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Corso di Fotografia 2010-2011: Marzinis - UTLE Fiumana

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UNIVERSITÀ DELLA TERZA E DELLE LIBERE ETÀ<br />

<strong>di</strong> Fiume Veneto (PN)<br />

ANNO ACCADEMICO <strong>2010</strong>-<strong>2011</strong><br />

CORSO DI FOTOGRAFIA<br />

MARZINIS<br />

La chiesetta campestre <strong>di</strong> San Girolamo<br />

Allievi: Boccalon Bruna, Brussolo Mariola, Cogo Elisabetta, Cogo Francesco, Cristoforetti Mauro, De Pellegrin Mario, Maniero<br />

Patrizio, Perotti Lorena, Trevisanutto Silvia, Vedovato Clau<strong>di</strong>a.<br />

Docente: Molinari Denis<br />

Coor<strong>di</strong>natore: Rosset Agostino


PREFAZIONE<br />

Il corso <strong>di</strong> fotografia sulla chiesa <strong>di</strong> S. Girolamo <strong>di</strong> <strong>Marzinis</strong>, organizzato<br />

nell’ambito dell’Università della Terza e delle Libere Età <strong>di</strong> Fiume Veneto (PN) per<br />

l’anno accademico <strong>2010</strong>-<strong>2011</strong> e coor<strong>di</strong>nato da Agostino Rosset e Denis Molinari, ha<br />

costituito l’occasione per approfon<strong>di</strong>re una realtà storica vicina a tutti i partecipanti,<br />

contribuendo a valorizzare un luogo <strong>di</strong> notevole fascino e suggestione, nonché ad<br />

accrescere il comune senso <strong>di</strong> appartenenza alle tra<strong>di</strong>zioni e al proprio passato.<br />

Gli autori, in particolare, hanno saputo ripercorrere le tappe essenziali dei<br />

cambiamenti e delle vicende che per secoli hanno interessato <strong>Marzinis</strong> e il suo<br />

territorio, offrendo un quadro ricco e vivace <strong>di</strong> una realtà locale per molti ancora poco<br />

nota e sfuggente, ma non per questo meno importante: ne sono riprova anche le<br />

recenti pubblicazioni curate da storici, storici dell’arte e appassionati locali che ne<br />

hanno evidenziato le particolarità storico-artistiche.<br />

Da questa ricerca, frutto <strong>di</strong> un lavoro <strong>di</strong> gruppo sapientemente coor<strong>di</strong>nato, è<br />

stato prodotto un lavoro organico e coerente, articolato in tre parti principali. Esso<br />

presenta anzitutto una premessa generale sulla storia del paese, anche con corretti<br />

riferimenti toponomastici, <strong>di</strong> cui vengono ripercorsi i principali eventi, a partire<br />

dall’età neolitica, riservando una particolare attenzione alla presenza romana nel<br />

territorio, senza trascurare le vicende successive del periodo me<strong>di</strong>evale e<br />

rinascimentale, per passare in rapida rassegna, infine, gli eventi car<strong>di</strong>ne che hanno<br />

caratterizzato le vicende storiche e umane <strong>di</strong> questo territorio fino ai giorni nostri. Pur<br />

con un’impostazione sintetica – che peraltro ha il pregio <strong>di</strong> offrire un quadro storico<br />

facilmente consultabile ed efficace – emerge una ricostruzione ricca <strong>di</strong> notizie puntuali<br />

e documentate, che evidenziano una lettura attenta delle fonti, a conferma anche<br />

della ricca bibliografia consultata.<br />

A catturare l’attenzione del lettore sono però soprattutto le notizie che<br />

riguardano le due peculiarità che hanno contrad<strong>di</strong>stinto <strong>Marzinis</strong> nella storia, trattate<br />

in due parti <strong>di</strong>fferenti: la presenza <strong>di</strong> un ricco bosco fonte <strong>di</strong> ripetuti<br />

approvvigionamenti nelle varie epoche storiche, citato in vari documenti <strong>di</strong> età<br />

me<strong>di</strong>evale e non solo, e soprattutto la chiesa <strong>di</strong> S. Girolamo, piccolo gioiello del<br />

passato, che ancora oggi è possibile ammirare in un contesto campestre <strong>di</strong> aperta<br />

campagna dal sapore antico.<br />

La chiesa, in seguito agli interventi <strong>di</strong> restauro iniziati ancora nel 1995 per<br />

interessamento del conte Vincenzo Panciera <strong>di</strong> Zoppola, con il benestare della<br />

Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, ha<br />

rivelato la presenza <strong>di</strong> affreschi straor<strong>di</strong>nari, certamente per l’apparato iconografico,<br />

ma soprattutto per la paternità del loro autore: secondo l’ipotesi più accre<strong>di</strong>tata,<br />

come giustamente ricordato dagli autori, la maggior parte del ciclo è da attribuire a<br />

Giovanni Antonio de’ Sacchis detto il Pordenone. È su questo e<strong>di</strong>ficio, dunque, piccolo<br />

ma così ricco <strong>di</strong> storia, che il lavoro degli allievi dell’Università della Terza e delle<br />

Libere Età ha concentrato la propria attenzione, offrendone una descrizione puntuale,<br />

sia per quel che riguarda le caratteristiche architettoniche, esaminate all’esterno e<br />

all’interno, che quelle iconografiche.<br />

Strumento fondamentale <strong>di</strong> questa ricerca e scopo del corso sono le dettagliate<br />

fotografie che fungono da linee guida al testo stesso.<br />

Porcia, 27 ottobre 2012<br />

Dott.ssa Raffaella Bortolin


UBICAZIONE<br />

La chiesetta campestre <strong>di</strong> <strong>Marzinis</strong> si trova in comune <strong>di</strong> Fiume Veneto (PN) ai<br />

margini della tenuta agricola dei conti Panciera <strong>di</strong> Zoppola. Sorge in una terra ricca <strong>di</strong><br />

risorgive, attraversata dal fiume Sile. Il nome della zona, <strong>Marzinis</strong> (Mardhini), pare<br />

derivi da “marcio/paludoso+arso/secco”, attribuitole per in<strong>di</strong>care un luogo paludoso in<br />

cui il terreno cretaceo alternava perio<strong>di</strong> fangosi ad altri riarsi e screpolati.<br />

Già nel tardo Neolitico abbiamo la colonizzazione del nostro comune. Ne è<br />

testimone il sito archeologico <strong>di</strong> Bannia - Palazzine <strong>di</strong> Sopra, scoperto da Addone<br />

Grillo in seguito all’affioramento sulla superficie dei campi arati, <strong>di</strong> proprietà della<br />

famiglia Costella, <strong>di</strong> alcuni materiali archeologici quali reperti <strong>di</strong> terracotta e manufatti<br />

in pietra scheggiata.<br />

I primi abitanti <strong>di</strong> questo territorio, <strong>di</strong> cui abbiamo notizie abbastanza certe,<br />

furono i Veneti, una popolazione indoeuropea, che giunse in Friuli 3000 anni fa.<br />

Testimonianza della loro presenza sono i bronzetti paleoveneti, databili tra VIII e IV<br />

secolo a. C., rinvenuti da Addone Grillo in via Fratte <strong>di</strong> Praturlone e ora visibili al<br />

Museo <strong>di</strong> Torre <strong>di</strong> Pordenone. I quattro bronzetti rappresentano un omaggio<br />

propiziatorio agli dei prima <strong>di</strong> andare a combattere.<br />

Nel V-IV secolo a.C. calarono in Friuli i Carni, un popolo <strong>di</strong> stirpe gallo-celtica.<br />

Nel II secolo a.C., i Romani, per proteggersi dalle minacciose e massicce immigrazioni<br />

nella regione da parte dei gallo-celtici, decisero <strong>di</strong> fondare una nuova base ad Aquileia<br />

(181 a.C.), poi circa nell’anno 40 a.C., Concor<strong>di</strong>a, alla quale ancora oggi è legata la<br />

storia <strong>di</strong> Fiume Veneto. A questi coloni-militari furono assegnate delle terre dell’agro<br />

<strong>di</strong> appartenenza quale incentivo per trasferirsi dal Sannio, cioè dal territorio oggi<br />

