano (cfr. v. 12a)? Così, questa strofa fa vedere come <strong>il</strong> richiamo del passato in<strong>di</strong>viduale<br />

fon<strong>di</strong> la fiducia e <strong>di</strong>a consistenza al grido, senza velare del tutto <strong>il</strong> rimprovero implicito per la<br />

situazione presente <strong>di</strong> sventura e <strong>di</strong> abbandono che <strong>il</strong> supplice non capisce.<br />

3.2.3. Posta in gioco nella prima parte<br />

Questa prima parte mostra in fondo come, attraverso la sorte del supplice, si giochi anche<br />

l’avvenire della lode che veicola <strong>il</strong> racconto degli atti <strong>di</strong> salvezza <strong>di</strong> Dio per <strong>il</strong> suo popolo e<br />

per coloro che ne fanno parte. I due motivi <strong>di</strong> lode – la salvezza <strong>di</strong> Israele e la sua salvezza in<strong>di</strong>viduale<br />

– sono separati dal <strong>salmi</strong>sta nel tempo (vv. 4-6 e 10-11); e, nel presente, questi è<br />

privato <strong>di</strong> lode dagli altri che volgono la sua fiducia in derisione (vv. 7-9). Così dunque, in<br />

questa parte, la lode è presente, ma è lode passata o rifiutata. Più grave ancora, essa <strong>di</strong>venta<br />

oggetto <strong>di</strong> beffa, <strong>il</strong> che accentua la sofferenza del supplicante soffocato com’è nella sua solitu<strong>di</strong>ne<br />

e nell’abbandono che patisce da parte <strong>di</strong> tutti, anche <strong>di</strong> Dio nel quale mette però la sua<br />

fiducia.<br />

Il male – e <strong>il</strong> <strong>di</strong>sprezzo del bene che esso implica – minaccia dunque <strong>di</strong> invadere tutto e <strong>di</strong><br />

far cessare la lode e la vita. La derisione non è dunque soltanto cattiveria nei confronti<br />

dell’orante, è vera sfida lanciata a Dio, autore del bene e della vita: è forse in grado <strong>di</strong> restituire<br />

la vita al moribondo e, con ciò, <strong>di</strong> ri-suscitare la lode vietata? È questa, per <strong>il</strong> supplice, la<br />

posta in gioco <strong>di</strong> quel che vive.<br />

3.3. SECONDA PARTE: LA PASSIONE DI COLUI CHE SUPPLICA (VV. 12-22)<br />

3.3.1. Struttura interna<br />

Al termine della prima parte <strong>il</strong> supplicante appare come totalmente isolato: Dio (v. 2), la<br />

lode che viene dalla salvezza (vv. 2.4-6), gli uomini e anche l’appartenenza alla collettività<br />

umana (v. 7), la vita (vv. 10-11), tutto questo è da lui lontano. Solo una cosa gli è vicina: l’angoscia,<br />

lo sconforto (vedere la potente opposizione lontano-vicino).<br />

Nella seconda parte la situazione del supplice è considerata nel suo presente drammatico.<br />

Dapprima qualificata con una parola (angoscia), questo presente costituisce in seguito l’oggetto<br />

<strong>di</strong> una lunga descrizione. Il «tu» <strong>di</strong> Dio vi è assente, espressione adeguata dell’abbandono<br />

che prova colui che supplica. Dio sarà presente soltanto nel grido (vv. 12.20-22) e, stranamente,<br />

nella morte (v. 16c).<br />

Lo schema <strong>di</strong> cui sopra mette in evidenza alcune ricorrenze significative e serie <strong>di</strong> parole<br />

che fanno risaltare una struttura eloquente. Inquadrate da due richieste <strong>di</strong> aiuto (vv. 12 e 20-<br />

22), due descrizioni dell’attacco <strong>dei</strong> nemici e delle sue conseguenze per <strong>il</strong> supplice (vv. 13-16<br />

e 17-19) lasciano isolata al centro l’affermazione che, in ultima istanza, è Dio stesso ad essere<br />

<strong>il</strong> responsab<strong>il</strong>e della morte del supplice (v. 16c). Nel secondo appello (vv. 20-22) vengono ripresi<br />

in chiasmo i quattro elementi aggressori (bovi<strong>di</strong>, leoni, cani, esseri umani) con due verbi<br />

<strong>di</strong> liberazione («libera!» e «salva...!») che corrispondono ai due verbi che parlano <strong>di</strong> chiusura<br />

contenuti nella descrizione («mi circondano» con un sinonimo in parallelo: vv. 13 e 17).<br />

3.3.2. Lettura e interpretazione<br />

Se tutti sono <strong>di</strong>stanti dal supplice, per lui, l’angoscia è vicina. Nella descrizione che ne dà<br />

<strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta, tale angoscia è provocata da una cerchia <strong>di</strong> animali che si richiude attorno a lui. La


246 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine<br />

costruzione in chiasmo <strong>dei</strong> termini che designano gli aggressori, in maggioranza bestie, traduce<br />

bene questa impressione <strong>di</strong> accerchiamento, <strong>di</strong> chiusura. Ciò che allora si apre, sono le<br />

bocche pronte a <strong>di</strong>vorare. Bisogna forse accostare questa immagine a quella delle labbra che<br />

si <strong>di</strong>varicano per la beffa e la derisione (v. 8b)? Non è da escludere. Comunque sia, la scena<br />

qui raffigurata è quella <strong>di</strong> una caccia alla rovescia, dove degli animali braccano un essere<br />

umano.<br />

Per capire <strong>di</strong> che si tratta, occorre osservare da vicino gli animali che accerchiano la vittima.<br />

I tori sono bestie poderose; per <strong>di</strong> più, sono <strong>di</strong> Bashan, una regione <strong>di</strong> grassi pascoli dove<br />

gli animali sono ben nutriti e quin<strong>di</strong> pieni <strong>di</strong> vigore (v. 13, cfr. Am 4,1). Dettaglio importante:<br />

quando queste bestie uccidono, è per pura violenza, poiché non è per mangiare che degli erbivori<br />

aggre<strong>di</strong>scono le loro vittime. Lo stesso vale, al v. 22b, per i bufali, <strong>il</strong> cui corno simboleggia<br />

la potenza aggressiva. Al contrario, <strong>il</strong> leone è un carnivoro; anch’esso uccide, ma lo fa per<br />

nutrirsi. È <strong>il</strong> tipo dell’animale cacciatore, fiero e combattivo. Lo si incontra altrove nel Salterio<br />

come figura <strong>dei</strong> nemici (Sal 7,3; 10,9; 17,12; 57,5).<br />

Questi grossi animali che accerchiano <strong>il</strong> supplice sono accompagnati da cani (v. 17). Il cane<br />

è <strong>il</strong> tipo dell’animale v<strong>il</strong>e, spesso <strong>di</strong>sprezzato in Oriente per la sua serv<strong>il</strong>ità. Per <strong>di</strong> più qui<br />

sembra ut<strong>il</strong>izzato nella caccia all’uomo. Con i cani, <strong>il</strong> poeta fornisce una chiave <strong>di</strong> lettura <strong>di</strong><br />

questo simbolismo. Infatti, <strong>il</strong> parallelo al v. 17b suggerisce che tali cani sono <strong>dei</strong> malvagi raggruppati<br />

in bande, agenti umani del male, cani le cui mani sono armate <strong>di</strong> spade secondo <strong>il</strong> parallelismo<br />

del v. 21.<br />

L’immagine è particolarmente forte: degli uomini servono da cani a bestie feroci per una<br />

caccia all’uomo. A partire da ciò che è stato già detto a proposito del simbolismo del male nel<br />

Salterio, è possib<strong>il</strong>e decifrare l’immagine in questo modo: i nemici del supplice sono uomini<br />

manipolati da potenze <strong>di</strong>sumane che li spingono a uccidere, a far scomparire. La bocca aperta<br />

<strong>dei</strong> tori e <strong>dei</strong> leoni pronti a <strong>di</strong>vorare (v. 14) potrebbe del resto suggerire che tali potenze sono<br />

l’o<strong>di</strong>o e l’invi<strong>di</strong>a le quali, per l’appunto, spingono a eliminare totalmente l’avversario, come<br />

succede quando lo si mangia.<br />

Accerchiata, la vittima è colta dal panico, perché vive la propria morte: «La morte è <strong>di</strong>ventata<br />

<strong>il</strong> vissuto della vittima», scrive P. Beauchamp 32 . La certezza della fine la rende già reale<br />

prima ancora che sia consumata. Di fatto, questa è reale nello sguardo astioso del cacciatore.<br />

È così che la morte inizia a compiere le sue devastazioni con la paura, e gli effetti fisici descritti<br />

dal poeta sono quelli della paura (vv. 15-16). Sono segni <strong>di</strong> morte: all’interno del corpo,<br />

gli organi sembrano liquefarsi, mentre si sconnettono le ossa che normalmente strutturano e<br />

danno soli<strong>di</strong>tà al tutto. L’organismo è come svuotato dal <strong>di</strong> dentro del suo vigore. Altro sintomo:<br />

normalmente umida, la bocca si secca. In f<strong>il</strong>igrana, si evoca quel che precede la creazione<br />

e la vita: <strong>il</strong> caos primitivo dove tutto è acqua, o <strong>il</strong> deserto primitivo dove tutto è secco, o entrambe<br />

le cose nello stesso tempo. Ma è <strong>il</strong> secco (polvere) che servirà ad esprimere la morte<br />

propriamente detta (v. 16c).<br />

Con la morte, Dio riappare. Signore della vita e della morte, la sua assenza corrisponde a<br />

un rifiuto <strong>di</strong> vita da parte sua, e quin<strong>di</strong> a una volontà <strong>di</strong> morte. Come <strong>di</strong>ce <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta: A polvere<br />

<strong>di</strong> morte tu mi riduci. Così, ai suoi occhi, Dio sembra farsi complice <strong>dei</strong> nemici col suo s<strong>il</strong>enzio:<br />

come ha dato la vita (cf. vv. 10-11), dà adesso la morte. Così, in fondo all’abisso, con<br />

la morte, si trova Dio (cfr. Gio 2). Il che non impe<strong>di</strong>sce che, ai vv. 12 e 20, <strong>il</strong> grido proclami<br />

ancora la fede del supplice: nel cuore della morte, Dio può dargli vita giacché sta lì con lui.<br />

Nei vv. 17-19, <strong>il</strong> supplicante continua a descrivere la morte che compie in lui, poco a poco,<br />

la sua opera. Qui, a quanto pare, egli è immob<strong>il</strong>izzato dagli attacchi. Nel v. 17c <strong>il</strong> significato<br />

del verbo è incerto: bucare, spezzare, lacerare, legare? Si è costretti a formulare congetture.<br />

Comunque, mani e pie<strong>di</strong>, ossia gli organi dell’azione e del movimento, sono colpiti. Pertanto,<br />

<strong>il</strong> supplice non è più che un corpo immob<strong>il</strong>e <strong>di</strong> cui si contano le ossa. Così, al centro della se-<br />

32 BEAUCHAMP, Salmi notte e giorno, 249.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine 247<br />

conda descrizione delle parti del corpo (v. 18a), giunge un richiamo della prima serie (al v. 15,<br />

ossa viene in prima posizione). Questo perché le ossa sono la sede del vigore che ha cominciato<br />

col liquefarsi e che qui fuoriesce... Il supplice è ridotto a un corpo senza vigore che gli<br />

altri osservano e trattano già come fosse morto, poiché si spartiscono i suoi vestiti. Così, gli<br />

abiti – questo segno eminente della <strong>di</strong>gnità umana – non gli servono più: egli è fin da adesso<br />

un morto che beneficia <strong>di</strong> un rinvio.<br />

È allora che, dal fondo della morte che sta vivendo e che descrive (vv. 16.19), <strong>il</strong> supplice<br />

lancia un grido che si caratterizza per l’urgenza. Questo grido si rivolge al solo che sta con lui<br />

nella morte (v. 16) e che, per questo motivo, è l’unico in grado <strong>di</strong> liberarlo, <strong>di</strong> salvarlo (vv. 21-<br />

22). Questo grido lacerante, che scaturisce dal punto più vicino alla morte, vede in Dio non<br />

più <strong>il</strong> fautore <strong>di</strong> morte denunciato nel v. 16c, ma l’unica possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> vita, colui che può spezzare<br />

la morsa della morte che sembra soffocare inesorab<strong>il</strong>mente la vittima.<br />

È allora che Dio interviene. Ma <strong>il</strong> suo agire resta velato dalle tenebre della morte. Perciò <strong>il</strong><br />

<strong>salmi</strong>sta passa, senza transizione, dal grido al racconto della risposta, senza descrivere la salvezza<br />

in quanto tale: tu m’hai risposto 33 . Questa risposta, in ogni caso, è <strong>il</strong> segno che, nella<br />

morte, Dio è dalla parte della vita. È lui che libera la vita, <strong>il</strong> soffio (nèfèsh), <strong>il</strong> solo che l’uomo<br />

possiede e che è unico per lui (v. 21). Liberato, questo soffio attraverserà <strong>di</strong> nuovo la gola per<br />

dar voce alla lode. Ma in che modo Dio è vita nella morte? Di questo, <strong>il</strong> supplice salvato non<br />

<strong>di</strong>ce niente.<br />

3.3.3. Posta in gioco della seconda parte<br />

Dopo la prima parte che ha mostrato come la salvezza e la lode siano legate alla sorte del<br />

supplice, l’attenzione si concentra su quest’ultimo. Ormai ciò che importa è la sua vita, la sua<br />

morte, col male che <strong>di</strong>spiega la sua armata <strong>di</strong> cacciatori per espellere la vita dai suoi ultimi<br />

trinceramenti e tentare <strong>di</strong> invadere tutto. Il supplice si presenta così come l’ultimo bastione <strong>di</strong><br />

fronte al male. Di qui l’importanza del suo grido, nel quale riversa tutta la vita che gli resta,<br />

l’unica cosa che abbia ancora (v. 21). Ora, se Dio non è solidale con lui nel luogo dove<br />

l’aspetta la morte, significa che egli è con le forze del male, che è <strong>il</strong> loro complice. In poche<br />

parole, se <strong>il</strong> supplice muore, vorrà <strong>di</strong>re che Dio fa morire (v. 16c). A meno che egli non sia<br />

morto, vittima delle forze del male, come <strong>il</strong> supplice... Con la sorte del supplicante si gioca<br />

dunque l’avvenire <strong>di</strong> Dio. Di qui l’importanza cruciale della sua risposta.<br />

3.4. TERZA PARTE: LA LODE RICREATA (VV. 23-32)<br />

La risposta <strong>di</strong> Dio (v. 22b) permette <strong>di</strong> riprendere <strong>il</strong> f<strong>il</strong>o del racconto della «sua giustizia» e<br />

della sua salvezza, ma anche <strong>il</strong> f<strong>il</strong>o della lode che tale racconto scatena. La lode interrotta (vv.<br />

4-6) sta dunque per echeggiare <strong>di</strong> nuovo in seguito all’intervento liberatore del Dio della vita.<br />

3.4.1. Struttura interna<br />

L’inclusione <strong>di</strong> questa parte unisce <strong>il</strong> racconto che <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta fa ai suoi fratelli (v. 23a: io<br />

racconterò...) a quello che continua senza <strong>di</strong> lui per la generazione che viene (vv. 31-32: si<br />

racconterà..., riferiranno...). All’interno <strong>di</strong> questi limiti esterni, due strofe si sv<strong>il</strong>uppano attorno<br />

al richiamo <strong>dei</strong> voti del supplice (v. 27). La prima è centrata sulla lode (quattro termini della<br />

ra<strong>di</strong>ce halal): è quella dell’assemblea <strong>di</strong> Israele convocata dal supplice strappato dalla morte,<br />

che ha proclamato <strong>il</strong> racconto della liberazione del povero (al centro dello schema, sottolineato).<br />

La seconda strofa è inclusa in una duplice menzione della vita – la vita <strong>di</strong> Israele al v.<br />

33 Nelle traduzioni correnti, la fine del v. 22 viene talvolta trasformata: troviamo «la mia miserab<strong>il</strong>e vita»<br />

(Osty), «la mia povera anima» (Bibbia <strong>di</strong> Gerusalemme [BJ]), «la mia povera persona» (Dhorme). Questi autori<br />

seguono le antiche versioni greca e siriaca, ritenendo, sull’esempio <strong>di</strong> E. Osty, che l’ebraico sia incomprensib<strong>il</strong>e.<br />

In realtà, non è così. Vedere le versioni della Traduction Oecuménique de la Bible (TOB) e <strong>di</strong> Chouraqui.


248 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine<br />

27b e quella che <strong>il</strong> Signore ha reso al salvato 34 al v. 30. Questa vita rinnovata spinge le nazioni<br />

a prosternarsi (parimenti due volte) davanti a YHWH la cui qualità regale viene così rivelata (v.<br />

29) e riverita (v. 30). In tal modo, <strong>il</strong> racconto dell’azione del Signore in favore del povero potrà<br />

prolungarsi <strong>di</strong> generazione in generazione (vv. 31-32: «egli ha agito»).<br />

3.4.2. Lettura e interpretazione<br />

Ritroviamo in questa parte le forme precipue della lode biblica:<br />

– La lode semplice, nei passi col «tu» che evidenziano maggiormente <strong>il</strong> carattere personale<br />

della salvezza, la prossimità che tale carattere crea con Dio. Questa lode ha anche un aspetto<br />

assai accentuato <strong>di</strong> testimonianza davanti all’assemblea (vv. 23.26.28b).<br />

– La lode causativa (vv. 24-25) con un invitatorio a tre stichi e un contenuto narrativo (v.<br />

25; cfr. v. 32b): è <strong>il</strong> racconto <strong>di</strong> una buona novella dove <strong>il</strong> salvato parla <strong>di</strong> sé alla terza persona,<br />

come se si spossessasse della propria salvezza personale raccontandola, per farne un bene<br />

comune con<strong>di</strong>viso con <strong>il</strong> resto <strong>di</strong> Israele.<br />

– Troviamo ancora un richiamo alla supplica, o piuttosto alla memoria <strong>dei</strong> voti rivolti a Dio<br />

nell’ambito della supplica (vv. 27-28a); anticipata nel più profondo dello sgomento e adesso<br />

realizzata, questa lode è riconoscenza per la vita data (al centro dell’intera strofa).<br />

Per <strong>di</strong> più, questa parte innica ci consente <strong>di</strong> assistere alla mo<strong>di</strong>fica ra<strong>di</strong>cale delle relazioni<br />

tra i personaggi implicati nell’avventura. Mentre la supplica andava <strong>di</strong> pari passo con <strong>il</strong> totale<br />

isolamento del supplice e con <strong>il</strong> suo abbandono, la vita e la salvezza cantati dalla lode vanno<br />

<strong>di</strong> pari passo con la comunione ricreata. Così, ve<strong>di</strong>amo <strong>il</strong> salvato decentrarsi verso gli altri.<br />

Costoro, da nemici che erano (cfr. vv. 7-9), <strong>di</strong>ventano per lui <strong>dei</strong> fratelli in una grande assemblea<br />

(vv. 23.26). Colui che era isolato, lontano dai propri padri e da sua madre – e quin<strong>di</strong> lontano<br />

dalla vita data che i genitori rappresentano –, si trova adesso <strong>dei</strong> fratelli che riunisce e in<br />

mezzo ai quali, salvato com’è, loda YHWH, chiamando alla lode anche quelli che temono Dio.<br />

E, se si fa affidamento ai parallelismi, queste persone che temono Dio sono tutto Israele, la <strong>di</strong>scendenza<br />

<strong>di</strong> Giacobbe e <strong>di</strong> Isacco, i <strong>di</strong>scendenti <strong>dei</strong> nostri padri, la cui lode era stata drammaticamente<br />

interrotta. Sono dunque proprio <strong>dei</strong> fratelli (vv. 23-24).<br />

Il salvato non parla <strong>di</strong>rettamente <strong>di</strong> sé (cfr. v. 25). Parla <strong>di</strong> YHWH che ha guardato e liberato<br />

colui da cui tutti si allontanavano (v. 7), colui che tutti aggre<strong>di</strong>vano (vv. 8-9.13-19). Questi è<br />

l’um<strong>il</strong>iato, <strong>il</strong> povero, <strong>il</strong> supplice salvato, e ogni povero con lui. Chiamando alla lode, egli volge<br />

gli sguar<strong>di</strong> non verso <strong>di</strong> lui, ma verso <strong>il</strong> Signore che fa vivere i poveri e permette così che<br />

la lode si rinnovi. Per <strong>di</strong> più, per mezzo del pasto – che fa parte dell’ambito cultuale della riconoscenza<br />

– l’orante può far vivere, conformemente al suo desiderio (v. 27), coloro che,<br />

prima, si tenevano lontani da lui o anche si coalizzavano per farlo morire e che, adesso, hanno<br />

fatto voltafaccia per unirsi alla sua lode.<br />

Ciò detto, si deve notare come <strong>il</strong> passaggio attraverso <strong>il</strong> racconto del v. 25 mo<strong>di</strong>fichi <strong>il</strong> concetto<br />

<strong>di</strong> timoroso <strong>di</strong> YHWH. Nel v. 24 si trattava chiaramente del popolo <strong>di</strong> Israele. Dopo <strong>il</strong> racconto,<br />

quelli che lo temono (v. 26) sono gli um<strong>il</strong>iati, quelli che lo cercano (v. 27), quelli cioè<br />

che, come <strong>il</strong> supplicante, sono passati attraverso <strong>il</strong> crogiolo dell’um<strong>il</strong>iazione, quelli che, come<br />

lui, cercano Dio e quin<strong>di</strong> accettano <strong>di</strong> associarsi alla sua lode. Lì è <strong>il</strong> popolo <strong>di</strong> Israele, quello <strong>di</strong><br />

cui parlerà <strong>il</strong> Sal 149. E la vita <strong>di</strong> questo Israele ha delle ripercussioni sulle nazioni (vv. 25-27).<br />

Infatti, questa lode si amplia progressivamente in questa parte. Dall’uomo salvato, questa<br />

passa ai suoi fratelli in Israele, poi a quelli che temono YHWH, um<strong>il</strong>iati e cercatori <strong>di</strong> Dio.<br />

Quest’ultima precisazione spalanca le porte a coloro che non fanno parte dell’Israele etnico:<br />

34 La fine del v. 30 non è chiara perché comporta una negazione curiosa. Per la traduzione si è ridotti a fare<br />

congetture. Per conto mio, senza cambiare le consonanti dell’ebraico, leggo un’affermazione forte (la’ invece <strong>di</strong><br />

lo’: «davvero») conservando al verbo la forma causativa che esso ha in ebraico: Davvero ha fatto vivere la sua<br />

anima. Si veda qui sotto la nota 37.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine 249<br />

tutti i confini della terra, tutte le famiglie delle nazioni (v. 28). Come infatti la sorte dell’in<strong>di</strong>viduo<br />

riguarda l’intero Israele, la sua lode e la sua vita, così la sorte <strong>di</strong> Israele riguarda <strong>il</strong><br />

mondo intero e la sua vita (v. 29). Le nazioni sono dunque invitate a venire al Signore e a riconoscerlo<br />

come re per ciò che ha fatto: dare vita ad Israele, a quell’Israele formato dagli um<strong>il</strong>iati<br />

salvati dal Signore (v. 27), lui che ha fatto vivere l’um<strong>il</strong>iato che lo supplicava (v. 30b).<br />

L’omaggio delle nazioni si estende forse persino al mondo del male. Se, al v. 30a, si deve intendere<br />

i grassi della terra 35 , <strong>il</strong> termine potrebbe designare i nemici dalla bocca aperta <strong>dei</strong> vv.<br />

13-14 e 17, quelle persone la cui invi<strong>di</strong>a è stata sod<strong>di</strong>sfatta e che adesso sono sazie, quei malvagi<br />

che, andando verso la morte, scendono nella polvere, come <strong>di</strong>cono <strong>di</strong> loro i Salmi 1 e 2. Che<br />

anche questi siano indotti a prosternarsi davanti a YHWH e a riconoscere che ha salvato <strong>il</strong> supplice,<br />

ecco un chiaro segno che la lode vuole invadere e tende al massimo ampliamento 36 .<br />

La fine del salmo considera ancora un altro ampliamento: questa volta nel tempo. Per<br />

quanto riguarda l’avvenire, <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta parla <strong>di</strong> una <strong>di</strong>scendenza che servirà YHWH nella lode,<br />

<strong>di</strong> una generazione futura e <strong>di</strong> un popolo nascituro che udrà <strong>il</strong> racconto della salvezza. Così la<br />

lode, che viene dai padri ed è stata ricreata per <strong>dei</strong> fratelli – lode <strong>il</strong> cui contenuto è ricondotto<br />

al suo nucleo essenziale (egli ha agito) –, sta per passare a quelli <strong>di</strong> domani. In tal modo, lungo<br />

la catena con cui la vita si trasmette dai padri ai figli e alle generazioni future, insieme col<br />

racconto della salvezza si trasmette anche la lode. Questa può così raggiungere ogni generazione<br />

<strong>di</strong> fratelli che, a loro volta, avranno <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffonderla nello spazio.<br />

Quanto all’ampliamento verso <strong>il</strong> passato, esso avviene tramite <strong>il</strong> racconto (v. 32b; cfr. v.<br />

25), tramite la memoria che impe<strong>di</strong>sce alla breccia della sventura <strong>di</strong> richiudersi. Poiché la<br />

sventura non deve essere <strong>di</strong>menticata. Trasformata dalla salvezza <strong>di</strong> Dio, essa viene infatti a<br />

nutrire e rinnovare la lode secolare, segno dell’incessante presenza <strong>di</strong> un Dio che si manifesta<br />

là dove la vita ha la meglio, per l’esultanza della lode. Questa è la giustizia <strong>di</strong> Dio, <strong>il</strong> suo atto<br />

<strong>di</strong> salvezza trasmesso, identico e nuovo, ad ogni generazione (vv. 31-32).<br />

3.4.3. Posta in gioco della terza parte<br />

Al v. 23 <strong>di</strong> questo salmo, un termine che parla <strong>di</strong> lode appare per la prima volta nel Salterio<br />

in un contesto <strong>di</strong> lode (cfr. v. 4). E già c’è tutto: tutta la lode con la varietà delle sue forme –<br />

compresa la riconoscenza nell’ambito liturgico – e con la sua estensione nel tempo e nello<br />

spazio. L’escluso <strong>di</strong>venta un centro che si decentra lui stesso verso i fratelli, verso Dio, verso<br />

<strong>il</strong> passato e <strong>il</strong> futuro, verso <strong>il</strong> mondo. L’onda della lode è scattata: essa viene da YHWH (v. 26)<br />

e va verso <strong>di</strong> lui (v. 24). Poiché è la sua salvezza che ha ridato vita alla lode e, contemporaneamente,<br />

al supplice. Non c’è alcuna lode, infatti, senza vita che abbia attraversato la morte.<br />

3.5. CONCLUSIONE: DAL DAVIDE SALMISTA A GESÙ<br />

Quando si tratta <strong>di</strong> caratterizzare una supplica e colui che la prega, può essere interessante<br />

r<strong>il</strong>evare le possib<strong>il</strong>i funzioni della supplica alle quali <strong>il</strong> salmo in questione non ricorre. Così,<br />

nel Sal 22, non si trova alcuna male<strong>di</strong>zione <strong>dei</strong> nemici: stretto da ogni parte, l’orante si rifiuta<br />

<strong>di</strong> entrare nel cerchio del male e <strong>di</strong> coinvolgervi Dio. Mancano altresì ogni allusione al peccato,<br />

alla confessione del peccato o alla <strong>di</strong>chiarazione d’innocenza. L’uomo che prega sembra<br />

dunque essere innocente; ma non intende far pressione su Dio invocando questo fatto. Egli si<br />

basa soltanto sul carattere tragico della propria situazione. Infine, <strong>il</strong> rimprovero rivolto a Dio è<br />

35 Questa traduzione rende esattamente l’ebraico, ma già alcune versioni antiche mo<strong>di</strong>ficano in «tutti gli affamati»,<br />

espressione che potrebbe andare nello stesso senso. I moderni correggono: «quanti dormono» (CEI), «i<br />

felici» (TOB), «i potenti» (Osty).<br />

36 Vedere qui sopra, nota 35. Si deve però segnalare che, secondo un’altra possib<strong>il</strong>e traduzione, la prospettiva<br />

è negativa. Per certuni, infatti, si deve conservare la negazione e correggere così: «egli non fa vivere la loro anima»;<br />

si pensa allora all’eliminazione <strong>dei</strong> nemici, <strong>dei</strong> fautori <strong>di</strong> male (vv. 29-30).


250 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il Salterio dall’inizio alla fine<br />

presente, ma come velato perché confuso con la <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> fiducia. Una bella figura <strong>di</strong><br />

supplicante!<br />

Ma non si può <strong>di</strong>re <strong>di</strong> più <strong>di</strong> questo <strong>salmi</strong>sta? Ai vv. 10-11 quest’uomo, che non menziona<br />

suo padre mentre parla <strong>dei</strong> suoi antenati e <strong>di</strong> sua madre, si presenta come adottato da Dio alla<br />

sua nascita. Ora, come ho detto, nel Salterio, <strong>il</strong> personaggio che Dio adotta come figlio è <strong>il</strong> re<br />

(Sal 2,7.12a). In questo senso è possib<strong>il</strong>e dare un significato al titolo del v. 1 che attribuisce<br />

questo salmo a Davide. Ma in questa preghiera, questo Davide, re e figlio <strong>di</strong> Dio, appare come<br />

un uomo che soffre. Eppure, come si è visto, nella sua sofferenza, nella sua vita e nella sua<br />

morte, si gioca la vita <strong>di</strong> Israele, <strong>il</strong> popolo della lode. In questo, <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta è re, un re che conosce<br />

la sofferenza degli um<strong>il</strong>iati, la sofferenza del popolo, <strong>di</strong> modo che questo popolo può<br />

riconoscersi in lui.<br />

Si capisce che, in tali con<strong>di</strong>zioni, questo salmo sia stato r<strong>il</strong>etto dai primi cristiani in connessione<br />

con la passione e la morte <strong>di</strong> Gesù. Così, nel Nuovo Testamento, <strong>il</strong> Sal 22 costituisce<br />

l’oggetto <strong>di</strong> più <strong>di</strong> venti citazioni o allusioni chiare, essenzialmente nei racconti della passione<br />

37 . Ma perché questa connessione? I <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> Gesù – è certo – hanno dovuto cercare <strong>di</strong><br />

capire lo scandalo della croce e della morte infamante <strong>di</strong> colui che proclamavano Messia, Cristo.<br />

Per far questo si sono rivolti spontaneamente alle loro Scritture, l’Antico Testamento. Lì,<br />

hanno trovato <strong>dei</strong> testi come <strong>il</strong> Sal 22 o <strong>il</strong> poema del Servo sofferente (Is 52,13–53,12), che<br />

hanno dato loro autentiche chiavi interpretative. Questo salmo infatti presenta la figura <strong>di</strong> un<br />

amico <strong>di</strong> Dio, innocente e um<strong>il</strong>iato, sul quale si accaniscono <strong>dei</strong> potenti. Nel suo sgomento,<br />

egli conserva fede e speranza in Dio persino nel più profondo della morte. E Dio gli risponde<br />

restituendolo alla vita. Così, grazie a questo testo, i <strong>di</strong>scepoli hanno potuto spiegarsi come un<br />

giusto possa essere dalla parte <strong>di</strong> Dio anche se è condannato dagli uomini ed è rifiutato dal<br />

popolo dell’alleanza.<br />

Ma bisogna andare oltre. La struttura stessa del poema trova infatti <strong>il</strong> suo pendant nel Nuovo<br />

Testamento. Quando Dio fa vivere Gesù, <strong>il</strong> giusto um<strong>il</strong>iato, e quelli che con lui sono stati<br />

um<strong>il</strong>iati – i <strong>di</strong>scepoli che vivono anch’essi una specie <strong>di</strong> «risurrezione» –, si scatena come<br />

un’onda <strong>di</strong> lode. Attorno all’um<strong>il</strong>iato salvato dalla morte, i suoi <strong>di</strong>scepoli radunano in un nuovo<br />

popolo coloro che rispondono alla loro chiamata 38 a lodare <strong>il</strong> Dio che ha rialzato Gesù dalla<br />

morte. E questo invito è universale, poiché gli Atti degli apostoli mostrano come esso raggiunga<br />

poco a poco le estremità della terra (At 1,8).<br />

Così, nel cuore della lode che rivolge al Dio che ha destato Gesù dai morti, la Chiesa trasmette<br />

<strong>il</strong> racconto della liberazione dell’um<strong>il</strong>iato grazie all’azione del Signore (Sal<br />

22,25.32b), e questo, <strong>di</strong> generazione in generazione (vv. 31-32), onorando Dio come re (v.<br />

29). Infatti, è liberando l’um<strong>il</strong>iato dalla morte che Dio ha inaugurato <strong>il</strong> suo regno, un regno<br />

che, come <strong>di</strong>ce la prima beatitu<strong>di</strong>ne, è a favore <strong>dei</strong> poveri: Beati i poveri, perché per essi è <strong>il</strong><br />

regno <strong>di</strong> Dio (Lc 6,20).<br />

37 Il v. 8 è citato in Mt 27,29-39 // Mc 15,29. Il v. 19 si trova in Mt 27,35 // Mc 15,24; Lc 23,34; Gv 19,24. Il<br />

v. 2 figura in Mt 27,46 // Mc 15,34 e <strong>il</strong> v. 9 si trova in Mt 27,43. Per <strong>di</strong> più, in Mt 27,29-46, <strong>il</strong> Sal 22 affiora quattro<br />

volte nel racconto.<br />

38 Chiamare, in greco kaleô, verbo da cui è derivato <strong>il</strong> termine ekklèsia, «assemblea convocata, chiesa».


UN ESEMPIO DI SALMI APPAIATI:<br />

REQUISITORIA E ‘MISERERE’ (SAL 50–51) *<br />

1. STUDIO GLOBALE DEL SALMO<br />

Inizieremo con lo spiegare unitariamente questi due <strong>salmi</strong>, come due atti <strong>di</strong> una liturgia penitenziale.<br />

A tal fine, descriveremo prima <strong>il</strong> modello giu<strong>di</strong>ziale o giuri<strong>di</strong>co che configura l’atto:<br />

in altre parole, la struttura strutturante. In un secondo momento descriveremo lo svolgimento<br />

del processo nei suoi atti tipici. Successivamente <strong>di</strong>mostreremo come i due <strong>salmi</strong> corrispondano<br />

allo schema e al suo svolgimento.<br />

Quando parliamo <strong>di</strong> liturgia penitenziale, inten<strong>di</strong>amo un’azione <strong>di</strong> tipo sacramentale, ossia,<br />

un’azione che rappresentando realizza ciò che rappresenta. L’azione sacramentale solitamente<br />

ha la forma <strong>di</strong> una pantomima, normalmente accompagnata da una spiegazione verbale: ci ritroviamo<br />

a con<strong>di</strong>videre un pasto, immergiamo una persona nell’acqua e la facciamo riemergere,<br />

ungiamo con olio aromatico. Nel far questo, significhiamo e realizziamo <strong>il</strong> nostro essere<br />

commensali <strong>di</strong> Dio, rappresentiamo e realizziamo una nuova nascita, realizziamo una comunicazione<br />

<strong>di</strong> forza e <strong>di</strong> poteri.<br />

Ebbene, <strong>il</strong> mistero dell’uomo o del popolo che Dio riconc<strong>il</strong>ia con sé si rappresenta e si realizza<br />

nella forma <strong>di</strong> un processo giu<strong>di</strong>ziale o giuri<strong>di</strong>co. Non <strong>di</strong>mentichiamo neppure un istante<br />

che abbiamo a che fare con un mistero, che l’atteggiamento per viverlo e l’organo per coglierlo<br />

è la fede, che l’analisi è al servizio della fede nel mistero.<br />

1.1. Il modello giuri<strong>di</strong>co<br />

Invece <strong>di</strong> scrivere «modello giuri<strong>di</strong>co», pensavamo <strong>di</strong> scrivere «modello giu<strong>di</strong>ziale». Questione<br />

<strong>di</strong> nome, che può favorire o complicare la comprensione. Quando noi sentiamo <strong>il</strong> termine<br />

«giu<strong>di</strong>ziale, forense», pensiamo, immaginiamo un giu<strong>di</strong>ce imparziale, al <strong>di</strong> sopra delle<br />

parti, che decide con autorità la lite o la causa. Però fra noi esiste anche <strong>il</strong> «giu<strong>di</strong>zio contrad<strong>di</strong>ttorio»,<br />

b<strong>il</strong>aterale. È necessario superare <strong>il</strong> nostro habitus mentale ed istituzionale per comprendere<br />

come erano le istituzioni forensi nella vita <strong>di</strong> Israele; poiché <strong>di</strong> esse si avvale<br />

l’azione che chiamiamo liturgia penitenziale.<br />

P. Bovati 1 <strong>di</strong>stingue due tipi: a) La lite giuri<strong>di</strong>ca in generale (termine preferito rîb), una<br />

specie <strong>di</strong> querela formalizzata, con testimoni notar<strong>il</strong>i, che si svolge schematicamente in tre atti:<br />

– la parte lesa accusa – l’accusato risponde – riconc<strong>il</strong>iazione delle due parti in causa. b) Il<br />

giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>nanzi al tribunale (termine preferito mišpa\è) che si svolge in varie fasi: – atti previ<br />

– <strong>di</strong>battito con accusa e <strong>di</strong>fesa – sentenza. Il fine e la finalità <strong>di</strong> ambedue è «ristab<strong>il</strong>ire la giustizia».<br />

Ebbene, a quale <strong>dei</strong> due corrisponde la liturgia penitenziale? Senza dubbio al primo.<br />

Non è fac<strong>il</strong>e <strong>il</strong>lustrare <strong>il</strong> modello con qualche esempio biblico unitario, per due ragioni.<br />

Primo, perché <strong>il</strong> processo era poco formalizzato in Israele (nell’AT i dati che appartengono rigorosamente<br />

alla categoria del «<strong>di</strong>ritto processuale» sono davvero esigui). Secondo, perché la<br />

maggioranza <strong>dei</strong> dati si trova <strong>di</strong>spersa e trasformata nella pre<strong>di</strong>cazione profetica. Come <strong>di</strong>mostrazione<br />

vorremmo addurre le due querele <strong>di</strong> Davide con Saul (1Sam 24 e 26) e l’atto penitenziale<br />

guidato da Samuele (1Sam 12).<br />

Il giu<strong>di</strong>zio b<strong>il</strong>aterale o contrad<strong>di</strong>ttorio si imbastisce fra due persone fisiche o giuri<strong>di</strong>che, legate<br />

da un rapporto giuri<strong>di</strong>co positivo (un patto, un contratto, un accordo) o naturale (<strong>di</strong>ritti<br />

naturali e positivi). La parte che si considera lesa (per inadempienza degli obblighi, per qualsiasi<br />

lesione ingiusta) convoca quello che considera offensore, sporge querela contro <strong>di</strong> lui ac-<br />

* L. ALONSO SCHÖKEL – C. CARNITI, I <strong>salmi</strong>, vol. 1 (Commenti biblici), Roma 1992, 801-835.<br />

1 P. BOVATI. Ristab<strong>il</strong>ire la giustizia, Roma 1986.


252 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Un esempio <strong>di</strong> Salmi appaiati: Requisitoria e ‘miserere’ (Sal 50-51)<br />

cusandolo, allega le prove, lo conduce in un <strong>di</strong>battito alla confessione della colpa, <strong>di</strong>rime con<br />

lui la situazione. Il <strong>di</strong>battito o querela può celebrarsi sulla pubblica piazza, <strong>di</strong>nanzi a notai (testimoni)<br />

che garantiscono la legittimità e la procedura corretta (però non emettono <strong>il</strong> verdetto).<br />

Se per qualche motivo non riescono a <strong>di</strong>rimere la loro vertenza, possono presentarsi ad un<br />

giu<strong>di</strong>ce nel suo tribunale, e così si passa dal primo modello al secondo.<br />

1Sam 24. Davide e Saul sono legati da un vincolo fam<strong>il</strong>iare, genero e suocero, e da un vincolo<br />

politico, vassallo e sovrano, Saul chiama Davide «figlio», Davide chiama Saul «Maestà»<br />

e gli rende omaggio.<br />

Davide accusa Saul <strong>di</strong> comportarsi ingiustamente, per sentito <strong>di</strong>re e senza riscontro personale<br />

<strong>dei</strong> fatti, allega le prove della sua innocenza, accusa <strong>il</strong> re <strong>di</strong> voler uccidere un vassallo<br />

leale. Se Saul non lo confesserà, Davide farà appello al giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Dio. Saul confessa: «tu sei<br />

innocente e non io (s∫addîq ’atta\h mimmennî)», prima che la vertenza passi alla competenza <strong>di</strong><br />

Dio.<br />

Vanno segnalati alcuni termini: l’offesa, h∫a\èèa\’, l’uso fluido <strong>dei</strong> verbi dîn, rîb e ša\paè del<br />

campo giu<strong>di</strong>ziale, ša\lam e ga\mal <strong>di</strong> relazione reciproca; è opportuno sottolineare <strong>il</strong> significato<br />

correlativo <strong>di</strong> s∫addîq e ra\ša\‘ = innocente e colpevole nella lite o vertenza giu<strong>di</strong>ziaria che si<br />

<strong>di</strong>batte. 1Sam 26 rappresenta una sorta <strong>di</strong> variante meno precisa <strong>di</strong> 1Sam 24.<br />

1.2. Accusa e querela<br />

Se in precedenza c’è stato un patto o un contratto, la querela solitamente si riferisce alle<br />

clausole e agli obblighi. Una parte è stata fedele, l’altra è stata infedele, sleale, non li ha ottemperati.<br />

L’offesa o lesione personale accade per la trasgressione reale.<br />

Sebbene l’esempio <strong>di</strong> 1Sam 12 <strong>il</strong>lustri l’intero processo, noi lo presentiamo qui sottolineando<br />

la parte dell’accusa. Nel contempo, mostreremo brevemente <strong>il</strong> ruolo del me<strong>di</strong>atore o<br />

presidente della liturgia. Samuele <strong>di</strong>rigerà la vertenza o lite del Signore con <strong>il</strong> suo popolo.<br />

1Sam 12,7: «Mettetevi in pie<strong>di</strong>, perché sporgerò querela contro <strong>di</strong> voi in nome del Signore<br />

rievocando tutti i benefici che <strong>il</strong> Signore ha fatto a voi e ai vostri padri».<br />

Segue un elenco <strong>dei</strong> benefici storici che attestano la lealtà del Signore, che è stato fedele ai<br />

suoi obblighi come sovrano o re. Al contrario, <strong>il</strong> popolo è accusato <strong>di</strong> infedeltà al giuramento<br />

<strong>di</strong> vassallaggio: v. 12: «avete chiesto che vi nominasse un re, quando invece <strong>il</strong> Signore è vostro<br />

re».<br />

Tuttavia, <strong>il</strong> Signore non vuole giustizia all’ultimo sangue, è <strong>di</strong>sposto alla riconc<strong>il</strong>iazione,<br />

purché <strong>il</strong> popolo riconosca <strong>il</strong> suo peccato e prometta <strong>di</strong> emendarsi. E <strong>il</strong> Signore invia un tuono,<br />

come testimonianza teofanica che Samuele parla in suo nome.<br />

Il popolo intimorito riassume tutto <strong>il</strong> suo atteggiamento in una confessione e in una petizione:<br />

v. 19: «Prega <strong>il</strong> Signore tuo Dio perché i tuoi servi non muoiano, poiché abbiamo aggiunto<br />

a tutti i nostri peccati l’iniquità <strong>di</strong> aver chiesto per noi un re».<br />

Samuele promette che <strong>il</strong> Signore continuerà ad essere fedele ai suoi impegni «per riguardo<br />

al suo nome che è grande», esorta a seguire la retta via, offre la sua «intercessione» e termina<br />

ammonendo sulle gravi conseguenze del <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>re.<br />

Samuele è me<strong>di</strong>atore: in nome <strong>di</strong> Dio convoca ed accusa, in nome del popolo impetra perdono<br />

e confessa, in nome <strong>di</strong> Dio offre <strong>il</strong> perdono. Samuele non è giu<strong>di</strong>ce su Dio e sul popolo.<br />

In una liturgia penitenziale <strong>il</strong> Signore non è un giu<strong>di</strong>ce che condanna, ma parte lesa che perdona.<br />

L’esempio <strong>di</strong> Davide e Saul era un giu<strong>di</strong>zio contrad<strong>di</strong>ttorio fra uomini; quello <strong>di</strong> Samuele è<br />

un giu<strong>di</strong>zio contrad<strong>di</strong>ttorio o querela fra YHWH e <strong>il</strong> suo popolo.<br />

1.3. Confessione del peccato<br />

È <strong>il</strong> secondo atto del processo. Negli esempi sopracitati è venuto brevemente alla luce: nella<br />

liturgia penitenziale può configurarsi in forme ampie ed elaborate. Come genere letterario<br />

specifico si cristallizza dopo l’es<strong>il</strong>io: Esd 9–10; Ne 9; Dan 3,24-45; 9; Bar 1,15–3,8. I suoi


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Un esempio <strong>di</strong> Salmi appaiati: Requisitoria e ‘miserere’ (Sal 50-51) 253<br />

elementi sostanziali sono più antichi. Scegliamo esempi o singoli versi per mostrarne <strong>il</strong> <strong>di</strong>namismo<br />

e riassumere <strong>il</strong> vocabolario significativo:<br />

Gs 7 – Quando la sorte ha in<strong>di</strong>cato in Acan l’autore dell’infausto sacr<strong>il</strong>egio, Giosuè lo interpella:<br />

v. 19: «Figlio mio, dà gloria al Signore Dio <strong>di</strong> Israele, facendo la tua confessione. Raccontami<br />

ciò che hai fatto, senza nascondermi nulla».<br />

Giosuè non gli chiede un inno <strong>di</strong> lode, ma un’um<strong>il</strong>e confessione: quando Acan si riconoscerà<br />

colpevole, si manifesterà l’innocenza o la gloria del Signore, che non è mancato ai suoi<br />

impegni, provocando la sconfitta degli israeliti. Acan confessa: «In verità, sono stato io che ho<br />

peccato contro <strong>il</strong> Signore Dio <strong>di</strong> Israele. Ho fatto questo e quest’altro».<br />

Esd 9–10 – Esdra pronuncia una confessione pubblica in nome della comunità, mescolando<br />

la prima persona del reo confesso, la seconda persona del Signore, la seconda persona plurale<br />

<strong>dei</strong> colpevoli che interpella. Anche se <strong>il</strong> tema imme<strong>di</strong>ato sono i matrimoni misti la formula <strong>di</strong><br />

confessione è generica:<br />

9, 6 «Sono confuso, ho vergogna non oso levare la faccia verso <strong>di</strong> Te, perché i nostri delitti...<br />

la nostra colpa arriva al cielo. 8 Ora ci hai concesso grazia/perdono. 16 Questo resto che<br />

oggi è ancora in vita <strong>di</strong>mostra che sei innocente».<br />

10, 1 Mentre Esdra pregava e faceva questa confessione. Poi rivolgendosi ai colpevoli recrimina<br />

e li esorta «Avete peccato... aggravando la colpa d’Israele. 11 Ora confessatelo al Signore».<br />

Va notata la stessa formula <strong>di</strong> Gs 7. In Ne 9 leggiamo una solenne cerimonia <strong>di</strong> espiazione,<br />

in cui <strong>il</strong> sacerdote Esdra riconosce i benefici del Signore e in contrasto i peccati del popolo.<br />

Anche qui leggiamo alcuni versi scelti:<br />

9, 2 Posti in pie<strong>di</strong>, confessarono i loro peccati e le colpe <strong>dei</strong> loro padri. 3 Rimasero al loro<br />

posto un quarto della giornata mentre veniva letto <strong>il</strong> <strong>libro</strong> della legge del Signore, ed un altro<br />

quarto lo passarono nel fare la confessione ...<br />

9, 32 Dio nostro... fedele all’alleanza e leale... 33 tu sei innocente <strong>di</strong> tutto ciò che ci è accaduto...<br />

mentre noi siamo colpevoli.<br />

Secondo questo testo, la lettura della legge espleta la funzione <strong>di</strong> accusare, guidando un<br />

esame <strong>di</strong> coscienza che è interpellazione. Un altro testo sim<strong>il</strong>e è Dan 9, <strong>di</strong> cui scegliamo alcuni<br />

versetti, che confermano ed ampliano:<br />

9, 4 «Pregai e mi confessai al Signore mio Dio... Osservi l’alleanza e la lealtà. 7 Tu, Signore,<br />

sei innocente, quanto a noi la vergogna ci schiaccia. 8 Abbiamo peccato contro <strong>di</strong> Te (h∫a\èa\’nû<br />

lek)... 14 Il Signore è innocente in tutte le sue azioni ... 16 Secondo la tua giustizia/innocenza<br />

allontana l’ira e la collera ... 18 Non impetriamo grazia poggiando sulla nostra giustizia/innocenza<br />

ma sulla tua compassione».<br />

La «vergogna» è <strong>il</strong> sentimento connesso alla confessione; l’ira è la reazione che induce a<br />

castigare <strong>il</strong> colpevole. Impetrare la grazia allegando la propria innocenza sarebbe richiedere<br />

giustizia; se si allega solo l’innocenza dell’altra parte, è chiedere perdono. Il giu<strong>di</strong>ce giusto<br />

non può assolvere <strong>il</strong> colpevole, non può farlo (si confronti Dt 25,1 con Pr 17,15); la parte lesa<br />

può farlo, in virtù del <strong>di</strong>ritto della propria innocenza e, facendolo, ristab<strong>il</strong>isce le giuste relazioni,<br />

ormai non più perturbate.<br />

Fra gli altri, si possono consultare i testi seguenti: Lev 5,5; 16,21; 26,40; Nm 5,7; Sal 32,5.<br />

Riassumiamo <strong>il</strong> vocabolario: per <strong>il</strong> peccato troviamo questi sinonimi o denominazioni: h∫a\èèa\’,<br />

‘a\wôn, ma‘al, ra\ša\‘, peša‘, mered, sûr, ’a\ša\m; per la confessione, tôda\h, hôde\h, verbi <strong>di</strong> <strong>di</strong>re,<br />

le equivalenze bošet e k e limma\h, na\tan tôda\h; per la richiesta <strong>di</strong> perdono hitpallel, <strong>il</strong> lessema<br />

h∫a\nan o ci si appella a ra\h∫am.<br />

1.4. Il perdono<br />

Il perdono è la risposta finale <strong>di</strong> Dio alla richiesta dell’uomo. La riconc<strong>il</strong>iazione può esser<br />

realizzata con l’assoluzione totale o con l’imposizione <strong>di</strong> qualche penitenza.


