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L'Italia nel contesto internazionale (1945-1948)* - Luigi Sturzo

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elena aga rossi<br />

L’Italia <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> <strong>internazionale</strong> (<strong>1945</strong>-<strong>1948</strong>)*<br />

la situazione <strong>internazionale</strong><br />

alla fine della guerra<br />

La seconda guerra mondiale segna la fine della politica di potenza<br />

da parte dei paesi europei: l’Europa continentale, che<br />

era entrata <strong>nel</strong>la seconda guerra mondiale come un insieme di<br />

Stati autonomi e indipendenti, ne uscì semidistrutta, devastata<br />

dai bombardamenti, con un’economia vicina al collasso<br />

e soprattutto avendo perduto la propria autonomia politica.<br />

Alla fine del conflitto mondiale le tre grandi potenze vincitrici,<br />

usa, urss e Gran Bretagna, decisero il futuro dei paesi<br />

europei, e non soltanto di quelli sconfitti, mettendo in discussione,<br />

oltre i confini, anche i loro governi, la loro classe dirigente.<br />

La divisione dell’Europa in due sfere d’influenza e il riconoscimento<br />

da parte anglo-americana di una sfera sovietica nei<br />

paesi occupati dall’Armata Rossa fu il risultato dei rapporti di<br />

forza a livello militare tra le potenze <strong>nel</strong>la guerra contro la Germania.<br />

Era già nei piani alleati alla conferenza di Teheran, e fu<br />

perfezionata a quella di Yalta del febbraio <strong>1945</strong>, che costituì il<br />

momento di massimo accordo tra le grandi potenze. Fin dal<br />

1943 gli alleati occidentali avevano accettato che l’urss mantenesse<br />

i confini ottenuti con il patto Ribbentrop-Molotov<br />

con l’annessione degli Stati baltici e di una parte della Polonia;<br />

* Una prima versione di questo saggio è stata pubblicata <strong>nel</strong> numero monografico<br />

dedicato al 1947 di «Ventunesimo secolo», vi, febbraio 2007, pp. 13-39.


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a Yalta si arrivò a un accordo anche sul governo polacco. Rimaneva<br />

aperta soltanto la questione tedesca. Le concessioni<br />

fatte all’urss a Yalta erano viste come il prezzo da pagare per<br />

il determinante contributo militare che l’urss stava dando<br />

<strong>nel</strong>la guerra contro la Germania e come riconoscimento che «la<br />

posizione postbellica della Russia in Europa sarà dominante» 1 .<br />

L’accordo con l’urss e la creazione di una organizzazione <strong>internazionale</strong><br />

furono, soprattutto per Roosevelt, i due pilastri<br />

su cui si sarebbe fondata la pace futura.<br />

La divisione dell’Europa in due sfere d’influenza sulla base<br />

dell’avanzata dei rispettivi eserciti prevista dagli accordi stabiliti<br />

durante la guerra si sarebbe trasformata gradualmente in<br />

una divisione tra due blocchi, con la fine dell’illusione di entrambe<br />

le superpotenze di poter continuare la collaborazione:<br />

in una parte dell’Europa sarebbe stato introdotto o ristabilito<br />

un sistema liberaldemocratico e capitalista secondo il modello<br />

occidentale, l’altra gradualmente avrebbe aderito al modello<br />

sovietico, con regimi monopartitici ed economie a pianificazione<br />

centralizzata.<br />

Alcuni paesi di confine tra le due aree di influenza, pur attribuiti<br />

all’una o all’altra, rimasero per alcuni anni in bilico, in<br />

una situazione magmatica, a causa del complesso rapporto tra<br />

la loro collocazione <strong>internazionale</strong> e la situazione interna. È<br />

questo il caso della Cecoslovacchia, della Germania, dell’Austria,<br />

della Grecia e dell’Italia.<br />

La stessa leadership sovietica non dava niente per scontato<br />

e sottolineava ancora durante il conflitto gli elementi che avreb-<br />

1. Memorandum degli stati maggiori americani dell’estate 1943, cit. in e. aga<br />

rossi, Alle origini del mondo bipolare: la politica di Roosevelt verso l’Europa (1941-<br />

<strong>1945</strong>), in «Storia contemporanea», a. xxv, n. 2, aprile 1994, p. 235. Sui piani alleati<br />

per la divisione dell’Europa, si veda anche id., La divisione dell’Europa nei piani<br />

alleati, in f. de felice (a cura di), Antifascismi e resistenze, Nuova Italia Scientifica,<br />

Roma 1997, pp. 327-44; v. pechatnov, The Big Three after World War ii:<br />

New Documents on Soviet Thinking about Post War Relations with the United States<br />

and Great Britain, Working Paper 13, Cold War International History Project,<br />

Woodrow Wilson International Center, Washington 1995.


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l’italia <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> <strong>internazionale</strong><br />

bero potuto negli anni seguenti modificare in favore dell’urss<br />

la divisione delle sfere d’influenza, come un’accentuazione dell’antagonismo<br />

angloamericano e il ritiro degli usa dall’Europa.<br />

D’altra parte questa visione corrispondeva ai postulati dell’ideologia<br />

marxista-leninista, secondo cui lo scontro tra campo<br />

socialista e campo capitalista e la vittoria finale del socialismo<br />

erano inevitabili. Il sistema capitalista e quello socialista<br />

erano incompatibili tra loro, e uno scontro aperto si sarebbe<br />

verificato in un futuro non definito ma non lontano.<br />

I piani per l’Europa del dopoguerra preparati dai diplomatici<br />

sovietici <strong>nel</strong> periodo 1944-<strong>1945</strong>, ora noti dopo l’apertura<br />

degli archivi dell’ex urss, prevedevano una graduale sovietizzazione<br />

dell’Europa orientale e un’estensione progressiva del<br />

sistema sovietico al resto dell’Europa. Si avanzava tra l’altro l’ipotesi<br />

che l’Italia insieme a Norvegia, Danimarca, Germania<br />

e Austria potesse costituire in futuro un’area neutrale demilitarizzata<br />

sotto la supervisione congiunta delle tre potenze alleate<br />

2 .<br />

Nelle contemporanee previsioni americane si sosteneva che<br />

dopo la fine del conflitto l’Unione Sovietica sarebbe stata in<br />

grado «di imporre <strong>nel</strong>l’Europa centrale e nei Balcani qualunque<br />

accordo territoriale volesse» 3 . Nei piani degli alleati occidentali<br />

l’Italia era considerata appartenente alla loro sfera, ma<br />

poiché Roosevelt pensava a un ritiro di tutte le forze americane<br />

dall’Europa dopo la guerra, a eccezione di un contingente<br />

in Germania, il controllo effettivo dell’Italia sarebbe stato affidato<br />

alla Gran Bretagna.<br />

D’altra parte i piani americani prevedevano un ordine postbellico<br />

fondato sull’egemonia economica degli Stati Uniti.<br />

La politica di Roosevelt era basata sulla ferma convinzione che<br />

il mondo futuro sarebbe stato organizzato sul principio della<br />

libera impresa e del mercato aperto e che l’Unione Sovietica<br />

prima o poi sarebbe stata costretta ad abbandonare il suo «as-<br />

2. v. pechatnov, The Big Three After World War ii, cit., p. 15.<br />

3. e. aga rossi, Alle origini del mondo bipolare, cit., p. 235.<br />

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surdo» sistema. L’amministrazione rooseveltiana dava per<br />

scontato che i paesi all’interno della sfera d’influenza sovietica,<br />

pur dipendendo politicamente dall’urss, avrebbero conservato<br />

un’economia di mercato.<br />

la fase di transizione nei rapporti<br />

tra le grandi potenze, <strong>1945</strong>-1947<br />

Nella politica <strong>internazionale</strong> il periodo <strong>1945</strong>-1947 costituisce<br />

una lunga fase di transizione e di passaggio dalla collaborazione<br />

tra le grandi potenze che erano state alleate contro la Germania<br />

e il Giappone, all’aperto scontro che a partire dal 1947<br />

assumerà il nome di “guerra fredda”. Sono gli anni della «tregua<br />

armata», come fu definita da Litvinov, tra le grandi potenze,<br />

in cui l’esigenza di continuare la collaborazione dopo la<br />

guerra, sentita come prioritaria da entrambe le parti, venne a<br />

mano a mano a mancare: in quel periodo, a momenti di confronto<br />

seguivano momenti di ricerca di compromessi ed entrambe<br />

le parti cercavano di mantenere un rapporto e un dialogo.<br />

Rimanevano da definire la questione tedesca e i trattati<br />

con l’Italia e con i paesi occupati dall’Armata Rossa, la cui soluzione<br />

era demandata a un nuovo organismo interalleato nato<br />

alla conferenza di Potsdam, il Consiglio dei ministri degli<br />

Esteri delle potenze vincitrici.<br />

Entrambe le potenze erano disposte a compromessi pur di<br />

mantenere la pace. L’urss perché aveva bisogno degli aiuti<br />

americani e gli usa perché avevano fondato tutta la politica<br />

estera e la diplomazia di guerra sulla collaborazione con la potenza<br />

sovietica e sulla creazione di un ordine <strong>internazionale</strong> che<br />

impedisse una terza guerra mondiale.<br />

I primi due anni del dopoguerra registrarono vistosi successi<br />

per la politica estera staliniana: le truppe sovietiche controllavano<br />

le grandi capitali europee, Varsavia, Berlino, Vienna,<br />

Budapest e Praga; la politica di sovietizzazione dell’Europa<br />

orientale procedeva <strong>nel</strong> modo programmato, anche se con


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l’italia <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> <strong>internazionale</strong><br />

relativa lentezza, per non allarmare e non irrigidire l’Occidente.<br />

Nello stesso tempo la profonda crisi postbellica, che investì<br />

molti paesi dell’Europa occidentale, fu accompagnata da un<br />

forte aumento dell’influenza dei partiti comunisti, entrati <strong>nel</strong>le<br />

compagini governative francese, italiana e belga. Come ricordò<br />

con molta soddisfazione Molotov, «Roosevelt pensava<br />

che gli americani fossero tanto ricchi e noi tanto poveri e indeboliti<br />

che avremmo dovuto inchinarci davanti a loro [...]<br />

Ma si sbagliavano. Loro non erano marxisti, noi invece sì. Soltanto<br />

dopo aver perso mezza Europa si sono risvegliati» 4 .<br />

L’apertura degli archivi sovietici ha infranto il mito storiografico<br />

che Stalin avesse accettato come intangibile la divisione<br />

delle sfere d’influenza stabilita a Yalta. In realtà il dittatore sovietico,<br />

per tentare di allargare la propria sfera d’influenza in Europa,<br />

finanziò i partiti comunisti occidentali e sostenne l’insurrezione<br />

comunista in Grecia <strong>nel</strong> 1947, oltre che premere sulle<br />

zone ai propri confini come l’Iran e la Turchia. Egli tenne però<br />

sempre presente il principio della correlazione delle forze e quindi<br />

era pronto a ritirarsi, per evitare il rischio di una rottura della<br />

collaborazione con gli usa. Per quanto riguarda l’Italia, l’elemento<br />

più importante che poteva modificare l’appartenenza al<br />

blocco occidentale era la presenza di un partito comunista e di<br />

un partito socialista fedeli a Mosca molto forti, che si erano posti<br />

fin dall’inizio come obiettivo la conquista del potere con vie<br />

legali, se era possibile, ma senza escludere il ricorso alla forza.<br />

Nel periodo compreso tra gli accordi di Yalta del febbraio<br />

<strong>1945</strong> e l’annuncio del piano Marshall <strong>nel</strong> giugno del 1947, vi<br />

fu una profonda revisione della politica del governo americano<br />

verso l’Unione Sovietica. Alla linea accomodante di Roosevelt,<br />

si sostituì l’idea del contenimento esposta <strong>nel</strong> famoso «telegramma<br />

lungo» inviato a Washington dal rappresentante<br />

americano a Mosca George Kennan <strong>nel</strong> febbraio del 1946.<br />

Questi aveva presentato l’espansionismo come la caratteristica<br />

4. f. chuev, Molotov Remembers. Inside Kremlin’s Politics. Conversations with Felix<br />

