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Impostazione alla Dirac – La proposta di Udine - Dipartimento di Fisica

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Università <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne - Unità <strong>di</strong> Ricerca in Didattica della <strong>Fisica</strong><br />

Master IDIFO<br />

<strong>Impostazione</strong> <strong>alla</strong> <strong>Dirac</strong>. <strong>La</strong> <strong>proposta</strong> <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne per la fisica quantistica.<br />

<strong>Impostazione</strong> <strong>alla</strong> <strong>Dirac</strong> <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>proposta</strong> <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne 1<br />

<strong>La</strong> <strong>proposta</strong> <strong>di</strong>dattica che viene qui sintetizzata fa riferimento all'inquadramento<br />

organico, che <strong>Dirac</strong> ha fornito della meccanica quantistica (1958), e che è stato ripreso e<br />

attualizzato da <strong>di</strong>versi autori (Sakurai 1985; Levi Leblond, Balibar 1990; Townsend<br />

1992; Gottfried 1996). Punta a <strong>di</strong>scutere fin dall'inizio i concetti fondanti, la loro<br />

rappresentazione formale, il significato fisico <strong>di</strong> tale rappresentazione, anche <strong>alla</strong> luce<br />

del lavoro <strong>di</strong> rianalisi critica dei fondamenti teorici sviluppatosi nella seconda metà del<br />

secolo scorso (Baym 1969; D‟Espagnat 1976; Bell 1987; Ghirar<strong>di</strong> et al. 1986; Sonego<br />

1992; Ghirar<strong>di</strong> 1997) e degli esiti <strong>di</strong> esperimenti che mettono in luce le correlazioni<br />

quantistiche e il carattere non locale dei fenomeni microscopici (Aspect 1982; Go<br />

2003). Si avvale della strada tracciata da altri autori, che hanno sviluppato proposte<br />

<strong>di</strong>dattiche introduttive <strong>alla</strong> MQ con taglio analogo (Feynman, Leighton, Sands, 1965;<br />

French, 1975; Ghirar<strong>di</strong>, Grassi, Michelini 1995, 1996, 1997; Pospiech 1999, 2000a).<br />

Essa mira a far acquisire un quadro sufficientemente organico degli aspetti che<br />

caratterizzano la teoria quantistica, come il principio <strong>di</strong> sovrapposizione e l‟esistenza <strong>di</strong><br />

osservabili incompatibili, il suo modo peculiare <strong>di</strong> correlare le evidenze sperimentali al<br />

quadro concettuale, ovvero <strong>di</strong> costruire conoscenza, le profonde mo<strong>di</strong>fiche che impone<br />

<strong>alla</strong> descrizione e <strong>alla</strong> interpretazione del mondo microscopico.<br />

Le motivazioni <strong>di</strong> seguito <strong>di</strong>scusse stanno <strong>alla</strong> base delle scelte fatte per costruire la<br />

<strong>proposta</strong> presentata.<br />

1.1 Motivazioni <strong>di</strong> fondo per insegnare la meccanica quantistica nella scuola<br />

<strong>La</strong> meccanica quantistica costituisce la teoria <strong>di</strong> riferimento per l‟attuale descrizione<br />

fisica del mondo microscopico. Il suo peculiare carattere lineare unifica la grande parte<br />

della moderna fisica atomica, della chimica-fisica, della fisica della materia e dei nuovi<br />

materiali in genere. Governa, inoltre, la fisica delle particelle elementari, secondo la<br />

moderna teoria dei campi, come pure fornisce gli strumenti per affrontare lo stu<strong>di</strong>o<br />

dell‟evoluzione dei corpi stellari. È presumibile che acquisti, in breve, rilevanza anche<br />

nell‟ambito delle nanotecnologie, che oltre ad avere risvolti applicativi e sociali<br />

notevoli, coinvolgono sempre <strong>di</strong> più temi <strong>di</strong> frontiera tra <strong>di</strong>scipline <strong>di</strong>verse (fisica,<br />

1 Questo documento è estrapolato d<strong>alla</strong> tesi <strong>di</strong> dottorato: A. Stefanel, Apprendere e Insegnare le idee della Meccanica<br />

quantistica nella scuola secondaria, U<strong>di</strong>ne, 2006.


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<strong>Impostazione</strong> <strong>alla</strong> <strong>Dirac</strong>. <strong>La</strong> <strong>proposta</strong> <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne per la fisica quantistica.<br />

chimica, scienza dei materiali, biologia). Costituisce uno dei principali contributi <strong>alla</strong><br />

conoscenza scientifica del XX secolo, perché ha reso possibile l‟esplorazione <strong>di</strong> nuovi<br />

fenomeni, la creazione <strong>di</strong> nuovi campi del sapere, la realizzazione <strong>di</strong> nuove tecnologie<br />

(nel campo dell‟elettronica e dell‟ottica fisica per esempio) i cui prodotti pervadono<br />

oramai la vita quoti<strong>di</strong>ana (le applicazioni delle tecnologie dei semiconduttori e del laser<br />

in primis). Il ruolo para<strong>di</strong>gmatico che la MQ riveste nella attuale descrizione del mondo<br />

microscopico, enfatizza, quin<strong>di</strong>, l‟importanza del modo in cui essa: costruisce<br />

conoscenza sul mondo, interpreta i fenomeni, in<strong>di</strong>rizza <strong>alla</strong> costruzione <strong>di</strong> modelli.<br />

Avere esperienza del modo <strong>di</strong> pensare quantistico, dei suoi caratteri metodologici ed<br />

epistemici peculiari, ancor più che <strong>di</strong> specifiche esemplicazioni nella descrizione <strong>di</strong><br />

sistemi come l‟atomo o applicazioni come il laser, è pertanto irrinunciabile nella<br />

formazione <strong>di</strong> un citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a cultura (Ghirar<strong>di</strong> 1996, Pospiech 1999; Hadzidaki<br />

et al. 2000, Zollman 1999). Cimentarsi, seppure in ambiti fenomenologici limitati, con i<br />

concetti fondanti della teoria quantistica, può giocare, un ruolo importante nella<br />

costruzione del pensiero teoretico. Offre, inoltre, interessanti spunti per esplorare in<br />

modo semplice i contesti problematici in cui essa si è sviluppata ed è emersa come<br />

sintesi <strong>di</strong> uno dei <strong>di</strong>battiti più profon<strong>di</strong> e scientificamente significativi della storia della<br />

scienza. Fornisce quin<strong>di</strong> spunti per una riflessione metodologica, storica,<br />

epistemologica, che consente numerosi agganci inter<strong>di</strong>sciplinari.<br />

1.2 Le scelte sui contenuti<br />

Per capire come la meccanica quantistica raccorda la conoscenza fenomenica con la<br />

teoria e in particolare come questa modalità <strong>di</strong>fferisca profondamente da quella classica<br />

bisogna rivolgere l‟attenzione agli aspetti che la fondano.<br />

<strong>La</strong> MQ si caratterizza come teoria compatta, che si <strong>di</strong>scosta in modo drastico d<strong>alla</strong><br />

fisica classica per molti aspetti: i principi, i concetti su cui si fonda e <strong>di</strong> conseguenza il<br />

modo <strong>di</strong> descrivere e interpretare i fenomeni, la logica sottesa, il formalismo messo in<br />

gioco ed il ruolo ad esso attribuito, le grandezze fisiche coinvolte (<strong>Dirac</strong> 1958;<br />

D‟Espagnat 1976, Sakurai 1985; Ghirar<strong>di</strong> 1997). <strong>La</strong> meccanica quantistica fonda un<br />

nuovo modo <strong>di</strong> pensare organico, che parte da presupposti concettuali profondamente<br />

<strong>di</strong>versi anche d<strong>alla</strong> “fisica dei quanti”, sviluppata nei primi venti anni del „900, <strong>di</strong> cui<br />

pure ingloba e riottiene i risultati (Bellone 1990; Fishler 1999; Pospiech 2000a).<br />

Gli elementi <strong>di</strong> continuità tra fisica classica e fisica quantistica, che pure esistono e<br />

trovano sintesi formale nel principio <strong>di</strong> corrispondenza e nel teorema <strong>di</strong> Ehrenferst per i


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<strong>Impostazione</strong> <strong>alla</strong> <strong>Dirac</strong>. <strong>La</strong> <strong>proposta</strong> <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne per la fisica quantistica.<br />

valori me<strong>di</strong>, non hanno valore fondate, ma solo quello <strong>di</strong> principi euristici. Si possono<br />

riguardare come sistemi <strong>di</strong> controllo: garanzie e vincoli a cui deve sod<strong>di</strong>sfare la teoria<br />

quantistica per fornire risposte analoghe a quelle della fisica classica in ben definiti<br />

contesti.<br />

Sono piuttosto alcune osservabili, che non hanno una corrispondente classica, come ad<br />

esempio lo spin, che permettono <strong>di</strong> evidenziare le caratteristiche concettuali della teoria,<br />

il suo modo <strong>di</strong> modellizzare i fenomeni, do esplorare conseguenze e principali<br />

<strong>di</strong>stinzioni d<strong>alla</strong> meccanica classica (Baym 1969, Feynman 1985, Sakurai 1985, Bell<br />

1987, Levi Leblond, Balibar 1990).<br />

È a tali aspetti che si può rivolgere l‟attenzione per costruire una <strong>proposta</strong> <strong>di</strong>dattica,<br />

come nel caso della presente <strong>proposta</strong> in cui è stato scelto il contesto della<br />

polarizzazione.<br />

1.3 Le scelte metodologiche<br />

Le ricerche sui processi <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento in fisica e in particolare quelle relative<br />

all‟appren<strong>di</strong>mento della MQ evidenziano il nodo particolarmente problematico del<br />

passaggio d<strong>alla</strong> descrizione macroscopica, a quella microscopica del mondo (Arons<br />

1990; Greca, Moreira, 2001; Duit 2006). Tale passaggio risulta particolarmente<br />

problematico nel caso della MQ, perché accanto alle note <strong>di</strong>fficoltà a concettualizzare la<br />

fenomenologia <strong>di</strong> sistemi non percepibili sensorialmente, come ad esempio sono gli<br />

atomi, viene accompagnato da un cambiamento profondo nel quadro teorico <strong>di</strong><br />

riferimento, che non è esso stesso privo <strong>di</strong> intrinseche <strong>di</strong>fficoltà concettuali. Alla luce <strong>di</strong><br />

questo, anche nell‟insegnamento della MQ, acquista dunque importanza in<strong>di</strong>viduare<br />

contesti, che possono essere esplorati <strong>di</strong>rettamente e che, essendo relativamente facili da<br />

interpretare, fungano da ancore cognitive per la riduzione immaginativa dei concetti.<br />

Contesti in cui i ragazzi siano personalmente coinvolti operativamente sul piano pratico<br />

e su quello concettuale, nel: riconoscimento della fenomenologia e sua caratterizzazione<br />

per mezzo <strong>di</strong> leggi fenomenologiche; esplorazione <strong>di</strong> ipotesi attraverso argomentazioni<br />

basate sul confronto rigoroso con gli esiti sperimentali; costruzione dei concetti che<br />

servano da organizzatori cognitivi della fenomenologia; formalizzazione matematica <strong>di</strong><br />

tali concetti.<br />

<strong>La</strong> richiesta <strong>di</strong> rigore in<strong>di</strong>rizza a enfatizzare il significato fisico della modelizzazione,<br />

basata sulla selezione degli aspetti da guardare, piuttosto che sulla approssimazione e


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semplificazione dei sistemi fisici. In<strong>di</strong>rizza <strong>alla</strong> precisazione delle regole del gioco per<br />

costruire coerenza argomentativa. In<strong>di</strong>ca l‟importanza <strong>di</strong> costruire il passaggio dal<br />

macromondo al micromondo, rendendo conto <strong>di</strong> come le leggi macroscopiche possano<br />

essere l‟esito <strong>di</strong> molti processi microscopici. Il contesto della polarizzazione offre<br />

queste possibilità potendo essere epslorata in un laboratorio <strong>di</strong>dattico con semplici<br />

esperimenti, che possono essere posti su basi quantitrative ottenendo buoni risultati e<br />

consnetendo quin<strong>di</strong> rigore nelle conclusioni tratte.<br />

Un appoccio costruttivista in MQ significa che è necessario partire dalle idee dei<br />

ragazzi. Esse sono le idee che sono implicite nel pensiero classico e sintetizzabili, per<br />

quanto si sta <strong>di</strong>scutendo, nei seguenti assunti: i sistemi possiedono definite proprietà<br />

in<strong>di</strong>penedentemete dal fatto che sia stata effettuata o meno una misura per determinarle;<br />

gli esiti delle misure devono essere determinate dalle proprietà che il sistema possiede<br />

prima della misura; gli esiti delle misure sono sempre concepibili come rilevazione delle<br />

proprietà oggettive del sistema.<br />

Nella prospettiva dell‟appren<strong>di</strong>mento della MQ, tali idee costituiscono la premessa<br />

logica per una teoria a variabili nascoste. Esse devono pertanto essere <strong>di</strong>scusse in una<br />

<strong>proposta</strong> <strong>di</strong>dattica, qualora siano gli studenti a metterle in campo. Esse devono poi<br />

essere portate alle estreme conseguenze per capirne le implicazioni che essenzialmente<br />

sono legate all‟evidente non <strong>–</strong>località e contestualità.<br />

1.4. <strong>La</strong> presentazione della <strong>proposta</strong> <strong>di</strong>dattica<br />

<strong>La</strong> <strong>proposta</strong> <strong>di</strong>dattica prevede un approccio operativo, come <strong>di</strong>scusso nel paragrafo 2,<br />

impiegando le strategie illustrate nel paragrafo 3.<br />

L‟impostazione della <strong>proposta</strong> <strong>di</strong>dattica progettata, illustrata nel paragrafo 5, esplicita in<br />

che modo, nel semplice contesto fenomenologico della polarizzazione, si affronta il<br />

significato fisico del principio <strong>di</strong> sovrapposizione, le conseguenze, che da esso<br />

derivano, la costruzione dei primi livelli <strong>di</strong> formalizzazione (Stefanel 2001; Michelini et<br />

al. 2000, 2001; URDF 2002; Stefanel et al. 2003; Michelini et al. 2003; Michelini,<br />

Stefanel 2004). Per semplificare sia l‟analisi fenomenologia sia poi la successiva<br />

formulazione matematica ci si limita al solo caso della polarizzazione lineare, i cui stati<br />

e operatori possono essere descrivibili formalmente in uno spazio vettoriale<br />

bi<strong>di</strong>mensionale su campo reale.<br />

Tale impostazione viene tradotta nel percorso <strong>di</strong>dattico che viene presentato nel


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paragrafo 6, in 13 moduli. Ciascun modulo ha una sua autonomia e completezza,<br />

essendo ben definiti i prerequisiti che richiede, gli obiettivi che persegue e quin<strong>di</strong> gli<br />

appren<strong>di</strong>menti degli studenti.<br />

Si avvia con l‟esplorazione del contesto fenomenologico della polarizzazione<br />

(modulo1), le cui leggi empiriche vengono interpretate in termini <strong>di</strong> interazioni a<br />

singolo fotone (modulo 2). Tre sono gli ingre<strong>di</strong>enti metodologici su cui vengono<br />

sviluppati i successivi moduli della <strong>proposta</strong> <strong>di</strong>dattica qui presentata: a) falsificazione <strong>di</strong><br />

ipotesi; b) riconoscimento delle conseguenze implicite in tali ipotesi; c) costruzione<br />

delle idee fondanti della MQ.<br />

In particolare gli ingre<strong>di</strong>enti a) e b) entrano in gioco nei moduli 3-4-5-6 del percorso<br />

presentato. Il terzo elemento caratterizza i moduli 7-10. I moduli 11-13 esplorano le<br />

conseguenze dell‟impianto concettuale e avviano <strong>alla</strong> generalizzazione dei risultati.<br />

Anche se i moduli sono presentati in forma <strong>di</strong> percorso sequenziale, si possono<br />

facilmente in<strong>di</strong>viduare alcuni percorsi alternativi nella rete dei collegamenti fra i<br />

moduli, come illustrato nel seguito. Essi si <strong>di</strong>fferenziano essenzialmente per i tempi <strong>di</strong><br />

lavoro, gli obiettivi specifici a cui si mira prioritariamente, la collocazione nella<br />

programmazione annuale.<br />

2 L’approccio<br />

L'approccio seguito propone un‟analisi <strong>di</strong> contesti reali, prioritariamente scelti tra quelli<br />

offerti dall‟ottica fisica, per ricavare leggi empiriche che li descrivono. Per successivi<br />

livelli <strong>di</strong> formalizzazione si interpretano tali leggi considerando da subito la natura<br />

fotonica della luce in un quadro concettuale <strong>di</strong>rettamente quantistico, evitando quin<strong>di</strong><br />

qualsiasi ricorso <strong>alla</strong> interpretazione della fenomenologia nel contesto<br />

dell‟elettromagnetismo classico. Si affronta il nucleo della teoria a partire dal principio<br />

<strong>di</strong> sovrapposizione. <strong>La</strong> polarizzazione come proprietà quantistica della luce,<br />

riconosciuta fenomenologicamente me<strong>di</strong>ante semplici esperimenti reali <strong>di</strong> interazione<br />

dei singoli fotoni con polaroid e materiali birifrangenti, viene quin<strong>di</strong> identificata come<br />

proprietà che caratterizza lo stato <strong>di</strong> un fotone, in una palestra concettuale <strong>di</strong> esperimenti<br />

ideali.<br />

3 <strong>La</strong> strategia<br />

<strong>La</strong> esplorazione dei contesti fenomenologici indagati e la costruzione delle leggi che li


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descrivono, vengono effettuata in base al ciclo PEC (Previsione, Esperimento,<br />

Controllo) (Thornton, Sokoloff 1999; Corni et al 2004; Michelini et al 2004b;<br />

Sperandeo 2004). Il primo passo prevede che gli studenti formulino ed esplicitino delle<br />

previsioni sull‟aspetto in osservazione, ovvero sulla grandezza rilevata sia<br />

qualitativamente, sia quantitativamente (ad esempio l‟intensità della luce rilevata da un<br />

sensore). Le richieste sono sempre mirate, non generiche e riguardano aspetti su cui i<br />

ragazzi possono formulare previsioni razionali da porre a confronto con l‟esperimento,<br />

nel secondo passo del ciclo. L‟obiettivo è quello <strong>di</strong> far emergere analogie e <strong>di</strong>fferenze e<br />

quin<strong>di</strong> i punti critici della ipotesi sulla base della quale è stata effettivamente formulata<br />

la previsione. Conclude il ciclo il riepilogo dei risultati ottenuti sperimentalmente e la<br />

formulazione <strong>di</strong> una nuova ipotesi da porre a confronto con l‟esito <strong>di</strong> un nuovo<br />

esperimento.<br />

Un ciclo analogo viene proposto per costruire l‟interpretazione. Si basa sulla<br />

formulazione delle <strong>di</strong>verse ipotesi con cui gli studenti interpretano uno specifico aspetto<br />

