NATURA GIURIDICA DEL CONTRATTO DI FIDA E PROBLEMI DI ...
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<strong>NATURA</strong> <strong>GIURI<strong>DI</strong>CA</strong> <strong>DEL</strong> <strong>CONTRATTO</strong> <strong>DI</strong> <strong>FIDA</strong><br />
E <strong>PROBLEMI</strong> <strong>DI</strong> VIABILITÀ TRATTURALE<br />
Sarebbe certamente superfluo, alla luce della bibliografia esistente sull’antico<br />
fenomeno della transumanza, dilungarsi in questa sede sui caratteri distintivi del sistema<br />
e della istituzione doganale pugliese 1, attraverso i quali le autorità gestirono<br />
l’uso dei pascoli fiscali del Tavoliere nel corso dei secoli che vanno dalla nomina del<br />
primo Doganiere alla scomparsa della pastorizia transumante 2.<br />
Si ritiene più opportuno invece proporre direttamente un esame della problematica<br />
di carattere giuridico che quel fenomeno particolare della migrazione<br />
armentizia aveva determinato, e che traeva origine in ultima analisi dalla natura giuridica<br />
del contratto di affidatura e delle sue conseguenze, nonché dalla natura giuridica<br />
del tratturo, inteso come necessaria via di penetrazione delle greggi e presupposto<br />
indispensabile della transumanza.<br />
Infatti l’esercizio plurisecolare e quasi ininterrotto della pastorizia in Abruzzo,<br />
Puglia e Basilicata, ed il fenomeno di migrazione stagionale degli armenti, non potevano<br />
non creare speciali diritti ed interessi, ed istituire rapporti giuridici particolari.<br />
Con questa analisi si cercherà di individuarne i più macroscopici, nell’intento di definirne<br />
le caratteristiche di base e di segnalare al lettore ulteriori percorsi di indagine.<br />
1 - Si rimanda per questo ai seguenti fondamentali testi: S. GRANA, Istituzioni delle leggi<br />
della regia doana di Foggia..., Napoli 1757; S. <strong>DI</strong> STEFANO, La ragion pastorale..., Napoli, 1781;<br />
N. DE DOMINICIS, Lo stato politico ed economico della Dogana..., Napoli, 1781; nonché ad i più<br />
recenti: D. MUSTO, La regia Dogana della Mena delle pecore di Puglia, Roma, 1964; P. <strong>DI</strong> CICCO,<br />
Censuazione ed affrancazione del Tavoliere di Puglia (1789-1865), Roma, 1964.<br />
2 - La discesa periodica delle greggi dall’Abruzzo al Tavoliere era stata una realtà fin dai<br />
tempi della Roma repubblicana. Il fenomeno, dopo aver subito una battuta d’arresto nel periodo<br />
delle invasioni barbariche per ovvi motivi di sicurezza, riprese intorno al 1000, ma non<br />
ebbe mai una regolamentazione articolata se non nell’età aragonese: infatti soltanto isolati rescritti,<br />
privilegi e costituzioni dettarono per lungo tempo le norme fondamentali cui dovevano<br />
attenersi i pastori. Nel 1443 Alfonso d’Aragona affida ufficialmente a Francisco Montluber il<br />
compito di organizzare la Dogana delle pecore, e nel 1447 lo nomina doganiere a vita. E<br />
dall’attività del Montluber, e sulla base del privilegio a lui indirizzato, che vengono a determinarsi<br />
la complessa articolazione delle terre salde e di portata, il raggruppamento di esse in locazioni<br />
e la procedura della loro assegnazione ai locati.<br />
Il fenomeno sopravvive, in termini giuridici, oltre l’Unità d’Italia: solo nel 1865<br />
l’abolizione dell’Amministrazione del Tavoliere, che fin dal periodo francese aveva sostituito<br />
l’arcaico sistema doganale nella gestione dei pascoli fiscali, determina la scomparsa progressiva<br />
della migrazione armentizia.<br />
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I. Il contratto di fida e le sue obbligazioni<br />
L’ampiezza del fenomeno della transumanza tra Abruzzo e Puglia, regioni<br />
seconde solo alta Spagna nell’intensità della migrazione armentizia, aveva determinato<br />