<strong>di</strong>viso tra Abruzzo, Molise e alta Campania. Questi primi colonizzatori, che non<br />

provenivano dalla città <strong>di</strong> Roma, sarebbero da chiamare più propriamente Latini. I<br />

Romani costruirono delle gran<strong>di</strong> strade che, partendo da Aquileia, s’irra<strong>di</strong>avano in<br />

tutte le <strong>di</strong>rezioni e prendevano il nome da chi le aveva tracciate o dalle località verso<br />

cui erano <strong>di</strong>rette: la via Postumia, aperta nel 148 a.C. dal console Spurio Postumio<br />

Albino, partiva da Genova, passava per Oderzo, Pasiano, <strong>Marzinis</strong> e Valvasone prima<br />

<strong>di</strong> giungere ad Aquileia. A <strong>Marzinis</strong> rimangono tracce del decumano.<br />

I Romani bonificarono anche aree paludose e boschive del nostro territorio,<br />

sud<strong>di</strong>videndolo in centurie <strong>di</strong> circa 50 ettari ciascuna, pari a 200 jugeri; la<br />

centuriazione <strong>di</strong> Concor<strong>di</strong>a si estendeva dal mare alle Prealpi pordenonesi. Inoltre<br />

introdussero qui da noi la moderna agricoltura e non deve sorprendere che l’unità <strong>di</strong><br />

misura del “campo” agrario, 5048,68 metri quadrati, corrisponda proprio a 2 jugeri. I<br />

Romani che si stabilirono da noi furono per lo più degli agricoltori, ma non mancarono<br />

quelli che si <strong>di</strong>edero alla produzione <strong>di</strong> mattoni, <strong>di</strong> embrici (simili alle tegole della<br />

<strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> 40x70 cm) e <strong>di</strong> materiali per la costruzione <strong>di</strong> case e ne è<br />

testimonianza concreta la presenza <strong>di</strong> una fornace in prossimità dell’ex Mulino <strong>di</strong><br />

<strong>Marzinis</strong>.<br />

Infine, sulla presenza romana a <strong>Marzinis</strong>, dobbiamo ricordare che una parte<br />

significativa della loro vita sociale era il mercato, con la compraven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> merci e lo<br />

scambio <strong>di</strong> moneta. Monete del periodo augusteo, forse non preziose, ma certamente<br />

<strong>di</strong> uso comune, furono trovate in loco e donate al Museo <strong>di</strong> San Vito da Addone Grillo.<br />

Veniamo a tempi più recenti: già in un documento notarile del 1297 è citato il<br />

toponimo <strong>di</strong> <strong>Marzinis</strong>.<br />

Un documento sulla storia <strong>di</strong> <strong>Marzinis</strong> fu redatto nel castello <strong>di</strong> San Vito al<br />

Tagliamento il 22 giugno 1343, in cui il Patriarca <strong>di</strong> Aquileia Bertrando confermava<br />

alcuni <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> pascolo e taglio della legna agli uomini <strong>di</strong> Cusano. Uno successivo, del<br />

1373, attesta l’origine della famiglia Altano <strong>di</strong> San Vito al Tagliamento e il possesso<br />

della villa <strong>di</strong> <strong>Marzinis</strong> da parte <strong>di</strong> Nicolussio, figlio naturale del capostipite Antonio. Il


22 <strong>di</strong>cembre 1429 Franceschino Panciera acquista da Gabriele de Saldonieri <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne<br />

la villa e il territorio <strong>di</strong> <strong>Marzinis</strong>.<br />

I Panciera, originari <strong>di</strong> Portogruaro, nel 1405 avevano acquistato il castello <strong>di</strong><br />

Zoppola con le sue pertinenze, ed ebbero in Antonio, patriarca <strong>di</strong> Aquileia dal 1402 al<br />

