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“MEMORIE”<br />

Maddaloni<br />

1943 – 1945<br />

a cura di Salvatore Giulio Borriello<br />

<strong>con</strong> la collaborazione di<br />

Francesco d’Orologio<br />

Maddaloni 2011


Per non Dimenticare<br />

“MEMORIE”<br />

Maddaloni<br />

1943 – 1945<br />

Rac<strong>con</strong>ti di cittad<strong>in</strong>i maddalonesi<br />

che hanno vissuto quegli anni<br />

a cura di Salvatore Giulio Borriello<br />

<strong>con</strong> la collaborazione di<br />

Francesco D’Orologio<br />

Maddaloni 2011<br />

2


Si r<strong>in</strong>grazia per la collaborazione:<br />

Comune di Maddaloni<br />

S<strong>in</strong>daco <strong>del</strong>la Città di Maddaloni<br />

Avv. Antonio Cerreto<br />

Dott.ssa Maria Rosaria Rienzo<br />

Direttrice Museo Civico<br />

Dott. Antonio Tedesco<br />

Prof.ssa Annamaria Borriello<br />

Sig. Francesco d’Orologio<br />

Arch. F<strong>il</strong>omena Borriello<br />

Antonio Cerreto (Studente)<br />

Scuola Montessori (Istituto Tecnico Commercia<strong>le</strong> Paritario)<br />

Corso di recupero scolastici Maddaloni<br />

Tutte <strong>le</strong> persone che hanno collaborato<br />

Ai miei Cari<br />

Gianna, Annamaria, Francesco<br />

3


Indice<br />

Alla mia Città (nota <strong>del</strong>l’Autore) pag. 6<br />

Saluti <strong>del</strong> S<strong>in</strong>daco pag. 7<br />

Nota Cerreto Antonio (studente) pag. 8<br />

Aspetti <strong>del</strong>la vita di Maddaloni pag. 10<br />

Cafarelli Domenico pag. 27<br />

Capalbo Giovanni pag. 50<br />

Cerreto Francesco pag. 15<br />

Coppola Domenico pag. 41<br />

Cuccaro Concetta pag. 47<br />

Decurione Salvatore pag. 56<br />

De Lucia Giuseppe pag. 49<br />

Del Monaco Nicola pag. 44<br />

Della Ventura T<strong>in</strong>a pag. 19<br />

Ferraro Umberto pag. 57<br />

Gargiulo Aniello pag. 55<br />

Giovanniello Ros<strong>in</strong>a pag. 25<br />

Lombardi Margherita pag. 51<br />

Mignone C<strong>le</strong>lia pag. 40<br />

Mignone Margherita pag. 39<br />

Picozzi Giuseppe pag. 22<br />

Razzano Antonietta pag. 48<br />

Rescigno Tommaso pag. 36<br />

Russo Domenico pag. 23<br />

Santo Antonio pag. 52<br />

Saracco Luigi pag. 34<br />

Strabella Rosa pag. 21<br />

Tedesco Gaetano pag. 53<br />

Il <strong>Se</strong>colo <strong>del</strong> Popolo (<strong>testo</strong> <strong>in</strong>tegra<strong>le</strong>) pag. 58<br />

Rassegna <strong>foto</strong>grafica pag. 65<br />

Cenni storici <strong>del</strong> Quartiere pag. 87<br />

Rassegna <strong>foto</strong>grafica Quartiere pag. 91<br />

Prof<strong>il</strong>o Autore pag. 99<br />

4


Sia tra i v<strong>in</strong>ti che tra i v<strong>in</strong>citori,<br />

la povera gente faceva la fame.<br />

5


Alla mia Città<br />

Amatissima mia Città io, semplice ed um<strong>il</strong>e tuo cittad<strong>in</strong>o, ben <strong>con</strong>sapevo<strong>le</strong> <strong>del</strong>la gioia<br />

che ti procura chi cerca di evidenziare la tua amatissima storia, ho pensato di dare alla<br />

luce questo mio libretto che tratta <strong>del</strong> tuo passato recente e, se non a te, a chi potrei<br />

dedicare questo mio lavoro, questa mia ricerca? A te dunque lo raccomando e lo<br />

dedico: è un piccolo segno <strong>del</strong> grande amore che ho per te mia cara Città. Sappi però,<br />

che per questo mio piccolo omaggio, voglio la ricompensa che io, <strong>con</strong> tutti i cittad<strong>in</strong>i,<br />

ti possa amare più di prima. Nel <strong>le</strong>ggere questo mio libro rest<strong>in</strong>o <strong>in</strong>fiammati d’amore<br />

per te e ci impegni <strong>con</strong> tutto l’affetto a promuovere <strong>le</strong> cose buone <strong>del</strong>la città. Ci renda<br />

felice questa terra buona, impegniamoci tutti nel renderla migliore. Siamo tutti figli di<br />

questa amata terra e al di sopra di tutto, dobbiamo preservarla e custodirla per i nostri<br />

posteri, i nostri figli i quali sapranno giudicarla sia positivamente che negativamente,<br />

se<strong>con</strong>do quello che noi saremo capaci di tramandare. Ho voluto effettuare questa mia<br />

ennesima ricerca <strong>con</strong> <strong>il</strong> <strong>con</strong>tributo <strong>del</strong>l’amico Francesco D’Orologio sul periodo <strong>del</strong>la<br />

nostra Città riferito agli anni 1943 – 1945, mettendo <strong>in</strong> risalto e evidenziando <strong>le</strong> storie<br />

e i rac<strong>con</strong>ti narratimi da cittad<strong>in</strong>i che <strong>in</strong> quel periodo erano dei ragazz<strong>in</strong>i, che hanno<br />

vissuto quei momenti tristi e pericolosi sulla loro pel<strong>le</strong> sia <strong>il</strong> periodo Tedesco che<br />

quello Americano. Ne ho <strong>in</strong>tervistati molti e tra questi alcuni erano restii a narrare <strong>le</strong><br />

loro vicissitud<strong>in</strong>i e la causa primaria era quella <strong>del</strong>la fame; altri si sono talmente<br />

emozionati che non sono riusciti a rac<strong>con</strong>tare quello che avevano vissuto; altri ancora<br />

non riuscendo a rac<strong>con</strong>tare lo hanno trascritto. Ho voluto riportare <strong>le</strong> loro memorie<br />

<strong>in</strong>tegralmente, soltanto correggendone la forma e adattandoli al rac<strong>con</strong>to. Le storie che<br />

<strong>le</strong>ggerete sono soggettive, perché rac<strong>con</strong>tate se<strong>con</strong>do <strong>le</strong> esperienze vissute dal<strong>le</strong><br />

s<strong>in</strong>go<strong>le</strong> persone che gent<strong>il</strong>mente <strong>le</strong> hanno rac<strong>con</strong>tate, e a loro va <strong>il</strong> mio <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito<br />

r<strong>in</strong>graziamento e la mia gratitud<strong>in</strong>e. Non è detto che tutto corrispondi alla realtà perché<br />

<strong>il</strong> tempo trascorso è notevo<strong>le</strong> anche se non sembra e non sempre la memoria<br />

accompagna <strong>il</strong> rac<strong>con</strong>to. Di ogni storia, ho evidenziato <strong>il</strong> nome, cognome e data di<br />

nascita di chi rac<strong>con</strong>tava gli avvenimenti. I rac<strong>con</strong>ti sono raccolti e scritti nel modo <strong>del</strong><br />

tutto casua<strong>le</strong>, senza <strong>in</strong>tenzione di priv<strong>il</strong>egiare l’una o l’altra persona che ha aderito.<br />

Cav. Salvatore Giulio Borriello<br />

6


Saluti <strong>del</strong> S<strong>in</strong>daco<br />

Mi pregio <strong>con</strong> immenso piacere di salutare questo scritto di un Maddalonese,<br />

Cav. Salvatore Giulio Borriello, appassionato di storia m<strong>il</strong>itare e di quella <strong>del</strong>la nostra<br />

Città. Grazie al suo impegno e al<strong>le</strong> sue appassionate ricerche, veniamo a <strong>con</strong>oscenza di<br />

avvenimenti <strong>del</strong> passato accaduti nella nostra cara Città. Questi scritti servono a<br />

portare alla memoria e a <strong>con</strong>servar<strong>le</strong>, eventi accaduti nel periodo bellico <strong>del</strong>la <strong>Se</strong><strong>con</strong>da<br />

Guerra Mondia<strong>le</strong> che, <strong>con</strong> l’oblio <strong>del</strong> tempo potrebbero andare perduti. In questo<br />

libretto si rac<strong>con</strong>tano storie realmente vissute da nostri <strong>con</strong>cittad<strong>in</strong>i negli anni che<br />

vanno dal 1943 al 1945, dall’occupazione Tedesca a quella degli Al<strong>le</strong>ati. Periodo <strong>in</strong> cui<br />

la sofferenza, la fame, la povertà, i bombardamenti, i rastrellamenti, la borsa nera, <strong>il</strong><br />

<strong>con</strong>trabbando e <strong>con</strong> essi tante altre necessità, mettevano a dura prova la vita e la<br />

sopravvivenza <strong>del</strong>la popolazione. Nel <strong>le</strong>ggere queste pag<strong>in</strong>e, sentite da vive voci e<br />

trascritte <strong>con</strong> tanta passione dall’amico Salvatore, si rac<strong>con</strong>tano molte tragedie <strong>del</strong>la<br />

nostra Città, <strong>con</strong> morti e feriti. Non si può non rimanere commossi e turbati degli<br />

avvenimenti succedutisi, rac<strong>con</strong>tati da chi li ha vissuti e sperimentati sulla propria<br />

pel<strong>le</strong>.<br />

Non capita spesso di poter <strong>le</strong>ggere scritti di nostri <strong>con</strong>cittad<strong>in</strong>i, perciò mi complimento<br />

di questo lavoro. Invito i giovani e tutta la cittad<strong>in</strong>anza a <strong>le</strong>ggerlo perché siano spronati<br />

ad amare la loro Città. Le storie rac<strong>con</strong>tate ci siano di monito per un cambiamento <strong>in</strong><br />

positivo <strong>del</strong>la nostra Città e io, <strong>con</strong> tutto <strong>il</strong> cuore, mi sono dato anima e corpo per poter<br />

compiere questa missione che la Città mi ha affidato.<br />

Il S<strong>in</strong>daco<br />

Antonio Cerreto<br />

7


Una rif<strong>le</strong>ssione su una realtà storica maddalonese<br />

“Memorie”; questo <strong>il</strong> titolo <strong>del</strong> libro scritto dal Cav. Salvatore Giulio Borriello<br />

<strong>con</strong>tenente una raccolta di rac<strong>con</strong>ti di cittad<strong>in</strong>i maddalonesi vissuti durante la <strong>Se</strong><strong>con</strong>da<br />

Guerra Mondia<strong>le</strong>.<br />

Dopo un’attenta <strong>le</strong>ttura, sembra che esso sia nato da diversa necessità. Prima fra tutte<br />

quella di “rac<strong>con</strong>tare” <strong>del</strong><strong>le</strong> esperienze vissute durante un periodo storico drammatico<br />

come quello <strong>del</strong>la guerra. <strong>Se</strong><strong>con</strong>dariamente dalla necessità di “ascoltare” da parte<br />

<strong>del</strong>l’autore, eventi che hanno <strong>in</strong>teressato soprattutto la città <strong>in</strong> cui vive, quella stessa<br />

che <strong>in</strong> apertura al libro viene personificata divenendo <strong>il</strong> dest<strong>in</strong>atario astratto di un<br />

lavoro durato diversi mesi e culm<strong>in</strong>ante <strong>con</strong> la stesura f<strong>in</strong>a<strong>le</strong>. Ciò è strettamente <strong>le</strong>gato<br />

ad un senso di forte attaccamento diffic<strong>il</strong>mente ris<strong>con</strong>trab<strong>il</strong>e anche nei giovani, che<br />

vivono <strong>in</strong> prima persona la realtà maddalonese attua<strong>le</strong>. Il bisogno di “ricordare”,<br />

aff<strong>in</strong>ché la memoria non diventi scialba e lontana a causa <strong>del</strong>lo scorrere <strong>del</strong> tempo ma<br />

vic<strong>in</strong>a a chiunque cerchi di accostarsi ad essa, è uno degli e<strong>le</strong>menti affrontati più<br />

importanti. La storia, <strong>in</strong>vece, <strong>con</strong> <strong>il</strong> tema <strong>del</strong> ricordo, ac<strong>qui</strong>sta una posizione<br />

priv<strong>il</strong>egiata nell’e<strong>con</strong>omia dei rac<strong>con</strong>ti soprattutto nel tracciare una l<strong>in</strong>ea comune che<br />

<strong>le</strong>ga tutte <strong>le</strong> esperienze narrate aventi come scenario Maddaloni; un paese<br />

comp<strong>le</strong>tamente diverso da quello che oggi può apparire. Una città segnata dalla fame,<br />

<strong>in</strong> cui gli abitanti erano costretti dal<strong>le</strong> circostanze, a mangiare qualsiasi cosa come <strong>le</strong><br />

bucce di patate e la polvere di piselli; dal timore che di giorno <strong>in</strong> giorno creava stato di<br />

forte tensione causato soprattutto dal suono <strong>del</strong>la sirena che annunciava<br />

l’avvic<strong>in</strong>amento di aerei da bombardamento e dalla successiva fuga <strong>in</strong> rifugi costituiti<br />

da cant<strong>in</strong>e spesso “fatiscenti” e sottoposte a pericolo di crollo. A questo proposito un<br />

avvenimento sembra <strong>con</strong>fermare questo tipo di clima <strong>in</strong>staurato e cioè <strong>il</strong> saccheggio<br />

<strong>del</strong>la caserma Annunziata, avvenuto, dopo che <strong>le</strong> truppe m<strong>il</strong>itari tedesche, avevano<br />

lasciato la città a causa <strong>del</strong>l’avvic<strong>in</strong>arsi di forze americane.<br />

La morte, dovuta <strong>in</strong> parte ad avvenimenti come l’esplosione di una bomba o dalla<br />

mancanza di cibo, diviene un e<strong>le</strong>mento che spesso ricorre nel<strong>le</strong> narrazioni e<br />

l’atmosfera che crea si rif<strong>le</strong>tte nel<strong>le</strong> paro<strong>le</strong> <strong>del</strong><strong>le</strong> persone che rac<strong>con</strong>tano vicende<br />

vissute durante l’<strong>in</strong>fanzia o <strong>in</strong> età ado<strong>le</strong>scenzia<strong>le</strong>, quando <strong>il</strong> <strong>con</strong>flitto tra potenze<br />

europee aveva trasformato l’Italia <strong>in</strong> un triste scenario di guerra, <strong>in</strong> cui l’istruzione era<br />

un e<strong>le</strong>mento limitato solo a pochi ragazzi sempre più spesso costretti a sopravvivere<br />

rubando o trovando dei modi per guadagnar qualche soldo e comprare, da<br />

<strong>con</strong>trabbandieri alimentari, un pezzo di pane <strong>in</strong> più rispetto a quello <strong>con</strong>cesso dallo<br />

Stato attraverso <strong>del</strong><strong>le</strong> tessere distribuite a ciascuno. <strong>Se</strong>mbra strano come <strong>in</strong> questa<br />

realtà sia possib<strong>il</strong>e che nas<strong>con</strong>o degli affetti da parte di alcuni cittad<strong>in</strong>i verso dei soldati<br />

tedeschi o americani. I primi, come viene ripetuto da alcuni, ebbero nel corso degli<br />

avvenimenti storici un cambiamento di comportamento nei <strong>con</strong>fronti <strong>del</strong>la<br />

popolazione. Da una situazione di apparente pace s<strong>con</strong>volsero una f<strong>in</strong>ta tranqu<strong>il</strong>lità<br />

socia<strong>le</strong> dopo l’armistizio <strong>del</strong>l’8 settembre 1943. I se<strong>con</strong>di <strong>in</strong>vece, sono accolti, al<br />

momento <strong>del</strong> loro arrivo, come dei liberatori ma <strong>in</strong> realtà costr<strong>in</strong>gono la cittad<strong>in</strong>anza a<br />

azioni che sono <strong>in</strong> <strong>con</strong>trasto <strong>con</strong> la moralità socia<strong>le</strong>. Il popolo sembra cambiare <strong>con</strong> <strong>il</strong><br />

variare <strong>del</strong><strong>le</strong> situazioni storiche. In ultima rif<strong>le</strong>ssione, analizzando <strong>il</strong> libro se<strong>con</strong>do una<br />

8


visione genera<strong>le</strong>, “Memorie” può essere giudicato, come un frammento di un ritratto<br />

che descrive una realtà spesso <strong>in</strong> <strong>con</strong>trasto <strong>con</strong> quel<strong>le</strong> immag<strong>in</strong>i proposte dai libri di<br />

storia o da diversi f<strong>il</strong>m ambientati tra <strong>il</strong> 1943 e <strong>il</strong> 1945 e che per <strong>il</strong> modo <strong>in</strong> cui si<br />

<strong>in</strong>seris<strong>con</strong>o i rac<strong>con</strong>ti <strong>in</strong> un determ<strong>in</strong>ato <strong>con</strong><strong>testo</strong> storico, è <strong>in</strong> grado di suscitare nel<br />

<strong>le</strong>ttore un <strong>in</strong>teresse che scaturisce non solo <strong>del</strong>la Storia ma anche dalla descrizione<br />

<strong>del</strong>la Città di Maddaloni.<br />

Antonio Cerreto<br />

9


Il seguente scritto è tratto dal libro di:<br />

Francesco D’Orologio: Aspetti <strong>del</strong>la vita di Maddaloni<br />

“Per risaltare e mettere <strong>in</strong> evidenza, che i rac<strong>con</strong>ti hanno aff<strong>in</strong>ità <strong>con</strong> ciò che è<br />

documentato e corrisponde alla realtà dei fatti”.<br />

Aspetti <strong>del</strong>la vita di Maddaloni.<br />

Durante <strong>il</strong> periodo bellico sulla Casa comuna<strong>le</strong> fu impiantata la sirena, detta “tufa”, per<br />

avvisare gli abitanti <strong>del</strong>l’arrivo degli aerei nemici. Manifesti affissi ovunque per <strong>il</strong><br />

paese avvisavano i cittad<strong>in</strong>i come comportarsi durante <strong>le</strong> <strong>in</strong>cursioni: opportuno uso<br />

<strong>del</strong>la maschera antigas, come oscurare dalla prima sera <strong>le</strong> case e <strong>le</strong> strade <strong>in</strong>collando<br />

vistose strisce di carta sui vetri; <strong>le</strong> luci e<strong>le</strong>ttriche dovevano essere spente o<br />

parzialmente ricoperte <strong>con</strong> fogli di carta <strong>in</strong> modo che i raggi lum<strong>in</strong>osi non f<strong>il</strong>travano<br />

dal<strong>le</strong> aperture <strong>del</strong><strong>le</strong> abitazioni. Si attuò anche <strong>il</strong> razionamento dei generi alimentari,<br />

essendo questi <strong>in</strong>sufficienti a soddisfare i bisogni alimentari di tutti. A ta<strong>le</strong> scopo fu<br />

deciso di distribuire molti generi di <strong>con</strong>sumo agli abitanti attraverso una rete di<br />

distribuzione abitua<strong>le</strong>. Inoltre fu stab<strong>il</strong>ito l’obbligo <strong>del</strong>la <strong>con</strong>segna all’ammasso di<br />

molte derrate alimentari: i produttori tolto <strong>il</strong> quantitativo necessario alla propria<br />

famiglia, imposto per <strong>le</strong>gge e tolta la quantità necessaria per la futura sem<strong>in</strong>a dovevano<br />

<strong>con</strong>segnare a prezzo di calmiere tutto <strong>il</strong> rimanente <strong>del</strong> raccolto agli speciali centri di<br />

ammasso. Ad ogni famiglia furono distribuite <strong>le</strong> carte annonarie o “tessere <strong>del</strong> pane”<br />

tante quanti erano i membri famigliari. Periodicamente o ogni giorno <strong>il</strong> bottegaio di<br />

fiducia staccava <strong>il</strong> boll<strong>in</strong>o numerato <strong>con</strong> la data per poi <strong>con</strong>segnare all’ac<strong>qui</strong>rente <strong>il</strong><br />

corrispettivo di pasta o pane o olio o zucchero. Il caffè, genero di lusso e proibito,<br />

scomparve <strong>del</strong> tutto f<strong>in</strong> dall’<strong>in</strong>izio <strong>del</strong>la guerra. Nei bar fu sostituito <strong>con</strong> <strong>il</strong> famigerato<br />

surrogato fatto di misture varie <strong>con</strong>fezionato <strong>con</strong> orzo, bacche secche, fave e cicorie.<br />

Con <strong>il</strong> razionamento ebbe <strong>in</strong>izio su tutto <strong>il</strong> territorio <strong>il</strong> mercato nero dove <strong>con</strong> prezzi<br />

esosi si poteva trovare un po’ di tutto. Nella nostra città non fu molto avvertita lo stato<br />

di carestia dei prodotti commestib<strong>il</strong>i perché come paese agricolo offriva molti<br />

sotterfugi e sistemi per arrangiarsi. Parecchi si recavano a fare razzie dei prodotti <strong>del</strong>la<br />

terra nel<strong>le</strong> campagne maddalonesi rischiando anche di essere impall<strong>in</strong>ati dal guardiano<br />

o dal proprietario <strong>del</strong> fondo terriero. A volte bastava mettersi d’accordo <strong>con</strong> un colono<br />

che dietro un adeguato compenso <strong>con</strong>segnava un pezzo di pane o una “mappata” di<br />

fagioli o di far<strong>in</strong>a di mais. Con <strong>il</strong> passare <strong>del</strong> tempo i vari espedienti non furono<br />

sufficienti a sfamare i paesani che com<strong>in</strong>ciarono a mangiare bucce di melone o di<br />

piselli seccati al so<strong>le</strong>, gusci di uova tritati e sciolti nell’acqua. Pure i ragazzi seppero<br />

organizzarsi <strong>in</strong> quei periodi di crisi. Essi si riunivano <strong>in</strong> gruppi e assaltavano i campi<br />

coltivati cir<strong>con</strong>dati da una c<strong>in</strong>ta muraria raccogliendo dai campi e dai giard<strong>in</strong>i dei<br />

signorotti prugne, noci e qualche rapa e dei broccoli dai campi. In quel periodo <strong>le</strong><br />

famiglie povere gradivano molto mangiare <strong>le</strong> arr<strong>in</strong>ghe: pesce affumicato che era una<br />

vera <strong>le</strong>ccornia dei buongustai. Il suo odore che oggi farebbe arricciare <strong>il</strong> naso allora era<br />

assai gradito. La povera gente poteva mangiare la carne rossa quando moriva qualche<br />

bestia accidentata. La sua carne era venduta a buon mercato dalla macel<strong>le</strong>ria comuna<strong>le</strong>.<br />

La carne rossa allora era un alimento non accessib<strong>il</strong>e al<strong>le</strong> famiglie povere a causa <strong>del</strong><br />

10


suo prezzo piuttosto salato. Il popol<strong>in</strong>o faceva <strong>in</strong>oltre largo <strong>con</strong>sumo <strong>del</strong><strong>le</strong> <strong>in</strong>teriori<br />

degli animali: trippa fegato e cuore. Tipiche <strong>in</strong> certi vicoli antichi <strong>del</strong>la città <strong>del</strong><strong>le</strong> due<br />

torri erano <strong>le</strong> bancarel<strong>le</strong> dove si cocevano e si vendevano <strong>le</strong> “bu<strong>del</strong><strong>le</strong> cotte”. Durante <strong>il</strong><br />

periodo di guerra molti giovani maddalonesi furono mandati a combattere <strong>in</strong> Africa,<br />

Grecia, Albania e Russia: molti morirono e tanti furono fatti prigionieri se<strong>con</strong>do la<br />

zona dagli <strong>in</strong>g<strong>le</strong>si, russi e americani. Nel 1943 prima che arrivassero gli Al<strong>le</strong>ati, a<br />

seguito <strong>del</strong>l’Armistizio <strong>del</strong>l’8 settembre, si verificò un rapido abbandono e<br />

sbandamento <strong>del</strong><strong>le</strong> nostre truppe. L’esercito abbandonò armi e caserme. I Tedeschi<br />

subito presero possesso <strong>del</strong>la nostra città e imposero la loro autorità <strong>con</strong> <strong>le</strong>ggi severe e<br />

<strong>con</strong> <strong>il</strong> coprifuoco. Era stato st<strong>il</strong>ato un proclama che obbligava i Maddalonesi a<br />

presentarsi al Comando tedesco <strong>in</strong> determ<strong>in</strong>ate occasioni per essere impiegati <strong>in</strong> f<strong>in</strong>i<br />

bellici. Parecchi giovani furono mandati nei campi di lavoro <strong>in</strong> Germania. Si<br />

com<strong>in</strong>ciarono a vedere <strong>le</strong> prime scene tristi: la deportazione stipata sui camion tedeschi<br />

che prima toccavano Sparanise e poi raggiungevano i vari campi nazisti di<br />

<strong>con</strong>centramento. A Maddaloni i Tedeschi, prima <strong>del</strong>l’arrivo degli Al<strong>le</strong>ati, cercarono di<br />

m<strong>in</strong>are la caserma Annunziata sita <strong>in</strong> Via Roma, ma non fecero <strong>in</strong> tempo perché<br />

<strong>in</strong>calzati dagli Al<strong>le</strong>ati la dovettero abbandonare <strong>in</strong> fretta lasciandola ad un nuovo<br />

saccheggio. Per evitare l’avanzata degli al<strong>le</strong>ati i Tedeschi fecero saltare <strong>il</strong> ponte “a<br />

Vapore” detto Monata situato <strong>in</strong> Via Cancello. Gli Americani per poter passare<br />

dovettero farsi strada <strong>con</strong> la pala meccanica. Nella ritirata fecero saltare parecchie<br />

cent<strong>in</strong>aia di metri di b<strong>in</strong>ari e diedero fuoco ad alcuni vagoni e alla stazione ferroviaria,<br />

e m<strong>in</strong>arono l’acquedotto civico, la Casa comuna<strong>le</strong> e la caserma <strong>del</strong>l’Annunziata. F<strong>in</strong>o<br />

al 4 ottobre 1943 <strong>il</strong> Comando tedesco di Maddaloni aveva sede a v<strong>il</strong>la Correra situata<br />

lungo l’Appia nei pressi di S. Maria a Vico. In una masseria di Via Feudo c’era <strong>il</strong><br />

Centro Territoria<strong>le</strong> di campagna ove operava <strong>il</strong> Comando tedesco. L’attua<strong>le</strong> caserma<br />

SMICA <strong>con</strong> l’annesso Palazzo Pallad<strong>in</strong>o, ex residenza dei Carafa, fu adibita come<br />

campo di prigionia differenziato. Durante <strong>il</strong> periodo di transizione <strong>le</strong> nostre caserme<br />

rimaste senza vig<strong>il</strong>anza, furono svaligiate dal popolo che cercò di arraffare <strong>con</strong> tutti i<br />

mezzi più che poteva. Di mira furono presi <strong>il</strong> “Quartiere”, attua<strong>le</strong> caserma Annunziata<br />

ormai abbandonata e l’ospeda<strong>le</strong> m<strong>il</strong>itare “Littorio” di Via Caud<strong>in</strong>a. I predatori<br />

arrivavano <strong>con</strong> carri, bicic<strong>le</strong>tte, carrio<strong>le</strong> e parecchi usavano <strong>le</strong> loro braccia per<br />

trasportare fuori scatolame d’ogni tipo, enormi forme di formaggio, gal<strong>le</strong>tte, zucchero,<br />

riso, far<strong>in</strong>a, stoffa m<strong>il</strong>itare, rotoli di tela per <strong>le</strong>nzuola, scarpe, coperte e tante altre cose<br />

che trovavano. Durante <strong>il</strong> saccheggio nella ressa morirono alcuni Maddalonesi<br />

calpestati dagli stessi compaesani. Non fu risparmiato neanche l’ospeda<strong>le</strong> m<strong>il</strong>itare<br />

nonostante l’opposizione dei soldati tedeschi. Gli al<strong>le</strong>ati bombardarono Maddaloni <strong>con</strong><br />

colpi di cannoni che danneggiarono parecchi edifici pubblici e case. Un aereo<br />

accidentalmente sganciò <strong>del</strong><strong>le</strong> bombe che causarono la morte di alcuni Maddalonesi.<br />

Durante <strong>il</strong> periodo di guerra parecchie famiglie furono <strong>con</strong>tagiate dai pidocchi. Per<br />

combatterli <strong>le</strong> persone colpite si lavavano i capelli <strong>con</strong> aceto e naftal<strong>in</strong>a: rimedi che<br />

procuravano tremendi dolori di testa. Parecchie famiglie sfollarono recandosi <strong>in</strong> alcuni<br />

paesi sanniti. Partiti i Tedeschi Maddaloni passò sotto l’amm<strong>in</strong>istrazione m<strong>il</strong>itare<br />

americana. Il Lt. Col. Karl F. Glos varcò la soglia <strong>del</strong>la Casa comuna<strong>le</strong> <strong>del</strong>la città di<br />

Maddaloni <strong>il</strong> 6 ottobre <strong>del</strong> 1943 sotto l’Amm<strong>in</strong>istrazione commissaria<strong>le</strong> retta dal cav.<br />

Eugenio Iorio. F<strong>in</strong>ì per la nostra città la dittatura podestar<strong>il</strong>e imposta dal Fascismo.<br />

11


Come primo atto oltre alla <strong>le</strong>gge <strong>il</strong> liberatore riprist<strong>in</strong>ò ogni forma di <strong>con</strong>vivenza<br />

socia<strong>le</strong>. Iniziò nella nostra città l’avvento <strong>del</strong>la ricostruzione: <strong>il</strong> popolo aveva bisogno<br />

di pace, stab<strong>il</strong>ità, democrazia e doveva soprattutto recuperare la dignità umana<br />

calpestata dai più forti e da una dittatura a volte disumana. F<strong>in</strong>ì <strong>il</strong> periodo <strong>del</strong>la paura<br />

<strong>del</strong><strong>le</strong> retate nazi-fasciste, <strong>del</strong>la prigionia, <strong>del</strong>la deportazione e <strong>del</strong><strong>le</strong> <strong>in</strong>cursioni e<br />

bombardamenti degli Al<strong>le</strong>ati annunciati dal<strong>le</strong> sirene <strong>del</strong><strong>le</strong> “tufe” s<strong>in</strong>onimo di paura e di<br />

oscurità. I cittad<strong>in</strong>i per ripararsi correvano nei rifugi antiaerei e nel<strong>le</strong> cant<strong>in</strong>e dei loro<br />

palazzi <strong>il</strong>lum<strong>in</strong>ati dal<strong>le</strong> fioche luci dei ceri o dal<strong>le</strong> lampade a petrolio. Qui purtroppo<br />

restavano nell’oblio, senza sapere cosa succedeva e cosa avrebbero trovato fuori dopo<br />

lo squ<strong>il</strong>lo <strong>del</strong><strong>le</strong> sirene che annunciavano <strong>il</strong> cessato allarme. A differenza <strong>del</strong><strong>le</strong> città<br />

limitrofe Maddaloni non subì gravi danni dal<strong>le</strong> <strong>in</strong>cursioni aeree al<strong>le</strong>ate. Caserta; Capua<br />

di <strong>con</strong>tro furono devastate e accusarono parecchie vittime. La nostra città fu<br />

bombardata da cannoni <strong>del</strong>l’artiglieria pesante <strong>in</strong>g<strong>le</strong>se posta nei pressi di Nola e<br />

Marigliano, che cercava di annientare i Tedeschi rimasti <strong>in</strong> città che rispondevano <strong>con</strong><br />

grossi cannoni piazzati su vagoni merci <strong>del</strong>la stazione ferroviaria. Alcune bombe dei<br />

cannoni <strong>in</strong>g<strong>le</strong>si danneggiarono la sede <strong>del</strong>la <strong>Se</strong>tap <strong>in</strong> Piazza Umberto I, <strong>le</strong> chiese <strong>del</strong><br />

Corpo di Cristo, <strong>del</strong> Carm<strong>in</strong>e e di S. Benedetto. Alcuni feriti furono ricoverati<br />

nell’ospeda<strong>le</strong> <strong>del</strong> Vallone detto ricovero Landolfi. Nella notte <strong>del</strong> 16 luglio 1943, verso<br />

<strong>le</strong> ore 23.00, un p<strong>il</strong>ota di un quadrimotore al<strong>le</strong>ato colpito da aerei italiani, prima di<br />

cadere nei pressi di Messercola si liberò <strong>del</strong> carico <strong>del</strong><strong>le</strong> bombe e dei serbatoi che<br />

caddero nel territorio urbano tra “Eustacchio” e “Citta<strong>del</strong>la” causando la morte di tante<br />

persone. I Maddalonesi assistevano dal<strong>le</strong> loro case al bombardamento <strong>del</strong>la città di<br />

Napoli, durato parecchi giorni. I bagliori squarciavano <strong>il</strong> cielo oscuro e cadevano sui<br />

palazzi ove causavano danni e morte. Legato al momento si fece sentire <strong>il</strong> prob<strong>le</strong>ma<br />

<strong>del</strong>l’esodo degli sfollati napo<strong>le</strong>tani che <strong>in</strong>teressò la nostra città e altri paesi limitrofi.<br />

Maddaloni fu scelta perché era ben col<strong>le</strong>gata <strong>con</strong> Napoli. I Maddalonesi li accolsero<br />

<strong>con</strong> vero senso di umanità e di solidarietà dividendo <strong>con</strong> loro <strong>le</strong> poche risorse di cui<br />

ancora disponevano, perché allora era ancora <strong>in</strong> uso l’uso <strong>del</strong> tesseramento <strong>del</strong> pane e<br />

di altri viveri comuni. La maggior parte di questi sfollati erano persone <strong>le</strong>gate da<br />

v<strong>in</strong>coli di parentela o di amicizia <strong>con</strong> famiglie maddalonesi. Con l’armistizio <strong>del</strong>l’8<br />

settembre 1943 la situazione urbana precipitò <strong>del</strong> tutto dopo un momento diffic<strong>il</strong>e.<br />

L’esercito abbandonò <strong>le</strong> armi e <strong>le</strong> caserme e i soldati rimasti cercarono la via di casa.<br />

