PreTesti - Telecom Italia
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Maggio 2012 • Numero 5<br />
1<br />
pretesti<br />
Occasioni di letteratura digitale<br />
Seconda vita<br />
di Francesco Fioretti<br />
L’anima dell’esattezza:<br />
Intrecci tra letteratura e matematica<br />
di Claudio Bartocci<br />
Lo spirito del dare<br />
per una nuova democrazia<br />
di Peter Sloterdjik<br />
Il disertore<br />
di Ugo Barbàra<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
IL megLIo<br />
della Narrativa<br />
e deLLa<br />
saggistica<br />
italiaNa<br />
e straNiera<br />
iN oltre<br />
24.000 titoli<br />
www.cubolibri.it
editoriale<br />
3<br />
Al termine della grande abbuffata del 25° Salone Internazionale del Libro esce il numero<br />
di maggio di <strong>PreTesti</strong>. Questa volta anticipato di qualche giorno nella sua versione Social<br />
Reader con l’Application per Facebook dal nome Cubolibri Café. Dal 2 maggio scorso infatti<br />
Biblet ha cambiato nome. È diventato Cubolibri. <strong>PreTesti</strong> rimane immutato, anche se cambiano<br />
i luoghi di diffusione, in attesa di una ulteriore novità per il mese prossimo di Giugno.<br />
Se verde è il colore di Cubolibri resta rosso il colore di <strong>PreTesti</strong>. E di rosso, sangue, si tinge<br />
la storia di copertina inedita che Francesco Fioretti ha scritto per noi. La guerra dirompe<br />
dalla fantasia di Ugo Barbàra, la matematica trionfa nel saggio di Claudio Bartocci e Peter<br />
Sloterdjik ci indica una possibile strada per risolvere il problema delle tasse nelle democrazie<br />
moderne.<br />
Ora non sono temi da poco: risolvere un romanzo giallo, risolvere un’equazione matematica,<br />
risolvere una situazione di pericolo, risolvere il problema del pagamento delle tasse.<br />
E così neppure semplice è riuscire a far sopravvivere le enciclopedie nel mondo del digitale<br />
(possibile? Utile?) e trovare una “quadra” sul prezzo degli ebook. Così non doveva<br />
essere semplice la vita per Lazarillo de Tormes che incontriamo nella rubrica “Buona la<br />
prima” o in “Sulla punta della lingua” per un italiano che capisce il dialetto e poco l’italiano<br />
e accende la TV o va a teatro e sente parlare solo italiano. Così sulle rive del Danubio<br />
“L’anima del mondo” si incupisce e il cibo non è più sicuro nelle mani di Agatha<br />
Christie per “Alta cucina”.<br />
Problemi e soluzioni che popolano la letteratura e la scienza in egual misura. Che popolano<br />
il mondo e il nostro tempo. Scoraggiarsi vuol dire non affrontare più questi problemi,<br />
ma questo vuol dire non vivere. Perché allora smettere di vivere quando la fantasia<br />
illuminata della mente può aiutarci a superare ogni ostacolo? Fosse anche una soluzione<br />
diversiva, una soluzione romanzata, ma avremo vissuto e possiamo dire che vivere in un<br />
romanzo non sia meno problematico che vivere nel mondo?<br />
Buoni <strong>PreTesti</strong> a tutti.<br />
Roberto Murgia<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
4<br />
Indice<br />
testi<br />
05-10<br />
Racconto<br />
Seconda vita<br />
di Francesco Fioretti<br />
11-16<br />
Saggio<br />
L’anima dell’esattezza:<br />
Intrecci tra letteratura e<br />
matematica<br />
di Claudio Bartocci<br />
17-20<br />
Anticipazione<br />
Lo spirito del dare per una<br />
nuova democrazia<br />
di Peter Sloterdijk<br />
21-27<br />
Racconto<br />
Il disertore<br />
di Ugo Barbàra<br />
il MoNdo<br />
dell’ebook<br />
28-32<br />
L’Enciclopedia del futuro<br />
non prevede la voce<br />
“carta”<br />
di Daniela De Pasquale<br />
33-35<br />
Battaglia per il<br />
prezzo - e il futuro -<br />
degli ebook<br />
di Roberto Dessì<br />
rubriche<br />
36-38<br />
Buona la prima<br />
Anonimo “Lazarillo<br />
de Tormes” (1554)<br />
di Luca Bisin<br />
39-41<br />
Sulla punta della lingua<br />
<strong>Italia</strong>ni in scena<br />
di Stefania Stefanelli<br />
42-44<br />
Anima del mondo<br />
All’ombra del grande<br />
fiume<br />
di Luca Bisin<br />
45-48<br />
Alta cucina<br />
L’arte “deliziosa”<br />
del delitto<br />
di Fabio Fumagalli<br />
49<br />
Recensioni<br />
50<br />
Appuntamenti<br />
51<br />
Tweets / Bookbugs<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
5<br />
racconto<br />
SECONDA VITA<br />
di Francesco Fioretti<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
6<br />
Vi prego di credermi, anche se a<br />
tutta prima potrebbe sembrarvi<br />
assurdo. Della notte che ha bruciato<br />
la mia vita, per quanti sforzi<br />
abbia fatto dopo e faccia tuttora per far riaffiorare<br />
qualche straccio di ricordo, la mia<br />
memoria ha cancellato proprio tutto. Perché<br />
ero tornato a casa ubriaco fino al midollo,<br />
e forse in discoteca qualcuno del gruppo<br />
mi aveva sciolto una pasticca di non so cosa<br />
in uno dei tanti bicchieri<br />
dei vari superalcolici che<br />
m’ero scolato al bar, uno<br />
dopo l’altro, come fossero<br />
gingerini. Era perché<br />
era finita con Maia e<br />
avevo un gran bisogno<br />
di annichilirmi del tutto<br />
quella notte, di azzerare<br />
nella mente il dolore...<br />
Quello che alla fine ricordavo<br />
era che la mattina<br />
dopo m’ero svegliato<br />
con una terribile emicrania,<br />
seduto sul pavimento<br />
della mia camera matrimoniale, ancora<br />
vestito, e che mia moglie, che non era uscita<br />
con me quella sera, era sul letto tutta nuda<br />
in un lago di sangue. Solo questo posso dire<br />
con certezza, avevo appreso dal telegiornale<br />
d’essere il principale indiziato dell’omicidio<br />
di Raffaella, e in effetti sì, visto che<br />
non ricordavo più nulla, poteva essere benissimo<br />
che fossi io l’assassino. Ai giornalisti<br />
che erano accorsi a intervistarmi avevo<br />
dichiarato che, anche se non sapevo esattamente<br />
come fossero andate le cose, mi sentivo<br />
colpevole, che spesso negli ultimi tempi<br />
avevamo litigato, che avevo anche desiderato<br />
intensamente, in più d’un’occasione,<br />
Solo questo posso<br />
dire con certezza,<br />
avevo appreso dal<br />
telegiornale d’essere<br />
il principale indiziato<br />
dell’omicidio di<br />
raffaella, e in effetti sì,<br />
visto che non ricordavo<br />
più nulla, poteva essere<br />
benissimo che fossi io<br />
l’assassino.<br />
la morte di mia moglie; e che, anche se non<br />
avrei mai immaginato di poter giungere a<br />
tanto, a volte si sa, se si beve molto e chissà<br />
cos’altro s’è ingurgitato a propria insaputa<br />
in discoteca, può succedere qualunque cosa<br />
e non è detto che uno poi se la ricordi. Non<br />
avevo le prove della mia colpevolezza, così<br />
avevo concluso l’intervista, ma mi fidavo<br />
ciecamente degli inquirenti. M’ero sforzato<br />
anche di collaborare il più possibile col<br />
commissario Morelli, un<br />
bel signore distinto, ancora<br />
giovane e molto affabile,<br />
di sicuro avviato<br />
a una brillante carriera.<br />
Non m’importava granché<br />
di finire in galera, a<br />
quel punto, volevo solo<br />
sapere anch’io la verità.<br />
Gli avevo raccontato,<br />
per aiutarlo a chiarire la<br />
faccenda, tutti i possibili<br />
moventi dell’omicidio,<br />
di come eravamo in crisi<br />
da tempo io e Raffaella,<br />
di che carattere dispotico avesse lei e lunatico<br />
io, di come le cose fossero precipitate<br />
alla fine, dopo che avevo perso il lavoro; di<br />
quanto lei mi disprezzasse e io mi ostinassi<br />
per parte mia a non sopportare chi perdeva<br />
il suo tempo a disprezzarmi, con tante cose<br />
più utili e belle che si sarebbero potute fare<br />
nel frattempo. Eravamo sempre sul punto<br />
di lasciarci, senza mai trovare il coraggio<br />
per farlo...<br />
E nella mia deposizione al commissariato<br />
avevo raccontato anche di Maia, per filo<br />
e per segno. Così la chiamavo io, e d’altra<br />
parte non ne conoscevo il vero nome, né<br />
lei il mio. Era il nostro patto. Per lei io ero<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
7<br />
Sisifo, ci chiamavamo ancora con i nickname<br />
del sito di incontri clandestini per gente<br />
sposata su cui c’eravamo conosciuti. Una<br />
volta c’eravamo dati appuntamento in un<br />
bar di M**, poi c’eravamo frequentati per<br />
un anno senza sapere assolutamente nulla<br />
l’uno dell’altra: eravamo Maia e Sisifo, non<br />
parlavamo mai dei nostri coniugi o dei figli,<br />
se ne avevamo, nei pomeriggi andavamo<br />
fuori città a passeggiare in un bosco o a<br />
far l’amore in una casetta di campagna presa<br />
in affitto: all’inizio pagavo io, poi, quando<br />
ero stato licenziato, non potevo più permettermelo<br />
e lei d’altra parte non era più<br />
venuta. Su una sola<br />
cosa mentii al commissario,sull’identikit<br />
di Maia: non<br />
volevo che la rintracciassero<br />
davvero<br />
e che finisse nei guai<br />
col marito per causa<br />
mia. E feci bene.<br />
Indiscrezioni filtrarono<br />
sui giornali e<br />
questa storia dei nickname ebbe anche un<br />
certo successo mediatico, si scatenò una<br />
terrificante caccia a Maia sulla base del falso<br />
identikit, mi obbligarono a una serie infinita<br />
di riconoscimenti, tutti ovviamente<br />
conclusi in un nulla di fatto. Un anchorman<br />
della televisione nazionale, fiutando il potenziale<br />
interattivo della vicenda, ci imbastì<br />
trasmissioni su trasmissioni per un paio<br />
di settimane. Venivano mariti addirittura,<br />
e fidanzati gelosi, a verificare che Maia non<br />
fosse la loro compagna. Se avessi o meno<br />
ucciso mia moglie, sembrava non interessasse<br />
più a nessuno...<br />
Sisifo e Maia, invece, s’erano incontrati per<br />
l’ultima volta proprio la sera prima dell’omicidio.<br />
Gran bel nickname il suo, abbinato<br />
a un bel volto e a un bel corpo di donna. Il<br />
mio non aveva nulla a che vedere col personaggio<br />
mitologico, era solo il più facile<br />
da digitare con due indici, per uno come<br />
me che al computer non è precisamente un<br />
fulmine. Era stato bello così, col nostro patto<br />
di non conoscerci mai, spaventati com’eravamo<br />
entrambi dalla noia. Eravamo gli<br />
avatar di due esseri smarriti, avevamo deciso<br />
di poterci inventare qualsiasi identità,<br />
di raccontarci soltanto un passato di fantasia,<br />
di essere sempre, l’uno per l’altra, ciò<br />
che desideravamo<br />
essere, più che ciò<br />
che eravamo davvero.<br />
Sarebbe stata<br />
la nostra terapia per<br />
guarire dalla banalità<br />
della vita...<br />
Ma quella sera era<br />
venuta a dirmi che<br />
l’incanto era rotto,<br />
che la realtà aveva<br />
ripreso il sopravvento. Era incinta, non capii<br />
subito il suo discorso, la cui sintassi era<br />
esplosa, locupletata d’anacoluti e singhiozzi.<br />
Aveva deciso di riamare suo marito, che<br />
sarebbe stato il padre del neonato. Che era<br />
un uomo straordinario, di saldi princìpi e<br />
di sani valori morali, che sarebbe stato un<br />
ottimo padre, che aveva molto da dare a un<br />
bambino, che lei si sentiva anche in colpa<br />
per averlo tradito. E poi, chiunque fosse il<br />
vero padre, non poteva certo far crescere<br />
il figlio col personaggio di quella specie di<br />
romanzo che c’eravamo costruito: il bambino<br />
avrebbe dovuto vivere nella realtà, questa<br />
era l’unica cosa di cui era sicura. Aveva<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
8<br />
deciso così. Lasciò la stanza d’albergo del<br />
nostro ultimo incontro senza salutare, correndo<br />
via in lacrime. Mi piantò lì da solo,<br />
frastornato, in un silenzio agghiacciante.<br />
Poi, dopo il fattaccio, probabilmente conobbe<br />
tutto di me dai giornali e dalla tivvù.<br />
E circa un anno dopo mi spedì quei fogli<br />
che decifrai a fatica, con l’aiuto di un amico<br />
medico: erano le fotocopie delle analisi del<br />
DNA di suo marito e del bimbo, da cui risultava<br />
che questi non era figlio del padre<br />
ufficiale. I nomi però erano stati raschiati<br />
via sull’originale, sostituiti ad ogni occorrenza<br />
dalle voci MARITO e FIGLIO scrit-<br />
te a mano. Così non riuscii mai più a rintracciarla.<br />
Non mi diede alcuna possibilità<br />
di abbracciare quello che, dunque, doveva<br />
essere il mio bambino. D’altra parte allora<br />
mi dissi che era meglio così, ero senza<br />
soldi e m’ero deciso a vendere la casa. Ora<br />
vivo nella stanza messa a mia disposizione<br />
dall’albergo di cui sono il portiere di notte,<br />
e mi nutro degli avanzi del ristorante annesso.<br />
Ho vissuto per poco più d’un mese radicato<br />
nella convinzione d’aver ucciso Raffaella.<br />
Mi sentivo in colpa, forse per averla tradita,<br />
ma d’averla tradita, in realtà, non m’ero<br />
mai sentito in colpa. Allora forse fu perché<br />
negli ultimi tempi eravamo così arroccati a<br />
difenderci l’uno dalle accuse dell’altra, così<br />
ostinati a scaricarci reciprocamente addos-<br />
so le responsabilità del nostro fallimento,<br />
che, quando poi all’improvviso m’ero ritrovato<br />
solo con me stesso, ero rimasto anche<br />
da solo a fare i conti con tutto il peso della<br />
colpa di entrambi. E così finivo per identificarmi<br />
in tutte le occhiate di disprezzo della<br />
gente che incontravo all’uscita del commissariato.<br />
Ma poi un giorno Morelli mi convocò<br />
nel suo ufficio e mi disse che la scientifica<br />
aveva reso pubblici i risultati delle proprie<br />
indagini, ed era venuto fuori che Raffaella<br />
aveva un amante che aveva passato quella<br />
notte con lei, che c’erano tracce di seme e<br />
DNA altrui dentro e fuori di lei, e capelli di<br />
Sono passati quindici anni, la mia vita non è più cambiata.<br />
Faccio il portiere di notte in un alberghetto a cui mi sono<br />
affezionato molto perché pare la metafora della mia stessa<br />
esistenza: ha conosciuto altri fasti, ogni tre anni perde una<br />
stella, e gliene son rimaste appena due.<br />
un altro nelle sue unghie: impronte di ignoto<br />
sul coltello che le aveva scavato il cuore.<br />
Il colpevole era sicuramente un altro, mi<br />
disse il commissario, mi prese il polso con<br />
una stretta rassicurante: «Vedrà», concluse,<br />
«lo troveremo quel criminale. Prima o<br />
poi, stia tranquillo, lo acciufferemo: abbia<br />
fede nella giustizia...». Così seppi tutto in<br />
un istante: che mia moglie a sua volta mi<br />
tradiva, e che aveva una relazione segreta<br />
col suo futuro assassino.<br />
Continuai comunque a sentirmi in colpa,<br />
sia pure per altri motivi...<br />
Invece non l’hanno mai acciuffato, ovviamente,<br />
quel criminale. Sono passati quindici<br />
anni, la mia vita non è più cambiata.<br />
Faccio il portiere di notte in un alberghetto<br />
a cui mi sono affezionato molto perché<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
9<br />
pare la metafora della mia stessa esistenza:<br />
ha conosciuto altri fasti, ogni tre anni perde<br />
una stella, e gliene son rimaste appena<br />
due. Ne può ancora perdere una e basta: et<br />
sic ego. Alla reception, di notte, mi leggo romanzi<br />
gialli, penso a mia moglie, a Maia,<br />
al mio bambino. Almeno una volta però<br />
l’ho visto, aveva dieci anni, e adesso saprei<br />
anche come rintracciarlo. Ero in centro a<br />
fare shopping poco prima di Natale, la vidi<br />
uscire con lui da una profumeria. Maia si<br />
voltò subito dall’altra parte per evitare che<br />
la salutassi, ma io ero rimasto incantato a<br />
guardare il bel fanciullo che doveva essere<br />
mio figlio, per un istante i nostri sguardi<br />
s’erano incrociati e parve quasi che ci fossimo<br />
riconosciuti, che anche lui avesse intuito<br />
chi ero.<br />
Un attimo dopo uscì dalla profumeria il<br />
commissario Morelli, mi riconobbe, mi salutò.<br />
«Purtroppo non siamo mai riusciti a identificarlo,<br />
l’assassino di sua moglie», mi ripeté,<br />
quasi a riprendere un discorso lasciato a<br />
mezzo tanti anni prima.<br />
«Già», risposi, ma ormai a che sarebbe servito?<br />
«Mi inquieta ancora», aggiunse, «è rimasto<br />
l’unico caso irrisolto della mia carriera».<br />
Ah già, la sua carriera, sarebbe stata l’ultima<br />
cosa cui sarei andato a pensare...<br />
Mi presentò allora sua moglie Livia e suo<br />
figlio Andrea. Maia riuscì a non tradire la<br />
minima emozione quando mi strinse la<br />
mano e mi disse «piacere».<br />
«Il piacere è tutto mio», o almeno lo è stato<br />
per un po’ di tempo. E rimasi a guardarli<br />
mentre si allontanavano sulla via gremita<br />
di gente e luminarie. Poi sarebbe finita lì:<br />
mi dissi che erano proprio una bella coppia,<br />
che sembravano molto affiatati, che se<br />
lei aveva deciso così bisognava fidarsi, l’istinto<br />
delle madri è infallibile, mio figlio era<br />
proprio un bambino fortunato, io di sicuro<br />
non avrei potuto dargli di meglio. E la penserei<br />
ancora così, mi sarei messo da tempo<br />
l’animo in pace, se una volta, preso da chissà<br />
che demone, non avessi confrontato per<br />
pretesti|<br />
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10<br />
curiosità le due analisi del DNA che per<br />
caso avevo conservato, quelle dell’amante<br />
assassino di mia moglie con quelle del marito<br />
di Maia, o forse dovrei dire<br />
di Livia, e non avessi scoperto<br />
che erano la stessa persona.<br />
Era stato lui, sì, il commissario<br />
Morelli, quell’«uomo straordinario,<br />
di saldi princìpi e di sani<br />
valori morali... che sarà un ottimo<br />
padre, che ha molto da dare<br />
a un bambino...».<br />
Da allora ogni tanto, nelle notti<br />
d’inverno in cui non c’è un<br />
cliente e si ha tutto il tempo per<br />
pensare, qualche dubbio ancora<br />
mi viene: che la realtà sia a<br />
volte più falsa del romanzo che<br />
io e Maia c’eravamo costruito,<br />
che gli avatar possono essere più autentici<br />
delle persone reali. E che io e Raffaella<br />
c’eravamo perduti appunto nel momento<br />
