Ambiente_e_Sicurezza..

SPECIALE
Tutela ambientale
Fusioni e acquisizioni, real estate ed esercizio
di impresa: il peso del rischio ambientale
L’APPROFONDIMENTO
Bonifiche
Lo stato dell’arte
tra giurisprudenza e nuovi approcci
IGIENE E SICUREZZA
AMBIENTE
Energia
Fotovoltaico: vantaggi, costi e tecnologie
DALLE REGIONI
ARTICOLI DA PAGINA
Sicurezza degli impianti
Le novità per le verifiche nel settore elettrico ARTICOLO A PAGINA
Sostanze pericolose
L’impiego dell’ammoniaca
dal trasporto alla conservazione
Sicurezza in cantiere
Riconversione di centrale elettrica:
la gestione di una grande opera
ARTICOLI DA PAGINA
ARTICOLO A PAGINA
ARTICOLO A PAGINA
ARTICOLO A PAGINA
20
47
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Bonifiche dei siti inquinati:
le novità per committenti, progettisti ed esecutori
Dall’analisi di rischio alle concentrazioni soglia
Rimini, 7 novembre 2007
Fiera Ecomondo - Sala Diotallevi 1, Hall Sud. 1° piano, lato ovest
Orario dei lavori: 14.30 - 18.00
Programma
Il procedimento di bonifica nel D.Lgs. 152/2006
• L'interpretazione della giurisprudenza amministrativa:
gestione acque di falda emunte, analisi di rischio e CSR,
principio 'chi inquina paga' e altri aspetti controversi
• Le prospettive di riforma
Responsabilità penale in materia di siti
contaminati
• Omessa bonifica dei siti inquinati: art.257
D.Lgs. n.152/2006
• Caratteristiche della fattispecie penale
• Confronto con analogo reato ex articolo 51-bis
del D.Lgs. 22/1997
Luci e ombre del mercato delle bonifiche
in Italia
• I caratteri tipici del mercato italiano
• Prima analisi delle caratteristiche degli operatori iscritti
all’Albo
• Elementi di forza e di debolezza dell’attuale sistema
di qualificazione degli operatori
• Rapporto tra committenza ed esecuzione
Bonifica dei siti: implicazioni economiche
dell'intervento di risanamento
• Sviluppo sostenibile: i costi per l'azienda
• Impatti sul bilancio aziendale
• Qualità dell'intervento a tutela del costo:
l'Osservatorio Nazionale delle bonifiche
• Il ruolo del mondo universitario e delle assicurazioni
Il processo di adeguamento ed evoluzione
del servizio assicurativo
• L’innovazione nelle coperture classiche
di responsabilità civile inquinamento
• Nuove forme di rischio in tema di bonifiche:
la risposta assicurativa
• Un nuovo approccio nell’offerta del servizio:
il crisis management
• Qualità nell’intervento riparatorio del danno
per la condivisione dei criteri di liquidazione del sinistro
Servizio clienti
Tel. 02 4587.020 Fax 02 4587.025
info@formazione.ilsole24ore.com
Invito
Intervengono:
Aldo Bertelle
AIG Europe SA
Carlo Bossi
Tauw Italia
ASSORECA
Claudio Cacciamani
Uniparmassicurazioni
Università degli Studi di Parma
Angelo Merlin
NCTM Studio Legale Associato
ASSORECA
Federico Peres
B&P avvocati
Modera i lavori:
Dario De Andrea
Ambiente&Sicurezza Il Sole 24 ORE
La partecipazione al convegno è libera e gratuita
fino ad esaurimento posti, previo ingresso in fiera.
Si prega di confermare l’adesione al convegno
collegandosi all’indirizzo
www.assistenzaclienti.ilsole24ore.com/eventi/
Sponsor:
5 a
Edizione
Il Sole 24 ORE Formazione
www.formazione.ilsole24ore.com

GAZZETTAUFFICIALE:GLIULTIMI15GIORNI
GAZZETTAUFFICIALEREPUBBLICAITALIANA
ARGOMENTO PROVVEDIMENTO TITOLO PUBBLICATOIN
Igiene
dellavoro
DecretodelMinistero
dellaDifesa
24luglio2007
Contributi
efinanziamenti DecretodelMinistero
dell’Economia
edelleFinanze
26luglio2007
Sicurezza
deitrasporti
SICUREZZA
«Istruzionitecnicheperdisciplinarel’organizzazione
operativa in ordine alla
gestione in sicurezza radiologica delle
attività e alla tutela contro i rischi derivanti
dalle radiazioni ionizzanti»
«MisurerelativealFondoperlapromozione
dei trasporti marittimi sicuri»
Decretolegislativo
10agosto2007,n.162 «Attuazionedelledirettive2004/49/CEe
2004/51/CE relative alla sicurezza e allo
sviluppo delle ferrovie comunitarie»
Legge
27settembre2007,
n.166
Acqua DirettivadelPresidente
delConsiglio
deiMinistri
5ottobre2007
Rifiuti Ordinanza
delPresidente
delConsiglio
deiMinistri
4ottobre2007,n.3616
Suolo DecretodelPresidente
delConsiglio
deiMinistri
12ottobre2007
«Ratifica ed esecuzione della Convenzione
tra il Governo della Repubblica
italiana e il Governo della Repubblica
francese relativa al traforo stradale del
MonteBianco,fattoaLuccail24novembre
2006»
AMBIENTE
«Indirizzioperativiperprevedere,prevenire
e fronteggiare eventuali situazioni di
emergenza connesse a fenomeni idrogeologicieidraulici»
«Ulteriori disposizioni per fronteggiare la
situazione di crisi socio­economico­ambientale
nel settore dello smaltimento dei
rifiutinelterritoriodellaregioneLazio»
«ProrogadellostatodiemergenzainrelazioneaifenomenidisubsidenzainattonelterritoriodeicomunidiGuidoniaMontecelioeTivoliinprovinciadiRoma»
Iltestoèdisponibileon­lineall’indirizzo
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
S.O. n. 207 alla GazzettaUfficialedel16
ottobre2007,n.241
Insintesiapag.96
GazzettaUfficiale
dell’8ottobre2007,n.234
Insintesiapag.96
S.O. n. 199 alla Gazzetta
Ufficiale dell’8 ottobre
2007,n.234
Insintesiapag.96
GazzettaUfficiale
dell’11ottobre2007,n.237
GazzettaUfficiale
del15ottobre2007,n.240
Insintesiapag.108
GazzettaUfficiale
del12ottobre2007,n.238
Insintesiapag.108
GazzettaUfficiale
del20ottobre2007,n.245
Insintesiapag.108

Insintesi
13 novembre 2007 ­ N. 21
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SOMMARIO
SPECIALE.............................................................................................................................. p. 10
L’APPROFONDIMENTO............................................................................................................. p. 10
IGIENE E SICUREZZA................................................................................................................ p. 10
AMBIENTE ............................................................................................................................. p. 12
DALLE REGIONI ..................................................................................................................... p. 13
Articoli
Approfondimenti
l Quali profili di rischio ambientale nelle operazioni societarie straordinarie?
di Marco Tonellotto.............................................................................................................. p. 20
l Il rischio penale ambientale per le imprese tra disposizioni “ineffettive” e riforma
di Angelo Merlin .................................................................................................................. p. 25
l Quanto incide sul valore delle transazioni la determinazione di passività ambientali?
di Marco Brevi ..................................................................................................................... p. 30
l Come arginare il rischio ambientale nelle operazioni di compravendita
di Paolo Gallarati e Carlo Grignani...................................................................................... p. 34
l SGA: strumenti indispensabili per prevenire il rischio ambientale
di Massimo Bettanin............................................................................................................ p. 38
l Rischio ambientale: una nuova leva per lo sviluppo di soluzioni assicurative
di Giovanni Faglia ............................................................................................................... p. 41
l I cambiamenti per le bonifiche ambientali alla luce della recente giurisprudenza
di Fabio Bianchi................................................................................................................... p. 47
l Bonifiche: nuove interpretazioni sui procedimenti amministrativi
di Marco Tonellotto.............................................................................................................. p. 51
l Tempestività, competenza e condivisione: come gestire il sinistro “inquinamento”
di Aldo Bertelle.................................................................................................................... p. 55
l Importanti novità normative per le verifiche nel settore elettrico
di Silvia Berri e Angelo Baggini ........................................................................................... p. 62
l Dall’utilizzazione alla conservazione le modalità di gestione dell’ammoniaca
di Amerigo Lovato ............................................................................................................... p. 66
l Trasporto stradale di merci pericolose: rassegna delle principali novità per l’ADR
di Gian Paolo Maderi........................................................................................................... p. 83
l Salute e sicurezza dei lavoratori: come cambia la norma con il REACH?
di Katia Adrigo..................................................................................................................... p. 89
7

SOMMARIO
l Lavorazioni nelle officine meccaniche/Accesso a un impianto termico
di Mario Abate..................................................................................................................... p. 98
l Fotovoltaico: vantaggi, costi e tecnologie
di Silvia Berri ....................................................................................................................... p. 104
l Tra MinLavoro e Regione Campania la prima intesa in materia di sicurezza
di Aldo Avvisati.................................................................................................................... p. 114
l Trasformazione di una centrale elettrica: gestire in sicurezza un grande cantiere
di Gabriella Galli.................................................................................................................. p. 116
Legislazione
l Trasporto stradale di merci pericolose: rassegna delle principali novità per l’ADR
Decreto del Ministero dei Trasporti 3 gennaio 2007 ............................................................ p. 87
l Istruzioni tecniche contro il rischio da esposizione alle radiazioni ionizzanti
Decreto del Ministero della Difesa 24 luglio 2007 ............................................................... p. 96
l Sicurezza della navigazione
Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 26 luglio 2007................................... p. 96
l Sicurezza e sviluppo della rete ferroviaria comunitaria
Decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162 ......................................................................... p. 96
l Fenomeni di subsidenza
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 ottobre 2007 ...................................... p. 108
l Dalle Regioni
Delibere e leggi regionali settembre-ottobre 2007 .............................................................. p. 120
Prassi
l Rischio idrogeologico
Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 ottobre 2007..................................................... p. 108
l Gestione emergenziale di rifiuti
Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 ottobre 2007, n. 3616 .................................. p. 108
Giurisprudenza
l Infortunio sul lavoro. Travisamento della prova
Cassazione penale, sez. IV, 24 aprile 2007, n. 16420......................................................... p. 99
l Responsabilità del costruttore per infortunio presso le macchine
Cassazione penale, sez. IV, 19 aprile 2007, n. 15873......................................................... p. 101
l Legittimazione a impugnare atti amministrativi
Consiglio di Stato, sez. V, 23 aprile 2007, n. 1830 .............................................................. p. 109
l Demolizione e ricostruzione nel concetto di ristrutturazione edilizia
Cassazione penale, sez. fer., 14 agosto 2007, n. 32899..................................................... p. 110
8
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13 novembre 2007 ­ N. 21

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Direttore responsabile: FRANCESCO DEMURO
Responsabile di redazione: Massimo Cassani
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Presidente: GIANCARLO CERUTTI
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Registrazione Tribunale di Milano n. 749 del 9 novembre 1998.
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SOMMARIO
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9

SINTESI
INSINTESI
10
RUBRICA
Speciale
TUTELA AMBIENTALE
ARTICOLI ........................................................................................................................................................................................da pag. 20
Il rischio ambientale nelle attività di M&A, nel real estate e nell’esercizio di impresa ­ Nell'ambito di operazioni di
fusioni e acquisizioni societarie (merger and acquisition), come anche nelle normali attività di impresa, gli aspetti ambientali
hanno sempre più spesso un’influenza molto forte sulla valutazione economica dell’oggetto della transazione. In questi
ambiti, il termine “ambientale” viene usato per identificare quella particolare tipologia di rischio nel quale incorre l’acquirente
di un sito industriale a causa delle condizioni ambientali preesistenti al momento dell’efficacia della compravendita e al
conseguente subentro dell’acquirente nella proprietà del sito. Non a caso, i settori dove le passività ambientali hanno un peso
maggiore sono quello immobiliare (real estate) e industriale, che richiedono attenti processi di valutazione delle attività e delle
caratteristiche dell’oggetto della transazione. In questi contesti si viene a determinare una logica contrapposizione tra
l’acquirente, che ha interesse a escludere o limitare l’assunzione del rischio ambientale, e il venditore, che, al contrario, tende
a escludere o limitare possibili rivalse dell’acquirente nei suoi confronti al verificarsi di eventuali responsabilità ambientali.
L’equilibrio tra questi contrapposti interessi viene normalmente contemperato in sede precontrattuale o contrattuale mediante
il ricorso a strumenti di varia natura, come, rispettivamente, la due diligence o i patti di manleva e il rilascio di garanzie
finanziarie pro acquirente. Altrettanto utili per la prevenire/mitigare il rischio ambientale sono l’adozione di SGA e un’adeguata
copertura assicurativa.
L’Approfondimento
BONIFICHE
ARTICOLI........................................................................................................................................................................................ da pag. 47
Lo stato dell’arte tra giurisprudenza e nuovi approcci ­ A poco più di un anno dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del
D.Lgs. n. 152/2006 (Testo unico ambientale), il settore delle bonifiche dei siti contaminati non è ancora giunto a quell’assetto
stabile che l’opera di riordino e coordinamento delle disposizioni di settore del Legislatore avrebbe dovuto garantire.
Al contrario, si sono riproposte problematiche che avrebbero dovuto ritenersi già risolte da parte della dottrina e della
giurisprudenza con la normativa del D.Lgs. n. 22/1997. Così, la sezione II del TAR di Catania, con la sentenza 20 luglio 2007, n.
1254, stabilendo che l’operato della pubblica amministrazione in occasione di vicende di contaminazione risulta, talvolta, ancora
caratterizzato da incertezze interpretative e di applicazione del D.Lgs. n. 152/2006 e da una generale prospettiva tesa a
ricostruire i profili della responsabilità in campo ambientale in termini oggettivi, ha inteso tracciare le linee operative che l’azione
amministrativa dovrebbe ora seguire in questo ambito. Sul settore resta, quindi, alto il livello di attenzione, tanto che anche il
mercato assicurativo sta iniziando a proporre polizze specifiche a protezione dei rischi da inquinamento, in modo da tutelare il
patrimonio aziendale, contribuendo, di conseguenza, ad aumentare il valore, in termini di solvibilità, dell’impresa stessa.
Igieneesicurezza
ANTINCENDIO
QUESITI SULL’ANTINCENDIO .............................................................................................................................................................a pag. 97
Lavorazioni nelle officine meccaniche/Accesso a un impianto termico ­ In questo numero Ambiente&Sicurezza propone
quattro chiarimenti in merito a: il calcolo del numero di addetti nel caso di una attività 72, «Officine meccaniche per lavorazioni a
freddo con oltre 25 addetti», quindi, se è necessario riferirlo alle persone effettivemente operanti nelle lavorazioni meccaniche o
intenderlo come somma di tutte le persone presenti nell’ambiente anche per altre operazioni; le caratteristiche di una centrale
termica inserita all’interno della volumetria di un fabbricato scolastico, in particolare, sulla correttezza di prevedere un accesso
alla stessa da un disimpegno a uso esclusivo, al quale si potrebbe accedere dalla stessa intercapedine su cui è attestata la parete
di aerazione..
CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI
SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 96
Sicurezza della navigazione ­ Il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 26 luglio 2007 ha disposto l’utilizzo,
nel settore della nautica da diporto, del contributo già stanziato dall’art. 145, comma 40, legge n. 388/2000, al fine di
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13 novembre 2007 ­ N. 21

RUBRICA
SINTESI
finanziare l’incentivazione e il sostegno per l’alta formazione professionale nonché i progetti di studio e di ricerca per la
promozione di trasporti marittimi sicuri. Il termine per inoltrare le istanze di finanziamento (dal 90% al 25% dei costi per
le attività di ricerca) risulta, tuttavia, già scaduto lo scorso 23 ottobre 2007 (in Gazzetta Ufficiale dell’8 ottobre 2007, n.
234).
IGIENE DEL LAVORO
SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 96
Istruzionitecnichecontroilrischiodaesposizionealleradiazioniionizzanti­Il Ministero della Difesa, condecreto24luglio2007, ha
pubblicato le istruzioni tecniche per la disciplina dell’organizzazione operativa inerente alla gestione in sicurezza radiologica delle attività e
alla tutela contro i rischi derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, riportate in allegato al provvedimento stesso. Istruzioni e
modalità operative sono definite negli Allegati da I a XII al decreto (in S.O. n. 207 allaGazzettaUfficiale del 16 ottobre 2007, n. 241 e nella
sezione“Notizienormative” del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com).
SICUREZZA DEGLI IMPIANTI
ARTICOLO ........................................................................................................................................................................................a pag. 62
Importanti novità normative per le verifiche nel settore elettrico ­ Al fine di renderla omogenea alla sesta edizione
della CEI 64­8, è stata pubblicata la seconda edizione della norma tecnica CEI 64­14, dedicata alle verifiche degli impianti
elettrici utilizzatori. La nuova versione della guida propone criteri di comportamento uniformi da adottare nel corso delle
verifiche, nel rispetto dei principali standard di sicurezza, e rappresenta un valido strumento per gli accertamenti sugli
impianti di categoria 0 e I, ma anche per alcuni appartenenti alle categorie II e III, considerando le verifiche di cui al D.P.R. n.
462/2001.
SICUREZZA DEI TRASPORTI
SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 96
Sicurezza e sviluppo della rete ferroviaria comunitaria ­ Il decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162, riporta la nuova disciplina di
derivazione comunitaria inerente alle condizioni di sicurezza per l’accesso al mercato dei servizi ferroviari, con l’obiettivo, inoltre, di
mantenere, «ove ragionevolmente praticabile», il costante miglioramento della sicurezza del sistema ferroviario italiano, soprattutto
attraverso la prevenzione degli incidenti gravi. Il campo di applicazione della nuova normativa si estende all’intero “sistema ferroviario”
italiano, a esclusione delle metropolitane, dei tram e di altri sistemi di trasporto leggero su rotaia, delle reti funzionalmente isolate dal resto
del sistema ferroviario e adibite unicamente a servizi passeggeri locali, urbani o suburbani, nonché alle imprese ferroviarie che operano
esclusivamente su queste reti e, infine, a esclusione dell’infrastruttura ferroviaria privata utilizzata solo dal proprietario per le sue operazioni
di trasporto merci (in S.O. n. 199 allaGazzettaUfficiale dell’8 ottobre 2007, n. 234)
SICUREZZA DEL LAVORO
MASSIMA E NOTA ............................................................................................................................................................................a pag. 99
Infortunio sul lavoro. Travisamento della prova ­ In caso di difformità di valutazioni nei due gradi del giudizio di merito,
oppure di diverse soluzioni accolte dai giudici di merito in tema di responsabilità, il giudice di appello deve dar conto degli
argomenti di prova sviluppati nella decisione modificata, anche con argomentazioni contrastanti per implicito, e deve
delineare le linee portanti del proprio alternativo ragionamento probatorio, e confutare specificamente i più rilevanti
argomenti motivazionali della prima sentenza con ragionamento logico e coerente, a pena di travisamento della prova.
(Cassazione penale, sez. IV, 24 aprile 2007, n. 16420 e nella sezione “Documentazione integrativa” del sito www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)
SICUREZZA DELLE MACCHINE
MASSIMA E NOTA ..........................................................................................................................................................................a pag. 101
Responsabilitàdelcostruttoreperillavoroallemacchine­Il costruttore risponde per gli eventi dannosi causalmente ricollegabili alla
costruzione di una macchina che risulti priva dei necessari dispositivi o requisiti di sicurezza (obbligo su di lui incombente per il disposto
dell'articolo 7 del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547), a meno che l'utilizzatore abbia compiuto sulla macchina trasformazioni di natura ed entità
tale da poter essere considerate causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento (per esempio, nel caso di una totale
trasformazione strutturale della macchina). (Cassazione penale, sez. IV, 19 aprile 2007, n. 15873 e nella sezione “Documentazione
integrativa” del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)
SOSTANZE PERICOLOSE
ARTICOLO........................................................................................................................................................................................ a pag. 66
Le modalità di gestione dell’ammoniaca dall’utilizzazione alla conservazione ­ Il Regio Decreto 9 gennaio 1927, n.
13 novembre 2007 ­ N. 21
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11

SINTESI
RUBRICA
147, «Approvazione del regolamento speciale per l’impiego dei gas tossici», definisce gas tossico una qualsiasi sostanza
tossica che per essere utilizzata deve presentarsi allo stato gassoso.
Appartiene a questa categoria anche l’ammoniaca, utilizzata come fluido frigorigeno negli impianti frigoriferi per la sua
capacità di produrre freddo a basso costo. Un impianto frigorifero che utilizzi una quantità di ammoniaca pari a 250 kg deve
essere autorizzato per l’impiego, la custodia e la conservazione del gas tossico, ma non necessita di licenza per il trasporto. Si
riportano, tra le diverse particolarità per il caso in studio, un esempio di relazione tecnica e uno di scheda dei dati di
sicurezza.
COMMENTO.....................................................................................................................................................................................a pag. 83
TESTO................................................................................................................................................................................................a pag. 87
Sultrasportostradaledimercipericoloseleprincipalinovitàdell’ADR2007­In vigore già a partire dal 1° luglio 2007, la normativa
internazionale ADR prevede tre diverse modalità di trasporto su strada per le merci pericolose, il trasporto in colli, il trasporto in cisterna e il
trasporto alla rinfusa. Molte merci di uso comune come, per esempio, vernici a base di solvente, adesivi, bombolette spray, devono
considerarsi pericolose ai fini dell’ADR; sono molte, quindi, le problematiche che numerose organizzazioni devono affrontare quotidianamente
per la spedizione di merci considerate pericolose.
ARTICOLO ........................................................................................................................................................................................a pag. 89
SullasaluteesicurezzadeilavoratoricomecambialanormativaconilREACH?­Con la pubblicazione del regolamento n.
1907/2006 (REACH), la Comunità europea ha fornito degli utili strumenti per il miglioramento del livello di tutela della salute
umana e dell’ambiente.
Risultano introdotte, infatti, numerose novità in materia di registrazione, di valutazione, di autorizzazione e di restrizione dei
chemical. L’introduzione di queste innovazioni ha interessato anche la normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza
dei lavoratori, quindi, in particolare, il D.Lgs. n. 626/1994.
È opportuno, quindi, che i soggetti appartenenti al “sistema prevenzione” si adeguino alle nuove disposizioni comunitarie,
favorendo una integrazione delle disposizioni normative vigenti con quelle del REACH.
Ambiente
ACQUA
SINTESI............................................................................................................................................................................................ a pag. 108
Rischio idrogeologico ­ Vista la tendenza, negli ultimi anni, al manifestarsi di eventi meteoclimatici per diversi aspetti
anomali rispetto alla normalità percepita e adottata come riferimento, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha pubblicato i
criteri operativi per fronteggiare la stagione autunnale in arrivo che sembra confermare questo andamento.
La direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 ottobre 2007 sollecita i presidenti delle regioni e delle province
autonome, i prefetti, l’UPI, l’ANCI e l’UNCEM a rivolgere particolare attenzione ai territori esposti a situazioni di rischio elevato
e molto elevato, con particolare riguardo alle aree recentemente percorse dal fuoco, auspicando, inoltre, il completo
recepimento del sistema di allertamento nazionale, sia in termini revisionali sia di monitoraggio e di sorveglianza (in Gazzetta
Ufficiale del 15 ottobre 2007, n. 240).
ENERGIA
ARTICOLO ......................................................................................................................................................................................a pag. 104
Fotovoltaico: vantaggi, costi e tecnologie ­ Il fotovoltaico è in fase di grande rilancio, sia a fronte degli impegni assunti
tramite la sottoscrizione del Protocollo di Kyoto sia in seguito all’entrata in vigore delle recenti misure legislative sul
“contoenergia” e il rendimento energetico degli edifici. Per comprendere veramente le reali opportunità offerte da questa
fonte rinnovabile, è necessario conoscere tutti gli aspetti legati, dai risvolti applicativi fino ai costi e alla normativa tecnica di
settore.
RIFIUTI
SINTESI ............................................................................................................................................................................................a pag. 108
Gestione emergenziale di rifiuti ­ L’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 ottobre 2007, n. 3616, conferma,
sino alla scadenza dello stato di emergenza, a favore del Presidente della regione Lazio ­ Commissario delegato, i poteri già
attribuitigli per favorire il definitivo superamento della situazione socio­economico­ambientale nel settore dei rifiuti urbani,
speciali e speciali pericolosi derivanti e connessi alla gestione dei rifiuti urbani.
Lo stesso Commissario delegato risulta anche investito della competenza a rilasciare l’AIA (autorizzazione integrata ambientale),
se necessaria, in capo agli impianti di recupero/trattamento (in Gazzetta Ufficiale del 12 ottobre 2007, n. 238).
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RUBRICA
SINTESI
MASSIMA E NOTA ..........................................................................................................................................................................a pag. 109
Legittimazione a impugnare atti amministrativi ­ Il giudice amministrativo può riconoscere, caso per caso, la
legittimazione ad impugnare atti amministrativi a tutela dell’ambiente ad associazioni locali (indipendentemente dalla loro
natura giuridica), purché a) perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, b) abbiano
un adeguato grado di rappresentatività e stabilità e c) un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a
fruizione collettiva che si assume leso, anche se non ricomprese nell’elenco delle associazioni a carattere nazionale
individuate dal Ministero dell’Ambiente ai sensi dell’art. 13 della Legge 8/7/1986, n. 349, poiché tale norma ha creato un
ulteriore criterio di legittimazione che si è aggiunto e non sostituito a quelli in precedenza elaborati dalla giurisprudenza
per l’azionabilità dei c.d. “interessi diffusi” in materia ambientale. (Consiglio di Stato, sez. V, 23 aprile 2007, n. 1830 e nella
sezione “Documentazione integrativa” del sito www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)
SUOLO
SINTESI ............................................................................................................................................................................................a pag. 108
Fenomeni di subsidenza ­ Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 ottobre 2007 ha prorogato di un ulteriore
anno, fino al 30 settembre 2008, lo stato di emergenza inerente ai fenomeni di subsidenza in atto nel territorio dei comuni di
Guidonia Montecelio e di Tivoli, in provincia di Roma (in Gazzetta Ufficiale del 20 ottobre 2007, n. 245).
TUTELA AMBIENTALE
MASSIMA E NOTA ..........................................................................................................................................................................a pag. 110
Demolizione e ricostruzione nel concetto di ristrutturazione edilizia ­ Nel concetto di ristrutturazione edilizia rientrano
anche le opere di demolizione e di fedele ricostruzione del fabbricato, mentre eventuali modifiche di volumetria e sagoma
rilevano solo ai fini del titolo abilitativo richiesto. (Cassazione penale, 14 agosto 2007, n. 32899 e nella sezione “Documentazione
integrativa” del sito www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)
DalleRegioni
SICUREZZA DEL LAVORO
ARTICOLO ......................................................................................................................................................................................a pag. 114
Tra MinLavoro e regione Campania la prima intesa in materia di sicurezza ­ La regione Campania ha presentato due
provvedimenti che testimoniano l’attenzione verso una problematica che continua ad avere dimensioni spropositate sul
territorio regionale. Il primo provvedimento è la legge regionale 27 febbraio 2007, n. 3, che reca importanti norme in materia
di sicurezza e di legalità inerenti alla disciplina degli «appalti di lavori pubblici, servizi e forniture»; il secondo è il «Protocollo di
intesa per il coordinamento in Campania degli interventi in materia di tutela, salute e sicurezza sul lavoro», il primo protocollo
di intesa stipulato tra il Ministero del Lavoro e una regione (in B.U.R.C. del 19 marzo 2007, n. 15 e nella sezione
“Documentazione integrativa” del sito www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com).
SICUREZZA IN CANTIERE
ARTICOLO ......................................................................................................................................................................................a pag. 116
Trasformazione di una centrale elettrica: gestire in sicurezza un grande cantiere ­ L’area della centrale elettrica di
Torrevaldalica Nord è interessata da un grande progetto di riconversione il quale richiede una notevole impegno di cooperazione
tra tutti i soggetti coinvolti, vista la complessità e la dimensione dell’opera e la molteplicità di imprese coinvolte. Al fine di
gestire al meglio questa situazione, il committente dell’opera, l’ente nazionale di produzione dell’energia elettrica, ha
stipulato un «Protocollo di intesa sulle relazioni industriali» con le organizzazioni sindacali confederali di Civitavecchia,
testimoniando la volontà di ottemperare agli obblighi legislativi oltre un livello formale di attuazione.
SINTESI............................................................................................................................................................................................ a pag. 120
Delibere e leggi regionali settembre­ottobre 2007 ­ Tra le leggi e le delibere regionali pubblicate nei mesi di
settembre e ottobre rilevano la circolare dell’Assessorato dei Lavori pubblici Regione Sicilia 3 ottobre 2007, esplicativa
della legge regionale n. 20/2007 in materia di prevenzione e di sicurezza dei lavoratori nei cantieri edili, il decreto
dell’Assessorato del Territorio e dell’Ambiente Regione Sicilia 9 agosto 2007 sulle nuove procedure per le autorizzazioni
alle emissioni in atmosfera, il decreto dirigenziale Regione Toscana 4 settembre 2007, n. 4253, sull’approvazione
delle modalità di effettuazione delle misure di controllo sugli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, la legge
Regione Lombardia 3 ottobre 2007, n. 24, sulle modifiche alla legge per il governo del territorio n. 12/2005 e, infine,
la delibera della Giunta Regione Puglia 18 settembre 2007, n. 1463, di chiarimento del programma regionale per la
tutela dell’ambiente.
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SCADENZARIO
RUBRICA
OBBLIGHI,ADEMPIMENTI,SCADENZE
acuradiMarcoFabrizio, avvocatoinRoma
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OTTOBRE
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RELAZIONEMENSILESULL’INQUINAMENTOACUSTICOAEROPORTUALE
Entroil31ottobre2007leregionidevonotrasmetterealMinisterodell’AmbienteedellaTuteladelterritorioedelmarenonchéalMinisterodeiTrasporti,larelazionemensilesulmonitoraggiodelrumoreaeroportuale.Questoalfinediverificareilrispetto,dapartedeglieventualivolinotturnicompresinellafasciaorariadalleore23.00alleore6.00locali,deirequisitiacusticiprevistidalcapitolo3,parteII,volumeI,Allegato
XVIallaConvenzionerelativaall’aviazionecivileinternazionale,stipulataaChicagoil7dicembre1944e
ratificatainItaliaconleggen.561/1956.Dallecitateprescrizionirisultano,comunque,esentatiivolidiStato,sanitariediemergenza.(Art.1,D.P.R.9novembre1999,n.476)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Regioni Mensile 30novembre2007
DENUNCIADEGLIINFORTUNIDELSETTOREESTRATTIVO
Entroil15novembre2007il“titolare”exart.2,comma1,letterab),D.Lgs.n.624/1996,devetrasmettere
all’autoritàdivigilanzaunprospettoriassuntivo,anchesenegativo,degliinfortuniverificatisinelmese
precedenteecheabbianocomportatoun’assenzadallavorodialmenotregiorni.(Art.25,comma8,
D.Lgs.25novembre1996,n.624)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Titolareexart.2,comma1,lettera
b),D.Lgs.n.624/1996
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Mensile 15dicembre2007
DENUNCIAPERIODICADEGLIIMBALLAGGIDELMESEPRECEDENTE
Il20novembre2007èl’ultimogiorno,periproduttoriogliutilizzatoridiimballaggiiscrittialConsorzio
nazionaleimballaggi(CONAI)einregimedidichiarazionemensile,perpresentareladenunciaecalcolare,sullabasedellefattureemesseodeidocumentiricevuti,ilcontributoprelevatoodovutonelmeseprecedente,distinguendogliimportirelativiaciascunatipologiadimaterialieindicandoilrelativoconsorziodiappartenenza.GliimportirelativialladichiarazionepresentatadovrannoessereversatialCO­
NAI,entroisuccessivi90giorni,suunoopiùdeiseiconticorrentibancari,ognunorelativoaunatipologia
dimateriali,acciaio,alluminio,carta,legno,plasticaevetro.(Art.7,commi9e10,regolamentoCONAI)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Produttori o utilizzatori di imballaggiiscrittialConsorzionazionale
imballaggi(CONAI)einregimedi
dichiarazionemensile
Mensile 20dicembre2007
IPPC:TRASMISSIONEDELLECOMUNICAZIONI
L’Agenzianazionaleperlaprotezioneeiservizitecnici(APATgiàANPA)devetrasmettere,entroil30novembre2007,alMinisterodell’AmbienteedellaTuteladelterritorioedelmare,idatirelativiallecomunicazioni
annualiricevuteanormadell’art.4,D.M.23novembre2001,recanteidati,ilformatoelemodalitàdella
comunicazionedicuiall’abrogatoart.10,comma1,decretolegislativo4agosto1999,n.372,oggiart.12,
comma1,D.Lgs.18febbraio2005,n.59.(Art.4,comma5,D.M.23novembre2001)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
APAT(giàANPA) Annuale 30novembre2008
RELAZIONEANNUALESULLOSTATODIATTUAZIONEDEIPROGRAMMIATTUATIVIDELPROTOCOLLODIKYOTO
Il30novembre2007scadeiltermineannualeentroilqualeilMinisterodell’Ambienteedellatuteladelterritorioedelmaredevepresentare,alParlamento,unarelazioneillustrativasullostatodiattuazionedeiprogrammipilotanazionalieinternazionaliperlariduzionedelleemissioniel’impiegodipiantagioniforestali
perl’assorbimentodicarbonio.Sitrattadeiprogrammicaratterizzatidall’obiettivodidefinireimodellidi
interventopiùefficacidalpuntodivistadeicosti,siaalivellointernosianell’ambitodelleiniziativecongiunteprevistedaimeccanismiistituitidalProtocollodiKyoto.(Art.2,commi
3e 4,legge1°giugno2002,n.120)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Ministerodell’Ambienteedella
Tuteladelterritorioedelmare
Annuale 30novembre2008
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RUBRICA
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SCADENZARIO
RELAZIONEMENSILESULL’INQUINAMENTOACUSTICOAEROPORTUALE
Entroil30novembre2007,leregionidevonotrasmetterealMinisterodell’Ambienteedellatuteladel
territorioedelmarenonchéalMinisterodeiTrasporti,larelazionemensilesulmonitoraggiodelrumore
aeroportuale.Questoalfinediverificareilrispetto,dapartedeglieventualivolinotturnicompresinella
fasciaorariadalleore23.00alleore6.00locali,deirequisitiacusticiprevistidalcapitolo3,parteII,volumeI,AllegatoXVIallaConvenzionerelativaall’aviazionecivileinternazionale,stipulataaChicagoil7
dicembre1944eratificatainItaliacon laleggen.561/1956.Dallecitateprescrizionirisultanoesentati,
comunque,ivolidiStato,sanitariediemergenza.(Art.1,D.P.R.9novembre1999,n.476)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Regioni Mensile 31dicembre2007
SICUREZZASUILUOGHIDILAVORO:ATTIVITÀDISPETTACOLOVIAGGIANTE
L’11dicembre2007entrainvigorelanuovadisciplinainmateriadisicurezzaperleattivitàdispettacolo
viaggiante,dicuialD.M.18maggio2007.
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Chiunque ­ ­
AUTOVEICOLINUOVI:DESCRIZIONEDELLAGUIDARELATIVAALRISPARMIODICARBURANTEEALLEEMISSIONIDICO2
I“costruttori”diautoveicolidevonofornireentroil15dicembre2007,alMinisterodelloSviluppoEconomico,leinformazionidicuiaipunti1e2,allegatoIIalD.P.R.n.84/2003,concernentiladescrizionedellaguidarelativaalrisparmiodicarburanteealleemissionidiCO2delleautovetturenuovechepossonoessereacquistateinItalia.Acaricodeitrasgressoriovveroacaricodicolorocheadempierannoinmodoincompletooinesattoèprevistalasanzioneamministrativada250,00
a1.000,00euro.(Artt.4e11,
D.P.R.17febbraio2004,n.84;circolare6agosto2007,n.0023958)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Personefisicheogiuridicheresponsabili,
verso l’autorità che rilascia
l’omologazione,dituttigliaspetti
delprocedimentodiomologazioneedellaconformitàdellaproduzionediun’autovettura(“costruttore”exart.1,comma1,letteraf),
D.P.R.n.84/2003)
Annuale 15dicembre2008
DENUNCIADEGLIINFORTUNIDELSETTOREESTRATTIVO
Entroil15dicembre2007il“titolare”exart.2,comma1,letterab),D.Lgs.n.624/1996,devetrasmettere
all’autoritàdivigilanzaunprospettoriassuntivo,anchesenegativo,degliinfortuniverificatisinelmese
precedenteecheabbianocomportatoun’assenzadallavorodialmenotregiorni.(Art.25,comma8,
D.Lgs.25novembre1996,n.624)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Titolareexart.2,comma1,lettera
b),D.Lgs.n.624/1996
Mensile 15gennaio2008
DENUNCIAPERIODICADEGLIIMBALLAGGIDELMESEPRECEDENTE
Il20dicembre2007èl’ultimogiorno,periproduttoriogliutilizzatoridegliimballaggiiscrittialConsorzionazionaleimballaggi(CONAI)einregimedidichiarazionemensile,perpresentareladenunciaecalcolare,sullabasedellefattureemesseodeidocumentiricevuti,ilcontributoprelevatoodovutonelmeseprecedente,distinguendogliimportirelativiaciascunatipologiadimaterialieindicandoilrelativo
consorziodiappartenenza.Gliimportirelativialladichiarazionepresentatadovrannoessereversatial
CONAIentroisuccessivi90giornisuunoopiùdeiseiconticorrentibancari,ognunorelativoaunatipologiadimateriali(acciaio,alluminio,carta,legno,plasticaevetro).(Art.7,commi9e10,regolamento
CONAI)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Produttori o utilizzatori di imballaggiiscrittialConsorzionazionale
imballaggi(CONAI)einregimedi
dichiarazionemensile
Mensile 20gennaio2008
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SCADENZARIO
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DICEMBRE
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RUBRICA
STRUTTURESANITARIEPUBBLICHEEPRIVATE“ESISTENTI”:ADEGUAMENTOALLAREGOLADIPREVENZIONEINCENDI
Il26dicembre2007scadeiltermineentroilqualelestrutturesanitariepubblicheeprivateesistential
momentodell’entratainvigoredelD.M.18settembre2002dovrannoessereadeguateallanuovanormativatecnicadiprevenzioneincendicontenutaneldecretostesso.(Art.6,D.M.18settembre2002)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Titolari di strutture sanitarie pubbliche
e private esistenti al momento
dell’entrata in vigore del
D.M.18settembre2002
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­ ­
RELAZIONEANNUALESULRIUTILIZZODELLEACQUEREFLUE
Il31dicembre2007scadeiltermineentroilqualeiltitolaredellaretedidistribuzionedelleacquerefluerecuperate,seesistente,devetrasmettereallaregioneterritorialmentecompetenteirisultatidelmonitoraggioeffettuatoaifinidellaverificadeiparametrichimiciemicrobiologicidelleacquerefluerecuperate,chevengonodistribuite,edeglieffettiambientali,agronomiciepedologicidellororiutilizzo.(Art.11,D.M.12giugno
2003,n.185.Nota:ilD.M.n.185/2003èstatoabrogatodalD.M.2maggio2006,chehareiterato,all’art.11,il
medesimoincombenteprevistodall’art.11,D.M.n.185/2003;ilD.M.2maggio2006èstato,apropriovolta,
dichiarato“inefficace”concomunicatodelMinisterodell’ambienteedellatuteladelterritorioedelmare)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Titolaridellaretedidistribuzione
diacquerefluerecuperate
Annuale 31dicembre2008
REGISTROSUICASIDIMESOTELIOMAASBESTO­CORRELATI:RISULTANZEANNUALI
L’ISPESLdevetrasmetterealleregioni,entroil31dicembre2007,idatidisintesiannualirelativiallerisultanze
delregistrosuicasidimesoteliomaasbesto­correlati.Lacomunicazionedovràessereinviatainformaanonimaaisensidell’art.23,comma4,leggen.675/1996.(Art.5,comma4,D.P.C.M.10dicembre2002,n.308)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
ISPESL Annuale 31dicembre2008
VEICOLIFUORIUSO:COMUNICAZIONEANNUALEDEGLI“OPERATORIECONOMICI”
Iproduttori,idistributori,glioperatoriaddettiallaraccolta,nonchélecompagniediassicurazionedeiveicoliamotoreeleimpresedifrantumazione,direcuperoediriciclaggioovveroglialtrioperatoricheeffettuanoiltrattamentodiunveicolofuoriusoedeirelativicomponentiemateriali(cosìdetti“operatorieconomici”exart.3,comma1,letterau),D.Lgs.n.209/2003),devonopubblicare,entroil31dicembre2007,erenderedisponibiliall’Albonazionaledelleimpresecheeffettuanolagestionedeirifiuti,leinformazionirelative
a:costruzionedelveicoloedeirelativicomponentichepossonoesserereimpiegati,recuperatiericiclati;il
correttotrattamento(sottoilprofiloambientale)delveicolofuoriuso,conparticolareriferimentoallarimozionedituttiiliquidieallademolizione;l’ottimizzazionedellepossibilitàdireimpiego,diriciclaggioedi
recuperodelveicolofuoriusoedeirelativicomponenti;iprogressiconseguitiinmateriadirecuperoedi
riciclaggioalfinediridurrelosmaltimentodelveicolofuoriusoedeirifiuticostituitidairelativicomponenti
emateriali.(Art.11,comma5,D.Lgs.24giugno2003,n.209)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Produttori,distributori,operatori
addettiallaraccolta,compagniedi
assicurazionedeiveicoliamotore,
impresedifrantumazione,direcuperoediriciclaggio,altrioperatori
cheeffettuanoiltrattamentodiun
veicolofuoriusoedeirelativicomponentiemateriali
Annuale 31dicembre2008
COMUNICAZIONEANNUALESUGLIIMPIANTIPORTUALIDIRACCOLTAPERIRIFIUTIPRODOTTIDALLENAVIEIRESIDUIDELCARICO
IlMinisterodelleInfrastrutture devecomunicare,allaCommissioneeuropeaealMinisterodell’Ambienteedellatuteladelterritorioedelmare,l’elencodellenavi,diversedaipescherecciedalleimbarcazioni
dadiporto,chenonhannoconferitoirifiutiprodottiabordoeiresiduidicaricoanormadelD.Lgs. 24
giugno2003,n.182,«Attuazionedelladirettiva2000/59/CErelativaagliimpiantiportualidiraccoltaper
irifiutiprodottidallenaviediresiduidelcarico».(Art.14,comma3,D.Lgs.24giugno2003,n.182)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
MinisterodelleInfrastrutture Annuale 31dicembre2008
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DICEMBRE
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RUBRICA
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SCADENZARIO
Grandiimpiantidicombustione:ratatrimestrale“carbontax”
Gliesercentideigrandiimpiantidicombustione(GIC),exdirettiva88/609/CEE,devonoversare
laratatrimestraledell’impostasuiconsumidicarbone,dicokedipetrolio,dibitumediorigine
naturale emulsionato con il 30% di acqua (orimulsion), impiegati negli impianti di
combustione nell’anno precedente. Nell’ipotesi di ritardato adempimento sarà applicabile la
sanzioneamministrativapecuniariadiunasommadaldoppioalquadruplodellatassadovuta,
fermi restando i principi generali stabiliti dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472. Per le
inosservanze di diverso tipo sarà applicabile la sanzione amministrativa pecuniaria da euro
258,23 a euro 1.549,37 (art. 50, D.Lgs. n. 504/1996). (Art. 8, commi 7 e 8, legge 23 dicembre
1998, n. 448)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Esercenti dei grandi impianti di
combustione (GIC) ex direttiva
88/609/CEE
Trimestrale 31marzo2008
GRANDIIMPIANTIDICOMBUSTIONE:RATATRIMESTRALEDELLATASSASULLEEMISSIONIDIANIDRIDESOLFOROSAE
SUGLIOSSIDIDIAZOTOECONGUAGLIO
Gliesercentideigrandiimpiantidicombustione(GIC)exdirettiva88/609/CEE(potenzatermicapario
superiorea50MW,indipendentementedaltipodicombustibileutilizzatoedestinatiallaproduzione
di energia, a eccezione di quelli che utilizzano direttamente i prodotti di combustione in
procedimentidifabbricazione)eart.1,comma3,D.P.R.n.416/2001,devonoversarelaratatrimestrale
della tassa sulle emissioni di anidride solforosa (SO2) e di ossidi di azoto (NOx). In caso di ritardato
adempimentodecorrerannol’indennitàdimoraegliinteressiprevistidall’art.3,comma4,D.Lgs.n.
504/1996. Per l’omesso pagamento sarà applicabile l’indennità di mora e gli interessi dovuti per il
ritardo,oltrechelasanzioneamministrativapecuniariadiunasommadaldoppioalquadruplodella
tassadovuta.Perleinosservanzedidiversotiposaràapplicabilelasanzioneamministrativapecuniaria
daeuro258,23aeuro1.549,37(art.50,D.Lgs.n.504/1996).(Art.17,commi29­33,legge27dicembre
1997,n.449;art.4,D.P.R.26ottobre2001,n.416)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Esercenti dei grandi impianti di
combustione (GIC) ex direttiva
88/609/CEE e art. 1, comma 3,
D.P.R.n.416/2001
Trimestrale 31marzo2008
COMUNICAZIONEDEICENTRIAUTORIZZATISULLAQUANTITÀDIHALONINENTRATA,INGIACENZAEINUSCITA
I «centri autorizzati di raccolta dell’halon» (cioè delle sostanze controllate lesive dell’ozono
stratosferico elencate nella tabella A, gruppo II, legge n. 549/1993, e delle sostanze indicate
nell’Allegato I, gruppo III, regolamento CE n. 2037/2000) devono comunicare, al Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare nonché al Ministero dello Sviluppo
Economico (già delle Attività produttive), l’informativa semestrale sulle quantità di halon in
ingresso, le quantità in giacenza, le quantità in uscita e la loro destinazione per tipo di
sostanza. Nel caso di avvio a distruzione dovrà essere richiesta, a chi provvede alla stessa, una
attestazione di avvenuta distruzione da inviare in copia ai medesimi Ministeri. (Art. 4, comma
7, D.M. 3 ottobre 2001)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Centri autorizzati di raccolta
dell’halon
Semestrale 30giugno2008
COMUNICAZIONEDEICENTRIAUTORIZZATISULLAQUANTITÀDICFCINENTRATA,INGIACENZAEINUSCITA
I «centri autorizzati di raccolta dei clorofluorocarburi» (cioè delle sostanze controllate lesive
dell’ozono stratosferico elencate nella tabella A, gruppo I, legge n. 549/1993, e delle sostanze
indicate nell’Allegato I, gruppi I e II, regolamento CE n. 2037/2000) devono comunicare al
Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare nonché al Ministero dello
Sviluppo Economico (già delle Attività produttive), l’informativa semestrale sulle quantità di
CFC in ingresso, le quantità in giacenza, le quantità in uscita e la loro destinazione per tipo di
sostanza. Nel caso di avvio a distruzione dovrà essere richiesta, a chi provvede alla stessa, una
attestazione di avvenuta distruzione da inviare in copia ai medesimi Ministeri. (Art. 9, comma
6, D.M. 3 ottobre 2001)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Centri autorizzati di raccolta dei
clorofluorocarburi
Semestrale 30giugno2008
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9382_71583 22-10-2007 15:39 Pagina 1
Organizzano il Convegno
“Dalla certificazione di processo e di prodotto
agli Acquisti Verdi: l’impostazione ecosostenibile
che vede il pubblico ed il privato sullo stesso fronte”
che si terrà a Rimini, 7 novembre 2007
nell’ambito di Ecomondo ‘07 Rimini Fiera
Sala Eventi Pad. B 4, dalle ore 14.15 alle ore 18.00
Con il Patrocinio di
È stata invitata a partecipare ai lavori
il Sottosegretario al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare,
professoressa Laura Marchetti
Moderatori: Gian Felice Clemente - Igeam S.r.l., Enrico Cancila - ERVET
Apertura lavori e saluti a cura degli organizzatori
Walter Ganapini, AssoSCAI: Politiche integrate di prodotto, acquisti verdi e controllo della filiera.
Teresa Gargiulo, Federlegno: Innovazione tecnologica e l'Ecodesign: la sfida ambientale del settore.
Caterina Rinaldi, ENEA: Le politiche integrate di prodotto: metodi e realizzazioni.
Lucio Piccolotto, Unione industriali Pordenone: Politica integrata di prodotto in un distretto
industriale.
Balázs Sára, Febe Ecologic: Certificazioni EPD nel settore legno-arredo: sinergie nella catena
di prodotto.
Primo Barzoni, Palm: Il ruolo dell'imballaggio sostenibile: benefici ambientali ed economici.
Catia Bastioli, Novamont: L'innovazione tecnologica a favore della sostenibilità ambientale.
Angelo Spina, Acquisti & Sostenibilità: Sostenibilità sociale ed ambientale lungo la catena
della fornitura.
Riccardo Rifici - Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare:
La strategia nazionale per gli acquisti verdi delle Pubbliche Amministrazioni.
Lidia Capparelli, CONSIP: L'impegno di CONSIP per gli acquisti verdi in rete.
Umberto Musumeci, Valore Sociale: Misurare la responsabilità sociale è possibile?
Stefano Aldini, Certiquality - Emanuela Venturini, Arpaer: Le linee guida a supporto degli
enti locali per un approccio agli acquisti verdi sistematico ed organizzato.
Segreteria Organizzativa:
igeam_direzionemarketing@igeam.it - www.igeam.it
Monica Grilli tel. 06669911 - 0666991305
info2@palm.it - www.palm.it - Marco Piervenanzi tel. 037582022218
Nell’ambito di
Ecomondo Rimini Fiera
7/10 novembre ‘07
www.ecomondo.com

M&A,REALESTATE,ESERCIZIODIIMPRESA:
QUANTOPESAILRISCHIOAMBIENTALE?
Nell’ambito di operazioni di fusioni e acquisizioni societarie (merger
and acquisition ­ M&A), come anche nelle normali attività di impresa,
gli aspetti ambientali hanno sempre più spesso un’influenza molto
fortesullavalutazioneeconomicadell’oggettodellatransazione.Particolarmenteinteressatisonoilsettoreindustrialeequelloimmobiliare.Sultemaèopportunopassareinrassegna:
l leprincipalifattispeciedirischioambientale;
l le disposizioni “ineffettive” e le prospettive di riforma tra D.Lgs. n.
231/2001ed.d.l.sullapenalizzazionedeidelitticontrol’ambiente;
l quantoincidasulvaloredelletransazioniladeterminazionedipassivitàambientali;
l glistrumentiperlefasiprecontrattuali(duediligence)econtrattuali(pattidimanlevaogaranziefinanziarieafavoredell’acquirente);
l l’adozionediSGAperprevenireilrischioambientale;
l lepropostedelmercatoassicurativocontroilrischioambientale.
Contributi di:
• Marco Tonellotto
• Angelo Merlin
• Marco Brevi
• Paolo Gallarati e Carlo Grignani
• Massimo Bettanin
• Giovanni Faglia

TUTELA AMBIENTALE
Articolo
SPECIALE
Il discorso può essere ampliato al settore real estate e all’attività ordinaria d’impresa
Quali profili di rischio ambientale
nelle operazioni societarie straordinarie?
diMarcoTonellotto, avvocato,NCTMstudiolegaleassociato
Iprofilidirischioconnessi
allenonconformitàambientali
diunsitoodiun’attività
industrialecostituisconotemi
diindubbiarilevanzanelcontesto
delleoperazionisocietarie
straordinarie(M&A),delreal
estateodell’esercizioordinario
diun’impresa,dalmomentoche
l’ordinamentogiuridicoitaliano
riconnetteall’esistenza
dipassivitàambientaliilsorgere
diunsistemadiresponsabilità
eoneridinaturacivile,
penaleeamministrativa,
suscettibilid’incidereinquesti
ambiti.Conriferimento
allecriticitàambientali
maggiormentenote
esignificative­contaminazione
deisiti,abbandonodirifiuti
edannoambientale­meritano,
pertanto,diessereevidenziati
gliaspettipiùrilevanti
dirischioambientaleallaluce
dellenovitàintrodotte
nellalegislazione,oltreunanno
fa,dalD.Lgs.n.152/2006.
20
Rischioambientale
econtaminazionedeisiti
Per quanto concerne la problematica
della contaminazione dei siti, il
principale problema che deve affrontare
il proprietario di un’area inquinata
al quale non sia addebitabile la
responsabilità [1] di questa passività
ambientale è quello dell’eventuale
assunzione degli oneri e dei costi della
bonifica. Infatti, se da un lato, con
l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/
2006, può ritenersi definitivamente
affermato [2] il modello di una responsabilità
soggettiva di tipo “aquiliano”,
in forza del quale destinatario
dell’obbligo di bonifica è solamente
il soggetto responsabile della contaminazione
cui la stessa sia riferibile a
titolo di dolo o colpa [3] , dall’altro la
ribadita natura di onere reale [4] degli
interventi nei quali si articola il procedimento
di bonifica, unitamente al
privilegio speciale immobiliare che
assiste le relative spese, paiono
esporre il proprietario incolpevole al
rischio di dover comunque sopportare
i costi della bonifica, ovviamente
entro i limiti di valore del bene immobile,
quando questa sia stata effettuata
dalla pubblica amministrazione
che agisca successivamente in sede
esecutiva per recuperare il proprio
credito. Pur trattandosi di un rischio
effettivo e concreto, nel passaggio tra
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il “vecchio” D.Lgs. n. 22/1997 [5] e il
“nuovo” D.Lgs. n. 152/2006, ne sono
stati meglio definiti i confini, dal momento
che l’art. 253, D.Lgs. n. 152/
2006, ha chiaramente escluso qualsiasi
forma di automatismo nel sorgere
dell’onere reale o nell’esercizio del
privilegio speciale immobiliare. Infatti,
per la nascita dell’onere reale
è ora presupposta l’iscrizione dello
stesso nei registri immobiliari e la
sua indicazione nel certificato di
destinazione urbanistica, mentre la
condizione per l’esercizio del privilegio
e la ripetizione delle spese sostenute
dalla pubblica amministrazione
è costituita dall’avvio di un
apposito procedimento amministrativo
finalizzato all’emanazione
di un provvedimento motivato che
giustifichi l’impossibilità di individuare
il responsabile o la non esperibilità
di azioni esecutive nei confronti
di quest’ultimo o, ancora, la
loro infruttuosità. Inoltre, l’art. 253,
D.Lgs. n. 152/2006, stabilisce pure
un tetto massimo del rischio in esame,
dato che il proprietario non responsabile
risponde soltanto nei limiti
del valore di mercato del sito, quale
determinato a seguito dell’esecuzione
degli interventi di bonifica. Sul
punto è recentemente intervenuta
un’interessante interpretazione giurisprudenziale
[6] che ha puntualizzato
[1] Totalmente diversa è, invece, la prospettiva del proprietario o del gestore responsabili della contaminazione, che dovranno
integralmente sopportare gli oneri e i costi della bonifica, soggiacendo pure alle eventuali sanzioni penali del caso.
[2] Il D.Lgs. n. 152/2006 recepisce, infatti, nell’ordinamento italiano il principio “chi inquina paga”, che, per come richiamato nel
contesto che la nuova legge quadro ambientale - in questo senso si veda l’art. 239 del suddetto decreto - riserva al tema della
bonifica dei siti contaminati, non può ritenersi un principio puramente programmatico, dovendo, invece, trovare applicazione
concreta nella disciplina di questo segmento della materia. Dal che discende, pertanto, il profilo squisitamente soggettivo delle
responsabilità, accolto dal legislatore nel disciplinare l’istituto delle bonifiche. Si aggiunga poi che l’art. 311, comma 2, D.Lgs. n.
(segue)
13 novembre 2007 ­ N. 21

come la causa del recupero delle
spese sostenute dalla parte pubblica
sia quella dell’ingiustificato arricchimento
ai sensi dell’art. 2041
del codice civile [7] . Da questa impostazione
consegue che la pretesa
azionabile dalla pubblica autorità è
destinata a incontrare limiti ulteriori,
dovendo, innanzitutto, la parte pubblica
dare la prova dell’esistenza di
un incremento patrimoniale del privato.
Inoltre, poiché l’azione di arricchimento
è di tipo sussidiario [8] , la
sua proponibilità presuppone la prova
da parte dell’interessato di non
aver avuto la possibilità di proporre
azioni alternative, a prescindere dal
risultato utile conseguibile attraverso
di esse. Va, quindi, da sé che coordinando
questo principio con la previsione
che definisce i contenuti e i fini
del procedimento amministrativo
contemplato dall’art. 253, D.Lgs. n.
152/2006, ove l’amministrazione
non coltivi efficacemente le indagini
per l’individuazione del colpevole e
le azioni per perseguirlo, viene meno
la possibilità di una sua rivalsa sul
proprietario incolpevole per le spese
di bonifica. Si aggiunga, infine, che
l’azione di arricchimento si prescrive
nell’ordinario termine decennale, a
13 novembre 2007 ­ N. 21
SPECIALE
partire dal giorno in cui si è verificato
il fatto produttivo dell’impoverimento
e del correlativo arricchimento.
Un secondo profilo d’interesse per
l’operatore economico che debba
confrontarsi col tema delle bonifiche
è quello collegato alla nuova definizione
di sito contaminato introdotta
dal D.Lgs. n. 152/2006, per le implicazioni
che ne possono derivare sotto
il profilo del rischio connesso al
meccanismo dell’onere reale. Ai sensi
dell’art. 240, lettera e), D.Lgs. n.
152/2006, un sito può definirsi contaminato
solamente quando sia riscontrabile
un superamento delle concentrazioni
soglia di rischio (CSR) definite
a seguito di una procedura di
analisi di rischio. Pertanto, il semplice
superamento dei valori tabellari
predefiniti per legge, le cosiddette
concentrazioni soglia di contaminazione
(CSC), rende l’area soltanto
“potenzialmente contaminata” [9] , con
la conseguenza di preservarne il regime
giuridico proprio dei siti non contaminati
[10] , quali definiti dall’art.
240, lettera f) del D.Lgs. n. 152/2006.
Di conseguenza, durante la fase antecedente
alla definizione delle CSR,
nessun onere reale e vincolo particolare
viene a gravare sull’area.
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TUTELA AMBIENTALE
Articolo
Sempre con riferimento alla situazione
di potenziale contaminazione
di un’area, l’art. 245, comma
2, D.Lgs. n. 152/2006 ha introdotto
una novità, che interessa direttamente
i proprietari e i gestori di siti
contaminati, non responsabili della
contaminazione, tenuti ora a comunicare
alla pubblica amministrazione
il rilevato superamento (o il pericolo
concreto e attuale di superamento)
delle concentrazioni soglia
di contaminazione (CSC) e ad attuare
le misure di prevenzione del
caso, secondo la procedura di cui
all’art. 242, D.Lgs. n. 152/2006.
Dal tenore letterale della norma [11]
si potrebbe ritenere che l’obbligo di
porre in essere interventi di emergenza
vada, quindi, esteso anche a
soggetti diversi dal responsabile
delle contaminazione. Tuttavia, per
le considerazioni già svolte in precedenza
sulla natura tendenzialmente
soggettiva della responsabilità
in materia ambientale, gli obblighi
eventualmente gravanti su
chi non sia responsabile della passività
in questione devono concepirsi
come contenuti, dovendo
escludersi nei confronti di questi
qualsiasi considerazione risarcitoria
o punitiva [12] . Pertanto, le misu-
152/2006, nel trattare della più ampia responsabilità per danni all’ambiente, costituisce e disciplina la situazione giuridica
soggettiva di questa responsabilità, riferendola, in via esclusiva - salve le espresse eccezioni collegate alla posizione del cosiddetto
“operatore” - al responsabile dell’inquinamento, fornendo così all’interprete un orientamento decisivo nella ricostruzione degli
obblighi connessi alla contaminazione dei siti e all’individuazione dei loro destinatari.
[3] Si veda, in proposito, la sentenza del TAR Sicilia, Catania, sez. II, 20 luglio 2007, n. 1254, commentata, dallo stesso Autore, a pag. 51.
[4] L’onere reale può essere definito un peso che grava sul fondo e che continua a seguirlo nonostante i trasferimenti di proprietà dello
stesso. Per una più compiuta trattazione del tema si veda F. Peres, Siti Contaminati, Il Sole 24 Ore, 2001, p. 31 e segg.
[5] Per quanto riguarda onere reale e privilegio speciale immobiliare, la norma di riferimento è rappresentata dall’art. 17, commi 10 e 11.
[6] Si veda la sentenza del TAR Sicilia, Catania, sez. II, 20 luglio 2007, n. 1254.
[7] Art. 2041 c.c.: «Azione generale di arricchimento. Chi senza giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei
limiti dell’arricchimento, ad indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale. Qualora l’arricchimento abbia
per oggetto una cosa determinata, colui che l’ha ricevuta è tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda».
[8] Art. 2042 c.c. «Carattere sussidiario dell’azione. L’azione di arricchimento non è proponibile quando il danneggiato può esercitare
un’altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito».
[9] Si veda, in questo senso, l’art. 240, lettera d), D.Lgs. n. 152/2006.
[10] In questo senso, si vedano le sentenze del TAR Lombardia, Milano, 27 giugno 2007, n. 5288; TAR Lombardia, Milano, 27 giugno
2007, n. 5289.
[11] Art. 245, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006: «Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all’art. 242,
il proprietario o il gestore dell’area che rilevi il superamento o il pericolo concreto di superamento delle concentrazioni soglia di
contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le
misure di prevenzione secondo la procedura di cui all’art. 242. La provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si
attiva, sentito il comune, per l’identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso agli interventi di bonifica. È comunque
riconosciuta al proprietario o a altro soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la
realizzazione degli interventi di bonifica necessari nell’ambito del sito in proprietà o disponibilità».
[12] In proposito si veda, L. Prati, La giurisprudenza in tema di bonifiche dei siti d’intereresse nazionale dopo il D.Lgs n. 152/2006, in
www.ambientediritto.it, Dottrina 2007.
21