1411, poi eletto car<strong>di</strong>nale, il personaggio più illustre. Da allora la storia <strong>di</strong> <strong>Marzinis</strong> è<br />

legata alla famiglia Panciera.<br />

Le famiglie del luogo erano vincolate ai Panciera da “contratti <strong>di</strong> affitto” e, dalla<br />

fine dell’Ottocento, “da contratti <strong>di</strong> mezzadria” e, mentre nel Seicento alcuni<br />

lavoravano anche in un grande mulino azionato da una ruota idraulica, nel Settecento<br />

e nell’Ottocento circa 60 persone erano occupate in una cartiera. Nel Novecento nei<br />

locali della cartiera venne installata una segheria. Le famiglie, a struttura patriarcale,<br />

arrivarono ad avere una sessantina <strong>di</strong> elementi.<br />

Le cucine, oltre ai pasti familiari, in primavera ospitavano la prima fase <strong>di</strong><br />

allevamento dei bachi da seta e, in autunno, le pannocchie che si scartocciavano dopo<br />

la cena. Momenti importanti degli abitanti <strong>di</strong> <strong>Marzinis</strong> si svolgevano davanti al<br />

“Fogolar” e nel fienile, che era usato anche come camera da letto per i ragazzi e i<br />

giovani non sposati.<br />

La vita sociale si sviluppava nella piazzetta davanti al campanile, dove i<br />

conta<strong>di</strong>ni si riunivano per consegnare i prodotti agricoli, ricevere gli or<strong>di</strong>ni del fattore<br />

e per le varie consultazioni al fine <strong>di</strong> svolgere al meglio il loro lavoro. Nel grande<br />

e<strong>di</strong>ficio che ospitava i granai, trovarono posto dal 1909 al 1961 la scuola elementare<br />

e dal 1944 al 1947 l’asilo infantile. Lì insegnò anche Augusta (Tina) Da Riva in De<br />

Lorenzi (1924-1988). A oggi, ottobre 2012, a <strong>Marzinis</strong> è rimasta solo la famiglia <strong>di</strong><br />

Camillo Borean e Giuseppina Boccalon.<br />

La vita religiosa della comunità aveva come riferimento la chiesetta <strong>di</strong> S.<br />

Girolamo, dove il parroco <strong>di</strong> Pescincanna celebrava la Santa Messa tutte le domeniche<br />

e i mercoledì. La festa religiosa più importante e sentita era l’11 novembre: San<br />

Martino, santo amato dai conta<strong>di</strong>ni e dal mondo rurale, perché tale giorno, per<br />

convenzione, rappresentava il termine dell’annata agricola.


IL BOSCO DI MARZINIS<br />

L’antico bosco che ammiriamo lungo il corso del fiume Sile ha una superficie <strong>di</strong><br />

10,56 ettari, è un bosco planiziale con gran<strong>di</strong> querce e piante autoctone ed è inserito<br />

nell’azienda agricola dei conti Panciera <strong>di</strong> Zoppola. Il bosco è ciò che resta a Fiume<br />

Veneto della Foresta Lupanica post glaciale: è “un fossile” e dentro è pieno <strong>di</strong><br />

sorprese. Vi crescono sia piante che si trovano solo in ambienti fred<strong>di</strong> che specie sub<br />

termofile (che amano il caldo non troppo forte) del me<strong>di</strong>terraneo ovvero relitti<br />

dell’epoca glaciale con piante della macchia me<strong>di</strong>terranea. È un museo e <strong>di</strong>zionario del<br />

nostro ambiente del passato, ma anche in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> come sarebbe il paesaggio se l’uomo<br />

non l’avesse ra<strong>di</strong>calmente mo<strong>di</strong>ficato. Il fiume Sile, che attraversa il bosco, scorre<br />

lento e serpeggiante rendendo il terreno umido e fertile da oltre 4.800 anni.<br />

Tra le due guerre mon<strong>di</strong>ali è avvenuto un importante cambiamento attraverso<br />

una vasta opera <strong>di</strong> bonifica e <strong>di</strong> <strong>di</strong>sboscamento che ha esteso il terreno coltivabile al<br />

punto che ve<strong>di</strong>amo oggi. Con un rapido excursus cerchiamo <strong>di</strong> descriverne<br />

l’evoluzione:<br />

– 3000 a.C. Bosco ovunque e piccoli inse<strong>di</strong>amenti umani; qualche intervento<br />

agricolo.<br />

– Epoca romana. Inse<strong>di</strong>amenti umani sempre più numerosi, fondazioni <strong>di</strong> città<br />