(ad esempio la natura della sovrapposizione <strong>di</strong> due stati <strong>di</strong> polarizzazione). Ciascuna <strong>di</strong><br />

esse viene <strong>di</strong>scussa in una o più situazioni sperimentali specifiche, con l‟intento <strong>di</strong>:<br />

verificarla o falsificarla; riconoscere le conseguenze concettuali che derivano da tale<br />

test. Gli studenti formulano previsioni su specifiche situazioni, che mirano a mettere in<br />

crisi l‟ipotesi scelta, e le confrontano con gli esiti sperimentali. Poiché si tratta <strong>di</strong><br />

esperimenti ideali, l‟operatività viene garantita impiegando simulazioni e tools<br />

informatici sviluppati in precedenti ricerche (URDF 2002; Michelini et al 2002; Cobal<br />

et al 2002). Il terzo passaggio del ciclo ha una doppia uscita: a) confermare o rigettare<br />

l‟ipotesi sulla base del confronto con l‟esperimento, ovvero in<strong>di</strong>viduare nuove situazioni<br />

in cui fare tale test <strong>di</strong> falsificazione/verifica; b) esplorare ed esplicitare le implicazioni<br />

concettuali, che derivano dell‟esito positivo o negativo del test <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà dell‟ipotesi<br />

teorica considerata.<br />

In questo senso, a parte le prime e più ingenue ipotesi <strong>di</strong> interpretazione realistica dei<br />

fenomeni quantistici, nessuna ipotesi viene <strong>di</strong> fatto scartata. Ciascuna ipotesi infatti può<br />

essere ricondotta (se sviluppata coerentemente) a una delle <strong>di</strong>verse interpretazioni della<br />

teoria, in genere o quella standard o una a variabili nascoste. <strong>La</strong> strategia da adottare<br />

quin<strong>di</strong> non è quella <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzare i ragazzi verso una ipotesi piuttosto, che verso<br />

un‟altra, ma <strong>di</strong> spingerli ad esplorare con rigore argomentativo e logica sequenzialità<br />

ogni possibilità interpretativa e le conseguenze che ne derivano. Alle <strong>di</strong>verse ipotesi si


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assegna a priori uguale <strong>di</strong>gnità, fornendo nel contempo motivazione ai ragazzi nel<br />

costruirle, gratificazione nel mostrare loro come sottoporle al vaglio sperimentale e<br />

come da ciascuna <strong>di</strong> esse, giusta o sbagliata che sia, può emergere la comprensione <strong>di</strong><br />

un pezzo <strong>di</strong> realtà, per esempio riconoscendo implicazioni e conseguenze <strong>di</strong> ciascuna<br />

ipotesi. <strong>La</strong> formulazione standard della teoria o la sua formulazione statistica emergono<br />

<strong>alla</strong> fine del percorso come sbocco più semplice e lineare tra le <strong>di</strong>verse ipotesi<br />

formulate.<br />

4 L'impostazione<br />

L'esplorazione della fenomenologia della polarizzazione della luce (modulo 1) fa<br />

rivisitare la legge <strong>di</strong> Malus in termini <strong>di</strong> legge probabilistica, che descrive l‟interazione<br />

<strong>di</strong> fotoni con polaroid e cristalli birifrangenti (modulo 2). Il filtraggio <strong>di</strong> fotoni da<br />

polaroid viene letto nella prospettiva <strong>di</strong> preparazione ovvero <strong>di</strong> misura <strong>di</strong> una certa<br />

proprietà <strong>di</strong> un sistema fisico (la polarizzazione come proprietà della luce). Tale<br />

proprietà viene identificata con un simbolo per far emergere la <strong>di</strong>fferenza tra lo stato <strong>di</strong><br />

un sistema, che viene descritto poi con un vettore (autostato), e le proprietà attribuibili<br />

al sistema quando si trova in detto stato, ossia i valori assunti dalle osservabili<br />

(autovalori) (modulo 3). Il riconoscimento <strong>di</strong> uno stato associato ad una proprietà fisica<br />

della luce (la polarizzazione) è il prelu<strong>di</strong>o all'in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> proprietà mutuamente<br />

esclusive, ciascuna delle quali risulta incompatibile con qualsiasi altra proprietà (<strong>di</strong><br />

polarizzazione) (modulo 4). L'indeterminismo quantistico e l‟identicità dei sistemi<br />

quantistici vengono riconosciuti dal comportamento <strong>di</strong> fotoni polarizzati linearmente<br />

nell'interazione con polaroid. L‟impossibilità <strong>di</strong> associare una traiettoria ad un sistema<br />

quantistico, nel quadro della formulazione standard della teoria, viene <strong>di</strong>scusso nel<br />

contesto della interazione <strong>di</strong> fotoni con due cristalli birifrangenti allineati uno <strong>di</strong>retto e<br />

l‟altro inverso (modulo 5).<br />

Me<strong>di</strong>ante l'analisi del comportamento <strong>di</strong> fotoni quando interagiscono con cristalli<br />

birifrangenti, si riconosce che lo stato <strong>di</strong> polarizzazione secondo una certa <strong>di</strong>rezione non<br />

possa essere considerato una miscela statistica <strong>di</strong> due stati <strong>di</strong> polarizzazione ortogonale,<br />

né i risultati sperimentali possano essere previsti sulla base <strong>di</strong> informazioni definite a<br />

priori e trasportate dai fotoni stessi. Emerge inoltre la necessità <strong>di</strong> dare una descrizione<br />

contestuale dei fenomeni, qualora si tenti <strong>di</strong> descrivere in senso deterministico la<br />

fenomenologia secondo un approccio tipico delle teorie deterministiche a variabili


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nascoste. Se ne conclude quin<strong>di</strong>, che anche secondo interpretazioni alternative i sistemi<br />

microscopici hanno comportamento essenzialmente non-classico (modulo 6).<br />

Lo stesso contesto, può essere l‟occasione per <strong>di</strong>scutere il problema della teoria<br />

quantistica della misura e della <strong>di</strong>fficoltà, che essa incontra nella descrizione dei sistemi<br />

macroscopici (Ghirar<strong>di</strong>, Grassi, Michelini 1995, 1996, 1997).<br />

<strong>La</strong> fenomenologia della polarizzazione è così semplice, che consente anche lo sviluppo<br />

del formalismo in modo accessibile a studenti <strong>di</strong> scuola superiore. Risulta infatti<br />

imme<strong>di</strong>ato mostrare come lo stato <strong>di</strong> un fotone polarizzato linearmente possa essere<br />

descritto da un vettore appartenente ad uno spazio vettoriale astratto bi<strong>di</strong>mensionale su<br />

campo reale. Tale descrizione acquista valore interpretativo riconoscendo che essa è<br />

sufficiente a caratterizzare il comportamento statistico dei fotoni nell‟interazione con<br />

polaroid e cristalli birifrangenti (Ragazzon 2000). In altre parole consente, a partire da<br />

principi primi, <strong>di</strong> effettuare previsioni che sono consistenti con gli esiti sperimentali<br />

(modulo 7).<br />

Il carattere peculiare del principio <strong>di</strong> sovrapposizione emerge nel momento in cui si<br />

<strong>di</strong>scutono i processi <strong>di</strong> interferenza quantistica. Da essi emerge il carattere non classico<br />

della logica sottesa <strong>alla</strong> interpretazione quantistica dei fenomeni (modulo 8)<br />

Si pone il problema della rappresentazione formale delle osservabili fisiche,<br />

riconoscendo l‟analogia tra come i polaroid operano sui fotoni selezionandone lo stato<br />

<strong>di</strong> polarizzazione e gli operatori <strong>di</strong> proiezione operano sui vettori <strong>di</strong> stato (modulo 9). Si<br />

motiva quin<strong>di</strong> <strong>alla</strong> esplorazione <strong>di</strong> come operatori lineari più generali operano sui vettori<br />

<strong>di</strong> stato, a partire dal caso più semplice delle combinazioni lineari <strong>di</strong> proiettori. Si<br />

costruisce l‟associazione operatori lineari-osservabili fisiche calcolando il valore <strong>di</strong><br />

aspettazione dell‟osservabile polarizzazione in una definita <strong>di</strong>rezione. Si riconosce che<br />

tale associazione fornisce una descrizione completa dell‟osservabile fisica considerata e<br />

in particolare i suoi autovalori e autovettori sono rispettivamente i possibili esiti delle<br />

misure <strong>di</strong> detta osservabile e i corrispondenti stati in cui si può trovare il sistema dopo la<br />

misura. (Michelini et al. 2000, 2001, 2003) (modulo 10)<br />

Si riepilogano i risultati ottenuti nel caso della polarizzazione facendo emergere le<br />

regole che consentono <strong>di</strong> generalizzare la descrizione quantistica fornita per la<br />

polarizzazione a sistemi qualsiasi, ossia <strong>di</strong> “quantizzare” i sistemi (modulo 11)<br />

Il concetto <strong>di</strong> incompatibilità, che organizza cognitivamente i <strong>di</strong>versi aspetti considerati<br />

trova esplicita formalizzazione nella non commutatività degli operatori lineari. È


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relativamente semplice allora mostrare che a variabili incompatibili vengono associati<br />

operatori non commutanti e che gli autovettori <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> tali operatori sono esprimibili<br />

come combinazione lineare degli autovettori dell‟altro osservabile. Si ritrova quin<strong>di</strong> nel<br />

formalismo, il fatto che gli autostati <strong>di</strong> una delle osservabili considerate sono<br />

sovrapposizioni degli autostati dell‟altra osservabile. È molto semplice anche ottenere<br />

le relazioni <strong>di</strong> indeterminazione <strong>di</strong> Heisenberg, mostrando come esse siano implicite nel<br />

formalismo e siano una espressione dell‟esistenza <strong>di</strong> osservabili incompatibili (Onofri,<br />

Destri 1996, p.204).<br />

L'entanglement <strong>di</strong> sistemi quantistici correlati viene proposto con un'analisi<br />

fenomenologia, del tipo <strong>di</strong> quelle proposte da Mermin (1981, 1985), in particolare<br />

prendendo in esame l'esperimento tipo EPR a tre particelle correlate (Mermin 1990).<br />

Pur senza l'utilizzo del formalismo emergono la potenza pre<strong>di</strong>ttiva del principio <strong>di</strong><br />

sovrapposizione e il carattere non locale della teoria quantistica. (Michelini et al.<br />

2004b) (Modulo 13).<br />

5 Il percorso<br />

Si presenta qui il percorso <strong>di</strong>dattico che ha costituito la base formativa e al tempo stesso<br />

è il frutto degli stu<strong>di</strong> sul campo condotti con gli studenti e gli insegnanti in prima<br />

formazione (Stefanel 2001; Michelini et al. 2000, 2001, 2002; URDF 2002;). I <strong>di</strong>versi<br />

segmenti del percorso sono stati organizzati in moduli <strong>di</strong> attività omogenee come esito<br />

delle ricerche svolte in contesto nell‟ambito della presente tesi (Michelini et al. 2003;<br />

Michelini Stefanel 2004).<br />

5.1 Modulo 1 <strong>–</strong> <strong>La</strong> fenomenologia.<br />

Si osserva la luce <strong>di</strong> una lavagna luminosa trasmessa da uno, due o più polaroid, per<br />

riconoscere le caratteristiche della polarizzazione operativamente e in particolare la sua<br />

natura <strong>di</strong> proprietà trasversale della luce.<br />

<strong>La</strong> costanza dell‟intensità della luce trasmessa da un solo polaroid è evidente facendolo<br />

ruotare intorno a un asse verticale. Quando si sovrappongono due polaroid <strong>di</strong> forma<br />

rettangolare, si riconosce che l‟intensità della luce trasmessa <strong>di</strong>pende dal numero <strong>di</strong><br />

polaroid sovrapposti e dall‟orientazione relativa dei due polaroid. <strong>La</strong> variazione


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dell‟intensità della luce trasmessa da un massimo, con i polaroid sovrapposti paralleli 2 ,<br />

a un minimo, quando si ruota uno due polaroid <strong>di</strong> 90° (polaroid incrociati). Queste<br />

semplici osservazioni portano a riconoscere che: la luce emessa da sorgenti or<strong>di</strong>narie<br />

non è polarizzata; la luce trasmessa da un filtro polarizzatore presenta una proprietà<br />

(polarizzazione) e che viene evidenziata quando essa passa attraverso un secondo filtro;<br />

il primo filtro quin<strong>di</strong> polarizza la luce, il secondo funge da analizzatore della<br />

polarizzazione della luce trasmessa dal primo filtro. Il fatto che con due polaroid<br />

incrociati si abbia un minimo <strong>di</strong> trasmissione, fa riconoscere che la polarizzazione è una<br />

proprietà trasversale rispetto <strong>alla</strong> <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione della luce.<br />

D‟ora in poi per in<strong>di</strong>care l‟orientazione nello spazio dei polaroid si farà riferimento <strong>alla</strong><br />

<strong>di</strong>rezione che il suo lato più lungo (come si è detto si opera con polaroid <strong>di</strong> forma<br />

rettangolare) assume intorno <strong>alla</strong> <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione del fascio <strong>di</strong> luce incidente.<br />

Per esempio un polaroid con il lato più lungo verticale (orizzontale) si in<strong>di</strong>cherà come<br />

“polaroid verticale” (“orizzontale”).<br />

Il ruolo attivo dei polaroid nella interazione con la luce emerge d<strong>alla</strong> osservazione che<br />

l‟intensità della luce trasmessa da tre polaroid <strong>di</strong>pende in modo cruciale dall‟or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

successione dei polaroid: se due polaroid successivi sono incrociati si ha un minimo <strong>di</strong><br />

trasmissione in<strong>di</strong>pendentemente dall‟orientazione del terzo filtro; quando tra due<br />

polaroid incrociati si interpone un filtro obliquo, la luce trasmessa ha intensità<br />

interme<strong>di</strong>a.<br />

Le leggi fenomenologiche (Malus, trasmittività), che descrivono quantitativamente la<br />

principale fenomenologia della polarizzazione, vengono poste su basi quantitative<br />

attraverso misure <strong>di</strong> intensità luminosa effettuate con sensori on-line (5). In particolare<br />

se si opera con luce laser, si ottiene che la fenomenologia viene ben sintetizzata d<strong>alla</strong><br />

relazione:<br />

It = Io T cos 2<br />

con It e Io intensità della luce incidente e trasmessa, T= Itmax/Io coefficiente <strong>di</strong><br />

trasmissione del polaroid e angolo formato dai due polaroid, partendo da = 0° per<br />

trasmissione massima.<br />

<strong>La</strong> stessa legge fenomenologia descrive un‟altra fenomenologia in cui la polarizzazione<br />

ha un ruolo determinante: quella della birifrangenza. Essa è tipica <strong>di</strong> tutti i mezzi<br />

anisotropi come ad esempio i cristalli non a reticolo cubico. Si manifesta<br />

2 I polaroid sono ritagliati in forma rettangolare per farne riconoscere l‟anisotropia strutturale.


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macroscopicamente in cristalli <strong>di</strong> calcite tipo spato d‟Islanda, come doppia rifrazione <strong>di</strong>:<br />

un fascio, che viene rifratto secondo la legge or<strong>di</strong>naria della rifrazione e viene pertanto<br />

chiamato fascio or<strong>di</strong>nario; un fascio, che viene rifratto in modo anomalo e viene<br />

chiamato straor<strong>di</strong>nario. Tale fenomeno è imme<strong>di</strong>atamente evidente collocando un<br />

cristallo sopra <strong>alla</strong> pagina <strong>di</strong> un libro o utilizzando anche in questo caso, come con i<br />

polaroid, una lavagna luminosa sulla quale si è posto un foglio <strong>di</strong> triacetato con<br />

<strong>di</strong>segnata una lettera o un semplicemente un puntino.<br />

Con un polaroid analizzatore si riconosce che i due fasci trasmessi nel cristallo hanno<br />

sempre polarizzazioni ortogonali.<br />

Se si appoggia il cristallo sopra ad un polaroid e lo si ruota intorno ad un asse verticale,<br />

si riconoscono due posizioni in cui si ha uno solo dei due fasci trasmessi (o solo il fascio<br />

straor<strong>di</strong>nario o solo quello or<strong>di</strong>nario). Si passa da una posizione all‟altra ruotando <strong>di</strong> 90°<br />

il cristallo. In tali situazioni estreme in cui si propaga un solo fascio nel cristallo, si<br />

riconosce che la luce trasmessa ha la stessa polarizzazione della luce in<strong>di</strong>cente. Si<br />

conclude, che quando sul cristallo incide luce che ha la stessa polarizzazione del fascio<br />

or<strong>di</strong>nario (straor<strong>di</strong>nario), solo quest‟ultimo si propaga. Analoghe osservazioni si<br />

possono ripetere utilizzando come sorgente un laser.<br />

Anche in base a una semplice osservazione qualitativa, si può riconoscere che se la<br />

polarizzazione della luce incidente è interme<strong>di</strong>a nel cristallo si propagano due fasci la<br />

cui intensità relativa rispetto <strong>alla</strong> intensità incidente è data d<strong>alla</strong> legge <strong>di</strong> Malus. Quando<br />

in particolare la luce in<strong>di</strong>cente ha polarizzazione a 45°, i due fasci trasmessi hanno la<br />

stessa intensità.<br />

Nel caso in cui si utilizzino cristalli birifrangenti commerciali le misure quantitative<br />

sono più complesse da effettuare, a causa <strong>di</strong> processi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong>fficilmente<br />

eliminabili e controllabili (un minimo cambiamento nella punto <strong>di</strong> incidenza del fascio<br />

laser può portare al fatto che i fasci trasmessi nel cristallo intercettino <strong>di</strong>slocazioni e<br />

impurezze del cristallo). Se l‟esplorazione qualitativa è ampia e ripetuta, prima per<br />

osservazione <strong>di</strong>retta sulla lavagna luminosa e poi con il laser, non è cruciale l‟assenza <strong>di</strong><br />

misure quantitative.<br />

5.2 Modulo 2 <strong>–</strong> D<strong>alla</strong> fenomenologia <strong>alla</strong> interpretazione probabilistica<br />

