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Il pendolo di Maxwell - Dipartimento di Fisica

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<strong>Il</strong> <strong>pendolo</strong> <strong>di</strong> <strong>Maxwell</strong> stu<strong>di</strong>ato con la tecnica MBL<br />

Barbara Pecori, <strong>Dipartimento</strong> <strong>di</strong> <strong>Fisica</strong>, Università <strong>di</strong> Bologna<br />

Giacomo Torzo, <strong>Dipartimento</strong> <strong>di</strong> <strong>Fisica</strong>, Università <strong>di</strong> Padova<br />

Lo stu<strong>di</strong>o sperimentale del moto del <strong>pendolo</strong> <strong>di</strong> <strong>Maxwell</strong>, spesso effettuato in modo<br />

riduttivo al solo scopo <strong>di</strong> misurare il momento <strong>di</strong> inerzia <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sco, può invece essere<br />

utilizzato come ricco banco <strong>di</strong> prova sia per consolidare le conoscenze <strong>di</strong> meccanica<br />

degli allievi sia per sottolineare il ruolo dei modelli nella costruzione <strong>di</strong> conoscenza in<br />

fisica.<br />

<strong>Il</strong> moto del <strong>pendolo</strong> infatti si presta ad una descrizione abbastanza semplice tanto in<br />

termini <strong>di</strong> momenti delle forze agenti quanto in termini <strong>di</strong> conservazione dell’energia.<br />

La capacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi modelli fisici <strong>di</strong> descrivere (o pre<strong>di</strong>re) il comportamento del<br />

sistema può essere controllata me<strong>di</strong>ante l’analisi dei dati sperimentali che si ottengono<br />

collegando il <strong>pendolo</strong> <strong>di</strong> <strong>Maxwell</strong> ad un PC tramite una interfaccia seriale e due sensori<br />

(<strong>di</strong> forza e <strong>di</strong> spostamento). Si può infatti partire da un modello semplice in grado <strong>di</strong><br />

spiegare qualitativamente il moto del <strong>pendolo</strong>, per poi arrivare ad una descrizione via<br />

via più raffinata ottenuta cercando <strong>di</strong> minimizzare, per le variabili caratteristiche del<br />

fenomeno, lo scarto tra i valori previsti dal modello teorico e i valori misurati<br />

sperimentalmente.<br />

L’alta frequenza <strong>di</strong> acquisizione caratteristica del sistema utilizzato e la versatilità del<br />

SW <strong>di</strong> elaborazione dei dati permettono poi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are non solo il moto <strong>di</strong> caduta e<br />

risalita del <strong>pendolo</strong> ma anche la fase <strong>di</strong> “urto” con la fine del filo, controllando<br />

sperimentalmente l’uguaglianza tra l’impulso della forza applicata dal filo al <strong>pendolo</strong> e<br />

la variazione della quantità <strong>di</strong> moto <strong>di</strong> quest’ultimo.<br />

1


1. Cos’è il <strong>pendolo</strong> <strong>di</strong> <strong>Maxwell</strong> ?<br />

<strong>Il</strong> “<strong>pendolo</strong>” <strong>di</strong> <strong>Maxwell</strong> ha poco a che fare con il tra<strong>di</strong>zionale <strong>pendolo</strong>: per definirlo<br />

con una parola sola potremmo <strong>di</strong>re che esso è uno yo-yo 1 .<br />

Una definizione più precisa può essere “un solido a simmetria cilindrica costituito da<br />

un <strong>di</strong>sco <strong>di</strong> raggio R e da un asse <strong>di</strong> raggio r