in cui c’eravamo identificati troppo con la<br />
banalità delle nostre vite, con il sussidio di<br />
disoccupazione, le rate del mutuo, le bollette<br />
da pagare... Adesso che non c’è più ho<br />
ripreso persino ad amarla, ci parlo nei sogni<br />
o nella mia testa per strada<br />
quando vado a passeggio. Le<br />
chiedo scusa per tutto l’orgoglio<br />
che, allora, non ero mai riuscito<br />
a smussare. Il suo, il mio<br />
orgoglio, di animali feriti... Lei<br />
adesso cammina al mio fianco<br />
e finalmente si fida, non siamo<br />
mai stati così bene insieme come<br />
ora in questa specie di seconda<br />
vita, quando il peso della colpa<br />
s’è come disperso nell’aria<br />
e tutto è diventato più leggero.<br />
Lo so che è una vita fasulla, un<br />
surrogato della fantasia, ma<br />
che importa? La parte più vera<br />
e interessante della realtà, l’ho capito troppo<br />
tardi, è proprio quella che non si vede...<br />
Adesso, quando sono in giro con lei nel<br />
cuore, a volte quasi me lo dimentico, che il<br />
padre di mio figlio è il suo assassino.<br />
Francesco Fioretti è nato a Lanciano, in Abruzzo, nel 1960. È siciliano<br />
e apulotoscano d’origine, si è laureato in Lettere a Firenze<br />
e ha insegnato in Lombardia e nelle Marche. Attualmente approfondisce<br />
gli studi danteschi presso l’Università di Eichstätt<br />
in Germania. Ha pubblicato saggi critici e antologie scolastiche.<br />
Nel 2011 ha pubblicato con Newton Compton il suo romanzo d’esordio,<br />
Il libro segreto di Dante, disponibile in ebook da cubolibri.<br />
È in uscita il 17 maggio di quest’anno sempre per Newton<br />
Compton il suo nuovo romanzo Il quadro segreto di Caravaggio.<br />
Disponibile su www. cubolibri.it<br />
Il nuovo romanzo di Francesco<br />
Fioretti, Il quadro segreto di Caravaggio,<br />
in uscita presso Newton<br />
Compton il 17 maggio<br />
Francesco Fioretti<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
11<br />
L’ANIMA<br />
DELL’ESATTEZZA:<br />
Saggio<br />
INTRECCI TRA<br />
LETTERATURA E<br />
MATEMATICA<br />
di Claudio Bartocci
La letteratura centra l’attenzione<br />
sull’uomo. La matematica, invece,<br />
sembra occuparsi di un mondo, se<br />
non inumano, almeno non umano.<br />
È dunque quantomeno sorprendente<br />
che queste due attività del pensiero possano<br />
avere connessioni di qualunque genere.<br />
Al contrario, si constata che esse sono legate<br />
da una fitta, seppure<br />
impalpabile, rete di<br />
echi, rimandi e corrispondenze.<br />
Il dialogo tra matematica<br />
e letteratura – anche<br />
se ha origini indubbiamente<br />
ben più remote<br />
– si è fatto intenso e<br />
serrato soprattutto nel<br />
corso degli ultimi centocinquant’anni.<br />
Intorno alla metà dell’Ottocento,<br />
in effetti, la matematica attraversa una<br />
12<br />
fase di rapida e tumultuosa evoluzione, subendo<br />
una serie di profonde trasformazioni:<br />
la creazione delle geometrie non euclidee, la<br />
nascita dell’algebra astratta, gli sviluppi nel<br />
campo dell’analisi reale e complessa sollevano<br />
questioni non solo tecniche ma anche<br />
filosofiche e, in alcuni casi, danno luogo a dibattiti<br />
che non rimangono limitati alla ristretta<br />
cerchia degli specialisti. Il nuovo e vasto<br />
mondo di idee e di forme astratte che scaturisce,<br />
quasi per magia, dalle ricerche dei matematici<br />
esercita un fascino potente, seppur<br />
il più delle volte mediato e sotterraneo, su<br />
quanti – artisti, musicisti, pensatori, scrittori<br />
– la osservano dall’esterno, con lo stupore<br />
del profano o l’ammirazione del cultore avvertito.<br />
Per quanto riguarda specificamente<br />
la letteratura, non<br />
è difficile individuare<br />
una schiera tutt’altro<br />
che esigua di autori<br />
che nulla accomuna<br />
l’uno all’altro, se non<br />
il fatto che nelle loro<br />
opere, con frequenza e<br />
in misura maggiore o<br />
minore, affiorano nozioni<br />
o strutture matematiche,<br />
fanno capolino riferimenti a spazi<br />
a quattro dimensioni, alle sottigliezze della<br />
Il nuovo e vasto mondo di idee e di forme astratte che<br />
scaturisce, quasi per magia, dalle ricerche dei matematici<br />
esercita un fascino potente, seppur il più delle volte<br />
mediato e sotterraneo, su quanti – artisti, musicisti,<br />
pensatori, scrittori – la osservano dall’esterno, con lo<br />
stupore del profano o l’ammirazione del cultore avvertito.<br />
logica o ai misteri della teoria dei numeri,<br />
balenano metafore concepite sulla base di<br />
concetti tratti dall’algebra o dall’analisi.<br />
Il reverendo Charles Lutwidge Dodgson –<br />
meglio noto con lo pseudonimo di Lewis<br />
Carroll –, lecturer di matematica al Christ<br />
Church College di Oxford, trasfigura le proprie<br />
competenze di logica nelle mirabolanti<br />
invenzioni di Alice’s Adventures in Wonder-<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
13<br />
land, Through the Looking-Glass, The Hunting<br />
of the Snark, Sylvie and Bruno. Isidore Ducasse,<br />
Comte de Lautréamont, nei suoi Chants<br />
de Maldoror, inneggia alle «mathématiques<br />
sévères» e al contempo «saintes»:<br />
Arithmétique! algèbre! géométrie! trinité<br />
grandiose! triangle lumineux! […] vous, ô<br />
mathématiques concises, par l’enchaînement<br />
rigoureux de vos propositions tenaces et la<br />
constance de vos lois de fer, vous faites luire,<br />
aux yeux éblouis, un reflet puissant de cette<br />
vérité suprême dont on remarque l’empreinte<br />
dans l’ordre de l’univers (Aritmetica! algebra!<br />
geometria! triangolo luminoso! [...]<br />
voi, matematiche concise, con il concatenamento<br />
rigoroso delle vostre proposizioni<br />
tenaci e la costanza delle vostre<br />
leggi di ferro, voi fate brillare, agli occhi<br />
abbagliati, un riflesso intenso di quella<br />
verità suprema la cui impronta si osserva<br />
nell’ordine dell’universo)<br />
I nuovi universi geometrici creati dai grandi<br />
matematici dell’Ottocento e la possibilità<br />
di immaginare spazi a più di tre dimensioni<br />
ispirano Flatland, l’utopia teologica di<br />
Edwin Abbott Abbott, i visionari «scientific<br />
romances» di Charles Hinton e il viaggio nel<br />
tempo di Herbert G. Wells. Non solo: in un<br />
celebre brano nella seconda parte dei Fratelli<br />
Karamazov, Ivan, l’eroe-scienziato, argomenta<br />
sottilmente, dialogando con Alëša, che la<br />
possibilità stessa di una geometria che vìola<br />
il postulato delle parallele solleva l’ombra<br />
del dubbio sull’esistenza di Dio, la cui opera<br />
è – deve essere – indefettibilmente euclidea.<br />
Per Paul Valéry – dopo la palingenesi spirituale<br />
della «nuit de Gênes» (ottobre 1892) –<br />
l’ideale della poesia arriva a coincidere con<br />
Lewis Carrol<br />
l’ideale della matematica: di Mallarmé, per<br />
esempio, scrive che «ha considerato la letteratura<br />
come nessuno aveva mai fatto», «con<br />
una profondità, un rigore, una sorta di istinto<br />
di generalizzazione» che lo ravvicinano «a<br />
quei geometri moderni che hanno ricostruito<br />
le fondamenta della scienza e le hanno<br />
dato una estensione e un potere nuovi, come<br />
risultato di un’analisi via via più fine delle<br />
sue idee fondamentali e delle sue convenzioni<br />
essenziali». Nella labirintica officina<br />
dei Cahiers, che abbracciano cinquant’anni<br />
di solitaria meditazione, il «poeta del rigore<br />
impassibile della mente» (così lo definirà<br />
Calvino) dissemina centinaia e centinaia di<br />
osservazioni dedicate alla matematica, e i<br />
modelli che si prefigge di seguire non sono<br />
tanto i letterati o i filosofi, quanto Riemann,<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
14<br />
Poincaré, Enriques, Élie Cartan, Émile Borel,<br />
oppure «les fortes têtes de la physique»,<br />
Planck, Einstein, Langevin, Lorentz. Convinto<br />
che soltanto il rigore garantisca una «libertà<br />
positiva», Valéry considera la matematica<br />
(che è «esercizio, e paragonabile alla danza»)<br />
come «il modello dell’arbitrario», e la definisce<br />
«un’arte delle idee, un’arte dell’ordine<br />
delle idee, o della pluralità delle idee […]».<br />
Seguace appassionato di Valéry e di Lautréamont,<br />
Leonardo Sinisgalli è iniziato ai<br />
misteri della matematica nel corso dei suoi<br />
studi di ingegneria all’Università di Roma,<br />
dal 1925 al 1931, dove assiste alle lezioni di<br />
grandi scienziati quali Tullio Levi-Civita,<br />
Francesco Severi e Guido Castelnuovo. Nel<br />
Quaderno di geometria – un «lungo discorso<br />
sul “senso della misura e della posizione”»<br />
che costituisce la parte iniziale di Furor mathematicus<br />
– si affastellano idee disparate,<br />
parafrasi di «celebri testi», digressioni e divagazioni,<br />
che tracciano la mappa dei temi<br />
fondamentali della riflessione sinisgalliana<br />
negli scritti successivi: la geometria come<br />
«grafia dell’invisibile, ottica trascendentale»,<br />
il labirinto del continuo da Cavalieri «alter<br />
Archimedes» a Cantor «legislatore dell’infinito»,<br />
i numeri immaginari, il moto delle<br />
macchine e il mito di Leonardo.<br />
Avendo alle spalle solidi studi di ingegneria,<br />
psicologia e filosofia, e mantenendosi costantemente<br />
aggiornato sugli sviluppi della<br />
logica e della teoria degli insiemi, come anche<br />
sulle nuove teorie fisiche, Robert Musil<br />
definisce la matematica «un’ostentazione di<br />
audacia della pura ratio; uno dei pochi lussi<br />
oggi ancora possibili». Essa rappresenta non<br />
soltanto un antidoto contro lo sterile nichilismo<br />
del pensiero, una regola di igiene contro<br />
il dilagante kitsch della cattiva letteratura<br />
(«dopo aver letto di seguito due romanzi tedeschi,<br />
dobbiamo risolvere un integrale per<br />
dimagrire»), ma diventa – già nei Turbamenti<br />
del giovane Törless – strumento privilegiato di<br />
indagine critica e, nello stesso tempo, metafora<br />
di un sapere altro, quasi un ponte senza<br />
arcate sospeso sull’abisso (come si legge nel<br />
celebre passo sulla strana «faccenda dei numeri<br />
immaginari»). Studiando «quei problemi<br />
matematici che non ammettono una soluzione<br />
generale, bensì solo soluzioni parziali,<br />
combinando le quali ci si avvicina a quella<br />
generale», e attraverso il «disincantamento<br />
statistico», Urlich, l’«uomo senza qualità»,<br />
tenta di ricomporre il dissidio tra «anima ed<br />
esattezza», di sanare la frattura tra Dichtung<br />
e Erkenntnis. Anche nell’opera di Hermann<br />
Broch – autore diviso, come Musil, tra scienza<br />
e poesia – sono matematici sia il protagonista<br />
del romanzo L’incognita sia il meschino<br />
personaggio di Zacharias negli Incolpevoli, il<br />
quale, insegnando ai suoi allievi che la matematica<br />
si riduce soltanto a una noiosa collezione<br />
di esercizi da svolgere, distrugge così<br />
quell’impulso problematico che è il cuore<br />
pulsante e il fondamento della disciplina.<br />
In «quella straordinaria e indefinibile zona<br />
dell’immaginazione da cui sono uscite le<br />
opere di Lewis Carroll, di Queneau, di Borges»<br />
e – aggiungendo l’autore stesso della<br />
citazione appena riportata – di Calvino, le<br />
idee della matematica possono diventare<br />
un ausilio prezioso per inventare universi<br />
paralleli, per demistificare la realtà, per<br />
esplorare le modalità di un «nuovo rapporto<br />
tra la leggerezza fantomatica delle idee e<br />
la pesantezza del mondo». In compagnia di<br />
Queneau – autore, accanto ai testi più noti,<br />
del testo programmatico Fondaments de la littérature<br />
d’après David Hilbert – e di Calvino,<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
15<br />
intenti a esplorare le potenzialità della letteratura<br />
a partire dal principio della «contrainte»<br />
(«vincolo»), incontriamo gli allegri sodali<br />
dell’Oulipo (Ouvroir de Littérature Potentielle):<br />
François Le Lionnais, il matematico<br />
Claude Berge, Harry Mathews, Jacques Roubaud,<br />
Georges Perec, nei loro testi fanno uso<br />
copioso di strutture algebriche, numeriche e<br />
combinatorie. Esempi paradigmatici dell’uso<br />
della matematica come strumento e regola<br />
di «composizione» sono i Cent mille milliards<br />
de poèmes di Queneau e La vie mode d’emploi<br />
di Perec, iper-romanzo costruito sulla griglia<br />
di un biquadrato latino ortogonale di ordine<br />
10, la cui esistenza, negata da Eulero, era stata<br />
dimostrata nel 1959 dai matematici R.C.<br />
Bose e S.S. Shrikhande.<br />
Suggestioni o reminiscenze matematiche si<br />
possono ritrovare nelle opere di una variegata<br />
costellazione di scrittori del Novecento tra<br />
loro diversissimi, ma tutti più o meno gravemente<br />
contagiati dallo stesso virus: Leo<br />
Perutz, Hermann Broch, Gadda, Max Frisch,<br />
Enzensberger, Don DeLillo (pensiamo al<br />
romanzo La stella di Ratner), Apostolos Doxiadis<br />
e, soprattutto, David Foster Wallace.<br />
Sarebbe tuttavia affrettato concludere che i<br />
rapporti tra letteratura e matematica siano limitati<br />
a una schiera eletta, ma numericamente<br />
limitata di autori, e proprio per questo, se<br />
non eccezionali, quantomeno incidentali. Si<br />
potrebbe, al contrario, argomentare a favore<br />
di una più profonda affinità tra queste due<br />
attività dell’intelligenza umana, una prossimità<br />
che è non solo dettata dalle forze più<br />
vitali interne alla cultura del nostro tempo,<br />
ma consegue anche da alcune caratteristiche<br />
di fondo che le accomunano. In effetti, entrambe<br />
sono attività di «finzione» che consistono<br />
principalmente nell’invenzione di<br />
mondi possibili. «Ogni poema ben inventato<br />
– osservava già a metà del Settecento Johann<br />
Jakob Breitinger – va letto come una storia<br />
in un altro mondo possibile» e Umberto Eco<br />
precisa: «La regola fondamentale per affrontare<br />
un testo narrativo è che il lettore accetti,<br />
tacitamente, un patto finzionale con l’autore,<br />
quello che Coleridge chiamava la “sospensione<br />
dell’incredulità”». A prima vista le cose<br />
sembrerebbero andare diversamente per<br />
la matematica: non è questa forse il campo<br />
in cui è bandita ogni libertà di invenzione,<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
16<br />
il regno della logica indefettibile? In realtà,<br />
scrive David Hilbert in una lettera a Frege,<br />
«ogni teoria [matematica] è solo un telaio,<br />
uno schema di concetti unitamente alle loro<br />
mutue relazioni necessarie, e […] gli elementi<br />
fondamentali possono venir pensati in<br />
modo arbitrario». In accordo a questo punto<br />
di vista, la matematica, in quanto studio non<br />
di oggetti ma di relazioni tra oggetti (come<br />
suggerisce Poincaré), diventa dunque «il<br />
modello dell’arbitrario»: gli assiomi e le definizioni<br />
non sono iscritti ab aeterno in qualche<br />
empireo ultramondano, ma sono il frutto di<br />
libere scelte non assoggettate ad altro vincolo<br />
se non a quello della coerenza interna del<br />
sistema e, in particolare, non condizionate<br />
Claudio Bartocci<br />
(se non accidentalmente) dalla «realtà» del<br />
mondo fisico. In altre parole, le teorie matematiche<br />
rappresentano universi finzionali, i<br />
quali non sono fondamentalmente dissimili<br />
da quelli, complessi e articolati, dei grandi<br />
romanzi del Novecento, quali ad esempio<br />
la Ricerca del tempo perduto, Il processo o l’Ulisse,<br />
o da quelli, in scala ridotta ma strutturati<br />
con ferreo rigore, dei racconti di Borges.<br />
Tanto la matematica, quanto la letteratura,<br />
sebbene con linguaggi differenti, offrono<br />
strumenti per indagare la realtà e per inventare<br />
altre modalità dell’esistere, per affinare<br />
l’intelligenza e per sbrigliare l’immaginazione,<br />
per imporre vincoli e per dischiudere<br />
nuovi spazi di libertà.<br />
Le teorie matematiche rappresentano universi<br />
finzionali, i quali non sono fondamentalmente<br />
dissimili da quelli, complessi e articolati, dei<br />
grandi romanzi del Novecento.<br />
Claudio Bartocci (Roma 1962) insegna fisica matematica e storia della matematica<br />
all’Università di Genova. È autore di oltre quaranta articoli su riviste specialistiche<br />
(soprattutto nei settori della fisica matematica e della geometria algebrica e<br />
differenziale), di due monografie di ricerca, nonché di numerosi saggi sulla<br />
storia del pensiero matematico, sui rapporti tra letteratura e matematica e su<br />
varie questioni di filosofia della scienza. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Una<br />
piramide di problemi. Storie di geometria da Gauss a Hilbert (Raffaello Cortina, 2012);<br />
New Trends in Geometry: Their Role in the Natural and Life Sciences (co-editor con L.<br />
Boi e C. Sinigaglia, Imperial College Press, London 2011); Fourier-Mukai and Nahm<br />
Transforms in Geometry and Mathematical Physics (con U. Bruzzo e D. Hernåndez<br />
Ruipérez, Birkhäuser, Boston 2009), Vite matematiche (co-editor con R. Betti, A.<br />
Guerraggio, R. Lucchetti, Springer, Milano 2007; trad. inglese Mathematical Lifes,<br />
Springer, Berlin-Heidelberg 2010); Racconti matematici (Einaudi, Torino 2006). Ha<br />
diretto con P. Odifreddi i quattro volumi de La matematica (Einaudi 2007-2011).<br />
Collabora al supplemento culturale del quotidiano «Il Sole 24 Ore».<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
anticipazione<br />
LO SPIRITO<br />
DEL DARE PER<br />
UNA NUOVA<br />
DEMOCRAZIA<br />
ripensare le tasse nell’età della crisi<br />
di Peter Sloterdjik<br />
Pubblichiamo, in esclusiva per i lettori di <strong>PreTesti</strong>, alcuni brani tratti dal libro La mano<br />
che prende e la mano che dà (Raffaello Cortina Editore) di Peter Sloterdijk, in libreria<br />
dal 9 maggio.