Chuev, A. Resis (editor), I. Dee, Chicago 1993, pp. 46-47.<br />

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centrale della politica estera staliniana, scrivendo: «Dovunque<br />

sia considerato opportuno e possibile, saranno fatti sforzi [...]<br />

per estendere il potere sovietico a nuove aree» 5 . Nonostante<br />

l’accuratezza di questa analisi, confermata ora dalla documentazione<br />

sovietica, il ripensamento da parte americana della<br />

propria politica avvenne molto lentamente. Sia il telegramma<br />

di Kennan sia il discorso di Churchill a Fulton, <strong>nel</strong> Missouri,<br />

sono spesso considerati punti di svolta <strong>nel</strong>l’atteggiamento occidentale<br />

nei confronti dell’urss. In realtà il primo non trovò<br />

all’inizio molti consensi <strong>nel</strong>l’amministrazione americana e il<br />

secondo fu considerato inopportuno dallo stesso Truman e dal<br />

governo laburista.<br />

Nonostante le proteste formali, i governi alleati stavano lasciando<br />

sostanzialmente libertà d’azione all’urss in Europa<br />

orientale. Essi reagirono, invece, quando il governo sovietico<br />

cercò <strong>nel</strong> <strong>1945</strong>-1946 di fare pressioni sull’Iran e la Turchia, per<br />

estendere la propria influenza a queste zone di grande importanza<br />

strategica. In particolare il tentativo dell’URSS di mantenere<br />

proprie forze in Iran in contrasto con gli accordi precedentemente<br />

stabiliti e di creare un movimento separatista <strong>nel</strong> nord del paese,<br />

vicino ai propri confini, determinò la prima crisi tra le grandi<br />

potenze, crisi che però si concluse con il ritiro dell’URSS 6 .<br />

gli anni della transizione italiana (<strong>1945</strong>-1947)<br />

Anche per l’Italia gli anni dell’immediato dopoguerra costituiscono<br />

un periodo di transizione dal regime fascista alla costruzione<br />

di un regime democratico e pluripartitico. Sono gli<br />

5. Foreign Relations of the United States: Diplomatic Papers (d’ora in poi frus),<br />

1946, vol. vi, Eastern Europe; The Soviet Union, Washington d.c. 1969, pp. 696-709.<br />

6. Sulla politica sovietica, si veda v. zubok, c. pleshakov, Inside the Kremlin’s<br />

Cold War, From Stalin to Khrushchev, Harvard University Press, Cambridge-London<br />

1996, p. 96 ss. Sulla crisi iraniana, si veda hasanli, v. zubok, La prima crisi della<br />

guerra fredda: l’Azerbadzjan iraniano, in «Ventunesimo secolo», 13, 2007.


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l’italia <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> <strong>internazionale</strong><br />

anni in cui si decide la forma istituzionale, si consolidano i<br />

partiti, si approva la nuova Costituzione repubblicana. Nello<br />

stesso tempo, non c’è dubbio che in nessun altro periodo <strong>nel</strong>la<br />

storia italiana la situazione <strong>internazionale</strong> ha influito in<br />

modo così determinante <strong>nel</strong>la politica non soltanto estera, ma<br />

anche interna. Le vicende internazionali e quelle interne sono<br />

strettamente intrecciate. Studiare la storia di quegli anni<br />

significa anche distinguere il peso che nei diversi periodi ebbero<br />

i condizionamenti provenienti dall’esterno, e il ruolo,<br />

diretto e indiretto, di entrambe le potenze, Stati Uniti e<br />

Unione Sovietica.<br />

Questo periodo è stato tra i più studiati dalla storiografia,<br />

ma con un approccio spesso ideologico o almeno unilaterale,<br />

che ha portato a ricostruzioni a volte lacunose e incomplete.<br />

Per un lungo periodo vi è stata la tendenza a sopravvalutare<br />

i condizionamenti del governo americano sulla<br />

politica del paese e a sottovalutare, anche per la mancanza di<br />

documentazione, l’influenza dell’Unione Sovietica sulla<br />

realtà politica italiana. I condizionamenti da parte americana<br />

ovviamente vi furono, prima per il controllo esercitato<br />

sulla politica del paese dalla Commissione alleata di controllo,<br />

e poi per le scelte di politica economica collegate al piano<br />

Marshall, ma soprattutto per la situazione di dipendenza dagli<br />

aiuti degli Stati Uniti <strong>nel</strong>l’immediato dopoguerra, che fece<br />

in quegli anni dell’Italia un paese a “sovranità limitata”. Di<br />

conseguenza si è data per scontata l’inevitabilità dell’assegnazione<br />

definitiva dell’Italia alla sfera d’influenza occidentale,<br />

partendo dal dato di fatto che furono gli eserciti alleati a liberare<br />

l’Italia e a controllare il paese, anche militarmente, fino<br />

al ritiro delle loro truppe <strong>nel</strong> dicembre 1947. Più difficile<br />

da definire è l’influenza dell’urss, perché fu esercitata in<br />

modo indiretto attraverso il Partito comunista e il Partito socialista,<br />

strettamente legati a Mosca. La dipendenza da Mosca<br />

non è stata per molto tempo nemmeno presa in considerazione<br />

<strong>nel</strong>la storia politica italiana e in particolare <strong>nel</strong>la storia<br />

del Partito comunista, visto invece come partito autono-<br />

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mo e nazionale 7 . Soltanto con l’apertura degli archivi sovietici<br />

è stato possibile documentare gli stretti rapporti tra il pci e<br />

Mosca e il pesante condizionamento esercitato dal governo sovietico<br />

sulle scelte politiche dell’Italia. Non si è dato quindi abbastanza<br />

rilievo al significato di scelta sistemica che assunse lo<br />

scontro tra i partiti di sinistra filosovietici e le forze moderate<br />

di centro, e alle possibili conseguenze che avrebbe avuto per<br />

l’Italia una vittoria del fronte popolare alle elezioni.<br />

In realtà, l’appartenenza dell’Italia alla sfera d’influenza occidentale,<br />

data per certa durante la guerra, fu messa poi in discussione<br />

alla fine del 1947, non soltanto per l’ipotesi di un possibile<br />

colpo di mano comunista, ma soprattutto <strong>nel</strong> caso di una<br />

vittoria elettorale dei partiti di sinistra. Questi avevano un grosso<br />

seguito in un paese povero e arretrato economicamente come<br />

l’Italia, per il fascino esercitato dal modello di una società che si<br />

poneva come obiettivo la giustizia sociale, accresciuto dal grande<br />

prestigio acquisito dall’urss durante la guerra. Soltanto le<br />

elezioni del <strong>1948</strong> assunsero il significato di una definitiva scelta<br />

di campo, ma la vittoria della dc è stata vista per molto tempo<br />

come una svolta in senso restauratore, in contrapposizione con<br />

la politica di rinnovamento perseguita dai partiti di sinistra.<br />

Il crollo dell’urss e la conseguente sparizione del pci hanno<br />

portato a un ripensamento della storia del dopoguerra, più<br />

libero da un approccio ideologico. Ancora oggi però molte storie<br />

generali e libri di testo per studenti universitari continuano<br />

a descrivere l’Italia del dopoguerra come «vassalla» di Washington<br />

e totalmente subalterna alla politica americana, mentre<br />

non si tiene generalmente alcun conto dell’influenza sovietica<br />

7. Gli studi sui rapporti tra l’urss e l’Italia si sono limitati finora ai rapporti diplomatici,<br />

sulla base per lo più della documentazione italiana, come r. morozzo<br />

della rocca, La politica estera italiana e l’Unione Sovietica (1944-<strong>1948</strong>), La Goliardica,<br />

Roma 1985; per un primo tentativo di vedere l’influenza anche indiretta<br />

dell’urss sulla politica e sulla cultura italiana si veda e. aga rossi, L’influenza sovietica<br />

in Italia <strong>nel</strong> periodo staliniano, in a. giovagnoli, l. tosi (a cura di), Un<br />

ponte sull’Atlantico. L’Alleanza occidentale, 1949-1999, Guerini Associati, Milano<br />

2003, pp. 111-140.


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l’italia <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> <strong>internazionale</strong><br />

in Italia 8 . La vittoria della dc alle elezioni del <strong>1948</strong> è spesso vista<br />

come la fine delle speranze di cambiamento espresse dalla<br />

resistenza. Soltanto in questi ultimi anni comincia a essere riconosciuto<br />

il ruolo determinante di De Gasperi <strong>nel</strong>la ricostruzione<br />

del paese in senso democratico.<br />

Ripercorrendo l’evoluzione della politica italiana di quegli<br />

anni, si deve ricordare che fino alle elezioni per l’Assemblea<br />

Costituente del 2 giugno 1946, non era chiaro il peso dei singoli<br />

partiti, dopo vent’anni di regime fascista. La situazione era<br />

ancora fluida ed era aperta la lotta per la conquista del potere.<br />

Il <strong>contesto</strong> politico era reso più incerto dalla drammatica situazione<br />

economica: il paese, distrutto da una guerra condotta<br />

per gli ultimi anni da due eserciti contrapposti sul proprio territorio,<br />

si trovò a essere dipendente, per la stessa sopravvivenza<br />

della popolazione, dagli aiuti alleati. Gli aiuti provennero<br />

prevalentemente dagli usa, anche se <strong>nel</strong>la prima fase questi<br />

delegarono il controllo degli affari italiani alla Gran Bretagna.<br />

La politica italiana in quel primo periodo fu dettata dall’emergenza<br />

e fu totalmente dipendente dagli alleati.<br />

Alla liberazione del paese si ponevano come prioritari i<br />

problemi della ricostruzione economica, della creazione di un<br />

sistema democratico e del reinserimento dell’Italia <strong>nel</strong>la comunità<br />

<strong>internazionale</strong> con la firma del Trattato di pace.<br />

Il problema della transizione istituzionale da un regime totalitario<br />

a un regime democratico dopo vent’anni di regime fascista<br />

fu affrontato con l’elezione di un’Assemblea Costituente.<br />

La nuova Costituzione fu approvata <strong>nel</strong> dicembre 1947 ed<br />

entrò in vigore il 1° gennaio <strong>1948</strong>.<br />

Se i partiti che facevano parte dei governi di unità nazionale<br />

riuscirono a elaborare la Costituzione, essi furono d’altra<br />

parte caratterizzati da un profondo conflitto ideologico, che<br />

8. Cfr. s. lanaro, Storia dell’Italia repubblicana. Dalla fine della guerra agli anni<br />

Novanta, Marsilio, Venezia 1994 3 , p. 144. Gli storici italiani delle relazioni internazionali<br />

raramente utilizzano i nuovi studi e l’immensa documentazione derivati<br />

dagli archivi sovietici.<br />

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divise la società italiana, condizionandone le scelte sia in politica<br />

interna sia in politica estera. Questa divisione, che apparve<br />

fin dai primi governi, era tra i partiti che volevano creare<br />

un regime democratico basato sull’economia di mercato e<br />

le sinistre che, attratte dal modello sovietico, puntavano su<br />

ampie nazionalizzazioni e su un graduale superamento del sistema<br />

capitalistico. In particolare, per raggiungere questo scopo,<br />

il Partito comunista continuò a mantenere una posizione<br />

ambigua tra l’utilizzo di mezzi legalitari e il ricorso a quelli rivoluzionari.<br />