(se confrontato con il solido in caduta libera) è la rotazione necessariamente prodotta<br />

dalla presenza del filo: lo yo-yo , per scendere, deve ruotare, e quando è a “fine corsa”<br />

se continua a ruotare deve salire.<br />

Per stabilire una relazione quantitativa tra rotazione attorno all’asse e traslazione lungo<br />

la verticale definiamo innanzitutto un sistema <strong>di</strong> riferimento per in<strong>di</strong>viduare la<br />

posizione x del baricentro, ad esempio un asse verticale <strong>di</strong>retto verso l’alto con origine<br />

nella posizione <strong>di</strong> equilibrio stabile. In questo modo, se L è la lunghezza <strong>di</strong> ciascun filo,<br />

la coor<strong>di</strong>nata del punto <strong>di</strong> sospensione è xo=L. Se quin<strong>di</strong> facciamo ruotare il <strong>di</strong>sco, a<br />

partire dalla posizione <strong>di</strong> equilibrio, la <strong>di</strong>stanza dal punto <strong>di</strong> sospensione xo–x(t)<br />

<strong>di</strong>minuisce (dato che i due fili si avvolgono sull’asse) e possiamo <strong>di</strong>re che tra l’angolo<br />

<strong>di</strong> rotazione α(t) e lo spostamento verticale x(t) vale la relazione :<br />

x(t)=rα(t). [1]<br />

Un modo per spiegare perchè l’accelerazione a <strong>di</strong> questo sistema deve essere minore<br />

della accelerazione <strong>di</strong> gravità g, può essere derivato dal principio <strong>di</strong> conservazione della<br />

energia. Se il <strong>di</strong>sco viene lasciato libero, con i due fili ugualmente avvolti sull’asse, a<br />

partire da una altezza x1


<strong>Il</strong> coefficiente k =1+I/mr 2 è il fattore <strong>di</strong> riduzione della accelerazione a rispetto al caso<br />

<strong>di</strong> caduta libera, e il coefficiente I/mr 2 =(k–1) è pari al rapporto Er/Et tra energia<br />

cinetica rotazionale e traslazionale.<br />

All’ultima eguaglianza nella relazione [3] s può giungere o per similitu<strong>di</strong>ne con la<br />

trattazione del moto dei gravi, o tramite la definizione <strong>di</strong> accelerazione come derivata<br />

temporale della velocità:<br />

dvx<br />

( ) dvx<br />

( ) dx<br />

a = = =<br />

dt<br />

dx<br />

dt<br />

1<br />

2<br />

2g<br />

± 1/ 2<br />

( x) v( x)<br />

2<br />

1 I/ mr<br />

1<br />

+ ( )<br />

4. La variazione del momento della quantità <strong>di</strong> moto.<br />

g<br />

I/ mr<br />

= + ( ) =<br />

2<br />

g/ k<br />

Allo stesso risultato si arriva usando l’equazione che uguaglia il momento delle forze<br />

esterne T alla derivata del momento angolare L :<br />

L<br />

T =<br />

t<br />

d<br />

[5]<br />

d<br />

Se calcoliamo il momento angolare rispetto all’asse <strong>di</strong> simmetria, dobbiamo tener conto<br />

solo della tensione τ dei fili3 , dato che possiamo pensare la forza peso applicata al<br />

baricentro (Figura 2) e quin<strong>di</strong> con momento risultante nullo rispetto all’asse.<br />

In definitiva il momento totale delle forze agenti, che produce la rotazione è : T=τ r.<br />

τ<br />

mg<br />

Figura 2<br />

<strong>Il</strong> momento angolare è L=Iω,e la sua derivata vale dL/dt =Idω/dt=I(a/r). Quin<strong>di</strong> la<br />

relazione[5] può essere riscritta:<br />

τ r = (I/r) a [6]<br />

D’altra parte, applicando la seconda legge <strong>di</strong> Newton per la forza risultante mg–τ<br />

agente sul sistema, otteniamo una seconda relazione che lega tensione e accelerazione:<br />

mg–τ =ma [7]<br />

3 Ovviamente ciascuno dei due fili è soggetto a τ/2, ma come si è già notato tutto<br />

avviene come se avessimo un solo filo verticale teso lungo la verticale passante per il<br />