Ne approfittarono i Tedeschi che occuparono Maddaloni e tanti altri centri. Le prime<br />

truppe al<strong>le</strong>ate furono quel<strong>le</strong> di colore composte di marocch<strong>in</strong>i ed <strong>in</strong>diani, ri<strong>con</strong>oscib<strong>il</strong>i<br />

nei loro tipici barracani e turbanti arabi che si <strong>in</strong>sediarono nella caserma Magroni, ex<br />

ospeda<strong>le</strong> m<strong>il</strong>itare “Littorio”. L’arrivo degli al<strong>le</strong>ati fu avvertito dal grande stridio dei<br />

c<strong>in</strong>goli dei carri armati che rumore a parte annunciavano la libertà, la liberazione, la<br />

f<strong>in</strong>e di un <strong>in</strong>cubo che aveva ass<strong>il</strong>lato la città <strong>del</strong><strong>le</strong> due torri per un ventennio. Dopo <strong>le</strong><br />

truppe di colore arrivarono gli Ing<strong>le</strong>si e poi gli Americani. I liberatori donarono<br />

caramel<strong>le</strong> e cioccolate ai ragazzi, mentre alla gente comune donavano scato<strong>le</strong>tte di<br />

carne, pane bianco, sigarette, dentifricio ed altri generi. Vedere passare soldati, carri<br />

armati, cannoni, jeep, cuc<strong>in</strong>e da campo, fu per i ragazzi un vero spettacolo. Con <strong>il</strong> loro<br />

arrivo f<strong>in</strong>ì l’<strong>in</strong>cubo di <strong>in</strong><strong>con</strong>trare i Tedeschi <strong>con</strong> i loro cani r<strong>in</strong>ghiosi che facevano<br />

sempre paura. Gli Ing<strong>le</strong>si si <strong>in</strong>sediarono <strong>in</strong> Piazza Mercato, <strong>in</strong> alcuni palazzi di Corso<br />

Umberto 1, vic<strong>in</strong>o al caffè degli aranci re<strong>qui</strong>sito per alloggiarvi <strong>le</strong> soldatesse al<strong>le</strong>ate.<br />

12


Nella caserma Bixio, attua<strong>le</strong> “Fondazione V<strong>il</strong>laggio dei Ragazzi”, fu istituita la mensa<br />

ufficia<strong>le</strong> degli Ing<strong>le</strong>si e Americani. Gli altri reparti si stab<strong>il</strong>irono nella caserma<br />

Annunziata e nel Palazzo Sca<strong>le</strong>ra di Via Roma. Al campo sportivo Cappucc<strong>in</strong>i gli<br />

Americani istituirono un gran deposito di materia<strong>le</strong> vario. Lungo Via Napoli<br />

costruirono un pista di fortuna per l’atterraggio di aerei <strong>le</strong>ggeri e un campo di prigionia<br />

adibito pure a campo sportivo. Organizzarono <strong>il</strong> loro comando nel Convitto Naziona<strong>le</strong><br />

e nella v<strong>il</strong>la Correra, nei pressi <strong>del</strong>la chiesetta Madonna <strong>del</strong><strong>le</strong> Grazie. Nel Palazzo<br />

Piscitelli, <strong>in</strong> Piazza S. Sofia, fu dislocato <strong>il</strong> Comando <strong>del</strong>la polizia m<strong>il</strong>itare. La truppa<br />

di colore stab<strong>il</strong>ì una Compagnia nei giard<strong>in</strong>i <strong>del</strong> Convitto “G. Bruno”, altri reparti si<br />

stab<strong>il</strong>irono sul monte San Miche<strong>le</strong> e Castello, mentre un’<strong>in</strong>tera divisione si dislocò<br />

lungo <strong>il</strong> territorio compreso tra <strong>il</strong> Cimitero, v<strong>il</strong>la Grado e Ponti <strong>del</strong>la Val<strong>le</strong>. I soldati di<br />

colore <strong>in</strong>staurarono nel paese un certo panico, specialmente nel<strong>le</strong> ore serali, perchè si<br />

ubriacavano e andavano <strong>in</strong> giro <strong>in</strong> cerca di donne per vio<strong>le</strong>ntar<strong>le</strong>. In quei tempi <strong>le</strong> case<br />

erano sbrancate <strong>con</strong> robusti pali al<strong>le</strong> porte, e c’era sempre un fam<strong>il</strong>iare di guardia per<br />

evitare brutte sorprese. Alla vig<strong>il</strong>ia <strong>del</strong>la Madonna <strong>del</strong>l’Immacolata arrivò a Maddaloni<br />

<strong>il</strong> Corpo di spedizione italiano (Corpo di liberazione), composto di circa c<strong>in</strong>quantam<strong>il</strong>a<br />

uom<strong>in</strong>i, che si accampò lungo la Via Consolazione e via Caud<strong>in</strong>a; stette sul nostro<br />

territorio per quasi due giorni, poi, partì per Montelungo. Il Corpo era comandato dal<br />

pr<strong>in</strong>cipe Umberto di Savoia <strong>con</strong> la carica di reggente che dormì nella caserma<br />

Annunziata. Verso la f<strong>in</strong>e <strong>del</strong> ’44 e l’<strong>in</strong>izio <strong>del</strong> ’45 per una forte nebbia sulla coll<strong>in</strong>a di<br />

San Miche<strong>le</strong> <strong>in</strong> località v<strong>il</strong>la Quarto cadde un aereo posta<strong>le</strong> <strong>in</strong>g<strong>le</strong>se; morì tutto<br />

l’e<strong>qui</strong>paggio composto di donne. L’arrivo dei soldati al<strong>le</strong>ati turbò molto <strong>le</strong> coscienze di<br />

allora per <strong>il</strong> d<strong>il</strong>agare <strong>del</strong>la prostituzione e <strong>del</strong> mercato nero. Nella nostra città sorsero<br />

nell’occasione parecchi ritrovi e betto<strong>le</strong> frequentati dalla truppa di colore e dagli<br />

Americani che si ubriacavano e si accompagnavano <strong>con</strong> <strong>le</strong> “signor<strong>in</strong>e”: donne di fac<strong>il</strong>e<br />

costume che si prostituivano per soldi, <strong>le</strong> quali non godevano molte simpatie e stima<br />

dai paesani, che <strong>le</strong> emarg<strong>in</strong>avano e <strong>le</strong> ignoravano, ad eccezione d’alcuni Maddalonesi<br />

che <strong>le</strong> sfruttarono facendosi <strong>in</strong>termediatori tra queste e la truppa al<strong>le</strong>ata, mettendo a<br />

disposizione dei locali e la loro vig<strong>il</strong>anza, per uso e profitto proprio. Certo la<br />

<strong>con</strong>dizione <strong>del</strong><strong>le</strong> donne, <strong>in</strong> quei tempi di carestia, <strong>con</strong> i mariti e fidanzati <strong>in</strong> campi di<br />

prigionia oppure dichiarati dispersi, non era tanta rosea. <strong>Se</strong>nza alcun aiuto e<strong>con</strong>omico e<br />

dovendo portare avanti la famiglia e dar da magiare i propri figli, <strong>le</strong> poverette<br />

cercarono di adattarsi ai tempi correnti. Si può dire che parecchie di loro furono attratte<br />

dal<strong>le</strong> lus<strong>in</strong>ghe e dal miraggio di una vita migliore <strong>in</strong> America. Un altro ma<strong>le</strong> <strong>del</strong>la<br />

società di allora fu <strong>il</strong> <strong>con</strong>trabbando di sigarette americane e <strong>il</strong> mercato nero di generi<br />

diversi alimentato <strong>del</strong>la truppa al<strong>le</strong>ata, e <strong>le</strong> case di appuntamento che proliferarono nei<br />

rioni più malfamati di Maddaloni. La miseria più nera <strong>in</strong>duceva <strong>le</strong> donne a vendere <strong>il</strong><br />

loro corpo. Ad accompagnare i soldati nei luoghi di piacere erano i cocchieri e gli<br />

“sciuscià maddalonesi”, ragazzi che avevano imparato qualche parola d’<strong>in</strong>g<strong>le</strong>se e<br />

facevano da <strong>in</strong>termediari e da <strong>in</strong>terpreti <strong>con</strong> <strong>le</strong> “signor<strong>in</strong>e”. Partendo dalla Piazza S.<br />

Sofia i cocchieri portavano gli Americani prima nel<strong>le</strong> cant<strong>in</strong>e dove si beveva v<strong>in</strong>o<br />

annacquato e poi, sbronzi, li accompagnavano presso <strong>le</strong> case <strong>del</strong><strong>le</strong> “madame”. Gli<br />

“sciuscià” erano pagati dai soldati e dal<strong>le</strong> donn<strong>in</strong>e. Oltre a far da <strong>in</strong>terpreti, gli<br />

“sciuscià” che erano figli di famiglie numerose e sbandate, per poche am-lire (moneta<br />

emessa dal Comando al<strong>le</strong>ato) pulivano <strong>le</strong> scarpe dei soldati e facevano <strong>con</strong>trabbando di<br />

13


sigarette rubate. I soldati ubriachi a volte erano <strong>con</strong>siderati come merce priv<strong>il</strong>egiata e<br />

di scambio. Spesso erano derubati d’ogni avere, malmenati e barattati per poche lire<br />

<strong>con</strong> altri sfruttatori. Per arg<strong>in</strong>are <strong>il</strong> triste fenomeno <strong>il</strong> Comando Al<strong>le</strong>ato faceva<br />

pattugliare dalla ronda alcuni rioni <strong>del</strong>la nostra città. In special modo, <strong>in</strong> uno di essi<br />

proibì categoricamente l’entrata dei suoi soldati, facendo sostare i m<strong>il</strong>iti <strong>del</strong>la Polizia<br />

M<strong>il</strong>itare e, <strong>in</strong>oltre, fece scrivere <strong>in</strong> caratteri cubitali “Off Limits” La liberazione che<br />

fece proliferare prostituzione, furti e <strong>con</strong>trabbando ci affrancò dal giogo <strong>del</strong> Regime<br />

ma non riuscì a risolvere i prob<strong>le</strong>mi che ass<strong>il</strong>lavano la maggior parte <strong>del</strong>la<br />

popolazione. La guerra aveva impoverito la piccola borghesia a reddito fisso e aveva<br />

stremato <strong>le</strong> classi popolari che poco o nulla avevano da mangiare. Nello stesso tempo<br />

<strong>le</strong> ristrettezze imposte dal <strong>con</strong>flitto bellico avevano creato <strong>le</strong> <strong>con</strong>dizioni per <strong>il</strong><strong>le</strong>citi<br />

arricchimenti di alcune famiglie appartenenti anche al popolo m<strong>in</strong>uto che avevano<br />

lucrato sul<strong>le</strong> disgrazie altrui. L’occupazione al<strong>le</strong>ata che avrebbe dovuto avviare una<br />

nuova vita civ<strong>il</strong>e e politica era portatrice purtroppo di corruzione e degenerazione dei<br />

costumi: <strong>il</strong> <strong>con</strong>trabbando era l’unica possib<strong>il</strong>ità di sopravvivenza materia<strong>le</strong> per la<br />

famiglia, ma anche una possib<strong>il</strong>e fonte di arricchimento. La moneta che circolava<br />

allora era l’A- lire (Al lied m<strong>il</strong>itary currency) valuta m<strong>il</strong>itare al<strong>le</strong>ata. I tagli monetari<br />

erano da 1, 5, 10 lire di forma quadrata di colore giallo, verde pallido e arancione. I<br />

tagli da 50, 100, 500, 1000 lire di forma rettangolare erano di colori di tono più forte,<br />

più scuro. Il governo m<strong>il</strong>itare al<strong>le</strong>ato sapeva di aver a che fare <strong>con</strong> un paese <strong>in</strong> cui,<br />

specialmente al Sud, gran parte <strong>del</strong>la popolazione era ancora analfabeta e <strong>in</strong> questo<br />

modo la gente avrebbe ri<strong>con</strong>osciuto <strong>il</strong> valore soltanto dall’immag<strong>in</strong>e <strong>del</strong>la ban<strong>con</strong>ota<br />

senza dover capire <strong>le</strong> scritte. Con queste monete gli Al<strong>le</strong>ati pagavano tutto: dalla<br />

manodopera al<strong>le</strong> “signor<strong>in</strong>e”. Le Am-lire circolarono <strong>in</strong> Italia accanto alla moneta<br />

ufficia<strong>le</strong> f<strong>in</strong>o al giugno <strong>del</strong> 1950. L’anno dopo caddero <strong>in</strong> prescrizione. Dove<br />

mettevano piede gli Al<strong>le</strong>ati si perdeva qualsiasi forma di sovranità; diventava soltanto<br />

un territorio occupato.<br />

14


Rac<strong>con</strong>to di<br />

Cerreto Francesco nato a Maddaloni <strong>il</strong> 7 novembre 1933<br />

Nel 1943, rac<strong>con</strong>ta Francesco, Avvocato di Maddaloni, ero studente di prima media, la<br />

scuola si chiuse tra Apr<strong>il</strong>e e Maggio per l’aggravarsi <strong>del</strong>la guerra <strong>con</strong> <strong>con</strong>t<strong>in</strong>ui<br />

bombardamenti aerei di notte e di giorno soprattutto su Napoli, Cancello, Caserta e<br />

Capua, chei erano importanti centri ferroviari e m<strong>il</strong>itari. A Maddaloni si sentiva<br />

suonare l’allarme ripetutamente, suono che ancora oggi ricordo nitidamente ed era un<br />

<strong>con</strong>t<strong>in</strong>uo correre nei rifugi che <strong>in</strong> sostanza erano cant<strong>in</strong>e sottostanti a fabbricati privati,<br />

oppure grotte <strong>in</strong> montagna nella zona di S. Pietro. In piazza ci si riparava <strong>in</strong> un rifugio<br />

sottostante al c<strong>in</strong>ema Alambra, oppure sotto al fabbricato Letizia sito giù <strong>in</strong> piazza<br />

Fontana. Nel<strong>le</strong> fughe notturne, spesso notavo <strong>in</strong> cielo razzi lum<strong>in</strong>osi lanciati dagli aerei<br />

i quali rimanevano sospesi ad <strong>il</strong>lum<strong>in</strong>are <strong>le</strong> zone sottostanti. Si avvertivano e si<br />

vedevano di giorno stormi di aerei bombardieri, squadriglie di dieci, qu<strong>in</strong>dici, venti<br />

aerei che attraversavano <strong>il</strong> cielo sempre da oriente verso occidente. Da Napoli si<br />

udivano forti colpi di <strong>con</strong>traerea, e guardando dai bal<strong>con</strong>i verso <strong>il</strong> Vesuvio e verso <strong>il</strong><br />

Vomero, la visua<strong>le</strong> era buona perché non c’erano tanti fabbricati, molti fasci di luce<br />

azzurra squarciavano <strong>il</strong> cielo e f<strong>in</strong>chè gli aerei non li sentivamo su di noi spesso si<br />

guardava la scena. Ricordo che se <strong>il</strong> fascio di luce <strong>in</strong>quadrava un aereo <strong>il</strong> qua<strong>le</strong><br />

appariva come un oggetto sc<strong>in</strong>t<strong>il</strong>lante, subito su quel sc<strong>in</strong>t<strong>il</strong>lio si <strong>con</strong>centrava tutto <strong>il</strong><br />

fuoco antiaereo, i cui colpi sembravano traccianti lum<strong>in</strong>osi diretti verso <strong>il</strong> bersaglio<br />

<strong>il</strong>lum<strong>in</strong>ato. Nei rifugi <strong>in</strong> cui ci nas<strong>con</strong>devamo tutti seduti per terra <strong>le</strong> donne che vi si<br />

trovavano riunite <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciavano a pregare <strong>con</strong> <strong>il</strong> Rosario. Era un gran sollievo<br />

quando risuonava la sirena che segnalava <strong>il</strong> cessato allarme, tutti ritornavamo <strong>in</strong><br />

superficie all’aria aperta e si cercava di avere notizie sull’accaduto riprendendo la vita<br />

normalmente. Qualche volta si parlava di luoghi colpiti come <strong>il</strong> rifugio <strong>in</strong> via Napoli e<br />

di persone <strong>con</strong>osciute che erano morte. Nel luglio <strong>del</strong> 1943 la situazione si aggravò per<br />

la vic<strong>in</strong>anza <strong>del</strong><strong>le</strong> truppe Anglo-Americane che erano sbarcate <strong>in</strong> Sic<strong>il</strong>ia ed avanzavano<br />

verso la Calabria. Io pensavo che questi soldati che sbarcavano o scendevano dal cielo<br />

<strong>con</strong> i paracaduti <strong>con</strong>tro di noi e <strong>con</strong>tro <strong>il</strong> nostro Esercito erano uom<strong>in</strong>i cattivi e li<br />

immag<strong>in</strong>avo come nemici. Dopo <strong>le</strong> <strong>in</strong>cursioni notturne spesso di matt<strong>in</strong>a si trovavano<br />

manifest<strong>in</strong>i di propaganda lanciati dagli aerei i quali sp<strong>in</strong>gevano la popolazione a<br />

ribellarsi ed <strong>in</strong>sorgere <strong>con</strong>tro <strong>il</strong> Governo fascista e i Tedeschi e di accogliere i<br />

liberatori. Una matt<strong>in</strong>a nel giard<strong>in</strong>o di casa trovai tanti piccoli opuscoli che<br />

<strong>con</strong>tenevano <strong>il</strong> discorso <strong>del</strong> vice presidente degli Stati Uniti (<strong>il</strong> vice presidente <strong>in</strong> quel<br />

periodo era: Henry Agard Wallace, <strong>il</strong> <strong>testo</strong> <strong>in</strong>tegra<strong>le</strong> <strong>del</strong> libric<strong>in</strong>o è a pag. 58 dal titolo<br />

“<strong>il</strong> <strong>Se</strong>colo <strong>del</strong> popolo”). Intanto <strong>il</strong> 25 luglio <strong>il</strong> Fascismo cadeva e l’otto settembre<br />

seguiva l’Armistizio, ma i Tedeschi resistevano f<strong>in</strong>e a settembre e soltanto a <strong>in</strong>izio<br />

ottobre 1943 sono arrivati gli Anglo-Americani, dopo lo sbarco a Sa<strong>le</strong>rno. In quel<br />

periodo Maddaloni subì cannoneggiamenti che preparavano l’avanzata <strong>del</strong><strong>le</strong> truppe<br />

Al<strong>le</strong>ate verso Napoli e Caserta, mentre i Tedeschi spostavano <strong>il</strong> loro fronte a Cass<strong>in</strong>o.<br />

Un colpo di cannone cadde proprio <strong>con</strong>tro casa mia dove ancora si notano segni<br />

evidenti <strong>del</strong>la esplosione, anche mio padre fu colpito da una scheggia al viso, (la mia<br />

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casa si trovava e si trova ancora sul Corso vic<strong>in</strong>o al c<strong>in</strong>ema Alambra). Mio padre per<br />

mancanza di medici dovette ricorrere al<strong>le</strong> cure di un veter<strong>in</strong>ario Dott. P<strong>in</strong>occhi, <strong>il</strong> qua<strong>le</strong><br />

gli estrasse la scheggia dal viso. I m<strong>il</strong>itari tedeschi poco frequentavano l’ambiente<br />

civ<strong>il</strong>e cittad<strong>in</strong>o trattenendosi per lo più nei loro accampamenti. Un giorno alcuni<br />

m<strong>il</strong>itari tedeschi bussarono a casa mia, questi furono ricevuti da mio padre molto<br />

cordialmente che offrì loro <strong>del</strong> v<strong>in</strong>o e <strong>del</strong> pane <strong>con</strong> lardo. Questi accettarono e<br />

r<strong>in</strong>graziarono <strong>in</strong>trattenendosi. Con noi c’era una signora sfollata che parlava <strong>il</strong> tedesco.<br />

I m<strong>il</strong>itari <strong>le</strong> chiesero se mio padre avesse avuto una radio, mio padre dopo la<br />

traduzione rispose di no, ma a dire <strong>il</strong> vero la teneva nascosta e ascoltava Radio Londra.<br />

I m<strong>il</strong>iti non <strong>in</strong>sistettero. Il portone di casa era rimasto aperto perché questi soldati erano<br />

entrati <strong>con</strong> una macch<strong>in</strong>a. All’improvviso sul<strong>le</strong> sca<strong>le</strong> che portavano su <strong>in</strong> casa<br />

vedemmo una pattuglia tedesca che saliva <strong>con</strong> <strong>in</strong> avanguardia un soldato che portava al<br />

collo un grosso collare di metallo, <strong>il</strong> qua<strong>le</strong> richiamò aspramente quei m<strong>il</strong>itari che<br />

stavano <strong>in</strong> casa. Mio padre subito disse che questi erano amici, poi tutti <strong>in</strong>sieme<br />

andarono via. La signora che parlava tedesco ci tradusse quello che aveva detto <strong>il</strong><br />

m<strong>il</strong>ite <strong>con</strong> <strong>il</strong> collare: Aveva rimproverato i suoi col<strong>le</strong>ghi perché si erano permessi di<br />

entrare <strong>in</strong> case private a loro vietato. Un particolare ricordo è che alla f<strong>in</strong>e di settembre<br />

1943 <strong>le</strong> unità tedesche fecero sapere alla popolazione che verso mezzogiorno (di un<br />

giorno che precisamente adesso non ricordo), avrebbero fatto saltare l’impianto <strong>del</strong><br />

pubblico acquedotto, adiacente al palazzo Comuna<strong>le</strong> presso <strong>il</strong> monumento <strong>del</strong> M<strong>il</strong>ite<br />

Ignoto. Attendemmo <strong>con</strong> ansia riparati l’evento, ed <strong>in</strong> un assolato giorno avvertimmo<br />

lo scoppio e <strong>le</strong> esplosioni. Sul luogo <strong>del</strong>lo scoppio trovammo un cumulo di macerie ed<br />

era successo quello che i Tedeschi avevano detto. Fecero questo per non lasciare<br />

l’acqua al<strong>le</strong> truppe che avanzavano lasciando la popolazione senza quel bene<br />

necessario per la sopravvivenza. Lasciata la nostra Città nell’ottobre 1943 cessarono<br />

anche la guerra <strong>le</strong> ost<strong>il</strong>ità e <strong>il</strong> lancio di bombe, salve qualche sporadico e modesto<br />

tentativo notturno di aerei tedeschi che cercavano di colpire <strong>le</strong> retrovie americane. Nel<br />

f<strong>in</strong>e settembre 1943 ci fu <strong>il</strong> saccheggio da parte <strong>del</strong>l’<strong>in</strong>digente popolazione <strong>del</strong>la<br />

cosiddetta Caserma Annunziata, adibita a deposito di coperte, <strong>le</strong>nzuola, materassi ecc.<br />

per uso m<strong>il</strong>itare. Persone attraversavano <strong>il</strong> paese portando sul loro capo tutto quello<br />

che potevano, e ancora oggi parlano di questo asporto “a robba d’o’ quartiere”. Come<br />

clima socia<strong>le</strong> ricordo <strong>in</strong> quei giorni qualche banda di s<strong>con</strong>siderati popolari armati di<br />

qualche ribotto, che si aggiravano per <strong>il</strong> paese <strong>con</strong> l’aria di partigiani ma <strong>in</strong>vero si<br />

trattò di poca cosa che cessò dopo qualche giorno, <strong>con</strong> qualche rappresaglia germanica<br />

sul monte S. Miche<strong>le</strong> dove ci furono vari s<strong>con</strong>tri. A livello politico ricordo che <strong>il</strong><br />

popolo rumoroso si radunava <strong>in</strong> piazza, si arrampicava sul palazzo Comuna<strong>le</strong> e sulla<br />

casa <strong>del</strong> Fascio, per scard<strong>in</strong>are e demolire simboli fascisti, simboli che poi rov<strong>in</strong>avano<br />

giù nella strada. La popolazione <strong>in</strong> piazza <strong>in</strong>neggiava ad un nostro <strong>con</strong>cittad<strong>in</strong>o Sig.<br />

Eugenio Iorio, un Libera<strong>le</strong> e antifascista al grido “ Ecco <strong>il</strong> rappresentante <strong>del</strong> popolo”.<br />

Questi poi fu Presidente <strong>del</strong> loca<strong>le</strong> Partito Libera<strong>le</strong> e S<strong>in</strong>daco <strong>del</strong>la Città. Ai primi di<br />

ottobre 1943 assistevo <strong>in</strong> via Libertà al passaggio dei carri armati e di altri mezzi<br />

m<strong>il</strong>itari <strong>con</strong> truppe americane che provenienti da Sa<strong>le</strong>rno, attraversando Nocera, Nola e<br />

Cancello, avanzavano all’<strong>in</strong>seguimento <strong>del</strong><strong>le</strong> truppe germaniche, che qualche giorno<br />

prima avevano lasciato la nostra zona. Ricordo che i soldati americani tutti<br />

impolverati, dal<strong>le</strong> torrette dei carri armati lanciavano caramel<strong>le</strong>, cioccolato e sigarette<br />

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Camel al popolo assiepato ed affamato. In questo periodo Maddaloni divenne base<br />

<strong>del</strong><strong>le</strong> retrovie <strong>del</strong><strong>le</strong> truppe al<strong>le</strong>ate sul fronte di Cass<strong>in</strong>o. Si era piuttosto tranqu<strong>il</strong>li non<br />

c’era e<strong>le</strong>ttricità e io studiavo <strong>con</strong> <strong>del</strong><strong>le</strong> cande<strong>le</strong> accese o <strong>con</strong> lume a petrolio. In paese,<br />

si notava la circolazione di tanti m<strong>il</strong>itari bianchi e neri che frequentavano <strong>le</strong> locande ed<br />

erano sempre ubriachi creando sgomento nella popolazione. Assistevamo a frequenti<br />

<strong>in</strong>terventi <strong>del</strong>la “ M<strong>il</strong>itar Polis” che a viva forza trasc<strong>in</strong>ava via gli ubriachi sul<strong>le</strong> Jeep<br />

per toglierli dalla circolazione. Gli alimenti scarseggiavano e fioriva <strong>il</strong> mercato nero,<br />

perché i m<strong>il</strong>itari cedevano ai trafficanti i loro prodotti che questi rivendevano. Questo<br />

traffico era costituito da: cioccolato, caramel<strong>le</strong>, far<strong>in</strong>a, avena a fiocchi, scatolame e di<br />

salsicciotti attuali Wustrel, che vidi per la prima volta come anche <strong>il</strong> pane bianco<br />

morbidissimo come <strong>il</strong> nostro pan carrè. Comunque si cercava di rimediare alla meglio<br />

al<strong>le</strong> necessità che negli ultimi mesi di bombardamento si erano molto aggravate. Io da<br />

ragazz<strong>in</strong>o venivo <strong>in</strong>viato dai miei genitori ad un forno che si trovava <strong>in</strong> via Amendola<br />

proprio di fronte alla cosiddetta “renella” dove si faceva la f<strong>il</strong>a <strong>con</strong> la tessera per<br />

ritirare razioni di pane nero <strong>in</strong> base ai componenti fam<strong>il</strong>iari. Quando arrivavo a casa e<br />

mia madre mi dava un pezzo di pane <strong>con</strong> un po’ di pomodoro, per me era così buono<br />

che sembrava una prelibatezza. Nell’attua<strong>le</strong> c<strong>in</strong>ema Alambra c’erano locali esibiti a<br />

varie funzioni: si suonava musica si proiettavano f<strong>il</strong>mati per lo svago dei m<strong>il</strong>itari che<br />

tornavano dal fronte e si avvicendavano a turno per un po’ di riposo. Arrivavano<br />

colonne di camion pieni di m<strong>il</strong>itari i quali venivano scaricati sul corso I˚ Ottobre e<br />

facevano la f<strong>il</strong>a per entrare nei locali <strong>del</strong>l’Alambra. Noi ragazzi fam<strong>il</strong>iarizzavamo <strong>con</strong> i<br />

m<strong>il</strong>itari i quali si <strong>in</strong>trattenevano <strong>con</strong> noi regalandoci cioccolate, caramel<strong>le</strong> e gomme da<br />

masticare. Mi trovavo <strong>con</strong> un amico <strong>in</strong> piazza dove c’è l’attua<strong>le</strong> tabacch<strong>in</strong>o, ivi era<br />

stato recato un centro sanitario per <strong>le</strong> truppe e un m<strong>il</strong>itare ricordo bene aveva scritto sul<br />

braccio V˚ Armata. Questi vol<strong>le</strong> fare una <strong>foto</strong> <strong>con</strong> me e <strong>il</strong> mio amico tra <strong>le</strong> macerie<br />

<strong>del</strong>l’acquedotto che i Tedeschi avevano fatto saltare pochi giorni prima come ho già<br />

rac<strong>con</strong>tato. La <strong>foto</strong> la <strong>con</strong>servo ancora oggi gelosamente. (Vedi <strong>foto</strong> pag. 67) Conobbi<br />

un soldato <strong>del</strong>la V˚ Armata che era responsab<strong>il</strong>e di un deposito di materia<strong>le</strong> m<strong>il</strong>itare<br />

sito <strong>in</strong> via Macello vecchio nei pressi dei b<strong>in</strong>ari ferroviari. Era un Italo-Americano<br />

<strong>del</strong>la Pens<strong>il</strong>vania, non molto giovane, di famiglia Sic<strong>il</strong>iana, si chiamava Santo<br />

Maccuso, <strong>il</strong> qua<strong>le</strong> gradiva la mia compagnia e spesso mi faceva dei regali. Un giorno<br />

salimmo <strong>in</strong>sieme sul monte S. Miche<strong>le</strong> perché vol<strong>le</strong> visitare <strong>il</strong> Santuario. La scuola si<br />

era aperta tardi dopo Nata<strong>le</strong> 1943 verso gennaio febbraio io frequentavo la se<strong>con</strong>da<br />

media e facemmo l’anno ridotto, cioè da febbraio a giugno. Anche i locali degli Istituti<br />

erano occupati dal<strong>le</strong> truppe al<strong>le</strong>ate e noi eravamo sistemati alla meglio <strong>in</strong> locali adibiti<br />

ad au<strong>le</strong> <strong>con</strong> doppi turni di scuola dal<strong>le</strong> 8,00 di matt<strong>in</strong>a, al<strong>le</strong> 11,30 e dal<strong>le</strong> 11,30 al<strong>le</strong><br />

14,00 di pomeriggio. Nel luglio <strong>del</strong> 1944 ci fu lo sbarco <strong>in</strong> Normandia ed io persi quel<br />

buon amico Americano, che dovette partire. Prima di andare via mi fece salire sulla<br />

sua Jeep e andammo a casa mia dove salutò affettuosamente i miei che ormai<br />

<strong>con</strong>osceva da vari mesi. Ci scrisse anche una <strong>le</strong>ttera dalla Normandia che ancora<br />

<strong>con</strong>servo gelosamente. Nel 1945 la guerra ormai era f<strong>in</strong>ita, ma l’occupazione durò f<strong>in</strong>o<br />

agli anni 46, 47. Tutto andava migliorando ricordo che ho frequentato la quarta e<br />

qu<strong>in</strong>ta g<strong>in</strong>nasia<strong>le</strong> <strong>in</strong> un freddo loca<strong>le</strong> <strong>del</strong>la Chiesa <strong>del</strong>la SS. Annunziata non appena si<br />

entra sulla destra, e ho sostenuti degli esami nei i locali sempre <strong>del</strong>la suddetta chiesa<br />

dove ci sono i bal<strong>con</strong>i che danno sulla piazza Umberto I˚, tutto questo perché la scuola<br />

17


G. Bruno era occupata da truppe al<strong>le</strong>ate. Nell’<strong>in</strong>verno 1943- 44 presso <strong>il</strong> loca<strong>le</strong><br />

giornalaio, che si trovava nei pressi <strong>del</strong>la Chiesa <strong>del</strong> Corpus Dom<strong>in</strong>i dove adesso ha<br />

sede l’abbigliamento Pascarella, c’era sempre una f<strong>il</strong>a di persone che attendevano che<br />

arrivasse da Napoli, un furgonc<strong>in</strong>o che portava i giornali, questi si chiamava <strong>il</strong><br />

Risorgimento, (oggi <strong>il</strong> Matt<strong>in</strong>o) <strong>con</strong> <strong>le</strong> notizie <strong>del</strong> fronte di Cass<strong>in</strong>o. Nel palazzo<br />

Carbone giù <strong>in</strong> Piazza Fontana, era alloggiato un corpo di Polizia M<strong>il</strong>itare Ing<strong>le</strong>se la “<br />

Garison Polis”. Questi erano uom<strong>in</strong>i che sembravano catenacci tanto erano forti ed<br />

alti, e tutti i giorni <strong>in</strong> divisa presidiavano <strong>il</strong> Corso. Una notte ci fu uno s<strong>con</strong>tro a fuoco<br />

tra questi poliziotti e dei ladruncoli italiani i quali avevano cercato di forzare un<br />

deposito alimentare m<strong>il</strong>itare nel qua<strong>le</strong> facevano biscotti, pane ecc. Questo si trovava<br />

dove ora è sito <strong>il</strong> bar “<strong>il</strong> pr<strong>in</strong>cipe”. La matt<strong>in</strong>a recandomi a scuola verso <strong>le</strong> ore 8,00<br />

sulla strada c’erano ancora i cadaveri che giacevano a terra. Erano due, un italiano e un<br />

poliziotto.<br />

Il V<strong>il</strong>laggio dei Ragazzi era già adibito ad ospitare truppe italiane, che prima di essere<br />

assegnate al fronte dirigevano su Maddaloni dove restavano per alcuni giorni. Ricordo<br />

l’arrivo di queste truppe armate ed <strong>in</strong>quadrate su per <strong>il</strong> Corso e soprattutto la partenza<br />

per <strong>il</strong> fronte e <strong>il</strong> Genera<strong>le</strong> Barbato Maddalonese che dirigeva la caserma su un cavallo<br />

bianco col qua<strong>le</strong> precedeva i m<strong>il</strong>itari. Nel 1943 sul retro <strong>del</strong>la caserma che dà <strong>in</strong> piazza<br />

<strong>del</strong>la Pace fu sistemata una modesta mitragliera nel periodo dei bombardamenti, la<br />

qua<strong>le</strong> però non fece significativi <strong>in</strong>terventi. Con l’arrivo dei liberatori la caserma fu<br />

disposta come centro di raccolta truppe al<strong>le</strong>ate e <strong>in</strong> Piazza Mercato che prima era parte<br />

<strong>in</strong>tegra<strong>le</strong> <strong>del</strong>la sito, si riparavano carri armati, che <strong>con</strong>t<strong>in</strong>uamente arrivavano per essere<br />

riparati, ed io ricordo assistevo a queste riparazioni. Mentre <strong>il</strong> Corso era sempre<br />

attraversato da un traffico <strong>in</strong>tenso di camion e motocic<strong>le</strong>tte americane e di alcune<br />

macch<strong>in</strong>e private, ben poche a quei tempi. Qualche 1100 di qualche medico, qualche<br />

Lancia Augusta qualche sgangherato camionc<strong>in</strong>o. Mentre <strong>le</strong> motocic<strong>le</strong>tte portaord<strong>in</strong>i<br />

erano <strong>le</strong> più numerose. Tra 1946, 47, i m<strong>il</strong>itari al<strong>le</strong>ati <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciarono a lasciare <strong>il</strong><br />

paese, e Maddaloni riprese a vivere. Incom<strong>in</strong>ciarono a vedersi motocicli come:<br />