Sottoposta al controllo dell’amministrazione alleata, l’Italia<br />

non poteva avere una politica estera autonoma. Soltanto nei<br />

primi mesi del <strong>1945</strong> si riaprirono le ambasciate all’estero, dove<br />

la diplomazia che aveva lavorato durante il regime fascista<br />

venne sostituita o affiancata da una nuova proveniente dai partiti<br />

antifascisti. Eminenti rappresentanti della nuova élite politica<br />

furono inviati <strong>nel</strong>le capitali europee e negli Stati Uniti.<br />

Così, per esempio, il giornalista Alberto Tarchiani, tra i fondatori<br />

di «Giustizia e Libertà» a Parigi e poi esule negli usa,<br />

venne inviato a Washington, il leader socialista Giuseppe Saragat,<br />

emigrato in Francia durante il fascismo, fu nominato<br />

ambasciatore a Parigi, e il liberale Manlio Brosio a Mosca. Si<br />

manifestò una frattura tra la vecchia diplomazia, illusa che l’Italia<br />

potesse ritornare a essere una grande potenza e la nuova<br />

dirigenza antifascista, più realista, ma con poca esperienza<br />

professionale. Fu comunque lenta la presa di coscienza della<br />

perdita definitiva dello status di potenza, anche perché in parte<br />

della diplomazia e dell’opinione pubblica rimanevano residui<br />

di nazionalismo, così come permase a lungo la convinzione<br />

di non dover rispondere delle colpe del fascismo, <strong>nel</strong>l’illusione<br />

che il contributo alla propria liberazione attraverso il<br />

movimento di resistenza e l’azione delle forze armate regolari<br />

a fianco degli eserciti anglo-americani avrebbero fatto superare<br />

all’Italia lo status di nemico sconfitto.<br />

De Gasperi, che diresse in quegli anni la politica estera,<br />

prima come ministro degli Esteri <strong>nel</strong> governo Parri e poi come


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l’italia <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> <strong>internazionale</strong><br />

presidente del Consiglio, consapevole della subalternità del<br />

Partito comunista alla politica sovietica, era convinto dell’impossibilità<br />

a lungo termine di fondare la politica italiana sulla<br />

collaborazione tra i tre partiti di massa (pci, psiup e dc), come<br />

proponeva Palmiro Togliatti. D’altra parte, l’incertezza<br />

della situazione interna e <strong>internazionale</strong> lo spinse a una politica<br />

cauta, e al raggiungimento innanzitutto degli obiettivi prioritari,<br />

che erano la firma del trattato di pace e l’elaborazione<br />

della Costituzione, che, una volta raggiunti, avrebbero assicurato<br />

l’indipendenza del paese e un assetto democratico. Nel<br />

contempo, la presenza del pci al governo portò a forti divergenze<br />

sulla politica estera, sia in generale sulla collocazione <strong>internazionale</strong><br />

dell’Italia, sia su questioni particolari, come quella<br />

di Trieste.<br />

Obiettivo prioritario dell’azione di De Gasperi in politica<br />

estera fu innanzitutto quello di salvaguardare quanto più possibile<br />

l’integrità territoriale dell’Italia, minacciata dalle iniziative<br />

dei governi jugoslavo e francese, che al momento del ritiro<br />

delle truppe tedesche avevano occupato l’Istria e la Val<br />

d’Aosta. Mentre le proteste del governo italiano spinsero le autorità<br />

militari alleate a ordinare a De Gaulle di ritirarsi dalla<br />

Val D’Aosta, <strong>nel</strong> caso jugoslavo la situazione era già compromessa<br />

per l’atteggiamento incerto e contraddittorio assunto in<br />

precedenza nei confronti di Tito dai governi inglese e americano,<br />

il primo per l’illusione di mantenere in Jugoslavia il 50 per<br />

cento di influenza concordato a Mosca <strong>nel</strong>l’incontro tra Churchill<br />

e Stalin dell’ottobre del 1944, il secondo per non essere<br />

coinvolto <strong>nel</strong>l’area balcanica, sfera d’influenza inglese. Al momento<br />

decisivo del ritiro delle truppe tedesche, il timore di<br />

scontrarsi con l’esercito jugoslavo rallentò l’avanzata alleata,<br />

dando a Tito la possibilità di insediare una propria amministrazione<br />

in Istria. Soltanto dopo estenuanti trattative e l’intervento<br />

di Stalin gli jugoslavi furono costretti a ritirarsi da Trieste,<br />

ma non dal resto dell’Istria.<br />

La questione giuliana divise il governo e mise in evidenza<br />

la difficoltà di condurre una politica unitaria, data la subordi-<br />

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36<br />

nazione del pci alla politica estera sovietica. Mentre De Gasperi<br />

denunciava l’occupazione dell’Istria da parte delle truppe<br />

di Tito come una violazione degli accordi di resa con le potenze<br />

alleate, secondo cui l’amministrazione alleata sarebbe<br />

stata estesa fino ai confini italiani del 1939, Togliatti adottava<br />

una linea molto spregiudicata e su «l’Unità» invitava ad accogliere<br />

le truppe di Tito come «liberatrici» 9 . Il comunista Eugenio<br />

Reale, allora sottosegretario agli Esteri, si recava pochi<br />

giorni dopo dall’ambasciatore sovietico Kostylev per chiedergli<br />

se era vero che Stalin appoggiava l’annessione di Trieste alla<br />

Jugoslavia. «Da questo – disse Reale – dipenderà la linea politica<br />

del pci sul problema di Trieste» 10 .<br />

Durante questo primo periodo De Gasperi cercò di seguire<br />

una politica di neutralità quanto più possibile autonoma<br />

dalle grandi potenze, assecondando l’orientamento prevalente<br />

non soltanto nei partiti di sinistra, ma anche <strong>nel</strong> suo stesso partito,<br />

e che avrebbe avuto un riflesso <strong>nel</strong>l’approvazione dell’articolo<br />

11 della nostra Costituzione.<br />

Di fronte all’assillante problema dei rifornimenti alimentari<br />

e del combustibile necessari alla popolazione, il governo<br />

italiano si rivolse non soltanto all’amministrazione angloamericana,<br />

ma anche agli altri paesi europei e all’urss, ma con esiti<br />

per lo più negativi. In particolare, <strong>nel</strong>l’estate del <strong>1945</strong> De<br />

Gasperi ebbe due colloqui con l’ambasciatore sovietico Kostylev,<br />

per chiedere al suo governo aiuti e soprattutto rifornimenti<br />

di carbone. Nel primo colloquio del 10 luglio Kostylev sembrò<br />

sorpreso e precisò che si poteva parlare di scambi commer-<br />

9. «l’Unità», 1° maggio <strong>1945</strong>.<br />

10. Kostylev-Reale, 4 maggio <strong>1945</strong>, avprf, f. 098, op. 26, d. 8, pap. 152, pp.<br />

339-340, cit. in e. aga rossi, v. zaslavsky, Togliatti e Stalin. Il pci e la politica<br />

estera staliniana negli archivi di Mosca, il Mulino, Bologna 1997, p. 153. Il pci<br />

non soltanto non protestò con gli jugoslavi e con i sovietici per le uccisioni e gli<br />

«infoibamenti» che venivano commessi in Istria contro gli italiani, ma «l’Unità» sostenne<br />

che le accuse di violenze erano del tutto infondate e che si trattava di «provocazioni»:<br />

si veda l’articolo di Spano in «l’Unità», 18 maggio <strong>1945</strong>, cit. infra in<br />

d.m. bruni, I partiti politici e la questione giuliana.


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l’italia <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> <strong>internazionale</strong><br />

ciali e non di aiuti, ma che avrebbe riferito al governo. Nel secondo<br />

colloquio del 24 luglio Kostylev ribadì la distinzione tra<br />

aiuti e scambi commerciali e chiese come l’Italia intendeva pagare<br />

e con che tipo di merci 11 . Il problema dei rapporti economici<br />

tra l’Italia e l’urss è stato finora per lo più approfondito<br />

sulla base della documentazione diplomatica italiana 12 . La documentazione<br />

sovietica, ancora poco utilizzata, contribuisce<br />

invece a spiegare i retroscena dell’atteggiamento punitivo del<br />

governo staliniano verso l’Italia e del suo disinteresse a stabilire<br />

costanti rapporti commerciali con l’Italia <strong>nel</strong>l’immediato<br />

dopoguerra, fino alla conclusione di un trattato che includesse<br />

le pesanti riparazioni richieste 13 . Evidenzia anche l’impotenza<br />

del pci a causa della sua subordinazione agli interessi sovietici<br />

anche sulle questioni di politica economica italiana.<br />

Infatti De Gasperi sperava che il pci potesse riuscire ad attenuare<br />

l’orientamento fortemente punitivo e rivendicativo del<br />

governo sovietico sulle riparazioni e sulle questioni territoriali<br />

e a promuovere la ripresa delle relazioni commerciali. Anche la<br />

presenza di un sottosegretario comunista agli Esteri, e successivamente<br />

la nomina di ambasciatori in urss e in Polonia convinti<br />

della possibilità di buoni rapporti con i sovietici, avrebbe<br />

potuto aiutare le relazioni con l’urss. Il leader democristiano<br />

si dovette rendere conto quanto questa speranza fosse<br />

infondata. La documentazione sovietica mostra che i tentativi<br />

fatti da esponenti comunisti <strong>nel</strong> governo sia per migliorare le<br />

11. I documenti diplomatici italiani riportano solo un breve appunto sul secondo<br />

colloquio (in Documenti diplomatici italiani, x, ii, Istituto poligrafico e zecca dello<br />

Stato, Roma 1992, p. 483), mentre entrambi gli incontri sono descritti in I.<br />

Hormach, sssr-Italia i blokovoe protivostojanie v Evrope [urss-Italia e la contrapposizione<br />

dei blocchi in Europa], ran, Moskva 2005, pp. 68-69.<br />

12. r. morozzo della rocca, Le relazioni economiche italosovietiche <strong>nel</strong> dopoguerra<br />

(<strong>1945</strong>-<strong>1948</strong>), in a. varsori (a cura di), La politica estera italiana <strong>nel</strong> secondo<br />

dopoguerra, Franco Angeli, Milano 1993, pp. 271-291.<br />

13. Sui tentativi di politici e industriali italiani di instaurare rapporti commerciali<br />

con l’urss e sul loro esito negativo, si veda e. aga rossi, v. zaslavsky, Togliatti<br />

e Stalin, cit., cap. 6, fondato sulla documentazione sovietica.<br />

37


02_Aga_Rossi 7-10-2007 10:39 Pagina 38<br />

38<br />

condizioni del trattato che per chiedere aiuti alimentari furono<br />

infruttuosi come quelli di altri partiti 14 .<br />

Nell’ottobre del 1946, De Gasperi nominò ministro degli<br />

Esteri il leader del Partito socialista Pietro Nenni, sulla base di<br />

un accordo con le altre forze politiche concordato al momento<br />

della formazione del suo secondo governo, dopo le elezioni<br />

per la Costituente del giugno 1946 15 . Il breve intermezzo<br />

socialista agli Esteri segnò il tentativo di una politica estera più<br />

orientata verso l’urss e l’Europa centrale e orientale, di rapporti<br />

diretti con Belgrado e di un avvicinamento al governo<br />

laburista inglese. Le speranze di Nenni di dimostrarsi un interlocutore<br />

migliore di De Gasperi per i socialisti inglesi andarono<br />

deluse, così come l’illusione di un miglioramento dell’atteggiamento<br />

punitivo sovietico, mentre gli Stati Uniti videro<br />

<strong>nel</strong>la sua nomina una conferma dell’instabilità del governo<br />

italiano. Le sollecitazioni di Nenni <strong>nel</strong> novembre 1946 all’ambasciatore<br />

sovietico in Italia, Kostylev, perché il governo<br />

sovietico desse un appoggio concreto ai partiti di sinistra mandando<br />

aiuti, anche minimi, all’Italia non ebbero successo.<br />

Kostylev dichiarò che l’urss non poteva occuparsi dell’Italia,<br />

data la situazione economica difficile del paese e le priorità<br />

<strong>nel</strong>l’assegnazione di aiuti ai paesi dell’Europa orientale, alla<br />

Francia e Finlandia 16 . Durante un viaggio l’anno seguente a<br />

Praga, Nenni rinnovò al governo sovietico l’urgente richiesta<br />

14. Per esempio il sottosegretario agli Esteri Eugenio Reale aveva detto a Kostylev<br />

che l’arrivo anche di una sola nave con il carbone sovietico avrebbe avuto un grande<br />

significato politico (Kostylev-Reale, 28 giugno <strong>1945</strong>, avprf, f. 098, op. 26, d.<br />

9, pap. 152, pp. 85-88, cit. in e. aga rossi, v. zaslavsky, Togliatti e Stalin,<br />

cit., p. 212) ma il suo richiamo, come i numerosi altri che seguirono, non ebbe alcun<br />

seguito.<br />

15. Sui tentativi di De Gasperi di convincere Nenni a staccarsi dal Partito comunista,<br />

e quindi sull’importanza da lui attribuita alla rappresentanza <strong>nel</strong> governo anche<br />

di esponenti del mondo del lavoro, si veda m.l. sergio, De Gasperi e la «questione<br />

socialista». L’anticomunismo democratico e l’alternativa riformista, Rubbettino,<br />

Soveria Man<strong>nel</strong>li 2004, passim.<br />

16. Si vedano i colloqui tra Nenni e Kostylev del 16 e del 27 novembre citati in e.<br />

aga rossi, v. zaslavsky, Togliatti e Stalin, cit., pp. 195-196.