baricentro (cme nel caso dello Yo-Yo). I due momenti torcenti perpen<strong>di</strong>colari al piano<br />

verticale contenente l’asse <strong>di</strong> simmetria nel <strong>pendolo</strong> <strong>di</strong> <strong>Maxwell</strong> sono uguali ed opposti<br />

ed hanno quin<strong>di</strong> risultante nulla.<br />

ω<br />

[4]<br />

4


Eliminando dalle due relazioni [6] e [7] l’incognita τ otteniamo <strong>di</strong> nuovo il risultato<br />

fornito dalla relazione [4]<br />

a = g [m / (I/r2 +m)]=g/k [8]<br />

<strong>Il</strong> fattore k=1+ I/mr2 , <strong>di</strong> cui viene ridotta la accelerazione del <strong>pendolo</strong> <strong>di</strong> <strong>Maxwell</strong>,<br />

rispetto a quella <strong>di</strong> un corpo che cade soggetto solo alla forza peso, può essere molto<br />

maggiore dell’unità.<br />

Infatti, se in una prima approssimazione (che vedremo essere valida per r1) dobbiamo perciò<br />

scegliere un rapporto elevato tra <strong>di</strong>ametro del <strong>di</strong>sco e <strong>di</strong>ametro dell’asse.<br />

<strong>Il</strong> moto avviene ad accelerazione costante, come per i corpi in caduta libera, ma è come<br />

se il campo gravitazionale “efficace” fosse ridotto del fattore k.<br />

5. Apparato sperimentale. <strong>Il</strong> <strong>pendolo</strong> e il suo interfacciamento<br />

Se interfacciamo un <strong>pendolo</strong> <strong>di</strong> <strong>Maxwell</strong> ad un Personal Computer me<strong>di</strong>ante un<br />

sensore <strong>di</strong> posizione (sonar) ed un sensore <strong>di</strong> forza, possiamo stu<strong>di</strong>arne la cinematica e<br />

la <strong>di</strong>namica con accuratezza e verificare le previsioni del modello sopra delineato.<br />

Noi abbiamo usato due tipi <strong>di</strong> interfacce particolarmente adatte per l’impiego <strong>di</strong>dattico<br />

(ULI II e PASCO 500) 4 , dotate <strong>di</strong> un software, per la visualizzazione e la<br />

manipolazione dei dati acquisiti, facile da usare ed insieme potente, e che comunicano<br />

con il PC attraverso la porta seriale RS232 5<br />

4 Si tratta <strong>di</strong> interfacce “intelligenti”, dotate <strong>di</strong> microprocessore per la gestione<br />

ottimizzata dei dati raccolti, prodotte rispettivamente della Vernier Software<br />

(<strong>di</strong>stribuitore EDUSA,POBox 510224, USA, edusa01@aol.com) e della PASCO<br />

Scientific (<strong>di</strong>stribuitore ELItalia, Milano, fax:02-2362467)<br />

5 Nel Macintosh si possono usare le porte modem o stampante, nel PC-IBM le porte<br />

COM1 o COM2.<br />

5


sensore<br />

<strong>di</strong> forza<br />

sonar<br />

interfaccia<br />

Figura 3<br />

<strong>Il</strong> <strong>pendolo</strong> è costituito da un sottile <strong>di</strong>sco metallico con un foro al centro in cui passa<br />

un asse fissato al <strong>di</strong>sco me<strong>di</strong>ante una vite.<br />

L’asse è ricavato da una barretta metallica tornita e forata come illustrato in figura 4<br />

per realizzare un <strong>pendolo</strong> <strong>di</strong> <strong>Maxwell</strong> con <strong>di</strong>versi valori del rapporto R/r.<br />

