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Contributo Paestum Mura - Università degli Studi di Salerno

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Fondazione<br />

<strong>Paestum</strong><br />

Tekmeria 8.1<br />

ministero per i<br />

Beni e le attività<br />

Culturali<br />

soprintendenza<br />

per i Beni<br />

archeologici<br />

delle Province <strong>di</strong><br />

salerno, avellino,<br />

Benevento,<br />

Caserta<br />

museo<br />

archeologico<br />

Nazionale <strong>di</strong><br />

<strong>Paestum</strong><br />

università <strong>degli</strong><br />

stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> salerno<br />

Dipartimento <strong>di</strong><br />

Beni Culturali<br />

<strong>Paestum</strong><br />

I - Le mura.<br />

Il tratto da Porta sirena alla Postierla 47<br />

Marina Cipriani e Angela Pontrandolfo<br />

ESTRATTO Fausto Longo<br />

Scavi<br />

Ricerche<br />

Restauri<br />

Le mura tra descrizione e rappresentazione<br />

dal Cinquecento ai primi decenni del Novecento


14 CApitolo i<br />

I.2 - le mura tra deScrizione e rappreSentazione dal cinquecento ai primi decenni del novecento<br />

Una serie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> e contributi pubblicati in questi ultimi cinquant’anni 1 hanno chiarito come i ruderi della<br />

città – e tra questi anche le mura – fossero ben noti alla cultura locale, ed in generale a quella napoletana,<br />

sin dal Cinquecento, quin<strong>di</strong> ben prima delle visite <strong>degli</strong> eru<strong>di</strong>ti e dei viaggiatori stranieri del Settecento. Attraverso<br />

l’esame <strong>di</strong> testi ed immagini cercheremo <strong>di</strong> tratteggiare per gran<strong>di</strong> linee come la cinta muraria <strong>di</strong><br />

<strong>Paestum</strong> sia stata percepita tra il Cinquecento e i primi gran<strong>di</strong> interventi <strong>di</strong> scavo e <strong>di</strong> restauro <strong>degli</strong> anni<br />

Trenta del secolo scorso 2 .<br />

L’ottimo stato <strong>di</strong> conservazione delle mura è ricordato per la prima volta in una lettera <strong>di</strong> Pietro Summonte<br />

inviata a Marcantonio Michiel il 20 marzo del 1524 nella quale si fa riferimento <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> 3 . L’imponenza<br />

dei resti della fortificazione era tale che agli stessi abitanti locali non sfuggiva il ricordo dell’antica città le<br />

cui strutture sono menzionate in due atti, rispettivamente del 1560 e del 1566, oggi conservati all’Archivio<br />

<strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Napoli 4 . Nel secondo dei due documenti, nel quale si elencano i beni della città <strong>di</strong> Capaccio, nel<br />

parlare della località Gaudo si fa riferimento alla porta dell’antica città (la Porta del Gaudo 5 , oggi nota<br />

come Porta Aurea) e al tratto nord-occidentale delle mura che costituiva il limite meri<strong>di</strong>onale della suddetta<br />

località.<br />

Brevissimi riferimenti alle mura <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> sono presenti in numerosi testi ancora alla fine del XVI e in<br />

tutto il XVII secolo come ad esempio nell’opera <strong>di</strong> Scipione Mazzella 6 , al quale attingono G. Ens nelle Deliciae<br />

Italiae 7 e J. Hondt nelle Nova et accurata Italiae 8 , e poi ancora nel volume del 1609 <strong>di</strong> Michele Zappulli<br />

9 , un avvocato eru<strong>di</strong>to originario <strong>di</strong> Capaccio, nel manoscritto del 1618 <strong>di</strong> Geronimo Maza 10 , nel libro<br />

del 1640 <strong>di</strong> Ottavio Beltrano de<strong>di</strong>cato al Regno <strong>di</strong> Napoli 11 e, infine, nel manoscritto del frate agostiniano<br />

Luca Mandelli sulla Lucania sconosciuta scritto tra il 1650 e il 1672 12 . Si tratta solo <strong>di</strong> brevi cenni su questi<br />

ruderi che circondavano una città dominata dai resti dei gran<strong>di</strong> templi verso i quali era destinata principalmente<br />

l’attenzione dei primi osservatori.<br />

Se le informazioni sulla lunghezza delle mura, presenti in alcuni autori del Seicento, è approssimativa 13 ,<br />

del tutto errata è invece la descrizione della tecnica muraria che fa ad esempio Zappulli il quale non solo<br />

in<strong>di</strong>ca i blocchi come <strong>di</strong> marmo, ma aggiunge che essi erano connessi da piombo così come ripeteranno più<br />

