Manuale per la costruzione dei muri a secco
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<strong>Manuale</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>costruzione</strong> del <strong>muri</strong> a <strong>secco</strong><br />
Nel settore più occidentale del Parco, comprendente <strong>la</strong> parte alta del<strong>la</strong> valle<br />
del t. Molinelli, <strong>la</strong> valle del t. Fegina e tutto il promontorio del Mesco, affiorano<br />
le rocce del<strong>la</strong> sequenza ofiolitica (serpentiniti e gabbri) con le re<strong>la</strong>tive co<strong>per</strong>ture<br />
sedimentarie (argilliti a palombini, arenarie del Gottero). Anche in questo<br />
caso <strong>per</strong>tanto esiste una notevole variabilità litologica del substrato roccioso<br />
che si ri<strong>per</strong>cuote in una marcata eterogeneità delle pietre <strong>dei</strong> <strong>muri</strong> del terrazzamento.<br />
In generale comunque sono prevalenti i litotipi con migliori caratteristiche<br />
meccaniche, rappresentati dalle arenarie silicee e dai gabbri, che nel passato,<br />
come già accennato, erano ricavati, oltre che dal<strong>la</strong> cava del Mesco, anche<br />
da scarpate rocciose e dal deposito litoraneo.<br />
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Arenarie del Gottero – Punta<br />
Mesco.<br />
Si tratta di arenarie silicee<br />
molto grosso<strong>la</strong>ne e resistenti<br />
che sono ottime come materiale<br />
da <strong>costruzione</strong> e venivano<br />
sfruttate in passato in diverse<br />
cave diffuse su tutto il promontorio<br />
del Mesco.<br />
Per i <strong>muri</strong> a <strong>secco</strong> in genere<br />
venivano utilizzate pietre prelevate<br />
da scarpate naturali o<br />
recu<strong>per</strong>ate dal deposito litoraneo.