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l’italia <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> <strong>internazionale</strong><br />

di aiuti per appoggiare le sinistre alle elezioni. In un colloquio<br />

con Malenkov, Nenni sostenne che la vittoria delle sinistre o<br />

per via rivoluzionaria o alle prossime elezioni sarebbe stata<br />

molto probabile, ma senza rifornimenti sovietici di grano e di<br />

carbone non sarebbe stato possibile mantenere il controllo<br />

della situazione e il popolo avrebbe cominciato a «impiccare<br />

tutti noi, i comunisti e i socialisti» 17 . La risposta del Cremlino<br />

fu molto franca: l’urss poteva mandare del grano, ma certamente<br />

non il carbone.<br />

Anche la politica di negoziati diretti con la Jugoslavia, sostenuta<br />

dalle sinistre per impedire il permanere di forze alleate<br />

<strong>nel</strong>l’area contesa, si dimostrò impraticabile, data l’indisponibilità<br />

di Tito a qualunque compromesso 18 . Dopo una visita<br />

a Belgrado <strong>nel</strong> novembre del 1946, Togliatti avrebbe presentato<br />

la proposta inaccettabile di uno scambio tra Gorizia e<br />

Trieste. Nenni accettò di seguirlo in questo vicolo cieco, pur<br />

criticando il tentativo di Togliatti di trasformare un fallimento<br />

in un successo allo scopo di inasprire la polemica contro il<br />

governo 19 .<br />

17. Resoconto del colloquio Malenkov-Nenni, 24-25 novembre 1947, rgaspi,<br />

f. 83, op. 1, d. 1, p. 55, cit. in v. zaslavsky, Lo stalinismo e la sinistra italiana,<br />

Mondadori, Milano 2004, p. 159.<br />

18. Sulla linea della trattativa diretta con la Jugoslavia perseguita dalla sinistra si<br />

veda p. craveri, De Gasperi, il Mulino, Bologna 2006, pp. 254 e ss. Proprio un<br />

negoziato bilaterale aveva <strong>nel</strong> frattempo portato all’unico successo diplomatico<br />

condotto direttamente da De Gasperi sulla questione dell’Alto Adige. De Gasperi<br />

riuscì a stabilire un diretto rapporto con il governo austriaco e a raggiungere una<br />

soluzione di compromesso con gli accordi De Gasperi-Gruber del giugno 1946,<br />

che lasciavano un’ampia autonomia alla minoranza austriaca.<br />

19. Nel suo diario Nenni così registrava il 7 novembre la sua prima reazione alla<br />

«bomba» di Togliatti: «Tito rinuncia a ciò che non ha e ci chiede ciò che abbiamo»<br />

e due giorni dopo, a seguito di una riunione con Togliatti, scriveva: «Ho ribadito<br />

che Togliatti ha sacrificato a un colpo reclamistico ed elettorale la sostanza delle cose.<br />

Ho anche precisato che l’accordo sulla base del baratto tra Trieste e Gorizia è impossibile<br />

e ne convengono tanto Togliatti che Longo»: cfr. p. nenni, Tempo di<br />

guerra fredda, Diari 1943-1956, Sugarco, Milano 1981, pp. 296-297. Sul viaggio<br />

di Togliatti a Belgrado si veda e. aga rossi, v. zaslavsky, Togliatti e Stalin, cit.,<br />

p. 144 e ss.<br />

39


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40<br />

Il graduale orientamento verso gli usa era inevitabile non<br />

soltanto perché erano i soli ad avere una posizione favorevole<br />

all’Italia sulla questione del trattato di pace, ma erano anche i<br />

soli disposti a offrire aiuti economici, indispensabili per la stessa<br />

sopravvivenza del paese.<br />

la politica delle grandi potenze verso<br />

l’italia e il compromesso sul trattato di pace<br />

L’atteggiamento delle potenze alleate sulla questione del trattato<br />

di pace è una vera cartina di tornasole per capire la situazione<br />

di isolamento e di emarginazione dell’Italia a livello <strong>internazionale</strong>.<br />

Al governo italiano non fu permesso di partecipare<br />

ai negoziati, che si trascinarono con una serie di rinvii fino<br />

alla metà del 1946 20 . Le condizioni del trattato di pace<br />

vennero decise sostanzialmente <strong>nel</strong>la fase in cui gli usa non<br />

avevano perso le speranze di mantenere ancora una base di accordo<br />

con l’urss e furono quindi espressione della volontà<br />

degli Stati Uniti di arrivare comunque a una soluzione sulla<br />

questione italiana, anche a costo di concessioni alle richieste<br />

sovietiche.<br />

D’altra parte, l’Italia era considerata anche dalla Gran Bretagna<br />

e dalla Francia come un paese sconfitto da punire. La<br />

concessione della cobelligeranza <strong>nel</strong>l’ottobre del 1943 non aveva<br />

mutato lo status giuridico di nemico sconfitto, e fallirono i<br />

tentativi di modificare le clausole della resa incondizionata,<br />

nonostante l’atteggiamento favorevole degli usa. Il governo fu<br />

quindi chiamato a pagare il costo della proditoria aggressione<br />

del giugno 1940 e della guerra persa dal fascismo.<br />

20. Sull’atteggiamento delle grandi potenze circa il Trattato di pace italiano, si veda<br />

i. poggiolini, Diplomazia della transizione. Gli alleati e il problema del trattato<br />

di pace italiano (<strong>1945</strong>-1947), Ponte alle Grazie, Firenze 1990; a. varsori, Il<br />

trattato di pace italiano, in id. (a cura di), La politica estera italiana <strong>nel</strong> secondo dopoguerra<br />

(1943-1957), led, Milano, 1993, pp. 125-163. Sul dibattito interno, cfr.<br />

s. lorenzini, L’Italia e il trattato di pace del 1947, il Mulino, Bologna 2007.


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l’italia <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> <strong>internazionale</strong><br />

Già <strong>nel</strong>la prima fase del conflitto la Gran Bretagna aveva<br />

mostrato l’intenzione di punire l’Italia per il suo intervento in<br />

guerra, prospettando modifiche di confini dall’Istria al Dodecaneso,<br />

sia per eliminare ogni influenza dell’Italia nei Balcani,<br />

sia per acquistare benemerenze nei confronti della Jugoslavia<br />

e della Grecia 21 . La sua posizione non subì modifiche<br />

nemmeno quando si trattò di decidere le condizioni del trattato<br />

di pace.<br />

D’altra parte per Stalin l’Italia apparteneva alla sfera d’influenza<br />

occidentale perché occupata dalle truppe angloamericane,<br />

anche se la presenza di un forte pci poteva aprire la<br />

possibilità di una conquista del potere attraverso libere elezioni.<br />

Il riconoscimento del governo Badoglio <strong>nel</strong> marzo<br />

1944 era stato visto dalla diplomazia italiana come un grande<br />

successo e l’inizio di un rapporto privilegiato con l’urss.<br />

In realtà, il governo sovietico aveva approfittato dell’occasione<br />

per inserirsi <strong>nel</strong> teatro italiano e legittimare il pci come<br />

partito moderato. Interesse prioritario dell’urss era di trarre<br />

i maggiori vantaggi possibili dai negoziati, a spese dell’Italia.<br />

L’appoggio alla Jugoslavia era incondizionato, non soltanto<br />

per ragioni ideologiche, ma anche perché, secondo il<br />

parere espresso in un rapporto del ministero degli Esteri sovietico<br />

dell’estate del <strong>1945</strong>, «con il rafforzamento <strong>nel</strong> Mediterraneo<br />

di uno Stato slavo amico, anche noi usciremo<br />

rafforzati in questa parte del mondo e in particolare nei Balcani»<br />

22 . Inoltre, come fece notare Vysˇhinskij all’ambasciatore<br />

italiano a Mosca Pietro Quaroni, che era andato a riferire<br />

il desiderio del governo italiano di arrivare al più presto a un<br />

trattato di pace, l’Italia si era arresa senza condizioni: la con-<br />

21. La prima presa di posizione del governo inglese risale al 1941 con la promessa<br />

al governo jugoslavo di allora di essere disponibile «a rivedere la frontiera istriana<br />

della Yugoslavia». Cfr. l. woodward, British Foreign Policy in the Second World<br />

War, ii, hmso, London 1971, p. 234.<br />

22. Il rapporto si trova in avprf, f. 098, op. 26, d. 13. p. 125, ed è citato i. hormach,<br />

sssr-Italia i blokovoe protivostojanie v Evrope [urss-Italia e la contrapposizione<br />

dei blocchi in Europa], cit., p. 73.<br />

41


02_Aga_Rossi 7-10-2007 10:39 Pagina 42<br />

42<br />

seguenza implicita era che non poteva avanzare alcuna pretesa<br />

23 .<br />

A Potsdam, in contrasto con la dichiarazione congiunta<br />

delle potenze alleate sull’Italia in cui si riconosceva il contributo<br />

del nostro paese alla propria liberazione e l’impegno a un<br />

suo ingresso <strong>nel</strong>l’onu, l’urss aveva assunto una posizione<br />

molto rigida, sostenendo che l’Italia doveva pagare per i crimini<br />

del fascismo. In quella occasione comunque sembrò che si<br />

fosse raggiunto un accordo sulla priorità da attribuire alla conclusione<br />

di un trattato di pace con l’Italia. Alla prima riunione<br />

del Consiglio dei ministri degli Esteri, tenutasi a Londra <strong>nel</strong><br />

settembre <strong>1945</strong>, invece, il governo sovietico condizionò il proprio<br />

consenso a un trattato di pace con l’Italia al riconoscimento<br />

dei governi pro sovietici in Bulgaria e Romania.<br />

Da quel momento, l’Italia fu quindi considerata dall’Unione<br />

Sovietica come una «pedina» o una «moneta di scambio»<br />

per raggiungere i propri obiettivi nei paesi dell’Europa<br />

orientale e nei Balcani, dall’appoggio della richiesta di Tito<br />

di annettere alla Jugoslavia l’Istria e Trieste al riconoscimento<br />

di governi “amici” in Romania e Bulgaria 24 . L’urss condusse<br />

un estenuante negoziato sulle riparazioni, partendo da<br />

una richiesta esorbitante di 600 milioni, poi scesa a 300 e<br />

infine a 100, ma ancora troppo alta per le risorse italiane. Alle<br />

obiezioni dei rappresentanti americani e inglesi che la popolazione<br />

italiana era appena tenuta in vita con l’invio di generi<br />

alimentari da parte dei loro governi, la delegazione sovietica<br />

rispose che l’urss «aveva diritto alle riparazioni e se<br />

la conseguenza era fame e miseria per la popolazione italiana,<br />

questo era un risultato di cui essa stessa era responsabi-<br />

23. L’ambasciatore a Mosca, Quaroni, al ministro degli Esteri, De Gasperi, Mosca,<br />

4 luglio <strong>1945</strong>, ddi, x, ii, cit.<br />

24. Sui retroscena dei negoziati da parte sovietica, si vedano v. pechatnov, The<br />

Allies are pressing on you to break your will…, Working paper n. 26, Cold War International<br />

History Project, settembre 1999 e v. zubok, c. pleshakov, Inside<br />

the Kremlin’s Cold War, From Stalin to Khrusciev, cit, pp. 96 e ss.