<strong>La</strong> natura fotonica della luce e i risultati che si ottengono operando a basse intensità,<br />

pongono il problema <strong>di</strong> come rendere conto della fenomenologica della polarizzazione


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come esito dell‟interazione <strong>di</strong> singoli fotoni con i polaroid. Con simulazioni<br />

(PERGKSU 2004 ) si ricostruiscono gli esiti dei processi a singolo fotone, per far avere<br />

esperienza <strong>di</strong> come sia possibile che la stessa legge fenomenologica osservata in<br />

laboratorio facendo incidere su un polaroid un fascio intenso <strong>di</strong> N fotoni, venga<br />

riottenuta facendo incide sui polaroid singoli fotoni e reiterando N volte il processo.<br />

Si riformula allora la legge fenomenologica <strong>di</strong> trasmissione <strong>di</strong> luce che incide su un<br />

polaroid, in termini <strong>di</strong> probabilità <strong>di</strong> trasmissione Pt dei singoli fotoni del fascio:<br />

P<br />

t<br />

I<br />

I<br />

t<br />

o<br />

N<br />

N<br />

t<br />

o<br />

2<br />

T cos<br />

Per far riconoscere il significato probabilistico delle leggi sperimentali è stata messa a<br />

punto la strategia <strong>di</strong> ridurre progressivamente l‟intensità dei fasci utilizzati negli<br />

esperimenti simulati. Con fasci intensi il confronto tra il dato sperimentale e l‟esito della<br />

simulazione è imme<strong>di</strong>ato. <strong>La</strong> stocasticità dell‟interazione tra fotoni e polaroid emerge<br />

riconoscendo gli esiti, profondamente <strong>di</strong>versi fra loro, <strong>di</strong> esperimenti effettuati con<br />

pochi fotoni <strong>alla</strong> volta. L‟indeterminismo quantistico viene riconosciuto operativamente<br />

come problema a cui dare risposta interpretativa, attraverso la descrizione probabilistica<br />

dei fenomeni.<br />

Per focalizzare l‟attenzione sulla sola polarizzazione, si passa dal caso reale, in cui il<br />

coefficiente <strong>di</strong> trasmissione dei polaroid è T 1, a quello ideale, in cui T=1. Il passaggio<br />

viene costruito considerando luce che incide su: due polaroid (paralleli; a 45°;<br />

incrociati) o tre polaroid (paralleli; a 45° uno rispetto al seguente). Le previsioni su<br />

ciascuna situazione, per T 1 e per T=1, vengono confrontate con gli esiti degli<br />

esperimenti, in situazione rispettivamente reale e ideale. Le <strong>di</strong>fferenze quantitative<br />

permettono <strong>di</strong> riconoscere operativamente il significato <strong>di</strong> porre T=1, ossia <strong>di</strong> operare in<br />

contesto ideale come viene proposto nel seguito, in cui si assume che non vi siano tutti i<br />

fenomeni che caratterizzano l‟interazione della luce con un normale filtro rifrangente.<br />

5.3 Modulo 3 <strong>–</strong> Proprietà dei fotoni e loro rappresentazione iconografica.<br />

Fotoni preparati filtrandoli con un polaroid verticale (orizzontale) incidono su un<br />

secondo polaroid verticale. <strong>La</strong> probabilità <strong>di</strong> trasmissione dei fotoni dal secondo<br />

polaroid è unitaria. L‟esito certo <strong>di</strong> questo esperimento porta ad attribuire, almeno<br />

operativamente, una proprietà V (H) ai fotoni trasmessi dal primo polaroid<br />

,


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(polarizzazione verticale (orizzontale)). Tale proprietà viene in<strong>di</strong>cata d‟ora in poi con<br />

con il simbolo (*).<br />

In modo analogo si può operativamente attribuire una specifica proprietà a un fotone<br />

trasmesso da un filtro orientato <strong>di</strong> un angolo rispetto <strong>alla</strong> <strong>di</strong>rezione verticale. Nel caso<br />

particolare in cui = 45°, la proprietà che può essere attribuita al fotone si in<strong>di</strong>cherà nel<br />

seguito con il simbolo . Per = 135°, si utilizzerà il simbolo .<br />

Proprio per come viene attribuita la proprietà <strong>di</strong> polarizzazione, il sapere che un fotone<br />

possiede una specifica proprietà, per esempio la proprietà , consente <strong>di</strong> prevedere con<br />

certezza che il fotone verrà trasmesso da un polaroid verticale. Il problema che si pone<br />

ora è se tale conoscenza consente in ogni caso <strong>di</strong> effettuare previsioni certe.<br />

5.4 Modulo 4. Proprietà mutuamente esclusive e proprietà incompatibili.<br />

Si considera allora l‟interazione <strong>di</strong> fotoni preparati filtrandoli con un polaroid orientato<br />

secondo una definita <strong>di</strong>rezione, a cui quin<strong>di</strong> è stata attribuita una definita proprietà, con<br />

polaroid orientato secondo un‟altra <strong>di</strong>rezione.<br />

a) Fotoni con proprietà (cioè polarizzati verticalmente) che incidono su un polaroid<br />

orizzontale verranno sicuramente assorbiti (Pt =0). Analogamente fotoni con proprietà *<br />

(cioè polarizzati orizzontalmente) verranno sicuramente assorbiti da un polaroid<br />

verticale (Pt =0). L‟attribuzione della proprietà (*), quin<strong>di</strong>, esclude la possibilità che il<br />

fotone possieda anche la proprietà * ( ). Per questo motivo le proprietà e * si <strong>di</strong>cono<br />

mutuamente esclusive.<br />

Un ragionamento analogo potrebbe essere fatto con fotoni polarizzati a 45° e a 135°. In<br />

questo caso si concluderebbe che sono mutuamente esclusive le proprietà: e .<br />

In altri termini, a qualsiasi coppia <strong>di</strong> polarizzazioni ortogonali si associano proprietà<br />

mutuamente esclusive.<br />

B) Fotoni con proprietà , che incidono su un polaroid orizzontale FH oppure verticale<br />

FV hanno probabilità ½ <strong>di</strong> venire trasmessi. Se, con un altro polaroid, si analizza la<br />

polarizzazione dei fotoni trasmessi da FH o FV, si trova che essi hanno rispettivamente<br />

polarizzazione orizzontale oppure verticale, ovvero proprietà * o .<br />

Dati gli esiti <strong>di</strong> questo esperimento, si può fare la seguente ipotesi A:<br />

Ipotesi A { } ¿ = ? { } {**}


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Un fascio <strong>di</strong> fotoni polarizzati a 45°, cioè con proprietà , è formato per<br />

metà da fotoni con polarizzazione verticale, cioè con proprietà , e per<br />

metà da fotoni con polarizzazione orizzontale, cioè con proprietà *.<br />

L‟ipotesi A rende conto dell‟interazione <strong>di</strong> fotoni con proprietà con un polaroid<br />

orizzontale o verticale (viene trasmessa la metà dei fotoni che ha proprietà * o quella<br />

che ha proprietà ), con due polaroid incrociati il primo verticale e il secondo<br />

orizzontale (non viene trasmesso alcun fotone in quanto la metà dei fotoni con proprietà<br />

* viene assorbita dal primo polaroid, e la metà dei fotoni con proprietà dal secondo<br />

polaroid).<br />

Può essere allora sottoposta <strong>alla</strong> prova sperimentale considerando situazioni in cui un<br />

fascio <strong>di</strong> N fotoni polarizzati a 45° incidono su due polaroid incrociati o paralleli tra i<br />

quali è stato inserito un terzo polaroid a 45°. Nella figura seguente viene riepilogato tale<br />

confronto. In entrambi i casi, sperimentalmente dal terzo polaroid vengono trasmessi in<br />

me<strong>di</strong>a 1/8 dei fotoni incidenti. In base <strong>alla</strong> ipotesi A si dovrebbero ottenere<br />

rispettivamente 0 e N/4 fotoni trasmessi.<br />

Previsioni in base a ipotesi A Esperimento<br />

=<br />

****<br />

L‟inconsistenza delle previsioni basate sull‟ipotesi A con i dati sperimentali è evidente.<br />

È, quin<strong>di</strong>, necessario concludere che:<br />

un insieme <strong>di</strong> N fotoni<br />

con proprietà<br />

Ossia in simboli:<br />

0<br />

Nt/N 1 ½ ¼ 0 1 ½ ¼ 1 / 8<br />

=<br />

****<br />

Nt/N 1 ½ ¼ ¼ 1 ½ ¼ 1 / 8<br />

Figura 5.1. Previsioni in base all‟ipotesi A<br />

si comporta statisticamente<br />

in modo <strong>di</strong>verso da<br />

un insieme formato da<br />

N/2 fotoni con proprietà<br />

N/2 fotoni con proprietà *<br />

*


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****<br />

Questo significa che la proprietà è incompatibile sia con la proprietà , sia con la<br />

proprietà *.<br />

Tale risultato non è limitato a queste sole coppie <strong>di</strong> proprietà. È imme<strong>di</strong>ato riconoscere<br />

che anche la proprietà è incompatibile sia con la proprietà , sia con la proprietà *.<br />

5.5 Modulo 5. Identicità e indeterminismo quantistico<br />

Si possono esaminare ora le conseguenze che derivano d<strong>alla</strong> conclusione raggiunta.<br />

A) Identicità delle particelle quantistiche.<br />

L‟esclusione della ipotesi A, ovvero la conseguente conclusione della incompatibilità tra<br />

le proprietà e o tra le proprietà e * comportano, che tutti i fotoni polarizzati a 45°<br />

sono identici. Ciascun fotone possiede la sola proprietà , che lo caratterizza rispetto a<br />

fotoni con altre polarizzazioni, ma al tempo stesso lo rende del tutto identico a fotoni<br />

che hanno la stessa polarizzazione 3 .<br />

B) Indeterminismo nei fenomeni quantistici.<br />

Fotoni polarizzati a 45°, che interagiscono con un polaroid verticale o orizzontale,<br />

possono essere assorbiti o trasmessi, nel caso specifico con uguale probabilità. Si<br />

osserva quin<strong>di</strong> che fotoni con proprietà , ossia fotoni identici fra loro, interagiscono<br />

con uno stesso apparato (lo stesso polaroid) con esiti drasticamente <strong>di</strong>versi<br />

(assorbimento o trasmissione). È questo un esempio <strong>di</strong> quello, che prende il nome <strong>di</strong><br />

indeterminismo quantistico, che è non epistemico, ossia non legato a una limitata<br />

conoscenza sul fenomeno. Esso esprime il fatto che sistemi identici, quin<strong>di</strong> preparati<br />

nello stesso stato iniziale, evolvono in modo indeterministico quando interagiscono con<br />

uno stesso apparato <strong>di</strong> misura.<br />

L‟indeterminismo quantistico è una conseguenza <strong>di</strong>retta della esistenza <strong>di</strong> proprietà<br />

incompatibili.<br />

Il fatto che non si possano attribuire simultaneamente ad un sistema tutte le proprietà<br />

che ad esso possono essere associate (osservabili), è un modo <strong>di</strong> esprimere il principio<br />

3 Alcuni studenti sostengono che i fotoni potrebbero non essere identici in quanto pur possedendo tutti la stessa<br />

polarizzazione, potrebbero manifestarla con “intensità <strong>di</strong>versa”. Tale ipotesi non è coerente con l‟ipotesi A e va <strong>di</strong>scussa<br />

a parte. Essa infatti è concettualmente uguale <strong>alla</strong> ipotesi B presentata nel paragrafo successivo e si <strong>di</strong>fferenzia da<br />

quest‟ultima solo per la formulazione.


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d’indeterminazione in fisica quantistica, il cui significato è l‟'impossibilità <strong>di</strong> osservare<br />

contemporaneamente due proprietà incompatibili.<br />

C) Il processo <strong>di</strong> misura<br />

Il fatto che sistemi preparati nello stesso stato iniziale interagiscano con lo stesso<br />

apparato <strong>di</strong> misura (il polaroid) in modo profondamente <strong>di</strong>verso<br />

(assorbimento/trasmissione) evidenzia che il processo <strong>di</strong> misura influenza in modo<br />

irreversibile lo stato del sistema stesso facendolo collassate in modo genuinamente<br />

stocastico in uno dei possibili stati finali.<br />

D) Traiettorie e particelle quantistiche.<br />

Come è stato visto nel primo modulo, quando un fascio <strong>di</strong> luce polarizzata<br />

verticalmente incide su un cristallo birifrangente, in esso si propagano due fasci, uno<br />

or<strong>di</strong>nario e l‟altro straor<strong>di</strong>nario, che hanno la stessa intensità e polarizzazioni<br />

mutuamente perpen<strong>di</strong>colari (a 45° e a 135° rispettivamente). Vi è quin<strong>di</strong> una stretta<br />

correlazione tra polarizzazione e cammino seguito dal fascio <strong>di</strong> luce. Data l‟unitarietà <strong>di</strong><br />

ciascun fotone, sorge imme<strong>di</strong>atamente l‟esigenza <strong>di</strong> capire su quale cammino si<br />

trasmettano nel cristallo i singoli fotoni, ovvero <strong>di</strong> capire se sia possibile attribuire una<br />

traiettoria a ciascun fotone.<br />

Se il fascio incidente è molto debole e si pongono due rivelatori, R1 all‟uscita del fascio<br />

or<strong>di</strong>nario e R2 all‟uscita del fascio straor<strong>di</strong>nario, si osserva che:<br />

- per ciascun fotone incidente sempre uno e uno solo dei due rivelatori scatta<br />

- in me<strong>di</strong>a, nel 50% dei casi scatta il rivelatore R1 e nel 50% scatta il rivelatore R2<br />

- se si interpone uno schermo a coprire entrambi i fasci, nessun rivelatore scatta<br />

- se la luce incidente ha polarizzazione a 45° (o a 135°), ossia quella del fascio<br />

or<strong>di</strong>nario (straor<strong>di</strong>nario), si osserverebbe che scatta il solo rivelatore R1 (R2) nel<br />

100% dei casi.<br />

Gli esiti sperimentali porterebbero imme<strong>di</strong>atamente all‟idea (ipotesi A‟) che quando sul<br />

cristallo incidano dei fotoni con polarizzazione verticale (con proprietà ), 50% <strong>di</strong> essi<br />

in me<strong>di</strong>a segua il cammino del fascio or<strong>di</strong>nario (quin<strong>di</strong> abbia polarizzazione a 45° ossia<br />

la proprietà ) e 50% <strong>di</strong> essi segua quello del fascio straor<strong>di</strong>nario (quin<strong>di</strong> abbia<br />

polarizzazione a 135° ossia la proprietà ).<br />

L‟ipotesi A‟ prevede, che il fascio, <strong>di</strong> fotoni con proprietà , si scinda in due fasci<br />

<strong>di</strong>stinti: ciascuno dei quali formato da fotoni con una ben definita proprietà, o o ,<br />

incompatibile con la proprietà . Quin<strong>di</strong> l‟ipotesi A‟ prevede a posteriori, cioè dopo che


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i fotoni hanno interagito con il cristallo birifrangente, ciò che l‟ipotesi A prevedeva a<br />

priori, ossia prima dell‟interazione con il polaroid.<br />

Questa sottile <strong>di</strong>fferenza, spinge a esplorare un caso più complesso, per mettere <strong>alla</strong><br />

prova <strong>di</strong>retta con l‟esperimento l‟ipotesi A‟. Si considera la seguente situazione.<br />

Si <strong>di</strong>spongono due cristalli <strong>di</strong> calcite uno inversamente all‟altro (uno è l‟immagine<br />

speculare dell‟altro), in modo che i fasci che si trasmettono nel primo cristallo si<br />

ricompongano nel secondo cristallo. Si usano due polaroid per analizzare la<br />

polarizzazione del fascio incidente sul primo cristallo e <strong>di</strong> quello emergente dal secondo<br />

cristallo. Almeno in situazione ideale, si ha che la polarizzazione del fascio trasmesso<br />

dai due cristalli risulta uguale a quella della luce incidente, qualunque essa sia 4 . Quin<strong>di</strong><br />

in particolare se sul primo dei due cristalli incide un fascio <strong>di</strong> luce polarizzato 45°,<br />

quin<strong>di</strong> con proprietà (135° con proprietà ) dal secondo cristallo emerge il solo fascio<br />

or<strong>di</strong>nario (straor<strong>di</strong>nario).<br />

Si potrebbe pensare <strong>di</strong> applicare l‟ipotesi A‟ supponendo che il secondo cristallo<br />

ricombini i fasci operando in modo inverso a come opera il cristallo <strong>di</strong>retto. Questo<br />

porterebbe però imme<strong>di</strong>atamente a contrad<strong>di</strong>re l‟osservazione che un fascio con<br />

polarizzazione a 45° (o a 135°) emergerebbe sempre come unico fascio con<br />

polarizzazione a 45° (135°).<br />

Bisogna dunque ritenere che: se il primo cristallo separa il fascio incidente, formato da<br />

fotoni tutti uguali con proprietà , in due fasci con proprietà e rispettivamente ; allora<br />

il fascio <strong>di</strong> fotoni che emerge dal secondo cristallo è formato da due sottofasci <strong>di</strong> fotoni<br />

ciascuno con proprietà e rispettivamente .<br />

Il secondo cristallo quin<strong>di</strong> sovrappone i due fasci, mescolando i fotoni dei due fasci, ma<br />

non facendoli ritornare identici (sarebbero <strong>di</strong>stinguibili in linea <strong>di</strong> principio per la<br />

<strong>di</strong>versa proprietà che trasportano).<br />

Come si vede nella figura 5.2. le previsioni basate sull‟ipotesi A‟ risultano inconsistenti<br />

con i risultati sperimentali esattamente per lo stesso motivo per cui, l‟ipotesi A<br />

configgeva con l‟esperimento: la proprietà è incompatibile sia con la proprietà , sia<br />

con la proprietà . Bisogna dunque rigettare l‟ipotesi A‟ e tutte le conseguenze che ne<br />

derivano. Data la corrispondenza tra cammino dei fotoni e polarizzazione, tali<br />

conseguenze coinvolgono proprio l‟attribuzione <strong>di</strong> una traiettoria al fotone<br />

4 Questo è un risultato che si ottiene in con<strong>di</strong>zioni accidentali particolarmente favorevoli. L‟effetto <strong>di</strong> ricombinazione<br />

della polarizzazione è inoltre minimo essendo mascherato d<strong>alla</strong> presenza dei fasci non completamente ricombinati.