(Aquileia, Concor<strong>di</strong>a) che intaccano la foresta. La centuriazione (<strong>di</strong>stribuzione<br />

della terra ai veterani <strong>di</strong> guerra) favorisce la coltivazione. Polibio (II secolo<br />

a.C.) descrive le nostre terre come ampie zone agricole circondate da<br />

querceti.<br />

– Alto Me<strong>di</strong>oevo. Spopolamento generale e scorrerie. Il bosco ricresce ovunque.<br />

– Basso Me<strong>di</strong>oevo. Il bosco, <strong>di</strong> proprietà dei Signori feudali, è protetto. Lento<br />

ripopolamento e ricomparsa dell'agricoltura.<br />

– Epoca veneziana (1420-1797). Vi è un dualismo <strong>di</strong> interventi: da un lato<br />

Venezia protegge i boschi come materia prima per le sue navi (boschi <strong>di</strong><br />

Stato), dall'altro favorisce lo sviluppo dell'agricoltura. Poiché la popolazione<br />

sta aumentando vertiginosamente, mette in ven<strong>di</strong>ta le proprietà feudali e<br />

quelle pubbliche e ciò porterà alla creazione del latifon<strong>di</strong>smo privato: la<br />

conseguenza è che <strong>di</strong> nuovo il bosco è salvaguardato.<br />

– Epoca francese (1797 e 1805-1813). Con l'introduzione della tassa sulle<br />

proprietà si riscontrano l'accentramento delle proprietà e l’immobilismo<br />

agricolo più accentuato: i boschi sono abbandonati.<br />

– Epoca austriaca (1797-1805 e 1813-1866). Si inizia una progressiva opera <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sboscamento per favorire una nuova idea <strong>di</strong> coltivazione delle terre e<br />

l’inse<strong>di</strong>amento dell'industria.<br />

– Regno d'Italia (1866). L'agricoltura <strong>di</strong>venta necessità <strong>di</strong> vita e nuova fonte <strong>di</strong><br />

guadagno <strong>di</strong> tipo industriale. Si inizia il grande <strong>di</strong>sboscamento a favore della<br />

coltivazione estensiva, che culminerà negli anni Trenta con le gran<strong>di</strong> bonifiche.<br />

Quello <strong>di</strong> <strong>Marzinis</strong> è oggi un bosco intatto come l'originario? Certamente no. Il<br />

lavoro agricolo, l'introduzione <strong>di</strong> nuove specie <strong>di</strong> piante e il bosco ceduo hanno<br />

mo<strong>di</strong>ficato la struttura del querco-carpineto soprattutto in un fattore: la luce. In<br />

origine era un bosco buio, ma oggi è rado e luminoso e ha al suo interno piante che<br />

appartengono al genere delle siepi e ai boschi riparii (<strong>di</strong> lungo fiume). Il massimo<br />

della fioritura del sottobosco avviene nei mesi <strong>di</strong> marzo e aprile e in estate ricorderà<br />

ancora il suo aspetto originario, quando gli alberi avranno la loro frondosa chioma, il<br />

sottobosco si farà buio e sarà il tempo dei frutti. Oggi, dal punto <strong>di</strong> vista naturalistico,<br />

il bosco <strong>di</strong> <strong>Marzinis</strong>, per la sua interessante flora, è annoverato tra i Siti d’Interesse<br />

Comunitario (SIC).


L’ORATORIO DI SAN GIROLAMO<br />

L’Oratorio <strong>di</strong> San Girolamo è una piccola chiesa <strong>di</strong> origine votiva, realizzata nel<br />

XV secolo ed è sempre stato soggetto alla pieve <strong>di</strong> Pescincanna. L’oratorio (dal latino<br />

orare, pregare) è un luogo <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni destinato alla preghiera e al culto<br />

privato <strong>di</strong> famiglie e comunità. San Girolamo è venerato dai cattolici come santo,<br />

padre e dottore della chiesa che ha posto al centro della sua vita la Bibbia. Fu il primo<br />

traduttore della Bibbia dal greco e dall’ebraico al latino.<br />

Sofronio Eusebio Girolamo, meglio noto come San Girolamo, nacque a Stridone,<br />

o<strong>di</strong>erna Portole in Croazia, verso il 347 da una famiglia cristiana. Nel 366 ricevette il<br />

battesimo dal Papa Liberio. Nel 379 fu or<strong>di</strong>nato sacerdote dal vescovo Paolino <strong>di</strong><br />

