31.05.2013 Views

n° 1 giugno 2012 - Ifuw Italia – Fildis sez. di Pavia

n° 1 giugno 2012 - Ifuw Italia – Fildis sez. di Pavia

n° 1 giugno 2012 - Ifuw Italia – Fildis sez. di Pavia

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

do locale.<br />

I danni dell’assistenzialismo: essere considerati<br />

un bancomat e generare aspettative<br />

Un’altra percezione avuta durante la nostra<br />

esperienza, purtroppo, è stata notare l’evidenza<br />

<strong>di</strong> come, in molti casi, le azioni della cooperazione<br />

internazionale abbiano generato in realtà<br />

più danni che benefici, sia in senso materiale ed<br />

economico sia in senso sociale.<br />

La cospicua casistica <strong>di</strong> opere completamente<br />

avulse o inutilizzate dalle comunità è il risultato<br />

della mancanza <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento o della<br />

impreparazione. Senza voler entrare nel merito<br />

delle problematiche legate alla cooperazione internazionale,<br />

si possono in<strong>di</strong>viduare due tipi <strong>di</strong><br />

problemi: la grande cooperazione (gran<strong>di</strong> organizzazioni<br />

e governi), a causa delle rigide procedure<br />

burocratiche, genera un macchinoso e <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>oso<br />

processo che causa gravi sprechi economici.<br />

La piccola cooperazione (organizzazioni conosciute<br />

principalmente sul proprio territorio, gestite da<br />

volontari e offerte), seppur animata da nobilissimi<br />

e con<strong>di</strong>visibili scopi, non sempre riesce a gestire la<br />

complessità del processo <strong>di</strong> cooperazione. Manca<br />

una rete <strong>di</strong> contatti con le altre organizzazioni, il<br />

che comporta il venir meno dei principi della cooperazione<br />

decentrata. Conseguenza dello spirito<br />

volontaristico è che questo tipo <strong>di</strong> associazioni<br />

non riesce spesso a garantire né un adeguato supporto<br />

finanziario continuo, né un certo grado <strong>di</strong><br />

professionalità; spesso tende a improvvisare processi<br />

privi <strong>di</strong> una chiara visione dell’obiettivo generale<br />

da perseguire.<br />

Il risultato l’abbiamo potuto riscontrare in<br />

questa parte dell’ Africa: lungo i circa 600 km che<br />

separano Nairobi da Loiyanagalani, abbiamo osservato<br />

un numero imprecisato <strong>di</strong> costruzioni<br />

“occidentali”, mezze <strong>di</strong>roccate o abbandonate,<br />

tutte con la targa dell'associazione <strong>di</strong> turno; scuole<br />

in mezzo alla savana, lontane km dal primo villaggio;<br />

chiese, magazzini, <strong>di</strong>spensari senza personale<br />

me<strong>di</strong>co...esito probabilmente <strong>di</strong> un progetto votato<br />

non a uno scopo preciso, ma a quel tipo <strong>di</strong> aiuti<br />

che mettono la coscienza a posto.<br />

Oltre alle conseguenze <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> processo<br />

più imme<strong>di</strong>ate, ve ne sono anche altre <strong>di</strong> tipo sociale:<br />

molte comunità si sono abituate a percepire<br />

la nostra presenza <strong>di</strong> occidentali come fossimo dei<br />

Bancomat: il nostro compito è quello <strong>di</strong> elargire<br />

beni materiali ed economici a tutti e senza alcun<br />

coor<strong>di</strong>namento. Che cosa genera questo tipo <strong>di</strong><br />

comportamento? Un sistema in cui i volontari arri-<br />

13<br />

vano, donano denaro o una costruzione poi ripartono,<br />

lasciando la comunità, molto spesso, senza<br />

la possibilità <strong>di</strong> svilupparsi perché non si è portato<br />

loro né conoscenze né lavoro, ma rendendoli, in<br />

un certo senso, <strong>di</strong>pendenti da aiuti esterni.<br />

Sarebbe questo il senso della cooperazione?<br />

Generare aspettative che non si possono sod<strong>di</strong>sfare,<br />

aiuta a migliorare la con<strong>di</strong>zione delle comunità?<br />

Elargire donazioni senza creare processi<br />

virtuosi, non genera una nuova forma <strong>di</strong> colonialismo?<br />

Queste sono alcune delle domande che hanno<br />

continuato a formarsi nella nostra mente nei<br />

giorni <strong>di</strong> permanenza a Loiyangalani: vedevamo<br />

l’estrema povertà e la sofferenza <strong>di</strong> una popolazione<br />

afflitta da malaria, siccità, carestie, che, paradossalmente,<br />

è oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse azioni umanitarie:<br />

si sta costruendo un grande orfanotrofio, ma<br />

non vi è un <strong>di</strong>spensario che funzioni e che permetta<br />

parti <strong>di</strong> emergenza o <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> malaria; è<br />

stato costruito il Museo del Turkana, ma non ci<br />

sono sol<strong>di</strong> per il suo funzionamento e per permettere<br />

a giovani della comunità <strong>di</strong> svolgere un<br />

lavoro all’interno del settore naturalistico, nella<br />

cosiddetta “Culla dell’Umanità”. Ci sono continui<br />

arrivi <strong>di</strong> aiuti alimentari, ma non c’è attualmente<br />

un programma che insegni tecniche agricole sperimentali<br />

adatte a climi ari<strong>di</strong> desertici. La sensazione<br />

scoraggiante è che questo sia, ormai, un sistema<br />

accettato e consolidato d’interventi <strong>di</strong> cooperazione.<br />

“Di buone intenzioni è lastricata la via per l’Inferno”.<br />

Queste sono state le riflessioni, le emozioni<br />

e i dubbi che ci ha suscitato il viaggio in Kenya.<br />

Chi ha avuto esperienze <strong>di</strong> cooperazione in Africa<br />

spesso al ritorno racconta del leggendario Mal<br />

d’Africa, tanto questo continente è affascinante e<br />

magnetico; noi lo abbiamo “sentito” in due sensi:<br />

il primo dettato dalla meraviglia <strong>di</strong> una realtà immensa<br />

in tutti gli aspetti, capace <strong>di</strong> provocare una<br />

sensazione <strong>di</strong> estasi, in cui la nostra presenza umana<br />

sembra non avere significato. Il secondo scuote<br />

la parte etica morale della coscienza in quanto si è<br />

messi a contatto con la sofferenza vera e incon<strong>di</strong>zionata,<br />

<strong>di</strong>fficile da alleviare; uno stato che genera<br />

dapprima incredulità, per poi lasciar spazio alla<br />

precisa e lucida sensazione che i meccanismi del<br />

nostro tempo si siano inceppati generando un<br />

continuo nonsenso. Al ritorno, la <strong>di</strong>fficoltà è quella<br />

<strong>di</strong> cercare <strong>di</strong> ridare un senso alla propria esistenza<br />

(per sè stessi) e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> agire per intervenire, con<br />

le proprie capacità, in questa situazione. Per questo<br />

il processo che speriamo sia portato avanti per

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!