Alle estremità <strong>di</strong> ciascuna sezione sono praticati due sottili fori trasversali (1 mm) nei<br />

quali possano passare i due fili che sostengono il <strong>pendolo</strong>.<br />

cappio<br />

asse<br />

s<br />

viti <strong>di</strong><br />

blocco<br />

r1<br />

r2<br />

r3<br />

l l l<br />

puleggia<br />

fori per<br />

filo<br />

Figura 4 (sistemare)<br />

Abbiamo agganciato il <strong>pendolo</strong> ad un sensore <strong>di</strong> forza me<strong>di</strong>ante un filo sottile e<br />

robusto (lenza in dacron) lungo circa 1 metro, alle cui estremità sono stati ricavati due<br />

cappi abbastanza lunghi da permetterne l’allacciamento all’asse come in figura 4 (si<br />

6


infila nel foro ciascun cappio e si fa passare l’anello <strong>di</strong> filo uscente dal foro attorno<br />

all’asse).<br />

A seconda della coppia <strong>di</strong> fori usati si ottengono <strong>di</strong>versi valori <strong>di</strong> R/r .<br />

6. Una analisi sperimentale del moto.<br />

In figura 5 è mostrata una registrazione della posizione, della velocità e della<br />

accelerazione del <strong>pendolo</strong> 6 , e della tensione del filo verso il tempo durante il moto.<br />

Figura 5 (sistemare)<br />

I dati si riferiscono ad un <strong>pendolo</strong> <strong>di</strong> ottone <strong>di</strong> raggio R=47.5 mm, spessore 3 mm e<br />

massa totale m=227 g. Le lunghezze dei tre tratti <strong>di</strong> asse con <strong>di</strong>versi <strong>di</strong>ametri è l=20<br />

mm, ed i tre raggi sono r1=5 mm, r2=3.17 mm e r3=2 mm, rispettivamente. I dati<br />

sono stati registrati con il filo avvolto sulle sezioni dell’asse con raggio r3. Si vede<br />

subito che la funzione x(t) è una successione <strong>di</strong> parabole, come quella che si otterrebbe<br />

registrando il moto <strong>di</strong> una pallina che rimbalzi sul pavimento.<br />

L’andamento della velocità nel tempo è infatti una successione tratti <strong>di</strong> rette con<br />

pendenza negativa costante (pari al valore della accelerazione) separati da brevissimi<br />

tratti in cui la accelerazione assume un valore positivo molto grande.<br />

A prima vista sembra che la velocità cambi segno istantaneamente in corrispondenza<br />

dei valori minimi della altezza (cioè negli istanti in cui il filo è tutto svolto). Ciò non è<br />

esatto, come vedremo più in dettaglio in seguito.<br />

Ve<strong>di</strong>amo ora quanto dovrebbe valere la accelerazione in base al nostro modello: la<br />

relazione [8] esprime la accelerazione in funzione <strong>di</strong> I, r, e g, ci basta quin<strong>di</strong> solo<br />

calcolare il momento <strong>di</strong> inerzia per stimare a.<br />

6 Velocità e accelerazione sono automaticamente calcolate con i dati <strong>di</strong> x(t) dal<br />

pacchetto software.<br />

7


<strong>Il</strong> momento <strong>di</strong> inerzia rispetto all’asse per un cilindro omogeneo <strong>di</strong> densità ρ, raggio R<br />

e spessore s vale I=πR 4 sρ /2. Per il nostro <strong>pendolo</strong>, che è composto <strong>di</strong> quattro cilindri<br />

coassiali, si ha :<br />

4 4 4<br />

4 4 4 4 4 ⎡ ⎧r<br />

+ r + r ⎫⎤<br />

1 2 3 2l<br />

I = ( πρ/ 2)[ R s+ ( r1+ r2+ r3) 2l] = ( πρR<br />

s/<br />

2) ⎢1+<br />

⎨<br />

⎬⎥<br />

[10]<br />

4<br />

⎣ ⎩ R s ⎭⎦<br />

<strong>Il</strong> termine in parentesi grafa vale nel nostro caso circa 1.9×10-3 , che possiamo<br />

trascurare rispetto all’unità. E’quin<strong>di</strong> giustificato approssimare I con il momento <strong>di</strong><br />

inerzia del solo <strong>di</strong>sco: I≈mR2 /2,e porre k≈1+(R/r) 2 /2. Con i valori da noi usati<br />