Antiochia. Durante un soggiorno ad Aquileia maturò l’idea <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare monaco. Si<br />

spense a Betlemme nella sua cella, vicino alla grotta della natività, il 30 settembre nel<br />

419 o 420. La chiesa lo festeggia il 30 settembre ed è il protettore degli archeologi,<br />

bibliotecari, traduttori e stu<strong>di</strong>osi in genere.<br />

La chiesa è orientata lungo un asse longitu<strong>di</strong>nale est-ovest, con abside volta<br />

verso oriente, come si usava allora. Ha un’impostazione architettonica molto<br />

semplice: si compone <strong>di</strong> un’aula rettangolare sulla quale, rialzato <strong>di</strong> un gra<strong>di</strong>no,<br />

s’innesta il presbiterio, che è collegato all’aula da un arco a sesto acuto, che è<br />

sovrastato da una volta a crociera, con vele <strong>di</strong>stinte da costoloni. Una piccola<br />

sacrestia rettangolare è stata aggiunta a destra del presbiterio nel 1765. Nel costruire<br />

questa sacrestia fu chiusa una finestra che dava luce alla zona absidale e fu aperta<br />

una porta sulla parete corrispondente.<br />

La sacrestia fu realizzata con ciottoli <strong>di</strong> fiume e, solo per gli angoli, furono<br />

impiegati i mattoni.<br />

Il ciclo degli affreschi, in essa conservati, arricchisce la volta, le pareti e il<br />

sott’arco dell’abside. Nella navata invece sono presenti alcuni <strong>di</strong>pinti votivi e due serie<br />

<strong>di</strong> croci <strong>di</strong> consacrazione.<br />

LA CHIESA VISTA DALL’ESTERNO<br />

A prima vista la chiesa appare semplice e spoglia. La facciata ha una porta<br />

centrale d’entrata rettangolare con l’architrave in pietra (originariamente più grande),<br />

due finestre asimmetriche e un’apertura circolare fra gli spioventi del tetto (rosone).<br />

Sulla destra, una piccola nicchia ospitava un’acquasantiera. Una nicchia simile è posta<br />

all’interno accanto alla porta laterale. Oggi queste nicchie sono vuote.<br />

La porta secondaria, nel fianco destro, è pressoché uguale a quella principale.<br />

Una finestrella quadrata si apre sul lato destro della sacrestia. Sotto la gronda<br />

troviamo motivi a spigoli in mattoni.<br />

Nel lato sud, all’esterno della chiesa, c’era un affresco raffigurante San Martino<br />

a cavallo. La testa del cavallo era rivolta verso la sacrestia. Nel 1937, quest’affresco e<br />

le pareti esterne furono <strong>di</strong>pinte <strong>di</strong> colore ocra, tipico colore delle costruzioni della<br />

nobile famiglia Panciera <strong>di</strong> Zoppola.


San Girolamo lato ovest San Girolamo lato sud<br />

San Girolamo lato est San Girolamo lato nord<br />

ENTRIAMO IN CHIESA<br />

Tetto visto dall’altare<br />

L’aula è coperta da un soffitto a due spioventi, sorretto da capriate in<br />

legno. Le capriate sono arricchite da barbacani nel punto d’innesto con i muri.<br />

La copertura è costituita da tavelle bianche e rosse.<br />

Tavelle con date <strong>di</strong> lavori <strong>di</strong> manutenzione


Partendo dalla parete nord notiamo che la stessa è alterata dalle picchiettature.<br />

Le lunette presentano, proseguendo in senso orario, i seguenti episo<strong>di</strong>:<br />