in età aragonese la organica sistemazione del vasto movimento di interessi fiscali<br />
e privati ad esso connessi.<br />
Il contratto di affidatura, concluso tra il procuratore di Alfonso di Aragona<br />
e primo Doganiere, Francisco Montluber ed i padroni delle masserie di pecore<br />
abruzzesi, obbligava questi ultimi al “calo” e riservava esclusivamente al sovrano il<br />
diritto di vendere gli erbaggi necessari al sostentamento degli armenti nei lunghi<br />
mesi della loro permanenza nel Tavoliere: si configurava in tal modo una sorta di<br />
“regalìa”, nonché di demanialità reale dei pascoli, acquistati dal sovrano da Università<br />
e Baroni, e riservati al regio Fisco.<br />
Nato come “regalìa”, che traeva le sue origini da una forma di jus prohibendi,<br />
il contratto doganale si trasforma però progressivamente in una sorta di negoziazione;<br />
infatti viene a crearsi subito non solo l’aumento della fida, ossia del prezzo<br />
dovuto dai locati per l’erbaggio, il cui valore non risulta più determinato dallo ius<br />
prohibendi, ma da circostanze diverse (valore intrinseco, custodia più cara, esigenze di<br />
mercato) che la sganciano così dal concetto rigido di “regalìa”; ma viene nel contempo<br />
a determinarsi una serie di vantaggi per i locati (quali ad esempio l’uso dei<br />
tratturi, il foro privilegiato, l’esenzione dai dazi e dalle gabelle) che concorrono a<br />
configurare il concetto di affidatura come una negoziazione, benché impura, visto<br />
che l’oggetto della vendita non è trasmesso così come il sovrano lo riceve, ma è in<br />
un certo senso mutato da quei vantaggi, che vengono ad essere compresi nel costo<br />
della fida. In realtà il complesso sistema della Dogana, così come si configura<br />
nell’assetto impostogli dagli aragonesi, non deve aver mai perso, probabilmente,<br />
l’originario carattere di “obbligo” per assumere quello di “libero contratto”, essendo<br />
inconcepibile che un asse portante del Fisco regio potesse venir rimesso alla<br />
volontà dei privati, che sarebbe stata pertanto libera di autodeterminarsi in maniera<br />
difforme dalle statuizioni sovrane. Con ogni probabilità, quindi, la ricostruzione in<br />
termini “volontaristici”, e comunque tendente a porre l’accento sul concetto del<br />
“negozio”, è ascrivibile a quelle correnti di pensiero tipiche del secolo scorso, tutte<br />
protese ad evidenziare i concetti di “volontà”, di “contratto” e di “negozio”.<br />
I termini del contratto di affidatura vennero periodicamente regolamentati<br />
dalle istruzioni doganali e dai bandi emanati dai governatori della Dogana 3. Essi<br />
differiscono marginalmente l’uno<br />
3 - Cfr. ARCHIVIO <strong>DI</strong> STATO <strong>DI</strong> FOGGIA (d’ora in avanti ASF.), Dogana delle pecore<br />
di Foggia, serie I, volumi 1- 13.<br />
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dall’altro, definendo in modo più o meno omogeneo e regolare, nel corso di<br />
quasi quattro secoli, le garanzie offerte ai locati, le sanzioni imponibili ai contravventori,<br />
le franchigie, le modalità di risarcimento dei danni, il privilegio del<br />
foro, i diversi iura, nonché le operazioni di reintegra sia delle locazioni che dei<br />
tratturi. L’esame attento dei bandi emanati dalle autorità doganali costituisce<br />
perciò un momento-chiave nell’ambito di una indagine volta ad individuare la<br />
problematica di natura giuridica complementare al fenomeno della transumanza.<br />
In primo luogo i bandi doganali ribadiscono sempre l’obbligatorietà del<br />
"calo". Questo aspetto conferma il precipuo carattere di “regalìa” già individuato<br />
nel contratto di affidatura: infatti dal punto di vista giuridico l’obbligo<br />
fatto ai locati di servirsi dei pascoli fiscali del Tavoliere, nonché l’imposizione<br />
del pagamento, hanno entrambi carattere forzoso. È vero che questi obblighi<br />