254 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Un esempio <strong>di</strong> Salmi appaiati: Requisitoria e ‘miserere’ (Sal 50-51)<br />

I termini più frequenti usati per questo terzo atto sono: na\óâ, sa\la\h e s e lîh∫a\h, h∫a\nan e<br />

teh∫inna\h; in Ger 31,34, troviamo <strong>il</strong> parallelo lo’ ‘ezkor = non ricorderò, che equivale ad amnistia<br />

(sostantivo con alfa privativo che viene dal greco sostk0yq } = ricordare). Ritorna<br />

spesso l’espressione šûb ’aph, che significa allontanare l’ira, non pronunciare la sentenza <strong>di</strong><br />

condanna o cessare <strong>di</strong> farla eseguire. Dobbiamo aggiungere una serie <strong>di</strong> immagini attinte dalla<br />

prassi cultuale e dal mondo delle relazioni commerciali: lavare, mondare, purificare, cancellare,<br />

cassare, coprire, rimuovere, allontanare, ecc.<br />

La concessione del perdono da parte <strong>di</strong> Dio non si è coagulata in un proprio e specifico genere<br />

letterario, come è capitato nei due atti precedenti. Non troviamo neppure una formula fissa<br />

<strong>di</strong> assoluzione. I profeti pronunciano <strong>di</strong>verse formule <strong>di</strong> perdono in nome <strong>di</strong> Dio. Si avanza<br />

l’ipotesi che nel culto i sacerdoti pronunciassero formule sim<strong>il</strong>i. Il perdono non è concesso dal<br />

giu<strong>di</strong>ce, che non può assolvere <strong>il</strong> colpevole, bensì dalla parte lesa.<br />

1.5. Schema e varianti<br />

Quanto esposto basterebbe a definire <strong>il</strong> posto e la funzione <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> 50 e 51 come i due<br />

primi atti della liturgia penitenziale. Per una spiegazione più particolareggiata, vogliamo prima<br />

mostrare alcune variazioni o varianti <strong>di</strong> uno schema generale. Infatti non sempre abbiamo<br />

a che fare con una liturgia penitenziale e non tutti i processi si concludono con <strong>il</strong> perdono.<br />

Scegliamo sette casi:<br />

Num 12 – È <strong>il</strong> racconto delle critiche <strong>di</strong> Maria ed Aronne contro Mosè, che raggiungono nel suo servo Dio<br />

stesso:<br />

v. 4 La convocazione del reo; apparizione teofanica <strong>di</strong> Dio. 6-8 Accusa: «Come avete osato parlare contro <strong>il</strong><br />

mio servo Mosè?». 9-10 Castigo limitato: «L’ira del Signore si accese contro <strong>di</strong> loro... Maria aveva tutta la<br />

pelle sbiancata...».<br />

11-12 Confessione e supplica <strong>di</strong> intercessione. 13 Intercessione <strong>di</strong> Mosè: «Per favore, guarisc<strong>il</strong>a». 14 Perdono<br />

con una penitenza: «Stia isolata per sette giorni... <strong>il</strong> settimo sarà riammessa».<br />

Num 21,4-9 – Episo<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> serpenti velenosi. Il castigo occupa <strong>il</strong> posto dell’atto formale <strong>di</strong> accusa, perché<br />

apre gli occhi al reo. 5 Peccato della protesta contro Dio. 6 Castigo: i serpenti. 7 Confessione: «Abbiamo<br />

peccato perché abbiamo parlato contro <strong>il</strong> Signore e contro <strong>di</strong> te». 8 Supplica <strong>di</strong> intercessione. 9 Intercessione<br />

e perdono: «Il Signore gli rispose: “resteranno sani”».<br />

Num 22,32-35 – Presenta <strong>il</strong> confronto <strong>di</strong> Balaam con l’angelo o inviato del Signore. Il personaggio non è<br />

israelita:<br />

32 Accusa: «Perché colpisci...? Segui un cammino sbagliato». 34 Confessione: «Ho peccato perché non sapevo<br />

che tu stavi sulla strada». 35 Perdono implicito ed istruzioni.<br />

1Sam 15 – Serve da contrasto. Non c’è perdono; o perché è troppo tar<strong>di</strong> o perché non c’è una conversione<br />

sincera.<br />

14-23 Interrogatorio ed accusa, con proteste <strong>di</strong> innocenza da parte del reo.<br />

24-25 Confessione: «Ho peccato, ho trasgre<strong>di</strong>to <strong>il</strong> comando <strong>di</strong> Dio»; petizione <strong>di</strong> perdono: «Ma ora perdona<br />

<strong>il</strong> mio peccato».<br />

26 Sentenza <strong>di</strong> condanna: «Poiché hai rigettato la parola del Signore, <strong>il</strong> Signore ti rigetta come re d’Israele».<br />

2Sam 12 – È uno <strong>dei</strong> testi classici. Natan sporge querela contro Davide in nome <strong>di</strong> Dio per l’adulterio e<br />

l’assassinio. Dio si presenta come parte lesa da Davide (non come giu<strong>di</strong>ce fra Davide e Uria):<br />

1-12 Accusa con aggravanti e minacce. 13 Confessione: «Ho peccato contro <strong>il</strong> Signore». 14 Perdono: «Il Signore<br />

ha già perdonato <strong>il</strong> tuo peccato». Castigo parziale: «Il figlio che ti è nato morirà».<br />

1Re 8,46-51 – Nella de<strong>di</strong>cazione del tempio, Salomone pronuncia una lunga preghiera <strong>di</strong> intercessione per <strong>il</strong><br />

futuro. Il tempio è me<strong>di</strong>atore della presenza del Signore, <strong>il</strong> re è me<strong>di</strong>atore del popolo nella supplica:<br />

46 Peccato: «Quando peccheranno contro <strong>di</strong> te...». Castigo: «...e tu irritato contro <strong>di</strong> loro li consegnerai ad un<br />

nemico». 47 Confessione: «Se rifletteranno e si convertiranno... e ti supplicheranno <strong>di</strong>cendo: Abbiamo peccato,<br />

siamo colpevoli...».<br />

50 Perdono: «Perdona al tuo popolo i peccati commessi contro <strong>di</strong> Te».<br />

2Sam 24 – Narra <strong>il</strong> censimento comandato da Davide. La coscienza del re scopre <strong>il</strong> proprio peccato senza<br />

l’intervento dell’accusa profetica. Al reo vengono offerte tre penitenze a scelta:<br />

1-9 Peccato. 10 Rimorso: «Davide provò rimorso nella coscienza e <strong>di</strong>sse al Signore». Confessione: «Ho<br />

commesso un grave errore. Ora Signore, perdona la colpa del tuo servo». 11-12 Perdono con penitenza.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Un esempio <strong>di</strong> Salmi appaiati: Requisitoria e ‘miserere’ (Sal 50-51) 255<br />

Questi sette esempi ci bastano per un riassunto tipologico. L’accusa formale può essere sostituita<br />

da una sofferenza intesa come castigo o da un rimorso a prima vista spontaneo. Invece<br />

non manca mai né viene sostituita la confessione. Il perdono è la conclusione normale. A volte<br />

si aggiunge una penitenza limitata. In varie occasioni agisce un me<strong>di</strong>atore, per denunciare <strong>il</strong><br />

peccato o per impetrare <strong>il</strong> perdono. Possiamo parlare <strong>di</strong> una teologia della penitenza elementare,<br />

tratta da testi dell’AT. Buona parte della letteratura profetica risponde a questo schema.<br />

1.6. I due <strong>salmi</strong> come liturgia penitenziale<br />

Vi sono forti ragioni per pensare che i <strong>salmi</strong> 50 e 51 un giorno fossero autonomi. La tra<strong>di</strong>zione<br />

ci informa che <strong>il</strong> primo è <strong>di</strong> Asaf ed <strong>il</strong> secondo <strong>di</strong> Davide, anche se ambedue fanno parte<br />

della collezione elohista. Il Sal 50 è un salmo collettivo, si <strong>di</strong>rige al popolo che è vincolato a<br />

Dio dagli obblighi dell’alleanza; <strong>il</strong> Sal 51 viene pronunciato da un singolo penitente. La nostra<br />

opinione è che i due <strong>salmi</strong>, un tempo autonomi, sono stati uniti per la loro parentela tematica<br />

per l’uso combinato nella liturgia.<br />

Si possono rintracciare relazioni tematiche fra testi <strong>di</strong>stanti ed eterogenei, senza che formino<br />

un’unità <strong>di</strong> secondo or<strong>di</strong>ne. Nel nostro caso <strong>il</strong> fatto determinante è la contiguità nel salterio<br />

e le numerose relazioni verbali tra i due. È come se uno <strong>dei</strong> due o ambedue avessero patito<br />

una rielaborazione per l’uso combinato. In presenza <strong>di</strong> questi elementi, per la maggior parte<br />

causati dalla affinità del tema, ci sembra legittimo ed opportuno unire i due <strong>salmi</strong> nella comprensione<br />

e nella spiegazione.<br />

Dio convoca <strong>il</strong> popolo reo e gli «sbatte in faccia» ciò che ha fatto; l’uomo «ha sempre <strong>di</strong>nanzi<br />

ciò che ha fatto». Quando Dio accusa, non resta altro che confessare la colpa: «Non<br />

ostentare giustizia <strong>di</strong>nanzi a Dio (o innocenza <strong>di</strong> fronte a Dio)» (Sir 7,5). Fare appello alla misericor<strong>di</strong>a<br />

<strong>di</strong> Dio è considerarsi reo e riconoscere l’innocenza <strong>di</strong> Dio. L’uomo non soltanto<br />

confessa <strong>il</strong> proprio peccato, ma si cala nella sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> peccatore.<br />

Nella lite b<strong>il</strong>aterale sono possib<strong>il</strong>i tre risoluzioni o vie d’uscita: <strong>il</strong> pagamento completo del<br />

debito o pena, la compensazione concertata tra le parti, <strong>il</strong> semplice perdono. Alcuni peccatori<br />

giungono a concepire i sacrifici rituali come una compensazione o composizione che regola<br />

automaticamente la faccenda. Dio rigetta una sim<strong>il</strong>e composizione, perché vuole la confessione<br />

sincera e <strong>il</strong> proposito <strong>di</strong> correggersi per concedere <strong>il</strong> suo perdono. «Non <strong>di</strong>re: Dio guarderà<br />

le mie molte offerte» (Sir 7,9).<br />

Letti così, i due <strong>salmi</strong> compongono un’unità liturgica coerente, anche se incompleta. Sentiamo<br />

la mancanza del terzo atto del processo. Lo riman<strong>di</strong>amo a dopo, una volta terminata<br />

l’esegesi.<br />

2. ESEGESI DEL SAL 50<br />

Bibliografia: G. RINALDI, Ps 49 (50), in VD 18 (1938) 43-46.109-114; E. BEAUCAMP, La théophanie du Ps<br />

50, in NRTh 81 (1959) 897-915; A. MAILLOT, Une liturgie de l’Alliance: le Ps 50, in BVC 80 (1968) 14-20; M.<br />

DAHOOD, Ps 50,10-11, in Bib 51 (1970) 393-395; E. LÁKATOS, La religión verdadera. Estu<strong>di</strong>o exegético del<br />

salmo 50, Madrid 1972; M. MANNATI, Le Ps 50 est-<strong>il</strong> un rîb?, in Sem 23 (1973) 27-50; B. SCHWARTZ, Ps 50. Its<br />

subject, form and place, in Shnaton 3 (1978-1979) 77-106; D. BACH, Rite et parole dans l’AT. Nouveaux<br />

élements apportés par l’étude de Tôda\h, in VT 28 (1978) 10-19; T. BOOIJ, Psalm 50,5-6: junction of two tra<strong>di</strong>tional<br />

motifs, in Bib 68 (1987) 393-396; R. SIMMS, An exegetical and theological study of Psalm 50 [as rîb]<br />

(Diss.), Dallas Theological Sem. 1988; J.H. HUNTER, The Literary Composition of Theophany Passages in the<br />

Hebrew Psalms, in JNWSL 15 (1989) 97-107.


256 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Un esempio <strong>di</strong> Salmi appaiati: Requisitoria e ‘miserere’ (Sal 50-51)<br />

50, 1 [Salmo. Di Asaf.]<br />

Il Dio degli <strong>dei</strong>, <strong>il</strong> Signore parla:<br />

convoca la terra da oriente a occidente.<br />

2 Da Sion, modello <strong>di</strong> bellezza,<br />

Dio risplende:<br />

3 viene <strong>il</strong> nostro Dio e non tacerà.<br />

Lo precede fuoco vorace,<br />

lo circonda tempesta violenta.<br />

4 Dall’alto convoca cielo e terra<br />

per la lite con <strong>il</strong> suo popolo:<br />

5 «Adunatemi i miei vassalli<br />

che sancirono <strong>il</strong> mio patto con un sacrificio».<br />

6 Proclami <strong>il</strong> cielo la sua innocenza:<br />

Dio in persona viene al giu<strong>di</strong>zio.<br />

7 Ascolta, popolo mio, perché parlerò,<br />

Israele, testimonio contro te.<br />

Io sono Dio, <strong>il</strong> tuo Dio.<br />

8 Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici,<br />

ogni giorno ho presenti i tuoi olocausti.<br />

9 Non mi prenderò un giovenco dalla tua casa,<br />

né capri dai tuoi greggi,<br />

10 poiché sono mie tutte le fiere selvagge,<br />

bestie a migliaia sui miei monti;<br />

11 conosco tutti gli uccelli del cielo,<br />

<strong>di</strong>spongo <strong>dei</strong> predatori del campo.<br />

12 Se avessi fame, non te lo <strong>di</strong>rei,<br />

perché mio è <strong>il</strong> mondo e quanto contiene.<br />

13 Mangerò io carne <strong>di</strong> tori?<br />

Berrò forse sangue <strong>di</strong> capri?<br />

14 Sacrifica a Dio la tua confessione;<br />

poi sciogli i tuoi voti all’Altissimo;<br />

15 invocami nel pericolo, ti libererò<br />

e tu mi darai gloria.<br />

16 Al peccatore Dio <strong>di</strong>ce:<br />

Perché reciti i miei precetti<br />

e hai sulla bocca la mia alleanza,<br />

17 tu che <strong>di</strong>sdegni la correzione<br />

e ti getti alle spalle i miei coman<strong>di</strong>?<br />

18 Quando ve<strong>di</strong> un ladro, corri con lui,<br />

fai lega con gli adulteri,<br />

19 sfreni la bocca per <strong>il</strong> male,<br />

la tua lingua or<strong>di</strong>sce inganni,<br />

20 ti sie<strong>di</strong> a sparlare <strong>di</strong> tuo fratello<br />

<strong>di</strong>ffami <strong>il</strong> figlio <strong>di</strong> tua madre.<br />

21 Questo fai e dovrei tacere?<br />

Cre<strong>di</strong> che io sia come te?<br />

Ti accuserò, te lo rinfaccerò.<br />

22<br />

Attenti, voi che <strong>di</strong>menticate Dio,<br />

ch’io non vi sbrani senza scampo.<br />

23<br />

Chi offre come sacrificio la confessione<br />

mi glorifica;<br />

24<br />

a chi corregge la sua condotta farò godere<br />

la salvezza <strong>di</strong> Dio.<br />

2.1. RUOLI E PERSONAGGI<br />

Dio e <strong>il</strong> popolo sono le due parti, legate dall’impegno dell’alleanza, le cui clausole sono i<br />

comandamenti, specialmente <strong>il</strong> decalogo. Cielo e terra sono i testimoni notar<strong>il</strong>i del processo.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Un esempio <strong>di</strong> Salmi appaiati: Requisitoria e ‘miserere’ (Sal 50-51) 257<br />

Colui che pronuncia <strong>il</strong> salmo alla presenza dell’assemblea rappresenta Dio e rimane fuori dal<br />

testo.<br />

2.2. COMPOSIZIONE<br />

Un’introduzione presenta l’arrivo del Signore in tutta la sua maestà. Vengono convocati i<br />

testimoni e l’altra parte. Segue l’arringa o requisitoria <strong>di</strong> Dio, che consta <strong>di</strong> un esor<strong>di</strong>o, un<br />

corpo in due parti, una perorazione.<br />

Il salmo abbonda <strong>di</strong> allusioni all’alleanza del Sinai (Es 19–20 e 24), come possiamo renderci<br />

conto dalla seguente lista <strong>di</strong> corrispondenze:<br />

v. 2 La montagna <strong>di</strong> Sion e <strong>il</strong> Sinai: Es 19,3.11.20<br />

Lo splendore: Es 24,10<br />

v. 3 La teofania: Es 19,16-20 fuoco e tempesta<br />

v. 5 Convocazione: Es 19,4<br />

Alleanza e sacrificio Es 20,23; 24,6; ecc.<br />

v. 7 Titolo Dio, <strong>il</strong> tuo Dio, io sono: Es 20,2 Io sono <strong>il</strong> Signore tuo Dio<br />

Testimoniare: Es 19,21.23<br />

v. 12 Mio è <strong>il</strong> mondo: Es 19,5 perché mia è tutta la terra<br />

v. 17 Gettare alle spalle: Es 19,7 porre davanti<br />

vv. 3.7.21 Parla e non tace Es 20.19.22<br />

2.3. ESEGESI<br />

vv. 1-6. Formano l’ampia introduzione. La teofania potrebbe essere una rappresentazione<br />

liturgica o una attualizzazione me<strong>di</strong>ante <strong>il</strong> ricordo della teofania fondativa.<br />

1. Nome e titolo. Gli Israeliti della Transgiordania, sospettati <strong>di</strong> scisma o apostasia, ripetono<br />

duplicata la formula in un giuramento solenne: «Il Signore Dio degli <strong>dei</strong>, <strong>il</strong> Signore Dio<br />

degli <strong>dei</strong>, lo sa bene, e anche Israele lo sappia» (Gs 22,22). Se «la terra» è qui l’universo, la<br />

prima convocazione sarebbe un anticipo del v. 4.<br />

L’in<strong>di</strong>cazione spaziale «da oriente a occidente» si riferisce piuttosto agli abitanti, come<br />

pubblico universale <strong>di</strong> una lite particolare.<br />

2. Sion è modello <strong>di</strong> bellezza per <strong>il</strong> tempio che la sovrasta (cfr. Sal 48):<br />

Lam 2,15: È questa la città più bella, la gioia <strong>di</strong> tutta la terra?<br />

Ez 24,21: L’incanto <strong>dei</strong> vostri occhi, <strong>il</strong> tesoro delle vostre anime.<br />

1Mac 2,12: Il nostro santuario, la nostra bellezza, <strong>il</strong> nostro orgoglio.<br />

La bellezza del santuario esalta la teofania, non riveste una funzione accusatoria come in<br />

Ez 43,10s.<br />

3. Egli «non tacerà»: sembra alludere alla presenza <strong>di</strong> Dio sul Sinai, quando <strong>il</strong> popolo chiedeva<br />

a Mosè che Dio non parlasse: «non ci parli Dio, altrimenti moriremo» (Es 20,19). La<br />

teofania è ignea come in Gb 38,1; Mic 1,4; Sal 97,3ss; ecc.<br />

4. Convocazione <strong>dei</strong> testimoni notar<strong>il</strong>i, che <strong>di</strong> solito sono <strong>il</strong> cielo e la terra o altri esseri cosmici:<br />

Dt 4,26; 32,1; Is 1,2; Ml 6,1; 1Mac 2,37. Il verbo dîn è generico e deve essere determinato<br />

in armonia con <strong>il</strong> contesto, non in contrasto. Sta proprio ad in<strong>di</strong>care che <strong>il</strong> Signore prende<br />

l’iniziativa rispetto all’altra parte, che è «<strong>il</strong> suo popolo» per elezione ed alleanza.<br />

5. «Adunate»: <strong>il</strong> verbo è ’a\saph: 1Sam 12 impiega <strong>il</strong> sinonimo qa\bas∫. I «fedeli»,<br />

h∫a¨sîdîm, sono quanti si trovano legati da un dovere <strong>di</strong> lealtà, in virtù del patto; e <strong>il</strong> patto è sacro<br />

quando è stato sancito da un sacrificio (Es 24,5). Qui h∫a\sîd non in<strong>di</strong>ca l’adempimento, ma<br />

la situazione, l’impegno formale. Si potrebbe anche tradurre con «vassalli», come in Sal 79,2.<br />

6. Il cielo proclama la sua giustizia: la sua innocenza in anticipo o <strong>il</strong> suo <strong>di</strong>ritto e la legittimità<br />

nel processo che si apre. Poiché ed egli sembrano avere un valore enfatico. s∫edeq, giustizia,<br />

e šophe\è, giu<strong>di</strong>ce, ricevono <strong>il</strong> loro senso dall’intero contesto: non l’attività del giu<strong>di</strong>ce, né<br />

la giustizia <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>ce imparziale, bensì l’innocenza <strong>di</strong> una parte e l’attività <strong>di</strong> chi provoca e<br />

<strong>di</strong>rige <strong>il</strong> processo. Si osservi l’analogia con 1Sam 12, dove Samuele fa constatare in anticipo


258 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Un esempio <strong>di</strong> Salmi appaiati: Requisitoria e ‘miserere’ (Sal 50-51)<br />

la sua innocenza: la <strong>di</strong>fferenza qui è che Dio non usa interme<strong>di</strong>ari espliciti. A questa proclamazione<br />

d’innocenza farà seguito quella del salmo seguente (51,16).<br />

7. Esor<strong>di</strong>o. L’impostazione è quella della mutua relazione dell’alleanza con le espressioni<br />

correlative popolo mio/io <strong>il</strong> tuo Dio. «Popolo mio» è globalmente l’altra parte dell’alleanza e<br />

della vertenza in atto; non possiamo <strong>di</strong>stinguere tra questo «popolo mio» e <strong>il</strong> «peccatore colpevole»<br />

del v. 16, perché ciò equivarrebbe a non considerare colpevole <strong>il</strong> popolo. Dio non lo<br />

raduna per elogiare le sue virtù, nemmeno quelle cultuali: «testimonia» nel senso specifico <strong>di</strong><br />

pronunciare la querela, l’accusa, sbattendola in faccia.<br />

L’autopresentazione elohista può essere messa a confronto con quella jahvista <strong>di</strong> Es 20,1.<br />

vv. 8-21. Si configurano come <strong>il</strong> corpo del <strong>di</strong>scorso, sud<strong>di</strong>viso in due parti: 8-15 e 16-21. È<br />

essenziale comprendere la loro reciproca relazione. Sono due parti che si susseguono, senza un<br />

particolare rapporto? In altri termini, prima si parla del culto, poi della giustizia, poi si potrebbe<br />

parlare <strong>di</strong> un altro tema. La risposta influenza la comprensione del <strong>di</strong>scorso e del salmo.<br />

Cercheremo <strong>di</strong> rispondere partendo dal culto e commentando un paio <strong>di</strong> ipotesi insufficienti.<br />

Il Signore rigetta un determinato culto: qual è <strong>il</strong> suo correlativo antitetico?<br />

a) Si rigettano alcuni sacrifici, se ne accettano altri, ovvero, si tratta <strong>di</strong> una revisione della<br />

lista: no a ’ola\h, olocausto, e zebah∫, sacrificio, sì a tôda\h, lode, e neder, voto. Questa <strong>di</strong>stinzione<br />

contrad<strong>di</strong>ce la logica del <strong>di</strong>scorso.<br />

b) L’opposizione è sacrifici ritualisti // sacrifici sinceri. Questo senz’altro non viene detto<br />

nel salmo, che non mette in antitesi «labbra» a «cuore», né «con la bocca» a «con verità»,<br />

come ad esempio fa Is 29,13 condannando <strong>il</strong> formalismo religioso.<br />

c) Una variante della precedente è l’opposizione culto sacrificale//culto in spirito, come <strong>di</strong>rà<br />

Gv 4,23; però <strong>il</strong> <strong>di</strong>scorso non propone neppure questa contrapposizione o <strong>di</strong>stinzione.<br />

Ciò che <strong>il</strong> testo mette veramente in antitesi è un culto senza giustizia ad un culto con giustizia.<br />

Il popolo adempie perfettamente tutti i suoi doveri cultuali: in questo campo non merita<br />

rimproveri, né deve confessarsi. Allora è innocente? Niente affatto: è peccatore perché si sta<br />

comportando ingiustamente verso <strong>il</strong> prossimo, e questa ingiustizia vizia tutto <strong>il</strong> culto. Dio non<br />

ammette i sacrifici dell’ingiusto: «i sacrifici <strong>di</strong> possessi, frutti dell’ingiustizia sono impuri»<br />

(Sir 34,[21]18).<br />

Questa è la vera tensione fra le due parti del <strong>di</strong>scorso. In questo senso <strong>il</strong> salmo si inscrive<br />

in una tra<strong>di</strong>zione profetica precisa, <strong>di</strong> cui sono testimoni fra altri Is 1,10-20; 58; Ger 7; Am<br />

5,18-26; Mic 6,6-9. Anche la letteratura sapienziale attesta questa convinzione, ad es. Pr 21,3<br />

ed <strong>il</strong> mirab<strong>il</strong>e testo <strong>di</strong> Sir 34,18–35,21. Il testo del Siracide esplicita qualcosa cui <strong>il</strong> nostro<br />

salmo accenna; colui che praticando l’ingiustizia e perdurando in essa, offre un sacrificio <strong>di</strong><br />

espiazione, ricorre ad una compensazione inaccettab<strong>il</strong>e, tenta <strong>di</strong> corrompere Dio, vuole chiudergli<br />

la bocca con regali. A lui Dio nel salmo risponde: «Dovrei tacere? Cre<strong>di</strong> che io sia come<br />

te?». Sant’Agostino commenta in proposito:<br />

«Poiché non sopporti <strong>il</strong> Dio ven<strong>di</strong>catore, vuoi che sia tuo complice, vuoi che <strong>di</strong>vida con te la tua preda, come<br />

un giu<strong>di</strong>ce corrotto».<br />

vv. 8-15. Prima parte. Si caratterizza per la sua argomentazione progressiva e per <strong>il</strong> tono<br />

vibrante, appassionato. A parlare non è un giu<strong>di</strong>ce neutrale che invoca norme oggettive: a parlare<br />

è una persona in<strong>di</strong>gnata che interpella un’altra riguardo alle loro mutue relazioni.<br />

L’uomo è solito offrire vittime dai suoi greggi, cioè dai suoi animali domestici. Dio non si<br />

appella al <strong>di</strong>ritto sovrano che egli ha persino su questi animali domestici, ma ricorda tutti gli<br />

altri, che l’uomo non ha ancora dominato. Questo <strong>di</strong>ce l’antitesi «casa, gregge // campi, monti,<br />

aria». Al posto <strong>di</strong> tutto questo, Dio chiede all’uomo che riconosca, che confessi.<br />

8. Nel linguaggio cultuale ta\mîd significa perio<strong>di</strong>co, regolare, giornaliero: in particolare Es<br />

28–29; Lev 24; Num 28–29. Il verso loda l’osservanza cultuale degli israeliti, con un tocco <strong>di</strong><br />

ironia.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Un esempio <strong>di</strong> Salmi appaiati: Requisitoria e ‘miserere’ (Sal 50-51) 259<br />

9. Il verbo la\qah∫ con Dio come soggetto nel senso <strong>di</strong> accettare un’offerta è rarissimo (Lev<br />

7,34); forse qui designa un atto previo «prendere, portare con sé». Ciò che Dio «ha preso dai<br />

greggi» è stato Davide, secondo Sal 78,70, unico parallelo rigoroso dell’espressione.<br />

10-11. La quaterna rappresenta una totalità: gli animali s<strong>il</strong>vestri o selvatici (<strong>di</strong> selva), gli<br />

animali <strong>di</strong> bosco, <strong>di</strong> montagna, delle vette, gli animali agresti, gli uccelli (leggendo con la<br />

LXX cielo = aria). Selva, montagna, campagna, cielo. Animali bra<strong>di</strong> e domestici.<br />

12. «Il mondo e quanto contiene»: Sal 89,12; l’espressione normale sarebbe ha\-’a\res∫<br />

ûm e lô’a\h, la terra e la sua pienezza, cfr. Sal 24,1.<br />

13. L’autore delle aggiunte in greco al <strong>libro</strong> <strong>di</strong> Daniele si <strong>di</strong>vertirà a spese <strong>di</strong> queste <strong>di</strong>vinità<br />

affamate e voraci che gli uomini devono alimentare: Dan 14,1-22.<br />

14a. Questa è la frase più <strong>di</strong>scussa. La pren<strong>di</strong>amo come variante significativa del sintagma<br />

ten tôda\h, da’ lode, che già conosciamo da Gs 7,19 e Esd 10,11. È opportuno chiarire questo<br />

punto:<br />

a) L’aspetto linguistico. Per la formazione <strong>di</strong> sostantivi deverbali <strong>di</strong> qualsiasi coniugazione<br />

l’ebraico può usare le preformanti mami- o ta- ti-. Ad es., t e h<strong>il</strong>la\ rappresenta l’azione del verbo<br />

ha\lal, t e h∫inna\ <strong>di</strong> h∫a\nan, t e ph<strong>il</strong>la\ <strong>di</strong> hitpallel (conosciamo solo un caso, tar<strong>di</strong>vo ed anomalo<br />

<strong>di</strong> formazione nominale hith∫abb e rût, Dan 11,23). La ra<strong>di</strong>ce ydh/wdh solitamente compare<br />

all’hiph<strong>il</strong>, con <strong>il</strong> significato or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> rendere grazie e all’hitpael con <strong>il</strong> significato tecnico<br />

<strong>di</strong> confessare i peccati; ambedue le coniugazioni confluiscono nella forma nominale comune<br />

tôda\h, che può significare ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> grazie o confessione <strong>di</strong> peccati; a decidere sarà <strong>il</strong><br />

contesto.<br />

b) Il sintagma z e bah∫ tôda\h, imperativo + complemento, appare come stato costrutto in Lev<br />

7,11; <strong>il</strong> che ha indotto molti commentatori a spiegare <strong>il</strong> salmo alla luce del Levitico. Secondo<br />

Delitzsch, la logike\ latreia sfocia in eukharisteia. Cre<strong>di</strong>amo che non sia legittimo. Secondo<br />

Lev 7, z e bah∫ tôda\h è una specie del genere z e bah∫ š e lamîm o sacrifici <strong>di</strong> comunione, che spesso<br />

vengono denominati semplicemente zebah∫, specialmente nel merismo con ’ola\h. Con questo<br />

merismo <strong>il</strong> v. 8 li ha rigettati globalmente.<br />

Ciò viene ulteriormente confermato dallo sv<strong>il</strong>uppo sul mangiare (vv. 12-13), caratteristico<br />

<strong>dei</strong> sacrifici <strong>di</strong> comunione. Dio non vuole né l’olocausto, né con<strong>di</strong>videre parte della vittima<br />

con l’uomo. Allora, perché <strong>il</strong> salmo usa za\bah∫ e non na\tan? Per uno squisito e sott<strong>il</strong>e gioco<br />

concettuale, come se <strong>di</strong>cesse: «Tu vuoi offrirmi sacrifici, ti dai da fare nel sacrificare? Allora<br />

sacrificami la tua confessione».<br />

c) A spiegarlo, in maniera particolareggiata e precisa, sarà <strong>il</strong> salmo seguente: 51,18. Lo<br />

comprende correttamente Dan 3,38-39: «Non abbiamo più ...olocausti né sacrifici... né luogo<br />

ove offrirti... Però abbiamo un cuore spezzato... accogl<strong>il</strong>o come se fosse un’oblazione <strong>di</strong> olocausti».<br />

Probab<strong>il</strong>mente lo ha compreso così Bar 2,17s, nell’opposizione <strong>dei</strong> vivi ai morti, con la<br />

frase ti rendono gloria e giustizia.<br />

Midraš Teh<strong>il</strong>lim 76,2: «Chi offre <strong>il</strong> sacrificio della confessione, questi mi onora».<br />

14b-15. Come si inserisce allora l’adempimento <strong>dei</strong> voti in ciò che precede? Il voto talvolta<br />

include un sacrificio: Lev 7; 1Sam 1,21; probab<strong>il</strong>mente Sal 66,13. Come mostrano <strong>il</strong> verso<br />

seguente e Sal 66,14, <strong>il</strong> voto può essere fatto in un momento <strong>di</strong> pericolo o <strong>di</strong> sventura<br />

s∫ar/s∫a\ra\h, perché Dio liberi da essa h∫a\las∫.<br />

Il voto non è un sacrificio previsto, programmato dai precedenti. Se la sventura è un castigo<br />

<strong>di</strong> Dio per <strong>il</strong> peccato e l’ingiustizia, l’uomo, <strong>il</strong> popolo, deve confessare prima <strong>il</strong> suo peccato<br />

e poi potrà adempiere <strong>il</strong> voto in sospeso e riannodare <strong>il</strong> ritmo <strong>di</strong> supplica-liberazione-lode.<br />

vv. 16-21. Seconda parte. Il popolo peccatore, oltre ad essere persino scrupoloso nel culto,<br />

sa a memoria e recita spesso i comandamenti del decalogo: non per tenerli presenti, ma per<br />

prescindere da essi appena può. Es 19,7: «Mosè tornò... e pose loro davanti le parole del Signore»;<br />

Dt 6,6-9 inculca la presenza <strong>di</strong> queste parole, nella memoria e nella bocca, ai polsi e


260 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Un esempio <strong>di</strong> Salmi appaiati: Requisitoria e ‘miserere’ (Sal 50-51)<br />

sulla fronte, sugli stipiti. Il peccatore fa <strong>il</strong> contrario: «L’ascolta <strong>il</strong> <strong>di</strong>ssoluto, si fa beffe e se la<br />

getta alle spalle» (Sir 21,15). Sant’Agostino commenta: «dove tu non lo ve<strong>di</strong>, ma ti pesano».<br />

17. Disdegnare, non ammettere la correzione, verbale o <strong>di</strong> un castigo, è sprofondare e incallirsi<br />

nel peccato, aggravandolo con la contumacia: Pr 15,12; Sir 32(7),1; 32,18(21):<br />

L’uomo perverso rigetta la correzione<br />

e accomoda la legge a sua convenienza.<br />

18-20. La lista <strong>dei</strong> peccati è concreta e selettiva. I delitti sono presi <strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente<br />

dal decalogo: adulterio, furto, falsa testimonianza. Il salmo ci propone una selezione<br />

importante, ma non la totalità <strong>dei</strong> precetti che riguardano <strong>il</strong> prossimo. Prende in considerazione<br />

la vita fam<strong>il</strong>iare, la proprietà <strong>di</strong> ciascuno, <strong>il</strong> potere corrosivo e demolitore della lingua negli<br />

affari e nella convivenza civ<strong>il</strong>e. L’insistenza sui delitti <strong>di</strong> lingua corrisponde ad una tra<strong>di</strong>zione<br />

dell’AT e rivela l’importanza che l’uomo e gli scrittori biblici accordavano al linguaggio, come<br />

strumento <strong>di</strong> comunicazione e <strong>di</strong> relazioni giuste fra gli uomini. Cfr. Sal 12; 31,12.14;<br />

34,14; 41,6-8; particolarmente sferzante è <strong>il</strong> commento <strong>di</strong> Sir 28,17:<br />

Un colpo <strong>di</strong> frusta, lascia livi<strong>di</strong>,<br />

un colpo <strong>di</strong> lingua rompe le ossa.<br />

Molti caddero a f<strong>il</strong> <strong>di</strong> spada,<br />

ma mai quanto le vittime della lingua.<br />

v. 21. Rimpiazza l’adduzione delle prove materiali. Poiché <strong>il</strong> Signore conosce perfettamente<br />

le azioni dell’uomo, basta la sua testimonianza per garantire la verità: una testimonianza<br />

probante. «Che ho fatto?», chiedeva Davide a Saul; «Questo hai fatto», rinfaccia Dio al suo<br />

popolo. In Es 19,8 e 24,3.7 <strong>il</strong> popolo promette tre volte «faremo tutto ciò che <strong>il</strong> Signore ha or<strong>di</strong>nato»;<br />

ora hanno fatto tutto <strong>il</strong> contrario.<br />

«Cre<strong>di</strong> che io sia come te?». L’uomo concepisce Dio a sua immagine; legittimamente, perché<br />

è immagine e somiglianza <strong>di</strong> Dio; necessariamente, perché può rappresentarsi o farsi concezioni<br />

in maniera umana; in maniera fuorviante, perché rimpicciolisce, deforma e manipola<br />

Dio. Il popolo si fabbrica l’idea <strong>di</strong> un Dio compiacente, complice. Nel contesto la frase è vigorosa.<br />

Però possiede la virtù <strong>di</strong> staccarsi da questo contesto per risuonare ed ammonire qualunque<br />

uomo: «Cre<strong>di</strong> che Dio sia come te?». Vari testi risponderanno: «Non c’è un <strong>di</strong>o come<br />

me», «Non c’è un <strong>di</strong>o come Te»: Es 9,14; Is 44,7; 46,9; 2Sam 7,22; 1Re 8,23; Ger 10,6; Mic<br />

7,18.<br />

vv. 22-23. La perorazione. Nella sua forma offre due vie d’uscita al processo penitenziale.<br />

La prima, cercata da Dio, è <strong>il</strong> pentimento, la conversione e l’emendazione. L’altra è <strong>il</strong> rifiuto e<br />

l’indurimento colpevoli. In Is 1,19s l’alternativa suona così:<br />

Se saprete obbe<strong>di</strong>re, mangerete le voluttà della terra:<br />

se ricusate e vi ribellate, la spada vi mangerà.<br />

Dio offre all’uomo la riconc<strong>il</strong>iazione; se l’uomo la rifiuta, può perdere l’occasione e provocare<br />

la catastrofe irrime<strong>di</strong>ab<strong>il</strong>e. Il salmo inizia con la seconda alternativa, secondo noi per<br />

concludere in tono positivo.<br />

22. Si rivolge a «coloro che <strong>di</strong>menticano Dio». Chi sono costoro? Sono le persone che perio<strong>di</strong>camente<br />

offrono sacrifici, che recitano puntualmente i comandamenti <strong>di</strong> Dio. Il fatto è<br />

che si sono forgiati un’idea <strong>di</strong> Dio a loro immagine e somiglianza: «credevi forse ch’io sia<br />

come te», e con questo <strong>di</strong>o-caricatura si <strong>di</strong>menticano <strong>di</strong> quello autentico, sentendosi molto devoti<br />

con i loro sacrifici.<br />

Dio è <strong>di</strong>sposto a liberare (h∫a\las∫, v. 15), ma se Dio chiude in una morsa la preda, chi potrà<br />

liberarla? I due verbi èa\raph, d<strong>il</strong>aniare, e na\s∫al, liberare, si <strong>di</strong>cono della fiera che adunghia e<br />

non molla la preda: Sal 7,3; Os 5,14; Mic 5,7. L’immagine dell’animale da preda prof<strong>il</strong>a un<br />

contrasto ironico e tragico: <strong>il</strong> Signore delle fiere (v. 10) non vuole accontentarsi <strong>di</strong> giovenchi e<br />

capretti, poiché la sua preda sarà più ambita e preziosa. È <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e definire fino a che punto sia<br />

sottinteso questo contrasto. D’altra parte, Colui che non è come un uomo (v. 21), sarà forse


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Un esempio <strong>di</strong> Salmi appaiati: Requisitoria e ‘miserere’ (Sal 50-51) 261<br />

come una fiera? Si veda Os 13,7-9, dove Dio rimprovera al popolo la sua «<strong>di</strong>menticanza»,<br />

minaccia <strong>di</strong> essere per gli Israeliti come un leopardo, o una pantera, un’orsa infuriata, una<br />

leonessa o una bestia selvatica; quando li <strong>di</strong>struggerà, chi potrà salvarli? (v. 9 emendato).<br />

23. La risposta corretta dell’uomo è al singolare, come <strong>il</strong> ra\ša\‘, malvagio, del v. 16 e <strong>il</strong> collettivo<br />

‘am, popolo, <strong>dei</strong> vv. 4.7. Due participi definiscono quest’uomo; «sacrifica una confessione»<br />

e «<strong>di</strong>spone la via» o la condotta ovvero la corregge. Il primo riprende la conclusione<br />

della prima parte (v. 14), <strong>il</strong> secondo completa <strong>il</strong> pentimento con l’emendazione personale.<br />

In cambio <strong>di</strong> ciò, Dio promette <strong>di</strong> fargli godere o approfittare della salvezza <strong>di</strong>vina. La salvezza<br />

non sta affatto nei sacrifici, anche se sono istituzionali, ma giunge attraverso <strong>il</strong> processo<br />

doloroso <strong>di</strong> un’accusa e <strong>di</strong> un rîb penitenziale. Le ultime parole <strong>di</strong> un salmo aspro e appassionato<br />

sono «salvezza <strong>di</strong> Dio». Ora tocca all’uomo rispondere.<br />

3. ESEGESI DEL SAL 51<br />

Bibliografia: E. ZOLLI, Il salmo 51,6, in Bib 22 (1941) 199-200; A. FEUILLET, Le verset 7 du Miserere et le<br />

péché originel, in RSR 32 (1944) 5-26; E. ZOLLI, In margine al Miserere, in Sefarad 9 (1949) 142-151; G. BER-<br />

NINI, Salmo 51, in Le preghiere penitenziali del Salterio, Roma 1953, 77-99; J. GUILLET, Le psaume Miserere, in<br />

Maison Dieu 33 (1953) 56-71; P.E. BONNARD, Le psaume de pénitence d’un <strong>di</strong>sciple de Jérémie. Ps 51, in BVC<br />

17 (1957) 59-67; G. GIAVINI, La preghiera d’un cuore pentito e fiducioso, in PaVi 10 (1965) 178-183; IDEM,<br />

Salmo 51 Miserere, in Ambrosius 42 (1966) 280-288; A. CAQUOT, Purification et expiation selon le Ps 51, in<br />

RHR 169 (1966) 133-154; J. DANIÉLOU, Le coeur brisé: Ps 51,19, in Études d’exégèse judéo-chrétienne, Paris<br />

1966, 163-169; G. HÉLÉWA, Un cuore mondo creami, o Dio, in RVS 23 (1968) 24-42; E. BEAUCAMP – J.P. DE<br />

RELLES, Que daigne le Seigneur purifier son serviteur, in BVC 91 (1970) 60-71; J. COPPENS, Le péché offense de<br />

Dieu ou du prochain? Note sur Ps 51,6 et Lc 15,18.21, in EThL 41 (1976) 163-167; J. GOLDINGAY, Songs from a<br />

strange land: Ps 42-51, Downers Grove 1978; B. MARIN, Lo Spirito creatore nel Salmo Miserere, in PSV 4<br />

(1981) 6-26; K. REINHARDT, Psalm 51, in TThZ 96 (1987) 207-226; B. RENAUD, Purification et récreation: Le<br />

Miserere, in RSR 62 (1988) 201-217; G. RAVASI, «Il nato da donna... essere nauseante e inquinato». La ra<strong>di</strong>calità<br />

peccatrice dell’uomo negli scritti sapienziali ebraici, in ScC 6 (1989) 603-620.<br />

51, 1 [Al Maestro del coro. Salmo. Di Davide.]<br />

2 [Quando venne da lui <strong>il</strong> profeta Natan<br />

dopo che aveva peccato con Betsabea.]<br />

3 Misericor<strong>di</strong>a, o Dio, per la tua bontà,<br />

per la tua immensa compassione cancella la mia colpa,<br />

4 lava completamente <strong>il</strong> mio delitto,<br />

purificami dal mio peccato.<br />

5 Poiché io riconosco la mia colpa<br />

e ho sempre presente <strong>il</strong> mio peccato.<br />

6 Contro te solo ho peccato,<br />

ho commesso <strong>il</strong> male che riprovi.<br />

I tuoi argomenti ti rendano giustizia<br />

e risulterai innocente nel giu<strong>di</strong>zio.<br />

7 Ecco, colpevole nacqui,<br />

peccatore mi concepì mia madre.<br />

8 Ecco, tu vuoi sincerità interiore<br />

e nell’intimo mi inculchi saggezza.<br />

9 Purificami con issopo dal peccato,<br />

lavami fino a che sia più bianco della neve.<br />

10 Annunziami gioia e letizia,<br />

si rallegrino le ossa triturate.<br />

11 Copriti <strong>il</strong> volto <strong>di</strong>nanzi al mio peccato<br />

e cancella ogni mia colpa.