Lo sposalizio della Vergine<br />

Sotto ogni lunetta, riquadrate da fasce rosse, sono raffigurati due episo<strong>di</strong> della<br />

vita <strong>di</strong> Gesù:<br />

L’Adorazione dei Magi<br />

La Fuga in Egitto (sullo sfondo riproduzione del castello <strong>di</strong> Zoppola “chiara in<strong>di</strong>cazione<br />

che i Panciera siano stati i committenti degli affreschi”)


Lunetta parete est:<br />

L’Annunciazione.<br />

Gli episo<strong>di</strong> sotto la lunetta sono indecifrabili a causa delle lacune del fondo<br />

Lunetta parete Sud:<br />

La Visitazione<br />

L’ Adorazione dei pastori<br />

La Presentazione <strong>di</strong> Gesù al tempio, sopra la porta della sacrestia


GLI AFFRESCHI DELL’ABSIDE<br />

Nelle quattro vele della volta a crociera sono raffigurati i Padri della chiesa. I<br />

Padri della chiesa sono raffigurati tutti seduti in cattedra.<br />

Negli angoli inferiori <strong>di</strong> ogni vela, a sinistra vi sono i simboli dei quattro<br />

evangelisti: San Giovanni Evangelista (aquila), San Matteo (angelo), San Luca (bue),<br />

San Marco (leone), a destra quelli <strong>di</strong> quattro profeti.<br />

Volta dell’abside


In una vela è riconoscibile San Gregorio Magno, che fu papa e quin<strong>di</strong> indossa<br />

la tiara o Triregno.<br />

San Giovanni Battista (aquila) (profeta)<br />

San Gregorio Magno Papa<br />

Questo copricapo rigido <strong>di</strong> forma tondeggiante, con tre corone sovrapposte e<br />

una croce all'apice, era portato dai pontefici nelle occasioni liturgiche solenni. Il papa<br />

è rappresentato con la mano destra levata a bene<strong>di</strong>re i presenti e guarda verso i<br />

fedeli. L'altra mano impugna un calamo, cioè il bastoncino <strong>di</strong> origine romana che,<br />

intinto nell'inchiostro fungeva da penna, ed è poggiata su un libro aperto. La figura<br />

indossa ricchi paramenti e un mantello rosso chiuso da una fibbia ovale, ha barba e<br />

baffi bion<strong>di</strong> e occhi chiari.<br />

In un’altra vela è raffigurato San Girolamo, traduttore della Bibbia dal greco al<br />

latino.<br />

San Matteo (angelo) (profeta)<br />

San Girolamo<br />

Egli indossa un mantello rosso scuro che gli copre il capo, ha una folta barba<br />

bianca e pare concentrato nell'atto <strong>di</strong> scrivere con una penna d'oca.


Le altre due vele sono occupate da Sant'Ambrogio, vescovo <strong>di</strong> Milano, e da<br />

Sant' Agostino, vescovo d'Ippona, oggi città dell’Algeria (latino: Augustinus<br />

Hipponensis; Tagaste, 13 novembre 354 – Ippona, 28 agosto 430).<br />

San Luca (bue) (profeta)<br />

Sant’Ambrogio<br />

San Marco (leone) (Re Davide profeta)<br />

Sant’Agostino<br />

I due santi indossano la mitria, cioè il copricapo vescovile: uno ha una folta<br />

barba e l'altro no. Eleganti mantelli coprono le loro spalle. Le figure rappresentate<br />

sono sedute in cattedra, come si conviene a dei padri della Chiesa, e i loro troni sono<br />

sormontati dalla conchiglia, elemento iconografico che simboleggia la carità cristiana.<br />

Sulle cattedre compaiono libri e leggii <strong>di</strong> varia forma, e, in qualche caso, anche<br />

gli sportelli aperti sul davanti del mobile mostrano tomi allineati.<br />

Sia le cattedre sia i troni sono trattati con una capacità prospettica sapiente,<br />

che il pittore cerca <strong>di</strong> porre in rilievo con la resa <strong>di</strong> scorcio degli sportelli socchiusi.