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In base all‟ipotesi A‟ la presenza dello schermo su uno dei due cammini non dovrebbe<br />

influenzare ciò che accade sull‟altro cammino. Si potrebbe, quin<strong>di</strong>, in linea <strong>di</strong> principio<br />

riconoscere quale cammino viene percorso da ciascun fotone. Come si vede in figura<br />

seguente, se si interpone lo schermo su uno dei cammini si ottiene che solo ¼ dei fotoni<br />

incidenti viene effettivamente trasmesso dal secondo polaroid. <strong>La</strong> previsione basata<br />

sull‟ipotesi A‟ (½ dei fotoni viene trasmesso) corrisponde <strong>alla</strong> somma degli esiti ottenuti<br />

schermando alternativamente uno dei due cammini.<br />

Si giunge allora alle seguenti conclusioni.<br />

?<br />

Conclusione D1. In assenza <strong>di</strong> uno schermo tra i due cristalli, i fotoni trasmessi da essi:<br />

non seguono il cammino del fascio or<strong>di</strong>nario (emergerebbero con polarizzazione<br />

45° e solo in metà dei casi supererebbero il test del polaroid V)<br />

non seguono il cammino del fascio or<strong>di</strong>nario (emergerebbero con polarizzazione<br />

135° e solo in metà dei casi supererebbero il test del polaroid V)<br />

Esperimento<br />

Ipotesi A’<br />

Figura 5.2 Fotoni a 45 incidono sul sistema dei due cristalli inversi.<br />

Le previsione in base all‟ipotesi A‟ sono state fatte ipotizzando che il cristallo non ricombini i<br />

sistemi.


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non seguono entrambi i cammini (un fotone è un ente unitario e non se ne osserva<br />

mai ½ - se si intercetta uno dei fasci con lo schermo si rivela o 1 fotone o 0 fotoni)<br />

non seguono altri cammini (se si schremano entrambi i cammini non si osserva<br />

alcun fotone oltre il secondo polaroid).<br />

Non è dunque possibile attribuire una specifica traiettoria ai fotoni. Si osserva che tale<br />

impossibilità è riferita a traiettorie macroscopicamente <strong>di</strong>stinguibili. Non si tratta quin<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> un problema <strong>di</strong> bassa risoluzione o <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo microscopico del sistema, ma <strong>di</strong> un<br />

aspetto intrinseco. L‟impossibilità <strong>di</strong> attribuire una traiettoria ai fotoni, non è dovuta<br />

<strong>alla</strong> impossibilità a conoscerla, ma piuttosto <strong>alla</strong> impossibilità a concepire una tale<br />

attribuzione.<br />

Conclusione D2. D<strong>alla</strong> <strong>di</strong>scussione fatta potrebbe sembrare che quando si interpone lo<br />

schermo sul cammino <strong>di</strong> uno dei due fasci, si possa affermare che un fotone segua una<br />

traiettoria. In realtà ciascuno dei due cammini non può essere considerato come una<br />

vera e propria traiettoria. Esso va considerato, piuttosto, come un canale <strong>di</strong> trasmissione,<br />

che prevede comunque multiple alternative microscopiche. Proprio sulla base della<br />

conclusione precedente, bisogna concludere che non è possibile attribuire una traiettoria<br />

al fotone, neppure quando uno solo dei fasci si propaga nel cristallo.<br />

Esperimento<br />

Esperimento<br />

Esperimento<br />

Figura 5.3.Fotoni verticali<br />

Le previsione in base all‟ipotesi A‟ sono state fatte ipotizzando che il cristallo non ricombini i fasci<br />

Conclusione D3. <strong>La</strong> presenza dello schermo su uno dei cammini mo<strong>di</strong>fica<br />

profondamente non solo ciò che accade ai fotoni che impattano su <strong>di</strong> esso, ma anche a


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quelli che vengono trasmessi seguendo l‟altro cammino. Il contesto dell‟esperimento,<br />

mo<strong>di</strong>fica quin<strong>di</strong> lo stato del sistema non solo nel momento in cui interagisce<br />

<strong>di</strong>rettamente attraverso un potenziale, con esso, ma anche quando non vi è interazione<br />

<strong>di</strong>retta.<br />

L‟evidenza sperimentale quin<strong>di</strong> spinge proprio a ritenere che una mo<strong>di</strong>fica del contesto<br />

comporti una alterazione non-locale dello stato <strong>di</strong> un sistema.<br />

5.6 Modulo 6 <strong>–</strong> Esplorazione <strong>di</strong> ipotesi alternative<br />

Nel formulare l‟ipotesi A sono state fatte le seguenti assunzioni, la prima esplicita, la<br />

seconda implicita: A) si può associare una ben precisa proprietà ai fotoni, solo dopo<br />

averli sottoposti a un processo <strong>di</strong> preparazione (una misura); B) ritenere che il polaroid<br />

sia un filtro passivo, ossia operi sui fotoni assorbendoli o trasmettendoli a seconda della<br />

proprietà che essi possiedono, ma senza mo<strong>di</strong>ficarne le proprietà. Si esplora qui quali<br />

conseguenze derivano dal formulare ipotesi alternative <strong>alla</strong> ipotesi A.<br />

Formulazione e esplorazione dell’ipotesi B<br />

Ipotesi B<br />

Quando si prepara un fascio <strong>di</strong> fotoni filtrandoli con un polaroid, per esempio, a<br />

45°, tutti i fotoni possiedono la stessa proprietà , che caratterizza i fotoni con<br />

polarizzazione a 45°, ma possiedono anche o la proprietà * o la proprietà , che<br />

caratterizzano fotoni con polarizzazione orizzontale e rispettivamente verticale<br />

In base a questa ipotesi tale ulteriore proprietà è quella che determina il modo in cui i<br />

fotoni interagiscono con polaroid verticali o orizzontali. Si suppone inoltre che i<br />

polaroid operino come filtri passivi.<br />

In base a questa ipotesi le proprietà e , ossia e *, non sono incompatibili, perché<br />

l‟attribuzione viene fatta a priori, ossia non in seguito a una misura.<br />

Per mostrare che questa ipotesi non può essere in accordo con i risultati sperimentali<br />

basta riconsiderare le situazioni già viste in precedenza: un fascio <strong>di</strong> fotoni polarizzati a<br />

45° incide su tre polaroid sovrapposti: il primo V, il secondo a 45°, il terzo H; il primo<br />

V, il secondo a 45°, il terzo V.<br />

? = ?<br />

In figura viene sintetizzato il confronto tra le previsioni basate sull‟ipotesi B1 e l‟esito<br />

* *<br />

sperimentale, da cui emerge imme<strong>di</strong>atamente il <strong>di</strong>saccordo tra essi.


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Si potrebbe cercare <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare l‟ipotesi supponendo <strong>di</strong> aumentare il numero <strong>di</strong><br />

proprietà possedute a priori dai fotoni, per tener conto della presenza degli ulteriori<br />

polaroid inseriti. In questo caso si dovrebbe ipotizzare che alcuni fotoni possiedano<br />

contemporaneamente oltre <strong>alla</strong> proprietà anche le proprietà e *. Si dovrebbe cioè<br />

ipotizzare che vi siano alcuni fotoni che possano venir trasmessi in<strong>di</strong>fferentemente da<br />

Previsioni in base <strong>alla</strong> ipotesi B1 Esperimento<br />

=<br />

* * * *<br />

un polaroid V e da un polaroid H. Questo però è in evidente contrasto con i più semplici<br />

esperimenti considerati.<br />

L‟ipotesi B potrebbe essere ulteriormente mo<strong>di</strong>ficata, ipotizzando che le proprietà<br />

attribuite ai fotoni non siano in realtà proprietà dei fotoni, ma siano la manifestazione<br />

dell‟interazione dei fotoni con i polaroid. In questo senso si potrebbero sempre rileggere<br />

i risultati sperimentali attribuendo ai fotoni le opportune proprietà. Poiché tali proprietà<br />

non avrebbero senso in assoluto, ma solo in relazione all‟apparato <strong>di</strong> misura (il<br />

contesto), non avrebbe più senso parlare né <strong>di</strong> proprietà incompatibili, né <strong>di</strong> proprietà<br />

mutuamente esclusive, in quanto a fotoni filtrati con un polaroid per esempio a 45°<br />

dovrebbero essere assegnate proprietà <strong>di</strong>verse a seconda del <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> polaroid con<br />

cui verrebbero fatti intergire (il contesto).<br />

0<br />

Nt/N 1 ½ ½ 0 1 ½ ¼ 1 / 8<br />

=<br />

* * * *<br />

Nt/N 1 ½ ½ ½ 1 ½ ¼ 1 / 8<br />

Figura 5.4 Ipotesi a confronto<br />

Il carattere contestuale <strong>di</strong> questa ipotesi, ossia il fatto che le proprietà attribuite ai fotoni<br />

<strong>di</strong>pendano dall‟apparato usato comporta che tale <strong>di</strong>pendenza non debba solo riferirsi al<br />

contesto attuale, ma ad<strong>di</strong>rittura al contesto futuro. Per esempio si potrebbe pensare che<br />

un fotone, una volta preparato filtrandolo con un primo polaroid V venga fatto interagire<br />

con un secondo polaroid, la cui orientazione venga fissata a caso sulla base dell‟esito<br />

del lancio <strong>di</strong> un dado secondo una <strong>di</strong> 6 possibili orientazioni <strong>di</strong>verse. L‟esito<br />

dell‟esperimento potrebbe ancora venire interpretato sulla base <strong>di</strong> proprietà possedute<br />

dai fotoni quando vengono emessi d<strong>alla</strong> sorgente (a priori), ma tali proprietà dovrebbero<br />

essere determinate d<strong>alla</strong> orientazione assunta dal polaroid successivamente (a<br />

*


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posteriori). Una situazione più complicata e un maggiore insieme <strong>di</strong> proprietà,<br />

evidentemente, non cambierebbe le cose.<br />

Percorrere sino in fondo la strada dell‟ipotesi B, cercando <strong>di</strong> giustificare i risultati<br />

sperimentali sulla base <strong>di</strong> proprietà possedute a priori dai fotoni, comporta<br />

automaticamente arrivare a una teoria contestuale. In tale teoria le proprietà <strong>di</strong> cui si<br />

parla non sono proprietà dei fotoni, ma sono semplicemente la manifestazione del modo<br />

cui i fotoni interagiscono con gli apparati <strong>di</strong> misura.<br />

Formulazione e esplorazione dell’ipotesi B’.<br />

L‟ipotesi B‟ è uguale all‟ipotesi B, con la semplice <strong>di</strong>fferenza che i polaroid svolgono<br />

ora un ruolo attivo.<br />

Se si usano polaroid, per esplorare questa ipotesi, ci sarebbe sempre il modo <strong>di</strong><br />

ipotizzare qualche effetto ad hoc che permetta <strong>di</strong> rendere conto dei fenomeni. Si può<br />

allora impiegare soltanto i cristalli birifrangenti, per mostrare che <strong>di</strong> fatto l‟ipotesi B‟<br />

non comporta <strong>di</strong>fferenze sostanziali d<strong>alla</strong> ipotesi B.<br />

Si considera il caso <strong>di</strong> un fascio <strong>di</strong> fotoni che incide su un primo cristallo <strong>di</strong>retto. In<br />

corrispondenza all‟uscita del fascio or<strong>di</strong>nario e <strong>di</strong> quello straor<strong>di</strong>nario si pongono due<br />

rivelatori ciascuno dei due quali scatterà in me<strong>di</strong>a, per ciascuno dei fotoni incidenti, il<br />

50% delle volte.<br />

In base <strong>alla</strong> ipotesi B‟ si può ipotizzare che 50% dei fotoni segua il percorso del fascio<br />

or<strong>di</strong>nario e 50% dei fotoni seguano il percorso del fascio straor<strong>di</strong>nario. Si deve cioè<br />

ritenere che il fascio <strong>di</strong> luce incidente sia composto per metà da fotoni con entrambe le<br />

proprietà e e per l‟altra metà da fotoni con entrambe le proprietà e .<br />

Previsioni in base <strong>alla</strong> ipotesi B1 Esperimento<br />

Nt/N 1 R1: ½ R2: ½ 1 R1: ½ R2: ½<br />

Figura 5.5 Ipotesi a confronto<br />

R2<br />

R1<br />

50%<br />

delle volte<br />

50%<br />

Non vi sono <strong>di</strong>fferenze tra i due esiti. Secondo l‟ipotesi B‟ si può pensare ancora <strong>di</strong><br />

attribuire un cammino a ciascun fotone, a seconda della proprietà che esso ha. Tale<br />

traiettoria non è conoscibile a priori, in quanto il processo <strong>di</strong> preparazione dei fotoni<br />

consente solo <strong>di</strong> sapere che essi hanno tutti proprietà , ma non <strong>di</strong> sapere quali <strong>di</strong> essi<br />

hanno proprietà o . Pertanto si deve comunque descrivere probabilisticamente il<br />

R1<br />

R2<br />

50%<br />

50%


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fenomeno. In questo caso però si tratta <strong>di</strong> indeterminismo epistemico, ossia dovuto a<br />

una non completa conoscenza sul sistema 5 .<br />

Si può sottoporre la ipotesi B‟ a ulteriore test. I fotoni trasmessi dal primo cristallo<br />

vengono fatti incidere su un secondo cristallo birifrangente <strong>di</strong>retto, ma ruotato intorno<br />

<strong>alla</strong> <strong>di</strong>rezione del fascio incidente <strong>di</strong> 45° (Pospiech 2000a)<br />

I due fasci che emergono dal primo cristallo, hanno polarizzazione 45° e 135°, ossia<br />

proprietà e . In base all‟ipotesi B‟ devono anche mantenere la proprietà .<br />

In base all‟ipotesi B‟ entrambi i fasci dovrebbero seguire o il cammino <strong>di</strong> un fascio<br />

or<strong>di</strong>nario o quello <strong>di</strong> un fascio straor<strong>di</strong>nario. <strong>La</strong> polarizzazione V, infatti, corrisponde a<br />

quella <strong>di</strong> uno dei due fasci che si possono propagare nel secondo cristallo.<br />

Sperimentalmente si osservano invece quattro fasci: due hanno polarizzazione V e due<br />

hanno polarizzazione H. Le due coppie <strong>di</strong> fasci, uno con polarizzazione H e l‟altro con<br />

polarizzazione V, sono generate da ognuno dei due fasci emergenti dal primo cristallo.<br />

Il quadro, quin<strong>di</strong>, è esattamente lo stesso <strong>di</strong> quello <strong>di</strong>scusso per la ipotesi B. L‟unica<br />

possibilità <strong>di</strong> preservare una descrizione deterministica dei fenomeni descritti, in cui il<br />

concetto <strong>di</strong> traiettoria ha un senso è sviluppare una teoria contestuale.<br />

5 Questo è ovviamente in contrasto con la conclusione D1 ottenuta <strong>di</strong>scutendo l‟ipotesi A (modulo 5),<br />

secondo cui è impossibile attribuire una traiettoria a un fotone. Secondo quella conclusione, pur senza<br />

poter <strong>di</strong>re che il fotone ha percorso uno dei due cammini, dovrebbe essere l‟interazione con i rivelatori a<br />

determinare l‟esito finale dell‟esperimento (scatta R1, scatta R2).<br />

????<br />

Figura 5.6 <strong>La</strong> luce incide su una coppia <strong>di</strong> cristalli <strong>di</strong> cui uno ruotato<br />

<strong>di</strong> 45°. Quante immagini si formano?


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Formulazione dell‟ipotesi C.<br />

Resta ancora da esplorare la seguente ulteriore ipotesi:<br />

Ipotesi C ?????<br />

I polaroid agiscono attivamente sui fotoni mo<strong>di</strong>ficando la proprietà che ad essi può<br />

essere attribuita, ovvero agiscono mo<strong>di</strong>ficandone lo stato, in<strong>di</strong>pendentemente dal fatto<br />

che il fotone venga assorbito a trasmesso. Le proprietà attribuite ai fotoni dopo la misura<br />

sono incompatibili con le proprietà del sistema prima della misura.<br />

In base a questa ipotesi un cristallo birifrangente non mo<strong>di</strong>fica lo stato del fotone. È<br />

l‟interazione con il rivelatore che determina tale mo<strong>di</strong>fica.<br />

In particolare nel caso della propagazione tra i due cristalli inversi <strong>di</strong>scussa nel modulo<br />

5, non vi è mo<strong>di</strong>fica nello stato dei fotoni trasmessi. Essi si propagano in una in uno<br />

stato <strong>di</strong> sovrapposizione <strong>di</strong> due stati. Tale sovrapposizione comporta l‟impossibilità <strong>di</strong><br />

attribuire uno dei due possibili cammini macroscopici della luce.<br />

Lo sviluppare l‟ipotesi C apre la strada a un modo tutto nuovo <strong>di</strong> descrivere,<br />

interpretare e formalizzare i fenomeni come <strong>di</strong>scusso nei moduli successivi.<br />

Al termine <strong>di</strong> questo modulo si possono riepilogare le tre principli ipotesi, che sono<br />

state denotate con A, B e C, e le rispettive implicazioni concettuali:<br />

A) Comporre gli stati equivale a comporre le proprietrà che li definiscono. È la più<br />

imme<strong>di</strong>ata e traduce gli impliciti della fisica classica (visti nel paragrafo 2.2). <strong>La</strong> sua<br />

palese inconsistenza comporta già il riconoscere che gli impliciti della fisica classica<br />

e le modalità tipiche <strong>di</strong> descrizione classica devono essere abbandonate<br />

nell‟analizzare i fenomeni microscopici<br />

B) Gli esiti <strong>di</strong> misure sono sempre il risultato <strong>di</strong> proprietà preesistenti del sistema.<br />

Traduce la linea <strong>di</strong> pensiero dei tentativi <strong>di</strong> descrivere in modo deterministico i<br />

processi microscopici 6 . quella che avvia a una teoria a variabili nascoste. Ricalca da<br />

vicino le idee <strong>di</strong> Einstein sulla MQ. Trova espressione formale (anche se non gra<strong>di</strong>ta<br />

ad Einstien) nella teoria a variabili nascoste <strong>di</strong> De Broglie-Bohm. Mette in evidenza<br />

che anche in approcci alternativi, bisogna ammettere che i sistemi microscopici si<br />

comportino in modo essenzialemnte non-classico. Viene <strong>di</strong>scussa fino a far<br />

emergere la contestualità (e non località implicita) delle variabili come la<br />

polarizzaizione.<br />

C) L‟interazione <strong>di</strong> un sistema quantistico con un apparato <strong>di</strong> misura comporta una<br />

transizione dallo stato iniziale, allo stato finale genuinamente stocastica. È quella<br />