1) Sulle prime memorie delle rovine pestane si vedano lAng 1950; mustilli 1959; lAvegliA 1971; Chiosi - mAsColi - vAllet<br />

1986, 18-23; G. vAllet, in <strong>Paestum</strong> 1989, 27-28.<br />

2) Per un’ampia raccolta antologica <strong>di</strong> testi, <strong>di</strong>pinti, stampe grafiche e fotografiche relative alle mura <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> e per un puntuale<br />

commento si rinvia a longo 2010.<br />

3) niColini 1922, 42 e ss.; lAvegliA 1971, 194; Chiosi - mAsColi - vAllet 1986, scheda 1; mello 1990, 17.<br />

4) Il primo documento, tratto dal Liber documentarum Regiae Camerae, è relativo ad una causa promossa dalla Sommarìa, un<br />

ufficio istituito nel Regno <strong>di</strong> Napoli da Carlo I d’Angiò per riscuotere i tributi, contro il vescovo <strong>di</strong> Capaccio per riven<strong>di</strong>care un<br />

terreno al demanio: cfr. lAvegliA 1971, 197. Il secondo, sempre relatico alla Sommarìa, è invece un documento in cui si descrivono i<br />

limiti della località Gaudo, per cui cfr. lAvegliA 1971, 196.<br />

5) La porta è così chiamata ancora all’inizio dell’Ottocento: cfr. ruggiero 1888, 460.<br />

6) mustilli 1959, 112; lAvegliA 1971, 193; Chiosi - mAsColi - vAllet 1986, scheda 2; mello 1990, 17-18.<br />

7) ens 1609, 143 (non vi<strong>di</strong>).<br />

8) Chiosi - mAsColi - vAllet 1986, scheda 6; mello 1990, 19-20.<br />

9) mustilli 1959, 112; Chiosi - mAsColi - vAllet 1986, scheda 3; mello 1990, 18.<br />

10) lAvegliA 1971, 199; Chiosi - mAsColi - vAllet 1986, scheda 9; mello 1990, 20.<br />

11) CosimAto 1984, 127 e ss.; mello 1990, 23.<br />

12) lAvegliA 1971, 198; Chiosi - mAsColi - vAllet 1986, scheda 7; <strong>Paestum</strong> 1989, 89; mello 1990, 22.<br />

13) Tre miglia passi in Zappulli; tremila passi in Maza; quattro miglia in Beltrano. Nel secolo successivo il Gatta in<strong>di</strong>ca la lunghezza<br />

delle mura in tre miglia italiane (gAttA 1723, 13), poi corretto in quattro miglia circa (gAttA 1732, 264), l’Odoar<strong>di</strong> in quattro<br />

miglia (Relazione ‘ad limina’ del 1734 per cui cfr. mello 1990, 25) e l’Antonini in due miglia e mezzo (Antonini 1745, 220).


Le mura <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> e la loro percezione nel tempo<br />

tar<strong>di</strong> anche il Volpi 14 , il Gatta 15 e persino il Bamonte 16 . A tali autori, d’altra parte, poco interessava verificare<br />

l’esattezza delle informazioni, in molti casi ricopiate, senza alcuna verifica, da altri scrittori; talvolta, si<br />

ricorreva anche alle medesime espressioni.<br />

La rappresentazione <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> che prende forma in questi primi documenti è quella <strong>di</strong> una città abbracciata<br />

dalle palu<strong>di</strong> e dagli acquitrini che erano causa anche del clima malsano <strong>di</strong> questo territorio: così appare<br />

la città già nelle opere <strong>di</strong> Scipione Mazzella e <strong>di</strong> Geronimo Maza e poi ancora nello stesso Zappulli.<br />

L’immagine <strong>di</strong> una città quasi emergente dall’acqua, certamente dovuta alle esondazioni del Salso e ad<br />

una serie <strong>di</strong> piccole sorgenti esistenti in prossimità delle mura, resterà tale fino alle recenti bonifiche dei primi<br />

decenni del secolo scorso e, pertanto, ne ritroviamo accenni ancora in autori successivi, quali ad esempio<br />

Antonini 17 , Romanelli 18 e Palatino 19 . Il ristagno delle acque calcaree fu la causa della formazione <strong>di</strong> un banco<br />