262 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Un esempio <strong>di</strong> Salmi appaiati: Requisitoria e ‘miserere’ (Sal 50-51)<br />

12 Crea in me, Dio, un cuore puro,<br />

rinnovami dentro con spirito fermo;<br />

13 non scagliarmi lontano dal tuo volto,<br />

non togliermi <strong>il</strong> tuo santo spirito;<br />

14 ridammi la gioia della salvezza,<br />

rafforzami con uno spirito generoso.<br />

15 Insegnerò ai trasgressori le tue vie<br />

e i peccatori a te ritorneranno.<br />

16 Dall’omici<strong>di</strong>o liberami, o Dio,<br />

Dio, mio Salvatore<br />

e la mia lingua acclamerà la tua giustizia.<br />

17 Signore mio, aprimi le labbra<br />

e la mia bocca proclamerà la tua lode.<br />

18 Un sacrificio non ti sod<strong>di</strong>sfa;<br />

se t’offro un olocausto, non lo gra<strong>di</strong>sci.<br />

19 Per Dio sacrificio è uno spirito affranto,<br />

un cuore affranto e triturato<br />

tu, Dio, non lo <strong>di</strong>sprezzi.<br />

20 Degnati <strong>di</strong> favorire Sion<br />

e ricostruisci le mura <strong>di</strong> Gerusalemme;<br />

21 allora gra<strong>di</strong>rai sacrifici legittimi,<br />

offerte ed olocausti,<br />

allora sul tuo altare,<br />

si immoleranno giovenchi.<br />

3.1. DELIMITAZIONE<br />

Per ragioni formali e <strong>di</strong> contenuto pensiamo con molti autori che i versi finali 20-21 siano<br />

un’aggiunta posteriore. Ciò che essi <strong>di</strong>cono è in qualche modo contrario all’impostazione <strong>dei</strong><br />

due <strong>salmi</strong>, introduce <strong>il</strong> tema inatteso <strong>di</strong> Sion e della ricostruzione <strong>di</strong> Gerusalemme. Da parte<br />

sua, <strong>il</strong> v. 19 ricorre al mezzo st<strong>il</strong>istico della ricapitolazione, tipico <strong>di</strong> un finale: su sette parole,<br />

cinque sono una ripetizione <strong>di</strong> parole <strong>di</strong>sperse lungo <strong>il</strong> carme:<br />

vittima (18) Dio (3.12.16) spirito (12-14) um<strong>il</strong>iare (10) cuore (12)<br />

In questo modo dunque, la delimitazione del testo originale va dal v. 3 al v. 19.<br />

3.2. COMPOSIZIONE<br />

Il salmo risulta <strong>di</strong>viso in due parti, con una cesura violenta dopo la metà: vv. 3-11 nel regno<br />

del peccato, 12-19 nel regno della grazia. Lo confermano due dettagli formali della prima parte.<br />

Sei volte si ripete <strong>il</strong> lessema h∫a\èèa\’ e sei volte altri sinonimi (la settima ricorrenza è riservata<br />

per la seconda parte). Nei vv. 3.4 e 9.11 troviamo una rigorosa inclusione: «cancella, lava,<br />

purifica... purifica, lava, cancella».<br />

Ci sono due agganci da parte a parte: la prima parte rimanda alla seconda i termini peša‘ e<br />

h∫aèèa\’ (v. 15) nel superamento del peccato. La seconda parte rinvia alla prima, per anticipazione,<br />

<strong>il</strong> tema della gioia (v. 10).<br />

3.3. ESEGESI<br />

vv. 3-11. Prima parte: nel regno del peccato. Sei volte più sei esprimono una sorta <strong>di</strong> totalità,<br />

una presenza ossessiva, una preoccupazione avvolgente. È un altro modo <strong>di</strong>ffuso <strong>di</strong> <strong>di</strong>re<br />

«ho sempre presente <strong>il</strong> mio peccato». Con molta fatica lo si lascia all’inizio del v. 10, ma poi<br />

torna al v. 11. Do<strong>di</strong>ci volte in <strong>di</strong>eci versi costituiscono una presenza dominante, che lascia appena<br />

spazio a tre binomi antitetici: ciò che Dio possiede, h∫esed w e rah∫a¨mîm = bontà e compassione,<br />

ciò che desidera nell’uomo, ’emet w e h∫okma\h = sincerità e saggezza, ciò che l’uomo<br />

chiede a Dio, óa\óôn w e óimh∫a\h = gioia e letizia.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Un esempio <strong>di</strong> Salmi appaiati: Requisitoria e ‘miserere’ (Sal 50-51) 263<br />

La presenza multipla <strong>di</strong> atti, peccati, delitti e colpe, rivela all’uomo qualcosa <strong>di</strong> più grave:<br />

la sua con<strong>di</strong>zione peccatrice. Tanti atti perversi spuntano da una ra<strong>di</strong>ce velenosa; una muraglia<br />

così grande che tiene prigionieri ha un fondamento solido e fatale. «Ra<strong>di</strong>ce e fondamento»<br />

sono due metafore spaziali, <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> profondo che sostiene e genera, con le quali tentiamo<br />

<strong>di</strong> esprimere qualcosa <strong>di</strong> costitutivo e <strong>di</strong> fondamentale della nostra esistenza. All’immagine<br />

spaziale gli ebrei preferivano quella temporale e, per esprimere la con<strong>di</strong>zione naturale,<br />

risalivano all’origine, alla nascita o ad<strong>di</strong>rittura al concepimento:<br />

Is 48,8 ...dal ventre <strong>di</strong> tua madre ti chiamano ribelle.<br />

Os 12,4 Già nel ventre soppiantò suo fratello.<br />

Sal 58,4 I malvagi si traviano sin dal ventre materno.<br />

La metafora è usata anche in senso positivo <strong>di</strong> elezione: Ger 1,5; Sal 22,11; Is 44,2; ecc.<br />

Anche in latino natura deriva da natus e anche noi abbiamo espressioni come «cieco dalla nascita»<br />

per in<strong>di</strong>care qualcosa <strong>di</strong> costituzionale.<br />

Partendo dal simbolo biblico, temporale, è possib<strong>il</strong>e una trasposizione ad un simbolo spaziale<br />

ed è pure possib<strong>il</strong>e una concettualizzazione o varie. Quella che si è imposta come la più<br />

comune, «peccato originale» si appoggia su una metafora temporale, risalendo all’«origine»<br />

della persona e all’origine della razza umana.<br />

È notevole in questa parte l’accalcarsi <strong>di</strong> petizioni all’imperativo o alla forma equivalente<br />

dello yiqtol.<br />

3. «Cancella»: come si cancella o si abrade qualcosa <strong>di</strong> scritto, specialmente un debito, un<br />

nome; cfr. Is 43,25; 44,22. «Immensa»: «Chi scongiura la grande misericor<strong>di</strong>a, confessa una<br />

grande miseria» (Sant’Agostino).<br />

6. «Contro te solo ho peccato»: <strong>il</strong> senso della frase è stato oggetto <strong>di</strong> molte <strong>di</strong>scussioni,<br />

specialmente in una lettura davi<strong>di</strong>ca del salmo, che vi ravvisa <strong>il</strong> peccato contro Uria.<br />

«Perché <strong>il</strong> precetto viene imposto da Dio» (Alliaco).<br />

«Perché solo Dio non ha peccato» (Gregorio Magno).<br />

«Perché Dio è <strong>il</strong> sovrano e <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>ce, <strong>di</strong>nanzi al quale siamo responsab<strong>il</strong>i. Perché è <strong>il</strong> legislatore <strong>di</strong> cui violiamo<br />

le leggi» (Eutimio).<br />

«Perche <strong>il</strong> re è responsab<strong>il</strong>e solo davanti a Dio, mentre i sud<strong>di</strong>ti lo sono anche davanti al re» (Cassiodoro).<br />

Se guar<strong>di</strong>amo nell’ottica dello schema <strong>di</strong> base dell’alleanza, la frase ha senso: l’orante ha<br />

violato <strong>il</strong> suo giuramento <strong>di</strong> fedeltà al sovrano, si presenta <strong>di</strong>nanzi a lui come colpevole.<br />

È in sintonia con la denuncia <strong>di</strong> Natan a Davide in 2Sam 12,9 «Perché ti sei burlato del Signore<br />

facendo ciò che egli biasima?». Nel caso o nel modello <strong>di</strong> Davide, se Dio fosse giu<strong>di</strong>ce,<br />

giu<strong>di</strong>cherebbe la causa fra due uomini, Davide ed Uria; nella vertenza b<strong>il</strong>aterale o giu<strong>di</strong>zio<br />

contrad<strong>di</strong>ttorio Dio si confronta con <strong>il</strong> suo vassallo.<br />

Possiamo continuare a domandarci: come raggiunge o lede Dio l’offesa che uno fa al suo<br />

prossimo? Possiamo rispondere: Dio si presenta come parte lesa quando <strong>il</strong> Faraone opprime<br />

gli Israeliti, ed intavola un rîb o lite giuri<strong>di</strong>ca con l’oppressore (cfr. Es 9,27).<br />

6b. Nello schema del giu<strong>di</strong>zio b<strong>il</strong>aterale <strong>il</strong> verso è chiaro. Proprio per non riconoscerlo i<br />

commentatori devono ricorrere a spiegazioni astruse:<br />

Kraus: «L’orante, <strong>di</strong>chiarando una colpa che raggiunge Dio, si sottomette al giusto giu<strong>di</strong>zio<br />

<strong>di</strong> Dio; da\ba\r è la sentenza giu<strong>di</strong>ziale <strong>di</strong> Dio (Richtszprsch)». Ebbene, la sentenza giusta per<br />

un colpevole è la condanna; se l’orante si appella ad essa, chiede <strong>di</strong> essere condannato, <strong>il</strong> che<br />

contrad<strong>di</strong>ce <strong>il</strong> testo del salmo. Fare giustizia ad un omicida è giustiziarlo.<br />

Ecker: «Mi confesso peccatore perché si manifesti la tua giustizia nel castigo».<br />

Agellius ha imboccato la pista giusta (traduciamo un po’ liberamente): «Se noi due entriamo<br />

in lite, senza dubbio <strong>il</strong> tuo <strong>di</strong>scorso sarebbe giustificato, i tuoi argomenti <strong>di</strong>mostrerebbero<br />

che tu hai ragione, la sentenza ti sarebbe favorevole, e tu usciresti vincitore dal processo. Non<br />

c’è bisogno <strong>di</strong> far causa... prima del <strong>di</strong>battimento confesso che la tua causa è giustissima e la<br />

mia ingiustissima...».


264 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Un esempio <strong>di</strong> Salmi appaiati: Requisitoria e ‘miserere’ (Sal 50-51)<br />

Parafrasando: con i tuoi argomenti, con <strong>il</strong> tuo <strong>di</strong>scorso, proverai la tua innocenza, ne uscirai<br />

giustificato e nel processo risulterai innocente... Se si trattasse del fatto che Dio debba uscire<br />

scagionato e immacolato <strong>di</strong> fronte ad ogni giu<strong>di</strong>zio umano, la sentenza condannatoria sortirebbe<br />

lo stesso effetto. Invece in Dan 9,16 abbiamo visto che, provata e riconosciuta la giustizia/innocenza<br />

<strong>di</strong> Dio, l’orante fa appello alla sua misericor<strong>di</strong>a impetrando perdono. «Tu riconosci<br />

e lui perdona» (Sant’Agostino).<br />

8. Dio stesso lavora nell’intimità dell’uomo, perché acquisti saggezza e la converta in un<br />

modo <strong>di</strong> vivere. E parte <strong>di</strong> questa saggezza è lo scoprire e riconoscere <strong>il</strong> proprio peccato e la<br />

propria con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> peccatore.<br />

10. Anticipa la seconda parte del salmo. Quando Dio pronuncerà <strong>il</strong> verdetto <strong>di</strong> grazia, accordando<br />

<strong>il</strong> perdono, <strong>il</strong> penitente ascolterà una notizia gioiosa, e gusterà la gioia fin nel profondo<br />

delle sue ossa. «Nel vederlo gioirà <strong>il</strong> vostro cuore, le vostre ossa saranno rigogliose<br />

come erba fresca» (Is 66,14).<br />

vv. 12-19. Seconda parte: nel regno della grazia. Questa parte inizia con una cesura che<br />

non potrebbe essere più ra<strong>di</strong>cale. Sul piano formale, proseguono gli imperativi (o forme yiqtol<br />

equivalenti). Sul piano del senso, una nuova creazione. Domanda Gb 14,4: «Chi può trarre <strong>il</strong><br />

puro dall’impuro? Nessuno». Occorre creare qualcosa <strong>di</strong> nuovo e tocca a Dio creare.<br />

vv. 12-14. Il verbo ba\ra\’, creare, risuona in tutta la sua forza all’inizio <strong>di</strong> tre versi che<br />

chiameremo «epiclesi», perché sono una triplice invocazione allo Spirito. Come nella creazione<br />

(Gen 1) lo spirito o soffio <strong>di</strong> Dio si librava sull’oceano per formare <strong>il</strong> cosmo, così in<br />

questa invocazione si chiede un triplice spirito che ricrei <strong>il</strong> penitente. L’uomo non può con le<br />

sue forze innalzarsi dal regno del peccato al regno della grazia; ciò è un’azione e un dono <strong>di</strong><br />

Dio. Paolo <strong>di</strong>rà che dove c’è un cristiano c’è una nuova creazione (o una nuova umanità: 2Cor<br />

5,17).<br />

Esaminiamo questi tre spiriti, <strong>di</strong>sposti parallelamente all’inizio degli emistichi pari e retti<br />

come complementi da tre imperativi nella successione positivo-negativo-positivo.<br />

12. Il primo rû a h∫ na\kon = spirito <strong>di</strong>sposto, collocato: l’aggettivo na\kon a prima vista è<br />

strano per un vento la cui essenza è <strong>il</strong> movimento. In termini psicologici parleremmo <strong>di</strong> un<br />

«atteggiamento fermo», <strong>di</strong> una indole pronta, coraggiosa, svelta. In italiano <strong>di</strong>remmo un uomo<br />

che ha tempra. Mt 26,41 suona secondo la Vulgata: «Spiritus quidem promptus est, caro autem<br />

infirma». L’aggettivo èa\hôr, puro, riecheggia <strong>il</strong> verbo <strong>dei</strong> vv. 4.9.<br />

13. Il secondo è rû a h∫ qod e ška, lo spirito della tua santità, spirito santo: come l’uomo riceve<br />

un alito o soffio <strong>di</strong> Dio (Gen 2,7; 7,22; Num 27,16; ecc.), così <strong>il</strong> penitente desidera conservare<br />

questo respiro o spirito che lo fa vivere nella sfera santa, <strong>di</strong>vina.<br />

L’imperativo «non togliermi» cattura la nostra attenzione. Suppone che l’orante lo possiede<br />

e lo può perdere, che è un dono <strong>di</strong> Dio e può essere ritirato; l’aggettivo «santo» in<strong>di</strong>ca che non<br />

si tratta del puro vivere, esistere, ma <strong>di</strong> una vita determinata (si confronti con Sal 104,29-30<br />

dove si parla invece della vita soltanto).<br />

Coloro che hanno letto <strong>il</strong> salmo in chiave davi<strong>di</strong>ca, interpretano <strong>il</strong> secondo rû a h come spirito<br />

<strong>di</strong> profezia, attribuito a Davide secondo 2Sam 23,2: «Lo Spirito del Signore parla in me, la<br />

sua parola sta sulla mia lingua». Secondo Is 63,10-11 anche Mosè possiede questo spirito.<br />

Davide, che ha meritato la morte, chiede <strong>di</strong> conservare la vita e <strong>di</strong> non perdere <strong>il</strong> carisma più<br />

prezioso.<br />

Se applichiamo <strong>il</strong> salmo alla comunità, rappresentata dal singolo che parla, dobbiamo pensare<br />

alla con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> «popolo santo» promessa e concessa nell’alleanza (Es 19,6). Altri testi:<br />

Is 62,12 «Si chiamerà Popolo Santo»; 63,18; Ger 2,3: «Israele era cosa santa per <strong>il</strong> Signore».<br />

«Togliere lo spirito santo» equivarrebbe allora a ritirare l’elezione, rigettare, come mostra <strong>il</strong><br />

parallelo «non gettarmi lontano dal tuo volto» spiegato da 2Re 13,23 (in corsivo le parole che<br />

coincidono):<br />

«Ma <strong>il</strong> Signore si impietosì ed ebbe misericor<strong>di</strong>a <strong>di</strong> loro; si volse verso <strong>di</strong> loro a motivo della sua<br />

alleanza... e non volle sterminarli né li rigettò dalla sua presenza sino ad ora».


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Un esempio <strong>di</strong> Salmi appaiati: Requisitoria e ‘miserere’ (Sal 50-51) 265<br />

Il contrario avviene in 2Re 17,20, nel rigetto del regno del Nord: «rigettò tutta la <strong>di</strong>scendenza <strong>di</strong><br />

Israele».<br />

14. Il terzo è rû a h∫ n e dîba\h, che denota l’iniziativa spontanea, la generosità nelle <strong>di</strong>fficoltà,<br />

la nob<strong>il</strong>tà interiore. L’orante chiede <strong>di</strong> ricevere un <strong>di</strong>namismo nuovo, che faccia scaturire le<br />

sue azioni dal <strong>di</strong> dentro, senza costrizioni o in virtù <strong>di</strong> imposizioni esterne. Con generosità,<br />

per adempiere non <strong>il</strong> meno possib<strong>il</strong>e, ma andando oltre <strong>il</strong> dovuto.<br />

Per riassumere questi tre spiriti, l’orante chiede uno spirito che procede da Dio ed ha qualcosa<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>vino e <strong>di</strong> santo, che è fermo e <strong>di</strong>sposto, che si converte nel <strong>di</strong>namismo e nel vissuto<br />

dell’azione umana, che produrrà una nuova creatura.<br />

Non sappiamo se in tutto l’AT e NT si trovi una epiclesi altrettanto bella come quella <strong>di</strong><br />

questi tre versi.<br />

15. Già trasformato, l’orante può impegnarsi come pre<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> conversione: vuole comunicare<br />

quella sapienza che gli è stata inculcata interiormente a quanti ne hanno bisogno, a<br />

coloro che egli comprende per la propria esperienza. Le vie del Signore sono qui la linea <strong>di</strong><br />

condotta che egli traccia, la via per la quale possono tornare e poi devono proseguire. Con i<br />

lessemi peša‘ e h∫aèèa\’ risuona <strong>il</strong> tema del peccato e del delitto della prima parte: l’orante non<br />

invoca <strong>il</strong> castigo e la <strong>di</strong>struzione <strong>dei</strong> peccatori, ma la loro conversione.<br />

16a. In senso proprio da\m significa omici<strong>di</strong>o, in senso lato qualsiasi violenza. Nella lettura<br />

in chiave davi<strong>di</strong>ca è stato riferito all’assassinio <strong>di</strong> Uria. has∫s∫îl min + delitto/peccato significa<br />

liberare da ciò che si è commesso; per liberare dal commettere si usa h∫a\óak. Si confronti:<br />

Sal 39,9 mikkol p e ša\‘y has∫s∫île\nî liberami da tutte le mie colpe<br />

Sal 19,14 mizedîm h∫a¨óok ‘a¨bdeka\ dall’orgoglio salva <strong>il</strong> tuo servo<br />

16b-17. Liberato dalla colpa grave, <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta potrà intonare le lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> Dio; cfr. Sal 35,28;<br />

71,24. In senso stretto s∫ e da\qa\h potrebbe essere intesa come l’innocenza <strong>di</strong> Dio riconosciuta, <strong>il</strong><br />

<strong>di</strong>ritto della parte lesa; per <strong>il</strong> parallelismo con t e h<strong>il</strong>la\h, forse conviene intenderla in senso più<br />

ampio.<br />

18. Se h∫a\pas∫ significa genericamente desiderare, volere, ra\s∫a\h può essere un termine tecnico<br />

del culto: in<strong>di</strong>ca l’accettazione <strong>di</strong>vina e la conseguente vali<strong>di</strong>tà del sacrificio. Questo verso<br />

con <strong>il</strong> seguente instaura un’antitesi tra sacrifici rituali zebah∫ e ’ola\h e uno «spezzare e triturare»<br />

cuore e spirito. I due versi sono composti in forma <strong>di</strong> enunciato in crescendo (alcuni la<br />

chiamano negazione paradossale): in altre parole non questo, ma altro. Equivale a <strong>di</strong>re: questo<br />

è niente a paragone <strong>di</strong> quest’altro. Come quando <strong>di</strong>ciamo «ciò che mi interessa <strong>di</strong> più, quello<br />

che veramente io cerco...». Non si possono addurre questi versi come un’abolizione formale<br />

del culto sacrificale.<br />

L’immagine dello spezzare, triturare, polverizzare, in ebraico ša\bar e da\ka\h, attraverso <strong>il</strong><br />

greco ed <strong>il</strong> latino ha generato i termini tecnici penitenziali contrizione e attrizione. Sono termini<br />

lessicalizzati che rischiano <strong>di</strong> perdere la forza e l’immagine dell’etimo. Tradurremo con<br />

«affranto» e «triturato». (Affranto, anche se in italiano si è lessicalizzato, deriva dal latino<br />

frangere). Commenta l’Imitazione <strong>di</strong> Cristo:<br />

«Sacrificio a te gra<strong>di</strong>to, o Signore – sacrificio che odora, al tuo cospetto, molto più soave del profumo<br />

dell’incenso – è l’um<strong>il</strong>e sincero pentimento <strong>dei</strong> peccatori» (III, 52, IV).<br />

vv. 20-21. Verso la fine dell’es<strong>il</strong>io, o poco dopo <strong>il</strong> ritorno, qualcuno aggiunse questi due<br />

versi, attualizzando <strong>il</strong> salmo. L’es<strong>il</strong>io è stato <strong>il</strong> tempo per triturare <strong>il</strong> cuore con la penitenza,<br />

ora giunge <strong>il</strong> tempo in cui <strong>il</strong> Signore perdona e si riconc<strong>il</strong>ia: «È stato pagato <strong>il</strong> suo crimine,<br />

perché ha ricevuto dalla mano del Signore doppio castigo per i suoi peccati» (Is 40,2). Nelle<br />

nuove con<strong>di</strong>zioni i sacrifici ritorneranno ad aver valore. L’es<strong>il</strong>io è stato un tempo senza sacrifici,<br />

senza altare dove immolarli; è stato <strong>il</strong> tempo per far maturare la sapienza che Dio inculcava<br />

attraverso la sofferenza. Maturi nella sapienza, imparata la via del ritorno, gli es<strong>il</strong>iati potranno<br />

tornare a Sion, ricostruire Gerusalemme, riprendere <strong>il</strong> culto. Come sfondo storico si<br />

possono leggere le pagine iniziali del <strong>libro</strong> <strong>di</strong> Esdra.


266 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Un esempio <strong>di</strong> Salmi appaiati: Requisitoria e ‘miserere’ (Sal 50-51)<br />

L’aggiunta non è falsa teologicamente e conferma che <strong>il</strong> salmo non proclama l’abolizione<br />

del culto sacrificale; però stona con <strong>il</strong> tema del salmo e si smorza con un ricorso formale,<br />

quello della ricapitolazione. Ha valore come esempio <strong>di</strong> attualizzazione storica.<br />

4. TERZO ATTO DELLA LITURGIA PENITENZIALE<br />

Nel salterio non troviamo un salmo o una sezione che si inquadri armonicamente per completare<br />

la terna con i due <strong>salmi</strong> commentati.<br />

Nella letteratura profetica troviamo un testo che, anche se non ispirato <strong>di</strong>rettamente dal Sal<br />

51, appartiene allo stesso ambiente spirituale. Si tratta <strong>di</strong> un oracolo o parte <strong>di</strong> oracolo composto<br />

da un profeta che era stato sacerdote, esperto nelle questioni del culto.<br />

Ragioni contestuali fanno sì che la sua formula <strong>di</strong> assoluzione risuoni come promessa <strong>di</strong> un<br />

prossimo futuro: la ragione è che Ezechiele pronuncia, in nome <strong>di</strong> Dio, <strong>il</strong> perdono durante<br />

l’es<strong>il</strong>io.<br />

Scegliamo le frasi più significative <strong>di</strong> Ez 36,25-28:<br />

25 Vi aspergerò con acqua pura che vi purificherà,<br />

da tutte le vostre immondezze ed idolatrie devo purificarvi.<br />

26 Vi darò un cuore nuovo e vi infonderò uno spirito nuovo;<br />

strapperò dalla vostra carne <strong>il</strong> cuore <strong>di</strong> pietra<br />

e vi darò un cuore <strong>di</strong> carne.<br />

27 Vi infonderò <strong>il</strong> mio spirito<br />

e vi farò camminare secondo i miei precetti<br />

e mettere in atto i miei comandamenti...<br />

28 Voi sarete <strong>il</strong> mio popolo ed io sarò <strong>il</strong> vostro Dio.<br />

Il Signore mostrerà così la «santità del suo nome», che è una trasposizione in chiave sacerdotale<br />

del riconoscimento della giustizia e dell’innocenza, ed appare come l’espressione preferita<br />

da Ezechiele: Ez 20,39; 36,20.23; 39,7; 43,7s.<br />

Is 4,4-6 è un testo tar<strong>di</strong>vo che promette la restaurazione dopo una grande purificazione:<br />

Quando <strong>il</strong> Signore laverà le sozzure delle donne <strong>di</strong> Sion<br />

e detergerà <strong>il</strong> sangue in Gerusalemme<br />

con <strong>il</strong> vento giustiziere, con <strong>il</strong> vento cocente<br />

<strong>il</strong> Signore creerà nel tempio...<br />

L’autore focalizza <strong>il</strong> suo sguardo sulla città e su Sion, monte santo.<br />

5. TRASPOSIZIONE CRISTIANA<br />

Siamo talmente abituati ad una determinata prassi penitenziale, qual è <strong>il</strong> nostro sacramento<br />

della penitenza, che ci costa fatica risalire ad un orizzonte anteriore e più vasto. Senza volerlo,<br />

ca<strong>di</strong>amo nella tentazione <strong>di</strong> far collimare tutti i dati biblici nel nostro schema prefissato. Però<br />

la storia e la geografia ci insegnano che la nostra prassi sacramentale della penitenza e la conseguente<br />

riflessione teologica non sono un assoluto immutab<strong>il</strong>e nel tempo e nello spazio. Anche<br />

la nostra prassi penitenziale occidentale è più vasta del sacramento della penitenza. Ciò<br />

che abbiamo esaminato e capito nei <strong>salmi</strong> 50 e 51 può proficuamente <strong>il</strong>luminare aspetti <strong>di</strong>versi,<br />

senza assurgere a modello adeguato.<br />

Quando <strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io <strong>di</strong> Trento <strong>di</strong>ce che <strong>il</strong> sacramento della penitenza «esse actum iu<strong>di</strong>cialem»<br />

(DS 1709), non pretende <strong>di</strong> assumere la pratica forense del <strong>di</strong>ritto romano come parte <strong>di</strong><br />

una definizione conc<strong>il</strong>iare; la dottrina antitetica condannata lo chiarisce sufficientemente. E<br />

quando <strong>il</strong> cap. 5 (DS 1679) <strong>di</strong>ce che <strong>il</strong> sacerdote è «giu<strong>di</strong>ce», non vuole <strong>di</strong>re che egli sia una<br />

autorità superiore per <strong>di</strong>rimere le cause <strong>di</strong> Dio con i cristiani.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Un esempio <strong>di</strong> Salmi appaiati: Requisitoria e ‘miserere’ (Sal 50-51) 267<br />

Cre<strong>di</strong>amo che applicare all’atto penitenziale <strong>il</strong> modello <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>ce fra e sopra due parti,<br />

susciti una serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà per la cui soluzione è necessario applicare tante eccezioni o riserve,<br />

che si finisce per invalidare lo schema.<br />

Invece, applicando <strong>il</strong> modello biblico del rîb (= giu<strong>di</strong>zio b<strong>il</strong>aterale), risparmiamo <strong>di</strong>fficoltà<br />

inut<strong>il</strong>i e i dati si inquadrano tranqu<strong>il</strong>lamente.<br />

Cominciamo con l’idea <strong>di</strong> riconc<strong>il</strong>iazione. Il cristiano «conc<strong>il</strong>iato» nell’alleanza con Dio,<br />

può infrangere o rompere l’alleanza; mosso da Dio può pentirsi ed essere ri-conc<strong>il</strong>iato da Dio.<br />

In termini generali la Chiesa ha <strong>il</strong> ministero della riconc<strong>il</strong>iazione, che può assumere una forma<br />

giu<strong>di</strong>ziale. Ciò che oggi conosciamo come confessione sacramentale è una <strong>di</strong> queste possib<strong>il</strong>i<br />

forme.<br />

«Dove c’è un cristiano, c’è una umanità/creazione nuova. Le cose vecchie sono passate; ecco esiste<br />

qualcosa <strong>di</strong> nuovo. E tutto questo è opera <strong>di</strong> Dio, che ci ha riconc<strong>il</strong>iati con sé me<strong>di</strong>ante Cristo e<br />

ci ha affidato <strong>il</strong> ministero della riconc<strong>il</strong>iazione. Voglio <strong>di</strong>re che Dio, me<strong>di</strong>ante Cristo, ha riconc<strong>il</strong>iato<br />

<strong>il</strong> mondo con sé, cancellando <strong>il</strong> debito delle colpe degli uomini e mettendo nelle nostre mani <strong>il</strong><br />

messaggio della riconc<strong>il</strong>iazione. Quin<strong>di</strong> noi siamo ambasciatori <strong>di</strong> Cristo, ed è come se Dio esortasse<br />

per mezzo nostro. Ve lo chiedo per Cristo, lasciatevi riconc<strong>il</strong>iare con Dio» (2Cor 5,17-21).<br />

Parlando poi <strong>di</strong> riconc<strong>il</strong>iazione, possiamo st<strong>il</strong>are i punti seguenti per una riflessione ulteriore.<br />

1. I ruoli nel processo. Dio non condanna come giu<strong>di</strong>ce, ma ritorce l’accusa e sporge querela<br />

come parte, per condurre alla confessione ed accordare <strong>il</strong> perdono. Può avere i suoi testimoni<br />

notar<strong>il</strong>i, i membri della Chiesa: persone che esercitano un ruolo sim<strong>il</strong>e a quello <strong>di</strong> Samuele<br />

in 1Sam 12.<br />

2. La mutua relazione si fonda sull’alleanza, per la quale siamo vincolati con Dio e con <strong>il</strong><br />

suo Messia, Gesù Cristo. Il contratto o documento dell’alleanza è <strong>il</strong> vangelo, che deve essere<br />

<strong>il</strong> quadro <strong>di</strong> riferimento in or<strong>di</strong>ne alla verifica o all’adempimento <strong>dei</strong> nostri obblighi. (In teoria<br />

può succedere che uno passi scrupolosamente in rassegna tutti e <strong>di</strong>eci i comandamenti, con le<br />

loro specie e varietà, in vista dell’integrità richiesta dall’accusa, ma poi si <strong>di</strong>mentichi del vangelo).<br />

Il Decalogo del Sinai non è la magna charta della nuova Alleanza.<br />

3. Il vangelo conserva una grande forza <strong>di</strong> interpellare l’uomo che fac<strong>il</strong>mente <strong>di</strong>venta requisitoria<br />

e querela: ci pone davanti agli occhi ciò che dovremmo essere e non siamo e magari,<br />

nemmeno ci accorgiamo <strong>di</strong> non esserlo:<br />

«Che farò quando ti accuserò? Che ti farò? Tu ora non ti ve<strong>di</strong>: farò in modo che tu ti veda... Te lo<br />

getterò in faccia. Perché desideri nasconderti a te stesso? Sei alle tue spalle e non ti ve<strong>di</strong>: farò sì<br />

che tu ti veda. Ciò che ti getti alle spalle, te lo getterò in faccia» (Agostino).<br />

Il vangelo però, nello stesso tempo in cui accusa, offre anche <strong>il</strong> perdono e la forza <strong>di</strong> convertirsi.<br />

Per questo gli antichi <strong>di</strong>cevano: per evangelica <strong>di</strong>cta deleantur tua delicta. Non è un<br />

atto magico, ma un processo penitenziale.<br />

4. Ad un esame oggettivo e neutrale, sulla scia <strong>di</strong> una griglia dettagliata, si sostituisce o si<br />

sovrappone la Parola <strong>di</strong> Dio, che stab<strong>il</strong>isce <strong>il</strong> <strong>di</strong>alogo personale, <strong>di</strong>spiega la sua forza <strong>di</strong> conversione,<br />

mette a confronto l’uomo con Dio. L’esame <strong>di</strong> coscienza viene così profondamente<br />

personalizzato.<br />

5. La riconc<strong>il</strong>iazione ha qualcosa <strong>di</strong> una nuova creazione e si realizza me<strong>di</strong>ante una effusione<br />

dello Spirito <strong>di</strong> Dio, che si instaura come iniziativa e un <strong>di</strong>namismo <strong>di</strong> una vita nuova e<br />

dà testimonianza <strong>di</strong> se stesso nella gioia. Un altro effetto dell’esperienza personale della gioia<br />

per <strong>il</strong> perdono consiste nel desiderio <strong>di</strong> rendere gli altri partecipi <strong>di</strong> un dono così grande.<br />

6. Si ripropone ogni volta la relazione fondamentale tra culto e giustizia, ossia tra prassi e<br />

prestazioni rituali – che non danno in realtà nulla a Dio – e atteggiamenti e relazioni con <strong>il</strong><br />

prossimo. È lampante l’assur<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> trasformare una liturgia penitenziale in un atto meramente<br />

cultuale.<br />

7. Il concetto <strong>di</strong> «vergogna» resta definito come l’atto <strong>di</strong> confessare la propria colpevolezza<br />

<strong>di</strong>nanzi a Dio.


268 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Un esempio <strong>di</strong> Salmi appaiati: Requisitoria e ‘miserere’ (Sal 50-51)<br />

Il riferimento <strong>di</strong> Benedetto XI nel De confessione iteranda (DS 880) non costituisce un<br />

commento biblico autoritativo, benché la sua dottrina prolunghi la prassi dell’AT quanto al ripetere<br />

la confessione degli stessi peccati:<br />

«Anche se... non è necessario confessare <strong>di</strong> nuovo gli stessi peccati, tuttavia – poiché riteniamo ut<strong>il</strong>e che,<br />

a motivo della vergogna, che è una grande parte della penitenza – sia ripetuta la confessione degli stessi<br />

peccati».<br />

Per la lettura <strong>di</strong> testi del NT, specialmente <strong>di</strong> S. Paolo, suggeriamo tre modelli giuri<strong>di</strong>ci.<br />

Il primo modello può essere rappresentato come una linea orizzontale. Una vertenza tra<br />

due parti, <strong>di</strong> cui una è colpevole, l’altra innocente. La parte innocente sporge querela, ed ottenuta<br />

la confessione dell’altra parte, accorda <strong>il</strong> perdono.<br />

Il secondo modello può essere rappresentato da un triangolo. Un giu<strong>di</strong>ce con autorità superiore<br />

<strong>di</strong>rime una causa, retribuisce assolvendo e/o condannando.<br />

Il terzo modello può rappresentarsi con un cono. Un sovrano, in virtù della sua potestà suprema,<br />

concede un indulto o amnistia a quanti sono sottoposti alla sua autorità ed accettano le<br />

con<strong>di</strong>zioni proposte.<br />

Il primo passo dell’uomo per entrare nella nuova Alleanza si configura nel terzo modello.<br />

Il sovrano decide <strong>di</strong> non fare giustizia, ma <strong>di</strong> concedere grazia. Non pone come con<strong>di</strong>zione la<br />

«buona condotta», perché «tutti hanno peccato», ma solo la fede nel suo Figlio, come Messia<br />

e Salvatore.<br />

Una volta che l’uomo è entrato nell’alleanza con Dio e <strong>il</strong> suo Messia, rinascendo come cristiano,<br />

se manca ai suoi impegni, c’è la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> realizzare <strong>il</strong> primo modello: un giu<strong>di</strong>zio<br />

contrad<strong>di</strong>ttorio con confessione e perdono. Questo si può ripetere.<br />

Alla fine <strong>di</strong> una tappa, <strong>di</strong> una vita, <strong>di</strong> tutta la storia, <strong>il</strong> Messia verrà come giu<strong>di</strong>ce <strong>dei</strong> vivi e<br />

<strong>dei</strong> morti per dare a ciascuno secondo la sua condotta. Non sarà più tempo <strong>di</strong> riconc<strong>il</strong>iazione.<br />

Qui si configura <strong>il</strong> secondo modello.<br />

Nell’uso <strong>dei</strong> modelli, occorre tenere in conto che gli autori del NT li ut<strong>il</strong>izzano come simboli:<br />

talvolta con sufficiente rigore giuri<strong>di</strong>co, altre volte sovrapponendo elementi eterogenei.<br />

Commentando l’episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Cristo con la donna adultera (Gv 8), Sant’Agostino osserva:<br />

«Christus indulget ut rex, Moyses lapidat ut iudex». In una frase ha centrato <strong>il</strong> secondo ed <strong>il</strong><br />

terzo modello (la parola indulto deriva da indulgeo). Uno sv<strong>il</strong>uppo più ampio viene proposto<br />

dal dottore <strong>di</strong> Ippona nella introduzione al commento del Sal 100 (101). Possiamo leggerlo<br />

prendendo <strong>il</strong> termine misericor<strong>di</strong>a come rappresentante del giu<strong>di</strong>zio b<strong>il</strong>aterale e <strong>il</strong> termine iu<strong>di</strong>cium<br />

come rappresentante del giu<strong>di</strong>zio triangolare. Nell’uomo li trova a volte separati,<br />

escludendosi; in Dio li vede cooperare oppure agire singolarmente in due tempi:<br />

Quando giu<strong>di</strong>cano gli uomini, talvolta, vinti dalla misericor<strong>di</strong>a, operano contro la giustizia... altre volte<br />

volendo conservare un giu<strong>di</strong>zio rigoroso smarriscono la misericor<strong>di</strong>a.<br />

Ora è <strong>il</strong> tempo della misericor<strong>di</strong>a, <strong>il</strong> futuro sarà <strong>il</strong> tempo del giu<strong>di</strong>zio... Se Dio non perdonasse<br />

prima con misericor<strong>di</strong>a, non troverebbe chi coronare nel giu<strong>di</strong>zio. Tempo della misericor<strong>di</strong>a<br />

è quello in cui la pazienza <strong>di</strong> Dio induce i peccatori alla penitenza.


IL TRIONFO DEL RE MESSIA (SAL 110) *<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

Il Sal 110 è stato oggetto <strong>di</strong> grande attenzione da parte degli stu<strong>di</strong>osi; la bibliografia che lo<br />

concerne è perciò molto ampia. Qui ci limitiamo solo a segnalare alcuni articoli particolarmente<br />

significativi, rimandando per ulteriori in<strong>di</strong>cazioni soprattutto a RAVASI G., Il <strong>libro</strong> <strong>dei</strong><br />

Salmi. Commento e attualizzazione, III, 258-260, e ALONSO SCHÖKEL L. - CARNITI C., I Salmi,<br />

II, 502-504.<br />

AUFFRET P., Note sur la structure littéraire du Psaume CX, in Sem. 32 (1982) 83-88; BECKER J., Zur Deutung<br />

von Ps 110,7, in Freude an der Weisung des Herrn. Beiträge zur Theologie der Psalmen, Fs. H. Gross, E. Haag -<br />

F.-L. Hossfeld (ed.), Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 1986, 17-31; BOOIJ TH., Psalm CX: «Rule in the midst of<br />

your foes!», in VT 41 (1991) 396-407; CAQUOT A., Remarques sur le Psaume CX, in Sem. 6 (1956) 33-52; COP-<br />

PENS J., Notes ph<strong>il</strong>ologiques sur le texte hébreu de l’Ancien Testament, in Muséon 44 (1931) 177-198; ID., La<br />

portée messianique du Psaume CX, in EThL 32 (1956) 5-23; GERLEMAN G., Psalm CX, in VT 31 (1981) 1-19;<br />

GILBERT M. - PISANO S., Psalm 110 (109),5-7, in Bib. 61 (1980) 343-356; GÖSSMANN F., Scabellum pedum tuorum,<br />

in Div. 11 (1967) 31-53; JOHNSON E.E., Hermeneutical Principles and the Interpretation of Psalm 110, in BS<br />

149 (1992) 428-437; VAN DER MEER W., Ps 110, a Psalm of Rehab<strong>il</strong>itation, in The Structural Analysis of Biblical<br />

and Canaanite Poetry (JSOT 74), JSOT Press, Sheffield 1988, 207-234; NÁCAR E., Rey y sacerdote. Salmo 110,<br />

in EstB 5 (1946) 281-302; PODECHARD E., Psaume 110, in Études de critique et d’histoire religieuses, Fs. L.<br />

Vaganay (Bibliothèque de la Faculté Catholique de Théologie de Lyon, 2), Facultés Catholiques, Lyon 1948, 7-<br />

24; DE SAVIGNAC J., Essai d’interprétation du Psaume CX à l’aide de la littérature égyptienne, in OTS 9 (1951)<br />

107-135; SCHEDL C., Aus dem Bache am Wege. Textkritische Bemerkungen zu Ps 110 (109) 7, in ZAW 73 (1961)<br />

290-297; TOURNAY R., Le Psaume CX, in RB 67 (1960) 5-41.<br />

Il Sal 110, generalmente considerato un «Salmo regale», si configura come un’opera <strong>di</strong><br />

grande lirismo ma anche <strong>di</strong> notevole complessità interpretativa. Il testo, infatti, presenta alcuni<br />

elementi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e comprensione per i quali non si è ancora giunti a soluzioni univoche. Ma<br />

la ricchezza delle immagini mantiene comunque tutta la sua forza allusiva, facendone uno <strong>dei</strong><br />

<strong>salmi</strong> più apprezzati ed amati da generazioni <strong>di</strong> credenti.<br />

1. IL TESTO<br />

1<br />

Di Davide. Salmo.<br />

Oracolo del Signore al mio signore:<br />

sie<strong>di</strong> alla mia destra,<br />

finché io renda 1<br />

i tuoi nemici sgabello per i tuoi pie<strong>di</strong>.<br />

2<br />

Lo scettro del tuo potere<br />

stende <strong>il</strong> Signore da Sion:<br />

domina in mezzo ai tuoi nemici.<br />

3 2<br />

Il tuo popolo è generosità<br />

nel giorno della tua potenza m<strong>il</strong>itare.<br />

Tra splendori 3 <strong>di</strong> santità<br />

*<br />

B. COSTACURTA, Il trionfo del Re Messia (Sal 110), in A. BONORA - M. PRIOTTO (edd.), Libri sapienziali e<br />

altri scritti (Logos 4), Torino-Leumann 1997, 303-314.<br />

1<br />

Il verbo ebraico šjt può avere <strong>il</strong> significato <strong>di</strong> «porre» o <strong>di</strong> «rendere»; ambedue i sensi sono pertinenti nel<br />

nostro contesto: i nemici sono «resi sgabello» e perciò «posti come sgabello» sotto i pie<strong>di</strong> del re.<br />

2 e e<br />

L’espressione ‘amm kā («<strong>il</strong> tuo popolo») n dāvōt («generosità, impegni, offerte») potrebbe essere rivocalizzata,<br />

sulla scia della LXX, ‘imm e kā («con te») n e dīvōt («principato»: plurale majestatis). Ma <strong>il</strong> Testo Masoretico,<br />

benché <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e, può essere conservato. L’idea che vi soggiace è quella <strong>di</strong> un popolo che si impegna generosamente<br />

e volontariamente per <strong>il</strong> suo re.<br />

3<br />

Il termine ebraico hādār (al plurale nel nostro testo: «splendori») in<strong>di</strong>ca la magnificenza, la maestà (<strong>di</strong>vina),<br />

ma può designare pure la bellezza dell’abbigliamento regale. In tal senso lo stico potrebbe anche essere tradotto:<br />

«in ornamenti sacri». Alcuni autori, sulla base <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi manoscritti ebraici, Simmaco e Girolamo, preferiscono<br />

leggere b e har e rê qōdeš, «sui monti santi»; cfr. E.J. KISSANE, The Book of Psalms, II, 190.192; G. CASTELLINO,


270 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il trionfo del Re Messia (Sal 110)<br />

dal seno dell’aurora 4<br />

è per te la rugiada della tua gioventù 5 .<br />

4<br />

Ha giurato <strong>il</strong> Signore<br />

e non si pente:<br />

Tu sei sacerdote per sempre<br />

al modo <strong>di</strong> Melchisedek.<br />

5<br />

Il Signore è alla tua destra.<br />

Schiaccia i re nel giorno della sua ira,<br />

6<br />

giu<strong>di</strong>ca tra le nazioni,<br />

ammucchia 6 cadaveri 7 ,<br />

schiaccia teste 8 su vasta terra.<br />

7<br />

Da un torrente beve nel cammino,<br />

perciò rialza 9 la testa.<br />

Come si può vedere, <strong>il</strong> v. 3 presenta i maggiori problemi testuali, resi ancor più gravi dalla<br />

<strong>di</strong>versa interpretazione che ne danno le antiche versioni, in particolare la LXX, che recita:<br />

Con te <strong>il</strong> principato nel giorno della tua potenza<br />

negli splendori <strong>dei</strong> santi<br />

dal seno prima della stella mattutina ti ho generato.<br />

La traduzione da noi offerta segue, <strong>il</strong> più letteralmente possib<strong>il</strong>e, <strong>il</strong> Testo Masoretico 10 , nel<br />

quale sembrerebbe espressa non l’idea <strong>di</strong> una f<strong>il</strong>iazione <strong>di</strong>vina del re, ma quella <strong>di</strong> una fedeltà<br />

totale del popolo al suo sovrano: nel giorno della mob<strong>il</strong>itazione generale per la guerra o per<br />

una parata m<strong>il</strong>itare <strong>di</strong>mostrativa <strong>di</strong> forza, tutto <strong>il</strong> popolo accorre prontamente, in generosa solidarietà.<br />

Il testo rimane comunque <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e e variamente interpretab<strong>il</strong>e. Il tono sembra quasi<br />

proverbiale e l’allusione poetica probab<strong>il</strong>mente ci sfugge in tutta la sua ricchezza.<br />

Un altro serio problema interpretativo posto dal nostro salmo riguarda i vv. 5-7, nei quali è<br />

<strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e identificare con certezza <strong>il</strong> soggetto <strong>dei</strong> verbi: Dio è colui che sta alla destra del re (v.<br />

5a), mentre <strong>il</strong> re è quello che beve al torrente (v. 7a); ma <strong>di</strong> chi è l’ira, e chi massacra i nemici<br />

e ne ammucchia i cadaveri?<br />

Noi propen<strong>di</strong>amo per la soluzione formulata da G<strong>il</strong>bert e Pisano 11 : Dio è soggetto in 5a,<br />

poi <strong>di</strong>venta soggetto <strong>il</strong> re <strong>di</strong> cui si parla in 3 a persona, con un cambio <strong>di</strong> persona non infre-<br />

Libro <strong>dei</strong> Salmi, 598-599; M. MANNATI, Les Psaumes, IV, 36; A. MAILLOT - A. LELIÈVRE, Les Psaumes, III,<br />

73.75; H.-J. KRAUS, Psalmen, II, 926.927; E. BEAUCAMP, Le Psautier, II, 187; L.C. ALLEN, Psalms 101-150,<br />

79.80.<br />

4 Supponiamo qui <strong>il</strong> sostantivo hapax miš˙ār, «aurora» (cfr. F. ZORELL, Lexicon Hebraicum Veteris Testamenti,<br />

PIB, Roma 1989, 480). Alcuni preferiscono invece ipotizzare una <strong>di</strong>ttografia del mem iniziale (cfr. E.<br />

BEAUCAMP, Le Psautier, 187; L.C. ALLEN, Psalms, 80; A. LANCELLOTTI, I Salmi, 759; G. RAVASI, Salmi, 268).<br />

La LXX sembra leggere mišša˙ar, dando al min valore temporale: prò heōsfórou, «prima della stella del mattino».<br />

5 LXX e Sir., con <strong>di</strong>versi manoscritti ebraici, leggono qui un verbo: «io ti ho generato» (j e lidtîkā: cfr. Sal 2,7).<br />

Così fanno anche J. COPPENS, Notes, 193; J. DE SAVIGNAC, Essai d’interprétation, 113.125; H.-J. KRAUS, Psalmen,<br />

II, 926.927.<br />

6 Il verbo mālē’ può avere valore stativo («essere pieno») oppure causativo («riempire, ammucchiare»). Noi<br />

preferiamo quest’ultimo senso, con soggetto <strong>il</strong> re.<br />

7 Aqu<strong>il</strong>a, Simmaco e Girolamo sembrano supporre gē’ājôt, «valli».<br />

8 Il sostantivo rō’š può designare la testa, ma anche, in senso traslato, <strong>il</strong> capo, <strong>il</strong> principe <strong>di</strong> un popolo. Ambedue<br />

i sensi si accordano con <strong>il</strong> contesto. L’ebraico ha <strong>il</strong> sostantivo singolare, che noi traduciamo al plurale interpretandolo<br />

come collettivo. Va qui notato <strong>il</strong> gioco con la frase del versetto seguente, «rialza la testa» (stesso termine<br />

rō’š): la testa <strong>dei</strong> nemici è schiacciata, mentre quella del re è innalzata in un gesto <strong>di</strong> trionfo.<br />

9 Il verbo rwm è qui usato nella forma causativa hiph<strong>il</strong>: «sollevare, elevare, esaltare». Il soggetto può essere <strong>il</strong><br />

re, che solleva la testa, oppure Dio che gliela fa innalzare.<br />

10 Così fanno anche, pur con alcune varianti, <strong>di</strong>versi autori importanti, come ad es. F. DELITZSCH, Psalms,<br />

183; A. WEISER, I Salmi, II, 761; A. LANCELLOTTI, Salmi, 759; G. RAVASI, Salmi, 255; L. ALONSO SCHÖKEL - C.<br />

CARNITI, Salmi, 501. A questi commenti riman<strong>di</strong>amo per una più dettagliata documentazione sulle <strong>di</strong>verse possib<strong>il</strong>ità<br />

<strong>di</strong> lettura del versetto.<br />

11 Cfr. M. GILBERT - S. PISANO, Psalm 110.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il trionfo del Re Messia (Sal 110) 271<br />

quente nella poesia ebraica. È dunque <strong>il</strong> re che sconfigge i nemici, opera <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio tra le genti,<br />

schiaccia re e teste e infine si <strong>di</strong>sseta al torrente. Poi Dio torna, probab<strong>il</strong>mente, ad essere <strong>il</strong><br />

soggetto dell’ultimo stico (v. 7b): è <strong>il</strong> Signore che fa alzare la testa del suo Unto in un gesto<br />

definitivo <strong>di</strong> trionfo. Il re è dunque vittorioso, ma <strong>di</strong> una vittoria che viene da Dio e da Dio gli<br />

è donata.<br />

2. GENERE LETTERARIO E DATAZIONE<br />

Il Sal 110 è annoverab<strong>il</strong>e tra i <strong>salmi</strong> regali (cfr. ad es. Sal 2; 45; 72; 132), probab<strong>il</strong>mente<br />

anche con un legame particolare con la cerimonia <strong>di</strong> intronizzazione. Il re è celebrato nella<br />

sua priv<strong>il</strong>egiata relazione con <strong>il</strong> <strong>di</strong>vino, sullo sfondo oracolare <strong>di</strong> una grande vittoria.<br />

Di fatto, <strong>il</strong> momento della successione al trono poteva presentare elementi <strong>di</strong> turbolenza<br />

politica e m<strong>il</strong>itare, sia all’interno del regno che nei rapporti con le popolazioni circonvicine o<br />

con i popoli vassalli. Ma la vittoria promessa al nuovo sovrano sembra andare oltre la contingenza<br />

<strong>di</strong> un particolare momento storico per aprirsi a <strong>di</strong>mensioni più ampie, <strong>di</strong> forte sapore<br />

messianico: «Il “Messia”-consacrato attuale davi<strong>di</strong>co, debole e imperfetto, attraverso<br />

l’iperbole laudativa <strong>di</strong>venta segno del “Messia”-consacrato perfetto» 12 .<br />

Per quel che riguarda la possib<strong>il</strong>e datazione del nostro salmo, le proposte <strong>dei</strong> vari autori<br />

sono molteplici e vanno dall’epoca davi<strong>di</strong>ca (X sec. a.C.) fino a quella maccabaica (III-II sec.<br />

a.C.). Come molto spesso accade per i <strong>salmi</strong>, è estremamente <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e situare la loro composizione<br />

in un’epoca precisa e ci si deve accontentare <strong>di</strong> rimanere nell’ipotetico. È pur vero che <strong>il</strong><br />

nostro testo presenta <strong>di</strong>versi elementi arcaici (cfr. in particolare la menzione <strong>di</strong> Melchisedek e<br />

i vari contatti con testi ugaritici e cananei), ma la questione della sua datazione e del suo possib<strong>il</strong>e<br />

rapporto con determinati eventi storici resta aperta.<br />

Va inoltre sottolineata la portata escatologica del salmo che non esclude neppure una sua<br />

originaria ed esplicita configurazione messianica. Scrive Alonso Schökel nel suo commento:<br />

«...resta come ultimo ricorso considerare <strong>il</strong> salmo come messianico nella sua origine, con una<br />

visione del Messia che ingloba tutti i poteri storici ed istituzionali <strong>di</strong> Israele. Questo non va<br />

confuso con la lettura messianica del salmo in un tempo posteriore alla sua composizione; lettura<br />

della quale non possiamo dubitare» 13 .<br />

3. COMMENTO<br />

v. 1 - Il salmo inizia con un oracolo <strong>di</strong> salvezza che assicura al re protezione e gloria. Il sovrano<br />

viene intronizzato alla destra <strong>di</strong> Dio 14 e riceve così un segno <strong>di</strong> <strong>di</strong>gnità, una posizione <strong>di</strong><br />

assoluto priv<strong>il</strong>egio e <strong>di</strong> massimo onore.<br />

Quando Betsabea, per assicurare al figlio Salomone la successione al trono <strong>di</strong> Davide, va<br />

dall’anziano sovrano per rammentargli le sue promesse, si inginocchia e si prostra davanti al<br />

re in segno <strong>di</strong> omaggio e sottomissione (cfr. 1Re 1,15ss). Ma quando, <strong>di</strong>venuta regina madre,<br />

si presenta al re Salomone per intercedere per Adonia, è <strong>il</strong> re che, dopo esserle andato incontro,<br />

si prostra davanti a lei e poi la fa sedere alla sua destra (cfr. 1Re 2,19). Il fatto che Betsabea<br />

sia assurta a nuova <strong>di</strong>gnità, non essendo più semplicemente una delle mogli del re ma sua<br />

madre, viene segnalato dal priv<strong>il</strong>egio <strong>di</strong> potersi sedere alla destra del sovrano (cfr. anche Sal<br />

45,10).<br />

12 G. RAVASI, Salmi, 261.<br />

13 L. ALONSO SCHÖKEL - C. CARNITI, Salmi, 509.<br />

14 Secondo alcuni autori, questo potrebbe fare riferimento alla cerimonia <strong>di</strong> incoronazione, con l’intronizzazione<br />

del re alla destra dell’arca o nel palazzo reale situato alla destra del tempio (cfr. M. MANNATI, Psaumes,<br />

39; A. MAILLOT - A. LELIÈVRE, Psaumes, 74; ecc.). È però più probab<strong>il</strong>e che <strong>il</strong> contenuto dell’oracolo abbia<br />

significato più ampio e generale <strong>di</strong> manifestazione <strong>di</strong> un gran<strong>di</strong>ssimo onore. Sulla questione, cfr. H.-J. KRAUS,<br />

Psalmen, II, 931-932; G. RAVASI, Salmi, 261-262.279.