22
TUTELA AMBIENTALE
Articolo
re di prevenzione vanno intese in
senso rigido, cioè per quello che
effettivamente sono [13] , sostanziandosi
soltanto negli interventi che
si rendono necessari nel circoscritto
ambito dell’immediatezza
di un evento, al
fine di bloccare
un’aggressione
imminente a beni
primari e che il
Legislatore ha
posto in capo al
proprietario e al
gestore dell’area
non responsabili
in base al principio
di solidarietà
sociale, trattandosi,
per l’appunto,
dei soggetti
che hanno
le maggiori possibilità
di attivarsi
per primi.
Al di fuori di
questo contesto,
che non contempla pertanto situazioni
di contaminazione storica [14] o
diffusa, è ragionevole ritenere che in
capo al proprietario e al gestore
estranei alla causazione della contaminazione
non sorgano altri e diversi
obblighi di intervento [15] .
Ilrischioambientale
daabbandonodirifiuti
Per quanto riguarda il diverso
capitolo delle passività ambientali
Allalucediquanto
dispostodalD.Lgs.
n.152/2006,perlanascita
dell’onererealeèora
presuppostal’iscrizione
dellostessoneiregistri
immobiliarielasua
indicazionenel
certificatodi
destinazioneurbanistica
SPECIALE
costituite dall’illecito abbandono
di rifiuti [16] nel suolo o nel sottosuolo,
il D.Lgs. n. 152/2006, con
l’art. 192 ripropone il sistema delle
responsabilità delineato dall’art.
14, D.Lgs. n. 22/1997, secondo
il quale
l’obbligo di rimozione
e avvio
a recupero o
smaltimento dei
rifiuti e del ripristino
dello stato
dei luoghi gravano
sia sull’autore
dell’evento
sia, in via solidale,
sul proprietario
del sito o sul
titolare di diritti
reali o personali
di godimento
sullo stesso, ai
quali l’abbandono
in questione sia riferibile a titolo
di dolo o colpa, sia, ancora,
sulla persona giuridica ai cui amministratori
o rappresentanti vada
imputata la responsabilità dell’illecita
gestione dei rifiuti.
Sotto quest’ultimo profilo, il
precitato articolo 192 precisa, però,
in modo più netto e puntuale,
l’ambito della responsabilità solidale
degli enti giuridici, definendo,
attraverso il richiamo alla
[13] Ai sensi dell’art. 240, lettera i), le misure di prevenzione sono rappresentante da «le iniziative per contrastare un evento, un atto o
un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile
che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi
di tale minaccia».
[14] In questo caso, sul presupposto che le stesse non comportino rischi di aggravamento della situazione di contaminazione, dal
momento che, diversamente, dovrebbe trovare applicazione il combinato disposto del secondo periodo del comma 1 dell’art. 242,
D.Lgs. n. 152/2006, da coordinarsi con la previsione di cui all’art. 245 dello stesso decreto. Resta, peraltro, fermo che, anche per le
cosiddette contaminazioni storiche, l’obbligo di bonifica continua a gravare unicamente sul responsabile, mentre i soggetti non
colpevoli si troveranno esposti nei termini passati in rassegna dal presente articolo.
[15] Deve, pertanto, escludersi che il proprietario o il gestore incolpevoli possano risultare gravati da obblighi di messa in sicurezza di
emergenza, come lucidamente affermato dalle sentenze del TAR Lombardia, Milano, 27 giugno 2007, n. 5288 e del TAR Sicilia,
Catania, sez. I, 20 luglio 2007, n. 1254. Si aggiunga poi, che costoro non appaiono neppure come i destinatari della sanzione penale
di cui all’art. 257, D.Lgs. n. 152/2006, che si riferisce unicamente ad azioni od omissioni del responsabile della contaminazione.
Univoco, in questo senso, il richiamo che questa norma fa ai soli obblighi di cui all’art. 242, D.Lgs. n. 152/2006, che, sotto il profilo
soggettivo e oggettivo, contempla situazioni e destinatari diversi da quelli di cui all’art. 245, D.Lgs. n. 152/2006 e che la rende, per
il principio di tipicità dell’illecito penale, non suscettibile di applicazione a casi diversi da quelli espressamente contemplati.
[16] Per la nozione di rifiuto, si veda l’art. 183, comma 1, lettera a), D.Lgs. n. 152/2006.
[17] «Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità
giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300» (in Gazzetta Ufficiale del 19 giugno 2001, n. 140).
[18] Si veda, in questo senso, l’art. 30, D.Lgs. n. 231/2001.
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casistica rinvenibile nel D.Lgs. n.
231/2001 [17] , quando si realizzi il
subentro nei diritti di una persona
giuridica, al quale il Legislatore
riconnette il sorgere dell’obbligo
solidale. Tentando, quindi, una
sintesi, si può ritenere che i suddetti
obblighi di natura ambientale
si trasferiscano da un entità
giuridica all’altra nei seguenti
casi:
l trasformazione di società, per
gli eventi anteriori alla trasformazione
stessa;
l fusione, con riferimento alla
responsabilità dell’ente che ne risulta;
l scissione, ove resta ferma, nel caso
in cui sia parziale, la responsabilità
dell’ente scisso per i fatti commessi
anteriormente alla data di efficacia
della scissione e alla quale si
aggiunge, in tutti i casi, la responsabilità
concorrente degli enti beneficiari,
seppure con alcuni temperamenti
[18] ;
l cessione o conferimento d’azienda,
per gli illeciti commessi durante
l’esercizio dell’azienda ceduta o
conferita, per i quali il cessionario è
chiamato a rispondere nei limiti del
valore dell’azienda stessa, previa
escussione del cedente.
Infine, anche nel contesto applicativo
dell’art. 192, D.Lgs. n.
13 novembre 2007 ­ N. 21

152/2006, merita d’essere ricordato
il profilo di rischio costituito
dall’esecuzione degli interventi
di rimozione, smaltimento, recupero
e ripristino in danno dei
soggetti responsabili, con la differenza,
rispetto alla materia delle
bonifiche, che la pretesa dell’amministrazione
non è, però, assistita
da onere reale o privilegio speciale
immobiliare.
Infine, in continuità con la disciplina
del decreto “Ronchi”, il
quadro dei rischi determinati dall’abbandono
dei rifiuti va completato
[19] con riferimento alla particolare
fattispecie della costituzione
e gestione di una discarica
abusiva [20] , prevista dall’art. 256,
comma 3, D.Lgs. n. 152/2006, alla
quale l’ordinamento italiano riconnette
- per la sola posizione dei
responsabili o dei compartecipi
dell’illecito - i consueti obblighi di
bonifica e ripristino dei luoghi, cui
si accompagna, però, la confisca
dell’area.
13 novembre 2007 ­ N. 21
SPECIALE
La compromissione
dell’ambiente
Venendo, infine, al tema del
danno ambientale, i profili di rischio
per le operazioni di M&A, di
real estate e per
la gestione ordinaria
dell’attività
di impresa sono
costituiti dall’articolato
sistema
di azioni e misure
introdotte o
definite dal
D.Lgs. n. 152/
2006 per contrastare
il pericolo
di compromissione
dell’ambiente.
Accanto alle tradizionali
azioni
di ripristino ambientale
e di risarcimento
del danno, il Legislatore
ha ora previsto procedure di cosiddetta
precauzione e azioni di
prevenzione, il cui fine è quello di
Lemisurediprevenzione
vannointeseinsenso
”rigido”;inaltritermini,
sidevonoidentificare
soltantoeunicamente
negliinterventichesi
rendononecessari
nel circoscrittoambito
dell’immediatezza
diunevento
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TUTELA AMBIENTALE
Articolo
consentire un tempestivo intervento
[21] a fronte di pericoli potenziali
o concreti, che determinino una
minaccia reale e imminente di
danno all’ambiente. Mentre l’ordinaria
azione di
danno [22] continua,
però, a rivolgersi
a colui
che, con dolo o
colpa, abbia arrecato
danno all’ambiente,
la
vera novità è costituita
dal fatto
che gli obblighi
nascenti delle
azioni di precauzione,
di prevenzione
e ripristino
[23] , sono,
invece, riferiti
alla figura del
cosiddetto “operatore” [24] , cioè di
chi, in relazione a una determinata
attività, dispone del potere gestionale,
decisionale e di controllo ge-
[19] La rappresentazione dei profili di rischio connessi all’illecita gestione dei rifiuti su un sito non sarebbe completa senza il richiamo
dell’art. 3, comma 32, legge n. 549/1995 («Misure di razionalizzazione della finanza pubblica»; in S.O. alla Gazzetta Ufficiale del
29 dicembre 1995, n. 302), che così recita: «L’utilizzatore a qualsiasi titolo o, in mancanza, il proprietario dei terreni sui quali insiste
la discarica abusiva è tenuto, in solido, agli oneri di bonifica, al risarcimento del danno ambientale ed al pagamento del tributo e
delle sanzioni pecuniarie ai sensi della presente legge, ove non dimostri di aver presentato denuncia di discarica abusiva ai
competenti organi della Regione, prima della constatazione delle violazioni di legge». Pur trattandosi di norma ancora formalmente
vigente, gli interpreti si sono ripetutamente interrogati se questo articolo non sia stato, nel frattempo, tacitamente abrogato dalla
normativa sopravvenuta che, tanto per quanto riguardava il D.Lgs. n. 22/1997 e ora il D.Lgs. n. 152/2006, ha introdotto principi -
come quello della responsabilità per dolo o colpa - in antitesi con i profili di responsabilità oggettiva propri della norma in
questione.
[20] Per la definizione puntuale della fattispecie, si vedano le sentenze della Cassazione penale, sez. III, 2 luglio 2004, n. 38318;
Cassazione penale, sez. III, 15 marzo 2005, n. 21966; Cassazione penale, sez. III, 14 aprile 2005, n. 20499; Cassazione penale, sez.
III, 1° giugno 2005, n. 20499.
[21] In entrambi i casi, le procedure mirano ad assicurare le cosiddette misure di prevenzione che, in sostanziale analogia con quelle
definite dall’art. 240, lettera i), D.Lgs. n. 152/2006, consistono, ai sensi dell’art. 302, comma 8, medesimo decreto, nelle «misure
prese per reagire ad un evento o un’omissione che ha creato una minaccia imminente di danno ambientale, al fine di impedire o
minimizzare tale danno».
[22] Si tratta di azione esercitabile dallo Stato sia attraverso le ordinarie azioni civili sia mediante la costituzione di parte civile nei
procedimenti penali per violazione di norme ambientali dalle quali sia scaturito un danno ambientale sia, ancora, attraverso
l’emanazione di un’ordinanza amministrativa, disciplinata dall’art. 313, D.Lgs. n. 152/2006.
[23] Per questa azione va però segnalato un profilo particolare, determinato dall’individuazione dei possibili legittimati passivi della
pretesa ministeriale, ove azionata con apposita ordinanza amministrativa, che la legge individua, non solo, com’è evidente, nel
responsabile dell’evento dannoso, ma pure negli obbligati in solido rappresentati dal soggetto nel cui effettivo interesse il
comportamento è stato tenuto o da colui che abbia tratto oggettivo vantaggio dalla condotta illecita, sottraendosi all’onere
economico necessario per apprestare in via preventiva quanto necessario secondo le norme applicabili. Si tratta, pertanto, di figure
di responsabili che non appaiono immediatamente coincidenti con quella del cosiddetto operatore.
[24] Per la cui definizione si veda l’art. 302, commi 4 e 5, D.Lgs. n. 152/2006, e cioè qualsiasi persona fisica o giuridica, pubblica o
privata, che esercita o controlla un’attività professionale - cioè qualsiasi azione che, a prescindere da fini di lucro, venga svolta nel
corso di un’attività economica, industriale, commerciale, artigianale, agricola, di prestazione di servizi, pubblica o privata - avente
rilevanza ambientale oppure che eserciti comunque potere decisionale sugli aspetti tecnici e finanziari di questa attività, compresi il
titolare del permesso o dell’autorizzazione a svolgere detta attività.
23

TUTELA AMBIENTALE
Articolo
nerale sulla stessa. Di qui, quell’ulteriore
profilo d’obbligo, in
forza del quale l’operatore che non
provveda direttamente alle azioni
di cui sopra è, comunque, tenuto a
rimborsare i costi sostenuti dallo
Stato per la loro attivazione, soggiacendo
all’azione esecutiva pubblica,
a meno che non fornisca la
prova liberatoria di cui all’art.
24
SPECIALE
308, commi 4 e 5, D.Lgs. n. 152/
2006 [25] . Ricalcando la responsabilità
dell’operatore quella disciplinata
dall’art. 2050, codice civile
[26] , è legittimo ritenere che, in
questo ristretto ambito, il Legislatore
abbia introdotto un profilo del
tutto eccezionale di responsabilità
oggettiva nella disciplina della
materia ambientale. Il profilarsi di
[25] Ai sensi dell’art. 308, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006 «non sono a carico dell’operatore i costi delle azioni di precauzione, prevenzione e
ripristino adottate conformemente alle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto se egli può provare che il danno
ambientale o la minaccia imminente di tale danno: a) è stato causato da un terzo e si è verificato nonostante l’esistenza di misure di
sicurezza astrattamente idonee; b) è conseguenza dell’osservanza di un ordine o un’istruzione obbligatori impartiti da un’autorità
pubblica, diversi da quelli impartiti a seguito di un’emissione o di un incidente imputabili all’operatore; in tal caso il Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del territorio adotta le misure necessarie per consentire all’operatore il recupero dei costi sostenuti».
Inoltre, ai sensi del successivo comma 5 «l’operatore non è tenuto a sostenere i costi delle azioni di cui al comma 5 intraprese
conformemente alle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto qualora dimostri che non gli è attribuibile un comportamento
doloso o colposo e che l’intervento preventivo a tutela dell’ambiente è stato causato da: a) un’emissione o un evento espressamente
consentiti da un’autorizzazione conferita ai sensi delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari recanti attuazione delle misure
legislative adottate dalla Comunità europea di cui allegato 5 della parte sesta del presente decreto, applicabili alla data dell’emissione,
dell’evento e in piena conformità alle condizioni ivi previste; b) un’emissione o un’attività o qualsiasi altro modo di utilizzazione di un
prodotto nel corso dell’attività che l’operatore dimostri non essere stati considerati probabile causa del danno ambientale secondo lo
stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento del rilascio dell’emissione o dell’esecuzione dell’attività».
[26] In questa prospettiva interpretativa, il connotato delle pericolosità potrebbe, quindi, desumersi dal profilo della “rilevanza
ambientale” dell’attività, menzionato dall’art. 302, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006, nel senso di ritenere pericoloso tutto ciò che
possa incidere sull’ambiente.
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ambiti non definiti di responsabilità
oggettiva amplia notevolmente,
pertanto, la portata del rischio implicito
nelle azioni di cui sopra,
inducendo doverosamente a considerare
la portata di tali passività
nel momento dell’esercizio dell’attività
d’impresa o in quello della
valutazione di asset aziendali o
di compendi immobiliari. l
13 novembre 2007 ­ N. 21

SPECIALE
TUTELA AMBIENTALE
Articolo
Diventa indispensabile mettere a punto un sistema aziendale di “governo del rischio”
Il rischio penale ambientale per le imprese
tra disposizioni “ineffettive” e riforma
diAngeloMerlin, avvocato,NCTMStudioLegaleAssociato
L’impostazioneincentratasulla
punibilitàdiviolazioniformali
integratedaprecettiditipo
amministrativodetermina
unacarenzadiefficacia
preventivae,indefinitiva,
unpotenzialevulnusalprincipio
di“effettività”,cherappresenta
ladimensioneintrinsecamente
funzionalistadelricorso
alprecettopenale.Inoltre,
nelcasodeireatiambientali,
ilricorso,perlopiù,afattispecie
contravvenzionaliimplicanon
soltantol’esiguitàsanzionatoria
dellecorniciedittalipreviste
(sanzionispessovanificate
daitantiprovvedimenti
diclemenzaebeneficiprocessuali
esistenti)ulteriormente
enfatizzataanche
dallapossibilitàdelricorso
all’istitutodell’oblazione,
ma,soprattutto,
dalconseguenzialeridotto
termineprescrizionale,
checertononincentiva
leautoritàinquirenti
nellarepressione
diquestotipodiilleciti.
13 novembre 2007 ­ N. 21
Provvedimenticautelari
reali:ilrischio“concreto”
Nel diritto penale dell’ambiente,
le singole fattispecie incriminatrici
contenute nella normativa speciale,
assai di rado tipizzano direttamente
condotte di alterazione dell’equilibrio
ambientale, prediligendo, viceversa,
forme di incriminazione ricostruite
intorno al requisito dell’inosservanza
di precetti amministrativi al
cui rispetto è subordinato lo svolgimento
di attività industriali ritenute
“pericolose” per l’ambiente [1] .
Quindi, l’ipotesi criminosa - per la
cui configurabilità è sufficiente la
colpa trattandosi di contravvenzione
- viene spesso posta in essere anche
qualora non vi sia stata alcuna offesa
all’ambiente, punendo fatti imperniati
su semplici violazioni di obblighi
di natura strumentale, riconoscendo
all’intervento penale un ruolo meramente
sanzionatorio di regole poste
al di fuori del proprio ambito [2] .
La legislazione prevede tre tipi di
fattispecie costruite sull’inosservanza
della funzione amministrativa di controllo
e rientranti nel modello contravvenzionale:
l esercizio “non autorizzato” dall’autorità
(ad esempio esercizio di un
impianto che provoca emissioni in
atmosfera senza autorizzazione, attività
di gestione dei rifiuti in mancanza
della prescritta autorizzazione,
iscrizione o comunicazione), ovvero
la sottospecie rappresentata dall’esercizio
dell’attività in violazione di determinate
prescrizioni imposte dalla
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PA (ad esempio scarico di acque reflue
industriali contenenti sostanze
pericolose senza osservare le prescrizioni
dell’autorizzazione);
l mera disobbedienza a disposizioni
dell’autorità di controllo (ad esempio
l’inottemperanza - prevista dall’art.
255, comma 3, D.Lgs. n. 152/
2006 - all’ordinanza sindacale di rimozione
dei rifiuti);
l superamento di limiti tabellari di
emissione e/o immissione di sostanze
ritenute offensive per l’ambiente (ad
esempio il superamento - previsto
dall’art. 137, comma 5, D.Lgs. n.
152/2006 nell’effettuazione di uno
scarico di acque reflue industriali -
dei valori limite di emissione fissati
per le sostanze pericolose).
A simile struttura sanzionatoria
sono, sicuramente, collegati diversi
inconvenienti e problemi, manifestatisi
nella prassi e puntualmente rilevati
dalla dottrina e dalla giuriprudenza,
sia sul piano dogmatico che
su quello politico criminale.
Senza entrare nell’approfondimento
dottrinale di questi argomenti,
è necessario però rilevare, di seguito,
come l’impostazione incentrata sulla
punibilità di violazioni formali integrate
da precetti di tipo amministrativo
determini una carenza di efficacia
preventiva e, in definitiva, un potenziale
vulnus al principio di “effettività”,
che rappresenta la dimensione
intrinsecamente funzionalista del ricorso
al precetto penale.
Inoltre, nel caso dei reati ambientali,
il ricorso, per lo più, a fattispecie
[1] Si veda Giunta, Il diritto penale dell’ambiente in Italia: tutela di beni o tutela di funzioni, in Riv. it. dir. proc. pen., 1997, pag. 1098.
[2] In questo senso, si veda Lo Monte, Diritto penale e tutela dell’ambiente, Giuffrè, 2004, pag. 133 e segg.
25

TUTELA AMBIENTALE
Articolo
contravvenzionali implica non soltanto
l’esiguità sanzionatoria delle
cornici edittali previste (sanzioni
spesso vanificate dai tanti provvedimenti
di clemenza e benefici processuali
esistenti) ulteriormente enfatizzata
anche dalla possibilità del ricorso
all’istituto dell’oblazione, ma, soprattutto,
dal conseguenziale ridotto
termine prescrizionale, che, certo,
non incentiva le autorità inquirenti
nella repressione di questo tipo di illeciti.
La realtà giudiziaria spesso dimostra
come il processo penale, per queste
tipologie di reati ambientali, venga
vissuto per lo più (in assenza di
azioni civili risarcitorie avanzate tramite
la costituzione di parte civile)
come un semplice “elemento di disturbo”
all’attività di impresa.
Il vero “rischio” che può mettere
a repentaglio anche la stabilità di una
azienda è, invece, quello relativo all’applicazione,
in sede di indagini
preliminari svolte per l’accertamento
di reati ambientali, del sequestro
preventivo, previsto dall’art. 321 del
c.p.p., delle «cose pertinenti al reato»,
allo scopo di impedire che la
loro libera disponibilità:
l «possa aggravare o protrarre le
conseguenze del reato»;
l «possa agevolare la commissione
di altri reati».
E così che, ad esempio, è stato
giudicato legittimo il sequestro preventivo
di un impianto industriale a
seguito dell’accertamento che le sue
emissioni in atmosfera, in forma diffusa
o in forma convogliata, superavano
gli standard o le norme tecniche
imposte dal D.Lgs. n. 152/
26
SPECIALE
2006 [3] , oppure il sequestro preventivo
di un impianto di termodistruzione
di rifiuti speciali destinati all’incenerimento
emesso, fondamentalmente,
allo scopo di interrompere l’attività
illecita con riferimento all’emissione
di diossine, quanto meno fino
al sicuro accertamento delle cause e
all’adozione dei rimedi occorrenti [4]
o, infine, il sequestro di un depuratore
che esercitava anche lo smaltimento
di rifiuti liquidi conferiti a distanza
senza essere in possesso della necessaria
autorizzazione [5] .
Nella legislazione ambientale
sussistono, inoltre, autonome ipotesi
di sequestro preventivo finalizzato
alla confisca obbligatoria. Possono
essere oggetto del provvedimento
i mezzi di trasporto con cui
vengono consumati i reati di attività
di trasporto illecito di rifiuti in mancanza
della prescritta autorizzazione
(art. 259, comma 2, D.Lgs. n.
152/2006) oppure le aree sulle quali
viene realizzata una discarica abusiva
(art. 256, comma 3, del D.Lgs. n.
152/2006), discarica che, ai sensi
dell’art. 2 comma 1, lettera g),
D.Lgs. n. 36/2003 [6] , può configurarsi
anche all’interno dell’area in
cui ha sede l’impresa laddove vengano
depositati in modo incontrollato
rifiuti non smaltiti nei tempi
previsti dalla normativa [7] . In quest’ultimo
caso, il “rischio” della
confisca dell’area sulla quale insiste
la discarica abusiva è a carico della
società proprietaria della stessa atteso
che «quando l’attività illecita è
posta in essere attraverso i propri
organi rappresentativi, mentre a costoro
sono addebitabili le responsabilità
per i singoli reati, le conse-
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guenze patrimoniali ricadono sull’ente
esponenziale in nome e per
conto del quale gli organi hanno
agito, salvo che si dimostri che
l’imputato ha agito di propria
esclusiva iniziativa» [8] .
Nei casi di applicazione di provvedimenti
cautelari reali sussiste, per
l’impresa, un danno economico difficile
da quantificare nella sua complessità,
ma sicuramente di grande
rilievo e che si ripercuote a vari livelli,
in termini di diminuzione:
l del reddito;
l della competitività;
l della credibilità nei confronti dei
clienti e dei fornitori;
l del peggioramento dell’immagine
aziendale [9] .
“Delittiambientali”e
responsabilitàdellepersone
giuridiche:ipotesidiriforma
Alla luce di questi rilievi, appare
possibile comprendere le ragioni della
insufficienza e inadeguatezza della
normativa italiana in materia di diritto
penale ambientale, circostanza che
ha indotto, tanto la dottrina quanto le
commissioni governative di volta in
volta incaricate di procedere alla riforma
della parte speciale del codice
penale, a riformulare le fattispecie incriminatrici
in termini radicalmente
diversi da quelli attuali.
Recentemente, il Consiglio dei Ministri
del 24 aprile 2007 ha approvato
un disegno di legge finalizzato all’introduzione,
nell’ambito del codice penale,
dei delitti contro l’ambiente,
comprendente anche una delega al
Governo per il riordino, il coordinamento
e l’integrazione della relativa
disciplina [10] . Il disegno di legge nasce
[3] Si veda la sentenza della Cassazione penale, sez. III, 3 maggio 2007, n. 16818 che correttamente afferma «che il fumus delicti non è
escluso dalla circostanza che la società ha nel frattempo presentato domanda di autorizzazione integrata ambientale ai sensi della
legislazione sopravvenuta, essendo evidente che la semplice presentazione della domanda non abilita ancora la società a continuare
l’attività produttiva con emissioni inquinanti nell’atmosfera».
[4] Si veda la sentenza della Cassazione penale, 3 aprile 2007, n. 13676.
[5] Si veda la sentenza della Cassazione penale, 3 agosto 1999, n. 2358.
[6] «Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti» (in S.O. n. 40 alla Gazzetta Ufficiale del 12 marzo 2003, n.
59). Si vedano anche i nn. 7-8-9-10/2003 di Ambiente&Sicurezza.
[7] Si veda la sentenza della Cassazione penale, 9 marzo 2007, n. 10258.
[8] Si veda la sentenza della Cassazione penale, sez. III, 29 maggio 20078, n. 21120.
[9] In questo senso Dal Maso, Bartolomeo, Rischio ambientale e rischio creditizio, in Finanza e Sviluppo Sostenibile, Il Sole 24 ORE,
pag. 31 e segg.
[10] Si veda anche l’approfondimento di F. Castoldi sul n. 16/2007 di Ambiente&Sicurezza.
13 novembre 2007 ­ N. 21

dall’esigenza di introdurre una tutela
“rafforzata” dell’ambiente destinata a
integrare la normativa extracodicistica
contenuta nel D.Lgs. n. 152/2006,
proponendo l’introduzione di un autonomo
Titolo, il VI-bis, contenente i
«Delitti contro l’ambiente», da collocarsi,
per una evidente affinità, dopo i
delitti contro l’incolumità pubblica.
Questo nuovo Titolo è imperniato
su tre fattispecie-base:
l l’«Inquinamento ambientale» (art.
452-bis) [11] con il passaggio al danno
nella ipotesi aggravata prevista dall’art.
452-ter [12] ;
l il «Disastro ambientale» (art.
452-quater) [13] ;
l l’«Alterazione del patrimonio naturale,
della flora e della fauna» (art.
452-quinqies) [14] .
Accanto a queste, viene proposta
l’introduzione di ulteriori fattispecie,
al fine sia di completare la tutela che
di supplire a carenze, sotto il profilo
della ridotta efficacia, riscontrate nella
normativa vigente:
l «Traffico illecito di rifiuti» (art.
452-septies);
13 novembre 2007 ­ N. 21
SPECIALE
l «Traffico di materiale radioattivo»
(art. 452-octies).
Tutti delitti di natura dolosa di cui
viene prevista la punibilità anche a
titolo di colpa al fine di coprire le
varie realtà fenomeniche (art.
452-undecies).
Vengono, altresì, previste le fattispecie
di:
l «Delitti ambientali in forma organizzata»
(art. 452-nonies);
l «Frode in materia ambientale»
(art. 452-decies);
l «Impedimento al controllo» (art.
452-undecies) e un delitto di omessa
bonifica (art. 452-quaterdecies), che
punisce il destinatario dell’ordine di
bonifica che non ottempera allo stesso.
Il Governo ha, infine, ritenuto di
proporre l’introduzione, all’interno
del Titolo VIII, Capo I, del Libro II
del c.p., dell’articolo 498-bis «Danneggiamento
delle risorse economiche
ed ambientali» che dovrebbe tutelare
l’ambiente non già sotto il profilo
squisitamente naturalistico, ma
come bene economico, la cui compromissione
ne impedisce la fruizione
da parte della collettività.
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TUTELA AMBIENTALE
Articolo
Il regime sanzionatorio che ispira
tutta l’iniziativa legislativa è temperato
da due disposizioni:
l una diminuente relativa al «Ravvedimento
operoso» (art. 452-quinquiesdecies);
l una specifica causa di non punibilità
per l’autore di una delle condotte
incriminatrici introdotte dal Titolo VIbis,
che volontariamente rimuova il
pericolo ovvero elimini il danno da lui
provocato prima che sia esercitata
l’azione penale (art. 452-sexiesdecies).
L’aspetto probabilmente più importante
dell’iniziativa governativa -
anche nella visione prospettica che
ogni impresa deve avere per la “gestione
del rischio” - riguarda la previsione
di una responsabilità diretta
delle persone giuridiche e, dunque,
di sanzioni direttamente irrogabili alle
stesse ampliando l’ambito di operatività
del D.Lgs. n. 231/2001 [15] .
Non è certamente una novità considerato
che, come si ricorderà, la legge
delega [16] prevedeva la responsabilità
da reato delle persone giuridiche
[11] «È punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da cinquemila a tremila euro chiunque illegittimamente immette
nell’ambiente sostanze o energie cagionando o contribuendo a cagionare il pericolo concreto di una compromissione durevole o
rilevante: a) delle originarie o preesistenti qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell’aria; b) per la flora o per la fauna
selvatica».
[12] «Nei casi previsti dall’articolo 452-bis, se la compromissione durevole o rilevante si verifica, si applica la pena della reclusione da
due a sei anni e della multa da ventimila a sessantamila euro. La compromissione si considera rilevante quando la sua eliminazione
risulta di particolare complessità sotto il profilo tecnico, ovvero particolarmente onerosa o conseguibile solo con provvedimenti
eccezionali. Se dalla legittima immissione deriva il pericolo concreto per la vita o l’incolumità delle persone, si applica la pena della
reclusione da due anni e sei mesi a sette anni».
[13] «Chiunque illegittimamente immette nell’ambiente sostanze o energie cagionando o contribuendo a cagionare un disastro ambientale,
è punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da trentamila a duecentocinquantamila euro. Si ha disastro ambientale
quando il fatto, in ragione della rilevanza oggettiva o dell’estensione della compromissione, ovvero del numero delle persone offese
o esposte al pericolo, offende la pubblica incolumità. La stessa pena si applica se il fatto cagiona una alterazione irreversibile
dell’equilibrio dell’ecosistema».
[14] «Fuori dai casi previsti dagli articoli 452-bis, 452-ter e 452-quater, è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da
duemila a ventimila euro chiunque illegittimamente: a) sottrae o danneggia minerali o vegetali cagionando o contribuendo a
cagionare il pericolo concreto di una compromissione durevole o rilevante per la flora o il patrimonio naturale; b) sottrae animali
ovvero li sottopone a condizioni o trattamenti tali da cagionare il pericolo concreto di una compromissione durevole o rilevante per
la fauna. Nei casi previsti dal primo comma, se la compromissione si realizza, le pene sono aumentate di un terzo».
[15] «Art. 25-sexies - (Reati ambientali). 1. In relazione alla commissione di taluno dei delitti previsti dal Titolo VI-bis del Libro II del
Codice Penale si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie: a) per i delitti di cui agli articoli 452-bis, 452-ter, 452-quinquies,
452-septies, comma 1 e 2, 452-octies, comma 1, la sanzione pecuniaria da duecento a cinquecento quote; b) per i delitti di cui agli
articoli 452-quater, 452-septies, comma 3, 4 e 5, e 452-octies, comma 2 e 3, la sanzione pecuniaria da trecento a mille quote; 2. Nei
casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 1, lettera b), si applicano le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9,
comma 2, per una durata non inferiore ad un anno; 3. Se l’ente o una sua organizzazione vengono stabilmente utilizzati allo scopo
unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati di cui agli articoli 452-septies e 452-octies, si applica la
sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività ai sensi dell’articolo 16, comma 3». Nella versione definitiva non
potrà essere introdotto l’art. 25-sexies al D.Lgs. n. 231/2001 in quanto già esistente in quest’ultimo decreto legislativo a seguito
dell’inserimento dell’art. 9, legge 18 aprile 2005, n. 62 in materia di abusi di mercato.
[16] Art. 11, legge 29 settembre 2000, n. 300 sulla lotta contro la corruzione (in S.O. n. 176 alla Gazzetta Ufficiale del 25 ottobre 2000,
n. 250).
27

28
TUTELA AMBIENTALE
Articolo
anche per le fattispecie incriminatrici
colpose poste a tutela dell’ambiente.
Ma, la scelta “minimalista” del Legislatore
delegato, probabilmente riconducibile
al timore dell’impatto del novum
normativo sulla funzionalità delle
imprese e, più in
generale, al timore
di un rischio economico
eccessivo
per il patrimonio
delle stesse [17] , sta
venendo gradualmente
ricondotta
nella prospettazione
originaria del
Legislatore delegante;
al proposito
si veda la recentissima
introduzione,
da parte dell’art. 9,
legge 3 agosto
2007, n. 123 [18] ,
della responsabilità
delle persone
giuridiche per i reati
colposi di omicidio colposo (art.
589 c.p.) o lesioni colpose gravi o
gravissime (art. 590, comma 3, c.p.)
con violazione delle norme antinfortunistiche
e sulla tutela dell’igiene e
della salute sul lavoro.
Il modello di responsabilità da
reato delle persone giuridiche appare
certamente idoneo a superare
i problemi di colpevolezza individuale
che la recente dottrina muove
ai reati di pericolo astratto e,
inoltre, è certamente aderente a
quanto propone, in sede comunitaria,
la Commissione europea con
la recente proposta di direttiva
sulla protezione dell’ambiente attraverso
il diritto penale [19] .
Si consideri, infine, che il D.Lgs.
n. 231/2001 introduce una tecnica di
controllo della criminalità d’impresa
relativamente nuova per la nostra
esperienza giuridica, che consente al
L’aspettoprobabilmente
piùimportante
dell’iniziativagovernativa
diriformariguarda
laprevisione
di responsabilitàdiretta
dellepersonegiuridiche
e,dunque,disanzioni
direttamenteirrogabili
allestesse
SPECIALE
giudice di intervenire non soltanto
applicando sanzioni - idonee a incidere
sia sul patrimonio dell’ente, sia
sulla sua capacità di stare sul mercato
- ma anche verificando l’adeguatezza
della sua struttura organizzativa,
sotto il profilo
della capacità dell’ente
a sviluppare
correttamente
momenti di controllo
interno,
idonei a eliminare
il rischio di commissione
di reati
per i quali è prevista
la relativa
responsabilità. Da
questa prospettiva,
i modelli organizzativi
di gestione
che devono
essere idonei a
prevenire i reati
presupposti rivestono un ruolo centrale.
“Governodelrischio”:come
implementareilsistema
Decisivo, per l’impresa, è cogliere,
sin d’ora, l’aspetto positivo che
il Legislatore ha cercato di perseguire
con il D.Lgs. n. 231/2001,
cioè quello di prevenire la commissione
dei reati presupposti nell’interesse
dell’ente o, in altri termini,
di minimizzare il rischio reato
all’interno delle organizzazioni a
struttura complessa.
L’avvertimento che il Legislatore
rivolge alle aziende non potrebbe
essere più chiaro e perentorio,
affermando che se si vuole
evitare di rispondere dei reati
commessi nel proprio interesse, è
necessario adottare e implementare
modelli di organizzazione e ge-
[17] Si veda Amato, Finalità, applicazione e prospettive della responsabilità amministrativa degli enti, in Cass. pen. n. 1/2007, pag. 353.
[18] «Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in
materia» (in Gazzetta Ufficiale del 10 agosto 2007, n. 185). Si vedano gli approfondimenti sui nn. 17-18-19-20/2007 di Ambiente&Sicurezza.
[19] Il 9 febbraio 2007 è stata presentata dalla Commissione europea una proposta di direttiva, COM (2007) 51 final, volta ad
assicurare un livello minimo di tutela penale dell’ambiente in tutta l’Unione Europea.
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stione idonei a prevenire la commissione
di reati della stessa specie
di quello concretamente verificatosi.
Ed è proprio la mancata
adozione e la successiva attuazione
dei modelli organizzativi (cosiddetta
“compliance program”) a
fondare, nei confronti dell’ente,
un rimprovero di colpevolezza
normativa. Modelli che, in estrema
sintesi:
l devono individuare le attività
“a rischio”, nel cui ambito, cioè,
possono essere commessi i reati
presupposti;
l devono prevedere specifici protocolli
diretti a disciplinare le attività “a
rischio”, in modo da prevenire e impedire
la commissione dei reati;
l devono prevedere specifici obblighi
di informazione nei confronti
dell’organismo deputato al controllo
e alla vigilanza;
l devono, infine, introdurre un sistema
disciplinare idoneo a sanzionare
il mancato rispetto delle misure
precauzionali (si veda l’art. 6, D.Lgs.
n. 231/2001).
Ma, al di là del fatto che la responsabilità
da reato delle persone
giuridiche non è ancora in vigore per
i reati in materia ambientale, i modelli
organizzativi prefigurati da questa
normativa hanno la medesima funzione
cautelare (preventiva) dei modelli
di diligenza rilevanti per il diritto
penale ambientale.
Basti pensare, ad esempio, alla
disciplina in materia di smaltimento
dei rifiuti, laddove il dovere del soggetto
apicale (amministratore di una
società che gestisce un impianto
produttivo e che, quindi, assume
una posizione di garanzia in quanto
tenuto a vigilare che i propri dipendenti
o altri sottoposti osservino
le norme ambientali) è quello di far
rispettare la normativa sullo smal-
13 novembre 2007 ­ N. 21

timento dei rifiuti e di impedire, attraverso
una valida vigilanza e
formazione del personale, che i
propri dipendenti la violino. Sussistendo,
quindi, la responsabilità penale
colposa «se il legale rappresentante
non adotti le misure atte ad
assicurare il corretto smaltimento
dei rifiuti e se non assolva l’onere di
provare che il servizio di prevenzione
sia funzionante e che ad esso sia
preposto un dirigente responsabile»
[20] .
13 novembre 2007 ­ N. 21
SPECIALE
Solamente l’adozione di un modello
di organizzazione e gestione
specifico [21] , attuale [22] ed efficace
[23] può consentire, oggi, all’imprenditore,
di minimizzare il rischio
reato, nonché di impostare,
nel caso in cui si verifichi la commissione
di uno stesso, un’adeguata
difesa penale, dimostrando al
giudice di aver valutato tutti i rischi
imposti dalle regole cautelari ambientali
(risk assessment) e, conseguentemente
aver costruito e scru-
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TUTELA AMBIENTALE
Articolo
polosamente attuato un idoneo sistema
di risk management, di “governo
del rischio”.
Sotto questo aspetto vanno, quindi,
rivalutati anche i sistemi di gestione
ambientali volontaristici come
l’ISO 14001 e l’EMAS [24] che, se efficacemente
attuati dalle imprese
(l’attuazione dei sistemi è la maggior
fonte di spesa per le aziende), consentono
certamente una importante e
vantaggiosa attività di prevenzione
dell’attuale “rischio penale”. l
[20] Si veda la sentenza della Cass. pen., sez. III, 19 aprile 2007, n. 15989.
[21] Il compliance sarà specifico quando individuerà correttamente le aree di rischio sia esterne che interne.
[22] Un modello organizzativo è idoneo a ridurre i rischi da reato in quanto sia costantemente adattato ai caratteri della struttura e
dell’attività di impresa.
[23] L’efficacia di un modello organizzativo dipende dalla sua idoneità in concreto a elaborare meccanismi di decisione e di controllo
tali da eliminare - o quantomeno ridurre significativamente - l’area del rischio da responsabilità.
[24] Si veda l’approfondimento di M. Bettanin a pag. 38.
29

TUTELA AMBIENTALE
Articolo
SPECIALE
La rilevazione effettuata tramite la due diligence può assumere un peso particolare
Quanto incide sul valore delle transazioni
la determinazione di passività ambientali?
diMarcoBrevi, partnerERMItalia
L’acquistoolavenditadiaziende
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dellepassivitàindividuate.
Questaanalisipuòesseresvolta
adiversilivelli
diapprofondimentoinrelazione
alladimensionedell’oggetto
dellavalutazioneedegliinteressi
delcompratoreodelvenditore.
L’incidenzadellepassività
ambientalisulvalore
dellatransazionevaria,quindi,
nonsoloasecondadellarelativa
tipologia,maancheaseconda
delprofilodirischio
delcommittenteedeltipo
divalutazioneeffettuata.
30
Nel corso degli ultimi cinque
anni si è registrato un vero e
proprio “boom” delle attività
di compravendita di aziende e immobili.
Dal 2002 - dopo la crisi delle
borse seguita allo scoppio della cosiddetta
“bolla tecnologica” e ai fatti
dell’11 settembre - e fino al 2006, le
attività di M&A (acronimo inglese
per merger and acquisition, ovvero
fusioni e acquisizioni) sono costantemente
aumentate, soprattutto sotto la
crescente spinta degli investitori finanziari
(private equity - PE), come
evidenziato nel grafico 1.
Le previsioni per quest’anno e per
i prossimi anni sono per un progressivo
rallentamento o addirittura di
una probabile inversione del trend,
anche a causa della stretta creditizia
delle banche in conseguenza degli effetti
della crisi dei mutui sub prime.
È ragionevole però pensare che, se
diminuirà l’attività degli investitori
finanziari, aumenterà, invece, l’attività
delle compravendite effettuate
da società industriali.
In ogni caso, comunque vada il
mercato, è interessante vedere come
gli aspetti ambientali abbiano un’influenza
sempre maggiore nella valutazione
economica dell’oggetto della
transazione. Ovviamente, questo riguarda
principalmente alcuni settori
piuttosto che altri. Normalmente, infatti,
la compravendita di banche, assicurazioni
e società multimediali
(video e telefonia) non ha una componente
ambientale significativa e
l’attività di verifica ambientale non è
normalmente richiesta nel corso della
due diligence per questi settori. Diverso
è, invece, il caso dei settori
industriale e immobiliare, dove le
passività ambientali possono giocare
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un ruolo significativo nella determinazione
del valore finale del bene.
Per “due diligence” si intende l’attività
di raccolta e verifica di informazioni
di natura patrimoniale, finanziaria,
economica e gestionale relativa
a un’azienda o un bene oggetto
di acquisizione o di possibile acquisizione,
per la definizione di un quadro
dettagliato della stessa. L’obiettivo
delle due diligence è quello di evidenziare
l’opportunità di aggiustamenti
al valore dichiarato una volta
constatate differenze sostanziali che
ne suggeriscono la riduzione. L’audit
ambientale è, quindi, quella particolare
attività svolta nel corso della due
diligence finalizzata a identificare le
passività ambientali, ovvero tutti i
costi che si dovranno sostenere per
prevenire, ridurre o riparare danni
causati all’ambiente dalle attività
operative o, comunque, presenti allo
stato di fatto del bene oggetto di
compravendita.
L’identificazione delle passività
ambientali è un processo di valutazione
che richiede un’analisi attenta delle
attività e delle caratteristiche dell’oggetto
della transazione. Vanno analizzate
sia la conformità alla legislazione
ambientale applicabile, per verificare
la necessità di eventuali investimenti
necessari a riportare lo stabilimento in
regola con le leggi vigenti, sia i potenziali
rischi legati al fatto che un fenomeno
di contaminazione sia avvenuto
in passato e non sia stato ancora identificato
o alla probabilità che possa avvenire
in futuro. In questo caso, è importante
verificare le attuali modalità
di gestione dello stabilimento, in modo
da determinare la probabilità di tale
rischio.
Va, però, tenuto conto che esisto-
13 novembre 2007 ­ N. 21

Rank Value (US$b)
$ 4,000
$ 3,500
$ 3,000
$ 2,500
$ 2,000
$ 1,500
$ 1,000
$ 500
$ 0
no percezioni del rischio ambientale
diverse a seconda dei diversi soggetti
coinvolti. Per il singolo individuo, il
rischio ambientale è rappresentato
dal rischio per la sua salute o dell’ambiente
in cui vive. Per l’imprenditore
(sia esso nella fattispecie il
venditore o l’acquirente) il rischio
ambientale è rappresentato da tutte
quelle situazioni legate all’ambiente
che potrebbero causargli costi e delle
quali desidera rimuoverne perfino il
pericolo. La speranza è che gli obiettivi
del secondo possano soddisfare
le esigenze del primo e l’obiettivo
della due diligence ambientale, non a
caso, è di identificare correttamente
questi rischi in modo da rassicurare
tutte le parti coinvolte sulla esistenza
o meno di un rischio ambientale e sui
possibili tempi e costi di intervento
per ridurlo o eliminarlo. Tali costi
includono tutti quelli sostenuti da
un’azienda - o da altri per conto della
stessa - per prevenire, ridurre o riparare
danni causati all’ambiente dalle
sue attività operative ovvero per con-
13 novembre 2007 ­ N. 21
SPECIALE
Incidenza dei fondi
private equity nell’attività M&A
1996
1997
(Fonte: Thomson Financial)
1998
1999
US Volume (US$b)
Sponsor Activity % of US
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
Global Volume (US$b)
Sponsor Activity as % of Global
Grafico 1
30%
25%
20%
15%
10%
servare risorse scarse rinnovabili e
non rinnovabili
I costi ambientali sono normalmente
riferite a varie categorie. Vi
sono, innanzitutto, i costi di adeguamento
alle normative ambientali,
principalmente relative:
l alle emissioni in atmosfera;
l agli scarichi idrici;
l alla gestione rifiuti.
Tra questi vengono anche considerati
i costi che ragionevolmente si
dovranno sostenere con l’entrata in
vigore di normative che, pur non essendo
ancora vigenti al momento
dell’audit, sono in procinto di entrare
in vigore a breve.
Vi sono poi i costi relativi alla
diminuzione del rischio, ovvero all’individuazione
di situazioni in regola
con la normativa, ma che potrebbero
causare la necessità di investimenti
anche ingenti nell’immediato
futuro. Per certi impianti industriali
questi costi possono essere anche
molto alti qualora, ad esempio, si
debbano adeguare impianti di abbat-
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5%
0%
Percentage of Volume (%)
TUTELA AMBIENTALE
Articolo
timento delle emissioni o di trattamento
delle acque ormai obsoleti o
che non garantiscono un’adeguata affidabilità
di rispettare le normative
nell’immediato futuro.
Infine, vi sono i costi associati a
interventi di bonifica e decontaminazione,
che rappresentano delle
passività legate alla presenza di fenomeni
di contaminazione del terreno o
delle acque di falda o alla necessità
di rimuovere amianto o decontaminare
apparecchiature o edifici contaminati
da sostanze pericolose.
La determinazione di questi costi
viene fatta attraverso varie metodologie
di valutazione che normalmente
comprendono l’analisi documentale,
la visita dei siti e l’elaborazione delle
informazioni disponibili.
Un elemento di fondamentale importanza
nella valutazione dei costi
ambientali è la determinazione della
soglia economica di riferimento, normalmente
chiamata material threshold,
che rappresenta il valore al di
sotto del quale gli eventuali costi che
devono essere sostenuti sono indicati
come “minori” e non stimati puntualmente.
Viceversa, per gli aspetti ambientali
che si presume possano comportare
costi superiori a questa soglia,
viene fatta una stima il più possibile
attendibile del probabile costo
che dovrà essere sostenuto per prevenire,
mitigare o rimediare all’impatto
ambientale identificato.
L’importo della material threshold
può variare sensibilmente in
relazione a diversi fattori. Il criterio
principale è che la material threshold
è stabilita in funzione dell’importo
totale della transazione e delle caratteristiche
intrinseche e della dimensione
attesa degli impatti ambientali
del bene oggetto della valutazione.
Per uno stabilimento a forte impatto
ambientale o il cui valore della transazione
è molto alto normalmente si
stabilirà una material threshold abbastanza
alta, ovvero pari o superiore a
100.000 euro. Per stabilimenti a basso
impatto ambientale o il cui costo
atteso di acquisto sia meno elevato la
material threshold può, invece, scen-
31

TUTELA AMBIENTALE
Articolo
SPECIALE
BC,MLCeRWC:l’esempiodiunserbatoiointerrato
Uncasoesemplareperdescrivere“bestcase”(BC),“mostlikelycase”(MLC)e“reasonableworstcase”(RWC)
èquellodiunserbatoiointerratochecontieneohacontenutosostanzechimichepotenzialmenteinquinanti.
Qualora non esistano informazioni specifiche sulla tenuta del serbatoio, l’audit concluderà che esiste la
possibilitàcheilserbatoioabbiaoabbiaavutodelleperditeeche,quindi,sidebbaprocedereallasostituzione
del serbatoio ed eventualmente alla bonifica del terreno o delle acque sotterranee eventualmente
contaminate.Diconseguenza,siraccomanderàdieffettuareuntestditenutadelserbatoioe,incasodiesito
negativo(ovveroilserbatoioperde),siraccomanderàilcampionamentodelterrenoedeventualmentedella
falda nelle vicinanze del serbatoio stesso, per valutare la severità e l’estensione della contaminazione
eventualmente presente. A questa valutazione, andrà anche affiancato un esame che terrà conto dell’età
delserbatoio,delsuovolume,dellasostanzacontenuta,ecc.UnapossibileconclusioneèchedalBCemerga
cheilcostoprevistosarà“minore”,ovveroaldisottodellamaterialthreshold,qualoradaltestditenutasi
determini che il serbatoio è integro e, quindi, non si presume che possa esserci della contaminazione.
Viceversa,seiltestditenutadovesseevidenziaredelleperditeeleindaginisuccessiveconcluderecheesiste
unacontaminazionedelterreno,manondellafalda,ilMLCpotrebbeconcluderecheilcostostimatoèpari
aX,ovveroalcostonecessarioallarimozionedelserbatoioeallabonificadiunacertaquantitàditerreno.
Infine, se viene determinato che anche la falda acquifera possa essere contaminata il RWC sarà pari, ad
esempio, a 10X, ovvero al costo della bonifica di un maggior volume di terreno oltre che delle acque
sotterranee.
dere a 25.000 euro o anche meno.
Un altro criterio è la tipologia di
committente. Tradizionalmente gli
investitori finanziari (banche, private
equity e venture capital) tendono a
preferire una material threshold medio-alta
(da 50.000 euro in su), in
quanto hanno, per definizione, una
maggiore propensione al rischio e
hanno già preventivato che, in seguito
all’acquisizione, dovranno comunque
intervenire con del capitale nell’azienda
acquisita. Al contrario, gli
investitori industriali tendono a preferire
delle material threshold più basse
in quanto il loro obiettivo è soprattutto
creare delle sinergie produttive con
il loro business già esistente e, ovviamente,
minimizzare la necessità di investimento
post acquisto.
La stima dei costi ambientali si
può basare su elementi di valutazione
forniti dallo stabilimento stesso (ad
esempio budget di spesa approvati o
preventivi richiesti) o su valutazioni
tecniche di chi effettua l’audit (e che
normalmente si riferiscono a casi
analoghi in contesti simili). La stima
dei costi ambientali viene fatta tenendo
in considerazione tre possibili
scenari, definiti:
l best case (BC): è il caso più favorevole
che ci si può aspettare, ovvero
32
il caso in cui sono verificate tutte le
assunzioni positive fatte in mancanza
di informazioni specifiche sull’aspetto
in questione;
l most likely case (MLC): è il caso
più probabile che ci si aspetti che
accada, ovvero si può considerare come
la spesa che quasi sicuramente
l’acquirente sarà chiamato ad affrontare
nel breve-medio periodo;
l reasonable worst case (RWC): è
il caso peggiore che possa capitare,
qualora si verifichino tutte le assunzioni
negative che vengono fatte in
assenza di informazioni precise.
Valutazionidocumentali
Un aspetto particolare riguarda
le valutazioni di un grande numero
di siti effettuate solo su base documentale
o in caso di visite a copertura
solo parziale del portafoglio
di siti oggetto di valutazione. È il
caso, ad esempio, di grandi “parchi”
di immobili messi in vendita
da banche, assicurazioni o fondi
immobiliari, ma anche di reti di
distribuzione di carburanti, negozi,
hotel.
In questo caso, gli elementi utili
per la valutazione delle passività
ambientali possono essere ricavati
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da poche visite ad hoc e dalle informazioni
ottenibili dalla revisione
dei documenti forniti dal venditore.
L’analisi documentale viene solitamente
svolta nell’ambito di “data
room” organizzate dal venditore e
dai suoi advisor. Nelle data room
viene consentito all’acquirente di
visionare una serie di documenti
predisposti dal venditore e che, per
quanto riguarda la parte ambientale,
normalmente comprendono rapporti
di audit eseguiti in passato,
autorizzazioni e permessi, risultati
di analisi e monitoraggi. In questo
caso, può essere utile utilizzare
strumenti statistici di valutazione
tipo l’analisi “Montecarlo”, che
permettono di estendere le valutazioni
effettuate su un campione significativo
e rappresentativo a un
universo molto più ampio. Mentre
in passato le data room consistevano
nel far confluire la documentazione
in forma cartacea presso un
luogo fisico di consultazione, solitamente
un ufficio legale, negli ultimi
anni è invalsa la prassi di utilizzare
data room virtuali, ovvero
siti web ad accesso controllato e
riservato dove i documenti possono
essere visionati senza muoversi dal
proprio ufficio. l
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13 novembre 2007 ­ N. 21
SPECIALE
Esempidipassivitàambientali
identificatenelcorsodirecentioperazionidiM&A
Tipo
dioperazione
Target Impiantodismaltimentorifiuti
Tipo
acquirente
Material
Threshold
Principali
criticità
ambientali
Prezzo
acquisto/
vendita
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TUTELA AMBIENTALE
Articolo
TABELLA1
Vendita Acquisto Acquisto Acquisto Acquisto
Investitori finanziari
6 stabilimenti di Portafoglio im­
produzione mobiliare(300siti)
meccanica
all’estero
Gruppo privato
italiano
Grupporealestateinternazionale
60 stazioni di servizio
in Gran Bretagna
Gruppo privato italiano
Impiantodiproduzione
di combustibili
Bancaestera
50.000euro 30.000euro 50.000euro 50.000euro 100.000euro
Serbatoi interrati,
contaminazione
terreno e acque
sotterranee
Contaminazione
terreno e acque
sotterranee
100milionidieuro 130 milioni di
euro
Serbatoi interrati,contaminazione
terreno e acquesotterranee
Serbatoi interrati,
contaminazione
terrenoeacquesotterranee,amianto
Contaminazione
terreno e acque
sotterranee, emissioniinatmosfera
250milionidieuro 1.300milionidieuro 35milionidieuro
MLC 1milionedieuro 1,5milionidieuro 6,5milionidieuro 12milionidieuro 35milionidieuro
RWC 2milionidieuro 4,5milionidieuro 8milionidieuro 26milionidieuro 39milionidieuro
Glossario
l M&A:acronimoinglesepermergerandacquisition,ovverofusionieacquisizioni;
l duediligence:attivitàdiraccoltaeverificadiinformazionidinaturapatrimoniale,finanziaria,economica
e gestionale relativa a un’azienda o un bene oggetto di acquisizione o di possibile acquisizione, per la
definizionediunquadrodettagliatodellastessa;
l privateequity:investitorifinanziariprivati;
l passivitàambientali:costichesidovrannosostenereperprevenire,ridurreoripararedannicausatiall’ambientedalleattivitàoperativeocomunquepresentiallostatodifattodelbeneoggettodicompravendita;
l materialitythreshold:sogliaeconomicadiriferimento.
33