Gli affreschi dell’arco Santo<br />

Sull’ intradosso dell’arco presbiteriale vi sono 6 immagini <strong>di</strong> Sante, sono: Orsola<br />

(vessillo bianco con la croce), Lucia (occhi), Barbara (torre), Caterina (ruota), Agata<br />

(seni), Maddalena (unguento). Inoltre, alle estremità, sono raffigurati due stemmi<br />

riconducibili alla famiglia Panciera<br />

Arco santo e capriate della copertura<br />

S. Orsola (4° secolo) S. Lucia (283-304) S. Barbara (3° secolo)


S. Caterina (1347-1380) S. Agata (230-251) S. Maria Maddalena (03-63)<br />

Stemma dei conti Panciera Stemma del car<strong>di</strong>nale Antonio Panciera


ENTRATA<br />

La mensa dell’altare<br />

Aula vista dall’ingresso principale<br />

Altare e porta della parete destra


Dipinti votivi raffiguranti S. Valentino<br />

S. Antonio Abate e SS. Trinità<br />

S. Floriano o S. Bovo, S. Lucia, S. Giorgio o S. Maurizio, S. Antonio Abate, SS. Trinità


S. Valentino<br />

Croce <strong>di</strong> Consacrazione


Colmo della facciata su cui si elevava il campanile a vela:<br />

è l’ultima traccia esistente dell’antico campanile della chiesa<br />

Architrave della porta d’ingresso laterale.<br />

Il monogramma <strong>di</strong> Cristo “JHS”, simbolo reso popolare nel XV secolo dal<br />

francescano San Bernar<strong>di</strong>no da Siena (1380-1444) come segno <strong>di</strong> pace, significa<br />

“Jesus Hominum Salvator”, Gesù Salvatore degli uomini.<br />

ATTRIBUZIONE DEGLI AFFRESCHI<br />

Anche se gli stu<strong>di</strong> archivistici non sono ancora ultimati e alcuni dubbi sono<br />

ancora da chiarire, gli stu<strong>di</strong>osi, tra i quali la dott.ssa Elisabetta Francescutti,<br />

“attribuiscono“ la maggior parte del ciclo a Giovanni Antonio de’ Sacchis detto il<br />

Pordenone (1483/84-1539).<br />

Agostino Rosset<br />

Franco Rosset<br />

Un ringraziamento degli autori giunga, in particolare alle Prof.sse Flavia Fabris e Maria<br />

Paola Puppin e a tutti, famigliari e amici, che hanno dato il loro sostegno per la<br />

realizzazione <strong>di</strong> questo lavoro.


BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE<br />

FRANCESCUTTI Elisabetta, “Una primizia del Pordenone”, <strong>di</strong>spensa <strong>di</strong>stribuita in<br />

occasione dell’inaugurazione degli affreschi, Pescincanna, maggio 2008.<br />

MARCUZZI Luigi Sergio, “<strong>Marzinis</strong>”, Pescincanna <strong>2011</strong><br />

PANCIERA DI ZOPPOLA Camillo, a cura <strong>di</strong> Armando D’Agnolo, Pietro Ceolin ed Elio<br />

Dusso, “Le ricerche della Postumia (1893-1896)”, Vivaro 2004<br />

PENZI Diogene, “Una comunità conta<strong>di</strong>na e il suo bosco”. A cura del Circolo <strong>di</strong> Cultura<br />

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PERESSUTTI Enrico, “Ambiente. Il bosco <strong>di</strong> <strong>Marzinis</strong>”, in “Vicinie” n. 4, luglio 2008,<br />

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PETRIS Nerio, “La toponomastica del Comune <strong>di</strong> Zoppola (i nomi dei paesi, strade,<br />

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PETRIS Nerio, “Note <strong>di</strong> toponomastica in Fiume Veneto e suo intorno”, Zoppola 1999<br />

SCUOLA MEDIA STATALE DI FIUME VENETO. PROGETTO F.A.I. “Piccoli Ciceroni”, la<br />

chiesetta <strong>di</strong> San Girolamo a <strong>Marzinis</strong>. Presentato dalla classe II A (Anno scolastico<br />

2000/2001). Esperienza guidata dai professori Cinthia Giampaoli e Corrado<br />

Guadagnuolo”, Fiume Veneto, 2001<br />

Fiume Veneto Ottobre 2012

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