6 Viene sempre intrapresa dagli studenti.


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che porta <strong>alla</strong> MQ standard. Diventa la soluzione più lineare <strong>alla</strong> problematica, per<br />

quanto quella apparentemente più lontana dall‟intuito. Apre la strada <strong>alla</strong><br />

costruzione del formalismo.<br />

5.7 Modulo 7. Lo stato quantistico e la sua rappresentazione formale.<br />

Nel presente paragrafo si costruisce<br />

una descrizione formale della<br />

fenomenologia avendo come guida<br />

l‟ipotesi C. L‟interazione <strong>di</strong> fotoni,<br />

preparati con un primo polaroid F1,<br />

che incidono su un secondo polaroid<br />

F2 (ideale), viene descritta in termini<br />

<strong>di</strong> probabilità <strong>di</strong> trasmissione Pt<br />

secondo la legge fenomenologica <strong>di</strong><br />

Malus:<br />

Pt = Nt/N = cos 2 ,<br />

con N numero <strong>di</strong> fotoni incidenti, Nt numero <strong>di</strong> fotoni trasmessi, angolo formato da<br />

due <strong>di</strong>rezioni fissate sui<br />

polaroid che risultano<br />

parallele quando si ha un<br />

massimo <strong>di</strong> trasmissione.<br />

Se U e W sono i versori<br />

delle <strong>di</strong>rezioni sui polaroid,<br />

in modo che essi siano<br />

paralleli quando si ha un<br />

massimo <strong>di</strong> trasmissione, la<br />

legge <strong>di</strong> Malus viene<br />

Fotoni<br />

non<br />

polarizzati<br />

Fotoni<br />

non<br />

polarizzati<br />

Polaroid F1<br />

espressa sinteticamente. Pt = cos 2 = (U · V) 2 , ossia dal quadrato del prodotto scalare<br />

tra i versori U e V. Tale relazione, per quanto consenta <strong>di</strong> descrivere tutta la<br />

fenomenologia, non <strong>di</strong>ce nulla sulla natura dello stato dei fotoni.<br />

Polaroid F2<br />

Figura 5.7 <strong>La</strong> legge <strong>di</strong> Malus è data dal prodotto<br />

scalare dei due versori che in<strong>di</strong>viduano<br />

l‟orientazione dei polaroid<br />

Si può osservare allora che quando è stata associata una definita proprietà ai fotoni, si è<br />

considerata la situazione in cui dopo un primo polaroid se ne poneva un altro parallelo.<br />

L‟assegnazione della proprietà ai fotoni filtrati dal primo polaroid ha senso in quanto<br />

W<br />

U<br />

Polaroid 1 Polaroid 2<br />

=0<br />

U<br />

Fotoni<br />

incidenti<br />

N<br />

U<br />

U<br />

Fotoni con la stessa<br />

proprietà<br />

Figura 5.8 Fotoni con la stessa proprietà<br />

W<br />

Fotoni<br />

Trasmessi<br />

Nt =N


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l‟interazione con un secondo polaroid parallelo al primo (U//V) è un evento certo, ossia<br />

tutti i fotoni vengono sicuramente trasmessi. Questo fatto consente <strong>di</strong> affermare che il<br />

fotone ha una polarizzazione ben definita e si trova in un ben definito stato. <strong>La</strong><br />

geometria dei polaroid suggerisce allora <strong>di</strong> associare allo stato del fotone un versore u<br />

parallelo al versore U.<br />

Se un fascio <strong>di</strong> fotoni trasmesso da<br />

un primo polaroid orientato<br />

secondo il versore U incide su un<br />

polaroid orientato secondo W, la<br />

legge <strong>di</strong> Malus può essere espressa<br />

attraverso il prodotto scalare dei<br />

versori u e w, con w//W, che rappresentano lo stato iniziale e lo stato finale dei fotoni:<br />

Pt = (w u) 2 = cos 2<br />

Pt può anche essere interpretata come probabilità <strong>di</strong> transizione P(u w) del fotone<br />

dallo stato u, rappresentato dal vettore u, allo stato w, rappresentato da w. In modo<br />

analogo se il secondo polaroid è orientato secondo V o H, le probabilità <strong>di</strong> transizione<br />

P(u v) e P(u h) saranno date da:<br />

P(u v) = (v u) 2 = cos 2<br />

e P(u h) = (h v) 2 = sen 2<br />

1- cos 2<br />

dove si è usata la convenzione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care con la stessa lettera: maiuscola grassetto il<br />

versore del polaroid; minuscola grassetto il versore che rappresenta lo stato dei fotoni<br />

trasmessi da quel polaroid; minuscola normale lo stato in cui si trovano i fotoni<br />

trasmessi.<br />

L‟associazione tra stato e versore dunque consente <strong>di</strong> caratterizzare il comportamento<br />

statistico del fotone nell‟interazione con il<br />

secondo polaroid, in<strong>di</strong>pendentemente d<strong>alla</strong><br />

orientazione <strong>di</strong> quest‟ultimo. Essa traduce<br />

formalmente la ipotesi C. Poiché permette<br />

<strong>di</strong> determinare a priori la probabilità <strong>di</strong><br />

transizione, fornisce oltre che una<br />

descrizione dello stato, anche la possibilità<br />

<strong>di</strong> prevedere i fenomeni e interpretarli non<br />

senso che possono essere dedotti da principi<br />

U<br />

u<br />

N<br />

V<br />

v N<br />

Polaroid 1<br />

W<br />

Figura 5.9 Associazione stato, vettore <strong>di</strong> stato<br />

Figura 5.8 Stati ortogonali<br />

w<br />

H<br />

Nt<br />

Nt =0<br />

Polaroid 2


primi.<br />

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È importante rilevare che aver scelto <strong>di</strong> rappresentare gli stati u, w, v, h con i versori<br />

u//U, v //V, h//H, w//W è conveniente, ma totalmente arbitrario. Si sarebbero ottenuti<br />

gli stessi risultati per esempio scegliendo u U, v V, h H, w W, o effettuando<br />

qualsiasi altra scelta che mantenga gli stessi angoli tra ciascuna coppia <strong>di</strong> versori.<br />

Questo fa capire che il versore con cui si rappresenta lo stato è definito in uno spazio<br />

astratto e solo accidentalmente può essere messo in corrispondenza con dei vettori dello<br />

spazio reale, ossia con le <strong>di</strong>rezioni dei versori dei polaroid.<br />

Poiché si rappresenterà sempre lo stato con un versore d‟ora in poi si parlerà<br />

in<strong>di</strong>fferentemente <strong>di</strong> versore o <strong>di</strong> vettore <strong>di</strong> stato, sottintendendo in questo caso che ha<br />

modulo unitario.<br />

Dall‟analisi delle <strong>di</strong>verse ipotesi, svolta nei<br />

moduli 5 4 6, si è visto che un ruolo<br />

particolare giocano le proprietà mutuamente<br />

esclusive. Poiché la probabilità <strong>di</strong> transizione<br />

tra stati caratterizzati da proprietà<br />

mutuamente esclusive (ad esempio<br />

polarizzazione verticale e polarizzazione<br />

orizzontale) è zero, a tali stati saranno<br />

associati vettori <strong>di</strong> stato mutuamente<br />

ortogonali:<br />

P(hv) = (h · v) 2 = 0 h v.<br />

Se fotoni, inizialmente preparati<br />

nello stato rappresentato u, incidono su<br />

polaroid verticali o orizzontali si deve avere:<br />

P(uv) = (u v) 2 = ( 2) 2<br />

e P(uh) = (u h) 2 = ( 1) 2<br />

dove se u è ruotato <strong>di</strong> rispetto a v, allora 2=cos e 2=sen . Si dovrà quin<strong>di</strong> avere:<br />

u = 1 h + 2 v, con ( 2) 2 + ( 1) 2 =1<br />

Nt =0<br />

Il generico vettore <strong>di</strong> stato u <strong>di</strong> un fotone può essere quin<strong>di</strong> scritto come combinazione<br />

lineare dei vettori h e v che rappresentano gli stati h e v. Tale combinazione lineare<br />

esprime il fatto che u può essere visto come sovrapposizione degli stati h e v. Tali stati,<br />

per lo specifico processo esaminato, sono gli stati in cui potranno trovarsi i fotoni in<br />

U<br />

Polaroid 1<br />

U45°<br />

Polaroid 1<br />

N<br />

= 90°<br />

U135°<br />

Polaroid 2<br />

Fotoni con proprietà<br />

mutuamente esclusive<br />

N<br />

= 90°<br />

Figura 5.9 Ipotesi a confronto<br />

Nt =0<br />

U<br />

Polaroid 2


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seguito all‟interazione con un polaroid verticale (orizzontale): se lo stato finale del<br />

processo è v, il fotone viene trasmesso; se lo stato finale del processo è h, il fotone viene<br />

assorbito. Il primo evento, transizione tra u e v, ha probabilità ( 2) 2 , il secondo evento,<br />

transizione tra u e h, ha probabilità ( 1) 2 . I coefficienti 1 e 2 della combinazione<br />

lineare con cui è stato espresso u, prendono il nome <strong>di</strong> ampiezze <strong>di</strong> probabilità. Essi non<br />

vanno imme<strong>di</strong>atamente identificati con le probabilità <strong>di</strong> transizione, in quanto queste<br />

sono date da ( 2) 2 e ( 1) 2 , ossia dai loro quadrati.<br />

Il proce<strong>di</strong>mento che ha portato ad esprimere u come combinazione lineare <strong>di</strong> h e v,<br />

potrebbe essere ripetuto nel caso in cui i polaroid si orientano con inclinazione a 45° o<br />

135° rispetto <strong>alla</strong> <strong>di</strong>rezione orizzontale. In questo caso lo stato iniziale dei fotoni u può<br />

essere espresso come sovrapposizione degli stati u45° e u135°. Il vettore <strong>di</strong> stato u è<br />

dunque esprimibile come combinazione lineare <strong>di</strong> u45° e u135°:<br />

u = ‟1 u45° + ‟2 u135°,<br />

dove ancora ( ‟2) 2 + ( ‟1) 2 =1, e inoltre:<br />

e<br />

P(u u45°) = (u u45°) 2 = ( ‟1) 2<br />

P(u u135°) = (u u135°) 2 = ( ‟2) 2<br />

Si può quin<strong>di</strong> in generale esprimere u come combinazione lineare <strong>di</strong> una coppia<br />

qualsiasi <strong>di</strong> vettori ortogonali. Questo consente <strong>di</strong> prevedere correttamente la probabilità<br />

<strong>di</strong> trasmissione <strong>di</strong> fotoni che interagiscono con polaroid orientati secondo un angolo<br />

qualsiasi, senza bisogno <strong>di</strong> conoscere a priori questo angolo.<br />

Il formalismo introdotto consente quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> evitare la contestualità implicita nell‟ipotesi<br />

B. Chiarisce inoltre il particolare significato della sovrapposizione lineare in meccanica<br />

quantistica: si sovrappongono gli stati <strong>di</strong> un sistema e non le proprietà che vengono ad<br />

esso associate quando si trova in detti stati. <strong>La</strong> proprietà che può essere attribuita al<br />

sistema che si trova nello stato <strong>di</strong> sovrapposizione u, risulta essere incompatibile con<br />

quelle che gli possono essere attribuite rispettivamente negli stati h e v.<br />

Il fatto <strong>di</strong> poter esprimere u come combinazione lineare <strong>di</strong> una qualsiasi coppia <strong>di</strong> vettori<br />

ortogonali, u = 1 h + 2 v, comporta una conseguenza notevole, che prende il nome <strong>di</strong><br />

principio <strong>di</strong> sovrapposizione:


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principio <strong>di</strong> sovrapposizione<br />

u = 1 w + 2 w’<br />

con<br />

( 2) 2 + ( 1) 2 =1<br />

Una combinazione lineare u <strong>di</strong> vettori <strong>di</strong> stato w e w’ (qualsiasi)<br />

<strong>di</strong> un sistema rappresenta ancora un possibile stato u del sistema.<br />

Per determinare la probabilità <strong>di</strong> transizione dallo stato rappresentato dal vettore u a un<br />

generico altro stato rappresentato dal vettore w, è sufficiente calcolare il quadrato del<br />

prodotto scalare tra i vettori che descrivono lo stato del sistema prima e dopo la misura.<br />

Il fatto <strong>di</strong> potere esprimere la probabilità <strong>di</strong> transizione, unicamente utilizzando il vettore<br />

<strong>di</strong> stato significa, che esso co<strong>di</strong>fica in termini probabilistici tutta l‟informazione<br />

accessibile sul sistema. Tale informazione è accessibile in quanto è l‟unica definita,<br />

ossia è l‟informazione associata alle proprietà del sistema che hanno un ben definito<br />

valore. Per esempio nel caso <strong>di</strong> fotoni trasmessi da un polaroid verticale è ben definita la<br />

componente verticale della polarizzazione, mentre non è possibile attribuire neppure in<br />

linea <strong>di</strong> principio un preciso valore <strong>alla</strong> polarizzazione a 45°.<br />

L‟espressione formale del principio <strong>di</strong> sovrapposizione, permette <strong>di</strong> mostrare che la<br />

rappresentazione vettoriale dello stato <strong>di</strong> un sistema quantistico non è la sola possibile.<br />

Si possono infatti esprimere w e u come sovrapposizione <strong>di</strong> due vettori ortogonali per<br />

esempio h e v:<br />

<strong>La</strong> probabilità <strong>di</strong> transizione è allora data da:<br />

u = 1 h + 2 v w = ‟1 h + ‟2 v<br />

Pt = (w u) 2 = ( 1 '1+ 2 '2) 2<br />

<strong>La</strong> probabilità <strong>di</strong> transizione può essere dunque espressa utilizzando solo le ampiezze <strong>di</strong><br />

probabilità. Questo risultato mostra che è possibile passare d<strong>alla</strong> descrizione vettoriale<br />

degli stati, <strong>alla</strong> loro rappresentazione in termini <strong>di</strong> ampiezze: ogni stato fisico viene<br />

in<strong>di</strong>viduato da un insieme <strong>di</strong> ampiezze (due nel caso della polarizzazione) e la<br />

conoscenza delle stesse è sufficiente per determinare tutte le probabilità <strong>di</strong> transizione cui<br />

può essere soggetto il nostro sistema.<br />

Lo stato <strong>di</strong> un sistema quin<strong>di</strong> si può rappresentare in<strong>di</strong>fferentemente con il vettore u o<br />

con le ampiezze: i .<br />

Tale rappresentazione è particolarmente utile per generalizzare i risultati ottenuti con la<br />

polarizzazione al caso <strong>di</strong> osservabili che possono assumere più <strong>di</strong> due valori. Per esempio<br />

la probabilità <strong>di</strong> transizione da uno stato u all‟altro w <strong>di</strong> un sistema sarà data da:


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<strong>Impostazione</strong> <strong>alla</strong> <strong>Dirac</strong>. <strong>La</strong> <strong>proposta</strong> <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne per la fisica quantistica.<br />

Pt = (w u) 2 = ( i=1;n i 'i) 2<br />

dove la somma corre su tutti gli n possibili stati utilizzati come base.<br />

5.8 Modulo 8 <strong>–</strong> Interferenza quantistica<br />

Per riconoscere il significato fisico del principio <strong>di</strong> sovrapposizione, si confronta la<br />

descrizione <strong>di</strong> uno stesso fenomeno, che fornisce la meccanica quantistica, con la<br />

corrispondete descrizione classica.<br />

Si considera il caso <strong>di</strong> fotoni, preparati nello stato descritto dal vettore u, che incidono su<br />

due cristalli birifrangenti inversi. All‟uscita del secondo cristallo si <strong>di</strong>spone un polaroid<br />

Pa orientato lungo W e con un rivelatore R si misura il numero <strong>di</strong> fotoni trasmessi da Pa.<br />

Le uniche previsioni che si possono fare sulla attivazione o meno del rivelatore R, ovvero<br />

sulla trasmissione <strong>di</strong> ciascun fotone attraverso il polaroid Pa sono <strong>di</strong> tipo probabilistico. Si<br />

deve quin<strong>di</strong> valutare la probabilità P(R) che il rivelatore si attivi. Classicamente si<br />

analizzerebbe il fenomeno utilizzando i concetti della logica e della probabilità classica e<br />

si valuterebbe Pc(R) utilizzando la formula <strong>di</strong> Bayes:<br />

Pc (R) = P(w 45°) P(45° u) + P(w 135°) P(135° u)<br />

ossia d<strong>alla</strong> somma delle probabilità corrispondenti ai due possibili eventi classici:<br />

a) i fotoni hanno polarizzazione a 45°, seguono il cammino del fascio straor<strong>di</strong>nario,<br />

vengono trasmessi dal polaroid Pa (la probabilità <strong>di</strong> questo evento è data dal prodotto<br />

della probabilità P(45° u) che il fotone nello stato u abbia polarizzazione a 45° e della<br />

probabilità P(w 45°) <strong>di</strong> trasmissione da Pa, con<strong>di</strong>zionata dal fatto <strong>di</strong> possedere<br />

polarizzazione a 45°<br />

b) i fotoni hanno polarizzazione a 135°, seguono quin<strong>di</strong> il cammino del fascio or<strong>di</strong>nario,<br />

vengono trasmessi dal polaroid Pa, la cui probabilità è data dal prodotto della probabilità<br />

P(135° u) che il fotone nello stato u abbia polarizzazione a 135° e della probabilità <strong>di</strong><br />

P(w 135°) trasmissione da Pa con<strong>di</strong>zionata dal fatto <strong>di</strong> possedere polarizzazione 135°.<br />

Questa descrizione è basata sugli stessi presupposti della ipotesi A precedentemente<br />

formulata ed esplorata.<br />

In termini quantistici il processo si descrive in termini <strong>di</strong> probabilità <strong>di</strong> transizione u w,<br />

data da: P(u w) =( u ·w) 2 .<br />

Il principio <strong>di</strong> sovrapposizione permette <strong>di</strong> scrivere i vettori <strong>di</strong> stato iniziale u come<br />

combinazione lineare dei vettori u45° e u135° :<br />

u = 1 u45° + 2 u135°<br />

<strong>La</strong> probabilità <strong>di</strong> transizione viene allora espressa da:<br />

P(u w) =( u ·w) 2 = [ 1 u45° w + 2 u135° w] 2<br />

= ( 1 u45° w ) 2 + ( 2 u135° w) 2 +2 1 2 (u45° w) (u135° w)<br />

I primi due termini <strong>di</strong> questa espressione descrivono i corrispondenti termini quantistici<br />

della probabilità classica, nel senso che sarebbero i soli termini presenti qualora il fascio


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<strong>Impostazione</strong> <strong>alla</strong> <strong>Dirac</strong>. <strong>La</strong> <strong>proposta</strong> <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne per la fisica quantistica.<br />