272 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il trionfo del Re Messia (Sal 110)<br />

Sedersi alla destra <strong>di</strong> Dio rappresenta dunque, per <strong>il</strong> re, un tributo <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ssimo onore e<br />

implica la sua partecipazione alla potestà <strong>di</strong>vina. Egli è me<strong>di</strong>atore presso <strong>il</strong> popolo <strong>di</strong> tale potestà,<br />

con funzione <strong>di</strong> rappresentante del Signore sulla terra, nell’esercizio <strong>di</strong> un potere che<br />

egli riceve come dono e che, nell’obbe<strong>di</strong>enza, con<strong>di</strong>vide con Dio.<br />

Ad una tale <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> autorità e <strong>di</strong> dominio si accompagna necessariamente la vittoria<br />

sui nemici, anch’essa ricevuta in dono. Il re che viene intronizzato può contare sulla potenza<br />

<strong>di</strong>vina che sgominerà gli avversari del suo Unto e glieli consegnerà sconfitti, come in un gesto<br />

<strong>di</strong> generoso omaggio, ponendoglieli sotto i pie<strong>di</strong> come sgabello celebrativo <strong>di</strong> vittoria.<br />

L’immagine evoca una situazione <strong>di</strong> superiorità, trionfo, dominio, ed è connessa con l’atto<br />

della prostrazione degli sconfitti ai pie<strong>di</strong> del vincitore 15 .<br />

Negli altri testi biblici in cui compare <strong>il</strong> termine hádōm, «sgabello», questo fa sempre riferimento<br />

ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> Dio: è l’arca santa o <strong>il</strong> tempio (Sal 99,5; 132,7; 1Cr 28,2), oppure Gerusalemme<br />

(Lam 2,1), oppure la terra intera (Is 66,1) ad essere sgabello <strong>dei</strong> pie<strong>di</strong> del Signore. Secondo<br />

l’immagine <strong>di</strong> Is 66, infatti, Dio siede in cielo e poggia i pie<strong>di</strong> sulla terra 16 ; oppure, più<br />

in particolare, sul luogo santo della sua <strong>di</strong>mora (cfr. anche Is 60,13; Ez 43,7).<br />

Ed ora, nel nostro salmo, è Dio stesso che pone lo sgabello per i pie<strong>di</strong> del suo Unto, rendendolo<br />

così partecipe del suo dominio. Ma non si tratta della terra o del tempio, bensì <strong>dei</strong><br />

nemici sconfitti che <strong>il</strong> Signore stesso gli dona: un gesto <strong>di</strong> onore che rende onore a Dio, un<br />

modo per continuare a proclamare che Dio solo vince ed è nei cieli. La vittoria del re in realtà<br />

è segno e testimonianza della gloria e della trascendente santità <strong>di</strong>vina.<br />

v. 2 - La presentazione della relazione strettissima, quasi inscin<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e, tra <strong>il</strong> re e <strong>il</strong> Signore<br />

si prolunga nel v. 2, dove è Dio a stendere <strong>il</strong> bastone del comando, che però è quello del re:<br />

«lo scettro del tuo potere stende <strong>il</strong> Signore da Sion»; a questo poi fa seguito l’imperativo:<br />

«domina in mezzo ai tuoi nemici» 17 . L’esercizio del dominio, da parte del re, è un compito<br />

che Dio gli affida 18 e che <strong>il</strong> sovrano svolge come me<strong>di</strong>atore, segno visib<strong>il</strong>e dell’invisib<strong>il</strong>e presenza<br />

e signoria <strong>di</strong>vina.<br />

In questo contesto, è significativa la menzione <strong>di</strong> Sion e la posizione centrale che essa occupa<br />

all’interno del v. 2, che permette <strong>di</strong> connetterla tematicamente sia con ciò che Dio fa<br />

(stendere lo scettro), sia con ciò che <strong>il</strong> re deve fare (dominare sui nemici). Infatti, nonostante<br />

la puntuazione masoretica ponga una separazione dopo <strong>il</strong> termine «Sion» 19 , si potrebbe<br />

ugualmente ipotizzare per esso quel particolare fenomeno st<strong>il</strong>istico tecnicamente denominato<br />

«two way middle» o «double duty mo<strong>di</strong>fier», secondo <strong>il</strong> quale un termine o un’espressione<br />

15<br />

Il trono del re aveva solitamente uno sgabello su cui appoggiare i pie<strong>di</strong>. Il seggio <strong>di</strong> Salomone, ad es., viene<br />

così descritto in 2Cr 9,17-19: «Il re fece un grande trono d’avorio, che rivestì d’oro puro. Il trono aveva sei gra<strong>di</strong>ni<br />

e uno sgabello d’oro connessi fra loro. Ai due lati del sed<strong>il</strong>e c’erano due bracci, vicino ai quali si ergevano due leoni.<br />

Do<strong>di</strong>ci leoni si ergevano, <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là, sui sei gra<strong>di</strong>ni...». Lo sgabello del seggio regale poteva anche essere decorato<br />

con figure <strong>dei</strong> nemici del re, che così li calpestava simbolicamente ogni volta che si sedeva sul trono (si pensi,<br />

ad es., al trono del faraone Tutankamon, ricordato da molti commentatori, che aveva sullo sgabello la raffigurazione<br />

<strong>dei</strong> nove nemici tra<strong>di</strong>zionali dell’Egitto; sulla questione, si veda in particolare lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> F. GÖSSMANN,<br />

Scabellum pedum tuorum). Per l’immagine più generica <strong>dei</strong> nemici sconfitti che vengono calpestati o comunque<br />

posti sotto i pie<strong>di</strong> del vincitore, cfr. invece Gs 10,24; 1Re 5,17; Ml 3,21; Sal 18,39 (// 2Sam 22,39); 47,4.<br />

16<br />

«Così <strong>di</strong>ce <strong>il</strong> Signore: Il cielo è <strong>il</strong> mio trono, la terra lo sgabello <strong>dei</strong> miei pie<strong>di</strong>» (Is 66,1).<br />

17 e<br />

L’espressione b qerev («in mezzo a») potrebbe anche essere tradotta, mo<strong>di</strong>ficando la vocalizzazione masoretica,<br />

«in battaglia» (biqrav): cfr. M. DAHOOD, Psalms, III, 115-116; L. JACQUET, Les Psaumes et le cœur de<br />

l’homme, III, 202.209; L. ALONSO SCHÖKEL - C. CARNITI, Salmi, 501.<br />

18<br />

A questo proposito, può essere ut<strong>il</strong>e richiamare <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> dominio sulla terra e sugli animali esplicitamente<br />

affidato da Dio all’uomo nel primo racconto <strong>di</strong> creazione (cfr. Gen 1,26-28) e anche significato dall’imposizione<br />

del nome agli animali narrata nel successivo racconto delle origini (cfr. Gen 2,19-20). L’uomo, re del<br />

giar<strong>di</strong>no in cui è posto, domina sul mondo per mandato <strong>di</strong>vino, in un esercizio <strong>di</strong> potere riconosciuto come dono<br />

e a cui può accedere non per propria iniziativa, ma solo in obbe<strong>di</strong>enza. Così è anche per <strong>il</strong> re d’Israele, realizzazione<br />

priv<strong>il</strong>egiata <strong>di</strong> un’umanità chiamata alla regalità, in una vita totalmente costituita dalla relazione con Dio.<br />

19<br />

Si tratta dell’atna˙, un accento con valore <strong>di</strong>sgiuntivo, che <strong>di</strong>vide in due <strong>il</strong> versetto. Nella nostra traduzione,<br />

noi abbiamo seguito questa in<strong>di</strong>cazione del Testo Masoretico.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il trionfo del Re Messia (Sal 110) 273<br />

possono essere simultaneamente collegati sia con ciò che precede sia con ciò che segue, in<br />

una specie <strong>di</strong> sdoppiamento funzionale 20 .<br />

In questo caso, la lettura del nostro versetto potrebbe essere: «Lo scettro del tuo potere<br />

stende <strong>il</strong> Signore da Sion / da Sion domina in mezzo ai tuoi nemici». La città santa dove <strong>il</strong> re<br />

risiede e dove Dio ha scelto <strong>di</strong> abitare è <strong>il</strong> centro da cui si irra<strong>di</strong>a <strong>il</strong> potere che ha in Dio la sua<br />

origine. Da essa, Dio e re, congiuntamente, dominano sul mondo.<br />

v. 3 - Dopo <strong>il</strong> trionfo anche bellico promesso nei vv. 1-2, si delinea più chiaramente nel v. 3<br />

la prospettiva della guerra, con l’immagine dell’esercito che accorre compatto e solidale intorno<br />

al nuovo sovrano.<br />

Il popolo generosamente risponde alla chiamata del re per la mob<strong>il</strong>itazione generale, sia<br />

per la grande parata m<strong>il</strong>itare in occasione dell’incoronazione, sia in vista della guerra che <strong>il</strong><br />

novello re dovrà intraprendere.<br />

La scena è luminosa, soffusa <strong>di</strong> «splendori <strong>di</strong> santità», quello splendore arcano che accompagna<br />

<strong>il</strong> manifestarsi del <strong>di</strong>vino (cfr. Is 2,10.19.21; Sal 90,16; 104,1; 145,5.12) e che ora si<br />

mostra nella gloria e nella magnificenza del re (e <strong>dei</strong> suoi ornamenti) e della sua gente.<br />

Tale luminosità è misteriosamente connessa con la luce dell’aurora e <strong>il</strong> luccichio della rugiada.<br />

Il <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e v. 3 si conclude infatti con le enigmatiche parole: «dal seno dell’aurora per te<br />

la rugiada della tua gioventù». L’immagine è affascinante e suggestiva, ma è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e coglierne<br />

<strong>il</strong> senso in tutta la sua pienezza.<br />

La simbologia della rugiada certo parla <strong>di</strong> vita, <strong>di</strong> luce e <strong>di</strong> mistero. Essa viene dal cielo<br />

(cfr. Gen 27,28-29; Dt 33,13.28; Ag 1,10; Zc 8,12; Prv 3,20) ed è connessa con la pioggia (cfr.<br />

Dt 32,2; 2Sam 1,21; 1Re 17,1; Mic 5,6; Gb 38,28-29). È dunque portatrice <strong>di</strong> fert<strong>il</strong>ità, <strong>di</strong> abbondanza,<br />

<strong>di</strong> vita. In un poema <strong>di</strong> Ugarit è definita «pingue<strong>di</strong>ne della terra» (KTU 1.3 II 39),<br />

poiché è la rugiada che ogni notte inumi<strong>di</strong>sce <strong>il</strong> terreno inari<strong>di</strong>to dal sole e lo apre a nuova fecon<strong>di</strong>tà.<br />

Una specie <strong>di</strong> miracolo, dunque, in un paese arido e avaro <strong>di</strong> precipitazioni. La pioggia era<br />

perciò considerata uno <strong>dei</strong> doni fondamentali <strong>di</strong> Dio, una sua meraviglia. Ma ancor più meravigliosa<br />

doveva sembrare la scoperta al mattino, in uno stupore sempre rinnovato, del terreno<br />

imperlato <strong>di</strong> rugiada, misteriosamente comparsa durante la notte, senza che alcuno avesse potuto<br />

vederla cadere da quel cielo da cui si pensava dovesse provenire.<br />

La connessione della rugiada con <strong>il</strong> cielo e con la pioggia è attestata anche ad Ugarit; nel<br />

poema sopra citato si descrive così <strong>il</strong> bagno rituale della dea Anat dopo la battaglia:<br />

«Versa la sua acqua e si lava<br />

con la rugiada <strong>dei</strong> cieli, con la pingue<strong>di</strong>ne della terra,<br />

con la pioggia del cavalcatore <strong>di</strong> nuvole,<br />

rugiada che i cieli versano per lei,<br />

pioggia che versano per lei le stelle» (KTU 1.3 II 38-41).<br />

Come la pioggia in questo testo antico, così anche la rugiada viene dal cielo, anch’essa forse<br />

proviene dalle stelle, e come minuscoli frammenti <strong>di</strong> stelle br<strong>il</strong>la sui campi catturando le<br />

prime luci dell’alba.<br />

Ecco allora, nel nostro salmo, l’immagine della rugiada nella luce dell’aurora, con tutta la<br />

sua carica <strong>di</strong> mistero e <strong>di</strong> vita rinnovata, che fa pensare alla <strong>di</strong>vina «rugiada luminosa», <strong>di</strong> cui<br />

si parla nella cosiddetta «Apocalisse <strong>di</strong> Isaia», che feconda la terra e le permette <strong>di</strong> generare a<br />

nuova vita i suoi morti.<br />

Il testo, particolarmente suggestivo, recita:<br />

«Ma <strong>di</strong> nuovo vivranno i tuoi morti,<br />

risorgeranno i loro cadaveri.<br />

Si sveglieranno ed esulteranno<br />

quelli che giacciono nella polvere,<br />

perché la tua rugiada è rugiada luminosa,<br />

20 Sul fenomeno, cfr. M. DAHOOD, A New Metrical Pattern in Biblical Poetry, in CBQ 29 (1967) 574-579.


274 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il trionfo del Re Messia (Sal 110)<br />

la terra darà alla luce le ombre» (Is 26,19).<br />

Tale immagine è applicata alla «gioventù» del re, cioè alla sua giovinezza, che sembra quasi<br />

bagnarlo come rugiada e che egli sperimenta in quel rinnovamento <strong>di</strong> forze e <strong>di</strong> energie che<br />

accompagna la rugiada della bene<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>vina.<br />

Ma quella «gioventù» del re può anche essere l’insieme <strong>dei</strong> suoi giovani, i soldati che accorrono,<br />

pronti a combattere per lui. In questa linea, l’immagine benefica e vivificante della<br />

rugiada assume anche connotazioni più specificamente m<strong>il</strong>itari, come nel caso <strong>di</strong> 2Sam 17,12,<br />

in cui Cusai consiglia ad Assalonne <strong>di</strong> radunare l’esercito e piombare addosso a Davide «come<br />

la rugiada cade sul suolo», dunque con la stessa rapi<strong>di</strong>tà, con lo stesso s<strong>il</strong>enzio, nello stesso<br />

impreve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e e inarrestab<strong>il</strong>e modo con cui la rugiada, nel suo mistero, ricopre <strong>di</strong> notte la<br />

terra.<br />

v. 4 - Con <strong>il</strong> v. 4 si ripropone un nuovo oracolo, in cui al re viene conferita <strong>di</strong>gnità sacerdotale,<br />

con riferimento alla figura <strong>di</strong> Melchisedek, <strong>il</strong> re <strong>di</strong> Salem che aveva offerto pane e vino e<br />

benedetto Abramo dopo la campagna per la liberazione <strong>di</strong> Lot (cfr. Gen 14).<br />

Si tratta <strong>di</strong> un episo<strong>di</strong>o misterioso, in cui l’elemento della bene<strong>di</strong>zione è legato alla vittoria<br />

m<strong>il</strong>itare. Abramo, che aveva ricevuto la promessa della bene<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>vina connessa con<br />

l’inverosim<strong>il</strong>e prospettiva <strong>di</strong> un’impossib<strong>il</strong>e <strong>di</strong>scendenza, ora riceve la bene<strong>di</strong>zione dal re sacerdote<br />

Melchisedek, dopo aver combattuto e salvato <strong>il</strong> nipote Lot, suo <strong>di</strong>scendente da parte<br />

del fratello morto Aram.<br />

L’enigma <strong>di</strong> questo episo<strong>di</strong>o si fa <strong>di</strong> ancor più <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e decifrazione nel suo inserimento<br />

all’interno del nostro salmo, dove comunque sembra aprirsi ad una certa visione teocratica in<br />

cui potere regale e potere sacerdotale vengono a convergere 21 .<br />

L’elemento della vittoria sembra giocare un ruolo importante, e con esso l’esplicita promessa<br />

<strong>di</strong> eternità, solitamente connessa con la bene<strong>di</strong>zione della <strong>di</strong>scendenza (cfr. 2Sam 7,8-<br />

16; Sal 89,20-39). In tal modo, <strong>il</strong> re è per sempre costituito sacerdote, me<strong>di</strong>atore del <strong>di</strong>vino<br />

presso quel popolo che Dio stesso gli ha affidato.<br />

vv. 5-7 - Nella relazione tra Dio e <strong>il</strong> re si opera ora un’inversione spaziale: è <strong>il</strong> Signore<br />

adesso ad essere alla destra del suo eletto. Se sedersi alla destra <strong>di</strong> Dio era per <strong>il</strong> re segno <strong>di</strong><br />

prestigio inarrivab<strong>il</strong>e, ora lo stare <strong>di</strong> Dio alla destra del re è segno <strong>di</strong> protezione (cfr. Sal 16,8;<br />

109,31; 121,5).<br />

In battaglia è con la destra che si combatte, mentre con la sinistra si regge lo scudo per proteggersi.<br />

E se si accorre in aiuto <strong>di</strong> qualcuno in pericolo e si ingaggia battaglia per lui, questi<br />

va tenuto alla propria sinistra mentre con la destra si affronta l’avversario. Che <strong>il</strong> re abbia Dio<br />

alla propria destra vuol dunque <strong>di</strong>re che Dio sta combattendo per lui e che lo <strong>di</strong>fende da ogni<br />

pericolo.<br />

Il re è perciò sicuro della vittoria, che nel salmo viene proclamata come certa. In un’alternanza<br />

<strong>di</strong> verbi al perfetto e al futuro, si apre la visione del trionfo del re su tutti i nemici che<br />

dovrà affrontare 22 . Nel «giorno dell’ira», che è insieme quella <strong>di</strong> Dio e quella del suo eletto, <strong>il</strong><br />

sovrano vittorioso schiaccia ed um<strong>il</strong>ia re e capi, opera <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio tra le genti, affastella i cadaveri<br />

<strong>dei</strong> nemici sconfitti. Così, in una scena brutale, che plasticamente <strong>di</strong>pinge una vittoria totale<br />

dalle tinte apocalittiche, si preannuncia l’irrime<strong>di</strong>ab<strong>il</strong>e cadere <strong>di</strong> ogni avversario che osi<br />

contrapporsi al re protetto dal Signore.<br />

E in mezzo a tanto sangue, ecco stagliarsi l’immagine del sovrano ora colto in un momento<br />

<strong>di</strong> tregua, forse <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne. Dopo la descrizione della terrificante attività regale <strong>di</strong> morte <strong>dei</strong><br />

21<br />

Sulla figura <strong>di</strong> Melchisedek si veda l’accurata <strong>di</strong>gressione, con ampia bibliografia, <strong>di</strong> G. RAVASI, Salmi,<br />

285-288.<br />

22<br />

I perfetti ut<strong>il</strong>izzati nel testo ebraico possono essere interpretati come «perfetti profetici», che esprimono<br />

una realtà del prossimo futuro con la categoria grammaticale del passato, per significare la certezza dell’evento,<br />

talmente sicuro nel suo acca<strong>di</strong>mento da poter essere espresso come se fosse già avvenuto. Nella nostra traduzione,<br />

abbiamo cercato <strong>di</strong> mantenere questa prospettiva ut<strong>il</strong>izzando la sfumatura <strong>di</strong> indeterminatezza del presente.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il trionfo del Re Messia (Sal 110) 275<br />

vv. 5 e 6, <strong>il</strong> nostro salmo si chiude con l’enigmatica visione del re che beve da un torrente e<br />

alza fiero la testa.<br />

I due elementi, gesto <strong>di</strong> vittoria e <strong>di</strong>ssetarsi al torrente, sono esplicitamente messi in relazione<br />

dalla congiunzione ebraica ‘al kēn, «perciò, per questo», ma <strong>il</strong> senso <strong>di</strong> tale connessione<br />

è <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e decifrazione. In che modo bere dal torrente può essere causa della fierezza vittoriosa<br />

del re? Cosa evoca questa immagine, a cosa è collegato <strong>il</strong> bere da un ruscello, quale può<br />

essere l’allusione soggiacente? Tutte domande davanti a cui non si è in grado <strong>di</strong> dare risposte<br />

chiare: ci si deve limitare ad in<strong>di</strong>care solo alcune possib<strong>il</strong>i linee interpretative.<br />

Un primo elemento <strong>di</strong> cui si può tenere conto è <strong>il</strong> rapporto che sembra intercorrere, secondo<br />

alcuni testi, tra regalità e corsi d’acqua. Così ad esempio, nella storia <strong>di</strong> Davide, <strong>il</strong> sovrano<br />

spodestato viene accolto dai suoi, dopo la rivolta e la morte <strong>di</strong> Assalonne, al fiume Giordano e<br />

lì riconfermato re su Giuda (cfr. 2Sam 19,16.40-42). E nel <strong>libro</strong> <strong>di</strong> Isaia, l’oracolo del profeta<br />

al re Acaz è pronunciato presso un canale d’acqua (cfr. Is 7,3ss).<br />

Ma ancor più significativo è l’episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 1Re 1,32-40, in cui Salomone viene unto re alla<br />

fonte <strong>di</strong> Ghicon 23 . Pur senza necessariamente riferirsi ad un preciso rituale <strong>di</strong> incoronazione<br />

collegato con tale fonte 24 , per <strong>il</strong> quale mancano elementi probanti decisivi, va però segnalata,<br />

nel versetto del nostro salmo, questa connessione tra <strong>il</strong> re e un torrente d’acqua 25 ; connessione<br />

che resta enigmatica, ma che apre la strada ad una riflessione più ampia sulla simbologia<br />

dell’acqua come probab<strong>il</strong>e sfondo interpretativo per <strong>il</strong> nostro versetto.<br />

Nella cultura semitica l’acqua è fondamentale simbolo <strong>di</strong> vita, portatrice in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e <strong>di</strong><br />

fert<strong>il</strong>ità. Essa fa vivere uomini e animali, rende fecon<strong>di</strong> i campi, fa prosperare gli alberi (cfr. Is<br />

44,2-4; Ger 17,5-8; Ez 19,10-11; 31,3-7; Sal 1,3; Gb 14,7-9; ecc.). Dove l’acqua manca, è <strong>il</strong><br />

deserto e la morte, ma dove scorrono i fiumi e la pioggia porta la sua bene<strong>di</strong>zione, lì c’è sovrabbondanza<br />

<strong>di</strong> vita e la terra si trasforma in giar<strong>di</strong>no (cfr. Gen 2,5ss; Is 30,23ss; 41,17-18;<br />

Ez 34,26-27; Os 6,3; Gl 2,21-24; Sal 65,10-14).<br />

Pur con qualche ambiguità, perché l’acqua può anche essere <strong>di</strong>struttiva e devastante quando<br />

troppo abbondante o violentemente irruenta 26 , nell’esperienza d’Israele essa rimane <strong>il</strong><br />

grande dono <strong>di</strong> Dio, che ha fatto miracolosamente vivere <strong>il</strong> popolo nel deserto e lo ricolma <strong>di</strong><br />

beni nella Terra Promessa.<br />

Perciò, nel giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Eden, la ricchezza e la sovrabbondanza <strong>di</strong> vita sono segnalate dai<br />

quattro fiumi che da lì prendono origine (Gen 2,10-14), mormoreggianti corsi d’acqua rallegrano<br />

Gerusalemme (Sal 46,5), e un fiume d’acqua viva esce dal lato destro del tempio e porta<br />

vita, fecon<strong>di</strong>tà e salute nella regione desertica dell’Araba (Ez 47,1-12; cfr. anche Gl 4,18;<br />

Zc 14,8; Ap 22,1-2).<br />

Tanta simbolica forza rigeneratrice sembra tutta racchiusa nella misteriosa frase del nostro<br />

salmo in cui <strong>il</strong> re trionfatore beve alla fonte zamp<strong>il</strong>lante della vita.<br />

D’altra parte, proprio questa bas<strong>il</strong>are esperienza antropologica dell’acqua come in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e<br />

all’esistenza ne permette la comprensione nel suo rapporto ad ogni attività umana ed in<br />

particolare a quella così impegnativa e faticosa della guerra. Il re che beve al torrente è <strong>il</strong> re<br />

23<br />

Cfr. anche 1Re 1,9-11 a proposito del fallito tentativo <strong>di</strong> Adonia <strong>di</strong> autoproclamarsi re, durante <strong>il</strong> quale viene<br />

fatto un sacrificio presso la fonte Roghel.<br />

24<br />

Secondo alcuni autori, <strong>il</strong> v. 7 farebbe riferimento a un cerimoniale <strong>di</strong> incoronazione del re che prevedeva<br />

una processione alla fonte a cui <strong>il</strong> re si abbeverava per trarne simbolicamente forza rigeneratrice e purificatrice.<br />

Si veda al proposito, tra gli altri, J. DE SAVIGNAC, Essai d’interprétation, 133-135; A. WEISER, Salmi, 766-767;<br />

A. MAILLOT - A. LELIÈVRE, Psaumes, 84.<br />

25<br />

Meno appropriata ci sembra la lettura fatta da alcuni autori che vedono nel torrente un’allusione non<br />

all’acqua ma al sangue <strong>dei</strong> nemici, versato a fiumi dal re vittorioso (cfr. Nm 23,24; Is 49,26; Ez 39,17-19). Si veda<br />

in proposito J. BECKER, Zur Deutung von Ps 110,7.<br />

26<br />

Si pensi ad esempio al racconto del d<strong>il</strong>uvio (Gen 6–9), all’esperienza devastante dello straripare <strong>dei</strong> fiumi e<br />

delle inondazioni, che possono <strong>di</strong>ventare anche metafora per l’irrompere e <strong>il</strong> d<strong>il</strong>agare <strong>di</strong> nemici (cfr. Is 8,7-8;<br />

17,12-13; 28,17; 30,28; Ger 46,7-8; 47,2; Sal 32,6; 124,4-5), o ancora al fenomeno <strong>dei</strong> wa<strong>di</strong> del deserto, che al<br />

tempo delle piogge si trasformano in torrenti impetuosi che tutto travolgono (cfr. Gb 6,15-17; Sal 126,4).


276 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il trionfo del Re Messia (Sal 110)<br />

che ha duramente combattuto e vinto; e ora, l’offrirsi gratuito dell’acqua <strong>di</strong> un ruscello gli<br />

giunge come dono imprescin<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e per trovare ristoro, acquistare nuova energia e sentirsi come<br />

rinascere.<br />

Questa essenzialità dell’acqua in rapporto al combattimento è spesso sottolineata nei testi<br />

biblici. Si pensi, ad esempio, all’episo<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> pro<strong>di</strong> <strong>di</strong> Gedeone scelti per <strong>il</strong> modo in cui bevevano<br />

(Gdc 7,4ss), alla sete <strong>di</strong> Sansone dopo <strong>il</strong> massacro <strong>dei</strong> F<strong>il</strong>istei (Gdc 15,18-19), all’acqua<br />

promessa da Eliseo all’esercito nella guerra contro Moab (2Re 3,16-20). Anche alcuni episo<strong>di</strong><br />

della storia <strong>di</strong> Davide sono significativi: <strong>il</strong> fermarsi al torrente <strong>dei</strong> suoi uomini sfiniti durante<br />

la campagna contro gli Amaleciti (1Sam 30,9-10) e l’acqua data all’Egiziano spossato da tre<br />

giorni <strong>di</strong> <strong>di</strong>giuno (1Sam 30,11-12), <strong>il</strong> desiderio del re <strong>di</strong> bere l’acqua <strong>di</strong> Betlemme durante una<br />

guerra coi F<strong>il</strong>istei (2Sam 23,15-17), e poi ancora la brocca sottratta a Saul insieme alla lancia<br />

(1Sam 26,12), i due strumenti in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>i al guerriero, la brocca dell’acqua per vivere e la<br />

lancia per combattere ed uccidere.<br />

Nel complesso mosaico <strong>di</strong> allusioni <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e versetto va infine ricordata, come ultimo<br />

tassello, la figura <strong>di</strong> Elia che all’inizio della sua missione, dopo aver annunciato la siccità<br />

che fa morire, vive mangiando <strong>il</strong> cibo portato dai corvi e bevendo dal torrente (cfr. 1Re 17,1-<br />

6) 27 . Il profeta, che con la sua parola apre e chiude i cieli, comincia la sua missione nella ra<strong>di</strong>cale<br />

precarietà <strong>di</strong> chi, nell’obbe<strong>di</strong>enza, vive del dono <strong>di</strong> Dio giorno dopo giorno, senza riserve<br />

per <strong>il</strong> domani, in totale abbandono. La sua esistenza <strong>di</strong>pende da una parola <strong>di</strong>vina a cui i corvi<br />

obbe<strong>di</strong>scono come obbe<strong>di</strong>sce <strong>il</strong> torrente e come poi, nello stesso fiducioso abbandono, obbe<strong>di</strong>rà<br />

la vedova che con la sua acqua e la sua farina farà vivere l’uomo <strong>di</strong> Dio quando <strong>il</strong> torrente<br />

si sarà <strong>di</strong>sseccato (cfr. 1Re 17,7ss).<br />

Alla luce <strong>di</strong> tutto questo, ecco dunque prof<strong>il</strong>arsi la visione regale dell’Unto del Signore<br />

che, portatore della missione <strong>di</strong>vina e ad essa obbedendo, beve al torrente dopo la grande battaglia<br />

e nell’esaltazione della vittoria alza la testa in un trionfo <strong>di</strong> nuova forza e <strong>di</strong> vita rigenerata.<br />

4. IL COMPIMENTO NEOTESTAMENTARIO<br />

Il nostro salmo è largamente presente nel Nuovo Testamento che più volte ut<strong>il</strong>izza, citandoli<br />

o almeno alludendovi, <strong>il</strong> versetto 1 28 e <strong>il</strong> versetto 4 29 . Nella prospettiva neotestamentaria, <strong>il</strong><br />

re vincitore celebrato nel suo trionfo e nella visione esaltante della sua intronizzazione, trova<br />

<strong>il</strong> suo compimento ultimo nel Signore Gesù. Egli è <strong>il</strong> re definitivo, <strong>il</strong> Messia atteso e finalmente<br />

giunto per la salvezza <strong>di</strong> tutti, glorificato dal Padre ed assunto in cielo alla sua destra<br />

(cfr. Mt 22,41-46 e parr.; 26,63-64 e parr.; Mc 16,19). Ed egli è <strong>il</strong> definitivo ed eterno sacerdote<br />

costituito da Dio a somiglianza <strong>di</strong> Melchisedek, superiore ad ogni altro perché «santo, innocente,<br />

senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli» (Eb 7,26).<br />

Gesù, risorto e innalzato alla destra <strong>di</strong> Dio, è stato costituito Signore e ha effuso lo Spirito<br />

ricevuto dal Padre, lui che era stato <strong>di</strong>sprezzato e crocifisso (cfr. At 2,32-36). Nel suo innalzamento,<br />

è stato fatto superiore agli angeli (cfr. Eb 1,3-4.13); risuscitato da Dio e fatto sedere<br />

nei cieli, Cristo è stato posto al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> ogni principato e potestà, e tutto è stato sottomesso<br />

ai suoi pie<strong>di</strong>, così che in lui si manifesti la sovrabbondante grandezza della potenza <strong>di</strong> Dio<br />

verso i credenti (cfr. Ef 1,19-23). «Autore e perfezionatore della fede», invece della gioia accoglie<br />

la croce e perciò viene esaltato alla destra del trono <strong>di</strong>vino (cfr. Eb 12,2).<br />

La sua intercessione libera dalla condanna (cfr. Rm 8,34), ed è intercessione efficace. Cristo<br />

infatti è <strong>il</strong> nuovo sommo sacerdote assiso alla destra <strong>di</strong> Dio (cfr. Eb 8,1; 10,12-13), <strong>il</strong> cui<br />

27<br />

La frase riferita ad Elia, «egli beveva al torrente», è sostanzialmente identica a quella usata per <strong>il</strong> re nel nostro<br />

salmo.<br />

28<br />

Cfr. Mt 22,44 (// Mc 12,36; Lc 20,42-43); Mt 26,64 (// Mc 14,62; Lc 22,69); Mc 16,19; At 2,33-35; Rm<br />

8,34; 1Cor 15,25; Ef 1,20-23; Col 3,1; Eb 1,3.13; 8,1; 10,12-13; 12,2; 1Pt 3,22.<br />

29<br />

Cfr. Eb 5,5-6.10; 6,20 e tutto <strong>il</strong> c. 7.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il trionfo del Re Messia (Sal 110) 277<br />

sacrificio è perfetto, fatto una volta per tutte (cfr. Eb 7,27; 10,10-14), in un’oblazione totale<br />

che apre definitivamente agli uomini la via della salvezza. Egli, «pur essendo Figlio, imparò<br />

tuttavia l’obbe<strong>di</strong>enza dalle cose che patì e, reso perfetto, <strong>di</strong>venne causa <strong>di</strong> salvezza eterna per<br />

tutti coloro che gli obbe<strong>di</strong>scono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote alla maniera<br />

<strong>di</strong> Melchisedek» (Eb 5,8-10).<br />

Nel Signore Gesù, dunque, l’intronizzazione e la vittoria del re sacerdote cantate nel nostro<br />

salmo giungono a compimento. Il male è sconfitto e la vita può trionfare e manifestarsi in tutta<br />

la sua pienezza.<br />

Così, in Gesù morto e risorto si rivela <strong>il</strong> senso ultimo della vera regalità che viene da Dio:<br />

un potere che si esercita nel servizio e nella mitezza, una potestà <strong>il</strong>limitata che sceglie però i<br />

cammini angusti e <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i dell’obbe<strong>di</strong>enza e della morte. Ed è proprio nella morte che <strong>il</strong> Messia<br />

è definitivamente re, intronizzato sul legno, esaltato alla destra del Padre nella gloria <strong>di</strong><br />

un’ascensione che già si realizza nell’innalzamento della croce sul Golgota (cfr. Gv 12,31-33).<br />

Perciò, per capire la vera vittoria che Dio offre al suo Unto e realizza per mezzo <strong>di</strong> lui, bisogna<br />

guardare al mistero pasquale e saper riconoscere già nelle tenebre del Calvario la luce<br />

risorta del «primo giorno dopo <strong>il</strong> sabato». Poiché <strong>il</strong> decisivo trionfo operato sui nemici, posti<br />

sotto i pie<strong>di</strong> in un’estrema affermazione <strong>di</strong> potenza incontrastata, in realtà coincide con<br />

l’annientamento della morte. Questa è l’ultimo e definitivo nemico da sconfiggere perché <strong>il</strong><br />

trionfo del re sia totale. La vittoria dell’Unto del Signore non si consuma uccidendo gli avversari<br />

ed ammucchiandone i cadaveri, ma lasciandosi uccidere perché la morte muoia e tutti siano<br />

salvi.<br />

Allora, per la «grande nemica» sarà davvero la fine e l’eletto <strong>di</strong> Dio potrà trionfare in tutta<br />

la sua forza. E quando poi tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, <strong>il</strong> re, <strong>il</strong> Figlio, potrà riconsegnare<br />

<strong>il</strong> regno al Padre e a lui sottomettersi. Allora, finalmente, tutto sarà compiuto e Dio<br />

sarà per sempre «tutto in tutti» (cfr. 1Cor 15,24-28).


1. TESTO<br />

IL CREATORE, L’UOMO E L’UNIVERSO (SAL 8) *<br />

1 Per <strong>il</strong> maestro del coro. Sulla Ghittea. Salmo. Di Davide.<br />

2<br />

YHWH, Signor nostro,<br />

(hfm) stupendo è <strong>il</strong> tuo nome su tutta la terra!<br />

YHWH<br />

↓<br />

Voglio adorare la tua maestà (dOh) oltre i cieli ({iyamf$)<br />

3 con bocca <strong>di</strong> bambini e lattanti.<br />

Ti sei costruito una fortezza a causa <strong>dei</strong> tuoi avversari,<br />

per far tacere <strong>il</strong> nemico e <strong>il</strong> ven<strong>di</strong>catore.<br />

4 Se miro i tuoi cieli, opera (he&A(am) delle tue <strong>di</strong>ta,<br />

la luna e le stelle che vi hai fissato...,<br />

5 (hfm) cos’è mai l’uomo da ricordartene, l’uomo<br />

l’essere umano da visitarlo? l’uomo<br />

6 L’hai fatto <strong>di</strong> poco inferiore a Dio,<br />

l’hai coronato <strong>di</strong> gloria e maestà (rfdfh);<br />

7 l’hai reso signore sull’opera (he&A(am) delle tue mani,<br />

tutto hai posto sotto i suoi pie<strong>di</strong>:<br />

8 tutti i greggi e gli armenti<br />

insieme alle bestie selvatiche;<br />

9 gli uccelli del cielo ({iyamf$) e i pesci del mare<br />

che percorrono le vie dell’acqua.<br />

10<br />

YHWH, Signor nostro,<br />

(hfm) stupendo è <strong>il</strong> tuo nome su tutta la terra!<br />

YHWH<br />

2. DIMENSIONE LETTERARIA<br />

2.1. MATRICE IDEOLOGICA E STRUTTURA LETTERARIA<br />

La deliziosa inquadratura notturna del salmo non è da leggere e gustare in chiave romantico-psicologica.<br />

Il poeta non è un «uomo della notte» (Duplacy) né <strong>il</strong> suo è un canto ossianesco<br />

sui misteri e <strong>il</strong> fascino delle tenebre, a cui fanno da contrappunto le stelle. Il Sal 8 è e resta<br />

un inno che esalta YHWH, <strong>il</strong> vero protagonista a cui si in<strong>di</strong>rizzano gli insistenti aggettivi possessivi<br />

<strong>di</strong> seconda persona («tuo», «tuoi») e <strong>il</strong> soggetto «tu» <strong>dei</strong> verbi («hai gettato», «hai fissato»,<br />

«te ne ricor<strong>di</strong>», «ti curi», «hai fatto», «hai coronato», «hai dato», «hai posto»). L’impostazione<br />

è, però, triangolare e, pur avendo come protagonista Dio, ha come metro <strong>di</strong> verifica<br />

l’uomo, che è posto in connessione, oltre che con Dio, anche col cosmo. In presenza della<br />

creazione nasce l’eterno interrogativo: che cos’è l’uomo nell’infinito? La prima risposta spontanea<br />

parla <strong>di</strong> nullità, <strong>di</strong> sproporzione, ma non solo rispetto all’immensità spaziale <strong>dei</strong> cieli e<br />

delle costellazioni, quanto piuttosto rispetto alla maestà del Creatore. Il cielo, infatti, è «tuo»,<br />

«opera delle tue <strong>di</strong>ta», luna e stelle sono state «da te fissate» (v. 4). La finezza<br />

dell’espressione «opera delle tue <strong>di</strong>ta» (non si usa l’espressione tra<strong>di</strong>zionale «opera delle tue<br />

mani» come nel v. 7) accentua <strong>il</strong> contrasto con le gigantesche <strong>di</strong>mensioni della volta stellare,<br />

sulla quale passano i «luminari» del giorno e della notte (Gen 1,6-7). Quest’opera colossale<br />

Dio l’ha plasmata con la leggerezza <strong>di</strong> un ricamo o <strong>di</strong> un cesello, con la raffinatezza dell’artista<br />

che fa scorrere le sue <strong>di</strong>ta sulle corde d’un’arpa. Eppure, in questo cielo, gli astri sono<br />

«fissati», hanno una stab<strong>il</strong>ità inattaccab<strong>il</strong>e, una rigida struttura <strong>di</strong> leggi che ne regolano le circonvoluzioni.<br />

Il pensiero, perciò, più che alla perfezione, alla magnificenza e al ritmo<br />

* G. RAVASI, Il <strong>libro</strong> <strong>dei</strong> Salmi. Commento e attualizzazione, I, Bologna 1981, 177-203.<br />


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il creatore, l’uomo e l’universo (Sal 8) 279<br />

dell’universo, corre alla fedeltà, alla potenza e allo splendore del Signore, intuiti nella sua<br />

opera e con la sua opera.<br />

La prima reazione del confronto triangolare è perciò <strong>di</strong> sgomento, anche perché <strong>il</strong> termine<br />

<strong>di</strong> confronto non è solo una creatura, sia pur titanica, ma <strong>il</strong> Creatore stesso. L’uomo si scopre<br />

nella sua essenzialità fatta <strong>di</strong> limite, senza le sovrastrutture che <strong>il</strong> suo orgoglio ad essa impone.<br />

Egli è «mortale», come si vedrà nell’analisi del v. 5, è «figlio dell’uomo», è figlio della polvere<br />

da cui è stato tratto e a cui è destinato (Gen 3,19). Ma lo stupore raggiunge <strong>il</strong> suo vertice<br />

quando ci si accorge del vero pro<strong>di</strong>gio: quel Dio sconfinatamente superiore e <strong>di</strong>verso «si ricorda»<br />

e «si cura» dell’uomo (v. 5), realtà debole e microscopica. La grandezza dell’uomo è<br />

scoperta dal <strong>salmi</strong>sta proprio attraverso la tenerezza e la fedeltà che Dio adotta nei suoi confronti:<br />

quella nullità, quell’es<strong>il</strong>e realtà che è l’uomo, si trasforma in una creatura gran<strong>di</strong>osa e<br />

insuperab<strong>il</strong>e. La <strong>di</strong>gnità dell’uomo viene, così, raffrontata con quella <strong>di</strong>vina in un’ar<strong>di</strong>tissima<br />

contrapposizione (vv. 6ss). L’uomo, «immagine <strong>di</strong> Dio» (Gen 1,26-27), è re dell’universo,<br />

«coronato <strong>di</strong> gloria», cioè dello stesso splendore della maestà <strong>di</strong>vina che Salomone non oserà<br />

neppure domandare (1Re 3,13). Egli porta anche <strong>il</strong> <strong>di</strong>adema dell’«onore» costituito da tutto <strong>il</strong><br />

fascino, la magnificenza e la forza che si possano sognare. Il suo dominio sul creato non conosce<br />

confini come suggerisce <strong>il</strong> riecheggiare dell’aggettivo «tutto» che raccoglie sotto <strong>il</strong> potere<br />

umano la totalità del cosmo (vv. 7-8).<br />

A questo punto è possib<strong>il</strong>e intravedere nella stessa matrice ideologica del carme la struttura<br />

della composizione. L’invitatorio, classico nel modulo innico, è sostituito da un’inclusione<br />

(vv. 2 e 10), composta da un’acclamazione antifonale: «O YHWH, nostro Signore, quanto è<br />

glorioso <strong>il</strong> tuo Nome su tutta la terra!» (cfr. Sal 65,2) 1 . Segue <strong>il</strong> corpus dell’inno de<strong>di</strong>cato al<br />

Dio creatore che vince <strong>il</strong> caos (v. 3), che plasma <strong>il</strong> cosmo (v. 4) e quel capolavoro che è l’uomo<br />

(vv. 5-6) a cui affida una relazione <strong>di</strong> gestione col creato (vv. 7-9).<br />

In questa lirica si intravede un <strong>di</strong>ttico ben architettato: due parti (vv. 2b-5 e vv. 6-9) che seguono<br />

un andamento progressivo e contrapposto, in modo da offrire una struttura chiastica. Si<br />

parte dalla considerazione dell’universo, contrapponendo alla sua immensità e stab<strong>il</strong>ità la piccolezza<br />

e la lab<strong>il</strong>ità dell’uomo. Un’altra contrapposizione sottolinea subito la particolare pred<strong>il</strong>ezione<br />

che Dio ha per l’uomo, nel renderlo intelligente, spirituale e padrone <strong>di</strong> tutti gli esseri<br />

animati. In forma plastica, <strong>il</strong> movimento è:<br />

vv. 2b-5 universo uomo<br />

vv. 6-9 uomo universo<br />

E la struttura sarebbe questa:<br />

Antifona d’inclusione (v. 2a): acclamazione al Nome.<br />

A. Prima scena cosmica: l’onnipotenza <strong>di</strong>vina e l’uomo (vv. 2b-5).<br />

B. Seconda scena cosmica: <strong>il</strong> potere umano e Dio (vv. 6-9).<br />

Antifona d’inclusione (v. 10): acclamazione al Nome.<br />

2.2. I PARADIGMI SIMBOLICI DEL SALMO<br />

L’analisi simbolica del carme avrà i suoi dettagli nell’esegesi. Per ora ci accontentiamo <strong>di</strong><br />

offrire una guida schematica che raccolga i molteplici para<strong>di</strong>gmi su cui i simboli sono <strong>di</strong>stribuiti.<br />

Ne possiamo or<strong>di</strong>nare sette.<br />

1. Simbolismo cosmico. È dominante e avvolge l’intera composizione. Comprende «i cieli»,<br />

«la terra», «<strong>il</strong> mare», l’asse verticale cielo-terra, l’asse dell’uomo dominatore che ha «sotto<br />

i suoi pie<strong>di</strong>» ogni cosa (v. 7). C’è anche una dualità spaziale. Nel cielo: <strong>il</strong> settore degli astri<br />

e quello degli uccelli. Nella terra: l’uomo e gli animali che sono collocati «sotto» a lui (vv. 4 e<br />

7). Nell’arco temporale: <strong>il</strong> notturno (v. 4) suppone implicitamente <strong>il</strong> giorno. Fondamentale è la<br />

1 Dahood ha voluto ritrovare l’invitatorio, nel v. 2b, nella famosa crux interpretum del TM ’ašer tenah, da lui<br />

letta come un imperfetto energico del piel <strong>di</strong> šeret, «adorare»: «Voglio adorare la tua maestà». L’invito sarebbe<br />

preceduto da un’esclamazione, caso che non ha paralleli nell’AT.