TUTELA AMBIENTALE
Articolo
SPECIALE
Esistono strumenti precontrattuali e contrattuali per mediare tra venditori e acquirenti
Come arginare il rischio ambientale
nelle operazioni di compravendita
diPaoloGallaratieCarloGrignani, avvocatiinMilano,NCTMStudioLegaleAssociato
Iltermine“ambientale”siapplica
aquellaparticolaretipologia
dirischionelqualeincorre
l’acquirentediunsitoindustriale
acausadellecondizioni
ambientalidelsitopreesistenti
almomentodell’efficacia
dellacompravendita
ealconseguentesubentro
dell’acquirentenellaproprietà
delsito.Èovvio,infatti,come,
nell’ambitodioperazioni
dicompravenditaaventia
oggettositiarischioambientale,
daunpartel’acquirenteabbia
interesseaescludereolimitare
l’assunzionedelrischio
ambientale,mentre,dall’altra,
ilvenditoreabbial’interesse
contrarioaescludereolimitare
possibilirivalsedell’acquirente
neisuoiconfrontialverificarsi
dieventualiresponsabilità
ambientali.L’equilibriotraquesti
contrappostiinteressiviene
normalmentecontemperato
insedeprecontrattuale
ocontrattualemedianteilricorso
astrumentidivarianatura,come,
rispettivamente,laduediligence
oipattidimanlevaeilrilascio
digaranziefinanziarie
proacquirente.
34
Lanozione
dirischioambientale
Una situazione di rischio ambientale
[1] può sussistere non solo in relazione
a siti contaminati, ma anche a
siti che, seppur non contaminati, siano
comunque potenzialmente idonei
a cagionare un danno o altra responsabilità
di natura ambientale in ragione
delle attività su di essi esercitate
(ad esempio in quanto produttive di
scarichi, rifiuti, emissioni).
Nelle operazioni di compravendita
di siti, l’acquirente tende a subentrare
al venditore nel relativo rischio
ambientale in qualità di cosiddetto
“proprietario incolpevole”; questa
qualifica, non espressamente definita
dalla legislazione in materia, emerge
dal complesso di obblighi, oneri e
responsabilità che a vario titolo la
legge pone a carico del proprietario
di un sito a prescindere dall’imputabilità
a suo carico, per dolo o colpa,
di condotte contaminanti o comunque
lesive di norme di legge.
In particolare, dalle disposizioni
dettate dal codice civile e del D.Lgs.
n. 152/2006 (“Codice dell’ambiente”)
emerge un contesto normativo in
cui il proprietario incolpevole, pur
non essendo responsabile delle condizioni
ambientali del sito è:
l esposto ai potenziali costi di bonifica
(a causa dei relativi oneri reali
e privilegi speciali previsti dalla
legge);
l tenuto a stringenti obblighi di co-
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municazione alle autorità territoriali
e di primo intervento in caso di inquinamento
attuale o potenziale;
l passibile di sospensione dell’attività
o di revoca delle autorizzazioni
all’uso di impianti non conformi a
prescrizioni ambientali;
l soggetto al rischio di danni e sanzioni
per mancata denuncia di discariche
abusive o abbandono di rifiuti.
Alla luce di quanto precede, appare
di tutta evidenza come, nell’ambito
di operazioni di compravendita
aventi a oggetto siti a rischio
ambientale:
l da un parte, l’acquirente abbia interesse
a escludere o limitare l’assunzione
del rischio ambientale;
l dall’altra, il venditore abbia l’interesse
contrario a escludere o limitare
possibili rivalse dell’acquirente nei
suoi confronti al verificarsi di eventuali
responsabilità ambientali.
Ledinamichenegoziali
volteadisciplinare
ilrischioambientale
L’equilibrio tra questi contrapposti
interessi viene normalmente contemperato
in sede precontrattuale o
contrattuale mediante il ricorso a
strumenti di varia natura. Tra gli strumenti
tipicamente precontrattuali
spicca l’attività di indagine (cosiddetta
due diligence) [2] volta a verificare
le condizioni ambientali del sito
e a rilevarne eventuali vizi di conformità,
che consentono alle parti di ac-
[1] Ai fini delle considerazioni che seguono, il termine “rischio ambientale” si riferisce al rischio nel quale incorre l’acquirente di un
sito industriale a causa delle condizioni ambientali del sito preesistenti al momento dell’efficacia della compravendita e al
conseguente subentro dell’acquirente nella proprietà del sito.
[2] Sul tema si veda l’approfondimento di M. Brevi a pag. 30.
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13 novembre 2007 ­ N. 21
SPECIALE
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TUTELA AMBIENTALE
Articolo
Il rischio ambientale nelle operazioni di M&A e di Real Estate
Vendor due diligence - phase I
(verifica documentale
e interviste su autonoma
iniziativa del venditore)
Identificazione del rischio
contaminazione;
abbandono e gestione illecita
di rifiuti;
difformità da norme di legge
(scarichi, emissioni, rumore);
danno ambientale.
Lettera di intenti
(non vincolante)
Due diligence - phase I
da parte dell’acquirente
(basata o agevolata dalla
vendor due diligence)
Identificazione del rischio
contaminazione;
abbandono e gestione illecita
di rifiuti;
difformità da norme di legge
(scarichi, emissioni, rumore);
danno ambientale.
1. Fase preparatoria
Non accettabile
Accettabile
2. Fase precontrattuale e contrattuale
Non accettabile
Accettabile
Figura 1
Vendor due diligence - phase II
(prelievi/esami sulle matrici
ambientali)
Azioni di ripristino della
conformità ambientale
Avvio delle negoziazioni
con il potenziale acquirente
Due diligence - phase II
(prima o dopo signing o closing)
gestione comune delle indagini
(nomina di consulente comune);
tempistica non facilmente prevedibile;
esito incerto delle indagini e obblighi
di intervento;
definizione del soggetto che procederà
a eventuali comunicazioni di legge
e misure di prevenzione e messa in
sicurezza;
ripartizione dei costi;
rischio di sopralluoghi e ispezioni delle
autorità e gestione dei rapporti con esse.
Firma di accordo
preliminare/definitivo
Accettabile
patti di manleva;
garanzie finanziarie;
obblighi di ripristino
della conformità ambientale.
Recesso dalle
trattative
o dall’accordo
preliminare
35

TUTELA AMBIENTALE
Articolo
quisire piena consapevolezza del rischio
ambientale connesso al sito oggetto
di compravendita. Tra gli strumenti
contrattuali spiccano invece la
previsione di patti di manleva e il
rilascio di garanzie finanziarie in favore
dell’acquirente.
Lafaseprecontrattuale
Per quanto attiene alla fase precontrattuale
(si veda la figura 1), solitamente
l’attività di due diligence
può essere condotta dal venditore
(cosiddetta vendor due diligence),
soprattutto in caso di operatori specializzati
di settore e coinvolti in operazioni
di M&A (mergers & acquisitions,
fusioni e acquisizioni) su base
routinaria, che, in quanto tali, sono
dediti a un continuo monitoraggio
della situazione ambientale dei propri
siti industriali. A prescindere da ciò,
un’attività di due diligence viene comunque
normalmente condotta dall’acquirente
(cosiddetta buyer due diligence),
stante il suo preminente interesse
all’identificazione del rischio
ambientale in via propedeutica alla
negoziazione del prezzo e al contenimento
di eventuali passività latenti [3] .
Nella prassi, l’attività di due diligence
in materia ambientale [4] tende
a distinguersi in due fasi:
l in primo luogo, si delinea una cosiddetta
phase 1, nel corso della quale
l’indagine verifica le condizioni
ambientali del sito attraverso l’analisi
di documenti o archivi e l’acquisizione
di informazioni dai soggetti coinvolti
nella conduzione del sito. La
phase 1 viene solitamente preceduta
dalla sottoscrizione di accordi di confidenzialità
(con impegni di riservatezza
a carico di entrambi i contraen-
36
SPECIALE
ti) e, se del caso, da lettere di intenti
con cui vengono definiti scopo, tempi
e modi per l’espletamento dell’indagine.
Nel caso in cui l’indagine di
prima fase non evidenzi un rischio
ambientale rilevante, l’acquirente e il
venditore tendono a procedere direttamente
alla firma di un accordo preliminare
(cosiddetto signing) o definitivo
(cosiddetto closing) per la
compravendita del sito;
l nel caso in cui invece la phase 1
evidenzi un rischio ambientale rilevante,
l’acquirente tende a esigere la
conduzione di una ulteriore fase di
indagine, detta phase 2, volta alla verifica
delle condizioni ambientali del
sito sulla base di prelievi e campionamenti.
Lo svolgimento di una phase
2 può costituire fonte di dissidi tra
acquirente e venditore, soprattutto se
effettuata prima della firma di accordi
preliminari (e, dunque, prima dell’assunzione
di un impegno vincolante
ad acquistare il sito da parte
dell’acquirente). Questa indagine
comporta, infatti, verifiche invasive
sul sito i cui tempi, costi ed esiti sono
difficilmente prevedibili; nei casi più
semplici, possono insorgere difficoltà
tra le parti anche solo nel raggiungere
un accordo in merito all’eventuale
nomina di un consulente tecnico comune
cui deputare l’indagine, oppure
in merito alle modalità di ripartizione
dei relativi costi nonché delle azioni
conseguenti all’eventuale scoperta di
difformità ambientali.
Nell’ambito del processo negoziale,
le parti devono altresì preoccuparsi
di concordare la tempistica della
phase 2 e, in particolare, se la medesima
possa avere luogo:
l prima del signing;
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l dopo il signing, ma prima del closing;
l dopo il closing.
Nei primi due casi, è ragionevole
attendersi che l’acquirente richieda al
venditore il diritto di recedere dalle
trattative (ovvero dal contratto preliminare)
nel caso in cui l’esito della
phase 2 non sia soddisfacente per
l’acquirente (e dunque evidenzi l’esistenza
di un rischio ambientale rilevante).
Nell’ultimo caso (e cioè di
una phase 2 che evidenzi rischi rilevanti
successivamente al closing), il
venditore tende invece a riconoscere
all’acquirente solo il diritto di agire
per il risarcimento del danno.
Lafasecontrattuale
Nel caso in cui l’esito della phase
2 sia soddisfacente per l’acquirente
o, comunque, le parti raggiungano un
accordo sulla rimozione del rischio
ambientale eventualmente rilevato, le
parti procedono alla stipulazione dell’accordo
preliminare o definitivo,
nel cui contesto assumono particolare
rilievo i patti di manleva o di garanzie
finanziarie a favore dell’acquirente.
I primi sono solitamente qualificati
come patti atipici, validi in quanto
diretti a realizzare interessi meritevoli
di tutela a norma dell’art. 1322 del
codice civile, utilizzati per allocare il
rischio ambientale sul venditore, imponendogli
obblighi di indennizzo a
fronte della potenziale o attuale contaminazione
del sito ovvero dell’idoneità
del sito ad arrecare danno all’ambiente,
a terzi o all’acquirente, in
conseguenza delle condizioni ambientali
del sito anteriori alla data di
efficacia della compravendita [5] .
[3] La prassi di procedere ad attività di due diligence deriva, oltre che dalla ragionevole attitudine a valutare il rischio transazionale da
parte degli operatori economici, anche dall’assetto normativo che, nell’ordinamento italiano, da un lato pone a carico del venditore
l’onere di non tacere in mala fede al compratore i vizi della cosa venduta ai sensi dell’art. 1490 c.c. (ciò che altrimenti rende
inefficace qualsiasi patto con cui si escluda o limiti la garanzia per vizi a cui il venditore è tenuto), mentre dall’altro lato pone a
carico dell’acquirente l’onere di identificare i vizi facilmente riconoscibili, non coperti dal regime di garanzia legale ai sensi
dell’art. 1491, per tentare di scontarli dal prezzo in sede di trattativa.
[4] Si veda l’approfondimento di F. Bianchi sul n. 17/2007 di Ambiente&Sicurezza.
[5] L’efficacia del patto di manleva è ormai consolidata in giurisprudenza. Si veda per tutte la sentenza della Cassazione civile, sez. III,
8 marzo 1980, n. 1543, la cui massima recita: «Il patto di manleva ha per contenuto il dovere di sollevare altri dalle conseguenze di
(segue)
13 novembre 2007 ­ N. 21

In questo senso, i patti di manleva
attribuiscono normalmente all’acquirente
un diritto di rivalsa nei
confronti del venditore, non solo nel
caso in cui quest’ultimo sia il responsabile
dell’inquinamento o del
danno, ma anche nel caso in cui lo
stesso sia, a sua volta, proprietario
incolpevole.
I patti di manleva tendono ad articolarsi
in dichiarazioni e garanzie di
conformità ambientale alle quali si
accompagnano specifici obblighi di
indennizzo da parte del venditore, nel
caso in cui le medesime risultino inveritiere
o incomplete [6] ; in luogo o in
aggiunta agli obblighi di indennizzo,
possono essere previsti obblighi di riduzione
in pristino del sito. Per contro,
a fronte di queste richieste, il venditore
esige normalmente l’introduzione
di limitazioni ai propri obblighi
di indennizzo, quali, ad esempio, la
previsione di “de minimis”, franchigie
e massimali, termini di durata e di
denunzia breve a pena di decadenza a
carico dell’acquirente per la comunicazione
dell’evento dannoso, clausole
di mitigazione o compensazione, obblighi
di gestione comune del contenzioso
e altro.
Nel caso in cui, all’atto della
compravendita del sito, vi sia una
13 novembre 2007 ­ N. 21
SPECIALE
procedura di bonifica già insistente
o di imminente avvio sul sito
medesimo, le parti possono, altresì,
concordare che la titolarità del
sito venga trasferita all’acquirente
lasciando che la procedura di bonifica
(unitamente ai relativi costi
e oneri) rimanga in capo al venditore
fino a che questa non sia stata
portata a compimento mediante il
rilascio del relativo certificato da
parte dell’autorità competente o
anche oltre, fino all’esaurimento
delle eventuali prescrizioni o delle
misure di monitoraggio stabilite
nel certificato.
L’acquirente può, da ultimo, negoziare
con il venditore il rilascio di
garanzie finanziarie in proprio favore
a copertura del rischio ambientale.
Solitamente, queste garanzie possono
essere di tipo bancario o assicurativo
o consistere caparre o cauzioni
(cosiddette “escrow”) oppure - ben
più efficacemente per l’acquirente -
nella (parziale) ritenzione del prezzo
con facoltà di compensazione da parte
dell’acquirente [7] .
Le garanzie bancarie o assicurative
potranno essere, a titolo esemplificativo,
autonome o fideiussorie, a
prima richiesta o giustificate, a scalare
o a importo fisso [8] .
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TUTELA AMBIENTALE
Articolo
La creazione di un eventuale fondo
di garanzia potrà avvenire su un
conto di una delle parti ovvero su di
un fondo comune, con pagamento
dietro richiesta unilaterale o congiunta;
le somme potranno essere corrisposte
dietro semplice richiesta ovvero
previa presentazione di un relativo
ordine di giustizia o di altri documenti
giustificativi.
A fronte della varietà e della relativa
gradazione dei rimedi finanziari
elaborati dalla prassi, occorre, tuttavia,
precisare che questi rimedi finanziari
possono risultare inefficienti
nel perseguimento della piena soddisfazione
delle ragioni dell’acquirente-proprietario
incolpevole, a
causa della possibile sopravvenuta
insolvenza del venditore o comunque
dell’inefficienza del sistema
processuale.
Conclusioni
Da questa considerazione emerge,
con tutta evidenza, l’importanza preminente,
nelle compravendite afflitte
da rischio ambientale, di una ponderata
fase prenegoziale di accertamento
preventivo delle condizioni del sito
volta a una diagnosi attendibile in
grado di evitare operazioni dagli effetti
pregiudizievoli potenzialmente
irreversibili. l
un fatto dannoso e, quindi, realizza una assunzione di garanzia da parte dell’obbligato”; e ancora “il divieto sancito dall’art. 1229 c.c.
di stipulare patti preventivi di irresponsabilità trova la sua “ratio” nell’esigenza di non consentire la indiretta acquiescenza alla
violazione di norme fondamentali per la convivenza sociale e di eliminare una remora alla colpa grave e al dolo. Tuttavia, detto
divieto, essendo limitato dal generale principio dell’autonomia negoziale, non si estende ai patti con i quali si convenga il
trasferimento ad altri dell’incidenza economica del danno, in quanto, in tale ipotesi, il patto non determina alcuna forma di
irresponsabilità, ma riversa soltanto su di un’altro soggetto le conseguenze patrimoniali dell’illecito, senza violare il diritto del
danneggiato».
[6] L’importanza per l’acquirente di ottenere apposite dichiarazioni e garanzie è particolarmente accentuata in operazioni di
compravendita di siti o aziende industriali strutturate mediante l’acquisto di veicoli societari (cosiddetto share deal), in quanto,
ai sensi della consolidata giurisprudenza, «la cessione delle azioni o delle quote di una società ha come oggetto immediato la
partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta.
Pertanto, le carenze o i vizi relativi alle caratteristiche e al valore dei beni ricompresi nel patrimonio sociale - e, di riverbero, alla
consistenza economica della partecipazione - possono giustificare la risoluzione del contratto di cessione per difetto di “qualità”
della cosa venduta ai sensi dell’art. 1497 c.c. solo se il cedente abbia fornito a tale riguardo specifiche garanzie contrattuali, anche
diversamente qualificate, sufficiente essendo che il rilascio della garanzia si evinca inequivocamente dal contratto» (Cassazione
civile, sez. I, 13 dicembre 2006, n. 26690).
[7] Nella prassi vengono anche adottate forme ibride di strumenti di garanzia, quali la fideiussione cauzionale (o cauzione fideiussoria
o assicurazione cauzionale), che costituisce una figura contrattuale atipica, intermedia fra il deposito cauzionale e la fideiussione,
la quale, pure avendo come parte un’impresa di assicurazione, assolve alla funzione non di copertura di un rischio, ma di garantire
il pagamento di una cauzione (Cassazione civile, sez. III, 24 dicembre 1992, n. 13661).
[8] Sulla distinzione tra garanzie autonome e fideiussore, si veda in giurisprudenza la sentenza della Cassazione civile, sez. III, 2 aprile
2002, n. 4637, in cui si chiarisce che «il contratto atipico di garanzia autonoma si differenzia dalla fideiussione per la mancanza
dell’elemento dell’accessorietà, nel senso che il garante si impegna a pagare al beneficiario, senza opporre eccezioni fondate sulla
validità o efficacia del rapporto di base».
37

TUTELA AMBIENTALE
Articolo
SPECIALE
Gli errori degli operatori tra le principali cause di inquinamento di suolo e acque superficiali
SGA: strumenti indispensabili
per prevenire il rischio ambientale
diMassimoBettanin, amministratoredelegatoERMItalia
Laculturaelagestione
ambientaletraleimpreseitaliane
negliultimidiecianniha
conosciutounosviluppo
considerevole,grazieanche
all’affermarsidistandard
internazionalidiriferimento(ISO
14001,EMAS).Nonsempre,
tuttavia,leaziende
comprendonotragliobiettivi
dellagestioneambientale,
anchelaprevenzionedeldanno
ambientale;nonacaso,
l’esperienzasuuncentinaio
diprogettidicaratterizzazione,
bonificaeripristinoambientale
dimostrachesonoproprio
glierrori,icomportamenti
noncorrettioledisattenzioni
(dovuteascarsaconoscenza)
deglioperatoridurante
leoperazionidimovimentazione
etravasoarappresentare
laquotapiùsignificativa
deglieventidiinquinamento
delsuolo,sottosuolo
edelleacquesuperficiali,
seguite,adistanza,
dallelineefognarie
edallecanalineinterrate
utilizzateperiltrasporto
direfluiindustriali
edallosmaltimento
insitodirifiutipericolosi
edall’utilizzoditerreni
direcuperocontaminati
inattivitàdicostruzione.
38
Il sistema di gestione ambientale
dell’impresa comprende, secondo
quanto indicato dalla norma internazionale
ISO 14001, «la struttura
organizzativa, le responsabilità, le
procedure, i processi e le risorse necessarie
per definire e attuare la politica,
gli obiettivi e i programmi ambientali».
Tipicamente, l’attuazione
della politica comporta il perseguimento
di alcuni obiettivi fondamentali
minimali per una sana e corretta
gestione dell’impresa. Un efficace sistema
di gestione ambientale dovrebbe
garantire:
l il rispetto dei requisiti e degli obblighi
di legge (compliance legislativa)
per minimizzare le possibili “liabilities”
sia amministrative che penali
in capo alla direzione;
l il miglioramento delle prestazioni
ambientali (ad esempio, in tema di
rifiuti, una progressiva riduzione delle
quantità generate e smaltite, miglioramento
delle modalità di smaltimento,
ampliamento della quantità di
rifiuti sul totale generato soggetta a
recupero o riciclo, incremento della
raccolta differenziata in sito, ecc.);
l la prevenzione di eventi, anche accidentali,
che possono generare un
danno ambientale con conseguenti
importanti implicazioni sul profilo
economico-patrimoniale dell’azienda.
Tralasciando i primi due elementi
che, sia pur fondamentali e “propedeutici”
all’ottenimento di una certificazione
ambientale, sono meno rilevanti
ai fini di quanto sarà discusso a
seguire, è opportuno concentrarsi sull’ultimo.
Per capire, in termini pratici,
cosa significhi per un’impresa ridurre
il rischio di causare un danno ambientale,
con le relative ripercussioni
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economico-finanziare che ne possono
scaturire, è necessario cercare di identificare
gli eventi che sono o possono
essere causa di danno ambientale. Gli
eventi più frequenti di danno ambientale
in realtà industriali e nel settore
immobiliare sono:
l lo spandimento accidentale di sostanze
pericolose per l’ambiente durante
le operazioni di movimentazione
(ad esempio carico-scarico di prodotti
chimici da automezzi, trasferimento
a mezzo carrello elevatore o
transpallet, travasi, ecc.);
l il rilascio da serbatoi fuori terra o
attrezzature o macchinari contenenti
sostanze pericolose per l’ambiente (si
pensi, ad esempio, alle macchine per
le lavorazioni meccaniche che utilizzano
oli idraulici, lubrificanti, emulsioni
lubro-refrigeranti, solventi);
l le perdite da serbatoi o tubazioni
interrate (tipicamente di prodotti petroliferi
quali gasolio, benzina, oli
diatermici, oli lubrificanti oppure solventi);
l perdite dalla rete fognaria di reflui
industriali contaminati.
Quelli che, invece, preoccupano in
minor misura le imprese di questi settori,
almeno fino a oggi, sono i danni
ambientali correlati alle emissioni in
atmosfera di sostanze inquinanti con
conseguenti ricadute al suolo nelle vicinanze
del sito e danneggiamento di
culture o proprietà, eventi, di fatto, limitati
a poche circoscritte tipologie industriali
(ad esempio centrali termoelettriche,
impianti per la lavorazione
dei metalli, fonderie).
Lo spandimento accidentale di sostanze
pericolose per l’ambiente può
avvenire sia in ambito industriale sia
in quello immobiliare. Basti pensare
13 novembre 2007 ­ N. 21

all’operazione di approvvigionamento
di gasolio a un condominio dotato
di caldaie alimentate con questa tipologia
di combustibile.
Una corretta procedura di gestione
della problematica degli spandimenti,
spesso sottostimata dai responsabili
aziendali, deve prevedere alcune
misure orientate sia alla prevenzione
dell’evento che alla sua mitigazione:
l nel caso le sostanze chimiche utilizzate
siano rilevanti, la minimizzazione,
ovunque possibile, dell’uso di
contenitori mobili (ad esempio fusti
metallici, cisternette, fustini, ecc.),
che, richiedendo più operazioni manuali,
presentano maggiori rischi di
spandimento;
l la predisposizioni di aree di movimentazione
e stoccaggio adeguate
con sistemi di contenimento delle
eventuali perdite di prodotto. Questi
sistemi, necessariamente di volume
adeguato, devono prevedere un’impermeabilizzazione
delle superfici
che tenga conto della tipologia dei
prodotti movimentati e stoccati (molto
spesso le superfici delle aree di
stoccaggio sono corrose o deteriorate
per una cattiva opera di impermeabilizzazione)
e la protezione, se possibile,
dagli agenti atmosferici;
l la definizione di corrette modalità
operative che devono comprendere:
- un’attenta segregazione di prodotti
eventualmente non compatibili
(cioé quelli che, se messi in contatto,
possono generare incendio, esplosione,
reazioni improvvise e incontrollabili,
ecc.);
- l’utilizzo di appropriate attrezzature
per la movimentazione dei contenitori
e il travaso dei prodotti (che
deve avvenire solo su aree dedicate
che soddisfino gli stessi criteri indicati
al secondo punto);
- la perfetta chiusura dei contenitori;
- l’indicazione del contenuto e
delle relative caratteristiche di pericolo;
- l’ispezione e la manutenzione
periodica delle aree di stoccaggio e
movimentazione;
l la presenza di attrezzature e mate-
13 novembre 2007 ­ N. 21
SPECIALE
riali per la gestione e il controllo degli
eventuali spandimenti che dovessero
accadere nonostante le misure
precauzionali adottate. Questi materiali
dovrebbero essere disponibili in
prossimità delle aree di movimentazione
e travaso ed essere compatibili
con i prodotti movimentati;
l la costante informazione e formazione
del personale addetto alle operazioni
di movimentazione e travaso.
La formazione
dovrebbe comprendere,
oltre a
indicazioni operative,
anche la
chiara descrizione
dei possibili effetti
sull’ambiente
legati a eventuali
spandimenti accidentali
dei prodotti
movimentati
(spesso tralasciata
e non nota agli
operatori). Particolare
attenzione
deve essere posta
anche allo svolgimento
di prove pratiche di pronto intervento
per il controllo degli spandimenti
accidentali finalizzate a verificare
il grado di preparazione del personale
addetto e l’adeguatezza delle
attrezzature di emergenza e delle modalità
di intervento.
Per quanto riguarda i punti critici
e le possibili conseguenze sull’ambiente
deve essere posta particolare
attenzione alla presenza di tombini e
caditoie per la raccolta di acque meteoriche
nelle aree di carico-scarico
e/o movimentazione o nelle loro immediate
vicinanze. Va ricordato, infatti,
che lo spandimento di prodotti
chimici o petroliferi nella rete delle
“acque bianche” comporta ingenti
danni sia al corpo recettore finale
(spesso, infatti, le acque meteoriche
non confluisco agli impianti di trattamento
e depurazione presenti in stabilimento)
sia al sottosuolo nel caso
in cui la rete fognaria, come molto
spesso accade, sia danneggiata.
Le stesse considerazioni valide
Glierrori,
icomportamentinon
correttioledisattenzioni
deglioperatoridurantele
fasidimovimentazionee
travasorappresentano
lecausepiùricorrenti
di inquinamento
del suolo,sottosuolo
eacquesuperficiali
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TUTELA AMBIENTALE
Articolo
per gli spandimenti accidentali valgono,
in massima parte, anche per lo
stoccaggio di prodotti chimici e petroliferi
in serbatoi fuori terra. A questo
proposito, le carenze più frequenti
e gravi dei sistemi di gestione con
riferimento a queste installazioni
comprendono:
l la mancanza di bacini di contenimento
adeguati (se non addirittura la
totale assenza) o il loro precario stato
di manutenzione;
l l’assenza di
procedure per lo
svuotamento dell’acqua
meteorica
che si accumula
nei bacini (un’acquapotenzialmente
contaminata
con il/i prodotto/i
contenuto/i nei
serbatoi presenti
all’interno del bacino);
l la mancanza di
adeguate baie di
carico-scarico per
gli automezzi;
l il posizionamento errato delle aree
di stoccaggio spesso in prossimità di
recettori “sensibili” dal punto di vista
ambientale, quali tombini per la raccolta
di acque meteoriche o pozzi di
emungimento acque.
Senza dubbio, una della cause più
frequenti di contaminazione del suolo
e della falda è data dalle perdite
dai serbatoi e tubazioni interrate.
Queste strutture interrate sono molto
diffuse sul territorio, essendo presenti
in ambito industriale per lo stoccaggio
di combustibili, oli e prodotti chimici,
nel contesto immobiliare per lo
stoccaggio soprattutto di gasolio per
riscaldamento e, infine, presso i distributori
di carburante.
I serbatoi interrati e le relative tubazioni
di adduzione, laddove presenti,
devono essere, quindi, necessariamente
inclusi nel campo di applicazione
di un sistema di gestione ambientale.
Con il supporto di aziende
specializzate, è opportuno prevedere
lo svolgimento di verifiche di tenuta
39

TUTELA AMBIENTALE
Articolo
periodiche con frequenza variabile in
funzione dell’età e delle caratteristiche
costruttive del serbatoio. La definizione
di adeguate procedure operative
per l’effettuazione delle operazioni
di carico-scarico permette di
prevenire sia gli spandimenti accidentali
sia, soprattutto, continui “piccoli”
rilasci (spesso su aree non impermeabilizzate)
che, nel lungo termine, possono
portare a una contaminazione significativa
del sottosuolo.
In caso di vetustà dei serbatoi è
necessario sostituirli con altri posti
fuori terra e tubazioni aeree facilmente
ispezionabili. Qualora ciò non fosse
possibile (ad esempio per motivi legati
alla sicurezza dell’impianto o mancanza
di spazio), si deve prevedere:
l l’installazione di serbatoi/tubazioni
a doppia parete con gas interstiziale
in pressione e manometro esterno
per il controllo di eventuali perdite; il
mantello esterno deve essere opportunamente
rivestito e/o trattato per
contrastare l’aggressione chimica da
parte dei microrganismi presenti nel
suolo. Il serbatoio/tubazione deve essere
dotato di un anodo sacrificale
per evitare gli effetti corrosivi di
eventuali correnti vaganti presenti
nel terreno, particolarmente pericolose
nel caso sia presente nelle vicinanze
una linea ferroviaria elettrificata;
l una procedura operativa per il
controllo periodico della pressione
tra le due pareti del serbatoi e la verifica
delle condizioni dell’anodo.
Questi controlli dovranno essere registrati
e documentati.
L’utilizzo della rete fognaria di
uno stabilimento per la raccolta e il
recapito di liquidi contenenti sostanze
chimiche pericolose per l’ambiente
(spesso miscelate tra loro) può rappresentare
un elemento particolarmente
critico dal punto di vista ambientale.
Infatti, la sua tenuta non è
garantita a causa delle continue sollecitazioni
meccaniche (si pensi, ad
esempio, al passaggio di pesanti automezzi
al di sopra della fognatura
laddove questa incrocia una strada
interna del sito) e/o chimiche (si pensi
ad esempio all’effetto generato dal
40
SPECIALE
continuo passaggio di liquidi corrosivi).
Va aggiunto che spesso lo sviluppo
della rete fognaria di uno stabilimento
è notevole e, quindi, il controllo
sulla tenuta è assai problematico.
Ciò nondimeno, il rischio di causare
un danno ambientale a causa
delle perdite dalla rete fognaria è
troppo elevato per non essere preso
in considerazione nell’ambito di un
efficace sistema di gestione ambientale.
In particolare, nel caso sia presente
una rete fognaria con le caratteristiche
sopra descritte, il sistema gestionale
prevede:
l una completa mappatura della rete
con l’indicazione dei tratti effettivamente
a rischio, la natura dei liquidi
in essi convogliati, i recapiti e i corpi
recettori;
l una corrispondenza “sul terreno”
di quanto indicato nella planimetria,
attraverso una chiara identificazione
dei tombini e delle caditoie corrispondenti
a tratti di fognatura dedicati ad
acque industriali, sanitarie e/o meteoriche
(ad esempio attraverso la tinteggiatura
con colori diversi) nonché dei
punti di scarico che dovrebbero essere
opportunamente identificati;
l una procedura operativa per la corretta
esecuzione del controllo di tenuta
dei tratti considerati a rischio e per
la manutenzione periodica; il controllo
dovrà essere visivo nei tratti ispezionabili
e con videocamera in quelli
non accessibili. La frequenza sarà variabile
in funzione delle caratteristiche
della fognatura e della sua età;
l interventi immediati di manutenzione
straordinaria dei tratti che, a
seguito delle verifiche periodiche,
dovessero rivelarsi danneggiati o in
cattivo stato di conservazione. Questi
interventi possono prevedere la sostituzione
del tratto danneggiato oppure
il rivestimento della parete interna
della fognatura con calze impermeabilizzanti
che non richiedono lavori
di scavo e rimozione;
l interventi di formazione del personale
di stabilimento per evitare lo
sversamento volontario o accidentale
nella rete fognaria di prodotti non
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compatibili con le caratteristiche della
rete fognaria o del recapito finale
(impianto di trattamento o corpo recettore).
Il personale dovrà, inoltre,
essere adeguatamente addestrato alla
gestione di eventuali situazioni anomale
o di emergenza che dovrà prevedere
l’utilizzo di attrezzature di
contenimento/assorbimento nonché,
laddove tecnicamente fattibile, la
manovra di serrande o valvole per
l’interruzione dello scarico “fuori
norma” o la sua deviazione in vasche
di raccolta di emergenza mantenute
vuote per tale scopo.
In linea generale, come già indicato
per i serbatoi interrati, nel caso si
dovesse procedere al rifacimento di
una rete fognaria (o parti di essa) dedicata
al convogliamento di reflui pericolosi
per l’ambiente, è preferibile,
per una più semplice ed efficace gestione,
prevedere tubazioni aeree oppure
posizionate in cunicoli facilmente
ispezionabili.
Conclusioni
L’esperienza in oltre un centinaio
di progetti di caratterizzazione, bonifica
e ripristino ambientale dimostra
che sono proprio gli errori, i comportamenti
non corretti o le disattenzioni
(dovute a scarsa conoscenza) degli
operatori durante le fasi di movimentazione
e travaso a rappresentare la
quota più significativa degli eventi di
inquinamento del suolo, sottosuolo e
delle acque superficiali.
In seconda posizione ci sono le
linee fognarie e canaline interrate utilizzate
per il trasporto di reflui industriali,
rispetto alle quali sono emersi
evidenti errori di progettazione con
conseguenze pesanti sia in termini
ambientali che economici.
Per frequenza e significatività del
danno causato vanno, infine, citati lo
smaltimento in sito di rifiuti pericolosi
e l’utilizzo di terreni di recupero
contaminati in attività di costruzione.
Si tratta, fortunatamente, di infelici
pratiche abbastanza frequenti nel
passato e che gli attuali sistemi di
gestione ambientale non contemplano
più. l
13 novembre 2007 ­ N. 21

SPECIALE
TUTELA AMBIENTALE
Articolo
Il mercato italiano sta studiando prodotti differenziati per l’ampliamento della copertura
Rischio ambientale: una nuova leva
per lo sviluppo di soluzioni assicurative
diGiovanniFaglia, responsabilePoolInquinamento
Lamaggiorpartedelleimprese
industrialicontinua
asottovalutareilrischio
inquinamentononostante
lalegislazioneambientale
italianasiadiventatanegliultimi
annimoltosevera.Relativamente
alsettoreimmobiliare
edellefusionieacquisizioni
(M&A),visonoesigenze
assicurativespecifichesoprattutto
relativamentealrischio
diinattesespesedibonifica
acaricodelvenditore/acquirente.
Conlavolontàdioffrireprodotti
assicurativisempre
all’avanguardia,ilmercato
assicurativoitalianostamettendo
apuntonuovepolizze
diresponsabilitàambientale
perl’eserciziod’impresa,
ingradodioffrireunacopertura
estremamenteampia,
ma,allostessotempo,
chiaraecomprensibile.
13 novembre 2007 ­ N. 21
Negli ultimi anni, l’interesse
per la problematica dell’inquinamento
e della conseguente
responsabilità ambientale è
aumentato in maniera consistente; lo
dimostrano gli interventi legislativi
comunitari e nazionali, fra cui il
nuovo Testo Unico ambientale
(D.Lgs. n. 152/2006) contenente anche
il recepimento della direttiva
2004/35/CE sulla responsabilità ambientale
e l’interesse dei media e
dell’opinione pubblica, come anche
l’attenzione del mondo industriale e
finanziario, delle università e degli
studiosi della materia.
Anche il mercato assicurativo sta
mostrando sempre maggiore attenzione
per questo settore, con una
crescita moderata, ma costante, della
domanda di coperture specifiche
da parte delle imprese e con la richiesta
di prodotti assicurativi innovativi.
Il mondo industriale è sempre
più interessato alla questione,
ma frequentemente la valutazione
dei rischi e delle potenzialità dei
danni da inquinamento non viene
svolta in maniera corretta.
Il principio “chi inquina paga” è
una realtà in Italia già da diversi
anni; nonostante ciò, c’è la sensazione
che molte imprese non ne abbiano
una precisa percezione.
In particolare, il tema delle bonifiche
riguarda direttamente o
indirettamente ogni settore di attività,
non solo quelle produttive,
ma anche gli operatori che lavorano
presso terzi o che si occupano
del trasporto delle merci.
La questione dello scarso ricorso
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a strumenti assicurativi specifici non
riguarda comunque solo l’Italia; anche
in altri paesi europei come Spagna,
Francia ed Olanda la percentuale
delle imprese che decide di assicurarsi
è, infatti, ancora molto ridotta.
Sensibilizzare le imprese alla
corretta gestione dei propri rischi
ambientali è un interesse:
l dell’azienda stessa, che salvaguarda
il proprio patrimonio ed è
tutelata da eventuali richieste di risarcimento;
l dello Stato e della pubblica amministrazione,
che hanno garanzie
sulla solvibilità del soggetto responsabile
dell’inquinamento e riducono
la possibilità di dover procedere direttamente
alle bonifiche, sopportandone
i relativi costi;
l della collettività tutta che ne ottiene
indubbi benefici.
L’individuazione dei rischi è il
primo passo per la riduzione del rischio
stesso e una sua gestione ottimale.
Un ruolo fondamentale del
mercato assicurativo è quello di coadiuvare
l’impresa nell’identificazione,
valutazione e corretta gestione di
tutti i rischi compresi quelli da inquinamento.
La limitata diffusione
di polizze dedicate ai rischi inquinamento
è motivata da diverse ragioni
tra cui:
l le problematiche ambientali sono
in genere molto tecniche e non di
immediata comprensione;
l il fatto che molte aziende sottovalutino
i propri rischi ambientali e
siano convinte che la loro attività
non possa causare un danno da in-
41

42
TUTELA AMBIENTALE
Articolo
SPECIALE
LagestionedeirischiinquinamentoinItalia:
valori percentuali
Qual’èlapercentualedelleimpreseconsapevoledeipropririschiinquinamento?
Ediqueste,quanteeffettuanounacorrettagestionedeirischiinquinamento?
Difficiledastabilire,maèpossibiledisicuroaffermareche:
(*) lapercentualedelleimpreseconsapevoledeipropririschiinquinamento
(*) lapercentualedelleimpresecheeffettuaunacorrettagestionedeirischiinquinamento
100% lapercentualedelleimpreseitalianechedovrebbevalutareipropririschiinquinamento
quinamento, trovandosi, di conseguenza,
impreparate allorché si verifica
un evento inquinante, che comporta
la necessità di far fronte a ingenti
spese di messa in sicurezza,
bonifica e ripristino;
l vi è un alto numero di aziende
che hanno sottoscritto, più o meno
consapevolmente, un’estensione
per l’inquinamento accidentale
sulla polizza RCG, di regola con
massimali/sottolimiti molto contenuti.
Nello specifico, il problema
riguarda il significato di “inquinamento
accidentale” e la tipologia
di danni che verranno effettivamente
risarciti. Il risultato è che,
in caso di sinistro, spesso la garanzia
non risulta operante. Ad esempio,
in caso di incendio, per i danni
a matrici ambientali, persone e
aziende limitrofe (inquinamento di
terreno e falda causato dalle acque
di spegnimento, intossicazione
delle persone per i fumi, interruzione
di esercizio di ferrovie, autostrade
o attività commerciali o di
servizi), la polizza incendio non
opera e, di regola, neanche quella
RCG; al contrario, una specifica
polizza per i danni da inquinamento
offre una completa copertura assicurativa
per ogni tipologia di
danno.
RealestateeM&A:
problematicheassicurative
Negli ultimi anni, molte aree industriali
dismesse sono state oggetto
di riqualificazione urbanistica e/o
residenziale.
Il rischio di dover sostenere spese
di bonifica, anche se non si è direttamente
responsabili della contaminazione,
è particolarmente sentito nel
settore real estate (immobiliare) e
nei casi di merger & acquisition (fusioni
e acquisizioni).
Trovare un accordo tra le parti in
merito agli obblighi di bonifica è
assai complicato e, in molti casi,
questa difficoltà può determinare il
fallimento della trattativa. Pertanto,
la due diligence ambientale [1] (di
primo e secondo livello) ha un importanza
sempre maggiore sull’esito
della transazione. Le principali responsabilità
a cui sono esposti i proprietari
e i gestori di patrimoni immobiliari
sono:
l responsabilità civile per danni a
[1] Si vedano gli approfondimenti di M. Brevi a pag. 30 e di P. Gallarati e C. Grignani a pag. 34.
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TABELLA1
90% lapercentualedelleimpresechescegliecomesoluzioneassicurativaperiltrasferimentodeipropririschi
inquinamentol’estensionesullapolizzaRCT/RCOall’inquinamentocosiddetto“accidentale”
1% lapercentualedelleimpreseassicurateconunaspecificapolizzaperdannidainquinamento
(*) Nonèpossibilefaredistinzionipertipologiad’aziendanéperdimensione,perchémagnitudoeprobabilitàdiunsinistronon
dipendonostrettamentedaquestevariabili.Idati,nonufficiali,derivanodastimedelpoolinquinamento.
cose, persone e da interruzione di
attività;
l responsabilità ambientale, che
determina obblighi di bonifica e ripristino
in caso di danno ad acque,
suolo, specie e habitat naturali protetti
sia in siti propri che di terzi;
l diminuzione del valore del patrimonio
immobiliare, sia proprio
che di terzi, causato dalla contaminazione;
l spese legali;
l ritardi nella vendita/acquisizione
di beni immobili o rami d’azienda;
l scarsa disponibilità da parte degli
investitori al finanziamento.
Normare correttamente le responsabilità
dei due soggetti con
clausole contrattuali è fondamentale
ed è, pertanto, indispensabile avere
buoni consulenti sia tecnici che legali
per la stesura di un buon contratto.
Tuttavia, qualora non si riuscisse
a trovare un accordo tra le
parti, se il contratto non fosse sufficiente
e/o se la parte che si assume
l’onere dei costi di un’eventuale bonifica
per contaminazioni pregresse
dovesse poi risultare insolvente, una
copertura assicurativa è fondamentale
per la protezione dell’azienda e
del suo patrimonio. La tipologia di
13 novembre 2007 ­ N. 21

casi è molto varia e può riguardare:
l siti dismessi o in dismissione così
come ancora produttivi;
l interi stabilimenti o parti di
questi;
l siti da bonificare, già bonificati o in
cui non ci sono contaminazioni note.
È evidente che ognuno di questi
casi ha esigenze assicurative specifiche.
L’offerta del mercato assicurativo
in questo settore vede una bassa
diffusione in Italia rispetto ad altri
Paesi come Inghilterra e Stati Uniti,
dove, peraltro, anche la normativa
13 novembre 2007 ­ N. 21
SPECIALE
ambientale è completamente diversa.
Sono disponibili alcuni prodotti
che però non hanno avuto il gradimento
del mercato, sia per i costi che
per le garanzie offerte:
l copertura per i danni a terzi e le
spese di bonifica sia interne che
esterne al sito assicurato con attività
correnti;
l copertura per le società che svolgono
le operazioni di bonifica presso
il sito da bonificare;
l clean up cost cup: copre i costi
eccedenti quando i costi di disinquinamento
effettivi sono superiori a
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
TUTELA AMBIENTALE
Articolo
quelli preventivati; ciò può avvenire
sia per l’introduzione di norme più
severe sia per la scoperta di altri
inquinanti successivamente alla pianificazione
della bonifica.
Essendo un mercato in fase di notevole
sviluppo c’è da attendersi un
aumento sia nella domanda che nell’offerta
di questo tipo di coperture.
Fondamentale è la messa a punto
di garanzie innovative che rispondano
alle esigenze delle imprese; un
grande impulso viene dallo sviluppo
della normativa sia a livello nazionale
che comunitario. l
IlPoolInquinamento
Il Pool Inquinamento è un consorzio di co­riassicurazione, senza personalità giuridica, attivo dal 1979, che
puòcontaresullapartecipazionedi44compagniedicui40diassicurazionedirettae4diriassicurazione.Si
occupa della valutazione tecnica dei rischi, dei sopralluoghi tecnici presso le imprese industriali, della
gestionedeisinistri,dellostudiodelleproblematicheambientaliediquelleassicurative.
43

BONIFICHE:STATODELL’ARTE
TRAGIURISPRUDENZAENUOVIAPPROCCI
A conferma del “fermento” che ancora contraddistingue il settore
delle bonifiche, la sentenza del TAR di Catania, sezione II, 20 luglio
2007, n. 1254, nello stabilire come l’operato della pubblica
amministrazione in occasione di vicende di contaminazione risulti,
talvolta, ancora caratterizzato da incertezze interpretative e di
applicazionedelD.Lgs.n.152/2006edaunageneraleprospettivatesa
a ricostruire i profili della responsabilità in campo ambientale in
termini oggettivi, ha inteso tracciare le linee operative che l’azione
amministrativadovrebbeoraseguireinquestoambito.
Forti segnali anche dal mercato assicurativo che sta iniziando a
proporrepolizzespecificheaprotezionedeirischidainquinamento,in
modo da tutelare il patrimonio aziendale, contribuendo, di
conseguenza, ad aumentare il valore, in termini di solvibilità,
dell’impresastessa.
Contributi di:
• Fabio Bianchi
• Marco Tonellotto
• Aldo Bertelle

Stampanti laser e soluzioni per la salute
Inquinamento ambientale, polveri sottili: termini ormai familiari,
che preoccupano e mobilitano ricerche importanti.
Da anni cresce l’attenzione per
i pericoli provocati da mezzi di
trasporto e impianti di riscaldamento,
eppure solo ora emerge la
domanda inquietante di quale sia
il nostro ambiente di lavoro. Perché
trascorriamo in ambienti chiusi
fino al 90% del nostro tempo totale
ed in media 170 ore al mese in
ufficio. Purtroppo i dati indicati
dalle ricerche scientifiche non sono
rassicuranti: uno studio pilota dell’Università
tedesca di Giessen ha
esaminato, nel 2006, 63 uffici di
quattro città tedesche, verificando
la quantità di inquinanti rilevati in
diversi momenti della giornata. In
particolare la presenza di composti
organici volatili aumentava da pochi microgrammi fino a
330 per metro cubo d’aria e raddoppiava la concentrazione di
polveri sottili, in stretta relazione all’entrata in funzione delle
stampanti laser. In Germania il problema era stato posto all’attenzione
grazie all’attività di un’associazione che ha registrato
più di 1200 casi di patologie legate all’utilizzo dei toner delle
stampanti laser, evidenziando danni ai polmoni, alle vie respiratorie,
agli occhi e alla pelle. Risultati analoghi vengono dall’Australia:
un gruppo di ricerca dell’Università di tecnologia
di Queensland, guidato dalla docente Lidia Morawska, ha registrato
le emissioni in ambienti chiusi con stampanti in stampa.
La concentrazione di polveri sottili era cinque volte superiore
a quella misurata su una strada molto trafficata! Il problema
dei rischi per la salute legati alle tecnologie di stampa a laser
era già noto, particolarmente per la produzione di polveri sottili
derivanti dai toner di ultima generazione. In effetti per poter
aumentare la velocità prestazionale delle stampanti, vista l’impossibilità
di aumentare ulteriormente la temperature del fusore,
si è proceduto alla modifica della composizione del toner,
incrementando la percentuale di poliesteri, principale causa
dell’emissione del cosidetto nerofumo, ipotizzando addirittura
da recenti studi, la generazione di formaldeide. Ma l’adozione
di tecnologie avanzate ha solo evidenziato la problematica sul
fronte delle nanopolveri. I rischi per la salute sono connessi
proprio alle dimensioni tanto ridotte di queste emissioni: così
piccole da evadere i naturali sistemi di filtraggio presenti nel
nostro organismo e raggiungere gli alveoli polmonari, nei quali
vengono convogliati dal sangue verso altri organi, fino allo
stesso cervello. Anche dal punto di vista della composizione
chimica i toner presentano due sostanze potenzialmente tos-
Nella foto il Dust Buster, l’unico sistema italiano brevettato
che elimina il problema delle polveri sottili emesse dalle
stampanti laser -www.ecoserviceoffice.com.
siche: lo stirene, legato a malattie
e tumori del sangue, e il nerofumo,
che può essere causa di tumori alle
vie urinarie e problemi polmonari.
In Italia il nerofumo è già stato
riconosciuto responsabile di malattie
professionali, in seguito alla
vicenda dei portuali di Genova.
La portata del problema emerge in
tutta la sua gravità se confrontiamo
il tempo trascorso quotidianamente
in ambienti di lavoro chiusi e la
molteplice fonte di rischio. Non
riguarda solo i danni acuti per la
salute, sempre più difficili da verificare,
ma soprattutto quelli cronici,
che si accumulano in anni di
lavoro. Può dirci molto del cosiddetto
“mal d’ufficio” che, secondo un rapporto dell’Agenzia
europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, riguarda più
di 40 milioni di lavoratori europei, con un costo dovuto alla
scarsa produttività di circa 20 miliardi di euro. Quali le soluzioni
possibili? Purtroppo il problema è acuito dalla tendenza
attuale a “sigillare” il più possibile gli ambienti lavorativi, per
contenere i costi di riscaldamento: le linee guida per la sicurezza
sul lavoro suggeriscono invece di utilizzare le stampanti
in ambienti ben areati, preferendo attrezzature recenti, dotate
di adeguati filtri per l’ozono e di porre particolare cura alla
manutenzione delle attrezzature. In particolare i toner andrebbero
maneggiati solo con guanti monouso e una mascherina
a protezione degli occhi. Una indicazione sostenuta dai più,
riguarda l’utilizzo di ambienti appositi in cui confinare tutte
le attrezzature di stampa: soluzione che diventa però inadeguata
e controproducente proprio negli ambienti più esposti
al rischio, quelli che richiedono un uso intensivo e prolungato
delle stampanti. Diventa allora necessità la corsa a tecnologie
all’avanguardia, in grado di rispondere alla complessità
del problema. E’ il caso di una proposta tutta italiana: un sistema
filtrante di nuova generazione, con brevetto internazionale,
proposto da una ditta di Pesaro, la Eco Service Office
-www.ecoserviceoffice.com-. Una ricerca del Dipartimento
di Scienza dei Materiali e Ingegneria Chimica del Politecnico
di Torino ne ha esaminato il rendimento, verificando anche
una significativa capacità di bloccare le nanopolveri. Inoltre,
secondo i ricercatori, le specifiche caratteristiche del sistema
di filtraggio permettono di accorpare le emissioni eccedenti
in particelle di dimensione maggiore e dunque idonee ad essere
captate ed espulse prima di raggiungere i polmoni.(ARS)
INFORMAZIONE COMMERCIALE

L'APPROFONDIMENTO
BONIFICHE
Articolo
L’attuale impianto legislativo si basa sul Titolo V, Parte IV, decreto legislativo n. 152/2006
I cambiamenti per le bonifiche ambientali
alla luce della recente giurisprudenza
diFabioBianchi, StudioLegalePasqualiniSalsa
Lerecentimodifiche,all’interno
delpiùampioTestounico
sull’Ambiente(D.Lgs.
n.152/2006),dellalegislazione
inmateriadibonifiche,vanno
lettenelsegnodelriordino
edelcoordinamento
delledisposizionidisettore
attraversol’individuazione
eabrogazionedellenorme
incompatibiliconlanuova
disciplina,dellapredisposizione
diunregimetransitoriochefa
salvelefontisecondarievigenti
finoall’adozionedeinuovi
provvedimentinonché
dell’accelerazione
delleoperazionidibonifica
mediantesnellimento
delleprocedurerelative.
Successivamente,sentenze
didifferentigradi digiudizio
hannooffertointerpretazioni
suquestioniqualilemisure
diprevenzioneacarico
delproprietarioogestore
dell’area,laresponsabilità
soggettivaeoggettivaincaso
diinquinamentoambientale
el’applicazionedelladisciplina
sanzionatoriapenale.
Èopportuno,quindi,passare
inrassegnaleprincipalipronunce
giurisprudenziali.
13 novembre 2007 ­ N. 21
Ladisciplina
dellebonifiche
La disciplina della bonifica e del
ripristino ambientale dei siti inquinati
oggi è dettata dal Titolo V, Parte
IV, D.Lgs. n. 152/2006 (“Testo
Unico Ambientale”), dagli articoli
239 al 253 e dall’art. 257, che regola
l’apparato sanzionatorio.
Il Titolo V del Testo Unico Ambientale
è stato emanato da parte
del Legislatore con finalità di assoluta
evidenza quali:
l riordino e coordinamento delle
disposizioni di settore attraverso
l’individuazione e abrogazione
delle norme incompatibili con la
nuova disciplina e la predisposizione
di un regime transitorio che
fa salve le fonti secondarie vigenti
fino all’adozione dei nuovi provvedimenti;
l accelerazione delle operazioni di
bonifica mediante snellimento delle
procedure relative.
La parte relativa ai principi generali
e alla relativa applicazione
della disciplina è contenuta nell’art.
239, che si riferisce alla definizione
delle procedure, dei criteri e delle
modalità per lo svolgimento delle
operazioni necessarie all’eliminazione
delle sorgenti dell’inquinamento,
da effettuarsi in armonia
con i principi e le norme comunitarie,
con particolare riferimento al
principio “chi inquina paga”.
Per quanto concerne la nozione
di “bonifica”, essa è definita dall’art.
240, lettera p), come «l’insieme
degli interventi atti ad eliminare
le fonti di inquinamento e le sostanze
inquinanti o a ridurre le
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
concentrazioni delle stesse presenti
nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque
sotterranee ad un livello uguale
o inferiore ai valori delle concentrazioni
soglia di rischio».
Le altre definizioni indicate dal
Legislatore nella disciplina legislativa
sono rappresentate dalla:
l “messa in sicurezza d’emergenza”,
consistente in «ogni intervento
immediato o a breve termine,
da mettere in opera nelle
condizioni di emergenza di cui alla
lettera t) in caso di eventi di
contaminazione repentini di qualsiasi
natura, atto a contenere la
diffusione delle sorgenti primarie
di contaminazione, impedirne il
contatto con altre matrici presenti
nel sito e a rimuoverle, in attesa
di eventuali ulteriori interventi di
bonifica o di messa in sicurezza
operativa o permanente»;
l “messa in sicurezza permanente”,
costituente «l’insieme degli interventi
atti a isolare in modo definitivo
le fonti inquinanti rispetto
alle matrici ambientali circostanti
e a garantire un elevato e definitivo
livello di sicurezza per le persone e
per l’ambiente. In tali casi devono
essere previsti piani di monitoraggio
e controllo e limitazioni d’uso
rispetto alle previsioni degli strumenti
urbanistici»;
l “messa in sicurezza operativa”,
ossia «l’insieme degli interventi
eseguiti in un sito con attività
in esercizio atti a garantire un
adeguato livello di sicurezza per
le persone e per l’ambiente, in
attesa di ulteriori interventi di
messa in sicurezza permanente o
47