<strong>di</strong> fotoni incidenti fosse composto da due sottoinsiemi <strong>di</strong> fotoni, il primo con<br />

polarizzazione a 45° e il secondo con polarizzazione a 135°.<br />

Il terzo termine non ha corrispondente classico e viene generalmente in<strong>di</strong>cato come<br />

termine <strong>di</strong> "interferenza quantistica". <strong>La</strong> sua presenza nella formula della probabilità<br />

mette in evidenza che i sistemi quantistici che si trovano in una sovrapposizione <strong>di</strong> stati,<br />

non possono essere, neppure in linea <strong>di</strong> principio, ripartiti in due sottoinsiemi, uno<br />

caratterizzato d<strong>alla</strong> polarizzazione a 45° e l‟altro d<strong>alla</strong> polarizzazione a 135°.<br />

I fenomeni fisici esplicitamente legati all‟interferenza quantistica non hanno corrispettivo<br />

classico e sono pertanto peculiarmente quantistici.<br />

5.9 Modulo 9 <strong>–</strong> Misure selettive e proiettori <strong>di</strong> stato<br />

Fino ad ora ci si è limitati a costruire una rappresentazione formale degli stati <strong>di</strong> un<br />

sistema. Bisogna ora completare il processo <strong>di</strong> formalizzazione fornendo una<br />

rappresentazione delle osservabili <strong>di</strong> un sistema. Poiché il valore delle osservabili viene<br />

definito attraverso un processo <strong>di</strong> misura, che consiste essenzialmente in una transizione<br />

del sistema da uno stato iniziale ad uno finale, si può cercare <strong>di</strong> trovare un oggetto<br />

matematico che operi sui vettori <strong>di</strong> stato in modo analogo a come un apparto <strong>di</strong> misura<br />

opera sul sistema.<br />

Si considera il processo, in cui un fotone inizialmente preparato in uno stato u viene<br />

trasmesso da un polaroid orientato secondo W, ossia che viene sottoposto <strong>alla</strong><br />

transizione dallo stato iniziale u, rappresentato dal vettore u, allo stato finale<br />

rappresentato dal vettore w.<br />

<strong>La</strong> probabilità <strong>di</strong> tale transizione, che è data da: P(u w) = (u ·w) 2 , può essere riscritta<br />

nel modo seguente:<br />

P(u w) = ( u ·w) (w ·u)= u ·[w w ·] u<br />

In parentesi quadra è stato costruito l‟oggetto matematico: w w ·, in cui viene accostato<br />

a se stesso il vettore <strong>di</strong> stato finale w seguito dal segno <strong>di</strong> prodotto scalare. Per capirne<br />

la natura, si può applicare tale oggetto a un generico vettore <strong>di</strong> stato u. Si ottiene allora:<br />

[w w ·] u = w (w ·u) = cos w.<br />

Il vettore cos w è il vettore proiezione <strong>di</strong> u nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> w. Pw ˆ = w w · è quin<strong>di</strong><br />

l‟operatore 7 <strong>di</strong> proiezione (proiettore) lungo w. È un operatore lineare, che trasforma<br />

qualsiasi vettore <strong>di</strong> stato u nella sua proiezione lungo w, che è un vettore proporzionale<br />

a w:<br />

7 D‟ora in avanti si in<strong>di</strong>cherà con una lettera con il simbolo ^ , tutti gli operatori lineari come ad esempio i proiettori,<br />

che trasformano linearmente i vettori <strong>di</strong> stato.


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<strong>Impostazione</strong> <strong>alla</strong> <strong>Dirac</strong>. <strong>La</strong> <strong>proposta</strong> <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne per la fisica quantistica.<br />

Pw ˆ u = Pw ˆ ( 1 h + 2 v)= 1 Pw ˆ h + 2 Pw ˆ v =<br />

= cos 1 ‟1 w + cos 2 ‟2 w = ( cos 1 ‟1 + cos 2 ‟2)w.<br />

In base a quanto ricavato, si può formulare la seguente analogia:<br />

Azione dei polaroid sui fotoni<br />

trasmessi<br />

Azione <strong>di</strong> Pw ˆ sui vettori <strong>di</strong> stato dei<br />

fotoni trasmessi<br />

u w u w<br />

Il proiettore Pw ˆ = w w · opera sui vettori <strong>di</strong> stato, in modo analogo a come un polaroid<br />

agisce sullo stato dei fotoni trasmessi. Fornisce quin<strong>di</strong> una descrizione formale<br />

dell‟azione del polaroid sui fotoni trasmessi, ossia della osservabile fisica che esso<br />

misura, cioè della polarizzazione in <strong>di</strong>rezione W.<br />

L‟analogia tra polaroid/polarizzazione lungo W e proiettore Pw ˆ , suggerisce che si possa<br />

costruire una simile associazione anche ad altre osservabili fisiche. Il proce<strong>di</strong>mento<br />

seguito, però, si basa sul fatto che i polaroid operano come selettori <strong>di</strong> stato e traduce<br />

un‟analogia funzionale il cui significato fisico non è completamente definito. Si deve<br />

allora formulare il problema in termini più generali considerando operatori <strong>di</strong> forma più<br />

complessa e apparati <strong>di</strong> misura non selettivi come i polaroid.<br />

5.10 Modulo 10 - Osservabili e operatori.<br />

Per costruire una rappresentazione formale delle osservabili fisiche si può considerare<br />

un apparato <strong>di</strong> misura non selettivo come quello costituito da un cristallo birifrangente<br />

con due rivelatori posti in corrispondenza dell‟uscita dei fasci <strong>di</strong> luce trasmessi: il fascio<br />

or<strong>di</strong>nario la cui polarizzazione è V e il fascio straor<strong>di</strong>nario la cui polarizzazione è H 8 .<br />

Quando uno dei due rivelatoti scatta, l‟in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> uno strumento <strong>di</strong> misura ad essi<br />

collegato si porta o sul numero 1 = 1, se scatta il rivelatore posto all‟uscita del fascio<br />

straor<strong>di</strong>nario, o sul numero 2 =-1, se scatta il rivelatore posto all‟uscita del fascio<br />

or<strong>di</strong>nario. Questo apparato misura in sostanza la osservabile polarizzazione.<br />

L‟esito dell‟interazione <strong>di</strong> fotoni preparati nello stato u, con detto apparato non è un<br />

evento certo, infatti si ottiene il risultato: 1 = 1 con probabilità P1; 1 = -1 con<br />

probabilità P2. Ci si può chiedere allora qual è il valore d‟aspettazione della osservabile<br />

8 Un cristallo reale dovrebbe essere inclinato <strong>di</strong> 45° sul piano orizzontale per avere tali polarizzazioni dei fasci. Si è<br />

scelta una tale situazione per semplificare la notazione.


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fisica misurata, ossia nel caso specifico della polarizzazione. Essa viene data d<strong>alla</strong> me<strong>di</strong>a<br />

pesata dei possibili valori della polarizzazione: 1 e 2:<br />

p = ( 1 P1 + 2 P2 ) = ( 1 (u h) 2 + 2 (u v) 2 )<br />

Tale espressione può essere facilmente trasformata nel seguente modo:<br />

p = [ 1 (hh ) (h u) + 2 (v v) (v u)) = u [ 1 hh + 2 vv ] u<br />

In parentesi quadra compare l‟oggetto matematico:<br />

Ô = 1 hh + 2 vv<br />

Esso è espresso per mezzo dei possibili valori misurati della polarizzazione p e permette<br />

<strong>di</strong> determinarne il valore <strong>di</strong> aspettazione. Può, quin<strong>di</strong>, essere assunto come il descrittore<br />

<strong>di</strong> tale osservabile. Per riconoscere completamente il significato <strong>di</strong> tale descrizione è<br />

necessario riconoscere in che modo Ô opera sui vettori <strong>di</strong> stato.<br />

Le coppie or<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> vettori seguiti dal segno <strong>di</strong> prodotto scalare: hh e vv , operano su<br />

un generico vettore c nel seguente modo:<br />

e<br />

con angolo tra h e v.<br />

(hh ) c = h (h c) = cos h<br />

(vv ) c = v(v c) = sen v,<br />

Essi sono quin<strong>di</strong> i proiettori Ph ˆ e Pv ˆ lungo h e v rispettivamente.<br />

Riguardo ad Ô, tenuto conto che si ha: (h v) = (v h) = 0 e (h h) = (v v) =1, esso opera<br />

sui vettori <strong>di</strong> stato h, v nel seguente modo:<br />

Ô h = 1 h (h h) + 2 v (v h) = 1 h<br />

Ô v = 1 h (h v) + 2 v (v v) = 2 v .<br />

ossia semplicemente moltiplicandoli per 1 o 2.<br />

L‟operatore Ô opera sul generico vettore <strong>di</strong> stato trasformandolo nel seguente modo:<br />

Ô c = [ 1 hh + 2 vv ] c = 1 h (h c) + 2 v (v c)<br />

I vettori h e v hanno dunque un ruolo particolare per l‟operatore Ô. Per questo ad essi<br />

viene attribuito il nome particolare <strong>di</strong> autovettori e ai due corrispondenti numeri 1 e 2<br />

il nome <strong>di</strong> autovalori.<br />

L‟operatore Ô dunque fornisce una descrizione compatta e completa dell'apparato <strong>di</strong><br />

misura illustrato in figura (2) e descrive quin<strong>di</strong> l‟osservabile p che esso misura in<br />

quanto:


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a) consente <strong>di</strong> determinare il valore me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> p<br />

b) i suoi autovettori rappresentano i possibili stati finali del sistema quando viene<br />

sottoposto a un processo <strong>di</strong> misura <strong>di</strong> p<br />

c) i suoi autovalori sono i possibili valori delle misure <strong>di</strong> p.<br />

Prima <strong>di</strong> chiedere questo paragrafo si può considerare il significato fisico <strong>di</strong> un<br />

operatore del tipo:<br />

con k reale opportuna.<br />

Û1 = k hv<br />

L‟azione <strong>di</strong> Û sui vettori h e v è la seguente:<br />

Û1h = (k hv )h=0 e Û1v = (k hv )v=k h (v v)= k h<br />

L‟azione dell‟operatore Û1 è pertanto quella <strong>di</strong> trasformare il vettore h nel vettore nullo<br />

e il vettore v in un vettore parallelo a h. Esso quin<strong>di</strong> agisce in modo analogo all‟azione<br />

<strong>di</strong> un apparato che produce la transizione v h. Agisce su ogni vettore c, non<br />

collineare a h, trasformandolo in un vettore parallelo ad h.<br />

Non va confuso con un operatore <strong>di</strong> proiezione Ph ˆ su h, in quanto un tale operatore<br />

applicato a v darebbe 0. Esso trasforma il vettore <strong>di</strong> stato iniziale in un altro stato finale.<br />

Un tale operatore potrebbe costituire una buona descrizione per esempio <strong>di</strong> una<br />

soluzione zuccherina che ruoti <strong>di</strong> 90° il vettore <strong>di</strong> polarizzazione dei fotoni che<br />

interagiscono con essa. Da un altro punto <strong>di</strong> vista, un operatore Û1 consente <strong>di</strong> dare una<br />

buona descrizione <strong>di</strong> un potenziale <strong>di</strong> interazione. Esso può essere combinato con un<br />

operatore Û2 =k vh , che evidentemente trasforma tutti i vettori <strong>di</strong> stato in vettori<br />

paralleli a v.<br />

In generale quin<strong>di</strong> l‟operatore lineare:<br />

Û = k (hv + hv )<br />

Descrive un apparato che interagisce in modo non <strong>di</strong>struttivo con il sistema facendo<br />

avvenire la transizione v h o h v.<br />

5.11 Modulo 11 Generalizzare i risultati<br />

Per quanto sia stato analizzato il solo contesto della polarizzazione, le sequenze che<br />

hanno portato d<strong>alla</strong> fenomenologia al formalismo sono state costruite in modo del tutto<br />

generale. In altre parole è possibile ripercorrere passi analoghi per ottenere una<br />

descrizione formale <strong>di</strong> altri sistemi, apparati, osservabili fisiche, coerente con le idee<br />

quantistiche esplorate a fondo nel caso particolarmente semplice della polarizzazione.


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Li si ripercorre facendo riferimento a una osservabile fisica generica A <strong>di</strong> un sistema.<br />

A) I <strong>di</strong>versi risultati <strong>di</strong> misure a1, a2, …..an <strong>di</strong> A sono mutuamente esclusivi. Ad essi<br />

vengono associati stati mutuamente ortogonali e quin<strong>di</strong> rappresentati da vettori<br />

ortogonali: u1, u2 ……un, con ui uj i,j.<br />

B) Lo stato fisico generico del sistema, a cui in generale corrisponderà un valore<br />

dell‟osservabile A incompatibile con i valori a1, a2, …..an, viene descritto da un<br />

vettore <strong>di</strong> stato w, esprimibile come combinazione lineare dei vettori u1, u2 ……un:<br />

w = 1u1 + 2u2 +……+ nun = i=0,n iui con 1 2 + 2 2 +……+ n 2 =1<br />

C) <strong>La</strong> probabilità <strong>di</strong> transizione w ui è data dal quadrato del prodotto scalare tra i<br />

corrispondenti vettori <strong>di</strong> stato:<br />

P(w ui) = (w ui) 2 = i 2<br />

ossia il quadrato dell‟ampiezza i-esima che rappresenta la funzione d‟onda.<br />

D) L‟osservabile A è rappresentato dall‟operatore lineare:<br />

Â= i=0,n ai ui ui<br />

In modo che i suoi autovalori ai corrispondano ai possibili risultati della misura <strong>di</strong><br />

A, i possibili stati finali del sistema coincidano con gli autovettori dell‟osservabile<br />

ui, il valore <strong>di</strong> aspettazione dell‟osservabile A, se w è il vettore <strong>di</strong> stato iniziale, è<br />

dato da:<br />

A = w  w = w ( i=0,n ai ui ui ) w<br />

Un processo <strong>di</strong> misura pertanto può essere visto come una processo <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong><br />

autovettori che fornisce come esito i corrispondenti autovalori.<br />

Nel caso in cui w = uj, si ha A = aj, ossia il valore <strong>di</strong> aspettazione coincide con<br />

l‟unico risultato possibile che è aj.<br />

In senso ancora più generale, Il vettore <strong>di</strong> stato deve descrivere il comportamento<br />

statistico del sistema, ossia consentire <strong>di</strong> riprodurre i risultati sperimentali in modo<br />

analogo a come la rappresentazione dello stato <strong>di</strong> polarizzazione ha consentito <strong>di</strong><br />

riprodurre la legge <strong>di</strong> Malus. Tale vettore <strong>di</strong> stato deve contenere l‟informazione<br />

massimale, che è accessibile sul sistema, quin<strong>di</strong> in generale deve co<strong>di</strong>ficare<br />

l‟informazione associata agli autovalori delle osservabili che forniscono una descrizione<br />

completa del sistema (insieme massimale <strong>di</strong> osservabili).<br />

L‟associazione osservabile operatore lineare è particolarmente importante, perché è con<br />

tale associazione che si costruisce la quantizzazione <strong>di</strong> un sistema. Il fatto che tale


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operatore entri in gioco nel calcolo del valore <strong>di</strong> aspettazione è fondamentale per poter<br />

mettere in corrispondenza le osservabili quantistiche <strong>di</strong> un sistema, con le corrispondenti<br />

osservabili classiche, laddove esistano. I valori <strong>di</strong> aspettazione delle osservabili devono<br />

infatti sod<strong>di</strong>sfare alle stesse relazioni funzionali delle grandezze classiche, in modo che<br />

le previsioni classiche e quelle quantistiche forniscano le stesse previsioni almeno nei<br />

particolari casi limite dove gli effetti tipicamente quantistici non si manifestano.<br />

Usualmente, queste relazioni sono sufficienti per caratterizzare gli operatori e<br />

determinarne autovalori ed autovettori.<br />

5.12 Modulo 12 Incompatibilità e non commutatività<br />

Costruito il formalismo <strong>di</strong> base per il caso della polarizzazione e in<strong>di</strong>cate le regole per<br />

avviare <strong>alla</strong> generalizzazione dei risultati si possono ricavare alcune semplici<br />

conseguenze.<br />

A) Incompatibilità fra osservabili e non commutatività tra operatori lineari.<br />

Nei paragrafi precedenti si è visto che il concetto <strong>di</strong> incompatibilità gioca un ruolo<br />

centrale nella descrizione quantomeccanica dei sistemi microscopici. Come esempio<br />

specifico si è visto che fotoni filtrati da un primo polaroid a 45° possiedono una<br />

proprietà che è incompatibile con la proprietà che essi acquisterebbero venendo filtrati<br />

da un secondo polaroid verticale (orizzontale). Analogamente si può concludere che<br />

fotoni filtrati da un primo polaroid verticale (orizzontale) possiedono una proprietà che<br />

è incompatibile con la proprietà, che essi acquisterebbero venendo filtrati da un secondo<br />

polaroid a 45°. Ciò è espressione del fatto che una misura <strong>di</strong> polarizzazione a 45° è<br />

incompatibile con una contemporanea misura <strong>di</strong> polarizzazione verticale, ovvero che<br />

l‟apparato formato da un polaroid verticale e uno a 45° opera in modo <strong>di</strong>verso<br />

dell‟apparato formato da un polaroid a 45° e un polaroid verticale.<br />

Poiché i polaroid operano sui fotoni come i proiettori operano sui vettori <strong>di</strong> stato, ci si<br />

può chiedere se l‟applicazione su un generico vettore <strong>di</strong> stato u in successione dei<br />

proiettori Pv ˆ e P45 ˆ è <strong>di</strong>versa dall‟applicazione sul vettore u: prima del proiettore P45 ˆ e<br />

successivamente del proiettore Pv ˆ . Questo equivale a chiedersi se per il prodotto <strong>di</strong><br />

proiettori vale la proprietà commutativa.<br />

Consideriamo allora il caso delle osservabili polarizzazione verticale e polarizzazione a<br />

45°, rappresentati rispettivamente dagli operatori:<br />

Pv = v v· e P45° = u 45 u 45 ·


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Poiché u 45 = ( ½) 0.5 (v + h), si può esprimere l‟operatore P45° nel modo seguente:<br />

u 45 u 45 · = 1/2 (v v· + hh· + vh· + hv·)<br />

dove si tiene conto del fatto che l‟operatore vh· e hv· sono <strong>di</strong>versi, in quanto l‟or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

applicazione non è in<strong>di</strong>fferente.<br />

Se u= a v + b h è un vettore <strong>di</strong> stato generico, si ha:<br />

Pv ˆ P45 ˆ u= [(vv·) (u45 u45 ·)] u = ½ [(vv·)(vv· +hh· +vh· +hv· )] (a v + b h) =<br />