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l’italia <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> <strong>internazionale</strong><br />

le» 25 . Infine, avanzò anche la proposta di un mandato sulla<br />

Tripolitania, per impedire un’analoga richiesta inglese e chiese<br />

ancora una parte della flotta italiana, come compenso dei<br />

danni subiti. Tale richiesta era stata fatta da Molotov alla prima<br />

conferenza dei ministri degli Esteri a Mosca <strong>nel</strong>l’ottobre<br />

del 1943, e sostanzialmente accettata a Teheran da Roosevelt e<br />

Churchill come gesto di buona volontà nei confronti dell’urss,<br />

ma poi rimandata al momento della discussione del<br />

trattato di pace con l’Italia, per evitare che la marina italiana<br />

cessasse la collaborazione che durante la guerra stava dando allo<br />

sforzo bellico alleato. Nel frattempo erano state fornite ai<br />

sovietici alcune navi britanniche e americane, ma l’urss pretese,<br />

durante i negoziati di pace, la consegna comunque delle<br />

navi italiane 26 .<br />

Gli usa erano l’unica tra le potenze vincitrici a non volere<br />

una pace punitiva; in particolare i responsabili che conoscevano<br />

la situazione italiana, dal presidente della Commissione alleata<br />

di controllo, Ellery Stone, all’ambasciatore a Roma James<br />

Dunn, avevano più volte affermato la necessità di non umiliare<br />

l’Italia togliendole la flotta e l’amministrazione delle colonie<br />

e di sostenere il paese con aiuti economici, per impedire una<br />

presa del potere da parte delle forze filosovietiche 27 . D’altra<br />

25. La citazione è tratta da una relazione sugli incontri della Conferenza dei ministri<br />

degli Esteri di Londra redatta da John Foster Dulles, che aveva fatto parte della<br />

delegazione americana, al suo ritorno l’8 novembre <strong>1945</strong> davanti alla Commissione<br />

per una Pace giusta e durevole, in John F. Dulles Papers, Princeton Library,<br />

Princeton, box 26.<br />

26. Il dibattito interalleato sulla sorte delle navi italiane si trascinò per molti anni<br />

con una contrapposizione tra coloro che volevano mantenere la parola data al governo<br />

sovietico e coloro che facevano presente l’umiliazione gratuita che questo<br />

avrebbe significato per la marina italiana, che aveva continuato a combattere a fianco<br />

degli alleati occidentali. Parte della flotta italiana fu infine inviata in URSS <strong>nel</strong><br />

<strong>1948</strong>. Per l’evoluzione del dibattito sulla questione della flotta, si vedano le carte di<br />

G. Elsey, H.S. Truman Library, Indipendence, Missouri.<br />

27. Cfr. su questi aspetti, tra l’ampia documentazione, il memorandum del vicesegretario<br />

di stato Joseph Grew, al presidente Truman del 18 giugno <strong>1945</strong> e di Ellery<br />

Stone al generale Alexander, Supremo Comandante alleato per il Mediterraneo del<br />

43


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44<br />

parte il governo americano, durante la campagna d’Italia e<br />

l’amministrazione militare della penisola, riconobbe la priorità<br />

degli interessi inglesi, accettandone la leadership. Questa subordinazione<br />

continuò anche <strong>nel</strong>l’immediato dopoguerra 28 .<br />

L’aspetto più grave delle decisioni sul trattato di pace con<br />

l’Italia fu quello riguardante il confine orientale. Le difficili e<br />

lunghe trattative che portarono a un compromesso sull’Istria e<br />

alla creazione del Territorio libero di Trieste sono note ora anche<br />

sulla base della documentazione sovietica. Esse mostrano<br />

che Stalin applicò a Trieste la stessa tattica di altri casi, quella<br />

di chiedere il massimo ed essere disposto ad accettare il migliore<br />

compromesso possibile.<br />

Durante i negoziati, gli usa adottarono un atteggiamento<br />

sostanzialmente arrendevole. Byrnes agì a parere di molti con<br />

eccessiva fretta, accettando una soluzione, anche a suo dire,<br />

insoddisfacente, per evitare il rischio di rimettere in discussione<br />

tutto.<br />

La prova più evidente dell’inerzia dell’amministrazione<br />

Truman fu la sua accettazione di un trattato di pace con l’Italia<br />

inutilmente punitivo e umiliante, come le clausole militari<br />

che costringevano il governo italiano a smantellare le difese alpine,<br />

e che prevedevano la spartizione delle navi della marina<br />

tra i vincitori. Il trattato risultò così una grave limitazione dell’autonomia<br />

e dell’indipendenza italiana, con clausole che toccavano<br />

la sovranità nazionale. De Gasperi, intervenuto a Parigi<br />

a perorare la causa italiana, chiese inutilmente che si rinviasse<br />

la decisione almeno sul confine orientale.<br />

La firma del trattato e la divulgazione del suo contenuto<br />

suscitarono una reazione negativa in tutto il paese e pose in<br />

grave rischio la stabilità del governo.<br />

23 giugno <strong>1945</strong>, in frus, <strong>1945</strong>. The Conference of Berlin (The Potsdam Conference),<br />

Washington 1960.<br />

28. Cfr. la testimonianza del segretario di Stato Cordell Hull in The Memoirs of<br />

Cordell Hull, New York <strong>1948</strong>, ii, p. 1557 e di s. welles, Where are we Heading?,<br />

New York 1946, p. 130.


02_Aga_Rossi 7-10-2007 10:39 Pagina 45<br />

l’italia <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> <strong>internazionale</strong><br />

la crisi della dc e il viaggio di de gasperi<br />

negli stati uniti<br />

Tra la seconda parte del 1946 e l’inizio del 1947 si aggravò ulteriormente<br />

la situazione economica del paese, che era insieme<br />

crisi alimentare e crisi monetaria, con una forte ripresa<br />

dell’inflazione. L’incapacità del governo ad affrontare i problemi<br />

del paese fu messa in evidenza dalle dimissioni, <strong>nel</strong> settembre<br />

del 1946, del ministro del Tesoro Epicarmo Corbino<br />

e dalla mancanza di misure adeguate nei mesi seguenti per<br />

fronteggiare il pericolo di un’inflazione che sembrava ormai<br />

fuori controllo 29 . Alla drammatica situazione economica si<br />

aggiungeva l’instabilità sociale e dell’ordine pubblico, la rinascita<br />

di movimenti neofascisti e la sempre maggiore contrapposizione<br />

tra le sinistre e la dc, che stava portando il governo<br />

alla paralisi. La crisi del paese divenne ben presto anche<br />

crisi della dc. Alle elezioni amministrative del novembre<br />

1946 fu premiata la strategia del pci del doppio binario, di<br />

governo e di opposizione, e fu penalizzata invece la Democrazia<br />

cristiana per la sua politica di unità nazionale. Il pci si<br />

rafforzò, superando in diverse città il psiup e acquistando<br />

ampi consensi anche <strong>nel</strong>l’Italia meridionale. Togliatti poteva<br />

orgogliosamente riferire a Mosca che il pci «<strong>nel</strong>le elezioni di<br />

ottobre e novembre ha ottenuto successi significativi in molti<br />

paesi e città dell’Italia meridionale che fino ad allora erano<br />

stati cittadelle delle forze di destra e della reazione» 30 . La dc<br />

perse voti pesantemente a Roma e <strong>nel</strong>le altre grandi città e <strong>nel</strong><br />

Sud a favore delle sinistre, con una tendenza che si sarebbe accentuata<br />

<strong>nel</strong>le elezioni per l’Assemblea regionale siciliana del-<br />

29. Sulla situazione economica e monetaria, si veda j.c. martinez oliva, La<br />

stabilizzazione del 1947. Fattori interni e internazionali, in «Ventunesimo secolo»,<br />

vi, febbraio 2007, pp. 41-73.<br />

30. Si veda la «Nota informativa su un colloquio tra un comunista bulgaro e Togliatti»,<br />

14 dicembre 1946, pubblicato in f. gori, s. pons (a cura di), Dagli<br />

archivi di Mosca. L’urss, il Cominform e il pci 1943-1951, Carocci, Roma 1998,<br />

p. 266.<br />

45


02_Aga_Rossi 7-10-2007 10:39 Pagina 46<br />

46<br />

l’aprile 1947, dove passò dal 33,62 per cento dei voti al 20,52<br />

per cento 31 .<br />

L’insuccesso elettorale evidenziava una diffusa percezione<br />

da parte dell’opinione pubblica dell’inadeguatezza del governo<br />

da una parte ad affrontare la grave crisi economica, dall’altra a<br />

reagire ai continui scioperi e attacchi delle sinistre, che pur<br />

partecipando al governo, cercavano di delegittimarlo. Nenni<br />

<strong>nel</strong> suo diario commentava così la reazione di De Gasperi: «De<br />

Gasperi è amaro. A destra lo hanno mollato perché cede ai comunisti.<br />

A sinistra perché è accusato di cedere al neofascismo.<br />

Cristo in croce» 32 .<br />

Il viaggio di De Gasperi negli Stati Uniti ebbe origine in<br />

questa situazione di grave crisi del partito, oltre che dall’estrema<br />

necessità di un prestito da parte dell’unico paese disposto<br />

forse a concederlo, e dall’esigenza quindi di un riconoscimento<br />

anche personale. È questa situazione, di crisi del paese e insieme<br />

della dc, che spinse De Gasperi ad agire, prima cercando<br />

una legittimazione al proprio governo e un impegno per<br />

aiuti economici all’Italia con il viaggio negli usa del gennaio<br />

1947 e poi con una lunga crisi che sarebbe sfociata <strong>nel</strong> governo<br />

monocolore.<br />

Per molto tempo una parte della storiografia ha sottolineato<br />

i condizionamenti degli usa sulla politica seguita da De Gasperi,<br />

facendo propri i giudizi espressi allora dal Partito comunista<br />

che, pur partecipando al governo e rendendosi perfettamente<br />

conto della necessità di aiuti americani per evitare il collasso<br />

del paese, per motivi propagandistici accusò De Gasperi<br />

di subalternità agli interessi americani. Così il viaggio negli<br />

31. Alla vigilia delle elezioni siciliane monarchici e indipendentisti sarebbero arrivati<br />

fino a impedire a De Gasperi di tenere un comizio a Messina. Si vedano le relazioni<br />

dei prefetti riportate in s. colarizi La seconda guerra mondiale e la repubblica,<br />

utet, Torino 1984, p. 494. Si veda anche l’accurata analisi dell’opinione<br />

pubblica in quei mesi in g. caredda, Governo e opposizione <strong>nel</strong>l’Italia del dopoguerra,<br />

Laterza, Roma-Bari 1995, pp. 6-15.<br />

32. p. nenni, Tempo di guerra fredda, Diari 1943-1956, cit., alla data del 12 novembre<br />

1946, p. 299.