Lambrette, Vespe e cuccioli <strong>del</strong>la Ducato. A Maddaloni tornarono a fiorire <strong>il</strong><br />

commercio <strong>le</strong> Associazioni (Invalidi di Guerra) e a nascere ristoranti e pizzerie, (vedi<br />

Giard<strong>in</strong>o degli Aranci).<br />

18


Rac<strong>con</strong>to di<br />

Della Ventura T<strong>in</strong>a nata a Maddaloni <strong>il</strong> 18 maggio 1939<br />

Ero una bamb<strong>in</strong>a di 4 anni, eppure i ricordi <strong>del</strong>la II˚ Guerra Mondia<strong>le</strong> sono rimasti<br />

<strong>in</strong>de<strong>le</strong>b<strong>il</strong>i nella mia mente, <strong>in</strong>fatti <strong>il</strong> passaggio di un qualsiasi aereo mi ricorda <strong>il</strong> rombo<br />

degli aerei che bombardavano <strong>il</strong> paese e sem<strong>in</strong>avano morte. Rammento che di sera<br />

tenevamo sempre chiuse <strong>le</strong> imposte <strong>del</strong>la nostra casa, onde evitare che gli Americani<br />

potessero scorgere la f<strong>le</strong>b<strong>il</strong>e luce di un lume a petrolio e colpire <strong>con</strong> <strong>le</strong> bombe <strong>le</strong> nostre<br />

abitazioni. <strong>Se</strong>mpre di sera <strong>il</strong> cielo era <strong>il</strong>lum<strong>in</strong>ato da rif<strong>le</strong>ttori che, penso, si<br />

<strong>in</strong>crociavano, manovrati da nostri soldati per avvistare gli aerei nemici ed abbatterli.<br />

Poiché abitavo al trivio, al suono <strong>del</strong>la sirena scappavamo nel rifugio, situato nel<br />

Palazzo Iorio. Era un luogo sotterraneo, buio ed umido <strong>il</strong>lum<strong>in</strong>ato ed arieggiato da un<br />

lucernario che sfociava sulla via Starza, dove attualmente è stata costruita la V<strong>il</strong>la<br />

Iadevaia. Ero piccola e mi teneva <strong>in</strong> braccio mio padre, mentre mia madre aveva mio<br />

fratello più piccolo e la sorell<strong>in</strong>a più grande correva <strong>con</strong> noi. Durante la fuga verso <strong>il</strong><br />

rifugio, mia sorella Carol<strong>in</strong>a perse una scarpa nuova, fu una vera tragedia, perché <strong>le</strong><br />

scarpe erano costose ed <strong>in</strong> un periodo di guerra non era fac<strong>il</strong>e trovar<strong>le</strong> ed ac<strong>qui</strong>star<strong>le</strong>.<br />

Furono momenti duri, ricordo che noi bamb<strong>in</strong>i avevamo i pidocchi ed io per una<br />

dermatite viru<strong>le</strong>nta persi i capelli. Mi visitò un Colonnello medico e mi disse che sarei<br />

rimasta calva per tutta la vita. Mio padre fece un voto alla SS. Madonna <strong>del</strong> Rosario e ,<br />

appena fui guarita regalammo al Santuario di Pompei una test<strong>in</strong>a d’argento. In quei<br />

tempi per mancanza di igiene si <strong>con</strong>traeva fac<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> tifo, che per molti fu <strong>le</strong>ta<strong>le</strong>.<br />

Fortunatamente i miei genitori avevano dato <strong>in</strong> affitto un nostro panificio sito <strong>in</strong> via<br />

Ponte Carol<strong>in</strong>o e di <strong>con</strong>seguenza <strong>il</strong> nuovo gestore non ci faceva mancare <strong>il</strong> pane che<br />

era di colore scuro. Lo Stato tesserava <strong>le</strong> famiglie, che pre<strong>le</strong>vavano gli alimenti<br />

<strong>in</strong>dispensab<strong>il</strong>i (pasta, latte,zucchero ecc.). So che mio padre comprava da i più poveri<br />

lo zucchero, per alimentare <strong>il</strong> mio fratell<strong>in</strong>o, che si nutriva di pane e zucchero. Mia<br />

nonna, durante i bombardamenti rimaneva <strong>in</strong> casa e si metteva al sicuro sotto un<br />

p<strong>il</strong>astro, perché non vo<strong>le</strong>va fare la f<strong>in</strong>e dei topi, stando nel rifugio. A Maddaloni<br />

c’erano tanti rifugi, ricordo quello dei Mul<strong>in</strong>i, situato nell’odierno palazzo Iadevaia,<br />

ma che prima era nostro, dove si rifugiavano i miei zii. La mia <strong>con</strong> suocera si<br />

nas<strong>con</strong>deva <strong>in</strong> un rifugio che ancora esiste <strong>in</strong> via Pignataro. Una sera, ricordo che i<br />

Tedeschi avevano scoperto <strong>il</strong> nostro rifugio e vo<strong>le</strong>vano scendere giù per ucciderci, ma<br />

grazie a Dio, furono fermati da un signore napo<strong>le</strong>tano, <strong>in</strong>qu<strong>il</strong><strong>in</strong>o di quel palazzo, che, a<br />

rischio <strong>del</strong>la sua vita, offrì loro dei liquori e, <strong>con</strong>oscendo la loro l<strong>in</strong>gua, li <strong>in</strong>vitò ad<br />

andare via. Quando ci fu da parte dei Tedeschi la retata degli uom<strong>in</strong>i, <strong>le</strong> donne<br />

imbracavano i figli e mariti, calandoli col mul<strong>in</strong>ello nei pozzi, dove si nas<strong>con</strong>devano e<br />

per ore rimanevano immersi nell’acqua. Mio padre per sfuggire ai Tedeschi trovò<br />

rifugio sulla coll<strong>in</strong>a di S. Miche<strong>le</strong>, ma non so dove si nascose per alcuni giorni. Mia<br />

madre per paura <strong>del</strong><strong>le</strong> bombe no<strong>le</strong>ggiò la carrozzella guidata da un certo “Cicc<strong>il</strong>lo” e ci<br />

portò a Val<strong>le</strong> di Maddaloni, dove c’era una mia zia e dove pensavamo di stare al<br />

sicuro. Fu una <strong>del</strong>usione, perché anche li cadevano <strong>le</strong> bombe, per cui <strong>il</strong> giorno<br />

successivo ci riportò a casa. Ricordo che, affacciandomi dal bal<strong>con</strong>e, un giorno vidi<br />

19


alcune persone che portavano <strong>del</strong><strong>le</strong> madie <strong>in</strong> cui c’erano dei cadaveri.<br />

Nella v<strong>in</strong>ella Rocco, dove abitava mia nonna vidi un carretto fermo coperto da un<br />

<strong>le</strong>nzuolo, sp<strong>in</strong>ta dalla curiosità lo alzai e vidi una pantofola rosa, calzata da una vittima<br />

<strong>del</strong>la guerra. Quel carro purtroppo era pieno di cadaveri. So che quando fu svaligiato <strong>il</strong><br />

magazz<strong>in</strong>o sanitario, sito <strong>in</strong> via Roma, molti, per impadronirsi <strong>del</strong><strong>le</strong> suppel<strong>le</strong>tt<strong>il</strong>i,<br />

perdettero la vita. Una donna <strong>in</strong>c<strong>in</strong>ta addirittura fu travolta e calpestata dalla gente che<br />

cercava di impadronirsi <strong>del</strong>la roba. La fame era terrib<strong>il</strong>e, ricordo che un’ <strong>in</strong>qu<strong>il</strong><strong>in</strong>a di<br />

nome V<strong>in</strong>cenza che aveva tanti bamb<strong>in</strong>i li vedeva morire di fame. Addirittura <strong>il</strong> più<br />

piccolo mangiava gli escrementi <strong>del</strong> suo corpo. Di pomeriggio la mamma mi preparava<br />

la colazione ed io di nascosto la davo a quei bamb<strong>in</strong>i affamati. Arrivo degli Americani.<br />

Un altro vivo ricordo è la discesa dei Marocch<strong>in</strong>i, che si erano stanziati nei Castelli. Un<br />

pomeriggio vedemmo scendere dai Mul<strong>in</strong>i (via ponte Carol<strong>in</strong>o) una masnada di barbari<br />

che <strong>con</strong> mazze e pali rompevano e colpivano tutti. Mio padre, che non aveva paura di<br />

nulla, vol<strong>le</strong> sfidarli e lasciò <strong>il</strong> negozio aperto. Sopraggiunti questi vio<strong>le</strong>nti, mi padre si<br />

sprangò nel negozio e noi tememmo per la sua sorte. Dal bal<strong>con</strong>e atterriti vedevamo<br />

che questi <strong>del</strong><strong>in</strong>quenti cercavano di aprire <strong>il</strong> negozio per ucciderlo. Fortunatamente,<br />

dopo <strong>in</strong>ut<strong>il</strong>i tentativi, si allontanarono e si rifugiarono nei Castelli, dove fecero razzie<br />

di animali per nutrirsi e di donne per sfogare <strong>le</strong> voglie di sesso. Ricordo, <strong>in</strong>vece che<br />

quando term<strong>in</strong>ò la guerra, gli Americani, passando <strong>con</strong> <strong>le</strong> camionette per <strong>le</strong> strade,<br />

distribuivano a noi piccoli gomme masticanti, gal<strong>le</strong>tte ed <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciammo a mangiare <strong>il</strong><br />

pane bianco. Mio padre che prima <strong>del</strong>la guerra aveva un negozio di pignoramento, <strong>in</strong><br />

seguito <strong>con</strong> la svalutazione <strong>del</strong>la moneta, subì perdite grandissime, perché tutti <strong>con</strong> la<br />

lira svalutata, si ripresero gli oggetti preziosi e lui andò <strong>in</strong> fallimento. Ci furono<br />

momenti brutti per i miei genitori, ma <strong>con</strong> la ripresa dopo la guerra, aprirono un<br />

negozio di oreficeria, che ci permise di vivere meglio. Questi sono i ricordi <strong>del</strong>la<br />

guerra, apportatrice di miserie, fame, paura e morte, che hanno segnato la mia vita di<br />

bamb<strong>in</strong>a e spero di non riviverli più anche perché <strong>con</strong> una guerra nuc<strong>le</strong>are non ci<br />

sarebbe scampo per l’umanità <strong>in</strong>tera.<br />

20


Rac<strong>con</strong>to di<br />

Strabella Rosa nata ad Alife <strong>il</strong> 1 ottobre 1927<br />

I ricordi <strong>del</strong>la II˚ Guerra Mondia<strong>le</strong> sono <strong>le</strong>gati ad alcuni episodi che si sono verificati<br />

nella mia Città di Maddaloni e sono ancora vivi nella mia memoria. Ricordo che i miei<br />

fratelli <strong>in</strong>sieme ad altri giovani si nascosero nel sottotetto <strong>del</strong> palazzo Corbo a Santa<br />

Croce per sfuggire ai Tedeschi che li cercavano per deportarli <strong>in</strong> Germania. Ogni<br />

giorno io portavo da mangiare ai miei fratelli nascosti nel sottotetto cercando di non<br />

farmi vedere dalla gente e dal<strong>le</strong> pattuglie tedesche. Infatti dopo aver lanciato una pietra<br />

come segna<strong>le</strong>, i miei fratelli da una botola <strong>del</strong> sottotetto calavano giù una corda e io<br />

<strong>le</strong>gavo una borsa di stoffa <strong>con</strong> <strong>il</strong> cibo e l’acqua. Ricordo ancora quando gli aerei<br />

americani che andavano a bombardare Montecass<strong>in</strong>o lanciarono alcune bombe nella<br />

nostra zone che colpirono la Citta<strong>del</strong>la (via Appia I˚ tratto), fu un’esperienza tremenda.<br />

Ricordo anche quando la gente entrò nel quartiere( deposito m<strong>il</strong>itare) per prendere<br />

materassi, <strong>le</strong>nzuola, bal<strong>le</strong> di tela,ecc.<br />

21


Rac<strong>con</strong>to di<br />

Picozzi Giuseppe nato a Maddaloni 28 ottobre 1924<br />

Ricordo che i fascisti venivano chiamati camicie nere e dopo aver mangiato <strong>in</strong> qualche<br />

trattoria erano soliti piantare un pugna<strong>le</strong> appuntito sulla tavola e dire: pagano i fascisti,<br />

ma andavano via e nessuno pagava. Eravamo dei ragazzi e quando c’erano i<br />

bombardamenti ci rifugiavamo nei ricoveri e se <strong>in</strong> quel ricovero c’erano soldati<br />

tedeschi bisognava stare attenti a ciò che si diceva, perché ogni parola da loro<br />

fra<strong>in</strong>tesa, aveva come <strong>con</strong>seguenza bastonate. Ricordo che prima <strong>del</strong>l’armistizio si<br />

comportavano abbastanza bene, ma subito dopo diventarono molto cru<strong>del</strong>i. Io lavoravo<br />

al monte Sivo, dove portavano noi ragazzi per farsi aiutare a togliere dal fango dopo la<br />

pioggia, i loro mezzi appantanati. Un giorno arrivarono i Tedeschi e presero tutti gli<br />

animali da tra<strong>in</strong>o per trasportare <strong>il</strong> loro armamento; mentre si ritiravano<br />

saccheggiavano tutto quello che trovavano e tutto ciò che poteva essere loro ut<strong>il</strong>e e <strong>con</strong><br />

un proclama sequestrarono tutte <strong>le</strong> armi. In quel periodo fui chiamato dal distretto per<br />

passare la visita m<strong>il</strong>itare. Arrivato a Caserta proprio mentre entravo nel distretto ci fu<br />

un vio<strong>le</strong>nto bombardamento. Riuscii a ripararmi sotto un portico dal qua<strong>le</strong> scorsi<br />

alcune persone che <strong>con</strong> <strong>del</strong><strong>le</strong> <strong>le</strong>nzuola si calavano giù dal<strong>le</strong> f<strong>in</strong>estre per scappare, ma<br />

molti furono colpiti da schegge e rimasero feriti. Ricordo che i Tedeschi ammazzarono<br />

<strong>il</strong> figlio <strong>del</strong>la piattara che era antifascista, perché si era travestito da fascista e aveva un<br />

fuc<strong>il</strong>e. I Tedeschi lo portarono sulla gal<strong>le</strong>ria gli fecero scavare una fossa e lì gli<br />

spararono alla testa facendolo cadere nel fosso da lui scavato. Arrivo degli Americani.<br />

Quando arrivarono gli Americani per noi ragazzi ci fu la possib<strong>il</strong>ità di lavorare stando<br />

al loro sevizio: ci facevano costruire <strong>del</strong><strong>le</strong> casse per <strong>le</strong> bombe, poi <strong>le</strong> caricavamo su dei<br />

camion e <strong>le</strong> portavamo ad Acerra, dove <strong>le</strong> scaricavamo <strong>in</strong> aperta campagna. Qui<br />

avevamo la possib<strong>il</strong>ità di cercare <strong>le</strong> patate che raccoglievamo e portavamo a casa. Io<br />

feci <strong>con</strong> loro diciannove mesi di lavoro, mi pagavano bene e mi diedero anche <strong>le</strong><br />

marche che <strong>con</strong>segnai a Caserta alla Camera <strong>del</strong> Lavoro. In seguito, di quel<strong>le</strong> marche<br />

non ho saputo più niente, se ne è persa la memoria. Il comportamento degli Americani<br />

era lodevo<strong>le</strong>, mentre quelli che si comportavano ma<strong>le</strong> erano i m<strong>il</strong>itari di colore e i<br />

Marocch<strong>in</strong>i. Voglio rac<strong>con</strong>tare ancora un episodio accaduto a me e ad un mio amico.<br />

Eravamo giovani io e <strong>il</strong> mio amico Giovanni P. era <strong>il</strong> 1944, mentre percorrevamo una<br />

strada <strong>in</strong><strong>con</strong>trammo un <strong>in</strong>g<strong>le</strong>se tutto ubriaco che camm<strong>in</strong>ava barcollando. Arrivato<br />

presso di noi <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a m<strong>in</strong>acciarci, ad <strong>in</strong>sultarci e ad offendere. Vedendo che era<br />

così ubriaco cercammo di evitarlo deviando. Ma questo non vo<strong>le</strong>va farci passare e<br />

dal<strong>le</strong> parolacce <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a passare al<strong>le</strong> mani. Il mio amico che aveva <strong>del</strong><strong>le</strong> mani<br />

grossissime (poteva fare <strong>il</strong> pug<strong>il</strong>e), gli sferrò un pugno così forte da spaccargli <strong>il</strong> naso e<br />

la faccia. Incom<strong>in</strong>ciò a fluire molto sangue, allora noi lo lasciammo li e fuggimmo.<br />

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Rac<strong>con</strong>to di<br />

Russo Domenico nato a Maddaloni <strong>il</strong> 21 maggio 1932<br />

La mia abitazione era <strong>in</strong> via Campolongo nr 16, una masseria che aveva sul retro un<br />

bel giard<strong>in</strong>o, <strong>il</strong> qua<strong>le</strong> <strong>con</strong>f<strong>in</strong>ava <strong>con</strong> un altro giard<strong>in</strong>o di proprietà <strong>del</strong>la famiglia<br />

Verducci, mentre la mia casa <strong>con</strong>f<strong>in</strong>ava anche <strong>con</strong> i Cerreto e i Far<strong>in</strong>a. I Tedeschi per<br />

quello che ricordo si impossessarono di quest’ultimo giard<strong>in</strong>o e vi <strong>in</strong>stallarono un loro<br />

campo. Io e i miei fratelli andavamo spesso <strong>in</strong> quel giard<strong>in</strong>o dove raccoglievamo <strong>del</strong><strong>le</strong><br />

fave che mangiavamo <strong>con</strong> un pò di pane. Mio fratello Andrea, un giorno, al <strong>con</strong>f<strong>in</strong>e dei<br />

due giard<strong>in</strong>i fece la pipì. I Tedeschi se ne accorsero, <strong>in</strong>tervennero e redarguirono mio<br />

fratello m<strong>in</strong>acciandolo di tagliargli <strong>il</strong> pisell<strong>in</strong>o. Mio fratello allora scappò e corse a<br />

casa dalla mamma, e <strong>le</strong> rac<strong>con</strong>tò <strong>il</strong> fatto. Mamma gli disse di non preoccuparsi, andò a<br />

sua volta dai Tedeschi e <strong>con</strong> voce alterata disse loro a gesti e a paro<strong>le</strong> che essi non<br />

dovevano dire quel<strong>le</strong> cose perché <strong>il</strong> figlio era piccol<strong>in</strong>o e non capiva. Noi non<br />

andavamo d’accordo <strong>con</strong> i Tedeschi e siccome la guerra volgeva al peggio e<br />

negativamente per <strong>il</strong> loro esercito, gli gridavamo di andare via dall’Italia perché non<br />

era <strong>il</strong> loro paese. Dopo l’Armistizio mentre prima si comportavano abbastanza bene,<br />

<strong>in</strong>iziarono a farci dei dispetti. Dicevano <strong>in</strong> ogni occasione che noi li avevamo traditi,<br />

perciò non erano più nostri amici. Per questi fatti accaduti <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciarono a depredarci<br />

di tutto quello che poteva servire loro come provviste: gall<strong>in</strong>e, maiali, oche, vitelli<br />

cavalli, capponi e anche i topol<strong>in</strong>i di casa i quali erano buoni da mangiare perché gli<br />

Americani erano al<strong>le</strong> porte. Incom<strong>in</strong>ciarono anche a re<strong>qui</strong>sire i giovani e gli adulti,<br />

solo a noi bamb<strong>in</strong>i non facevano nulla. Un giorno, all’improvviso mentre si vedevano<br />

solo pochi Tedeschi, sentimmo lo strepitio di un motore, affacciandoci dal muretto che<br />

dava sulla strada vedemmo arrivare una pattuglia tedesca <strong>con</strong> una motocic<strong>le</strong>tta, quella<br />

che porta <strong>il</strong> passeggero accanto (motocarrozzetta, Sidecar), capimmo subito che erano<br />

venuti per re<strong>qui</strong>sire <strong>del</strong><strong>le</strong> persone e precisamente Giulio Far<strong>in</strong>a. Mia madre subito si<br />

diresse all’abitazione dei Far<strong>in</strong>a gridando a Giulio di scappare perché stavano<br />

arrivando i Tedeschi. Subito Giulio guizzò fuori come un’angu<strong>il</strong>la e si diede alla fuga<br />

prendendo la direzione <strong>del</strong>l’attua<strong>le</strong> Palazzetto <strong>del</strong>lo Sport dove aveva dei parenti. La<br />

mia famiglia aveva nei pressi <strong>del</strong>la stazione ferroviaria un pezzo di terreno <strong>in</strong> affitto di<br />

proprietà dei Brancaccio. Il terreno era coltivato <strong>con</strong> cavolfiori e <strong>con</strong> mais. Il mais era<br />

specia<strong>le</strong>, era formato <strong>in</strong>vece che da una, da due spighe e perciò molto r<strong>in</strong>omato. Io e i<br />

miei eravamo <strong>in</strong>tenti a coltivarlo, a <strong>con</strong>cimarlo e a pulirlo; ricordo che all’età di dieci<br />

anni, mentre eravamo <strong>in</strong>teramenti presi dal lavoro sono arrivati i Tedeschi <strong>con</strong> dei<br />

camion, sono scesi tanti soldati e <strong>con</strong> falci alla mano hanno tagliato tutto quello che<br />

c’era nel campo lasciandolo desertificato, quel po’ che era rimasto lo mangiarono gli<br />

uccell<strong>in</strong>i, poveretti anche loro avevano fame. A noi non rimase nulla. Verso la f<strong>in</strong>e<br />

<strong>del</strong>l’occupazione tedesca, nei pressi <strong>del</strong>la stazione, sui b<strong>in</strong>ari detti morti perché<br />

f<strong>in</strong>ivano <strong>in</strong> un certo punto, c’erano dei carri pieni di mangime per mucche e cavalli.<br />

Mio fratello più grande mi chiamò e mi disse: “Vieni <strong>con</strong> me, dammi aiuto, andiamo a<br />

prendere un pò di mangime per i nostri animali”. Per me questo non era rubare perché<br />

ormai Maddaloni era allo sfascio, per i Tedeschi si metteva ma<strong>le</strong> e non c’era più molto<br />

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<strong>con</strong>trollo. Ritornando a noi, mio fratello mi disse: “Metti <strong>il</strong> cavallo sotto al carretto e<br />

andiamo”. Io gli risposi: “non prendiamo <strong>il</strong> cavallo perché se <strong>in</strong><strong>con</strong>triamo i Tedeschi<br />

c’è lo portano via”. Allora andammo da un <strong>con</strong>tad<strong>in</strong>o che abitava accanto a noi e ci<br />

facemmo prestare <strong>il</strong> suo as<strong>in</strong>ello, dal momento che i Tedeschi non li prendevano gli<br />

as<strong>in</strong>elli e così ci <strong>in</strong>camm<strong>in</strong>ammo verso <strong>il</strong> luogo <strong>del</strong> prelievo. Attraverso via<br />

Consolazione arrivammo sul<strong>le</strong> rotaie dove c’erano questi carri pieni di mangime e così<br />

caricammo <strong>il</strong> carretto, che però era troppo pieno e l’as<strong>in</strong>ello non riusciva a trasportarlo,<br />

allora fummo io e mio fratello a fungere da muli. Arrivati all’<strong>in</strong>crocio <strong>con</strong> via Caud<strong>in</strong>a,<br />

scorgemmo una moltitud<strong>in</strong>e di gente che stava assa<strong>le</strong>ndo la Caserma Rispoli perché<br />

era rimasta <strong>in</strong>custodita e ognuno si accaparrava quello che poteva. Mentre<br />

proseguivamo per via Caud<strong>in</strong>a, all’improvviso sentii sparare dei colpi non molto<br />

distante da me. Stavo seduto dietro al carretto mi rannicchiai più che potevo. Erano dei<br />

Tedeschi che sparavano allora <strong>in</strong>iziammo a correre <strong>con</strong> tutto <strong>il</strong> carretto e l’as<strong>in</strong>ello.<br />

Mentre scappavamo sul marciapiede alla nostra destra all’altezza dove c’era la<br />

fabbrica dei pomodori, vidi una donna distesa a terra tutta svestita, pensai che fosse<br />

svenuta, ma mio fratello disse che era morta. Ho saputo <strong>in</strong> seguito che quella donna era<br />

chiamata la Bobba. Giunti al bivio di Via Tiglio S. Biagio deviammo per non<br />

percorrere più la naziona<strong>le</strong> (via Libertà) perché era ormai molto pericoloso e facemmo<br />

così via S. Francesco D’Assisi, Piazza Fontana e via Roma. Arrivati nei pressi <strong>del</strong>la<br />

Citta<strong>del</strong>la dove c’era <strong>il</strong> Quartiere vedemmo una moltitud<strong>in</strong>e di gente accalcarsi per<br />

entrare nello stab<strong>il</strong>e e appropriarsi <strong>del</strong> <strong>con</strong>tenuto, lanciando dal<strong>le</strong> f<strong>in</strong>estre tutto quello<br />

che potevano perché <strong>il</strong> Quartiere era un magazz<strong>in</strong>o di vestiario per <strong>le</strong> truppe italiane.<br />

Durante questo assalto vi furono anche dei morti, perché chi cadeva non riusciva più<br />

rialzarsi a causa <strong>del</strong>la folla e così veniva calpestato dal<strong>le</strong> altre persone che<br />

accorrevano. Ricordo che un certo Natal<strong>in</strong>o Sagnelli, compose per questo fatto un<br />

canto <strong>del</strong> qua<strong>le</strong> ricordo alcune paro<strong>le</strong>: “Mi pareva a guerra d’u quarant’otto, chi jeva a<br />

sotto e chi jeva a copp”. Dopo un pò di tempo riuscimmo a raggiungere casa sani e<br />

salvi.<br />

N.B. per quanto riguarda <strong>il</strong> canto: fu composto da Pasqua<strong>le</strong> de Florio <strong>il</strong> <strong>testo</strong> si trova<br />

nel rac<strong>con</strong>to <strong>del</strong> Sig. Rescigno Tommaso a pag. 37<br />

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Rac<strong>con</strong>to di<br />

Giovanniello Ros<strong>in</strong>a nata a Maddaloni <strong>il</strong> 25 novembre 1933<br />

Al tempo <strong>del</strong>l’occupazione sia tedesca che americana, cioè negli anni 40, la mia<br />

famiglia era composta da sei persone, papà mamma e quattro figli, di cui tre<br />

femm<strong>in</strong>ucce e un maschietto tutti <strong>in</strong> tenera età. La primogenita aveva nove anni, io ero<br />

la se<strong>con</strong>da <strong>con</strong> i miei sette anni, poi mio fratello di c<strong>in</strong>que anni e la più piccola appena<br />

nata, esattamente nel maggio <strong>del</strong> 1940. Il mio papà si chiamava Paolo e la mamma<br />

Gemma. Papà lavorava presso la società SEDAC (Società E<strong>le</strong>ttrica <strong>del</strong>la Campania), la<br />

sua mansione era quella di e<strong>le</strong>ttricista qualificato e nella società svolgeva <strong>il</strong> compito di<br />

Caposquadra. La società aveva sede <strong>qui</strong> a Maddaloni <strong>in</strong> Corso I˚ Ottobre dove adesso<br />

c’è <strong>il</strong> comando dei Vig<strong>il</strong>i Urbani. Papà svolgeva <strong>il</strong> suo lavoro <strong>con</strong> tanta passione e<br />

amore, perché gli piaceva tanto. Ricordo che di matt<strong>in</strong>a uscivano <strong>con</strong> un carretto <strong>con</strong><br />

tutti gli accessori che servivano per <strong>le</strong> riparazioni e la manutenzione dei guasti lungo la<br />

l<strong>in</strong>ea e<strong>le</strong>ttrica. Io ho frequentato la scuola e<strong>le</strong>mentare Luigi <strong>Se</strong>ttembr<strong>in</strong>i di via Roma.<br />

Al tempo <strong>del</strong>l’occupazione, si viveva nella paura, quando suonava la sirena per<br />

avvertire la popolazione <strong>del</strong><strong>le</strong> <strong>in</strong>cursioni aeree, tutti andavamo a ripararci <strong>in</strong> un rifugio<br />

che era un sotto <strong>in</strong>terrato vic<strong>in</strong>o a casa nostra sito <strong>in</strong> Piazza <strong>del</strong>la Vittoria dove<br />

tutt’oggi abito <strong>con</strong> mia sorella. Durante un’<strong>in</strong>cursione aerea nel ricovero si rifugiarono<br />

<strong>con</strong> noi anche dei soldati Tedeschi. Questi vedendo <strong>il</strong> mio papà che aveva <strong>in</strong> testa <strong>il</strong><br />

basco <strong>con</strong> la sigla SEDAC, capirono che era un operaio <strong>del</strong>la l<strong>in</strong>ea e<strong>le</strong>ttrica e alla f<strong>in</strong>e<br />

<strong>del</strong>l’<strong>in</strong>cursione lo sequestrarono portandolo via <strong>con</strong> loro. Immag<strong>in</strong>ate la nostra<br />

disperazione e <strong>le</strong> urla di mia madre, ma non ci fu nulla da fare, portarono via <strong>il</strong> mio<br />

papà. Non avemmo più sue notizie e non riuscimmo a sapere dove lo avessero<br />

<strong>con</strong>dotto. Furono giorni di pianto, di disperazione e di ristrettezze. Dopo quattro mesi,<br />

quando ormai pensavamo al peggio, tornò all’improvviso <strong>il</strong> mio papà. La gioia di<br />

quell’<strong>in</strong><strong>con</strong>tro per poco non fece scoppiare <strong>il</strong> cuore a tutti noi <strong>in</strong> famiglia. Tutti<br />

vo<strong>le</strong>vamo sapere che cosa gli era successo <strong>in</strong> quel periodo <strong>in</strong> cui era mancato da casa.<br />

Ci rac<strong>con</strong>tò che i Tedeschi lo avevano portato ai Ponti <strong>del</strong>la Val<strong>le</strong> dove loro erano<br />

accampati. Poi un giorno lo trasferirono sul monte S. Miche<strong>le</strong>. Andarono su <strong>con</strong> una<br />

camionetta, lui ed un ufficia<strong>le</strong>. Papà si domandava che cosa mai vo<strong>le</strong>ssero fargli.<br />

Mentre era assorto nei suoi pensieri, ad un certo punto <strong>del</strong>la montagna, per una curva<br />

presa ma<strong>le</strong> dall’Ufficia<strong>le</strong>, la macch<strong>in</strong>a si ribaltò e loro due furono sbalzati fuori dal<br />

veicolo. L’Ufficia<strong>le</strong> che guidava colpito fortemente la testa rimase tramortito, mentre <strong>il</strong><br />

mio papà ne uscì <strong>in</strong>denne e così scappò, riuscendo a ritornare a casa. Preoccupati che i<br />

Tedeschi sarebbero sicuramente venuti a cercarlo, preparammo un luogo <strong>in</strong> soffitta che<br />

mia madre cercò di rendere abitab<strong>il</strong>e e <strong>con</strong>fortevo<strong>le</strong> e vi r<strong>in</strong>chiudemmo papà. Ogni<br />

tanto gli portavamo qualcosa da mangiare e da bere cercando di non farci vedere da<br />

nessuno. A causa <strong>del</strong>la lunga permanenza poiché la soffitta era molto umida, <strong>il</strong> mio<br />

papà si ammalò, e per questa malattia si spense l’otto marzo 1944. Arrivo degli<br />

Americani. La differenza che c’era tra i Tedeschi e gli Americani era questa: i<br />

Tedeschi andavano sempre <strong>in</strong> cerca di giovani italiani, mentre gli Americani davano a<br />

25


noi bamb<strong>in</strong>i sempre caramel<strong>le</strong> e cioccolato. Ricordo che un giorno ero <strong>con</strong> alcune mie<br />

amichette <strong>in</strong> piazza a giocare quando passarono due Americani, un Ufficia<strong>le</strong> e <strong>il</strong> suo<br />

attendente. Si avvic<strong>in</strong>arono a noi e l’ufficia<strong>le</strong> disse <strong>in</strong> americano ad una mia amica che<br />

si chiama Antonietta, di andare a lavarsi <strong>il</strong> viso porgendo<strong>le</strong> un pezzo di qualcosa che<br />

noi non sapevamo che cosa fosse. A questo punto Antonietta non capendo che cosa<br />

avesse detto questo Ufficia<strong>le</strong> e pensando ad una cosa brutta, <strong>in</strong>iziò ad urlare a<br />

squarciagola tanto che dovette <strong>in</strong>tervenire l’attendente <strong>del</strong>l’Ufficia<strong>le</strong> che era Italoamericano,<br />

che <strong>le</strong> spiegò <strong>il</strong> significato di quel<strong>le</strong> paro<strong>le</strong> dicendo:” ti ha detto di prendere<br />

questo pezzo di sapone e di lavarti la faccia”. Solo così ritornò <strong>il</strong> sorriso sul volto di<br />

Antonietta e tutte noi scoppiammo <strong>in</strong> una grossa risata. Ricordo che l’attendente<br />

<strong>del</strong>l’Ufficia<strong>le</strong> si chiamava Benedetto. Con <strong>il</strong> m<strong>il</strong>itare Benedetto str<strong>in</strong>gemmo una buona<br />

amicizia, perché <strong>con</strong> la morte di papà era venuto a mancare <strong>il</strong> sostentamento pr<strong>in</strong>cipa<strong>le</strong><br />

<strong>del</strong>la famiglia, e allora mia madre come molte altre mamme, <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a cuc<strong>in</strong>are per<br />

gli Americani ai quali piaceva molto la nostra cuc<strong>in</strong>a. Ricordo che mamma preparava<br />

uova ad occhio di bue e patate fritte, mentre io collaboravo sbucciando <strong>le</strong> patate.<br />

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Rac<strong>con</strong>to di<br />