= ½ (a v + b v) = [½ (a+b)] v<br />

che è in ogni caso un vettore parallelo a v;<br />

P45 ˆ Pv ˆ u = [ (u45 u45 ·) (vv·)] u = ½ [ (vv· +hh· +vh· +hv·)(vv·)] (a v + b h) =<br />

= a/2 (v + h)<br />

che è in ogni caso un vettore parallelo u 45 .<br />

L‟operatore: P45 ˆ = u45 u45 · non commuta quin<strong>di</strong> con l‟operatore Pv ˆ = vv·, ossia la sua<br />

applicazione <strong>di</strong> Pv ˆ P45 ˆ a un generico vettore <strong>di</strong> stato u, porta a risultati <strong>di</strong>versi<br />

dell‟applicazione <strong>di</strong> P45 ˆ Pv ˆ allo stesso vettore u.<br />

Nello specifico <strong>di</strong> trova che:<br />

( Pv ˆ P45 ˆ - P45 ˆ Pv ˆ ) u = [½ (a+b)] v - a/2 (v + h)= ½ (b v <strong>–</strong> a h) ≠0<br />

Questo è un esempio <strong>di</strong> come il formalismo della meccanica quantistica incorpori i<br />

concetti nella sua struttura lineare: l‟incompatibilità tra osservabili, che esprime<br />

l‟incompatibilità degli apparati che le misurano, si traduce formalmente nella non<br />

commutatività degli operatori lineari che li rappresentano.<br />

B) Relazioni <strong>di</strong> indeterminazione <strong>di</strong> Heisenberg<br />

Come già osservato, una conseguenza dell‟esistenza <strong>di</strong> osservabili incompatibili è che i<br />

processi quantistici risultano, in generale, intrinsecamente probabilistici. Ci si può<br />

chiedere allora che tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>spersione rispetto al valore <strong>di</strong> aspettazione hanno misure<br />

effettuate su osservabili incompatibili A e C <strong>di</strong> un sistema.<br />

Se  e Ĉ sono i due operatori che le rappresentano si ha, per quanto visto in precedenza:<br />

[Â;Ĉ]≠0. In base <strong>alla</strong> procedura per valutare il valore <strong>di</strong> aspettazione <strong>di</strong> una osservabile,<br />

si può valutare lo scarto quadratico me<strong>di</strong>o sul valore <strong>di</strong> aspettazione <strong>di</strong> una misura <strong>di</strong> A,<br />

quando il sistema è stato preparato in uno stato u:<br />

(∆A) 2 =〈(Â - 〈Â〉) 2 〉= [u·{Â - Î (u·Â · u)} 2 u] =〈â 2 〉,


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In modo analogo si può scrivere per l‟indeterminazione su C, come segue:<br />

(∆C) 2 =〈(Ĉ - 〈Ĉ〉) 2 〉= [u·{ Ĉ - Î (u· Ĉ · u)} 2 u] =〈ĉ 2 〉<br />

Il prodotto delle indeterminazioni porta allora <strong>alla</strong> seguente relazione:<br />

(∆A) 2 (∆C) 2 =〈â 2 〉〈ĉ 2 〉 〈â 2 ĉ 2 〉<br />

dove è stata usata la <strong>di</strong>suguaglianza <strong>di</strong> Swartz [ 9 ] .<br />

Si esprime ora il prodotto â ĉ nel modo seguente:<br />

â ĉ = ½ [â;ĉ] + ½ (â ĉ + ĉ â ),<br />

dove in parentesi quadra è stato in<strong>di</strong>cato il commutatore degli operatori â ĉ:<br />

[â;ĉ] = â ĉ - ĉ â = [Â;Ĉ].<br />

Se lo si sostituisce nella espressione per il prodotto delle indeterminazioni, si ottiene:<br />

(∆A) 2 (∆C) 2 〈â 2 ĉ 2 〉= 〈{½ [â;ĉ] + ½ (â ĉ + ĉ â )} 2 〉 〈{½ [â;ĉ]} 2 〉[ 10 ]<br />

In definitiva per il prodotto delle indeterminazioni <strong>di</strong> A e C si ottiene il risultato:<br />

(∆A) (∆C) ½〈[Â;Ĉ]〉<br />

Questa è la forma più generale delle relazioni <strong>di</strong> indeterminazione <strong>di</strong> Heisenberg e come<br />

si vede e implicita nel formalismo lineare introdotto.<br />

Il significato <strong>di</strong> tali relazioni è il seguente. Se si prepara un insieme <strong>di</strong> sistemi quantistici in un<br />

ben definito stato iniziale u, e si effettua per metà <strong>di</strong> esso una misura dell‟osservabile A e per<br />

l‟altra metà una misura dell‟osservabile C, si ottiene che il prodotto delle ∆A e ∆C sui valori<br />

<strong>di</strong> aspettazione <strong>di</strong> A e C è sempre maggiore o uguale a ½〈[Â;Ĉ] 〉.<br />

Correlano dunque, due grandezze rappresentate da operatori non commutanti al prodotto delle<br />

indeterminazioni sui loro valori <strong>di</strong> aspettazione. Il fatto che due osservabili siano non<br />

commutanti comporta una correlazione nelle indeterminazioni sui valori rilevati in misure<br />

ripetute delle osservabili considerate (Onofri p. 183).<br />

Le relazioni <strong>di</strong> indeterminazione <strong>di</strong> Heisenberg esplicitano dunque il legame tra non<br />

commutatività degli operatori e incompatibilità delle proprietà che si possono attribuire al<br />

sistema, ossia delle corrispondenti osservabili. Si può <strong>di</strong>re anche che se gli operatori  e Ĉ<br />

non commutano, significa che gli autovettori <strong>di</strong> Â sono <strong>di</strong>versi da quelli <strong>di</strong> Ĉ, ovvero che<br />

9 Osserviamo che: il passaggio è solo un po‟ semplificato rispetto a quello che si avrebbe nel caso in cui si considerasse<br />

che gli operatori siano definiti su C, anziché su R; l‟uguale vale se ĉ 2 commuta con uu·, ossia solo se u· è autovetture <strong>di</strong><br />

ĉ 2 .<br />

10 L‟uguale vale solo se 〈{â ĉ + ĉ â } 2 〉=0.


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questi ultimi sono esprimibili come combinazione lineare (non banale) <strong>di</strong> autovettori <strong>di</strong> Â. Gli<br />

autostati <strong>di</strong> C, quin<strong>di</strong> sono sovrapposizioni <strong>di</strong> autostati dell‟osservabile A.<br />

Non si devono confondere le indeterminazioni su A e C con le indeterminazione sui valori <strong>di</strong><br />

A e C quando si tenta <strong>di</strong> eseguire una loro misura contemporanea. Solo in casi particolari, è<br />

possibile mettere in relazione le indeterminazioni ∆A e ∆C, con le indeterminazioni delle<br />

misure delle variabili. È il caso, per esempio, del processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione illustrato in figura, e<br />

proposto da Heisenberg come esperimento ideale in cui si localizza una particella.<br />

Per le osservabili posizione e quantità <strong>di</strong> moto, sia per via formale, sia con l‟esperimento<br />

ideale sopra illustrato si ottengono le relazioni:<br />

∆x ∆px ħ/2, ∆y ∆py ħ/2, ∆z ∆pz ħ/2 , (bbb)<br />

che sono le note relazioni <strong>di</strong> Heisenberg. Ad esse viene spesso aggiunta la relazione <strong>di</strong><br />

indeterminazione Energia-tempo: ∆E ∆t ħ/2, che tuttavia ha un‟altra origine (v.<br />

appen<strong>di</strong>ce..) e ha carattere <strong>di</strong>verso 11 (Onofri, Destri 1996).<br />

5.13 Modulo 13. Non località<br />

Si è riconosciuto che il formalismo include aspetti concettuali peculiari della MQ come<br />

la incompatibilità e le relazioni <strong>di</strong> indeterminazione <strong>di</strong> Heisenberg.<br />

Si può qui esplorare un contesto opportuno in cui fare emergere il particolare carattere<br />

delle correlazioni quantistiche e <strong>di</strong> come una misura perturbi un sistema quantistico.<br />

A. <strong>La</strong> situazione<br />

Fascio incidente<br />

<strong>di</strong> elettroni<br />

a<br />

Fig. 5.10. Derivazione elementare della relazione <strong>di</strong> indeterminazione energia impulso. Un fascio <strong>di</strong><br />

elettroni incide su uno schermo su cui è praticata una fen<strong>di</strong>tura <strong>di</strong> larghezza y = a. Gli elettroni<br />

trasmessi vengono <strong>di</strong>ffratti e vengono rivelati sullo schermo S prevalentemente in una posizione<br />

centrale corrispondente a una larghezza angolare pari a 2 . Dalle neggi della <strong>di</strong>ffrazione e d<strong>alla</strong><br />

relazione <strong>di</strong> De Broglie si ottiene: py py ( /a) (ħ/ ) = ħ/a. Il prodotto delle indeterminazioni è<br />

allora pari a: y py ħ.<br />

11 Si richiamano le principali <strong>di</strong>fferenze: la variabile t non è un‟osservabile del sistema che si considera e quin<strong>di</strong> non è<br />

rappresentabile con un operatore; ∆t viene associato al più piccolo tempo che caratterizza l‟evoluzione del sistema.<br />

y<br />

N


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Una sorgente S genera contemporaneamente tre particelle, che interagiscono<br />

significativamente solo per <strong>di</strong>stanze dell‟or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un raggio atomico. Ciascuna delle<br />

particelle viene rivelata da uno dei rivelatori: A, B, C. I rivelatori e la sorgente sono contenuti<br />

nello stesso piano.<br />

Ogni rivelatore è dotato <strong>di</strong> un interruttore con due posizioni (1 e 2) e due spie luminose,<br />

una verde e una rossa, una e una sola delle quali si accende quando viene rivelata la<br />

particella<br />

Per ogni particella si assume come asse z la retta congiungente la sorgente S e il<br />

corrispondente rivelatore.<br />

G<br />

B. Esiti sperimentali<br />

Per ogni ciclo <strong>di</strong> misura, accadono i seguenti fatti:<br />

a) la sorgente emette contemporaneamente una terna <strong>di</strong> particelle;<br />

b) ogni rivelatore segnala l‟arrivo <strong>di</strong> una particella;<br />

c) una sola delle due spie, rossa o verde, <strong>di</strong> ciascun rivelatore si accende in modo<br />

genuinamente casuale.<br />

R<br />

d) Se si rilevano i risultati per tutti e tre i rivelatori, si osservano gli esiti riepilogati nella<br />

seguente tabella:<br />

1<br />

2<br />

R<br />

G<br />

1<br />

2<br />

A<br />

C<br />

S<br />

1<br />

Figura 5.11 L‟apparato per la produzione e<br />

la rivelazione <strong>di</strong> stati entangled<br />

2<br />

B<br />

R<br />

G


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Misure con<br />

interruttori<br />

Misure con<br />

interruttori:<br />

122; 212; 221 numero pari <strong>di</strong> spie ver<strong>di</strong> accese,<br />

numero <strong>di</strong>spari <strong>di</strong> luci rosse accese<br />

(sempre numero <strong>di</strong>spari luci rosse).<br />

1,1,1 mai un numero <strong>di</strong>spari <strong>di</strong> flash rossi.<br />

Questo comporta che quando uno solo degli interruttori è posto su 1 e gli altri due sul 2<br />

(interruttori: 122, 212, 221), si osserva sempre uno dei seguenti possibili esiti:<br />

RRR, RGG, GRG, GGR (esiti osservabili - possibili)<br />

non si osserva in alcun caso uno dei seguenti esiti:<br />

C. Conseguenze<br />

GRR, RGR, RRG, GGG (esiti mai osservati - impossibili)<br />

Emerge imme<strong>di</strong>atamente che gli esiti dei tre rivelatori sono correlati fra loro, infatti si<br />

può pre<strong>di</strong>re con certezza, che cosa segnalerà un rivelatore una volta note che siano le<br />

segnalazioni fornite dagli altri due rivelatori.<br />

Ad esempio per il caso in cui i rivelatori siano pre<strong>di</strong>sposti nella configurazione 122, una<br />

volta che sono noti gli esiti per i rivelatori A e B, si può stabilire con certezza il colore<br />

della spia che si accenderà nel rivelatore C, come illustrato nella seguente tabella:<br />

Rivelatori A B C<br />

Luce accese R R R<br />

D. Ipotesi<br />

G G R<br />

R G G<br />

G R G<br />

Si può ipotizzare che gli esiti degli esperimenti siano conseguenti a istruzioni trasportate<br />

da ciascuna particella, in modo tale che, a priori, possano essere determinati i risultati. In<br />

altre parole le istruzioni trasportate dalle particelle devono garantire che vengano<br />

comunque riprodotti i risultati sperimentali a seconda <strong>di</strong> come sono stati posti gli<br />

interruttori dei tre rivelatori. Si può anche pensare che a priori non si sappia quali<br />

interruttori sono posti su 1 e quali su 2 o che venga selezionata la posizione<br />

dell‟interruttore subito prima dell‟arrivo della particella.


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Poiché non c‟è <strong>di</strong>retta connessione tra i rivelatori, il loro comportamento può essere<br />

correlato solo perché tutti e tre sono attivati dalle particelle che provengono da una<br />

sorgente comune (in altre parole hanno interagito nel momento in cui sono state create).<br />

Questo fatto e questo fatto soltanto deve contenere la spiegazione del perché possiamo<br />

sapere in anticipo quale colore si accenderà su uno dei rivelatori una volta note le misure<br />

fatte separatamente con gli altri due rivelatori.<br />

L‟informazione fornita dal rivelatore in A (ossia il colore della spia che si deve<br />

accendere) deve in qualche modo essere co<strong>di</strong>ficata nella particella che attiva A, affinché<br />

si mantenga la consistenza con le spie che si sono accesi in B e C.<br />

In ogni ciclo dell‟esperimento ogni particella deve dare istruzioni al suo rivelatore su<br />

quale spia deve accendere, in modo tale che un numero <strong>di</strong>spari <strong>di</strong> particelle deve far<br />

accendere le spie rosse.<br />

Si possono rappresentare le istruzioni trasportate da ciascuna particella con coppie<br />

or<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> lettere R o G. Tutte le possibili istruzioni trasportate dalle particelle sono:<br />

se l’interruttore è posto su 1 R R G G<br />

se l’interruttore è posto su 2 R G R G<br />

E. Previsioni basate sull‟ipotesi<br />

Si può considerare il caso in cui gli interruttori siano <strong>di</strong>sposti in uno dei seguenti mo<strong>di</strong>: 122,<br />

212, 221<br />

Se le istruzioni trasportate dalle tre particelle sono:<br />

R G G (istruzioni che fanno scattare il rivelatore posto sull‟1)<br />

G R R (istruzioni che fanno scattare il rivelatore posto sul 2)<br />

In modo che risulterà:<br />

RRR con gli interruttori 122<br />

GGR con gli interruttori 212<br />

GRG con gli interruttori 221<br />

Si riproducono quin<strong>di</strong> i risultati quando gli interruttori sono in una delle configurazioni<br />

in<strong>di</strong>cate.<br />

Esistono insiemi <strong>di</strong> istruzioni, che forniscono un numero pari <strong>di</strong> luci rosse e quin<strong>di</strong><br />

sono non-permessi: RRG GRR RGR RRG GGG<br />

Su 64 possibili istruzioni, esistono 8 insiemi <strong>di</strong> istruzioni permesse, ossia che permettono<br />

<strong>di</strong> riprodurre i dati sperimentali. Esse possono essere costruite a partire d<strong>alla</strong> base<br />

riportata in tabella:<br />

rivelatori A B C A B C A B C A B C


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interruttori<br />

1a R _ _ R _ _ G _ _ G _ _<br />

2a _ R R _ G G _ R G R _ G<br />

1b R _ _ R _ _ G _ _ G _ _<br />

2b _ R R _ G G _ R G - G R<br />

Si ottengono allora le seguenti 8 istruzioni permesse:<br />

rivelatori<br />

interruttori<br />

A B C A B C A B C A B C<br />

1a R R R R G G G R G G G R<br />

2a R R R R G G G R G G G R<br />

1b R G G R R R G G R G R G<br />

2b G R R G G G R R G R G R<br />

Si può considerare ora il quarto tipo <strong>di</strong> ciclo, in cui tutti gli interruttori sono <strong>di</strong>sposti su 1<br />

(111). In tale caso si accende sempre un numero pari <strong>di</strong> spie rosse.<br />

Se è corretta l‟ipotesi fatta, gli 8 insiemi <strong>di</strong> istruzioni riportati in tabella, devono determinare<br />

anche gli esiti <strong>di</strong> cicli con questo assetto degli interruttori.<br />

È imme<strong>di</strong>ato concludere che ciò non è possibile. Basta per esempio osservare il primo insieme<br />

<strong>di</strong> istruzioni. Esso determinerebbe l‟accensione <strong>di</strong> tre spie rosse quando gli interruttori<br />

vengono <strong>di</strong>sposti su 111. In modo analogo si può riconoscere che anche le altre istruzioni non<br />

permettono <strong>di</strong> riprodurre i risultati sperimentali quando tutti gli interruttori sono <strong>di</strong>sposti su 1.<br />

F. Procedura alternativa<br />

Prima <strong>di</strong> trarre le conclusioni <strong>di</strong> può riottenere lo stesso risultato seguendo una procedura<br />

leggermente <strong>di</strong>versa (Sen 1991).<br />

Può illustrata a partire d<strong>alla</strong> seguente tabella.<br />

interruttori Rivelatori P1 P2 P3<br />

1 a b c<br />

2 d e f<br />

dove ogni lettera sta per 1 quando si accende la luce R, 0 quando si accende la luce G.<br />

A) Con gli interruttori: 111, poiché si ha numero pari luci rosse, il numero <strong>di</strong> R nella riga<br />

superiore è pari, quin<strong>di</strong> a+b+c è un numero pari.