(R=47.5 mm, r=2 mm) otteniamo k≈283 e a= 0.035 m/s2 ,<br />

Figura 6<br />

<strong>Il</strong> valore misurato (a =0.044m/s 2 in figura 6) conferma l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> grandezza della<br />

nostra previsione, ma il valore sperimentale risulta in eccesso <strong>di</strong> oltre il 20% .<br />

L’approssimazione fatta per il calcolo <strong>di</strong> I è dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 0.2% e una correzione che<br />

tenga conto del momento <strong>di</strong> inerzia dell’asse andrebbe a ridurre ancora <strong>di</strong> più il valore<br />

teorico <strong>di</strong> a. Per “far tornare i conti” dobbiamo allora ipotizzare che nella costruzione<br />

del nostro modello sia stato trascurato qualche aspetto del fenomeno stu<strong>di</strong>ato.<br />

Osserviamo allora che nella relazione [1] abbiamo assunto nullo lo spessore del filo,<br />

che nel nostro caso ha invece uno spessore <strong>di</strong> circa 0.4 mm.<br />

Se supponiamo che la lunghezza del filo che si avvolge sull’asse resti costante al centro<br />

della sezione del filo stesso 7 , allora il valore efficace del raggio dell’asse che abbiamo<br />

usato va aumentato <strong>di</strong> metà del <strong>di</strong>ametro del filo 8 , cioè 0.2 mm, e questo porta il valore<br />

<strong>di</strong> k a 232, e il valore previsto dell’accelerazione <strong>di</strong>venta a =0.042 m/s 2 .<br />

7 Facciamo cioè l’ipotesi che il filo sia un cilindro solido perfettamente elastico,<br />

sottoposto ad una tensione costante, e ad una flessione con raggio <strong>di</strong> curvatura r..<br />

8 Questa ipotesi può essere verificata qualitativamente ripetendo la misura con un filo<br />

più sottile e con uno più spesso.<br />

8


Se alternativamente usiamo il valore sperimentale <strong>di</strong> k=g/a=223 per calcolare<br />

il valore efficace del raggio r troveremmo r =2.26 mm, corrispondente ad un filo<br />

<strong>di</strong> spessore 0.5 mm.<br />

Questo può insegnarci che i dettagli che a prima vista sembrano trascurabili si rivelano<br />

a volte più importanti del previsto. In questo caso infatti la correzione dovuta allo<br />

spessore finito del filo introduce una correzione del 27%, molto maggiore <strong>di</strong> quella<br />

relativa al momento <strong>di</strong> inerzia dell’asse ( 0.2%, che possiamo continuare a trascurare) .<br />

BISOGNA USARE UN DISCO OMOGENEO<br />

9


7. <strong>Il</strong> “peso” del <strong>pendolo</strong> in con<strong>di</strong>zioni statiche e <strong>di</strong>namiche<br />

Chiunque si sia cimentato in un tuffo nell’acqua da una certa altezza ha provato il<br />

senso <strong>di</strong> vuoto dovuto alla improvvisa “assenza <strong>di</strong> peso” nella caduta libera.<br />