BONIFICHE
Articolo
I TERMINI PIÙ FREQUENTI
48
L'APPROFONDIMENTO
l Bonifica: insieme degli interventi atti a eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a
ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee a un livello
uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio.
l Sito: area o porzione di territorio, geograficamente definita e determinata, intesa nelle diverse matrici
ambientali (suolo, sottosuolo ed acque sotterranee) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e
impiantistiche presenti.
l Concentrazioni soglia di rischio: i livelli di contaminazione delle matrici ambientali, da determinare
caso per caso con l’applicazione della procedura di analisi di rischio sito specifica secondo i principi illustrati
nell’Allegato I alla parte quarta del presente decreto e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione e
il cui superamento richiede la messa in sicurezza e la bonifica. I livelli di concentrazione così definiti
costituiscono i livelli di accettabilità per il sito.
bonifica da realizzarsi alla cessazione
dell’attività. Essi comprendono
altresì gli interventi di contenimento
della contaminazione
da mettere in atto in via transitoria
fino all’esecuzione della bonifica
o della messa in sicurezza
permanente, al fine di evitare la
diffusione della contaminazione
all’interno della stessa matrice o
tra matrici differenti. In tali casi
devono essere predisposti idonei
piani di monitoraggio e controllo
che consentano di verificare l’efficacia
delle soluzioni adottate».
Recentiproblematiche
Alla luce di queste precisazioni
normative va evidenziato che, a oggi,
la messa in sicurezza e il ripristino
ambientale dei siti contaminati
hanno comportato il riaffacciarsi
di problematiche che avrebbero dovuto
ritenersi già risolte da parte
della dottrina e della giurisprudenza
con la normativa del D.Lgs. n.
22/1997.
Ciò, in riferimento alle opere
di messa in sicurezza e bonifica
imposte dalle pubbliche amministrazioni
all’interno dei siti di interesse
nazionale, amministrazioni
i cui provvedimenti si sono
rivolti a soggetti in capo ai quali
non era dato individuare precise
responsabilità quali autori delle
rilevate contaminazioni.
Alla luce di ciò, appare fondamentale
valutare i recenti orientamenti
giurisprudenziali consolidatisi
nel vigore della precedente normativa,
contribuendo, così, a chiarire
entro quali limiti può legittimamente
estrinsecarsi il potere dell’amministrazione.
Misurediprevenzione
acaricodelproprietario
ogestoredell’area
Il D.Lgs. n. 152/2006 prevede
come il proprietario o il gestore
dell’area debba attuare le misure di
prevenzione e abbia l’obbligo di
porre in essere interventi di natura
emergenziale.
Queste misure di prevenzione
dettate dal Legislatore, che non
possono essere intese in modo
estensivo, sono state definite come
iniziative dirette a contrastare una
minaccia imminente per la salute o
per l’ambiente che possa realizzarsi
in un futuro prossimo. Esse sono,
dunque, circoscritte agli interventi
che si rendono necessari nell’immediatezza
di un evento, per bloccare
un’aggressione imminente a
beni primari, il cui obbligo di “salvataggio”
viene posto in capo anche
al proprietario e al gestore dell’area
incolpevoli in base a un evidente
principio di solidarietà socia-
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
le, in quanto soggetti che hanno le
maggiori possibilità di attivarsi per
primi.
Questi principi sono stati evidenziati
recentemente dalla giurisprudenza
del TAR Lombardia n.
5289/2007, con la quale i giudici
hanno precisato che «impone l’esecuzione
di interventi di recupero
ambientale anche di natura emergenziale
al responsabile dell’inquinamento
e che a carico di quest’ultimo,
invero, non incombe alcun
obbligo di porre in essere gli interventi
ambientali in argomento ma
solo la facoltà di eseguirli al fine di
evitare l’espropriazione del terreno
interessato, gravato da onere reale
al pari delle spese sostenute per gli
interventi di recupero ambientale
assistite invece da privilegio speciale
immobiliare». Come ben precisa
questa sentenza, non deve essere
confuso con questo principio il
diverso caso in cui l’amministrazione
comunale interessata abbia
adottato un’ordinanza contingibile
e urgente ai sensi dell’art. 54,
D.Lgs. n. 267/2000, che attribuisce
al Sindaco il potere di assumere
provvedimenti dal contenuto atipico
nell’interesse della pubblica incolumità
a prescindere dall’accertamento
delle effettive responsabilità.
È evidente, peraltro, come un tale
ordine non possa mai avere a og-
13 novembre 2007 ­ N. 21

LA GIURISPRUDENZA RECENTE
l Cass. pen., sez. III, 2 maggio 2007, n. 16575/07
l TAR Sicilia, sez. II, 20 luglio 2007, n. 1254/07
l TAR Toscana, sez. II, 14 marzo 2007, n. 393/07
l TAR Veneto, sez. III, 2 luglio 2007, n. 2111/07
l TAR Lombardia, sez. II, 27 giugno 2007, n. 5289/07
getto interventi la cui messa in opera
richieda lunghi tempi di progettazione
e realizzazione, per evidente
incompatibilità degli stessi con
la natura contingibile e urgente del
provvedimento sindacale.
Oltre a ciò, la giurisprudenza ha
evidenziato che, in caso di mancata
esecuzione degli interventi da parte
del responsabile dell’inquinamento
e qualora quest’ultimo sia irreperibile,
le opere di recupero ambientale
devono essere eseguite dall’amministrazione,
la quale potrà rivalersi
sul soggetto responsabile anche
esercitando, nel caso in cui la
rivalsa non vada a buon fine, le
garanzie gravanti sul bene oggetto
dei suddetti interventi.
Inoltre, il Consiglio di Stato, con
la sentenza n. 4525/2005, aveva risolto
ogni residuo dubbio relativo a
queste tematiche, evidenziando come
l’ordinanza di messa in sicurezza
e bonifica potesse essere notificata
al proprietario del sito inquinato
al fine di metterlo al conrrente di
questo onere, e come, allo stesso
tempo, non potessero essere imposte
misure di bonifica senza un adeguato
accertamento della responsabilità
- o corresponsabilità - del
proprietario per l’inquinamento del
sito.
In altre recenti sentenze, la giurisprudenza
si è pronunciata in relazione
alla tematica dei casi relativi
a interventi di emergenza parti-
[1] Si veda il commento di M. Tonellotto a pag. 51.
13 novembre 2007 ­ N. 21
L'APPROFONDIMENTO
l Consiglio di Stato, sez. V, 14 giugno 2007, n. 3192/07
l TAR Puglia, 11 giugno 2007, n. 2247/07
colarmente onerosi che richiedono
tempi lunghi per l’attuazione.
A questo proposito, i giudici
hanno evidenziato che, «in considerazione
delle specifiche caratteristiche
dell’area, in termini di efficacia
nel raggiungere gli obiettivi
finali, concentrazioni residue, tempi
di esecuzione, impatto sull’ambiente
circostante degli interventi
le Amministrazioni debbono dare
pienamente conto delle rilevate insufficienze
del sistema inizialmente
individuato, sulla base di un’analisi
completa e basata su rilevazioni
pertinenti e fornire indicazioni di
dettaglio circa i vantaggi effettivi»
(TAR Lecce n. 2247/2007).
Questo organo giudicante ha
precisato anche che, se la ratio dell’intervento
disposto è quella di
porre rimedio all’ulteriore incremento
della contaminazione, non
possa ritenersi che la prescrizione
della realizzazione di una barriera
fisica risulti la misura più adeguata
e proporzionale al conseguimento
dello scopo, posto che la rilevanza
dell’intervento e i tempi verosimilmente
lunghi per la sua realizzazione
e messa in opera ne palesano la
non idoneità.
Inquinamento ambientale:
responsabilità soggettiva e
oggettiva
Un altro caso in cui sono sorte
problematiche relative all’applica-
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
BONIFICHE
Articolo
zione della normativa sulle bonifiche,
riguarda l’art. 17, D.Lgs. n.
22/1997, che assoggettava all’obbligo
di bonifica «chiunque, anche
in maniera accidentale, cagioni il
superamento ovvero determini un
pericolo concreto ed attuale di superamento
dei limiti di accettabilità
della contaminazione ambientale»
dei suoli, delle acque superficiali
e sotterranee in relazione alla
particolare destinazione d’uso dei
siti. Questa normativa prevedeva
che l’unico accertamento che dovesse
essere compiuto era quello
relativo al nesso causale tra la condotta
dell’autore dell’inquinamento
e l’evento, trattandosi di una responsabilità
di natura certamente
oggettiva.
La mancanza, nel D.Lgs. n. 152/
2006, di un esplicito riferimento a
forme di contaminazione “accidentale”
depone circa un diverso sistema
di imputazione di responsabilità,
fondato sull’accertamento di parametri
soggettivi di colpevolezza
in capo all’inquinatore.
A questo proposito, la giurisprudenza
ha confermato tali conclusioni,
ritenendo che «il legislatore del
2006 ha operato una scelta decisa
in favore della riconduzione della
responsabilità per i danni all’ambiente
nell’alveo della “tradizionale”
ai sensi dell’art. 2043 c.c. della
responsabilità extracontrattuale
soggettiva, con il rigetto di una
qualsiasi forma di responsabilità
oggettiva» (TAR Catania n. 1254/
2007) [1] .
Secondo questa pronuncia,
dunque, deve concludersi che il
nuovo quadro normativo imporrebbe
di escludere che il responsabile
della bonifica o del danno
ambientale possa essere individuato
solo in virtù del rapporto
esistente tra un determinato soggetto
e l’apparato produttivo esistente
nell’area inquinata, doven-
49

BONIFICHE
Articolo
dosi escludere qualsiasi responsabilità
“da posizione”.
Ladisciplina
sanzionatoriapenale
L’art. 257 del Testo Unico punisce,
con la pena alternativa dell’arresto
o dell’ammenda, chiunque
cagiona l’inquinamento del
suolo, del sottosuolo, delle acque
superficiali o delle acque sotterranee
con il superamento delle concentrazioni
soglia di rischio, qualora
non provveda alla bonifica in
conformità al progetto approvato
dall’autorità competente nell’ambito
del procedimento di cui agli
articoli 242 e seguenti.
La recente giurisprudenza ha
precisato che l’evento è esclusivamente
di danno, perché consiste so-
50
L'APPROFONDIMENTO
lo nell’inquinamento e non in un
prospettato e presunto pericolo di
inquinamento. La condizione obiettiva
di punibilità relativa al non
provvedere alla bonifica è configurata
nelle due fattispecie a confronto
secondo presupposti e regole
procedimentali non perfettamente
sovrapponibili (sentenza della Cassazione
penale, sez. III, 8 marzo
2007, n. 9794/07).
Il Legislatore con il nuovo Testo
Unico ha introdotto una nuova ipotesi
contravvenzionale, punita con
la pena alternativa dell’arresto o
dell’ammenda, in caso di mancata
effettuazione della comunicazione
di cui all’articolo 242.
Inoltre, va evidenziato che il vigente
art. 257 prevede un aggravamento
di pena in caso di inquina-
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mento provocato da sostanze pericolose
e, inoltre, la possibilità che,
in caso di sentenza di condanna
per la contravvenzione di cui ai
commi 1 e 2 o di sentenza emessa
ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., il
beneficio della sospensione condizionale
della pena venga subordinato
all’esecuzione degli interventi
di emergenza, bonifica e ripristino
ambientale.
L’art. 257 del Testo Unico conclude
evidenziando che «l’osservanza
dei progetti approvati ai
sensi degli articoli 242 e seguenti
costituisce condizione di non punibilità
per i reati ambientali contemplati
da altre leggi per il medesimo
evento e per la stessa condotta
di inquinamento di cui al
comma 1». l
13 novembre 2007 ­ N. 21

L'APPROFONDIMENTO
BONIFICHE
Articolo
Il TAR Sicilia interviene sull’applicazione della legislazione e l’azione della PA
Bonifiche: nuove interpretazioni
sui procedimenti amministrativi
diMarcoTonellotto, avvocato,NCTMStudiolegaleAssociato
L’operatodellapubblica
amministrazioneinoccasione
divicendedicontaminazione
risulta,talvolta,ancora
caratterizzatodaincertezze
interpretativeediapplicazione
delD.Lgs.n.152/2006edauna
generaleprospettiva,tesa
aricostruireiprofili
dellaresponsabilitàincampo
ambientaleinterminioggettivi.
Èlaconclusioneallaqualeè
giuntoilTARSicilia,Catania,
sez.II,che,conlasentenza
20luglio2007,n.1254,hafatto
chiarezzasualcuniprincipi
epresuppostiapplicativi
delcosiddettoTestoUnico
ambientale,nelcontesto
delquale,perquantoriguarda
iltemadellebonifichedeisiti
contaminati,hatracciato
lelineeoperativechel’azione
amministrativadovrebbeora
seguireinquestoambito.
Lapronunciacostituisce,
pertanto,l’occasioneperun
inquadramentosistematico
inmeritoataluniprincipi
difondodellamateria.
13 novembre 2007 ­ N. 21
Il testo integrale della sentenza del TAR Sicilia,
Catania, sez. II, 20 luglio 2007, n. 1254 è disponibile
nella sezione “Documentazione integrativa” del
sito:
La sentenza TAR Sicilia, Catania,
sez. II, 20 luglio 2007, n.
1254, merita una particolare segnalazione,
essendo intervenuta a fare
chiarezza su taluni principi e presupposti
applicativi del cosiddetto
Testo Unico Ambientale, nel contesto
del quale, per quanto riguarda il
tema delle bonifiche dei siti contaminati,
ha tracciato le linee operative
che l’azione amministrativa dovrebbe
ora seguire in questo ambito.
La vicenda sostanziale sulla quale
si è pronunciato il giudice amministrativo
denota, infatti, come l’operato
della pubblica amministrazione in
occasione di vicende di contaminazione
risulti, talvolta, ancora caratterizzato
da incertezze interpretative e
di applicazione del D.Lgs. n. 152/
2006 e da una generale prospettiva,
tesa a ricostruire i profili della responsabilità
in campo ambientale in
termini oggettivi.
La pronuncia del TAR Catania costituisce,
pertanto, l’occasione per un
inquadramento sistematico in merito
a taluni principi di fondo della materia,
tracciando la strada per una corretta
applicazione della legge, presidio
di regolarità dei procedimenti
amministrativi in tema di contaminazione
dei siti.
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L’applicazionedelD.Lgs.
n.152/2006aicasipregressi
Con l’entrata in vigore del D.Lgs.
n. 152/2006, si è posto il problema di
individuare quale fosse la legge applicabile
ai procedimenti amministrativi
di bonifica che erano iniziati sotto
il vigore della precedente disciplina
normativa e che, alla data del 29
aprile 2006, non si erano conclusi
con l’adozione di un provvedimento
finale.
Nel contesto delle procedure
aventi a oggetto siti d’interesse nazionale,
così come in quelle riguardanti
aree contaminate più circoscritte,
la pubblica amministrazione ha
spesso ritenuto che detti procedimenti
avrebbero dovuto continuare applicando
la previgente normativa di cui
al D.Lgs. n. 22/1997 e al D.M. n.
471/1999.
Tuttavia, tanto in forza del principio
generale “tempus regit actum” [1] ,
quanto in ragione delle disciplina transitoria
di cui agli articoli 264, comma
1, lettera i) e 265, comma 4, D.Lgs. n.
152/2006, appare corretto pervenire a
conclusioni di segno opposto.
Infatti, come correttamente ritenuto
dalla sentenza in esame, il rapporto
esistente tra procedimento e legge so-
[1] Sul concetto del “tempus regit actum” si veda il contributo di M. Medugno sul n. 18/2007 di Ambiente&Sicurezza.
51

BONIFICHE
Articolo
pravvenuta va analizzato con riferimento
agli effetti dell’atto amministrativo,
nel senso che, qualora muti
la norma che disciplina l’azione amministrativa,
restano salvi i sub procedimenti
e gli atti che abbiano prodotto
effetti consolidati, esteriorizzati e portati
a esecuzione [2] . In questo senso,
come correttamente evidenziato dal
TAR Catania, si è pronunciata la giurisprudenza
[3] , per l’appunto affermando
che il principio “tempus regit
actum” è applicabile al momento dell’emanazione
del provvedimento finale,
con salvezza delle sole fasi procedimentali
che siano dotate di piena
autonomia e definitività degli effetti.
Il che vale ad affermare che, in
mancanza dei presupposti visti in
precedenza, il sopravvenire di una
nuova disciplina del procedimento
determina l’attrazione dello stesso
nell’ambito dello “ius supervenies”
e, quindi, l’applicazione della nuova
legge.
Inoltre, anche a prescindere dai
principi d’ordine generale di cui sopra,
a identiche conclusioni si deve
pervenire sulla scorta delle norme
che, in seno al D.Lgs. n. 152/2006,
espressamente affrontano il problema
della successione delle leggi. Da un
lato, è, infatti, rinvenibile la previsione
di cui all’art. 264, comma 1, lettera
i) [4] , il quale prevede che i soli
52
L'APPROFONDIMENTO
provvedimenti esecutivi che continuano
ad applicarsi sono quelli entrati
in vigore prima dell’aprile del
2006. Dall’altro, questa interpretazione
appare confermata da quanto
dispone l’art. 265, comma 4, D.Lgs.
n. 152/2006 [5] , ai sensi del quale vengono
fatti salvi solamente i procedimenti
che si sono conclusi con
un’espressa autorizzazione degli interventi
di bonifica [6] .
Deve, quindi, essere condivisa la
conclusione secondo la quale i procedimenti
di bonifica iniziati sotto il
vigore del D.Lgs. n. 22/1997, a partire
dal 29 aprile 2006 avrebbero dovuto
procedere secondo le nuove
norme regolatrici del potere amministrativo,
con intangibilità delle sole
situazioni giuridiche definite.
Bonifica:presupposto
soggettivodiobbligoe
responsabilità
La sentenza in commento ha pure
il pregio di chiarire che, con l’entrata
in vigore del D.Lgs. n. 152/2006, può
ritenersi definitivamente affermato in
questo ambito della materia ambientale
il modello di una responsabilità
soggettiva di tipo aquiliano, in forza
del quale destinatario dell’obbligo di
bonifica è solamente il soggetto responsabile
della contaminazione, cui
la stessa sia causalmente riferibile a
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titolo di dolo o colpa.
È, infatti, indubbio che il decreto
suddetto ha recepito nell’ordinamento
italiano il principio “chi inquina paga”,
che, per come richiamato nel
contesto che la nuova legge quadro
ambientale riserva al tema della bonifica
dei siti contaminati [7] , non può
ritenersi un principio puramente programmatico,
dovendo, invece, trovare
applicazione concreta nella disciplina
di questo segmento della materia ambientale.
Da ciò discende, pertanto, il
taglio squisitamente soggettivo delle
responsabilità, quale accolto dal Legislatore
nel disciplinare l’istituto delle
bonifiche. Prova ne sia che gli articoli
242 e 257, D.Lgs. n. 152/2006, bandendo
qualsiasi riferimento ai profili
di accidentalità nella causazione della
contaminazione [8] , individuano quale
destinatario dell’obbligo di bonifica
solamente colui al quale l’evento di
contaminazione sia causalmente riferibile
a titolo di dolo o colpa.
Peraltro, essendo l’obbligo di bonifica
pure sanzionato penalmente
per i profili conseguenti all’omissione
dei doveri che ne conseguono,
non possono condividersi - in mancanza
di un espressa previsione normativa,
così come presupporrebbe
l’art. 42, codice penale [9] - le tesi volte
all’affermazione dell’esistenza in
materia di una responsabilità ogget-
[2] In quest’ultimo caso, col limite che non siano però suscettibili di revisione o modificazione, circostanza che peraltro, a determinate
condizioni, l’art. 265, comma 4 del D.Lgs. n. 152/2006 escludeva.
[3] Si vedano le sentenze del Consiglio di Stato, VI, 18 giugno 2004, n. 4163; TAR Trentino Alto Adige, Bolzano, 29 aprile 2003, n. 161;
Consiglio di Stato, VI, 27 dicembre 2000, n. 6890; TAR Campania, Napoli, 24 febbraio 1986, n. 107.
[4] Art. 264, comma 1, lettera i), D.Lgs. 152/2006: «A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto
restano e sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l’ulteriore vigenza, (…) il decreto legislativo 5
febbraio 1997, n. 22. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a
quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22,
continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del
presente decreto».
[5] Art. 265, comma 4 del D.lgs. 152/2006: «Fatti salvi gli interventi realizzati alla data di entrata in vigore della parte quarta del
presente decreto, entro centottanta giorni da tale data, può essere presentata all’autorità competente adeguata relazione tecnica al fine
di rimodulare gli obbiettivi di bonifica già autorizzati sulla base dei criteri definiti dalla parte quarta del presente decreto. L’autorità
competente esamina la documentazione e dispone le varianti al progetto necessarie».
[6] Peraltro, in questa evenienza la legge introduce un meccanismo di revisione o modificazione degli effetti consolidati, rimettendone
l’attivazione all’opzione della parte interessata.
[7] In questo senso si veda l’art. 239, D.Lgs. n. 152/2006.
[8] In questo senso si veda la precedente disciplina normativa di cui all’art. 17, D.Lgs. n. 22/1997.
[9] Art. 42 c.p.: «Nessuno può essere punito per una azione od omissione preveduto dalla legge come reato, se non l’ha commessa con
coscienza e volontà. Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l’ha commesso con dolo,
salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge. La legge determina i casi nei quali l’evento è
posto altrimenti a carico dell’agente come conseguenza della sua azione od omissione».
13 novembre 2007 ­ N. 21

tiva [10] , che va, invece, esclusa al di
fuori dei casi espressamente previsti
dal Legislatore.
La scelta normativa consistente
nel ricostruire la responsabilità in tema
di bonifica dei siti contaminati in
termini esclusivamente soggettivi,
postula conseguentemente la necessità
che l’azione amministrativa sia indirizzata
all’individuazione dell’effettivo
responsabile, non lasciando,
invece,spazio a meccanismi - talvolta
utilizzati dalla pubblica amministrazione
- di accollo indifferenziato delle
responsabilità ambientali di bonifica
a carico delle attività insistenti sull’area
contaminata o dei proprietari o
dei titolari di diritti reali sul sito, a
prescindere dalla determinazione di
sicuri rapporti di causa ed effetto.
Pertanto, molto opportunamente,
la sentenza del TAR Catania precisa
pure che è precipuo dovere dell’azione
amministrativa verificare e accertare
il presupposto causale della responsabilità,
cioè il nesso di causa tra
l’avvenuto inquinamento e una certa
attività.
A conferma di questo condivisibile
percorso interpretativo, giova peraltro
ricordare la previsione di cui
all’art. 244, comma 2, D.Lgs. n. 152/
2006, ai sensi del quale la PA deve
svolgere le indagini del caso per
identificare il responsabile effettivo
della contaminazione, al quale solamente
va indirizzata - come unico
obbligato ai sensi della normativa vigente
- l’ordinanza che impone la bonifica.
Viene, pertanto, da sé che, secondo
quanto prevede il D.Lgs. n. 152/
2006:
l l’amministrazione accerta la responsabilità
dell’inquinamento;
l è la stessa amministrazione a dover
provvedere alla bonifica, salvo
13 novembre 2007 ­ N. 21
L'APPROFONDIMENTO
poi recuperare le spese attraverso il
meccanismo dell’onere reale e del
privilegio speciale immobiliare.
Questa fase del procedimento amministrativo
è, quindi, di fondamentale
importanza, richiedendo lo svolgimento
di un’idonea istruttoria e
adeguata ponderazione degli interventi
necessari, anche sotto il profilo
scientifico, per pervenire a conclusioni
certe e inoppugnabili.
Per questo aspetto, il TAR Catania,
ritenendo di rilevare nell’istruttoria
svolta nel caso sottoposto al suo
esame:
l carenze contenutistiche;
l condizionamenti amministrativi
sul metodo e sulle risultanze scientifiche
dell’indagine;
l assenza di un reale confronto tra
pubblica amministrazione e parti interessate
al procedimento,
ha ritenuto di dover tracciare le
linee inderogabili dell’azione amministrativa,
che deve attenersi ai principi
dell’indagine scientifica libera,
priva di condizionamenti del pensiero
diversi da quelli propri delle sole
regole del metodo scientifico. Il giudice
amministrativo siciliano ha,
inoltre, sentito la necessità di ricordare
che l’efficacia dell’attività amministrativa
è assicurata anche:
l dal generale rispetto dei principi e
valori contemplati dall’ordinamento
italiano;
l dalla corretta applicazione delle
più elementari normative sul procedimento
amministrativo e di quelle
poste a tutela dell’ambiente [11] .
Tentando, perciò, una sintesi di
quelle che potrebbero essere definite
le linee guida dell’azione amministrativa
in materia di bonifica, il
TAR Catania ha evidenziato come
l’istruttoria e l’attività pubblica in
questo ambito debbano attenersi:
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BONIFICHE
Articolo
l alla rigorosa applicazione delle
normative procedimentali e sostanziali
disciplinanti la materia, sia sotto
il profilo dei presupposti ai quali l’ordinamento
ricollega il sorgere degli
obblighi di legge sia per quanto concerne
l’individuazione della normativa
in concreto applicabile;
l al presupposto proprio di ogni indagine
ambientale, nella quale, essendo
preponderanti i contenuti tecnico-scientifici,
l’accertamento di
fatti, cause e meccanismi deve essere
il frutto di una ricerca scientifica libera
e rigorosa e deve tradursi in una
pianificazione complessiva, approfondita
e sistematica delle esigenze e
degli obiettivi della bonifica e dei
metodi (ossia delle pratiche scientifiche,
tecniche, tecnologiche coerenti
con gli obiettivi e misurabili, determinate
nel tempo e nella quantità);
l alla realizzazione, in sede amministrativa,
di un autentico momento
di confronto e di ponderazione
delle diverse risultanze tecniche
e scientifiche, anche ove
proposte dalle parti private partecipanti
al procedimento, e che, nel
caso di mancata condivisione delle
conclusioni, deve tradursi in
un’appropriata, adeguata e approfondita
motivazione in ordine alla
eventuale difformità delle valutazioni
pubbliche dall’apporto valutativo
e partecipativo dei privati,
in modo da consentire, nell’eventuale
successiva sede giudiziale,
l’espletamento delle necessarie valutazioni
a mezzo di consulenze
tecniche o verificazioni.
Ogni deviazione rispetto a questi
principi - e questo forse è l’insegnamento
più importante che si ricava
dalla sentenza in commento - viene
ritenuta fonte di pregiudizio per la
tutela dei beni giuridici protetti - sa-
[10] Il TAR catanese ha pure correttamente puntualizzato come l’esistenza di una supposta responsabilità oggettiva non possa desumersi
richiamando l’istituto dell’onere reale e del privilegio speciale immobiliare di cui all’art. 253, D.Lgs. n. 152/2006, trattandosi di
una posizione di soggezione che poggia su un titolo assolutamente diverso e cioè quello dell’ingiustificato arricchimento ai sensi
dell’art. 2041 c.c.
[11] In proposito, è decisamente apprezzabile l’incisiva e usuale espressione riassuntiva di principi e valori costituzionali immanenti nel
sistema delle garanzie tipico di ogni Stato di diritto e fatta propria dal TAR Catania, che ha affermato che «per reprimere il delitto
non è lecito sopprimere il diritto».
53

BONIFICHE
Articolo
lute e ambiente - e causa di compromissione
dell’efficacia e dell’efficienza
dell’azione amministrativa [12] .
Messainsicurezzadi
emergenzaeapplicazione
La sentenza in commento merita
di essere segnalata anche per aver
opportunamente definito l’ambito di
applicazione dell’istituto tecnico e
giuridico della messa in sicurezza di
emergenza (MISE). Chi opera nel
campo delle bonifiche avrà sicuramente
potuto constatare come, talvolta,
la pubblica amministrazione
prescriva interventi di MISE che in
realtà, al di fuori di reali situazioni di
emergenza, si sostanziano in anticipazioni
delle operazioni di bonifica.
Tuttavia, come correttamente evidenziato
dal giudice amministrativo
54
L'APPROFONDIMENTO
siciliano, la MISE è un istituto suscettibile
di trovare applicazione in
condizioni e su presupposti ben precisi
e definiti dal Legislatore, secondo
il combinato disposto dell’art.
240, lettere m) e t), D.Lgs. n. 152/
2006 [13] . La MISE consiste, infatti, in
un intervento immediato o a breve
termine e, quindi, non destinato a
protrarsi a tempo indefinito, che postula
l’esistenza di reali condizioni
di emergenza [14] riferibili a eventi di
contaminazione repentini [15] . È,
quindi, evidente che, secondo il tenore
letterale della legge, non c’è
spazio per opere di MISE nel contesto
di contaminazioni storiche o, comunque,
quando non vi sia l’esigenza
di un contenimento immediato di
situazioni improvvise. Inoltre, trattandosi
di una procedura d’urgenza,
[12] Va segnalato che, proprio in ragione dei profili di inefficacia dell’azione amministrativa rilevati dal TAR Catania nell’azione della
pubblica amministrazione, questo Giudice ha ritenuto di dover trasmettere gli atti processuali alla Procura Regionale della Corte
dei Conti di Palermo e alla Procura della Repubblica di Siracusa, al fine della valutazione dell’eventuale sussistenza di profili di
responsabilità erariale e penale dei funzionari e dirigenti pubblici coinvolti nel procedimento amministrativo.
[13] Art. 240, lettera m), D.Lgs. n. 152/2006: «messa in sicurezza d’emergenza: ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere
in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a
contenere la diffusione delle sorgenti primarie della contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a
rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente». Art. 240, lettera t),
D.Lgs. n. 152/2006: «condizioni di emergenza: gli eventi al verificarsi dei quali è necessaria l’esecuzione di interventi di emergenza,
quali ad esempio: 1) concentrazioni attuali o potenziali di vapori in spazi confinati prossime ai livelli di esplosività o idonee a
causare effetti nocivi acuti alla salute; 2) presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi d’acqua
superficiali o nella falda; 3) contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli; 4) pericolo di incendi o di
esplosioni».
[14] Si veda il sopra richiamato art. 240, lettera t), D.Lgs. n. 152/2006.
[15] In questo senso si è pure recentemente pronunciato il TAR Sardegna, sez. II, 8. ottobre 2007, sent. n. 1809.
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la stessa giustamente non appare
estensibile oltre i suoi limiti naturali,
eventualmente per realizzare nel minor
tempo possibile veri e propri interventi
di bonifica, che vanno, invece,
adottati nel rigoroso rispetto del
procedimento tecnico e giuridico
previsto dal Legislatore. La MISE
risulta, perciò, legittima quando si
proponga finalità di limitazione degli
effetti dell’inquinamento e non di
recupero della matrice ambientale.
Nel caso di ricorso abusivo alla MI-
SE, il TAR Catania ritiene di ravvisare
un ulteriore profilo di inefficacia
e inefficienza dell’azione amministrativa,
possibile causa di compromissione
della qualità dell’opera
di recupero ambientale e fonte di responsabilità
dei singoli funzionari e
dirigenti pubblici. l
13 novembre 2007 ­ N. 21

L'APPROFONDIMENTO
BONIFICHE
Articolo
La polizza specifica rappresenta uno strumento di tutela del patrimonio aziendale
Tempestività, competenza e condivisione:
come gestire il sinistro “inquinamento”
diAldoBertelle, responsabileLineaInquinamentoAIGEuropeSA
Lapolizzaassicurativa
aprotezionedeirischi
dainquinamentorappresenta
unostrumentoditutela
delpatrimonioaziendale,
contribuendo,diconseguenza,
adaumentareilvalore,intermini
disolvibilità,dell’aziendastessa,
rivestendoancheunavalenza
sociale,garantendo
allacollettivitàilrisarcimento
deidannidainquinamento
chesipossonoverificaredurante
l’eserciziodellagenericaattività.
Tuttavia,illivellodipercezione
econsapevolezzasuquesto
strumentodapartedeipotenziali
stakeholderrestaancorabasso.
L’analisidiuncasorelativo
aunosversamentoaccidentale
dicirca150mcdiprodotti
petroliferisuunasuperficie
dicirca1.000mqpuòessereutile
achiarireiconcettidicuisopra.
13 novembre 2007 ­ N. 21
La complessità tecnica, l’articolazione
e, di conseguenza,
la rilevante entità dei costi
che generalmente assumono gli interventi
di bonifica, impongono all’assicuratore
la conoscenza delle
attività che sostanziano la funzione
della copertura, vale a dire: la riparazione
del danno.
Le scelte operate dall’assicurato
a seguito di un evento incidentale,
quand’anche consapevoli perché
supportate dalla conoscenza preventiva
degli elementi decisionali
fondamentali al verificarsi di una
emergenza ambientale (piano di
gestione della crisi), non sempre
sono sufficienti per influire positivamente
sulla congruità e sull’efficacia
degli interventi, come dimostrerà
di seguito l’illustrazione di
un caso.
Il supporto di un assicuratore
che possieda una struttura tecnica
specialistica adeguata consente, infatti,
non solo di disporre di competenze
tecniche specialistiche - o,
nel caso l’azienda disponga già di
queste competenze, di mettere a
confronto i rispettivi pareri - ma,
soprattutto, di avvalersi dell’esperienza
che l’assicuratore possiede
nella gestione dei sinistri.
La tempestività nel coinvolgimento
dell’assicuratore e la condivisione
delle azioni intraprese e da intraprendere
rappresentano, comunque,
le chiavi di successo per giungere
a una liquidazione del sinistro
di reciproca soddisfazione poiché
entrambi hanno un comune obiettivo,
che è quello di controllare al
meglio il costo finale del danno.
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Criticitànellagestione
deisinistriinquinamento
Nonostante la cultura degli
stakeholder sul tema “rischio” sia
ancora scarsa, la polizza (nello
specifico a protezione dei rischi da
inquinamento) rappresenta uno
strumento di tutela del patrimonio
aziendale e contribuisce, di conseguenza,
ad aumentare il valore, in
termini di solvibilità, dell’azienda
stessa. A ciò si aggiunga la rilevante
funzione sociale che la polizza
assolve, ovvero di garantire alla
collettività il risarcimento dei danni
da inquinamento che si possono
verificare durante l’esercizio della
generica attività.
La piena comprensione dello
scenario nel quale si colloca la gestione
del sinistro è essenziale al
fine di evitare un aggravamento
del danno; infatti:
l gli interventi di emergenza per
il contenimento del danno da inquinamento
richiedono tempestività
e competenza: l’azienda esposta
al rischio, al fine di adempiere agli
obblighi che la legge canalizza sulla
stessa (D.Lgs. n. 152/2006), talvolta
stipula preventivamente un
contratto con una azienda specializzata
nell’attività di pronto intervento;
l gli interventi di emergenza e di
bonifica possono comportare costi
rilevanti (anche dell’ordine di alcuni
milioni di euro); l’azienda,
che potrebbe non possedere capacità
finanziarie significative, ritiene
di aver coperto il potenziale rischio
di esposizione finanziara derivante
dalla causazione di un dan-
55

56
BONIFICHE
Articolo
L'APPROFONDIMENTO
Vocidicostorelativeaiprimidiciottomesi
Interventidiemergenza Ammontare
Attivitàdicantiere 40,67%
Trasportoacqueinquinate 2,32%
Smaltimentoacqueinquinate 10,25%
Impiantoditrattamento 0,79%
Riparazionedell’impianto 3,19%
Consulenza 0,62%
Varie 2,27%
no, con il trasferimento dell’obbligazione
economica relativa agli interventi
ad altro soggetto (l'assicuratore)
attraverso la polizza;
l prescindendo dall’esistenza o
meno di un contratto con l’azienda
che ha causato l’inquinamento, la
figura della società che interviene
nella gestione dell’emergenza riveste
un ruolo essenziale. Infatti, con
il proprio intervento, infatti, realizza
il contenimento del danno, ma,
soprattutto, anticipa, di fatto, i costi
dell'intervento indipendentemente
dalla capacità finanziaria
dell’azienda che ha prodotto il
danno, peraltro in una fase in cui la
tempestività e il riferimento alle
prescrizioni della norma governano
decisioni e azioni da intraprendere
unitamente alla necessità di
gestire i rapporti con i soggetti
(pubblici e non) che, a vario titolo,
possono influenzare gli interventi
da adottare per fronteggiare
l’emergenza;
l avendo a riferimento gli ele-
menti appena descritti, la società di
pronto intervento opera, in genere,
ritenendo che la copertura economica
degli stessi sia, comunque,
garantita dalla polizza. A differenza
dell’azienda, tuttavia, il problema
per il bonificatore può insorgere
nel momento in cui, non avendo
l’azienda la capacità economica
per far fronte al costo degli interventi,
deve sopportare gli oneri finanziari
che gravano sugli esborsi
la cui risarcibilità potrebbe essere
totalmente o parzialmente esclusa
dalla polizza.
Da quest'ultima considerazione
emerge, con evidenza, la necessità
di un immediato coinvolgimento
dell’assicuratore nel processo di
gestione del sinistro per consentire
la tempestiva rilevazione di un
eventuale disallineamento fra l’entità
del danno e l’importo che potrà
essere risarcito dalla polizza. Al
verificarsi del danno è opportuno,
quindi, tenere presente le considerazioni
che seguono:
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60,11%
Interventidibonifica
Movimentoterra 4,05%
Trasportoterreinquinate 4,79%
Smaltimentoterrenoinquinato 26,26%
Consulenza 1,99%
Fornituramaterialediriempimento 1,77%
Varie 1,03%
39,89%
Totale 100%
TABELLA1
l la legislazione (D.Lgs. n. 152/
2006), nel fissare gli obblighi che
ricadono su chi ha prodotto il danno,
distingue la fase della messa in
sicurezza di emergenza da quella
della bonifica vera e propria;
l gli effetti dell’intervento in genere
si sovrappongono: oltre al
“contenimento”, durante l’azione
di rimozione della causa di inquinamento
si realizza in parte anche
la “bonifica”; nel caso in cui non
sia possibile completarla segue il
progetto di bonifica vero e proprio;
l dalla rapidità di intervento dipende
l’efficacia della prima fase
(messa in sicurezza) che, nella situazione
ottimale, consente di evitare
la seconda (bonifica);
l le sanzioni penali previste dalle
norme per il soggetto che deve rispondere
dei danni causati dall’inquinamento
(indipendentemente
dalle sue effettive responsabilità),
gli impongono di porre rimedio il
più rapidamente possibile alla situazione
dannosa venutasi a creare;
13 novembre 2007 ­ N. 21

13 novembre 2007 ­ N. 21
L'APPROFONDIMENTO
Incidenzapercentualedellesingolevocidicosto
Interventidiemergenza Ammontare
Attivitàdicantiere 34,37%
Trasportoacqueinquinate 1,78%
Smaltimentoacqueinquinate 7,89%
Impiantoditrattamento 1,59%
Riparazionedell’impianto 4,10%
Consulenza 0,79%
Varie 2,91%
l al verificarsi del sinistro non
c’è, quindi, normalmente il tempo
per chiedere e/o delegare (al danneggiato
certamente) gli interventi
della prima fase, pena un aggravamento
del danno;
l il soggetto che deve farsi carico
di questi oneri è, di conseguenza,
colui che può essere chiamato a
risponderne;
l nel rapporto commerciale fra
committente e società che effettua
il pronto intervento è normalmente
quest’ultima la prima a rimanere
esposta economicamente;
l chi anticipa (di fatto) l’importo
corrispondente alla messa in sicurezza,
se non addirittura anche della
bonifica (nei casi più favorevoli)
e, quindi, della riparazione del
danno, è un soggetto che non ha
poi titolarità giuridica per avvalersi
dell’azione diretta nei confronti
della compagnia assicuratrice del
committente.
Da quanto precede si ricavano
alcuni spunti di riflessione in relazione
ai fattori che possono influire
sull’entità finale dei costi di riparazione
del danno:
l il primo riguarda la necessità
sostanziale che caratterizza la fase
dell’emergenza, ovvero quella di
agire rapidamente. La scelta delle
azioni da intraprendere risulta essere
condizionata da questa priorità
e ciò può avere come conseguenza
l’implementazione di azioni
ridondanti o, comunque, sproporzionate
rispetto all’effettiva
gravità della situazione. Pur se assolutamente
comprensibile, questa
condizione, tuttavia, deve essere
correttamente e costantemente governata
in modo da consentire, attraverso
un costante monitoraggio,
aggiustamenti tempestivi nel corso
delle operazioni;
l gli interessi dei soggetti coinvolti
non sempre appaiono coincidenti.
La priorità per il soggetto su
cui ricade l’onere dell’intervento
riparatorio è, indubbiamente, quel-
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53,43%
Interventidibonifica
Movimentoterra 5,19%
Trasportoterreinquinate 5,49%
Smaltimentoterrenoinquinato 29,74%
Consulenza 2,55%
Fornituramaterialediriempimento 2,27%
Varie 1,33%
46,57%
Totale 100%
BONIFICHE
Articolo
TABELLA2
la di eliminare o contenere le cause
di imputazione penale; compito
dell’autorità è quello di vigilare sul
rispetto di quanto imposto dalle
norme, prescindendo a volte, in
questi casi, dalla situazione di contaminazione
pregressa eventualmente
già presente nell’area interessata
dall’evento; le società chiamate
a effettuare gli interventi di
contenimento/bonifica hanno, come
qualsiasi altra azienda, per scopo
sociale quello di generare profitto;
l da quanto precede si evince che,
per nessuno dei soggetti menzionati,
il contenimento dei costi risulta
essere una priorità, neppure (entro
certi limiti chiaramente) per
l’azienda chiamata a rispondere
della riparazione del danno;
l il know-how delle società chiamate
ad intervenire risulta essere,
generalmente, l’unico elemento a
garanzia dell’adeguatezza (tanto
per efficacia quanto per calibratu-
57

BONIFICHE
Articolo
ra) dell’intervento; a questo, tuttavia,
se ne aggiunge un altro non
meno importante, ma purtroppo
non ancora sufficientemente diffuso,
cioè la predisposizione di un
piano di crisi che consente di non
esporsi all’emotività che, talvolta,
può condizionare negativamente
anche la scelta dei soggetti da incaricare;
l la “certezza del risarcimento”, a
fronte della stipula di una polizza a
tutela del rischio di danno ambientale,
non dipende solo dalle esclusioni
previste in polizza ma, in
egual misura, dalla tempestività di
coinvolgimento dell’assicuratore
affinché sia messo nella condizione
di valutare direttamente (sul
campo e non solo per via documentale)
l’entità complessiva del
danno; in caso contrario, il rischio
è quello di causare il dilatarsi dei
tempi di liquidazione, con inevitabili
ripercussioni sull’importo finale
del sinistro;
l l’assenza di legittimazione del
bonificatore a richiedere il risarcimento
direttamente all’assicuratore,
ad esempio, ancorché assolutamente
ineccepibile dal punto di vista
giuridico, di fatto può favorire
l’innalzamento dei costi di intervento,
poiché chi si fa carico degli
oneri finanziari riconducibili a un
allungamento dei tempi di liquidazione
tenderà a recuperarli attraverso
i costi della sua attività.
Analisidiuncasotipo
Il riferimento a una casistica relativamente
frequente per tipologia
di contaminante e caratteristiche
delle matrici ambientali interessate
consente di meglio comprendere le
considerazioni fin qui sviluppate.
Su un terreno agricolo, in prossimità
di una roggia utilizzata a scopi
irrigui, vengono rilasciati da un
impianto, a seguito di una rottura,
circa 150 m 3 di prodotti petroliferi
(gasolio e benzina) che contaminano
una superficie di circa 1.000 m 2 .
L’azienda interviene tempesti-
58
L'APPROFONDIMENTO
vamente sul luogo del rilascio insieme
alle società con le quali aveva
in corso un contratto di pronto
intervento.
Gli interventi di emergenza posti
in atto immediatamente dopo
l’accaduto sono consistiti in:
l blocco e isolamento della parte
di impianto interessata dalla rottura;
l sbarramento della roggia;
l assorbimento con prodotti specifici
e aspirazione del prodotto
surnatante sulle acque del canale
attraverso autobotti dotati di pompe
aspiranti;
l recinzione dell’area interessata
con guardiania (24h/24h);
l realizzazione di due aree di
stoccaggio temporaneo (in loco)
per il deposito del terreno contaminato
rimosso tramite escavazione;
l realizzazione di trincee drenanti
per la captazione delle acque di
falda superficiali;
l realizzazione della deviazione
del canale di irrigazione per favorire
gli interventi di bonifica ed evitare
la diffusione dell’inquinamento
dal terreno;
l asportazione del terreno contaminato
nell’area interessata dallo
sversamento.
Contestualmente all’effettuazione
degli interventi appena elencati:
l dopo circa quattro mesi dal verificarsi
dell’evento è stata intrapresa
e portata a termine la campagna
di caratterizzazione;
l a distanza di tre mesi, è stato
presentato il progetto di bonifica
preliminare;
l dopo otto mesi il progetto definitivo
della prima delle tre fasi di
cui si compone;
l trascorso un anno è iniziata la
realizzazione di questa prima fase,
costituita dalle attività di scavo e
smaltimento del terreno contaminato,
conclusa nell’arco dei successivi
sette mesi;
l sono trascorsi da allora ulteriori
nove mesi dalla presentazione, ap-
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
provazione e realizzazione della
seconda fase, consistita nel ripristino
dell’area, fino a giungere alla
terza e ultima fase (ancora in corso)
relativa agli interventi di bonifica
delle acque, in particolare di
quelle di falda. Complessivamente,
quindi, il periodo durante il quale
si sono svolti gli interventi (dalla
fase di emergenza a quella di bonifica
vera e propria) si estende, ad
oggi, su un arco temporale di 33
mesi.
In proposito, va subito rilevato
che questa tempistica, considerando
anche quella relativa alle procedure
imposte dalle norme, risulta
congrua per eventi di questo tipo,
mentre non si può affermare altrettanto
per le modalità di gestione
degli interventi effettuati, sia dal
punto di vista tecnico che, di conseguenza,
economico.
L’esame delle voci di costo relative
ai primi diciotto mesi (si veda
la tabella 1), espressi in termini
percentuali rispetto all’ammontare
complessivo delle attività effettuate
fino a quel momento, consente
già di individuare il cuore del problema.
Risulta, infatti, evidente la sproporzione
esistente fra le spese relative
agli interventi di emergenza,
che risultano addirittura superiori
rispetto a quelli di bonifica vera e
propria, seppure riferiti solo alla
prima delle tre fasi previste dal
progetto definitivo. Non è casuale,
peraltro, il periodo preso in esame,
che corrisponde, infatti, a un arco
di tempo nel quale, oltre a una sottostimata
quantificazione iniziale
dell’evento unitamente al ritardo
nella comunicazione all’assicuratore,
si è poi aggiunta l’assenza di
un effettivo contraddittorio nelle
scelte da operare fra chi decideva
le azioni da intraprendere e colui
che sarebbe stato poi chiamato a
sostenerne i costi. A fronte di un
costante innalzarsi della stima del
danno, percepito il rischio che potesse
sfuggire il controllo nella de-
13 novembre 2007 ­ N. 21

terminazione dell’importo finale,
si è avviato, seppur tardivamente,
un processo di condivisione delle
azioni successive e di revisione
critica di quanto effettuato fino a
quel momento.
Quest’ultima attività ha consentito,
quindi, di evidenziare le seguenti
principali criticità:
l l’affidamento del servizio di
pronto intervento deve avvenire attraverso
una gara che consenta, in
particolare, di confrontare differenti
listini prezzi;
l nonostante la fissazione dei
prezzi attraverso il listino, è essenziale
la verifica sul campo delle
quantità impiegate (ore/uomo, ore/
macchina, ecc.);
l identica procedura di assegnazione
deve essere adottata per
l’esecuzione delle attività di bonifica
e smaltimento rifiuti; per quest’ultima,
in particolare, risultano
fondamentali le attività di analisi e
pesatura dei rifiuti, poiché dalla loro
classificazione e quantità dipendono
i costi di smaltimento;
l particolarmente critica risulta
essere la delimitazione in termini
temporali della fase di emergenza.
Se, infatti, appare chiaro che nelle
prime 48-72 ore successive all’evento
la priorità non può certo
essere quella del controllo dei costi;
tuttavia, trascorso questo lasso
di tempo deve essere seguita una
logica di “messa in sicurezza di
emergenza”, con la quale porre in
atto interventi comunque temporanei
in attesa di effettuare, una volta
completata la caratterizzazione e
approvato il progetto definitivo,
l’intervento di bonifica vero e proprio.
Il tempo necessario per giungere
all’approvazione del progetto
definitivo, come mostrato anche
dall’esempio di cui sopra, impone
la ricerca di tutte quelle soluzioni
che, a parità di efficacia, consentano
un significativo contenimento
dei costi rispetto ai criteri che invece
governano la fase del pronto intervento;
l l’analisi a posteriori dei costi
13 novembre 2007 ­ N. 21
L'APPROFONDIMENTO
sostenuti durante il periodo temporale
preso in esame, sulla base di
motivazioni tecniche sostanziali,
ha confermato (peraltro in termini
assolutamente conservativi) che si
sarebbero potute realizzare la fase
di emergenza e la prima del progetto
definitivo di bonifica con
una spesa complessiva inferiore
del 22% circa rispetto a quella corrispondente
agli interventi effettivamente
realizzati. La conseguente
ridistribuzione dell’incidenza
percentuale delle singole voci di
costo (si veda la tabella 2) mostra,
in particolare, come questa riduzione
sia sostanzialmente riconducibile
proprio alla fase di emergenza;
l la fase del pronto intervento in
particolare e, anche se in misura
inferiore, quella dell’emergenza
impattano sul costo complessivo
dell’intervento soprattutto per i
quantitativi di risorse impiegate e
di rifiuti prodotti. Le difficoltà di
una verifica documentale a posteriori
sulla congruità di questi costi,
in genere significativi, sono
rappresentate dal differimento
temporale con il quale viene eseguita
e, soprattutto (proprio perché
documentale), dall’impossibilità
di avvalersi di riscontri diretti
in campo; per queste motivazioni,
tali voci di spesa costituiscono
quindi ricorrente motivo di contestazione;
l per la complessità e la specificità
che le caratterizza, le attività di
consulenza, progettazione, coordinamento
e verifica di un intervento
di bonifica devono essere affidate
necessariamente, subito dopo
l’evento, a un soggetto qualificato
ed esperto in grado di governare le
criticità sopra evidenziate e scevro
da condizionamenti operativi;
l quanto affermato in relazione al
contenimento dei costi prescinde
dall’esistenza o meno di una copertura
assicurativa; l’azienda che
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
BONIFICHE
Articolo
ha causato il danno, infatti, deve
rendere conto ai propri soci/azionisti
non solo della riduzione dei costi
nello svolgimento della sua normale
attività, ma anche del contenimento
delle perdite.
Conclusioni
Le criticità evidenziate dell’attività
di bonifica offrono lo spunto
per alcune riflessioni. Gli interventi
di bonifica costituiscono un’area
di business in continuo sviluppo e
non solo, in prospettiva, per il recupero
delle aree dismesse. Occorre,
tuttavia, da parte dei soggetti
coinvolti un atteggiamento consapevole
volto, da un lato, al rispetto
dell’ambiente e agli impatti dell’attività
industriale sulle matrici
ambientali e, dall’altro, a contemperare
la necessaria esigenza della
tutela del territorio con il diritto
garantito costituzionalmente della
libera iniziativa economica.
Il coinvolgimento di un soggetto
economico in un procedimento
di bonifica può produrre un grave
danno economico, col rischio di ripercussioni
sulle sue scelte industriali
e sui programmi di sviluppo,
con conseguenze sul livello occupazionale,
sull’indotto e sull’economia
del territorio.
Una delle maggiori criticità evidenziate
anche dal caso illustrato è
legata da un lato alla scarsa formazione
degli attori coinvolti nel processo
di bonifica che si trovano ad
affrontare problematiche, criticità
sulle quali non hanno maturato un
adeguato livello di preparazione e,
dall’altro, quantomeno dell’opportunità
di un riscontro delle scelte
intraprese da parte di un’altro fra il
soggetto direttamente coinvolto in
questo processo.
L’assicuratore per gli oneri che
è chiamato a sostenere e per
l’esperienza specifica maturata in
questo ambito, rappresenta certamente
una figura in grado di fornire
un contributo determinante per
la soluzione ottimale di questi problemi.
l
59

62
SICUREZZA DEGLI IMPIANTI
Osservatorio CEI ­ Articolo
IGIENE E SICUREZZA
Importantinovitànormative
perleverifichenelsettoreelettrico
diSilviaBerri,ResponsabileComunicazioneePromozione
eAngeloBaggini,CT64CEIFacoltàdiIngegneriadegliStudidiBergamo­Dalmine
CEI - Comitato elettrotecnico italiano
CEI
ÈstatapubblicatalasecondaedizionedellaguidaCEI64­14,dedicataalleverifiche,perrenderlaomogeneaallanormatecnica
piùnotainItalia,laCEI64­8dellaqualeèuscitadapocolasestaedizione.
La guida CEI 64­14, «Verifiche agli impianti elettrici utilizzatori», fornisce criteri uniformi di comportamento da adottare
durante le verifiche agli impianti elettrici utilizzatori per garantire che gli standard principali di sicurezza, relativi alla
progettazione,all’installazioneeallamanutenzionedeglistessi,sianorispettatiemantenutineltempo.
Lanuovanormarappresentaunvalidostrumentodilavoroperchiprocedealleverifichedegliimpiantielettricidicategoria0,
IeanchealcunidegliimpiantidicategoriaIIeIII(cabineestazionielettriche),tenendoinconsiderazioneleverifichedicuial
D.P.R.n.462/2001.
Per eseguire minuziosamente le verifiche, è indispensabile integrare la CEI 64­14 con norme e guide tipiche di settori
specializzati(cantieri,cabineMT/BTdiutente,localiausomedicoecc.).
Le modifiche introdotte al capitolo 41 e alla
parte 6, CEI 64­8, «Impiantielettriciutilizzatori
a tensione nominale non superiore a
1.000Vincorrentealternataea1.500Vin
corrente continua», hanno reso necessaria
una revisione della guida CEI 64­14 dedicata
alle verifiche.
La documentazione
La prima parte della norma stabilisce che gli
impianti elettrici siano corredati da una documentazione
volta a garantirne una corretta
identificazione e valutazione. Le istruzioni e i
manuali operativi delle apparecchiature particolari,
per esempio, degli impianti di emergenza,
rappresentano documenti utili, da tenere
sul posto, per gestire in tutta sicurezza
un impianto elettrico. L’accertamento dell’idoneità
della documentazione presentata è
preliminare all’esame dell’impianto e, ai fini
della verifica, è sufficiente disporre dei seguenti
dati e documenti:
l potenza impegnata di progetto;
l valore della corrente di cortocircuito nel
punto di allacciamento dell’impianto fornito
dal distributore o, comunque, preso dal
progettista;
l planimetria intelligibile completa di:
­ tutti gli ambienti interni, anche di quelli
esterni, quando è necessario;
­ le destinazioni d’uso;
­ la posizione dei quadri elettrici e delle
linee principali (montanti e dorsali) e secondarie;
l la planimetria dell’impianto di terra e dei
collegamenti equipotenziali con riportata
l’indicazione delle loro caratteristiche (materiali,
forma e dimensioni). Per quello che
riguarda i dispersori è sufficiente disporre di
una documentazione relativa alla loro realizzazione;
l gli schemi elettrici delle officine elettriche
(centrali, stazioni, cabine di trasformazione) e
dei quadri elettrici complessi, nel caso integrati
da tabelle, con allegate le indicazioni
delle caratteristiche delle linee (sezioni, formazione,
isolamento, tipo di posa, lunghezza),
della corrente d’impiego, delle destinazioni,
delle protezioni elettriche (corrente nominale,
di regolazione, soglia e tempo di intervento,
per quelli regolabili, per i relè differenziali)
e degli organi di comando e sezionamento.
Per gli impianti più semplici e non
soggetti a obbligo di progettazione, ai fini
della legge n. 46/1990, lo schema elettrico
può essere sostituito da una descrizione dell’impianto
che consenta di risalire alle sue caratteristiche
di sicurezza e di funzionalità;
l gli schemi elettrici di apparecchiature
particolari di emergenza (segnalazioni, circuiti
di sicurezza, batterie di accumulatori,
comando ecc.) con in allegato le istruzioni
per il loro esatto uso e manutenzione, l’indicazione
delle caratteristiche per garantire
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la protezione dai contatti indiretti e da sovracorrente.
Le prescrizioni sulla documentazione da tenere
sul posto variano in base al tipo di
impianto, divisi in impianti soggetti o non
all’obbligo della progettazione.
Gli impianti soggetti all’obbligo della
progettazione, ai sensi della legge n.
46/1990 e del suo regolamento di attuazione
(D.P.R. n. 447/1991), devono possedere
una documentazione conforme a
quanto stabilito dalla CEI 0­2, «Guida
per la definizione della documentazione
di progetto degli impianti elettrici» (si
veda la tabella 1).
Anche gli impianti non soggetti all’obbligo
della progettazione devono possedere,
comunque, la documentazione prevista
come allegato obbligatorio dal decreto del
Ministero dell’Industria, del Commercio e
dell’Artigianato 20 febbraio 1992, «Approvazionedelmodellodidichiarazionediconformità
dell’impianto alla regola dell’arte di
cui all’art. 7 del regolamento di attuazione
della Legge 5 marzo 1990, n. 46, recante
normeperlasicurezzadegliimpianti».
Per quello che riguarda gli impianti preesistenti
l’entrata in vigore della legge n. 46/
1990 (il 13 marzo 1990) e per quelli successivi
ma precedenti il D.M. 20 febbraio 1992,
sarebbe opportuno avere una documentazione
che, in relazione al tipo di impianto,
13 novembre 2007 ­ N. 21

includa dati e notizie efficaci al fine di identificarli
e valutarli correttamente (per esempio,
planimetrie dei locali e schemi elettrici
di massima).
Infine, i contenuti di un documento nelle
diverse situazioni reali possono essere raggruppati
con quelli di altri documenti o essere
suddivisi in più documenti; inoltre, possono
variare in funzione di particolari esigenze.
Il tecnico, durante le verifiche periodiche
e straordinarie, deve procedere anche
all’esame della documentazione circa eventuali
ampliamenti, rifacimenti, riparazioni,
modifiche, interventi manutentivi ecc.
La verifica dell’impianto
La verifica dell’impianto risulta composta da
un controllo della corrispondenza tra la regola
dell’arte e i dati di progetto dell’opera
realizzata. Deve essere realizzata in maniera
tale da portare all’emanazione di un parere
affidabile. Le verifiche non devono essere
confuse con i collaudi. Con il termine collaudo
si intende una procedura tecnico­amministrativa
idonea ad accertare la rispondenza
ai dati di progetto e ai contenuti del
capitolato d’appalto.
La verifica è formata da due diversi momenti
conseguenti:
l l’esame a vista;
l l’esecuzione di prove.
L’esame a vista serve per verificare che i
componenti dell’impianto elettrico siano
stati scelti e messi in opera correttamente,
che siano conformi alle prescrizioni delle relative
norme e che non siano danneggiati
visibilmente.
L’esame può essere di due tipi:
l ordinario;
l approfondito.
L’esame ordinario consiste nell’accertare i
difetti dei componenti elettrici senza l’uso
di utensili o di mezzi di accesso; questo è
reso possibile dalla palese visibilità di alcuni
difetti, come la mancanza di ancoraggi, le
connessioni interrotte, gli involucri rotti, i
dati di targa incompleti, senza l’uso di utensili
o di mezzi di accesso.
L’esame approfondito, invece, mira a identificare
tutti quei difetti, l’errata installazione,
le connessioni non effettuate, i morsetti
lenti, che possono evidenziarsi solo con
l’uso di attrezzi (per esempio strumenti,
utensili e scale); può essere effettuato in
aggiunta all’esame ordinario e richiede che
13 novembre 2007 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
i componenti siano accessibili.
L’esame approfondito è necessario in funzione
di:
l lo stato di conservazione dell’impianto
(esistenza di modifiche o di manipolazioni
non autorizzate, accuratezza delle manutenzioni,
vetustà dell’impianto e dei relativi
componenti, addestramento e/o esperienza
del personale, manutenzioni non appropriate
effettuate non seguendo le raccomandazioni
del costruttore ecc.);
l le condizioni ambientali (esposizione ad
ambienti corrosivi, a prodotti chimici, eventuale
accumulo di polvere o sporcizia, di
ingresso di acqua, esposizione a eccessiva
temperatura ambiente, presenza di guasti
meccanici, esposizione a vibrazioni ecc.);
l l’uso pesante dell’impianto (ore di funzionamento
al giorno, numero di giorni per
anno ecc.);
l la qualità della documentazione esibita.
L’esame a vista, di qualunque tipo, è sempre
propedeutico alle prove.
Il fine principale delle prove è quello di accertare
i valori attraverso l’uso di appropriati
strumenti elettrici.
Le verifiche possono essere:
l iniziali;
l periodiche;
l straordinarie.
Tra i vari tipi di verifica non esistono grosse
differenze nelle operazioni, è necessario che
siano condotte in maniera da accertare la
sicurezza dell’impianto. Durante le visite periodiche,
nel momento in cui è accertato che
le condizioni dell’impianto non sono cambiate,
si può evitare di ripetere alcune prove
effettuate all’atto della verifica iniziale. Inoltre,
non è necessario eseguire delle prove
nel caso in cui, pur essendo stati modificati
alcuni parametri, le variazioni siano tali da
ritenere soddisfatte, complessivamente, le
condizioni imposte dalla normativa.
Le verifiche possono essere effettuate tramitecontrolli
a campione ototali.
È più utile una verifica dell’impianto per
campionatura quando sono installati, in
grande quantità, componenti elettrici simili
(per esempio, apparecchi di illuminazione,
scatole di derivazione, prese a spina ecc.) o
quando è stata notata una corretta conduzione
dell’impianto (manutenzioni appropriate,
documentazioni aggiornate, costruzioni
elettriche nuove o in buono stato di
conservazione ecc.).
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SICUREZZA DEGLI IMPIANTI
Osservatorio CEI ­ Articolo
Per gli impianti esistenti, realizzati secondo
le norme CEI superate da altre più recenti,
la verifica dovrà accertare l’esistenza di uno
standard di sicurezza accettabile in relazione
alle innovazioni normative e/o alle conoscenze
attuali.
È bene sottolineare che:
l le modalità di effettuazione delle verifiche
devono essere rese note con una opportuna
relazione;
l l’esito delle verifiche deve essere documentato
e tenuto a disposizione per la manutenzione
e le verifiche successive;
l le eventuali carenze dell’impianto siano
indicate in maniera chiara ed esauriente.
Si ricorda, infine, che nel corso delle verifiche
devono essere adottate tutte le precauzioni
utili per garantire la sicurezza delle
persone e per evitare danni ai beni e ai
componenti elettrici installati.
Le fonti normative
italiane ed europee
In Italia sono due le fonti normative attuali
usate per le verifiche degli impianti elettrici:
l lenorme di legge;
l lenorme tecniche.
Le relazioni che intercorrono tra le due sono
tuttora fonte di dubbio per gli addetti ai
lavori.
Le norme CEI rappresentano l’evoluzione
delle norme di prevenzione degli infortuni
perché attuano le prescrizioni generali contenute
nel D.P.R. n. 547/1955 e ne integrano
gli aspetti legati all’evoluzione delle applicazioni
elettriche.
Per gli impianti costruiti a regola d’arte,
nel rispetto della normativa CEI, non
sono necessariamente applicabili le norme
del D.P.R. n. 547/1955 in quanto
questa esecuzione assicura l’adozione
di sistemi di sicurezza idonei. Chi si occupa
delle verifiche non deve fare riferimento
alle disposizioni tecniche del
D.P.R. n. 547/1955 quando queste risultino
oggettivamente e palesemente superate.
Le disposizioni relative alla verifica
degli impianti elettrici nei luoghi
soggetti al D.P.R. n. 462/2001 sono riportate
nella guida CEI 0­14 preparata
di concerto con il Ministero delle Attività
produttive.
Le verifiche previste dalle norme tecniche,
indispensabili per la sicurezza e,
quindi, per il rispetto del principio legi­
63