scaturiscono da un atto volontario, espresso appunto nella negoziazione, ma è<br />
da ritenere che l’unica libertà ascrivibile ai singoli fosse di addivenire o meno,<br />
qualora si trovassero nella situazione soggettiva richiesta, alla stipula di questo<br />
"contratto", ma non certamente quella di atteggiarlo nel suo contenuto concreto<br />
secondo le effettive necessità. È noto infatti come tutti i diritti e le facoltà concesse<br />
ai locati nei territori di altrui pertinenza fossero disciplinati minutamente<br />
nelle istruzioni doganali con i conseguenti doveri di sopportazione (pati).<br />
Da questa iniziale obbligazione, nelle forme e nei termini sopra indicati, si<br />
determina una serie di diritti e di doveri ascrivibili ad entrambe le parti contraenti,<br />
delle quali l’una, cioè l’autorità doganale, era maggioramente interessata<br />
all’osservanza di certi obblighi, al fine di creare una situazione ottimale in grado<br />
di favorire la regolare discesa delle greggi e garantire così il notevole gettito<br />
fiscale che ne derivava.<br />
Il primo obbligo della Dogana è senza dubbio quello di fornire agli armenti<br />
il pascolo necessario; in tal senso si può affermare che al contratto di fida<br />
è antecedente un contratto di acquisto, cioè una emptio herbagiorum et pascuum stipulata<br />
dalla regia Corte con Baroni, Università e Luoghi pii per acquisire i territori<br />
occorrenti allo scopo. Il prezzo convenuto per l’acquisto ascendeva al tempo<br />
del Montluber a circa 9.800 ducati annui, al cui pagamento la Dogana si<br />
obbligò in perpetuum.<br />
Con ogni probabilità la emptio herbagiorum nasceva da un contratto di locazione<br />
e conduzione, la cui durata perpetua trasferiva necessariamente il dominio<br />
utile di quei territori nella persona del sovrano, così come trasferiva oneri e<br />
servitù diverse quali la titolazione e la reintegra, e diritti come la giurisdizione ed<br />
ogni altra azione reale. Agli antichi proprietari rimase l’esercizio del dominio<br />
diretto nella stagione invernale, con il diritto di ghiandare, spigare e far pascolare<br />
i maiali nelle zone boscose ove non pascolassero peco-<br />
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e, mentre nella stagione estiva, ossia dalla fine di un anno doganale all’inizio del<br />
successivo, essi riprendevano il diritto di fidare animali altrui, coltivare i territori<br />
stessi e costruirvi edifici fissi. Il concreto esercizio di tali atti dominicali sottolinea in<br />
modo evidente il periodico (e stagionale) dilatarsi dei diritti padronali in beneficio<br />
degli antichi proprietari.<br />
La necessità di facilitare i pastori durante il "calo" determina anche<br />
l’opportunità di offrire ai locati una serie di franchigie. La esenzione dal pagamento<br />
dei diritti di passo, ponti e "scafe" e di ogni dazio o gabella viene concessa ai locati<br />
per causa onerosa e non già gratuita, ed investe non solo il passaggio materiale, ma<br />
anche le merci eventualmente trasportate dai locati. Ne consegue che la origine giuridica<br />
delle franchigie è individuabile nel riscatto di esse operato dal Montluber, che<br />
con una sorta di operazione di affranco rilevò questi diritti, includendone poi il<br />
prezzo nel costo complessivo della fida imposta alle greggi transumanti 4.<br />
È quindi in virtù dello stesso contratto di affidatura che il locato assume il<br />
diritto ad essere garantito nel suo cammino, e ad usufruire dei ponti e "scafe", già<br />
predisposti o approntati ad hoc, per il passaggio di fiumi e laghi: tutto ciò a vantaggio<br />
dell’economia doganale, oltre che suo personale, e senza alcun pregiudizio<br />
per gli interessi economici di eventuali terzi 5.<br />
Il contenzioso civile del Tribunale della Dogana offre numerosi spunti di indagine<br />