<strong>di</strong> conglomerato che con il tempo finì non solo per nascondere parte del fronte delle mura, ma anche alcune<br />

strutture all’interno stesso del perimetro urbano.<br />

La descrizione dei resti monumentali della città e, quin<strong>di</strong> anche delle mura, <strong>di</strong>viene sempre più frequente,<br />

ed anche più dettagliata, nel corso del XVIII secolo anche se non mancano certo errori e confusioni dovute<br />

all’assenza <strong>di</strong> una visita <strong>di</strong>retta del sito. Spesse come due carrozze sono ricordate le mura nell’opera <strong>di</strong> Giovanni<br />

Battista Pacichelli 20 che commette l’errore del Zappulli nel sostenere che i blocchi fossero in marmo.<br />

Da segnalare nel lavoro <strong>di</strong> Pacichelli è anche la confusione relativamente alla denominazione <strong>di</strong> porta coverta<br />

assegnata erroneamente a Porta Marina; la definizione, in ogni caso, consente <strong>di</strong> dedurre che già<br />

all’inizio del Settecento solo una delle porte (evidentemente Porta Sirena) conservava ancora la copertura.<br />

Imprecisioni sono presenti anche nella descrizione <strong>di</strong> Costantino Gatta nella Lucania illustrata del 1723,<br />

opera nella quale è specificata la lunghezza, lo spessore, l’altezza e la tecnica <strong>di</strong> costruzione della cinta muraria<br />

con la già citata inesattezza della presenza del piombo utilizzato per la giuntura dei blocchi. L’errore<br />

viene ripetuto nell’e<strong>di</strong>zione ampliata del 1732 pubblicata con una prefazione del figlio Gherardo Saverio<br />

con il titolo <strong>di</strong> Memorie topografiche-storiche della Provincia <strong>di</strong> Lucania. Queste imprecisioni saranno rimarcate<br />

con toni critici da Giuseppe Antonini, in polemica soprattutto con il Volpi 21 . Quest’ultimo, nella<br />

seconda e<strong>di</strong>zione delle sue Cronologie de’ Vescovi pestani 22 , terrà conto delle critiche dell’Antonini il quale<br />

nel suo testo così si era espresso: son così sode e così ben fra loro le pietre [delle mura <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong>] connesse<br />

che la sciocca volgar gente crede esservi mescolato del piombo, argomentandolo da un certo lucido, che sulle<br />

mura nell’esteriore parte si vede quasi colato, e fuso 23 .<br />

14) volpi 1720, 5; volpi 1752, 5.<br />

15) gAttA 1723, 13; gAttA 1732, 264.<br />

16) bAmonte 1819, 46.<br />

17) Antonini 1745, 221.<br />

18) romAnelli 1811, 210.<br />

19) pAlAtino 1826, 317.<br />

20) pACiChelli 1702-1703, 184.<br />

21) Antonini 1745, 221, n. 1.<br />

22) volpi 1752.<br />

23) Antonini 1745, 221.<br />

15


16 CApitolo i<br />

Nell’opera ampliata del Gatta il documento più interessante<br />

è tuttavia costituito da una stampa (fig. 7)<br />

che è la prima rappresentazione della città antica a<br />

noi nota.<br />

La veduta, alquanto schematica, con la raffigurazione<br />

dei tre templi, della chiesa dell’Annunziata, dei<br />

campi e dei due assi ortogonali che <strong>di</strong>vidono la città<br />

in quattro settori, restituisce in modo forzato un integro,<br />

ma chiaramente falsato, circuito murario esagonale.<br />

La struttura ad arco della porta orientale in<br />

primo piano viene replicata in maniera meccanica<br />

nelle altre quattro porte non conservate integralmente<br />

in alzato. Sebbene l’intento dell’autore non<br />

fosse quello <strong>di</strong> riprodurre fedelmente le rovine della<br />

città appare tuttavia evidente la scelta della rappresentazione<br />

in primo piano del lato orientale che corrispondeva<br />

al tratto meglio conservato della cinta<br />

muraria.<br />

Una conseguenza dell’attenzione sempre crescente<br />

per le rovine <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> nel corso del Settecento, l’intento <strong>di</strong> rendere noti i monumenti ad un pubblico più<br />

vasto e, nello stesso tempo, la necessità <strong>di</strong> una conoscenza più approfon<strong>di</strong>ta <strong>degli</strong> e<strong>di</strong>fici, determinarono<br />

l’esigenza <strong>di</strong> misurare e <strong>di</strong> riprodurre graficamente i resti della città con <strong>di</strong>segni accurati. Una richiesta esplicita<br />

in tal senso fu fatta in più occasioni da Robert Smith ad amici del mondo culturale napoletano cui apparteneva,<br />

come è possibile evincere dalla sua corrispondenza 24 . Fu tuttavia l’architetto Gioffredo ad attirare<br />

l’interesse su <strong>Paestum</strong> del conte Felice Gazola, comandante dell’artiglieria reale del Regno delle Due<br />