280 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il creatore, l’uomo e l’universo (Sal 8)<br />

volta celeste, probab<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> «baluardo» del v. 3 e i cieli del v. 4: essi sono tuoi, cioè la sfera<br />

<strong>di</strong> Dio e l’ambito nel quale più si riflette <strong>il</strong> suo mistero. «I cieli sono i cieli <strong>di</strong> YHWH, la terra<br />

ha dato ai figli dell’uomo» (Sal 115,16). I «cieli» sono <strong>di</strong>stribuiti in tre punti strategici del<br />

salmo: in apertura (v. 2b), al centro (v. 4) e in finale (v. 9).<br />

2. Attori. I personaggi che appaiono come agenti sono YHWH, gli ’ e lōhîm (esseri <strong>di</strong>vini o<br />

angeli del v. 6), l’uomo e gli animali. Se la natura e <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Dio sono esaltati già nel ritornello<br />

<strong>dei</strong> vv. 2 e 10, l’uomo, che «è la vera meraviglia dell’universo..., ha in sé un’immagine<br />

<strong>di</strong> Dio sfigurata ma non <strong>di</strong>strutta» (Kirkpatrick). Egli è ’enoš, cioè «frag<strong>il</strong>e e debole» (Sal<br />

103,15; Is 51,12; Gb 14,1), ma è più vicino alla <strong>di</strong>vinità che non all’animalità <strong>di</strong>versamente da<br />

quanto afferma <strong>il</strong> Sal 36,7 («uomini e bestie tu salvi, YHWH»). «L’uomo è immagine e gloria<br />

<strong>di</strong> Dio» (1Cor 11,7; Gc 3,9). Gli animali, invece, sono legati alla prigione dello spazio tripartito<br />

(terra, cielo, mare).<br />

3. Simbolismo dello splendore-onore. Il nome <strong>di</strong> Dio è ’addîr, «gran<strong>di</strong>oso, glorioso, meraviglioso»<br />

(v. 2), un attributo classico della regalità <strong>di</strong>vina, presente 25 volte nell’AT (Es<br />

15,10; Ger 14,4; Ez 17,23; Sal 76,5; 93,4), attestato in ugaritico (’adr) e in fenicio (’dr). Sua<br />

caratteristica è hôd, la «maestà» (v. 2), lo splendore che egli <strong>di</strong>spiega nei cieli (Sal 19 e 104).<br />

Ma anche l’uomo è coronato <strong>di</strong> «gloria e onore» (v. 6), un’attribuzione regale propria <strong>di</strong> Dio<br />

(Sal 29,1; 104,1) e del re (Sal 21,6). La partecipazione alla realtà <strong>di</strong> Dio non è più prerogativa<br />

regale, ma è «democratizzata»: «lo splendore della tua gloria» (Sal 145,5) è ora trasferito anche<br />

nel frag<strong>il</strong>e «Adamo». L’idea era ironicamente sv<strong>il</strong>uppata anche in Gb 40,10, in cui Dio si<br />

rivolgeva a Giobbe <strong>di</strong>cendogli: «Bárdati pure <strong>di</strong> maestà e <strong>di</strong> grandezza, rivestiti pure <strong>di</strong> splendore<br />

e <strong>di</strong> gloria!». Per quel poeta, la gloria e la maestà <strong>di</strong>vina (hôd - hadar), qualora venissero<br />

arrogate a sé dall’uomo, si ridurrebbero solo alla prima coppia citata da Giobbe, «orgoglio e<br />

superbia» (gà’ôn e gôbah). La «teofania» umana è impossib<strong>il</strong>e, è solo una caricatura <strong>di</strong> quella<br />

<strong>di</strong>vina. Per <strong>il</strong> poeta del Sal 8, invece, la partecipazione allo splendore <strong>di</strong> Dio è possib<strong>il</strong>e, perché<br />

è offerta da Dio stesso alla sua creatura-principe.<br />

4. Simbolismo somatico. Ecco innanzitutto la delicata e deliziosa evocazione delle «<strong>di</strong>ta»<br />

<strong>di</strong> Dio (v. 4), in contrasto con le colossali opere risultanti. Dio è un artista raffinato, ma è anche<br />

un operatore attivo: ecco le sue «mani» (v. 7) che plasmano tutti gli esseri viventi. Dell’uomo<br />

è rappresentata invece la bocca (v. 3), che è balbettante, come quella <strong>dei</strong> lattanti, davanti<br />

al mistero <strong>di</strong> Dio e del cosmo. Dell’uomo è, però, ricordato anche <strong>il</strong> «piede» (v. 7), segno<br />

<strong>di</strong> trionfo. Egli è come un re che pone sotto i suoi pie<strong>di</strong> <strong>il</strong> capo delle sue vittime (Sal<br />

18,39).<br />

5. Simbolismo <strong>di</strong>namico. Otto sono le azioni <strong>di</strong> Dio <strong>di</strong>stribuite lungo due sequenze. La<br />

prima comprende <strong>il</strong> «gettare» (jsd) le fondamenta della calotta celeste (v. 3) e <strong>il</strong> «collocare in<br />

modo stab<strong>il</strong>e» (kwn) i sistemi astrali (v. 4): traduceva suggestivamente Delitzsch con «herstellen<br />

und aufstellen». La seconda serie <strong>di</strong> verbi è, invece, personale e in<strong>di</strong>rizzata all’uomo: «ricordare»,<br />

«curare» (v. 5), «renderlo poco meno <strong>di</strong> un essere <strong>di</strong>vino», «coronarlo» (v. 6), «dargli<br />

la signoria» e «porre» sotto i suoi pie<strong>di</strong> (v. 7). All’azione cosmica generale si oppone la<br />

premura dettagliata nei confronti dell’uomo (Ger 15,15; Sal 144,3; Gb 7,17-18), che culmina<br />

nella solenne incoronazione e investitura <strong>dei</strong> vv. 6-7 (Sal 110,1).<br />

6. Tipologia umana. Si tratta <strong>di</strong> sette vocaboli <strong>di</strong>stribuiti in tre classi. La prima raccoglie le<br />

due espressioni de<strong>di</strong>cate ad <strong>il</strong>lustrare la frag<strong>il</strong>ità (’enôš) e la «terrenità» (’adam) umana (v. 5).<br />

’Enôš proviene dalla ra<strong>di</strong>cale che in<strong>di</strong>ca «essere malaticcio», «decrescere e decadere» (in acca<strong>di</strong>co<br />

enušu; cfr. 2Sam 12,15), la cui forma participiale (’anûš) significa «incurab<strong>il</strong>e» (Ger<br />

17,9; 30,15). Il termine poetico può essere, perciò, reso con «mortale» (Sal 90,3; 103,15; Gb<br />

7,17; Is 51,12) e ha senso collettivo, l’umanità in generale. Un senso analogo ha ben ’adam,<br />

«figlio d’uomo», colui che viene dalla terra e ad essa ritorna (Gen 2,7; 3,19; Qo 3,20; 12,7).<br />

La tipologia umana raccolta in queste due espressioni esalta, come si è detto, <strong>il</strong> limite creaturale.<br />

Una seconda classe <strong>di</strong> vocaboli parla <strong>di</strong> «fanciulli» (lett. «chi gioca») e <strong>di</strong> «lattanti» (v. 3)<br />

a cui si oppone la terza classe, quella dell’«oppositore», del «nemico», del «ven<strong>di</strong>catore»: co-


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il creatore, l’uomo e l’universo (Sal 8) 281<br />

storo, anziché lodare, si ribellano a Dio. L’interpretazione della terza classe degli avversari è,<br />

come si vedrà, oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione. Ribellione e lode salgono ininterrottamente verso <strong>il</strong> cielo.<br />

Con un giuoco <strong>di</strong> parole, Alonso Schökel, in una sua nota a questo salmo, sintetizza così le<br />

due coppie antitetiche: «homo puer<strong>il</strong>is, puer humanus; homo host<strong>il</strong>is, hostis inhumanus».<br />

7. La simbolica del Nome. Nell’esclamazione che «include» <strong>il</strong> salmo (vv. 2 e 10), <strong>il</strong> Nome<br />

costituisce l’elemento più specifico della lode. Il Nome è la persona stessa <strong>di</strong> Dio annunciata e<br />

proclamata, è una specie <strong>di</strong> ipostasi <strong>di</strong> Dio trascendente, attraverso la quale egli si rivela e si<br />

comunica all’uomo (ve<strong>di</strong> le categorie «sapienza», «parola», «spirito»). Il Nome è confessato<br />

innanzitutto nel tempio, là v’è la sorgente <strong>di</strong> ogni lode. Ma ora la liturgia è cosmica («tutta la<br />

terra») e <strong>il</strong> Nome è proclamato in tutto <strong>il</strong> creato. La dea Iside aveva dovuto tentare un complotto<br />

per impossessarsi del nome santo del <strong>di</strong>o solare Ra (ANET, p. 126), così da poterne<br />

dominare e manipolare l’efficacia. Il nome <strong>di</strong>vino YHWH è, invece, rivelato per amore ad<br />

Israele (Es 3) e risuona ora in tutto <strong>il</strong> cosmo. Accanto al nome specifico YHWH si colloca anche<br />

<strong>il</strong> titolo piuttosto raro ’adonênû, «Signore nostro», spesso allegato come prova per la cronologia<br />

tarda del Sal 8, essendo presente solo in testi post-es<strong>il</strong>ici (Sal 135,5; 147,5; Ne 8,10;<br />

10,30). ’Adôn, «signore», è applicato nella Bibbia a quattro persone <strong>di</strong>verse: al padrone (Sal<br />

12,4), al marito (Sal 45,12), al re (Sal 110,1), a Dio (Sal 114,7), che è spesso invocato come<br />

’adonai, un plurale intensivo (lett. «signorie mie»), «Signore mio», o anche come «Signore<br />

<strong>dei</strong> signori» (Dt 10,17) 2 . L’uso del pronome possessivo, «nostro», unito a «Signore», riflette<br />

lo st<strong>il</strong>e curiale (1Sam 25,14.17; 1Re 1,11.43.47) e solenne: «Signore nostro» è un titolo regale,<br />

applicato al re per eccellenza, assiso nella sua corte celeste (Sal 93,1; 104,2; 113,4; 148,13).<br />

Esso apre <strong>il</strong> salmo al canto corale e liturgico, e forse si potrebbe trattare d’un’antifona aggiunta<br />

alla lirica per renderla adatta al canto comunitario (ve<strong>di</strong> Mowinckel, Cazelles, Mannati).<br />

Anzi, per Podechard e Duplacy saremmo in presenza sicuramente <strong>di</strong> un’acclamazione cultica<br />

estranea al poema, ad esso aggregata da parte <strong>dei</strong> liturgisti del tempio post-es<strong>il</strong>ico.<br />

Il nome dell’uomo, come si è visto, è ben più modesto e debole: ’enoš e ben-’adam. Eppure<br />

anch’egli riceve da Dio una <strong>di</strong>gnità parallela a quella del sommo ’adôn, «signore». Nel v. 7<br />

lo si <strong>di</strong>chiara viceré attraverso <strong>il</strong> verbo mašal, «dominare», un termine che ha varie accezioni<br />

(simbolica in Gen 1,18; sessuale in Gen 3,16; morale in Gen 4,7), tra le quali br<strong>il</strong>la quella politica<br />

(«regnare»: Gen 45,8.26; 2Sam 23,3). Ma questo nome d’onore è conferito da un gran<br />

re, come Abramo fa nei confronti <strong>di</strong> Eliezer (Gen 24,2) o <strong>il</strong> faraone nei confronti <strong>di</strong> Giuseppe<br />

(Gen 41,41) o Dio stesso nei riguar<strong>di</strong> del re davi<strong>di</strong>co (Sal 18,39-40; 45,6; 47,4). Se l’uomo<br />

<strong>di</strong>mentica <strong>di</strong> essere un luogotenente, si trasforma in tiranno (mašal ancora). Il titolo, glorioso,<br />

è però ambiguo e rischioso nelle mani dell’uomo: egli può passare da viceré cosmico a tiranno<br />

o<strong>di</strong>oso e borioso. Il parallelismo ora in<strong>di</strong>cato, tra signoria <strong>di</strong>vina e signoria umana, è esaltato<br />

st<strong>il</strong>isticamente anche dalla duplice interrogazione retorico-ammirativa del v. 2 («quant’è...»,<br />

mah...) e del v. 5 («cos’è mai...», mah...): la prima celebra la magnificenza <strong>di</strong>vina, la seconda<br />

la realtà umana. Ed è in questa luce che si comprende perché l’uomo possa arrivare sino alle<br />

soglie <strong>di</strong> un nome a lui impossib<strong>il</strong>e, quello <strong>di</strong> ’ e lōhîm, «Dio» (v. 6).<br />

3. LA COLLOCAZIONE CRONOLOGICA E «VITALE» DEL SALMO<br />

Dovendo trattare della collocazione cronologica e «vitale» del salmo, è tra<strong>di</strong>zione partire<br />

dagli elementi f<strong>il</strong>ologico-lessicali, sui quali dovremo ritornare nella lettura esegetica del testo.<br />

Si tratta, però, spesso <strong>di</strong> in<strong>di</strong>zi frag<strong>il</strong>i. Il tardo ’adonênû, «Signore nostro», ha fatto collegare<br />

<strong>il</strong> salmo all’epoca persiana (Briggs): Morgenstern, confrontando <strong>il</strong> Sal 8 e <strong>il</strong> 19A, giungeva<br />

alla conclusione che <strong>il</strong> secondo fosse da collocare tra <strong>il</strong> 516 e <strong>il</strong> 485 e <strong>il</strong> primo fosse più recente<br />

<strong>di</strong> un secolo. La stessa tematica del salmo, in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> una mentalità matura ed evoluta, indur-<br />

2 I LXX traducono sia YHWH sia ’Adonai con Kyrios; perciò qui hanno un raddoppiamento: Kyrie ho kyrios<br />

hèmôn.


282 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il creatore, l’uomo e l’universo (Sal 8)<br />

rebbe a porre la composizione in epoca recente. Tuttavia von Reventlow, sulla base <strong>dei</strong> giochi<br />

sonori del carme (e in 4a e a/o in 4b, ad es.) e sull’uso delle coppie verbali (vv. 3a. 3c. 6b. 8a.<br />

9a.), spingeva la comparazione verso la letteratura ugaritica alzando la cronologia del salmo.<br />

L’analisi del <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e v. 3 ci presenta elementi cosmologici arcaici. D’altra parte i versetti che<br />

parlano della creazione sembrano conoscere la sequenza <strong>di</strong> Gen 1 (cfr. Sal 104), con esclusione<br />

del motivo della creazione <strong>di</strong> piante e animali che fanno capolino solo in finale nella celebrazione<br />

della signoria dell’uomo (cfr. Gen 1,28ss). Si dovrebbe perciò datare in epoca tarda <strong>il</strong><br />

nostro salmo, come <strong>di</strong>pendente dalla tra<strong>di</strong>zione sacerdotale <strong>di</strong> Gen 1. Ma, al <strong>di</strong> là<br />

dell’inestricab<strong>il</strong>e questione del «chi <strong>di</strong>pende da chi?», si potrebbe anche supporre che entrambi<br />

<strong>di</strong>pendano da un modello generale comune. Infatti dati arcaici del v. 3, espressioni e st<strong>il</strong>emi,<br />

<strong>il</strong> motivo probab<strong>il</strong>e della lotta contro <strong>il</strong> caos (assente in Gen 1) possono ammettere una datazione<br />

abbastanza antica in forma congetturale, mancando riscontri obiettivi decisivi. Questo<br />

non significa che <strong>il</strong> Sal 8 sia «messianico» e da attribuire personalmente a Davide (2Sam 7,19<br />

e 1Sam 18,18), come hanno fatto senza argomentazioni r<strong>il</strong>evanti C. Louis e L. Jacquet. H.<br />

Cazelles pensa a una data interme<strong>di</strong>a tra lo jahvista (X sec.) e <strong>il</strong> sacerdotale (VI sec.) e forse<br />

questa può essere un’ipotesi <strong>di</strong> lavoro. L’importante, comunque, è <strong>il</strong> r<strong>il</strong>evare che la posizione<br />

dell’uomo, nei rapporti col cosmo e con Dio, è già alla base del grande affresco jahvista <strong>di</strong><br />

Gen 2–3.<br />

Ancor più fluida è la determinazione del Sitz-im-Leben <strong>di</strong> nascita del nostro «inno cosmico»<br />

(Deissler). Per alcuni stu<strong>di</strong>osi esso suppone una liturgia notturna, celebrata sotto <strong>il</strong> cielo<br />

mirab<strong>il</strong>mente stellato d’oriente. Nel v. 4, infatti, si menzionano solo la luna e le stelle; <strong>il</strong> Sal<br />

134,1 ricorda la veglia notturna <strong>dei</strong> sacerdoti (Sal 130,6); <strong>il</strong> rito dell’«incubazione» sacra nel<br />

tempio è ben noto in oriente e forse nel salterio (ve<strong>di</strong> Sal 3,6); Is 30,29 ha: «Voi innalzerete <strong>il</strong><br />

vostro canto come nella notte in cui si celebra una festa», e 1Cr 9,33 ricorda che i cantori<br />

«abitavano nelle stanze del tempio perché giorno e notte erano in attività». Per Cazelles, invece,<br />

si tratterebbe più generalmente <strong>di</strong> un canto sacro per <strong>il</strong> servizio sacerdotale nel tempio. Se<br />

è vero che la <strong>di</strong>mensione liturgica è percepib<strong>il</strong>e attraverso l’antifona iniziale e finale (sempre<br />

che non sia un’aggiunta cultica), <strong>il</strong> carme ha <strong>il</strong> marchio <strong>di</strong> una personalità originale ed è opera<br />

<strong>di</strong> un poeta che ha calato nell’inno una vigorosa e personalissima me<strong>di</strong>tazione sull’uomo. Per<br />

questo, pur avendolo de<strong>di</strong>cato al repertorio innico del culto, l’autore non è da ricondurre agli<br />

autori stereotipi dell’innologia liturgica, ma conserva una sua autonomia e originalità.<br />

4. LETTURA ESEGETICA<br />

Prima <strong>di</strong> entrare nel cuore del salmo, dobbiamo dare uno sguardo anche al titolo. Esso contiene<br />

<strong>il</strong> tra<strong>di</strong>zionale riferimento davi<strong>di</strong>co, che è da considerare, più che altro, come un patronato<br />

ideale, <strong>di</strong>versamente da quanto ipotizzavano gli antichi commentatori, i quali immaginavano<br />

qui <strong>il</strong> pastorello Davide rapito nella contemplazione del cielo stellato, in una limpi<strong>di</strong>ssima<br />

notte palestinese. C’è poi <strong>il</strong> riferimento al «maestro del coro» (ve<strong>di</strong> Sal 6) e da ultimo si allega<br />

una misteriosa annotazione su gittît. Una prima interpretazione suppone che si tratti <strong>di</strong> uno<br />

strumento musicale (Sal 81,1 e 84,1), un’arpa f<strong>il</strong>istea costruita a Gat, da cui aveva preso la<br />

denominazione (Dhorme) <strong>di</strong> «ghinea»: «sulla cetra che Davide portò da Gat», commenta <strong>il</strong><br />

Targum. Un’altra ipotesi pensa invece a «un’aria <strong>di</strong> Gat» (Weiser) o a «una melo<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Gat»<br />

(Gunkel), forse una marcia m<strong>il</strong>itare della guar<strong>di</strong>a del corpo f<strong>il</strong>istea assoldata da Davide (2Sam<br />

15,18). Una terza versione si collega ai LXX, che hanno inteso <strong>il</strong> vocabolo come una derivazione<br />

da gat, «frantoio», «torchio» (ve<strong>di</strong> Get-sémani) e hanno proposto la resa «sui torchi»,<br />

adottata da Gerolamo, dalla CEI e, in passato, dai Padri che leggevano <strong>il</strong> titolo in chiave allegorica:<br />

«Ci sono <strong>salmi</strong> “per i torchi”, per la ragione che in essi <strong>il</strong> mistero della passione del<br />

Signore vi fermenta sino a debordarne, come <strong>il</strong> mosto in fermentazione, sotto l’azione dello<br />

Spirito santo» (PL 15, 1799). In realtà si potrebbe pensare a melo<strong>di</strong>e per la vendemmia. La<br />

Bibbia conosce canti per la festa gioiosa della vendemmia (Gdc 9,27; Is 5,1-7; 16,10; Ger


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il creatore, l’uomo e l’universo (Sal 8) 283<br />

25,30), canti del lavoro che erano stati poi adattati alla celebrazione ebraica (e storica) delle<br />

capanne, che era stata fatta coincidere con quella della vendemmia (H. Schmidt, Briggs, Bonkamp).<br />

Anche i greci usavano «canti del torchio», destinati appunto ad accompagnare la vendemmia.<br />

Diffic<strong>il</strong>e è optare tra queste interpretazioni: noi preferiamo la prima <strong>di</strong> tipo più tecnico<br />

e musicale.<br />

4.1. ANTIFONA D’INCLUSIONE (VV. 2A E 10)<br />

Come s’è visto, <strong>il</strong> carme è racchiuso entro questa solenne acclamazione, in<strong>di</strong>rizzata al Nome<br />

<strong>di</strong>vino. Si tratta <strong>di</strong> un’entusiastica lode, in<strong>di</strong>rizzata al Signore <strong>di</strong> tutto l’essere, da cui tutto<br />

l’essere deriva, la cui magnificenza è <strong>di</strong>sseminata «in tutta la terra» (’ereß), cioè in tutto <strong>il</strong> nostro<br />

pianeta e in tutti i popoli.<br />

Il vocabolo che in<strong>di</strong>ca lo splendore e la gloria <strong>di</strong> Dio che si svela (’addîr) è riservato, oltre<br />

che analogicamente ai re e ai principi (Sal 136,18; Gdc 5,13), soprattutto all’unico supremo<br />

sovrano del cosmo, «tremendo e glorioso (’addîr)» (Sal 76,4). Esiste quasi una sfida nella supremazia,<br />

rispetto alle irraggiungib<strong>il</strong>i energie positive e negative del cosmo: «Più potente delle<br />

voci delle acque immense, più potente <strong>dei</strong> flutti del mare, potente nell’alto è YHWH» (Sal<br />

93,4). «Da lui, per lui e in vista <strong>di</strong> lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli <strong>dei</strong> secoli»<br />

(Rm 11,36). Il Nome <strong>di</strong>vino riceve una lode sinfonica «in tutta la terra», e non soltanto a Gerusalemme<br />

e nel tempio. Le sue opere sono dappertutto visib<strong>il</strong>i e quin<strong>di</strong> <strong>il</strong> messaggio <strong>di</strong> Dio<br />

risuona in ogni angolo della terra. Naturalmente <strong>il</strong> poeta ebreo non intende qui proporre una<br />

specie <strong>di</strong> «Jahwismo anonimo», come ha supposto Weiser. In altri termini, l’autore non pensa<br />

che quando gli egiziani inneggiano ad Amon-Ra, in realtà invocano senza saperlo YHWH,<br />

l’unico vero creatore, né può supporre che i bab<strong>il</strong>onesi lodando Shamaš in realtà proclamano<br />

le meraviglie <strong>di</strong> YHWH. Quest’idea ecumenica, base <strong>di</strong> una teologia delle religioni naturali e<br />

pagane, non è ancora concepib<strong>il</strong>e nell’ambito della visione veterotestamentaria. Il pensiero<br />

che una lode ad una <strong>di</strong>vinità straniera politeista possa entrare, sia pure in<strong>di</strong>rettamente,<br />

nell’alveo della preghiera a YHWH è lontano dall’orizzonte mentale del poeta. Piuttosto potremmo<br />

immaginare una specie <strong>di</strong> «teo<strong>di</strong>cea naturale» sul modello <strong>di</strong> quella proposta da Sap<br />

13,5-9: «Dalla grandezza e bellezza delle creature, per analogia, si conosce <strong>il</strong> Creatore» (v. 5).<br />

Proprio perché la potenza <strong>di</strong>vina non conosce confini e travalica <strong>il</strong> tempio e la città santa, tutti<br />

i popoli della terra «potrebbero contemplare le sue perfezioni invisib<strong>il</strong>i con l’intelletto, attraverso<br />

le opere da lui compiute» (Rm 1,20), anche se più fac<strong>il</strong>mente sono invece tentati<br />

dall’idolatria, «cambiando la gloria dell’incorruttib<strong>il</strong>e Dio con la figura e l’immagine<br />

dell’uomo corruttib<strong>il</strong>e, <strong>di</strong> uccelli, <strong>di</strong> quadrupe<strong>di</strong>» (Rm 1,23).<br />

La maestà <strong>di</strong> Dio, però, non abbraccia solo orizzontalmente la superficie terrestre, ma si<br />

estende verticalmente «sopra gli stessi cieli», la regione superiore dell’universo, raggiungendo<br />

la sfera stessa del <strong>di</strong>vino. Là, infatti, come insegna l’arcaico Sal 29, la gloria <strong>di</strong> Dio è celebrata<br />

dalla corte angelica <strong>di</strong> YHWH («i figli <strong>di</strong> Dio», Sal 29,1). È interessante notare che, in questo<br />

canto dell’uomo, la gloria è tributata non all’uomo ma al Creatore. Nessuna creatura, anche<br />

la più splen<strong>di</strong>da, può essere un <strong>di</strong>o. Siamo giunti, così, alla lirica vera e propria, nella quale,<br />

sul fondale del cielo stellato, appare la figura dell’uomo, «nano» e «titano» al tempo stesso.<br />

4.2. PRIMA SCENA COSMICA (VV. 2B-5)<br />

Uomo e onnipotenza <strong>di</strong>vina sono ora confrontati sullo sfondo del cosmo. Purtroppo l’avvio<br />

dell’inno vero e proprio è segnato da un «passo testualmente <strong>di</strong>sperato» (Beaucamp), i vv. 2-<br />

3 3 . Vorremmo introdurre <strong>il</strong> lettore nelle singole <strong>di</strong>fficoltà, proprio per offrire un esempio delle<br />

3 Raccogliamo i saggi apparsi sui vv. 2-3. Naturalmente sono da verificare anche i commenti generali. P.<br />

SFAIR, «De genuina lectione Ps 8,2», in Bib 23 (1942) 318-322 (con riferimento al siriaco e all’arabo); T.Z.


284 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il creatore, l’uomo e l’universo (Sal 8)<br />

operazioni testuali a cui l’esegeta deve ricorrere per rendere vivo un testo apparentemente ferito<br />

o morto. Attorno a due parole del v. 2b si è da tempo accesa una lunga <strong>di</strong>scussione (fino al<br />

1955, ve<strong>di</strong> <strong>il</strong> commento del Castellino, pp. 851-852). Le parole sono ’ašer e tenah. Ed ecco,<br />

per chi vorrà seguirli pazientemente, cinque tentativi <strong>di</strong> spiegazione.<br />

1. Tenah è un imperativo <strong>di</strong> ntn, «dare»: «Poni la tua maestà al <strong>di</strong>sopra <strong>dei</strong> cieli». Tale lezione si ottiene eliminando<br />

<strong>il</strong> relativo ’ašer («che»), privo <strong>di</strong> senso, considerato un’aggiunta maldestra <strong>di</strong> copista: la soluzione è<br />

improbab<strong>il</strong>e, non dà senso nel contesto. La versione greca <strong>di</strong> Simmaco e <strong>il</strong> salterio «iuxta hebraeos» <strong>di</strong> Gerolamo<br />

suppongono la seconda persona singolare natattah, con soggetto YHWH: «che hai posto la tua maestà al<br />

<strong>di</strong>sopra <strong>dei</strong> cieli». La resa, accettata dal Kraus, non dà però un senso sod<strong>di</strong>sfacente col contesto.<br />

2. Tenah è un imperativo enfatico <strong>di</strong> tnh, «ripetere»: «Canta, loda, proclama la sua maestà sopra i cieli». La ra<strong>di</strong>ce<br />

in questione appare solo in due testi biblici antichi, in Gdc 5,11 e 11,40, ove significa appunto «cantare<br />

le lo<strong>di</strong>» . Altre due attestazioni in Os 8,9-10 sono testualmente incerte. Nel nostro stico, però, si dovrebbe<br />

leggere tinnah (piel): «Il Nome, esso canta, proclama la sua maestà...» oppure tunnah (pual): «La maestà viene<br />

proclamata, cantata...». I LXX hanno appunto «la tua maestà è elevata al <strong>di</strong>sopra <strong>dei</strong> cieli» (Vg). Non<br />

mancano obiezioni su questo valore («cantare, proclamare») <strong>di</strong> tnh 4 .<br />

3. La ra<strong>di</strong>cale è sempre la precedente tnh, ma è da leggere ’atanneh, «canterò, che io canti, lasciatemi cantare,<br />

annunziare» la sua maestà. Questa interpretazione è stata proposta da J. Hempel; l’’ašer («che») sarebbe una<br />

glossa e andrebbe letto šîr, «canto»: «che io proclami un canto».<br />

4. Le due parole devono essere ricostruite così ’ašîrah-na’, «Potessi cantare, che io canti la sua maestà...». La<br />

soluzione è stata proposta la prima volta nel 1899 da B. Duhm e ha avuto una variante nella lettura proposta<br />

da C. Schedl: ’uššar, «<strong>di</strong>chiarare beato», e quin<strong>di</strong> «Com’è glorioso <strong>il</strong> tuo Nome, YHWH, esaltato in tutto <strong>il</strong><br />

mondo: la tua fama viene cantata...». Questa lettura, però, interrompe l’armonia dell’antifona precedente e introduce<br />

un ’uššar rarissimo (nella Bibbia ricorre una sola volta in questa forma).<br />

5. Le due parole sono da unire in ’ašartannah, imperativo con nun energico, dal verbo šrt, «servire», «adorare»,<br />

rendere culto», attestato anche in punico. La soluzione è molto suggestiva, anche perché lascia intatto <strong>il</strong> testo<br />

consonantico ed è stata <strong>di</strong>mostrata da M. Dahood. La resa sarebbe: «Io voglio adorare la tua maestà sopra i<br />

cieli».<br />

Al termine <strong>di</strong> questo primo sondaggio possiamo suggerire le soluzioni che più lasciano intatto<br />

<strong>il</strong> testo consonantico, così come ci è giunto, riuscendo a spiegarlo. La soluzione più probab<strong>il</strong>e<br />

ci sembra l’ultima. Dopo l’acclamazione antifonale, l’inno si aprirebbe con un tipo particolare<br />

<strong>di</strong> invito alla lode: «Tu, la cui maestà vorrei adorare (o cantare) lassù nei cieli». Associandosi<br />

alla lode perenne della liturgia celeste, anche l’orante del salmo inizia <strong>il</strong> suo canto<br />

«celeste» 5 . Tra l’altro si deve notare l’affinità che intercorre tra l’intero versetto 2 del nostro<br />

VRIEZEN, «Ps 8,2-3», in Nederlands Theologisch Tijdschrift 3 (1948-49) 11-15; IDEM, «Aantekening bej Ps<br />

8,2s», ibid. 373-374; J.J. STAMM, «Eine Bemerkung zum Anfang des achten Psalms», in TZ 13 (1957) 470-478<br />

(esamina <strong>il</strong> v. 3); H. KRUSE, «Two hidden comparatives. Observation Hebrew style (Ps 42,7-8; 8,3)», in JSS 5<br />

(1960) 333-347; H.R. MOELLER, «Biblical research and O. T. translation», in Bible Translator 13 (1962) 16-22<br />

(esamina <strong>il</strong> v. 2); J.A. SOGGIN, «Salmo 8,3. Osservazioni f<strong>il</strong>ologico-esegetiche», in Bib 47 (1966) 420-424; M.<br />

TANNER, «Psalm 8,1-2. Stu<strong>di</strong>es in texts», in Theology 69 (1966) 492-496; J. A. SOGGIN, «Textkritische Untersuchung<br />

von Ps. VIII, vv. 2-3 und 6», in VT 21 (1971) 565-571; V. HAMP, «Ps 8,2b.3», in BZ 16 (1972) 115-<br />

120; M. GÖRG, «Der Mensch als königliches Kind nach Ps 8,3», in Bibl. Notizen 3 (1977) 7-13 (confronta con<br />

un’eulogia <strong>di</strong> Ramses II e una statua <strong>di</strong> Tanis); W. RUDOLPH, «“Aus dem Munde der jungen Kinder und<br />

Säuglinge” (Psalm 8,3)», in Beiträge zur altt. Theologie (Fest. W. Zimmerli), ed. H. DONNER, Göttingen 1977,<br />

388-396.<br />

4 Le obiezioni sul collegamento <strong>di</strong> tnh con l’ugaritico tny e l’acca<strong>di</strong>co šmû (aramaico tnh) sono state avanzate<br />

da H. DONNER, «Ugaritismen in der Psalmenforschung», in ZAW 79 (1967) 322-350 (in part. pp. 324ss) e da<br />

LORETZ, «Psalmenstu<strong>di</strong>en V. Die Psalmen 8 und 67». Infatti tny ugaritico è solitamente in parallelo col verbo<br />

«<strong>di</strong>re» (rgm) ed ha un valore generico non kerygmatico («proclamare») come si avrebbe nella soluzione sopra<br />

in<strong>di</strong>cata. Tnh (o šnh che è la stessa cosa) ebraico dovrebbe, perciò, significare anch’esso solo «ripetere», «fare<br />

ancora». Ma nel suo <strong>di</strong>zionario ugaritico l’Aistleitner (n. 2898) segnala anche un significato del verbo in questione<br />

<strong>di</strong> questo tenore: «informare», «annunziare», «berichten».<br />

5 Probab<strong>il</strong>i anche le rese in<strong>di</strong>cate sotto i nn. 2 e 3: «la tua maestà viene lodata lassù nei cieli» o «la tua maestà<br />

esso (<strong>il</strong> Nome) loda, proclama lassù nel cielo». La CEI ha accolto la versione <strong>dei</strong> LXX (Vg): «Sopra i cieli si innalza<br />

la tua magnificenza».


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il creatore, l’uomo e l’universo (Sal 8) 285<br />

salmo e l’ultimo del salmo precedente (7,18), affinità che forse ha causato l’accostamento:<br />

«Loderò YHWH per la sua giustizia, canterò <strong>il</strong> Nome <strong>di</strong> Dio, l’Altissimo».<br />

Passiamo ora a un secondo sondaggio critico, più breve, concernente <strong>il</strong> v. 3. Esso inizia con<br />

una strana frase che letteralmente suona così: «Dalla bocca <strong>dei</strong> bambini e <strong>dei</strong> lattanti hai fondato<br />

una potenza...». È ovvio che questo testo non sembri molto espressivo. Forse si potrebbe<br />

adottare la soluzione avanzata dal Kissane nel 1953-54, ripresa da Hempel e Dahood, e sv<strong>il</strong>uppata<br />

da altri. Essa collega <strong>il</strong> primo stico con 2b: «Vorrei cantare la tua maestà lassù nei cieli,<br />

balbettando (con le labbra) come fanno fanciulli e lattanti». L’immagine è particolarmente<br />

vivace: «Dio non ha bisogno della facon<strong>di</strong>a <strong>dei</strong> retori; egli <strong>di</strong>spone, per <strong>di</strong>scuterla, della lingua<br />

muta <strong>dei</strong> bimbi», scriveva Calvino commentando <strong>il</strong> nostro testo. La nostra lode è pur sempre<br />

un balbettìo; ma può salire lassù nei cieli, accordandosi a quella perfetta della corte angelica.<br />

Curiosamente i rabbini nel trattato Mekh<strong>il</strong>tà sull’Esodo (15,1; cfr. Sal 139,14-15) immaginano<br />

che <strong>il</strong> bimbo, già nel grembo materno, lo<strong>di</strong> lo splendore del suo Creatore. E Newman nei suoi<br />

Sermoni parrocchiali <strong>di</strong>ceva: «Noi sappiamo, attraverso <strong>il</strong> nostro personale ricordo e la nostra<br />

esperienza <strong>di</strong> bambini, che c’è nell’anima dell’infanzia un <strong>di</strong>scernimento del mondo invisib<strong>il</strong>e<br />

nelle cose visib<strong>il</strong>i, una comprensione <strong>di</strong> ciò che è sovrano e adorab<strong>il</strong>e, un’incredulità e<br />

un’ignoranza per tutto ciò che passa e cambia». Lo spirito d’infanzia interiore è l’atteggiamento<br />

più autentico della lode. Nel <strong>libro</strong> della Sapienza è scritto: «La sapienza apre la bocca<br />

<strong>dei</strong> muti e scioglie la lingua degli infanti» (Sap 10,21). Il nostro stico entra anche nel NT.<br />

Esso è citato durante la purificazione operata da Gesù nel tempio, dopo <strong>il</strong> suo ingresso trionfale:<br />

«I sommi sacerdoti e gli scribi, vedendo i miracoli che egli faceva e i bambini che gridavano<br />

nel tempio: “Osanna figlio <strong>di</strong> Davide”, rimasero in<strong>di</strong>gnati e gli <strong>di</strong>ssero: Senti cosa <strong>di</strong>cono<br />

costoro? E Gesù rispose ad essi: Sì, sento. Non avete mai letto: Dalla bocca <strong>dei</strong> fanciulli e <strong>dei</strong><br />

lattanti ti sei procurato la lode?» (Mt 21,15-16). Il testo, citato secondo i LXX, <strong>di</strong>venta agli<br />

occhi <strong>di</strong> Gesù una <strong>di</strong>mostrazione della vera realtà della comunità messianica. «I fanciulli fanno<br />

parte della categoria <strong>dei</strong> seguaci <strong>di</strong> Gesù, <strong>dei</strong> poveri cioè e degli um<strong>il</strong>i sempre pronti ad accogliere<br />

i suoi annunci. In questo caso <strong>il</strong> loro improvviso riconoscimento serve ad attuare<br />

l’oracolo del Sal 8,3, ritenuto unanimemente messianico» 6 .<br />

Non ha senso, perciò, ricorrere, come fanno Schedl, Ringgren, Cazelles, ecc., alla tipologia<br />

mitica, attestata ad Ugarit e in Egitto, <strong>dei</strong> «bambini <strong>di</strong>vini» (UT 52: 23-24), che «succhiano i<br />

capezzoli del seno <strong>di</strong> Asherah», o delle stelle gemelle del mattino e della sera, o delle figure<br />

angeliche. Anche chi, come P. Beauchamp, ne riconosce una probab<strong>il</strong>ità a livello arcaico deve<br />

ammettere che <strong>il</strong> senso attuale del testo è <strong>di</strong>fferente: «A livello più arcaico l’immagine s’è<br />

formata su una figura mitologica <strong>di</strong> bambini <strong>di</strong>vini o <strong>di</strong> dèi gemelli. I neonati, qualificati per<br />

la loro impotenza come i più adatti a cantare la vittoria <strong>di</strong> Dio: questa lezione, qualunque sia<br />

la sua origine, non è andata perduta. Gesù la raccoglie in Mt 21,16. Egli era venuto per compiere<br />

la missione <strong>di</strong> quel bambino che riconc<strong>il</strong>ia le bestie feroci con la dolcezza <strong>di</strong> Dio (Is<br />

11)» 7 . In questa luce si può commentare la frase del v. 3 del salmo anche col celebre «loghion<br />

giovanneo» <strong>dei</strong> sinottici: «Ti bene<strong>di</strong>co, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto<br />

nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25;<br />

Lc 10,21). O anche col passo <strong>di</strong> 1Cor 1,27-28: «Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto...,<br />

debole..., ignob<strong>il</strong>e e <strong>di</strong>sprezzato, ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono».<br />

Proseguiamo ora nella lettura critica del v. 3. Inizia la lode dell’azione cosmica <strong>di</strong> Dio. Ecco<br />

innanzitutto <strong>il</strong> verbo jsd, «porre le fondamenta» <strong>di</strong> una casa (1Re 5,31), <strong>di</strong> una città (Gs<br />

6,26), <strong>di</strong> Sion (Is 14,32), della terra (Is 48,13). Che cosa ha fondato Dio nella sua opera cosmica?<br />

L’oggetto del verbo è ‘oz, un termine che <strong>di</strong> base ha <strong>il</strong> senso <strong>di</strong> «forza fisica» (Sal<br />

30,8), politico-m<strong>il</strong>itare (Sal 68,36), interiore e globale (Sal 29,11; 81,2). Ma nei derivati, come<br />

6 O. DA SPINETOLI, Matteo, Assisi 1973 2 , 509. «La sollecitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Dio si estende fino ai bambini e ai lattanti<br />

(1Sam 15,3) che, perciò, fanno salire fino al cielo (Sal 57,6; 113,4) la loro lode allo splendore <strong>di</strong>vino» (BEAU-<br />

CAMP).<br />

7 P. BEAUCHAMP, Salmi notte e giorno, Assisi 2003 2 , 174-175.


286 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il creatore, l’uomo e l’universo (Sal 8)<br />

ma‘ôz, acquista <strong>il</strong> valore <strong>di</strong> «fortezza, baluardo, rifugio». Il senso, allora, è chiaro: non significa<br />

«lode» (LXX e Mt 21,16), accettato ancora da alcuni moderni (Podechard, George, Cazelles),<br />

ma più realisticamente <strong>il</strong> «bastione» <strong>dei</strong> cieli. Dio ha costruito nei cieli una fortezza, un baluardo<br />

contro i propri nemici. Infatti <strong>il</strong> v. 3 continua <strong>di</strong>cendo che questo è stato fatto lema‘an, «a<br />

causa» 8 <strong>di</strong> tre classi <strong>di</strong> pericolosi ma impotenti avversari <strong>di</strong> Dio. Essi sono «oppositori», «nemici»<br />

(’ojeb) e «ven<strong>di</strong>catori». I primi due termini echeggiano anche in un testo ugaritico, che mette<br />

in scena gli avversari cosmici <strong>di</strong> Baal: «Certamente i tuoi nemici, o Baal, certamente i tuoi<br />

nemici tu colpirai, certamente <strong>di</strong>struggerai i tuoi oppositori. Assumerai <strong>il</strong> tuo regno eterno, la tua<br />

sovranità per tutte le età» (UT 68,11.9-10 = CTA 2,1V) . Il terzo vocabolo (mitnaqem) introduce<br />

<strong>il</strong> tema della vendetta. Essa, come insegna Dt 32,35, è prerogativa <strong>di</strong>vina; <strong>il</strong> nemico <strong>di</strong> Dio<br />

«usurpa, allora, per interessi egoistici, una funzione giuri<strong>di</strong>ca che appartiene a Dio» (Kirkpatrick).<br />

A questo punto possiamo delineare globalmente <strong>il</strong> messaggio del v. 3.<br />

Il resto della lirica, seguendo <strong>il</strong> piano <strong>di</strong> Gen 1, canta la creazione degli astri e dell’uomo;<br />

qui, invece, <strong>il</strong> carme si apre con la definizione dell’atto primor<strong>di</strong>ale creativo, la fondazione del<br />

«baluardo» <strong>dei</strong> cieli, quello che Gen 1,6 chiamerà «<strong>il</strong> firmamento» (raqia‘), una calotta metallica<br />

che <strong>di</strong>vide le acque superiori da quelle inferiori, linea <strong>di</strong> confine che <strong>il</strong> caos non può<br />

valicare: Dio è «al <strong>di</strong> là», nella sua «fortezza inaccessib<strong>il</strong>e» (Sal 31,22) e trascendente. La<br />

mappa cosmica qui supposta è ripetuta in molti altri testi biblici come Ger 5,22; Sal 74,13;<br />

104,9; 148,6; Gb 7,12; 24,12; 38,11; Pr 8,27ss e Is 51,9-10, passi che parlano ripetutamente <strong>di</strong><br />

«confine», «frontiera», «circolo», «limite», «barriera». Il Sal 150,1 è, forse, la più limpida descrizione:<br />

«Lodate YHWH nel suo santuario, lodatelo nel firmamento della sua fortezza (reqia‘<br />

‘uzzô)». In questa luce appare chiaramente la qualità primaria <strong>dei</strong> «nemici» <strong>di</strong> Dio. Essi sono<br />

innanzitutto avversari mitici, cosmici, noti anche alla letteratura biblica come Rahab, Jam,<br />

Tehôm, Tannin, ecc. Ad essi YHWH «schiaccia la testa». Sono «i draghi delle acque» (Sal<br />

74,13); è Rahab «calpestato da Dio come un vinto» (Sal 89,12); sono Behemot e Leviatan <strong>di</strong><br />

Gb 40–41, simboli del nulla che asse<strong>di</strong>a costantemente la creazione. «Non ha forse fatto a<br />

pezzi Rahab, non ha trafitto <strong>il</strong> drago?» (Is 51,9): YHWH trionfa su ogni realtà a lui nemica; e <strong>il</strong><br />

processo <strong>di</strong> smitizzazione è evidente perché ormai questi mostri non hanno più nessuna qualità<br />