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI
Osservatorio CEI ­ Articolo
slativo, non possono essere considerate
identiche alle leggi. Per esempio, considerando
il D.P.R. n. 462/2001, i soggetti
deputati alle verifiche e l’ambito di
applicazione sono diversi. Il decreto, infatti,
è dedicato (art. 1) alla semplificazione
del procedimento di denuncia
delle installazioni e dei dispositivi di
protezione contro le scariche atmosferiche,
dei dispositivi di messa a terra degli
impianti elettrici e degli impianti
elettrici pericolosi.
A livello legislativo, il riferimento per
definire questi ultimi era il D.M. 22 dicembre
1958 (tabelle allegate A e B),
finché il D.Lgs. n. 233/2003, «Attuazione
della direttiva 1999/92/CE relativa
alle prescrizioni minime per il miglioramento
della tutela della sicurezza e della
salute dei lavoratori esposti al rischio
di atmosfere esplosive» [1] , ha radicalmente
modificato la situazione aggiungendo
al D.Lgs. n. 626/1994 il Titolo
VIII­bis, «Protezione da atmosfere
esplosive», e abrogando gli artt. 329,
comma 1, lettera a), e 331, D.P.R. n.
547/1955, e le voci da 1 a 50 della
tabella A e la tabella B del D.M. 22
dicembre 1958, lasciando in vigore,
nella tabella A, solo la voce 51 che
riguarda gli esplosivi.
All’art. 88­undecies, D.Lgs. n. 626/1994
(solo nazionale), è previsto che «Il datore
dilavoroprovvedeaffinchéleinstallazioni
elettriche nelle aree classificate come zone
0, 1, 20 o 21 ai sensi dell’allegato
XV­bis siano sottoposte alle verifiche di
cui al D.P.R. n. 462/2001». Se, dopo la
classificazione, restano solo zone 2 o 22,
allora il D.P.R. n. 462/2001 non si applica;
il datore di lavoro non fa la denuncia,
quindi, l’ASL/ARPA non procede all’omologazione
e non vige l’obbligo di verifica
periodica biennale, ma continuano a valere
gli obblighi generali della sicurezza. Gli
organi di vigilanza e di ispezione possono/devono
vigilare e ispezionare e il conduttore
dell’impianto deve mantenere e,
quindi, prima verificare in conformità alle
prescrizioni della normativa tecnica.
Per quanto riguarda l’Unione Europea, è
auspicabile l’unificazione delle verifiche di
[1] In Gazzetta Ufficiale del 26 agosto 2003, n. 197.
64
IGIENE E SICUREZZA
legge degli impianti elettrici, la quale potrebbe
avere risvolti positivi sulla sicurezza
nel mondo del lavoro e nella vita quotidiana,
sull’occupazione e sullo sviluppo economico,
stimabile in 9,6 miliardi di euro nella
UE 15 (fonte FEEDS 2005).
La situazione europea
In Germania, dal 1997, è stata istituita l’Echeck,
ovvero la certificazione facoltativa con
periodicità suggerita di 4 anni dell’impianto
domestico in riferimento alla norma DIN VDE
0105­100. Un documento in cui i certificatori
(12.000, circa, in tutta la Germania) stabiliscono
che l’impianto è a regola d’arte.
In Francia, il CONSUEL (Comité National
pour la Sécurité des Usagers de l’électricité
), un’associazione di tutti gli operatori
del settore, realizza verifiche, ai fini
della sicurezza, degli impianti elettrici. Il
distributore dell’energia non distribuisce
tensione a un nuovo impianto senza
l’attestato di conformità alle norme di
sicurezza, fornito dall’installatore e vidimato
dal CONSUEL.
In Spagna vige un Real Decreto (n. 842/
2002) e un regolamento elettrotecnico di
bassa tensione. Un approccio molto simile a
quello italiano, ma è più approfondito il
problema legato alla qualificazione degli installatori.
Per gli impianti elettrici domestici
è prevista una dichiarazione di conformità
dell’installatore, ma non sono previste verifiche
periodiche (quinquennali in industria e
commercio). Il Boletin de Instalaciones Eléctricas
(dichiarazione di conformità) è redatto
dall’installatore autorizzato, che è responsabile
dei lavori, e deve essere vistato
dal dipartimento pubblico locale (Tràmites
delGobierno). Per ottenere la fornitura dell’energia
il Boletin deve essere consegnato
al fornitore.
Le imprese devono essere inserite, in elenchi
del Ministero dell’Industria, su base regionale
(Comunidad) e sono previste due
categorie:
l la categoria basica (IBTB) per realizzare,
riparare e mantenere gli impianti di bassa
tensione;
l la categoria especialista (IBTE), con la
possibilità anche di operare su impianti con
rischi specifici (incendio, esplosione, locali
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medici ecc.).
Il certificato di qualificazione è su base individuale
e personale (come la patente di guida).
In Gran Bretagna, il sistema di controllo è
ancora in fase di attuazione e offre due
possibilità:
l la dichiarazione dell’installatore certificata
con verifiche a campione da parte degli
ispettori dell’ente di certificazione;
l l’autorizzazione da parte della Pubblica
Amministrazione locale per gli installatori
non certificati.
Infine, negli ambienti di lavoro italiani sono
previste, già dal D.P.R. n. 547/1955, le verifiche
iniziali, le verifiche periodiche ispettive,
anche se limitate agli aspetti particolari degli
impianti elettrici (impianti di terra, parafulmini
e impianti in luoghi con pericolo di
esplosione semplificate dal D.P.R. n. 462/
2001) e l’obbligo della manutenzione da
parte del datore di lavoro.
La legge n. 46/1990, per il settore residenziale,
prevede sia verifiche ispettive (art. 14,
D.P.R. n. 392/1994) sia verifiche iniziali (dichiarazione
di conformità, D.M. 22 febbraio
1992). Tutto questo, però, non è stato
attuato. Negli ultimi anni, sono state molte
le iniziative in cantiere, in scadenza al 31
dicembre 2007, non sempre coordinate e
nessuna sinora realizzata:
l la proroga per l’entrata in vigore del Capo
V, «Normeperlasicurezzadegliimpianti»,
D.P.R. 380/2001, «Testo unico delle disposizionilegislativeeregolamentariinmateriaedilizia»;
l la delega per l’approvazione dei decreti
di «Riordino normativa» e «Verifiche impianti»
(definizione di un reale sistema di
verifiche, determinazione delle competenze,
previsione delle sanzioni) di cui all’art.
11­quaterdecies, comma 13, letteraa), legge
n. 248/2005, «Misure di contrasto all’evasione
fiscale e disposizioni tributarie e
finanziarie», che risale alla Finanziaria 2005.
Rimane incerto il futuro affidato all’eventuale
entrata in vigore del decreto D.d.L.
S.1293, «Conversioneinlegge,conmodificazioni,
del decreto­legge 28 dicembre
2006, n. 300, recante proroga di termini
previsti da disposizioni legislative» (decreto
mille proroghe). l
13 novembre 2007 ­ N. 21

13 novembre 2007 ­ N. 21
Documentazione
diprogetto
IGIENE E SICUREZZA
Consistenza della documentazione di progetto elettrico
in relazione alla destinazione d’uso dell’opera
Edificicivili
art.1,comma1,
D.P.R.n.447/1991
Progetto
da
redigereai
sensidella
Norma
CEI64-8,
art.132.1
Destinazioned’usodelleopere
Progettoda
redigereai
sensidella
legge
n.46/1990
edelD.P.R.
447/1991
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SICUREZZA DEGLI IMPIANTI
Osservatorio CEI ­ Articolo
Altreopere
art.1,comma2,
D.P.R.n.447/1991
Progetto
da
redigereai
sensidella
NormaCEI
64-8,
art.132.1
Progettoda
redigereai
sensidella
legge46/90e
delD.P.R.n.
447/1991
TABELLA1
Progettoper
opereolavori
pubbliciai
sensidella
legge
n.109/1994,
D.P.R.
554/1999
a b c d e f g
3.3Documentazionedelprogettopreliminare
3.3.1 Relazioneillustrativa NO F F F SI
3.3.2 Relazionetecnica NO NO NO NO SI
3.3.3 Planimetriageneraleeschema
elettricogenerale
NO F F F SI
3.3.4 Pianodisicurezza NO NO NO NO SI
3.3.5 Calcolosommariodellespese NO NO NO NO SI
3.4Documentazionedelprogettodefinitivo
3.4.1 Relazionedescrittiva NO F F SI SI
3.4.2 Relazionetecnica F SI F SI SI
3.4.3 Elaboratigrafici F SI F SI SI
3.4.4 Calcolipreliminari
(relazioneillustrativa)
3.4.5 Disciplinaredescrittivoe
prestazionaledeglielementitecnici
F SI F SI SI
NO F F F SI
3.4.6 Computometrico SI SI SI SI SI
3.4.7 Computometricoestimativo F F F F SI
3.4.8 Quadroeconomico NO NO NO NO SI
3.5Documentazionedelprogettoesecutivo
3.5.1 Relazionegenerale NO F F SI SI
3.5.2 Relazionespecialistica SI SI SI SI SI
3.5.3 Elaboratigrafici SI SI SI SI SI
3.5.4 Calcoliesecutivi
(relazioneillustrativa)
3.5.5 Tabelleediagrammidi
coordinamentodelleprotezioni
F SI SI SI SI
NO F F SI SI
3.5.6 Pianodimanutenzione NO F F SI SI
3.5.7 Pianodisicurezzaedi
coordinamento(elementiper)
F F F F SI
3.5.8 Computometrico SI SI SI SI SI
3.5.9 Computometricoestimativo F SI SI SI SI
3.5.10 Quadroeconomico NO NO NO F SI
3.5.11 Cronoprogramma NO F NO F SI
3.5.12 Quadrodell’incidenza
dellamanodopera
3.5.13 Capitolatospecialed’appalto
eschemadicontratto
NO NO NO NO SI
F SI F SI SI
65

SOSTANZE PERICOLOSE
Articolo
IGIENE E SICUREZZA
Dal caso di un impianto frigorifero che impiega 250 kg di questo gas, le linee guida per l’uso
Dall’utilizzazione alla conservazione
le modalità di gestione dell’ammoniaca
diAmerigoLovato, giàricercatoreeprogettistadiimpiantiindustrialichimicipressol’exgruppo
Montedisonedocenteacontrattopressol’UniversitàdeglistudidiPadova,attualmentelibero
professionistasusicurezzaesaluteneiluoghidilavoroeprotezionedell’ambiente
L’impiegodeigastossicirichiede,
ingenere,un’autorizzazione
specificaaisensidelRegio
decreto9gennaio1927,n.147.
L’entecherilascia
l’autorizzazione,afronte
dispecificadomandadaparte
dell’aziendacheimpiegailgas
tossico,è,asecondadellalegge
dellaRegioneacuiappartiene
ilsitodell’impiego,ilsindaco
delComuneacuiappartiene
ilsito(comeaccade,peresempio,
inEmilia­Romagna,inVeneto,
inFriuli­VeneziaGiulia,
inToscana)oppurel’Azienda
SanitariaLocalecompetente
perterritoriodelsito
(peresempio,inLombardia),
aseguitodelparerepositivo
dellaCommissioneTecnicaGas
TossicidellaProvinciaacui
appartienelazonadovesi
impiegailgastossico.
66
Il regolamento speciale per l’impiego
dei gas tossici è stato approvato
con il Regio Decreto 9
gennaio 1927, n. 147.
Secondo quanto riportato all’art.
1, Regio decreto 14 gennaio 1927, n.
147, un gas tossico è una qualsiasi
sostanza tossica che per essere impiegata
deve essere allo stato gassoso,
impiego il cui fine può essere indipendente
dalla sua tossicità e utilizzato
per altre sue caratteristiche; per
esempio, l’ammoniaca, la cui tossicità
è definita dalle frasi di rischio R23
(tossica per inalazione), R34 (provoca
ustioni), R50 (altamente tossico
per gli organismi acquatici) è utilizzata,
come fluido frigorigeno negli
impianti frigoriferi, per la sua qualità
di produrre freddo a basso costo e per
l’affidabilità dell’impianto che la utilizza.
Inoltre, l’art. 3, R.D. n. 147/1927,
ha chiarito che l’«impiego» deve essere
inteso come l’utilizzo, la custodia
e la conservazione e il trasporto
di un gas tossico.
Nella tabella 1 è specificato per
quali gas tossici e per quale quantità
impiegata è obbligatoria l’autorizzazione,
nonché quale tipologia di autorizzazione
deve essere rilasciata, se
per utilizzazione o per utilizzazione
e custodia-conservazione o solo per
custodia-conservazione.
Ilcasodell’ammoniaca
Si prenda come esempio il caso di
un impianto frigorifero che utilizza
250 kg di ammoniaca.
L’art. 4, Regio decreto n. 147/
1927, riguarda i provvedimenti che
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deve emettere l’autorità relativamente
all’impiego dei gas tossici, provvedimenti
dell’autorità competente (per
esempio, in Lombardia, è l’ASL del
luogo dove si impiega il gas tossico
o, in Piemonte, in Veneto, in Emilia-
Romagna, in Friuli-Venezia Giulia è
il sindaco) inerenti all’autorizzazione
a utilizzarli, a custodirli e a conservarli
e alla licenza a trasportarli.
L’autorità competente è individuata
dal Ministero dell’Interno, ai sensi
dell’art. 5, R.D. n. 147/1927.
Per quanto riguarda l’autorizzazione
al trasporto dei gas tossici, è
necessaria la licenza rilasciata dall’autorità
di pubblica sicurezza del
distretto, ai sensi dell’art. 23, R.D. n.
147/1927.
Lineeguida
perl’usodeigastossici
Esaminando il punto 2 della tabella
1 dove sono riportate le specificità
del gas tossico ammoniaca, si deduce
che:
l l’impianto deve essere autorizzato
ai sensi del Regio decreto n. 147/
1927 in quanto contiene una quantità
di ammoniaca maggiore di 75 kg;
l la licenza per il trasporto non è
richiesta.
È opportuno capire come deve essere
autorizzato l’impianto nel rispetto
del regolamento speciale per i gas
tossici; sono necessarie, quindi, alcune
considerazioni.
L’ammoniaca è presente nell’impianto
frigorifero come fluido frigorigeno,
cioè per produrre frigorie, che
sono ottenute sottoponendo il fluido a
un ciclo chiuso, intendendo per “chiu-
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N.
1
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IGIENE E SICUREZZA
TabelladeigastossiciaisensidelR.D.n.147/1927
Sostanzetossichegassose
ocheperessereusate
devonopassareallostato
digasovapore
a) HCN gas, da solo o con bromuro o
clorurodicianogenooconirritanti
b)HCNcompressooliquidomescolato
constabilizzantieinrecipientiISPESL
c)HCNliquidomescolatoconstabilizzanti,conirritanti,impastatoconinertiinrecipientiabassapressione
(p100kg
a)ClinH 2O No Qualsiasi No
b)Clgas Sì ­ No
c) Cl compresso o liquefatto in recipientiISPESL
Sì 75kg No
7 Clopicrina(nitrocloroformio) (5) 1kg >1kg
8 Cianogeno(bromuroeclorurodi) Sì Nessuna No
9
10
Etereciano­carboniodasolooconirritanti
Fosgene (cloruro di carbonio) compressooliquefattoinapparecchiature
ISPESL
Sì Nessuna No
Sì Nessuna No
11 Isonitrili(tipofenil­isonitrile) Sì Nessuna No
12 Ossidodietilenedasolooconaltresostanze
Sì Nessuna No
13 Piombotetraetile Sì Nessuna No
14 Solfurodicarbonio (6) 5litri No
15
Idrogenofosforatodasolooconaltre
sostanze capaci di liberarlo allo stato
gassoso
Sì Nessuna No
TABELLA1
67

68
SOSTANZE PERICOLOSE
Articolo
IGIENE E SICUREZZA
16 Bromurodimetile Sì Nessuna No
17 Piombotetraetile Sì Nessuna No
18 Solfatodimetile Sì Nessuna No
19 Clorurodimetile Sì 75kg No
20 Acidofluoridrico Sì (7) (8)
21 Trifluorurodiboro Sì(9) Nessuna(9) Sì(9)
22 Metilmercaptano Sì Nessuna >15kg
23 Tetraidrotiofene Sìper >1kg(10) 1kg(10) Sìper> 1kg(10)
24 Dimetilsolfuro Sìper >1kg(10) 1kg(10) Sìper>1kg(10)
25 Etilisopropilsolfuro Sìper >1kg(10) 1kg(10) Sìper >1kg(10)
26 Etilmercaptano Sìper>1kg(10) 1kg(10) Sìper >1kg(10)
27 Dietilsolfuro Sìper>1kg(10) 1kg(10) Sìper>1kg(10)
(1)L’autorizzazionenonoccorreperipiccoliimpiantidirefrigerazionecheutilizzanomenodi75kg.
(2)Nonoccorrel’autorizzazionesoltantosel’utilizzazioneavvieneascopiagricolioenologici.
(3)Nonoccorreautorizzazioneperlabenzinacontenentenonpiùdi0,8cm 3 dipiombotetraetileo0,55cm 3 dipiombotetrametile
perogni1.000cm 3 dibenzina(valoriequivalentia0,85gdipiombo).Labenzinacosìtrattatadeveesserecontenutainrecipienti
originali,recantil’indicazionechelabenzinacontienepiombotetraetileopiombotetraetileoloromiscele,edeveessereusata
solocomecarburantepermotoriascoppio.Suquestirecipientidevonoessereindicateleistruzionisull’uso(D.M.delMinistero
dellaSanità4marzo1961).
(4)Senonutilizzatiperlaproduzionediacidocianidricogassoso.
(5)Nonoccorreautorizzazioneperl’utilizzazionefinoa100ginapertacampagna.
(6)Nonoccorreautorizzazioneperl’utilizzazionedi5litriinapertacampagnaoppurediqualsiasiquantitàinmagazzinidicereali
esilosriconosciutiidoneieautorizzatidall’autoritàcompetente.
(7)Nonoccorreautorizzazioneper:
a)acidofluoridricoinsoluzioneacquosasinoal40%(inpeso);
b)acidofluoridricoinsoluzioneacquosasinoall’85% (inpeso)perquantitativi non superioria50kgnetti;
c)acidofluoridricoanidroliquefattoinrecipientiapressioneperquantitativinonsuperioria60kgnetti.
Occorresemprel’autorizzazioneperacidofluoridricoallostatogassoso.
(8)Occorrelicenzaperiltrasportosoltantoperacidofluoridricoanidroliquefattoinrecipientiapressioneperquantitativisuperioria60kgnetti.
(9)Nonoccorrelicenzaaltrasportonéautorizzazioneall’utilizzazione,allacustodiaeallaconservazioneperquantitativifinoa5
kgditrifluorurodiboroinsoluzione.Occorronosemprel’autorizzazioneelalicenzaperquantitativisuperiorieperiltrifluoruro
diborocompressoinbombole.
(10)Nonsiapplicanolenormedelregolamentoperl’impiegodeigastossicialgasdicittàeaigasdipetroliliquefatti(GPL)nei
qualiquestasostanzasiapresentecomeodorizzante.
so” (nella tecnologia dei cicli frigoriferi),
non un ciclo che contiene un
quantitativo fisso di ammoniaca che
non viene consumata fisicamente e rimane
sempre all’interno del ciclo medesimo,
ma un “riciclo” continuo di
compressione-condensazione-evaporazione-compressione,
un riciclo che
è soggetto a perdite, individuabili:
l nelle macchine che nel tempo si
usurano e perdono ammoniaca verso
l’esterno dalle loro giunzioni non
completamente saldate;
l negli sfiati dei condensatori; in tutti
gli impianti esiste uno sfiato, almeno
manuale, in un opportuno volume
d’acqua per evitare un accumulo di
aria nel ciclo che ridurrebbe l’efficienza
della condensazione e che potrebbe
determinare un rischio di ten-
siocorrosione nelle apparecchiature;
l negli inevitabili trafilamenti dalle
valvole di sicurezza durante l’esercizio
normale dell’impianto, trafilamenti
che vengono convogliati nell’apposita
vasca di abbattimento;
l nello scarico dalle valvole di sicurezza
per errori di manovra o per
emergenza incendio;
l nel degasaggio dell’ammoniaca
da componenti dell’impianto che devono
essere sostituiti o riparati durante
le necessarie manutenzioni ordinarie
e/o straordinarie.
Per tutte queste perdite (che si traducono
in consumi) di ammoniaca,
periodicamente si deve operare un
rabbocco per portare il contenuto di
NH 3 al valore iniziale; questo allo
scopo di garantire un regolare ed effi-
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ciente esercizio dell’impianto.
Tutti questi rabbocchi devono essere
annotati sul registro di cui all’art.
57, R.D. n. 147/1927.
Alla fine del 2005 alcune Province
(soprattutto in Emilia-Romagna e
in Lombardia) hanno richiesto alle
aziende, che esercivano impianti frigoriferi
ad ammoniaca, quali fossero
i consumi di gas tossico negli ultimi
5 anni, poichè un alto consumo di
ammoniaca equivale, oltre a una cattiva
gestione dell’impianto con possibili
conseguenze sulla sicurezza dello
stesso, a un’anomala immissione di
gas tossico nell’ambiente esterno
(nell’aria, nelle acque, nel suolo).
Ne consegue che l’autorizzazione
deve essere rilasciata per l’utilizzo,
la custodia e la conservazione e non
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IGIENE E SICUREZZA
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SOSTANZE PERICOLOSE
Articolo
Facsimiledelladomandadiautorizzazioneautilizzareammoniaca
RIQUADRO1
“Autorizzazione ad utilizzare e detenere 250 (duecentocinquanta) kg di gas tossico ammoniaca, come
fluidofrigorigeno,pressol’impianto frigorifero ubicato presso lo stabilimento di via......…….n. cap
….. Comune o località ..…… sigla della Provincia con sede legale in via ……. n. ….. cap. ….. Comune o
località …… sigla della Provincia (oppure gestito dalla società con sede legale in via ……. n. ….. cap. …..
Comune o località …… sigla della Provincia .“
Ilsottoscritto………..........,natoa..................il...................eresidentein....................
......................, cod. fisc. ................................., in qualità di legale rappresentante o delegato per l’utilizzazione
dell’ammoniaca
perl’ottenimentodell’autorizzazioneinoggetto.
Alloscopoilsottoscritto
inoltradomanda
dichiara
l che non sussistono nei propri confronti “cause di divieto, di decadenza o di sospensione di cui all’art. 10 della
legge31/5/1965,n.575”(antimafia);
l chenonhasubitocondannepenaliechenonèsottopostoaprocedimentipenaliincorso.
Sialleganoiseguentidocumenti:
01.Dichiarazioneexart.11delR.D.n.147/1927;
02.AttestatodipagamentodeidirittidiASL…….;
03.Visuracameraledell’azienda;
04.Copiadellepatentidiabilitazioneperl’ammoniacadeiconduttori;
05.Piantastabilimentoconubicazionedell’impianto;
06.Lay­outdell’impiantofrigorifero;
07.Schemadimarciadell’impianto;
08.Relazionetecnicaperl’impianto;
09.Schedadisicurezzadell’ammoniaca;
10.ImpiantoadiluvioperabbattimentoNH3;
11.Ventilazioneforzata;
12.ImpiantorilevazioneNH3;
13.SerbatoioovascadiabbattimentoNH 3davalvolesicurezza;
14.Regolamentointerno;
15.Pianodiemergenzaperl’ammoniaca;
16.Assunzionediresponsabilitàdeldirettoretecnico;
17.Valutazionedeirischidell’impiantoaisensidell’art.4,D.Lgs.n.626/1994;
18.Valutazionedeirischidell’impiantoaisensidelTitoloVII­bis,D.Lgs.n.626/1994;
19.Classificazionedelleareedipericolo:
19­bis.Valutazionedeirischidapotenzialiatmosfereesplosivediammoniaca;
19­ter.Valutazionedeirischidapotenzialiatmosfereesplosivedimetano;
20.Ultimocontrollodegliimpiantielettricidimessaaterra;
21.Ultimocontrollodegliimpianticontrolescaricheatmosferiche;
22.Verbaledellaverificadiprimoimpiantoperimpiantiapressione;
23.Certificatodiconformitàdeirilevatoridell’NH3;
24.Certificatodipressaturadell’impianto;
25.Certificatodell’ultimataraturadeirilevatori;
26.Documentoperlacolorazionidelletubazioni;
27.DocumentoperiDispositividiProtezioneindividualeeperiDispositividiProtezionecollettiva;
28.Documentoperl’armadiettoprimosoccorsoNH 3;
29.DocumentoperlasegnaleticadisicurezzaNH3;
30.Registroperlemanutenzionieleverificheperiodichedell’impiantofrigorifero;
31.DocumentazioneperilCPI;
32.Proceduradisicurezzapergliinterventimanutentivi edimodificadell’impiantofrigorifero;
33.Proceduradisicurezzaperl’entratadellepersoneneilocalidell’impiantofrigorifero.
69

SOSTANZE PERICOLOSE
Articolo
solo per la custodia e la conservazione.
Anche la circolare del Ministero
della Sanità 22 luglio 1985, n. 30,
nell’interpretazione dell’art. 62, ha
chiarito come «gli impianti in questione
(cioè gli impianti frigoriferi ad
ammoniaca) possano il prima possibile
dotarsi della prescritta autorizzazione
all’utilizzazione del gas tossico
ammoniaca allorquando ricorrano
i fattori», cioè quando ricorrano
le condizioni specificate nella tabella
1. La stessa cosa è stata ribadita in
una comunicazione del Ministero
della Sanità 29 aprile 1986.
L’autorizzazione all’utilizzazione
è trattata nel Capo II, Regio decreto
n. 147/1927, mentre quella della custodia
e conservazione è riportata
nel Capo III.
Utilizzazione
Gli obblighi e i documenti per
l’utilizzazione dell’ammoniaca sono
i seguenti:
Data
70
IGIENE E SICUREZZA
l inoltro al sindaco del comune o
all’ASL di competenza del territorio
dove viene utilizzato e/o conservato
e custodico il gas tossico, da parte
del legale rappresentante o da un suo
delegato all’utilizzazione del gas tossico
(formalmente delegato mediante
atto notarile o decisione del consiglio
di amministrazione dell’azienda)
della domanda per l’ottenimento dell’autorizzazione;
l il sindaco o l’ASL tiene, per il
proprio archivio, l’originale della domanda
e ne invia una copia alla
Commissione Tecnica Gas Tossici
competente per territorio (costituita
da un presidente, generalmente il responsabile
del Servizio dell’Igiene
pubblica o del Servizio di Prevenzione
e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro,
un rappresentante della questura,
un rappresentante dell’ARPA provinciale
o dell’ASL del territorio, un
componente dei Vigili del Fuoco della
Provincia alla quale appartiene
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l’unità dell’azienda interessata all’ottenimento
dell’autorizzazione), la
quale esprime un proprio parere,
che viene trasmesso al sindaco o al
responsabile dell’ASL, i quali formalizzano
l’autorizzazione, trasmessa
all’azienda, se questo parere è positivo,
oppure le prescrizioni della Commissione,
se il parere è negativo, e
così via fintantoché il parere risulterà
positivo.
È ovvio che l’azienda potrà caricare
l’ammoniaca nell’impianto e, quindi,
avviare l’impianto ad autorizzazione
ottenuta. Successivamente, l’azienda
dovrà provvedere alla pubblicazione
dell’autorizzazione sulla Gazzetta
Ufficiale. Ottenuta la pubblicazione,
l’azienda trasmetterà copia della
pubblicazione all’ente che ha rilasciato
l’autorizzazione.
Custodia e conservazione
Gli obblighi e i documenti per la
custodia e la conservazione sono
analoghi a quelli prescritti per l’utilizzazione.
Facsimileperladichiarazioneaisensidell’art.11,R.D.n.147/1927
IllustrissimoSig.Sindaco
delComunedi…………..
oppure
Spett.leASLdi…......…
RIQUADRO2
p.c. Spett.le
CommissioneTecnicaGasTossici
…...........…………………………….………
Ilsottoscritto..............................................................natoil........................................................ a ...................................,
cod. fisc.......................,residentein.........................................,inqualitàdi.....................................................................
legale rappresentante o delegato per l’utilizzazione dell’ammoniaca presso l’impianto frigorifero di via
..................................delladittaconsedelegaleinvia......................................................
dichiara
che non esercita magazzini o depositi di gas tossico ammoniaca in altre Province diverse dalla Provincia di .......
(Provinciadiappartenenzadelluogodell’impiantofrigorifero).
Infede
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IGIENE E SICUREZZA
Relazionetecnica
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SOSTANZE PERICOLOSE
Articolo
RIQUADRO3
1.Procedimentoadottatoperl’utilizzodell’ammoniaca
L’impiantofrigoriferodellaSocietà………………….stabilimentodi……………deltipoacompressionediammoniacainciclobifase,èindicatosuiseguentidisegniallegati:
n.1­schemadimarcia;
n.1­piantageneraledelsito;
n.1­lay­outdell’impiantofrigorifero.
L’impiantofrigoriferoadammoniacaèutilizzatoperilraffreddamentodi………………………….
Ilciclofrigoriferooperatralepressionidievaporazioneedicondensazionedelfluidofrigorigenoammoniaca.
La centrale è costituita da due circuiti frigoriferi in serie tra loro collegati, ciascuno provvisto di due compressori
alternativiinparallelo.
Nel secondo circuito due compressori aspirano il vapore dell’ammoniaca (alla pressione corrispondente a ­40 °C)
dal separatore liquido/gas collocato nella cella a bassa temperatura e lo comprime fino al valore previsto di
condensazionedell’ammoniaca(corrispondentea+35°C).
Per la condensazione del fluido frigorigeno è installato un condensatore evaporativo con elettroventilatori
centrifughiepompaacquadicondensazionemontatadirettamentesullamacchina.
Nel condensatore, i vapori di ammoniaca condensano alla pressione corrispondente a +35 °C cedendo calore
all’aria e all’acqua che circola sulla batteria di scambio e il liquido formatosi viene scaricato in un raccoglitore di
liquidodiampiacapacità.
Dalraccoglitorediliquidol’ammoniacacondensata(pressionecorrispondenteallatemperaturadi+35°C)alimenta,
per differenza di pressione, il separatore liquido/gas a ­15 °C. Parimenti, l’ammoniaca condensata e in alta
pressioneprovenientedalraccoglitorediliquidoalimenta,perdifferenzadipressione,ilseparatoreliquido/gas
a­ 40°C,chealimentaasuavolta,agravità,l’evaporatoreNH 3dellacella……...........
L’alimentazione dei separatori liquido/gas è regolata da un sistema controllore di livello e da una valvola di
laminazioneditipoON/OFF.
Attraversoquestosistemadialimentazionel’ammoniacaliquidasubiscelalaminazioneesiportaallapressionedi
evaporazioneesistenteall’internodelcorrispondenteseparatoreliquido/gasdiaspirazione.
Daidueserbatoiseparatoriliquido/gasfunzionantiallapressionecorrispondentea­15°Ce­40°C,l’ammoniaca
liquidavieneinviatanellacellafrigoriferadoveasportacaloredall’ariachecircolaattraversolerispettivebatterie
diraffreddamentomantenendoleaivaloriditemperaturadesiderata.
2. Macchineeapparecchifrigoriferiinstallati
Gliapparecchieimacchinaridell’impiantofrigoriferochecontengonoammoniacasonoicompressoriapistoni,i
separatorieilraccoglitore,chesonoubicatinellasalamacchinefrigorifera.
Ilcondensatoreevaporativoèposizionatoall’esternodellasalacompressori.
L’aerorefrigeranteconNH 3èubicatoall’internodellacellafrigorifera.
Tuttigliapparecchieimacchinarisonointercettaticonvalvolemanuali.
Tuttiigruppivalvoledialimentazioneediintercettazionedell’aerorefrigerantesonoubicatiall’internodellasala
compressori.
3.Caricadiammoniaca
La quantità complessiva di ammoniaca utilizzata nell’impianto (carica) è pari a circa 250 kg, corrispondente a
circa400litridiNH 3liquidaalla temperaturaminimadiesercizio.
4. Modalitàdiesecuzionedellevarieoperazioniedellecauteleconnesseconilcaricodiammoniaca
nelciclofrigorifero
L’utilizzazione del gas richiede la presenza di persone debitamente istruite sul suo corretto funzionamento e
sull’efficienzadellesuepartielettricheemeccaniche.
Prima di aggiungere quantità di fluido frigorigeno si deve preventivamente controllare il fluido contenuto nella
bomboladelgasliquefattoperevitareilriempimentoconunprodottoerrato.
Lebomboleditravasodevonoesserestaccatedall’impiantosubitodopoiltravasodelfluido.
Laquantitàmassimadifluidofrigorigenoammissibilenellabomboladitravasodeveesserecontrollatamediante
pesaturanelcorsodelsuoriempimento.
Lamassacontenutanellabomboladeveesserepunzonatasull’ogiva.
Mentre si eseguono queste operazioni è necessario che vicino alla persona che le effettua sia presente una
seconda persona che sorvegli l’andamento delle operazioni e che possa portare eventuale aiuto. Tutte e due le
personedevonoindossareiDPIperl’ammoniaca).
71

72
SOSTANZE PERICOLOSE
Articolo
IGIENE E SICUREZZA
5.Apparecchiemezzidausareperlaprotezioneindividualedellepersone
addetteallautilizzazionedelgas
InottemperanzaallenormeUNI8011deldicembre1979,devonoesseredisponibiliimaterialielencati nell’appositoallegaton………………………...
L’allegaton…………………………… riportal’elencodelmaterialediprontosoccorso.
6.Mezziusatiperlaneutralizzazionedell’azionetossicadelgas
L’impianto frigorifero ad ammoniaca della ……………………………………. adotterà i sotto elencati sistemi per
prevenireesplosioni,incendiodanniallepersone.
Nellasalamacchine(doveèpossibilelaventilazioneartificiale)sonoinstallativentilatoriinesecuzioneATEX.
Comeulterioreprotezione,sarannoinstallatirilevatoridiNH 3.
In sala compressori è previsto, inoltre, l’abbattimento della NH 3 in caso di fuga della stessa, mediante l’abbattimentoapioggiaamezzodiugellinebulizzatoriposizionatinellasalamacchinestessa.
Itrattiditubazionidell’ammoniacaall’internodelfabbricatosonodicostruzioneinteramentesaldata.
6.1.Ventilazioneforzata
Perl’estrazionedell’ariadallasalacompressorisarannoinstallati2elettroventilatoridicuiunoinfunzionamento
continuoconmotoreinesecuzionealmenoADPE.
L’estrattore d'aria sarà alimentato da una linea privilegiata in esecuzione almeno antideflagrante, prelevata a
monteditutteleutenze.
InaccordoconilD.M.10giugno1980,laportatad’ariadegliestrattorisaràcalcolataconlaformulaseguente:
Q=50(G 2 )1/3
dove:
Q=portatad’aria inm3 /h;
G=quantitàinkgdiammoniaca.
Idueventilatoriavrannounaportatad’ariaparialmenoa:
Q=50(250 2 ) 0.333 =50 x 44.81=2241m 3 /h.
Pertanto, saranno installati due estrattori d’aria, di cui uno in funzione che aspira l’aria dalla sala compressori,
aventeciascunolecaratteristichelaportataparia3800m 3 /h.
Nell’allegaton……èriportatalacertificazionedeiventilatori.
6.2.Rilevazionedell’ammoniaca
Gliimpiantidirilevazioneperl’ammoniacadevonosegnalareseesisterischioperlasalutedell’uomo(garanziache
si ottiene con la presenza di rilevatori cosiddetti di “tossicità”) e rischio per la vita dell’uomo o l’integrità delle
struttureimpiantistiche(garanziachesiottieneconlapresenzadirilevatori cosiddettidi“esplosività”).
Percomprenderemeglioquesteesigenzerilevailpunto1,AllegatoAalD.M.10giugno1980,sullecaratteristiche
di pericolosità dell’ammoniaca, secondo il quale «L’ammoniaca (NH3) è avvertita dall’uomo con effetti irritanti a
concentrazioni inferiori allo 0,01% in volume, produce effetti pericolosi in un tempo compreso tra i 30 ed i 60
minuti primi a concentrazione dello 0,2÷0,3%, produce lesioni mortali entro pochi minuti a concentrazioni dello
0,5÷1% (norme di sicurezza per gli impianti frigoriferi dell’ISO/TC 86) mentre è esplosiva alle più elevate
percentuali,dal15al28%».
Quindi,pergarantirecondizioniditranquillitàperlasalutedell’uomo,èbeneavereinstallato unrilevatore che
allertiilfrigoristaquandolaconcentrazionenonsiasuperiorea50ppm,comeprescriveilD.M.26febbraio2004,
per breve tempo di permanenza, com’è il caso del personale che gestisce l’impianto e, per avere sicurezza nei
confronti dell’esplosività, è bene cautelarsi con rilevatori che agiscano efficacemente quando la concentrazione
dell’ammoniacanell’ariaraggiungavalorichesiavvicinanoal2%,comestabilisceilD.M.15giugno1980.
L’impiantodirilevazionedeveessereinesecuzioneATEX.
Nell’allegaton.…….sonoriportateneldettagliolecautelechesiottengonoconirilevatori.
Si riportano nell’allegato n. ……….. il certificato dei sensori e in allegato n. ………….la prima taratura o l’ultima
verificaperiodica.
6.3.Valvoledisicurezza
Inosservanzaallenormepergliimpiantiinpressione,tutteleapparecchiatureinpressionedevonoesseredotate
divalvoladisicurezza.
Le caratteristiche delle valvole di sicurezza sono riportate nell’allegato n……………. (verifica di primo impianto,
verificaeffettuatadapartedell’ISPESLodapartediunorganismonotificato).
Lavalvolainstallataamontedellevalvoledisicurezzadeveesserepiombatainposizioneaperta.
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IGIENE E SICUREZZA
SOSTANZE PERICOLOSE
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6.4. Sistemadiabbattimentodell’ammoniacadalloscaricodellevalvoledisicurezza
In conformità alle indicazioni ISPESL, l’abbattimento è eseguito con acqua in cui viene fatta confluire
l’ammoniaca da abbattere. L’acqua avrà una capacità tale da poter abbattere tutta l’ammoniaca del ciclo
frigorifero (250 kg) con l’ottenimento di una soluzione ammoniacale in concentrazione che non emani
esalazionidiammoniacapericoloseperl’uomo.
Nell’allegaton.……………………..èriportatoilcalcoloperquestoabbattimento.
6.5.Relazionetecnicasull’abbattimentodellaNH3contenutanell’ariadiestrazionedellasalamacchine
(salacompressoriesalaseparatori)
Lafugadiammoniacanellasalamacchinepuòesserelaconseguenza,nellapeggioredelleipotesi,dellarottura
di una tubazione; non si considerano rotture di recipienti a pressione, in quanto questi sono soggetti a collaudi e
visiteperiodichedapartedeglientipreposti.Quandoavvienelafuga(soprattuttoincasodirottura),laconcentrazionedell’ammoniacanell’ariadellasalamacchinepuòarrivarealivellipericolosi,finoaglieffettidell’esplosività,per
cui, per rispettare il D.M. 10 giugno 1980, si sono installati rilevatori “di esplosività”; più precisamente, quando la
concentrazione raggiunge il valore dell’1%, il primo allarme di questi rilevatori segnala in luogo presidiato il
raggiungimento di tale concentrazione e attiva automaticamente l’impianto a diluvio per l’abbattimento dell’ammoniaca,lacuisoluzioneammoniacaleèraccoltainunavascacollocatasottolapavimentazionedellasalamacchine.
6.6.Smaltimentodellesoluzioniammoniacalidirisultadagliabbattimenti
Lesoluzioniammoniacalidirisultadagliabbattimenti(siaquelledallevalvoledisicurezza,siaquelledall’impianto
a diluvio), essendo classificate, dalla normativa sui rifiuti, come rifiuti pericolosi, devono essere smaltite da ditte
autorizzateinproposito.
I soggetti interessati
Le persone coinvolte nell’impiego
del gas tossico sono:
l per le persone fisiche:
- il legale rappresentante dell’azienda
che impiega il gas tossico;
- l’eventuale delegato al quale deve
essere intestata l’autorizzazione;
- il direttore tecnico per l’impiego;
- il personale che gestisce l’impianto
munito di abilitazione per
l’ammoniaca;
l per le persone giuridiche:
- l’azienda che utilizza e custodisce-conserva
l’ammoniaca;
- il trasportatore dell’ammoniaca.
La responsabilità per l’aspetto penale
riguarda tutte le persone fisiche,
che possono venire perseguite penalmente,
più precisamente:
l il legale rappresentante, se gestisce
l’impianto in maniera difforme:
- alla normativa pertinente la sicurezza
sul lavoro e la protezione dell’ambiente;
- a quanto prescritto dall’autorizzazione;
- alle disposizioni del direttore
tecnico;
l il delegato, come per il legale
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rappresentante;
l il direttore tecnico se non ha fornito
le disposizioni per la gestione
dell’impianto o se le ha fornite in
difformità alla norma o all’autorizzazione;
l il personale che gestisce l’impianto,
se ha gestito l’impianto in
difformità alla normativa pertinente
alla sicurezza sul lavoro e alla protezione
dell’ambiente, all’autorizzazione,
alle disposizioni del direttore tecnico
e, in particolare, in difformità
all’art. 5, D.Lgs. n. 626/1994;
l il trasportatore che sia sprovvisto
dell’eventuale licenza per il trasporto
(art. 25, Regio decreto 9 gennaio
1927, n. 147).
La responsabilità per l’aspetto civilistico
(per i danni provocati a terzi
o a cose) riguarda:
l l’azienda;
l il trasportatore dell’ammoniaca;
l il direttore tecnico se non è dipendente
dell’azienda.
La responsabilità penale può ricadere
anche sull’azienda come persona
giuridica se ricorrono le condizioni previste
dalla legge 3 agosto 2007, n. 123.
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Autorizzazioneall’uso
L’autorizzazione è rilasciata al legale
rappresentante dell’azienda o a
una persona fisica appositamente delegata
dall’azienda stessa. Nel riquadro
1 è presentato il facsimile di delega
da parte del consiglio di amministrazione
della società. In caso di delega
mediante atto notarile, occorre
avere l’avvertenza che la delega sia
fatta per intestazione dell’autorizzazione
per l’utilizzazione dell’ammoniaca,
specificando la sede (indirizzo)
presso la quale è presente
l’impianto frigorifero della società,
e che i compiti delegati siano la responsabilità
dell’osservanza di tutte
le normative e le disposizioni riguardanti
i settori oggetto della delega,
con particolare riferimento a:
l la sicurezza degli impianti e delle
attrezzature di lavoro (impianti a
pressione, impianti elettrici, macchinari,
impianti e attrezzature antincendio,
dispositivi di protezione collettiva
e individuali, indumenti di lavoro);
l la salute negli ambienti di lavoro,
prevenzione e protezione da agenti chimici
pericolosi, da agenti fisici (rumore,
stress per entrata nelle celle a -20 °C,
microclima);
l la protezione dell’ambiente esterno
(scarichi idrici, emissione all’atmosfera,
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SOSTANZE PERICOLOSE
Articolo
IGIENE E SICUREZZA
Schedadeidatidisicurezza
Prodottichimici
1.Elementiidentificatoridellasostanzaedellasocietà
1.1Elementiidentificatoridellasostanza
­ Denominazionechimica :Ammoniaca
Altrimezzidiidentificazione
­ Sinonimid’usopiùcomune :Ammoniacaanidra
­ CASRegistryNumber :7664­41­7
­ NumeroEINECS :231­635­3
­ NomeinEINECS :Ammoniacaanidra
­ Pesomolecolare :17,03
­ Formulabruta :H 3N
­ Formuladistruttura :NH 3
Decodifica:
ND=nondisponibile.
NA=nonapplicabile(oppureTI=tecnicamenteimpossibile).
1.2ElementiidentificatoridellaSocietà
Responsabiledell’immissionesulmercatocomunitario
Nome:
Indirizzo:
Numeroditelefono:
1.3Chiamateurgenti
Numeroditelefono(perchiamateurgenti)dellasocietà:
Organismoufficialediconsultazione:
Numeroditelefono:
2.Composizione/informazionesugliingredienti
Sivedanolevoci3e15.
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RIQUADRO4
Emissione:……………..
Revisione:…………..
3.Indicazionedeipericoli
■ Principalirischiperlasalute
L’ammoniacaètossicaperl’apparatorespiratorio.
Un‘esposizioneseveraoprolungataavaporipuòprovocareulcerazioniallacongiuntivaeallacornea,edemaalla
glottide,broncospasma,edemapolmonareearrestorespiratorio.Èaltamenteirritanteperlemucoseocularie,in
presenzadiumidità,perlapelle.
Schizzi di ammoniaca liquida sulla pelle e negli occhi possono causare severe ustioni imputabili sia all’azione
causticasiaall’effettorefrigerante.
■ Principalirischiperl’ambiente
Lasostanzapuòesserepericolosaperl’ambienteacquatico,inparticolareperipesci(sivedalavoce12).
4.Misurediprimosoccorso
■ Immediatointerventodelmedico
■ Descrizionedeisintomiedeglieffetti;indicazioniperl’immediatosoccorso
■ Inalazione
Sintomi
Irritazionealnaso,allagola,tosse,respiroaffannoso,dolorealtorace,broncospasma.
Effettiritardatidaattendersi
Edemapolmonare,bronchiteopolmonitechimica.
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IGIENE E SICUREZZA
SOSTANZE PERICOLOSE
Articolo
Interventidisoccorso
Allontanarel’infortunatodallazonainquinataetenerlodistesoeariposoinambienteaerato.
Se la persona tossisce insistentemente o è priva di conoscenza, ma respira, somministrare ossigeno a bassa
pressione. Nel caso in cui l’infortunato non respiri, praticargli la respirazione artificiale e, quindi, somministrare
ossigeno a bassa pressione. Poiché i sintomi dell’edema polmonare spesso si manifestano dopo alcune ore
dall’esposizione,tenerel’infortunatosottoosservazionemedicaperalmeno48ore.
■ Contattoconlapelle
Sintomi
Arrossamento,dolore,ulcerazioni,ustioni.
Interventidisoccorso
Toglieregliindumenticontaminati.
Lavarelazonacutaneainteressataconmoltaacquacorrente.Richiederel’interventodelmedico.
■ Contattocongliocchi
Sintomi
Irritazione,arrossamento,lacrimazione,dolore.
Effettiritardatidaattendersi:
Peresposizionisevere,ulcerazioniallacongiuntiva,allacorneaeall’iride,glaucoma,cataratta.
Interventidisoccorso
Lavare subito con acqua corrente per almeno 15 minuti mantenendo le palpebre ben aperte e facendo ruotare
lentamenteibulbioculari.
Se persiste il dolore, è consigliabile continuare l’irrigazione degli occhi fino all’arrivo del medico. È necessario un
trattamentomedicospecialisticoilpiùprestopossibile.
■ Mezziperiltrattamentospecificoeimmediatodatenereadisposizionesulpostodilavoro
Fontanellelavaocchiedoccediemergenza.
5.Misureantincendio
Ivaporidiammoniacasonoinfiammabili(sivedaanchelavoce10).Raffreddare,daposizionesicura,icontenitori
espostialfuococonacquanebulizzata.
■ Mezzidiestinzioneappropriati
Schiuma,acquanebulizzata,CO 2,polverechimica.
■ Mezzidiestinzionechenondevonoessereusatiperragionidisicurezza
Halon(sivedalavoce10).
■ Rischiderivantidall’esposizioneallasostanza,aiprodottidicombustioneeaigasprodotti
IntossicazionedavaporidiammoniacaeNOx(sivedanolevoci4e10).
■ Equipaggiamentodiprotezionepergliaddettiall’estinzione
Indossareunequipaggiamentoprotettivoindividualecompletoemunirsidiautorespiratore(sivedalavoce8).
6.Misureincasodifuoriuscitaaccidentale
Evacuare l’area in prossimità della perdita. Eliminare la perdita, se questo non comporta pericolo, dopo aver
indossato i necessari mezzi di protezione (si veda la voce 8). Predisporre una adeguata ventilazione dei locali.
Eliminareognifontediignizione(fiammelibere,scintille,superficicaldeecc.).
■ Precauzioniindividualidiemergenza
Evitareilcontattoconlapelleecongliocchieproteggerelevierespiratorie(sivedalavoce8).Interveniredopo
averindossatogliadeguatimezziprotettiviindividuali(sivedalavoce8).Tenersisopravento.
■ Precauzioniambientali
Evitarecheilprodottopossaconfluirenellefognaturemeteoriche,nelleacquesuperficialiesotterranee.
■ Metodidipulizia
Se la perdita di ammoniaca è in forma gassosa, bloccare il flusso di gas se questo non comporta pericolo.
Abbatterelanubedigasconacquanebulizzata,daposizionesicura.
Se la perdita di ammoniaca è in forma liquida, consentire che la sostanza evapori. Mai indirizzare direttamente
gettidiacquasull’ammoniacaliquida.
7.Manipolazioneestoccaggio
7.1Manipolazione
Operareinambientidotatidicappediaspirazioneoequivalentisistemidicaptazione.Disporreeusare,aseconda
dellecircostanze,imezziprotettiviidonei(sivedalavoce8).Evitarel’inalazionedeivaporieilcontattoconlacute
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SOSTANZE PERICOLOSE
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IGIENE E SICUREZZA
e gli occhi. In prossimità dei luoghi di lavoro, prevedere la presenza di docce di emergenza e di fontanelle
lavaocchi.Manipolareeaprireicontenitoriconcautelaeconservarliermeticamentechiusi.Bonificareletubazioni
eleapparecchiatureprimadegliinterventidimanutenzione.Neilaboratorievitarecheilmercuriodeglistrumenti
vengaacontattoconl’ammoniaca(pericolodiesplosione).
7.2Stoccaggio
■ Condizionidistoccaggio
Nei serbatoi fissi osservare le condizioni di progetto. Stoccare in magazzini con strutture incombustibili, freschi,
ben aerati e lontano da fonti di ignizione. Proteggere i contenitori dagli urti. Adottare impianti elettrici di
sicurezza.Nonusarefiammelibere.Nonfumare.
■ Materialiincompatibili
Immagazzinareseparatamentedasostanzeossidanti,acidi,alogeniecc.(sivedalavoce10).
8.Controllodell‘esposizioneeprotezioneindividuale
■ Misure precauzionali e provvedimenti di natura tecnica da adottare durante l’uso al fine di
ridurrealminimol’esposizionedellavoratore
Operareinambientidotatidicappediaspirazioneoequivalentiimpiantidicaptazione.
■ Parametrispecificidicontrollo
Ambientale
D.M.26febbraio2004
■ Valorilimite
TLV­TWA:25ppm=17mg/m 3 TLV­STEL:35ppm=24mg/m 3
■ Sogliaolfattiva
­5ppm­ odorepercepitosolodaalcunepersone;
­25ppm­odorepercepitodallamaggiorpartedellepersone;
­50­100ppm­irritazionepercepitadallamaggiorpartedellepersone.
■ Equipaggiamentoingradodifornireunaadeguataprotezioneindividuale
■ Protezionerespiratoria
Mascheraantigasafaccialecompletoconfiltrospecifico.
Autorespiratorepericasidiemergenza.
■ Protezionedellemani
Guantiingomma.
■ Protezionedegliocchi
Visiera.
Occhialidisicurezzaincombinazioneconlaprotezionerespiratoria.
Nonutilizzarelentiacontatto.
■ Protezionedellapelle
Stivali,tuta,cappucciodiplasticaogommaconprotezionecompletadelcapovisoedelcolloatenutadigas.
■ Misurespecifichediigiene
Riporre gli abiti civili separatamente da quelli di lavoro. Non fumare, non mangiare, non bere se non nei luoghi
consentiti.Togliereimmediatamentegliabiticontaminatidallasostanza.
9.Proprietàfisicheechimiche
­ Aspetto:
1.statofisicoa20°Cepressioneatmosferica:gas;
2.colore:incolore;
­ odore:moltopungente(caratteristico);
­ pHsoluzioneacquosa(conc.0,1N):11,1;
­ puntodiebollizione: ­33,4°Ca101,3kPa(1mmHg=133,3Pa);
­ puntodifusione:­77,7°C;
­ puntodiinfiammabilità(liquidi):NA;
­ infiammabilità(solidi):NA;
­ infiammabilità(gas):
1.autoinfiammabilità(autoaccensione):651°C;
­ limiteinferioredi esplosività15%volumetrico (0°Ce101,3kPa);
­ limitesuperiorediesplosività27%volumetrico(0°Ce101,3kPa);
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­proprietàesplosive:(sivedalavoce10);
­limite(inferiore)diesplosività:NAdellepolveriinaria;
­autoinfiammabilitàdellanubedipolvere:NA;
­proprietàcomburenti:nonclassificatocomburente;
­pressionedivapore:­1013kPaa25,7°C(1mmHg=133,3Pa);
­densitàammoniacaliquida:0,6386glcm 3a0°Ce429,34kPa;
­densitàdeivapori(aria=1):0,5967a0°Ce101,3kPa
­solubilità­Idrosolubilità:
1.899g/ia0°C;
2.79g/ia100°C;
­solubilitàconaltrisolventi:metanolo,etanolo,etere,cloroformio;
­coefficientediripartizionen­ottanolo/acquaPow:ND;
­conducibilità:NA;
­velocitàdievaporazione:NA;
­viscosità:0,225­10”poisea­33,5°C.
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SOSTANZE PERICOLOSE
Articolo
10.Stabilitàereattività
■ Condizionidaevitare
Dannifisicieilriscaldamentodeicontenitori.
■ Materiedaevitare
Acontattoconmercurio,cloro,bromo,iodio,fluoro,ipoclorito,ossidodiargentoecalciopuòformarecomposti
esplosivi.
Reazioniesplosivepossonoformarsiconanidrideacetica,acidoipocloroso,esacianoferratodipotassio.Inpresenzadiumiditàcorroderame,alluminio,zincoeloroleghe.
Prodottididecomposizionepericolosisonogliossididiazoto(prodottidicombustione).
11.Informazionitossicologiche
■ Effettipericolosiderivantidall’esposizioneallasostanza
L’ammoniacaètossicaperinalazioneefortementeirritanteecorrosivapertuttelepartidelcorpo.
■ Sintomi
Contattocongliocchi:
I vapori causano irritazione, arrossamento, lacrimazione e ulcerazione alla congiuntiva e alla cornea. Schizzi di
ammoniaca liquida provocano gonfiore alle palpebre, ulcerazioni alla congiuntiva e alla cornea, glaucoma,
cataratta.
Contattoconlapelle:
IIgaspuòprovocaredermatiti,illiquidograviustioniimputabilisiaall’effettocausticosiaaquellorefrigerante.
■ Inalazione
Unamoderataesposizioneaivaporipuòcausaremalditesta,salivazione,brucioredellatrachea,sudore,nausea,
vomitoedoloresottolosterno.
Un’esposizione severa può provocare edema alla glottide, broncospasma, edema polmonare e arresto respiratorio;possonoseguirebronchiteopolmonite.
Esposizioniripetuteoprolungateabasseconcentrazionidivaporipossonoprovocarebronchiticroniche.
■ Ingestione
L’ingestione di una soluzione di ammoniaca a pH > 11,5 dà luogo immediatamente a dolori alla bocca, dietro lo
sterno,dolorigastrici,vomitoconsangue.
Lecomplicazionichepossonointerveniresuccessivamentesonoleemorragiedigestive,leperforazionidell’esofagoedellostomaco,acidosimetabolica,rischiodistenosidigestive.
■ Informazionisullediverseviediesposizione
Inalazione:
uomo LCLo: 30.000ppm/5minuti
uomo TCLo: 20ppm:irritazione
uomo LCLo: 5.000ppm/5minuti
ratto LCLo: 2.000ppm/4ore
topo LC50: 4.837ppm/1ora
gatto LCLo: 7.000ppml1ora
coniglio LCLo: 7.000ppm/1ora
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SOSTANZE PERICOLOSE
Articiolo
IGIENE E SICUREZZA
Ingestione:
ratto LD50: 350mg/kg(soluzioneacquosaal25%NH 3)
■ Effettiritardatieimmediatiinseguitoall’esposizionebreveeprolungata
Sensibilizzazione
Puòcausaredermatiti.
■ Cancerogenesi
Noncisonoevidenzechel’ammoniacasiacancerogena.
■ Mutagenesi
Noncisonoevidenzechel’ammoniacasiamutagenaneimammiferi.
■ Tossicitàperlariproduzione:ND
■ Narcosi:ND
12.Informazioniecologiche
Utilizzaresecondolebuonepratichelavorativeevitandodidisperderelasostanzanell’ambiente.
■ Tossicitàacquaticaealtridatidiecotossicità
Asecondadellespecie,laconcentrazioneletalediammoniaca(LC 50)ècompresanelrange1.10,22.8mgNH 3/lper
gliinvertebratie0.56,2.48mgNH 3/Iperipesci.
■ Effetti,comportamentoetrasformazionenell’ambiente
Nelsuolo,l’ammoniacaèrapidamenteossidatadaimicrorganismiaionenitrato.
Nelleacquesuperficiali,puòesserenitrificatadaimicrorganismioessereadsorbitasuisedimentiosuicolloidi.
Nell’atmosfera,puòesseredegradataperfotolisioneutralizzatadagliinquinantiacididell’aria.
13.Considerazionisullosmaltimento
■ Descrizioneemanipolazionedeiresidui
Le eccedenze o i residui di ammoniaca devono essere manipolati adottando le precauzioni e gli eventuali mezzi
protettiviindividualiindicatiallevoci7e8.
■ Metodidismaltimentoidonei
Soluzioni ammoniacali diluite possono essere trattate in impianti autorizzati, di depurazione biologica (con
nitrificazione/denitrificazione).
14.Informazionisultrasporto
■ NumeroONU:1005
■ Classificazioni:
ADRIRID Classe:2 Ordinale:3°at Etichetta:6.1
Pannelloarancione Numeripartesuperiore: 268
delpericolo Numeriparteinferiore: 1005
SchedaCEFICTEC(R)n.1
Allegato7alleCT Classe:2 Sigla:3°at Etichetta:6.1
(periltrasportoferroviario)
IMO Classe:2 IMDGCodepage:2016 Etichetta:Tossico
D.P.R.n.1008/1968 Classe:2 Sigla:2.7 Etichetta:B3
(MinisterodellaMarinaMercantile,periltrasportomarittimo)
IATA Classe:2 n.Identificativo:1005 Etichetta:Tossico+Corrosivo
Varie
■ Precauzioniparticolari
Movimentazioneall’internodell’azienda
Etichettare tutti i contenitori (inclusi i campioni per le analisi) secondo la regolamentazione riguardante la
classificazione,l’etichettaturael’imballaggiodellesostanzepericolose.
15.Informazionisullaregolamentazione
Classificatanell’elencoCEEdellesostanzepericolose.
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IGIENE E SICUREZZA
■ Informazionichefiguranosull’etichetta:
Nomedelresponsabiledell’immissionesulmercatocomunitario
Nomechimicodellasostanza:ammoniacaanidra
#Classificazione:tossica,pericolosaperl’ambiente
#Simboloeindicazionedelpericolo:T,N
Frasidirischio:
R10: Infiammabile
R23: Tossicaperinalazione
R34: Provocaustioni
R50: Altamentetossicopergli
organismiacquatici
#Consiglidiprudenza: (S112): Conservaresottochiavefuori
dellaportatadeibambini.
S9: Conservareilrecipientein
luogobenventilato.
S16: Conservarelontanodafiamme
escintille­Nonfumare.
S26: Incasodicontattocongliocchi
lavareimmediatamentee
abbondantementeconacquae
consultareunmedico.
S36/37139: Usareindumentiprotettivie
guantiadattieproteggersigli
occhi/lafaccia.
S45: Incasodiincidenteodi
malessereconsultare
immediatamenteilmedico(se
possibilemostrarglil’etichetta).
S61: Nondisperderenell’ambiente.
Riferirsialleistruzioni
speciali/schedeinformativein
materia.
Seilprodottoèvendutoalpubblico,sonorichiestiiconsiglidiprudenzaS1,S2eS45.
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SOSTANZE PERICOLOSE
Articiolo
#Nota ­ L’etichetta di cui sopra riporta informazioni sulla sostanza riguardanti la classificazione di legge (n. CEE 231­635­3), si
vedailD.M.28gennaio1992eilD.Lgs.3febbraio1997,n.52,ilD.M.4aprile1997,ilD.M.28aprile1997.
■ Indicazione delle specifiche disposizioni comunitarie in relazione alla protezione dell’uomo e
dell’ambiente
DirettiveCEE82/501e88/610,suirischidiincidentirilevanti.
■ Indicazionedialtredisposizioninazionaliapplicabili
L’impiego e l’immagazzinamento della ammoniaca è soggetto al R.D. 9 gennaio 1927, n. 147 (regolamento Gas
Tossici).Lasostanzaèsoggettaall’applicazionedelD.M.16novembre1983(rischidiincidentirilevanti)edelD.P.R.n.
203/1988(emissioniall’atmosfera)esuccessivemodificheeintegrazioni(decretoministeriale20maggio1991ecc.).
16.Altreinformazioni
■ Informazionirilevantiperlasicurezzaelasalute
Istruireilpersonalesuirischipresentatidallasostanza,sulleprecauzionidaosservareesullemisuredaprenderein
casodiincidente.
79