18<br />
Quello di cui si sente davvero la<br />
mancanza, nella situazione attuale,<br />
è lo sforzo di rifondare<br />
le transazioni fiscali tra la società<br />
che dà e il fisco che prende a partire<br />
dallo spirito dell’alleanza democratica tra i<br />
cittadini. Si percepisce<br />
chiaramente questa<br />
dimensione carente<br />
quando, per un motivo<br />
qualsiasi, ci si risveglia<br />
dal sonno dogmatico<br />
rispetto alle<br />
questioni fiscali e ci si<br />
prende la briga di interrogare,<br />
con riguardo<br />
ai suoi fondamenti<br />
e alle sue giustificazioni,<br />
il blocco di ovvietà<br />
sul quale poggia l’attuale<br />
fiscalità. Chi si<br />
dedicherà a un’indagine<br />
del genere noterà<br />
con crescente stupore<br />
che, nell’attività attuale,<br />
non v’è traccia di<br />
approcci tesi a elaborare<br />
una rifondazione<br />
del sistema delle finanze pubbliche a partire<br />
dalla società civile come soggetto che dà.<br />
Non appena si inizia a parlare di tasse – anche<br />
oggi, come sempre in passato – si prende<br />
unilateralmente avvio, senza ulteriori<br />
indugi, dal fabbisogno dello Stato, presupponendo<br />
dogmaticamente la sua legittimazione<br />
a prendere. Nel sistema fiscale degli<br />
Stati moderni (esclusi forse alcuni Cantoni<br />
della primitiva democrazia svizzera) sopravvive,<br />
senza essere visto, l’assolutismo.<br />
L’orecchio delle autorità fiscali non ha mai<br />
Nel sistema fiscale degli<br />
Stati moderni sopravvive,<br />
senza essere visto,<br />
l’assolutismo. L’orecchio<br />
delle autorità fiscali non<br />
ha mai udito il principio<br />
secondo il quale tutto il<br />
potere deriva dal popolo.<br />
udito il principio secondo il quale tutto il<br />
potere deriva dal popolo. La verità occulta<br />
del sistema fiscale dominante è piuttosto<br />
la seguente: tutto il potere deriva dal fisco.<br />
Giacché sovrano è chi decide l’esecuzione<br />
forzosa – ossia chi decide sul caso di emergenza<br />
rappresentato<br />
dal debito fiscale dovuto<br />
allo Stato –, il fisco<br />
è il vero sovrano<br />
della società moderna.<br />
Fino a questo momento,<br />
concetti quali “sovranità<br />
popolare” o<br />
“potere dei cittadini”<br />
non sono ancora penetrati<br />
in questa sfe-<br />
ra. Perfino l’idea di un<br />
controllo supplementare<br />
del fisco da parte<br />
dei cittadini poggia<br />
sempre su un terreno<br />
instabile. Certo, noi<br />
valutiamo positivamente<br />
l’Associazione<br />
dei contribuenti, cui<br />
spettano meriti immensi,<br />
dato che, anno<br />
per anno, fa i conti in tasca agli organi statali<br />
nel momento in cui decidono come spendere<br />
le risorse e, abbastanza spesso, scopre<br />
che sono tasche bucate, dalle quali il denaro<br />
pubblico – che per i suoi amministratori<br />
sembra essere denaro di nessuno – finisce<br />
per essere sprecato. Lodevole è anche l’attività<br />
della Corte dei conti a livello federale<br />
e a livello dei singoli Länder, che a modo<br />
suo contribuisce a ridurre a più miti consigli<br />
le follie dei politici e l’arbitrio dei burocrati.<br />
Purtroppo, accanto all’Associazione<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
19<br />
dei contribuenti e alle Corti dei conti non<br />
esiste alcuna “Associazione dei benefattori<br />
a favore dello Stato” né alcun “Parlamento<br />
dei donatori”. Questi organismi virtuali<br />
dovrebbero interessarsi alle attività della<br />
mano pubblica, ma dal versante di quelle<br />
“entrate” che, in realtà, in quanto tali rappresentano<br />
pur sempre mal compresi doni<br />
dei cittadini allo Stato, benché dagli esperti<br />
in materia continuino a essere testardamente<br />
interpretati come debiti dei cittadini<br />
nei confronti del fisco. A tali istituzioni<br />
spetterebbe il compito, decisivo sul piano<br />
psicopolitico, di de-automatizzare il paga-<br />
mento delle tasse e sottrarlo così all’ambito<br />
della muta sopportazione. Il loro obiettivo<br />
dovrebbe essere quello di rendere il grande<br />
versamento nelle casse dello Stato ciò che in<br />
una società democratica de facto è concepito<br />
– e come tale, in definitiva, dovrebbe essere<br />
giustamente e coram publico sempre concepito<br />
– non come tributo dei sottoposti a un<br />
potere sempre vittorioso e nemmeno come<br />
debito stabilito unilateralmente, e con nebulose<br />
formule giuridiche, che i sudditi devono<br />
pagare al Leviatano, bensì come dono<br />
attivo a vantaggio della collettività, offerto<br />
con cognizione di causa e volontà di contribuire.<br />
***<br />
In una democrazia che si opponga alle proprie<br />
tendenze verso l’inerzia e la meccanizzazione,<br />
l’atto di donare a scopi sovraperso-<br />
nali cesserebbe col tempo di essere soltanto<br />
un capriccio morale privato, che alcuni coltivano<br />
e altri no. In una società rimodellata<br />
dallo spirito del dare, il gesto della beneficenza<br />
diventerebbe sempre più comune,<br />
apportando alla fiscalità pubblica gran parte<br />
di ciò che oggi le serve per consolidarsi.<br />
La donazione a vantaggio del bene comune<br />
potrebbe dunque trasformarsi, nel tempo,<br />
in un habitus psicopolitico consolidato,<br />
impregnando le popolazioni democratiche<br />
come una seconda natura e operando una<br />
conversione globale delle collettività nel<br />
senso dell’empatia e della solidarietà ma-<br />
in una società rimodellata dallo spirito del dare, il gesto<br />
della beneficenza diventerebbe sempre più comune,<br />
apportando alla fiscalità pubblica gran parte di ciò che oggi<br />
le serve per consolidarsi.<br />
terializzata. Il nuovo habitus originato dalla<br />
cultura del dare potrebbe liberare in misura<br />
crescente le energie necessarie a superare<br />
gli indegni relitti della cleptocrazia statale<br />
di matrice tardoassolutistica e la loro prosecuzione<br />
nella logica della contro-espropriazione,<br />
profondamente radicata nella<br />
Sinistra classica.<br />
Già oggi, forse, clausole compromissorie<br />
molto modeste apporterebbero cambiamenti<br />
drastici nel comportamento con cui<br />
i cittadini danno. Piccole variazioni del diritto<br />
tributario potrebbero modificare in<br />
maniera decisiva il tono morale della collettività:<br />
non appena si concedesse ai cittadini<br />
la libertà di impegnare una parte del<br />
carico fiscale fin lì sopportato – fosse anche,<br />
inizialmente, una piccola percentuale del<br />
“debito” fiscale – sotto forma di donazione<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
20<br />
a un destinatario liberamente scelto, molto<br />
probabilmente essi verrebbero ridestati,<br />
dal punto di vista psicologico, dalla rigidità<br />
della loro sopportazione fiscale, per non<br />
parlare dei gretti riflessi all’evasione fiscale,<br />
intorno ai quali è costruito tutto il nostro<br />
sistema di finanza pubblica, pervertito<br />
da incentivi sbagliati. Questo effetto non<br />
va confuso con la “detrazione” delle donazioni<br />
nella dichiarazione dei redditi, operazione<br />
già oggi consentita. Un segmento<br />
nuovo e generalizzato della fiscalità obbligatoria<br />
dedicato alle donazioni significherebbe<br />
che la beneficenza non rappresenta<br />
più il capriccio privato di singoli individui<br />
altamente motivati. Indirizzare a istanze liberamente<br />
scelte e rilevanti per la collettività<br />
determinati importi tratti dal proprio<br />
cumulo fiscale diventerebbe un diritto garantito<br />
a tutti i contribuenti attivi. Lo ripeto<br />
ancora una volta: non si tratta di diminuire<br />
le tasse a vantaggio di avari benestanti che<br />
hanno voltato le spalle al bene comune, ma<br />
di intensificare e rivitalizzare sul piano etico<br />
le tasse in quanto doni del cittadino alla<br />
collettività. Senza dubbio, i maggiori benefici<br />
andrebbero in primo luogo al sistema<br />
educativo, di cui i politici di tutti i partiti<br />
riconoscono la priorità alla domenica, per<br />
poi lasciarlo a se stesso, con i suoi difetti<br />
cronici, nei restanti giorni della settimana.<br />
Esonerati dalla necessità di dare a favore<br />
di un obiettivo imposto, i cittadini non si<br />
lascerebbero assolutamente sfuggire la possibilità<br />
di effettuare gli investimenti necessari<br />
nel campo dell’educazione, in quanto<br />
garante del futuro della collettività.<br />
Peter Sloterdjik<br />
Peter Sloterdjik, nato a Karlsruhe nel 1947, filosofo e saggista, insegna<br />
filosofia ed estetica alla Staatliche Hochschule für Gestaltung<br />
di Karslruhe, della quale è anche rettore. La sua Critica della ragione<br />
cinica, pubblicata in Germania nel 1983, ottiene uno straordinario<br />
successo di pubblico e di critica, imponendolo all’attenzione come<br />
una delle voci più originali e significative della scena filosofica contemporanea.<br />
Tra i suoi volumi apparsi in <strong>Italia</strong> ricordiamo: Il furore<br />
di Dio. Sul conflitto dei tre monoteismi (Raffaello Cortina, 2008), Devi<br />
cambiare la tua vita (Raffaello Cortina, 2010), Stato di morte apparente.<br />
Filosofia e scienza come esercizio (Raffaello Cortina, 2011).<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
Il disertore<br />
di Ugo Barbàra<br />
èda quando sono nato che mi porto<br />
dietro la guerra. Mia madre dice<br />
che non è così, che quando sono<br />
venuto al mondo la guerra non c’era<br />
e che non me ne ricordo solo perché ero<br />
troppo piccolo. Anche mio fratello, che è più<br />
grande, dice che un tempo non era così, che<br />
non piovevano bombe in continuazione e<br />
che per le strade non si vedevano solo soldati.<br />
Però, dice, era tutto un prepararsi alla<br />
guerra, fin dal primo giorno che aveva messo<br />
piede a scuola. E io me lo ricordo, perché<br />
gli invidiavo quella bella divisa nera che indossava<br />
il sabato mattina per sfilare davanti<br />
al palazzo del Podestà.<br />
Ora mamma dice che la guerra finirà e che<br />
21<br />
racconto<br />
tornerà la pace. E io sto lì a chiederle ancora<br />
e ancora com’è questa pace, perché un<br />
mondo senza spari né esplosioni non me lo<br />
so immaginare. Se lo chiedessero a me, la<br />
guerra potrebbe continuare anche per sempre,<br />
ora che stiamo qui e che sto bene. Ora<br />
dicono che siamo sfollati. Sembra una brutta<br />
parola e invece è la pace degli angeli per noi<br />
che da anni corriamo schivando le bombe.<br />
Certo, ci sono i tedeschi pure qua e a quanto<br />
pare dove ci sono loro ci sono sempre guai,<br />
ma almeno c’è da mangiare tutti i giorni e<br />
nessuno spara addosso ai ragazzini.<br />
Oddio, anche questo non è del tutto vero, perché<br />
l’altro giorno ce la siamo vista talmente<br />
brutta che al solo pensarci mi sento le ginoc-<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
22<br />
chia molli. Per fortuna ero con la contessina,<br />
sennò sulla strada ci sarei rimasto. Mamma<br />
non ne può più di sentire questa storia: dice<br />
che le fa paura. Secondo papà invece faccio<br />
bene a parlarne e più ne parlo, meno me ne<br />
resta dentro. Perciò io voglio raccontarlo ancora<br />
una volta quello che è successo, perché<br />
così si capisce che non ci si può fidare di nessuno<br />
e bisogna stare attenti a tutti. Che i cattivi<br />
possono diventare buoni e i buoni sono<br />
in realtà cattivi: proprio il contrario di quello<br />
che raccontano alla sera quelli di Radio<br />
Londra. Mio padre crede che dormo e non lo<br />
sento quando si mette accanto alla radio ad<br />
ascoltare i programmi proibiti, che se lo san-<br />
no i repubblichini lo pigliano e lo fucilano<br />
davanti alla porta di casa, come un bandito.<br />
La contessina mi ha preso in simpatia fin<br />
dal primo momento. Non sono mica l’unico<br />
bambino sfollato alla villa: ce ne sono tanti,<br />
figli di chi ha deciso di diventare repubblichino<br />
e ora sta a combattere al fianco dei tedeschi.<br />
Però su tutti la contessina ha scelto<br />
me. Non bisogna essere un genio per capire<br />
il motivo. Gli altri fanno a botte dalla mattina<br />
alla sera, rubano qualunque cosa dall’accampamento<br />
dei tedeschi per costruire bombette<br />
e petardi. Tanti sono finiti in ospedale,<br />
dove mio padre ha dovuto curare bruciature<br />
e ferite. Io ho detto alla contessina che loro<br />
la guerra vera non l’hanno mica vista, sennò<br />
non ne potrebbero più di botti e di sangue.<br />
Mi ha detto che neppure lei la guerra vera<br />
l’ha vista mai, almeno non fino a quando<br />
sono arrivati i tedeschi a requisire la villa per<br />
mettere su un ospedale da campo e ospitare<br />
le famiglie di quelli che hanno scelto di<br />
non restare con quel vigliacco di Badoglio.<br />
Vigliacco lo dico io, non lei, perché di quello<br />
che passa per la testa alla contessina non saprei<br />
che dire. Parliamo tanto, ma lei non dice<br />
mai male di nessuno.<br />
Parliamo soprattutto quando andiamo in<br />
giro in bicicletta. Mi mette sulla canna e pedala<br />
forte, lungo la strada che porta al paese.<br />
Mamma non mi lascerebbe uscire, ma secondo<br />
papà è più sicuro fuori che dentro alla<br />
villa. È convinto che gli inglesi prima o poi<br />
Il rumore è stato improvviso e assordante.<br />
Sembrava che fosse venuto dal nulla: basso, bassissimo,<br />
sembrava dovesse tagliare le cime degli alberi con le ali.<br />
Il motore rombava con forza e invece di avere paura mi ero<br />
incantato con la bocca aperta.<br />
verranno a bombardare anche qua. Però le<br />
cose quel giorno sono andate diversamente<br />
da come aveva detto lui. La contessina stava<br />
pedalando senza fretta e io stavo seduto<br />
sulla canna, una mano appoggiata al cestino.<br />
A un tratto un ronzio si è staccato sugli altri<br />
rumori. Abbiamo alzato il naso verso il cielo<br />
e la luce del giorno mi ha accecato per un<br />
istante.<br />
Poi l’ho sentito. Chiaro come se riempisse<br />
l’aria. Il motore di un aereo.<br />
Mi sono girato ed era alle nostre spalle, alto,<br />
nel cielo pieno di luce. Ci è passato sulla testa<br />
ed è andato oltre. La contessina riprese a<br />
pedalare, spingendo più forte. La bicicletta<br />
sobbalzava sulle buche e io faticavo a reggermi.<br />
Il rumore è stato improvviso e assordante.<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
23<br />
Sembrava che fosse venuto dal nulla: basso,<br />
bassissimo, sembrava dovesse tagliare le<br />
cime degli alberi con le ali. Il motore rombava<br />
con forza e invece di avere paura mi ero<br />
incantato con la bocca aperta.<br />
Qualcosa è comparso sul filo delle ali: piccole<br />
lingue di fuoco seguite da quel rumore<br />
che avevo sentito tante volte: ta-ta-ta-ta. Dalla<br />
strada si sono levate nuvolette di polvere,<br />
l’una a fianco all’altra, che correvano più veloci<br />
di noi.<br />
Ci stavano sparando.<br />
La contessina ha puntato verso il terrapieno<br />
che finiva in un canale d’acqua melmosa. La<br />
discesa era ripidissima e non riusciva a mantenere<br />
il controllo. La bicicletta ha sobbalzato,<br />
io ho cercato di tenermi al cestino, ma si<br />
è staccato dal manubrio e mi è rimasto in<br />
mano. Poi la ruota posteriore ha urtato qualcosa,<br />
la bici si è piegata di lato e in un attimo<br />