<strong>di</strong>vina, ma sono entità controllate da Dio. Da questa prospettiva, che forse ingloba anche le<br />

antiche tipologie <strong>dei</strong> giganti ribelli come i Refa’îm e i Nef<strong>il</strong>îm, si può passare, a livello <strong>di</strong> r<strong>il</strong>ettura<br />

finale, all’«avversario» storico <strong>di</strong> Dio, <strong>il</strong> peccatore, esponente quasi <strong>di</strong> un furore prometeico.<br />

È lui che nella storia si oppone a Dio, <strong>il</strong>ludendosi <strong>di</strong> essere un «ven<strong>di</strong>catore», libero<br />

dalla «tirannia» <strong>di</strong> Dio (Sal 37,20; 68,2:22; 92,10; 97,3). La r<strong>il</strong>ettura rabbinica e patristica andrà<br />

oltre, immaginando che <strong>il</strong> testo sia un’evocazione del peccato degli angeli decaduti.<br />

L’avversario sarebbe allora Satana, «ribellione, forza vin<strong>di</strong>ce della ragione», come esclamava<br />

Carducci nel suo Inno a Satana. Ma, forse, già Israele nel suo uso del salmo aveva in passato<br />

storicizzato questi avversari, vedendoli come i nemici concreti del popolo eletto.<br />

Dopo la creazione del firmamento ecco, nello stupendo v. 4, apparire gli astri, tanto cari alla<br />

speculazione astrologica orientale, tanto preziosi per <strong>il</strong> calendario liturgico ebraico, tanto<br />

celebri nella poesia universale, tanto frequenti nell’idolatria astrale orientale e greco-romana,<br />

tanto usati nell’apologetica per la <strong>di</strong>mostrazione dell’esistenza <strong>di</strong> Dio («sopra la tenda stellata<br />

deve abitare un Padre buono», scriveva Sch<strong>il</strong>ler), ed entrati nell’escatologia neopitagorica<br />

come creature vive, perché sarebbero le anime <strong>dei</strong> giusti, <strong>di</strong>venute stelle della via lattea.<br />

L’autore descrive <strong>il</strong> cielo notturno: questi capolavori scint<strong>il</strong>lanti e colossali sono stati prodotti<br />

con la delicatezza del tocco delle <strong>di</strong>ta, che si muovono sull’arpa o su un ricamo. Eppure sono<br />

«stab<strong>il</strong>i, fisse» (kwn). L’immutab<strong>il</strong>e regolarità degli astri e delle loro meccaniche celesti atte-<br />

8 L’avverbio può avere sia senso finale sia senso causale (come qui). Non è necessario ricorrere all’elucubrata<br />

lettura proposta da Dahood e Schedl le-ma‘ôn, «come abitazione», e all’ulteriore arzigogolata trasformazione<br />

<strong>di</strong> ßôrereka, «tuoi avversari», nell’equivalente dell’ugaritico «alture inaccessib<strong>il</strong>i dello Íapon», l’Olimpo ugaritico<br />

(bßrrt ßpn). La frase allude, infatti, a potenti nemici contro cui è innalzato <strong>il</strong> baluardo <strong>dei</strong> cieli e non ad un palazzo<br />

inaccessib<strong>il</strong>e.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il creatore, l’uomo e l’universo (Sal 8) 287<br />

sta l’indefettib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> colui che li ha «fissati». Non è, perciò, quella del poeta una contemplazione<br />

da «Notturno» <strong>di</strong> Chopin né, forse, un abbandono lacerato dal dubbio e dall’amarezza<br />

come per Leopar<strong>di</strong>; non è l’immensità né la potenza né lo splendore o la regolarità del sistema<br />

cosmico a impressionare <strong>il</strong> poeta, ma la maestà, l’immensità e la fedeltà <strong>di</strong> Dio, <strong>il</strong> creatore. Il<br />

confronto, allora, che si instaura nel versetto successivo non è tra uomo e cosmo, ma tra uomo<br />

e Dio. La maestà, davanti a cui <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta s’inchina ora, non è quella spaziale dell’universo,<br />

ma quella <strong>di</strong> Dio. Per usare <strong>il</strong> pensiero <strong>di</strong> Pascal, la démesure, la «sproporzione» tra infinitamente<br />

piccolo e infinitamente grande non è solo tra uomo-niente e cosmo-tutto, ma tra uomo,<br />

già minimo nei confronti del cosmo, e Dio infinito rispetto al cosmo stesso.<br />

Eppure, ecco la sorpresa: questa realtà «malata» (’enoš) e «terra» (ben-’adam), che è l’uomo,<br />

può essere oggetto della premura unica e appassionata del Creatore infinito. La <strong>di</strong>alettica<br />

della <strong>di</strong>stanza incommensurab<strong>il</strong>e è risolta dai due verbi del v. 5 che definiscono l’azione <strong>di</strong><br />

Dio nei confronti della sua creatura microscopica e apparentemente insignificante. Il versetto,<br />

citato integralmente anche in Sal 144,3, comprende innanzitutto <strong>il</strong> verbo «ricordare» (zkr).<br />

Esso esprime con precisione la struttura fondamentale della fede biblica, articolata non su<br />

astratte tesi ideologiche, ma sull’intervento storico <strong>di</strong> Dio. «Ricordare» gli eventi della storia<br />

della salvezza è quin<strong>di</strong> sinonimo <strong>di</strong> «credere»; <strong>il</strong> «ricordo» biblico è la professione <strong>di</strong> fede che<br />

rende attuale e contemporaneo l’atto passato <strong>di</strong> Dio, introducendo <strong>il</strong> fedele nella vicenda della<br />

salvezza. L’esortazione costante del Deuteronomio è appunto quella <strong>di</strong> «ricordare», soprattutto<br />

in un contesto <strong>di</strong> civ<strong>il</strong>tà del benessere, allorché è fac<strong>il</strong>e «<strong>di</strong>menticare» la liberazione operata<br />

da Dio: «Allora ricordati del Signore tuo Dio, perché egli ti dà la forza... Ma se tu lo <strong>di</strong>menticherai...,<br />

io attesto oggi contro <strong>di</strong> voi che certo perirete» (Dt 8,18-19, commento alla professione<br />

<strong>di</strong> fede dello Shema‘ <strong>di</strong> Dt 6,4ss, la preghiera più cara alla pietà giudaica). Anche nei<br />

<strong>salmi</strong> è frequente l’invito «a ricordare le sue meraviglie d’un tempo» (Sal 77,12; 105,5), «a<br />

ricordarsi <strong>di</strong> Dio» (Sal 77,4; 63,7), «a ricordarsi del suo nome» (Sal 119,55). Parallelamente <strong>il</strong><br />

«ricordarsi» <strong>di</strong> Dio è l’atteggiamento fondamentale dell’alleanza, nei cui confronti egli è costantemente<br />

fedele (Sal 105,8: «ricorda sempre la sua alleanza»). Dio «si ricorda <strong>dei</strong> poveri»<br />

(Sal 9,13), del suo popolo (74,2), «si ricorda <strong>di</strong> me» (106,4), della sua parola (105,42), del suo<br />

˙esed, amore (25,6). Di fronte ai ce<strong>di</strong>menti e alle debolezze dell’uomo, <strong>il</strong> suo «ricordo» è stab<strong>il</strong>e,<br />

pronto a registrare talora anche la risposta negativa dell’uomo, ma soprattutto i suoi atti<br />

d’amore e <strong>di</strong> fede (Sal 20,4). Nel nostro salmo <strong>il</strong> fatto che Dio «si ricor<strong>di</strong>» dell’uomo è oggetto<br />

<strong>di</strong> rapita meraviglia. Un essere così debole (Sal 11,4; 12,2.9; 14,2; 21,11; 31,20; 80,18;<br />

103,14; 146,3) e corrotto (Gen 4,6), destinato ad essere inghiottito velocemente dal tempo<br />

(Sal 9,20-21; 10,18; 52,6; 66,12; 90,3; 103,15-16), sim<strong>il</strong>e a un vermiciattolo, a una larva (Gb<br />

25,6), è oggetto dell’efficace «ricordo» salvifico <strong>di</strong> Dio.<br />

Al «ricordo» si accompagna la «cura», espressa col verbo pqd, che significa generalmente<br />

«visitare», «sorvegliare», «provare sollecitu<strong>di</strong>ne e preoccupazione». Dio «visita» la terra e la<br />

irrora <strong>di</strong> acqua feconda (Sal 65,10), «visita la vigna <strong>di</strong> Israele» (80,15), «visita» l’uomo con la<br />

sua salvezza (Sal 106,4). Appare così la premurosa sollecitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un padre, unita all’attenta<br />

verifica <strong>di</strong> tutte le azioni che <strong>il</strong> figlio ha compiuto. Per questo talora emerge anche l’aspetto<br />

giu<strong>di</strong>ziario (Sal 17,3; 59,6). L’idea dominante è, però, quella del giu<strong>di</strong>zio liberatore <strong>di</strong> Dio,<br />

che «visita <strong>il</strong> suo popolo» (Lc 1,68; 7,16), della visita <strong>di</strong> salvezza (Lc 19,44), della presenza<br />

amichevole. Questo canto biblico dell’uomo non è, come ha voluto scrivere Castellino,<br />

un’«apoteosi dell’uomo» <strong>di</strong> stampo umanistico; è invece una celebrazione stupita <strong>di</strong> ciò che fa<br />

l’uomo un essere unico e irripetib<strong>il</strong>e, cioè la «grazia» <strong>di</strong> Dio (1Cor 15,10), l’amore, <strong>il</strong> «ricordo»,<br />

la «preoccupazione» <strong>di</strong> Dio nei suoi confronti. Scriveva Gregorio <strong>di</strong> Nissa nel De Beatitu<strong>di</strong>ne<br />

(VII: PG 44,1280):<br />

«L’uomo che, tra gli esseri, non conta nulla, che è polvere, erba, vanità, una volta che è adottato dal Dio<br />

dell’universo come figlio, <strong>di</strong>venta fam<strong>il</strong>iare <strong>di</strong> questo Essere, la cui eccellenza e grandezza nessuno può<br />

vedere, ascoltare o comprendere. Con quale parola, pensiero o slancio dello spirito si potrà esaltare la sovrabbondanza<br />

<strong>di</strong> questa grazia? L’uomo sorpassa la sua natura: da mortale <strong>di</strong>venta immortale, da perituro<br />

imperituro, da effimero eterno, da uomo <strong>di</strong>venta <strong>di</strong>o».


288 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il creatore, l’uomo e l’universo (Sal 8)<br />

4.3. SECONDA SCENA COSMICA (VV. 6-9)<br />

Inizia qui <strong>il</strong> canto dell’uomo, vertice del creato, parallelo a quello presente in Gen 1,26ss.<br />

La <strong>di</strong>gnità dell’uomo è quasi <strong>di</strong>vina (Sir 16,24-17,16; Sap 2,23), essendo «immagine <strong>di</strong> Dio».<br />

La <strong>di</strong>chiarazione del v. 6 9 sulla prossimità dell’uomo a ’Elohîm è stata interpretata in due mo<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fferenti. La prima, considerato <strong>il</strong> fatto che <strong>il</strong> salmo è della collezione «jahvista», ha inteso<br />

<strong>il</strong> vocabolo ’ e lōhîm come sinonimo <strong>di</strong> «angelo», «essere <strong>di</strong>vino». In questa linea si muovono i<br />

LXX, la Vg, <strong>il</strong> Targum e la Pešitta. Anche la citazione <strong>di</strong> Eb 2,7, che in seguito esamineremo,<br />

si muove in questa <strong>di</strong>rezione. L’idea sottesa rimanderebbe alla corte celeste, in cui sono presenti,<br />

accanto a Dio, i b e nê-’ e lōhîm, «i figli <strong>di</strong> Dio» (Sal 29,1; Gb 38,7), esseri celesti, frutto<br />

della smitizzazione introdotta dalla Bibbia sulla nozione <strong>di</strong> pantheon, ridotto al rango <strong>di</strong> creature<br />

angeliche (ve<strong>di</strong> anche Sal 86,8; 97,9). La seconda interpretazione, presente in Aqu<strong>il</strong>a,<br />

Simmaco, Teodozione, Gerolamo, basandosi sulla dottrina dell’immagine <strong>di</strong> Dio nell’uomo<br />

sv<strong>il</strong>uppata da Gen 1,26, conserva <strong>il</strong> senso puro «<strong>di</strong>vino» alla parola ’ e lōhîm: «tu hai fatto<br />

l’uomo poco meno <strong>di</strong> Dio», immagine leggermente inferiore all’originale. E forse questa lettura<br />

è più probab<strong>il</strong>e. Infatti, oltre al fatto che <strong>il</strong> motivo della corte angelica è assente nel testo<br />

del salmo, sarebbe un forte impoverimento del confronto l’introduzione <strong>di</strong> una creatura interme<strong>di</strong>a<br />

<strong>di</strong> paragone. L’uomo è in presenza <strong>di</strong> Dio e a lui è rapportato e non su un termine me<strong>di</strong>o.<br />

Altrimenti l’armonia, la simmetria e l’impressionante giuoco <strong>di</strong> antitesi su cui si regge <strong>il</strong><br />

testo risulterebbero lesionati e turbati. Dobbiamo inoltre sottolineare un dato importante: <strong>il</strong><br />

confronto non è <strong>di</strong> tipo metafisico ma funzionale, non riguarda la natura ma la funzione: «tu<br />

gli hai dato una posizione quasi <strong>di</strong>vina» (Weiser). Ed è appunto quello che viene espresso attraverso<br />

l’applicazione dell’ideologia monarchica all’uomo.<br />

Questo simbolismo regale, esplicito nel v. 6b, occupa tutta la strofa. Infatti la «gloria» e lo<br />

«splendore» sono attributi specifici <strong>di</strong> Dio re supremo (Sal 21,6; 29,1; 45,4; 96,8; 104,1), partecipati<br />

al re terreno (21,6); <strong>il</strong> dominio universale è una costante <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> messianico-regali<br />

(ve<strong>di</strong>, ad es., Sal 89,26); «<strong>il</strong> figlio dell’uomo», nel Sal 80,18, è <strong>il</strong> re ebraico vittorioso su tutti i<br />

suoi nemici; l’ideologia regale era alla base del dominio che l’uomo ha su tutti gli animali, secondo<br />

Gen 1,26ss e secondo l’antica epopea <strong>di</strong> G<strong>il</strong>gameš.<br />

Nel v. 6b, tre sono i termini che definiscono questa <strong>di</strong>gnità dell’uomo. Il primo è <strong>il</strong> classico<br />

kabôd, «gloria», <strong>il</strong> vocabolo tecnico che designa lo splendore della maestà rivelata <strong>di</strong> Dio.<br />

Questa gloria ora è partecipata all’uomo, è posta, come <strong>di</strong>rà Pr 3,16, nella mano sinistra della<br />

sapienza, che la effonde ai suoi fedeli. Salomone non oserà domandarla per sé, ma Dio gliela<br />

elargirà (1Re 3,13). Il secondo termine è <strong>il</strong> già noto hadar, «ornamento, splendore», un vocabolo<br />

che descrive la vigorosa prestanza d’un toro (Dt 33,17), lo splendore del Carmelo (Is<br />

35,2), la magnificenza del re (Sal 21,6; 45,4). Chi è privo <strong>di</strong> questo «splendore», non è più<br />

uomo ma un reietto (cfr. Is 53,2). Infine ecco <strong>il</strong> simbolo più «regale», la corona, <strong>il</strong> segno della<br />

gioia nuziale (Ct 3,11), del benessere e della gioia (Sal 65,12; 103,4), del potere regale. Dio<br />

intronizza l’uomo nella sua funzione <strong>di</strong> viceré dell’universo. Scrive G. Ebeling 10 : «Le espressioni<br />

e le locuzioni <strong>di</strong> cui <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta si serve sono derivate dal tesoro linguistico e dal pensiero<br />

del Vicino Oriente Antico e, secondo l’uso, venivano rivolte al sovrano nel momento della sua<br />

incoronazione. Egli era <strong>il</strong> rappresentante della <strong>di</strong>vinità; anzi egli stesso era un <strong>di</strong>o, come voleva<br />

la sua funzione, e si ergeva sulla massa degli uomini per <strong>il</strong> fulgore unico della sua gloria, e<br />

ogni cosa si prostrava ai suoi pie<strong>di</strong> per la potenza della sua maestà. Questa ideologia, con tutti<br />

i simboli delle sue insegne e <strong>dei</strong> suoi riti, ha lasciato profonde tracce anche nel pensiero politico<br />

dell’occidente cristiano. Ma, secondo <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta, ben <strong>di</strong>versa è la verità! L’uomo regale,<br />

l’immagine e <strong>il</strong> rappresentante <strong>di</strong> Dio in terra, non è un singolo, un’eccezione che si sente innalzato<br />

sopra tutti gli altri uomini e li domina col suo <strong>di</strong>sprezzo. Uomo regale è invece ogni<br />

9 SOGGIN, «Textkritische Untersuchung von Ps. VIII, vv. 2-3 und 6». Ve<strong>di</strong> anche F. FESTORAZZI,<br />

«“... L’hai fatto poco inferiore a Dio” (l’uomo alla luce del Sal 8)», in ParVita 10 (1965) 91-94.<br />

10 G. EBELING, Sui Salmi, Brescia 1973, 59-60.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il creatore, l’uomo e l’universo (Sal 8) 289<br />

uomo, sia egli potente o misero, ricco o povero, uomo o donna, adulto o fanciullo. A ogni uomo<br />

appartiene la <strong>di</strong>gnità che quel re <strong>di</strong>vino pretendeva per sé solo, e che proprio perciò stravolge<br />

e falsifica».<br />

Il dominio dell’uomo sul creato, descritto nei vv. 7-9, non conosce confini, come suggerisce<br />

l’echeggiare dell’aggettivo «tutto» che raccoglie sotto <strong>il</strong> potere dell’uomo la totalità dell’orizzonte<br />

terrestre. L’uomo è signore (mšl) <strong>di</strong> tutte «le opere delle mani <strong>di</strong> Dio», espressione<br />

<strong>di</strong> grande responsab<strong>il</strong>ità per l’uomo e <strong>di</strong> grande fiducia da parte <strong>di</strong> Dio, che consegna all’uomo<br />

un tesoro immenso. Egli è <strong>il</strong> sovrano vittorioso che tiene sotto i pie<strong>di</strong> i sud<strong>di</strong>ti dominati<br />

(Sal 47,4; 110,1; Gs 10,24; 1Sam 17,51; 1Re 5,17; Lam 3,34). Ma <strong>il</strong> suo non è un dominio<br />

conquistato per capacità personali, come propone l’umanesimo rinascimentale, <strong>il</strong>luministico o<br />

ateo, né è un potere usurpato con una lotta e una prevaricazione su Dio, come insegnò <strong>il</strong> mito<br />

<strong>di</strong> Prometeo, e neppure è la celebrazione panteistica <strong>di</strong> un uomo in cui è posto lo spirito infinito<br />

e assoluto. La celebrazione idealistica e quella tecnologica dell’uomo hanno poi ra<strong>di</strong>calizzato<br />

questo primato, opponendo l’essere umano a quello «oggettivo», inferiore, scatenando<br />

l’arbitrio assoluto del primo sul secondo. Il Sal 8, invece, ricorda che si tratta <strong>di</strong> un dominio<br />

donato da Dio, concesso in amministrazione e usufrutto dall’unico che può definire l’universo<br />

«opera delle mie mani» (v. 7), <strong>il</strong> Signore. Alle mani frag<strong>il</strong>i e spesso egoistiche dell’uomo è affidata<br />

l’intera gamma delle creature, soprattutto viventi; proprio come già avevano insegnato i<br />

solenni racconti sapienziali della creazione <strong>di</strong> Gen 1 e 2 e come era stato riba<strong>di</strong>to nel patto<br />

universale tra Dio e Noè, emblema della nuova umanità: «Il timore e <strong>il</strong> terrore <strong>di</strong> voi sia in tutte<br />

le bestie selvatiche e in tutto <strong>il</strong> bestiame e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul<br />

suolo e tutti i pesci del mare sono messi in vostro potere» (Gen 9,2).<br />

Sf<strong>il</strong>ano davanti all’uomo, pellegrino stupito nell’universo, le creature che vengono, come<br />

sud<strong>di</strong>ti, a offrire ai suoi pie<strong>di</strong> <strong>il</strong> loro omaggio. Ecco <strong>il</strong> bestiame minuto, le pecore, e quello<br />

grosso, i buoi, gli armenti (Gen 21,37; 25,16; Dt 32,24), ecco le bestie selvatiche della steppa,<br />

animali liberi della campagna (behemôt; cfr. Sal 148,10 e Gb 40,15). Dalla terra, l’obiettivo<br />

punta verso i cieli, tra gli uccelli (Sal 104,12. 17) che l’uomo riesce a catturare, e scende poi<br />

sulle superfici del mare con la fauna acquatica (Sal 104,26) per la quale si usa l’immagine<br />

suggestiva della navigazione <strong>dei</strong> battelli («solcare i mari» o, come ha la Vg, «le acque»: Is<br />

23,2). Anzi <strong>il</strong> Targum aggiunge, forse per parallelismo con behemôt, mostro primor<strong>di</strong>ale (v.<br />

8), anche <strong>il</strong> Leviatan (Gb 41), altro mostro acquatico primor<strong>di</strong>ale. Scriveva F<strong>il</strong>one: «Il Creatore<br />

fece l’uomo auriga e nocchiere dopo tutte le altre cose, perché reggesse e guidasse gli animali<br />

e le piante della terra, prendendosi cura <strong>di</strong> essi come una sorta <strong>di</strong> luogotenente del primo<br />

e grande Re» 11 .<br />

Questa centralità assoluta dell’uomo in tutto <strong>il</strong> creato è, per l’ebreo, non solo una concezione<br />

globale dell’essere umano, in altri termini un’antropologia; è anche una presentazione<br />

dai risvolti concreti. La supremazia sugli animali da un lato mostra l’insostituib<strong>il</strong>e necessità<br />

della donna, cioè del rapporto sociale coi propri sim<strong>il</strong>i, per togliere la solitu<strong>di</strong>ne umana (Gen<br />

2,18-24); ma anche, realisticamente, giustifica l’alimentazione con la carne animale e <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto<br />

<strong>di</strong> caccia, particolari non secondari nella legislazione orientale e da noi eventualmente superab<strong>il</strong>i.<br />

Inoltre la celebrazione dell’«armonia» tra l’«animale razionale» e i suoi sim<strong>il</strong>i inferiori e,<br />

a più vasto raggio, con tutto l’ambiente ecologico si trasforma in un’accusa alla società umana,<br />

quando essa altera con la violenza e con l’egoismo industriale l’equ<strong>il</strong>ibrio del creato, sul<br />

quale ha solo un potere <strong>di</strong> usufrutto. La Bibbia condanna, perciò, l’in<strong>di</strong>fferenza occidentale<br />

nei confronti della natura. L’origine <strong>di</strong> questo atteggiamento è forse da ricercarsi in una spiritualità<br />

<strong>di</strong> stampo platonico, che considera tutto ciò che non è umano come «bruto», peso mortificante<br />

per le vette dello spirito. O anche è da rintracciarsi nella struttura urbana della nostra<br />

civ<strong>il</strong>tà, che ha perso progressivamente <strong>il</strong> contatto con la natura. La biologia evoluzionista ha<br />

certamente attenuato questa opposizione, portando l’uomo al livello d’un’animalità superiore,<br />

11 FILONE DI ALESSANDRIA, La creazione del mondo, XXIX, 88, tr. it. <strong>di</strong> G. Calvetti, M<strong>il</strong>ano 1978, 115.


290 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il creatore, l’uomo e l’universo (Sal 8)<br />

ma senza per questo accrescere <strong>il</strong> rispetto verso la sfera animale, anzi, ri<strong>di</strong>mensionando fortemente<br />

l’uomo nel rango inferiore. Tuttavia la Bibbia non può neppure accettare, come è testimoniato<br />

esplicitamente dal nostro salmo, la spiritualità panteistica, nota a noi nel modello<br />

in<strong>di</strong>ano. L’unità <strong>di</strong> ogni vita, <strong>il</strong> rispetto sacrale <strong>di</strong> ogni carne, <strong>il</strong> vegetarianismo religioso, anche<br />

se possono contenere valori (cfr. Gen 9,4 e <strong>il</strong> significato reale delle prescrizioni sull’intoccab<strong>il</strong>ità<br />

del sangue), non sono ideali biblici.<br />

Il salmo si chiude, come è noto, ribadendo l’antifona del v. 2a, celebrando cioè, in ultima<br />

istanza, <strong>il</strong> Creatore. «Un Dio che non è “teocentrico”, neppure con <strong>il</strong> pretesto della salvezza<br />

dell’uomo; e un uomo che non è “antropocentrico”, neppure con <strong>il</strong> pretesto della rappresentanza<br />

<strong>di</strong> Dio» 12 .<br />

5. L’ERMENEUTICA DEL SAL 8<br />

Il «baluardo» innalzato da Dio nei cieli è quasi <strong>il</strong> simbolo della stab<strong>il</strong>ità cosmica, è come<br />

l’arcobaleno <strong>di</strong> Gen 9 che evoca la premura con cui Dio segue la sua creazione, per cui l’uomo<br />

non è in balìa <strong>di</strong> un ammasso caotico <strong>di</strong> energie esplosive e irrazionali. Questo atteggiamento<br />

<strong>di</strong> fiducia nella materia e nella creazione è un dato da riba<strong>di</strong>re anche nell’attuale e <strong>di</strong>versa<br />

concezione cosmologica, come ha limpidamente insegnato anche K. Barth 13 . Dio è,<br />

quin<strong>di</strong>, <strong>il</strong> primo polo del triangolo del salmo, a cui è annodato <strong>il</strong> secondo vertice che è <strong>il</strong> cosmo.<br />

Il terzo polo è naturalmente l’uomo ed è sicuramente decisivo. Per stare nell’ambito<br />

d’una tipologia geometrica, potremmo <strong>di</strong>re che Dio è <strong>il</strong> centro primario <strong>di</strong> un’ellisse, mentre<br />

l’uomo ne è <strong>il</strong> centro secondario. Di costui si parla con un entusiasmo sim<strong>il</strong>e alla celebrazione<br />

umanistica <strong>di</strong> Gen 1, rielaborando la celebre dottrina della regalità umana e dell’«immagine<br />

<strong>di</strong>vina».<br />

Nell’ambito <strong>di</strong> questa riflessione sull’uomo, si è aperta, da parte <strong>di</strong> una certa corrente esegetico-teologica,<br />

una nuova ermeneutica del Sal 8 e, in parallelo, <strong>di</strong> Gen 1. La questione è la<br />

seguente: l’uomo, protagonista <strong>di</strong> queste pagine bibliche, è l’Umanità in generale (Delitzsch),<br />

l’Adamo nob<strong>il</strong>e e peccatore (Kraus) o è piuttosto la figura mitica primor<strong>di</strong>ale <strong>di</strong> Urmensch<br />

proposta da certe culture orientali anche extra-semitiche (<strong>il</strong> mito <strong>di</strong> Gayomart e Purusca)? A<br />

lanciare questa lettura del Sal 8 furono gli esegeti della scuola scan<strong>di</strong>nava 14 , argomentando<br />

dal potere regale attribuito all’uomo nel testo del carme e in Gen 1 e 2,20 («dare <strong>il</strong> nome» è<br />

funzione regale) e allegando Ez 28,1-9, a cui sembra essere sottesa la stessa ideologia<br />

dell’Uomo primor<strong>di</strong>ale, e Gb 15,7 in cui l’Uomo in questione sembrerebbe essere ammesso al<br />

consiglio della corona <strong>di</strong> Dio. In questa linea venivano lette anche le celebrazioni encomiastiche<br />

<strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> regali 2 e 110, gli oracoli messianico-escatologici 15 <strong>di</strong> Is 9,1-6 e 11,1-10, o anche<br />

l’attribuzione <strong>di</strong>vina in<strong>di</strong>rizzata al protagonista regale del Sal 45,7 (’ e lōhîm). Naturalmente<br />

nella prospettiva pancultualista dell’esegesi scan<strong>di</strong>nava questi testi ricevevano un’applicazione<br />

monarchica nella festa <strong>di</strong> capodanno, in cui <strong>il</strong> sovrano assumeva idealmente la parte <strong>di</strong><br />

Uomo primor<strong>di</strong>ale, tipico e rappresentativo dell’intera umanità.<br />

La reazione a questa lettura del Sal 8 è stata molto vivace e si è articolata in una <strong>di</strong>scussione<br />

molto complessa che ha implicato la <strong>di</strong>stinzione tra Uomo primor<strong>di</strong>ale e Uomo primigenio,<br />

che ha approfon<strong>di</strong>to le <strong>di</strong>vergenze tra i modelli biblici e gli equivalenti indo-europei, che ha<br />

12<br />

A. BERTULETTI - P. A. SEQUERI, «La rivelazione come “principio” della ragione teologica», in AA.VV., La<br />

teologia italiana oggi (Fs. C. Colombo), Brescia 1979, 187.<br />

13<br />

K. BARTH, Kirchliche Dogmatik, III/1, Zürich 1945, 45ss. (in part. p. 48).<br />

14<br />

Ve<strong>di</strong> A. BENTZEN, Messias - Moses redıvıvus - Menschensohn, Zürich 1948 (tr. inglese: King and Messias,<br />

Oxford 1956), 12ss; H. RINGGREN, The Messiah in the O.T., London 1956, 18ss; IDEM, Israelitische Religion,<br />

Stuttgart 1963, 111-112.<br />

15<br />

Protologia (modello ideale alle origini della storia e della creazione) ed escatologia (modello ideale alla fine<br />

della storia e della creazione) sono in pratica la stessa prospettiva, anche se da angolature <strong>di</strong>fferenti e parallele.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il creatore, l’uomo e l’universo (Sal 8) 291<br />

riproposto nuove analisi per <strong>il</strong> «Figlio dell’uomo» <strong>di</strong> Dn 7,13 spesso sbrigativamente allegato<br />

al dossier in questione. Tra l’altro, <strong>il</strong> Sal 8 non usa <strong>il</strong> vocabolo ideale ha-’adam, «l’Uomo» per<br />

eccellenza, ma, come si è visto, ’enoš e ben-’adam, l’uomo nella sua debolezza e frag<strong>il</strong>ità,<br />

cioè nella sua esistenzialità e storicità!<br />

Ma l’ermeneutica del Sal 8 ha ricevuto un altro orientamento in senso escatologico proprio<br />

nello stesso ambito giudaico e precisamente a Qumran 16 : la celebrazione della grandezza dell’uomo<br />

non riguarda l’uomo presente peccatore, ma l’uomo messianico, quello della speranza<br />

escatologica. Infatti all’’enoš frag<strong>il</strong>e <strong>di</strong> oggi viene fatto balenare, secondo l’esegesi essena, un<br />

futuro profetico, celeste ed eterno, «<strong>di</strong> poco inferiore a Dio». Ecco un’antologia <strong>di</strong> tale r<strong>il</strong>ettura<br />

qumranica 17 . Nella Regola della comunità (1QS IV,7-8): «La visita <strong>di</strong> tutti coloro che<br />

camminano in lui consiste nella salute, nell’abbondanza <strong>di</strong> pace per lunghi giorni, posterità<br />

feconda insieme a tutte le bene<strong>di</strong>zioni perpetue, gioia eterna nella vita continua, una corona<br />

gloriosa con un abito magnifico nella luce eterna». Negli Inni (1QH XV,16-17): «Nella moltitu<strong>di</strong>ne<br />

delle tue misericor<strong>di</strong>e, hai aperto a una salvezza eterna ogni angustia della sua anima, a<br />

una pace perpetua e indefettib<strong>il</strong>e. Hai innalzato dalla carne la sua gloria». Dal Documento <strong>di</strong><br />

Damasco (CD 111,19-20): «E<strong>di</strong>ficò per essi una casa sicura in Israele... Coloro che persevereranno<br />

in essa avranno vita eterna e sarà loro tutta la gloria <strong>di</strong> Adamo». In un altro inno, riecheggiando<br />

Sal 8,5 18 , si ha: «L’uomo giustificato tu lo salverai nell’abbondanza delle tue misericor<strong>di</strong>e,<br />

lo glorificherai nel tuo splendore e lo farai dominare sull’abbondanza <strong>dei</strong> piaceri,<br />

con pace eterna e giorni lunghi» (1QH, X111,17-18). Questa apparizione dell’Uomo perfetto<br />

avverrà forse nella risurrezione destinata ai giusti: un’idea, però, poco attestata a Qumran e<br />

presente in testi <strong>di</strong>scussi (1QH VI,34; 1QM XII,5), anche se poi esplicita nel NT (Mt 25,46;<br />

Gv 5,29; Rm 2,7-8; ecc.). O forse avverrà, secondo una concezione ellenistica tar<strong>di</strong>va, gnostica<br />

e neoplatonica, attraverso la liberazione della «gloria» dell’uomo, cioè della scint<strong>il</strong>la <strong>di</strong> <strong>di</strong>vinità<br />

nascosta nell’interiorità umana, purificata ed estratta dal limite della corporeità. Questa<br />

visione tipicamente greca, che considera l’anima prigioniera della materia corporale, non è assente<br />

a Qumran, che l’ha assorbita attraverso complesse me<strong>di</strong>azioni culturali, ma è estranea<br />

all’antropologia biblica, nemica <strong>di</strong> ogni dualismo psicofisico.<br />

Ora, la via del pešer, cioè del commento qumranico, prepara la strada ad una nuova ermeneutica,<br />

quella neotestamentaria e cristologica, libera però da ogni connotazione gnosticodualistica<br />

19 . In particolare è degna <strong>di</strong> nota l’applicazione fatta da quella solenne omelia che è<br />

la lettera agli Ebrei, nel contesto della riflessione sul legame <strong>di</strong> fraternità che, con l’incarnazione,<br />

vincola <strong>il</strong> Cristo all’intera umanità (Eb 2,15-18). Nei vv. 6-7 del c. 2 della lettera sono<br />

citati esplicitamente i vv. 5-6 del Sal 8 nella versione <strong>dei</strong> LXX (<strong>il</strong> confronto è con «gli angeli»<br />

e non con ’elohîm). E l’autore commenta:<br />

«Avendo assoggettato al Cristo ogni cosa, nulla ha lasciato che non gli fosse sottomesso. Tuttavia al presente<br />

non ve<strong>di</strong>amo ancora che ogni cosa sia a lui sottomessa. Però quel Gesù, che fu fatto <strong>di</strong> poco inferiore<br />

agli angeli, lo ve<strong>di</strong>amo ora coronato <strong>di</strong> gloria e <strong>di</strong> onore a causa della morte che ha sofferto, perché, per<br />

la grazia <strong>di</strong> Dio, egli provasse la morte a vantaggio <strong>di</strong> tutti» (Eb 2,8-9).<br />

Cristo è perciò <strong>il</strong> restauratore dell’or<strong>di</strong>ne cosmico attraverso la sua umanità e la sua glorificazione<br />

pasquale. Si recupera così la <strong>di</strong>mensione tra<strong>di</strong>zionale cristiana del Servo sofferente,<br />

16 Ve<strong>di</strong> H. KOSMALA, Hebräer, Essener, Christen, Leiden 1959, 160ss.<br />

17 Tutte le versioni che citiamo sono tratte da L. MORALDI, I manoscritti <strong>di</strong> Qumran, Torino 1971.<br />

18 Ve<strong>di</strong> W.M. BROWNLEE, The Dead-Sea Manual of Discipline, New Haven 1951, 57, nota 7.<br />

19 Sull’interpretazione cristologica del Sal 8 ve<strong>di</strong> J. DUPLACY, «La lecture juive du Ps 8», in BVC 16 (1956)<br />

87-95; IDEM, «La lecture chrétienne du Psaume 8 à l’école de la Bible», ibidem 18 (1957) 85-93; B.S. CHILDS,<br />

«Psalm 8 in the context of the Christian Canon» in Interpretation 23 (1969) 20-31; H. RINGGREN, «Psalm 8 och<br />

kristologien», in Svensk Exegetisk Årsbok 37-38 (1972-73) 16-20; F.J. MOLONEY, «The Targum on Ps 8 and the<br />

NT», in Salesianum 37 (1975) 326-336.


292 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Il creatore, l’uomo e l’universo (Sal 8)<br />

fratello dell’umanità 20 , ma anche quella escatologica <strong>di</strong> Qumran r<strong>il</strong>etta però alla luce dell’evento<br />

pasquale. Il Sal 8 <strong>di</strong>venta allora una profezia del Cristo risorto, <strong>il</strong> programma ideale<br />

d’una nuova umanità e <strong>di</strong> un mondo rior<strong>di</strong>nato. Citando <strong>il</strong> v. 7 del salmo, Paolo scrive in 1Cor<br />

15,26-27: «L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto<br />

i suoi pie<strong>di</strong>». E, in Ef 1,22, colui che «ha sotto i suoi pie<strong>di</strong> ogni cosa» è esplicitamente <strong>il</strong><br />

Cristo risorto: «Tutto infatti ha sottomesso suoi pie<strong>di</strong>, costituendolo su tutte le cose...». E questo<br />

avviene proprio perché <strong>il</strong> Cristo glorioso è stato anche nostro fratello attraverso l’um<strong>il</strong>iazione<br />

dell’incarnazione: «Pur essendo <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>vina non considerò un tesoro geloso la sua<br />

uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> servo e <strong>di</strong>venendo<br />

sim<strong>il</strong>e agli uomini» (F<strong>il</strong> 2,6-7). Anzi, per la seconda lettera <strong>di</strong> Pietro lo svelamento del nuovo<br />

uomo perfetto lo si ha già nell’anticipazione pasquale della trasfigurazione: «Egli ricevette da<br />

Dio Padre onore e gloria quando, dalla maestosa gloria, gli fu rivolta questa voce: Questi è <strong>il</strong><br />

Figlio mio pred<strong>il</strong>etto nel quale mi sono compiaciuto» (2Pt 1,17). In questa linea cristologica si<br />

potrebbe allegare la riflessione paolina sull’Adamo primigenio peccatore e sul secondo Adamo,<br />

Cristo, Spirito vivificante (1Cor 15,45ss; cfr. Rm 5,12ss; 1Ts 2,15-16). Anche l’umanità<br />

intera attende questo destino glorioso inaugurato dal Cristo. La Lettera <strong>di</strong> Barnaba <strong>di</strong>ce: «Chi<br />

può ora comandare alle bestie, ai pesci e agli uccelli del cielo?... Ora questo non avviene. Ma<br />

quando avverrà ci è stato detto: quando anche noi saremo perfetti e potremo ere<strong>di</strong>tare <strong>il</strong> testamento<br />

del Signore» (6,18-19).<br />

20 H. FELD, «Der Humanistenstreit um Hebr 2,7 (Ps 8,6)», in Archiv Reformgesch. 61 (1970) 533; cfr. P.<br />

GRELOT, Sens chrétien de l’AT, Tournai 1962, 473-474 e I. ENGNELL, «The ‘Ebed Yahwe Songs and the suffering<br />

Messiah in Deutero-Isaiah», in BJRL 31 (1948) 29-41. Per i testi paolini citati ve<strong>di</strong> G. BARBAGLIO - R. FA-<br />

BRIS, Le lettere <strong>di</strong> Paolo, 3 voll., Roma 1980. Per una r<strong>il</strong>ettura cristologica del salmo ve<strong>di</strong> anche le note al Sal 8<br />

<strong>di</strong> W. VISCHER, Psalmen, Basel 1944.


PREGARE LA VIOLENZA? I SALMI DI VENDETTA *<br />

Nel Salterio vi sono alcuni poemi che presentano una particolare <strong>di</strong>fficoltà per <strong>il</strong> lettore del<br />

<strong>libro</strong>, e più ancora per colui che tenta <strong>di</strong> pregare con esso. Sono i <strong>salmi</strong> cosiddetti <strong>di</strong> esecrazione<br />

o <strong>di</strong> vendetta. Eppure, <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> vendetta è un sentimento a noi ben noto. Sappiamo<br />

che può covare a lungo nell’attesa della sua ora. In tal caso, <strong>il</strong> rancore <strong>di</strong> cui si nutre rende la<br />

vendetta tanto più terrib<strong>il</strong>e quanto più a lungo esso ha corroso <strong>il</strong> cuore e la mente. Come <strong>di</strong>ce<br />

un noto proverbio, la vendetta non è forse un piatto da mangiarsi freddo? Sentimento umano,<br />

tanto umano che ci colpisce tutti. Ma anche sentimento <strong>di</strong>sumano, che porta ad uccidere e annientare,<br />

non appena l’uomo trova uno spazio in cui dare libero sfogo alla violenza che rumina<br />

nel suo intimo.<br />

Questo sentimento <strong>di</strong> vendetta, del resto, non gode buona fama. «Non è bello ven<strong>di</strong>carsi»,<br />

<strong>di</strong>ciamo ai bambini per educarli alla responsab<strong>il</strong>ità. Ma contentarsi <strong>di</strong> colpevolizzare la vendetta<br />

o <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> vendetta non risolve niente. Negata, repressa, questa è ancora più pericolosa,<br />

poiché allora essa cerca in noi altre vie per appagarsi, talvolta persino senza che noi ce<br />

ne ren<strong>di</strong>amo conto. Quanti risentimenti inspiegati, quante asprezze, quante animosità contro<br />

noi stessi o contro altri non hanno la loro fonte in tali vendette represse e sepolte per sempre?<br />

È strano che, nel mondo cristiano, non si sia trovata, per assumere la voglia <strong>di</strong> vendetta,<br />

una via <strong>di</strong> mezzo tra la repressione colpevolizzata e <strong>il</strong> passaggio all’azione. Ed è tanto più<br />

strano in quanto la Bibbia abbozza una tale via quando accoglie nella sua preghiera delle grida<br />

<strong>di</strong> o<strong>di</strong>o e degli appelli alla vendetta. In fondo, prendere la parola per esprimere <strong>il</strong> sentimento<br />

che invade l’anima e <strong>il</strong> corpo, non è forse un modo per cominciare a umanizzarlo, per tentare<br />

<strong>di</strong> aver presa su <strong>di</strong> lui affinché lui non possa aver presa su <strong>di</strong> noi? Riconoscere che siamo esseri<br />

umani fino nel desiderio <strong>di</strong> vendetta, non è forse già renderci capaci <strong>di</strong> inventare altre soluzioni<br />

rispetto alla violenza?<br />

Non è forse per questo, in fondo, che YHWH viene a parlare con Caino? Dapprima lo invita<br />

ad aprire gli occhi sul lato <strong>di</strong>sumano presente in lui con tutta la sua violenza: alla porta – <strong>di</strong>ce<br />

– <strong>il</strong> peccato è accovacciato (come una belva) e verso te è <strong>il</strong> suo impeto. Contemporaneamente,<br />

suggerisce che esiste più <strong>di</strong> un modo per uscire da questa situazione: Se agisci bene... se non<br />

agisci bene... Tu, puoi dominarlo (Gen 4,7). Ma Caino non apre la bocca su ciò che accade in<br />

lui. Senza una parola, si erge contro suo fratello e lo uccide. Ah! Se Caino avesse potuto trovare<br />

delle parole... Più tar<strong>di</strong>, Giuseppe lo farà e, una volta dominata la propria vendetta, egli<br />

inventerà una via <strong>di</strong> riconc<strong>il</strong>iazione tra fratelli (Gen 37–50).<br />

Di fronte alla violenza nutrita dal desiderio <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>carsi <strong>di</strong> un’ingiustizia subìta o inventata,<br />

l’Antico Testamento in<strong>di</strong>ca un cammino: la parola, che umanizza ciò che rischia sempre <strong>di</strong><br />

rimanere <strong>di</strong>sumano. A questa parola che propone, esso dà corpo nei <strong>salmi</strong> cosiddetti <strong>di</strong> vendetta<br />

o <strong>di</strong> esecrazione. Ma le Chiese, <strong>il</strong> più delle volte, hanno ban<strong>di</strong>to dalla loro preghiera questi<br />

<strong>salmi</strong> che, a quanto pare, esse ritengono indegni del vangelo. Ma perché dunque togliere così<br />

la parola alla vendetta, negandole nel contempo una probab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare meno <strong>di</strong>sumana?<br />

Se infatti, come <strong>il</strong> Salterio <strong>di</strong>mostra, questo sentimento può <strong>di</strong>rsi nella preghiera, è perché non<br />

deve essere considerato come indegno dell’uomo o <strong>di</strong> Dio. Al contrario. Se, crescendo nell’essere<br />

umano, esso mette in pericolo la vita e la pace, allora riguarda Dio e <strong>il</strong> suo sogno <strong>di</strong> creatore.<br />

È quanto riconoscono implicitamente i <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> male<strong>di</strong>zione.<br />

Nella misura in cui le si concede <strong>di</strong> accedere alla parola, la vendetta può decantarsi e ricentrarsi<br />

su quanto sta alla sua fonte: <strong>il</strong> sentimento <strong>di</strong> un’iniquità, <strong>di</strong> una violenza ingiustamente<br />

subìta; essa può allora <strong>di</strong>rsi come tale prendendo Dio a testimone, lui <strong>di</strong> cui si proclama che è<br />

un giusto giu<strong>di</strong>ce. Quando infatti qualcuno cerca così <strong>di</strong> esprimere la sua sete <strong>di</strong> vendetta, è<br />

condotto in qualche modo ad esplorare <strong>il</strong> suo sentimento, possib<strong>il</strong>ità offerta <strong>di</strong> condurlo alla<br />

* A. WÉNIN, Entrare nei Salmi (Stu<strong>di</strong> biblici 41), Bologna 2002, 113-142.


