Ottimismo italiano La crisi c’è la manovra no di Alberto Berrini | globalvision | NEL CORSO DELL’ESTATE (15 LUGLIO 2009) il Governo ha approvato “l’ultimo” Dpef (Documento di Programmazione Economico-Finanziaria). Ultimo, in quanto dal prossimo anno sarà sostituito, secondo quanto annunciato dal ministro Tremonti, dalla Dfp (Decisione di Finanza Pubblica). Un Dpef già depotenziato, dopo la modifica della Legge Finanziaria su base triennale, che semplicemente aggiorna lo scenario previsionale del precedente Documento sul nuovo orizzonte temporale 2010-2013. I numeri in esso contenuti sono gli stessi forniti da Draghi solo pochi mesi fa (Pil a -5,2% nel 2009). Dunque, per la quinta volta da giugno 2008, il Governo ha dovuto rivedere al ribasso le sue stime di crescita. Ma, sottolinea fin dall’inizio il Dpef, “negli ultimi due-tre mesi si sono ripetuti segnali non negativi, per l’economia mondiale e per quella italiana. (…) L’incertezza sulle prospettive economiche rimane elevata ma (…) in varie sedi e forme si ipotizza la ripresa a partire dal 2010”. È questo il punto centrale dell’analisi: il Governo italiano scommette su una fuoriuscita non troppo lontana dalla crisi (+0,5% del Pil nel 2010, contro lo 0% previsto da Bankitalia). Un ottimismo che condiziona l’intera manovra di politica economica e che ne limita gli obiettivi. Si tratta di salvaguardare i livelli di welfare pre-esistenti alla crisi senza preoccuparsi di trovare risorse aggiuntive per i consumi e per i redditi da lavoro e da pensione. In realtà, come sostenuto dalla maggior L’Italia è l’unico Paese del G20 a non aver ancora varato alcuna manovra anticiclica. Serve una politica industriale e di sviluppo per imboccare la strada della crescita parte degli osservatori, “la ripresa sarà lenta e faticosa” (M. Wolf, Il Sole 24 Ore, 15 luglio 2009), soprattutto in termini “sociali”. L’eccesso di capacità produttiva a fine 2010 supererà quella di fine 2009 con effetti devastanti sull’occupazione. Conclude Wolf: “Chi si aspetta un pronto ritorno allo status quo del 2006 è un sognatore”. Del resto dagli stessi dati previsionali sulla crescita contenuti nel Dpef (per molti versi ottimistici) risulta che fra due anni la ricchezza prodotta nel nostro Paese sarà inferiore di circa 4 punti percentuali rispetto a quella del 2007. Solo nel 2013 (forse) torneremo ai livelli di produzione di quell’anno. A dispetto di ciò il Dpef certifica “numericamente” che non è prevista alcuna manovra per rilanciare l’economia. Come segnalato dal Fondo Monetario Internazionale, l’Italia è l’unico Paese del G20 a non aver varato finora alcuna manovra anticiclica. Infatti il saldo delle risorse immesse nel sistema economico sfiora lo zero, come indirettamente ammesso dallo stesso Dpef quando sottolinea che “una massiccia concentrazione e riallocazione delle poste all’interno del bilancio ha, tra l’altro, permesso di liberare risorse per una pluralità di interventi in funzione anticrisi”. Nonostante questa scelta i conti pubblici vanno male. Particolarmente preoccupante, in un’ottica temporale di medio lungo periodo, è il dato del debito che è tornato a livelli pre-cura Ciampi (115,3%). Detto questo, chi scrive non pensa certo ad una politica di rigore. Al contrario, come ha sottolineato Draghi: «Resta prioritario dare sostegno al sistema produttivo: occorre evitarne un indebolimento strutturale», che ci impedirebbe di sfruttare a pieno la ripresa che verrà. Questa va perseguita e preparata con una politica industriale che oggi non c’è. Viceversa, senza politiche per lo sviluppo, rese peraltro oggi indispensabili dalle tematiche ambientali ed energetiche, sarà impossibile imboccare solidi sentieri di crescita, tra l’altro fondamentali per riportare i tassi di occupazione ai livelli pre-crisi. . | ANNO 9 N.72 | SETTEMBRE 2009 | valori | 7 |