ci siamo trovati con la faccia nella polvere.<br />
L’aereo era già lontano.<br />
La contessina è venuta verso di me e mi ha<br />
toccato le braccia e le gambe: quasi non riusciva<br />
a credere che fossi tutto intero. In mano<br />
stringevo ancora il cestino, ammaccato e<br />
sfondato. “Mi dispiace” le ho detto. Lei mi<br />
ha abbracciato e ha cominciato a piangere.<br />
Mia madre mi ha proibito di mettere il naso<br />
fuori dalla villa. Non ce n’era alcun bisogno:<br />
ho così tanta paura che preferisco aspettare<br />
che gli inglesi vengano a bombardarci qui<br />
piuttosto che farmi sparare un’altra volta.<br />
Mentre papà le medicava una sbucciatura, la<br />
contessina gli ha raccontato che a spararci è<br />
stato un aereo inglese. Le ha chiesto se ne era<br />
sicura, poi l’ha chiesto una seconda e una terza<br />
volta e solo quando sono stato io a dirgli<br />
che so riconoscere i simboli sulle ali ha scosso<br />
la testa come se ancora faticasse a crederci.<br />
Bighellonando per la villa e l’accampamento<br />
conosco Otto. L’ho visto già altre volte girare<br />
per il campo, sempre con l’aria di essere<br />
molto indaffarato. Ho fatto presto a capire<br />
il tipo: la sua unica occupazione è apparire<br />
occupato. Eppure nessuno sembra far caso<br />
alla sua abilità a scansare il lavoro. Nessuno<br />
tranne me.<br />
Otto si accorge di me. Di come mi viene da<br />
ridere quando lo guardo. Neppure sembra<br />
un soldato: è più basso degli altri e cammina<br />
come quei cani piccoli col culo grosso, agitandosi<br />
sulle gambe corte. Si avvicina e mi<br />
guarda dritto negli occhi. Ha uno sguardo<br />
luminoso, come quello di un bambino. Quello<br />
degli altri tedeschi è diverso, anche se non<br />
so dire come. “Io zo perché tu ride”, dice<br />
con un accento così buffo che non potrebbe<br />
appartenere che a lui. “Tu ride di Otto Piccolotto”.<br />
E allora sì che mi scappa da ridere<br />
e la mia risata lo contagia. Quando riprende<br />
fiato ne spara un’altra: “Otto Bassotto” e<br />
di nuovo ci sganasciamo dalle risate e a me<br />
sembra assurdo che nessuno intorno a noi si<br />
otto si accorge di me.<br />
di come mi viene da<br />
ridere quando lo guardo.<br />
Neppure sembra un<br />
soldato: è più basso degli<br />
altri e cammina come<br />
quei cani piccoli col culo<br />
grosso, agitandosi sulle<br />
gambe corte. Si avvicina<br />
e mi guarda dritto negli<br />
occhi. ha uno sguardo<br />
luminoso, come quello di<br />
un bambino.<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
24<br />
domandi cosa abbiano da ridere così tanto<br />
un bambino italiano e un soldato tedesco.<br />
Otto gira spesso con una bicicletta. Non lo<br />
vedo quasi mai pedalare: la spinge e basta.<br />
Non ha un cestino, ma un portapacchi sul<br />
quale ogni tanto trasporta grosse scatole piene<br />
di chissà cosa. Appena lo vedo penso al<br />
cestino della contessina, che ormai è da buttare,<br />
e a quante cose potrebbe portare su un<br />
portapacchi così robusto. Ma Otto pensa che<br />
a me piaccia la sua bici. “Bicicletta tetesca”,<br />
dice con quell’accento così buffo, “molto<br />
buona”. Poi va via.<br />
Va avanti così per qualche giorno, ci incrociamo<br />
in giro per la villa: io a bighellonare lui a<br />
scansare ogni fatica. Ci basta guardarci per<br />
scoppiare a ridere. Io penso a ‘Otto Bassotto’<br />
e non riesco a trattenermi. A volte facciamo a<br />
gara a chi trova un nuovo nome, così me ne<br />
esco con ‘Otto Panzerotto’ e lui ride con me,<br />
di gusto. Non riesco neppure a credere che sia<br />
possibile scherzare<br />
a questo modo<br />
con un soldato<br />
tedesco. Papà e<br />
mamma mi hanno<br />
avvertito cento<br />
volte di non<br />
prendermi troppa<br />
confidenza.<br />
Otto a casa ha lasciato<br />
due bambini.<br />
Gli chiedo<br />
se ha famiglia e<br />
lui mi risponde in quel modo buffo: “Ja”, poi<br />
solleva indice e anulare. “Due bambini. Molto<br />
simpatici. Come te”. Io gli sorrido e mi domando<br />
come sarebbe giocare con i suoi figli.<br />
Continuo a tenere lo sguardo sul suo portapacchi.<br />
“Utile, vero? Puoi portare cose molto<br />
pesanti” dice. Annuisco, poi sento la voce di<br />
mia madre che mi cerca e corro via.<br />
L’indomani vedo Otto dove proprio non mi<br />
sarei aspettato. Entro in infermeria e lo trovo<br />
seduto sul lettino: mio padre gli sta fasciando<br />
un dito. Lui mi guarda e sorride. Io non so che<br />
fare: forse papà si arrabbierebbe a scoprire<br />
che ci conosciamo, che ho violato a tal punto<br />
l’ordine di non dare confidenza ai tedeschi.<br />
Così non dico niente e lui non dice niente,<br />
fino a quando non ringrazia mio padre e va<br />
via. Prima di uscire mi poggia un mano sulla<br />
testa e mi scompiglia i capelli. “Che si è fatto?”<br />
chiedo a mio padre. Papà si stringe nelle<br />
spalle. “Nulla” dice, “si chiamano lesioni autoinflitte.<br />
Quello lì ha meno voglia di me di<br />
fare la guerra e cerca sempre il modo per non<br />
poter impugnare un arma. Si è schiacciato<br />
un dito in un cancello”. “E lo ha fatto apposta?”.<br />
Papà, che è altissimo, si china sui talloni,<br />
fino a essere alla mia altezza. “Non devi<br />
pensare che tutti quelli che sono qui abbiano<br />
voglia di ammazzare<br />
gente. Alcuni<br />
ci si sono trovati,<br />
come me e te.<br />
Semplicemente<br />
non avevano alternativa”.<br />
Sono<br />
un po’ confuso:<br />
gli inglesi dicono<br />
di volerci liberare,<br />
ma un loro pilota<br />
ha cercato di ammazzarmi,mentre<br />
un soldato tedesco si schiaccia un dito<br />
pur di non dover sparare a qualcuno. Forse<br />
davvero, come dice la mamma, il mondo ha<br />
cominciato a girare al contrario.<br />
Poi succede una cosa strana. Un pomeriggio<br />
Otto spinge la sua bicicletta fino al muretto<br />
dove sto appoggiato a giocare con dei sasset-<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
25<br />
ti e si siede accanto a me. “Tu figlio di infermiere,<br />
ja?” mi chiede. Annuisco, in silenzio.<br />
“Tuo padre bravo uomo” aggiunge, “fatto<br />
questa fasciatura senza fare domande”. Annuisco<br />
ancora. “Tu sei bravo come lui?” domanda.<br />
Lo guardo senza capire e lui si avvicina<br />
un po’ di più. “Voglio fare patto con te”<br />
continua. “Ti piace mio portapacchi di bicicletta?”<br />
Con la testa faccio di nuovo cenno<br />
di sì; non sembro capace di fare altro. “È tuo,<br />
se in cambio mi dai<br />
una cosa”. Nelle orecchie<br />
mi suona ancora<br />
l’avvertimento di mia<br />
madre: non dare confidenza<br />
ai tedeschi, e<br />
invece mi avvicino a<br />
lui per ascoltare meglio<br />
cosa ha da propormi.<br />
Bisbiglia piano<br />
e io ascolto con attenzione<br />
ogni parola.<br />
Mentre parla mi scendono<br />
i brividi lungo<br />
la schiena. È una cosa<br />
che fa paura, ma continuo<br />
a tenere gli occhi puntati sul portapacchi<br />
e a pensare a quanto la contessina sarebbe<br />
contenta di averne uno così. Come Otto<br />
mi ha detto, aspetto che tutti siano andati a<br />
dormire e scivolo fuori dal letto. In un attimo<br />
sono fuori dai nostri alloggi, mi muovo<br />
veloce lungo il corridoio e in un attimo sono<br />
fuori dalla villa, nel giardino. In un angolo<br />
c’è un olmo: è lì che Otto mi sta aspettando.<br />
Cammino stando attento, tenendomi lontano<br />
dalle luci. Otto però è più bravo di me<br />
a nascondersi: non mi accorgo di lui fino a<br />
quando quasi non gli vado a sbattere contro.<br />
Mi passa una mano sui capelli come ha fatto<br />
quando ci siamo incontrati nell’infermeria.<br />
Sono un po’ confuso: gli<br />
inglesi dicono di volerci<br />
liberare, ma un loro pilota<br />
ha cercato di ammazzarmi,<br />
mentre un soldato tedesco<br />
si schiaccia un dito pur<br />
di non dover sparare a<br />
qualcuno. Forse davvero,<br />
come dice la mamma, il<br />
mondo ha cominciato a<br />
girare al contrario.<br />
“Sei un ragazzo in gamba” dice e per la prima<br />
volta sento che la sua voce è seria, preoccupata.<br />
Gli mostro l’involto che gli ho portato.<br />
“Grazie”, dice, “ora apri le mani”. Ubbidisco<br />
e sulla destra mi poggia il portapacchi;<br />
sulla sinistra le viti e i bulloni che servono a<br />
fissarlo. “Mi dispiace” dice ancora, “ma non<br />
posso aiutarti a montarlo”. “Non fa niente”,<br />
bisbiglio. Poi mi dà uno scappellotto leggero:<br />
“Ora va, torna a dormire” dice.<br />
Riesco a chiudere oc-<br />
chio solo all’alba e<br />
poco dopo mi sveglia<br />
la voce di mio padre<br />
che discute con<br />
mamma. “Deve essere<br />
da qualche parte”<br />
si lamenta e mia<br />
madre fruga dappertutto,<br />
persino nei nostri<br />
cassetti, in cerca<br />
di qualcosa. Quando<br />
mi alzo per fare colazione,<br />
mio padre sta<br />
uscendo per andare<br />
in infermeria e ha rinunciato<br />
a indossare il camice. Aspetto che<br />
anche la mamma sia uscita. Mio fratello esce<br />
con mia madre: mi raccomandano di qualcosa,<br />
ma non sto a sentire cosa, perché ho in testa<br />
solo quello che devo fare. Aspetto un po’<br />
e torno nella camera in cui dormo con mio<br />
fratello. Da sotto il letto tiro fuori l’involto di<br />
carta di giornale e lo apro. Prendo uno a uno<br />
i pezzi del portapacchi e li esamino per essere<br />
sicuro che ci siano tutti: non posso fare<br />
una figuraccia con la contessina. Mentre sto<br />
ancora lì ad ammirare l’affare che ho fatto<br />
sento che qualcuno mi sta guardando. Anzi,<br />
che sta guardando da sopra la mia spalla.<br />
La paura arriva per prima e faccio un salto<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
26<br />
come un gatto. Risucchio l’aria quasi stessi<br />
soffocando e incrocio lo sguardo di mio fratello<br />
che sembra più sorpreso di me. “Che<br />
cos’è?” chiede. “Niente” dico con il poco<br />
fiato che sono riuscito a cacciarmi in gola.<br />
“Macché niente” insiste. Prende i pezzi del<br />
portapacchi e io lo lascio fare. Poi mi rivolge<br />
uno sguardo allarmato. “A chi l’hai rubato?”<br />
“Non l’ho rubato” protesto, “me l’ha dato un<br />
soldato tedesco”. Diventa bianco come un<br />
cencio. “In cambio di cosa?” mormora. Ho<br />
paura a dirglielo: dalla faccia che ha fatto lo<br />
andrà sicuramente a dire a mamma e saranno<br />
guai. “Del camice di<br />
papà.” La sorpresa<br />
nei suoi occhi sembra<br />
senza fine. “Il camice?”<br />
ripete, “e che<br />
ci doveva fare?” Mi<br />
stringo nelle spalle:<br />
non lo so e nemmeno<br />
lo voglio sapere.<br />
Non credo che nessuno<br />
se la prenderà<br />
con papà se perde il<br />
camice: ne ha buttati<br />
tanti così intrisi<br />
di sangue da essere<br />
inutilizzabili. “Quello<br />
vuole disertare”<br />
esclama a un tratto mio fratello. E scatta in<br />
piedi, come preso dall’urgenza di avvertire<br />
qualcuno. “Se lo prendono papà passerà un<br />
guaio. Penseranno che gliel’abbia dato lui!”<br />
Sono confuso. Sto ancora cercando di capire<br />
come possa un soldato disertare usando un<br />
camice da infermiere e però la cosa alla quale<br />
non riesco a smettere di pensare è che mi<br />
sequestreranno il portapacchi e non potrò<br />
darlo alla contessina.<br />
Mio fratello resta un momento immobile,<br />
a riflettere. Poi mi tende una mano. “Dammelo”<br />
mi dice. “Non posso: devo darlo alla<br />
contessina.” “Non lo darai proprio a nessuno”<br />
aggiunge, “cosa credi che penserebbero<br />
i tedeschi se la vedessero andare in giro con<br />
un portapacchi appartenuto a un disertore?”<br />
Rimetto tutto nell’involto di carta e glielo<br />
porgo. “I tedeschi presto andranno via e allora<br />
potrai darglielo. Ma fino ad allora è bene<br />
nasconderlo in un posto sicuro.”<br />
Mio fratello aveva ragione: Otto ha disertato.<br />
Ci sono state un po’ di urla, ma soprattutto<br />
perché non è stato l’unico a darsela a<br />
gambe mentre i soldati<br />
sbaraccavano<br />
per spostarsi ancora<br />
più a nord. Ora<br />
che i tedeschi se ne<br />
sono andati spero di<br />
rivedere la contessina.<br />
Non la incontro<br />
da quella volta<br />
dell’aereo che ci ha<br />
mitragliati e quando<br />
i tedeschi hanno cominciato<br />
a smobilitare<br />
il conte ha dato<br />
ordine alle figlie di<br />
non mettere il naso<br />
fuori dalla villa.<br />
Mi siedo su un muretto lungo il viottolo che<br />
deve percorrere per uscire da casa e aspetto.<br />
Posso star lì tutto il giorno, tanto non ho<br />
fretta di fare nulla: l’ospedale resterà qui e<br />
così sono l’unico ragazzino rimasto. C’è anche<br />
mio fratello, naturalmente, ma lui è più<br />
grande, ha quasi l’età della contessina, e dice<br />
che non ha tempo da perdere con me.<br />
Poi succede una cosa strana: ho appena<br />
pensato a mio fratello e lo vedo spuntare in<br />
fondo al viottolo. È proprio lui, non c’è dub-<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
27<br />
bio, e sta spingendo una bicicletta. Non è la<br />
sua e mentre lo fa chiacchiera e sorride. Poi<br />
compare lei, la contessina. Che gli cammina<br />
al fianco e sorride anche lei, come se fossero<br />
vecchi amici e invece fino a ieri a malapena si<br />
sono salutati. Quando la contessina mi vede,<br />
mi saluta con la mano e il suo sorriso si fa<br />
più luminoso. Dice qualcosa a mio fratello e<br />
insieme puntano verso di me. Sono felice di<br />
rivederla, anche se davvero non capisco che<br />
c’entra mio fratello con lei. Lui non dovrebbe<br />
esserci, come non c’è mai stato fino a que-<br />
Ugo Barbàra<br />
A capo della redazione New Media dell’Agenzia Giornalistica<br />
<strong>Italia</strong>na, dal 1999 al 2010 si è occupato di politica estera.<br />
In precedenza è stato corrispondente da Palermo negli<br />
anni del processo Andreotti (1995-1999), redattore di cronaca<br />
giudiziaria a Roma in epoca di Tangentopoli. Ha una<br />
cattedra di scrittura creativa all’Università La Sapienza di<br />
Roma. Ha scritto cinque romanzi, tutti pubblicati da Piemme:<br />
Desidero informarla che le abbiamo trovato un cuore (1999);<br />
La notte dei sospetti (2001); Il corruttore (2008); In terra consacrata<br />
(2009) e Le mani sugli occhi (2011). Suoi i racconti La<br />
stiratrice di Saponara pubblicato nella raccolta La scelta edito<br />
da Novantacento; il racconto Il nemico inserito nella raccolta Duri a morire di Dario<br />
Flaccovio editore e L’avaro che fa parte della antologia Seven curata da Gian Franco<br />
Orsi per Piemme. È sceneggiatore del film Gli angeli di Borsellino. Nel 1999 il Teatro<br />
Libero di Palermo ha portato in scena il suo Dongiovanni per la regia di Lia Chiappara.<br />
Disponibile su www.cubolibri.it<br />
sta mattina. Poi lo vedo. Vedo il portapacchi<br />
montato sulla bici della contessina. Il portapacchi<br />
di Otto. Il mio portapacchi. Il regalo<br />
che avevo messo in serbo per la contessina.<br />
Mio fratello mi guarda in un modo strano,<br />
con un sorriso che un po’ sembra prendermi<br />
in giro e un po’ chiedermi scusa.<br />
La contessina continua a sorridermi, ma io<br />
non le do il tempo di raggiungermi: scatto in<br />
piedi e corro via, prima che veda le lacrime<br />
che mi riempiono gli occhi.<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
28<br />
L’ENCICLOPEDIA<br />
DEL fUTURO NON<br />
PREVEDE LA VOCE<br />
“CARTA”<br />