Nel caso della “caduta frenata” del <strong>pendolo</strong> <strong>di</strong> <strong>Maxwell</strong> è possibile mettere in evidenza<br />

questa “variazione <strong>di</strong> peso” ?<br />

<strong>Il</strong> sensore <strong>di</strong> forza cui il <strong>pendolo</strong> è attaccato misura continuamente la tensione del filo<br />

in funzione del tempo, e quin<strong>di</strong> è possibile registrare l’evoluzione τ(t), ad esempio se<br />

teniamo il <strong>pendolo</strong> bloccato con un altro filo, che ad in certo istante tagliamo per dare<br />

inizio alla caduta.<br />

Cerchiamo <strong>di</strong> valutare l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> grandezza <strong>di</strong> tale variazione, per capire se ha senso<br />

tentare <strong>di</strong> misurarla con l’apparato che abbiamo a <strong>di</strong>sposizione. La forza misurata con<br />

il <strong>pendolo</strong> fermo dev’essere uguale alla forza peso τo=mg, mentre quando il <strong>pendolo</strong><br />

cade essa vale τ1=mg–ma=m(g–g/k)=mg(1–1/k). La variazione relativa che vogliamo<br />

apprezzare è quin<strong>di</strong> ∆τ/τ=(τo–τ1)/τ=k –1 .<br />

Con un limite <strong>di</strong> sensibilità del sensore <strong>di</strong> forza 9 ∆F/F≈ 0.5%, possiamo apprezzare<br />

l’effetto cercato solo se k


In figura 7 è mostrata la registrazione della posizione e della forza prima e dopo<br />

l’inizio della caduta: il valore me<strong>di</strong>o della tensione è rispettivamente τo=0.786 N e<br />

τ1=0.778 N . La <strong>di</strong>fferenza è proprio il valore aspettato.<br />

La perturbazione nel grafico τ(t) all’inizio della caduta è dovuta all’azione della forbice<br />

che taglia il filo che blocca il <strong>pendolo</strong>.<br />

7. <strong>Il</strong> teorema dell’impulso<br />

Nel paragrafo 6 avevamo osservato che quando il <strong>pendolo</strong> arriva a “fine corsa” la sua<br />

velocità lineare sembra cambiare verso istantaneamente, quando “collide con la fine del<br />

filo” . In coincidenza con questo urto con l’invisibile parete posta al livello x=0, si può<br />

osservare che il sensore <strong>di</strong> forza registra un picco. Cosa accade più esattamente?<br />

<strong>Il</strong> <strong>pendolo</strong> scendendo ha acquistato una quantità <strong>di</strong> moto mv lungo la verticale e <strong>di</strong>retta<br />

verso il basso, e quando il filo è tutto svolto esso tende ad allungarsi per consentire al<br />

<strong>pendolo</strong> <strong>di</strong> proseguire il suo moto. Questo allungamento, per effetto della legge <strong>di</strong><br />

Hooke, sviluppa una forza contraria alla <strong>di</strong>rezione del moto che accelera (verso l’alto)<br />

il <strong>pendolo</strong>. Con l’aumentare della tensione del filo cresce anche l’accelerazione, ed<br />

entrambe raggiungono un massimo in corrispondenza del valore x=0.<br />

A questo punto la velocità è nulla e il baricentro del sistema comincia a salire. La<br />

tensione comincia a <strong>di</strong>minuire, ma l’accelerazione è ancora <strong>di</strong>retta verso l’alto e la<br />

velocità (positiva) cresce fino a che la tensione del filo torna ad essereτ1 (cioè quella<br />

che esso aveva durante la <strong>di</strong>scesa con il filo arrotolato sull’asse). A questo punto la<br />

velocità del corpo ha cambiato <strong>di</strong> segno. Questo “urto con la fine del filo” avviene in<br />

un tempo relativamente breve (∆t≈ 0.16 secon<strong>di</strong>, cfr. figura 8) cosicchè ad occhio<br />

appare come istantaneo.<br />

Figura 8 (dati delle figure 5 e 6 ottone)<br />

La seconda legge <strong>di</strong> Newton può fornire una previsione quantitativa della velocità<br />

dopo l’urto in funzione della velocità prima dell’urto e della forza <strong>di</strong> interazione fi(t)<br />

sviluppata nella collisione. La relazione fi=ma=m(dv/dt) si può anche scrivere in forma<br />

v 2<br />

v 1<br />

11


integrale: m∆ v =∫ fi() t dt che ci assicura che la variazione della quantità <strong>di</strong> moto<br />