Cafarelli Domenico nato a Maddaloni <strong>il</strong> 9 luglio 1931<br />

Ricordo molto di quel periodo e se tu Salvatore hai pazienza ti rac<strong>con</strong>to tutto. Quando<br />

ero piccolo si soffriva molto la fame, erano anni duri e cruenti specialmente per noi<br />

ragazzi che venivamo da famiglie numerose. Tutto era ammesso per riempire lo<br />

stomaco. Ci riunivamo <strong>in</strong> gruppi noi ragazzi e andavamo <strong>in</strong> tutti i luoghi dove si<br />

sapeva che c’era qualcosa da mangiare e da portare via. Prendevamo tutto ciò che<br />

capitava a portata di mano, come oggetti dal<strong>le</strong> macch<strong>in</strong>e tedesche rimaste <strong>in</strong>custodite e<br />

poi li vendevamo portando qualche soldo a casa. Un giorno <strong>in</strong> via S. Croce dove<br />

abitavo nel palazzo Forg<strong>il</strong>lo, trovai vic<strong>in</strong>o casa una piccola tartaruga ( chissà come era<br />

arrivata f<strong>in</strong> li) che potevo tenere nel palmo <strong>del</strong>la mano. I Tedeschi erano accampati<br />

dietro la Chiesa dei Cappucc<strong>in</strong>i dove c’era anche <strong>il</strong> carcere e l’ospeda<strong>le</strong>. Mentre stavo<br />

<strong>in</strong> quella zona <strong>con</strong> la tartarugh<strong>in</strong>a nella mano, un Tedesco se ne accorse e mi disse<br />

parlando un po’ <strong>in</strong> italiano:” me la <strong>vuoi</strong> dare?” <strong>Se</strong>nza pensarci su due volte gliela<br />

diedi. Allora lui mi disse di seguirlo e mi portò nell’accampamento. Entrati <strong>in</strong> una<br />

tenda, mi offrì un f<strong>il</strong>onc<strong>in</strong>o e mi disse di mangiare.(io non sapevo che quello era pane),<br />

lo presi r<strong>in</strong>graziai e me ne andai. Essendo <strong>in</strong> dubbio, prima di mangiare ne diedi un<br />

pezzetto ad un cagnol<strong>in</strong>o pensando che se non fosse successo niente al cane, avrei<br />

potuto mangiarlo. Visto che tutto andava bene e che <strong>il</strong> cagnol<strong>in</strong>o non si lamentava ne<br />

mangiai anche io, era molto buono. Venni poi a <strong>con</strong>oscenza che questo Tedesco che mi<br />

aveva dato <strong>del</strong> pane era un Capitano Cappellano che alloggiava <strong>in</strong> via Roma giù alla<br />

Teglia dove adesso ci sono <strong>le</strong> suore <strong>del</strong>la Carità. Questo Cappellano si chiamava come<br />

me Dom<strong>in</strong>ik, mi prese a buon cuore. Andavo spesso da lui, riuscendo sempre ad avere<br />

qualcosa da mangiare. Un giorno gli chiesi: “E’ vero che voi Tedeschi quando<br />

ammazzate i maiali ne buttate via la testa”? Lui candidamente mi rispose che era vero.<br />

Allora io replicai che <strong>in</strong>vece di buttar<strong>le</strong> avrebbero potuto dar<strong>le</strong> a me. Mi promise che<br />

non appena avrebbero ammazzato dei maiali mi avrebbe dato <strong>le</strong> teste. Così dopo un<br />

qu<strong>in</strong>dic<strong>in</strong>a di giorni mi chiamò, mi disse di correre a prendere un sacchetto perché<br />

avrebbero ucciso dei maiali. Ritornai <strong>con</strong> un sacchetto e <strong>il</strong> Cappellano mi diede due<br />

teste di maia<strong>le</strong>, r<strong>in</strong>graziai e corsi via. Andai da un macellaio che stava nei pressi <strong>del</strong>la<br />

mia casa, <strong>con</strong> <strong>il</strong> qua<strong>le</strong> già mi ero messo d’accordo lui <strong>le</strong> pulì e ne spartimmo i pezzi.<br />

Quel giorno ci riempimmo la pancia parecchi persone di famiglia e non. Venne <strong>il</strong><br />

giorno <strong>in</strong> cui i Tedeschi dovevano andare via, <strong>il</strong> Cappellano mi chiamò da parte e mi<br />

disse:”Va a chiamare i tuoi amici e ritorna <strong>qui</strong> <strong>con</strong> loro, perché noi dobbiamo partire e<br />

quello che non riusciamo a portare via ve lo lasciamo. Ritornai <strong>con</strong> alcuni miei<br />

compagni, ed erano rimaste lì tante armi e molte maschere antigas. Dom<strong>in</strong>ik, come<br />

ormai lo chiamavo, ci disse di prendere soprattutto queste maschere antigas perché<br />

avrebbero potuto servirci molto presto, facendomi capire che avrebbero liberato <strong>del</strong><br />

gas. Mi salutò <strong>con</strong> un bacio e partirono. Mentre eravamo <strong>in</strong>tenti a raccogliere queste<br />

cose arrivò un Ufficia<strong>le</strong> italiano che <strong>con</strong> pistola alla mano ci <strong>in</strong>timò di lasciare tutto e<br />

di andare via. A quel<strong>le</strong> paro<strong>le</strong> io risposi:”Ma tu chi sei? Queste cose me <strong>le</strong> ha lasciate <strong>il</strong><br />

27


Cappellano!” lui rispose:” Io faccio parte <strong>del</strong>l’Esercito Italiano e queste armi ci<br />

servono”. Mentre a mal<strong>in</strong>cuore stavamo andando via, ritornò <strong>il</strong> Cappellano <strong>con</strong> <strong>il</strong> suo<br />

<strong>Se</strong>rgente <strong>con</strong> una motocarrozzetta e colto sul fatto <strong>il</strong> m<strong>il</strong>ite Italiano, <strong>il</strong> sergente mitra,<br />

alla mano gli <strong>in</strong>timò di andare via e di lasciare tutto a noi ragazzi. Così <strong>il</strong> soldato<br />

Italiano costretto andò via. Chiesi allora a Dom<strong>in</strong>ik, perché era ritornato e lui mi<br />

spiegò che aveva dimenticato la Sacra Bibbia su una f<strong>in</strong>estra ed era ritornato a<br />

prenderla. Il <strong>Se</strong>rgente ci fece prendere tutto e ci lasciò andare via assicurandosi che <strong>il</strong><br />

m<strong>il</strong>itare Italiano non ci fosse più, arrivarono f<strong>in</strong>o alla Chiesa dei Cappucc<strong>in</strong>i per<br />

s<strong>in</strong>cerarsi di ciò. Mi ricordai di quello che mi aveva detto Dom<strong>in</strong>ik e presi solo <strong>del</strong><strong>le</strong><br />

maschere antigas e alcune c<strong>in</strong>ture dei fuc<strong>il</strong>i qua<strong>le</strong> f<strong>in</strong>e che fecero <strong>le</strong> altre armi non so.<br />

Un giorno a Maddaloni arrivò una macch<strong>in</strong>a <strong>del</strong>la Croce Rossa che trasportava un<br />

ferito tedesco era un Ufficia<strong>le</strong> e proveniva da Cancello. Vidi questo ferito mentre lo<br />

portavano <strong>con</strong> una barella all’ospeda<strong>le</strong>: Era altissimo, bellissimo <strong>con</strong> una chioma tutta<br />

bionda, un vero narciso. Era però tutto <strong>in</strong>sangu<strong>in</strong>ato e mi rac<strong>con</strong>tarono che mentre i<br />

Tedeschi andavano via, questo, rimasto di pattuglia <strong>con</strong> alcuni suoi soldati nel<strong>le</strong><br />

retrovie, era stato raggiunto da una bomba a mano scoppiando gli aveva lacerato tutta<br />

la parte posteriore <strong>del</strong> bac<strong>in</strong>o, dalla gamba ai reni, e per questo poi morì. Ricordo che<br />

lo seppellirono nel cimitero di Maddaloni e che dopo qualche anno vennero i suoi<br />

genitori e traslarono la salma <strong>in</strong> Germania. Una cosa ancora devo aggiungere su questo<br />

fatto, che <strong>con</strong> questo ferito arrivò anche una macch<strong>in</strong>a colpita dalla bomba. Come ero<br />

solito fare subito andai a vedere cosa c’era che potevo portare via. Vidi che c’era una<br />

bella borsa, la presi, scappai su per S. Benedetto e arrivato li la aprii. Pensavo che<br />

potesse <strong>con</strong>tenere tanti soldi, ma <strong>con</strong> mia grande <strong>del</strong>usione, aprendola, vi trovai<br />

soltanto <strong>il</strong> necessario per cucire, forbici, cotone, aghi, spazzola e lucido per <strong>le</strong> scarpe.<br />

Buttai via tutto non sapendo che farmene. Un altro Tedesco <strong>con</strong> cui str<strong>in</strong>si amicizia,<br />

(era fac<strong>il</strong>e per noi ragazzi simpatizzare <strong>con</strong> questo o quello) mi spiegò come mi<br />

dovevo comportare per fare soldi. Mi parlava un po’ <strong>in</strong> Italiano e un po’ <strong>in</strong> Tedesco,<br />

dicendo che dovevo procurarmi <strong>del</strong><strong>le</strong> cipoll<strong>in</strong>e bianche e <strong>del</strong><strong>le</strong> patate che ai Tedeschi<br />

piacevano tanto e portar<strong>le</strong> al loro accampamento, così che essi potessero comprar<strong>le</strong>.<br />

Così feci andai al mercato e comprai <strong>le</strong> cipoll<strong>in</strong>e bianche. Mi recai all’accampamento<br />

tedesco e passai <strong>in</strong> mezzo a loro, che vedendo <strong>le</strong> cipoll<strong>in</strong>e bianche si accalcarono per<br />

prender<strong>le</strong>. Chi ne prendeva un mazzetto chi due e tutti lasciavano nella cesta <strong>del</strong><strong>le</strong><br />

monete. Vennero a sapere <strong>del</strong> fatto, anche i miei compagni e tutti si adoperarono a fare<br />

lo stesso. Mentre loro portavano <strong>le</strong> cipoll<strong>in</strong>e io <strong>in</strong>iziai a portare <strong>le</strong> patate e cosi facevo<br />

sempre più di loro. Devo aggiungere che ormai i Tedeschi avevano <strong>in</strong>iziato a fidarsi mi<br />

dicevano molte cose. Un giorno alcuni di essi mi dissero che dovevano andare via, che<br />

avevano molta benz<strong>in</strong>a da vendere e mi chiesero se ero <strong>in</strong> grado di farlo. Risposi<br />

affermativamente. Accordandomi <strong>con</strong> dei miei compagni <strong>con</strong> un carretto prendemmo<br />

dei fusti di benz<strong>in</strong>a e li andammo a vendere. Quando però giunse <strong>il</strong> momento di portare<br />

<strong>il</strong> ricavato ai Tedeschi fummo tardivi, perché pensammo da furbacchioni che se questi<br />

fossero andati via, noi non gli avremmo dato più niente, e così avvenne. Essi dovettero<br />

partire urgentemente e noi ci tenemmo tutto <strong>il</strong> ricavato dividendolo <strong>in</strong> parti uguali. Ci<br />

avvisarono che nella zona <strong>del</strong>la gal<strong>le</strong>ria doveva passare un treno carico di valori.<br />

Allora noi ragazzi <strong>in</strong>sieme a quelli di maggiore età che combattevano <strong>con</strong>tro i<br />

Tedeschi, bloccammo i b<strong>in</strong>ari <strong>con</strong> tutto quello che potevamo: sassi, piante, ecc. Una<br />

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volta arrivato <strong>il</strong> treno si accorse <strong>del</strong> blocco dei b<strong>in</strong>ari e si dovette fermare. Allora lo<br />

prendemmo d’assalto, ma quando aprimmo i vagoni, <strong>con</strong> nostro stupore vedemmo che<br />

nei ai carri c’erano solo Tedeschi morti. Anche se noi eravamo ragazzi non temevamo<br />

nulla e andavamo <strong>con</strong> gli adulti cercando sempre di arraffare qualcosa. Allora molti di<br />

quelli che erano li <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciarono a prendersi gli stivali, <strong>le</strong> scarpe, <strong>le</strong> c<strong>in</strong>ture, ecc. Io<br />

riuscii a prendere due cassette e quando <strong>le</strong> aprii <strong>con</strong> meraviglia vidi che <strong>in</strong> una c’erano<br />

tutte pietr<strong>in</strong>e per accend<strong>in</strong>i, l’altra <strong>in</strong>vece era piena di strani cosi che gonfiati<br />

diventavano come pallonc<strong>in</strong>i. <strong>Se</strong>ppi poi che si chiamavano prof<strong>il</strong>attici e a che cosa<br />

servivano. Scesi giù al paese e <strong>con</strong> i miei amici ci mettemmo a gonfiarli e a fare tanti<br />

pallonc<strong>in</strong>i. Nel campo sportivo nella zona riservata agli spogliatoi per i calciatori,<br />

c’era un deposito gestito dagli italiani e dentro questo deposito c’erano anche <strong>del</strong><strong>le</strong><br />

casse che <strong>con</strong>tenevano bombo<strong>le</strong> di gas. Ricordo che vennero alcuni Tedeschi tra i<br />

quali un Ufficia<strong>le</strong>, che dissero ai soldati italiani di re<strong>qui</strong>sire e pre<strong>le</strong>vare quei materiali<br />

nei giorni successivi. Gli Italiani si opposero, ma poi un Tenente disse lasciamoli fare.<br />

I tedeschi mentre andavano via dissero:” Con queste fare Bum! <strong>in</strong> città”. Il piantone<br />

italiano, temendo <strong>il</strong> peggio ed essendo <strong>con</strong>trollato dai Tedeschi, chiamò noi ragazzi e<br />

ci disse di organizzarci, di pre<strong>le</strong>vare quel<strong>le</strong> casse e di far<strong>le</strong> sparire. A notte fonda<br />

quattro di noi <strong>con</strong> una tra<strong>in</strong>ella, che ci facemmo dare da uno che <strong>le</strong> costruiva, la cui<br />

bottega era proprio davanti al campo sportivo, chiamato <strong>il</strong> Sannese, pre<strong>le</strong>vammo <strong>le</strong><br />

casse <strong>con</strong> un bello sforzo perché erano pesanti, <strong>le</strong> caricammo e <strong>le</strong> portammo dove<br />

adesso c’è <strong>il</strong> V<strong>il</strong>laggio dei Ragazzi, <strong>in</strong> quel periodo era rimasto abbandonato. Li c’era<br />

una cisterna (dove adesso c’è la fontana dei Delf<strong>in</strong>i), vi buttammo dentro <strong>le</strong> casse e<br />

andammo via. Posso rac<strong>con</strong>tare <strong>con</strong> mente molto lucida, quello che vidi e ciò che io<br />

pre<strong>le</strong>vai nell’assalto al Quartiere da parte dei Maddalonesi. Quando i Tedeschi<br />

andarono via, dopo aver caricato sui loro camion tutto quello che potevano di guardia<br />

restò solo un m<strong>il</strong>itare italiano armato di fuc<strong>il</strong>e e <strong>con</strong> una striscia rossa sul braccio, per<br />

evitare che i civ<strong>il</strong>i potessero entrare <strong>in</strong> quello stab<strong>il</strong>e, e ogni tanto sparava <strong>in</strong> aria per<br />

<strong>in</strong>timorire i presenti. C’erano soltanto poche persone davanti al Quartiere, cosi alcuni<br />

riuscirono ad entrare e <strong>con</strong> loro anche io. All’<strong>in</strong>terno c’era solo un Tedesco <strong>con</strong> un<br />

braccio fasciato, <strong>il</strong> qua<strong>le</strong> mi guardò ma non disse nulla. Ero l’unico ragazz<strong>in</strong>o. Salii <strong>le</strong><br />

sca<strong>le</strong> ed entrai <strong>in</strong> una stanza che <strong>con</strong>teneva solo pigiami, <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciai ad <strong>in</strong>dossarli uno<br />

sull’altro <strong>in</strong>f<strong>il</strong>andone una vent<strong>in</strong>a. Riscesi <strong>le</strong> sca<strong>le</strong> per uscire e <strong>il</strong> Tedesco che prima mi<br />

aveva guardato mi fermò e mi parlò facendomi capire che entrato magro ne uscivo<br />

grasso? E <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a <strong>con</strong>tare i pigiami che avevo addosso. Alla f<strong>in</strong>e si fece una<br />

grossa risata mi diede un calcio e mi fece uscire. Poi quel posto divenne una zona di<br />

<strong>con</strong><strong>qui</strong>sta. Tutta la popolazione maddalonese si accalcò per portare via quanta più roba<br />

poteva e oltre ai Maddalonesi arrivò anche gente da Cerv<strong>in</strong>o, Montedecore,<br />

Messercola. Questi ultimi attendevano <strong>le</strong> persone che portavano fuori <strong>le</strong>nzuola,<br />

coperte, tende e <strong>le</strong> barattavano <strong>con</strong> masserizie. Ad esempio un <strong>le</strong>nzuolo <strong>con</strong> mezzo<br />

panello di pane, due <strong>le</strong>nzuola <strong>con</strong> un panello di pane. Ritornai parecchie volte nel<br />

Quartiere e andavo sempre nella stessa zona dove feci un rifornimento di <strong>le</strong>nzuola da<br />

riempire una casa. Poi vendetti quel<strong>le</strong> <strong>le</strong>nzuola e ne ricavai sessanta m<strong>il</strong>a lire, una<br />

somma favolosa a quei tempi ed erano tutte dieci m<strong>il</strong>a lire grosse come fazzo<strong>le</strong>tti. Con<br />

quei soldi vo<strong>le</strong>vo comprare due case, una sotto e una sopra, <strong>in</strong> largo S. Croce, <strong>il</strong> cui<br />

costo e<strong>qui</strong>va<strong>le</strong>va proprio Alla somma di cui disponevo. Contrattato <strong>il</strong> prezzo <strong>il</strong><br />

29


proprietario mi disse che dovevo andare dal Notaio per fare <strong>il</strong> passaggio di proprietà.<br />

Non sapendo che cosa significasse pensai che mi vo<strong>le</strong>sse togliere tutti i soldi e così<br />

mandai a monte la compera di quel<strong>le</strong> case. Però devo dire che <strong>con</strong> quei soldi visse un<br />

bel periodo tutta la mia famiglia. Ritornando al rac<strong>con</strong>to <strong>del</strong> Quartiere ricordo che<br />

mentre moltissima gente si accalcava per portare via la roba, ad un certo punto si sentì<br />

sparare e gridare! i Tedeschi! i Tedeschi!. Ci fu un fuggi, fuggi genera<strong>le</strong> e nella fretta,<br />

alcune persone caddero dal<strong>le</strong> sca<strong>le</strong> e non riuscirono più ad alzarsi a causa <strong>del</strong>la folta<br />

calca di gente e rimase calpestata. Io riuscii ad uscire fuori <strong>in</strong>denne perché mi<br />

aggrappai al<strong>le</strong> spal<strong>le</strong> di due persone che mi portarono s<strong>in</strong> fuori al Quartiere. Poco dopo<br />

vidi uscire degli uom<strong>in</strong>i che portavano <strong>in</strong> braccio alcune persone rimaste ferite, tra <strong>le</strong><br />

quali una donna. Li distesero fuori allo stab<strong>il</strong>e su <strong>del</strong><strong>le</strong> pietre. Non so <strong>con</strong> sicurezza se<br />

fossero vive o morte, senz’altro erano svenute perché non si muovevano, da quello che<br />

ho saputo, qualcuno è morto. Un fatto vissuto personalmente e che voglio narrare, fu<br />

quello di un colonnello che sposò una ragazza di Maddaloni. Io ero apprendista<br />

barbiere e nel salone venne un m<strong>il</strong>itare che rac<strong>con</strong>tò questa storia. Lui era un Capitano<br />

p<strong>il</strong>ota americano e <strong>con</strong> <strong>il</strong> suo aereo doveva bombardare proprio la zona di Maddaloni<br />

tra <strong>il</strong> monte S. Miche<strong>le</strong> e la Città. Accadde che proprio quando era sul luogo pronto a<br />

sganciare <strong>le</strong> bombe, dal monte rifulse un bagliore d’argento verso di lui, come se<br />

qualcuno gli <strong>in</strong>timasse di non sganciare <strong>le</strong> bombe. Egli però premette <strong>il</strong> pulsante di<br />

espulsione, ma lo sportello non si aprì e questo per più tentativi. Alla f<strong>in</strong>e dovette<br />

r<strong>in</strong>unciare allo sgancio <strong>del</strong><strong>le</strong> bombe. Mi ricordo di altri aerei che sorvolavano<br />

Maddaloni e si dirigevano presso Napoli, noi ragazzi quando sentivamo <strong>in</strong> lontananza<br />

<strong>il</strong> rombo dei motori, subito correvamo <strong>in</strong> montagna e vedevamo i colpi <strong>del</strong>la <strong>con</strong>traerea<br />

che sparavano <strong>in</strong> direzione degli aerei e ogni tanto ne abbattevano qualcuno.<br />

Poi arrivarono gli Americani. Un episodio accadde tra <strong>il</strong> Corso e la chiesa <strong>del</strong> Corpus<br />

Dom<strong>in</strong>i. Giù al Corso dove adesso c’è <strong>il</strong> bar <strong>il</strong> Pr<strong>in</strong>cipe, <strong>in</strong> quegli anni c’era una<br />

pasticceria <strong>in</strong> cui gli Ing<strong>le</strong>si avevano tutto l’occorrente per fare dolci come far<strong>in</strong>a,<br />

zucchero, ecc. Un giorno alcune persone di Maddaloni all’alba cercarono di depredare<br />

questo posto, ma si trovò lì <strong>in</strong> quel momento una pattuglia Ing<strong>le</strong>se che faceva la ronda<br />

e tra questi c’era uno che chiamavano Baffo di Ferro un soldato molto robusto. Le<br />

persone che stavano portando via <strong>del</strong>la roba accortesi <strong>del</strong>la ronda cercarono di<br />

scappare, ma la ronda ostruì loro <strong>il</strong> passaggio, e riuscirono a scappare solo su per <strong>il</strong><br />

Corso. Arrivati nei pressi <strong>del</strong>la Chiesa <strong>del</strong> Corpus Dom<strong>in</strong>i, alcuni si <strong>in</strong>f<strong>il</strong>arono <strong>in</strong> un<br />

buco che portava <strong>in</strong> Chiesa, mentre un loro complice che era appostato dietro l’angolo<br />

<strong>del</strong> palazzo <strong>in</strong> Piazza De Sivo, <strong>con</strong> un mitra sparò verso gli Ing<strong>le</strong>si uccidendo proprio<br />

quello che chiamavano Baffo di Ferro, gli Ing<strong>le</strong>si rispondendo al fuoco, nei pressi <strong>del</strong><br />

luogo dove adesso c’è la pizzeria <strong>il</strong> Grott<strong>in</strong>o, ammazzarono uno dei fuggiaschi. C’era<br />

un m<strong>il</strong>itare Americano, che si chiamava Russel, era di colore, tanto era alto e forte che<br />

sembrava una bestia. Questo Americano aveva l’abitud<strong>in</strong>e di venire ogni sera dove io<br />

abitavo <strong>con</strong> una jeep <strong>con</strong> dentro <strong>del</strong>la roba. Arrivava, scendeva dalla jeep, saliva per<br />

<strong>del</strong><strong>le</strong> sca<strong>le</strong> che portavano dove abitava una signora, e dopo qualche m<strong>in</strong>uto riscendeva,<br />

prendeva <strong>del</strong>la roba che era <strong>in</strong> macch<strong>in</strong>a e risaliva su, e non andava via se non dopo<br />

molto tempo. Io tutte <strong>le</strong> volte che questo arrivava lo spiavo dal buco <strong>del</strong>la serratura.<br />

Una sera come tante questi arrivò sempre puntua<strong>le</strong>, scese dalla sua jeep e salì su.<br />

Subito ne approfittai sottrassi tutto dalla jeep e lo portai dentro casa come un fulm<strong>in</strong>e e<br />

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chiusi la porta a doppia mandata e <strong>con</strong> <strong>il</strong> chiavistello, poi aspettai la reazione di questo<br />

soldato. Come sempre dopo alcuni m<strong>in</strong>uti scese per prendere al solito quello che stava<br />

<strong>in</strong> macch<strong>in</strong>a, ma non trovandolo, <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a guardarsi <strong>in</strong>torno e <strong>in</strong>iziò ad urlare,<br />

imprecare e bestemmiare nella sua l<strong>in</strong>gua. Dal buco <strong>del</strong>la serratura vedevo tutto e<br />

sentivo tutto, ma mai mi sarei azzardato ad uscire. Dopo un po’, tutto arrabbiato e<br />

sbavando andò via. Aprii <strong>le</strong> scato<strong>le</strong>, dentro c’erano: scato<strong>le</strong> di fagioli, pacchetti di<br />

sigarette, cioccolate e tanta altra roba. La sera successiva, ritornò, scese dalla jeep e<br />

fece per salire su, ma <strong>in</strong>vece di andare <strong>in</strong> quella casa come al solito, si fermò sul<strong>le</strong><br />

sca<strong>le</strong> <strong>in</strong> penombra per vedere se riusciva a prendere chi lo aveva depredato. Dopo<br />

molti m<strong>in</strong>uti di attesa non vedendo nessuno, salì <strong>le</strong> sca<strong>le</strong> ed entrò <strong>in</strong> quella casa.<br />

Eravamo nel periodo natalizio non ricordo, precisamente l’anno ma c’erano sia gli<br />

Americani che gli Ing<strong>le</strong>si. In via Amendola, dove adesso c’è la fa<strong>le</strong>gnameria, c’era una<br />

signora che vendeva i botti di Nata<strong>le</strong>, io andai di sera e ne comprai una scatola di<br />

quel<strong>le</strong> che noi chiamiamo “botte a muro”. Mentre r<strong>in</strong>casavo per andare a S. Croce, tra<br />

la Chiesa <strong>del</strong>la SS. Annunziata e <strong>il</strong> Corpo di Cristo, <strong>in</strong><strong>con</strong>trai due Americani i quali<br />

vedendomi solo di notte e <strong>con</strong> <strong>in</strong> mano una scatola mi fermarono e nella loro l<strong>in</strong>gua mi<br />

fecero capire che vo<strong>le</strong>vano sapere <strong>il</strong> <strong>con</strong>tenuto <strong>del</strong>la scatola. Spiegai loro a gesti che<br />

erano dei botti di Nata<strong>le</strong> per fare festa, ed essi vol<strong>le</strong>ro sapere come si faceva a farli<br />

scoppiare. Ne presero una e la lanciarono <strong>con</strong>tro <strong>il</strong> muro, ma questa non scoppiò, uno<br />

di esso mi diede un calcione nel didietro dicendomi che ero bugiardo, io ne presi una la<br />

posi a terra e schiacciandoci sopra <strong>il</strong> piede la feci scoppiare. Si calmarono e mi<br />

chiesero di accompagnarli dal<strong>le</strong> signor<strong>in</strong>e e dicevano “fik, fik signor<strong>in</strong>e”. Ricordo bene<br />

adesso che era la notte Santa di Nata<strong>le</strong>. Feci capire loro che dovevo andare alla S.<br />

Messa e non era possib<strong>il</strong>e quello che loro chiedevano. Ma loro mi costr<strong>in</strong>sero<br />

<strong>in</strong>timandomi che mi avrebbero preso a calci e schiaffoni se non li avessi accompagnati.<br />

Arrivati al largo S. Croce <strong>in</strong><strong>con</strong>trammo due soldati <strong>in</strong>g<strong>le</strong>si, uno bianco e l’altro di<br />

colore che aveva tra la mano e la giacca un grosso pugna<strong>le</strong>. Iniziarono a parlare fra di<br />

loro e quasi stavano venendo al<strong>le</strong> mani, subito ne approfittai e corsi via verso la Chiesa<br />

dei Cappucc<strong>in</strong>i. Riuscii ad entrare <strong>in</strong> Chiesa, ma dopo alcuni attimi mi sentii sol<strong>le</strong>vare<br />

da terra come un moscer<strong>in</strong>o, era <strong>il</strong> soldato di colore che mi disse di portarlo dal<strong>le</strong><br />

signor<strong>in</strong>e. Dovetti accompagnarli dove c’era <strong>il</strong> cas<strong>in</strong>o; appena giunti si misero a<br />

bussare <strong>con</strong> <strong>del</strong><strong>le</strong> pietre vic<strong>in</strong>o al portone e a chiamare <strong>le</strong> signor<strong>in</strong>e. Scappai di nuovo,<br />

andai a casa, mi chiusi dentro e non andai neanche più a Messa. Scusami ma mentre<br />

rac<strong>con</strong>to mi vengono alla mente molte cose. Un giorno mia madre era <strong>in</strong>tenta al<strong>le</strong><br />

faccende di domestiche e per fare arieggiare casa, teneva tutte <strong>le</strong> porte e f<strong>in</strong>estre aperte.<br />

Dalla casa aperta si vedeva <strong>il</strong> <strong>le</strong>tto bello, grande tutto rifatto. Si trovò a passare di li un<br />

soldato di colore grande e grosso. Vedendo questo <strong>le</strong>tto, senza pensarci su due volte vi<br />

si sdraiò sopra addormentandosi come un ghiro. Quando mamma se ne accorse<br />

<strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò ad urlare <strong>con</strong> tutta la voce che aveva <strong>in</strong> corpo. Accorsi io <strong>con</strong> altre persone<br />

e cercammo di tirarlo giù dal <strong>le</strong>tto ma ciò non fu possib<strong>il</strong>e. Allora corsi<br />

all’accampamento americano che era sito al campo sportivo e chiesi aiuto ad un<br />

Americano <strong>con</strong> cui avevo stretto amicizia <strong>il</strong> qua<strong>le</strong> si chiamava Russell. Questi subito<br />

mi venne <strong>in</strong> aiuto e arrivati a casa mia prese per <strong>il</strong> bavero questo soldato di colore e a<br />

calci lo buttò fuori. Russell era alto quasi due metri e pesava più di cento ch<strong>il</strong>i. Il<br />

campo sportivo era adibito dagli Americani a campo di smistamento <strong>del</strong> materia<strong>le</strong>.<br />

31


Dentro c’erano molti uom<strong>in</strong>i e molti camion che facevano rifornimento e andavano<br />

via. Ricordo una cosa curiosa, alcuni Americani si divertivano mettendo <strong>in</strong> tensione <strong>le</strong><br />

loro jeep <strong>con</strong> la corrente e quando noi ragazzi ci avvic<strong>in</strong>avamo, f<strong>in</strong>gendo di darci<br />

caramel<strong>le</strong> od altro ci facevano prendere la scossa ridendo al<strong>le</strong> nostre spal<strong>le</strong>. Ad un<br />

certo punto mi sentii chiamare <strong>in</strong> Americano,”Dom<strong>in</strong>ik, Dom<strong>in</strong>ik vieni <strong>qui</strong>”, mi<br />

avvic<strong>in</strong>ai e questo soldato <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò ad accarezzarmi e mi disse che somigliavo<br />

<strong>in</strong>credib<strong>il</strong>mente a suo figlio, che si chiamava come me. Ricordo tante cose, ma<br />

stranamente non riesco a ricordare <strong>il</strong> nome di questo Americano che mi vo<strong>le</strong>va così<br />

bene. Lo frequentavo molto spesso ed un giorno mi disse : “ Quando partirò <strong>vuoi</strong><br />

venire <strong>in</strong> America <strong>con</strong> me?” Venne anche a casa a parlare <strong>con</strong> mia madre, ma <strong>le</strong>i si<br />

rifiutò categoricamente. Ritornò al suo campo un po’ <strong>del</strong>uso e mi portò <strong>con</strong> sè.<br />

Andammo vic<strong>in</strong>o al ciglio di un muro che <strong>del</strong>imitava <strong>il</strong> Campo Sportivo <strong>con</strong> via<br />

Libertà, e mi disse: “Vieni <strong>qui</strong> nella prima matt<strong>in</strong>ata di ogni giorno e io ti darò un<br />

sacchetto <strong>con</strong> dentro <strong>del</strong> cibo.” Il sacchetto <strong>con</strong>teneva cioccolato, pane bianchissimo e<br />

morbido e alcune scato<strong>le</strong>tte che io portavo a casa. Tutte <strong>le</strong> matt<strong>in</strong>e andavo al luogo<br />

stab<strong>il</strong>ito e lui dal muro mi lanciava questo sacchetto. Tutto questo durò molti giorni.<br />

Una matt<strong>in</strong>a andai al solito appuntamento, ma al posto suo c’era un suo amico, <strong>il</strong> qua<strong>le</strong><br />

mi lanciò sempre <strong>il</strong> sacchetto ma mi disse anche che <strong>il</strong> mio amico era dovuto andare<br />

urgentemente a Cass<strong>in</strong>o, lì era rimasto ferito gravemente e vo<strong>le</strong>va vedermi ad ogni<br />

costo. D’accordo <strong>con</strong> questo e <strong>con</strong> <strong>il</strong> permesso di mia madre andai a Cass<strong>in</strong>o. Arrivati<br />

all’ospeda<strong>le</strong> di campo americano mi portarono dove c’era <strong>il</strong> mio amico adagiato su di<br />

una branda. Non appena mi vide mi fece avvic<strong>in</strong>are mi str<strong>in</strong>se teneramente a se<br />

dicendomi che mi vo<strong>le</strong>va bene, mentre anche io gli dicevo che gli vo<strong>le</strong>vo bene come al<br />

mio papà, poco dopo spirò. Piansi tanto e tanto amaramente non vo<strong>le</strong>vo lasciarlo e<br />

dovettero portarmi via <strong>con</strong> la forza. Non lo dimenticherò mai.<br />

Un mio caro amico che aveva la mia stessa età, era stato cresimato da un sergente<br />

americano che guidava i camion, <strong>il</strong> suo compito era quello di fare rifornimento e di<br />

trasportalo al fronte. In questo camion aveva tutto <strong>il</strong> necessario per prepararsi da<br />

mangiare e di tanto <strong>in</strong> tanto <strong>in</strong> tanto quando ritornava a fare rifornimento a Maddaloni,<br />

ci faceva salire e cuc<strong>in</strong>ava qualcosa per noi. Ricordo che una sera faceva freddo,<br />

quattro di noi aspettando che lui arrivasse per poter soddisfare <strong>il</strong> nostro appetito che<br />

non veniva mai meno, e per ripararci dal vento ci mettemmo davanti ad un camion<br />

fermo sul ciglio <strong>del</strong>la strada . Si fece tardi e <strong>il</strong> nostro sergente non arrivava, allora io<br />

dissi ai miei compagni, che andavo a casa a mangiare qualche cosa perché <strong>il</strong> mio<br />

stomaco brontolava (come sempre) e poi sarei ritornato. Mi seguì anche <strong>il</strong> mio amico<br />