Una volta per le ricerche si consultavano le enciclopedie.<br />
La rete e i device hanno cambiato il nostro modo di<br />
cercare informazioni. Il settore editoriale specializzato<br />
in conoscenza è a una svolta storica e le scelte saranno<br />
determinanti per il suo futuro e dell’intero mercato<br />
dell’epublishing.<br />
di Daniela De Pasquale<br />
Il mondo<br />
dell’ebook<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
29<br />
Quando agli studenti delle<br />
scuole medie della generazione<br />
degli anni settanta e ottanta<br />
veniva assegnata una ricerca,<br />
in casa c’era a disposizione più di un’enciclopedia.<br />
Io ne avevo sei: l’Enciclopedia Motta,<br />
acquistata da mia nonna, volume dopo<br />
volume, da un venditore porta a porta; dello<br />
stesso editore erano anche le due raccolte<br />
specializzate sugli animali e sulla terra;<br />
la Nuovissima enciclopedia universale Curcio,<br />
quella scientifica De Agostini, l’Enciclopedia<br />
Europea Garzanti, l’enciclopedia illustrata<br />
per ragazzi Vedere e Sapere, Edizioni Scienze e<br />
Vita, La Biblioteca del Sa-<br />
pere Lati Maler, acquistata<br />
a fascicoli in edicola e<br />
poi rilegata.<br />
Ognuna con i suoi pesanti<br />
volumi con i dorsi<br />
tutti uguali, che nella<br />
maggior parte dei casi<br />
non riuscivano a stare<br />
disposti su un solo scaffale<br />
della libreria. Da ogni fila si sceglievano<br />
i volumi contenenti il lemma, li si disponeva<br />
aperti su una scrivania e si iniziava il<br />
lavoro di sintesi e di scrittura. Spesso, per<br />
differenziare il proprio elaborato da quello<br />
dei compagni di classe, si chiedevano in<br />
prestito ai vicini di casa i tomi delle enciclopedie<br />
di altri editori.<br />
Alle scuole superiori la stessa generazione<br />
iniziava a prendere dimestichezza con il copia/incolla,<br />
grazie all’enciclopedia in CD<br />
Rom, come la Msn Encarta. Guardare video<br />
relativi a ciò che si studiava – una battaglia<br />
del Settecento, uno stato del Sud America,<br />
il sistema solare – era di quanto più rivoluzionario<br />
si potesse immaginare per la for-<br />
Il vero concorrente<br />
dell’enciclopedia digitale<br />
non è la versione<br />
cartacea ma i contenuti<br />
disponibili gratuitamente<br />
sul web.<br />
mazione. Almeno fino all’università, quando<br />
quel “cerchio del sapere” che etimologicamente<br />
descrive l’enciclopedia è esploso<br />
grazie alla rete nell’open content. Il più grande<br />
e famoso progetto collaborativo di questo<br />
tipo è Wikipedia, che oggi conta oltre 20<br />
milioni di voci (dato aggiornato a novembre<br />
2011) in più di 280 lingue. Ovviamente,<br />
un’enciclopedia libera, gratuita e alla quale<br />
tutti possono contribuire solleva il problema<br />
dell’attendibilità dei suoi contenuti e<br />
del fact checking. La questione è ancora molto<br />
dibattuta: nel 2005 la rivista Nature ha<br />
messo a confronto un campione di 42 voci<br />
scientifiche di Wiki-<br />
pedia e dell’Encyclopaedia<br />
Britannica, la<br />
più importante del<br />
Regno Unito, rilevandoun’accuratezza<br />
nelle informazioni<br />
molto simile. Per<br />
ogni articolo, in media,<br />
c’erano 3 errori<br />
sulla seconda e 4 sulla prima (quest’ultimo<br />
dato tendeva a diminuire all’aumentare del<br />
numero di persone che avevano contribuito<br />
alla stesura della voce).<br />
Di fatto, la gratuità e facilità di consultazione<br />
delle enciclopedie aperte ha fatto uscire<br />
dal mercato quelle informatiche a pagamento.<br />
Inoltre è raro che la generazione<br />
citata scelga di acquistare oggi una nuova<br />
enciclopedia, probabilmente perché ne erediterà<br />
qualcuna come ricordo di famiglia<br />
e perché le nuove case sono mediamente<br />
più piccole. Se ne è accorta persino l’Ikea,<br />
la più famosa catena di mobili low cost che<br />
è diventata specchio dei tempi, del modo<br />
di organizzare gli spazi e di conseguenza<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
30<br />
Il digitale salva le enciclopedie e anche i dizionari dalla<br />
condanna di Sisifo: non saranno obsoleti e “da rifare” nel<br />
momento stesso in cui vengono pubblicati, ma sempre<br />
attuali e aggiornabili in un clic.<br />
delle mutate abitudini di consumo. Tanto<br />
che uno dei suoi prodotti di punta, la mitica<br />
Billy, inventata nel 1978 e diventata la<br />
libreria per antonomasia, è stata riproposta<br />
in una nuova versione, più profonda e con<br />
ante in vetro, perché l’azienda ritiene che i<br />
clienti la useranno sempre di più per oggetti<br />
decorativi e sempre meno per i libri.<br />
A rendere più tangibile la crisi del mercato<br />
delle enciclopedie è la notizia della cessazione<br />
della stampa dell’Encyclopaedia Britannica.<br />
L’edizione del 2010 è l’ultima su<br />
carta. Il presidente della società che la gestisce,<br />
Jorge Cauz, ha parlato di un futuro<br />
più luminoso. Probabilmente si riferiva agli<br />
schermi retroilluminati dei tablet, dal mo-<br />
mento che, dopo 244 anni, i suoi 32 volumi,<br />
dal peso complessivo di 58,5 chilogrammi,<br />
si sono smaterializzati e ora vivono solo<br />
nella versione digitale, più ampia, più ricca<br />
e più vibrante. “La fine della stampa era<br />
qualcosa che prevedevamo da tempo – conclude<br />
Cauz – è l’ultimo passo della nostra<br />
trasformazione da editore a stampa quale<br />
eravamo a creatore di prodotti culturali digitali<br />
quale siamo oggi.” E in effetti dalla<br />
carta deriva solo l’1% degli introiti, mentre<br />
gli abbonamenti al portale web arrivano a<br />
100 milioni in tutto il mondo, raggiungendo<br />
il 15% dei ricavi. L’85% deriva da prodotti<br />
educativi per l’apprendimento sul<br />
web, consulenze e pubblicità.<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
31<br />
In <strong>Italia</strong> una delle enciclopedie oggi più accreditate<br />
è la Treccani: resiste su carta, ma<br />
viene venduta con una chiavetta USB ricca<br />
di contenuti che permette di unire tradizione<br />
e tecnologia. Allo stesso tempo cresce rapidamente<br />
il portale online ed entro giugno<br />
sono previste le prime applicazioni dei vocabolari<br />
sia per iPad che per Kindle.<br />
Futuro only digital anche per l’Oxford English<br />
Dictionary, anche se l’editore ha dichiarato<br />
che prenderà la decisione definitiva solo<br />
quando sarà pronta la terza edizione. Se si<br />
pensa che la si attende da 21 anni, si capi-<br />
sce l’inevitabilità del sopravvento del digitale,<br />
in un mondo che viaggia veloce e che<br />
pretende immediatezza anche negli aggiornamenti.<br />
Il formato elettronico sembra salvare<br />
dunque sia le enciclopedie che i dizionari<br />
dalla condanna di Sisifo, costretto per<br />
l’eternità a un lavoro vano: portare su per<br />
un pendio un masso pesantissimo che, arrivato<br />
in cima, rotola di nuovo a valle. La seconda<br />
vita a loro riservata non li condanna<br />
più a diventare obsoleti nel momento stesso<br />
in cui vengono pubblicati, li alleggerisce<br />
in termini di chili e anche di euro e li rende<br />
molto più pratici da consultare grazie alle<br />
funzionalità di ricerca e ipertestualità proprie<br />
del mezzo digitale.<br />
Il cambiamento risulta inevitabile anche da<br />
un punto di vista economico: le enciclopedie<br />
sono un bene durevole a basso tasso di<br />
sostituzione in un mercato ormai saturo.<br />
L’enciclopedia elettronica è invece un prodotto<br />
nuovo che ancora in pochi possiedono,<br />
e quindi ha grandi potenzialità di penetrazione<br />
nel nuovo mercato dei contenuti<br />
digitali.<br />
La vera battaglia andrà combattuta non<br />
tanto con la carta quanto con i contenuti disponibili<br />
online gratuitamente. La quantità<br />
spesso si preferisce alla qualità, ma il digitale<br />
permette di ridurre i costi e rende i prodotti<br />
di fascia alta più competitivi. Il plus<br />
di un prodotto editoriale di tale portata sta<br />
nell’autorevolezza e credibilità della fonte, a<br />
cui è necessario aggiungere la competenza:<br />
il know how tecnologico è indispensabile per<br />
rendere i nuovi prodotti accattivanti e funzionali,<br />
e non può mancare nel curriculum<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
32<br />
del nuovo venditore di enciclopedie, che si<br />
evolve di pari passo con la figura dell’acquirente.<br />
Non è infine da sottovalutare la<br />
potenzialità del nuovo prodotto di fare da<br />
volano per lo sviluppo dell’intero mercato<br />
digitale: la modalità di fruizione non lineare<br />
delle voci di un’enciclopedia permette<br />
uno sforzo minore da parte del lettore nel<br />
prendere confidenza con il nuovo formato.<br />
D’altra parte, i dati di vendita mostrano<br />
quanto il settore della manualistica elettronica<br />
goda di buona salute, con particolare<br />
riferimento ai testi giuridici e medici, ai corsi<br />
di lingua (si veda il successo della collana<br />
Mondadori Lost in Italy, di John Peter Sloan),<br />
ai manuali di self help o a eBook come La<br />
dieta Dukan, divenuto ormai un long seller.<br />
L’enciclopedia elettronica così pensata, pratica,<br />
portabile e aggiornabile, riporta alla<br />
mente le Lezioni americane di Italo Calvino,<br />
che sembra aver immaginato le caratteristiche<br />
dei testi digitali con anni di anticipo<br />
rispetto alla nascita di internet. In particolare,<br />
nella sua lezione sulla molteplicità, Calvino<br />
parla di “enciclopedia aperta, aggettivo<br />
che certamente contraddice il sostantivo<br />
enciclopedia, nato etimologicamente dalla<br />
pretesa di esaurire la conoscenza del mondo<br />
rinchiudendola in un circolo”. Di fatto,<br />
si tratta di un approccio alla conoscenza<br />
stessa che tende all’infinito e che, grazie al<br />
digitale, sarà sempre disponibile in un clic.<br />
grazie alla modalità di fruizione non lineare, che rende<br />
la consultazione più rapida e semplice, le enciclopedie<br />
rappresentano un volano per lo sviluppo dell’intero<br />
mercato digitale.<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
33<br />
BATTAGLIA PER IL<br />
PREZZO - E IL fUTURO -<br />
DEGLI EBOOK<br />
apple e i principali editori americani chiamati a difendersi dall’accusa di<br />
aver costituito un cartello anti-amazon: in ballo c’è però ben più che una<br />
querelle tra aziende.<br />
I<br />
Il ristorante Picholine è un locale di cucina<br />
francese situato a Manhattan, nel<br />
cuore della Grande Mela. Con i prezzi<br />
non si va per il sottile, ma la cucina –<br />
stando alle recensioni – merita il cospicuo<br />
investimento. L’at-<br />
mosfera intima è un<br />
altro punto di forza<br />
del ristorante, se è<br />
vero che proprio nei<br />
discreti e confortevoli<br />
spazi del privé<br />
“cantina dello chef”,<br />
tra il 2008 e il 2010,<br />
erano soliti pasteggiare<br />
e discutere presidenti<br />
e A.D. delle<br />
più importanti case<br />
editrici statunitensi. Le sei sorelle, come<br />
vengono acremente definite da media e<br />
concorrenti di minor rango. Cene d’affari<br />
alle quali partecipava con regolarità an-<br />
Fu steve Jobs ad offrire<br />
ai suoi preoccupati<br />
commensali la mossa<br />
per portare scacco<br />
matto ad amazon,<br />
soffocandone sul nascere<br />
i propositi di dominio del<br />
mercato editoriale.<br />
Il mondo<br />
dell’ebook<br />
di Roberto Dessì<br />
che Steve Jobs, compianto papà di un’altra<br />
Grande Mela, quella morsicata. Fu lui che,<br />
dopo aver rivoluzionato in successione il<br />
mercato musicale e della telefonia, in quei<br />
mesi e in quel ristorante offrì ai suoi preoccupati<br />
commensali la<br />
mossa per portare scacco<br />
matto ad Amazon, e<br />
soffocarne sul nascere i<br />
propositi di dominio del<br />
mercato editoriale.<br />
In quel periodo, infatti,<br />
Kindle rappresentava<br />
il perfetto sinonimo di<br />
eBook, col 90% dell’intero<br />
mercato conquistato<br />
attraverso spregiudicate<br />
strategie di vendita sotto<br />
costo. Sfruttando la regola generale che voleva<br />
i libri cartacei e digitali acquistati all’ingrosso<br />
dagli editori, e rivenduti al prezzo<br />
finale sancito dal rivenditore, Amazon ave-<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
34<br />
va di fatto inaugurato un’era fatta di nuove<br />
uscite a soli 9,99 dollari. Insostenibile per<br />
le case editrici, che temevano d’esser messe<br />
spalle al muro da Jeff Bezos, e per gli altri<br />
concorrenti che non avrebbero retto a lungo<br />
un gioco al ribasso di quella portata. Unici<br />
felici – e come dargli torto – i consumatori,<br />
che migrarono in massa verso l’eBook.<br />
E implicitamente, tra le braccia di Amazon.<br />
Ciò finchè Steve Jobs non decise di scendere<br />
in campo, in prima persona. L’iPad non<br />
era ancora stato commercializzato,<br />
ma di<br />
lì a poco sarebbe divenuto<br />
il salvagente<br />
capace di tirar fuori<br />
dal pantano gli editori,<br />
in abbinamento<br />
alla fine della vendita<br />
all’ingrosso degli<br />
eBook. Nella sua<br />
mente, il rivenditore<br />
si sarebbe trasformato<br />
in agente di vendita,<br />
mantenendo il<br />
30% del prezzo di<br />
copertina per il disturbo<br />
e girando la<br />
restante percentuale<br />
nelle tasche degli editori.<br />
Jobs risultò più<br />
che mai persuasivo: “i clienti pagheranno<br />
di più, ma in fondo è ciò che voi comunque<br />
volete”, disse ai suoi nuovi soci in affari;<br />
seguirono altri meeting segreti al ristorante<br />
Picholine, telefonate ed email dal contenuto<br />
confidenziale febbrilmente scambiate tra i<br />
congiuranti. La trappola scatta, e il re Bezos<br />
viene messo sotto scacco: accettare, o perdere<br />
gli eBook delle six sisters. Quasi in contemporanea,<br />
Steve Jobs presenta al mondo<br />
l’iPad e incassa un successo roboante. In<br />
Il deprezzamento<br />
dell’oggetto culturale<br />
per eccellenza, il libro, è<br />
un altro aspetto su cui<br />
discutono animatamente i<br />
columnists americani<br />
breve, la quota di mercato Amazon crolla al<br />
60%. Avvantaggiando tra gli altri Barnes &<br />
Noble, che col Nook sfiora il 25%.<br />
Il contro-colpo di scena non si fa attendere:<br />
l’11 aprile scorso il Department of Justice<br />
degli Stati Uniti avvia un’indagine per violazione<br />
delle normative antitrust, mettendo<br />
in dubbio la liceità dell’accordo tra Apple<br />
ed editori, e stimando un danno causato ai<br />
consumatori di circa 100 milioni di dollari.<br />
Perfino Barack Obama, causa elezioni ma<br />
non solo, si è sentito<br />
in dovere di rassicurare<br />
l’opinione pubblica,<br />
agitando minacciosamente<br />
il randello<br />
delle “pesanti<br />
sanzioni” in arrivo<br />
per i responsabili.<br />
A una prima lettura<br />
dei fatti, e a giudicare<br />
dalla frettolosa<br />
resa di alcune delle<br />
parti in gioco, non<br />
ci sono molti dubbi:<br />
editori e Apple hanno<br />
messo su un cartello<br />
bello e buono,<br />
e la pratica sleale in<br />
questione è da sempre<br />
vista di pessimo<br />
occhio dall’Antitrust USA. Ma le implicazioni<br />
– giuridiche e non – di questa querelle<br />
travalicano il mero aspetto legale, sfociando<br />
nel dilemma morale: è giusto cancellare<br />