nell’urto uguaglia l’integrale dell’impulso fidt.<br />

La forza <strong>di</strong> interazione nel nostro caso è pari alla variazione ∆τ della tensione del filo<br />

prodotta dalla “collisione” .<br />

=================<br />

Abbiamo visto già che prima della collisione la tensione vale τ1=mg(1–1/k) e quin<strong>di</strong>,<br />

dato che il sensore misura sempre la tensione τ(t), la variazione della forza elastica che<br />

si sviluppa nell’urto può essere scritta fi(t)=τ(t)–τ1 ≈F(t)–mg, ove F(t) è la forza<br />

misurata dal sensore.<br />

La legge <strong>di</strong> Hooke ci consente <strong>di</strong> scrivere τ=K ∆x, ove K è la costante elastica del<br />

doppio-filo e ∆x l’allungamento. Poichè mg=K∆x1, ove x1 è l’allungamento in<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> equilibrio stabile, possiamo scrivere fi=K∆X, con ∆X=∆x–∆x1.<br />

Se per il momento trascuriamo la rotazione durante l’impulso possiamo considerare il<br />

<strong>pendolo</strong> come un sistema massa-molla, ed aspettarci che il moto sia una oscillazione<br />

armonica la cui pulsazione ω è determinata esclusivamente dalla costante elastica e<br />

dalla massa: ω=√K/m.<br />

In questa approssimazione, ci aspettiamo che la forza <strong>di</strong> interazione (tensione del filo)<br />

abbia anch’essa un andamento all’incirca armonico, e questo ci permette <strong>di</strong> ricavare una<br />

stima <strong>di</strong> K dalla misura della durata dell’impulso ∆t.<br />

Dal grafico <strong>di</strong> figura 8 possiamo stimare ∆t≈0.16 s, e nell’ipotesi fatta poniamo<br />

∆t≈T/2, ove T è il periodo <strong>di</strong> questo moto armonico, ed ω=2π/T =la sua pulsazione.<br />

Questa stima del periodo T≈0.32 s fornisce il valore ω2 =K/m≈400 s –1 , e , nota la<br />

massa m≈0.23 kg, otteniamo la stima <strong>di</strong> K≈90 N/m<br />

Se ora scriviamo per lo spostamento ∆X(t) della massa m dalla posizione x=0 (pari<br />

all’allungamento per effetto della “collisione”) la relazione<br />

∆X(t) = A sinωt = ∆Xmax sinωt, [11]<br />

ove A è l’allungamento massimo del filo, per ricavare la velocità deriviamo rispetto al<br />

tempo ottenendo la relazione<br />

v(t) = Aω cosωt = vmax cosωt [12]<br />

ove Aω è il valor massimo della velocità, che possiamo stimare ancora usando il grafico<br />

<strong>di</strong> figura 8: Aω ≈ 0.1 m/s.<br />

Questo ultimo risultato ci consente <strong>di</strong> stimare il valor massimo dell’allungamento:<br />

A= Aω /ω ≈ 0.1 / 20 =5 mm, valore ragionevole.<br />

Per verificare la atten<strong>di</strong>bilità delle stime fatte sin qui, vale la pena <strong>di</strong> vedere se le misure<br />

<strong>di</strong> accelerazione durante la collisione forniscono risultati compatibili. Deriviamo<br />

rispetto altemo anche la relazione [12], ottenendo:<br />

a(t) = A ω2 sinωt = amax sinωt, [13]<br />

Le nostre stime ci fanno prevedere che il valor massimo della accelerazione dovrebbe<br />

essere amax = A ω2 ≈ 0.005×400 =2 m/s2 . Ebbene dal grafico <strong>di</strong> figura 6 ve<strong>di</strong>amo che<br />

questo è proprio il valore misurato.<br />

La stima che abbiamo fatto per la costante elastica del filo K≈90 N/m può essere ora<br />

confrontata con quella fornita dal valore della forza massima registrato durante la<br />

collisione (τmax≈0.45 N in figura 8) <strong>di</strong>viso per il massimo allungamento stimato<br />