a questo proposito: il titolo oneroso per il quale il locato gode delle franchigie<br />
è determinante in numerose cause discusse, soprattutto nel corso del XVIII secolo,<br />
ad istanza dei locati contro Baroni ed Università, che sulla base di una vasta<br />
serie di decreti e privilegi, pretendevano di riscuotere dai pastori lo jus di corritura o<br />
il pontatico, peraltro senza l’intento di contrarre obbligazione alcuna 6.<br />
4 - Cfr. S. GRANA, op. cit., p. 235.<br />
5 - Ben diverso era il caso relativo agli antichi "guidagia" e "salvinaria", essendo questi<br />
dei pagamenti previsti per ottenere una guida in luoghi pericolosi o infestati da ladri e banditi.<br />
Il mancato pagamento della guida si sarebbe configurato in quel caso come un danno ingiustamente<br />
arrecato al terzo, non soddisfatto della sua fatica. La Dogana predisponeva invece la<br />
supervisione dei cavallari, incaricati non solo di rilasciare "le passate"autorizzando così<br />
l’ingresso nel Tavoliere, ma anche di difendere le greggi da insidie e pericoli, nonché di far rispettare<br />
le immunità loro concesse- Al cavallaro spettavano nel XVIII secolo 2 carlini per ogni<br />
morra di pecore (ossia per 300 capi), esigibili solo al momento del rilascio della passata, e 7<br />
carlini per ogni centinaio di animali grossi.<br />
6 - Al contrario, la concessione di quelle immunità annulla, perché successiva, tutti gli<br />
antichi privilegi vantati da Baroni ed Università su passi, ponti e "scafe", anche se acquistati a<br />
titolo oneroso.<br />
88
Il mantenimento dei ponti e delle "scafe" spettava alla regia Corte, la<br />
quale era perciò tenuta ad effettuarne la manutenzione a proprie spese, fermo<br />
restando che sul locato cadeva l’obbligo di contribuire per la terza parte alla<br />
fabbricazione di nuovi ponti e canali. Erano appunto i proprietari dei territori<br />
dove si ergeva il ponte o scorrevano le acque del canale a pretendere il pagamento<br />
del dazio al passaggio del locato; il problema della liceità o abusività di<br />
tali esazioni è comunque strettamente connesso, al di là del diritto alle franchigie,<br />
al tipo di servizio garantito al locato: infatti nel caso che il mantenimento prevedesse<br />
l’impiego di terzi da parte del proprietario dei terreni soggetti al passaggio<br />
(custodi etc.), l’immunità non era del tutto godibile, poiché avrebbe pregiudicato<br />
senz’altro il diritto del terzo ad essere soddisfatto della propria fatica.<br />
Poichè le esazioni abusive si verificavano per lo più senza l’offerta di un<br />
servizio corrispettivo, delineando perciò una forma di "mala fede", esse si configurano<br />
nell’ambito della giurisdizione doganale come reati non soggetti a prescrizione.<br />
Indubbiamente il configurare un illecito di questo tipo come illecito<br />
penale, e per giunta non soggetto a prescrizione, evidenzia concretamente quanta<br />
cura ponesse in fondo la regia Corte nel difendere le prerogative e lo status<br />
delineati per i locati pastori al fine di evitare che esazioni gravose ed incontrollate,<br />
rendendo insostenibile la condizione degli stessi, turbassero irrimediabilmente<br />
l’entità della contribuzione economica destinata al Fisco regio.<br />
L’interpretazione distorta di un ordine della Camera della Sommaria<br />
emanato nel maggio del 1727, che sospendeva per un anno tutte le franchigie a<br />
titolo gratuito, offrì da un lato un sostegno inaspettato alle esazioni abusive, ma<br />
dall’altro un’occasione per chiarire definitivamente il problema, che gravava<br />
molto il contenzioso. Infatti l’allora Presidente del Tribunale della Dogana Stefano<br />
di Stefano, informando tempestivamente la Camera della Sommaria del<br />
danno irreparabile che i locati stavano per soffrire proprio al momento del<br />