un cartello quando la sua alternativa è un<br />
monopolio? Esiste un giusto prezzo della<br />
cultura? Ma soprattutto: la cultura rischia<br />
l’estinzione?<br />
Sul primo quesito, ciò che può sembrare<br />
un’assurdità, ben messa in luce dalla dichiarazione<br />
dello scrittore Scott Turow (“il go-<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
35<br />
verno rischia di uccidere una vera concorrenza<br />
per ripristinare un regime solo apparentemente<br />
concorrenziale”), deve essere ripensata alla<br />
luce del liberismo di cui è permeata l’economia<br />
americana. In market we trust, anche<br />
se è chiaro a tutti ciò che potrebbe accadere<br />
– e quasi certamente accadrà – di qui a due<br />
anni, se Bezos sarà libero di rivoltare come<br />
un calzino l’industria dell’editoria a suon<br />
di sconti, acquisizioni di titoli in esclusiva<br />
ed embarghi per coloro che osano ribellarsi.<br />
Paradossalmente, la legge americana non<br />
vieta i monopolî qualora sorgano da normali<br />
dinamiche di mercato; né garanzie o<br />
tutele sono dovute alla concorrenza, in applicazione<br />
del più rigido darwinismo economico.<br />
Sembrerebbero perciò mediatiche<br />
e di circostanza le dichiarazioni Apple, che<br />
respingono al mittente le accuse sostenendo<br />
al contrario di avere garantito, col proprio<br />
intervento, un mercato più equo, innovativo<br />
e interessante.<br />
Il deprezzamento dell’oggetto culturale per<br />
eccellenza, il libro, è un altro aspetto su cui<br />
discutono animatamente i columnists americani:<br />
la corsa al ribasso di Amazon ha il perverso<br />
effetto di ingenerare nel consumatore<br />
l’associazione mentale “bene libro uguale<br />
basso costo”. Guarda caso, ciò che anche<br />
Apple ha fatto a suo tempo con la musica<br />
su iTunes, imponendo de facto il nuovo standard<br />
“una canzone a 99 cents, tutto l’album<br />
a 10 dollari”. Ironicamente, ciò ha rivitalizzato<br />
– piuttosto che uccidere – l’industria<br />
musicale in debito d’ossigeno, ma ha anche<br />
lasciato numerosi contendenti sul campo di<br />
battaglia. Non può perciò essere il motivo<br />
di tanta attenzione. Ciò che più spaventa gli<br />
osservatori, a torto o a ragione, sono le conseguenze<br />
nel lungo periodo, e il timore di<br />
un appiattimento dell’offerta culturale. Perché<br />
se anche i monopoli sono legittimi, non<br />
sono certo la migliore soluzione che il mercato<br />
offre per stabilire il prezzo di un bene.<br />
Cosa accadrà infatti se e quando Amazon<br />
raggiungerà l’obiettivo di rendere inoffensiva<br />
la concorrenza? I prezzi aumenteranno<br />
nuovamente, per consentire alla società di<br />
rientrare dell’investimento fatto, obbligando<br />
i consumatori a saltare dalla padella alla<br />
brace? Oppure, se ciò non dovesse accadere<br />
e Amazon in qualche modo riuscisse a<br />
far ridurre i prezzi (quindi i profitti) degli<br />
eBook agli editori, il futuro potrebbe riservarci<br />
uno sconfortante impoverimento del<br />
patrimonio letterario, fatto di grandi – ma<br />
soprattutto piccole – case editrici?<br />
Fino al più orwelliano degli scenari: se rimarrà<br />
un unico negozio a cui rivolgersi<br />
per l’acquisto di un eBook, chi impedirà<br />
ad Amazon di imporre la propria dittatura<br />
se rimarrà un unico<br />
negozio a cui rivolgersi per<br />
l’acquisto di un ebook, chi<br />
impedirà ad amazon di<br />
imporre la propria dittatura<br />
culturale?<br />
culturale, decidendo quali libri sono graditi<br />
e quali no sulla base di opinabili ma inappellabili<br />
proprie motivazioni, come peraltro<br />
è già accaduto in passato?<br />
Insomma: dinanzi allo scranno del giudice<br />
chiamato a dirimere la questione, vi è ben<br />
più che il mero esito di una causa. Chiunque<br />
firmerà questa sentenza prenderà sulle<br />
spalle una responsabilità non da poco.<br />
E inevitabilmente, cambierà il corso della<br />
storia del giovane, vitale, mercato degli<br />
eBook.<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
36<br />
buona la prima<br />
Storie di libri<br />
ed edizioni<br />
ANONIMO<br />
“LA VITA DI<br />
LAZARILLO DE<br />
TORMES (1554)”<br />
di Luca Bisin<br />
Non ancora vinto alle lusinghe di una fantasia incontrollata, subito prima di perdere<br />
il senno “per effetto del dormir poco e leggere molto”, il gentiluomo che si darà<br />
nome Don Chisciotte della Mancia esita incerto sul crinale sottilissimo tra la realtà<br />
e la narrazione: le ferite inferte e ricevute dai lucenti protagonisti dei romanzi<br />
cortesi non persuadono ancora del tutto il fragile intelletto del povero hidalgo, il quale non sa<br />
spiegarsi come sia possibile che tali lesioni, quand’anche curate dai più valenti chirurghi, non<br />
lascino pieni di cicatrici e di segni il volto e il corpo degli ardimentosi combattenti. Se, come ci<br />
ha insegnato Foucault, la follia di Don Chisciotte è piuttosto lo sguardo sbigottito e allucinato<br />
gettato in quell’inizio della modernità dove la scrittura e il mondo cessano irrimediabilmente<br />
di somigliarsi, allora il genio di Cervantes ha saputo additarci questa breccia aperta tra il linguaggio<br />
e le cose: sublimati nello splendore delle armature, i corpi dei cavalieri non recano<br />
alcuna memoria delle loro gesta prodigiose, le quali sopravvivono solo nella fantasiosa costruzione<br />
di un racconto, nella forbita articolazione di un libro che non sa più corrispondere<br />
all’esistenza. Forse, la perdita d’innocenza del Rinascimento passa anche per questo sguardo<br />
distrattamente gettato alla vulnerabile carne degli eroi, dove si dissolve l’illusione, come<br />
l’esprimeva l’umanista spagnolo Luis Vives, secondo cui “il corpo si accontenta del presente,<br />
scordando il passato e disinteressandosi del futuro”. Ma se l’immortale personaggio di<br />
Cervantes, forse proprio abbacinato dall’imprevista radicalità di quello sguardo fuggitivo,<br />
si ritrae nella lucida follia che trasforma il mondo stesso in un libro, il protagonista di La vita<br />
di Lazarillo de Tormes e delle sue fortune e avversità, apparso anonimo nel 1554, ne fa piuttosto<br />
pretesti<br />
| Maggio 2012
37<br />
il prisma attraverso il quale l’immagine ben<br />
ordita della società cavalleresca si rifrange<br />
nello spettro delle sue componenti altrimenti<br />
invisibili.<br />
Quelle “cose tanto singolari e forse anche<br />
mai udite né vedute giammai” che il prologo<br />
del Lazarillo annuncia con la solennità<br />
degna di una epopea o di una leggenda, non<br />
sono in effetti che le ordinarie peripezie del<br />
vagabondo Lazzaro del Tormes nella sua<br />
giornaliera lotta per la sopravvivenza tra le<br />
insidie di una realtà che non mostra la rassicurante<br />
affettazione dei costumi e delle consuetudini,<br />
l’esuberante opulenza delle corti,<br />
l’intrepido valore dei cavalieri, il familiare<br />
retaggio delle tradizioni e dei miti. Nelle sue<br />
peregrinazioni tra Salamanca e Toledo, come<br />
servitore al soldo dei più disparati personaggi<br />
(un vecchio cieco che alla mancanza della<br />
vista supplisce con un’astuzia e una sagacia<br />
senza pari, un prete a cui l’avidità pare essersi<br />
“appiccicata addosso insieme con la veste<br />
talare”, uno scudiero tanto esteriormente devoto<br />
alle forme stantie della vecchia società<br />
nobiliare quanto immiserito e affamato, un<br />
disonesto venditore di bolle, “il più svelto e<br />
sfacciato e il più bravo nel darle via che mi sia<br />
toccato vedere”), Lazzaro attraversa piuttosto<br />
un mondo interamente consegnato all’esercizio<br />
sapiente del sotterfugio, dell’espediente,<br />
dell’ingegno chiamato ogni volta a<br />
nuove invenzioni e più sottili escogitazioni,<br />
dove il valore e la prodezza dell’individuo<br />
non si misurano sulla possenza di un corpo<br />
quasi invulnerabile, raccolto nello sfavillio<br />
di un’armatura che lo nasconde e lo esibisce<br />
a un tempo, ma sull’arte di esercitare la<br />
malizia, la scaltrezza, l’astuzia. Privo di una<br />
lancia, di uno scudo, di un’armatura, ma anche<br />
dell’ingenua sventatezza di un gentiluo-<br />
mo troppo imbevuto di fantasie libresche, il<br />
corpo del giovane Lazzaro si espone senza<br />
riparo alle angherie e alle sopraffazioni del<br />
prepotente di turno, e però esso ne conserva<br />
anche i segni: le botte e le lividure, curate<br />
col vino e con gli unguenti, non scompaiono<br />
nel giro di una pagina o col sopraggiungere<br />
della prossima avventura, ma sedimentano<br />
nell’affinarsi del giudizio, della prontezza,<br />
dell’intuito, di tutto quel bagaglio di esperienza<br />
che consente a un uomo di “vivere in<br />
mezzo a tante fortune, avversità e pericoli”.<br />
L’anonimo autore del Lazarillo annuncia così<br />
i canoni di un nuovo stile del raccontare che<br />
si fa subito genere, quello del romanzo picaresco,<br />
fin dalla pratica usuale e abusata (lo<br />
stesso capolavoro di Cervantes, com’è noto,<br />
non vi resterà immune) della continuazione<br />
illecita: già nel 1555 un altro anonimo s’incarica<br />
di pubblicare una seconda parte della<br />
vita di Lazzaro del Tormes, dove l’ironia e<br />
il disincanto che pervadono il racconto originale<br />
sono sacrificati all’eccesso parodistico<br />
che vede il protagonista imbarcatosi al seguito<br />
di una spedizione in Algeri, rovinosamente<br />
naufragato, miracolosamente mutato<br />
in un tonno, catapultato in una società di pesci<br />
che ripete le falsità, le ipocrisie, i rancori,<br />
le malevolenze della Spagna cinquecentesca.<br />
All’implacabile rigore dell’inquisitore<br />
Fernando de Valdés le sottigliezze dello stile<br />
non sollecitano evidentemente particolare<br />
indulgenza, e raccogliendo i quasi mille titoli<br />
che confluiranno nella prima edizione<br />
dell’Indice dei libri proibiti, apparsa nel 1559,<br />
fa comparire assieme le due parti sotto la<br />
comune voce di “Lazarillo de Tormes, primera<br />
y segunda parte”. Ma quando, nel 1574,<br />
López de Velasco s’incarica di restituire l’opera<br />
al pubblico, la seconda parte scompare<br />
pretesti<br />
| Maggio 2012
38<br />
del tutto, mentre il testo originale, sia pure<br />
nella versione censurata di un “Lazarillo castigado”,<br />
ha già assunto le caratteristiche di<br />
un classico: benché posto all’indice, avverte<br />
Velasco, esso “fu sempre da tutti molto ben<br />
accolto, per la cui ragione, sebbene sia stato<br />
proibito nei nostri regni, si leggeva e stampava<br />
ordinariamente negli altri”.<br />
Commentando il Lazarillo Benedetto<br />
Croce lamentava di<br />
non riuscire a scorgervi la forza<br />
di una pericolosa satira sociale,<br />
ma soltanto “l’assillante e<br />
tormentosa rappresentazione<br />
e ossessione della fame”, di un<br />
“bisogno elementare insoddisfatto<br />
intorno al quale ogni altra<br />
forma di attività è come sospesa<br />
e tutta la vita imperiosamente<br />
costretta a raggirarsi”. E<br />
notava che non si trova in ciò<br />
una condizione straordinaria,<br />
ma soltanto il “caso ordinario<br />
e normale dell’uomo ordinario e normale<br />
che passa da un tentativo all’altro, da uno<br />
all’altro travaglio per collocarsi socialmente<br />
in un posto in cui possa nient’altro che sfamarsi”.<br />
Eppure ciò che in quelle poche pagine<br />
poté attirare i sospetti del Santo Uffizio,<br />
come anche assicurarvi una popolarità che<br />
aggirava perfino l’ostacolo della proibizione<br />
papale, è forse proprio la carica simbo-<br />
lica e trasfigurante che il Lazarillo sa dare a<br />
quell’urgenza materiale e improrogabile, facendone<br />
lo scorcio aperto per uno sguardo<br />
nuovo sulle cose e per una letteratura che<br />
sappia accoglierlo. Non è un caso, allora, che<br />
proprio da un cieco, immune agli ornamenti<br />
tanto smaglianti quanto ingannevoli con cui<br />
la Spagna di Carlo V dissumulava la propria<br />
incombente decadenza, Lazzaro<br />
riceva la prima, fondamentale<br />
lezione della propria<br />
vita, quella di “aprir l’occhio<br />
e stare attento”. E mentre, al<br />
servizio dell’avarissimo prete,<br />
si affanna a escogitare sempre<br />
nuovi e più sottili stratagemmi<br />
per sottrare il pane che quello<br />
tiene sottochiave in una cassa,<br />
Lazzaro enuncia così la legge<br />
segreta delle sue avventure:<br />
“era la fame che mi illuminava<br />
l’intelletto”. È quasi la formula<br />
programmatica di una nuova<br />
sensibilità letteraria, in cui “vediamo cose<br />
che gli uni considerano quisquilie, ma non<br />
son tali per altri”, forse i primi indizi del romanzo<br />
moderno e di una scrittura che, orfana<br />
di imprese leggendarie ed eroiche avventure,<br />
scopre però la capacità di scorgere nella<br />
più piccola vicenda umana un significato<br />
universale e dargli voce in una narrazione.<br />
pretesti | Maggio 2012
39<br />
ITALIANI IN SCENA<br />
di Stefania Stefanelli<br />
Aben guardare, prima ancora della<br />
radio e della televisione, il teatro<br />
è stato un formidabile mezzo<br />
di comunicazione di massa<br />
in grado di intercettare, grazie alla grande<br />
varietà dei suoi generi, pubblici ampi oltre<br />
che socialmente e culturalmente differenziati.<br />
Non stupisce perciò che, anche per la<br />
lingua recitata sulle scene, valga la ormai<br />
celebre metafora di “specchio a due raggi”<br />
coniata per la televisione, a sottolineare la<br />
capacità del mezzo di assimilare le realtà<br />
linguistiche circostanti e, insieme, di rielaborarle<br />
rilanciandole nel contesto sociale<br />
contemporaneo. Questo fatto appariva<br />
particolarmente evidente nel teatro italiano<br />
postunitario, caratterizzato da realtà che in<br />
qualche modo rispecchiavano la situazione<br />
linguistica esistente in una <strong>Italia</strong> recentemente<br />
unificata: da un lato, la vitalità dei<br />
teatri legati ad ambienti locali e dialettali e<br />
di autori come il piemontese Vittorio Bersezio,<br />
il milanese Carlo Bertolazzi, il catanese<br />
Luigi Capuana, il veneziano Giacinto Gallina.<br />
Dall’altro lato, grazie anche all’emergere<br />
del fenomeno dei grandi attori, come<br />
Sulla punta<br />
della lingua<br />
come parliamo,<br />
come scriviamo<br />
Rubrica a cura<br />
dell’Accademia della Crusca<br />
Alamanno Morelli, Eleonora Duse, Ermete<br />
Zacconi che si esibivano con le “compagnie<br />
di giro” nelle loro tournée in <strong>Italia</strong> e all’estero,<br />
tendeva a imporsi un teatro sovraregionale<br />
nei temi e nella lingua.<br />
Questa scissione tra l’eredità dialettale e la<br />
nuova realtà dell’italiano unitario era ben<br />
presente a un grande scrittore come Giovanni<br />
Verga, profondamente calato nella<br />
situazione linguistica della sua Sicilia, che<br />
nelle lettere all’amico e conterraneo Capuana<br />
esprimeva chiaramente la propria<br />
preferenza per l’uso dell’italiano rispetto<br />
al dialetto; un italiano, però, non vincolato<br />
dalla scrittura letteraria, ma vicino a quello<br />
dell’uso comune: «Ascoltando, ascoltando<br />
si impara a scrivere», diceva Verga in una<br />
intervista fattagli da Ugo Ojetti. Da un altro<br />
figlio della terra siciliana, solo di qualche<br />
decennio posteriore a Verga, proviene però<br />