02_Aga_Rossi 7-10-2007 10:39 Pagina 47<br />

l’italia <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> <strong>internazionale</strong><br />

usa di De Gasperi è stato visto come l’emblematico inizio della<br />

soggezione agli Stati Uniti, e «dell’ingerenza americana <strong>nel</strong>la<br />

vita del paese», che sarebbe culminata <strong>nel</strong>l’espulsione delle<br />

sinistre dal governo 33 . Pietro Ingrao in una recente pubblicazione<br />

ha ripetuto tale accusa, sostenendo che il presidente del<br />

Consiglio a Washington «mendicava aiuti in cambio dell’estromissione<br />

dei “filosovietici” dal governo» 34 .<br />

Da tempo la storiografia ha ormai riportato l’episodio del<br />

viaggio negli usa <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> dell’emergenza finanziaria del<br />

periodo. Ha mostrato anche le difficoltà e le incertezze che caratterizzarono<br />

quel viaggio, i timori da parte italiana di un suo<br />

insuccesso, e il valore assunto quindi dalla pur modesta concessione<br />

del prestito dell’Eximbank 35 . Continua a mancare<br />

però la percezione della drammaticità della situazione econo-<br />

33. p. ingrao, Volevo la luna, Einaudi, Torino 2006, p. 170.<br />

34. Per questa posizione cfr. g. amendola, Riflessioni su una esperienza di governo<br />

del Pci, 1944-1947, in «Storia contemporanea», 1974, n. 4, p. 782. Nelle<br />

conversazioni con l’ambasciatore Kostylev invece il viaggio di De Gasperi era visto<br />

come un segno di debolezza, cfr. e. aga rossi, v. zaslavsky, Togliatti e Stalin,<br />

cit., pp. 220-222. La tesi del condizionamento americano sull’Italia è stata<br />

sostenuta da e. collotti, Collocazione <strong>internazionale</strong> dell’Italia dell’armistizio alle<br />

premesse dell’alleanza atlantica (1943-1947), in Istituto nazionale per la storia del<br />

movimento di liberazione in Italia, L’Italia dalla liberazione alla Repubblica, Milano<br />

1977, pp. 27-118 che ha avuto un’influenza notevole sulla storiografia successiva.<br />

35. Si veda l’equilibrata ricostruzione di p. craveri, De Gasperi, cit., e a. gambino,<br />

La situazione politica interna, in e. aga rossi (a cura di), Il piano Marshall<br />

e l’Europa, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 1983; oltre che il saggio di Martinez<br />

Oliva, già cit., cfr. anche p.l. ballini, 1947: il viaggio di De Gasperi negli Stati<br />

Uniti, in «Nuova antologia», 2005, vol. 140, n. 2234, pp. 5-66. Sulle trattative<br />

per il prestito da parte dell’Eximbank, si veda l. segreto, Finanza, industria e relazioni<br />

internazionali <strong>nel</strong>la Ricostruzione. Il prestito dell’Eximbank all’Italia (1947-<br />

1955), in «Passato e presente», a. xviii, n. 51, 2000. Sull’incertezza del momento,<br />

lo stesso De Gasperi avrebbe poi scritto a Tarchiani – ambasciatore a Washington –<br />

alcuni mesi dopo: «La gente credeva che io avessi in tasca chissà quali assicurazioni<br />

dall’America, e io duravo fatica non per conquistare successi, ma per impedire disastri»<br />

(lettera di De Gasperi a Tarchiani, 11 luglio 1947, in m.r. de gasperi [a cura<br />

di], De Gasperi scrive. Corrispondenza con capi di Stato, cardinali, uomini politici,<br />

giornalisti, diplomatici, Morcelliana, Brescia 1974, vol. i, pp. 130-31).<br />

47


02_Aga_Rossi 7-10-2007 10:39 Pagina 48<br />

48<br />

mica italiana in quel momento e della difficile posizione di De<br />

Gasperi.<br />

Per quanto riguarda l’appoggio dato a De Gasperi da parte<br />

degli usa, in realtà, se il viaggio fece conoscere De Gasperi alla<br />

dirigenza degli Stati Uniti e consentì al leader democristiano<br />

di stabilire un contatto con le autorità monetarie di quel paese<br />

che sarebbe stato molto utile nei mesi seguenti, da parte americana<br />

continuò l’atteggiamento di poca comprensione e di<br />

mancanza di fiducia per l’aggravarsi della situazione italiana e<br />

per la mancanza di misure incisive per la stabilizzazione economica<br />

del paese. L’emergenza <strong>nel</strong>la situazione economica e monetaria<br />

del paese culminò infatti nei primi mesi del 1947, senza<br />

che il governo riuscisse a prendere le misure necessarie per affrontare<br />

la crisi. Anche l’incapacità di ristabilire l’ordine pubblico<br />

e di tornare alla normalità aumentò il senso di insicurezza,<br />

alimentando l’impressione dell’inadeguatezza del governo.<br />

la svolta del 1947 <strong>nel</strong>la politica italiana:<br />

l’esclusione delle sinistre dal governo<br />

La svolta <strong>nel</strong>la politica interna del 1947 con l’estromissione<br />

delle sinistre e la fine dei governi di unità nazionale sono oggetto<br />

di una controversia storiografica ancora aperta. Le questioni<br />

in discussione sono il giudizio sull’attività svolta fino a<br />

quel momento dal governo di coalizione, il ruolo degli Stati<br />

Uniti <strong>nel</strong>la crisi del maggio 1947 e più in generale i condizionamenti<br />

della situazione <strong>internazionale</strong> sulla vicenda, il ruolo<br />

di De Gasperi e infine una valutazione complessiva dell’esito<br />

della svolta e delle conseguenze della estromissione delle sinistre.<br />

Parte della storiografia italiana ha spiegato l’esclusione delle<br />

sinistre come l’immediata conseguenza dello scontro tra Stati<br />

Uniti e urss e come l’accettazione da parte di De Gasperi<br />

di una richiesta o di un diktat da parte americana. Infatti secondo<br />

alcuni studiosi fu il governo americano a pretendere un


02_Aga_Rossi 7-10-2007 10:39 Pagina 49<br />

l’italia <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> <strong>internazionale</strong><br />

governo senza il pci come prezzo da pagare per gli aiuti economici<br />

necessari alla sopravvivenza del paese 36 .<br />

La documentazione resa disponibile in questi ultimi anni,<br />

in particolare le carte della dc, i verbali dei Consigli dei ministri<br />

e le carte di De Gasperi hanno permesso di ricostruire in<br />

modo più articolato le vicende interne e internazionali che<br />

portarono alla crisi di governo <strong>nel</strong>la primavera del 1947 e alla<br />

formazione di un governo De Gasperi senza le sinistre. Sulla<br />

base di questa documentazione si può, a mio parere, sostenere<br />

che la svolta del 1947 non fu espressione dei «condizionamenti»<br />

americani sulla politica italiana, ma ebbe origine <strong>nel</strong>la<br />

situazione interna del paese e <strong>nel</strong>la perdita di consensi alla dc<br />

che era iniziata l’anno precedente.<br />

De Gasperi si rendeva conto della debolezza della sua posizione<br />

e <strong>nel</strong>la primavera del 1947 cercò di convincere il governo<br />

americano della necessità di ulteriori aiuti per evitare il collasso<br />

del paese, sia direttamente con una serie di colloqui con<br />

l’ambasciatore americano James Dunn, sia indirettamente attraverso<br />

l’ambasciatore a Washington, Tarchiani.<br />

Il leader democristiano usò in questa situazione di emergenza<br />

la leva del pericolo comunista per avere l’assicurazione<br />

che l’Italia avrebbe avuto aiuti economici e che non sarebbe<br />

stato lasciato solo. Come ha scritto Charles Maier per il governo<br />

italiano «la debolezza era di per sé una strategia» 37 .<br />

La tensione dentro la maggioranza e la convinzione della<br />

necessità di aprire una crisi di governo spinse De Gasperi a rivolgersi<br />

direttamente al paese, con un accorato appello alla radio<br />

il 28 aprile. In quello stesso giorno il leader democristiano<br />

inviava una lettera personale e segreta al presidente Truman. In<br />

essa De Gasperi sottolineava la gravità della crisi italiana, cui<br />

36. Cfr. n. perrone, De Gasperi e l’America, Sellerio, Palermo 1995 e in modo<br />

più sfumato il recente g. sale, De Gasperi, gli usa e il Vaticano all’inizio della guerra<br />

fredda, Jaca Book, Milano 2005, p. 228.<br />

37. c. maier, «Hegemony and Autonomy Within The Western Alliance», in m.<br />

leffler, d. painter ed. Origins of The Cold War, Routledge, New York and London<br />

2005, pp. 228-229.<br />

49


02_Aga_Rossi 7-10-2007 10:39 Pagina 50<br />

50<br />

il governo non riusciva a far fronte senza aiuti esterni, e sollecitava<br />

una collaborazione con gli usa, attraverso la costituzione<br />

di un comitato misto di tecnici italiani e americani, per trovare<br />

una via d’uscita 38 .<br />

La richiesta di De Gasperi veniva immediatamente fatta<br />

propria da un memorandum del Dipartimento di Stato del 1°<br />

maggio, in cui si sosteneva l’urgenza di immediati aiuti finanziari<br />

all’Italia, senza una loro subordinazione alla stabilità e alla<br />

solvibilità del governo per evitare una vittoria delle sinistre<br />

alle prossime elezioni 39 . Lo stesso giorno il segretario di Stato<br />

Marshall interveniva direttamente con un telegramma all’ambasciatore<br />

americano a Roma, James Dunn, dichiarandosi<br />

«profondamente preoccupato del peggioramento della situazione<br />

politica ed economica, che apparentemente porta all’ulteriore<br />

crescita delle forze comuniste» 40 . Marshall chiedeva urgentemente<br />

il giudizio dell’ambasciatore sulla «possibilità che<br />

De Gasperi lasci la guida del governo o di un tentativo di formare<br />

un governo senza la sinistra estrema, sperando di migliorare<br />

le prospettive dei democratici cristiani <strong>nel</strong>le [future] elezioni»<br />

e la sua valutazione di un governo di tecnici.<br />

L’ambasciatore rispondeva due giorni dopo con un lungo<br />

telegramma, in cui sosteneva l’urgenza di inviare aiuti e grano,<br />

perché «fame e disoccupazione sono terreno fertile per il comunismo»<br />

e vi erano reali rischi «che nei prossimi sei mesi<br />

emerga una situazione in cui si verifichino morti per fame» 41 .<br />

Altra importante misura era l’utilizzo della propaganda: far sapere<br />

agli italiani che «l’adozione del comunismo avrebbe troncato<br />

le relazioni con gli usa». Seguiva una critica alla linea po-<br />

38. La lettera datata 28 aprile 1947 è pubblicata in m.r. de gasperi [a cura di],<br />

De Gasperi scrive, Morcelliana, Brescia 1974, e riportata in appendice in «Ventunesimo<br />

secolo», n. 12, febbraio 2007, pp. 169-170, in nota.<br />

39. Il memorandum è pubblicato in «Ventunesimo secolo», n. 12, cit. pp. 169-172.<br />

40. The Secretary of State to the Embassy in Italy, May 1, 1947, frus, 1947, v.<br />

iii, The British Commonwealth; Europe, Washington d.c. 1972, p. 889.<br />

41. The Ambassador in Italy to the Secretary of State, May 3 1947, ivi, pp. 889 e ss.


02_Aga_Rossi 7-10-2007 10:39 Pagina 51<br />

l’italia <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> <strong>internazionale</strong><br />