Carm<strong>in</strong>e che abitava accanto a me. Ci <strong>in</strong>camm<strong>in</strong>ammo verso casa, mentre gli altri due<br />

rimasero <strong>in</strong> attesa. All’altezza <strong>del</strong>la Chiesa dei Cappucc<strong>in</strong>i, ci sfiorò un camion che<br />

andava a tutta velocità <strong>con</strong> i fari spenti sbandando. Dopo alcuni momenti sentimmo un<br />

grosso botto. Questo camion aveva perso <strong>il</strong> <strong>con</strong>trollo e a tutta velocità era andato a<br />

cozzare proprio dietro a quel camion fermo sul ciglio <strong>del</strong>la strada. Accorremmo per<br />

vedere che cosa fosse successo, ma rimanemmo attoniti e atterriti perché vedemmo i<br />

nostri due amici schiacciati sotto <strong>le</strong> ruote <strong>del</strong> camion che era fermo. Quando ci<br />

riprendemmo dallo spavento io e <strong>il</strong> mio amico pensammo che grazie alla fame<br />

avevamo scansato la morte. Nel campo sportivo c’era <strong>il</strong> deposito e la zona di<br />

smistamento, nei pressi <strong>del</strong>la biglietteria c’era una casa adibita a viveri, nella qua<strong>le</strong> <strong>con</strong><br />

32


i miei compagni riuscimmo a fare un buco dove appena ci passavo un ragazzo<br />

m<strong>in</strong>gherl<strong>in</strong>o. Gli altri ragazzi mi dissero:” Mimì entra tu perché sei <strong>il</strong> più magro, così<br />

ci passi quello che c’è dentro e poi dividiamo.” Entrai e dentro c’era tanta di quella<br />

roba da mangiare che rimasi di stucco. Ripresomi <strong>in</strong>iziai a passare ai miei compagni<br />

tutto quello che potevo, però <strong>con</strong> furbizia prima di <strong>con</strong>segnarlo mentalmente lo<br />

<strong>con</strong>tavo. Ad un certo momento si sentì sparare nella nostra direzione e dei colpi<br />

andarono a <strong>con</strong>ficcarsi dentro <strong>del</strong><strong>le</strong> scato<strong>le</strong>tte. Quelli che erano fuori <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciarono a<br />

gridare:” Mimì, Mimì gli Americani” e scapparono. Rimasi da solo dentro quella<br />

stanzetta, ma come uno scoiattolo e <strong>con</strong> una velocità <strong>in</strong>credib<strong>il</strong>e uscii fuori e me la<br />

diedi a gambe <strong>le</strong>vate riuscendo ad evitare <strong>il</strong> pericolo. Raggiunti i miei compagni, mi<br />

feci <strong>con</strong>segnare la mia parte, essi vo<strong>le</strong>vano darmi meno di quello che avevano preso<br />

loro. A quel punto io dissi che avevo <strong>con</strong>tato la roba e avevo diritto più di loro perché<br />

ero quello che avevo rischiato di più, così ebbi la mia parte. Ricordo ancore che un<br />

giorno io e un mio amico eravamo per strada e <strong>in</strong><strong>con</strong>trammo un m<strong>il</strong>itare di colore <strong>il</strong><br />

qua<strong>le</strong> ci chiamò e <strong>in</strong> americano ci fece capire che ci avrebbe dato un dollaro ciascuno e<br />

un pacchetto di sigarette se avessimo fatto quello che lui ci chiedeva. Io e <strong>il</strong> mio amico<br />

ci guardammo <strong>in</strong> faccia e stupiti ci chiedevamo che cosa questo vo<strong>le</strong>sse. Ci fece capire<br />

che lui si sarebbe disteso a terra e noi due <strong>in</strong>sieme dovevamo dargli dei colpi <strong>in</strong> testa.<br />

Pensammo che era pazzo, ma siccome ci dava un dollaro e un pacchetto di sigarette gli<br />

dicemmo di si. Si distese a terra e dal<strong>le</strong> tasche tirò fuori tante pietruzze dicendoci che<br />

<strong>con</strong> quel<strong>le</strong> dovevamo picchiarlo <strong>le</strong>ggermente <strong>in</strong> testa f<strong>in</strong>o a che lui non avesse detto<br />

basta. Così facemmo; <strong>il</strong> tutto durò circa dieci m<strong>in</strong>uti, si alzò, ci r<strong>in</strong>graziò, ci <strong>con</strong>segnò i<br />

dollari, <strong>le</strong> sigarette, ci diede appuntamento per <strong>il</strong> giorno dopo e se ne andò. Tutto<br />

questo durò circa qu<strong>in</strong>dici giorni, poi non lo vedemmo più.<br />

Un’ultima cosa ancora. Un giorno io ed un mio amico, mentre eravamo <strong>in</strong> strada,<br />

fummo avvic<strong>in</strong>ati da una Jeep americana <strong>con</strong> due soldati a bordo, facevano parte <strong>del</strong>la<br />

M.P., i quali ci chiesero se potevamo accompagnarli dal<strong>le</strong> signor<strong>in</strong>e. Dicemmo di si. Ci<br />

fecero salire facendosi <strong>in</strong>dicare <strong>il</strong> luogo. Arrivati ad un certo punto cambiarono strada,<br />

e si diressero verso <strong>il</strong> Beneventano. Durante <strong>il</strong> tragitto <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciammo ad imprecare<br />

<strong>con</strong>tro di loro dicendo anche parolacce, mentre essi parlavano fra di loro nella loro<br />

l<strong>in</strong>gua non curandosi di noi. Arrivati ad Arpaia (BN), e parlando fortemente <strong>con</strong><br />

accento napo<strong>le</strong>tano, ci ammonirono dicendoci che non dovevamo più accompagnare i<br />

loro soldati dal<strong>le</strong> Prostitute. Dissero che erano Italo-Americani nativi di Napoli e<br />

capivano <strong>il</strong> dia<strong>le</strong>tto napo<strong>le</strong>tano. Ci lasciarono lì per punizione. Ritornammo a piedi a<br />

Maddaloni.<br />

33


Rac<strong>con</strong>to di<br />

Sarracco Luigi nato a Maddaloni <strong>il</strong> 12 maggio 1934<br />

La prima cosa che voglio rac<strong>con</strong>tare di quegli anni e che ricordo bene perché vi ho<br />

partecipato è lo svaligiamento <strong>del</strong> quartiere. Questo quartiere era presidiato dai<br />

Tedeschi i quali vi alloggiarono f<strong>in</strong>o all’Armistizio. Esso era adibito a deposito<br />

vestiario <strong>del</strong><strong>le</strong> Forze Armate <strong>del</strong>l’Esercito Italiano. C’era di tutto: mutande, camicie,<br />

giubboni, <strong>le</strong>nzuola, teli, camici per i dottori, una serie di materiali che sarebbero dovuti<br />

servire ai nostri soldati che erano <strong>in</strong> guerra. Purtroppo i nostri m<strong>il</strong>iti erano scalzi,<br />

mentre lì c’era tutto quel ben di Dio. Come ho detto, questo stab<strong>il</strong>e era <strong>con</strong>trollato da<br />

Tedeschi, ma dopo l’otto settembre i Tedeschi erano <strong>in</strong> ritirata oltre Cass<strong>in</strong>o.<br />

Nell’andare via caricarono sui loro camion tutta la merce migliore, lasciando <strong>il</strong> resto<br />

che non potevano trasportare. Dopo aver portato via tutto quello che poterono<br />

abbandonarono <strong>il</strong> sito a se stesso, rimase solo un m<strong>il</strong>itare italiano di guardia <strong>con</strong> una<br />

fascia rossa sul braccio, <strong>il</strong> qua<strong>le</strong> avrebbe dovuto presiedere tutto l’apparato. Quando la<br />

popolazione vide andare via i Tedeschi, <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a radunarsi nei pressi <strong>del</strong> sito.<br />

Allora <strong>il</strong> soldato di guardia impaurito e non sapendo casa fare andò via lasciando <strong>il</strong><br />

Quartiere <strong>in</strong>custodito. Per c<strong>in</strong>que, sei giorni, cent<strong>in</strong>aia di persone si alternarono<br />

prendendo d’assalto <strong>il</strong> sito e portando via tutto quello che potevano, tra questi vi era<br />

anche gente che proveniva da paesi limitrofi. C’ero anch’io: <strong>Se</strong>ppur ero solo un<br />

ragazzo partecipai al saccheggio. Molti <strong>con</strong>tad<strong>in</strong>i, che potevano usufruire di carretti<br />

tra<strong>in</strong>ati da cavalli, caricavano f<strong>in</strong>o al massimo <strong>del</strong>la capienza i loro carretti, andavano<br />

via e ritornavano dopo breve tempo <strong>con</strong> gli stessi carretti vuoti per riempirli di nuovo.<br />

Infatti non appena si allontanavano di poche cent<strong>in</strong>aia di metri c’era subito chi<br />

ac<strong>qui</strong>stava tutta la merce per pochi soldi. Come ho detto <strong>il</strong> tutto durò qualche settimana<br />

sia di notte che di giorno. Essendo ragazz<strong>in</strong>o avevo avuto sempre <strong>il</strong> desiderio <strong>del</strong><br />

campeggio: entrato anche io all’<strong>in</strong>terno, capitai <strong>in</strong> una stanza <strong>in</strong> cui vi erano dei pacchi<br />

di tela, e pensando che quei pacchi avrebbero fatto proprio al caso mio, ne presi uno<br />

anche se era un po’ pesante, riuscii a portarlo via, pensando di fare <strong>con</strong> gli amici una<br />

tenda sul Castello, dove andavamo spesso. Arrivato a casa lo aprii e <strong>con</strong> mia sorpresa<br />

vidi che erano dei teli da barella per <strong>il</strong> trasporto dei feriti. Non sapendo cosa farne li<br />

diedi ad un <strong>con</strong>tad<strong>in</strong>o che cucendoli da una parte ne ricavò dei sacchi <strong>in</strong> cui riporre<br />

grano, fagioli, ecc; lui <strong>in</strong> cambio mi diede un po’ di masserizie. Ritornai spesso al<br />

Quartiere, una volta presi un pacco di mutande, poi un pacco di camicie. Insomma pure<br />

io presi quello che potei, come facevano tutti. In quei giorni accadde un episodio<br />

particolare di cui ancora oggi qualcuno parla. Mentre si portava fuori tutto quel<br />

materia<strong>le</strong>, nella calca qualche cosa veniva perso; ricordo che sul<strong>le</strong> sca<strong>le</strong> c’erano <strong>del</strong><strong>le</strong><br />

<strong>le</strong>nzuola a terra che <strong>in</strong>tralciavano sia la discesa che la salita effettuata frettolosamente.<br />

Ci fu una signora <strong>del</strong> Trivio che mentre scendeva <strong>le</strong> sca<strong>le</strong> rimase <strong>con</strong> un piede<br />

impigliato <strong>in</strong> un <strong>le</strong>nzuolo e cadde. Non riuscì più a rialzarsi e venne calpestata dalla<br />

gente <strong>in</strong> preda alla fretta di portare via la roba. Quando la soccorsero e la portarono<br />

fuori per <strong>le</strong>i non ci fu più nulla da fare. Era morta. <strong>Se</strong>mpre <strong>in</strong> una stanza <strong>del</strong> Quartiere<br />

34


c’erano molte armi che i Tedeschi avevano re<strong>qui</strong>sito sia ai m<strong>il</strong>itari che ai civ<strong>il</strong>i, subito<br />

dopo l’Armistizio, divulgando un proclama <strong>in</strong> cui si ord<strong>in</strong>ava alla popolazione di<br />

<strong>con</strong>segnare qualsiasi arma detenuta, pena la fuc<strong>il</strong>azione. Tutte quel<strong>le</strong> persone che<br />

avevano <strong>del</strong><strong>le</strong> armi non sapendo dove nas<strong>con</strong>der<strong>le</strong> <strong>le</strong> <strong>con</strong>segnarono. Una volta<br />

divulgata la notizia <strong>del</strong>l’Armistizio, i Tedeschi <strong>in</strong>iziarono subito dei rastrellamenti <strong>in</strong><br />

tutta la Città, pre<strong>le</strong>vando tutti gli uom<strong>in</strong>i ab<strong>il</strong>i, ragazzi dai 18 ai 20 anni, adulti,<br />

sequestrandoli e caricandoli su dei camion. In seguito abbiamo saputo che queste<br />

persone pre<strong>le</strong>vate <strong>con</strong> la vio<strong>le</strong>nza venivano portate <strong>in</strong> Germania come forza lavoro,<br />

perché tutti i giovani tedeschi erano <strong>in</strong> guerra e nel<strong>le</strong> loro fabbriche non c’era più forza<br />

lavoro. Per questo motivo parecchie persone si nas<strong>con</strong>devano sui tetti sig<strong>il</strong>lando <strong>le</strong><br />

entrate e quando si doveva portare loro da mangiare, si mandavano sempre <strong>del</strong><strong>le</strong> donne<br />

o dei bamb<strong>in</strong>i, per non dare nell’occhio, che porgevano <strong>il</strong> cibo attraverso <strong>le</strong> tego<strong>le</strong><br />

rimosse per l’occasione. Voglio rac<strong>con</strong>tare qualche altro aneddoto. Un giorno mentre<br />

giocavamo per strada, litigai <strong>con</strong> un mio compagno. Proprio <strong>in</strong> quel momento<br />

passarono dei Tedeschi che vedendoci litigare si fermarono, ci divisero e diedero a<br />

ciascuno di noi un ceffone, ammonendoci che quello che stavamo facendo non era<br />

cosa buona. Era abitud<strong>in</strong>e giornaliera di noi ragazzi andare sul Castello. Conf<strong>in</strong>ante<br />

<strong>con</strong> <strong>il</strong> castello c’era una casa <strong>con</strong> un giard<strong>in</strong>o che aveva una pianta carica di fichi. Noi<br />

ragazzi avevamo sempre fame, un pò per l’età un pò perché c’era poco da mangiare,<br />

dunque ogni occasione era buona per riempire la pancia. Quella pianta era per noi una<br />

meta appetitosa. Tre di noi scavalcammo <strong>il</strong> muro di c<strong>in</strong>ta <strong>del</strong> giard<strong>in</strong>o e salimmo sulla<br />

pianta per depredarla, <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciamo a fare strage di fichi. Ad un certo punto sentimmo<br />

gridare e dall’albero vedemmo venire verso di noi un uomo arrabbiatissimo, doveva<br />

essere <strong>il</strong> proprietario, che sbraitando m<strong>in</strong>acciava. Subito scendemmo come <strong>le</strong>pri<br />

dall’albero, scavalcammo <strong>il</strong> muro e <strong>in</strong>iziammo a correre su per la montagna. Il<br />

proprietario di questo giard<strong>in</strong>o non demordeva e anche lui molto ag<strong>il</strong>mente ci<br />

<strong>in</strong>seguiva. Ad un certo punto mentre correvamo su per la montagna, <strong>in</strong><strong>con</strong>trammo dei<br />

Tedeschi <strong>in</strong> mutande che prendevano <strong>il</strong> so<strong>le</strong> tranqu<strong>il</strong>lamente sdraiati sul<strong>le</strong> pietre. Si<br />

accorsero di noi e di quell’uomo che ci <strong>in</strong>seguiva. Subito vennero <strong>in</strong> nostro aiuto senza<br />

sentire <strong>le</strong> ragioni di quest’ultimo, redarguendolo e mandandolo via. Devo dire che<br />

prima <strong>del</strong>l’Armistizio erano molto comprensivi, ma dopo diventarono <strong>del</strong><strong>le</strong> belve,<br />

perché dicevano che erano stati traditi dal popolo italiano loro al<strong>le</strong>ato. Ricordo anche<br />

che <strong>in</strong> quei giorni si parlava di Tedeschi uccisi mentre ripiegavano da Cancello. Alla<br />

stazione ferroviaria sul<strong>le</strong> Carcare fu fermato un treno carico di serbatoi di olio e tutta la<br />

popolazione si recava <strong>in</strong> quel luogo per pre<strong>le</strong>vare l’olio <strong>con</strong> damigiane e <strong>con</strong> altri<br />

recipienti di fortuna. Io non ho potuto partecipare al prelievo perché non avevo<br />

recipienti. Noi ragazzi ci radunavamo <strong>in</strong> gruppi e andavamo dappertutto, senza avere<br />

paura di niente.<br />

Arrivarono gli Americani. I primi due Americani che ho <strong>in</strong><strong>con</strong>trato, erano vic<strong>in</strong>o al<br />

luogo dove adesso c’è l’ufficio tecnico, stavano seduti a terra <strong>con</strong> degli za<strong>in</strong>i,<br />

facevano parte di un avamposto di ricognizione. Poi <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciarono ad arrivare<br />

camion pieni di soldati e poi tutta la V˚ armata, la qua<strong>le</strong> occupò Maddaloni e prese<br />

possesso <strong>del</strong>l’attua<strong>le</strong> V<strong>il</strong>laggio dei ragazzi, <strong>il</strong> campo sportivo, <strong>il</strong> mercato, oggi piazza<br />

<strong>del</strong>la pace e tutti i giard<strong>in</strong>i <strong>in</strong>torno. Appena arrivati, gli Americani <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciarono a<br />

lanciarci caramel<strong>le</strong>, cioccolate e noi ragazzi facevamo a gara a chi ne prendeva di più.<br />

35


La Citta’ subito accolse <strong>con</strong> amicizia gli Americani perché li vide disponib<strong>il</strong>i e<br />

cordiali, <strong>in</strong>iziando subito a dialogare <strong>con</strong> gesticolazioni e questo modo di fare dei<br />

cittad<strong>in</strong>i mi è rimasto impresso nella memoria. Le famiglie maddalonesi, accorgendosi<br />

che agli Americani piaceva la nostra cuc<strong>in</strong>a, subito si <strong>in</strong>dustrializzarono <strong>in</strong> questo<br />

nuovo modo di guadagno, prendendo gli Americani per la gola, preparando loro dei<br />

cibi succu<strong>le</strong>nti <strong>in</strong> cambio di approviggionamento. Ma agli Al<strong>le</strong>ati non piaceva soltanto<br />

<strong>il</strong> cibo, più di questo piacevano loro <strong>le</strong> “signor<strong>in</strong>e”, perché dicevano che <strong>le</strong> donne<br />

italiane erano <strong>le</strong> più bel<strong>le</strong> <strong>del</strong> mondo. Allora <strong>le</strong> donne (quel<strong>le</strong> disponib<strong>il</strong>i) crearono<br />

varie case di appuntamento. Ricordo che una era <strong>in</strong> via Sambuco perché io abitavo da<br />

quel<strong>le</strong> parti. Anche noi ragazzi ci organizzavamo. Avvic<strong>in</strong>ando gli Americani<br />

dicevamo loro: ”Ei Giò wan fok (Che significa <strong>vuoi</strong> andare dal<strong>le</strong> signor<strong>in</strong>e) e loro<br />

rispondevano” Yes,Yes,” così noi li accompagnavamo <strong>in</strong> queste case. In cambio ci<br />

davano pacchetti di sigarette, cioccolato, caramel<strong>le</strong> ecc. Agli Americani piacevano<br />

tanto i “P<strong>in</strong>oz” (nocciol<strong>in</strong>e americane). Avendolo saputo noi ragazzi andavamo dai<br />

torronai i quali avevano sempre una scorta di questo prodotto e mettendo<strong>le</strong> nel<strong>le</strong> federe<br />

dei cusc<strong>in</strong>i <strong>le</strong> rivendevamo agli Americani. Come misuratore usavamo un barattol<strong>in</strong>o<br />

di pomodoro vuoto e dalla vendita ricavavamo vari dollari. Eravamo diventati dei veri<br />

affaristi. Un fatto <strong>in</strong>crescioso che ricordo bene fu l’uccisione di un Marocch<strong>in</strong>o.<br />

Accadde al Trivio. Con l’arrivo degli Americani, arrivarono anche gli Ing<strong>le</strong>si, i<br />

Canadesi, i Marocch<strong>in</strong>i ed altri. I Marocch<strong>in</strong>i avevano l’abitud<strong>in</strong>e di fare <strong>del</strong><strong>le</strong> sf<strong>il</strong>ate<br />

per la Città per festeggiare chissà che cosa <strong>con</strong> <strong>in</strong> mano dei bastoni ed altre cose e<br />

<strong>in</strong>nanzi a loro c’era un caprone. Posso dire che queste persone non erano molto civ<strong>il</strong>i,<br />

perché erano <strong>in</strong>so<strong>le</strong>nti e prendevano <strong>in</strong> giro tutti quelli che <strong>in</strong><strong>con</strong>travano, c’era un<br />

abisso tra loro e gli altri liberatori. Capitò che al trivio S. Giovanni all’<strong>in</strong>crocio <strong>con</strong> via<br />

Raffone, alcuni Marocch<strong>in</strong>i prendevano <strong>in</strong> giro varie persone, tra <strong>le</strong> quali alcune<br />

donne. Allora un soldato italiano <strong>in</strong> borghese, che era rimasto sbandato, prese <strong>le</strong> difese<br />

di queste persone e scoppiò una lite. L’Italiano tirò fuori dal<strong>le</strong> tasche una bomba a<br />

mano e la lanciò colpendo <strong>in</strong> pieno un Marocch<strong>in</strong>o <strong>il</strong> qua<strong>le</strong> rimase d<strong>il</strong>aniato. Ricordo<br />

ancora dei pezzi umani <strong>in</strong> varie parti <strong>del</strong>la strada e un piede aveva ancora la scarpa.<br />

Tutti scapparono via, e di quest’uomo non si seppe più nulla. I Marocch<strong>in</strong>i nel<br />

frattempo erano alloggiati nell’attua<strong>le</strong> Convitto Naziona<strong>le</strong>. Venendo a <strong>con</strong>oscenza <strong>del</strong><br />

fatto accaduto al loro compagno armati di bastoni andarono nel luogo <strong>del</strong>l’eccidio ma<br />

non trovarono più nessuno, perché ormai tutti si erano d<strong>il</strong>eguati o chiusi <strong>in</strong> casa,<br />

evitando così altri s<strong>con</strong>tri <strong>con</strong> altri morti sicuri. Non trovando nessuno presero i resti<br />

<strong>del</strong> loro compagno e andarono via. Gli Ing<strong>le</strong>si avevano (dove adesso c’è <strong>il</strong> bar <strong>il</strong><br />

Pr<strong>in</strong>cipe) una casa adibita a pasticceria dove tenevano tutto l’occorrente per fare i<br />

dolci. Far<strong>in</strong>a, zucchero ed altra roba. Capitò una matt<strong>in</strong>a che alcune persone di<br />

Maddaloni cercarono di depredarlo entrando armati. Proprio <strong>in</strong> quel momento una<br />

ronda <strong>in</strong>g<strong>le</strong>se si trovò nei paraggi, capì quello che stava succedendo e <strong>in</strong>tervenne.<br />

Questi, vedendosi braccati, aprirono <strong>il</strong> fuoco ammazzando un Ing<strong>le</strong>se e riuscendo a<br />

scappare. Questi li <strong>in</strong>seguirono e arrivati nei pressi <strong>del</strong>la Chiesa Corpus Dom<strong>in</strong>i, ne<br />

fermarono uno e lo ammazzarono, mentre gli altri riuscirono a d<strong>il</strong>eguarsi. Questo fatto<br />

lo ricordo benissimo perché andai sul posto e vidi sia <strong>il</strong> morto <strong>in</strong>g<strong>le</strong>se che quello<br />

maddalonese. Gli Americani avevano accampamenti <strong>in</strong> tutti i luoghi disponib<strong>il</strong>i,<br />

mentre al mercato costruirono dei capannoni metallici dove avevano tutti i loro uffici,<br />

36


e funzionava <strong>il</strong> tutto come una piccola città.<br />

Rac<strong>con</strong>to di<br />

Rescigno Tommaso nato a Maddaloni <strong>il</strong> 6 gennaio 1931<br />

Del periodo 1943-45 di sicuro, molte persone hanno dettagliato gli argomenti e gli<br />

avvenimenti accaduti <strong>in</strong> quegli anni, perciò non mi soffermerò sul rac<strong>con</strong>to di quei fatti<br />

<strong>in</strong>cresciosi e terrib<strong>il</strong>i che abbiamo vissuto <strong>in</strong> quell’epoca. Voglio narrare però di un<br />

canto che venne composto <strong>in</strong> occasione <strong>del</strong>lo svaligiamento <strong>del</strong> Quartiere M<strong>il</strong>itare<br />

deposito e magazz<strong>in</strong>o sanitario. Dopo l’armistizio, quando gli Americani erano già<br />

sbarcati a Napoli, i Tedeschi com<strong>in</strong>ciarono a caricare sui loro camion tutto <strong>il</strong> materia<strong>le</strong><br />

che era possib<strong>il</strong>e portare via dal magazz<strong>in</strong>o, <strong>le</strong>nzuola, coperte, materassi, ecc. Andati<br />

via i Tedeschi, ci fu l’assedio al quartiere da parte dei cittad<strong>in</strong>i di Maddaloni. Ricordo<br />

che lo depredarono di tutto e alla f<strong>in</strong>e portavano via anche <strong>il</strong> <strong>le</strong>gname; quando<br />

rompevano <strong>il</strong> <strong>le</strong>gno per poterlo trasportare, sembrava di sentire dei colpi d’arma da<br />

fuoco. Proprio per questi rumori che sembravano spari, si verificò <strong>il</strong> fuggi fuggi di<br />

quanti erano dentro al Quartiere e nello scappare alcuni rimasero calpestati e ci furono<br />

dei feriti e dei morti. Ricordo perfettamente quando furono sganciate <strong>del</strong><strong>le</strong> bombe <strong>in</strong><br />

via Appia, <strong>in</strong> cui morirono e furono ferite alcune persone, che si erano rifugiate <strong>in</strong> un<br />

giard<strong>in</strong>o. Di quel<strong>le</strong> che persero la vita, questi i nom<strong>in</strong>ativi:<br />

Lombardi Luigi, (proprietario <strong>del</strong> giard<strong>in</strong>o); la moglie Bisogno Giuseppn<strong>in</strong>a; Lombardi<br />

Miche<strong>le</strong> e figlio (sem<strong>in</strong>arista); Cerreto Salvatore; D’Angelo e la moglie Rosa; Cerreto<br />

Raffel<strong>in</strong>a; Cerreto Francesco; Cerreto Michel<strong>in</strong>a; Coniugi Razzano; Lombardi<br />

Francesco. Durante quell’anno, era <strong>il</strong> 1944, a Maddaloni si trovavano sfollati due<br />

signori napo<strong>le</strong>tani, Pasqua<strong>le</strong> De Florio e Enrico Manna, erano due <strong>le</strong>tterati e musicisti.<br />

La loro residenza era <strong>in</strong> via F. Massimo proprio dietro l’Orologio.<br />

In occasione <strong>del</strong>lo svaligiamento <strong>del</strong> quartiere <strong>il</strong> De Florio scrisse e musicò una<br />

canzone, la qua<strong>le</strong> veniva cantata da Natal<strong>in</strong>o Sagnelli maddalonese (cantante e<br />

suonatore di chitarra che aveva due manici per tastiera, sulla prima <strong>in</strong>stallate dodici<br />

corde, sulla se<strong>con</strong>da sei corde, strumento molto raro <strong>in</strong> Italia a quei tempi).<br />

Queste due persone dopo la guerra attuarono i primi trasporti cittad<strong>in</strong>i per Napoli,<br />

approntando una corriera che poi <strong>in</strong>crementarono <strong>con</strong> altre, formando una società di<br />

trasporto <strong>con</strong> nome <strong>Se</strong>lac.<br />

Il Sig. Rescigno ricorda ancora un piccolo frammento di questo motivetto che mi ha<br />

canticchiato.<br />

Da questo sono riuscito a comporre <strong>le</strong> prime c<strong>in</strong>que battute <strong>del</strong>la melodia orig<strong>in</strong>a<strong>le</strong>.<br />

Il Testo <strong>del</strong> canto è riportato <strong>in</strong>tegralmente nella pag<strong>in</strong>a successiva.<br />

M_stro Giulio<br />

37


<strong>Se</strong> sentette, sottovoce<br />

tiempe fa me pare aiere<br />

da ‘e Mul<strong>in</strong>e a Santacroce:<br />

< D’ann’ ‘a rrobba d’ ‘o Quartiere!><br />

E vediste: struppiate,<br />

vecchie, giuvene, guaglione,<br />

figliu<strong>le</strong>l<strong>le</strong>, mmaretate,<br />

puveriel<strong>le</strong> e signor<strong>in</strong>e….<br />

Chi zumpava, chi redeva<br />

Pe’ Via Roma e ‘a Citta<strong>del</strong>la<br />

Chi scappava, chi chiagneva,<br />

chi diceva < Mamma bella<br />

la se spara….nce sta ‘a morta….<br />

Pè ghi llà nce vò coraggio!...><br />

Chi diceva: e che me ‘mporta:<br />

chesta è overo ‘n’acqua ‘e Maggio!...><br />

Mo’ se sente: < mangia e vive!<br />

Mo’ so’ ricche tutte quante,<br />

songo asciute ‘e cumitive<br />

mo’ so’ tutte cummirciante!...<br />

Mo’ vedite a nu straccione<br />

ca discute, spenne, rire<br />

e, cu n’aria ‘e signorone,<br />

<strong>con</strong>ta carte ‘e m<strong>il</strong><strong>le</strong> lire…<br />

Però chesto è fuoco ‘e paglia<br />

Vì ch’a fatto chesta guerra!<br />

Ma chi troppo saglia saglia<br />

Spisse cade ‘e faccia nterra!...<br />

E si cade piglia ‘o butto<br />

Pecchè, ogge nun è aiere<br />

Pecchè resta stracque e strutto:<br />

‘A rrobba d’ ‘o Quartiere<br />

Versi e Musica di P. De Florio<br />

Pacche sane ‘e cuc<strong>in</strong>iere,<br />

bal<strong>le</strong> sane ‘e matarazze,<br />

scarpe, tavo<strong>le</strong>, panciere,<br />

e <strong>le</strong>nzo<strong>le</strong> cos’e pazze!<br />

Carrettel<strong>le</strong> ‘ncatastate,<br />

mappatone, mappatel<strong>le</strong><br />

terra_terra strascenate<br />

sciarabal<strong>le</strong>, carruzzel<strong>le</strong>….<br />

Me pareva ‘o quarantotto:<br />

schiaffe, ponie,cauce, str<strong>il</strong><strong>le</strong>,<br />

gente ‘a coppa, gente ‘a sotto,<br />

che scippate de cap<strong>il</strong><strong>le</strong>….<br />

Era ‘a guerra d’’o v<strong>in</strong>tuno…<br />

‘na cammisa, sfurtunata,<br />

rimmanette meza a uno<br />

n’ata meza nmano a n’ata!...<br />

38


can un c’è n’ato Quartiere!...<br />

Rac<strong>con</strong>to di<br />

Mignone Margherita nata a Maddaloni <strong>il</strong> 19 ottobre 1936<br />

Con la collaborazione di Mignone Luigia<br />

.<br />

Ricordo bene <strong>il</strong> periodo bellico a Maddaloni e <strong>le</strong> brutte cose che avvenivano <strong>in</strong> quel<br />

tempo, anche se avevo appena sei anni. Quasi sempre, sia di notte che di giorno,<br />

suonava l’allarme e una sirena annunciava l’arrivo degli aerei che bombardavano. I<br />

nostri nonni e i nostri genitori ci portavano al più vic<strong>in</strong>o ricovero, che poi non era altro<br />

che una cant<strong>in</strong>a sotto terra. Rif<strong>le</strong>ttendo bene, adesso penso che tanto al sicuro non<br />

eravamo, perché ricordo che anche sui ricoveri cadevano <strong>le</strong> bombe e morivano tante<br />

persone. Quando dovevano bombardare <strong>il</strong> Quartiere, che era una vasta caserma<br />

m<strong>il</strong>itare <strong>con</strong> un gran deposito di materia<strong>le</strong> sanitario, per errore colpirono un vicolo di<br />

fronte che noi chiamavamo a “venella scarrupata”(riferito a Vicolo Campania che si<br />

immette <strong>in</strong> via Roma, quasi di fronte al Quartiere). Le bombe colpirono molte case e ci<br />

furono tanti morti. Poi si aprirono <strong>le</strong> porte di questo magazz<strong>in</strong>o e tutti portarono via<br />

quello che c’era; e durante <strong>il</strong> saccheggio morirono <strong>del</strong><strong>le</strong> persone calpestate da altre. In<br />

via Appia, dove c’è la ferrovia, caddero <strong>del</strong><strong>le</strong> bombe che colpirono <strong>in</strong> quel frangente<br />

un carro tra<strong>in</strong>ato da un cavallo e tutte <strong>le</strong> persone che erano sul carro. Si salvò solo una<br />

neonata protetta dal corpo <strong>del</strong>la nonna che <strong>le</strong> fece da scudo. F<strong>in</strong>almente arrivarono gli<br />

Americani, che si accamparono nel<strong>le</strong> vic<strong>in</strong>anze <strong>del</strong> centro abitato. Gli Americani erano<br />

bravi, chiamavano i ragazz<strong>in</strong>i e si facevano lavare <strong>le</strong> gavette, <strong>le</strong> stoviglie, <strong>le</strong> scarpe e<br />

per ricompensa davano caramel<strong>le</strong>, cioccolato e gomme da masticare. Non ricordo<br />

molto altro, ero piccol<strong>in</strong>a e poi i nostri genitori ci tenevano lontane dal<strong>le</strong> cose brutte<br />

che succedevano.<br />

39


Rac<strong>con</strong>to di<br />

Mignone C<strong>le</strong>lia nata a Maddaloni <strong>il</strong> 4 gennaio 1939<br />

In quel periodo ero molto piccola e non ricordo quasi nulla, ma alcune cose mi sono<br />

rimaste impresse. Quando passavano gli aerei, lanciavano dei razzi lum<strong>in</strong>osi per<br />

<strong>il</strong>lum<strong>in</strong>are <strong>il</strong> suolo sottostante perché, quando suonava la sirena di allarme si<br />

spegnevano tutte <strong>le</strong> luci ed eravamo tutti al buio. Questi aerei vo<strong>le</strong>vano colpire <strong>le</strong><br />

caserme e <strong>le</strong> l<strong>in</strong>ee ferroviarie. La mira non sempre era giusta e, colpendo posti sbagliati<br />

morivano tante persone. Tutti, quando c’era l’allarme, cercavamo <strong>il</strong> rifugio più vic<strong>in</strong>o.<br />

Mia madre era <strong>in</strong>c<strong>in</strong>ta e aspettava un’altra sorell<strong>in</strong>a. Una notte, durante un allarme, mi<br />

trovavo <strong>con</strong> i miei nonni e, correndo verso i miei genitori, mio nonno andò a sbattere<br />