SOSTANZE PERICOLOSE
Articiolo
smaltimento rifiuti) in conformità al
decreto legislativo n. 152/2006.
Quindi, in conseguenza della sua
specifica competenza ed esperienza
in campo tecnico, antinfortunistico e
di protezione ambientale, al delegato
deve essere conferito ogni potere di
iniziativa, di spesa e di controllo che
sia utile o correlato alla sicurezza degli
impianti e delle attrezzature, all’incolumità
e alla salute delle maestranze
e di chiunque operi presso
l’impianto frigorifero, nonché alla
protezione dell’ambiente.
In virtù di questa delega, provvederà
con piena e assoluta discrezionalità
a individuare, stimolare e coordinare
l’attività aziendale in vista del
raggiungimento degli obiettivi stabiliti
dalla società nei settori oggetto
della delega stessa, operando affinché
questi obiettivi siano sempre
conformi alle esigenze di tutela della
salute pubblica e dei lavoratori dello
stabilimento, impartendo opportune
disposizioni perché tutti i dipendenti
siano edotti dei rischi ai quali sono
esposti, osservino le norme di sicurezza,
siano forniti dei mezzi di protezione
previsti e li usino, applicando,
per coloro che non osservino le
disposizioni impartite, eventuali sanzioni
aziendali.
Il delegato avrà cura di provvedere
affinché gli impianti, eventualmente
anche attraverso le modifiche,
gli adeguamenti, i controlli e la costante
manutenzione, siano sempre
rispondenti alle disposizioni per il
contenimento, entro i limiti prescritti
dalla legge, delle emissioni in atmosfera,
degli scarichi idrici nel sottosuolo
e negli insediamenti vicini.
Al delegato sono attribuiti tutti i
necessari poteri idonei a rappresentare
la società nei confronti dei terzi e,
in particolare, nei confronti dell’INAIL,
delle autorità e degli Enti
preposti all’applicazione delle normative
di cui alla delega.
Per quanto espressamente vietato
dall’art. 1, comma 4-ter, decreto legislativo
19 settembre 1994, n. 626,
80
IGIENE E SICUREZZA
non può essere attribuita al delegato
la responsabilità su tutte le valutazioni
dei rischi.
Tutti questi obblighi, non delegabili
(come prescrive il D.Lgs. n. 626/
1994, art. 1, comma 4-ter), rimangono
in capo al legale rappresentante
della società.
Nel riquadro 1 è presentato il facsimile
della domanda che riporta anche
la lista dei documenti richiesti
dalle Commissioni provinciali delle
Regioni, per esempio, Piemonte,
Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto,
Friuli-Venezia Giulia, Toscana.
A questo documento, oltre ad applicare
una marca da bollo da 14,62
euro, deve essere allegata la fotocopia
fronte-retro della carta d’identità
di chi sottoscrive la domanda, in
quanto la domanda contiene alcune
autocertificazioni.
Nel riquadro 2 è riportato il facsimile
della dichiarazione del legale
rappresentante dell’azienda o del suo
delegato, che impiega e custodisceconserva
il gas tossico, ai sensi dell’art.
11, comma 2, Regio Decreto 9
gennaio 1927, n. 147, con la quale
attesta di non esercire impianti contenenti
gas tossico uguale a quello
del sito per il quale si è inoltrata
domanda, nella stessa provincia a cui
appartiene il sito stesso.
Patentatiperimpianto
frigoriferoadammoniaca
È importante definire in modo
corretto e univoco l’organizzazione
del personale addetto all’esercizio
dell’impianto (quindi, per il personale
munito di patente per l’ammoniaca).
Premettendo che presso l’impianto
frigorifero deve essere sempre
presente almeno un patentato per
l’ammoniaca, l’organico di queste
persone deve essere:
l di tre persone se il loro orario di
lavoro è giornaliero;
l di quattro persone se il loro orario
di lavoro è in due turni;
l di cinque persone se il loro orario
di lavoro è in tre turni.
Inoltre, deve esserci la disponibi-
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
lità di chiamata per esigenze di emergenza
nelle ore notturne e festive,
quindi, a turno i frigoristi devono essere
reperibili e ci deve essere, presso
l’impianto, un combinatore telefonico
che lanci un messaggio diretto
al cellulare aziendale del frigorista
in caso di necessità, secondo una
procedura che deve essere redatta e
che deve garantire la certezza e la
tempestività dell’intervento del frigorista.
Larelazionetecnica
La relazione tecnica deve contenere,
per il caso dell’ammoniaca, almeno
nelle linee generali:
l il procedimento adottato per l’utilizzazione
dell’ammoniaca;
l le macchine e gli apparecchi frigoriferi
installati;
l il contenuto dell’ammoniaca nell’impianto;
l le cautele connesse con il carico
di ammoniaca nel ciclo frigorifero;
l i dispositivi di protezione individuale
e collettiva per le persone addette
all’utilizzazione dell’ammoniaca;
l i mezzi usati per la neutralizzazione
dell’azione tossica del gas, indicante,
perlomeno, le relazioni su:
- la ventilazione forzata;
- la rilevazione dell’ammoniaca;
- le valvole di sicurezza;
- l’abbattimento dell’ammoniaca
dalle valvole di sicurezza;
- l’abbattimento delle fughe di
ammoniaca gassosa nel sito dell’impiego;
- lo smaltimento delle soluzioni
ammoniacali di risulta degli abbattimenti.
Un esempio di relazione tecnica è
riportata nel riquadro 3.
Nel riquadro 4 è riportata la scheda
di sicurezza dell’ammoniaca in
ottemperanza dei disposti del decreto
del Ministero della Salute 7 settembre
2002, «Recepimento della direttiva
2001/58/CE riguardante le modalità
dell’informazione su sostanze e
preparati pericolosi immessi in commercio».
13 novembre 2007 ­ N. 21

Impiantoadiluvio
Nel caso di fughe di ammoniaca
gassosa una soluzione tecnica per
l’abbattimento della sostanza pericolosa
potrebbe essere l’utilizzo di un
impianto a diluvio.
Nel caso in studio, quindi dell’impianto
frigorifero che utilizza 250 kg
di ammoniaca, allo scopo di calcolare
la portata di acqua da inviare agli
ugelli, si è proceduto alla individuazione
e alla valutazione delle conseguenze
di incidenti credibili in sala
macchine (sala compressori e sala separatori).
Si ipotizza la rottura di una tubazione
dovuta a eventi accidentali.
L’ammoniaca liquida, in pressione,
in seguito a un rilascio accidentale,
subisce una rapida e consistente
vaporizzazione.
L’ammoniaca è, inoltre, molto solubile
in acqua: 90 g/100 ml a 0 °C,
7,4 g/100 ml a 100 °C.
Le operazioni condotte nella sala
macchina dell’impianto frigorifero
sono esclusivamente di tipo fisico:
l compressione;
l condensazione;
l laminazione (decompressione);
l evaporazione.
Queste operazioni sono condotte
in pressione (pressione massima operativa
della mandata dei compressori
pari a 15,85 bar assoluto), con temperatura
massima della mandata dei
compressori pari a + 35 °C.
Sulla base di questa ipotesi pessimistica
si individua lo “scenario incidentale”:
l evento primario - perdita significativa
di ammoniaca gassosa dalla
tubazione di collegamento della
mandata dei compressori;
l sostanza coinvolta - ammoniaca;
l larghezza apertura equivalente
- Ø 1,5-3 mm;
l portata efflusso - 1,2 kg/s.
La percentuale di ammoniaca che
vaporizza per flash è pari a circa il
23%.
In realtà, una frazione almeno
equivalente a quella di flash viene
13 novembre 2007 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
trascinata in aria sotto forma di goccioline
(aerosol) ed evapora in aria; il
liquido sottoraffreddatori evapora rapidamente
a contatto con la superficie
delle apparecchiature o della pavimentazione.
In pratica, si può conservativamente
assumere che tutta la portata
di rilascio sia dispersa sotto forma
gassosa.
Dalle proprietà fisico-chimiche
della NH 3 è evidenziato che a + 35 °C
sono solubili 35,5 grammi di NH3
con 100 grammi di H2O per formare
idrossido di ammonio (1 gr NH3 con
2,82 gr H 2O), quindi, 1 kg di NH 3 è
solubile con 2,82 litri di H2O.
Per cui, nell’ipotesi in cui tutta la
NH3 fuoriuscita venga prelevata dall’estrattore
occorrerà investire la corrente
d’aria con una portata d’acqua
totale pari a 1,2 kg/s x 2,82 l/kg =
3,3852 l/s =12.186 l/h.
In sala macchine sono stati montati
5 ugelli con portata di 25.000 l/h
cadauno, che risultano adeguati ad
abbattere la portata dell’ammoniaca
ipotizzata, 5 x 2.500 = 12,5 m 3 /ora.
Nel momento in cui avviene la
rottura, i rilevatori presenti nella sala
compressori attivano il sistema di abbattimento
e lanciano un allarme in
luogo presidiato (guardiana dell’impianto).
La persona che riceve l’allarme
provvederà immediatamente ad avvertire
telefonicamente un tecnico
frigorista dello stabilimento che dovrà
essere, quindi, sempre reperibile.
È lecito supporre che in un tempo
massimo di 0,5 h il tecnico frigorista
e/o i mezzi di soccorso possano intervenire
sull’impianto.
Il personale dotato degli opportuni
mezzi di protezione personale intercetterà
la porzione del circuito nel
quale si è verificata la rottura e bloccherà,
pertanto, la fuoriuscita dell’ammoniaca
alle portate di scarico
ipotizzate, se considerate costanti durante
tutto il periodo del versamento,
il tempo di scarica sarà, comunque,
di T = 300/1,2 = 250 s.
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SOSTANZE PERICOLOSE
Articiolo
L’acqua spruzzata nell’abbattitore
in uscita dovrà essere convogliata,
raccolta e smaltita in accordo con le
autorità localmente competenti.
Stabilito che la durata d’intervento
dell’abbattitore è pari a 0,5 h si ha
che il quantitativo di acqua scaricato
e la capacità minima della vasca di
raccolta è pari a 12.200 l/h x 0,5 h =
6.100 l = 6,1 m 3 . Sotto la pavimentazione
è stata montata una vasca di
raccolta da 6,5 m 3 . Deve essere allegata
la certificazione della portata degli
ugelli.
Ventilazioneforzata
In ottemperanza dei disposti del
decreto ministeriale 10 giugno 1980,
«Riconoscimento di efficacia di sistemi
di sicurezza applicati agli impianti
frigoriferi industriali ad ammoniaca»,
è necessario effettuare dei precisi
calcoli di dimensionamento della
ventilazione forzata e deve essere indicato
anche il numero dei ventilatori
installati.
Sempre nel caso di impianto frigorifero
che utilizza 250 kg di ammoniaca,
per l’estrazione dell’aria
dalla sala compressori saranno installati
2 elettroventilatori di cui uno in
funzionamento continuo con motore
in esecuzione ATEX.
L’estrattore d'aria dovrà essere alimentato
da una linea privilegiata in
esecuzione antideflagrante, prelevata
a monte di tutte le utenze.
In accordo con il D.M. 10 giugno
1980, la portata d'aria degli estrattori
dovrà essere calcolata con la formula
seguente:
Q = 50 (G 2 ) 1/3
dove:
Q = portata d’aria in m 3 /h.
G = quantità in kg di ammoniaca.
I due ventilatori avranno una portata
d’aria pari ad almeno:
Q = 50 (300 2 ) 0.333 =
50 x 44.81 = 2.241 m 3 /h.
81

SOSTANZE PERICOLOSE
Articiolo
Saranno installati, pertanto, due
estrattori d’aria, di cui uno in funzione,
che aspira l’aria dalla sala compressori,
aventi, ciascuno, la portata
pari a 3800 m 3 /h.
L’impiantodirilevazione
È necessario fornire anche le opportune
indicazioni generali di buona
norma tecnica di progettazione dell’impianto
di rilevazione dell’ammoniaca
gassosa nonché le soglie degli
allarmi con i relativi interventi automatici
per l’abbattimento.
Nella centrale frigorifera sono installati
2 rilevatori di NH 3 a doppia
soglia di intervento e uno a una sola
soglia di intervento.
Quello a una sola soglia (50 ppm)
costituisce il preallarme, il cosiddetto
allarme di tossicità.
All’attivarsi di questa soglia si ha
82
IGIENE E SICUREZZA
un allarme acustico a frequenza costante
e visivo continuo in luogo presidiato,
per cui i patentati, dopo aver
preventivamente indossato i mezzi
protettivi (guanti in gomma, tuta in
gomma, stivali in gomma) e l’autorespiratore
completo di maschera a tutto
facciale, devono recarsi in sala
macchine per verificare la fuga di
ammoniaca e, possibilmente, per eliminarla.
È conveniente indossare già
l’autorespiratore in modo che, se la
fuga dell’ammoniaca degenerasse,
gli operatori sarebbero già protetti.
Gli altri due rilevatori presentano
una prima soglia pari all’1% di ammoniaca
in aria, che attiva automaticamente
un dispositivo di allarme visivo
intermittente e sonoro, a frequenza
variabile, ubicato in un luogo
presidiato e mette in funzione il se-
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
condo ventilatore di estrazione, e, alla
seconda soglia, pari al 2% di ammoniaca
in aria, gli stessi rilevatori
fanno scattare un allarme sonoro udibile
nell’intero stabilimento e mettono
fuori tensione tutte le apparecchiature
elettriche, a eccezione dell’impianto
di ventilazione forzata;
inoltre, mettono in funzione la valvola
elettromagnetica di immissione
dell’acqua agli ugelli di irrorazione
acqua nella sala macchine.
I rilevatori non permetteranno il
ripristino manuale delle condizioni
normali nell’impianto se la concentrazione
non sarà scesa sotto il valore
di 50 ppm.
Devono essere presentati, in allegato
alla documentazione, la certificazione
dei sensori e la prima taratura
o l’ultima verifica periodica. l
13 novembre 2007 ­ N. 21

IGIENE E SICUREZZA
SOSTANZE PERICOLOSE
Commento
Dal 1° gennaio 2007 il CFP è obbligatorio per tutti i conducenti di veicoli sotto le 3,5 t
Trasporto stradale di merci pericolose:
rassegna delle principali novità per l’ADR
diGianPaoloMaderi, partnerCOMITESs.r.l.
IldecretodelMinistro
deiTrasporti3gennaio2007
haformalizzatol’entrata
invigoredell’ADR2007,
conunperiodotransitorio
previstofinoal30giugno2007.
Lenuovedisposizionisonogià
obbligatorie,quindi,apartire
dal1°luglio2007.
LanormativainternazionaleADR
prevedetremodalitàditrasporto
sustradaperlemercipericolose
qualiiltrasportoincolli,
iltrasportoincisterna
eiltrasportoallarinfusa.
Laspedizionedimercipericolose
èunadelleproblematiche
chenumeroseorganizzazioni
devonoaffrontare
quotidianamente;moltemerci
diusocomunecome,
peresempio,verniciabase
disolvente,adesivi,bombolette
spraysono,infatti,daconsiderarsi
pericoloseaifinidell’ADR.
13 novembre 2007 ­ N. 21
In un panorama normativo in continua
evoluzione è necessario un
costante aggiornamento per una
gestione corretta delle spedizioni di
merci pericolose e per il loro trasporto
in condizioni di sicurezza.
Trasportodimercipericolose
nellegalleriestradali
La novità più importante del D.M.
3 gennaio 2007, ADR 2007, è la regolamentazione
del trasporto di merci
pericolose nelle gallerie stradali
(sezione 1.9.5, ADR 2007), che ha
introdotto limitazioni al transito delle
merci pericolose. La nuova norma ha
previsto la classificazione delle gallerie
stradali in 5 categorie indicate con
appositi segnali e codici alfanumerici,
dalla categoria “A” (per la quale
non vi è alcuna restrizione al passaggio
delle merci pericolose) alla “E”
(per la quale è vietato il passaggio di
quasi tutte le merci pericolose). I criteri
non riguardano solamente la pericolosità
delle sostanze che transitano
nelle gallerie ma è previsto che
una stessa galleria potrà appartenere
a diverse categorie, secondo quanto
deciderà l’Autorità competente alla
classificazione.
Sono previsti anche appositi segnali
stradali da collocarsi sul percorso
che prevede una galleria con limitazioni
al transito delle merci pericolose.
La norma entrerà in vigore il 1°
gennaio 2010 (cap. 1.6.1.12), ma
sta già suscitando perplessità all’interno
di molti paesi, tra cui
l’Italia, che per situazione geografica
ha numerosi tunnel posti lungo
l’intera rete stradale e autostradale.
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Paesi come l’Italia, la Svizzera e la
Francia, che dispongono di tunnel importanti
e strategici per il trasporto delle
merci, hanno posto gravi dubbi sulla
possibilità di applicare il nuovo regolamento
e hanno chiesto una proroga per
l’applicazione della norma.
I dubbi principali sono legati alle
informazioni in possesso dell’autista
che non conosce le restrizioni previste
per le sostanze trasportate. Anche
nel nuovo ADR 2007, infatti, non si
prevedono obblighi legati a riferimenti
scritti alle restrizioni, neppure
all’interno del documento di trasporto.
Un altro aspetto importante da
considerare è legato alla formazione
degli autisti rispetto alla nuove regole;
l’accordo ADR prevede una nuova
edizione della normativa a livello
biennale ma non tratta, nello specifico,
i programmi di formazione per il
personale viaggiante. I programmi di
formazione, relativamente al conseguimento
del “patentino ADR” non
viaggiano di pari passo; per esempio,
l’esame per il conseguimento del certificato
di formazione professionale
per gli autisti contiene i quiz dell’ADR
2005. Inoltre, il certificato di
formazione professionale ha una durata
di 5 anni e non prevede formazione
obbligatoria per l’autista durante
questo lasso di tempo. Alcune perplessità
evidenti sono legate agli aggiornamenti
dei programmi di corsi
di formazione per gli autisti e le modalità
con le quali verranno formate le
persone addette al trasporto di merci
pericolose (capitolo 1.3, ADR).
In Italia, il D.Lgs. 5 ottobre 2006,
n. 264, «Attuazione della Direttiva
83

84
SOSTANZE PERICOLOSE
Commento
IGIENE E SICUREZZA
InformazioniriportatenelDDT
2004/54/CE in materia di sicurezza
per le gallerie della rete stradale
transeuropea», mostra che l’Italia ha
il maggior numero di gallerie in Europa
che rientrano nel campo di applicazione
della normativa (lunghezza
del tunnel superiore ai 500 metri).
Il contenuto del testo del D.Lgs. n.
264/2006 mette in evidenza il legame
con il capitolo 1.9.5, ADR 2007; la
competenza nell’applicazione delle
misure di sicurezza e i controlli spettano
al Ministero delle Infrastrutture.
Un ultimo dato (dati Confetra)
evidenzia un traffico di merci attraverso
le Alpi con un predomino ancora
marcato nel trasporto stradale
rispetto all’intermodale (trasporto effettuato
con l’ausilio di una combinazione
di mezzi diversi come autocarro
e treno).
Questa soluzione permette di
migliorare gli aspetti legati alla sicurezza
e di ridurre i rischi e i problemi
legati al passaggio delle merci
pericolose all’interno dei tunnel.
Tra i vantaggi si riscontra l’assenza
di divieti di circolazione nelle ore
notturne, nei fine settimana e nei
giorni festivi e spedizioni di merci
in tempi certi, evitando zone a traffico
stradale congestionato.
ADR2005 ADR2007
a),b),c)ed)
“UN1203Benzina,3,II a),b),c)ed)
b),c),a)ed)
Benzina,3,UN1203,II
Documento
ditrasporto(DDT)
Tra le novità dell’ADR 2007 si
segnalano anche modifiche relative
alla compilazione del documento di
trasporto (DDT). La lettera h), paragrafo
5.4.1.1.1, relativa alla compilazione
del DDT, fornisce la possibilità
di indicare nel documento la dizione
«Consegna-Vendita» in sostituzione
del nome e dell’indirizzo dei destinatari,
nel caso di destinatari multipli
che non possono essere identificati
all’inizio del trasporto. È doveroso
precisare che questa possibilità, secondo
il nuovo testo ADR 2007, è
legata all’accordo delle autorità competenti
dei Paesi interessati dal trasporto.
Sono state riviste anche le disposizioni
relative ai mezzi di
contenimento dei vuoti non ripuliti
che possono contenere residui
di merci pericolose (eccetto la
classe 7-radioattivi); infatti, si
prevede che i documenti di trasporto
utilizzati per il trasporto
dei mezzi di contenimento pieni
possono essere ugualmente utilizzati
per il ritorno a vuoto (paragrafo
5.4.1.1.6.2.3). L’indicazione
della quantità sul DDT deve esse-
Valorisogliaperlesostanzetossiche
Gruppo
d’imballaggio
DL50peringestione
(mg/kg)
DL50perassorbimento
cutaneo(mg/kg)
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“UN1203Benzina,3,II
TABELLA 1
re eliminata e sostituita dalla frase
«Ritorno a vuoto, non ripulito».
Per esempio, nel caso di trasporto
di carburanti in cisterna, da una raffineria
a diversi distributori di carburante,
il documento di trasporto iniziale
può essere utilizzato per il ritorno
della cisterna vuota non ripulita
con l’indicazione “Ritorno a vuoto,
non ripulito”, eliminando la frase relativa
alla quantità iniziale.
Altra importante novità è costituita
dalla definizione di un’unica sequenza
delle informazioni riportata
nel DDT in base al seguente ordine:
l UN;
l numero ONU;
l designazione ufficiale di trasporto;
l numero (i) dei modelli di etichetta;
l gruppo di imballaggio (si veda la
tabella 1).
Criteridiclassificazione
L’ADR 2007 ha modificato alcuni
criteri di classificazione delle merci;
in particolare, la classe 1 (esplosivi)
prevede una nuova classificazione
dei fuochi pirotecnici (par. 2.2.1.1.7);
la classe 3 prevede un abbassamento
del punto di infiammabilità dei liqui-
TABELLA2
CL50perinalazione
(mg/l)
I

IGIENE E SICUREZZA
SOSTANZE PERICOLOSE
Commento
TABELLA3
Tipologiedicertificatodiabilitazioneprofessionaleperconducenti(CFP)
Veicolinoncisternati tipoBbase
Veicolicisternati tipoAeB+specializzazionecisterna
Veicolitrasportantiesplosivi tipoB+specializzazioneesplosivi
Veicolitrasportantimaterialeradioattivo tipoB+specializzazioneradioattivi
di da 61° (ADR 2005) a 60°.
La classe 6.1 (tossici) contiene
nuovi valori soglia di tossicità acuta
per le sostanze tossiche, come evidenziato
nella tabella 2.
La classe 6.2 (infettivi) introduce
una nuova definizione di “colture”,
con l’esclusione dall’ADR di campioni
di prelievi effettuati sull’uomo
e/o sugli animali e dei rifiuti classificati
con i codici CER 18.01.04 e
18.02.03 (rifiuti la cui raccolta e
smaltimento non richiedono precauzioni
particolari in funzione della
prevenzione di infezioni quali l’abbigliamento,
i contenitori o gli indumenti
monouso).
L’orientamentodeicolli
Il testo ADR 2007 prevede un
nuovo paragrafo (5.2.1.9) per le etichette
con frecce di orientamento per
il carico. Le etichette sono previste
per gli imballaggi combinati contenenti
liquidi, imballaggi con sfiati e
recipienti criogenici per gas liquefatti
refrigerati. In generale, è previsto che
gli imballaggi contenenti dei liquidi
devono essere imballati con le chiusure
verso l’alto e sistemati in imballaggi
esterni secondo i marchi di
orientamento prescritti al 5.2.3.9
(frecce di orientamento).
Di conseguenza, anche gli imballaggi
contenenti “quantità limitate”
di liquidi devono essere marcati
con le frecce di orientamento,
a eccezione dei recipienti in pressione
(esclusi i criogenici), dei liquidi
in quantità inferiore a 120
ml, delle materie infettanti in
quantità inferiore a 50 ml, degli
oggetti a tenuta in ogni orientamento
(aerosol, termometri ecc.) e
13 novembre 2007 ­ N. 21
di alcuni imballi speciali per sostanze
radioattive.
Infine, una nuova etichetta di pericolo
è prevista per la classe 5.2 (perossidi
organici); la normativa prevede
un periodo transitorio per l’applicazione
del nuovo pittogramma, che diventerà
obbligatorio dal 1° gennaio 2011.
Ilfascicolodellacisterna
È stato introdotto un nuovo documento
che accompagnerà tutti i trasporti
in cisterna e contenente le informazioni
tecniche importanti relative
alla cisterna. Queste notizie riguardano
le attestazioni e i certificati
(approvazione del prototipo, paragrafo
6.8.2.3.), i controlli e le prove relative
a tutte le classi (paragrafo
6.8.2.4.) e i controlli e le prove relative
alla classe 2 (paragrafo 6.8.3.4.). Il
fascicolo deve essere conservato, dal
proprietario o dal gestore (eventualmente
esibito all’autorità competente),
per tutta la vita della cisterna e
conservato per altri 15 mesi dopo che
la cisterna è stata ritirata dal servizio.
In caso di cambio di proprietario,
il fascicolo deve essere trasferito al
nuovo; una copia del fascicolo e della
documentazione deve essere messa
a disposizione dell’esperto durante
le prove, i controlli e le verifiche ordinari
e straordinari della cisterna.
Altre modifiche si registrano nella
tabella “A” (cap. 3.2.1.):
l alcune nuove prescrizioni di diverse
sostanze;
l l’inserimento di nuove rubriche
(numeri UN) e l’annullamento di rubriche
presenti nell’ADR 2005;
l un paragrafo dedicato alla movimentazione
e allo stivaggio delle
merci pericolose (7.5.7);
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l alcune integrazioni di disposizioni
speciali, come:
- la 327 (modalità di trasporto di
aerosol come rifiuti);
- la disposizione 652 (esenzione
dall’ADR per alcuni recipienti metallici
destinati a contenere gas per
mongolfiere);
- la 653 (esenzione dall’ADR per
alcuni tipi di bombole contenenti non
più di 0,5 litri di diossido di carbonio);
l nuovi limiti quantitativi per i liquidi
tossici e corrosivi (PG. III,
LQ19) nel trasporto in regime di
quantità limitate.
Novitàsuiveicoli
Il paragrafo 9.2.1 definisce gli obblighi
relativi al limitatore di velocità
sui mezzi con massa oltre le 3,5 t,
rendendo questo dispositivo obbligatorio
per i veicoli con massa massima
superiore a 3,5 tonnellate, immatricolati
per la prima volta dopo il 31
dicembre 2007. Inoltre, dopo questa
data, tutti i veicoli di massa complessiva
superiore alle 7.5 tonnellate
dovranno essere dotati di estintori per
un totale di materiale estinguente di
12 kg.
Certificatodiformazione
professionale(CFP)
Inoltre, per i trasportatori di merci
pericolose su strada, dal 1° gennaio
2007 è obbligatorio il certificato di
formazione professionale (CFP), anche
per tutti i conducenti di veicoli
sotto le 3,5 tonnellate (si veda la tabella
3); è stata chiarita, inoltre, l’interpretazione
del capitolo 8.2 dove
una qualsiasi altra persona che accompagna
il conducente, per ragioni
85

SOSTANZE PERICOLOSE
Commento
di sicurezza o la cui presenza sia giustificata
da esigenze operative, non
deve essere in possesso di CFP.
Questa norma, essendo inserita
nel testo ADR 2005 non beneficia
dei consueti sei mesi di transizione
passati i quali, invece, entreranno in
86
IGIENE E SICUREZZA
vigore le modifiche previste dall’ADR
2007 (1° luglio 2007).
Le sanzioni previste per la guida
senza CFP nel trasporto di merci
pericolose sono descritte dai commi
8 e 8-bis, art. 168, nuovo Codice
della Strada. Questo disposto
Insintesiiprincipalipuntidell’ADR2007
(invigoredal1°luglio2007)
Capitolo1
•restrizionialpassaggiodellemercipericolosenellegalleriestradali;
•esenzionetotaledaADRneltrasportodirecipientidistoccaggistaticivuoti,nonripuliti;
•nuoveprescrizioniperl’esamedeiconsulentiperlasicurezzadeltrasporto.
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prevede una sanzione amministrativa
da 1.693,13 a 6.773,63 euro, alla
quale si aggiungono le sanzioni accessorie
della sospensione della
carta di circolazione e della sospensione
della patente di guida per un
periodo da due a sei mesi. l
Capitolo2
•classificazionedifuochipirotecnici;
•abbassamento(da61°a60°)delpuntodiinfiammabilitàdeiliquididiClasse3;
•sostanzetossicheclasse6.1.:nuovivalorisogliaditossicitàacuta;
•materieinfettantidiclasse6.2:nuovedefinizionidicoltureedesclusionidall’ADRdialcuniCodiciCER.
TABELLA4
Capitolo3
•modificheallatabellaA“Listadellemercipericolose”;
•eliminazionedialcunerubriche edintroduzionedinuovinumeriONU(Un3469e3470­Vernicicorrosive/infiammabili,UN3291­rifiutiospedalieriinazotoliquidorefrigerato;
•nuovedisposizionispecialipertrasportodiaerosolcomerifiuti;esenzioneADR perbombolecontenentinonpiù
di0,5ldianidridecarbonica;
•modificatrasportoinquantitàlimitata(da3la5l­LQ19)perunitàdicollodiliquiditossiciecorrosividelgruppo
diimballaggioII.
Capitolo4
•paragrafo 4.1.3.requisitideirecipientiapressioneperiltrasportodiliquidiesolidi;
•istruzioneP300peraerosol,cartuccedigaseperpileacombustibile;
•modificadell’istruzioneP650;
•nuovoparagrafo4.3.2.1.7“Fascicolocisterna”.
Capitolo5
•apposizionemarcatura“sovraimballaggio”nellalinguadelPaesed’origineoltrecheinInglese,Francese,Tedesco;
•etichetta“orientamentocolli”enuovaetichettaper“perossidiorganici”;
•apposizionepannelliarancio;
•documentoditrasporto:sequenzaobbligatoriadelleinformazionirelativeallaclassificazionedellemerci,semplificazioneperilritornodellecisternevuote,nonripulite.
Capitolo6
•modificaentrodueannidellenormenazionalidiprogettazionedeirecipientiinpressioneedincisterne(paragrafi6.2.2,6.2.5e6.8.2.6);
•modificacapitolo6.5.“GIR”;
•modificatempisticaperproveinizialiedintermediedariportarenellamarcaturacisterne.
Capitolo7
•nuovedisposizioniperiltrasportoallarinfusadeirifiuticlasse6.2.,UN3291;
•modalitàdicaricodicollicontenentiliquidisottoquellicontenentisolidi;
•disposizionigeneraliperlamessainsicurezzadelcarico(paragrafo7.5.1.).
Capitolo8
•codificadirestrizioneingalleriaesignificatointerminididivietodipassaggio.
Capitolo9
•obbligodellimitatoredivelocitàperiveicolidimassamassimacomplessivaoltrele3,5tonimmatricolatilaprima
voltadopoil31dicembre2007.
13 novembre 2007 ­ N. 21

13 novembre 2007 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
Decreto del Ministero dei Trasporti 3 gennaio 2007
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SOSTANZE PERICOLOSE
Legislazione
Recepimento della direttiva 2006/89/CE della Commissione del 3 novembre 2006, che adatta per la
sesta volta al progresso tecnico la direttiva 94/55/CE del Consiglio, concernente il ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri, relative al trasporto di merci pericolose su strada.
In Gazzetta Ufficiale del 20 marzo 2007, n. 66.
Visto l’art. 229 del nuovo codice della strada approvato
con decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, pubblicato
nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n.
114 del 18 maggio 1992 che delega i Ministri della Repubblica
a recepire, secondo le competenze loro attribuite,
le direttive comunitarie concernenti le materie disciplinate
dallo stesso codice;
Visto l’art. 168 del nuovo codice della strada che ai
commi 2 e 6 stabilisce la competenza del Ministro dei
Trasporti a decretare in materia di sicurezza del trasporto
su strada delle merci pericolose ispirandosi al diritto comunitario;
Visto il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito
nella legge 17 luglio 2006, n. 233, recante disposizioni
urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della
Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, ed
in particolare l’art. 1, comma 5, con il quale è stato
istituito il Ministero dei Trasporti;
Vista la legge 12 agosto 1962, n. 1839, e successive
modificazioni ed integrazioni, con la quale è stato ratificato
l’accordo europeo relativo al trasporto internazionale di
merci pericolose su strada, denominato ADR;
Visto il decreto del Ministro dei Trasporti e della navigazione
del 4 settembre 1996 ed i relativi allegati A e B,
pubblicati nel supplemento ordinario n. 211 alla Gazzetta
Ufficiale n. 282 del 2 dicembre 1996, di attuazione della
direttiva 94/55/CE del Consiglio concernente il ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri relative al
trasporto di merci pericolose su strada;
Visto il decreto del Ministro dei Trasporti e della
navigazione del 15 maggio 1997, pubblicato nel supplemento
ordinario n. 114 alla Gazzetta Ufficiale n.
128 del 4 giugno 1997, di attuazione della direttiva
96/86/CE della Commissione che adegua al progresso
tecnico la direttiva 94/55/CE relativa al trasporto di
merci pericolose su strada;
Visto il decreto del Ministro dei Trasporti e della
navigazione del 28 settembre 1999, pubblicato nel
supplemento ordinario n. 186 alla Gazzetta Ufficiale
n. 249 del 22 ottobre 1999, di attuazione della direttiva
1999/47/CE della Commissione che adegua per la
seconda volta al progresso tecnico la direttiva 94/55/
CE relativa al trasporto di merci pericolose su strada;
Visto il decreto del Ministro dei Trasporti e della navigazione
del 3 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001, con il quale è stata
attuata la direttiva 2000/61/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio, che modifica la direttiva 94/55/CE concernente
il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri relative al trasporto di merci pericolose su strada,
ed è stato abrogato il decreto del Ministro dei Trasporti e
della navigazione del 4 settembre 1996 ad eccezione degli
allegati A e B;
Visto il decreto del Ministro delle Infrastrutture e
dei trasporti del 21 dicembre 2001, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 1 del 21 gennaio 2002, di recepimento
della direttiva 2001/7/CE della Commissione
che adatta per la terza volta al progresso tecnico la
direttiva 94/55/CE relativa al trasporto di merci pericolose
su strada;
Visto il decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei
trasporti 20 giugno 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
n. 156 dell’8 luglio 2003, di recepimento della direttiva
2003/28/CE della Commissione che adatta per la
quarta volta al progresso tecnico la direttiva 94/55/CE
relativa al trasporto di merci pericolose su strada;
Visto il decreto del Ministro delle Infrastrutture e
dei trasporti 2 agosto 2005, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 219 del 20 settembre 2005, di recepimento
della direttiva 2004/111/CE della Commissione che
adatta per la quinta volta al progresso tecnico la
direttiva 94/55/CE relativa al trasporto di merci pericolose
su strada;
Vista la direttiva 2006/89/CE della Commissione del 3
novembre 2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle
Comunità europee n. L 305 del 4 novembre 2006, che
adatta per la sesta volta al progresso tecnico la direttiva
94/55/CE concernente il ravvicinamento delle legislazioni
degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose
su strada;
Adotta
il seguente decreto:
(Testo rilevante ai fini dello
Spazio Economico Europeo)
87

SOSTANZE PERICOLOSE
Legislazione
Art.1
1. Gli allegati A e B al decreto del Ministro dei Trasporti
e della navigazione del 4 settembre 1996, come da
ultimo aggiornati con il decreto del Ministro delle Infrastrutture
e dei trasporti del 2 agosto 2005, sono così
modificati:
a) l’allegato A è sostituito dal seguente:
«Allegato A - Disposizioni dell’allegato A all’accordo
europeo sui trasporti internazionali di merci pericolose su
strada (ADR), in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2007,
fermo restando che l’espressione “parte contraente” è sostituita
da “Stato membro”»;
b) l’allegato B è sostituito dal seguente:
«Allegato B - Disposizioni dell’allegato B all’accordo
europeo sui trasporti internazionali di merci pericolose su
strada (ADR), in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2007,
fermo restando che l’espressione “parte contraente” è sostituita
da “Stato membro”».
2. Le disposizioni degli allegati A e B all’accordo
88
IGIENE E SICUREZZA
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europeo sul trasporto internazionale di merci pericolose
su strada (ADR), nel testo consolidato dalla versione
2007, in vigore dal 1° gennaio 2007, di cui al comma 1,
sono consultabili sul sito Internet www.unece.org/trans/
danger/danger.htm.
3. La traduzione in lingua italiana del testo consolidato
dalla versione 2007 delle disposizioni degli allegati A e B
all’accordo europeo sul trasporto internazionale di merci
pericolose su strada, di cui al comma 1, sarà pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica a cura del Ministero
dei Trasporti, non appena ultimata la traduzione del
testo stesso.
Art.2
1. L’applicazione delle disposizioni degli allegati
A e B, di cui al comma 1 dell’art. 1, decorre dal 1°
gennaio 2007 con un periodo transitorio fino al 30
giugno 2007.
Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana. l
13 novembre 2007 ­ N. 21

IGIENE E SICUREZZA
SOSTANZE PERICOLOSE
Articolo
La trasmissione delle informazioni viene effttuata tramite la scheda dei dati (SDS)
Salute e sicurezza dei lavoratori:
come cambia la norma con il REACH?
diKatiaAldrigo, consulenteinmateriadisicurezza
Conlapubblicazione
delregolamentodelParlamento
europeoedelConsiglio
18dicembre2006,n.1907/2006
(REACH),laComunitàeuropea
havolutofornireglistrumenti
necessariperilmiglioramento
dellivellodellatuteladellasalute
umanaedell’ambiente.
Sonostateintrodotte,infatti,
moltenovitàinmateria
diregistrazione,divalutazione,
diautorizzazioneedirestrizione
dellesostanzechimiche.
L’introduzionediquestinuovi
elementihainteressatoanche
ilquadronormativoinmateria
dituteladellasalute
edellasicurezzadeilavoratori,
inparticolare,quindi,ilD.Lgs.
n.626/1994.Ènecessario,quindi,
chelefiguredelsistema
diprevenzionesiadeguino
perrivedere,utilizzaree,
sedelcaso,integrare
ledisposizioniderivanti
dallenormechesioccupano
dituteladeilavoratoriconle
prescrizionifornitedalREACH.
13 novembre 2007 ­ N. 21
Sebbene il paragrafo 4, art. 2,
«Ambito d’applicazione», regolamento
del Parlamento europeo
e del Consiglio 18 dicembre
2006, n. 1907/2006 [1] (REACH) e seguenti
modifiche e integrazioni, preveda
che «si applica fatte salve: a) la
normativa comunitaria in materia di
luogo di lavoro e ambientale, compresa
la direttiva 89/391/CEE del
Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente
l’attuazione di misure volte
a promuovere il miglioramento della
sicurezza e della salute dei lavoratori
durante il lavoro», questa prescrizione
modifica le norme inerenti ai chemical
nei luoghi di lavoro, marginalmente
le disposizioni degli anni ‘50,
come il D.P.R. n. 547/1955, il D.P.R.
n. 303/1956, la “Seveso” ecc., ma, in
particolare, il D.Lgs. n. 626/1994.
Questi disposti obbligano il datore
di lavoro, fondamentalmente, e le figure
che assieme a esso si occupano di
sicurezza e di salute (RSPP, SPP, medico
competente, RLS ecc.), come riportato
dagli artt. 3 e 4, D.Lgs. n. 626/
1994 (si vedano i riquadri 1 e 2), a
una serie di obblighi e di doveri, spesso
sottostimati e non completamente e
correttamente considerati ai fini di
quanto richiesto dalla legislazione.
Lenuoveinformazioni
dettatedalREACH
Con l’entrata in vigore del REA-
CH, avvenuta il 1° giugno 2007, una
delle incombenze a carico dei pro-
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duttori, degli importatori e, per certi
aspetti, degli utilizzatori a valle di
sostanze in quanto tali, in quanto
componenti di preparati o di articoli
(si veda il tabella 1), è il Titolo IV,
«Informazioni all’interno della catena
d’approvvigionamento», il cui
compito fondamentale è lo scambio
di informazioni in possesso, «dall’alto
verso l’alto e dal basso verso l’alto»,
secondo quanto normato.
Il documento fondamentale con
cui avverrà questa trasmissione di
dati è la scheda dei dati di sicurezza
(SDS; si veda la tabella 2) fornita,
nei tempi previsti, e aggiornata, ai
sensi dell’Allegato II, dal fornitore di
una sostanza o di un preparato, nei
casi riportati all’art. 31, «Prescrizioni
relative alle schede di dati di sicurezza»:
«a) quando una sostanza o un
preparato risponde ai criteri di classificazione
come sostanza o preparato
pericoloso a norma delle direttive
67/548/CEE o 1999/45/CE, o
b) quando una sostanza è persistente,
bioaccumulabile e tossica ovvero
molto persistente e molto bioaccumulabile
in base ai criteri di cui
all’allegato XIII, o
c) quando una sostanza è inclusa
nell’elenco stabilito a norma dell’articolo
59, paragrafo 1, per ragioni
diverse da quelle di cui alle lettere a)
e b)».
Inoltre, il fornitore deve trasmettere
al destinatario, nel caso in cui ne
faccia esplicita richiesta, una SDS
[1] «Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 concernente la registrazione, la
valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze
chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n.
1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/
CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE».
89

SOSTANZE PERICOLOSE
Articolo
anche nel caso di un preparato che
non risponde ai criteri di classificazione
come preparato pericoloso, a
norma degli artt. 5, 6 e 7, direttiva
1999/45/CE, ma che contiene:
«a) in concentrazione individuale
pari o superiore all’1% in peso per i
preparati non gassosi e pari o superiore
allo 0,2% in volume per i preparati
gassosi almeno una sostanza
che presenta pericoli per la salute
umana o per l’ambiente o
b) in concentrazione individuale
pari o superiore allo 0,1% in peso
per i preparati non gassosi almeno
90
IGIENE E SICUREZZA
una sostanza che è persistente, bioaccumulabile
e tossica oppure molto
persistente e molto bioaccumulabile
in base ai criteri di cui all’allegato
XIII o che è stata inclusa nell’elenco
stabilito a norma dell’articolo 59,
paragrafo 1, per ragioni diverse da
quelle di cui alla lettera a), o
c) una sostanza per la quale la
normativa comunitaria fissa limiti di
esposizione sul luogo di lavoro».
In più, tranne il caso in cui un
utilizzatore a valle o un distributore
ne facciano richiesta, il fornitore non
è tenuto a fornire la SDS nel caso in
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RIQUADRO1
Art.3
Misuregeneraliditutela
1.Lemisuregeneraliperlaprotezionedellasaluteeperlasicurezzadeilavoratorisono:
a)valutazionedeirischiperlasaluteelasicurezza;
b)eliminazionedeirischiinrelazionealleconoscenzeacquisiteinbasealprogressotecnicoe,oveciònonè
possibile,lororiduzionealminimo;
c)riduzionedeirischiallafonte;
d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo coerente nella
prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell’azienda nonché l’influenza dei fattori
dell’ambientedilavoro;
e)sostituzionediciòcheèpericolosoconciòchenonloè,oèmenopericoloso;
f)rispettodeiprincipiergonomicinellaconcezionedeipostidilavoro,nellasceltadelleattrezzatureenella
definizionedeimetodidilavoroeproduzione,ancheperattenuareillavoromonotonoequelloripetitivo;
g)prioritàdellemisurediprotezionecollettivarispettoallemisurediprotezioneindividuale;
h)limitazionealminimodelnumerodeilavoratorichesono,ochepossonoessere,espostialrischio;
i)utilizzolimitatodegliagentichimici,fisiciebiologici,suiluoghidilavoro;
l)controllosanitariodeilavoratoriinfunzionedeirischispecifici;
m)allontanamentodellavoratoredall’esposizionearischio,permotivisanitariinerentiallasuapersona;
n)misureigieniche;
o)misurediprotezionecollettivaedindividuale;
p) misure di emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei
lavoratoriedipericolograveedimmediato;
q)usodisegnalidiavvertimentoedisicurezza;
r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai
dispositividisicurezzainconformitàallaindicazionedeifabbricanti;
s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti,
sullequestioniriguardantilasicurezzaelasalutesulluogodilavoro;
t)istruzioniadeguateailavoratori.
2. Le misure relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso
comportareonerifinanziariperilavoratori.
cui le sostanze o i preparati pericolosi
sono offerti o venduti al pubblico,
purché siano completati di informazioni
adeguate per permettere agli
utilizzatori di adottare le misure necessarie
ai fini della protezione della
salute umana, della sicurezza e dell’ambiente.
Questo documento, sebbene già
presente da tempo [2] , è integrato
con alcuni importanti nuovi obblighi
come, per esempio, l’inserimento
del numero di registrazione
della/e sostanza/e (quando disponibile
e secondo il caso), dell’in-
[2] «Direttiva 2001/58/CE della Commissione del 27 luglio 2001 che modifica per la seconda volta la direttiva 91/155/CEE che
definisce e fissa le modalità del sistema di informazione specifica concernente i preparati pericolosi ai sensi dell’articolo 14 della
direttiva 1999/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio nonché quelle relative alle sostanze pericolose conformemente
all’articolo 27 della direttiva 67/548/CEE del Consiglio (schede dati di sicurezza)».
13 novembre 2007 ­ N. 21

13 novembre 2007 ­ N. 21
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SOSTANZE PERICOLOSE
Articolo
RIQUADRO2
Art.4
Obblighideldatoredilavoro,deldirigenteedelpreposto
1. Il datore di lavoro in relazione alla natura dell’attività dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, valuta,
nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella
sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli
riguardantiigruppidilavoratoriespostiarischiparticolari.
2.All’esitodellavalutazionedicuialcomma1,ildatoredilavoroelaboraundocumentocontenente:
a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono
specificatiicriteriadottatiperlavalutazionestessa;
b) l’individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione individuale,
conseguenteallavalutazionedicuiallaletteraa);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di
sicurezza.
3.Ildocumentoècustoditopressol’aziendaovverounitàproduttiva.
4.Ildatoredilavoro:
a)designailresponsabiledelserviziodiprevenzioneeprotezioneinternooesternoall’aziendasecondole
regoledicuiall’art.8;
b)designagliaddettialserviziodiprevenzioneeprotezioneinternooesternoall’aziendasecondoleregole
dicuiall’articolo8;
c)nomina,neicasiprevistidall’articolo16,ilmedicocompetente.
5.Ildatoredilavoroadottalemisurenecessarieperlasicurezzaelasalutedeilavoratori,edinparticolare:
a)designapreventivamenteilavoratoriincaricatidell’attuazionedellemisurediprevenzioneincendielotta
antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio di pronto
soccorsoe,comunque,digestionedell’emergenza;
b) aggiorna le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno
rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione della
tecnica,dellaprevenzioneedellaprotezione;
c)nell’affidareicompitiailavoratoritienecontodellecapacitàedellecondizionideglistessiinrapportoalla
lorosaluteeallasicurezza;
d) fornisce ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale sentito il responsabile del
serviziodiprevenzioneeprotezione;
e) prende le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni
accedanoallezonecheliespongonoadunrischiograveespecifico;
f)richiedel’osservanzadapartedeisingolilavoratoridellenormevigenti,nonchédelledisposizioniaziendali
in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di
protezioneindividualemessialorodisposizione;
g) richiede l’osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal presente decreto,
informandolosuiprocessiesuirischiconnessiall’attivitàproduttiva;
h) adotta le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dà istruzioni affinché i
lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona
pericolosa;
i)informailpiùprestopossibileilavoratoriespostialrischiodiunpericolograveedimmediatocircailrischio
stessoeledisposizionipreseodaprendereinmateriadiprotezione;
l)siastiene,salvoeccezionidebitamentemotivate,dalrichiedereailavoratoridiriprenderelaloroattivitàin
unasituazionedilavoroincuipersisteunpericolograveedimmediato;
m) permette ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza, l’applicazione delle
misuredisicurezzaediprotezionedellasaluteeconsentealrappresentanteperlasicurezzadiaccederealle
informazioniedalladocumentazioneaziendaledicuiall’articolo19,comma1,letterae);
n)prendeappropriatiprovvedimentiperevitarechelemisuretecnicheadottatepossanocausarerischiper
lasalutedellapopolazioneodeteriorarel’ambienteesterno;
o) tiene un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano
un’assenza dal lavoro di almeno un giorno. Nel registro sono annotati il nome, il cognome, la qualifica
professionale dell’infortunato, le cause e le circostanze dell’infortunio, nonché la data di abbandono e di
ripresa del lavoro. Il registro è redatto conformemente al modello approvato con decreto del Ministro del
91