litica adottata fino a quel momento: «Noi – americani – abbiamo<br />

assunto agli occhi degli italiani un ruolo passivo sulla<br />

questione della crescita del comunismo italiano», mentre invece<br />

i comunisti avevano mostrato grande «vigore e energia» 42 .<br />

Questo scambio di lettere, del resto già pubblicate da tempo,<br />

mostra che ancora all’inizio di maggio il governo americano,<br />

pur sempre più preoccupato di fronte alla evidente debolezza<br />

e inadeguatezza del governo De Gasperi, e ponendosi<br />

quindi il problema di che cosa fare di fronte alla fragilità del<br />

regime democratico, non soltanto non pensava ad alcun intervento<br />

per spingere il governo italiano a espellere le sinistre ma,<br />

sulla base delle informazioni date dallo stesso De Gasperi, considerava<br />

possibile un governo senza la dc.<br />

Sull’evoluzione della crisi di governo aperta con le dimissioni<br />

di De Gasperi il 12 maggio 1947 disponiamo ormai di una<br />

ricostruzione molto accurata 43 . Una nuova documentazione sia<br />

edita sia inedita, e in particolare i verbali della Direzione della<br />

dc, mostrano una situazione di grande incertezza e divisione<br />

all’interno della dc, che rendeva possibile diverse alternative,<br />

da un governo tecnico a un governo allargato ad altri partiti,<br />

mentre la soluzione di un governo senza le sinistre fu sollevata,<br />

ma in un primo momento esclusa. Punto fermo fu per De Gasperi<br />

l’inclusione di esponenti liberali <strong>nel</strong>la veste di tecnici, che<br />

si concretizzò poi con la partecipazione di Einaudi, cui fu anche<br />

affidato il coordinamento dei dicasteri economici 44 .<br />

42. Ibidem. Con De Gasperi che era andato a trovarlo due giorni dopo, sperando<br />

in una risposta positiva alla sua lettera a Truman, Dunn assunse una posizione rigida,<br />

sostenendo che gli italiani dovevano prendere le misure necessarie per «mettere<br />

in ordine la loro casa» prima che il governo americano potesse prendere in considerazione<br />

altri aiuti al di là di rifornimenti alimentari (The Ambassador in Italy<br />

to the Secretary of State, May 6, 1947, ibidem).<br />

43. g. formigoni, De Gasperi e la crisi politica italiana del maggio 1947. Documenti<br />

e reinterpretazioni, «Ricerche di storia politica», n. 3, 2003, pp. 361-388. E<br />

ora p. craveri, De Gasperi, cit., pp. 291 e ss.<br />

44. Per il ruolo dei liberali si veda f. grassi orsini, I liberali, De Gasperi e la<br />

«svolta» del maggio 1947, «Ventunesimo secolo», n. 8, marzo 2004, pp. 33-69.<br />

51


02_Aga_Rossi 7-10-2007 10:39 Pagina 52<br />

52<br />

Fu De Gasperi a decidere l’esclusione delle sinistre dal governo<br />

dopo il fallimento di soluzioni alternative, come un governo<br />

di grande coalizione presieduto da Nitti o da Orlando,<br />

anche contro il parere di una parte del suo partito. Alla fine il<br />

leader democristiano assunse il rischio di un fallimento senza<br />

alcuna garanzia da parte americana, se non generiche assicurazioni<br />

di aiuti economici, che sarebbero arrivati poi molti mesi<br />

dopo. Probabilmente contribuì alla sua decisione la notizia trasmessagli<br />

da Washington dall’ambasciatore Tarchiani il 14<br />

maggio 1947, proprio durante la crisi, che il segretario di Stato<br />

Marshall stava pensando a un piano organico di aiuti per<br />

l’Europa, per evitare il rischio di una catastrofe economica 45 .<br />

Nella stessa lettera Tarchiani riferiva di un suo colloquio con il<br />

presidente Truman, che giudicava desiderabile un «ridimensionamento»<br />

delle forze comuniste (o pro-comuniste) <strong>nel</strong> nuovo<br />

governo De Gasperi, mentre considerava in quel momento una<br />

esclusione piena dei comunisti un passo azzardato 46 .<br />

La soluzione del monocolore non soddisfece, come è noto,<br />

il governo americano, che criticò l’assenza dei socialdemocratici<br />

47 . Permaneva ancora una certa sfiducia verso la capacità<br />

di De Gasperi di riuscire a controllare la situazione. All’inizio<br />

di maggio, del resto, l’ambasciatore Dunn aveva sottolineato<br />

la mancanza di fiducia da parte di importanti gruppi economici<br />

<strong>nel</strong>l’abilità del governo a guidare il paese 48 .<br />

Un ultimo problema riguarda, come dicevamo, la valutazione<br />

degli effetti dell’espulsione delle sinistre dal governo sulla<br />

sua politica successiva.<br />

45. La lettera di Tarchiani a De Gasperi, 14 maggio 1947, è pubblicata <strong>nel</strong>l’appendice<br />

di «Ventunesimo secolo», n. 12, 2006, pp. 173-174. Per convincere la Direzione<br />

dc, De Gasperi si dichiarò assolutamente certo che tali aiuti sarebbero arrivati,<br />

più facilmente senza le sinistre <strong>nel</strong> governo: cfr. g. formigoni, De Gasperi<br />

e la crisi politica italiana del maggio 1947. Documenti e reinterpretazioni, cit.<br />

46. Lettera di Tarchiani a De Gasperi, 14 maggio 1947, cit.<br />

47. The Secretary of State to the Embassy in Italy, June 6, 1947, in frus, 1947,<br />

v. iii, p. 919.<br />

48. The Ambassador in Italy to the Secretary of State, May 7, 1947, pp. 897-898.


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l’italia <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> <strong>internazionale</strong><br />

Diversi studiosi continuano a considerare la svolta del<br />

1947 e in generale gli anni degasperiani come «la fine delle<br />

possibilità di attuare un’incisiva politica di riforme sociali ed<br />

economiche» 49 . Molti storici hanno dato un giudizio negativo<br />

sull’esclusione delle sinistre dal governo <strong>nel</strong> maggio 1947,<br />

non soltanto perché considerano la politica degasperiana conservatrice<br />

e reazionaria, ma anche per un “pregiudizio positivo”<br />

nei confronti del pci. Continuano a vedere <strong>nel</strong> pci di allora<br />

un partito nazionale e autonomo, che stava costruendo la<br />

democrazia in Italia e non come un partito che era parte di un<br />

movimento <strong>internazionale</strong> guidato dall’urss e sottoposto alle<br />

sue direttive. Sono state così sottovalutate le origini interne<br />

della crisi del maggio 1947, dalla forte perdita di consenso della<br />

dc, alla crescente difficoltà di governare con un partito come<br />

il pci che alimentava ogni giorno l’opposizione al governo<br />

di cui faceva parte, bloccandone l’azione.<br />

Da quanto abbiamo detto si può concludere che la fine dei<br />

governi di unità nazionale non fu la conseguenza dello scoppio<br />

della guerra fredda e dello scontro tra Stati Uniti e urss,<br />

come spesso si continua ad affermare, ma la risposta a una situazione<br />

interna ormai insostenibile. De Gasperi decise di<br />

escludere le sinistre dal governo non perché lo voleva il governo<br />

americano, ma perché era la politica a suo parere più rispondente<br />

all’interesse nazionale.<br />

la svolta del 1947 <strong>nel</strong>la politica<strong>internazionale</strong>:<br />

il piano marshall, la nascita del cominform<br />

e le conseguenze <strong>nel</strong>la politica italiana<br />

La crisi italiana avvenne contemporaneamente al deterioramento<br />

definitivo dei rapporti tra gli alleati occidentali e l’urss<br />

e alla decisione del segretario di Stato Marshall di agire per<br />

49. Cfr. a. giovagnoli, Le premesse della ricostruzione, Nuovo Istituto Editoriale<br />

Italiano, Milano 1982, p. 317.<br />

53


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54<br />

bloccare l’espandersi dell’influenza sovietica in Europa. Infatti<br />

soltanto una settimana dopo la soluzione della crisi di governo<br />

italiana, Marshall annunciava a Harvard un piano per aiutare<br />

la ricostruzione dell’Europa, deciso dopo l’ennesimo fallimento<br />

dell’incontro del Consiglio dei ministri degli Esteri a<br />

Mosca dell’aprile e la constatazione dello stesso Marshall che<br />

«il paziente muore mentre i medici discutono».<br />

L’annuncio del piano Marshall segnava l’inizio di una<br />

controffensiva degli usa nei confronti dell’espansionismo sovietico<br />

sul piano economico, dopo una lunga fase in cui avevano<br />

solo reagito alle iniziative sovietiche. Il governo americano<br />

sceglieva di porsi «all’offensiva invece che sulla difensiva»,<br />

constatando che l’urss stava «sfruttando la crisi europea»<br />

e che l’aiuto all’Europa doveva essere diretto non a combattere<br />

il comunismo in sé, ma «a restaurare la forza economica e<br />

il vigore della società europea 50 . Il piano era stato preceduto<br />

<strong>nel</strong> marzo 1947 dalla dichiarazione di Truman riguardante gli<br />

aiuti alla Turchia e alla Grecia, divenuta famosa come «dottrina<br />

Truman». L’espressione in realtà è impropria, perché gli<br />

Stati Uniti erano stati spinti a dichiarare il loro appoggio a<br />

questi due paesi dall’improvvisa decisione della Gran Bretagna<br />

di cessare il proprio sostegno al governo greco, ma in quel<br />

momento non erano pronti a una difesa di tutti «i popoli liberi»,<br />

che il tono e la dichiarazione sembravano implicare 51 .<br />

L’iniziativa di Marshall aveva sin dall’inizio invece il carattere<br />

di un piano complessivo e organico, pur limitato alla sfera<br />

economica, che era assente dalle dichiarazioni di Truman di<br />

due mesi prima.<br />

50. La citazione è tratta dal memorandum Policy with Respect to American Aid to<br />

Western Europe. Views of the Policy Planning Staff, 23 maggio 1947, in frus, 1947,<br />

vol. iii, The British Commonwealth; Europe, cit., pp. 224 e ss.<br />

51. Si vedano le reazioni negative alla formulazione della dichiarazione di Truman<br />

di George Kennan, in g. kennan, Memoirs 1925-50, cit., pp. 332 e ss. Del resto<br />

il tono aggressivo di questa dichiarazione era in contrasto con la reale potenzialità<br />

militare del governo americano, che dal <strong>1945</strong> al 1947 aveva smobilitato in modo<br />

drastico le proprie forze armate.