<strong>con</strong> la testa <strong>con</strong>tro la testa di un altro signore e siccome era buio, non riuscì a vedere<br />

chi fosse l’altra persona. In questo s<strong>con</strong>tro si fecero molto ma<strong>le</strong> i due, ma non si<br />

fermarono a causa <strong>del</strong>l’allarme. Il matt<strong>in</strong>o successivo, mentre si era ancora tutti nel<br />

ricovero, si sono ri<strong>con</strong>osciuti. Anche l’altro signore correva per andare <strong>in</strong><strong>con</strong>tro ai suoi<br />

nipot<strong>in</strong>i. Dopo questi episodi la mamma e <strong>il</strong> papà decisero di andare <strong>in</strong> montagna<br />

perché dicevano che lì era più sicuro, così andammo a Gioia Sannitica. Dopo poco,<br />

però, arrivarono i Tedeschi che <strong>in</strong>iziarono a catturare tutti gli uom<strong>in</strong>i che trovavano.<br />

Entravano nel<strong>le</strong> case <strong>con</strong> i fuc<strong>il</strong>i spianati spaventando noi bamb<strong>in</strong>e e chiedendoci:<br />

“papà dov’è”. Noi seguendo l’<strong>in</strong>segnamento <strong>del</strong><strong>le</strong> nostre mamme rispondevamo:<br />

“Prigioniero <strong>in</strong> Germania.” Non trovando ciò che cercavano sfogavano la loro rabbia<br />

facendo strage di polli, tagliavano loro la testa, obbligando <strong>le</strong> donne a pulirli e a<br />

cuc<strong>in</strong>arli. Si ubriacavano come dei maiali e prima di andare via bruciavano tutto. Molti<br />

si nascosero <strong>in</strong> alta montagna e c’era una donna che faceva da staffetta per portare loro<br />

qualcosa da mangiare. Quando poi sono arrivati gli Americani, siamo stati molto più<br />

tranqu<strong>il</strong>li. Gli Americani ci davano sempre cioccolate, caramel<strong>le</strong>, biscotti e gomme da<br />

masticare.<br />

40


Rac<strong>con</strong>to di<br />

Coppola Domenico nato a Maddaloni <strong>il</strong> 14 novembre 1928<br />

I miei genitori erano rivenditori di frutta nella città di Campobasso, e così facevamo<br />

sempre la spola Maddaloni Campobasso e viceversa <strong>con</strong> due carrette tra<strong>in</strong>ate da tre<br />

cavalli e due muli. Partivamo da Maddaloni <strong>il</strong> martedì e arrivavamo a Campobasso <strong>il</strong><br />

giovedì, <strong>il</strong> venerdì pomeriggio ripartivamo per arrivare a dest<strong>in</strong>azione <strong>il</strong> sabato<br />

pomeriggio. Questo mestiere papà lo praticava da molti anni e io <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciai ad<br />

andare <strong>con</strong> lui negli anni Quaranta <strong>in</strong>sieme a mio fratello. Nel periodo subito dopo<br />

l’Armistizio ci capitò questo fatto <strong>in</strong>crescioso che rac<strong>con</strong>tarlo adesso sembra una cosa<br />

fut<strong>il</strong>e, mentre allora fu un avvenimento tragico. Mentre ritornavamo da Campobasso,<br />

arrivati a Benevento, nei pressi <strong>del</strong> campo di aviazione, <strong>in</strong><strong>con</strong>trammo un Aviere che<br />

era fermo sul ciglio <strong>del</strong>la strada e ci chiese un passaggio dicendoci che doveva andare<br />

verso <strong>il</strong> Napo<strong>le</strong>tano; lo prendemmo <strong>con</strong> noi. Arrivati a Solopaca era ormai pomeriggio,<br />

facemmo sosta e ci fermammo vic<strong>in</strong>o ad una taverna dal nome Massim<strong>in</strong>o.<br />

Mangiammo quel poco che avevamo disponib<strong>il</strong>e, l’Aviere aveva <strong>con</strong> se <strong>del</strong><strong>le</strong><br />

scato<strong>le</strong>tte che divise <strong>con</strong> noi. Dopo esserci rifoc<strong>il</strong>lati riprendemmo <strong>il</strong> viaggio, ma<br />

arrivati nella periferia <strong>del</strong> paese di Dugenta, <strong>in</strong><strong>con</strong>trammo una pattuglia tedesca che ci<br />

fermò. Mandarono via l’Aviere che <strong>con</strong>t<strong>in</strong>uò <strong>il</strong> suo viaggio, mentre portarono noi e <strong>le</strong><br />

carrette verso Limatola costeggiando un ruscello (Biferchia fiumiciattolo che passa per<br />

Limatola e sfocia nel fiume Calore) pieno di alberi di pioppo. I Tedeschi re<strong>qui</strong>sirono i<br />

due muli, i cavalli e la merce migliore che misero su un solo carretto lasciando l’altro,<br />

sequestrarono anche <strong>il</strong> mio papà e andarono via, lasciandoci nella più nera<br />

disperazione. Ritornammo a piedi a Maddaloni e di papà non sapemmo più nulla.<br />

M<strong>il</strong>ioni di pensieri affollavano la nostra mente, i più cupi e disastrosi si facevano largo<br />

<strong>in</strong> noi riguardo la sorte di papà. Dopo otto giorni però lo vedemmo ritornare a casa<br />

sano e salvo, i Tedeschi lo avevano r<strong>il</strong>asciato.<br />

Quando c’era l’allarme aereo e la sirena annunciava l’arrivo degli aerei da<br />

bombardamento, molte volte ci rifugiavamo nella caverna che si trova su ai Formali e<br />

molte famiglie trascorrevano lì anche vari giorni. Quando c’era <strong>il</strong> passaggio degli<br />

aerei, noi ragazzi andavamo su <strong>in</strong> montagna per vedere l’antiaerea che sparava da<br />

Napoli e i fari che <strong>il</strong>lum<strong>in</strong>avano <strong>il</strong> cielo e ogni tanto colpivano qualche aereo. Un<br />

giorno nei pressi <strong>del</strong>la mia abitazione, cadde un colpo di cannone <strong>il</strong> qua<strong>le</strong> non esplose<br />

ma scavò un buco nella terra, quei proiett<strong>il</strong>i che deflagravano <strong>in</strong> aria e facevano cadere<br />

schegge da tutte <strong>le</strong> parti. Ancora oggi, dove c’è la Chiesa <strong>del</strong> Monte Carmelo <strong>in</strong> via<br />

Ponte Carol<strong>in</strong>o tra <strong>il</strong> civico 237, 239, sul muro ci sono i fori di quel<strong>le</strong> schegge.<br />

Quando bombardarono Caserta colpirono <strong>in</strong> pieno la Stazione ferroviaria, io ed un mio<br />

amico andammo a vedere e ricordo che <strong>in</strong> una zona <strong>del</strong>la stazione c’erano cumuli di<br />

libri. Non <strong>con</strong>oscendo l’importanza dei libri <strong>in</strong>vece di prendere quelli più piccoli<br />

prendevamo quelli più grandi e meno importanti. Sulla montagna di Cerv<strong>in</strong>o c’era un<br />

grande casolare dove stazionava gente di Maddaloni che sfuggiva ai rastrellamenti dei<br />

Tedeschi i quali catturavano tutti gli uom<strong>in</strong>i ab<strong>il</strong>i e li caricavano su dei camions.<br />

Spesso mi recavo su quel monte e <strong>le</strong> persone che vi si erano rifugiate mandavano i<br />

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agazzi giù per <strong>con</strong>trollare se i Tedeschi fossero andati via. Tutto questo durò una<br />

dec<strong>in</strong>a di giorni. Al<strong>le</strong> spal<strong>le</strong> <strong>del</strong> Monte S. Miche<strong>le</strong>, dalla parte dei Ponti, c’erano dei<br />

Partigiani e dei Comunisti di Maddaloni che portavano <strong>in</strong>torno al collo dei fazzo<strong>le</strong>tti<br />

rossi <strong>con</strong> <strong>del</strong><strong>le</strong> scoppette e dei fuc<strong>il</strong>i, che ogni tanto facevano <strong>del</strong><strong>le</strong> azioni di disturbo<br />

<strong>con</strong>tro i Tedeschi. I Tedeschi per rappresaglia un giorno r<strong>in</strong>corsero questi partigiani f<strong>in</strong><br />

sotto ai Ponti <strong>del</strong>la Val<strong>le</strong> ma non trovarono nessuno. Si imbatterono <strong>in</strong> un ragazzo di<br />

nome Beato. Poteva avere 17, 18 anni e forse per rabbia lo ammazzarono. Anche i<br />

partigiani e i comunisti, andavano rastrellando i Fascisti e tutti quelli che trovavano li<br />

caricavano su una carretta e li portavano verso Cancello <strong>in</strong> una masseria chiamata<br />

“masseria <strong>del</strong> Nerone”. Li tennero lì f<strong>in</strong>o a che non arrivarono gli Americani e li<br />

<strong>con</strong>segnarono. Molte volte radunavano noi ragazzi giù alla stazione e ci portavano a<br />

Cancello Arnone sulla spiaggia, dove ci facevano scavare <strong>del</strong><strong>le</strong> buche che servivano<br />

come tr<strong>in</strong>ceramento nel caso vi fossero sbarcati gli Americani.<br />

Con l’arrivo degli Americani a Maddaloni c’era <strong>il</strong> “caporalato”, venivano radunati,<br />

sempre di notte una trent<strong>in</strong>a di ragazzi che portavano a Cancello <strong>in</strong> un posto detto<br />

“Pontetto” dove c’era un deposito di bombe; <strong>il</strong> compito dei ragazzi era di portare <strong>le</strong><br />

bombe da quel luogo ad un altro.<br />

Gli Americani, portavano noi ragazzi a Limatola per ricostruire <strong>il</strong> ponte che i Tedeschi<br />

avevano fatto saltare per impedire <strong>il</strong> passaggio <strong>del</strong><strong>le</strong> forze al<strong>le</strong>ate. Per questi lavori ci<br />

davano cento lire a notte e da mangiare ci davano la polvere dei piselli. Dello<br />

svaligiamento <strong>del</strong> Quartiere non ricordo quasi nulla perché non vi presi parte, ma so<br />

che portarono via tutto quello che potevano, non solo vestiario ma anche <strong>del</strong>la <strong>le</strong>gna e<br />

ci furono dei morti. Gli Americani, arrivati a Maddaloni, si <strong>in</strong>sediarono dappertutto,<br />

dove c’erano spazi liberi piazzavano un accampamento. Durante la battaglia di Cass<strong>in</strong>o<br />

tutti i soldati feriti venivano portati <strong>qui</strong> a Maddaloni dove c’erano vari luoghi adibiti ad<br />

Ospedali, <strong>in</strong> via Ponte Carol<strong>in</strong>o, verso la zona di via Brecciame, via Starza. Gli<br />

Americani erano accampati anche nel Cantiere (Caserma M<strong>il</strong>itare) e lì ci doveva essere<br />

<strong>il</strong> magazz<strong>in</strong>o di sussistenza dove <strong>con</strong>servavano zucchero, caffè, far<strong>in</strong>a e generi<br />

alimentari. Noi ragazzi eravamo sempre attenti e sapevamo subito come organizzarci.<br />

Venimmo a <strong>con</strong>oscenza che ai soldati Americani piaceva bere: poiché c’era un signore<br />

che si chiamava De Laurentis che aveva una fabbrichetta <strong>in</strong> cui imbottigliava, dopo<br />

averlo gasato <strong>il</strong> v<strong>in</strong>o bianco, noi compravamo <strong>del</strong><strong>le</strong> bottiglie di v<strong>in</strong>o, andavamo al<br />

Cantiere e facevamo degli scambi. In cambio avevamo sigarette, cioccolato, caramel<strong>le</strong><br />

ed altro. Quando alcune persone poco raccomandate sia di Maddaloni che <strong>del</strong><strong>le</strong> zone<br />

limitrofe videro che gli scambi tra noi ragazzi e i soldati <strong>in</strong>iziarono ad essere<br />

<strong>con</strong>sistenti, subentrarono <strong>con</strong> la forza, prendendoci a calci e <strong>in</strong>timandoci cose più gravi<br />

se non avessimo smesso quegli scambi. Per <strong>il</strong> primato di quegli affari loschi si sono<br />

anche ammazzati tra di loro. Tutte <strong>le</strong> famiglie di Maddaloni e non solo quel<strong>le</strong><br />

bisognose si <strong>in</strong>dustrializzarono. Venendo a <strong>con</strong>oscenza che ai soldati Americani<br />

piaceva la nostra cuc<strong>in</strong>a, di sera, cuc<strong>in</strong>avano <strong>del</strong>la salsiccia <strong>con</strong> <strong>le</strong> patate fritte<br />

accompagnate da v<strong>in</strong>o sempre gasato. Attiravano i m<strong>il</strong>itari nel<strong>le</strong> loro case e dopo averli<br />

fatti rifoc<strong>il</strong>lare e bere, mettevano loro a disposizione anche <strong>il</strong> sesso. Siccome <strong>il</strong> ricavato<br />

era cospicuo (perché gli Americani elargivano profumatamente per questi servigi),<br />

moltissimi usavano questo espediente. In via N<strong>in</strong>o Bixio, dove oggi diciamo <strong>le</strong><br />

“portel<strong>le</strong>”, poiché c’erano molte prostitute, era stato collocato un cartello che recava la<br />

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scritta <strong>in</strong> Americano “Off Limits”, (vietato agli Americani) ma questi una volta<br />

ubriacatisi, diventavano vio<strong>le</strong>nti e la Polizia M<strong>il</strong>itare Americana (M P) doveva<br />

presidiare queste zone e quando trovava qualche m<strong>il</strong>itare Americano senza pietà lo<br />

picchiava brutalmente <strong>con</strong> dei “mazzarielli” (manganelli) che portavano sempre al loro<br />

fianco. Quando passava qualche treno dalla stazione superiore che da Caserta andava<br />

verso Benevento oppure <strong>in</strong> senso opposto, siccome <strong>in</strong> quel tratto di ferrovia <strong>il</strong> treno per<br />

forza di cose doveva ral<strong>le</strong>ntare, c’erano <strong>del</strong><strong>le</strong> bande organizzate che assaltavano <strong>il</strong><br />

treno <strong>in</strong> movimento e aperti i vagoni <strong>in</strong>iziavano a buttare giù tutto quello che<br />

<strong>con</strong>tenevano. Una volta da un carro buttarono giù una cassa la qua<strong>le</strong> si ruppe nel<br />

toccare terra e uscirono migliaia e migliaia di preservativi. In quel periodo tutti i<br />

ragazzi di Maddaloni si divertivano nel gonfiarli e fare dei pallonc<strong>in</strong>i, non sapendo<br />

nemmeno a che cosa servissero. Molti cittad<strong>in</strong>i maddalonesi prendevano <strong>il</strong> treno e<br />

andavano a Campobasso dove c’erano i mul<strong>in</strong>i per lavorare la pasta. Ne compravano<br />

una grande quantità e poi la rivendevano di <strong>con</strong>trabbando, ma non a tutti andava bene<br />

perché arrivati a Benevento dovevano prendere la co<strong>in</strong>cidenza e lì c’era sempre la<br />

Polizia M<strong>il</strong>itare Italiana che riusciva a prendere molti <strong>con</strong>trabbandieri. A causa di<br />

bande che scorazzavano per la Città ci sono stati vari s<strong>con</strong>tri a fuoco <strong>con</strong> gli Americani<br />

<strong>con</strong> alcuni feriti e morti. “A tal proposto, ricordo un evento che accadde proprio dove<br />

adesso c’è l’edicola”. I soldati Marocch<strong>in</strong>i andavano sempre nella zona di S.<br />

Margherita e prendevano <strong>in</strong> giro <strong>le</strong> donne. Un giorno gli uom<strong>in</strong>i di questa zona si<br />

radunarono e diedero una bella <strong>le</strong>zione a questi <strong>in</strong>so<strong>le</strong>nti. Gli Americani per transitare<br />

<strong>con</strong> i loro mezzi trovavano difficoltà quando <strong>il</strong> terreno era bagnato e allora mettevano<br />

<strong>del</strong><strong>le</strong> m<strong>in</strong>e sulla zona <strong>del</strong>la calcara, <strong>le</strong> facevano br<strong>il</strong>lare e <strong>con</strong> <strong>le</strong> pietre ottenute<br />

facevano <strong>il</strong> manto strada<strong>le</strong>. Quando ormai la guerra volgeva al term<strong>in</strong>e, gli Americani,<br />

ormai <strong>in</strong>seriti bene nel nostro territorio, <strong>in</strong>iziarono a dare ai civ<strong>il</strong>i, e a chi poteva<br />

usufruirne, i loro camion che ormai non usavano più, permettendo loro di <strong>in</strong>traprendere<br />

molti lavori come <strong>il</strong> commercio <strong>del</strong>la frutta. I nostri cittad<strong>in</strong>i impararono subito a<br />

guidare questi camion e nel giro di poco tempo <strong>in</strong>iziò a sv<strong>il</strong>upparsi <strong>il</strong> commercio.<br />

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Rac<strong>con</strong>to di<br />

Del Monaco Nicola nato a Maddaloni <strong>il</strong> 15 gennaio 1929<br />

Abitavo <strong>in</strong> via Ponte Carol<strong>in</strong>o nei pressi di via Vallone e <strong>in</strong> questa zona ho assistito a<br />

varie vicende che, caro Giulio, ti vengo a narrare. Un giorno una colonna di camion<br />

tedeschi, che scendeva via Ponte Carol<strong>in</strong>o verso via S. Francesco d’Assisi, si fermò<br />

all’<strong>in</strong>crocio <strong>con</strong> via S. Margherita. Da questa strada veniva giù <strong>in</strong> ufficia<strong>le</strong> italiano, era<br />

un Capitano e <strong>in</strong>dossava la divisa <strong>del</strong>l’Esercito Colonia<strong>le</strong> <strong>con</strong> una bicic<strong>le</strong>tta che,<br />

arrivato all’<strong>in</strong>crocio, si imbattè <strong>in</strong> questa colonna di automezzi e si fermò. Da un<br />

camion scese un soldato tedesco che si avvic<strong>in</strong>ò all’Ufficia<strong>le</strong> e gli <strong>in</strong>timò di dargli la<br />

bicic<strong>le</strong>tta. Il m<strong>il</strong>itare italiano fece f<strong>in</strong>ta di non capire, estrasse la pistola dal fodero e<br />

gliela porse. Il soldato tedesco gli puntò <strong>il</strong> fuc<strong>il</strong>e; furono dei momenti terrib<strong>il</strong>i anche<br />

per me che assistevo all’evento, ma proprio <strong>in</strong> quel momento i camerati <strong>del</strong> soldato<br />

tedesco lo chiamarono perché la colonna si era messa <strong>in</strong> movimento e questo dovette<br />

saltare sul camion. <strong>Se</strong> i camion non fossero partiti chissà che cosa sarebbe successo,<br />

ma tutto f<strong>in</strong>ì li. Un’altra volta, sempre <strong>in</strong> questa zona, c’era un m<strong>il</strong>itare italiano che<br />

apparteneva al gruppo dei soldati Lanciafiamme, aveva sul braccio lo stemma che lo<br />

dist<strong>in</strong>gueva. Passava <strong>in</strong> quella zona un camion tedesco <strong>il</strong> cui <strong>con</strong>ducente quando vide<br />

questo soldato italiano che aveva un fuc<strong>il</strong>e <strong>in</strong> spalla, fermò <strong>il</strong> mezzo, scese, si avvic<strong>in</strong>ò<br />

al m<strong>il</strong>itare italiano e gli tolse <strong>il</strong> fuc<strong>il</strong>e, risalì sul camion e ripartirono. <strong>Se</strong>mpre <strong>in</strong> questa<br />

un giorno tre ragazzi si imbatterono <strong>in</strong> un camion carico di merce <strong>del</strong> Quartiere<br />

m<strong>il</strong>itare, <strong>il</strong> cui <strong>con</strong>ducente lanciò loro vari pacchi di <strong>le</strong>nzuola. Prima che svaligiassero<br />

<strong>il</strong> Quartiere si andava tutti <strong>in</strong> f<strong>il</strong>a <strong>con</strong> la tessera che ci avevano r<strong>il</strong>asciato per prendere<br />

qualche <strong>in</strong>dumento. Non ho partecipato di persona all’assalto <strong>del</strong> Quartiere e so solo<br />

quello che gli altri rac<strong>con</strong>tavano. Un giorno, per via Ponte Carol<strong>in</strong>o, passava una<br />

colonna tedesca di cavalli <strong>con</strong> alcuni m<strong>il</strong>itari che li sorvegliavano, quando nei pressi di<br />

Via Vallone alcune persone riuscirono a tirare dentro un portone un cavallo senza che i<br />

Tedeschi se ne accorgessero. Riuscito <strong>il</strong> colpo, <strong>il</strong> cavallo fu diviso tra tutto <strong>il</strong> vic<strong>in</strong>ato<br />

avendo così da mangiare per parecchi giorni. In via Ponte Carol<strong>in</strong>o c’era l’Ospeda<strong>le</strong><br />

Civ<strong>il</strong>e, dove arrivavano tanti feriti, anche m<strong>il</strong>itari. Una volta accadde che un uomo<br />

sottrasse <strong>del</strong> materia<strong>le</strong> nella caserma Rispoli, si chiamava Romeo, ma fu scoperto e<br />

ammazzato dai Tedeschi. I Tedeschi quando succedeva qualche cosa subito f<strong>il</strong>mavano<br />

l’accaduto. Ancora <strong>in</strong> relazione all’Ospeda<strong>le</strong> un giorno arrivò un uomo che era stato<br />

colpito dai Tedeschi e aveva riportato una ferita molto ampia, si diceva che era stato<br />

colpito da una pallottola che quando arrivava al bersaglio esplodeva arrecando <strong>del</strong><strong>le</strong><br />

enormi ferite. Con questo tipo di pallotto<strong>le</strong> colpirono per divertimento anche un as<strong>in</strong>o<br />

spappolandogli una gamba. Dopo aver fatto questo andarono via, allora subito quelli<br />

che erano nei d<strong>in</strong>torni presero l’as<strong>in</strong>o, l’ammazzarono e si divisero <strong>le</strong> parti. Quando<br />

c’era l’allarme aereo andavamo a rifugiarci nel palazzo Della Ventura e quando<br />

c’erano dei Tedeschi che si erano anche loro rifugiati bisognava stare attenti a cosa si<br />

diceva, perché questi subito si irritavano e potevano anche sparare. Quando ci fu <strong>il</strong><br />

bombardamento <strong>in</strong> via Appia nei pressi <strong>del</strong>la ferrovia, ricordo che mi trovavo presso<br />

l’Ospeda<strong>le</strong> e vidi quattro persone che portavano un ferito su di un materasso tenendolo<br />

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per i quattro lati. Dopo l’Armistizio i Tedeschi andarono via e arrivarono gli<br />

Americani. Un fatto <strong>in</strong>crescioso che ho ancora davanti agli occhi fu quello di una<br />

donna che scappava r<strong>in</strong>corsa da un Marocch<strong>in</strong>o che vo<strong>le</strong>va vio<strong>le</strong>ntarla. Mentre fuggiva<br />

<strong>le</strong> si calarono <strong>le</strong> mutande e <strong>in</strong>ciampando <strong>in</strong> esse cadde a terra. Proprio mentre <strong>il</strong><br />

Marocch<strong>in</strong>o <strong>le</strong> era quasi addosso, giunse la Polizia Americana che aveva sul braccio<br />

M.P. e <strong>in</strong>tervenne evitando <strong>il</strong> peggio. <strong>Se</strong>mpre <strong>in</strong> questa zona, (ne rac<strong>con</strong>to perché li<br />

abitavo), c’era una famiglia che preparava da mangiare per gli Americani, cuc<strong>in</strong>avano<br />

uova a occhio di bue e patate, da bere davano <strong>del</strong> v<strong>in</strong>o gasato che ai soldati piaceva<br />

tanto. Questa famiglia aveva molti figli e tra questi molte femm<strong>in</strong>e, <strong>con</strong> una <strong>del</strong><strong>le</strong> quali<br />

io ero quasi fidanzato e perciò frequentavo spesso questa famiglia. Altre tre figlie<br />

erano fidanzate <strong>con</strong> dei soldati Americani, ricordo che uno si chiamava Gianpaolo e<br />

l’altro Enrico, <strong>del</strong> terzo non ricordo più <strong>il</strong> nome. Un giorno dei soldati Americani mi<br />

avvic<strong>in</strong>arono e mi chiesero se sapevo <strong>in</strong>dicare loro dove potevano trovare da mangiare.<br />

Li portai da questa famiglia e com<strong>in</strong>ciarono a mangiare. Dopo un po’ successe <strong>il</strong><br />

f<strong>in</strong>imondo, io ero presente e per la paura andai a nas<strong>con</strong>dermi sotto al <strong>le</strong>tto. Accadde<br />

che, per gelosia, <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciarono a litigare i fidanzati di quel<strong>le</strong> ragazze <strong>con</strong> questi due<br />

che io avevo portato. Correvano botte da orbi a manca e a destra e <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò anche a<br />

scorrere <strong>del</strong> sangue. Tutto questo durò un bel po’, f<strong>in</strong>chè arrivò la Polizia M<strong>il</strong>itare<br />

Americana che caricò i litiganti come dei fuscelli sul gippone. Un Canadese che un<br />

giorno si trovò a passare nella zona, vide <strong>in</strong> una stanza aperta un bel <strong>le</strong>tto giusto al<br />

centro, <strong>in</strong> un lampo entrò e si coricò su quel <strong>le</strong>tto. Dovettero chiamare la polizia<br />

M<strong>il</strong>itare per farlo sgombrare. Al largo Vallone un giorno assistetti ad un evento strano.<br />

Una dec<strong>in</strong>a di soldati Canadesi si radunarono <strong>in</strong> quel largo e fecero un cerchio, giusto<br />

<strong>in</strong> mezzo, due di questi soldati si fronteggiarono come se fossero su un r<strong>in</strong>g per fare un<br />

<strong>in</strong><strong>con</strong>tro di pug<strong>il</strong>ato. <strong>Se</strong> <strong>le</strong> diedero di santa ragione f<strong>in</strong>o a che uno di questi rimase<br />

ferito al sopracciglio e al naso da dove fuoriusciva <strong>del</strong> sangue. Term<strong>in</strong>ato l’<strong>in</strong><strong>con</strong>tro, i<br />

due si abbracciarono e andarono tutti via. I commercianti di Maddaloni per fare scambi<br />

<strong>con</strong> i M<strong>il</strong>itari Americani andavano <strong>con</strong> cassette di v<strong>in</strong>o gasato per via Consolazione<br />

raggiungendo dopo <strong>il</strong> passaggio a livello la Caserma M<strong>il</strong>itare dove essi erano<br />

alloggiati. I commercianti davano loro <strong>il</strong> v<strong>in</strong>o ed essi ricambiavano <strong>con</strong> far<strong>in</strong>a,<br />

zucchero, caffè ed altra roba. Successe che una volta mentre i commercianti erano <strong>in</strong><br />

attesa dei m<strong>il</strong>itari per effettuare gli scambi e ammazzavano <strong>il</strong> tempo giocando a carte,<br />

arrivò la Polizia M<strong>il</strong>itare, re<strong>qui</strong>sì tutte <strong>le</strong> cassette di v<strong>in</strong>o e <strong>il</strong> più alto <strong>in</strong> grado<br />

<strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a romper<strong>le</strong> <strong>con</strong> <strong>il</strong> manganello. Un commerciante allora gli disse di<br />

dargliene una da bere, ma questo non vol<strong>le</strong> e più volte dietro l’<strong>in</strong>sistenza <strong>del</strong>l’uomo gli<br />

disse <strong>in</strong> Americano “Scharap”. Vista la <strong>con</strong>t<strong>in</strong>ua <strong>in</strong>sistenza gli diede una bottiglia da<br />

bere ( <strong>il</strong> <strong>con</strong>tenuto <strong>del</strong><strong>le</strong> bottiglie era sempre per metà composto da alcool e l’altra di<br />

coloranti), questo ne bevve un po’ e la buttò a terra. Il m<strong>il</strong>itare la riprese e gliela porse<br />

di nuovo dicendogli di <strong>con</strong>t<strong>in</strong>uare a bere. Sotto m<strong>in</strong>accia dovette bere ancora e ancora,<br />

anche se si lamentava che non ce la faceva più. Lo fece bere f<strong>in</strong>o a quando stramazzò a<br />

terra e dovettero portarlo <strong>con</strong> urgenza <strong>in</strong> Ospeda<strong>le</strong> perché gli si era bruciato lo<br />

stomaco. I Marocch<strong>in</strong>i stanziati a Maddaloni erano comandati da Francesi che avevano<br />

<strong>il</strong> loro Comando nel Convitto Naziona<strong>le</strong>, e quando ritornavano da un combattimento<br />

avevano 24 ore di libertà. In questo tempo libero non facevano altro che <strong>in</strong>sultare la<br />

gente e <strong>le</strong> donne. Accadde che uno di loro fu ammazzato nella zona di S. Giovanni. I<br />

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nostri m<strong>il</strong>itari erano accampati presso i Ponti <strong>del</strong>la Val<strong>le</strong>, i Marocch<strong>in</strong>i andarono f<strong>in</strong><br />

lassù e <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciarono a prenderli <strong>in</strong> giro, seguì uno s<strong>con</strong>tro a fuoco fra <strong>le</strong> due fazioni.<br />

A mio fratello accadde una brutta disavventura. Mentre ritornava dal lavoro da<br />

Caserta (lavorava per gli Americani) vide un soldato americano ubriaco che <strong>in</strong>sultava<br />

un Prete togliendogli <strong>il</strong> cappello e agitandolo <strong>in</strong> aria, nella zona <strong>del</strong> trivio. Mio fratello<br />

<strong>in</strong>coscientemente, ma <strong>con</strong> <strong>il</strong> vigore <strong>del</strong>la gioventù, gridò all’Americano: ” Ing<strong>le</strong>si,<br />

good Americani no good”. Questi, lasciato perdere <strong>il</strong> Sacerdote, <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a<br />

<strong>in</strong>seguire mio fratello <strong>il</strong> qua<strong>le</strong> riuscì a disperderlo rifugiandosi verso la campagna.<br />

Questo soldato, quasi sapendo dove abitasse mio fratello, si portò nei pressi <strong>del</strong><br />

portone che fortunatamente era chiuso e <strong>con</strong> un bastone <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a dare colpi<br />

sull’<strong>in</strong>gresso, imprecando “Italiani no buoni”, ripetendolo <strong>in</strong> <strong>con</strong>t<strong>in</strong>uazione. Meno<br />

ma<strong>le</strong> che questo era resistente perché dopo aver sfogato la sua rabbia e non riuscendo<br />

ad aprire <strong>il</strong> portone se ne andò. Anche io ho lavorato <strong>con</strong> gli Americani. Anche se ero<br />

giovanotto e avevo circa 17 anni avevo un viso da ragazz<strong>in</strong>o e perciò non mi<br />

prendevano a lavoro, ci riuscii <strong>con</strong> un trucco <strong>in</strong>trufolandomi tra quelli più grandi e<br />

riuscendo a farmi prendere tra i dieci che loro <strong>con</strong>tavano e sceglievano. Ci radunavano<br />

di sera e ci portavano a lavorare a Caserta. Dove c’è <strong>il</strong> Monumento ai Caduti c’era un<br />

campo adibito a fabbrica dove si aggiustavano i mezzi meccanici, <strong>il</strong> mio compito era<br />

quello di pulire <strong>con</strong> acqua e soda i pezzi meccanici. Lavoravo <strong>con</strong> dei miei amici solo<br />

di notte f<strong>in</strong>chè un Americano mi prese <strong>in</strong> simpatia e <strong>in</strong>iziai a lavorare anche di giorno.<br />

Ricordo che la fabbrica si chiamava B.B.S. Per questo lavoro venivo retribuito molto<br />

bene e niente ma<strong>le</strong>. Un ultimo fatto voglio narrare, successe proprio dove tu caro<br />

Giulio abiti <strong>in</strong> via Ponte Carol<strong>in</strong>o 149. Mia madre, proprio <strong>in</strong> questo posto aveva un<br />

negozio. Un giorno ci fu una lite molto vio<strong>le</strong>nta fra soldati marocch<strong>in</strong>i, ad un certo<br />

punto arrivò la M. P. polizia m<strong>il</strong>itare, e uno di questi ultimi sparò <strong>con</strong> la pistola verso<br />

terra, <strong>il</strong> colpo rimbalzando colpì mia madre al g<strong>in</strong>occhio destro. Non si accorse<br />

<strong>del</strong>l’accaduto se non dopo una diec<strong>in</strong>a di m<strong>in</strong>uti, sentendo dolore e notando <strong>il</strong> sangue<br />

che fluiva dalla scarpa. Fu portata <strong>in</strong> ospeda<strong>le</strong> e curata.<br />

46


Rac<strong>con</strong>to di<br />

Cuccaro Concetta nata a Maddaloni <strong>il</strong> 27 settembre 1928<br />

All’epoca ero una ragazz<strong>in</strong>a, i ricordi sono un poco sbiaditi e posso rac<strong>con</strong>tare poco di<br />

quello che è accaduto anche perché essendo femm<strong>in</strong>uccia non potevo uscire di casa se<br />

non <strong>con</strong> i genitori. Quello che ricordo e posso rac<strong>con</strong>tare, sono episodi che ho vissuto e<br />

ho visto personalmente. Ogni volta che suonava la sirena d’allarme che annunciava<br />

l’arrivo degli aerei da bombardamento, io e i miei genitori correvamo verso la<br />

campagna riparandoci sotto degli alberi. Una volta per un bombardamento effettuato<br />

non molto lontano, ci rifugiammo sotto un albero, all’improvviso sentimmo dei rumori<br />

<strong>in</strong>torno a noi, pensammo che erano <strong>del</strong><strong>le</strong> schegge di bomba, ma per nostra fortuna<br />

erano solo i frutti che, per lo spostamento d’aria, cadevano <strong>in</strong>torno a noi. Io abitavo <strong>in</strong><br />

via Amendola, e qualche volta andavamo a rifugiarci <strong>in</strong> una cant<strong>in</strong>a nel palazzo<br />

Cibella; ricordo che una volta per la fretta di scendere giù, ruzzolai per tutte <strong>le</strong> sca<strong>le</strong>,<br />

fortunatamente non subii <strong>con</strong>seguenze. Adesso che te lo rac<strong>con</strong>to caro Giulio mi viene<br />

da ridere, ma allora fu una tragedia. La fame era tanta e qualche volta andavo dal<br />

fratello <strong>del</strong> mio papà che aveva un po’ di campagna e lui mi dava qualche frutto,<br />

qualche pigna di uva e qualche volta un pò di pane. Da dove abitavo molte volte ho<br />

veduto passare scie lum<strong>in</strong>ose che erano colpi di artiglieria sparati da chissà dove,<br />

passavano sopra <strong>il</strong> mio capo e cadevano sul Quartiere <strong>con</strong> grande fragore. Al fischio di<br />

questi colpi mi buttavo faccia a terra e quando questi scoppiavano dal pavimento si<br />

alzava tanta polvere lasciandomi tutta impregnata e imbiancata. Mi è rimasto ben<br />

impresso questo episodio. Un giorno una camionetta tedesca, carica di materia<strong>le</strong> <strong>del</strong><br />

