Biellenews n.45
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Max<br />
Manfredi,<br />
autobiografia<br />
e deliri<br />
di Max Manfredi<br />
Mi chiamo Massimo Manfredi, certi mi chiamano<br />
Max. Se i miei concerti hanno della battaglia, Max è il<br />
mio "nome di battaglia".<br />
Sono nato di Dicembre (1956) ed uno dei sigilli<br />
della mia lirica è l'inverno: ci ho sempre scodinzolato<br />
attorno.<br />
Ho cominciato a suonare la chitarra a sette anni (da<br />
allora non ho mai imparato) e a far canzoni da tredici<br />
(da allora non ho smesso mai). Come scrittore, ho<br />
sempre trescato con la musica: questo è uno dei<br />
motivi chi mi spinge alla canzone pur non essendo<br />
quel che si dice, in genere, un "musicista".<br />
Lo studio della monodia profana del medioevo<br />
(della quale mi occupo tuttora) e del canto popolare<br />
italiano incidono, credo, più sull'intenzione<br />
che sulla sostanza del mio lavoro. Nella giovinezza<br />
ho scialato i pochi talenti che mi trovavo in<br />
tasca, come un ragazzetto sciala nei flipper gli<br />
spiccioli della paga: teatro del peggiore, libri mai<br />
pubblicati, complessini rock, musica d'improvvisazione;<br />
in breve, ostinati tentativi di rianimare una<br />
città che pare condannata, quanto più si sbraca a<br />
muoversi, a ruminarsi sfilate di zombi che leccano<br />
il già accaduto, celebrano il già esistente,<br />
bestemmiano il non-nato; a Genova ogni movimento<br />
culturale è danse macabre, seppur meno<br />
romanticamente pittoresco. (Genova è una<br />
necropoli turistica ed industriale nei pressi di<br />
Luni). Ho scritto una lunga novella, "Trita<br />
Provincia", che NON descrive questa situazione.<br />
Nella fedeltà della canzone "doc" a me, non vorrei ravvisare<br />
nulla di patetico, tipo "gli sforzi vengono premiati"<br />
etc. Certa miopia critica l'ha data per spacciata (mentre<br />
semmai si trattava di esaurimento commerciale),<br />
una simmetrica presbiopia vorrebbe incrociarla nell'effimero<br />
ritorno di un revival, quasi dotandola dell'aura<br />
d'una lingua-cultura semiestinta. Ma, non mi stanco di<br />
ripeterlo, la canzone "doc", lungi dall'essere un'invenzione<br />
degli anni '50 e '60 volta ad appesantire di significati<br />
la musica delle "leggere", è una delle prime forme<br />
della poesia: lì va ricercata la sempre sfuggente "origine":<br />
nel canto etnico, nel "melos" greco, nelle musiche<br />
perdute o fossili o tuttora vive nella loro isola, nel liuto<br />
strimpellato dal Petrarca, nella poesia nera dei bluesmen,<br />
nelle mistiche performance di William Blake, altro<br />
che festival di Sanremo. Voglio dire che, se di qualcosa<br />
la canzone "doc" non ha bisogno, è di un pedigree.<br />
Tanto peggio per i "poeti" affamati di specificità; sordi<br />
ai confini, cercano i distinguo: la settorialità professionale<br />
li condanna alla giusta sanzione d'un non-ascolto<br />
a loro sgradito, d'un circolo vizioso e viziato che li cita<br />
come "poeti", chissà perchè , sulla scorta di inesauste<br />
trafile burocratiche, senza neanche il cretinismo sublime<br />
delle Accademie.<br />
Torniamo piuttosto a polemizzare con me stesso.<br />
Dispongo d'un pugno di canzoni che mi diverte cantare.<br />
La canzone è forse la forma più clandestina e cialtrona<br />
di esecuzione della propria scrittura: quella<br />
"mediazione immediata" fra l'autore e il suo lavoro<br />
che tanto mi prende: non più un alfabeto depositato<br />
su una tabula a mia rappresentanza; ma io stesso lì,<br />
e tanto peggio per la mia faccia, e tanto peggio se "le<br />
prossime" s'intristiscono tiepidamente delle tristezze<br />
MIE. Vuoi cantare con una big band? Benissimo,<br />
pigliati la tua chitarra e inventatela, la big band, se ti<br />
riesce! T'ossessionano i suoni perduti, i plettri di<br />
Ninive, i flauti e i cori delle sirene? Fanne a meno -<br />
impara piuttosto le posizioni sulla chitarra elettrica,<br />
abitane il suono pieno e dimesso; oppure, non appena<br />
sei ricco, sprecati nel collezionismo.<br />
E, come diceva Baudelaire: "Et hue, donc! Bourrique!<br />
Sue, donc, esclave! Vis donc, damnè!" Oppure: "Allezvous<br />
bientòt manger votre soupe, sacrè bougre de<br />
merchand de nuages!" O ancora (Lacan): "Mangia il<br />
tuo Dasein, che si raffredda."<br />
Non ricco, i miei concerti li faccio da solo o con<br />
l'accompagnamento di ottimi strumentisti. Non<br />
sono dotato del talento dell'organizzatore-capobranco:<br />
son troppo pigro per plagiare una intera<br />
band senza pagarla.<br />
Dicono, d'altronde, che l'impatto coi miei testi assorbe<br />
già l'attenzione, senza bisogno di sviarla con allettamenti<br />
sonori che rischiano di proiettare chi ascolta<br />
"in un altro film", come dice "Eldorado" de Angelis.<br />
Perché, sia detto senza falsa modestia, le mie canzoni<br />
rappresentano uno dei risultati più alti della moderna<br />
cinematografia italiana.<br />
N.B. Questa "delirante" (ma lucidissima) auto-presentazione<br />
la scrissi decenni fa, per un Pino De Grassi (di<br />
cui ancora ignoravo i deliri). O…<br />
da www.progettobabele.it<br />
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le bielle<br />
monografie