ritorno in Abruzzo per i tributi gravosi che quell’ordine sembrava prevedere,<br />
agevolò il chiarimento della questione; la Camera della Sommaria infatti emise il<br />
10 maggio dello stesso anno una sentenza che, avocando a sè la competenza di<br />
quel tipo di cause, vietava ogni esazione abusiva, considerando che l’immunità<br />
dal pagamento dei diritti di passo, ponti e "scafe" era goduta dalla Generalità<br />
dei locati in virtù di contratto ultro, citroque obbligatorio, ed in quanto tale era già<br />
pagata dalla fida corrisposta alla Dogana. La sentenza stabiliva inoltre che pendente<br />
lite in questi casi il possesso non poteva essere mantenevano dal proprietario<br />
dei ponti e "scafe", trattandosi di "regalìe", mentre i locati mantengono<br />
l’immunità loro concessa dalle leggi in attesa della sentenza conclusiva.<br />
Nel passaggio periodico le greggi avevano anche il diritto di pascolare e<br />
trattenersi di giorno e di notte (ma per uno spazio di tem-<br />
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po non eccedente le ventiquattro ore) in territori e demani non doganali.<br />
Questa concessione limitava in modo considerevole i diritti dei proprietari<br />
delle terre limitrofe ai tratturi, ai quali era altresì fatto divieto di formarvi siepi, fossi<br />
o altro che potesse impedire alle greggi di accedere a quegli stessi territori e servirsene<br />
a proprio comodo. L’ottica nella quale si imponevano queste limitazioni ai<br />
privati proprietari ed alle Università era quella dell’utile comune, per conseguire il<br />
quale poteva rendersi necessario il danno di pochi: infatti le garanzie di pascolo e di<br />
riposo date alle greggi miravano ad un migliore sfruttamento dell’industria armentizia,<br />
poiché il nutrimento regolare degli armenti, il riposo e tutto ciò che ne derivava<br />
miglioravano la qualità degli stessi prodotti della pastorizia, ottenuti per di più con<br />
poca spesa e perciò meno costosi anche in fase di vendita 7.<br />
Sia per disposizione delle leggi comuni che per privilegio espressamente<br />
concesso ai locati e sempre riconfermato mediante bandi ed istruzioni, le greggi<br />
potevano valersi di fiumi, fonti e pozzi, specie se naturali, incontrati sul loro cammino.<br />
Lo jus acquandi, nonché il diritto di costruire pagliai e capomandre, e lo jus<br />
legnandi, erano godibili dai locati in qualsivoglia demanio, anche feudale, e si configuravano<br />
quindi come facoltà reali, non già personali o prediali, per essere connesse<br />
non alla vicinanza dei pascoli, dei fiumi o dei boschi, bensì al fatto che le pecore<br />
erano iscritte nei libri della Dogana.<br />
Un’altra notevole limitazione per i Baroni e le Università proprietari di terreni<br />
gravati da questa serie di servitù era data dalla impossibilità di procedere, secondo<br />
quanto prevedeva invece la legge comune, al pignoramento di animali sorpresi a<br />
provocare danni sul demanio feudale o comunale, nonché di beni di proprietà dei<br />
pastori, poiché nel primo caso il tempo di ventiquattro ore era considerato troppo<br />
breve perché potesse determinarsi un danno grave che giustificasse il pignoramento,<br />
e nel secondo caso perché il pegno può essere concesso solo a garanzia di un<br />
credito certo, mentre l’uso di quei territori, essendo nel diritto dei locati, non poteva<br />
costituire alcuna forma di debito.<br />
7 - Di non piccola rilevanza era, in questa ottica, la considerazione che l’erba fosse "frutto<br />
naturale", prodotto dalla terra senza la necessità di alcun intervento industrioso dell’uomo e<br />
senza alcuna spesa.<br />
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II. L'accesso delle greggi<br />
Le greggi abruzzesi si avvalevano per la discesa nel Tavoliere di una capillare<br />