Quartiere, si fermò dove adesso c’è <strong>il</strong> negozio di Aldo di Vico, alla f<strong>in</strong>e di via<br />

Amendola. Quelli a bordo facevano cambio <strong>con</strong> quelli che abitavano lì <strong>con</strong> <strong>del</strong>la<br />

masserizia, gall<strong>in</strong>e, uova, pane ecc. perché anch’essi avevano fame. Quando i Tedeschi<br />

andarono via tutta, la popolazione di Maddaloni prese d’assalto <strong>il</strong> Quartiere, io dal<br />

bal<strong>con</strong>e ho assistito a parecchie fasi <strong>del</strong>lo svaligiamento. La gente che usciva da questo<br />

stab<strong>il</strong>e <strong>con</strong> <strong>del</strong>la merce molte volte veniva derubata da altre persone che attendevano<br />

fuori. Ricordo che ci furono anche dei morti a causa <strong>del</strong>lo schiacciamento di altre<br />

persone. Quando arrivarono gli Americani <strong>le</strong> cose cambiarono, ma non sempre<br />

andavano bene. Ricordo che per via Roma per un certo periodo di tempo c’era sempre<br />

una scia di sangue, era quello che perdevano i soldati che arrivavano feriti da Cass<strong>in</strong>o,<br />

perché li trasportavano per <strong>le</strong> cure al V<strong>il</strong>laggio dei Ragazzi. Sopra la mia casa c’era<br />

una donna che <strong>con</strong>viveva <strong>con</strong> un Americano che portava tanta roba; e so che la vo<strong>le</strong>va<br />

sposare, fu trasferito fece la promessa di ritornare, ma per quello che so non ritornò<br />

più. In Piazza Vittoria c’era la fabbrica <strong>del</strong> ghiaccio e lì gli Americani avevano la carne<br />

depositata, che tagliavano grosse bistecche e ancora <strong>con</strong>gelate <strong>le</strong> arrostivano, a noi<br />

arrivava solo <strong>il</strong> profumo. Quando arrivarono gli Americani furono accolti <strong>con</strong> molto<br />

calore; ricordo di una vecchietta che parlava bene l’americano, discuteva <strong>con</strong> i soldati<br />

e offriva loro da bere <strong>del</strong> v<strong>in</strong>o. L’ultima cosa: avevo una paura matta dei soldati di<br />

colore.<br />

47


Rac<strong>con</strong>to di<br />

Razzano Antonietta nata a Maddaloni <strong>il</strong> 4 giugno 1926<br />

Era <strong>il</strong> giugno <strong>del</strong> 1943 e a Maddaloni arrivarono i Tedeschi.<br />

Avevo solo 17 anni e sono poche <strong>le</strong> cose che ricordo, ma <strong>le</strong> rac<strong>con</strong>terò vo<strong>le</strong>ntieri. Si<br />

trovava a passare <strong>in</strong> via Napoli una carrozza <strong>con</strong> a bordo due passeggeri, diretta a<br />

Napoli, quando all’improvviso suonò la sirena che avvisava l’arrivo di aerei Americani<br />

e la caduta <strong>del</strong><strong>le</strong> bombe. Come sempre tra la gente scoppiava <strong>il</strong> panico e tutti<br />

scappavano per raggiungere i ricoveri, ma non tutti vi riuscivano, molti erano costretti<br />

a rifugiarsi anche sotto gli alberi. Una bomba cadde proprio dove passava quella<br />

carrozza, morirono tre persone. Al<strong>le</strong> 20,00 c’era <strong>il</strong> coprifuoco, passavano <strong>le</strong> ronde e se<br />

trovavano qualcuno <strong>in</strong> strada lo portavano via. Molte volte, di matt<strong>in</strong>a presto, mio<br />

padre usciva e si dirigeva ai campi per procurarci qualcosa da mangiare, perché i 200<br />

grammi di pane che i Tedeschi ci davano <strong>con</strong> la tessera non erano sufficienti. Il 14 o <strong>il</strong><br />

15 luglio verso <strong>le</strong> 22,30-23,00 alla citta<strong>del</strong>la caddero <strong>le</strong> bombe, ci furono molti feriti,<br />

ed alcuni civ<strong>il</strong>i, poiché mancavano i soccorsi si caricarono sul<strong>le</strong> spal<strong>le</strong> questi ultimi e<br />

li portarono all’ospeda<strong>le</strong> che si trovava <strong>in</strong> via Ponte Carol<strong>in</strong>o. Pochi giorni dopo, allora<br />

lavoravo <strong>in</strong> via Cancello dal polveriere, mi trovai nel mezzo di un bombardamento e<br />

per lo spostamento d’aria seguito allo scoppio, mi ritrovai a terra frastornata e<br />

immob<strong>il</strong>izzata, ma non riportai nessuna ferita. F<strong>in</strong>ito <strong>il</strong> bombardamento corsi a casa,<br />

ma non trovai nessuno, non sapendo dove fossero i miei <strong>in</strong>iziai a domandare alla gente<br />

che <strong>in</strong><strong>con</strong>travo e che <strong>con</strong>oscevo. Fortunatamente <strong>in</strong><strong>con</strong>trai una signora che mi disse<br />

che la mia famiglia si era rifugiata alla gal<strong>le</strong>ria di Maddaloni Superiore, che percorreva<br />

la tratta Caserta- Benevento. Raggiunsi <strong>il</strong> luogo dove si trovavano e restammo lì per<br />

molto tempo, per paura dei bombardamenti. Verso la f<strong>in</strong>e di agosto <strong>in</strong>izio settembre<br />

girava la voce che stavano arrivando gli Americani e i Tedeschi impauriti, portarono<br />

via tutto quello che potevano dal Magazz<strong>in</strong>o Sanitario sito <strong>in</strong> via Roma, poi fuggirono<br />

verso Capua e Cass<strong>in</strong>o. A quel punto ci fu da parte dei cittad<strong>in</strong>i Maddalonesi lo<br />

svaligiamento <strong>del</strong> Quartiere e vi furono anche dei morti. Qualche giorno dopo si sentì<br />

un colpo di cannone che poi sapemmo provenire da Capua, cadde <strong>in</strong> via Pignataro,<br />

dove distrusse una casa però, fortunatamente, non ci furono feriti. Dopo sette giorni si<br />

sentì un altro colpo di cannone, cadde a S. Margherita e lo scoppio provocò ad una<br />

signora di mia <strong>con</strong>oscenza che abitava <strong>in</strong> zona la perdita <strong>del</strong>la parte superiore <strong>del</strong><br />

cranio. Ricordo che dei ragazzi recuperavano i colpi di cannone che cadevano su<br />

Maddaloni e vendevano <strong>il</strong> materia<strong>le</strong> di cui erano fatti. Un giorno un ragazzo trovò un<br />

colpo <strong>in</strong>esploso cercò di aprirlo battendolo <strong>con</strong> una pietra per recuperarne l’<strong>in</strong>volucro<br />

nei pressi <strong>del</strong>la gal<strong>le</strong>ria dove so<strong>le</strong>vano radunarsi i ragazzi. Questo all’improvviso però<br />

scoppiò, uccidendo <strong>il</strong> ragazzo e gli altri vic<strong>in</strong>i. Ricordo bene la data perché sono<br />

sepolti nel Cimitero di Maddaloni e sulla loro tomba è segnata la data di morte.<br />

48


Rac<strong>con</strong>to di<br />

De Lucia Giuseppe nato a Montedecoro <strong>il</strong> 11 gennaio 1935<br />

Gli avvenimenti <strong>del</strong> se<strong>con</strong>do <strong>con</strong>flitto mondia<strong>le</strong> accaduti a Montedecoro sono vari, ma<br />

di questi, alcuni sono rimasti impressi nella mia memoria e li ricordo perfettamente.<br />

Ci fu l’abbattimento di un aereo da bombardamento americano, che cadde <strong>in</strong> località “<br />

Masseria Grande” dopo aver bombardato Cancello Scalo. Io mi recai sul luogo <strong>del</strong><br />

disastro e vidi che c’era un p<strong>il</strong>ota morto e un via vai di curiosi. I Tedeschi spararono e<br />

un proiett<strong>il</strong>e vagante colpì al braccio mio cug<strong>in</strong>o V<strong>in</strong>cenzo. I Tedeschi erano accampati<br />

nei pressi <strong>del</strong>la Chiesa di Montedecoro, lì tenevano posizionato un grosso cannone,<br />

puntato verso la montagna. C’era un barbiere ricercato dai Tedeschi, <strong>il</strong> suo nome era<br />

V<strong>in</strong>cenzo. Si era rifugiato <strong>in</strong> montagna, un soldato tedesco <strong>con</strong> un fuc<strong>il</strong>e dotato di<br />

cannocchia<strong>le</strong> gli sparò e lo colpì. I Tedeschi andavano sempre <strong>in</strong> cerca di uom<strong>in</strong>i e li<br />

cercavano pr<strong>in</strong>cipalmente <strong>in</strong> montagna e nel<strong>le</strong> cisterne, giravano tutto <strong>il</strong> paese<br />

razziando tutto quello che potevano. I Tedeschi sapendo <strong>del</strong>l’arrivo degli Americani si<br />

ritirarono verso Capua e Cass<strong>in</strong>o e di lì sparavano su di noi. In paese caddero molti<br />

proiett<strong>il</strong>i. Arrivati gli Americani nella proprietà Iorio, occupata dalla famiglia<br />

Sav<strong>in</strong>elli, crearono un centro raccolta dei m<strong>il</strong>itari caduti <strong>in</strong> battaglia. Nel territorio tra<br />

Pontegrotta e Cerv<strong>in</strong>o fu creato un grande deposito, <strong>il</strong> qua<strong>le</strong> <strong>con</strong>teneva migliaia e<br />

migliaia di fusti di gas. In via Naziona<strong>le</strong> Appia, depositarono molte bombe e ricordo<br />

che noi ragazz<strong>in</strong>i ci recavamo spesso <strong>in</strong> quel luogo per giocare. Dopo gli Americani fu<br />

la volta dei Canadesi. Stanziarono due accampamenti, uno nel centro e l’altro nei<br />

territori <strong>del</strong> Duca Tixon. Questi soldati erano quasi sempre ubriachi e spesso<br />

scendevano <strong>in</strong> paese <strong>in</strong>fastidendo <strong>con</strong> <strong>in</strong>sistenza <strong>le</strong> donne. I compaesani esausti di<br />

questo andamento si ribellarono e, ut<strong>il</strong>izzando come armi <strong>del</strong><strong>le</strong> mazze di <strong>le</strong>gno, li<br />

massacrarono di <strong>le</strong>gnate. Un soldato estrasse dal tasch<strong>in</strong>o una piccola pistola e sparò<br />

colpendo un certo Antonio ferendolo. Uno dei nostri rispose al fuoco e ferì un paio di<br />

m<strong>il</strong>itari. Intervenne subito un medico Canadese <strong>del</strong>l’accampamento stanziato nel paese<br />

e curò <strong>il</strong> nostro compaesano. Poco dopo una rappresentanza di Canadesi <strong>del</strong><br />

distaccamento che si trovava nel territorio di Tixon, venne al paese per porgere <strong>le</strong><br />

scuse per quello che era accaduto. Successivamente nel territorio di V<strong>il</strong>la Grado si<br />

accamparono gli Americani di colore. Anche loro come i soldati precedenti,<br />

scendevano <strong>in</strong> paese ubriachi e cercavano di mo<strong>le</strong>stare <strong>le</strong> donne. Come era già<br />

successo, i cittad<strong>in</strong>i Montedecoresi riuscirono a bastonarli e a cacciarli fuori dal paese.<br />

Anche <strong>in</strong> questo caso arrivarono <strong>le</strong> scuse dal loro comando. Nel periodo post-bellico<br />

fiorì <strong>il</strong> <strong>con</strong>trabbando, qualsiasi cosa si vo<strong>le</strong>sse, bisognava passare attraverso <strong>del</strong><strong>le</strong><br />

persone che ne <strong>con</strong>trollavano l’andamento. Questo <strong>con</strong>trabbando avveniva tra <strong>le</strong><br />

caserme situate nella zona e un gruppo di uom<strong>in</strong>i sia di Maddaloni che di<br />

Montedecoro. Questi per supremazia <strong>del</strong>l’uno su l’altro, molte volte litigavano e tra di<br />

loro ci furono anche dei morti. In quel periodo questo tipo di malvivenza si chiamava:<br />

“Guapparia di uom<strong>in</strong>i di pr<strong>in</strong>cipio”, adesso <strong>in</strong>vece “Camorra”.<br />

49


Rac<strong>con</strong>to di<br />

Capalbo Giovanni nato a Maddaloni <strong>il</strong> 15 novembre 1933<br />

Sono nato nel 1933, proprio nel periodo <strong>in</strong> cui si addensavano nuovi pericoli di guerra,<br />

<strong>con</strong> l’avvento <strong>del</strong> Nazifascismo che mirava a <strong>con</strong><strong>qui</strong>stare altri popoli e cercava nuovi<br />

Imperi. La mia fanciul<strong>le</strong>zza e ado<strong>le</strong>scenza non sono state serene nè spensierate come<br />

avrebbe dovuto essere, mancava tutto, specialmente i generi di prima necessità,<br />

esisteva soltanto ord<strong>in</strong>e e discipl<strong>in</strong>a come <strong>con</strong>veniva ai regimi dittatoriali. Quello che<br />

ricordo <strong>con</strong> piacere era la famosa adunata, “ <strong>il</strong> famoso sabato fascista”, sf<strong>il</strong>avano per <strong>le</strong><br />

strade <strong>del</strong> centro <strong>in</strong> divisa adulti e bamb<strong>in</strong>i (figli <strong>del</strong>la Lupa e Bal<strong>il</strong>la) e sarebbe<br />

piaciuto anche a me, ma purtroppo non mi fu possib<strong>il</strong>e <strong>in</strong> quanto mio padre non era <strong>in</strong><br />

<strong>con</strong>dizione e<strong>con</strong>omica per comprarmela. Quando arrivarono i Tedeschi a Maddaloni,<br />

non arrecarono danni durante la loro permanenza, uno solo lo arrecarono a noi bamb<strong>in</strong>i<br />

che <strong>in</strong> quel periodo frequentavamo <strong>le</strong> classi e<strong>le</strong>mentari, presso l’unica scuola sita <strong>in</strong> via<br />

Roma. Questa fu re<strong>qui</strong>sita e ci trasferirono <strong>in</strong> via S. Benedetto presso <strong>le</strong> suore<br />

causandoci molti disagi. Quando furono costretti a ritirarsi effettuarono i primi<br />

rastrellamenti di uom<strong>in</strong>i per deportarli <strong>in</strong> Germania. Incom<strong>in</strong>ciarono i bombardamenti<br />

a Napoli, spesso da noi suonava l’allarme, non essendoci ricoveri, io abitavo <strong>in</strong> via<br />

Armando Canal<strong>in</strong>i l’attua<strong>le</strong> via Amendola, <strong>con</strong> la popolazione dei rioni vic<strong>in</strong>i ci<br />

riversavamo <strong>in</strong> aperta campagna nell’attua<strong>le</strong> vi S. Eustacchio, altri si fermavano <strong>in</strong> un<br />

giard<strong>in</strong>o, di fronte alla Chiesa di S. Gaetano, <strong>in</strong> via Appia, Rione Citta<strong>del</strong>la. In quel<br />

luogo si abbattè un’enorme sciagura, furono sganciate alcune bombe che causarono<br />

morti e feriti, persone da me <strong>con</strong>osciute, tutte <strong>del</strong>lo stesso rione. Una donna vide<br />

morire tre dei suoi figli che teneva vic<strong>in</strong>o a sè. In quell’occasione Maddaloni pagò un<br />

grosso tributo di sangue. Si disse allora che l’aereo aveva sganciato <strong>le</strong> bombe per<br />

liberarsi <strong>del</strong> carico dopo essere stato colpito. Dopo questo tragico avvenimento su<br />

Maddaloni arrivarono anche alcune cannonate, una cadde <strong>in</strong> Piazza Umberto I˚ dove<br />

attualmente c’è la farmacia Gadola, danneggiando <strong>il</strong> fabbricato, mentre un’altra si<br />

abbattè <strong>in</strong> via Fabio Massimo, uccidendo due persone. Intanto gli Americani<br />

avanzavano verso Roma, dopo un’aspra battaglia su Monte Cass<strong>in</strong>o, a Maddaloni<br />

arrivarono migliaia di feriti che venivano accolti nella Caserma <strong>del</strong>l’Annunziata sita <strong>in</strong><br />

via Roma che fu adibita ad Ospeda<strong>le</strong>. In strada si formavano <strong>in</strong>term<strong>in</strong>ab<strong>il</strong>i code di<br />

ambulanze piene di m<strong>il</strong>itari feriti gravemente quasi tutti di orig<strong>in</strong>e marocch<strong>in</strong>a. Lo<br />

spettacolo che si presentava ai nostri occhi, specialmente a noi ragazzi, era<br />

impressionante. F<strong>in</strong>almente, dopo tante privazioni e stenti arrivarono a Maddaloni gli<br />

Americani e si <strong>in</strong>iziò a vivere un po’ meglio. Si <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a lavorare presso gli<br />

Al<strong>le</strong>ati, anche molte donne prestavano servizio presso alcune abitazioni re<strong>qui</strong>site e<br />

adibite ad alloggi per gli Ufficiali. Incom<strong>in</strong>ciarono ad aprire i negozi e altre attività<br />

commerciali, si cercava di <strong>in</strong>iziare a vivere e dimenticare al più presto tutte quel<strong>le</strong><br />

catastrofi causate dalla guerra, <strong>con</strong> la speranza che tutto ciò non si ripeta mai più.<br />

50


Rac<strong>con</strong>to di<br />

Lombardi Margherita nata a Pola <strong>il</strong> 03 giugno 1938<br />

Sono nata nel periodo <strong>del</strong>la <strong>Se</strong><strong>con</strong>da Guerra Mondia<strong>le</strong>, profuga <strong>del</strong>la Iugoslavia, a Pola<br />

<strong>in</strong> quanto <strong>il</strong> mio era papà guardia giurata, prestava servizio <strong>in</strong> quella Nazione poi tanta<br />

martoriata. Arrivammo <strong>in</strong> Italia, a Maddaloni, nel 1944, io penultima di otto figli<br />

ospitati da una mia zia <strong>in</strong> un sottoscala ( un vano dove si cuc<strong>in</strong>ava e si dormiva <strong>in</strong> otto<br />

persone), <strong>con</strong> un water situato all’aperto nel cort<strong>il</strong>e chiuso da quattro tavo<strong>le</strong> di <strong>le</strong>gno,<br />

sempre fuori un lavatoio <strong>con</strong> una fontanella dove <strong>le</strong> mie sorel<strong>le</strong> lavavano i pochi<br />

stracci che ci donavano. Dormivamo <strong>in</strong> un <strong>le</strong>ttone fatto di paglia <strong>in</strong> c<strong>in</strong>que <strong>in</strong>sieme a<br />

mia madre, mentre <strong>le</strong> altre mie sorel<strong>le</strong> dormivano a terra su dei giacigli di fieno e<br />

quando si alzavano erano sempre <strong>in</strong>do<strong>le</strong>nzite. Ci mettevamo a tavola che era sempre<br />

senza o poco cibo. Mio padre era <strong>in</strong> guerra, poi venne fatto prigioniero, qu<strong>in</strong>di mia<br />

madre fu costretta a lavorare nei quartieri americani f<strong>in</strong>o a tarda sera, mentre noi figli<br />

attendevamo <strong>il</strong> suo ritorno per poter mangiare qualche cosa, cibo che <strong>le</strong>i metteva da<br />

parte durante la sua giornata lavorativa. Molte però erano <strong>le</strong> volte che ritornava a casa<br />

stanca e <strong>con</strong> niente da mangiare, ma portava sempre un carico di biancheria e divise<br />

m<strong>il</strong>itari da lavare. Io <strong>con</strong> <strong>le</strong> altre mie sorel<strong>le</strong> più grandi <strong>le</strong> dovevamo lavare fuori nel<br />

cort<strong>il</strong>e, anche quando faceva molto freddo.<br />

Quando i soldati venivano a ritirare <strong>le</strong> loro divise, mia madre faceva nas<strong>con</strong>dere sotto<br />

<strong>il</strong> <strong>le</strong>tto <strong>le</strong> mie sorel<strong>le</strong> maggiori, mentre noi più piccoli chiedevamo ai m<strong>il</strong>itari<br />

cioccolate, caramel<strong>le</strong> e biscotti. Vi posso assicurare che quel periodo di guerra non si<br />

può dimenticare: la fame, i disagi, la paura rimarranno sempre nitide nei miei ricordi.<br />

Io ero la più piccola ma ricordo molto bene <strong>le</strong> luci dei razzi sganciati dagli aerei che<br />

<strong>il</strong>lum<strong>in</strong>avano tutto <strong>il</strong> cir<strong>con</strong>dario, <strong>il</strong> rombo dei motori degli aerei e <strong>le</strong> sirene che<br />

annunciavano <strong>il</strong> loro arrivo. In questi frangenti mentre suonava la sirena di allarme<br />

tutti fuggivano verso i ricoveri, io venivo aiutata dai miei fratelli e correvamo verso<br />

questi luoghi per ripararci. Ricordo che avevo la tosse <strong>con</strong>vulsa e ogni tanto mentre<br />

correvamo, mi dovevo fermare per tossire. Arrivati <strong>in</strong> questi luoghi oscuri e freddi ci<br />

str<strong>in</strong>gevamo a mia madre e rannicchiati <strong>in</strong> un angolo piangendo aspettavamo che tutto<br />

f<strong>in</strong>isse. Rimanevamo <strong>in</strong> questi rifugi per moltissimo tempo e una mia sorella<br />

sprezzante <strong>del</strong> pericolo si recava a casa per sbucciare e <strong>le</strong>ssare <strong>le</strong> patate per poi<br />

portarce<strong>le</strong> per farci cibare. Passato <strong>il</strong> pericolo si ritornava a casa. Oggi quando vedo e<br />

sento che i miei figli o nipoti, non vogliono mangiare, rac<strong>con</strong>to loro quel periodo triste<br />

e brutto che io ho vissuto. Il nostro pranzo dopo la guerra era costituito da polvere di<br />

piselli, patate <strong>le</strong>sse, verdura cotta raccolta nei campi e <strong>il</strong> pane che si doveva prendere<br />

<strong>con</strong> la tessera. Tutto sommato anche se non avevo molto o quasi niente sono stata<br />

felice e <strong>con</strong>tenta di essere vissuta <strong>in</strong> quel periodo <strong>con</strong> la mia grande famiglia e la mia<br />

cara mamma.<br />

51


Rac<strong>con</strong>to di<br />

Santo Antonio nato a Maddaloni <strong>il</strong> 17 dicembre 1934<br />

Nel 1942-43, anni <strong>in</strong> cui imperversò la <strong>Se</strong><strong>con</strong>da Guerra Mondia<strong>le</strong> <strong>con</strong> tutte <strong>le</strong><br />

<strong>con</strong>seguenze di morte e distruzione, io ero un ragazz<strong>in</strong>o e ho vissuto la mia<br />

ado<strong>le</strong>scenza vedendo come i soldati tedeschi rastrellavano uom<strong>in</strong>i e donne caricandoli<br />

su dei camion per trasferirli <strong>in</strong> Germania. Non posso dire molto di quel periodo, ma<br />

ricordo ancora bene che, dopo l’anno 1943, <strong>in</strong> via Roma, ho assistito al saccheggio <strong>del</strong><br />

Deposito Sanitario M<strong>il</strong>itare dal qua<strong>le</strong> portarono via tutto quello che poterono prima i<br />

Tedeschi e poi la cittad<strong>in</strong>anza: cusc<strong>in</strong>i, <strong>le</strong>nzuola, materassi e tutto quel che era<br />

disponib<strong>il</strong>e.<br />

Quello che ricordo ancora nitidamente era la fame che tormentava quasi tutta la<br />

popolazione, ma poi <strong>con</strong> <strong>il</strong> sopraggiungere degli Americani tutto com<strong>in</strong>ciò a cambiare<br />

e a migliorare positivamente.<br />

52


Rac<strong>con</strong>to di<br />

Tedesco Gaetano nato a Maddaloni <strong>il</strong> 15 gennaio 1939<br />

Nonostante fossi molto piccolo, ricordo tante cose <strong>del</strong>l’ultimo periodo <strong>del</strong>la <strong>Se</strong><strong>con</strong>da<br />

Guerra Mondia<strong>le</strong>, forse perché <strong>le</strong> vicende dolorose restano più tenacemente impresse<br />

nella nostra memoria. La mia famiglia possedeva un pezzo di terreno nella zona al<br />

<strong>con</strong>f<strong>in</strong>e <strong>del</strong>la Prov<strong>in</strong>cia di Caserta e quella di Napoli, tra Acerra e Cancello. Poiché ero<br />

<strong>il</strong> più piccolo <strong>del</strong>la famiglia i miei genitori mi portavano sempre <strong>con</strong> loro mentre erano<br />

<strong>in</strong>tenti <strong>con</strong> altre persone a coltivare e a lavorare la terra. Un giorno, era verso<br />

mezzogiorno, all’improvviso si sentì suonare una sirena, era l’allarme aereo che da<br />

Maddaloni si udiva f<strong>in</strong>o al luogo <strong>in</strong> cui ci trovavamo. Mio padre Alfonso alzò gli occhi<br />

al cielo e vedendo degli aerei avvic<strong>in</strong>arsi, subito gridò: “Distendetevi faccia a terra”.<br />

Tutti facemmo quel gesto che ormai era di abitud<strong>in</strong>e. Un aereo sganciò una bomba<br />

proprio a pochi metri da noi. Ci ritrovammo tutti coperti da un mare di terra, ma<br />

fortunatamente <strong>il</strong><strong>le</strong>si. La bomba esplodendo aveva scavato poco distante da noi una<br />

fossa larga quanto una grossa casa, e vic<strong>in</strong>o a noi c’era un pagliaio nel qua<strong>le</strong> si<br />

<strong>con</strong>ficcò una scheggia di circa 40 centimetri. <strong>Se</strong>mpre mentre ci trovavamo nel<br />

medesimo luogo, era tra giugno e luglio perché c’era già <strong>il</strong> grano alto, risuonò<br />

l’allarme aereo, tutti scappammo attraverso <strong>il</strong> grano per raggiungere <strong>il</strong> pagliaio che ci<br />

serviva come riferimento e riparo. Mia zia mi afferrò, mi sol<strong>le</strong>vò sotto un braccio e<br />

<strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a correre. Nell’attraversare <strong>il</strong> grano, <strong>le</strong> caddi da sotto <strong>il</strong> braccio e <strong>le</strong>i per la<br />

paura e per la fretta di mettersi al sicuro mi lasciò nel luogo <strong>in</strong> cui ero caduto. Arrivata<br />

al pagliaio, mio padre <strong>le</strong> chiese dove fossi, e <strong>le</strong>i rispose che mi aveva perso<br />

nell’attraversamento <strong>del</strong> grano. Allora mio padre subito ritornò <strong>in</strong>dietro, mi trovò, e mi<br />

portò al sicuro. Fortunatamente gli aerei non sganciarono <strong>le</strong> bombe. A causa dei<br />

rastrellamenti dei soldati Tedeschi che catturavano tutti gli uom<strong>in</strong>i ab<strong>il</strong>i che riuscivano<br />

a trovare, tutta la mia famiglia si rifugiò nella suddetta campagna e lì costruì un grosso<br />

pagliaio di circa dieci metri per <strong>le</strong> persone e un altro più piccolo per gli animali.<br />

Restammo per tre mesi <strong>in</strong> quel luogo, cibandoci <strong>con</strong> quello che noi stessi riuscivamo a<br />

ricavare dal terreno, patate, fagioli, ed altro. Mentre un giorno ritornavamo dalla<br />

campagna giunti all’<strong>in</strong>crocio tra via Libertà e via La Rosa vedemmo che c’erano<br />

parecchi camion <strong>con</strong> soldati tedeschi. Per la paura che potessero catturare papà,<br />

deviammo <strong>con</strong> <strong>il</strong> carretto verso via Roma e poi prendemmo per la Citta<strong>del</strong>la. Nei pressi<br />

<strong>del</strong>la chiesetta di San Gaetano c’era un gruppo di m<strong>il</strong>itari tedeschi che stavano<br />

litigando, un soldato tedesco avvic<strong>in</strong>atosi a mio padre gli <strong>in</strong>timò di scendere e di<br />

andare a dividere i litiganti. Al rifiuto di quest’ord<strong>in</strong>e tirò fuori <strong>il</strong> pugna<strong>le</strong> e colpì mio<br />

padre al braccio ferendolo e poi si allontanò. Al<strong>le</strong> grida di mia madre accorsero <strong>del</strong><strong>le</strong><br />

persone che abitavano <strong>in</strong> quel luogo, presero mio padre e lo portarono <strong>in</strong> Ospeda<strong>le</strong>,<br />

mentre noi <strong>con</strong> <strong>il</strong> carro ritornammo a casa. Giunti a casa i fratelli di mio padre chiesero<br />

cosa fosse successo. Mia madre ancora tremante, rac<strong>con</strong>tò loro l’accaduto, allora<br />

questi, afferrati dei for<strong>con</strong>i, si diressero al luogo <strong>del</strong> misfatto, ma arrivati non<br />

trovarono più nessuno. <strong>Se</strong>mpre mentre tornavamo dalla campagna, arrivati nei pressi<br />

<strong>del</strong>la stazione ferroviaria trovammo molte pattuglie tedesche. I miei genitori non<br />

53


sapevano come passare. Allora mio padre disse alla mamma:”Vai tu <strong>con</strong> Gaetano e <strong>il</strong><br />

carretto, mentre io tornerò a casa seguendo i b<strong>in</strong>ari. (seguendo questo tragitto ad un<br />

certo punto c’era un viottolo chiamato “ a Cupa” che portava proprio nei pressi <strong>del</strong>la<br />

nostra abitazione vic<strong>in</strong>a al luogo <strong>in</strong> cui adesso c’è la v<strong>il</strong><strong>le</strong>tta <strong>in</strong> via Appia).Così<br />

facemmo, lui si <strong>in</strong>camm<strong>in</strong>ò verso i b<strong>in</strong>ari, mentre mia madre mi fece distendere sul<br />

carretto e mi coprì per non farmi vedere dai soldati. Arrivammo a casa tranqu<strong>il</strong>lamente.<br />

Dopo circa un ora mia madre diventò <strong>in</strong><strong>qui</strong>eta perché papà non rientrava e nella sua<br />

mente si addossavano i pensieri più cupi. Mi prese per mano e disse: “Andiamo<br />

<strong>in</strong><strong>con</strong>tro a papà”. Ci <strong>in</strong>camm<strong>in</strong>ammo verso i b<strong>in</strong>ari e ad un certo punto <strong>le</strong>i <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a<br />

chiamare <strong>con</strong> voce fioca: “Alfonso, Alfonso”, f<strong>in</strong>o a che sentì <strong>il</strong> mio papà che rispose:<br />

“Sono <strong>qui</strong>”. Allora mia madre domandò: “Come mai tutto questo tempo? Mi hai fatto<br />

stare molto <strong>in</strong> ansia”. Papà rac<strong>con</strong>tò che a causa di un treno merci pieno di soldati<br />

tedeschi che si trovava alla stazione aveva dovuto proseguire carponi e strisciando a<br />

terra per non farsi scorgere. C’era <strong>in</strong> quel periodo molta fame ed era diffic<strong>il</strong>e trovare da<br />

mangiare. Mia madre vendette un po’ di fagioli di nascosto ma, scoperta dalla polizia<br />

fu arrestata e portata <strong>in</strong> carcere dove restò per un giorno e una notte. Tutto <strong>il</strong> ricavato<br />

<strong>del</strong> terreno non poteva essere venduto ma doveva essere portato a Caserta dove veniva<br />

daziato. Dove abitavamo c’era una famiglia che aveva al<strong>le</strong>vato un maia<strong>le</strong>. Un giorno<br />

venne una camionetta <strong>con</strong> dei Tedeschi i quali re<strong>qui</strong>sirono <strong>il</strong> maia<strong>le</strong> caricandolo sul<br />

veicolo, ma questi scappò, allora i m<strong>il</strong>itari lo <strong>in</strong>seguirono e raggiuntolo gli spararono <strong>in</strong><br />

un orecchio uccidendolo e lo portarono via. In quel periodo i Tedeschi razziavano tutto<br />

quello che potevano specialmente ciò che era commestib<strong>il</strong>e. Quando suonava l’allarme<br />

ed eravamo a casa, tutti ci rifugiavamo <strong>in</strong> un luogo dove c’era una cant<strong>in</strong>a che aveva<br />

un sottosuolo profondo circa dieci metri. Questo luogo era buio e molto freddo, per<br />

coprirci dovevamo portarci <strong>le</strong> coperte e chi poteva <strong>il</strong> cappotto. Questo luogo si trovava<br />

proprio all’angolo <strong>del</strong>l’<strong>in</strong>crocio tra via libertà e la citta<strong>del</strong>la, dove ora c’è la<br />

parrucchiera. Per quanto riguarda lo svaligiamento <strong>del</strong> deposito m<strong>il</strong>itare, ricordo che,<br />

quando ormai avevano già portato via quasi tutto, vi partecipò anche <strong>il</strong> mio papà.<br />

Riuscì ad impossessarsi di alcune tavo<strong>le</strong> di <strong>le</strong>gno, di pacchi di <strong>le</strong>nzuola e dei giubbotti,<br />

ci rac<strong>con</strong>tò anche che <strong>in</strong> quel luogo a causa <strong>del</strong>la folla ci furono <strong>del</strong><strong>le</strong> persone che<br />

vennero calpestate e morirono. Nella zona <strong>in</strong> cui avevamo <strong>il</strong> terreno c’era anche un<br />

deposito dove i Tedeschi tenevano accantonate <strong>le</strong> bombe, (oggi su questo terreno passa<br />

l’Autostrada) che non era custodito da guardie. Mio padre si appropriò di una bomba e<br />

la portò a casa. La collocò sul terrazzo <strong>del</strong>la casa. Vedendo quella strana cosa ci <strong>in</strong>iziai<br />

a giocare, presi un martello e <strong>con</strong> un piccolo punteruolo feci dei fori. Mio padre se ne<br />

accorse, si rese <strong>con</strong>to <strong>del</strong>lo sbaglio che aveva fatto mettendo <strong>in</strong> pericolo tutta la<br />

famiglia, la prese e la buttò non so dove. Fummo tutti fortunati, la bomba nonostante <strong>le</strong><br />

martellate e i fori non scoppiò, anche perchè i colpi che <strong>in</strong>fierivo erano nel senso<br />