il contributo più importante alla ricerca<br />
dell’italiano teatrale nella prima metà del<br />
novecento. Si tratta di Luigi Pirandello: anche<br />
per lui si poneva un problema immenso,<br />
perché nei suoi anni l’italiano non era ancora<br />
“cosa fatta”; eppure Pirandello ha creato<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
40<br />
una lingua teatrale ricca di tutti quegli elementi<br />
che caratterizzano il parlato spontaneo:<br />
le pause, le interruzioni di un discorso<br />
che viene ripreso e completato dall’interlocutore,<br />
le intonazioni<br />
e, soprattutto, le interiezioni,<br />
quei suoni<br />
come ah, eh, mah che<br />
emettiamo parlando<br />
e che, pur essendo<br />
portatori di significato,<br />
non possono essere<br />
definiti vere e pro-<br />
prie parole. Una lingua<br />
che “funziona”<br />
perfettamente sulla<br />
scena e che genera<br />
un dialogo teatrale<br />
di fluida naturalezza.<br />
Il dialetto, però, era<br />
tutt’altro che scomparso<br />
dalle scene: e<br />
il pensiero va immediatamente<br />
a Eduardo<br />
De Filippo che,<br />
tra l’altro, ha avuto<br />
un rapporto di stima<br />
e di amicizia proprio<br />
Luigi Pirandello<br />
con Pirandello. La sua grandezza consiste<br />
nell’essere riuscito a rappresentare le molteplici<br />
varietà del dialetto napoletano, legate<br />
alle differenti zone della città e ai diversi<br />
strati sociali. Eppure, Eduardo ha scritto anche<br />
celebri commedie in un italiano regionale<br />
campano di larga comprensibilità, rappresentate<br />
con successo nel corso degli anni,<br />
nella determinazione di portare il teatro<br />
napoletano a pubblici più ampi, nazionali,<br />
parlando una lingua capace di comunicare<br />
Per Pirandello si poneva un<br />
problema immenso, perché<br />
nei suoi anni l’italiano non<br />
era ancora “cosa fatta”;<br />
eppure egli ha creato una<br />
lingua teatrale ricca di<br />
tutti quegli elementi che<br />
caratterizzano<br />
il parlato spontaneo.<br />
con gli spettatori di tutte le regioni italiane.<br />
Nella seconda metà del Novecento, grazie<br />
ai mezzi di comunicazione di massa, all’elevamento<br />
dell’età dell’obbligo scolastico,<br />
alle migrazioni interne,<br />
il possesso dell’italiano<br />
dell’uso medio<br />
si è esteso fino a<br />
raggiungere la maggior<br />
parte della popolazione;<br />
una nuova<br />
padronanza linguistica<br />
che ha consentito<br />
di introdurre<br />
nel teatro una vasta<br />
gamma di varietà e<br />
registri. La figura che<br />
più di tutte si è imposta<br />
sulle scene in<br />
questi decenni è stata<br />
quella di Dario Fo.<br />
Fino dalle sue prime<br />
commedie, Fo ha saputo<br />
adattare per la<br />
recitazione l’italiano<br />
regionale lombardo<br />
innestandovi la parodia<br />
dei gerghi della<br />
società contemporanea, come il burocratese<br />
o il politichese. Ma già nella commedia La<br />
colpa è sempre del diavolo, ambientata tra il<br />
XIII e il XIV secolo, faceva la sua comparsa<br />
un personaggio – Brancaleone, cioè il diavolo<br />
– che parlava un dialetto veneto arcaico<br />
d’invenzione. Un ritorno alle origini anche<br />
linguistiche portato poi a compimento in<br />
Mistero buffo mediante l’uso creativo di una<br />
lingua mescidata che fondeva diversi dialetti<br />
lombardo-veneto-friulani con la lingua dei<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
41<br />
giullari medievali: una lingua inventata che<br />
preludeva all’esito estremo del grammelot.<br />
Nel corso degli ultimi anni, molti drammaturghi<br />
hanno portato in scena senza problemi<br />
l’italiano parlato, come Edoardo Erba<br />
che riesce a intessere dialoghi senza intoppi,<br />
in una lingua di marca borghese quasi<br />
priva di inflessioni regionali, mediante l’alternarsi<br />
di battute brevissime, in un interloquire<br />
frammentato tra i vari personaggi.<br />
Anche gli autori delle ultime generazioni<br />
appaiono a loro agio con l’italiano parlato: è<br />
il caso di Fausto Paravidino che scrive commedie<br />
ambientate nell’universo dei giovani,<br />
come Noccioline, nei cui dialoghi emerge<br />
una rappresentazione realistica del parlato<br />
dagli adolescenti di oggi, caratterizzato<br />
dal ricorrere di parole multiuso come tipo o<br />
come il celeberrimo cioè. Il dialetto però non<br />
è morto e torna sulle scene come volontà di<br />
recupero di una memoria individuale e collettiva:<br />
è il toscano arcaico e rurale di Ugo<br />
Chiti, il siciliano duro e difficile di Emma<br />
Dante e quello secco e surreale di Spiro Scimone<br />
che è anche attore dei suoi testi. Sono<br />
i molteplici italiani regionali degli autoriattori<br />
del teatro di narrazione, dal veneto<br />
di Marco Paolini ‒ uno dei primi esponenti<br />
di questo genere teatrale ‒ al romanesco di<br />
Ascanio Celestini, al palermitano di Davide<br />
Enia, al salentino di Mario Perrotta e di Fabrizio<br />
Saccomanno, alle molteplici parlate<br />
dei narratori più giovani che si affacciano<br />
sulle nostre scene.<br />
il dialetto però non è morto e torna sulle scene<br />
come volontà di recupero di una memoria<br />
individuale e collettiva.<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
ALL’OMBRA DEL<br />
GRANDE fIUME<br />
l’anima inquieta del danubio in romania<br />
“<br />
Enon invano esso / è chiamato ospitale”,<br />
cantava Hölderlin del Mar<br />
Nero: così forse lo videro i primi<br />
Germani, quando “sospinti dalle<br />
quiete onde del Danubio”, in un giorno<br />
d’estate, giunsero al delta del grande fiume,<br />
“insieme ai figli del Sole / in cerca di ombra”.<br />
Ma l’ombra non apparve meno fresca<br />
e piacevole agli dèi greci che dal lontano<br />
Olimpo vennero alle fonti del fiume, “alle<br />
sorgenti e alle gialle rive, / dense di aromi<br />
nell’aria e nere / del bosco di pini”, dove le<br />
acque, stillanti da recondite profondità della<br />
terra, sembrano essersi date un segreto<br />
convegno a formare il corso del fiume “che<br />
sembra però quasi andare a ritroso e / io<br />
penso che debba venire / da Oriente”. Per<br />
Hölderlin il Danubio era anzitutto questa<br />
via aperta tra l’Occidente e l’Oriente, questo<br />
confine liquido tra i tempi e gli spazi<br />
42<br />
anima del<br />
mondo<br />
Paesaggi della letteratura<br />
di Luca Bisin<br />
di un’Europa la cui identità è sempre stata<br />
tanto sicura quanto composita e imprecisabile,<br />
tanto categorica quanto fragile e incerta,<br />
sempre sospesa tra un inizio remoto e un<br />
compimento ancora da venire. Forse non è<br />
soltanto la sua imponenza geografica, quasi<br />
una traccia aperta su metà del continente,<br />
a fare la gravità simbolica del Danubio,<br />
ma anche la sua natura di luogo irrimediabilmente<br />
in bilico. La nascita del Danubio<br />
è certo “una questione di grondaie”, come<br />
l’ha definita Claudio Magris, il crescere imprevisto<br />
di un fiume che “nasce alla chetichella”,<br />
come ha scritto Paolo Rumiz, lungo<br />
il confluire inaspettato di corsi d’acqua che,<br />
tra le montagne della Foresta Nera, ancora<br />
si contendono il privilegio dell’inizio, il<br />
vanto di essere già Danubio. Ma la fine del<br />
grande fiume, laggiù sulle sponde che Hölderlin<br />
voleva ospitali e ombrose, non è poi<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
43<br />
meno inquieta: dopo 2900 chilometri di un<br />
corso tortuoso e bizantino ma abbastanza<br />
certo da accostarvi città e tracciarvi confini,<br />
il fiume si scioglie infine in una caotica esuberanza<br />
di canali, rivoli, laghi, acquitrini,<br />
paludi, uno zibaldone vasto e indistinto di<br />
acqua e vegetazione. Non è neppure davvero<br />
una fine ma piuttosto, come scriveva<br />
Magris, un incessante finire, “un verbo<br />
all’infinito presente”.<br />
Forse, era questo stesso<br />
sentimento di un<br />
confine non davvero<br />
segnato, più presagito<br />
che visto, a rendere<br />
le sponde del Mar<br />
Nero tutt’altro che<br />
ospitali per il poeta<br />
Ovidio, il quale ven-<br />
ne esiliato in questa<br />
regione dall’imperatore<br />
Augusto nell’8<br />
a.C., “spedito alle<br />
foci dell’Istro dalle<br />
sette braccia”, e vi<br />
trascorse i suoi ultimi<br />
anni nella pena<br />
inconsolabile per il<br />
Claudio Magris<br />
perduto Occidente, nella dolente afflizione<br />
di un luogo che gli appariva irrimediabilmente<br />
vago: “a nessuno fu assegnata una<br />
terra più lontana; / più lontano di questa<br />
non vi è niente, se non freddo e nemici, /<br />
e l’acqua del mare che si stringe in solido<br />
ghiaccio”. Ovidio non scorgeva più nulla<br />
oltre le bocche dell’Istro, ma la sua inquietudine<br />
era forse piuttosto dovuta al sentore<br />
di un confine liquido, di un altrove che si<br />
avvista soltanto nello spandersi delle acque<br />
le une sulle altre. Non è, allora, per il sem-<br />
Non è neppure davvero<br />
una fine ma piuttosto,<br />
come scriveva magris, un<br />
incessante finire, “un verbo<br />
all’infinito presente”.<br />
plice gusto di un paradosso che Vintilă Horia,<br />
nel romanzo Dio è nato in esilio (a cui nel<br />
1960 viene assegnato un premio Goncourt<br />
che l’autore, per le sue controverse idee politiche,<br />
non potrà ritirare), poté fare dell’esilio<br />
di Ovidio la cifra stessa di una condizione<br />
così profondamente segnata dalla<br />
nostalgia senza nome. “Mi aggiravo per<br />
le stanze, uscivo in giardino, cercavo dappertutto<br />
qualcosa che<br />
potesse ricordarmi<br />
Roma, che mi avrebbe<br />
consentito di vivere<br />
in esilio”, fa dire<br />
Horia al suo Ovidio<br />
subito dopo che questi<br />
ha appreso la sentenza<br />
di condanna.<br />
Cercare dappertutto<br />
un segno della propria<br />
casa, nel presa-<br />
gio convulso di averla<br />
irrimediabilmente<br />
perduta, è stato in<br />
effetti il destino condiviso<br />
da più di uno<br />
scrittore romeno,<br />
chi per una sentenza<br />
della storia, chi per un indocile affanno<br />
interiore: la sensazione che Emil Cioran dichiarava<br />
di aver avuto per tutta la vita, “essere<br />
stato allontanto dal mio vero luogo”,<br />
trova un’eco esatta nella confessione con<br />
cui Eugène Ionesco asseriva di non essere<br />
“né qui né là, fuori di tutto”. La lente della<br />
distanza e della memoria trasfigura i luoghi<br />
dell’origine, che assumono i contorni<br />
bucolici della vita pastorale, del paesaggio<br />
idilliaco e contadino (come nel Diario di un<br />
contandino del Danubio, di Horia), o la vitali-<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
44<br />
tà ribelle e multietnica della Brăila di Painat<br />
Istrati. Insopportabile a Ovidio, la regione<br />
del delta è dolce nella memoria di Mircea<br />
Eliade, che al seguito del padre, ufficiale<br />
dell’esercito, trascorse un pezzo d’infanzia<br />
a Cernavodă: “Nei miei ricordi, quel tempo<br />
trascorso tra il Danubio e le colline color<br />
mattone, dove crescevano rose selvatiche<br />
e piccoli fiori con petali dal colore tenue, è<br />
Mircea Eliade<br />
sempre illuminato di sole”. Ma questa memoria<br />
trasfigurante è in fondo ancora il segno<br />
di una transumanza spirituale di cui<br />
proprio il Danubio è forse in Romania la figura<br />
più fedele, nella sua sfuggente natura<br />
di un flusso che sembra scorrere a ritroso.<br />
Del resto, è solo per trovare la propria fine<br />
– una fine, però, che è un verbo all’infinito<br />
presente – che il grande fiume entra davvero<br />
in Romania: per cinquecento chilome-<br />
tri, doppiate le Porte di Ferro, esso la costeggia<br />
piuttosto come un confine a cui un<br />
unico ponte, tra le città di Giurgiu e Ruse,<br />
restituisce la condizione di poter essere<br />
davvero attraversato, come una presenza<br />
schiva e appartata, senza incontrare l’appariscente<br />
grandezza di una capitale o la maestosa<br />
bellezza di un paesaggio fiabesco.<br />
La tocca appena, come può toccarci una soglia<br />
che non è un qui, né un là, e nondimeno<br />
sa darci un luogo e un rimpianto, l’afflizione<br />
dolente di una casa che bisognerà<br />
conservare soprattutto nel ricordo, “come<br />
se il tempo avesse una voce e la si potesse<br />
udire in un solo punto della terra: qui”.<br />
“Nei miei ricordi, quel tempo<br />
trascorso tra il danubio e le<br />
colline color mattone, dove<br />
crescevano rose selvatiche<br />
e piccoli fiori con petali<br />
dal colore tenue, è sempre<br />
illuminato di sole”<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
L’ARTE<br />
“DELIZIOSA”<br />
DEL DELITTO<br />
Agatha Christie, ovvero il cibo come maschera mortale<br />
di Fabio Fumagalli<br />
alta cucina<br />
Leggere di gusto
46<br />
La scrittura di libri gialli ha sempre<br />
celato al suo interno un profondo<br />
legame con l’arte culinaria. Molte<br />
volte ricette e pasti servono per far<br />
risaltare al lettore la particolare atmosfera<br />
che pervade la trama del romanzo: in che<br />
modo ambientare personaggi e vicende di<br />
un thriller in città come Parigi, Roma e New<br />
York (solo per citare i casi più eclatanti) senza,<br />
nel contempo, evocare gli odori e i sapori<br />
precipui di questi ambienti? Altre volte,<br />
invece, è il cibo stesso<br />
a presentarsi come il<br />
protagonista della trama:<br />
esso può diventare,<br />
all’occhio esperto<br />
del detective di turno,<br />
più tagliente di una<br />
lama, più minaccioso<br />
di una pistola. Lo<br />
scopo ultimo del giallista<br />
sembra così essere<br />
quello di instaurare<br />
nelle pieghe dell’intreccio,<br />
al fine di creare<br />
un legame tra lettore e personaggi, un elemento<br />
apparentemente innocuo che possa<br />
rispondere a una passione comune ai due<br />
termini della relazione. E il cibo può svolgere<br />
perfettamente questa funzione. Non<br />
sembra dunque una coincidenza se Agatha<br />
Christie, madrina indiscussa del giallo, sia<br />
stata una maestra tanto ai fornelli quanto<br />
alla macchina da scrivere. In effetti, la “Duchessa<br />
della morte” (come Agatha preferiva<br />
farsi chiamare) amava la buona cucina,<br />
tentando sempre nei suoi innumerevoli romanzi<br />
di dare dignità a una tradizione culinaria,<br />
quella anglosassone, tanto ingiustamente<br />
denigrata. È lecito però avvertire in<br />
La “duchessa della<br />
morte” (come agatha<br />
preferiva farsi chiamare)<br />
amava la buona cucina,<br />
tentando sempre nei suoi<br />
innumerevoli romanzi<br />
di dare dignità a una<br />
tradizione culinaria, quella<br />
anglosassone, tanto<br />
ingiustamente denigrata.<br />
anticipo il lettore. Nella sua scrittura, ella<br />
non ha solo riversato ad abundantiam le prelibatezze<br />
delle vita, ma anche, com’è ovvio,<br />
le ambiguità e i pericoli che a ogni piè sospinto<br />
si nascondono dietro l’inquietante<br />
mondo rappresentato nel romanzo giallo. Il<br />
cibo tende perciò ad assumere l’aspetto di<br />
una maschera: dietro una facciata deliziosa,<br />
come può essere quella di una torta di<br />
mele o di un pudding al cioccolato, può celarsi<br />
in realtà il male, il delitto, la sottile arte<br />
dell’avvelenamento.<br />
A questo proposito,<br />
tornano alla mente alcune<br />
parole della nostra<br />