rete tratturale, che fu predisposta fin dall'origine a spese del sovrano su<br />
terreni propri o di pertinenza di Baroni ed Università, e rimase di proprietà della<br />
regia Corte sia per il dominio utile che per il dominio diretto.<br />
L'esistenza del tratturo costituisce in termini giuridici un necessario antecedente<br />
rispetto all'uso dei pascoli doganali, che è il fine ultimo della obbligatorietà<br />
del "calo": la mancanza della rete tratturale avrebbe infatti legittimato i pastori<br />
a sottrarsi all'obbligo contratto con la regia Corte, con grave danno economico<br />
per quest'ultima. Peraltro con la predisposizione di queste grandi strade<br />
ci si proponeva anche di evitare il transito indiscriminato delle greggi su territori<br />
altrui e di limitare quindi, per quanto possibile, il danno agli erbaggi demaniali<br />
dei feudi e delle Università, il cui transito rimaneva circoscritto alle ventiquattro<br />
ore concesse alle greggi durante la discesa per il riposo ed il pernottamento.<br />
Nonostante le agevolazioni ottenute, il transito dei locati non fu mai facile<br />
e tranquillo: benché precisa e minuziosa fosse la regolamentazione contenuta<br />
nelle istruzioni doganali e nei bandi, tesi a determinare le modalità del "calo",<br />
l'uso dei tratturi e riposi laterali, la data di accesso ai passi nonché la custodia<br />
degli stessi, si assistette ad un fenomeno generale di inosservanza della normativa<br />
in vari aspetti, tra i quali l'occupazione arbitraria del suolo tratturale, la "rottura"<br />
anticipata dei passi attraverso i quali le greggi calavano nel Tavoliere, la<br />
"traviazione" dei tratturi.<br />
L'esigenza che determinava le occupazioni non solo di tratturí ma anche<br />
di terre salde, era costituita dall'intento di destinare maggiori estensioni di terreno<br />
alle colture, all'arborazione, all'impianto di vigneti e simili. Il contrasto tra<br />
pastorizia e agricoltura fu infatti caratteristico del regime doganale, che avendo<br />
essenzialmente scopi fiscali aveva effettuato una ben precisa scelta tra due tipi<br />
diversi di economia, privilegiando quella fondata sull'allevamento transumante<br />
perché meno rischiosa dal punto di vista degli investimenti e quindi più sicuramente<br />
redditizia. I pastori proprietari di greggi venivano a costituire quindi un<br />
asse portante del gettito riveniente al regio Erario, essendo la loro attività legata<br />
ad un grado di probabilità di esazione fiscale maggiore di quello di una economia<br />
essenzialmente agricola.<br />
Tuttavia il fatto che vari e reiterati furono i provvedimenti emanati dagli<br />
organi competenti per arginare il fenomeno di progressiva erosione dei regi<br />
tratturi e reintegrarne le zone occupate, indica che la volontà di garantire le aspettative<br />
dei pastori non doveva in questo caso essere proprio ferrea: le numerose<br />
operazioni di reintegra sembrano perciò rientrare in un'ottica di accomodamento<br />
fatta<br />
92
propria dalle autorità, restìe a modificare radicalmente i rapporti di forza esistenti<br />
nelle campagne.<br />
Essendo i tratturi realizzati per lo più su terreni privati della regia Corte,<br />
la Dogana aveva su di essi l'esclusivo esercizio della giurisdizione, con le ovvie<br />
conseguenze della cura e della manutenzione di essi. Pertanto nella ipotesi di<br />
usurpazione o di restringimento del suolo tratturale, con il conseguente impedimento<br />
al libero transito degli armenti, solo al regio Fisco o ai locati spettava<br />
l'azione di rivendica o di reintegra.<br />
Necessario strumento tecnico di quest'ultima erano le ricognizioni effettuate<br />
da regi agrimensori appositamente incaricati, i quali svolgevano il loro<br />
compito servendosi spesso dell'ausilio di persone particolarmente esperte dei<br />