<strong>con</strong>trario <strong>del</strong>la spo<strong>le</strong>tta. F<strong>in</strong>almente arrivarono gli Americani, era <strong>il</strong> mese di maggio o<br />

giugno, ricordo bene perché <strong>in</strong> quel periodo si coltivavano <strong>le</strong> Cappucce e gli<br />

Americani venivano da noi (ci trovavamo sempre <strong>in</strong> campagna) a comprar<strong>le</strong>. Erano<br />

moto gent<strong>il</strong>i e pagavano tutto quello che prendevano e ricordo che a me davano sempre<br />

<strong>del</strong><strong>le</strong> scato<strong>le</strong>tte di tonno.<br />

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Rac<strong>con</strong>to di<br />

Gargiulo Aniello nato a Maddaloni <strong>il</strong> 21 apr<strong>il</strong>e 1930<br />

Tra i ricordi <strong>del</strong>la se<strong>con</strong>da Guerra Mondia<strong>le</strong> c’è sicuramente la scoperta <strong>del</strong>la fame.<br />

Ricordo anche <strong>il</strong> suono <strong>del</strong>la sirena e noi che correvamo subito nei ricoveri. Quando<br />

poi ci fu l’Armistizio i Tedeschi saccheggiarono <strong>il</strong> deposito di biancheria m<strong>il</strong>itare.<br />

Ancora ricordo che i Tedeschi portavano via tutti gli uom<strong>in</strong>i. Mio padre, come tanti<br />

altri uom<strong>in</strong>i, si rifugiò <strong>in</strong> montagna per non farsi catturare e mia madre mi mandava da<br />

lui a portargli <strong>le</strong> sigarette e qualcosa da mangiare, cosa che facevano tanti altri ragazzi.<br />

Una volta, mentre percorrevo questo tragitto, degli aerei Americani bombardarono la<br />

zona <strong>in</strong> cui erano rifugiati gli uom<strong>in</strong>i. Per lo spostamento d’aria seguito allo scoppio di<br />

una bomba, mi ritrovai a terra. Dopo un po’ di tempo arrivarono gli Americani e la vita<br />

migliorò notevolmente, ma purtroppo fiorì <strong>il</strong> <strong>con</strong>trabbando.<br />

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Rac<strong>con</strong>to di<br />

Decurione Salvatore nato a Maddaloni <strong>il</strong> 25 maggio 1936<br />

I miei ricordi sono molto vaghi. Ero un ragazz<strong>in</strong>o di appena 7 anni. Quello che posso<br />

rac<strong>con</strong>tare e che ricordo vagamente è che quando c’era <strong>il</strong> Fascismo <strong>il</strong> sabato <strong>in</strong> piazza<br />

De Sivo radunavano tutti i bamb<strong>in</strong>i vestiti sia da Bal<strong>il</strong>la che da figli <strong>del</strong>la Lupa e li<br />

facevano sf<strong>il</strong>are come dei soldat<strong>in</strong>i. Molte volte ci portavano al campo sportivo dove<br />

facevamo g<strong>in</strong>nastica e c’erano anche at<strong>le</strong>ti grandi. Durante la permanenza dei Tedeschi<br />

nella nostra città ricordo che quando c’era l’allarme aereo e suonava la sirena tutti<br />

fuggivamo cercando un riparo che molto spesso non trovavamo e restavamo all’aperto<br />

<strong>in</strong> balia <strong>del</strong> niente, ritenendoci fortunati se ne uscivamo <strong>il</strong><strong>le</strong>si, mentre i Tedeschi si<br />

nas<strong>con</strong>devano <strong>in</strong> specie di cant<strong>in</strong>e che si trovavano sotto terra. Quando i Tedeschi<br />

<strong>in</strong>vasero Maddaloni, la fame e la povertà era tanta. I Tedeschi ci davano ogni giorno un<br />

po’ di pane duro e una piccola ciotola <strong>con</strong> un po’ di brodo, qualche volta un po’ di<br />

fagioli, ma la fame <strong>in</strong>vece di dim<strong>in</strong>uire aumentava.<br />

A quell’epoca avevo circa 7 anni e come tanti ragazzi <strong>del</strong>la mia età, avevo paura dei<br />

Tedeschi che cercavano noi ragazzi per sottoporci a lavori durissimi oppure per<br />

deportarci <strong>in</strong> Germania. Tutti noi ci rifugiavamo sul<strong>le</strong> montagne per svariate settimane,<br />

nas<strong>con</strong>dendoci dentro <strong>del</strong><strong>le</strong> caverne, non potendo nè cibarci nè lavarci, vivevamo come<br />

bestie selvatiche. A causa <strong>del</strong>la fame molte volte scendevamo <strong>in</strong> paese rifugiandoci<br />

dentro dei giard<strong>in</strong>i, mettendoci <strong>in</strong> <strong>con</strong>tatto <strong>con</strong> <strong>le</strong> nostre famiglie che ci portavano da<br />

mangiare e acqua da bere. Erano giorni terrib<strong>il</strong>i, quasi sempre c’erano bombardamenti<br />

di aerei americani ed <strong>in</strong>g<strong>le</strong>si, dal<strong>le</strong> montagne su cui ci rifugiavamo si vedeva la<br />

<strong>con</strong>traerea che sparava da Napoli e ogni tanto veniva colpito qualche aereo che cadeva<br />

giù come una palla di fuoco.<br />

Quando arrivarono gli Americani ci davano sempre caramel<strong>le</strong>, cioccolato, gomme da<br />

masticare e un po’ di pane che era bianco e morbidissimo. Però molti dei soldati<br />

arrivati a Maddaloni, <strong>in</strong> particolare quelli di colore erano sempre ubriachi e pronti ad<br />

attaccare briga.<br />

Dopo tante sofferenze, anche a Maddaloni e <strong>le</strong> cose com<strong>in</strong>ciarono a cambiare <strong>in</strong><br />

meglio. Quando fu annunciato che la guerra era f<strong>in</strong>ita, fu la più bella notizia che avessi<br />

ricevuto. Una cosa che voglio <strong>in</strong> particolare rac<strong>con</strong>tare è che <strong>in</strong>sieme agli Americani<br />

arrivarono anche gli Ing<strong>le</strong>si, Canadesi, Francesi, Australiani e i Marocch<strong>in</strong>i. Questi<br />

ultimi erano molto pericolosi, <strong>in</strong>sultavano tutti quelli che <strong>in</strong><strong>con</strong>travano e molto spesso<br />

c’erano <strong>del</strong><strong>le</strong> liti a causa <strong>del</strong><strong>le</strong> donne, riguardo <strong>le</strong> quali anche gli altri soldati non erano<br />

da meno. Un fatto <strong>in</strong>crescioso avvenne <strong>in</strong> via S. Giovanni prima <strong>del</strong>la Chiesa<br />

<strong>del</strong>l’Assunta, tra un cittad<strong>in</strong>o di Maddaloni e un soldato Marocch<strong>in</strong>o. Successe che<br />

erano tutte e due ubriachi e <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciarono ad <strong>in</strong>sultarsi, arrivarono al<strong>le</strong> mani, dandosi<br />

tante botte. Ad un certo punto <strong>del</strong> litigio <strong>il</strong> nostro compaesano, riuscì a far soccombere<br />

l’avversario, <strong>il</strong> qua<strong>le</strong> perse anche la vita.<br />

56


Rac<strong>con</strong>to di<br />

Ferraro Umberto nato a Maddaloni <strong>il</strong> 14 luglio 1933<br />

“ Avevo sei anni, ha rac<strong>con</strong>tato Umberto Ferraro, quando ebbe <strong>in</strong>izio la se<strong>con</strong>da<br />

Guerra Mondia<strong>le</strong>. Frequentavo la prima e<strong>le</strong>mentare e ricordo che dovevamo portare<br />

ferro e rame a scuola perché <strong>il</strong> governo li richiedeva per avere materia<strong>le</strong> a disposizione<br />

per la costruzione di bombe e armi <strong>in</strong> genere. Un pomeriggio, mentre eravamo a<br />

scuola, suonò l’allarme che annunciava l’arrivo <strong>del</strong><strong>le</strong> flotte aeree e degli imm<strong>in</strong>enti<br />

bombardamenti. Fuggimmo tutti, prima nel<strong>le</strong> campagne, che però erano molto<br />

pericolose, e poi nella gal<strong>le</strong>ria scavata sotto <strong>il</strong> monte S. Miche<strong>le</strong>. Vi rimanemmo non<br />

poco tempo. Qui dormivamo sistemandoci alla meglio lungo la l<strong>in</strong>ea ferroviaria e di<br />

tanto <strong>in</strong> tanto tornavamo al paese per prendere qualcosa da mangiare. Ricordo molto<br />

bene i Tedeschi: Erano molto severi, nei primi tempi, rispettosi nei nostri <strong>con</strong>fronti.<br />

Poi, però, dopo <strong>il</strong> l’Armistizio divennero <strong>con</strong> noi cattivi e cru<strong>del</strong>i. Rapivano giovani<br />

donne e giovani uom<strong>in</strong>i e li portavano nei campi di <strong>con</strong>centramento dove venivano<br />

costretti ai lavori forzati. Un giorno, mentre giocavo per strada <strong>con</strong> un mio cug<strong>in</strong>o, i<br />

Tedeschi ci cir<strong>con</strong>darono per catturarci. Io riuscii a div<strong>in</strong>colarmi e a scappare, mio<br />

cug<strong>in</strong>o rimase impietrito e fu catturato. Lo portarono a Cass<strong>in</strong>o da dove tentò molte<br />

volte di scappare. E proprio <strong>in</strong> uno di questi suoi tentativi di fuga fu fuc<strong>il</strong>ato come un<br />

topo! Appena la guerra f<strong>in</strong>ì, nell’apr<strong>il</strong>e nel 1945, i Tedeschi battendo ritirata,<br />

svaligiarono <strong>il</strong> Quartiere di Maddaloni. L’arrivo degli Americani lo ricordo <strong>con</strong> grande<br />

gioia. Sul corso pr<strong>in</strong>cipa<strong>le</strong> di Maddaloni avanzavano <strong>con</strong> i loro carri armati che però<br />

non facevano paura. I soldati lanciavano verso la folla caramel<strong>le</strong> e noi bamb<strong>in</strong>i<br />

eravamo felici. In quel periodo c’era una fame terrib<strong>il</strong>e. I paesani per farci entrare nel<br />

primo campo degli Americani ci facevano vendere lo spumante ed <strong>in</strong> cambiaci davano<br />

qualcosa da mangiare. C’era un ragazzo più grande di me che non vo<strong>le</strong>va che io<br />

entrassi nel campo e perciò, come spesso succede tra giovani coetanei, facemmo una<br />

lotta nel fango ed io, nonostante fossi più piccolo riuscii a v<strong>in</strong>cere perché ero furbo. ..<br />

Gli Americani facevano <strong>il</strong> tifo per me e gridavano Go baby , Go! Go! Da quel<br />

momento mi presero <strong>in</strong> simpatia e trascorrevo gran parte <strong>del</strong>la mia giornata <strong>con</strong> loro,<br />

tornavo a casa solo per dormire. Un giorno <strong>in</strong>ciampai <strong>in</strong> un barattolo di latta e cadendo<br />

mi procurai un taglio alla gamba destra dove ancora oggi ho la cicatrice. Fui medicato<br />

da un italo americano, chiamato Antony. Da loro imparai i numeri <strong>in</strong> <strong>in</strong>g<strong>le</strong>se che<br />

ancora ricordo molto bene. Dopo tre , quattro mesi gli Americani si trasferirono sul<br />

fronte di Cass<strong>in</strong>o e mi chiesero di partire <strong>con</strong> loro. Mentre ci apprestavamo a partire,<br />

qualcuno che non ricordo bene avvisò mia madre, che si precipitò scalza sul posto e<br />

disperatamente mi richiamò. Gli Americani si commossero e mi lasciarono andare. Da<br />

quel giorno non li vidi più e cercai un lavoro per aiutare la mia famiglia. Imparai così <strong>il</strong><br />

mestiere di sarto trasferendomi <strong>in</strong> Svizzera. Oggi mi ritengo fortunato perchè sono<br />

sopravvissuto ad una tragedia mondia<strong>le</strong> che ha causato la morte di m<strong>il</strong>ioni di persone<br />

<strong>in</strong>nocenti, e oggi dico a voi giovani, che avete <strong>il</strong> futuro nel<strong>le</strong> vostre mani, di portare<br />

sempre un messaggio: Mai più guerre, sempre e solo pace.<br />

57


Libric<strong>in</strong>o lanciato dagli aerei americani sulla Città di Maddaloni <strong>con</strong>tenente <strong>il</strong><br />

discorso <strong>in</strong>tegra<strong>le</strong> <strong>del</strong> Vice Presidente degli Stati Uniti<br />

( Gent<strong>il</strong>mente <strong>con</strong>cesso dall’Avv. Cerreto Francesco.)<br />

58


Henry Agard Wallace<br />

Henry Wallace<br />

59


Testo Integra<strong>le</strong> <strong>del</strong> Discorso<br />

60


Campo Sportivo di Maddaloni Esercizi G<strong>in</strong>nici<br />

65


Piazza Vittoria<br />

Piazza Fontana<br />

66


Ospeda<strong>le</strong> M<strong>il</strong>itare via Starza<br />

In partenza<br />

67


I Tedeschi nella nostra zona<br />

68


Bombardieri <strong>in</strong> azione Prov<strong>in</strong>cia di Caserta<br />

70


Caserta<br />

Bombardamento Stazione ferroviaria<br />

71


Sbarco degli Americani Arrivo nella nostra zona<br />

Avanzata<br />

72


Deposito americano Campo Sportivo Maddaloni<br />

Foto <strong>con</strong>cessa dal Sig. V<strong>in</strong>cenzo Mataluna<br />

73


L’A-lire ( Al lied m<strong>il</strong>itary currency)<br />

Gent<strong>il</strong>mente <strong>con</strong>cessa dal Sig. Pietro Correra<br />

Proprietà S.G. Borriello<br />

74


Bombardamento di Cass<strong>in</strong>o<br />

Feriti Americani trasportati<br />

All’Ospeda<strong>le</strong> di Maddaloni Cass<strong>in</strong>o Dopo la Con<strong>qui</strong>sta<br />

75


La Foto è stata gent<strong>il</strong>mente <strong>con</strong>cessa<br />

dall’Avv. Cerreto Francesco<br />

Francesco e un amico <strong>con</strong> Americano tra <strong>le</strong> rov<strong>in</strong>e <strong>del</strong>l’acquedotto<br />

76


Caserta e Prov<strong>in</strong>cia liberate<br />

77


La povera gente durante la guerra nella nostra zona<br />

78


Foto gent<strong>il</strong>mente <strong>con</strong>cessa da: Domenico Cafarelli<br />

79


In f<strong>il</strong>a <strong>con</strong> la tessera<br />

Pane bianco<br />

81


La tristezza <strong>del</strong>la guerra negli occhi dei bamb<strong>in</strong>i<br />

82


Momento di felicità<br />

83


Dis<strong>in</strong>fettazione<br />

Casa <strong>del</strong> Fanciullo<br />

Don Salvatore <strong>con</strong> i primi ragazzi nel dopoguerra<br />

84


Foto gent<strong>il</strong>mente <strong>con</strong>cesse dal Sig. Pietro Correra<br />

Bal<strong>il</strong>la maddalonesi Francesco Cerreto se<strong>con</strong>do <strong>in</strong> basso a dx.<br />

85


Ragazzi Maddalonesi sul Castello. (Foto scattata dagli Americani)<br />

Foto <strong>con</strong>cesse dal sig. Pietro Correra<br />

Squadra di calcio <strong>del</strong>la parrocchia di S. Pietro anno 1945<br />

retta dal vice Parroco Don Mario Cerreto<br />

86


Cenni storici Caserma Annunziata (Quartiere) 1<br />

Maddaloni<br />

Realizzazione di un edificio m<strong>il</strong>itare <strong>del</strong> XIX secolo appartenente al Reame di Napoli<br />

<strong>in</strong> un centro <strong>del</strong>la Campania.<br />

La Caserma <strong>del</strong>l’Annunziata a Maddaloni<br />

I motivi che sp<strong>in</strong>sero i Sovrani <strong>del</strong>la casa Borbonica a decidere, nel corso <strong>del</strong> XIX<br />

secolo, la costruzione di numerose caserme nella c<strong>in</strong>ta campana di Terra di Lavoro.<br />

Nel secolo XVIII, Carlo di Borbone aveva <strong>con</strong>statato <strong>il</strong> pericolo di un attacco <strong>con</strong>tro la<br />

Capita<strong>le</strong> <strong>del</strong> suo reame, proveniente dal mare e, per <strong>con</strong>seguenza, la necessità di<br />

trasferire <strong>il</strong> governo di Napoli <strong>in</strong> una località fuori dalla portata <strong>del</strong>l’artiglieria nava<strong>le</strong>.<br />

La scelta cadde su Caserta, dove fu edificato <strong>il</strong> nuovo palazzo rea<strong>le</strong>.<br />

Questa dislocazione fu <strong>il</strong> primo e<strong>le</strong>mento che, aggiunto agli altri avvenimenti degli<br />

anni che seguirono <strong>il</strong> Regno di Carlo di Borbone, determ<strong>in</strong>ò la fondazione m<strong>il</strong>itare di<br />

Maddaloni. Possiamo così r<strong>il</strong>evare che Maddaloni si trova all’<strong>in</strong>crocio <strong>del</strong>la strada<br />

Capua-Nola-Sa<strong>le</strong>rno, e da quella che dal Molise <strong>con</strong>duce a Napoli. Ma la decisione di<br />

costruire giusto a Maddaloni tre caserme, si <strong>in</strong>serisce nel disegno strategico già<br />

previsto da Carlo di Borbone nel trasferire la capita<strong>le</strong> dal rea<strong>le</strong> di Napoli a Caserta.<br />

Questo nuovo palazzo rea<strong>le</strong> doveva essere protetto piuttosto che da piazze forti ( come<br />

quella vic<strong>in</strong>o a Capua ) da truppe fac<strong>il</strong>mente trasferib<strong>il</strong>i. Per la nuova organizzazione<br />

m<strong>il</strong>itare che comportava un numero <strong>con</strong>siderevo<strong>le</strong> di uom<strong>in</strong>i, fu necessario provvedere<br />

a nuovi alloggiamenti, disposti <strong>in</strong> maniera di fare affluire <strong>le</strong> truppe <strong>in</strong> un determ<strong>in</strong>ato<br />

posto arrivando nel più breve tempo possib<strong>il</strong>e; Caserta era <strong>il</strong> centro da guarnire, la<br />

scelta per <strong>le</strong> nuove caserme cadde nel<strong>le</strong> vic<strong>in</strong>anze immediate <strong>del</strong> palazzo rea<strong>le</strong>.<br />

In questa cornice politica e strategica, costituita da due reggimenti di caval<strong>le</strong>ria di<br />

guarnigione a Caserta, due di fanteria e uno di artiglieria a Capua e uno di caval<strong>le</strong>ria a<br />

Nola, <strong>il</strong> re Ferd<strong>in</strong>ando vol<strong>le</strong> r<strong>in</strong>forzare <strong>le</strong> guarnigioni di Maddaloni e ord<strong>in</strong>ò nel 1850,<br />

la costruzione di un “ Quartiere M<strong>il</strong>itare “ da e<strong>le</strong>varsi sul terreno <strong>del</strong> giard<strong>in</strong>o<br />

appartenente all’antico soppresso <strong>con</strong>vento domenicano <strong>del</strong>l’Annunziata<br />

A.G.P. (Ave Gratia P<strong>le</strong>na).<br />

A distanza di circa un secolo e mezzo, questo grosso comp<strong>le</strong>sso costituisce una parte<br />

<strong>in</strong>tegrante <strong>del</strong>l’articolazione <strong>del</strong>lo spazio urbano e rappresenta una testimonianza<br />

storica avente <strong>il</strong> significato particolare che ora si <strong>il</strong>lustra brevemente.<br />

1 Reut<strong>il</strong>isation d’un batiment m<strong>il</strong>itare du xix siec<strong>le</strong>.<br />

Rosa Carafa - Lucio Santoro<br />

87


La caserma <strong>del</strong>l’Annunziata (Immob<strong>il</strong>e)<br />

Maddaloni<br />

Il suo blocco immob<strong>il</strong>iare compatto, è articolato su un piano rettangolare <strong>con</strong> una vasta<br />

corte centra<strong>le</strong> che occupa tutto <strong>il</strong> giard<strong>in</strong>o <strong>del</strong>l’antico <strong>con</strong>vento e si trova <strong>le</strong>ggermente<br />

rientrante dalla l<strong>in</strong>ea <strong>del</strong>la strada, allo scopo di fac<strong>il</strong>itare l’accesso grazie a due rampe<br />

di sca<strong>le</strong>. L’edificio, costituito da tre livelli e da un livello sotto i tetti, mostra <strong>del</strong><strong>le</strong><br />

facciate senza r<strong>il</strong>ievo che rif<strong>le</strong>ttono, nella loro percezione visua<strong>le</strong>, <strong>le</strong> funzioni che<br />

l’edificio deve riempire. L’accesso al carreggio era realizzato dall’<strong>in</strong>termedio di una<br />

rampa che dava su una piccola strada latera<strong>le</strong>, mentre i locali dest<strong>in</strong>ati a ufficio,<br />

depositi e refettorio dei soldati danno sulla corte stessa. Su i due lati <strong>in</strong> lunghezza <strong>del</strong>la<br />

corte furono costruite quattro sca<strong>le</strong> per accedere al<strong>le</strong> stanze superiori ove si trovano <strong>le</strong><br />

camerate, dei vasti locali <strong>con</strong> soffitto a volta, <strong>con</strong> i servizi igienici (<strong>in</strong>sufficienti,<br />

benché serviti dall’acquedotto duca<strong>le</strong>) <strong>con</strong>centrati presso <strong>le</strong> sca<strong>le</strong>.<br />

Gli atri realizzati a livello <strong>del</strong>la corte (oggi murati), mettono <strong>in</strong> comunicazione <strong>le</strong> sca<strong>le</strong><br />

sui lati lunghi <strong>del</strong>la corte stessa; è probab<strong>il</strong>e che questi atri furono ostruiti f<strong>in</strong> dal 1859,<br />

quando la caserma accolse <strong>il</strong> battaglione degli allievi m<strong>il</strong>itare di Gaeta.<br />

L’edificio non presenta alcuna soluzione particolare, alla sobrietà e all’austerità dei<br />

volumi corrisponde la l<strong>in</strong>earità <strong>del</strong>la facciate, <strong>con</strong> <strong>del</strong><strong>le</strong> f<strong>in</strong>estre ad arco per dare aria e<br />

luce al<strong>le</strong> camerate, se<strong>con</strong>do una composizione simmetrica esasperata caratteristica<br />

<strong>del</strong>la mentalità m<strong>il</strong>itare <strong>del</strong>l’autore <strong>del</strong> progetto, <strong>in</strong>dicato nei documenti come un certo<br />

capitano o <strong>in</strong>gegnere Chol<strong>le</strong>t, probab<strong>il</strong>mente ufficia<strong>le</strong> <strong>del</strong> genio.<br />

Solo l’entrata sulla facciata è caratterizzata da una bugna piatta che dà un certo r<strong>il</strong>ievo<br />

alla facciata <strong>con</strong> tre f<strong>in</strong>estre per piano; <strong>in</strong> un lato, un timpano triangolare <strong>con</strong> <strong>del</strong><strong>le</strong><br />

decorazioni <strong>in</strong> stucco è <strong>le</strong>gato alla cornice di coronamento <strong>del</strong>l’edificio.<br />

Un motivo analogo si ripete <strong>in</strong> corrispondenza <strong>del</strong>l’entrata sulla facciata <strong>del</strong>la<br />

corte.Questo edificio è pervenuto a noi <strong>con</strong> poche modifiche qualche aggiunzione <strong>in</strong><br />

rapporto alla costruzione orig<strong>in</strong>a<strong>le</strong>. L’edificio si trova tuttavia <strong>in</strong> <strong>con</strong>dizioni statiche<br />

precarie, soprattutto <strong>in</strong> ciò che <strong>con</strong>cerne l’edificio sulla corte opposta a quella<br />

<strong>del</strong>l’entrata, la qua<strong>le</strong> faceva parte <strong>del</strong> <strong>con</strong>vento domenicano e <strong>in</strong>globato nella<br />

costruzione m<strong>il</strong>itare. Il p<strong>le</strong>sso trovandosi <strong>in</strong> una località centra<strong>le</strong> <strong>del</strong>la Città (<strong>in</strong> via<br />

Roma), costituisce un’emergenza urbana.<br />

88


Scuola M<strong>il</strong>itare Nunziatella 2<br />

La Nunziatella nasce come scuola m<strong>il</strong>itare <strong>il</strong> 18 novembre 1787 sulla coll<strong>in</strong>a di<br />

Pizzofal<strong>con</strong>e, a Napoli. La sede prescelta è l’ex noviziato dei Gesuiti. L’edificio <strong>con</strong><br />

annessa una Chiesa dedicata alla Verg<strong>in</strong>e Annunziata è ben presto denom<strong>in</strong>ata<br />

Nunziatella. L’edificio era pervenuto al demanio pubblico nel 1767, dopo l’espulsione<br />

dei Gesuiti dal Regno di Napoli. Ferd<strong>in</strong>ando IV°, divenuto I° per decisione <strong>del</strong><br />

<strong>con</strong>gresso di Vienna, la Nunziatella cambia denom<strong>in</strong>azione: si chiamerà “ Real<br />

Col<strong>le</strong>gio Napo<strong>le</strong>tano” ed avrà <strong>il</strong> compito di preparare gli Ufficiali di Stato Maggiore<br />

<strong>del</strong>l’Esercito Napo<strong>le</strong>tano. Il I° gennaio 1819 si emanò un ord<strong>in</strong>amento che prevedeva<br />

tre stab<strong>il</strong>imenti: <strong>il</strong> “ Real Col<strong>le</strong>gio M<strong>il</strong>itare “ <strong>con</strong> sede a Pizzofal<strong>con</strong>e, <strong>con</strong> <strong>il</strong> compito di<br />

fornire ufficiali di artiglieria, al genio e allo Stato Maggiore; la “ Rea<strong>le</strong> Accademia<br />

M<strong>il</strong>itare “ <strong>con</strong> sede a San Giovanni a Carbonara, che doveva fornire Ufficiali per tutti<br />

gli altri Corpi e servire da scuola preparatoria al “ Real Col<strong>le</strong>gio M<strong>il</strong>itare “, <strong>le</strong> “Scuo<strong>le</strong><br />

M<strong>il</strong>itari “ di Maddaloni, <strong>con</strong> <strong>il</strong> compito di fornire sottoufficiali e di servire da scuo<strong>le</strong><br />

preparatorie alla “ Rea<strong>le</strong> Accademia M<strong>il</strong>itare “.Nel 1855, Ferd<strong>in</strong>ando II°,<br />

nell’anacronistico tentativo di neutralizzare <strong>il</strong> sentimento di italianità che <strong>in</strong> quel<br />

periodo animava gli animi di molti allievi, trasferisce la sede <strong>del</strong>la scuola di<br />

Maddaloni. Il sito fu <strong>in</strong>iziato nel 1850 <strong>con</strong>cluso nel 1855, ta<strong>le</strong> resterà f<strong>in</strong>o al 1859 anno<br />

<strong>in</strong> cui <strong>il</strong> Genera<strong>le</strong> Carlo F<strong>il</strong>angieri ottenne dal giovane re Francesco, l’autorizzazione<br />

<strong>del</strong> rientro a Napoli.<br />

Negli anni che vanno dal 1870 al 1949, la storia <strong>del</strong>la Nunziatella si <strong>in</strong>treccia, e<br />

talvolta si fonde <strong>con</strong> la stessa storia <strong>del</strong>la Patria. Dopo una triste e forzata pausa, <strong>le</strong>gata<br />

agli eventi <strong>del</strong>l’ultimo <strong>con</strong>flitto mondia<strong>le</strong>, riaprirà i battenti e tornerà ad essere <strong>il</strong> vivaio<br />

<strong>del</strong><strong>le</strong> accademie <strong>del</strong><strong>le</strong> FF.AA. italiane. Volontari “speciali” erano quelli arruolati nel<br />

btg. allievi m<strong>il</strong>itari <strong>con</strong> sede a Maddaloni. In esso potevano essere ammessi solo figli<br />

di m<strong>il</strong>itari di carriera di età compresa tra i dodici e i diciotto anni. Oltre agli esercizi<br />

m<strong>il</strong>itari, gli allievi studiavano <strong>le</strong>tteratura, calligrafia, disegno e religione. Alla f<strong>in</strong>e <strong>del</strong><br />

corso, <strong>del</strong>la durata di c<strong>in</strong>que anni, erano <strong>in</strong>viati ai corpi come soldati semplici e <strong>con</strong><br />

una ferma di dieci anni. Considerata la loro preparazione superiore ad un soldato<br />

coscritto e ad un norma<strong>le</strong> volontario, avevano <strong>il</strong> 50% dei posti riservati agli esami per<br />

capora<strong>le</strong>, al qua<strong>le</strong> potevano partecipare dopo un anno di servizio al reparto. Poi da<br />

questo grado, si poteva accedere alla carriera di sottufficia<strong>le</strong> tramite <strong>il</strong> superamento di<br />

esami e <strong>in</strong> base ai posti vacanti negli organici. Promossi sottufficiali, si riceveva<br />

l’istruzione al corpo stesso, <strong>con</strong> <strong>le</strong>zioni di maneggio <strong>del</strong><strong>le</strong> armi, tiro, marcia,<br />

e<strong>qui</strong>tazione, calligrafia ed aritmetica. Gli ufficiali, per due terzi, provenivano dai<br />

sottoufficiali che avevano superato gli altri esami.<br />

2 Dal diario di Ludovico Quan<strong>del</strong><br />

Allievo Nunziatella di Maddaloni dal 1855-1859<br />

Archivio Scuola M<strong>il</strong>itare Nunziatella di Napoli<br />

89


Ultimo periodo<br />

L’Annunziata, è stata scuola m<strong>il</strong>itare <strong>del</strong> Real Esercito Borbonico, e successivamente,<br />

simbolo degli acquartieramenti e dei magazz<strong>in</strong>i strategici ed è stata la base<br />

<strong>del</strong>l’organizzazione logistica <strong>del</strong>l’Esercito Unitario. In questo sito dalla forma di<br />

quadr<strong>il</strong>atero (come si può notare a pag. 93), <strong>le</strong> truppe naziste d’occupazione prima e gli<br />

Al<strong>le</strong>ati dopo, hanno usato <strong>il</strong> p<strong>le</strong>sso <strong>del</strong> quartiere per l’organizzazione logistica<br />

<strong>del</strong>l’occupazione <strong>del</strong> Sud Italia e <strong>del</strong>la successiva liberazione.<br />

L’Esercito Italiano, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, ha ut<strong>il</strong>izzato <strong>il</strong> Quartiere <strong>del</strong>l’Annunziata come magazz<strong>in</strong>o<br />

e poi come laboratorio di analisi. Un cedimento <strong>del</strong><strong>le</strong> fondazioni nel lato nord <strong>del</strong> 1956<br />

e <strong>il</strong> sisma <strong>del</strong>l’80, ne hanno decretato l’abbandono.<br />

90


Rassegna <strong>foto</strong>grafica<br />

Plarimetria <strong>del</strong>la caserma <strong>del</strong>l’Annunziata<br />

91


Interno e esterno attua<strong>le</strong><br />

92


Prof<strong>il</strong>o<br />

CAVALIERE <strong>del</strong>la REPUBBLICA ITALIANA<br />

Brevetto n.135722 serie IV<br />

Salvatore Giulio Borriello Maddaloni 19/10/1948<br />

Titolo di studio : Perito Tecnico Industria<strong>le</strong> Capotecnico Meccanico<br />

Medaglia d’Oro<br />

Conferitogli dalla Camera di Commercio Industria e Artigianato di Caserta per Fe<strong>del</strong>tà al<br />

Lavoro e Progresso E<strong>con</strong>omico.<br />

15 dicembre 1993<br />

Stella al Merito <strong>del</strong> Lavoro<br />

Conferitogli dal Presidente <strong>del</strong>la Repubblica C. A. Ciampi <strong>con</strong> <strong>il</strong> titolo di Maestro <strong>del</strong> Lavoro<br />

Autorizzato a fregiarsi <strong>del</strong> simbolo dei Maestri<br />

1 maggio 2003<br />

Titolo di Cavaliere<br />

al Merito <strong>del</strong>la Repubblica Italiana. Conferitogli dal Presidente <strong>del</strong>la Repubblica C. A. Ciampi.<br />

Autorizzato a fregiarsi dei simboli <strong>del</strong> Cavalierato.<br />

27 dicembre 2003<br />

Diploma di Benemerenza <strong>con</strong> Medaglia d’oro<br />

Conferitogli dalla Città di Maddaloni nella persona <strong>del</strong> S<strong>in</strong>daco<br />

Francesco Lombardi.<br />

3 ottobre 2004<br />

Quir<strong>in</strong>a<strong>le</strong><br />

Ricevuto dal Presidente <strong>del</strong>la Repubblica C.A. Ciampi <strong>con</strong> l’Associazione A.N.M.I.G.<br />

10 maggio 2005<br />

Fiduciario A. N. M. I. G. <strong>del</strong>la Città di Maddaloni<br />

Associazione Naziona<strong>le</strong> Mut<strong>il</strong>ati e Invalidi di Guerra e <strong>del</strong>la Fondazione<br />

Organista dal 2000<br />

Chiesa SS. Annunziata di Maddaloni<br />

Apprezzamento Elogio/Encomio e r<strong>in</strong>graziamento<br />

Da parte <strong>del</strong> Presidente <strong>del</strong>la Repubblica G. Napolitano<br />

Per alto valore mora<strong>le</strong>, di <strong>in</strong>iziative e impegno, dando risalto alla città di Maddaloni<br />

6 luglio 2010<br />

Ha svolto ricerche scrivendo i seguenti libretti:<br />

1) Decorati al Valor M<strong>il</strong>itare <strong>del</strong>la Città di Maddaloni<br />

2) Ca<strong>le</strong>ndario degli avvenimenti Mondiali dal -1939 al 1942<br />

3) Documenti e bol<strong>le</strong>tt<strong>in</strong>i <strong>del</strong>la nostra guerra - giugno 1939 a febbraio 1942<br />

4) Dal campo di <strong>con</strong>centramento <strong>in</strong> Germania a piedi f<strong>in</strong>o a Roma<br />

5) Memorie - Maddaloni 1943-1945<br />

6) Cronaca di una vita (Biografia di un soldato)<br />

99

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