294 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Pregare la violenza? I <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> vendetta<br />

sua verità e <strong>di</strong> purificarlo a poco a poco della sua aggressività negativa man mano che questa<br />

trova modo <strong>di</strong> esprimersi. A maggior ragione se questa parola viene espressa davanti a Dio.<br />

Certo, questo non affrancherà l’espressione dal suo carattere eccessivo, che è <strong>il</strong> segno <strong>di</strong> una<br />

grande sofferenza. Ma questo le consentirà forse <strong>di</strong> essere meno ingiusta nella misura in cui si<br />

esorcizza in tal modo la violenza che è generata dal sentimento dell’ingiustizia e dal desiderio<br />

<strong>di</strong> vendetta che ne deriva.<br />

Nelle pagine che seguono mi prefiggo <strong>di</strong> leggere due <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> questo genere (Sal 83 e Sal<br />

58) e <strong>di</strong> alludere ad un terzo (Sal 94), senza soffermarmi sui brani ven<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> altri <strong>salmi</strong><br />

spesso censurati nella liturgia delle Ore. Infatti, questi tratti sono normali nell’ambito della<br />

supplica <strong>salmi</strong>ca <strong>di</strong> cui ho parlato sopra. Che cosa può infatti chiedere a Dio un <strong>salmi</strong>sta<br />

schiacciato dai fautori <strong>di</strong> male, se non <strong>di</strong> poter sfuggire loro? In un contesto del genere,<br />

l’auspicio <strong>di</strong> vedere costoro fallire nel loro progetto <strong>di</strong> morte o <strong>di</strong> vederli precipitati da Dio nel<br />

tranello che hanno preparato è solo un’espressione tra le altre della speranza <strong>di</strong> una salvezza<br />

decisiva che farà la gioia <strong>dei</strong> giusti tratti finalmente in salvo (Sal 28,4-5; 35,4-8.24-26; 40,15-<br />

16; 55,16; 56,8; 63,10-11; 69,23-29; 79,6-7.12). Allo stesso modo, se l’arma <strong>dei</strong> malvagi è la<br />

lingua, la menzogna e le calunnie, è comprensib<strong>il</strong>e che <strong>il</strong> giusto desideri vedere privi delle loro<br />

armi e ridotti al s<strong>il</strong>enzio coloro <strong>il</strong> cui linguaggio è <strong>di</strong>sumano perché uccide (Sal 31,18b-19;<br />

35,20-21.25; 59,6b-9; 63,12; 140,10-12). Dopo tutto, volere la morte del male e della morte è<br />

un modo come un altro <strong>di</strong> affermare una volontà <strong>di</strong> alleanza con quel Dio che o<strong>di</strong>a <strong>il</strong> male e la<br />

morte perché ama la vita (Sal 139,19-22). E, dopo <strong>il</strong> Sal 2, cosa c’è <strong>di</strong> più naturale se non invocare<br />

YHWH per la vittoria del Messia nella lotta dove lo attirano i malvagi (Sal 21,9-13;<br />

110,6)?<br />

Del resto, se la violenza <strong>di</strong> queste preghiere ci mette a <strong>di</strong>sagio, è sufficiente prendere un<br />

po’ <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza e fare <strong>dei</strong> nemici un simbolo del male da combattere. Ma, prima <strong>di</strong> questo, è<br />

forse bene chiedersi perché ci <strong>di</strong>sturba <strong>il</strong> fatto <strong>di</strong> trovare nel Salterio una violenza dovunque<br />

<strong>di</strong>ffusa nell’uomo, nelle società e nella storia... Abbiamo forse paura che la Bibbia ci rinvii alla<br />

nostra propria violenza che secoli <strong>di</strong> educazione cristiana hanno cercato <strong>di</strong> rimuovere, senza<br />

voler accorgersi degli effetti perversi che tali repressioni producono? 1<br />

1. IN NOME DELL’ALLEANZA: IL SALMO 83<br />

Il Sal 83 è una preghiera collettiva <strong>di</strong> Israele, che chiede al proprio Dio <strong>di</strong> essere liberato<br />

dalle nazioni che vogliono la sua rovina. In fondo, questo poema presuppone un’ideologia vicina<br />

a quella delle «guerre del Signore» dove, senza intervento umano significativo, Dio libera<br />

<strong>il</strong> suo popolo da un grave pericolo. Ma leggiamo innanzitutto <strong>il</strong> testo 2 .<br />

1 Canto. Salmo. Di Asaf.<br />

2 Dio! Nessun riposo per te,<br />

non essere muto / sordo e non essere inerte, Di[o]!<br />

3 Sì, ecco i tuoi nemici tumultuano;<br />

quelli che ti o<strong>di</strong>ano hanno alzato la testa.<br />

4 Contro <strong>il</strong> tuo popolo tramano in segreto<br />

e intrigano contro i tuoi nascosti (= <strong>il</strong> tuo tesoro).<br />

5 Dicevano: «Suvvia! Sopprimiamoli come nazione,<br />

che <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Israele non sia più ricordato!».<br />

1<br />

A tal proposito, vedere anche <strong>il</strong> dossier collettivo «Pour ou contre les psaumes d’imprécation?», in La Vie<br />

Spirituelle 122 (1970) 291-336, e l’articolo <strong>di</strong> P. BEAUCHAMP, «Violence et Bible. La prière contre les ennemis<br />

dans les Psaumes», in Documents Episcopat 11 (juin 1986) 1-11.<br />

2<br />

Questo stu<strong>di</strong>o deve molto all’articolo <strong>di</strong> Bruna COSTACURTA, «L’aggressione contro Dio. Stu<strong>di</strong>o del Salmo<br />

83», in Biblica 64 (1983) 518-540.


6 Sì, intrigano con un solo cuore,<br />

contro <strong>di</strong> te concludono un’alleanza:<br />

7 le tende <strong>di</strong> Edom e degli Ismaeliti,<br />

Moab e gli Agareni;<br />

8 Gebal e Ammon e Amalek,<br />

la F<strong>il</strong>istea con gli abitanti <strong>di</strong> Tiro;<br />

9 anche Assur si è coalizzato con loro,<br />

sono un braccio per i figli <strong>di</strong> Lot. Sèlah<br />

Saggi <strong>di</strong> esegesi - Pregare la violenza? I <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> vendetta 295<br />

10 Fa’ a loro come a Ma<strong>di</strong>an,<br />

come a Sisara e Iabin al torrente Kison:<br />

11 furono sterminati a Endor,<br />

furono concime per <strong>il</strong> suolo.<br />

12 Rend<strong>il</strong>i, i loro principi, come Oreb e come Zeb,<br />

come Zebee e Sàlmana, tutti i loro capi,<br />

13 quelli che <strong>di</strong>cevano: «Pren<strong>di</strong>amo per noi in ere<strong>di</strong>tà<br />

le oasi (= proprietà) <strong>di</strong> Dio!».<br />

14 Mio Dio, rend<strong>il</strong>i come un turbine,<br />

come paglia davanti al vento.<br />

15 Come un fuoco che <strong>di</strong>vora una foresta,<br />

come una fiamma che avvampa montagne,<br />

16 così li inseguirai nella tua tempesta,<br />

nel tuo uragano, li spaventerai.<br />

17 Colma <strong>il</strong> loro volto <strong>di</strong> confusione,<br />

cerchino <strong>il</strong> tuo nome, YHWH!<br />

18 Siano confusi e spaventati per sempre,<br />

siano <strong>di</strong>sonorati e periscano / si perdano!<br />

19 Sappiano che tu, <strong>il</strong> tuo nome (è) YHWH, tu solo,<br />

Altissimo su tutta la terra.<br />

1.1. OSSERVAZIONI SULLA STRUTTURA LETTERARIA<br />

1.1.1. Le simmetrie nel poema<br />

Il nome <strong>di</strong> Dio non compare quasi mai in questo salmo. Al vocativo, lo si trova solo all’inizio,<br />

al v. 2 (Dio!, 2 volte) e ai vv. 17 e 19 (YHWH!). L’ultima ricorrenza <strong>di</strong> questo nome al vocativo<br />

si trova al v. 14 (mio Dio!), ma lì, questa appare come risposta alle <strong>di</strong>cerie <strong>dei</strong> nemici<br />

che parlano <strong>di</strong> Dio come <strong>di</strong> un avversario da spogliare (i domini <strong>di</strong> Dio, v. 13). In tal modo, in<br />

base alla ripetizione <strong>di</strong> uno stesso nome <strong>di</strong>vino, si può notare un’inclusione tra l’inizio e la fine<br />

del salmo, restando inteso che i vv. 17-19 formano una strofa conclusiva, inquadrata anch’essa<br />

dalle parole <strong>il</strong> tuo nome, YHWH.<br />

Il centro del poema è segnato dal termine sèlah, una parola oscura che ricorre abbastanza<br />

<strong>di</strong> frequente nel corpo <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> e che viene generalmente intesa come un’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> pausa.<br />

Qui, questa «pausa» è preceduta e seguita da un elenco <strong>di</strong> nemici <strong>di</strong> Israele. Ai vv. 6-9 si<br />

cita una serie <strong>di</strong> popoli che si coalizzano contro Dio (v. 6). Ai vv. 10-13 si tratta <strong>di</strong> una lista <strong>di</strong><br />

re e <strong>di</strong> capi <strong>il</strong> cui progetto viene descritto da una citazione al v. 13. Tali sono le due strofe centrali<br />

che sembrano rispondersi l’un l’altra. Ciascuna annovera quattro versi <strong>di</strong> due stichi.<br />

I limiti fin qui determinati lasciano isolati due blocchi esterni: <strong>il</strong> primo dopo l’introduzione<br />

(vv. 3-5), l’altro prima della conclusione (vv. 14-16). Sono due nuove strofe, <strong>di</strong> tre <strong>di</strong>stici questa<br />

volta. La prima evoca l’insurrezione <strong>dei</strong> nemici e <strong>il</strong> progetto che fomentano contro Israele.<br />

La seconda, quasi fosse un’eco, è un appello in<strong>di</strong>rizzato a Dio perché agisca con potenza contro<br />

questi nemici minacciosi.<br />

1.1.2. Struttura e logica d’insieme<br />

Tra l’introduzione (v. 2) e la conclusione (vv. 17-19), <strong>il</strong> salmo si sv<strong>il</strong>uppa in due parti composte<br />

<strong>di</strong> due strofe ciascuna. Nella prima, le due strofe iniziano con una esclamazione (sì!),


296 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Pregare la violenza? I <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> vendetta<br />

descrivono «l’intrigo» (vv. 4 e 6, stesso verbo) immaginato da nemici, i quali vengono successivamente<br />

elencati per nome. Quanto alle due strofe della seconda parte, esse iniziano con un<br />

appello a Dio e comportano una stessa espressione (rend<strong>il</strong>i come..., vv. 12 e 14). Infine, si noterà<br />

che la fine della prima strofa <strong>di</strong> ciascuna parte riferisce un <strong>di</strong>scorso <strong>dei</strong> nemici (vv. 5 e 13:<br />

<strong>di</strong>cevano). Queste due citazioni esplicitano del resto <strong>il</strong> progetto <strong>dei</strong> nemici contro Israele.<br />

Isolando introduzione e conclusione, è possib<strong>il</strong>e, secondo me, determinare lo scopo essenziale<br />

della preghiera. Essa tende a far sì che Dio abbandoni l’in<strong>di</strong>fferenza che <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta crede<br />

<strong>di</strong> percepire in lui, dato che non ottiene risposta alcuna alle sue invocazioni (v. 2). Se, ascoltando<br />

<strong>il</strong> suo grido, Dio si mette ad agire per confondere i nemici, potrà farsi conoscere da essi<br />

con <strong>il</strong> suo nome: YHWH, Altissimo su tutta la terra (vv. 17-19). In altre parole, la posta fondamentale<br />

che <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta sceglie <strong>di</strong> mettere in evidenza per esortare Dio ad agire in favore <strong>di</strong><br />

Israele, si trova in questa domanda: in che modo Dio può farsi conoscere nella situazione <strong>di</strong><br />

pericolo che <strong>il</strong> suo popolo vive?<br />

Se si considera <strong>il</strong> corpo del salmo, ci si imbatte in un paradosso. Infatti, da una parte, <strong>il</strong><br />

progetto <strong>dei</strong> nemici è <strong>di</strong>retto contro Israele (vv. 4-5) e contro Dio (v. 6); ma dall’altra, la risposta<br />

è presentata come faccenda esclusiva <strong>di</strong> Dio, che può agire con l’aiuto degli elementi<br />

della creazione (vv. 14-16). Israele sembra dunque ridotto all’impotenza <strong>di</strong> fronte alla coalizione<br />

che lo attacca, e aspetta la salvezza da Dio solo. Se Dio passa all’azione <strong>di</strong> fronte ai nemici<br />

<strong>di</strong> oggi, si mostrerà fedele a se stesso, a quanto ha fatto ieri con gli aggressori del suo<br />

popolo (vv. 10-12).<br />

1.2. UNA CONTRO-ALLEANZA (VV. 2-9)<br />

1.2.1. L’invocazione <strong>di</strong> aiuto (v. 2)<br />

Il v. 2 costituisce l’apertura della preghiera. È un appello pressante, inquadrato da due invocazioni<br />

a Dio. Tra le due, leggiamo tre espressioni con la negazione, <strong>di</strong> cui due verbi<br />

all’imperativo. La prima <strong>di</strong> queste espressioni è relativamente rara. Il termine centrale significa<br />

«riposo, sosta, calma o s<strong>il</strong>enzio»: in<strong>di</strong>ca la posizione <strong>di</strong> ripiego cui Dio sembra attenersi,<br />

perlomeno agli occhi del <strong>salmi</strong>sta. Due verbi completano <strong>il</strong> quadro. Il primo esprime una duplice<br />

idea <strong>di</strong> sor<strong>di</strong>tà e <strong>di</strong> mutismo (Sal 28,1-2; 35,22; 39,13; 109,1): sottolinea <strong>il</strong> rifiuto <strong>di</strong><br />

prendere atto <strong>di</strong> una situazione e <strong>di</strong> intervenirvi. Così Dio sembra essere totalmente estraneo<br />

alla realtà su cui l’orante desidera attirare la sua attenzione. Quanto al secondo verbo, esso è<br />

un sinonimo della prima espressione: torna dunque sull’idea <strong>di</strong> calma, <strong>di</strong> riposo e <strong>di</strong> tranqu<strong>il</strong>lità<br />

che stigmatizza l’apparente in<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Dio <strong>di</strong> fronte alla situazione.<br />

1.2.2. Il complotto (vv. 3-5; cfr. vv. 6.9.13)<br />

Dopo questo esor<strong>di</strong>o, la prima strofa si sofferma a descrivere <strong>il</strong> complotto che rende<br />

drammatica la situazione <strong>di</strong> Israele e che giustifica la richiesta <strong>di</strong> aiuto da parte del <strong>salmi</strong>sta.<br />

Dai soggetti e dai verbi ut<strong>il</strong>izzati in questi versi emergono due idee principali. Dapprima quella<br />

<strong>di</strong> un’insurrezione, <strong>di</strong> una ribellione (tumultuare e alzare la testa), che suggerisce un nuovo<br />

stato <strong>di</strong> cose, inconsueto e minaccioso. Questa rivolta è dovuta a nemici <strong>di</strong> Dio che provano<br />

o<strong>di</strong>o nei suoi confronti, un sentimento che li porta a concludere un patto, a mettersi unanimemente<br />

d’accordo in vista <strong>di</strong> un’aggressione (tramare, intrigare, concludere un’alleanza e coalizzarsi,<br />

v. 9). Ritroviamo qui una situazione già evocata dal Sal 2.<br />

Ma chi è <strong>il</strong> bersaglio <strong>di</strong> questo attacco? Qui, constatiamo un’imprecisione probab<strong>il</strong>mente<br />

significativa. Talora si tratta <strong>di</strong> Dio (v. 3: i tuoi nemici, quelli che ti o<strong>di</strong>ano), talora <strong>di</strong> Israele<br />

(v. 5: sopprimiamoli, <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Israele), talora ancora <strong>di</strong> Israele in quanto è legato a Dio (v. 4:<br />

<strong>il</strong> tuo popolo, quelli che tieni nascosti, ossia <strong>il</strong> tuo bene prezioso). Al v. 5 <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta enuncia<br />

chiaramente l’intento <strong>dei</strong> nemici: a suo avviso, essi progettano <strong>di</strong> eliminare in quanto nazione<br />

(gôy) <strong>il</strong> popolo (‘am) che lui stesso considera come <strong>il</strong> popolo <strong>di</strong> Dio, <strong>il</strong> suo tesoro. È possib<strong>il</strong>e<br />

chiarire <strong>il</strong> suo pensiero?


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Pregare la violenza? I <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> vendetta 297<br />

In fondo, i nemici coalizzati si oppongono, forse senza saperlo, ad un’alleanza: quella che<br />

lega Israele e <strong>il</strong> suo Dio e che è ricordata dai due termini che designano Israele nel v. 4. Con<br />

quest’alleanza, la sorte <strong>di</strong> Dio e quella del popolo sono intimamente legate così che se Israele<br />

scompare, Dio stesso è minacciato. Come <strong>di</strong>ce un midrash sul Sal 18,5: «Finché Israele esiste,<br />

egli è chiamato Dio <strong>di</strong> Israele; ma se Israele viene <strong>di</strong>strutto, Dio <strong>di</strong> chi è chiamato?». Infatti,<br />

se Dio permette che <strong>il</strong> suo popolo scompaia – questo, penso, è l’argomento sotteso –, o egli è<br />

infedele all’alleanza, o è incapace <strong>di</strong> salvare. Ma, in entrambi i casi, la sua identità <strong>di</strong> Dio unico<br />

e salvatore viene messa in <strong>di</strong>scussione.<br />

In poche parole, se Israele è minacciato da nemici, anche Dio lo è: se costoro infatti intrigano<br />

contro Israele (v. 4), le loro manovre prendono necessariamente <strong>di</strong> mira anche <strong>il</strong> Dio alleato<br />

<strong>di</strong> questo popolo (v. 6a). Così, sotto <strong>il</strong> complotto <strong>di</strong>retto nei fatti contro Israele (<strong>il</strong> v. 5<br />

non menziona Dio), <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta scopre una contro-alleanza <strong>di</strong>retta in realtà contro Dio, l’artefice<br />

e <strong>il</strong> garante dell’alleanza con Israele: è contro <strong>di</strong> te che concludono un’alleanza (v. 6b). Il<br />

v. 13 andrà nello stesso senso, poiché lì, secondo <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta, <strong>il</strong> progetto <strong>dei</strong> nemici è <strong>di</strong> impadronirsi<br />

del frutto dell’alleanza: i domini <strong>di</strong> Dio affidati in ere<strong>di</strong>tà a Israele. In tal modo, per<br />

Israele, la minaccia non è solo <strong>di</strong> scomparire dalla lista <strong>dei</strong> popoli (v. 5a); è altresì <strong>di</strong> vedere<br />

l’alleanza abolita nella misura in cui Dio stesso non si ricorderebbe del nome <strong>di</strong> Israele (v.<br />

5b) 3 , lui <strong>il</strong> cui ricordo è così spesso l’inizio della salvezza (cfr. Gen 9,15-16; Es 2,24-25; 6,5-<br />

8; Sal 9,13; 115,12).<br />

1.2.3. I nemici coalizzati (vv. 6-9)<br />

Se si considera adesso la lista <strong>dei</strong> nemici che hanno sig<strong>il</strong>lato tra loro questa alleanza contro-alleanza,<br />

si constata che la maggior parte sono nemici tra<strong>di</strong>zionali <strong>di</strong> Israele, a cominciare<br />

da Edom. Questo Edom non è forse Esaù, <strong>il</strong> fratello nemico <strong>di</strong> Giacobbe-Israele (Gen 25,21-<br />

34; 27,1–28,9)? La tribù del sud-est del Mar Morto, a cui è stato dato <strong>il</strong> suo nome, è celebre<br />

nella Bibbia per la sua ost<strong>il</strong>ità verso Israele. Fin dalla traversata del deserto, gli edomiti si rifiutano<br />

<strong>di</strong> lasciar passare <strong>il</strong> popolo uscito dall’Egitto (Nm 20,14-21 e Gdc 11,1617), inoltre,<br />

dopo <strong>il</strong> ritorno dall’es<strong>il</strong>io, <strong>il</strong> Cronista ne farà uno <strong>dei</strong> popoli coalizzati che tenta <strong>di</strong> espellere<br />

Israele dalla sua terra (2Cr 20,10-12.15). Arrogante e orgoglioso (Ger 49,16; Abd 1-4), Edom,<br />

secondo Ezechiele, si è rallegrato della <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> Gerusalemme (Ez 25,12-14).<br />

I quattro popoli seguenti – a parte lo strano Gebal <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>rò una parola più avanti – sono,<br />

come Edom, imparentati con Israele fin dalle origini. Infatti, se ne trovano tracce nella storia<br />

<strong>di</strong> Abramo. Gli ismaeliti, noma<strong>di</strong> <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>mente localizzab<strong>il</strong>i, sono considerati come i <strong>di</strong>scendenti<br />

del figlio <strong>di</strong> Abramo, <strong>il</strong> quale, nel racconto della Genesi, costituisce la prima minaccia<br />

per la promessa <strong>di</strong> cui Isacco è <strong>il</strong> beneficiario (cfr. Gen 16; 21). Con essi, vengono menzionati<br />

gli agareni, un popolo peraltro poco citato (Bar 3,23; 1Cr 5,10.19-20 e 27,31), <strong>il</strong> cui antenato<br />

eponimo altri non è che Agar, la madre <strong>di</strong> Ismaele. Quanto a Moab e Ammon, essi sono i figli<br />

<strong>di</strong> Lot, nipote <strong>di</strong> Abramo (Gen 19,30-38). I popoli transgiordani, che li considerano come loro<br />

avi, abitano rispettivamente ad est e a nord-est del Mar Morto. Secondo Dt 23,4-7, essi sono<br />

esclusi per sempre dall’assemblea <strong>di</strong> Dio – contrariamente a Edom, <strong>il</strong> popolo fratello (v. 8). Ez<br />

25,1-11 li associa del resto nella male<strong>di</strong>zione. Questo perché Moab ha cercato <strong>di</strong> sbarrare <strong>il</strong><br />

passaggio a Israele all’epoca del suo passaggio in Transgiordania (Nm 22–24). I profeti, dal<br />

canto loro, lo vedono come un popolo orgoglioso che insorge contro Dio (Is 16,6; Ger 48,25-<br />

27.42). Infine, per quel che riguarda Gebal, in lui si è visto <strong>il</strong> nome ebraico <strong>di</strong> Biblos, ma è<br />

parimenti possib<strong>il</strong>e che si tratti <strong>di</strong> un altro popolo arabo della Transgiordania.<br />

Al contrario <strong>dei</strong> popoli precedenti, Amalek, la F<strong>il</strong>istea e Tiro non sono imparentati con<br />

Israele. Situati a sud, ad ovest e a nord della terra <strong>di</strong> Canaan, sono degli stranieri la cui presenza<br />

è stata spesso minacciosa per <strong>il</strong> popolo eletto. Amalek, una tribù nomade del Negev,<br />

3 Il passivo non sia più ricordato, al v. 5b, potrebbe infatti avere ugualmente Dio come agente, lui <strong>di</strong> cui si<br />

<strong>di</strong>ce spesso che si ricorda della sua alleanza (Dt 4,31; Ez 16,60; Sal 105,8-9).


298 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Pregare la violenza? I <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> vendetta<br />

rappresenta persino un nemico tipo <strong>di</strong> Israele: non è forse lui <strong>il</strong> primo aggressore del popolo <strong>di</strong><br />

Israele appena uscito dall’Egitto (Es 17,8-16)? Questa nazione che non teme Dio (Dt 25,18) è<br />

votata alla scomparsa (Dt 25,17-19; cfr. Nm 24,20 e 1Sam 15 e 30). Persino più <strong>di</strong> Amalek, i<br />

f<strong>il</strong>istei appaiono come nemici tra<strong>di</strong>zionali in Israele. Oppressori del popolo all’epoca dell’instaurazione<br />

della monarchia (Gdc 10,7; 13–16; 1Sam 4; 7; 13–14; 17; 27–31; 2Sam 5,17-25),<br />

cattureranno l’arca <strong>di</strong> Dio, cercando <strong>di</strong> trattenere <strong>il</strong> Signore nel loro paese (1Sam 4–6). I profeti<br />

li trattano come pericolosi nemici <strong>di</strong> Israele (Is 14,28-31; Ger 47,1-7; Ez 25,15-16; Zc 9,5-<br />

8). È ugualmente <strong>il</strong> caso <strong>di</strong> Tiro (Ger 47,4; Ez 26–27), città orgogliosa della sua prosperità (Is<br />

23,8-9; Ez 27,25), <strong>il</strong> cui re si <strong>di</strong>ce Dio (Ez 28,1-10) e cerca <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>carsi del Signore (Gl 4,4).<br />

Questa città è situata a nord-ovest <strong>di</strong> Israele, sulla costa dell’attuale Libano.<br />

Poiché l’espressione i figli <strong>di</strong> Lot riprende i clan <strong>di</strong> Moab e <strong>di</strong> Ammon citati prima, l’ultimo<br />

nemico <strong>di</strong> questo elenco è Assur, nome biblico dell’Assiria. Si tratta della grande potenza che<br />

ha retto tutto <strong>il</strong> Vicino Oriente dal IX secolo fino alla sua rovina alla fine del VII secolo. È stato<br />

lui a <strong>di</strong>struggere <strong>il</strong> regno <strong>di</strong> Israele nel 721 prima <strong>di</strong> mettere Gerusalemme e Giuda in un’incresciosa<br />

situazione (2Re 17,1-6; 18,9–19,37; Is 36–37). Assur è visto in Israele come una nazione<br />

che pretende <strong>il</strong> potere assoluto e non <strong>di</strong>mostra che <strong>di</strong>sprezzo per <strong>il</strong> Signore, <strong>il</strong> Dio <strong>di</strong><br />

Israele (2Re 18,28-35; 19,10-13; cfr. 2Cr 32) contro <strong>il</strong> quale trama <strong>il</strong> male (Na 1,11). La menzione,<br />

alla fine dell’elenco, dell’appoggio assiro ai coalizzati (sono un braccio per i figli <strong>di</strong><br />

Lot) sottolinea la forza irresistib<strong>il</strong>e <strong>dei</strong> popoli che insorgono contro Israele per attaccarlo. Un<br />

rullo compressore sembra essersi messo in moto.<br />

1.3. INVOCAZIONE DI AIUTO (VV. 10-19)<br />

1.3.1. Un Dio capace <strong>di</strong> vincere i suoi nemici (vv. 10-13)<br />

Dopo la lunga descrizione dell’insurrezione delle nazioni, <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta riprende <strong>il</strong> grido che<br />

apriva la sua preghiera per sv<strong>il</strong>upparlo positivamente. Non essere né sordo né muto (v. 2) significa<br />

agire, come sottolinea <strong>il</strong> primo termine del v. 10 (fa’). Per invitare YHWH a passare<br />

all’azione, <strong>il</strong> poeta evoca due gran<strong>di</strong> vittorie riportate nel passato contro coalizioni <strong>di</strong> nemici<br />

che minacciavano l’esistenza <strong>di</strong> Israele. Questo richiamo al passato, integrato con la supplica,<br />

fonda la competenza <strong>di</strong> Dio che si è mostrato capace <strong>di</strong> salvare <strong>il</strong> suo popolo da un pericolo<br />

estremo, esprimendo nel contempo la fede basata su una tale storia della salvezza.<br />

I nomi propri citati nei vv. 10 a 13 si ricollegano a due episo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi dell’inizio del <strong>libro</strong><br />

<strong>dei</strong> Giu<strong>di</strong>ci. In<strong>di</strong>cano realtà <strong>di</strong>fferenti: un popolo (Ma<strong>di</strong>an), <strong>dei</strong> luoghi (<strong>il</strong> torrente Kison ed<br />

Endor) e <strong>dei</strong> re o <strong>dei</strong> generali nemici uccisi in occasione della vittoria <strong>di</strong> Israele (Sisara e Iabin;<br />

Oreb e Zeb, Zebee e Sàlmana). La sequenza <strong>di</strong> questi nomi è un po’ strana: nel <strong>libro</strong> <strong>dei</strong><br />

Giu<strong>di</strong>ci, Ma<strong>di</strong>an, citato al v. 10a, si accompagna ai nomi <strong>dei</strong> principi del v. 12. Quanto a Endor<br />

(v. 11a) non vi compare mai come luogo <strong>di</strong> vittoria o <strong>di</strong> esecuzione <strong>di</strong> nemici; d’altronde,<br />

potrebbe trattarsi <strong>di</strong> un errore, poiché la vittoria su Ma<strong>di</strong>an è collocata, da Gdc 7,1, vicino a<br />

Carod. Tutto ciò tende a mostrare che questa lista <strong>di</strong> nomi cerca <strong>di</strong> evocare poeticamente due<br />

antichi episo<strong>di</strong>, non senza una certa confusione del resto, per quanto <strong>il</strong> salmo alluda alle tra<strong>di</strong>zioni<br />

così come sono state riprese dall’autore del <strong>libro</strong> <strong>dei</strong> Giu<strong>di</strong>ci. Se è <strong>il</strong> caso, la confusione<br />

potrebbe essere intenzionale. Inviterebbe allora a cercare <strong>il</strong> punto comune che consente <strong>di</strong><br />

amalgamare questi due ricor<strong>di</strong>. Ma osserviamoli un po’ più da vicino.<br />

La frase Sisara e Iabin al torrente Kison (v. 10b) rimanda alla vittoria <strong>di</strong> Debora e Barak<br />

contro i cananei del nord del paese, guidati proprio da Sisara, capo dell’esercito <strong>di</strong> Iabin, re <strong>di</strong><br />

Cazor (Gdc 4). Uno <strong>dei</strong> tratti caratteristici <strong>di</strong> questo racconto è <strong>di</strong> mettere in evidenza due<br />

donne <strong>il</strong> cui intervento è decisivo per la vittoria <strong>di</strong> Israele. Debora, profetessa e giu<strong>di</strong>ce, lancia<br />

la campagna m<strong>il</strong>itare e ad essa si unisce per spalleggiare Barak, che ha inse<strong>di</strong>ato come capo <strong>di</strong><br />

guerra in Israele e che sollecita la sua presenza al suo fianco. Peraltro, <strong>il</strong> trionfo <strong>di</strong> Israele non<br />

è completo se non quando un’altra donna, Giaele, uccide con astuzia Sisara che aveva trovato<br />

rifugio nella tenda <strong>di</strong> lei.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Pregare la violenza? I <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> vendetta 299<br />

Quanto agli altri nomi della lista <strong>dei</strong> vv. 10a e 12, essi si riferiscono alla vittoria riportata<br />

da Gedeone sui ma<strong>di</strong>aniti che opprimevano Israele (Gdc 7–8) e i cui capi, Oreb e Zeb, Zebee<br />

e Sàlmana, menzionati al v. 12, vengono uccisi al termine <strong>di</strong> un inseguimento. Questo si prolunga,<br />

nel racconto, con la selezione <strong>di</strong> un piccolo gruppo <strong>di</strong> soli trecento uomini che Gedeone<br />

conduce in un’incursione vittoriosa contro <strong>il</strong> campo <strong>dei</strong> ma<strong>di</strong>aniti. È lo stesso YHWH a <strong>di</strong>sperdere<br />

questi nemici dopo aver seminato <strong>il</strong> panico nel loro campo.<br />

Quali tratti hanno in comune queste due vittorie <strong>di</strong> Israele che conosciamo dal racconto del<br />

<strong>libro</strong> <strong>dei</strong> Giu<strong>di</strong>ci? Innanzitutto, esse si collocano in momenti particolarmente <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i della<br />

storia del popolo. Ma ciò che sembra più decisivo è <strong>il</strong> fatto che sono vittorie garantite da Dio<br />

stesso. È quanto sembra in<strong>di</strong>care in ogni caso la debolezza <strong>dei</strong> mezzi umani, elemento sottolineato<br />

in entrambi i racconti da tratti <strong>di</strong>versi: l’intervento <strong>di</strong> donne, da una parte, e la piccolezza<br />

del gruppo <strong>di</strong> Gedeone, dall’altra. Per <strong>di</strong> più, nei due casi evocati, la sorte e l’onore del Signore<br />

sono in gioco nella misura in cui l’alleanza è minacciata, perlomeno nel suo segno duraturo:<br />

<strong>il</strong> dono del paese promesso. È quanto mette in r<strong>il</strong>ievo <strong>il</strong> v. 13 del salmo: Spossessiamo(li)<br />

per noi <strong>dei</strong> domini <strong>di</strong> Dio. L’idea <strong>di</strong> ere<strong>di</strong>tà, inclusa nel verbo ut<strong>il</strong>izzato per <strong>di</strong>re spossessare<br />

o confiscare a proprio vantaggio, potrebbe sottolineare che la terra bramata dai nemici<br />

è proprio l’ere<strong>di</strong>tà offerta da Dio al suo popolo perché se la trasmetta come segno della fedeltà<br />

<strong>di</strong> Dio alla sua alleanza.<br />

Tutti questi tratti possono far pensare alla situazione descritta nella prima parte del salmo:<br />

Israele è ridotto agli estremi e aspetta la sua liberazione da un intervento <strong>di</strong> YHWH in modo<br />

che l’alleanza possa rimanere in vigore a vantaggio <strong>di</strong> Israele e del Signore stesso. Ma è possib<strong>il</strong>e<br />

r<strong>il</strong>evare un ultimo punto comune suggerito dallo stesso <strong>salmi</strong>sta nella sua richiesta: i capi<br />

nemici sono morti <strong>di</strong> morte ignominiosa. Infatti, <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio <strong>dei</strong> racconti sembra consentire<br />

al poeta <strong>di</strong> precisare che sono rimasti senza sepoltura: Furono concime per la terra (v. 11b).<br />

Ed è proprio una morte del genere che <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta sembra augurare agli aggressori del suo popolo.<br />

1.3.2. L’annientamento <strong>dei</strong> nemici (vv. 14-16)<br />

La seconda strofa sv<strong>il</strong>uppa <strong>il</strong> castigo desiderato e richiesto a Dio per i nemici. Grossomodo,<br />

l’intervento <strong>di</strong>vino è concepito, e in ogni caso descritto, come una catastrofe naturale che<br />

implica un vento <strong>di</strong> tempesta e un incen<strong>di</strong>o. Un’immagine del genere suggerisce già che Dio<br />

solo è all’opera, poiché gli uomini non hanno potere alcuno sugli elementi evocati. Ma c’è <strong>di</strong><br />

più, poiché vento e fuoco fanno parte dell’arsenale che Dio può <strong>di</strong>spiegare quando si tratta <strong>di</strong><br />

salvare Israele. Non li troviamo forse già nel racconto del miracolo del Mar Rosso, l’archetipo<br />

della liberazione <strong>di</strong> Israele (Es 14)? Tuttavia sarà ut<strong>il</strong>e vedere come vengono impiegati in questo<br />

salmo, per valutare la portata specifica <strong>di</strong> questa invocazione.<br />

In realtà, in questa strofa, due menzioni del vento (vv. 14 e 16) inquadrano la breve descrizione<br />

del fuoco (v. 15). Il v. 14a, che parla <strong>di</strong> qualcosa che gira o che rotola, non è chiaro. A<br />

prima vista verrebbe da pensare al turbine del vento che trascina via tutto, ma in questo caso <strong>il</strong><br />

verbo non è molto consono all’immagine. Perciò alcuni stu<strong>di</strong>osi preferiscono vedere qui l’immagine<br />

<strong>di</strong> un piccolo cespuglio o <strong>di</strong> un ammasso <strong>di</strong> rovi sra<strong>di</strong>cati che <strong>il</strong> vento sospinge e che<br />

va avanti rotolando. Questa seconda interpretazione potrebbe essere confermata dal parallelo<br />

della paglia fac<strong>il</strong>mente sollevata e sparpagliata dal vento, immagine frequente accanto a quella<br />

della pula (v. 14b: cfr. Sal 1,4; 35,5; Is 40,23-24; 41,2; Ger 13,24; Gb 13,25; 21,18). Ad<br />

ogni modo, questo versetto esprime la fede del supplice nel fatto che, <strong>di</strong> fronte a Dio, i nemici<br />

sono inconsistenti, non hanno alcun peso. Il v. 16 completa quest’immagine mettendo in evidenza<br />

<strong>il</strong> potere <strong>di</strong> Dio: egli è in grado <strong>di</strong> inseguire e spaventare i suoi avversari, tanto è grande<br />

la potenza che può <strong>di</strong>spiegare contro <strong>di</strong> essi. La tempesta e l’uragano aggiungono infatti al<br />

vento del v. 14 l’idea <strong>di</strong> una forza che nulla può fermare.<br />

Il v. 15, invece, abbozza l’immagine del fuoco che incen<strong>di</strong>a la foresta in modo tale che la<br />

montagna <strong>di</strong>venta un immenso braciere. È l’evocazione <strong>di</strong> una <strong>di</strong>struzione totale e, al tempo


300 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Pregare la violenza? I <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> vendetta<br />

stesso, visib<strong>il</strong>e: un annientamento spettacolare. Quest’immagine è anch’essa comune nell’Antico<br />

Testamento (cfr. anche Is 10,16-19; 29,6; 30,27.30.33; Ger 21,14; Ez 21,3). Peraltro, la<br />

descrizione <strong>di</strong> un «fuoco» che avvampa la «montagna» riveste, nella Bibbia, un aspetto teofanico<br />

in riferimento alla manifestazione <strong>di</strong> Dio nel fuoco sul monte del Sinai (cfr. Es 19,18 e<br />

20,18). Stando così le cose, la sceneggiatura stessa della <strong>di</strong>struzione <strong>dei</strong> nemici potrebbe far<br />

apparire chi ne sia l’autore: <strong>il</strong> Dio dell’alleanza («mio Dio», v. 14a) che opera per <strong>il</strong> bene del<br />

suo popolo.<br />

Attraverso queste due immagini del vento e del fuoco, un’altra si prof<strong>il</strong>a in f<strong>il</strong>igrana nella<br />

descrizione abbozzata. È quella <strong>di</strong> una campagna m<strong>il</strong>itare. La lotta iniziata al v. 14 si conclude<br />

al v. 15 con la <strong>di</strong>sfatta e la rovina <strong>dei</strong> nemici e si prolunga nell’inseguimento degli scampati<br />

che fuggono spaventati (v. 16). Riconosciamo qui lo schema tipo <strong>dei</strong> racconti <strong>di</strong> battaglia del<br />

<strong>libro</strong> <strong>dei</strong> Giu<strong>di</strong>ci, schema presente proprio nei due racconti <strong>di</strong> guerra evocati dalla lista <strong>dei</strong><br />

nomi della prima strofa <strong>di</strong> questa parte (vv. 10-12). Questo elemento sottolinea la coerenza del<br />

poema. Ma non si deve <strong>di</strong>menticare la forma nella quale tali immagini vengono sv<strong>il</strong>uppate. Si<br />

tratta proprio <strong>di</strong> un’invocazione d’aiuto, <strong>di</strong> una preghiera, espressione della fiducia che <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta<br />

pone in YHWH, del quale confessa in questo modo la capacità <strong>di</strong> vincere la coalizione<br />

nemica.<br />

1.3.3. Disfatta e riconoscimento <strong>di</strong> Dio (vv. 17-19)<br />

L’ultima strofa si presenta come un’ultima chiamata in aiuto, centrata, come del resto tutta<br />

la seconda parte, sulla sorte auspicata ai nemici. Essa descrive <strong>il</strong> risultato finale dell’intervento<br />

<strong>di</strong>vino come lo considera colui che prega. Questo esito definitivo comporta due aspetti,<br />

in apparenza contrad<strong>di</strong>ttori, annunciati al v. 17 e ripresi <strong>il</strong> primo al v. 18 e l’altro al v. 19: la<br />

vergogna della <strong>di</strong>sfatta e <strong>il</strong> riconoscimento <strong>di</strong> Dio.<br />

I vv. 17a e 18 sono saturi <strong>di</strong> un vocabolario che connota la <strong>di</strong>sfatta. I termini sono presi soprattutto<br />

dal lessico della vergogna e li ritroviamo a più riprese nei <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> supplica: riempire<br />

<strong>di</strong> confusione, vergognarsi, essere spaventato, essere <strong>di</strong>sonorato, perire o perdersi (cfr. Sal<br />

6,11; 35,4.26; 40,15-16; 70,3; 71,13-24b ecc.). Questi tre stichi prolungano così l’immagine<br />

della guerra ut<strong>il</strong>izzata nella strofa precedente. Ne formano ad<strong>di</strong>rittura <strong>il</strong> punto culminante: la<br />

vergogna della <strong>di</strong>sfatta inflitta ai nemici.<br />

L’altra richiesta del <strong>salmi</strong>sta (vv. 17b e 19) mira al riconoscimento <strong>di</strong> Dio da parte <strong>dei</strong> vinti,<br />

ed è con essa che si conclude la preghiera. L’essenziale della richiesta non è quin<strong>di</strong> soltanto<br />

che <strong>il</strong> nemico sia sconfitto. È ancor più <strong>il</strong> riconoscimento <strong>di</strong> Dio come Signore, sovrano unico,<br />

Altissimo e signore della terra intera. In poche parole, al termine della preghiera, <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta<br />

sottolinea che l’intervento <strong>di</strong> Dio a favore <strong>di</strong> Israele può volgersi anche a vantaggio del primo.<br />

Riportando infatti la vittoria sui fautori <strong>di</strong> male, Dio <strong>di</strong>mostrerà chi è; manifesterà la sua verità<br />

agli occhi <strong>di</strong> tutti.<br />

Quanto alla sorte finale <strong>dei</strong> nemici, essa non emerge molto chiaramente da quest’ultima<br />

strofa: sono annientati e immersi nella vergogna, oppure si mettono a cercare <strong>il</strong> nome del Signore?<br />

La loro fine è la <strong>di</strong>struzione o la conversione? Da parte mia, vedo due mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> articolare<br />

i dati della strofa per tentare <strong>di</strong> superare questo paradosso. Il primo ricorre al para<strong>di</strong>gma del<br />

Faraone nel <strong>libro</strong> dell’Esodo. Durante tutto <strong>il</strong> racconto delle piaghe, quest’ultimo si ostina nel<br />

suo rifiuto <strong>di</strong> riconoscere YHWH (Es 5,2); alla fine deve arrendersi, subito prima <strong>di</strong> essere precipitato<br />

con <strong>il</strong> suo esercito nel mare, quando vede in YHWH <strong>il</strong> suo vincitore (Es 14,25; cfr.<br />

7,5). Infatti l’estrema parola dell’Egitto è per riconoscere Dio, <strong>il</strong> cui intervento liberatore a favore<br />

<strong>di</strong> Israele significa, per l’Egitto, confusione, <strong>di</strong>sfatta e morte 4 .<br />

Un’interpretazione del genere è perfettamente in linea con ciò che precede. Ma non è<br />

l’unica possib<strong>il</strong>e. Un secondo modo <strong>di</strong> capire <strong>il</strong> paradosso consisterebbe nel supporre che <strong>il</strong><br />

<strong>salmi</strong>sta desidera davvero che l’intervento <strong>di</strong> YHWH sia anche per la salvezza <strong>dei</strong> nemici e che<br />

4 Vedere in tal senso Ez 35,4.9 per Edom, 25,7.11 per Ammon e Moab e 25,17 per i f<strong>il</strong>istei.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Pregare la violenza? I <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> vendetta 301<br />

costoro si lascino istruire dalla loro <strong>di</strong>sfatta e dalla liberazione del popolo amico <strong>di</strong> Dio. In tal<br />

modo, <strong>il</strong> Signore si mostrerebbe realmente l’Altissimo su tutta la terra (v. 19b) e sarebbe riconosciuto<br />

tale, non soltanto da Israele finalmente salvato, ma anche dai suoi nemici finalmente<br />

<strong>il</strong>luminati (cfr. Sal 2,10-12). Queste due interpretazioni del paradosso sono possib<strong>il</strong>i, e non so<br />

se è necessario decidere per l’una o per l’altra in modo categorico. Dopo tutto, se <strong>il</strong> poema è<br />

equivoco, è forse proprio perché <strong>il</strong> poeta voleva che lo fosse!<br />

Qualunque sia l’interpretazione scelta, questa strofa presenta un argomento decisivo che <strong>il</strong><br />

<strong>salmi</strong>sta invoca per essere ascoltato da Dio: affinché <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> YHWH possa essere riconosciuto<br />

(vv. 17b.19), è importante che <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Israele non venga soppresso (v. 5). Questa<br />

comunanza d’interesse tra Dio e <strong>il</strong> suo popolo è del resto un tratto tipico dell’alleanza, <strong>di</strong> cui<br />

parla già la prima parte del salmo.<br />

1.4. RIFLESSIONI CONCLUSIVE<br />

In fondo, due elementi sottendono questa supplica. Il primo è certamente la paura davanti<br />

al nemico. La sua presenza e la sua potenza sono percepite come minacciose, a tal punto che<br />

Israele si sente come paralizzato, ridotto all’impotenza. Questo sentimento <strong>di</strong> panico conferisce<br />

alla preghiera <strong>il</strong> suo carattere violento e aggressivo all’eccesso. Dopo tutto, i soli che non<br />

abbiano mai augurato la morte <strong>di</strong> qualcuno sono probab<strong>il</strong>mente coloro che non hanno mai<br />

sentito la propria vita minacciata, senza poter fare alcunché per <strong>di</strong>fenderla.<br />

Ma se <strong>il</strong> carattere eccessivo della richiesta può spiegarsi con la paura estrema, questa non<br />

costituisce la molla essenziale della preghiera. Se infatti <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta si rivolge a Dio, lo fa in<br />

nome dell’alleanza e della lunga storia nel corso della quale, a poco a poco, Dio ha legato intimamente<br />

<strong>il</strong> suo destino a quello <strong>di</strong> Israele; in nome della libertà che <strong>il</strong> popolo ha ricevuto e<br />

ha impegnato nella fede in colui che l’ha fatto vivere. Se <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta grida <strong>il</strong> suo sgomento a<br />

YHWH, è perché l’alleanza e la vita gli sono altrettanto care, pur sapendo che, senza la vita,<br />

l’alleanza non è più niente. Allora, come se non avesse scampo alcuno, grida la sua paura e la<br />

sua fiducia, chiede la vita perché viva l’alleanza.<br />

2. QUANDO LA GIUSTIZIA È COMPROMESSA: IL SALMO 58<br />

Il testo del Sal 58 non è sempre molto chiaro, e ciò non ne rende fac<strong>il</strong>e l’approccio. Evidente<br />

comunque è <strong>il</strong> suo tono <strong>di</strong> preghiera <strong>di</strong> male<strong>di</strong>zione 5 . Ecco un tentativo <strong>di</strong> traduzione<br />

letterale seguita da alcune spiegazioni.<br />

1 Del capo-coro, al-tasheleth. Di Davide. Miktâm.<br />

2 È vero, dèi/potenti, che rendete giustizia?<br />

È con rettitu<strong>di</strong>ne che giu<strong>di</strong>cate i figli <strong>di</strong> uomo?<br />

3 No! Con <strong>il</strong> cuore, voi commettete <strong>dei</strong> crimini;<br />

sulla terra, voi pesate la violenza con le vostre mani.<br />

4 Essi si traviano, i malvagi, fin dalla matrice,<br />

errano fin dal ventre, i <strong>di</strong>citori <strong>di</strong> menzogna.<br />

5 Un veleno è in loro, sim<strong>il</strong>e a un veleno <strong>di</strong> serpente;<br />

come una vipera sorda, che si tura l’orecchio,<br />

6 che non ascolta la voce degli incantatori,<br />

dell’ammaliatore <strong>di</strong> incantesimi, ab<strong>il</strong>e.<br />

7 Dio! Spezza loro i denti nella loro bocca;<br />

le zanne <strong>di</strong> quei leoni, fracassale, YHWH.<br />

8 Scorrano come le acque che se ne vanno!<br />

Come l’erba calpestata, appassiscano!<br />

5 Una versione più argomentata <strong>di</strong> questo punto II è stata pubblicata sotto <strong>il</strong> titolo «Violence et prière: le<br />

Psaume 58», in Cahiers de l’École des Sciences Ph<strong>il</strong>osophiques et Religieuses 18 (1995) 129-146.