K= τmax/ ∆Xmax ≈ 90 N/m.<br />

12


Anche questo confronto risulta sod<strong>di</strong>sfacente, e ciò conferma che il modello proposto<br />

per la descrizione della collisione è abbastanza realistico.<br />

9. Calcolo del periodo<br />

Abbiamo visto nel paragrafo 2 che il moto del nostro sistema è come quello <strong>di</strong> un grave<br />

in caduta libera in un campo gravitazionale ridotto <strong>di</strong> un fattore k rispetto a quello<br />

normale. <strong>Il</strong> tempo <strong>di</strong> caduta <strong>di</strong> un grave da una altezza h è t=√(2h/a). Quin<strong>di</strong> nel nostro<br />

caso avremo t=√(2kh/g), e se trascuriamo la <strong>di</strong>ssipazione (approssimando ad h la<br />

altezza h’ a cui il corpo risale dopo un ciclo) il periodo del moto <strong>di</strong>venta :<br />

h<br />

T=2t=√(8k/g)√h= 2 2 . [14]<br />

g/ k<br />

<strong>Il</strong> periodo quin<strong>di</strong> è proporzionale alla ra<strong>di</strong>ce quadrata dell’ampiezza.<br />

La relazione [14] ci suggerisce l’unica analogia con il <strong>pendolo</strong> classico, in cui il periodo<br />

<strong>di</strong> oscillazione è 2π l<br />

, ove l è la lunghezza del <strong>pendolo</strong>. Nel <strong>pendolo</strong> <strong>di</strong> <strong>Maxwell</strong>, il<br />

g<br />

rapporto tra lunghezza e accelerazione <strong>di</strong> gravità è sostituito dal rapporto tra la<br />

lunghezza del filo e la “accelerazione <strong>di</strong> gravità ridotta” g/k, e il fattore 2π è sostituito<br />

dal fattore 2√2.<br />

9. Conservazione e <strong>di</strong>ssipazione dell’energia<br />

La relazione [2] esprime la conservazione dell’energia totale durante la <strong>di</strong>scesa e la<br />

risalita del <strong>pendolo</strong>: possiamo provare a vedere come evolve nel tempo l’energia totale<br />

calcolata secondo tale relazione con i valori <strong>di</strong> velocità registrati in figura 6, e usando il<br />

valore sperimentale k=223.<br />

Figura 9<br />

E’ subito evidente che la relazione [2] non è in grado <strong>di</strong> descrivere correttamente la<br />

conservazione dell’energia durante tutto il moto. E non solo perché si vede un graduale<br />

13


allentamento del moto ed una <strong>di</strong>minuzione progressiva dell’energia totale E (come già<br />

sappiamo la <strong>di</strong>namica del sistema reale contiene termini <strong>di</strong>ssipativi) ma anche perchè,<br />

in corrispondenza delle collisioni con la fine del filo, il valore calcolato <strong>di</strong> E<br />

(grossolanamente costante durante la <strong>di</strong>scesa) si azzera momentaneamente per poi<br />

tornare al valore precedente all’urto.<br />

Potremmo osservare che ciò che manca nella relazione [2] è il termine dovuto alla<br />

energia elastica che viene immagazzinata nella variazione <strong>di</strong> tensione del filo (messa in<br />

evidenza dal sensore <strong>di</strong> forza).<br />

<strong>Il</strong> contributo dell’energia elastica durante la collisione potrebbe essere scritto<br />

Ee=∆τ(x)∆X, ma questo non basterebbe a rimuovere i “buchi” <strong>di</strong> energia nel nostro<br />

grafico.<br />

Infatti il valor massimo dell’energia elastica è pari al valor massimo <strong>di</strong> Et≈Er/k

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