SOSTANZE PERICOLOSE
Articolo
IGIENE E SICUREZZA
Lavoro e della Previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente, di cui all’articolo 393 del
decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive modifiche, ed è conservato sul
luogo di lavoro a disposizione dell’organo di vigilanza. Fino all’emanazione di tale decreto il registro è
redattoinconformitàaimodelligiàdisciplinatidalleleggivigenti;
p)consultailrappresentanteperlasicurezzaneicasiprevistidall’articolo19,comma1,lettereb),c)ed);
q)adottalemisurenecessarieaifinidellaprevenzioneincendiedell’evacuazionedeilavoratori,nonchéper
il caso di pericolo grave ed immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell’attività, alle
dimensionidell’azienda,ovverodell’unitàproduttiva,ealnumerodellepersonepresenti.
6.Ildatoredilavoroeffettualavalutazionedicuialcomma1edelaboraildocumentodicuialcomma2in
collaborazioneconilresponsabiledelserviziodiprevenzioneeprotezioneeconilmedicocompetente,nei
casiincuisiaobbligatorialasorveglianzasanitaria,previaconsultazionedelrappresentanteperlasicurezza.
7. La valutazione di cui al comma 1 ed il documento di cui al comma 2 sono rielaborati in occasione di
modifichedelprocessoproduttivosignificativeaifinidellasicurezzaedellasalutedeilavoratori.
8.Ildatoredilavorocustodisce,pressoaziendaovverounitàproduttiva,lacartellasanitariaedirischiodel
lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, con salvaguardia del segreto professionale, e ne consegna
copia al lavoratore stesso al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne
facciarichiesta.
9.Perlepiccoleemedieaziende,conunoopiùdecretidaemanarsientroil31/3/1996dapartedeiMinistri
delLavoroedellaPrevidenzasociale,dell’Industria,delCommercioedell’ArtigianatoedellaSanità,sentita
la Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro, in
relazioneallanaturadeirischiealledimensionidell’azienda,sonodefiniteprocedurestandardizzatepergli
adempimentidocumentalidicuialpresentearticolo.Talidisposizioninonsiapplicanoalleattivitàindustriali
di cui all’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica del 17 maggio 1988, n. 175, e successive
modifiche,soggetteall’obbligodidichiarazioneonotificaaisensidegliarticoli4e6deldecretostesso,alle
centralitermoelettriche,agliimpiantielaboratorinucleari,alleaziendeestrattiveealtreattivitàminerarie,
alle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, e alle strutture di
ricoveroecurasiapubblichesiaprivate.
10.Perlemedesimeaziendedicuialcomma9,primoperiodo,conunoopiùdecretideiMinistridelLavoro
edellaprevidenzasociale,dell’IndustriadelCommercioedell’ArtigianatoedellaSanità,sentitalaCommissione
consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro, possono essere
altresìdefiniti:
a) i casi relativi a ipotesi di scarsa pericolosità, nei quali è possibile lo svolgimento diretto dei compiti di
prevenzioneeprotezioneinaziendeovverounitàproduttivecheimpieganounnumerodiaddettisuperioreaquelloindicatonell’AllegatoI;
b) i casi in cui è possibile la riduzione a una sola volta all’anno della visita di cui all’articolo 17, lettera h),
degliambientidilavorodapartedelmedicocompetente,fermarestandol’obbligatorietàdivisiteulteriori,
allorchésimodificanolesituazionidirischio.
11. Fatta eccezione per le aziende indicate nella nota 1 dell’Allegato I, il datore di lavoro delle aziende
familiarinonchédelleaziendecheoccupanofinoadieciaddettinonèsoggettoagliobblighidicuiaicommi
2 e 3, ma è tenuto comunque ad autocertificare per iscritto l’avvenuta effettuazione della valutazione dei
rischieadempimentodegliobblighiadessacollegati.l’autocertificazionedeveessereinviataalrappresentante
per la sicurezza. Sono in ogni caso soggette agli obblighi di cui ai commi 2 e 3 le aziende familiari
nonché le aziende che occupano fino a dieci addetti, soggette a particolari fattori di rischio, individuate
nell’ambito di specifici settori produttivi con uno o più decreti del Ministro del Lavoro e della Previdenza
sociale,diconcertoconiMinistridellaSanità,dell’IndustriadelCommercioedell’Artigianato,delleRisorse
agricolealimentarieforestaliedell’Interno,perquantodirispettivacompetenza.
12. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del
presente decreto, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a
pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell’amministrazione
tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tal caso gli obblighi
previstidalpresentedecreto,relativamenteaipredettiinterventi,siintendonoassolti,dapartedeidirigenti
o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all’amministrazione
competenteoalsoggettochenehaobbligogiuridico.
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13 novembre 2007 ­ N. 21

13 novembre 2007 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
DefinizionedellefigureassoggettatealREACH
(Capo2,art.3,REACH)
dirizzo e-mail del tecnico competente,
dei valori DNEL (livello derivato
senza effetto) e PNEC (concentrazione
prevedibile priva di
effetti), quando fruibili ecc.
Inoltre, ogni attore della catena
d’approvvigionamento, secondo
quanto di competenza, che ha
l’obbligo di effettuare il CSA (valutazione
della sicurezza chimica -
Chemical Safety Assessment) e
conseguentemente il CSR (relazione
sulla sicurezza chimica - Chemical
Safety Report), ovvero produttori,
importatori o utilizzatori a
valle, deve verificare che le informazioni
riportate nella SDS siano
coerenti con quelle contenute in
questa valutazione e di riportare i
relativi scenari di esposizione, incluse,
se del caso, le categorie
d’uso e d’esposizione (si veda la
tabella 3) in un allegato della
scheda dei dati di sicurezza che
consideri gli usi identificati e includa
determinati requisiti (si veda
il riquadro 3).
Il successivo art. 32, «Obbligo di
comunicare informazioni a valle della
catena d’approvvigionamento per
le sostanze in quanto tali o in quanto
componenti di preparati per le quali
non è prescritta una scheda di dati di
sicurezza», dispone che il fornitore di
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SOSTANZE PERICOLOSE
Articolo
TABELLA1
Produttorediunarticolo: ogni persona fisica o giuridica che fabbrica o assembla un articolo all’interno della
Comunità;
Dichiarante: ilfabbricanteol’importatorediunasostanza,oilproduttoreol’importatorediun
articolochepresentaunaregistrazioneperunasostanza;
Fabbricante: ognipersonafisicaogiuridicastabilitanellaComunitàchefabbricaunasostanzaall’internodellaComunità;
Importatore: ognipersonafisicaogiuridicastabilitanellaComunitàresponsabiledell’importazione;
Utilizzatoreavalle: ognipersonafisicaogiuridicastabilitanellaComunitàdiversadalfabbricanteodall’importatorecheutilizzaunasostanza,inquantotaleoinquantocomponentediun
preparato,nell’eserciziodellesueattivitàindustrialioprofessionali.Idistributoriei
consumatorinonsonoconsideratiutilizzatoriavalle.Unreimportatoreacuisiapplical’esenzionedicuiall’articolo2,paragrafo7,letterac)èconsideratounutilizzatore
avalle;
Distributore: ognipersonafisicaogiuridicastabilitanellaComunità,compresoilrivenditorealdettaglio,
che si limita ad immagazzinare e a immettere sul mercato una sostanza, in
quantotaleoinquantocomponentediunpreparato,aifinidellasuavenditaaterzi;
Attoridellacatena
d’approvvigionamento:
Fornitore di una sostanza o
diunpreparato:
tuttiifabbricantie/oimportatorie/outilizzatoriavalleinunacatenad’approvvigionamento;
ogni fabbricante, importatore, utilizzatore a valle o distributore che immette sul
mercatounasostanza,inquantotaleoinquantocomponentediunpreparato,oun
preparato;
Fornitorediunarticolo: ogniproduttoreoimportatorediunarticolo,distributoreoaltroattoredellacatena
diapprovvigionamentocheimmetteunarticolosulmercato;
Destinatariodiunasostanza
odiunpreparato:
unutilizzatoreavalleoundistributoreacuivienefornitaunasostanzaounpreparato;
Destinatariodiunarticolo: unutilizzatoreindustrialeoprofessionaleoundistributorecuivienefornitounarticolo,esclusiiconsumatori.
una sostanza (intesa in quanto tale o
in quanto componente di un preparato),
non obbligato a redigere una
SDS, secondo quanto appena espresso,
deve comunicare ai destinatari di
queste sostanze, le seguenti informazioni,
adeguate e aggiornate:
«a) il numero o i numeri di registrazione
di cui all’articolo 20, paragrafo
3, se disponibili, per le sostanze
per le quali le informazioni sono
comunicate in forza delle lettere b),
c) o d) del presente paragrafo;
b) se la sostanza è soggetta ad autorizzazione,
precisazioni sulle eventuali
autorizzazioni rilasciate o rifiutate
a norma del titolo VII nella mede-
93

94
SOSTANZE PERICOLOSE
Articolo
IGIENE E SICUREZZA
I16puntidellaschedadeidatidisicurezza
1 Identificazionedellasostanza/delpreparatoedellasocietà/impresa;
2 identificazionedeipericoli;
3 composizione/informazionisugliingredienti;
4 misurediprontosoccorso;
5 misuredilottaantincendio;
6 misureincasodirilascioaccidentale;
7 manipolazioneeimmagazzinamento;
8 controllidell’esposizione/protezioneindividuale;
9 proprietàfisicheechimiche;
10 stabilitàereattività;
11 informazionitossicologiche;
12 informazioniecologiche;
13 considerazionisullosmaltimento;
14 informazionisultrasporto;
15 informazionisullaregolamentazione;
16 altreinformazioni.
sima catena d’approvvigionamento;
c) precisazioni sulle eventuali restrizioni
imposte a norma del titolo VIII;
d) ogni altra informazione disponibile
e pertinente sulla sostanza, necessaria
per consentire l’identificazione
e l’applicazione di misure appropriate
di gestione dei rischi, incluse
le condizioni specifiche derivanti
dall’applicazione dell’allegato
XI, punto 3».
Poiché il REACH si occupa anche
di sostanze contenute all’interno degli
articoli (art. 33, «Obbligo di comunicare
informazioni sulle sostanze
presenti negli articoli»), nello stesso
regolamento è previsto che «Il fornitore
di un articolo contenente una
sostanza che risponde ai criteri di
cui all’articolo 57 ed è stata identificata
a norma dell’articolo 59, paragrafo
1, in concentrazioni superiori
allo 0,1% in peso/peso fornisce al
destinatario dell’articolo informazioni,
in possesso del fornitore, sufficienti
a consentire la sicurezza d’uso
dell’articolo e comprendenti, quanto
meno, il nome della sostanza», e,
inoltre «Su richiesta di un consumatore,
il fornitore di un articolo contenente
una sostanza che risponde ai
criteri di cui all’articolo 57 ed è stata
identificata a norma dell’articolo 59,
paragrafo 1, in concentrazioni superiori
allo 0,1% in peso/peso fornisce
al consumatore informazioni, in possesso
del fornitore, sufficienti a consentire
la sicurezza d’uso dell’articolo
e comprendenti, quanto meno, il
nome della sostanza».
Lagestione
delleinformazioni
Queste informazioni (si veda
l’art. 35, «Accesso dei lavoratori
alle informazioni», REACH) devono
essere messe a disposizione, dai
datori di lavoro, ai lavoratori nonché
ai loro rappresentati che utilizzano
le sostanze, i preparati o gli
articoli, o che possono essere espo-
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TABELLA2
sti nel corso della loro attività professionale.
Si deduce chiaramente
come questo concetto ricada negli
obblighi stabiliti dal D.Lgs. n. 626/
1994 e seguenti modifiche e integrazioni,
come, per esempio, la valutazione
dei rischi, l’informazione
e la formazione, la sorveglianza sanitaria,
la misure preventive e protettive
ecc., e, pertanto, con il RE-
ACH implementi, in maniera esaustiva
e corretta, la percezione dei
pericoli/rischi derivanti dai chemical.
Pertanto, è necessario che le figure
già menzionate nell’attività di
sicurezza e di tutela della salute nei
luoghi di lavoro si adeguino per
rivedere, utilizzare e, se del caso,
integrare le disposizioni derivanti
dalle norme che si occupano di tutela
dei lavoratori, in particolare il
D.Lgs. n. 626/1994, con le prescrizioni
fornite dal REACH, per quanto
di pertinenza. l
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13 novembre 2007 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
Definizionidellecategoried’usoed’esposizione
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SOSTANZE PERICOLOSE
Articolo
TABELLA3
Uso: ogni operazione di trasformazione, formulazione, consumo, immagazzinamento, conservazione,trattamento,riempimentodicontenitori,trasferimentodauncontenitoreadunaltro,miscelazione,produzionediunarticoloodognialtrautilizzazione.
Usoproprio
deldichiarante: unusoindustrialeoprofessionaledapartedeldichiarante.
Uso
identificato:
Scenario
d’esposizione:
l’usodiunasostanza,inquantotaleoinquantocomponentediunpreparato,ol’usodiunpreparato,previstodaunattoredellacatenad’approvvigionamento,compresol’usoproprio,ochegli
ènotificatoperiscrittodaunutilizzatoreimmediatamenteavalle.
l‘insiemedellecondizioni,compreselecondizionioperativeelemisuredigestionedeirischi,che
descrivonoilmodoincuilasostanzaèfabbricataoutilizzataduranteilsuociclodivitaeilmodo
incuiilfabbricanteol'importatorecontrollaoraccomandaagliutilizzatoriavalledicontrollare
l’esposizionedellepersoneedell’ambiente.Questiscenarid'esposizionepossonocoprireunprocessoounusospecificoopiùprocessiousispecifici,sedelcaso.
Categoria d’uso
ed’esposizione: unoscenariod’esposizionechecopreunavastagammadiprocessiousi,incuiiprocessiogliusi
sonocomunicatiquantomenointerminidibrevedescrizionegeneraledell’uso.
Informazionidariportareperogniscenariod’esposizione
Scenariod’esposizionerelativoall’uso________________:
RIQUADRO3
Condizionioperative:
­iprocessicoinvolti,compresalaformafisicasottocuilasostanzaèfabbricata,trasformatae/outilizzata;
­ le attività dei lavoratori relative a tali processi e la durata e la frequenza della loro esposizione alla
sostanza;
­leattivitàdeiconsumatorieladurataelafrequenzadellaloroesposizioneallasostanza;
­ladurataelafrequenzadelleemissionidellasostanzaneivaricompartiambientalieisistemiditrattamentodelleacquereflueeladiluizionenelcompartoambientalericevente;
Misuredigestionedeirischi:
­ le misure di gestione dei rischi per ridurre o evitare l’esposizione diretta o indiretta della popolazione
(compresiilavoratorieiconsumatori)edeivaricompartiambientaliallasostanza;
­ le misure di gestione dei rifiuti per ridurre o evitare l’esposizione della popolazione e dell’ambiente alla
sostanzadurantelosmaltimentoe/oilriciclaggiodeirifiuti.
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LEGISLAZIONE
In breve
IGIENE E SICUREZZA
RASSEGNADILEGISLAZIONE
a cura diMarcoFabrizio, avvocato in Roma
ITALIA
ISTRUZIONI TECNICHE CONTRO IL RISCHIO
DA ESPOSIZIONE ALLE RADIAZIONI IONIZZANTI
DecretodelMinisterodellaDifesa
24luglio2007
«Istruzioni tecniche per disciplinare l’organizzazione
operativa in ordine alla gestione in
sicurezza radiologica delle attività e alla tutela
contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti»
(S.O. n. 207 alla G.U. del 16 ottobre 2007, n.
241)
Il decreto ha approvato le istruzioni tecniche per
disciplinare l’organizzazione operativa per la gestione
in sicurezza radiologica delle attività e per
la tutela contro i rischi derivanti dalle radiazioni
ionizzanti, istruzioni allegate al decreto stesso,
composte di 87 articoli e dodici allegati tecnici. In
particolare, risultano soggetti alla nuova disciplina
anche gli studenti impiegati in attività formativa
e i lavoratori esterni alla stessa amministrazione,
comprendendo anche i rischi per la popolazione
civile eventualmente coinvolta.
La normativa si poggia sulla contigua disciplina
valida in ambito civile (D.Lgs. n. 230/1995), recependone
espressamente le definizioni (art. 1,
comma 3, «Istruzioni tecniche»), disciplinando, in
ambito militare, qualsiasi passaggio, dalla detenzione
alla produzione e al trasporto, di sorgenti
di radiazioni, di materie radioattive e di prodotti,
nonché le apparecchiature e i dispositivi in genere
che le contengono.
SICUREZZA DELLA NAVIGAZIONE
DecretodelMinisterodell’Economia
edelleFinanze
26luglio2007
«Misure relative al Fondo per la promozione dei
trasporti marittimi sicuri» (G.U. dell’8 ottobre
2007, n. 234)
96
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Il decreto ha disposto l’utilizzo, nel settore della
nautica da diporto, del contributo già stanziato
dall’art. 145, comma 40, legge n. 388/2000, al fine
di finanziare l’incentivazione e il sostegno per
l’alta formazione professionale nonché i progetti
di studio e di ricerca per la promozione di trasporti
marittimi sicuri. L’assegnazione dei finanziamenti
potrà avvenire, in particolare, per:
• la riduzione dei fattori di rischio dei sinistri marittimi
attraverso lo studio di metodologie e di modalità
di progettazione e di costruzione di unità
da diporto caratterizzate da elementi innovativi;
• la riduzione dei fattori di rischio dei sinistri marittimi
connessi ad aspetti tecnico­impiantistici
delle navi e delle imbarcazioni da diporto;
• la riduzione dei fattori di rischio per la sicurezza
della navigazione connessi alla progettazione e
alla verifica dei mezzi di salvataggio e alle tecniche
di evacuazione delle unità da diporto;
• la riduzione dei rischi per la nave e per le persone
derivanti dalla gestione della sicurezza della
navigazione e della security a bordo delle unità
da diporto;
• la riduzione dei rischi per la nave e il personale
navigante imbarcato sulle navi e sulle imbarcazioni
da diporto, correlati all’organizzazione e alle
modalità delle prestazioni lavorative.
Il termine per inoltrare le istanze di finanziamento
(dal 90% al 25% dei costi per le attività
di ricerca) risulta, tuttavia, già scaduto lo scorso
23 ottobre 2007 (15 giorni dalla data di
entrata in vigore del decreto, avvenuta il giorno
stesso della data di pubblicazione in Gazzetta
Ufficiale).
SICUREZZA E SVILUPPO
DELLA RETE FERROVIARIA COMUNITARIA
Decretolegislativo
10agosto2007,n.162
«Attuazione delle direttive 2004/49/CE e 2004/51/
CE relative alla sicurezza e allo sviluppo delle ferrovie
comunitarie» (S.O. n. 199 alla G.U. dell’8
ottobre 2007, n. 234)
13 novembre 2007 ­ N. 21

Il decreto riporta la nuova disciplina di derivazione
comunitaria inerente alle condizioni di
sicurezza per l’accesso al mercato dei servizi
ferroviari, con l’obiettivo, inoltre, di mantenere,
«ove ragionevolmente praticabile», il costante
miglioramento della sicurezza del sistema
ferroviario italiano, soprattutto attraverso
la prevenzione degli incidenti gravi. Questi
obiettivi potranno essere perseguiti attraverso
diversi strumenti, quali:
• l’ammodernamento e l’armonizzazione della
struttura normativa nazionale con quella comunitaria;
• la progressiva adozione degli obiettivi comuni
di sicurezza e dei metodi comuni di sicurezza,
come definiti dagli allegati al decreto medesimo;
• l’individuazione di un organismo nazionale
preposto alla sicurezza e di un organismo investigativo
incaricato di effettuare indagini
sugli incidenti e sugli inconvenienti ferroviari;
• l’assegnazione dei compiti e delle competenze
ai menzionati organismi, nonché la ripartizione
di responsabilità tra i soggetti interessati
(art. 1).
Il campo di applicazione della nuova normativa
si estende all’intero “sistema ferroviario”
italiano, intendendo come tale «l’insieme dei
sottosistemi di natura strutturale e funzionale,
quali definiti nelle direttive 96/48/CE e 2001/
16/CE e successive modificazioni nonché la gestione
e l’esercizio nel suo complesso», a esclusione,
peraltro, delle metropolitane, dei tram
e di altri sistemi di trasporto leggero su rotaia,
delle reti funzionalmente isolate dal resto del
sistema ferroviario e adibite unicamente a servizi
passeggeri locali, urbani o suburbani, nonché
alle imprese ferroviarie che operano esclusivamente
su queste reti e, infine, a esclusione
dell’infrastruttura ferroviaria privata utilizzata
solo dal proprietario per le sue operazioni
di trasporto merci (art. 2, commi 1 e 4).
Risulta istituita, pertanto, l’Agenzia nazionale
per la sicurezza delle ferrovie, con sede in Firenze,
quale autorità assegnataria dei compiti
di autorità preposta alla sicurezza per il sistema
ferroviario italiano di cui al capo IV, direttiva
2004/49/CE, competente per l’intero sistema
ferroviario italiano e sottoposta ai poteri di
indirizzo e di vigilanza del Ministro dei Trasporti
(artt. 4­7).
Quanto allo «Sviluppo e gestione della sicurezza»
(capo III, artt. 8­13), il decreto demanda
13 novembre 2007 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
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LEGISLAZIONE
In breve
a ciascun gestore dell’infrastruttura e a ciascuna
impresa ferroviaria, la responsabilità della
propria parte di sistema e del relativo finanziamento
sicuro, compresa la fornitura di materiale
e l’appalto di servizi nei confronti di
utenti, di clienti, di lavoratori interessati e di
terzi. Sotto questo profilo risulta imposto,
inoltre, a carico dei gestori dell’infrastruttura
o delle imprese ferroviarie, l’obbligo di elaborare
dei propri sistemi di gestione della sicurezza
(SGS), così da garantire almeno la sostenibilità
dei CST (obiettivi comuni di sicurezza)
da parte del sistema ferroviario, così come la
conformità alle norme di sicurezza nazionali e
ai requisiti di sicurezza contenuti nelle STI
(specifiche tecniche di interoperabilità) e la
pertinente applicazione dei metodi comuni di
sicurezza (CSM). In particolare, il SGS, definito
in dettaglio nell’allegato III al nuovo decreto,
risulta finalizzato a garantire il controllo di
tutti i rischi connessi all’attività dei gestori dell’infrastruttura
o delle imprese ferroviarie,
compresa la manutenzione, i servizi, la fornitura
del materiale e il ricorso a imprese appaltatrici,
tenendo conto, inoltre, dei rischi generati
dalle attività dei terzi (art. 13). Sui medesimi
gestori dell’infrastruttura così come delle
imprese ferroviarie è previsto anche l’obbligo
di rendicontazione annuale, a favore dell’Agenzia,
con una relazione sulla sicurezza
relativa all’anno precedente, indicando almeno
i dati relativi alle modalità di conseguimento
degli obiettivi di sicurezza interni e i risultati
dei piani di sicurezza, l’elaborazione degli
indicatori nazionali di sicurezza e dei CSI ex
Allegato I, i risultati degli audit di sicurezza e
le osservazioni relativamente alle carenze/malfunzionamento
delle operazioni ferroviarie/
gestione infrastruttura, tali da rivestire un interesse
per l’Agenzia.
Con l’entrata in vigore della nuova normativa,
inoltre, lo stesso accesso all’infrastruttura sarà
condizionato al possesso, per l’impresa ferroviaria,
di un certificato di sicurezza valido per
l’intera rete ferroviaria o parte di essa (art.
14). A propria volta, il gestore dell’infrastruttura,
per poter gestire e far funzionare l’infrastruttura
ferroviaria, dovrà ottenere una speciale
autorizzazione di sicurezza, rilasciabile a
richiesta dall’Agenzia (art. 15).
Per le reti regionali isolate e non isolate interessate
da traffico di merci, la nuova disciplina
è posticipata a tre anni dalla data di entrata in
vigore del decreto. l
97

DOMANDE E RISPOSTE
IGIENE E SICUREZZA
QUESITISULL’ANTINCENDIO
diMarioAbate,DirettoreviceDirigente­ComandoprovincialeVVF­Milano
98
LAVORAZIONI NELLE OFFICINE MECCANICHE
Nella definizione di attività 72, «Officine
meccaniche per lavorazioni a freddo con oltre
25 addetti», il numero di addetti è da intendersiriferitoallepersoneeffettivamenteoperantinellelavorazionimeccanicheocomesommadi
tuttelepersonepresentinell’ambienteancheper
altreoperazioni(peresempio,perilcontrollodella
qualità, per la semplice pulitura manuale, per
l’amministrazioneecc.)?
Occorre considerare i dipendenti specificamentedestinatiallamansionedilavorazione
afreddoe,comunque,quelliespostiairischidella
stessa. Chi lavora, per esempio, ai piani superiori
negliufficipuòesseresenz’altroesclusodalcomputodegliaddetti.
ACCESSO A UN IMPIANTO TERMICO
Uno studio tecnico sta progettando l’adeguamento
di una centrale termica inserita
all’interno della volumetria di un fabbricato scolastico.
L’edificioscolastico,realizzatoneglianni’40,èin
muraturaportante.
Il progetto prevede la trasformazione dell’impianto
termico, attualmente a gasolio, a gas metano
con l’utilizzo dello stesso locale interrato
destinatoacentraletermica.
Ilproblemaèchelacentraletermicaèsottostante
a un ambiente scolastico con affollamento superiorea0,4pers./m
2 e,pertanto,secondoilpunto4.2.1,D.M.12aprile1996,questasottostanzaèammessasoloselapareteconfinanteconintercapedine
a uso esclusivo, si estenda per una lunghezzanoninferioreal20%delperimetro.
Inoltre, secondo il punto 4.2.3 dello stesso decreto,l’aperturainaerazionesideveestendereafilo
del soffitto, la superficie netta di aerazione deve
essere aumentata del 50% e, in ogni caso, deve
estendersilungoalmenoil70%dellapareteattestatasull’esterno.
Trattandosi, però, di un intervento di adeguamento
su di un edificio realizzato in muratura
portante, non è possibile estendere la superficie
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di aerazione per il 70% della parete attestata su
intercapedineantincendio,inquantosiinnescherebberoserieproblematicheditipostrutturale.Sièpensato,pertanto,diridurreilperimetrodella
centrale termica realizzando una parete REI
120 in maniera tale da rispettare la condizione
dell’estensione dell’aerazione al 70% della pareteattestatasuintercapedineantincendio.
Inquestomodo,però,verrebbemenoilrequisito
dell’acceso alla CT, infatti il punto 4.2.5 (accesso),
D.M.12aprile1996,prevedeche,nelcasodilocaliubicatiall’internodelvolumedifabbricatidestinati,
anche parzialmente, a scuole o soggetti ad
affollamentosuperiorea0,4personeperm 2 ,l’accesso
deve avvenire direttamente dall’esterno o
da intercapedine antincendio di larghezza non
inferiorea0,9m.
Nel caso in esame, infatti, si configurerebbe un
accessoallacentraletermicadadisimpegnoauso
esclusivoalqualesiaccederebbe,asuavolta,dallastessaintercapedinesucuièattestatalaparete
diaerazione.
Ècorrettaquestaprocedura?
Aisensidelpunto4.2.5,decretoministeriale
12 aprile 1996, l’accesso al locale dove è installatol’impiantotermicopuòavvenire:
l dall’esterno;
l daspazioscoperto;
l dastradapubblicaoprivatascoperta;
l daporticati;
l daintercapedineantincendiodilarghezzanon
inferiorea0,9m;
l dall’interno tramite disimpegno, realizzato in
modo da evitare la formazione di sacche di gas,
aerato a mezzo di aperture realizzate su parete
attestatasuunospazioscoperto,unastradapubblicaoprivatascoperta,ointercapedine.
Nel caso prospettato si avrebbe un accesso indiretto
alla centrale termica da intercapedine, tramite
locale disimpegno a uso esclusivo della centraletermica.
Questasoluzioneprogettuale,purnonrisultando
inclusaneicasiindividuatidalpunto4.2.5,appare
perseguirelecondizionidisicurezzanoninferiori
a quelli che deriverebbero dal puntuale rispetto
dellaregolatecnicadiprevenzioneincendi. l
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IGIENE E SICUREZZA
RASSEGNADIGIURISPRUDENZA
acuradiPierguidoSoprani, avvocato
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INFORTUNIO SUL LAVORO.
TRAVISAMENTO DELLA PROVA
Cassazionepenale,sez.IV,
(ud.23gennaio2007)
24aprile2007,n.16420,
Pres. Brusco,Rel.Novarese
Infortunisullavoro­Contrastotralesentenzediprimoedisecondogrado­ObbligodelGiudicediappellodiforniremotivazionelogica
e coerente ­ Condizioni ­ Valutazione ­
Mancatorispetto­Ètale­Annullamentocon
rinviodelladecisioneimpugnata
In caso di difformità di valutazioni nei due gradi
delgiudiziodimerito,oppuredidiversesoluzioni
accolte dai giudici di merito in tema di responsabilità,
il giudice di appello deve dar conto degli
argomentidiprovasviluppatinelladecisionemodificata,
anche con argomentazioni contrastanti
per implicito, e deve delineare le linee portanti
del proprio alternativo ragionamento probatorio,
e confutare specificamente i più rilevanti argomenti
motivazionali della prima sentenza con
ragionamento logico e coerente, a pena di travisamentodellaprova.
Nota
Il Tribunale aveva condannato il legale rappresentante
di una ditta esecutrice dei lavori di
smontaggio di un ponteggio e datrice di lavoro
della vittima e il responsabile tecnico e di cantiere
della ditta esecutrice dell’impianto dell’ascensore,
in relazione a un infortunio mortale in un
cantiere. Al primo si addebitava di non aver impedito
l’utilizzo di un ascensore non collaudato e
con pianale inadeguato per il trasporto di strutture
di ponteggio (sicché, cedendo questo pianale,
la vittima era precipitata a terra); al secondo, di
aver allestito questa piattaforma con tavole di
armatura inidonee per consistenza, spessore e
larghezza, e per aver consentito che, in caso di
disattivazione dell’impianto, nondimeno resi­
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GIURISPRUDENZA
Massime
duasse la possibilità di utilizzare il quadro elettrico,
di accedere all’ascensore e di rimuovere la
pulsantiera, nonché di non avere prescritto la
non utilizzabilità dell’impianto a causa della precarietà
del pianale.
Proposto appello, la Corte aveva condannato il
datore di lavoro, assolvendo, però, il DT della ditta
esecutrice dell’impianto dell’ascensore. La Corte
aveva evidenziato che il datore di lavoro aveva
illecitamente intermediato manodopera, giacché
aveva subappaltato il montaggio del ponteggio a
una ditta (il cui direttore e responsabile del cantiere
aveva definito la sua posizione con il patteggiamento),
attribuendole i propri lavoratori senza
preoccuparsi della loro sicurezza e del rispetto
delle norme di prevenzione degli infortuni; mentre
il DT, pur avendo curato l’erezione dell’impianto
ascensore ed effettuato il pianale provvisorio,
aveva sospeso i lavori con il ritiro delle maestranze,
in attesa del completamento dei lavori
edili, per procedere, poi, all’ultimazione e alla
rifinitura dell’impianto (in realtà, le maestranze,
prima di allontanarsi dal cantiere, avevano avuto
cura di abbassare l’ascensore al piano terreno, di
infilare in un cunicolo all’interno di una struttura
muraria, al di sotto del piano terra, la pulsantiera,
di abbassare gli interruttori della locale centralina
e di chiudere questo ambiente a chiave; pertanto,
non erano rilevanti l’omesso scollegamento dei
cavi della pulsantiera, neppure rimossa, e della
centralina, accertato dal funzionario dell’ASL, né
la consegna della chiave della predetta al responsabile
della ditta, che procedeva alla rimozione
del ponteggio senza disattivare l’impianto elettrico,
atteso che l’accesso era necessario per consentire
un pronto intervento in caso di incendi, di
infiltrazioni di acqua o di altri pericoli, tenendo in
ulteriore conto che l’accesso al vano ascensore dai
piani era impedito mediante assi orizzontali inchiodati
con chiodi di acciaio).
Il ricorso per Cassazione, proposto sia dal datore
di lavoro sia dalle parti civili, era articolato su
molteplici motivi, tra i quali:
99

GIURISPRUDENZA
Massime
• l’assenza del nesso eziologico tra le omissioni
del datore di lavoro e l’evento, imputabile all’improvviso
cedimento del pianale e alla colpevole
tolleranza dell’uso improprio dell’ascensore;
• il travisamento dei fatti nella ricostruzione del
nesso causale in relazione agli speciali doveri collegati
alla posizione di garanzia del DT, poiché
l’uso dell’ascensore come montacarichi in un cantiere
edile non è soltanto consueto e prevedibile,
ma costituisce, nella fattispecie, «una prassi operativa»,
secondo quanto accertato nel processo,
mentre il pianale era stato costruito con tavole
rinvenute in cantiere e del tutto inadeguate;
• l’erronea applicazione del giudizio controfattuale,
poiché, se il pianale fosse stato costruito
secondo quanto prescrive la normativa di prevenzione
infortuni (art. 23, D.P.R. n. 164/1956),
l’evento non si sarebbe verificato;
• la violazione dell’obbligo di sicurezza di impedire,
con adeguate misure, l’uso dell’ascensore,
giacché il cavo elettrico non era stato scollegato
né isolato (operazione normale nel caso di temporanea
interruzione dei lavori e unica soluzione
ammessa per impedire realmente il funzionamento
dell’ascensore), non era stata rimossa né
scollegata neppure la pulsantiera, né era stata
data informazione dei rischi specifici legati alla
precarietà e alla pericolosità del pianale.
Le omissioni evidenziate ai punti precedenti avevano
dimostrato la tolleranza e il consenso all’uso
dell’ascensore come montacarichi con un pianale
inadeguato, laddove poi il DT, proprio perché
aveva lasciato incustodito il montacarichi, avrebbe
dovuto accertare e controllare che questa situazione
non presentasse alcun pericolo per i lavoratori
presenti in cantiere.
Quanto alla posizione del datore di lavoro, la
Cassazione ha condiviso le argomentazioni dei
Giudici di merito. È stata correttamente affermata
la responsabilità dell’imputato per aver effettuato
«uncommerciodimanodopera» con la ditta
subappaltatrice, disinteressandosi del tutto
della sicurezza sul lavoro per i propri dipendenti,
laddove la Giurisprudenza (ex plurimis Cass., sez.
IV, 16 febbraio 2006, n. 5977) ha ritenuto che, in
caso di subappalto di alcuni lavori, anche specialistici,
che si svolgono nello stesso cantiere, non
venendo meno la diretta riconducibilità all’appaltatore
del potere­dovere in termini di organizza­
100
IGIENE E SICUREZZA
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zione generale del cantiere, sussiste la sua responsabilità
nella predisposizione delle misure
antinfortunistiche, nella loro osservanza e dovuta
sorveglianza al riguardo, tanto più che, nella fattispecie,
erano all’opera operai della propria ditta
(avviati al lavoro in regime di “caporalato”).
Quanto alle doglianze delle parti civili, la Cassazione
ha ritenuto gli argomenti motivazionali
della sentenza di appello ispirati da un ragionamento
non logico né coerente. In realtà, la sentenza
impugnata aveva sostenuto che «era reso
del tutto manifesto a chiunque lo stato di ”fuori
uso”dellastruttura de qua», ma era poi costretta
ad ammettere che la pulsantiera e il quadro elettrico
non erano stati disattivati, nonostante il funzionario
dell’ASL avesse spiegato che si sarebbe
dovuto ricorrere allo scollegamento dei cavi, e
che la pulsantiera non era stata neppure rimossa.
Inoltre, era stata riconosciuta l’attendibilità della
testimonianza del dipendente incaricato della
messa in sicurezza dell’ascensore, nonostante
questi fosse stato contrastato dalla deposizione
di un altroteste.
Neppure la Corte di appello aveva dato conto
dell’invocata nozione di comune esperienza, suffragata
dal quadro probatorio e sostenuta dalla
sentenza di primo grado, secondo cui l’uso dell’ascensore
come montacarichi costituisce una situazione
prevedibile nei cantieri edili ed era, nella
fattispecie, «consueto, ripetuto ed indotto»
quasi«unaprassioperativa».
In questo contesto fattuale e di riscontro probatorio,
i Giudici di secondo grado non avrebbero
avuto, secondo logica, la possibilità di ritenere
«deltuttomanifesto» e soprattutto«tecnicamente
concreto» lo stato di fuori uso dell’impianto
che aveva cagionato l’infortunio. Né, al riguardo,
erano decisive le ulteriori circostanze, riferite da
unteste, relative alla collocazione della pulsantiera
in un cunicolo all’interno di una struttura muraria,
al di sotto del piano terra, e all’abbassamento
degli interruttori del locale centralina,
giacché l’ASL aveva ritenuto operazioni indispensabili
la disattivazione del quadro elettrico e della
pulsantiera per escludere l’utilizzazione dell’ascensore
quale montacarichi.
Né i Giudici di appello avevano ritenuto rilevante
l’accertamento sull’idoneità del pianale, che invece
la sentenza di primo grado aveva qualificato
come inadatto, in quanto era prevedibile la possi­
13 novembre 2007 ­ N. 21

ilità di utilizzo dell’ascensore come montacarichi,
sicché doveva essere tenuta in considerazione
l’esecuzione della piattaforma, secondo la disciplina
dettata dall’art. 23, D.P.R. n. 164/1956 (tanto
più, in ragione della sussistenza dell’obbligo di
ridurre al minimo i rischi connessi all’utilizzo di
attrezzature per operazioni e in condizioni non
adatte); tant’è che il Tribunale era giunto alla conclusione
che l’evento non si sarebbe verificato se il
pianale fosse stato messo in opera in base alle
prescrizioni della normativa antinfortunistica.
L’accertata situazione di travisamento del fatto
ha comportato, così, l’annullamento della decisione
di appello, con rinvio ad altro Giudice di
pari grado.
RESPONSABILITÀ DEL COSTRUTTORE
PER INFORTUNIO PRESSO LE MACCHINE
Cassazionepenale,sez.IV,
(ud.20marzo2007)
19aprile2007,n.15873,
Pres.DeGrazia,Rel.Colombo
Lavoro­Infortunisullavoro­Sicurezzadelle
macchine ­ Responsabilità del costruttore ­
Condizioni­Limiti­Concorrenteresponsabilità
del datore di lavoro utilizzatore ­ Sussistenza­Limiti
Il costruttore risponde per gli eventi dannosi
causalmente ricollegabili alla costruzione di
una macchina che risulti priva dei necessari
dispositivi o requisiti di sicurezza (obbligo su
di lui incombente per il disposto dell’articolo 7
del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547), a meno che
l’utilizzatore abbia compiuto sulla macchina
trasformazioni di natura ed entità tale da poter
essere considerate causa sopravvenuta da
sola sufficiente a determinare l’evento (per
esempio, nel caso di una totale trasformazione
strutturale della macchina).
Nota
Il costruttore di una macchina utilizzata in un
ambiente di lavoro, sprovvista di dispositivi diretti
a rendere inaccessibile, per gli arti superiori dell’addetto,
l’ingresso nella zona di operazione degli
organi in movimento o a determinare l’arresto
immediato degli ingranaggi in situazioni di emergenza,
era stato tratto a giudizio in relazione alla
13 novembre 2007 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
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GIURISPRUDENZA
Massime
verificazione di un infortunio sul lavoro. Unitamente
a lui, a titolo autonomo, era stato imputato
anche il datore di lavoro acquirente e utilizzatore
del macchinario.
In sede processuale il costruttore aveva proposto
istanza di applicazione della pena (patteggiamento),
ma contemporaneamente aveva insistito
per una pronuncia assolutoria, con la formula
«per non avere commesso il fatto», adducendo
l’evidenza probatoria della sua estraneità al fatto
in contestazione. In particolare, l’imputato, pur
non contestando la ricostruzione dei fatti, aveva
sostenuto che, non essendo in condizione, nella
sua qualità di costruttore­venditore della macchina,
di intervenire sulla medesima dopo la vendita,
per rimuovere i difetti che ne avevano determinato,
a dire dell’accusa, la pericolosità, l’infortunio
avrebbe dovuto essere attribuito al solo datore
di lavoro.
La sentenza di primo grado del Tribunale, nell’accogliere
l’istanza di patteggiamento ­ collateralmente
rigettando la richiesta assolutoria ­ aveva
rilevato che:
• quest’ultima non poteva essere accolta, perché
il reato era stato correttamente ascritto sia al datore
di lavoro sia al costruttore;
• la macchina sulla quale si è verificato l’infortunio,
ceduta nello stato in cui era stata originariamente
costruita, non aveva subìto, successivamente
all’installazione sul luogo e fino al momento
dell’infortunio, manomissioni o modifiche
peggiorative in ordine ai dispositivi di sicurezza;
• causa determinante del sinistro era stata la
mancanza dei prescritti dispositivi di sicurezza.
La decisione del Tribunale aderiva così alla Giurisprudenza
della Suprema Corte (tra le tante, Cass.,
sezioni unite, 20 gennaio 1991, n. 1003) secondo
la quale, in relazione alle norme che impongono
di dotare le macchine da lavoro dei dispositivi di
sicurezza oggettivi, i costruttori delle macchine
devono essere considerati diretti e principali destinatari
delle norme, cosicché essi rispondono degli
eventi infortunistici dipendenti dall’utilizzazione
della macchina, per propria condotta e per colpa
omissiva (se del caso, a titolo di cooperazione colposa
con il datore di lavoroex art. 113, c.p.).
Con il ricorso per Cassazione, l’imputato si doleva
del fatto che, presentando richiesta di applicazione
della pena, aveva insistito per l’emissione di
una sentenza di proscioglimento, segnalando come
dovesse applicarsi l’indirizzo interpretativo
della Suprema Corte (erano state citate varie decisioni)
secondo il quale le responsabilità del co­
101

GIURISPRUDENZA
Massime
struttore, del venditore e dell’installatore delle
macchine vengono a cessare nel momento in cui
queste sono state poste a disposizione del datore
di lavoro. Lo stesso aveva evidenziato, conseguenzialmente,
l’assenza di qualsiasi responsabilità
a carico proprio, lamentando che il giudice,
disattendendo le prospettazioni difensive, aveva
reso un’interpretazione non convincente, avendo
attribuito, sia al venditore, sia al costruttore, una
responsabilità per eventi verificatisi anche a distanza
di anni dalla cessione del bene (quando è
pacifico che, non avendone più la disponibilità,
non avrebbe potuto comunque intervenire sul
macchinario).
La Cassazione, nel rigettare il ricorso, ha condiviso
le ragioni decisionali espresse dal Tribunale,
il quale aveva ritenuto la sussistenza del
reato, aderendo alla Giurisprudenza di legittimità
secondo la quale il costruttore risponde
per gli eventi dannosi causalmente ricollegabili
alla costruzione di una macchina che risulti
priva dei necessari dispositivi o requisiti di sicurezza
(obbligo incombente sul costruttore
102
IGIENE E SICUREZZA
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per il disposto dell’art. 6, D.Lgs. n. 626/1994), a
meno che l’utilizzatore abbia compiuto sulla
macchina trasformazioni di natura e di entità
tale da poter essere considerate causa sopravvenuta
da sola sufficiente a determinare
l’evento (per esempio, nel caso di una totale
trasformazione strutturale della macchina;
Cass. pen., sez. IV, 26 ottobre 2005, n. 1216).
Già in passato la Cassazione aveva avuto modo di
chiarire che, nell’ipotesi d’infortunio sul lavoro
provocato da una macchina o da un impianto non
conforme alle norme antinfortunistiche, l’uso di
questa macchina o impianto, da parte del datore
di lavoro, non fa venir meno il rapporto di causalità
tra l’infortunio e la condotta di chi ha costruito,
venduto o ceduto la macchina o realizzato l’impianto
(Cass. pen., sezioni unite, 23 novembre
1990, Tescaro) e che il divieto di produrre macchine
non conformi alle norme per la prevenzione
degli infortuni sul lavoro ha carattere assoluto e
non ammette né giustificazioni tecniche, né la
mancanza di rilievi da parte degli organi ispettivi
(Cass. pen., sez. IV, 15 giugno 1990, Beretta). l
13 novembre 2007 ­ N. 21

104
ENERGIA
Osservatorio CEI ­ Articolo
AMBIENTE
Fotovoltaico:vantaggi,costietecnologie
diSilviaBerri
Responsabile Comunicazione e Promozione CEI - Comitato Elettrotecnico Italiano
CEI - Comitato elettrotecnico italiano
CEI
L’aumento dei consumi non assecondato da una pari crescita della disponibilità delle fonti tradizionali, l’attuazione del
Protocollo di Kyoto e le conseguenti e ricadute operative e l’entrata in vigore sia del decreto sulla certificazione energetica
degli edifici (D.Lgs. n. 192/2005) sia della Finanziaria 2007 e succ. decreti attuativi che hanno introdotto un meccanismo di
recupero fiscale per le spese sostenute a favore di misure di risparmio e/o certificazione energetica (DD.MM. 19 febbraio 2007 e
D.Lgs. n. 20/2007) hanno prepotentemente portato alla ribalta le fonti rinnovabili come reale alternativa alle forme energetiche
tradizionali. Tra queste, il fotovoltaico è quella che presenta la maggiore diffusione e le tecnologie più mature; è necessario
però conoscerne tutti gli aspetti, dai risvolti applicativi fino ai costi e alla normativa tecnica di settore.
Il problema dell’inquinamento atmosferico,
causato principalmente dall’eccessivo utilizzo
di combustibili fossili (petrolio, carbone,
gas naturale) suscita, già da tempo, l’interessedistudiosi,politici,imprenditoriemedia.
I governatori di tutto il mondo sono
coinvolti per primi per individuare nuove
strategie volte a ridurre il surriscaldamento
globale. Il Protocollo di Kyoto è la prima
risposta concreta con cui i governi si impegnanoaoperareunariduzionemediamondialedelleemissionideigasresponsabilidei
mutamenti climatici del 5,2% rispetto ai livelli
del 1990, da attuarsi entro il 2012.
Tutte le nazioni stanno avviando politiche
energeticheperincrementarelaproduzione
di energia da fonti rinnovabili e sostenibili,
chiamate “new renewable energy sources”,tralequaliunpostodirilievolooccupal’energiafotovoltaica.
In tutto il mondo sono stati installati circa
4.000MWdiimpiantifotovoltaiciperfornire
energia elettrica sia a utenze connesse
alla rete elettrica che a comunità isolate,
con un incremento di oltre 50% rispetto al
2004 (dati IEA PVPS). La Germania è il Paese
leader per quanto riguarda l’installato
annuoepuòvantareilpiùgrandeimpianto
fotovoltaicoalmondoconunapotenzanominaleparia12MWp.
Le ragioni del grande successo di questa
tecnologia sono da ricercare nelle sue
caratteristiche:
l la fonte solare è facilmente disponibile
sututtoilpianeta;
l l’energia elettrica è prodotta nelle vicinanzedelsuoutilizzoe,quindi,siriducono
icostiditrasportodell’energia;
l gli impianti possono essere costruiti per
ognimisuradienergiarichiesta;
l possonoessereutilizzatesuperficidiappoggiogiàesistenti;
l èparticolarmenteaffidabile;
l lamanutenzionerichiestaèminima;
l nonemettealcunasostanzainquinante.
Se Germania e Giappone da soli valgono il
77% dell’installato annuo, l’Italia occupa
l’ultimaposizione,superataperfinodaSvizzera,
Austria e Finlandia, Paesi noti per la
loroscarsadisponibilitàsolare.
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L’elevato numero di installazioni di impianti
fotovoltaiciinvariPaesièsemprefortementeinfluenzatodaiprogrammigovernatividi
supporto, la cui efficacia è però molto diversainfunzionedell’approccioadottato.In
genere, questi programmi si sono rivelati
efficaci quando hanno promosso gli impianti
connessi alla rete mediante incentivi
correlati all’energia elettrica da essi prodotta,comeindicatoanchenelladirettivaeuropea
2001/77/CE [1] . Questo, invece, non è
accadutoinItalia,quantomenofinoaluglio
2005, provocando sia un notevole ristagno
del mercato sia un mancato sviluppo dell’industria
fotovoltaica e annullando, pertanto,
l’ottima posizione mantenuta dall’Italiafinoal1994,quando,grazieallarealizzazione
della centrale fotovoltaica da 3,3
MWp di Serre Persano (SA), la potenza fotovoltaica
installata era inferiore solo a
quelladegliUSAeaquelladelGiappone.
I nuovi decreti
L’entratainvigoredelD.M.28luglio2005 [2] ,
modificato dal D.M. 6 febbraio 2006 [3] e
[1] «Direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 sulla promozione dell’energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità» (in G.U.C.E. L del 27 ottobre 2001, n. 283).
[2] «Criteri per l’incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare» (in Gazzetta
Ufficiale del 5 agosto 2005, n. 181).
[3] «Criteri per l’incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare» (in Gazzetta
Ufficiale del 15 febbraio 2006, n. 38)
13 novembre 2007 ­ N. 21

AMBIENTE
ENERGIA
Osservatorio CEI ­ Articolo
IL PROBLEMA “SILICIO”
La forte richiesta di moduli fotovoltaici sul mercato mondiale ha determinato difficoltà nella fornitura dei
moduli fotovoltaici necessari e conseguentemente, per la prima volta, un incremento del loro prezzo.
Principalmentesièverificataunaproduzionenonsufficientedisilicio(Si)perrealizzarelecellefotovoltaiche
e, quindi, i moduli. Ciò è stato motivato dal fatto che, finora, il “silicio per uso solare” è stato fornito
prevalentementedall’industriaelettronicaattraversounprocessodiraffinazionedelloscartodel“silicioper
uso elettronico” e, solo in parte, da apposite aziende fornitrici, giacché all’incremento della domanda di
siliciononhafattoseguito,almenoconlastessatempistica,l’aumentodellalorocapacitàproduttiva.
A livello mondiale, di questo elemento per uso solare nel 2004 (essenzialmente concentrata in Germania,
Norvegia,Russia,UcrainaeGiappone)sonostateprodottecirca14.300t,peruntotaledicirca1.200MWdi
potenza, con consumo di Si pari a circa 12 tonnellate per 1 MW di celle solari. La produzione di silicio nel
2005èstatasuperioreal2004,attestandosiacirca16.000t,mentrelapotenzacomplessivadellecellesolari
al Silicio prodotte nello stesso periodo ha raggiunto 1.450 MW, con una riduzione del consumo di questo
elementopariacircaa11tperMW,grazieallatendenzadiriduzionedellospessoredellecellefotovoltaiche.
Valutazioni degli esperti del settore portano a prevedere al 2010 una produzione di silicio di 31.750 t
chea8,5tperMWcorrispondonoa3.735MW/annodicellesolari(elaborazione dei dati Sarasin 2005).
dallarecentepubblicazionedelD.M.19febbraio2007
[4] ,sembraaverfinalmenteavviato
una rilevante crescita del mercato fotovoltaico
italiano che, fino al 2004, è stata
modesta (30 MWp installati complessivamente)seconfrontataconquelladellaGermania,
divenuta leader in Europa con una
potenzainstallatapariacirca800MWpsolo
nel 2005, nonostante il non elevatissimo
gradodiinsolazione.Irisultatidell’incentivazione
disposta da questi decreti degli impianti
fotovoltaici collegati alla rete elettrica
sono stati perfino superiori alle aspettative;
da settembre a dicembre 2005; sono state,
infatti,accettatedomandeperl’installazioni
diimpiantifotovoltaici,perunatotaledipotenzacumulatapariacirca270MWp,mentrenelprimotrimestre2006sonostatepresentate
domande per complessivi 1.200
MWp, a fronte di un limite massimo finanziabileperl’anno2006paria85MWp.
Da maggio 2007, il governo italiano offre
incentivi a coloro che desiderano installare
un impianto fotovoltaico entro 14 mesi.
Questelecondizioni:
l ilrimborsoperlespesediproduzioneva
da un minimo di 40 centesimi di euro per
kWh prodotto dagli impianti con i pannelli
a terra fino ai 49 centesimi per quelli integratinegliedifici;
13 novembre 2007 ­ N. 21
l gliincentivisonoerogatiper20anni;
l il rimborso spese riguarda sia i singoli
impianti realizzati a livello personale, sia
quellicondominiali;
l noncisonodistinzionisultipodifabbricato,
ma gli incentivi sono maggiorati se i moduli
fotovoltaici, installati su tetti piani e terrazze,nonsuperanol’altezzadellabalaustra;
l hanno diritto al finanziamento tutti gli
impianti fotovoltaici divenuti operativi secondolemodalitàtecnichestabilitedall’Autoritàperl’energiaelettricaeilgas;
l lapotenzanominalenondeveessereinferiorea1kWegliimpiantidevonoessererealizzaticoncomponentidinuovacostruzioneo
comunquenonutilizzatiinaltrestrutture;
l gli impianti devono essere collegati alla
rete elettrica oppure a piccole reti isolate e
devono essere caratterizzati da un unico
punto di connessione alla rete elettrica e
noncondivisiconaltri;
l per poter realizzare gli impianti è sufficiente
presentare in comune una DIA (denunciad’inizioattività),firmatadauntecnico
abilitato(architetto,ingegnere,geometra);
l perrealizzareunimpiantofotovoltaicoe
accederealletariffeincentivanti:
­ è necessario presentare al gestore di rete
il progetto preliminare dell’impianto e richiederelaconnessioneallarete;
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­ aimpiantoultimatositrasmettelacomunicazione
di fine lavori e la relativa documentazione
e solo dopo si può chiedere
l’incentivo al GSE che, entro sessanta giorni,comunicalatariffariconosciutachevaria
in base all’impianto e alle sue capacità produttive;
l la tariffa più alta è prevista per gli impianti
integrati, cioè quelli in cui i pannelli
fotovoltaici si integrano con le strutture
(tetti, coperture, facciate) in modo tale da
sostituire le funzionalità (ad esempio finestra
con moduli che sostituiscono le vetrate).
L’incentivo è riconosciuto per un periodo
di vent’anni a decorrere dalla data di
entrataineserciziodell’impianto;
l icostidell’impiantosonovariabili:siparte
da un minimo di 7.000 euro per kW per
quelli di taglia fino a 10 kW, mentre per
quelli di maggior grandezza il costo parte
da5.000europerkW;
l il costo annuo di manutenzione è pari,
mediamente, al 1% del valore dell’impianto.
I moduli, che rappresentano i componenti
economicamente più costosi, sono
longevi; l’esperienza dimostra fino a ora
unavitamediadialmeno25anni;
l l’impiantodeveessererealizzatoinconformità
alla normativa comunitaria e alle
disposizioni contenute nei decreti circa gli
[4] «Criteri per l’incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, in attuazione
dell’articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387» (in Gazzetta Ufficiale del 23 febbraio 2007, n. 45; si veda anche lo
Speciale a firma degli Autori sul n. 7/2007 di Ambiente&Sicurezza.
105