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B) Con gli interruttori 122, 212, 221, poiché si ha un numero <strong>di</strong>spari <strong>di</strong> luci rosse, le tre<br />

somme: a+e+f, d+b+f, d+e+c, sono numeri <strong>di</strong>spari, in quanto uguali al numero <strong>di</strong> luci rosse<br />

accese nel tre casi che si ottengono sperimentalmente. <strong>La</strong> loro somma, dunque è un numero<br />

<strong>di</strong>spari.<br />

Si ha in definitiva:<br />

da A) a+b+c= np, con np pari<br />

da B) a+b+c+2(d+e+f)= nd, con nd <strong>di</strong>spari.<br />

I due risultati non sono compatibili, perché se valesse il primo risultato, la somma<br />

a+b+c+2(d+e+f) dovrebbe essere pari e non <strong>di</strong>spari come invece emerge dal caso B).<br />

G. Conclusioni.<br />

Si possono quin<strong>di</strong> trarre le seguenti conclusioni:<br />

a) è impossibile che le particelle trasportino delle istruzioni, attribuibili a priori alle<br />

particelle, in grado <strong>di</strong> attivare i rivelatori con l‟accensione del corretto numero <strong>di</strong> luci<br />

rosse/ver<strong>di</strong>;<br />

b) le particelle restano correlate nonostante non interagiscono attraverso un potenziale,<br />

ovvero quando sono a <strong>di</strong>stanze macroscopiche fra esse;<br />

c) deve attivarsi una azione a <strong>di</strong>stanza che istantaneamente produca la correlazione dei<br />

dati.<br />

Il particolare stato in cui le particelle si trovano dopo aver intergito inizialmente e che<br />

determina il fatto che le particelle restino correlate fra loro prende il nome <strong>di</strong> stato<br />

entangled. Il fenomeno corrispondente prende il nome <strong>di</strong> entanglement ed è stato<br />

osservato in esperimenti con fotoni. Questo <strong>di</strong>mostra inequivocabilmente la natura non<br />

locale dei processi microscopici.<br />

5.6 Ruolo dei moduli e proposte <strong>di</strong> sequenze alternative<br />

Nel paragrafo precedente è stato presentato il percorso <strong>di</strong>dattico nella sua interezza.<br />

Esso è stato sperimentato, su tutti i tre<strong>di</strong>ci moduli con un ristretto gruppo <strong>di</strong> studenti in<br />

un‟attività extrascolastica della durata complessiva <strong>di</strong> 12 ore (Michelini et al. 2004b).<br />

Una sua attuazione in classe richiede dalle 12 alle 14 ore, tenuto conto che spesso nel<br />

lavoro or<strong>di</strong>nario in classe i tempi sono più rigi<strong>di</strong> e non sempre è possibile completare un<br />

argomento in un definito segmento orario. <strong>La</strong> necessità <strong>di</strong> riprenedere il tema il girno


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successivo o peggio qualche giorno dopo richiede <strong>di</strong> dover avviare la nuova attività con<br />

riepiloghi altrimenti non necessari.<br />

È importante allora qui <strong>di</strong>scutere il ruolo <strong>di</strong> ciascun modulo, per far emergere poi alcune<br />

alternative al percorso proposto.<br />

6.1 Obbiettivi e ruolo <strong>di</strong>dattico dei moduli<br />

Modulo 1.<br />

Il primo modulo <strong>di</strong> esplorazione della fenomenologia gioca un ruolo essenziale per<br />

fornire agli studenti un aggancio concreto su cui costruire la concettualizzazione.<br />

L‟esperimento o semplicemente la situazione concreta fungono da ancora cognitiva, per<br />

la costruzione delle idee. Il coinvolgimento <strong>di</strong>retto dei ragazzi nella esplorazione<br />

personale è quasi insostituibile, per costruire un approccio operativo alle idee<br />

quantistiche.<br />

Questo modulo costituisce quin<strong>di</strong> un caposaldo <strong>di</strong> qualsiasi lettura <strong>di</strong>dattica si voglia<br />

dare del materiale qui presentato.<br />

Ciononostante può essere proposto in parti separate: M1.1) l‟esplorazione qualitativa<br />

dell‟interazione <strong>di</strong> luce e polaroid; M1.2) l‟esplorazione qualitativa <strong>di</strong> luce e cristalli<br />

birifrangenti; M1.3) le misure quantitative per caratterizzare la fenomelogia con la legge<br />

empirica <strong>di</strong> Malus, nel caso <strong>di</strong> polaroid reali.<br />

Tali <strong>di</strong>verse parti possono essere inserite in momenti <strong>di</strong>versi del percorso, tenendo conto<br />

che in tutti i primi 6 moduli, non si usa <strong>di</strong> fatto la legge <strong>di</strong> Malus: M1.1 come avvio del<br />

percorso; M1.2 all‟interno del modulo 5, nella parte D in cui si <strong>di</strong>scute l‟impossibilità<br />

<strong>di</strong> attribuire una traiettoria a un sistema quantistico: M1.3 in avvio del modulo 7, come<br />

prelu<strong>di</strong>o <strong>alla</strong> costruzione della rappresentazione vettoriale dello stato.<br />

Modulo 2<br />

Il secondo modulo ha come obiettivi:<br />

a) la costruzione del passaggio dai fenomeni macroscopici a quelli microscopici<br />

b) il riconoscimento che gli esiti degli esperimenti con fasci intensi, sono niente altro<br />

che la iterazione <strong>di</strong> processi a singolo fotone<br />

c) la costruzione dell‟interpretazione probabilistica dei risultati sperimentali<br />

d) la costruzione del passaggio da situazioni reali a situazioni ideali.


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Riveste pertanto un ruolo ineliminabile nel raccordare la situazione realmente esplorata<br />

in laboratorio, con quella poi analizzata degli esperimenti ideali che costituisce la<br />

palestra concettuale in cui si va a costruire i concetti.<br />

Affronta in modo operativo il nodo della interpretazione probabilistica dei fenomeni,<br />

che non si è mai rivelata problematica.<br />

Modulo 3<br />

Il modulo 3 ha come obiettivi:<br />

a) riconoscere come si può attribuire operativamente una proprietà a un sistema<br />

b) <strong>di</strong>stinguere tra proprietà attribuita a un sistema e stato in cui si trova il sistema<br />

stesso, per avviare <strong>alla</strong> <strong>di</strong>versa rappresentazione che se ne dà in MQ.<br />

Questo e i successivi moduli 4-5-6, potrebbero apparire superflui o ridondanti. Si<br />

potrebbe infatti passare <strong>di</strong>rettamente <strong>alla</strong> costruzione del formalismo nel modulo 7,<br />

apportando solo poche mo<strong>di</strong>ficeh a quest‟ultimo. Così facendo, come anche è emerso<br />

nel corso <strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>o condotto in una classe, si cortocircuiterebbe imme<strong>di</strong>atamente la<br />

costruzione dei concetti da parte della maggioranza (se non della totalità) degli studenti.<br />

Questi acquisirebbero il formalismo, senza sapere tuttavia associare ad esso un effettivo<br />

significato fisico, non avendo negoziato il significato dei concetti quantistici, rispetto a<br />

quelli classici.<br />

Il modulo 3, ha quin<strong>di</strong> il ruolo <strong>di</strong> fornire ai ragazzi gli strumenti (la rappresentazione<br />

iconografica) con cui possono poi costruire ed esplorare ipotesi, mettendole a confronto<br />

con gli esiti sperimentali. Ha cioè il ruolo <strong>di</strong> ponte tra la fenomenologia, seppure<br />

esplorata nel contesto dell‟interazione <strong>di</strong> fotoni e polaroid ideali, e la formazione delle<br />

idee.<br />

Per questo motivo il modulo 3, per quanto si possa anche pensare <strong>di</strong> riformularlo,<br />

trattandone gli obiettivi nel modulo 7, viene proposto all‟avvio del processo <strong>di</strong><br />

costruzione dei concetti quantistici.<br />

Esso è strettamente connesso al successivo modulo 4.<br />

Modulo 4<br />

In questo modulo sono centrali gli obiettivi:<br />

c) Riconoscere l‟esistenza <strong>di</strong> proprietà mutuamente esclusive<br />

d) Riconoscere l‟esistenza <strong>di</strong> proprietà incompatibili.


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Si fondano cioè gli elementi che consentono <strong>di</strong> costruire il formalismo: le proprietà<br />

mutuamente esclusive, che successivamente si assoceranno agli autovalori<br />

dell‟operatore che rappresenta l‟osservabile misurata; il concetto <strong>di</strong> incompatibilità che<br />

costituisce il concetto centrale intorno a cui si incentra tutta la <strong>proposta</strong>.<br />

Tel concetto viene proposto facendo riconoscere che a un sistema in una<br />

sovrapposizione <strong>di</strong> stati si attribuisce una proprietà che è incompatibile con quella<br />

attribuibile al sistema quando si trova negli stati componenti. Si comincia cioè a<br />

introdurre in forma operativa l‟idea che in Mq esistono insiemi ciascuno dei quali è<br />

formato da osservabili che sono incompatibili con le osservabili dell‟altro insieme.<br />

É questo il nodo più <strong>di</strong>fficile da affrontare nella MQ e nel contesto specifico il maggiore<br />

ostacolo all‟appren<strong>di</strong>mento del concetto <strong>di</strong> stato quantistico.<br />

Vale per il presente modulo quanto detto per il modulo precedente al quale è<br />

strettamente legato.<br />

Modulo 5<br />

I questo modulo si esplorano le conseguenze del riconoscimento che esistono proprietà<br />

incompatibili, per raggiungere i seguenti obiettivi:<br />

A) indentità dei sistemi quantistici<br />

B) indeterminismo non espistemico del processo <strong>di</strong> misura quantistico<br />

C) peculiarità <strong>di</strong> tale processo rispetto al processo <strong>di</strong> misura in fisica classica<br />

D) impossibilità <strong>di</strong> associare una traiettoria a una particella quantistica.<br />

Si tratta <strong>di</strong> obiettivi irrinunciabili, che tuttavia possono trovare collocazione anche<br />

successivamente, per esempio integrandone la <strong>di</strong>scussione nel modulo 7.<br />

Modulo 6<br />

Il modulo 6 ha i seguenti obiettivi:<br />

A) Riconoscere l‟impossibilità <strong>di</strong> principio <strong>di</strong> prevedere i risulati a priori degli<br />

esperimenti microscopici<br />

B) Riconoscere l‟implicita contestualità (e quin<strong>di</strong> non classicità) <strong>di</strong> approcci<br />

deterministici ai fenomeni microscopici<br />

C) Avviare all‟idea <strong>di</strong> stato quantico<br />

L‟ultimo punto può essere integrato a conclusione del modulo 4 o all‟avvio del modulo<br />

7. I primi due punti possono, invece, essere completamente evitati se non sono gli


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studenti stessi a sollevarli. Gli esiti delle ricerche condotte <strong>di</strong>mostrano che i ragazzi<br />

stessi mettono in campo le idee che inducono a percorrere sino in fondo l‟idea <strong>di</strong> una<br />

teoria a variabili nascoste. Il riconoscimento che tale approccio deve essere<br />

evidentemente contestuale risulta spesso l‟elemento che fa transire da un approccio ai<br />

fenomeni microscopici con categorie classiche e uno con categorie quantistiche.<br />

Questo modulo pertanto non è a priori necessario, ma lo <strong>di</strong>venta nel momento in cui i<br />

ragazzi riescono a costruire, tramite la rappresentazione iconografica, le <strong>di</strong>verse ipotesi<br />

alternative.<br />

Modulo 7<br />

Il modulo 7 costituisce uno snodo obbligato del percorso. Il suo obiettivo è:<br />

A) costruire la rappresentazione vettorile dello stato<br />

B) costruire la rappresentazione vettoriale del principio <strong>di</strong> sovrapposizione e la sua<br />

formulazione più generale<br />

C) far riconoscere l‟equivalenza della rappresentazione vettoria e <strong>di</strong> quella con le<br />

ampiezze.<br />

Modulo 8<br />

Il modulo 8 ha il seguente obiettivo:<br />

A) evidenziare come emerga formalmente l‟interferenza quantistica<br />

Si tratta <strong>di</strong> un obiettivo importante, che più comunque essere omesso, se non trova<br />

ulteriore esplicitazione, oppure incluso in altre parte.<br />

Può costituire il modulo conclusivo <strong>di</strong> una <strong>proposta</strong> che affronta un primo livello <strong>di</strong><br />

formalizzazione.<br />

Modulo 9<br />

Il modulo 9 si propone come obiettivo quello <strong>di</strong> avvicinare gradualemente all‟idea che<br />

le osservabili fisiche si rappresentano in MQ con operatori lineari. È ovviamente<br />

eliminabile, non introducendo concetti <strong>di</strong>versi da quelli introdotti nel modulo 10.<br />

Modulo 10<br />

Nel modulo 10 si fonda il secondo pilastro del formalismo quantistico: la<br />

rappresentazione delle osservabili fisiche con operatori lineari.


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Gli obiettivi sono:<br />

A) costruire l‟operatore che descrive la polarizzazione secondo una definita <strong>di</strong>rezione;<br />

B) riconoscere il suo ruolo nella determinazione del valore <strong>di</strong> aspettazione <strong>di</strong> una<br />

variabile;<br />

C) riconoscere che gli esiti <strong>di</strong> una misura sono gli autovalori dell‟operatore che<br />

rappresenta l‟osservabile misurata e gli state del sistema dopo la misura sono gli<br />

autostati <strong>di</strong> detto operatore<br />

É un modulo fondamentale, dal nell‟ottica della costruzione <strong>di</strong> un quadro<br />

sufficientemente organico della teoria quantistica. I suoi elementi concettuali fondanti,<br />

tuttavia, sono già stati esplicitati nel modulo 4. Per questo motivo può essere anche<br />

ragionevolmente omesso in una <strong>proposta</strong> minimale.<br />

Modulo 11<br />

In questo modulo si mira all‟obiettivo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le regole con cui si possono<br />

generalizzare i risultati ottenuti nel caso della polarizzazione.<br />

Costituisce una <strong>proposta</strong> minimale per mostrare come il formalismo possa essere<br />

generalizzato. Diventa sterile se non è accompagnata da qualche esempio, come è il<br />

caso degli autovettori e autovalori della quantità <strong>di</strong> moto.<br />

Modulo 12<br />

Ha come obiettivi:<br />

A) il riconoscimento della corrispondenza tra osservabili incompatibili e oparatori non<br />

commutanti<br />

B) Il riconoscimento che nel formalismo sono implicite le relazioni dei Heisenberg<br />

C) la formulazione <strong>di</strong> dette relazioni<br />

Anche questo modulo può essere considerato opzionale e non essenziale. Può essere<br />

riguardato anche come modulo <strong>di</strong> valutazione dei concetti appresi, in quanto gli studenti<br />

sono chiamati a cimentarsi con gli stessi concetti utilizzando gli strumenti formali che<br />

dovrebbero aver acquisito.<br />

Modulo 13<br />

Il presente modulo ha come obiettivo:<br />

A) esistono correlazioni a <strong>di</strong>stanza


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<strong>Impostazione</strong> <strong>alla</strong> <strong>Dirac</strong>. <strong>La</strong> <strong>proposta</strong> <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne per la fisica quantistica.<br />

B) nei processi microscopici si manifestano effetti non locali<br />

C) l‟entanglement<br />

Questi obiettivi sono evidentemente molto importanti in quanto portano nel cuore delle<br />

problematiche quantistiche, aprendo anche la strada ad aspetti che nel prossimo futuro<br />

potrebbero essere <strong>di</strong> grande attualità.<br />

Possono non<strong>di</strong>meno essere tralasciati in una <strong>proposta</strong> minimale.<br />

Anche questo modulo come il precedente può avere il carattere <strong>di</strong> valutazione dei<br />

concetti appresi, ovvero della capacità <strong>di</strong> trasferirli all‟analisi <strong>di</strong> un fenomeno <strong>di</strong>verso da<br />

quello della polarizzazione.<br />

7.2 Percorsi alternativi<br />

Nello schema seguente, che può essere rivisto come una mappa organizzativa della<br />

<strong>proposta</strong>, sono tracciate con colori <strong>di</strong>versi tre sequenze alternative a quella qui<br />

presentata con cui si possono collegare i <strong>di</strong>versi moduli.<br />

Due <strong>di</strong> esse costituiscono in qualche modo i percorsi con caratteristiche estreme, solo<br />

qualitativo il primo e solo formale il secondo che sono evidentemente sbilanciati, ma<br />

rendono bene l‟idea dei limiti dello spettro dei <strong>di</strong>versi percorsi costruibili all‟interno<br />

della <strong>proposta</strong>.


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<strong>Impostazione</strong> <strong>alla</strong> <strong>Dirac</strong>. <strong>La</strong> <strong>proposta</strong> <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne per la fisica quantistica.<br />

Filo bordeaux propone un approccio completamente qualitativo <strong>alla</strong> <strong>proposta</strong>.<br />

Utilizza come unico strumento <strong>di</strong> formalizzazione la rappresentazione iconografica. Può<br />

essere proposto anche a studenti che non <strong>di</strong>spongono <strong>di</strong> strumenti formali matematici. É<br />

evidentemente un percorso carente in quanto non permette <strong>di</strong> esplicitare i concetti<br />

quantistici e il significato che assumono nel formalismo.<br />

Filo rosso propone essenzialmente la costruzione del formalismo. Dovrebbe venir<br />

integrato con la parte <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione dei concetti, risultato altrimenti molto problematica<br />

l‟attribizione <strong>di</strong> significato fisico al formalismo costruito.<br />

Filo blu propone un approccio minimo ai concetti e al formalismo lasciando la<br />

possibilità <strong>di</strong> integrare eventualmente qualche modulo come approfon<strong>di</strong>mento.<br />

Bibliografia.<br />

Modulo 1<br />

<strong>La</strong> fenomenologia.<br />

Modulo 3 <strong>–</strong> Proprietà dei fotoni e<br />

loro rappresentazione iconografica<br />

Modulo 4. Proprietà mutuamente<br />

esclusive e proprietà incompatibili<br />

Am. J. Phys. 2002, Special Issues 70 (3)<br />

Modulo 5.<br />

Identicità e indeterminismo<br />

quantistico<br />

Modulo 6<br />

Esplorazione <strong>di</strong> ipotesi alternative<br />

Modulo 13. Non località<br />

Modulo 2 <strong>–</strong> D<strong>alla</strong> fenomenologia <strong>alla</strong><br />

interpretazione probabilistica<br />

Modulo 7. Lo stato quantistico e la<br />

sua rappresentazione formale<br />

Arons, B. A. 1990, A Guide to Introductory Physics Teaching, New York: J. Wiley and Sons.<br />

Modulo 8<br />

Interferenza quantistica<br />

Modulo 9 <strong>–</strong> Misure selettive e<br />

proiettori <strong>di</strong> stato<br />

Modulo 10 - Osservabili e operatori<br />

Modulo 11 Generalizzare i risultati<br />

Modulo 12 Incompatibilità e non commutatività


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