luoghi. I misuratori documentavano poi il loro operato in diverse relazioni,<br />
nelle quali davano conto di quanto rilevato in sede di accesso ai luoghi.<br />
Le esigenze di reintegra delle terre salde e dei tratturi confluirono nel<br />
corso dei secoli nella complessa e minuziosa opera di misurazione diretta dal<br />
Revertera tra il 1548 ed il 1551, dal Capecelatro nel 1651, dal Crivelli nel 1712 e<br />
da altri ancora nel corso del XIX secolo. Accanto a queste operazioni vi furono<br />
anche numerose reintegre parziali, che non si estendevano all'intera rete tratturale<br />
o all'intero territorio dato in locazione, bensì solo a parte di essi 8.<br />
Se il fenomeno di occupazione di terre salde e tratturi si muoveva sostanzialmente<br />
al di fuori del sistema doganale ed in contrasto con esso, i fenomeni<br />
della "rottura" anticipata dei passi e della "traviazione" dei tratturi, pur<br />
costituendo formalmente delle inosservanze nei confronti delle disposizioni che<br />
regolavano il complesso istituto della Dogana, si muovevano in realtà in una<br />
logica conforme ad esso: il fatto che alcuni gruppi di locati superassero anticipatamente<br />
certi passi o instaurassero, benché solo per motivi utilitaristici, percorsi<br />
alternativi, tendeva in ogni caso ad una migliore utilizzazione del sistema<br />
doganale.<br />
Con i bandi emanati annualmente dai governatori della Dogana per regolamentare<br />
la locazione generale si impediva ai locati il passaggio del fiume<br />
Biferno prima del 15 ottobre, vietando altresì la "rottura" dei passi di Civitate,<br />
Candela, Melfi, Ponterotto, La Motta, S. Vito, Ascoli e Spinazzola, e dei relativi<br />
contropassi. Ciascuno di questi era, con i medesimi bandi, assegnato con precisione<br />
ai locati di una o più locazioni, i quali per effetto di tale disposizione<br />
8 - Cfr. ASF., Dogana delle pecore di Foggia, serie I, volumi 14-19, nonché il fondo<br />
Reintegra dei Tratturi, consistente in atlanti di planimetrie redatte per le reintegre ottocentesche.<br />
93
non potevano transitare attraverso un passo diverso. Nonostante le dure pene previste<br />
per i trasgressori, consistenti nella perdita del gregge o in diversi anni di galera,<br />
il fenomeno della "rottura" dei passi non si arrestò: ad esso d'altronde non dovette<br />
essere estraneo il malcostume instauratosi nella categoria dei cavallari, addetti non<br />
solo alla vigilanza dei passi, ma anche al rilascio della "passata" che autorizzava i<br />
locati all'ingresso nel Tavoliere, i quali sovente, in cambio dell'apertura anticipata del<br />
passo cui erano preposti, riscuotevano diritti superiori a quelli dovuti.<br />
Un motivo non dissimile da quello che portava al passaggio anticipato delle<br />
greggi conduceva pure alla creazione di itinerari alternativi, o comunque più brevi<br />
rispetto al percorso tratturale. Ciò provocava l'insorgere di continue controversie<br />
tra i locati ed i proprietari dei terreni interessati al nuovo percorso, eventualmente<br />
danneggiati dal passaggio abusivo. Per dirimere le vertenze si rendeva spesso necessaria<br />
una ricognizione dei luoghi ad opera di agrimensori, la quale veniva formalizzata<br />
in una relazione corredata eventualmente da pianta topografica; l'esame di questa<br />
conduceva di solito ad un provvedimento con il quale o si riconfermava il primitivo<br />
itinerario o si riconosceva la validità del nuovo percorso che, prima utilizzato<br />
solo in via di fatto, poteva ora essere utilizzato in via di diritto.<br />
Queste azioni, così come le operazioni di reintegra, si configurano comunque<br />
come provvedimenti puramente empirici, validi nella misura in cui potevano<br />
essere validi il sistema della Dogana e la sua struttura. Né possiamo affermare che<br />