302 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Pregare la violenza? I <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> vendetta<br />

9 Siano come la lumaca che se ne va in bava!<br />

Come <strong>il</strong> feto abortito non vedano <strong>il</strong> sole!<br />

10 Prima che le vostre pentole sentano<br />

[la fiammata] <strong>di</strong> spine,<br />

vivo quanto la collera, egli li spazzerà via .<br />

11 Il giusto si rallegrerà perché vede la vendetta;<br />

i suoi pie<strong>di</strong> li laverà nel sangue del malvagio.<br />

12 E gli uomini <strong>di</strong>ranno: «Sì, vi è un frutto per <strong>il</strong> giusto;<br />

sì, c’è un Dio che giu<strong>di</strong>ca sulla terra».<br />

Dapprima, alcune parole sulle <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> traduzione <strong>di</strong> questo salmo. Al v. 2a leggiamo <strong>il</strong><br />

termine ’elem che significa «s<strong>il</strong>enzio», da cui la scelta della TOB in linea con le traduzioni<br />

giudaiche antiche («Quando parlate, la giustizia è muta»); ma questa scelta non è delle più<br />

sod<strong>di</strong>sfacenti. La maggior parte degli autori preferisce vocalizzare <strong>di</strong>versamente le consonanti<br />

dell’ebraico e leggere ’elîm. Tre significati possono allora essere presi in considerazione, i<br />

quali non sono tra loro necessariamente concorrenti. Di per sé, <strong>il</strong> termine è <strong>il</strong> plurale del vocabolo<br />

’el, «<strong>di</strong>o», appellativo che serve talvolta a designare <strong>dei</strong> sovrani cui si riconosce un potere<br />

<strong>di</strong>vino. È <strong>il</strong> caso, in particolare nel Sal 82,1-6, in cui i giu<strong>di</strong>ci iniqui sono interpellati da Dio<br />

in modo identico in un contesto sim<strong>il</strong>e. Nello stesso senso, una seconda lettura è possib<strong>il</strong>e. Il<br />

termine ’el infatti può essere collegato a una ra<strong>di</strong>ce che vuol <strong>di</strong>re «essere forte» e può così significare<br />

«potente» (cfr. Es 15,11; Ez 32,21; Gb 41,17). Ma in questi testi <strong>il</strong> termine può essere<br />

anche una forma del vocabolo ’ay<strong>il</strong>, «ariete», titolo simbolico per persone o principi.<br />

Quest’ultimo senso potrebbe conferire all’espressione una risonanza ironica.<br />

La seconda parte del v. 8 presenta delle <strong>di</strong>fficoltà quasi insormontab<strong>il</strong>i. Gli autori si vedono<br />

costretti a trasformare <strong>il</strong> testo ebraico per renderlo comprensib<strong>il</strong>e. La versione data qui sopra<br />

suppone soltanto un leggero ritocco; è accettata da molti moderni. Ma si potrebbe ugualmente<br />

tradurre: che [Dio] regoli le sue frecce, essi sono come falciati (traduzione vicina a quella<br />

greca <strong>dei</strong> LXX); o ancora, secondo la proposta <strong>di</strong> Ravasi: calpestino le loro frecce come quelli<br />

che sono falciati.<br />

Quanto al v. 10, <strong>il</strong> suo caso è proprio <strong>di</strong>sperato. Eminenti specialisti rinunciano persino a<br />

tradurlo. Poiché siamo ridotti ad avanzare congetture, non possiamo far altro che optare per<br />

un’ipotesi. Personalmente, prendo in considerazione quella della TOB che non è molto <strong>di</strong>versa<br />

dalla versione <strong>dei</strong> LXX. Una soluzione originale è quella proposta da L. Alonso Schökel:<br />

All’improvviso (letteralmente: prima che capiscano), che cespugli <strong>di</strong> spino, belve e incen<strong>di</strong>o li<br />

strappino (li trascinino via).<br />

2.1. ABBOZZO DI STRUTTURA LETTERARIA<br />

Questo poema è ben delimitato da un’inclusione. Si può infatti accostare <strong>il</strong> suo inizio e la<br />

sua conclusione in base a parole ricorrenti la cui ripetizione segnala <strong>il</strong> tema globale: giustizia<br />

(v. 2) e giusto (vv. 11 e 12); giu<strong>di</strong>care (vv. 2 e 12); sulla terra (vv. 3 e 12); figli <strong>di</strong> uomo/uomini<br />

(vv. 2 e 12); infine, se la lettura è esatta, dèi (v. 2) e Dio (v. 12). Queste parole,<br />

come si vede chiaramente, formano tra loro una specie <strong>di</strong> costellazione, entro la quale prende<br />

forma una tematica. Il problema è quello della giustizia esercitata verso gli esseri umani da<br />

coloro che vengono definiti «dèi», cioè potenti. Poiché questa giustizia è piena <strong>di</strong> iniquità (vv.<br />

2-3), spetta a Dio venire a rendere giustizia agli innocenti (vv. 11-12). È ciò che motiva <strong>il</strong> grido<br />

che risuonerà al centro del poema, con un appello a YHWH (v. 7).<br />

Tra l’introduzione e la conclusione, <strong>di</strong>verse immagini si concatenano, segnate dalla ripetizione<br />

della preposizione comparativa come. In realtà, queste immagini mi sembrano corrispondersi<br />

due a due, secondo una simmetria incrociata. Troviamo al centro alcune immagini<br />

tratte dal bestiario del male: <strong>il</strong> serpente e la vipera ai vv. 5-6, e i leoni al v. 7, animali menzionati<br />

insieme anche nel Sal 91,13a. Una serie <strong>di</strong> termini anatomici vengono a confermare<br />

l’unità <strong>di</strong> queste frasi: l’orecchio (v. 5), la voce (v. 6), i denti e le zanne (v. 7). Da una parte e


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Pregare la violenza? I <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> vendetta 303<br />

dall’altra rispetto a questo centro, emergono altre immagini. La prima è quella dell’embrione:<br />

alle espressioni fin dalla matrice e fin dal ventre del v. 4 corrisponde <strong>il</strong> feto abortito del v. 9.<br />

Quanto all’immagine della deviazione e dell’erranza <strong>di</strong> coloro che si perdono (v. 4), essa potrebbe<br />

trovare un’eco in quelle delle acque che defluiscono o della lumaca che si squaglia in<br />

bava (v. 9). Nella stessa linea, è possib<strong>il</strong>e che <strong>il</strong> v. 10 evochi la loro totale <strong>di</strong>struzione.<br />

Se le immagini si rispondono in tal modo, esse non hanno tutte la stessa funzione. I vv. 4-6<br />

offrono una descrizione <strong>dei</strong> malvagi interpellati e accusati fin dalla prima riga. In compenso,<br />

ai vv. 7-9, risuona un appello pressante a Dio perché intervenga contro tali malvagi. Le immagini<br />

<strong>di</strong>sposte in simmetria concentrica servono dunque dapprima a caratterizzare i nemici,<br />

poi a chiedere la liberazione. È l’immagine centrale presa dal bestiario che garantisce la transizione.<br />

Un’ultima osservazione riguarda <strong>il</strong> v. 7: anche se le immagini invitano a situarlo all’inizio<br />

della seconda parte, può comunque essere considerato come <strong>il</strong> centro del salmo, perché è lì<br />

che la denuncia si cambia in supplica.<br />

Come si vede, la composizione <strong>di</strong> questo salmo dagli accenti ven<strong>di</strong>catori e violenti costituisce<br />

l’oggetto <strong>di</strong> una cura particolare.<br />

2.2. PROPOSTA DI LETTURA<br />

Per ben delineare la problematica <strong>di</strong> questo poema e avere tutti gli elementi che consentono<br />

<strong>di</strong> precisare <strong>il</strong> significato delle sue immagini, è necessario innanzitutto prendere in considerazione<br />

l’inizio e la fine della preghiera. Infatti, queste due parti mettono bene in evidenza la situazione<br />

drammatica che provoca <strong>il</strong> grido del <strong>salmi</strong>sta, come pure l’intento preciso della sua<br />

preghiera. In un secondo tempo tornerò sul simbolismo <strong>di</strong>spiegato nelle due parti centrali.<br />

2.2.1. Apostrofe ai giu<strong>di</strong>ci (vv. 2-3)<br />

L’inizio del salmo (v. 2) introduce subito la situazione critica che provoca la preghiera: non<br />

c’è più giustizia nel paese (sulla terra, v. 3). Coloro cui è affidata l’amministrazione del <strong>di</strong>ritto<br />

e, più globalmente, coloro che esercitano <strong>il</strong> potere deformano infatti l’esercizio della giustizia<br />

e lo pervertono in modo tale che nessuno più tutela <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto dell’innocente e colui che dovrebbe<br />

essere <strong>di</strong>feso non lo è. Una situazione del genere è descritta più volte dai profeti. R<strong>il</strong>eggiamo<br />

ad esempio Michea: Ascoltate dunque, capi <strong>di</strong> Giacobbe, magistrati della casa <strong>di</strong><br />

Israele! Non spetta forse a voi conoscere <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto, voi che o<strong>di</strong>ate <strong>il</strong> bene e amate <strong>il</strong> male?<br />

(Mic 3,1-2). Ma perché pregare in questa situazione violenta?<br />

Il ricorso al lessico della giustizia al v. 2 («rendere giustizia, rettitu<strong>di</strong>ne, giu<strong>di</strong>care») in<strong>di</strong>ca<br />

una pista. Questi termini servono per descrivere l’ingiustizia <strong>dei</strong> potenti in opposizione alla<br />

giustizia che, con termini identici, <strong>il</strong> Sal 51,6b riconosce a Dio. Letteralmente, questo testo <strong>di</strong>ce:<br />

Sei giusto nel parlare tu, sei retto nel giu<strong>di</strong>care tu. Poiché i due pronomi (tu) possono essere<br />

grammaticalmente oggetto o soggetto <strong>dei</strong> verbi, <strong>il</strong> testo è ambivalente. Da un lato può significare<br />

che, se lo si sottopone al giu<strong>di</strong>zio, Dio è <strong>di</strong>chiarato giusto. In tal caso la frase può essere<br />

tradotta così: Tu sei innocente quando perori in tuo favore, tu sei riconosciuto retto<br />

quando ti si giu<strong>di</strong>ca. Ma, dall’altro lato, la frase può ugualmente affermare che Dio è un giusto<br />

giu<strong>di</strong>ce: Tu sei fedele alla giustizia quando pronunci la sentenza, tu sei retto quando giu<strong>di</strong>chi.<br />

Questo secondo significato, del resto, è correlativo al primo: poiché <strong>il</strong> suo comportamento<br />

è conforme alla giustizia, Dio non può che essere giusto quando rende giustizia. Per<br />

questo, nella sua preghiera, <strong>il</strong> querelante potrà fare appello al giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Dio.<br />

Questa opposizione tra <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Dio e quello <strong>dei</strong> potenti interpellati al v. 2 mette bene<br />

in evidenza l’impostura cui si abbandonano i giu<strong>di</strong>ci e i governanti. Essi ricevono da Dio <strong>il</strong><br />

potere <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care, tanto che viene loro attribuito <strong>il</strong> titolo <strong>di</strong> «dèi» (cfr. anche Sal 82,2-6). Ma<br />

<strong>il</strong> loro modo <strong>di</strong> agire è esattamente all’opposto <strong>di</strong> ciò che è Dio quando giu<strong>di</strong>ca i figli degli<br />

umani, i semplici mortali. Se <strong>di</strong>chiarano che rendono giustizia e custo<strong>di</strong>scono <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto, non è<br />

vero. Ciò che compiono ha l’apparenza del <strong>di</strong>ritto, ma in realtà è iniquo. Questo è <strong>il</strong> significa-


304 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Pregare la violenza? I <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> vendetta<br />

to degli interrogativi retorici del v. 2. Perciò <strong>il</strong> poeta ha tutto <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> denunciare, al v. 3, la<br />

cattiveria <strong>di</strong> quelle persone <strong>il</strong> cui cuore, sede <strong>dei</strong> progetti e del volere, è corrotto al pari delle<br />

mani, organi dell’agire. Si abbandonano infatti al crimine e pesano la violenza e l’<strong>il</strong>legalità<br />

che <strong>di</strong>ffondono nel paese con la loro amministrazione e <strong>il</strong> loro giu<strong>di</strong>zio senza giustizia.<br />

La situazione appare quin<strong>di</strong> con chiarezza: quelli che esercitano <strong>il</strong> potere nel nome <strong>di</strong> Dio<br />

deformano <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto e fanno regnare l’ingiustizia. Gli umani, quin<strong>di</strong>, non sanno più a chi ricorrere<br />

quando vogliono far valere <strong>il</strong> loro <strong>di</strong>ritto e provare la loro innocenza. La violenza proviene<br />

dal luogo stesso nel quale dovrebbe essere combattuta. Pratiche a tal punto inique sono<br />

talmente contrad<strong>di</strong>ttorie con ciò che Dio è e vuole, che «gridano vendetta al cielo».<br />

2.2.2. Il giu<strong>di</strong>zio o la «vendetta» (vv. 11-12)<br />

Il salmo è l’espressione <strong>di</strong> questo grido. Ciò cui mira è la restaurazione della giustizia da<br />

parte <strong>di</strong> Dio, l’unico che può ancora intervenire, poiché ogni ricorso alle autorità umane risulta<br />

inut<strong>il</strong>e, ingiuste come sono. YHWH, infatti, all’epoca dell’esodo si è rivelato come un Dio<br />

che ama gli um<strong>il</strong>iati e gli oppressi per liberarli dai poteri che vogliono mantenerli nella schiavitù<br />

o nella morte. Non può quin<strong>di</strong> tacere e, col suo s<strong>il</strong>enzio, farsi complice dell’ingiustizia <strong>di</strong><br />

cui si rendono colpevoli i potenti. Come <strong>di</strong>ce <strong>il</strong> v. 12, è urgente che si sappia che Dio giu<strong>di</strong>ca<br />

la terra e che non si può pervertire impunemente l’esercizio della giustizia così vitale per i poveri.<br />

È <strong>il</strong> giusto che deve poter cogliere i frutti della sua giustizia nella gioia, anziché i criminali<br />

possano approfittare <strong>dei</strong> loro delitti.<br />

Così dunque, ciò che viene chiesto è <strong>di</strong> ristab<strong>il</strong>ire la giustizia con un atto <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio. Questo<br />

consiste essenzialmente nel togliere <strong>il</strong> velo delle apparenze che sembrano dare ragione ai<br />

malvagi. Il giu<strong>di</strong>zio deve servire infatti a ristab<strong>il</strong>ire la verità delle cose: quelli che operano per<br />

la morte con la violenza muoiono, perdono la vita (sangue), vittime della violenza che loro<br />

stessi hanno scatenato. Quanto agli altri, si sono lavati, <strong>di</strong>chiarati innocenti, e possono rallegrarsi<br />

constatando che giustizia è fatta (v. 11). L’immagine della lavanda <strong>dei</strong> pie<strong>di</strong> nel sangue<br />

acquista significato in questo contesto. Il fatto che la sentenza <strong>di</strong> Dio faccia scorrere <strong>il</strong> sangue<br />

<strong>dei</strong> malvagi è <strong>il</strong> segno della loro colpevolezza. Le vittime della loro iniquità si trovano quin<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>chiarate innocenti, come lavate della colpa <strong>di</strong> cui erano state imputate ingiustamente.<br />

Un’altra lettura meno cruda è proposta da Mitchell Dahood: I suoi pie<strong>di</strong>, egli li laverà del<br />

sangue del malvagio, mostrando con questo gesto che nulla egli ha da spartire con questo colpevole.<br />

Comunque sia, qui Dio figura come «giustiziere», e la sua azione <strong>di</strong> «ven<strong>di</strong>catore» <strong>dei</strong> giusti<br />

oppressi appare come positiva, luminosa, liberatrice. Ecco in che consiste la vendetta <strong>di</strong> cui<br />

si parla nel v. 11a. Non è <strong>il</strong> giusto che si ven<strong>di</strong>ca <strong>dei</strong> potenti che lo schiacciano: egli non risponde<br />

alla malvagità con la violenza. Ma se Dio viene a prendere le sue <strong>di</strong>fese e a rendergli<br />

giustizia, come potrebbe <strong>il</strong> giusto non rallegrarsene (Sal 140,13-14)? E in nome <strong>di</strong> che cosa gli<br />

si potrebbe impe<strong>di</strong>re <strong>di</strong> nutrire in sé la speranza che Dio intervenga in tal senso? Certo,<br />

l’immagine del v. 11b è particolarmente cruda. Ma nel suo vigore, non è forse possib<strong>il</strong>e percepire<br />

come un riflesso dello sgomento senza via d’uscita dove l’ingiustizia racchiude colui<br />

che supplica? Uno sguardo su ciò che <strong>il</strong> salmo afferma <strong>dei</strong> potenti ingiusti farà ugualmente<br />

sentire <strong>il</strong> peso insostenib<strong>il</strong>e che la loro iniquità impone alle loro vittime.<br />

2.2.3. Descrizione <strong>dei</strong> malvagi (vv. 4-6)<br />

Per descrivere le persone <strong>di</strong> potere la cui ingiustizia e la cui violenza del cuore e delle mani<br />

vengono stigmatizzate ai vv. 2 e 3, <strong>il</strong> poeta ricorre a varie immagini 6 . La prima serve a denunciare<br />

la ra<strong>di</strong>calità del male che è in loro. La loro cattiveria è detta congenita, poiché è in loro<br />

fin dalla matrice, fin dal ventre (v. 4): per loro è come una seconda natura (cfr. Sal 51,7; Is<br />

6<br />

Se si deve leggere «arieti» al v. 2, viene ut<strong>il</strong>izzata un’immagine supplementare, poiché l’ariete può simboleggiare<br />

la violenza animale, cioè <strong>di</strong>sumana.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Pregare la violenza? I <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> vendetta 305<br />

48,8). Il che significa che non c’è ammenda possib<strong>il</strong>e da parte loro! Il male è talmente ra<strong>di</strong>cato<br />

in loro che non vi è alcuna possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> vederli allontanarsi da esso. È probab<strong>il</strong>mente per<br />

questo motivo che l’unica cosa che <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta chiederà a Dio a loro riguardo sarà <strong>di</strong> <strong>di</strong>sarmarli<br />

e <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggerli.<br />

Ai vv. 5 e 6 <strong>il</strong> poeta passa ad un altro paragone che potrebbe essere suggerito dall’idea <strong>di</strong><br />

menzogna al v. 4b: quello del veleno e del serpente. La figura del serpente è emblematica nella<br />

Bibbia fin dal capitolo 3 della Genesi. Lì, esso perverte <strong>il</strong> bene che è la parola <strong>di</strong> legge (Gen<br />

2,16-17) spacciando per cattivo colui che la dà. Secondo <strong>il</strong> serpente, Dio vieta per tutelarsi<br />

dall’uomo, e non perché vuole che egli viva. La parola <strong>di</strong>vina sarebbe dunque per la sciagura,<br />

la sua trasgressione per la vita (Gen 3,1-5). Ma è una menzogna, perché <strong>il</strong> cammino che <strong>il</strong><br />

serpente in<strong>di</strong>ca conduce in realtà alla morte e alla sciagura, perché <strong>di</strong>strugge le relazioni dove<br />

l’uomo trova la vita (Gen 3,14-19). Tale è <strong>il</strong> veleno <strong>di</strong> serpente che i malvagi hanno in sé<br />

quando si servono della legge per far morire spacciandosi per buoni 7 .<br />

Pertanto, denunciare i malvagi trattandoli da serpenti è un modo per significare che li si<br />

guarda come la manifestazione del male nel suo aspetto <strong>di</strong>sumano (animale), ma anche nascosto<br />

e mortale. Come <strong>di</strong>ce <strong>il</strong> Terzo Isaia:<br />

«Nessuno invoca la giustizia, nessuno perora con sincerità.<br />

Ci si appoggia sulla menzogna, si pronuncia <strong>il</strong> falso,<br />

si concepisce <strong>il</strong> crimine e si partorisce <strong>il</strong> misfatto.<br />

Sono uova <strong>di</strong> rett<strong>il</strong>e che essi covano,<br />

ragnatele che essi tessono.<br />

Chi si nutre delle loro uova muore;<br />

scoppiato, l’uovo si schiude: è una vipera!» (Is 59,4-5).<br />

Il seguito del v. 5 sottolinea un nuovo aspetto della cattiveria descritta: essa è incorreggib<strong>il</strong>e,<br />

come un serpente resta insensib<strong>il</strong>e alla voce <strong>dei</strong> più ab<strong>il</strong>i ammaliatori (cfr. Ger 8,17). È forse<br />

Dio quell’ammaliatore cui i malvagi resistono turandosi le orecchie per evitare <strong>di</strong> ascoltare<br />

la sua voce? Probab<strong>il</strong>mente, ma non è su questo che si insiste. Ciò che l’immagine induce è<br />

che, nella misura in cui i fautori d’ingiustizia rifiutano tutti gli incantesimi che potrebbero addolcirli,<br />

non esiste altra via d’uscita che <strong>il</strong> castigo. È così che <strong>il</strong> v. 6 garantisce una transizione<br />

dutt<strong>il</strong>e e naturale verso la seconda parte del poema che sv<strong>il</strong>uppa l’invocazione d’aiuto dov’è<br />

descritta la sorte che si chiede a Dio <strong>di</strong> infliggere agli ingiusti.<br />

2.2.4. Il castigo <strong>dei</strong> malvagi (vv. 7-9)<br />

Con l’invocazione a Dio, si passa ad un’altra immagine, associata talvolta nel Salterio a<br />

quella del serpente. È l’immagine delle belve, del leone in particolare. In Sir 21,2 si legge:<br />

Come davanti a un serpente, fuggi davanti al peccato; se te ne avvicini, ti morderà. I suoi<br />

denti sono denti <strong>di</strong> leone che <strong>di</strong>struggono la vita umana 8 . Come si è visto, anche <strong>il</strong> leone, con<br />

bocca e zanne, fa parte del simbolismo del male. Traduce la volontà <strong>di</strong> morte <strong>di</strong>ssimulata <strong>di</strong>etro<br />

ogni male: con la bocca spalancata, <strong>il</strong> leone prepara i suoi denti per afferrare, lacerare, <strong>di</strong>vorare<br />

e inghiottire, una figura della morte violenta dove tutto scompare. Qui, <strong>il</strong> paragone non<br />

è sv<strong>il</strong>uppato per se stesso, ma solo in maniera negativa, nell’appello rivolto a Dio perché liberi<br />

dalla morte che <strong>il</strong> male fa regnare. Spezzare i denti nella bocca, fracassare le zanne <strong>dei</strong> leoni<br />

(v. 7) significa forse qualcos’altro che privare <strong>il</strong> male delle sue armi mortali e renderlo inoffensivo<br />

(cfr. Sal 3,8)? Tale è la liberazione attesa dal Signore.<br />

È interessante notare qui che <strong>il</strong> primo intervento <strong>di</strong> Dio dovrebbe riguardare la bocca <strong>dei</strong><br />

malvagi. In fondo, l’introduzione <strong>di</strong> quest’immagine al centro del poema risponde a una logica<br />

nascosta. Infatti, subito, fin dal v. 2, la bocca <strong>di</strong> menzogna figura da strumento principale<br />

della violenza <strong>dei</strong> malvagi. La bocca è quin<strong>di</strong> ciò che li rende nocivi, proprio come <strong>il</strong> serpente<br />

7 Troviamo questa immagine del serpente velenoso, ad esempio, in Sal 64,4; 140,4; Dt 32,33; Sir 21,2.<br />

8 Vedere anche <strong>il</strong> doppio parallelo in Sal 91,13: Sul leone e la vipera camminerai, calpesterai leoncino e<br />

drago.


306 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Pregare la violenza? I <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> vendetta<br />

<strong>il</strong> cui veleno si trova nella bocca e, più precisamente, nei denti della bocca. Si assiste così a<br />

uno slittamento progressivo dell’immagine: dalla parola che condanna ingiustamente, si passa<br />

al veleno del serpente nei suoi denti, poi ai denti del leone, simbolo della <strong>di</strong>struzione e dell’annientamento,<br />

conseguenze della giustizia menzognera <strong>dei</strong> potenti.<br />

Prima <strong>di</strong> proseguire l’esame, un’osservazione s’impone. In questa parte, infatti, si scatena<br />

un linguaggio passionale che può urtare. Ma a farsi sentire non è forse la voce in<strong>di</strong>gnata della<br />

rivolta davanti all’ingiustizia? Di fronte a questa realtà <strong>di</strong>sumana che è l’iniquità, vera «epifania<br />

del male», secondo la bella espressione <strong>di</strong> Luis Alonso Schökel, <strong>il</strong> poeta non si rifugia in<br />

una lode inconsapevole del male né in una preghiera <strong>di</strong> fiducia intimista. Lungi dal rassegnarsi<br />

con una vaga speranza <strong>di</strong> fuggire malgrado tutto, egli si ribella con violenza davanti a Dio.<br />

La sua aggressività verbale <strong>di</strong>ce in fondo la sete <strong>di</strong> giustizia da cui è <strong>di</strong>vorato.<br />

Ma se una tale sete <strong>di</strong> giustizia lo anima, è perché ritiene quest’ultima possib<strong>il</strong>e e necessaria;<br />

è perché pensa che valga la pena lottare per avvicinarsi ad essa. E che ai suoi occhi ciò<br />

debba essere fatto è <strong>il</strong> segno che crede che Dio è giusto, ama la giustizia e desidera attivamente<br />

che essa si stab<strong>il</strong>isca tra gli uomini. Secondo le parole del Siracide ebraico, fino alla morte,<br />

lotta per la giustizia, e YHWH combatterà per te (4,28). Ma quando, in questo combattimento,<br />

l’ingiustizia è così forte che <strong>il</strong> lottatore viene ridotto all’impotenza, arriva <strong>il</strong> tempo del grido,<br />

dell’appello, <strong>il</strong> tempo della preghiera. La violenza delle parole <strong>di</strong>venta allora <strong>il</strong> segno <strong>di</strong> un<br />

desiderio appassionato <strong>di</strong> giustizia, ma anche <strong>il</strong> frutto dell’impotenza <strong>di</strong> fronte a un male che<br />

schiaccia. Del resto, che cosa è più conforme al volere <strong>di</strong> Dio se non auspicare la <strong>di</strong>struzione<br />

<strong>di</strong> un tale male?<br />

Dopo avere supplicato Dio <strong>di</strong> strappare agli iniqui le loro armi (v. 7), <strong>il</strong> poeta comincia ad<br />

esigere la loro scomparsa. Le immagini sembrano riferirsi, anche se in maniera piuttosto blanda,<br />

a quelle <strong>di</strong> cui <strong>il</strong> poeta si è servito nella sua descrizione <strong>dei</strong> malvagi. Così, che <strong>il</strong> veleno<br />

del serpente <strong>di</strong>venti acqua che defluisce, inoffensiva; che <strong>il</strong> rett<strong>il</strong>e stesso si muti in una grossa<br />

lumaca che sembra <strong>di</strong>ssolversi nella sua bava! E poiché è fin dalla matrice, fin dal ventre materno,<br />

che <strong>il</strong> loro cammino li smarrisce, che siano come l’aborto che mai ha visto la luce, così<br />

che la malizia che è in loro non possa sv<strong>il</strong>upparsi! È un desiderio <strong>di</strong> annientamento totale che<br />

si esprime in questo modo: avvenga come se non fossero mai nati! La soluzione considerata è<br />

quin<strong>di</strong> altrettanto ra<strong>di</strong>cale quanto <strong>il</strong> male da estirpare.<br />

È forse stato necessario un intervento <strong>di</strong> Dio in questa <strong>di</strong>struzione? Il testo non è chiaro. I<br />

vv. 8a e 10 potrebbero alludere a un’azione guerriera <strong>di</strong> YHWH, ma come si è visto, <strong>il</strong> testo è<br />

oscuro. Pertanto, potrebbe darsi che questa strofa (vv. 8-9) si limiti ad auspicare l’auto<strong>di</strong>struzione<br />

<strong>dei</strong> malvagi, come accade in numerosi altri <strong>salmi</strong>. In compenso, l’impegno <strong>di</strong> Dio veniva<br />

sottolineato nel v. 7 e sarà ancora riconosciuto dagli esseri umani liberati dall’ingiustizia<br />

che li schiaccia (v. 12). Un paradosso animerebbe così la seconda parte del poema: l’azione <strong>di</strong><br />

Dio porta i malvagi all’auto<strong>di</strong>struzione, un modello spesso operante nei racconti delle «guerre<br />

<strong>di</strong> YHWH» (cfr. ad esempio Gdc 7,16-22 o 2Cr 20,20-27). Quest’auto<strong>di</strong>struzione rende giustizia<br />

all’innocente e rivela la giustizia del Signore, che una confessione <strong>di</strong> fede proclama nella<br />

conclusione del salmo (vv. 11-12).<br />

3. «DIO CHE VENDICHI, MOSTRATI!»: IL SALMO 94<br />

Come eco a questo poema, vorrei esaminare rapidamente un altro salmo che riflette una situazione<br />

sim<strong>il</strong>e e assegna a Dio <strong>il</strong> posto <strong>di</strong> giustiziere. Si tratta del Salmo 94 9 .<br />

Il problema che dà luogo a questa preghiera è la violenza <strong>di</strong> persone potenti, descritte come<br />

un trono criminale che crea la miseria a <strong>di</strong>spetto delle leggi: combattono la vita del giusto e<br />

9 Per approfon<strong>di</strong>re la lettura <strong>di</strong> questo salmo, vedere J.-L. SKA, «“Dieu des vengeances, montre-toi” (Ps<br />

94,1)», in Vie consacrée 16 (1981) 353-356, o F. DE MEYER, «La sagesse p<strong>salmi</strong>que et le Psaume 94», in Bijdragen<br />

42 (1981) 22-45.


Saggi <strong>di</strong> esegesi - Pregare la violenza? I <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> vendetta 307<br />

<strong>di</strong>chiarano colpevole una vittima innocente (vv. 20-21). Il <strong>salmi</strong>sta che chiede a Dio <strong>di</strong> mostrarsi,<br />

<strong>di</strong> alzarsi, è un uomo alle prese con queste persone <strong>di</strong>soneste e fiere <strong>di</strong> esserlo, che<br />

trionfano grazie all’ingiustizia (vv. 3-4). Esse si compiacciono <strong>di</strong> annientare e um<strong>il</strong>iare i poveri<br />

e coloro che sono senza <strong>di</strong>fesa (vv. 5-6). Commesso <strong>il</strong> loro delitto, esse sono certe <strong>di</strong> restare<br />

impunite poiché – così credono – Dio è assente o in<strong>di</strong>fferente (v. 7). Di fronte ad esse <strong>il</strong> <strong>salmi</strong>sta<br />

si sente privo <strong>di</strong> rime<strong>di</strong>: Chi perorerà la mia causa contro questi malvagi, chi si schiererà<br />

con me contro questi malfattori? (v. 16). All’infuori <strong>di</strong> Dio, non vede nessuno che possa intervenire<br />

in suo favore. Nulla <strong>di</strong> sorprendente in questo, poiché sono i giu<strong>di</strong>ci e i potenti che si<br />

compiacciono <strong>di</strong> schiacciare i più deboli. In ogni caso, senza l’aiuto <strong>di</strong> YHWH, lui stesso si<br />

sente ridotto al s<strong>il</strong>enzio, colmo <strong>di</strong> inquietu<strong>di</strong>ne, pronto a crollare (vv. 17-19).<br />

Il <strong>salmi</strong>sta va persino più a fondo. Per lui, infatti, la stessa sovranità <strong>di</strong> Dio è in gioco in<br />

questa situazione. I malvagi non fanno forse assegnamento sulla se<strong>di</strong>cente ignoranza del Signore<br />

per continuare a perpetrare i loro crimini? Per questo, <strong>il</strong> poeta li tratta da stupi<strong>di</strong> e da ottusi,<br />

perché, ignorando a tal punto <strong>il</strong> Creatore dell’essere umano, saranno essi stessi la causa<br />

della propria rovina (vv. 9-11). Per questo motivo, inoltre, fa appello a Dio in qualità <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ce:<br />

agisca da giustiziere e renda ai superbi quanto è loro dovuto (vv. 1-2). Questo appello è<br />

ra<strong>di</strong>cato in una fede viva che viene espressa nel cuore del poema: YHWH non abbandona <strong>il</strong> suo<br />

popolo e la sua ere<strong>di</strong>tà non la tralascia: <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio torna alla giustizia, e tutti i cuori retti la<br />

seguono (vv. 14-15).<br />

Proprio questo annuncia la conclusione del salmo: quando la giustizia è schernita da quegli<br />

stessi che dovrebbero promuoverla, YHWH non si fa complice <strong>dei</strong> loro crimini col suo s<strong>il</strong>enzio<br />

(vv. 20-21). Al contrario, si mostra cittadella e roccia, protezione dell’innocente schiacciato <strong>di</strong><br />

fronte alle aggressioni <strong>dei</strong> malvagi (v. 22); bada a ristab<strong>il</strong>ire la giustizia tra<strong>di</strong>ta facendo ricadere<br />

<strong>il</strong> crimine su coloro che lo commettono. Annientandoli con la propria cattiveria (v. 23),<br />

Dio li consegna in qualche modo alla violenza che loro stessi hanno scatenato. Raccolgono<br />

allora <strong>il</strong> frutto delle loro opere (cfr. Sal 7,15-17), mentre Dio appare come colui che detta <strong>il</strong><br />

<strong>di</strong>ritto (v. 12; cfr. Sal 7,7), come <strong>il</strong> giusto sovrano preoccupato <strong>di</strong> ristab<strong>il</strong>ire e mantenere la<br />

giustizia in un mondo dove la violenza regna sovrana. È sotto questi tratti che egli comparirà<br />

ancora nella sua apostrofe ai giu<strong>di</strong>ci e ai potenti nel Salmo 82.<br />

4. CONCLUSIONE<br />

L’abbiamo visto: ciò che regge la preghiera <strong>di</strong> questi <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> invocazione alla vendetta è<br />

un’immensa sete <strong>di</strong> giustizia alle prese con la crudele realtà dell’iniquità, ma anche una fede<br />

profonda in un Dio che si schiera con le vittime della violenza, un’adesione all’alleanza che fa<br />

vivere. Non ci si lasci tuttavia trarre in inganno: colui che supplica in tal modo non chiede a<br />

Dio la forza <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>carsi personalmente <strong>di</strong> coloro che lo schiacciano o <strong>di</strong> consegnare i suoi<br />

nemici alla sua sete <strong>di</strong> rivincita. Al contrario, affida <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> far giustizia nelle mani <strong>di</strong><br />

quel Dio in cui vede <strong>il</strong> giusto giu<strong>di</strong>ce. In tal modo, la violenza che procede dal sentimento<br />

acuto dell’ingiustizia non viene negata, ma neppure repressa. È assunta come tale, poi tradotta<br />

in parole perché prorompano al tempo stesso la sua verità e <strong>il</strong> suo eccesso, ma in un potente<br />

appello alla giustizia, alla liberazione.<br />

Il fatto che <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> vendetta venga così avvertito ed espresso davanti a Dio non è<br />

certo in<strong>di</strong>fferente. Chi è Dio, infatti, se la violenza e l’o<strong>di</strong>o, l’ingiustizia e la menzogna non lo<br />

riguardano? Chi è, se non è sensib<strong>il</strong>e alla sofferenza delle vittime <strong>di</strong> questi crimini, alla loro<br />

rabbia e alla loro sete <strong>di</strong> vendetta? Può forse essere <strong>il</strong> Dio degli umani in cui ribolle tutta questa<br />

aggressività? Essa infatti si rivolterà contro l’uomo per minarlo dall’interno, se egli non la<br />

riconosce in tutta la sua violenza per poterla trasformare in energia <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> lotta per la giustizia.<br />

Dopo tutto, perché <strong>salmi</strong> del genere sarebbero meno giusti rispetto ad una morale volontaristica<br />

che non riconosce la violenza nell’uomo se non per negarla, reprimerla o condannarla?


308 Saggi <strong>di</strong> esegesi - Pregare la violenza? I <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> vendetta<br />

La vendetta che viene espressa in questi <strong>salmi</strong> è quel «sentimento sornione che sorge dagli<br />

abissi umani più tenebrosi, che riveste l’uniforme dell’arbitrio e della violenza più incontrollata».<br />

Ora, «è probab<strong>il</strong>mente questo che tanto ci ripugna. Avvertiamo una repulsione istintiva<br />

quando appare la bestia che ogni uomo nasconde in sé... Il “Dio delle vendette” sarebbe forse<br />

dunque un Dio che apre la gabbia <strong>di</strong> questo animale <strong>di</strong> cui si conoscono fin troppo bene le devastazioni?».<br />

Sì, certo, ma non in qualsiasi modo! 10 Ai <strong>salmi</strong>sti che osano credere che nulla <strong>di</strong><br />

umano sia estraneo a Dio, quest’ultimo apre uno spazio <strong>di</strong> preghiera dove liberare la belva<br />

della loro aggressività, perché possa mostrarsi, e quin<strong>di</strong> essere riconosciuta, essere detta. Il<br />

fatto è che la via delle parole è probab<strong>il</strong>mente una delle sole strade che gli umani abbiano a<br />

propria <strong>di</strong>sposizione per umanizzare o convertire ciò che in loro è <strong>di</strong>sumano.<br />

A che cosa serve all’uomo reprimere ciò che in lui lo ripugna, ciò che provoca la sua repulsione<br />

davanti alla bestia nascosta, devastatrice? Non sarebbe forse proprio questa repressione<br />

a non consentirgli <strong>di</strong> padroneggiare l’animalità presente in lui? Per domare un leone, lo si deve<br />

guardare in faccia; per sfuggire a un serpente, lo si deve vedere lì dove si nasconde (cfr.<br />

Nm 21,4-9). A forza <strong>di</strong> non scorgere queste forze negative che operano in noi, si rischia <strong>di</strong><br />

perdere ogni possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> controllo su <strong>di</strong> esse; le si costringe ad esprimersi in altri mo<strong>di</strong>, assai<br />

più sornioni e subdoli rispetto al sentimento stesso. I <strong>salmi</strong> <strong>di</strong> vendetta offrono una parola che<br />

apre una porta sul <strong>di</strong>sumano in sé e, a questo titolo, rappresentano un primo passo verso una<br />

possib<strong>il</strong>e liberazione.<br />

Oltre che essere l’espressione esagerata del sentimento che l’eccesso del male subìto risveglia<br />

nell’uomo, questi <strong>salmi</strong> sono parimenti <strong>il</strong> frutto <strong>di</strong> una fede profonda nel Dio dell’alleanza.<br />

Poiché, da un lato, la fede non ha censurato, giu<strong>di</strong>cato o ad<strong>di</strong>rittura negato tale violenza,<br />

ma le ha piuttosto prestato le sue parole; e poiché, dall’altro lato, la violenza non ha soffocato<br />

lo slancio dell’uomo verso Dio, ma ne ha piuttosto rafforzato <strong>il</strong> vigore, rendendo possib<strong>il</strong>e <strong>il</strong><br />

loro incontro. Non si potrebbe persino affermare che tale incontro è stato permesso da Dio?<br />

Se infatti un credente osa ammettere che Dio ha qualcosa da spartire con <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> vendetta<br />

– che essa sia o meno giustificata da una situazione reale <strong>di</strong> ingiustizia o <strong>di</strong> minaccia –,<br />

se osa credere che Dio non condanna questa violenza, ma invita a tradurla in parole come fa<br />

con Caino, può <strong>di</strong>menticare la propria vergogna e mettersi in cammino non rinnegando nulla<br />

<strong>di</strong> ciò che egli è. La fede e la violenza trovano allora modo <strong>di</strong> esprimersi, l’una e l’altra, in<br />

uno stesso movimento che esprime adeguatamente la verità complessa <strong>di</strong> quest’uomo, tanto<br />

credente quanto è ribelle; tanto violento quanto è assetato <strong>di</strong> giustizia. Non ci troviamo forse<br />

<strong>di</strong> fronte ad un <strong>di</strong>namismo pasquale? Dov’è Pasqua, infatti, se non lì dove l’amore attraversa<br />

l’o<strong>di</strong>o senza negarne la realtà, perché la morte stessa offre un varco alla vita?<br />

Per concludere, una piccola storia. La prima volta che affrontai questo genere <strong>di</strong> <strong>salmi</strong> con<br />

un gruppo, quasi vent’anni fa, fu insieme a delle religiose. Ero ancora ben lungi dall’avere affinato<br />

l’intuizione che sv<strong>il</strong>uppo qui, ma per l’essenziale, essa era già stata delineata. Dopo <strong>il</strong><br />

lavoro in comune che aveva sconcertato non poche partecipanti, una <strong>di</strong> esse viene a trovarmi<br />

e, prendendomi in <strong>di</strong>sparte, mi confida: «Lei non può sapere quanto piacere mi ha procurato<br />

questo pomeriggio!». Sorpresa... Poi la religiosa riprende: «L’approccio che ha presentato <strong>di</strong><br />

questi <strong>salmi</strong> raggiunge veramente l’esperienza che ne ho fatto personalmente. Per una decina<br />

d’anni sono vissuta in una comunità <strong>di</strong> cui, per motivi che non importa rivelare, o<strong>di</strong>avo la superiora<br />

– non c’è altra parola. Ero quasi incapace <strong>di</strong> essere gent<strong>il</strong>e con lei, o anche semplicemente<br />

corretta. Allora, mi sono messa a pregare questi <strong>salmi</strong> pensando a lei, e deponevo <strong>il</strong> mio<br />

o<strong>di</strong>o ai pie<strong>di</strong> del Signore. Quando uscivo, se la incontravo nel corridoio, mi stupivo <strong>di</strong> poterle<br />

rivolgere un sorriso! Riuscivo a trovare un comportamento umano <strong>di</strong> fronte a lei. È così che<br />

ho potuto resistere...».<br />

10 SKA, «“Dieu des vengeances”», 353. Pur citando questo articolo, non ne con<strong>di</strong>vido completamente la<br />

linea. Per Ska, infatti, «la vendetta <strong>di</strong> cui si parla qui è tutt’altro che <strong>il</strong> sentimento sornione ecc.».


INDICE<br />

Seconda parte<br />

IL LIBRO DEI SALMI<br />

Storia dell'interpretazione – Introduzione – Saggi <strong>di</strong> esegesi<br />

STORIA DELL’INTERPRETAZIONE DEI SALMI _____________________________ 134<br />

Nota preliminare ___________________________________________________________________ 134<br />

I. Periodo della formazione dell’Antico Testamento ________________________________________ 134<br />

II. I <strong>salmi</strong> nel Nuovo Testamento _______________________________________________________ 136<br />

III. Fino al III secolo ________________________________________________________________ 138<br />

IV. Da Origene a Cassiodoro: panorama _________________________________________________ 139<br />

V. Da Origene a Cassiodoro: autori _____________________________________________________ 145<br />

VI. Da Cassiodoro a Nicola <strong>di</strong> Lira _____________________________________________________ 150<br />

VII. Da Nicola <strong>di</strong> Lira fino all’epoca storico-critica ________________________________________ 154<br />

VIII. L’epoca critica fino a Gunkel _____________________________________________________ 160<br />

IX. Gunkel: opera e influsso __________________________________________________________ 162<br />

X. Lavori in sospeso ________________________________________________________________ 168<br />

XI. L’appropriazione ________________________________________________________________ 174<br />

INTRODUZIONE AI SALMI _______________________________________________ 178<br />

I. I <strong>salmi</strong> come <strong>libro</strong> _________________________________________________________________ 178<br />

1. Il nome _______________________________________________________________________ 178<br />

2. Numerazione ___________________________________________________________________ 178<br />

3. Raccolte e formazione del Salterio __________________________________________________ 179<br />

4. Datazione del Salterio ____________________________________________________________ 181<br />

5. Il testo <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> ________________________________________________________________ 182<br />

6. I titoli _________________________________________________________________________ 185<br />

7. Autori <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> _________________________________________________________________ 188<br />

II. Salmi e poesia ___________________________________________________________________ 188<br />

1. Parallelismo ___________________________________________________________________ 189<br />

2. Il ritornello ____________________________________________________________________ 190<br />

3. Chiasmo ______________________________________________________________________ 190<br />

4. Effetti sonori ___________________________________________________________________ 190<br />

5. Ritmo _________________________________________________________________________ 191<br />

6. Altri proce<strong>di</strong>menti st<strong>il</strong>istici ________________________________________________________ 191<br />

7. Verso la struttura letteraria ________________________________________________________ 192<br />

8. Il linguaggio simbolico ___________________________________________________________ 193<br />

III. Generi letterari __________________________________________________________________ 194<br />

1. Il metodo morfocritico <strong>di</strong> H. Gunkel _________________________________________________ 194<br />

2. I cinque generi letterari principali __________________________________________________ 195<br />

3. I generi letterari secondari ________________________________________________________ 201<br />

4. Valutazione critica sullo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> generi ____________________________________________ 203<br />

Conclusione ______________________________________________________________________ 205<br />

IV. Teologia <strong>dei</strong> <strong>salmi</strong> _______________________________________________________________ 206<br />

1. I <strong>salmi</strong> e <strong>il</strong> culto _________________________________________________________________ 206<br />

2. La teologia biblica vista attraverso i <strong>salmi</strong> ____________________________________________ 208<br />

Bibliografia commentata _____________________________________________________________ 214<br />

SAGGI DI ESEGESI<br />

IL SALTERIO DALL’INIZIO ALLA FINE ____________________________________ 221<br />

1. L’apertura del Salterio: i Salmi 1 e 2 ___________________________________________ 221<br />

1.1. Salmo 1: struttura e opposizioni ____________________________________________________ 222<br />

1.2. L’uomo, i malvagi e i giusti _______________________________________________________ 223<br />

1.3. L’uomo, i giusti e Yhwh __________________________________________________________ 225<br />

1.4. L’albero, la pula e <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio ______________________________________________________ 226<br />

1.5. Il messia e i suoi nemici: Salmo 2 - salmo <strong>di</strong> intronizzazione regale ________________________ 228<br />

1.6. Paragone con <strong>il</strong> Salmo 1 __________________________________________________________ 232<br />

1.7. Il Salmo 2, ampliamento del Salmo 1? _______________________________________________ 233


310 In<strong>di</strong>ce<br />

2. La finale del Salterio: i Salmi 148, 149 e 150 _____________________________________ 235<br />

2.1. Il salmo 148: l’estensione universale della lode ________________________________________ 235<br />

2.2. Il salmo 149: la lode <strong>di</strong> israele e la vittoria sul male _____________________________________ 237<br />

2.3. Il salmo 150: la lode pura _________________________________________________________ 240<br />

2.4. Riflessioni conclusive ____________________________________________________________ 241<br />

3. Dove <strong>il</strong> grido <strong>di</strong>venta lode: <strong>il</strong> Salmo 22 __________________________________________ 242<br />

3.1. Struttura d’insieme ______________________________________________________________ 243<br />

3.2. Prima parte: la lode sotto scacco (vv. 2-11) ___________________________________________ 243<br />

3.3. Seconda parte: la passione <strong>di</strong> colui che supplica (vv. 12-22) ______________________________ 245<br />

3.4. Terza parte: la lode ricreata (vv. 23-32) ______________________________________________ 247<br />

3.5. Conclusione: dal Davide <strong>salmi</strong>sta a Gesù _____________________________________________ 249<br />

UN ESEMPIO DI SALMI APPAIATI: REQUISITORIA E ‘MISERERE’ (SAL 50–51) 251<br />

1. Stu<strong>di</strong>o globale del salmo ______________________________________________________ 251<br />

2. Esegesi del Sal 50 ___________________________________________________________ 255<br />

2.1. Ruoli e personaggi ______________________________________________________________ 256<br />

2.2. Composizione __________________________________________________________________ 257<br />

2.3. Esegesi _______________________________________________________________________ 257<br />

3. Esegesi del Sal 51 ___________________________________________________________ 261<br />

3.1. Delimitazione __________________________________________________________________ 262<br />

3.2. Composizione __________________________________________________________________ 262<br />

3.3. Esegesi _______________________________________________________________________ 262<br />

4. Terzo atto della liturgia penitenziale ___________________________________________ 266<br />

5. Trasposizione cristiana _______________________________________________________ 266<br />

IL TRIONFO DEL RE MESSIA (Sal 110) _____________________________________ 269<br />

Bibliografia __________________________________________________________________ 269<br />

1. Il testo ____________________________________________________________________ 269<br />

2. Genere letterario e datazione _________________________________________________ 271<br />

3. Commento _________________________________________________________________ 271<br />

4. Il compimento neotestamentario _______________________________________________ 276<br />

IL CREATORE, L’UOMO E L’UNIVERSO (SAL 8) _____________________________ 278<br />

1. Testo ______________________________________________________________________ 278<br />

2. Dimensione letteraria ________________________________________________________ 278<br />

2.1. Matrice ideologica e struttura letteraria ______________________________________________ 278<br />

2.2. I para<strong>di</strong>gmi simbolici del salmo ____________________________________________________ 279<br />

3. La collocazione cronologica e «vitale» del salmo __________________________________ 281<br />

4. Lettura esegetica ____________________________________________________________ 282<br />

4.1. Antifona d’inclusione (vv. 2a e 10) __________________________________________________ 283<br />

4.2. Prima scena cosmica (vv. 2b-5) ____________________________________________________ 283<br />

4.3. Seconda scena cosmica (vv. 6-9) ___________________________________________________ 288<br />

5. L’ermeneutica del Sal 8 ______________________________________________________ 290<br />

PREGARE LA VIOLENZA? I SALMI DI VENDETTA __________________________ 293<br />

1. In nome dell’alleanza: <strong>il</strong> salmo 83 ______________________________________________ 294<br />

1.1. Osservazioni sulla struttura letteraria ________________________________________________ 295<br />

1.2. Una contro-alleanza (vv. 2-9) ______________________________________________________ 296<br />

1.3. Invocazione <strong>di</strong> aiuto (vv. 10-19) ____________________________________________________ 298<br />

1.4. Riflessioni conclusive ____________________________________________________________ 301<br />

2. Quando la giustizia è compromessa: <strong>il</strong> Salmo 58 __________________________________ 301<br />

2.1. Abbozzo <strong>di</strong> struttura letteraria ______________________________________________________ 302<br />

2.2. Proposta <strong>di</strong> lettura _______________________________________________________________ 303<br />

3. «Dio che ven<strong>di</strong>chi, mostrati!»: <strong>il</strong> Salmo 94 _______________________________________ 306<br />

4. Conclusione ________________________________________________________________ 307

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!