ENERGIA
Osservatorio CEI ­ Articolo
Cumulative installed capacity (MW)
(Fonte: IEA - PVPS)
standardeirendimentiepossedereunappositocertificatodicollaudofinale.
Tipologie di impianti fotovoltaici
Gli impianti fotovoltaici sono generalmente
suddivisiinduegrandifamiglie:
l impiantiisolatidallareteoaisola(off-grid);
l impianticonnessiallarete(grid-connected).
Impiantiisolatidallareteaisola
Gli impianti a isola identificano le utenze
elettriche isolate da altre fonti energetiche,
comelareteelettrica,chesiriferisconoaun
impianto fotovoltaico elettricamente isolato
edautosufficiente.
I principali componenti di questo tipo di
impiantosono:
l campo fotovoltaico: raccoglie energia
mediante moduli fotovoltaici disposti opportunamente
afavoredelsole;
l regolatore di carica: stabilizza l’energia
raccolta elagestisceall’internodelsistema;
l batteriadiaccumulo:conserval’energia
raccoltainpresenzadiirraggiamentosolare
perpermettereunutilizzodifferitodaparte
deicarichielettrici.
l carichi elettrici, tra cui un eventuale inverter,
sono direttamente connessi al regolatore
di carica, che si comporta da vero e
propriosupervisoredelsistema.
Il campo fotovoltaico per gli impianti di
106
AMBIENTE
Potenza totale installata nei Paesi membri IEA
(porzione rilevante della potenza installata nel mondo)
4.000
3.500
3.000
2.500
2.000
1.500
1.000
500
0
Grid-connected
Off grid
1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
questo tipo è ottimizzato per uno specifico
voltaggio di sistema, deciso generalmente
infasediprogettazionedelsistemastesso.I
voltaggi più utilizzati sono 12 o 24 V, più
raramente48V;lestringheelettriche,quindi,cheformanoilcamposonomoltocorte,
fino al limite del singolo modulo per stringa.
Il campo fotovoltaico, dunque, risulta
composto da semplici paralleli elettrici tra
moduli,occasionalmentedotatididiodi.
Le funzionalità più tipiche di un regolatore
dicaricasono:
l staccodelcampofotovoltaicodallabatteria
in caso di voltaggio inferiore a quello
utile per quest’ultima, come ad esempio
dopoiltramonto;
l stacco del campo fotovoltaico dalla batteriaincasodiricaricatotalediquest’ultima;
l stacco dei carichi elettrici dalla batteria
incasodiscaricaprofondadiquest’ultima.
L’accumulatore è, in genere, costituito da
monoblocchi o elementi singoli appositamenteprogettatipercaricheescaricheprofondeecicliche.Solitamente,nonsonoimpiegati
accumulatori per uso automobilistico,
che, pur funzionando a dovere, vengono
rapidamente esauriti nelle prestazioni a
causadellagravositàdiquestoimpiego.
Impianticonnessiallarete
Gli impianti connessi alla rete identificano
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Figura 1
quelleutenzeelettrichegiàservitedallarete
nazionale, ma che iniettano in rete la produzione
di energia elettrica risultante dal
loro impianto fotovoltaico, opportunamente
convertita in corrente alternata e sincronizzata
a quella della rete. Sono impianti di
recenteadozioneesonocomunementeanche
chiamati “impianti in conto energia”,
dalla normativa che attualmente li regolamenta.
I principali componenti di un impiantofotovoltaicoconnessoallaretesono:
l campo fotovoltaico: raccoglie energia
mediante moduli fotovoltaici disposti opportunamenteafavoredelsole;
l inverter: stabilizza l’energia raccolta,
converte la corrente continua in corrente
alternataelainiettainrete;
l quadristica di protezione, controllo e
misura:sisituainbaseallenormativevigentitral’inverterelaretechequestoalimenta
Intaliimpiantilaretecostituiscelacosiddetta
“batteriainfinita”,cheprendeincaricotutta
l’energia in uscita dall’inverter e, in seguito,
larilasciaarichiestadell’utente.Èunabatteria
virtuale; infatti, la stessa energia iniettata
in rete alcune ore prima, non può essere
fisicamenterilasciata.Ivarigestoridiretesecondo
la vigente normativa italiana devono
fornire il servizio di batteria infinita a titolo
gratuito,escluselespesedigestione,che,in
genere, si concretizzano nel canone annuo
13 novembre 2007 ­ N. 21

dilocazionediuncontatore,dedicatoesclusivamente
a misurare la produzione di energiaelettricaeconnessoaquellodiconsumo
per iniettare in rete o prelevare dalla rete
l’energiainmodotrasparente.
Gli inverter
Ci sono, poi, diverse tipologie di inverter da
scegliereopportunamenteinbasealtipodiimpianto.Secondolacollocazionesidistinguono:
l inverterperesternodaquelliperinterno;
l inverter con o senza trasformatore di
isolamento, in base alla potenza dell’impiantoeairequisitidiconnessioneallarete;
l inverterdistringaocentraliasecondadel
leconsiderazionidiconvenienzaprogettuale;
l inverter monofase o trifase, in funzione
delleregolediconnessioneallarete
L’effettofotovoltaicosiottienegrazieallaparticolareproprietàdeimaterialisemiconduttori
che li rende capaci di generare automaticamente
energia elettrica quando vengono irradiati
dal sole. Le celle fotovoltaiche sono
composte in maniera principale da silicio,
molto presente in natura, ma sono anche
utilizzatiilsilicioamorfo(a­Si),ildiseleniurodi
indioerame(CIS),ildiseleniurodiindio,gallio
erame(CIGS)eiltellorurodicadmio(CdTe).
Le apparecchiature utilizzate negli impianti
fotovoltaici sono formate nella maggioranza
dei casi da moduli collocati su una struttura
fissa con un’inclinazione e un’orientazione
che ne favorisce l’esposizione solare.
A volte si utilizzano anche sistemi a inseguimento
solare che consentono di raccogliereunmaggiorquantitativodienergia
(fino al 30% in più). Sono in fase di sperimentazioneversioniparticolaridigeneratorifotovoltaici,dettiaconcentrazionesolare,
13 novembre 2007 ­ N. 21
AMBIENTE
che utilizzano celle fotovoltaiche realizzate
con materiali particolari che consentono la
conversione fotovoltaica con alti valori di
concentrazione dei raggi solari (circa 500X,
cioè 500 volte). Nelle prove di laboratorio,
questenuovecellefotovoltaiche(celleatripla
giunzione) hanno dimostrato di poter convertire
la luce solare in elettricità operando
separatamente sulle diverse bande di frequenzadellaradiazionesolareeraggiungendorendimentidiconversionesuperiorianche
del30%rispettoaquelliottenutidalleusuali
celleinsilicio.Inquestomodo,sarebbepossibile
ridurre in modo significativo i costi di
produzioneperunitàdipotenzagenerata.La
concentrazionedeiraggisolarièottenutautilizzando
particolari dispositivi ottici montati
suidoneiapparatiadinseguimentosolare.
Lapotenzanominalecomplessivadiunimpianto
fotovoltaico è data dalla somma dei
valori di potenza nominale di ciascun modulo
fotovoltaico di cui è composto il suo
campo. L’unità di misura più usata è il chilowattdipicco(kWp).
La superficie necessaria per un impianto
fotovoltaico è ovviamente maggiore rispetto
a quella occupata dai soli moduli
fotovoltaici, che richiedono circa 8 m 2 /
kWp a cui si aggiungono eventuali superfici
occupate dai coni d’ombra prodotte
dai moduli quando sono disposte
in modo non complanare. Negli impianti
su terreno o tetto piano, solitamente il
campo è disposto su più file, rivolte verso
il sole per poter massimizzare l’irraggiamento
captato dai moduli. Le file sono
stabilite tenendo conto delle caratteristiche
geometriche del sito di installazione.
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ENERGIA
Osservatorio CEI ­ Articolo
La normativa tecnica CEI
Data l’importanza dell’argomento, il settore
fotovoltaico è oggetto di attività normativa
tecnica,condottasoprattuttoalivellointernazionale
a partire dal 1982. Dal 1995 anche il
CENELEC,l’organismoeuropeoperlanormativanelsettoreelettrico,sièdotatodiunanalogocomitatotecnico,chedal2003ècoordinatodalCEI,ilcomitatoelettrotecnicoitaliano,
l’ente riconosciuto dallo Stato italiano e dall’UnioneEuropeaperlanormazioneinItalia.
Per facilitare le transazioni internazionali, è
opportunochel’attivitànormativanelsettore
dell’energia fotovoltaica sia svolta a livello
mondiale, non solo europeo o nazionale.
Oggi sono 37 le norme e guide esistenti,
elaboratealivelloIEC(InternationalElectrotechnicalCommission);28diquestesonostaterecepitedalCENELECe,quindi,adottateanche
in Italia dal CEI, che, recentemente, ha
pubblicato la guida tecnicaCEI82-25 per la
progettazione, l’installazione e la verifica di
impiantifotovoltaicidestinatiaoperareinparalleloallareteelettricadimediaebassatensione.
Questo documento risulta uno strumento
particolarmente utile per coloro che
desiderano operare nel settore fotovoltaico
e, in particolare, aderire al programma di incentivazionein“contoenergia”.
Sono state pubblicate diverse norme CEI
inerenti all’attività di impiantistica in questo
settore.Sonodaricordare,inparticolarmodo,lenormeprincipali:
l laserieCEIEN60904;
l lenormeCEIEN61215eCEIEN61646;
l la norma CEI­02 sulla documentazione
diprogettodell’impiantofotovoltaico.
Questenormesonomenzionateanchenell’ultimoD.M.19febbraio2007.
l
107

LEGISLAZIONE
In breve
AMBIENTE
RASSEGNADILEGISLAZIONE
acuradiMarcoFabrizio, avvocatoinRoma
ITALIA
RISCHIO IDROGEOLOGICO
DirettivadelPresidente
delConsigliodeiMinistri
5ottobre2007
«Indirizzi operativi per prevedere, prevenire e
fronteggiare eventuali situazioni di emergenza
connesse a fenomeni idrogeologici e idraulici»
(G.U.del15ottobre2007,n.240)
Vistalatendenza,negliultimianni,almanifestarsidieventimeteoclimaticiperdiversiaspettianomali
rispetto alla normalità percepita e adottata
come riferimento, la Presidenza del Consiglio dei
Ministri ha pubblicato i criteri operativi per fronteggiarelastagioneautunnaleinarrivo,chesembra
confermare questo andamento. Considerandolatempestivitàel’efficaciadellarispostaattuata
dalla protezione civile, il provvedimento sottolinea,ancoraunavolta,«l’ineludibileesigenzache
tali iniziative e procedure di prevenzione e di interventopossonoesseredavveroefficacisecondivise,conosciute,compreseedapplicateinuncontestodigeneralecoordinamento».Perl’effetto,la
direttivasollecitaipresidentidelleregioniedelle
provinceautonome,iprefetti,l’UPI,l’ANCIel’UN­
CEMarivolgereparticolareattenzioneaiterritori
esposti a situazioni di rischio elevato e molto elevato,
con particolare riguardo alle aree recentemente
percorse dal fuoco, auspicando, inoltre, il
completo recepimento del sistema di allertamentonazionale,siainterminirevisionalisiadimonitoraggioedisorveglianza.
GESTIONE EMERGENZIALE DI RIFIUTI
OrdinanzadelPresidente
delConsigliodeiMinistri
4ottobre2007,n.3616
«Ulterioridisposizioniperfronteggiarelasituazione
dicrisisocio­economico­ambientalenelsettoredello
108
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smaltimentodeirifiutinelterritoriodellaregioneLazio»(G.U.del12ottobre2007,n.238)
L’Ordinanza conferma, sino alla scadenza dello
statodiemergenza,afavoredelPresidentedella
regioneLazio­Commissariodelegato,ipoterigià
attribuitigliperfavorireildefinitivosuperamento
della situazione socio­economico­ambientale nel
settoredeirifiutiurbani,specialiespecialipericolosi
derivanti e connessi alla gestione dei rifiuti
urbani.Inparticolare,ilCommissariopotràcontinuareaesercitareipoteriinmateriadi:
• approvazione dei progetti di realizzazione degli
impianticonnessialciclodismaltimentodeirifiuti
urbani,nonchéalrilasciodiautorizzazioniall’eserciziodegliimpiantiditrattamentoedirecuperodirifiutispecialipericolosienonpericolosi,giàautorizzatioincorsod’istruttoriaal31gennaio2007;
• autorizzazione per il conferimento dei rifiuti
derivati da costruzione e da demolizione nel territorio
comunale di Roma, comprese le terre e le
rocce da scavo, limitatamente alle opere di interessepubblicodarealizzarsinellostessoterritorio
delcomunediRoma,nell’ambitodell’emergenza
dichiarata, inoltre, nel settore del traffico e della
mobilitàcapitoliniexD.P.C.M.4agosto2006.
Lo stesso Commissario delegato risulta anche
investito della competenza a rilasciare l’AIA
(autorizzazione integrata ambientale), se necessaria,
in capo agli impianti di recupero/trattamento
(art. 1).
FENOMENI DI SUBSIDENZA
DecretodelPresidente
delConsigliodeiMinistri
12ottobre2007
«Proroga dello stato di emergenza in relazione ai
fenomeni di subsidenza in atto nel territorio dei
comunidiGuidoniaMontecelioeTivoliinprovincia
diRoma»(G.U.del20ottobre2007,n.245)
Ildecretoprorogadiunulterioreanno,finoal30
settembre 2008, lo stato di emergenza inerente
ai fenomeni di subsidenza in atto nel territorio
dei comuni di Guidonia Montecelio e di Tivoli, in
provinciadiRoma. l
13 novembre 2007 ­ N. 21

AMBIENTE
RASSEGNADIGIURISPRUDENZA
acuradiMariaMelizzi, consulente legale
13 novembre 2007 ­ N. 21
LEGITTIMAZIONE A IMPUGNARE
ATTI AMMINISTRATIVI
ConsigliodiStato,sez.V,
(ud.13febbraio2007)
23aprile2007,n.1830,
Pres.Santoro,Rel.Russo
Tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini-Rifiuti-Smaltimento-Discarica-Comitato
di cittadini - Proprietari confinanti - Legittimazioneadagire
Il giudice amministrativo può riconoscere, caso
per caso, la legittimazione ad impugnare atti
amministrativi a tutela dell’ambiente ad associazioni
locali (indipendentemente dalla loro
natura giuridica), purché a) perseguano statutariamente
in modo non occasionale obiettivi
di tutela ambientale, b) abbiano un adeguato
grado di rappresentatività e stabilità e c)
un’area di afferenza ricollegabile alla zona in
cui è situato il bene a fruizione collettiva che si
assume leso, anche se non ricomprese nell’elenco
delle associazioni a carattere nazionale
individuate dal Ministero dell’Ambiente ai
sensi dell’art. 13 della Legge 8/7/1986, n. 349,
poiché tale norma ha creato un ulteriore criterio
di legittimazione che si è aggiunto e non
sostituitoaquelliinprecedenzaelaboratidalla
giurisprudenza per l’azionabilità dei c.d. “interessi
diffusi” in materia ambientale.
Nota
Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello proposto
da una società che aveva visto approvato,
dalla Giunta Provinciale di Taranto, il progetto
presentato per la realizzazione di una discarica
controllata di rifiuti non pericolosi.
I proprietari delle aree confinanti al sito prescelto
per la realizzazione della discarica, riunitisi
in un comitato finalizzato alla «tutela dell’ambienteedellasalutedeicittadini»
avevano
impugnato, davanti al TAR, i provvedimenti
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GIURISPRUDENZA
Massime
amministrativi favorevoli alla realizzazione del
progetto ritenendoli illegittimi.
Il Tribunale amministrativo aveva riconosciuto
la legittimazione ad agire dei ricorrenti, ritenendo
fondati i motivi di ricorso e uniformandosi
a quell’orientamento giurisprudenziale
che ravvisa la legittimazione di associazioni
ambientaliste, costituite a livello locale, che
perseguano statutariamente e in modo non occasionale
obiettivi di tutela dell’ambiente, con
un adeguato grado di rappresentatività e di
stabilità.
Al contrario, il Collegio non ha condiviso, nel
caso di specie, le conclusioni alle quali è giunto
il giudice di primo grado ritenendo che, come
correttamente dedotto dall’appellante, agli atti
non è risultato essere stato depositato, da
parte del comitato, copia dell’atto costitutivo o
dello statuto da cui si potesse verificare se lo
stesso avesse quei requisiti giuridici di rappresentatività
e di stabilità in misura tale da poter
riconoscere una sua legittimazione ad agire
contro provvedimenti amministrativi lesivi dell’ambiente.
Non basta, infatti, il mero scopo associativo a
rendere differenziato un interesse diffuso o
adespota, facente capo alla popolazione nel
suo complesso, quale l’interesse alla salvaguardia
dell’ambiente, specie quando questo scopo
associativo si risolva, come nella specie (in cui è
stata depositata una semplice delibera di conferimento
di mandato per la proposizione del
ricorso innanzi al TAR), senza mediazione alcuna
di altre finalità, nell’utilizzazione di tutti i
mezzi leciti per non consentire la realizzazione
di un determinato progetto e, quindi, in definitiva,
nella stessa finalità di proporre l’azione
giurisdizionale (si veda Consiglio di Stato, sez.
VI, 5 dicembre 2002, n. 6657).
Oltre a negare la legittimazione ad agire del
comitato, il collegio è giunto alla stessa conclusione
anche per quello che riguarda la legittimazione
ad agire dei proprietari delle aree
confinanti alla discarica che si sono limitati ad
affermare di essere proprietari di terreni confi­
109

GIURISPRUDENZA
Massime
nanti con i suoli interessati dalla discarica in
questione, senza specificare, né tanto meno
provare, la sussistenza di una lesione concreta,
immediata e attuale, che rinverrebbe alla loro
sfera giuridica dalla esecuzione del provvedimento
impugnato.
Come sostenuto da una ormai consolidata giurisprudenza,
infatti, la mera vicinanza di
un’abitazione a una discarica non legittima il
proprietario frontista a insorgere contro il
provvedimento di approvazione dell’opera (si
veda Consiglio di Stato, sez. V, 16 aprile 2003,
n. 1948), essendo necessaria, al riguardo, la
prova del danno che da questo riceve nella sua
sfera giuridica o per il fatto che la localizzazione
dell’impianto riduce il valore economico del
fondo situato nelle sue vicinanze, o perché le
prescrizioni dettate dall’autorità competente
in ordine alle modalità di gestione dell’impianto
sono inidonee a salvaguardare la salute di
chi vive nelle sue vicinanze; da questo consegue,
pertanto, che il mero collegamento di un
fondo con il territorio sul quale è localizzata
una discarica non è da solo sufficiente a legittimare
il proprietario a provocare uti singulus il
sindacato di legittimità su qualsiasi provvedimento
amministrativo preordinato alla tutela
di interessi generali che nel territorio trovano
la loro esplicazione (si veda Consiglio di Stato,
sez. IV, 13 luglio 1998, n. 1088).
DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE
NEL CONCETTO DI RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA
Cassazionepenale, sez.fer.
(ud.9agosto2007)
14agosto2007,n.32899,
Pres.Santacroce,Rel.Franco
Attivitàurbanistico/edilizia-Abusi-Recupero
e sanatoria delle opere edilizie - Conservazione
della natura - Reato edilizio e reato
paesaggistico - Elemento oggettivo e soggettivo-AnnullamentoeRinvio
Nel concetto di ristrutturazione edilizia rientrano
anche le opere di demolizione e di
fedele ricostruzione del fabbricato, mentre
eventuali modifiche di volumetria e sagoma
110
AMBIENTE
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rilevano solo ai fini del titolo abilitativo richiesto.
Nota
La Corte di Cassazione in parte ha annullato e
in parte ha rinviato a nuovo giudizio la sentenza
impugnata dai ricorrenti.
Questi ultimi, con sentenza di primo grado confermata
dalla Corte d’Appello, erano stati dichiarati
colpevoli del reato di cui alla legge 28
febbraio 1985, n. 47, art. 20, lettere b) e c),
perché, dopo avere ottenuto la concessione
edilizia per l’esecuzione di lavori di «ristrutturazione
ed ampliamento di fabbricato», avevano
eseguito, in parte in difformità dalla concessione
edilizia e in parte in assenza di titolo
autorizzativo:
1) la completa demolizione del manufatto originariamente
esistente;
2) uno sbancamento di terreno di m 15 x 19
effettuato nell’area interessata alla demolizione
del manufatto;
3) la creazione di un piazzale di m 50 x 12 con
un fascia di m 3 che interessava una zona boscata,
nonché del reato di cui al decreto legislativo
29 ottobre 1999, n. 490, art. 163, in relazione
al suddetto piazzale.
I ricorrenti erano stati condannati ciascuno alla
pena di due mesi di arresto e al pagamento
dell’ammenda di euro 15.000,00, con la sostituzione
della pena detentiva nella corrispondente
ammenda di euro 2.280,00, con la non menzione
e l’ordine di rimessione in pristino dello
stato dei luoghi relativamente al piazzale.
La Suprema Corte ha ritenuto condivisibile
quanto sostenuto dalla difesa dei ricorrenti, secondo
cui non sarebbe stato ravvisabile il reato
edilizio con riguardo alla demolizione e alla
ricostruzione del precedente manufatto e allo
sbancamento di terreno.
La Corte d’Appello aveva ritenuto che l’intervenuta
demolizione non poteva rientrare nell’ambito
della ristrutturazione perché la ristrutturazione,
nel caso di demolizione, implicava la
ricostruzione di un immobile con caratteristiche
e volumetria corrispondenti a quelle dell’immobile
demolito, mentre nella specie si era realizzato
un ampliamento e, sempre secondo i giudici
di secondo grado, non era meritevole di
rilievo il fatto che la concessione edilizia avesse
13 novembre 2007 ­ N. 21

autorizzato l’ampliamento, perché «lo stesso
valeva ad escludere che si trattasse di ristrutturazioneequindichefossepossibile,inmancanza
di apposita autorizzazione, la demolizione
dell’originario edificio».
Secondo quanto disposto dal D.P.R. 6 giugno
2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative
e regolamentari in materia edilizia) per
«interventidiristrutturazioneedilizia» si intendono
«gli interventi rivolti a trasformare gli organismiedilizimedianteuninsiemesistematico
di opere che possono portare ad un organismo
ediliziointuttooinpartediversodalprecedente»
e che «nell’ambito degli interventi di ristrutturazione
edilizia sono ricompresi anche
quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione
con la stessa volumetria e sagoma di
quello preesistente, fatte salve le sole innovazioninecessarieperl’adeguamentoallanormativa
antisismica»; inoltre, sono subordinati al
permesso di costruire, tra gli altri,«gliinterventi
di ristrutturazione edilizia che portino ad un
organismo edilizio in tutto o in parte diverso
dal precedente e che comportino aumento di
unità immobiliari, modifiche del volume, della
sagoma, dei prospetti o delle superfici».
Questi interventi di ristrutturazione, ai sensi
dell’art. 22, comma 3, D.P.R. n. 380/2001, possono
essere realizzati anche mediante denuncia
di inizio di attività in alternativa al permesso di
costruire.
Sulla base delle richiamate disposizioni di legge,
dunque, è vero che, nel caso in esame, si è trattato
di un intervento di ristrutturazione (attuato
mediante demolizione e ricostruzione) che non
è consistito nella fedele ricostruzione del vecchio
edificio, ma che ha portato a un organismo
edilizio, in tutto o in parte, diverso dal precedente
e con l’ampliamento della volumetria e
che per la sua realizzazione sarebbe stato necessario
il permesso di costruire o, in alternativa, la
denunzia di inizio attività, ai sensi del decreto
del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,
n. 380, art. 22, comma 3, letteraa).
È anche vero, però, che gli imputati avevano
richiesto e ottenuto la concessione edilizia n.
45/2002 che, appunto, consentiva la ristrutturazione
e l’ampliamento del fabbricato e che pertanto
consentiva, per le ragioni indicate, anche
la demolizione e la ricostruzione del fabbricato
con gli ampliamenti previsti.
Non può ritenersi, dunque, che l’attività edili­
13 novembre 2007 ­ N. 21
AMBIENTE
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GIURISPRUDENZA
Massime
zia svolta non fosse munita di idoneo titolo
abilitativo, dal momento che la concessione
edilizia prevedeva espressamente, oltre alla ristrutturazione,
anche l’ampliamento.
Per quanto riguarda, invece, la questione del
piazzale che aveva invaso per circa tre metri
una fascia boschiva, il Collegio ha ritenuto la
motivazione della sentenza impugnata carente
e contraddittoria sulla sussistenza sia dell’elemento
oggettivo del reato sia di quello soggettivo.
La Corte di Appello aveva ritenuto che la sanatoria,
con cui era stato dato il permesso di costruire
il piazzale adibito a parcheggio, fosse
illegittima e non avesse efficacia estintiva del
reato edilizio, perché il piazzale in questione
aveva invaso per circa tre metri una fascia boschiva
e, quindi, sarebbe stata necessaria l’autorizzazione
paesaggistica, mentre il permesso
di costruire in sanatoria avrebbe dovuto essere
preceduto dalla valutazione di compatibilità a
fini paesaggistici.
A giudizio della Suprema Corte, invece, i giudici
di secondo grado avevano omesso di prendere
in considerazione tutti i rilievi e le eccezioni
evidenziate dai ricorrenti (secondo cui tutti i
tecnici comunali sentiti come testimoni avevano
escluso l’interessamento di un’area boschiva,
sia pure per una fascia di solo tre metri) e si
erano astenuti dal decidere sulla richiesta di
rinnovazione del dibattimento, limitandosi a richiamare
le fotografie in atti, dalle quali, invece,
non emerge in modo certo che fosse stata
realmente invasa la zona boschiva, secondo
quanto eccepito dagli imputati.
Inoltre, i ricorrenti avevano eccepito la loro
buona fede e la mancanza di coscienza dell’illiceità
del fatto sottolineando che tutti i tecnici e
i provvedimenti comunali avevano escluso che
il piazzale avesse interessato la zona boschiva
e, quindi, la necessità di una autorizzazione e
di una valutazione ambientale, che la PA li aveva
positivamente rassicurati sulla inesistenza di
un vincolo ambientale mediante un comportamento
concreto consistente nella emanazione
della concessione edilizia del 2002, della concessione
in variante del 2003 e, poi, del permesso
di costruire in sanatoria nel 2006, senza richiedere,
per nessuno di questi provvedimenti,
il parere dell’ente predisposto al vincolo e che
essi avevano richiesto l’autorizzazione ai fini
paesaggistici ma la PA non l’aveva rilasciata
non ritenendola necessaria. l
111

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perilcoordinamento
inCampaniadegliinterventi
inmateriaditutela,salute
esicurezzasullavoro»
tralaRegioneCampania
eilMinisterodelLavoro.
114
Il testo integrale della legge Regione Campania 27
febbraio 2007, n. 3, è disponibile nella sezione “Documentazioneintegrativa”all’indirizzo:
Assume carattere di particolare
importanza la circostanza per
cui, in un contesto temporale in
cui il Governo affronta l’illegalità e gli
infortuni diffusi, soprattutto in edilizia [1],
in riferimento tanto al cosiddetto “pacchetto
di misure urgenti per la sicurezza
nei luoghi di lavoro”, introdotto, in fase
di conversione in legge del decreto
“Bersani”, dalla legge 4 agosto 2006, n.
248, all’art. 36-bis, quanto alle disposizioni
contenute nella “legge Finanziaria
2007”, la Regione Campania che, purtroppo,
gode del triste primato relativo
allo stretto nesso esistente tra infortuni e
lavoro nero, è la prima regione che prova
a fare “sistema”, attraverso i suoi
provvedimenti, con le istituzioni nazionali,
in primis con il Ministero del Lavoro
e della Previdenza sociale.
GliappaltiinCampania
Il disegno di legge presentato dall’Assessorato
ai LLPP, «Disciplina degli
appalti di lavori pubblici, servizi e
forniture in Campania» [2] , nelle more
approvato dal Consiglio regionale con
legge 27 febbraio 2007, n. 3, già in fase
di definizione delle finalità e degli
obiettivi (art. 1), individua il rispetto
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delle norme emanate a tutela dei diritti
dei lavoratori e della sicurezza degli
stessi nonché della regolarità delle posizioni
assicurative e previdenziali, fra i
contenuti da assicurare nelle attività e
nelle modalità di svolgimento delle
stesse nell’ambito degli appalti.
Questo concetto è ribadito anche fra
le finalità da assicurarsi a partire dalla
progettazione dell’opera (art. 12).
All’art. 50, comma 2, inoltre, è previsto
che, nel bando di gara, le stazioni
appaltanti possono inserire previsioni
tese ad assicurare il rispetto dei tempi, il
contenimento dei costi, la qualità del
risultato e la sicurezza nella fase di
esecuzione.
Il contratto deve prevedere l’obbligo,
per l’appaltatore, di rispettare e far
rispettare, agli eventuali subappaltatori,
le clausole di cui all’art. 51 sulla tutela
dei lavoratori. Il mancato rispetto di
questi obblighi può comportare l’applicazione
di sanzioni economiche e può
costituire, nel rispetto dei principi sanciti
dal Codice in materia di appalti (il
cosiddetto “Codice De Lise”, D.Lgs. n.
163/2006), motivo di recesso dal contratto
della stazione appaltante.
Nell’art. 51, «Tutela dei lavoratori»,
[1] Si vedano le risultanze “Indagine integrata per l’approfondimento dei casi di infortunio mortale” elaborazione realizzata
dall’INAIL, dall’ISPESL, e dalle Regioni.
[2] La legge Regione Campania 27 febbraio 2007, n. 3, in B.U. Regione Campania del 19 marzo 2007, n. 15, è entrata in vigore il 16
settembre 2007 dopo avere superato l’esame di costituzionalità da parte del Governo nazionale.
13 novembre 2007 ­ N. 21

è fatto obbligo a tutte le stazioni appaltanti,
ai concessionari di opere pubbliche
e a qualunque soggetto pubblico o privato
che realizzi opere pubbliche nel territorio
campano di prevedere, al fine di
assicurare la leale cooperazione dell’appaltatore,
nei contratti oltre che nei bandi
di gara e nei capitolati speciali d’appalto,
nonché nelle convenzioni, una serie di
obblighi che garantiscano i lavoratori
sotto un duplice profilo:
l un trattamento retributivo e contributivo,
effettivo e in linea con le condizioni
economiche e normative previste
dai contratti collettivi nazionali e territoriali
di lavoro della categoria vigenti;
l la certezza che dal cantiere vengano
bandite le imprese che utilizzino la pratica
del “lavoro nero”, che tanta incidenza
negativa ha sul movimento infortunistico.
In particolare, poi, al comma 3, art.
51, è presente una previsione che accompagna
il comma 3-bis, art. 7,
D.Lgs. n. 626/1994, inserito dalla “legge
Finanziaria 2007”, legge 27 dicembre
2006, n. 296 [3] .
Infatti, all’ultimo comma dell’art. 7,
D.Lgs. n. 626/1994, è stata inserita una
disposizione secondo la quale l’imprenditore
risponde in solido con l’appaltatore,
nonché con ciascuno degli eventuali
subappaltatori, per tutti i danni per
i quali il lavoratore, dipendente dell’appaltatore
o del subappaltatore, non risulti
indennizzato ad opera dell’Istituto nazionale
per l’assicurazione contro gli infortuni
sul lavoro (INAIL).
Nella legge regionale n. 3/2007 è
specificato che, in caso di mancato pagamento
delle retribuzioni o contribuzioni
da parte dell’appaltatore, su istanza
delle organizzazioni sindacali, la stazione
appaltante provvede al pagamento
delle somme dovute rivalendosi sugli
importi a qualunque titolo spettanti all’appaltatore,
in dipendenza delle attività
eseguite, anche incamerando la cauzione
definitiva.
Come risulta all’evidenza, la disposizione
contenuta nel provvedimento di
legge regionale, non contemplando
l’istituto della solidarietà passiva tra sta-
13 novembre 2007 ­ N. 21
DALLE REGIONI
zione appaltante e appaltatore ma obbligando,
in caso d’inadempienza da parte
dell’appaltatore, il committente a farsi
direttamente carico dei pagamenti, salva
le azioni di rivalsa da intentare ed è,
certamente, più onerosa della disposizione
contenuta nell’articolato del
D.Lgs. n. 626/1994.
Nell’ottica di favorire il rispetto e
l’applicazione in Campania di norme,
di regolamenti, di indirizzi, nazionali e
regionali, in materia di sicurezza nei
luoghi di lavoro e sui cantieri e promuovere
una nuova e più diffusa cultura
della sicurezza e della legalità, soprattutto
nei cantieri temporanei e mobili, la
Giunta regionale della Campania, oltre
a incentivare la realizzazione di corsi di
formazione e di aggiornamento in tema
di sicurezza, di prevenzione degli infortuni,
dell’igiene e di normativa tecnicoamministrativa,
rivolti sia al personale
delle pubbliche amministrazioni sia alle
maestranze, si farà carico di predisporre
tutta la modulistica relativa ai piani di
sicurezza e coordinamento, per le diverse
categorie di contratti pubblici, dalla
verifica di applicabilità delle norme sulla
sicurezza agli schemi-tipo dei piani di
sicurezza, dai verbali di visita e di constatazione
in loco ai verbali di contestazione,
di inadempienza, di regolarizzazione
e di sospensione dei lavori.
Latuteladellasalute
edellasicurezza
Un altro provvedimento adottato in
occasione dello svolgimento della II
Conferenza Nazionale sulla Salute e Sicurezza
sul lavoro riguarda la stesura e
la sigla di un «Protocollo d’intesa per il
coordinamento in Campania degli interventi
in materia di tutela, salute e
sicurezza sul lavoro» tra la Regione
Campania e il Ministero del Lavoro.
Questo protocollo, ricordando in
premessa che l’art. 117, comma 3, Costituzione,
nel testo risultante per effetto
delle modifiche introdotte con legge costituzionale
n. 3/2001, attribuisce alle
Regioni la potestà legislativa concorrente
in materia di tutela della salute e
della sicurezza sul lavoro, riservando la
[3] La legge 27 dicembre 2006, n. 296, è entrata in vigore il 1° gennaio 2007.
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SICUREZZA DEL LAVORO
Articolo
determinazione dei principi fondamentali
alla legislazione dello Stato e partendo,
tra le altre, dalle considerazioni
che gli infortuni sul lavoro, con elevata
frequenza di casi mortali e di gravissima
invalidità, rappresentano, purtroppo,
nella Regione Campania un fenomeno
socialmente e umanamente grave e che
questo fenomeno presenta forti interconnessioni
con le forme di lavoro irregolare
e sommerso, di per sé stessi elementi
distorsivi per l’economia del
mezzogiorno, che si accompagnano alla
mancata adozione delle misure previste
a tutela della salute e della sicurezza
delle lavoratrici e dei lavoratori sui luoghi
di lavoro, si propone di coordinare
un piano di azioni tra il Ministero e la
Regione.
Il protocollo, in particolare, mira a
far formulare ai due soggetti sottoscrittori
un piano di attività comuni e di
progetti operativi al fine di assicurare il
coordinamento delle diverse competenze
pubbliche istituzionali, a favorire il
raccordo dei dati e delle informazioni
acquisite, a intraprendere ogni utile iniziativa
nel rispetto delle procedure di
legge e di contratto finalizzata al potenziamento
degli organici ispettivi.
A tali fini, il Ministero del Lavoro e
la Regione hanno concordato di istituire,
per l’intera durata dell’accordo, ovvero
tre anni, e in via sperimentale, un
coordinamento interistituzionale in
Campania degli interventi in materia di
tutela, di sicurezza e di salute sul lavoro.
Inoltre, è previsto che, al fine di conferire
maggiore incisività ed efficacia
all’attività ispettiva svolta dagli apparati
deputati alla vigilanza sui luoghi di lavoro,
la Regione Campania si è impegnata,
entro un mese dalla data della
stipula dell’atto, a emanare specifici atti
aventi ad oggetto la previsione di strutture
di coordinamento a carattere provinciale.
Si tratta del primo protocollo d’intesa
del genere siglato dal Ministero del
Lavoro con una Regione.
Si attendono, quindi, gli sviluppi
per valutarne la portata e considerarne
la proponibilità anche per le altre Regioni.
l
115

SICUREZZA IN CANTIERE
Articolo
DALLE REGIONI
Il protocollo d’intesa sulle relazioni industriali anticipa la figura del RLS di sito produttivo
Trasformazione di una centrale elettrica:
gestire in sicurezza un grande cantiere
di Gabriella Galli, Commissione consultiva nazionale, responsabile ufficio salute
e sicurezza UIL nazionale
Ilavoriditrasformazione
dellacentraleelettrica
diTorrevaldalicaNord
(Civitavecchia)rappresentano
unimpegnotale,percomplessità
edimensionedelleopere
eperlamolteplicitàdelleimprese
coinvolte(circa200econla
presenzadiungrannumero
dipiccoleimprese),darichiedere,
perquestocantiere
cheèattualmentetraipiùgrandi
d’Europa,unnotevoleimpegno
dicooperazionetratutti
isoggetticoinvoltinell’opera.
Il«Protocollod’intesasulle
relazioniindustriali»,stipulato
traorganizzazionisindacali
confederalidiCivitavecchia
e ilcommittente,l’ente
nazionaleproduttoredienergia
elettrica,netestimoniala
consapevolezzae,nelleconcrete
scelteorganizzative,relazionali
ecomunicativeindividuate,
lavolontàdiottemperare
agliobblighilegislativibenoltre
unlivelloformalediattuazione.
116
della centrale elettrica
di Torrevaldalica Nord inte-
L’area
ressata dal progetto di riconversione
[1] , incluse le opere a
mare, viene individuata, dal «Protocollo
d’intesa sulle relazioni indistriali»,
“come un unico sito
produttivo nel quale tutte le imprese
sono tenute all’osservanza delle
regole e al rispetto di quanto previsto”
dall’accordo, i cui obiettivi
prioritari sono:
l lo sviluppo di “un corretto
flusso di informazioni” per poter
monitorare costantemente le attività
del cantiere;
l la individuazione di “un tavolo
abilitato a gestire le relazioni sindacali
con le categorie interessate”,
con riferimento all’oggetto
del protocollo e per tutte le imprese
presenti in cantiere;
l la definizione di “misure e iniziative
atte a garantire la sicurezza
e la salute dei lavoratori impegnati
nelle opere realizzate in
cantiere”;
l prevenire “controversie e ricercare
soluzioni condivise ai
conflitti che possono insorgere in
ordine a problematiche inerenti
l’osservanza dei contratti di lavoro
applicati”;
l la condivisione di iniziative finalizzate
a “valorizzare e svilup-
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
pare il comprensorio di Civitavecchia
in termini di sviluppo e
ricadute occupazionali”.
Le relazioni industriali
Il sistema di relazioni, progettato
per far fronte alla complessità,
alla dimensione del cantiere e
alle molteplici problematiche di
salute e di sicurezza connesse,
prevede:
l l’individuazione di specifiche
figure e di strutture organizzative;
l la definizione di modalità e di
tempi di gestione delle relazioni
stesse.
La costituzione, nel maggio
2006, del Tavolo permanente
per il confronto sulle tematiche
della sicurezza nel cantiere ha
segnato l’avvio di una fase operativa
nel confronto tra l’ente di
produzione di energia elettrica e
le organizzazioni sindacali confederali
Cgil, Cisl e Uil di Civitavecchia
firmatarie del protocollo.
Il Tavolo, a composizione paritetica
e per il quale è prevista una
frequenza bimestrale d’incontri
(oltre a specifici confronti dettati
da situazioni di emergenza o di
particolare urgenza), affronta tutte
le problematiche che, direttamente
o indirettamente, sono ine-
[1] L’articolo è stato scritto prima dell’incidente mortale avvenuto a Torrevaldalica il 17 ottobre 2007. L’Autrice ha chiesto, pur in
attesa che le indagini individuino cause e responsabilità del grave evento, di non sospenderne la pubblicazione ritenendo che gli
impegni assunti dalle parti - mediante gli Accordi descritti nell’articolo - mantengano tutta la loro positività e validità e che, proprio
in questo momento critico, questi impegni vadano assunti come riferimento, mantenuti e rafforzati.
13 novembre 2007 ­ N. 21

enti alla salute, alla sicurezza e
all’igiene del lavoro e alla prevenzione
dei rischi. Questa sede
è, in particolare, il luogo di scambio
delle informazioni relative
agli adempimenti, da parte delle
ditte appaltatrici, delle clausole
contrattuali relative alla sicurezza,
materia su cui l’ente produttore
di elettricità intende vigilare
[2] nel rispetto delle previsioni
del D.Lgs. n. 494/1996, dandone
periodico riscontro nell’ambito
del tavolo permanente.
Una seconda struttura è rappresentata
dal Comitato interimprese
che opererà, per l’intero
periodo di realizzazione dell’impianto,
con l’obiettivo di garantire
il coordinamento relativo a
tutte le problematiche connesse
alla gestione:
l dei servizi comuni (mensa, trasporti,
servizi pulizie, presidio
sanitario);
l della sicurezza;
l delle relazioni sindacali.
Il Comitato, assistito dall’amministratore
unico, gestisce tra
l’altro le relazioni con le organizzazioni
sindacali delle categorie
interessate. Per entrambe le
due strutture sono previste riunioni,
con periodicità che l’esperienza
pratica ha reso sempre più
frequenti, finalizzate ad affrontare
i temi della sicurezza e del
relativo coordinamento, della
prevenzione, della formazione
professionale e quella per la sicurezza.
È prevista, inoltre, la costituzione,
tra le parti firmatarie del
protocollo, di un Osservatorio
sulla sicurezza aperto alle istituzioni
e alla società civile del territorio,
allo scopo di promuovere
iniziative in materia di sicurezza,
finalizzate al miglioramento con-
13 novembre 2007 ­ N. 21
DALLE REGIONI
tinuo degli standard esistenti nei
cantieri.
Attività di cantiere
e gestione degli appalti
Il committente dei lavori, nel
rispetto dell’obiettivo condiviso
di favorire lo sviluppo professionale
e il livello occupazionale nel
territorio, si è impegnato sulla
base del protocollo al coinvolgimento
di imprese locali e all’utilizzo
di manodopera sul territorio,
promuovendo piani formativi
mirati e coerenti con le esigenze
di specializzazione previste in
cantiere e la situazione professionale
presente nel territorio. L’impegno
del committente riguarda
tutte le azioni utili a:
l eliminare inadempienze contributive,
assicurative e contrattuali;
l implementare adeguate misure
di sicurezza atte a salvaguardare
l’impianto, il patrimonio di cantiere
e la normale agibilità lavorativa
(controllo degli accessi,
tesserini di riconoscimento individuali,
addetti alla sicurezza);
l monitorare l’efficienza dei servizi
esistenti in cantiere di responsabilità
del Comitato interimprese.
Per le clausole vincolanti inserite
nei contratti di appalto e di
subappalto, si prevede una verifica
mensile delle prestazioni relative
agli orari, alla regolarità contributiva,
previdenziale e assistenziale
nei confronti delle ditte
appaltatrici e subappaltatrici, rispondendo
il committente in solido
dell’osservanza.
Organizzazione
della sicurezza
Struttura fondamentale della
gestione della sicurezza nel cantiere,
in coerenza con quanto pre-
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SICUREZZA IN CANTIERE
Articolo
visto dal Piano di sicurezza e coordinamento,
è il Comitato di
coordinamento per la sicurezza.
Presieduto dal Coordinatore
per l’esecuzione e di cui fanno
parte i suoi collaboratori per le
diverse aree tecnologiche e i rappresentanti
delle imprese appaltatrici
e fornitrici, il comitato:
l garantisce la cooperazione e il
coordinamento tra le imprese nell’attuazione
delle misure di prevenzione
e protezione dai rischi
sul lavoro;
l organizza e realizza tutto quello
che è necessario ai fini della
prevenzione;
l assicura il funzionamento del
presidio sanitario, dotato di mezzi
di soccorso e di aree attrezzate
per l’elisoccorso, per tutto il periodo
di attività del cantiere;
l gestisce l’interlocuzione con i
rappresentanti dei lavoratori per
la sicurezza.
RLS e coordinamento
della sicurezza
Tuttavia, l’elemento più innovativo
per la gestione della prevenzione
nel sito/cantiere, introdotto
nell’ambito dell’accordo, è
rappresentato dal Collegio della
sicurezza con l’individuazione
dei rappresentanti dei lavoratori
per la sicurezza del cantiere
(RLSc). La scelta organizzativa
individuata, di per sé originale e
rispondente alla necessità di coordinamento
di un cantiere di tale
complessità e vastità, è di fatto
anticipatrice della nuova figura
del rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza di sito produttivo
prevista, per tutti i settori, dalla
legge n. 123/2007 [3] . L’esperienza
di Torrevaldalica sarà preziosa,
quindi, per valutare l’efficacia
dell’azione del delegato di sito
produttivo nella fase di estensio-
[2] Nel rispetto degli obblighi previsti per il committente dal D.Lgs. n. 494/1996.
[3] La lettera g), art. 1, legge n. 123/2007, fa esplicito riferimento al delegato di sito. In quanto presente tra i principi di delega per
l’emanazione del Testo unico delle norme di salute e di sicurezza, le caratteristiche e le agibilità di questa figura saranno oggetto di
confronto tra le parti sociali e i Ministeri competenti in fase di elaborazione dell’articolato oggetto della delega.
117

118
SICUREZZA IN CANTIERE
Articolo
ProcedureperilRLSM
Procedura
dicomunicazione
Procedura
perl’agibilità
ne della figura a tutti i settori.
Il numero elevato di imprese e
di lavoratori presenti nel cantiere
(si prevedono circa 15 milioni di
ore lavorate nei 5 anni), la sovrapposizione
delle fasi di demolizione
e di ricostruzione di parti
di impianto, con la presenza di
lavoratori operanti in comparti
diversi, ha suggerito, alle organizzazioni
sindacali e al committente,
di prevedere modalità specifiche
di rappresentanza (in materia
di salute e di sicurezza) e di
coordinamento e di «istituire idonei
strumenti di partecipazione e
coinvolgimento degli Rls delle
imprese operanti nel cantiere e
degli Rlst».
Pertanto, le OOSS hanno costituito
un collegio intersettoriale
della sicurezza formato da sei
RLS delle imprese operanti nel
cantiere e appartenenti a settori
produttivi diversi (prevalentemente
meccanici, nonchè edili,
dei servizi e chimici); il collegio
è specificatamente composto da
due del comparto edile, due del
comparto meccanico, uno del
chimico e uno dei servizi. Il collegio
di sicurezza, operativo dal
febbraio 2007, si riunisce con il
Coinvolge:
•ilcoordinatoreperl’esecuzione(Enel);
• i responsabili delle imprese
(capi cantiere e/o
RSPP);
•iRLSc;
•iRLSm;
•ilavoratoridelleimpresemetalmeccaniche;
•iRLSaziendali;
Coinvolge:
•RLSm;
•RLSc;
DALLE REGIONI
coordinatore per l’esecuzione dei
lavori, l’amministratore unico del
Comitato interimprese e il site
manager dell’ente committente,
di norma mensilmente ma, nei
primi mesi, anche ogni quindici
giorni. Gli incontri vertono, oltre
che sullo stato generale della sicurezza
e dell’igiene del lavoro
nel cantiere, compresa l’esecuzione
degli apprestamenti e i servizi
di cantiere, sull’attuazione
dei corsi di formazione del personale
delle imprese, sulla verifica
della gestione delle emergenze e
del primo soccorso. Ai componenti
il collegio della sicurezza è
attribuito il compito di:
l evidenziare i punti di criticità;
l formulare le proposte;
l esaminare le misure adottate.
I membri del collegio, dotati di
cartellino di riconoscimento,
usufruiscono degli spazi logistici
concessi alle OOSS, possono
affiggere nella bacheca sindacale
i loro comunicati e, in quanto
RLS, godono delle attribuzioni
e delle tutele previste dalla legislazione
vigente.
Per l’esercizio delle loro funzioni,
è stato concesso ai membri
del collegio della sicurezza un
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TABELLA1
-iverbalidicoordinamentoemessidalCoordinamento
perlasicurezzadelcantieredevonoessereconsegnatiancheaiRLSm.
(Neiverbali sonoindicati, divoltainvolta,interventiritenutinecessarieopportunirivoltiallesingoleaziendechedevonoessere“oggettodiinformativa”neiconfrontidituttiilavoratoridipendentidallestesse
aziendeedeiRLSaziendali);
-iRLSmdovrannovigilarecheleaziendericevanoqueste
comunicazioni;
-iRLSmdovrannoverificarelacorrettaapplicazioneoperativadiquantoprevistoerapportarsiconiRLSdiazienda
(ocon iRLScqualoranonvifosseroquelliaziendali).
-iRLSmsirapportanoconiRLScperfavorireunoscambiodelleinformazionirelativoalquadrodelleproblematichedelcantiereconcadenzaregolare;
-iRLSmhannopienaagibilità nellevarieareedelcantiere
laddovesisvolgonoattivitàelettromeccaniche.
primo monte ore complessivo di
permessi aggiuntivi pari a 2.100
ore l’anno. Questi permessi saranno
utilizzati per l’espletamento
dei compiti previsti dal mandato
tra cui:
l visionare periodicamente le
aree di cantiere;
l partecipare, quando convocati,
alle riunioni del tavolo permanente;
l partecipare alle riunioni con il
coordinatore per l’esecuzione dei
lavori, l’amministratore unico del
Comitato interimprese e il site
manager.
Successivamente, a integrazione
del precedente accordo relativo al
Collegio intersettoriale della sicurezza
e ai RLSc (di cantiere),
un ulteriore accordo è sopraggiunto
l’11 luglio 2007, stipulato,
in questa seconda fase, da Cgil,
Cisl e Uil di Civitavecchia direttamente
con il Comitato interimprese
per le imprese elettromeccaniche
ed ellettrostrumentali
presenti nel cantiere. L’intesa
prevede l’istituzione di un Collegio
categoriale della sicurezza,
formato da 6 RLSm (ovvero RLS
metalmeccanici) “provenienti dai
RLS eletti nelle varie imprese
13 novembre 2007 ­ N. 21

elettromeccaniche operanti in
cantiere”. I RLSm inizieranno la
loro attività una volta formati.
Le parti interessate hanno definito
anche specifiche procedure, tra
cui, in particolare, quelle descritte
nella tabella 1, per permettere
a questa nuova figura di poter
operare in assenza di riferimenti
normativi o di accordi quadro di
riferimento. I RLSm hanno la disponibilità
del tempo pieno per
l’esercizio delle loro funzioni.
La formazione
Un capitolo specifico dell’accordo,
di grande rilievo sia per il
numero dei soggetti interessati,
sia per il monte ore formativo
definito, è dedicato alla formazione
prevedendo interventi rivolti:
l al Collegio della sicurezza in-
13 novembre 2007 ­ N. 21
DALLE REGIONI
tersettoriale e categoriale (RLSc
e RLSm);
l al RLS nelle imprese;
l alla generalità dei lavoratori
del cantiere.
I RLS membri del collegio
della sicurezza intersettoriale, in
aggiunta a quanto previsto dai
contratti collettivi, partecipano a
corsi formativi di 64 ore pro capite
all’anno, con 8 moduli di 8
ore. Mentre, per i RLSm, l’accordo
del luglio 2007 ha previsto
una formazione aggiuntiva di 40
ore per ciascun rappresentante.
Per tutti i RLS delle imprese
appaltatrici/subappaltatrici è previsto,
invece, un modulo formativo
aggiuntivo di 8 ore pro capite
annuo.
I corsi per la generalità dei lavoratori
sono costituiti da due
moduli di 8 ore ciascuno di cui,
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SICUREZZA IN CANTIERE
Articolo
dopo un primo momento di esitazione,
si è fatto carico il committente:
l il modulo di base include anche
l’intervento delle organizzazioni
sindacali, della durata di 2
ore;
l il modulo specifico è connesso
con il profilo professionale di
ciascun lavoratore.
Per quanto riguarda le modalità
con cui è stata realizzata la
formazione ai lavoratori vale la
pena di sottolinearne:
l il carattere attivo (finalizzato a
motivare i lavoratori ad assumere
comportamenti sicuri);
l l’efficacia degli interventi di
addestramento pratico in cantiere
sui rischi maggiori, che potrebbero
comportare le più gravi conseguenze.
l
119

LEGISLAZIONE
In breve
DALLE REGIONI
RASSEGNADIDELIBEREELEGGIREGIONALI
acuradiAlessandroJazzetti, magistrato
120
SETTEMBRE­OTTOBRE2007
Regione Ambito Estremienota
SICILIA
Sicurezza
dellavoro
ABRUZZO Acqua
LOMBARDIA Acqua
TRENTINOA­A
Provincia
autonoma
diBolzano
Acqua
SICILIA Acqua
TRENTINOA­A
Provincia
autonoma
diTrento
TOSCANA
Aria
Aria
IGIENEESICUREZZA
CircolareAssessoratodeiLavoriPubblici3ottobre2007
«Circolare esplicativa della legge regionale 21 agosto 2007, n.
20, recante “Modifiche ed integrazioni alla legge 11 febbraio
1994,n.109,comeintrodottadallaleggeregionale2agosto2002,n.
7esuccessivemodificheeintegrazioni,recantenormeinmateriadi
lavoripubblici.Disposizioniinmateriadiprevenzioneesicurezzadei
lavoratorineicantieriedili.Prorogaditerminiinmateriadiedilizia
agevolataeconvenzionata.Disposizioniinmateriadifinanziamenti
agevolatiecontributidelP.O.R.Sicilia2007/2013”»
(in GazzettaUfficialeRegioneSicilia6ottobre2007,n.48)
AMBIENTE
DeliberaGiuntaRegionale16luglio2007,n.709
«Modifica alla Delib. G.R. 18 dicembre 2006, n. 1475 avente ad
oggetto ”Art. 92 ­ D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ­ Attuazione del
Programma di Azione per le zone vulnerabili da nitrati di origine
agricola”»
(inB.U.Abruzzo14settembre2007,n.51)
DeliberaGiuntaRegionale26settembre2007,n.8/5448
«Metodo per la determinazione della tariffa del servizio idrico
integratoinLombardiaaisensidellaL.R.n.26/2003»
(inB.U.Lombardia8ottobre2007,n.41)
DeliberaGiuntaProvinciale23luglio2007,n.2458
«Documento preliminare di piano generale di utilizzazione delle
acquepubblichedellaProvinciaAutonomadiBolzano»
(inS.n.2alB.U.Trentino­AltoAdige2ottobre2007,n.40)
DecretoAssessoratodelTerritorioedell’Ambiente
9agosto2007
«Nuoveprocedureinmateriadiautorizzazionialleemissioniin
atmosfera»
(inGazzettaUfficialeRegioneSicilia14settembre2007,n.43)
DeliberaGiuntaProvinciale24agosto2007,n.1765
«Aggiornamento della tabella B del Testo unico delle leggi
provinciali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti,
recante «Limiti di accettabilità per le emissioni da ciascuna
unità­termica ad uso produttivo o misto o da ciascuna unità
produttiva»,aisensidell’art.51delmedesimoTestounico»
(inB.U.Trentino­AltoAdige11settembre2007,n.37)
DecretoDirigenziale4settembre2007,n.4253
«Approvazione modalità di effettuazione delle misure di
controllo sugli stabilimenti a rischio di incidente rilevante ai
sensidell'art.25delD.Lgs.n.334/1999esuccessivemodifiche»
(in B.U. Toscana 26 settembre 2007, n. 39, parte seconda,
supplementon.110)
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
13 novembre 2007 ­ N. 21

ABRUZZO Rifiuti
EMILIA­ROMAGNA Rifiuti
ABRUZZO
EMILIA­ROMAGNA
LOMBARDIA
LOMBARDIA
PUGLIA
ABRUZZO
LOMBARDIA
PUGLIA
13 novembre 2007 ­ N. 21
Tutela
ambientale
Tutela
ambientale
Tutela
ambientale
Tutela
ambientale
Tutela
ambientale
Valutazione
diimpatto
ambientale
Valutazione
diimpatto
ambientale
Valutazione
diimpatto
ambientale
DALLE REGIONI
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LEGISLAZIONE
In breve
DeliberaGiuntaRegionale13agosto2007,n.860
«L.R.n.52/2000esuccessivemodificheedintegrazioni­“Interventi
finanziari urgenti per favorire la raccolta differenziata dei rifiuti”;
Riassegnazionefondi»
(inB.U.Abruzzo14settembre2007,n.76speciale)
DeliberaGiuntaRegionale30luglio2007,n.1193
«Approvazionediunaccordoperlagestionediuncentrodiriciclaggio
innovativo(CentroRemida)finalizzatoallapromozionedelrecupero
eall’utilizzodeimaterialirecuperatiinattivitàdidattiche»
(inB.U.Emilia­Romagna26settembre2007,n.145)
DeliberaGiuntaRegionale13agosto2007,n.862
«Delib. G.R. 3 maggio 2006, n. 461 avente per oggetto: D.Lgs. n.
59/2005concernente“AttuazioneintegraledellaDirettiva96/61/CE
relativaallaprevenzioneeriduzioneintegratedell’inquinamento”.
Modifica art. 3 ed integrazione art. 5, Delib. G.R. n. 461/2006.
Regolamentazione art. 10, comma 4 ­ D.Lgs. n. 59/2007:
approvazionemodulistica»
(inB.U.Abruzzo14settembre2007,n.76speciale)
DeliberaGiuntaRegionale27agosto2007,n.1288
«Modifica della Delib. G.R. n. 1435/2006 relativa alle misure di
conservazione per la gestione delle Zone di protezione speciale
(ZPS),aisensidellaDirettiva79/409/CEE,dellaDirettiva92/43/CEEe
delD.P.R.n.357/1997esuccessivemodificazioni»
(inB.U.Emilia­Romagna26settembre2007,n.145)
LeggeRegionale3ottobre2007,n.24
«Modificheallaleggeregionale11marzo2005,n.12(leggeper
ilgovernodelterritorio)»
(inS.O.4ottobre2007,n.1,alB.U.Lombardia1°ottobre2007,
n.40)
DecretoDirigenziale18settembre2007,n.10132
«Modificadellaproceduraperilrilasciodell’autorizzazioneintegrata
ambientale (D.Lgs. 18 febbraio 2005, n. 59 «Attuazione integrale
della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione
integratedell’inquinamento»),relativamenteagliimpiantiesistenti,
previstadall’allegatoalD.Dirig.n.7968del17luglio2007»
(inB.U.Lombardia1°ottobre2007,n.40)
DeliberaGiuntaRegionale18settembre2007,n.1463
«Delib.G.R.n.539/2007­“Leggeregionalen.17/2000­Art.4­
Programmaregionaleperlatuteladell’ambiente”.Rettifica»
(inB.U.Puglia27settembre2007,n.137)
DeliberaGiuntaRegionale13agosto2007,n.842
«IndirizziconcernentilaValutazioneAmbientaleStrategica(V.A.S.)
di Piani di competenza degli Enti Locali ricadenti nel territorio
regionale»
(inB.U.Abruzzo14settembre2007,n.51)
DeliberaGiuntaRegionale26settembre2007,n.8/5450
«Prorogadeiterminidipresentazionedell’istanzadiadesioneal2º
Bando­AccordodiProgrammaQuadro:“Interventidimitigazione
d’impatto ambientale e di delocalizzazione degli insediamenti
residenziali ricompresi nell’ambito territoriale prioritario del Piano
Territorialed’AreaMalpensa,edinparticolare,inprimaistanza,siti
nel territorio dei Comuni di Somma Lombardo, Lonate Pozzolo e
Ferno,adiacentialsedimeaeroportuale”»
(inB.U.Lombardia8ottobre2007,n.41)
Determinazione5settembre2007,n.255
«Linee­guida per la pianificazione strategica territoriale di Area
Vasta. Proroga termini per la presentazione dei documenti relativi
all’avvio del percorso di pianificazione strategica e del processo di
valutazioneambientalestrategica(VAS)»
(inB.U.Puglia20settembre2007,n.132)
121

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