la riforma francese attuata agli inizi del XIX secolo, che pure tendeva in via di principio<br />
a trasformare e migliorare l'assetto economico e sociale della nostra provincia,<br />
abbia modificato radicalmente i rapporti all'interno del mondo agricolo-pastorale:<br />
la destinazione di maggiori estensioni di terreno alla coltura (già avviata<br />
in via sperimentale dalla Dogana) non attenuò i contrasti tra agricoltori e pastori, ed<br />
anzi rese più acuti quelli che esistevano, all'interno di ognuna di queste forze economiche,<br />
tra i più ed i meno abbienti. La privatizzazione su larga scala attuata dall'Amministrazione<br />
del Tavoliere, che dal 1806 sostituisce la Dogana delle pecore<br />
nella gestione dei terreni fiscali, permise la concentrazione fondiaria nelle mani dei<br />
ceti privilegiati, liberi ormai dai vincoli connessi al regime doganale, e perciò stesso<br />
rispose in modo del tutto insoddisfacente alla crisi del regime feudale-comunitario<br />
ed ai fermenti che da tempo agitavano la società agricola e pastorale, per placare i<br />
quali bisognerà attendere la fine del XIX secolo.<br />
Il progresso agricolo e le trasformazioni, sia pur lente e limitate, realizzate<br />
dopo l'Unità d'Italia, hanno peraltro ristretto le dimensioni del fenomeno della<br />
transumanza relegando le greggi nelle zone meno adatte alle migliorie ormai avviate,<br />
nonché diminuito<br />
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notevolmente l'importanza ed il valore della rete tratturale, che secondo la normativa<br />
introdotta agli inizi del nostro secolo non sarà più oggetto di ripristini e reintegre<br />
nel senso tradizionale del termine, bensì di operazioni topografiche volte a determinare<br />
la superficie disponibile ad usi pubblici e privati. Infatti dal 1924 i tratturi,<br />
sotto la competenza del ministero dell'Economia nazionale, che curò la loro sistemazione,<br />
furono destinati per lo più alle attività agricole o alla trasformazione in<br />
strade vicinali, comunali e provinciali, mentre soltanto una minima parte fu riservata<br />
ai bisogni della pastorizia. La realizzazione di questo piano è proseguita, sotto<br />
competenze via via diverse, fino ai tempi più recenti: con la legge regionale pugliese<br />
sul demanio armentizio del 9 giugno 1980 si è cercato ancora di affrontare l'annosa<br />
questione dell'uso e della destinazione degli antichi tratturi, ma a tutt'oggi sembra<br />
che essa si sia limitata ad accettare lo statu quo determinato dalla normativa precedente<br />
ed a sanare le situazioni di fatto, subentrando soltanto, in base alle norme<br />
relative al trasferimento di alcune funzioni amministrative alle Regioni, nella<br />
proprietà dei suoli tratturali. Infatti se da un lato i Comuni territorialmente<br />
competenti sono coinvolti nelle operazioni di classificazione e vendita dei tratturi,<br />
d'altro canto la Regione non ha ancora soddisfatto l'esigenza dell'opinione pubblica<br />
più sensibile di veder avviate concrete operazioni di recupero e valorizzazione, non<br />
solo produttiva, di questi territori, bensì anche storico-archeologica, dal momento<br />
che non si può negare ai tratturi (almeno a quelli che non sono stati stravolti nella<br />
loro configurazione originaria), un interesse rilevante ed una funzione culturale e<br />
sociale sempre viva, proprio per la connotazione storica ed il rilievo del fenomeno<br />
della transumanza così come esso si è configurato, nel corso di lunghi secoli,<br />
attraverso quegli aspetti che si è cercato di delineare in questa sede.<br />
COSTANTINA ANNA MARIA ALTOBELLA<br />
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delle Puglie e la revisione, reintegra e sistemazione dei medesimi, approvati con regi<br />
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