giallista: “Non so<br />
assolutamente nulla<br />
sulle armi da fuoco né<br />
su come si maneggiano.<br />
Ecco perché uccido<br />
i miei personaggi<br />
con il veleno, che ha<br />
il vantaggio di essere<br />
pulito e sa solleticare<br />
la mia immaginazione”.<br />
Tale predilezione per le sostanze venefiche<br />
sembra derivare, oltre che da un gusto<br />
puramente estetico, anche da un episodio di<br />
vita della nostra autrice, il quale ha scatenato<br />
la fantasia di numerosi biografi: durante<br />
la Grande Guerra, Agatha Christie prende<br />
servizio come infermiera nell’ospedale della<br />
sua città natale, Torquay, entrando così<br />
in contatto, restandone incantata, con innumerevoli<br />
“Boccette verdi e blu… dove si<br />
trova il sonno, il riposo, l’oblio dai dolori,<br />
e pure la minaccia, l’omicidio, la morte improvvisa…”,<br />
come ella stessa scrive in una<br />
poesia dal titolo In un dispensario. Tornando<br />
a considerazioni meno sinistre, senza dub-<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
47<br />
bio Agatha fu una buongustaia fin dalla sua<br />
infanzia. Recandosi periodicamente in visita<br />
dalla prozia Margaret, suocera di suo padre,<br />
scopre nella dispensa della grande casa<br />
vittoriana un’enorme scorta di viveri che<br />
immediatamente affascina e rapisce la giovane<br />
Agatha: legumi secchi,<br />
frutta candita, burro, cioccolato,<br />
farina, chili di zucchero<br />
e qualche liquore. Tutti ottimi<br />
elementi per creare, nella<br />
smisurata fantasia delle<br />
ragazza, una torta deliziosa.<br />
Quest’ultima prende forma<br />
e sostanza in particolare<br />
all’interno di uno dei dodici<br />
romanzi dedicati al personaggio<br />
di Miss Marple (figurazione<br />
artistica, secondo<br />
alcuni acuti critici letterari,<br />
proprio della prozia Marga-<br />
ret), dal titolo Un delitto avrà luogo. Qui la<br />
storia, ingarbugliata e intricata come non<br />
mai, ruota attorno a un annuncio pubblicato<br />
sul giornale locale di Chipping Cleghorn,<br />
un piccolo e ordinario villaggio inglese, nel<br />
quale viene “previsto” anticipatamente un<br />
omicidio. La scena che a noi interessa però<br />
si svolge in una cucina, a omicidio già avvenuto,<br />
dove troviamo Letitia Blacklock,<br />
proprietaria del villino “Little Paddocks”<br />
in cui è avvenuto l’orribile delitto, intenta a<br />
preparare un “dolce squisito”, una torta al<br />
cioccolato soprannominata “Delizia mortale”.<br />
E mortale sarà proprio il suo effetto,<br />
se, dopo averla assaggiata, Bunny, che sembra<br />
essere a conoscenza di molti dettagli<br />
sull’assassinio, muore avvelenata. Ecco così<br />
svelata, in tutta la sua intrigante fascinazione,<br />
l’arte ‘deliziosa’ del delitto<br />
di Agatha Christie. Gli<br />
ingredienti che la compongono<br />
sono semplici, ma l’effetto<br />
finale è sorprendente.<br />
Innanzitutto, preriscaldate<br />
il forno a 180 gradi. Prendete<br />
120 g di burro e mettetelo<br />
in uno stampo, passandolo<br />
in forno per scioglierlo.<br />
Mentre aspettate, prendete<br />
100 g di uva passa e tagliate<br />
gli acini mettendoli a bagno<br />
in tre cucchiai di Cointreau<br />
(o di un altro liquore,<br />
Il cibo tende ad assumere l’aspetto di una maschera: dietro<br />
una facciata deliziosa, come può essere quella di una torta<br />
di mele o di un pudding al cioccolato, può celarsi in realtà il<br />
male, il delitto, la sottile arte dell’avvelenamento.<br />
purché di agrumi). Dopo esservi procurati<br />
250 g di cioccolato fondente, fatelo fondere<br />
in una casseruola a bagnomaria, quindi aggiungete<br />
il burro fuso e mescolate il tutto<br />
fino a ottenere una crema omogenea. Ora,<br />
procuratevi 6 uova. Dopo averle rotte, separate<br />
i tuorli dagli albumi e unite i tuorli<br />
al cioccolato fuso. Aggiungete al tutto 100<br />
g di zucchero. Lavorate ciò che avete ottenuto<br />
con una frusta (manuale od elettrica)<br />
fino a che il composto non sarà completamente<br />
liscio. Ora, tocca agli albumi. Mon-<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
48<br />
tateli a neve e incorporateli alla preparazione,<br />
versandovi inoltre 40 g di farina e 50 g<br />
di zucchero. Imburrate lo stampo con 30 g<br />
di burro, versatevi il composto che avete ottenuto,<br />
cospargete con l’uva passa scolata<br />
dal liquore e fate cuocere in forno a 180° per<br />
circa mezz’ora. Per dare un tocco speciale<br />
al piatto così elaborato, potete aggiungere<br />
della crema inglese. L’operazione è semplice:<br />
scaldate un litro di latte intero con 2<br />
baccelli di vaniglia divisi a metà. In una ter-<br />
rina, montate con la frusta 8 tuorli con 200 g<br />
di zucchero mentre versate il latte. Mettete<br />
il tutto sul fuoco a bassa intensità, lavorandolo<br />
con una spatola. La crema sarà pronta<br />
quando velerà la spatola. A fine cottura eliminate<br />
la vaniglia. Ora non resta che servire<br />
in tavola questo dolce, prendendo la torta e<br />
cospargendola con piccole quantità di crema<br />
inglese. Come dite? Manca qualcosa a<br />
questa “Delizia mortale”? Quello solo se gli<br />
ospiti che avete in tavola non sono graditi.<br />
torta al cioccolato<br />
(“delizia Mortale”)<br />
Ingredienti (per 10 persone):<br />
250 g di cioccolato fondente<br />
100 g di uva passa<br />
6 uova<br />
150 g di zucchero<br />
150 g di burro<br />
40 g di farina<br />
40 g di Cointreau<br />
Per la crema inglese<br />
1 l di latte intero<br />
2 baccelli di vaniglia<br />
8 tuorli<br />
200 g di zucchero<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
49<br />
L’anima nera dell’<strong>Italia</strong><br />
Noi Diabolik. Il re del terrore<br />
di angela e Luciana giussani.<br />
Ufficialmente Diabolik uscì in <strong>Italia</strong> il Primo<br />
novembre 1962. Fra poco ne celebreremo<br />
il compleanno con cinquanta candeline e<br />
la Mondadori, su licenza della casa editrice<br />
Astorina, ne festeggia l’anniversario con una<br />
serie digitale di cinquanta numeri che è terminata<br />
lo scorso 12 aprile. Le sorelle Angela e<br />
Luciana Giussani sono le autrici di un’avventura<br />
per fumetti che ha attraversato l’<strong>Italia</strong><br />
negli ultimi anni del boom<br />
economico e che ci ha preparato<br />
ad amare in un personaggio<br />
cupo, misterioso<br />
e diabolico la nostra anima<br />
più nera. Diabolik è il male<br />
che noi siamo. Un male che<br />
cambia volto, anzi che del<br />
trasformismo ha fatto la<br />
propria carta vincente.<br />
Sono trascorsi cinquant’anni<br />
dal primo numero della<br />
serie e l’omicidio della marchesa<br />
Eleonora De Semily<br />
(la prima vittima del “Re<br />
del terrore”) continua ancora<br />
a turabarci, ricordandoci<br />
quel senso di innocenza perduta che è<br />
andato via via crescendo nella società italiana<br />
con il passare dei decenni. Forse l’innocenza<br />
l’abbiamo persa, come molti sociologi<br />
hanno scritto, con l’omicidio Montesi nel<br />
1953, primo caso di cronaca nera in <strong>Italia</strong> a<br />
popolare le pagine di tutti i giornali dell’epoca<br />
con grande clamore e annesso scandalo<br />
politico. Diabolik sembra essere lì, pronto a<br />
uscire dalle sabbie di Torvaianica. E invece<br />
uscirà dalla fantasia di due sorelle milane-<br />
recensioni<br />
si, con un linguaggio enfatico e un tratto accattivante<br />
in un formato tascabile, per tutti.<br />
Il male per tutti, perché i desideri di Diabolik<br />
sono i nostri sogni: la ricchezza, le belle donne,<br />
le auto, l’impunità.<br />
Forse è per questo che il personaggio delle sorelle<br />
Giussani ci colpisce e ci affascina ancora<br />
oggi, forse è per questo che quasi ne sorridiamo<br />
e la nostra paura diventa dolce e colma<br />
di ilarità. Diabolik non ci fa<br />
paura. Come potremmo avere<br />
paura di noi stessi? Allora ecco<br />
un italico sorriso dietro quelle<br />
avventure folli, un sorriso che<br />
diventa ghigno quando ci togliamo<br />
la maschera insieme a<br />
Diabolik. Dove c’è un intrigo<br />
c’è lui, dove c’è un depistaggio<br />
c’è lui, dove c’è una bella<br />
donna, Elisabeth o Eva, c’è lui.<br />
O meglio ci siamo noi. Non è<br />
stato un caso che Angela Giussani<br />
abbia cominciato a lavorare<br />
nella casa editrice del marito<br />
Gino Sansoni occupandosi<br />
di una collana per ragazzi. Le<br />
sarà servito a rendere simpatico quel personaggio<br />
così diabolico e solo con la simpatia,<br />
si sa, può darsi una catarsi, una liberazione.<br />
Le azioni sono ingigantite, le parole sono roboanti<br />
(“il giovane Garian, che in apparenza<br />
sembrava molto felice, ha una grave spina<br />
nel cuore”), i lineamenti dei visi dei personaggi<br />
sono esaltati: così entriamo nella scena<br />
e subito ne usciamo per vergogna. Siamo noi<br />
i protagonisti. Siamo noi che allora e sempre<br />
siamo Diabolik. Possiamo più farne a meno?<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
50<br />
letterature<br />
2012<br />
e gli altri eventi del mese<br />
LETTERATURE 2012<br />
“Letterature”, lo storico festival della capitale, taglia<br />
il traguardo delle undici edizioni dopo aver ospitato,<br />
nel corso degli anni precedenti, centinaia di scrittori<br />
italiani e stranieri. Presso la Basilica di Massenzio,<br />
al Foro Romano, verrà riproposta la collaudata formula<br />
che ha reso popolare questo evento culturale:<br />
gli autori invitati leggeranno alcuni loro testi inediti<br />
aventi come tema centrale la dicotomia semplice/<br />
complesso. Accanto a scrittori italiani molto noti,<br />
come, ad esempio, Alessandro Piperno, Silvia Avallone<br />
ed Erri De Luca, parteciperanno anche autori<br />
stranieri del calibro di Amos Oz, Michael Connelly<br />
e Robert Hass. Proprio quest’ultimo, poeta di primo<br />
piano nel panorama letterario internazionale, inaugurerà<br />
il 22 maggio un’intera serata dedicata alla poesia<br />
italiana, con letture dei grandi poeti del secondo<br />
Novecento scomparsi nell’ultimo decennio. Dal 16<br />
al 21 giugno<br />
èSTORIA – VIII FESTIVAL INTERNAZIONALE<br />
DELLA STORIA<br />
Ambientato a Gorizia, città da sempre crocevia di<br />
culture e lingue diverse, l’VIII Festival Internazionale<br />
della Storia vedrà la partecipazione dei più eminenti<br />
studiosi, scrittori e giornalisti che hanno fatto<br />
della Storia l’oggetto principale della loro ricerca.<br />
Figura portante dell’intera rassegna sarà quella del<br />
Profeta, colui il quale, possedendo la capacità di immaginare<br />
e progettare il futuro, è in grado di creare la<br />
Storia. Attraverso una serie di dibattiti, incontri, interviste,<br />
presentazioni di novità editoriali, spettacoli<br />
e mostre, prenderanno la parola, tra gli altri, Marcello<br />
Veneziani, Luciano Canfora, Mimmo Franzinelli,<br />
Marco Santagata, Tullio Avoledo e Corrado Augias.<br />
Come avviene dall’edizione del 2007, èStoria 2012<br />
proporrà una specifica programmazione di viaggi<br />
storici-turistici a bordo di èStoriabus, pullmann guidato<br />
da uno storico di professione che, in veste di<br />
cicerone, accompagnerà i passeggeri alla scoperta di<br />
appuntamenti<br />
varie località del Friuli Venezia Giulia di particolare<br />
rilevanza culturale. Dal 17 al 20 maggio<br />
“PAROLE SPALANCATE – FESTIVAL INTERNA-<br />
ZIONALE DI POESIA”<br />
Giunto ormai alla diciottesima edizione, prende il<br />
via, al Palazzo Ducale di Genova, Parole Spalancate<br />
- Festival Internazionale di Poesia. Come ogni<br />
anno verranno organizzati oltre 100 eventi gratuiti<br />
tra letture, perfomance, concerti e incontri, che si<br />
snoderanno lungo tutto il centro storico della città<br />
ligure. Due le date salienti che caratterizzeranno l’evento:<br />
venerdì 8 giugno, dalle ore 17 in poi, avrà luogo<br />
la Notte della Poesia, che invaderà palazzi, giardini,<br />
piazze e locali di via Garibaldi e dei quartieri<br />
di Maddalena e del Ghetto; Sabato 16 giugno dalle<br />
ore 9 di mattina fino alle 2 di notte ci sarà il grande<br />
appuntamento con Bloomsday, la lettura integrale<br />
dell’Ulysses di Joyce in una ventina di luoghi caratteristici<br />
del centro storico genovese da parte di un centinaio<br />
di appassionati interpreti. Da ricordare inoltre<br />
le due produzioni originali del festival, una dedicata<br />
a Edgar Allan Poe e l’altra a Paul Valéry. Dal 7 al 17<br />
giugno<br />
CAFFE’ COPENAGHEN<br />
Per la prima volta nella storia culturale milanese,<br />
la Danimarca prenderà possesso della capitale economica<br />
italiana. A partire dal 16 maggio si apre infatti<br />
“Caffè Copenaghen”, il primo festival dedicato<br />
esclusivamente alla cultura danese. La rassegna, per<br />
più di un mese, occuperà svariati luoghi di Milano,<br />
famosi e non: l’Apollo spazio Cinema, la Mediateca<br />
Santa Teresa, il Piccolo Teatro Studio solo per citare<br />
alcuni esempi. Sul fronte letterario, grazie all’organizzazione<br />
della casa editrice Iperborea, si vedrà<br />
la partecipazione di alcuni tra i più importanti autori<br />
danesi contemporanei: Olav Hergel, Janne Teller,<br />
Sara Blaedel e Anne Marie Mastrand-Jorgesen.<br />
Dal 16 maggio<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
51<br />
Tweets<br />
@gaspareamato<br />
gennaio-aprile 2012:<br />
libri comprati:2<br />
ebook scaricati: 15.<br />
@ViolaVenturelli<br />
Giovani che diventano<br />
milionari autopubblicando in<br />
formato ebook i propri romanzi<br />
nel cassetto.<br />
Bookbugs<br />
@il_letterino<br />
non importa quanto costa fare<br />
gli ebook, importa quanto gli<br />
utenti vogliono pagarlo.<br />
@Pianeta_eBook<br />
I #tablet continuano la loro ascesa:<br />
sempre più lettori di #eBook li<br />
preferiscono agli eReader secondo<br />
una ricerca BISG.<br />
@NewsPennyebook<br />
Pennyebook: gli #ebook di<br />
Android ignorano Google<br />
Books: non c’è integrazione tra<br />
i libri di carta e quelli di bit<br />
@nascpublish<br />
effettivamente non ho<br />
ancora convinto mia moglie<br />
a passare agli #ebook …<br />
@5AdicoXtina<br />
Scrivere in ebook, scrivere sui<br />
muri, scrivere sulle magliette:<br />
insomma scrivere dappertutto<br />
purché si legga.<br />
pretesti|<br />
Maggio 2012
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pretesti<br />
Occasioni di letteratura digitale<br />
<strong>PreTesti</strong> • Occasioni di letteratura digitale<br />
Maggio 2012 • Numero 5 • Anno II<br />
<strong>Telecom</strong> <strong>Italia</strong> S.p.A.<br />
Direttore responsabile:<br />
Daniela De Pasquale<br />
Direttore editoriale:<br />
Roberto Murgia<br />
Coordinamento editoriale:<br />
Francesco Baucia<br />
Direzione creativa e progetto grafico:<br />
Fabio Zanino<br />
Alberto Nicoletta<br />
Redazione:<br />
Sergio Bassani<br />
Luca Bisin<br />
Fabio Fumagalli<br />
Patrizia Martino<br />
Francesco Picconi<br />
Progetto grafico ed editoriale:<br />
Hoplo s.r.l. • www.hoplo.com<br />
In copertina: Francesco Fioretti<br />
L’Editore dichiara la propria disponibilità ad adempiere agli obblighi<br />
di legge verso gli eventuali aventi diritto delle immagini pubblicate<br />
per le quali non è stato possibile reperire il credito.<br />
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