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l’italia <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> <strong>internazionale</strong><br />

L’iniziativa americana provocò, come è noto, la reazione<br />

dell’urss facendo precipitare la situazione <strong>internazionale</strong>. La<br />

decisione di rifiutare gli aiuti del piano Marshall e la creazione<br />

del cominform, con la partecipazione anche del Partito comunista<br />

italiano e di quello francese, cui spettava il «compito<br />

speciale» di opporsi al tentativo degli Stati Uniti di «schiavizzare<br />

l’Europa», come disse Z ˇ danov 52 , seguita dall’offensiva sovietica<br />

<strong>nel</strong>l’area mediterranea, con gli aiuti all’insurrezione comunista<br />

greca, sancirono l’inizio della “guerra fredda”. I dirigenti<br />

americani sapevano che l’urss avrebbe mobilitato le forze<br />

dei partiti comunisti nei paesi occidentali per ostacolare l’attuazione<br />

del piano 53 .<br />

In seguito alle nuove direttive, il pci passò immediatamente<br />

a una politica più attiva e a una più intensa contrapposizione<br />

al governo De Gasperi, accusato di voler far perdere all’Italia<br />

la propria indipendenza, «infeudandosi» all’imperialismo<br />

americano. Nei mesi seguenti, il partito rafforzò la mobilitazione<br />

degli operai e dei contadini, a dimostrazione della capacità<br />

organizzativa del partito.<br />

Nella situazione venutasi a creare tra l’autunno del 1947 e<br />

gli inizi del <strong>1948</strong>, l’Italia da area marginale divenne per gli Stati<br />

Uniti uno dei centri nevralgici della guerra fredda. Il governo<br />

americano abbandonò la posizione di attesa tenuta fino a<br />

quel momento e pose in primo piano la questione di come appoggiare<br />

il governo italiano a vincere le elezioni e di cosa fare<br />

in caso di una presa del potere da parte del Partito comunista.<br />

L’Italia in quel momento era il paese più a rischio <strong>nel</strong>la sfera<br />

occidentale. Il governo italiano era debole e impotente militarmente,<br />

anche a causa delle umilianti clausole militari del<br />

52. Cfr. The Cominform, Minutes of the Three Conferences 1947/<strong>1948</strong>/1949, Annali<br />

Feltri<strong>nel</strong>li, Milano 1994, p. 251.<br />

53. Un documento dei servizi di intelligence americani sulle Probabili reazioni sovietiche<br />

ad un programma di aiuti americani all’Italia dell’inizio di agosto 1947 mostra<br />

quanto fossero esatte le previsioni del governo americano (il documento è pubblicato<br />

in «Ventunesimo secolo», n. 12, 2006, pp. 177-179.<br />

55


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trattato di pace, e il confine con la Jugoslavia era aperto a<br />

un’incursione di forze armate esterne. Gli Stati Uniti avevano<br />

ritirato le loro truppe dall’Italia <strong>nel</strong> dicembre del 1947 ed<br />

escludevano la possibilità di un loro intervento militare. Una<br />

serie di studi e relazioni preparate dal National Security Council<br />

e dalla cia sulle conseguenze di un arrivo al potere dei comunisti,<br />

sia attraverso un’azione insurrezionale sia attraverso<br />

libere elezioni, furono discusse dal governo americano 54 .<br />

Erano giustificate le previsioni americane? Non c’è dubbio<br />

che il pci fosse diviso e che una parte fosse favorevole a un’ipotesi<br />

insurrezionale. Durante una visita a Mosca <strong>nel</strong> dicembre<br />

1947, Pietro Secchia ventilò la possibilità di azione «preventiva»,<br />

accusando indirettamente Togliatti di eccessiva cautela,<br />

ma fu bloccato dalla secca risposta di Stalin: «Su questo<br />

problema non abbiamo divergenze. La valutazione della situazione<br />

e della tattica presentata dal compagno Togliatti è giusta.<br />

Riteniamo che non bisogna puntare sull’insurrezione, ma<br />

bisogna essere pronti se il nemico ci attacca» 55 .<br />

L’ipotesi di un’azione insurrezionale comunista, respinta<br />

dal dittatore sovietico, continuò a essere caldeggiata da Tito<br />

soprattutto dopo il colpo di Stato cecoslovacco del febbraio<br />

<strong>1948</strong>, e da parte della sinistra. Nenni avrebbe scritto <strong>nel</strong> suo<br />

diario il 30 aprile: «Le elezioni del <strong>1948</strong> sono stata l’ultima occasione<br />

per tentare <strong>nel</strong> <strong>1948</strong> quello che avremmo dovuto tentare<br />

<strong>nel</strong> ’45, e cioè la scalata al potere» 56 .<br />

In questa situazione di estrema tensione tra le due parti cambiò<br />

anche la posizione di De Gasperi; l’appoggio degli usa era<br />

54. Si veda m. del pero, L’alleato scomodo. Gli usa e la dc negli anni del centrismo<br />

(<strong>1948</strong>-1955), Carocci, Roma 2001, pp. 20-24; s. sechi, Compagno cittadino,<br />

Il pci tra via parlamentare e lotta armata, Rubbettino, Soveria Man<strong>nel</strong>li 2006,<br />

pp. 320-325; e. aga rossi, pci e urss <strong>nel</strong> periodo staliniano, in g. nicolosi (a<br />

cura di), I partiti politici <strong>nel</strong>l’Italia repubblicana, Rubbettino, Soveria Man<strong>nel</strong>li<br />

2006, pp. 106-107.<br />

55. Il verbale della conversazione tra Stalin e Secchia è riprodotto in e. aga rossi,<br />

v. zaslavsky, Togliatti e Stalin, cit., pp. 296-300, la frase citata è a p. 296.<br />

56. p. nenni, Tempo di guerra fredda, cit., p. 426.


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l’italia <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> <strong>internazionale</strong><br />

necessario ora non solo per la ripresa economica, ma anche per<br />

preservare la fragile democrazia in Italia dal pericolo comunista,<br />

prospettiva che De Gasperi usò per ottenere aiuti che tardavano<br />

ad arrivare 57 . In quel periodo entrambe le parti si armarono,<br />

pronte a fronteggiarsi in una guerra civile. Non soltanto la dc,<br />

ma anche organizzazioni di destra e neofasciste, si prepararono<br />

a contrapporsi all’apparato militare clandestino del pci 58 .<br />

Da parte comunista, la scelta definitiva di non ricorrere alla<br />

forza in Italia fu presa da Stalin in seguito all’evolversi della<br />

situazione <strong>internazionale</strong> <strong>nel</strong> febbraio-marzo <strong>1948</strong>. Essa fu<br />

dovuta, da un lato, al successo delle iniziative intraprese <strong>nel</strong><br />

1947 dall’amministrazione Truman per contenere l’espansionismo<br />

sovietico, con la difesa dell’Iran, della Grecia e della<br />

Turchia, e soprattutto con il piano Marshall; dall’altro al fallimento<br />

dell’insurrezione in Grecia, che avrebbe potuto servire<br />

come prova generale per l’Italia 59 . Fu decisiva, infine, la la rottura<br />

con la Jugoslavia in seguito al tentativo di Tito di creare<br />

una propria sfera d’influenza nei Balcani e <strong>nel</strong> Mediterraneo,<br />

col pretesto di sostenere l’insurrezione comunista in Grecia e<br />

in Italia. Senza l’appoggio di Tito qualsiasi iniziativa rivoluzionaria<br />

in Italia diventava irrealizzabile. Il primo atto ostile di<br />

Stalin nei confronti di Tito, con il ritiro dei consiglieri militari<br />

e degli specialisti, preludio alla prima frattura <strong>nel</strong> mondo comunista,<br />

è del 18 marzo <strong>1948</strong>. Pochi giorni dopo, il 23 marzo<br />

<strong>1948</strong> Togliatti ebbe un incontro segreto con l’ambasciatore sovietico<br />

Kostylev perché riferisse a Mosca la richiesta di diretti-<br />

57. Sul ritardo <strong>nel</strong>l’invio degli aiuti, si veda il saggio di j.c. martinez oliva in<br />

«Ventunesimo secolo», cit.<br />

58. Per la dc, si vedano i documenti della Direzione dc, 3-4 dicembre 1947,<br />

pubblicati in «Ventunesimo secolo», n. 10, 2006, introdotti da p. craveri, Prove<br />

della guerra civile <strong>nel</strong>la dc, e curati da e. bernardi, La Democrazia cristiana e<br />

la guerra fredda: una selezione di documenti inediti (1947-50). Per i neofascisti si veda<br />

il volume di g. parlato, Fascisti senza Mussolini, il Mulino, Bologna 2006.<br />

59. Sul ruolo delle vicende greche <strong>nel</strong>la strategia di Stalin <strong>nel</strong>l’area mediterranea si<br />

veda v. zaslavsky, Lo stalinismo e la sinistra italiana, Mondadori, Milano 2004,<br />

pp. 93 e ss.<br />

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ve da parte del pci <strong>nel</strong> caso che una vittoria elettorale <strong>nel</strong>le elezioni,<br />

ora fissate per aprile, non fosse stata riconosciuta dalla<br />

dc e dagli americani 60 . In quel momento i comunisti ritenevano<br />

molto probabile una vittoria, come mostrano i loro incontri<br />

con l’ambasciatore sovietico, ma erano anche pronti a<br />

utilizzare le armi nascoste in caso di contestazioni. La risposta<br />

di Mosca fu netta: autorizzare l’uso delle armi soltanto <strong>nel</strong> caso<br />

di un attacco alle sedi o ai dirigenti del pci. Quindi, la decisione<br />

di non utilizzare l’organizzazione militare clandestina<br />

comunista a fini insurrezionali fu presa da Stalin.<br />

Accantonata l’alternativa dell’insurrezione armata, l’esito<br />

dello scontro tra i due schieramenti in Italia doveva essere deciso<br />

<strong>nel</strong>le cabine elettorali. Le elezioni dell’aprile furono il primo<br />

scontro frontale tra le forze dei due campi. Malgrado la massiccia<br />

campagna propagandistico-ideologica organizzata da entrambe<br />

le parti e gli aiuti finanziari americani e sovietici, la<br />

maggioranza della popolazione votò secondo la percezione dei<br />

propri interessi immediati, valutando il peso dei concreti aiuti<br />

americani contro le vaghe promesse di maggiore giustizia sociale<br />

e benessere economico del lontano modello sovietico. La dc<br />

ottenne il 48% dei voti, contro il 31% del Fronte popolare.<br />

L’incertezza sul dopo elezioni e su un possibile atto di forza<br />

era condivisa da entrambe le parti. Appena noti i risultati delle<br />

elezioni dell’aprile <strong>1948</strong> De Gasperi chiese se poteva contare<br />

sull’appoggio degli usa in caso i comunisti reagissero con la<br />

violenza. Anche in questo caso la risposta del Dipartimento di<br />

Stato, approvata e firmata da Truman il 20 aprile <strong>1948</strong> fu che<br />

il governo americano avrebbe assicurato l’aiuto ritenuto necessario,<br />

aggiungendo però che «dovrebbe essere messo in chiaro<br />

che il nostro appoggio non – ripeto non – potrà includere aiuto<br />

da parte delle forze armate degli usa» 61 . Questo documen-<br />

60. e. aga rossi, v. zaslavsky, Togliatti e Stalin, cit., p. 233-234.<br />

61. Memorandum, The White House, Washington, April 20, <strong>1948</strong>, President’s<br />

Secretary File, Papers of Harry Truman, Harry S. Truman Library, Indipendence,<br />

Missouri.


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l’italia <strong>nel</strong> <strong>contesto</strong> <strong>internazionale</strong><br />

to dovrebbe smentire due giudizi ricorrenti <strong>nel</strong>la storiografia,<br />

che De Gasperi utilizzasse in modo strumentale il pericolo di<br />

un’insurrezione comunista, cui egli stesso non avrebbe creduto,<br />

e che gli Stati Uniti fossero pronti a intervenire militarmente<br />

in Italia per bloccarla. Il pericolo era percepito invece come<br />

reale e non cessò con il grande successo elettorale del <strong>1948</strong>.<br />

La storiografia ha a lungo sottovalutato le difficoltà interne<br />

e internazionali che hanno condizionato la rinascita democratica<br />

in Italia. Si deve ricordare che in una situazione in cui<br />

erano deboli le forze liberali e avevano una forte presa sulla popolazione<br />

gli estremismi sia di destra sia di sinistra, ricostruire<br />

un assetto istituzionale democratico e consolidarlo ha rappresentato<br />

un successo considerevole. Questo risultato fu dovuto<br />

in gran parte alla capacità politica, equilibrio e senso dello Stato<br />

di Alcide De Gasperi, che guidò un pae se lacerato e diviso<br />

<strong>nel</strong>la delicata fase di transizione dal fascismo alla democrazia,<br />

portandolo <strong>nel</strong> campo occidentale, senza il ricorso a metodi<br />

autoritari e a eccessive interferenze da parte degli usa.<br />

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