Sicilie, <strong>di</strong> Mons. Soufflot e del Signor Natali, pittore <strong>di</strong> architetture, con i quali, tra il 1750 e il 1752, misurò<br />

i monumenti pestani i cui <strong>di</strong>segni sarebbero dovuti confluire nell’opera sulla storia <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> che Gazola<br />

aveva intenzione <strong>di</strong> pubblicare 25 . Per tale progetto l’ammiraglio <strong>di</strong> Carlo III commissionò una documentazione<br />

grafica completa della città ai più bravi professori che <strong>di</strong> quel tempo erano in Napoli tra i quali vi<br />

erano Giavanni Baptista III Natali detto Piacentino, l’architetto Sabbatini, i fratelli Gaetano e Antonio Magri<br />

26 Fig. 7 - Pianta della città <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> (da gatta 1732)<br />

. Il conte, che si trasferì in Spagna nel 1761, dove rimase fino alla morte avvenuta nel 1789, non <strong>di</strong>ede<br />

mai alle stampe i <strong>di</strong>segni; questi, tuttavia, circolarono tra viaggiatori e stu<strong>di</strong>osi che in più <strong>di</strong> un caso approfittarono<br />

della grande generosità del conte utilizzando molti dei suoi <strong>di</strong>segni per le proprie pubblicazioni.<br />

È proprio grazie a questi <strong>di</strong>segni che il Gazola giocò un ruolo fondamentale per la ‘riscoperta’ <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong><br />

e per la fortuna del dorico nell’Europa settecentesca. La conseguenza più imme<strong>di</strong>ata fu che <strong>Paestum</strong>, tra la<br />

seconda metà del Settecento e la prima metà dell’Ottocento, <strong>di</strong>venne una delle tappe preferite del Grand<br />

Tour, mèta <strong>di</strong> visite e <strong>di</strong> descrizioni da parte <strong>di</strong> personaggi della politica, della letteratura e delle arti, perso-<br />

24) Si tratta <strong>di</strong> lettere inviate al bibliotecario Egizio: cfr. Manoscritti XII.C.93, lettere 54 e 55 nella Biblioteca Nazionale <strong>di</strong> Napoli.<br />

Cfr. Chiosi - mAsColi - vAllet 1986, scheda 17.<br />

25) Così gioffreDo 1768, 7, n. 3 che ricorda anche come il suo interesse verso l’architettura pestana maturò dopo un viaggio<br />

fatto nel 1746. Cfr. lAng 1950, 49-50; Chiosi - mAsColi - vAllet 1986, scheda 18.<br />

26) Cfr. pontrAnDolfo 1986, 121, n. 4 con bibliografia <strong>di</strong> riferimento.


Le mura <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> e la loro percezione nel tempo<br />

naggi che in <strong>di</strong>verso modo contribuirono ad accrescerne la fama e la curiosità 27 . Si tratta prevalentemente<br />

<strong>di</strong> artisti, poeti, scrittori, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> viaggiatori colti che nei resoconti o nelle loro memorie <strong>di</strong> viaggio non<br />

solo descrivono la magnificenza dei templi, ma fanno accenni, più o meno precisi, alle mura e alle porte della<br />

città, talvolta fornendo elementi <strong>di</strong> un certo interesse. Così, ad esempio, nella lettera a Ch. Dampier del<br />

1753 Lord North 28 descrive il suo ingresso in città da una porta che si presentava ancora ben solida e lungo<br />

l’antico tracciato che, per un ampio tratto conservava ancora a vista l’antica pavimentazione, la medesima<br />

che vedranno più tar<strong>di</strong> ancora il Canova 29 , il Romanelli 30 e il Palatino 31 .<br />

Lo stato <strong>di</strong> conservazione e le <strong>di</strong>mensioni delle mura incuriosirono anche il Winckelmann che, come scrive<br />

in una lettera in<strong>di</strong>rizzata a Gian Ludovico Bianconi, ne aveva egli stesso misurato la grandezza, corrispondente<br />

a 38 palmi romani, rimanendone meravigliato 32 . Anche Canova, sebbene non particolarmente<br />

entusiasta dei resti della città antica - visitata in un paio <strong>di</strong> ore in una ventosa giornata che gli aveva anche<br />

impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> realizzare uno schizzo dei templi -, menziona le mura, ben visibili nonostante fossero in crollo,<br />

una porta intera [certamente Porta Sirena], tratti viari e […] certi ponti, che pare che fosse passato un piciolo<br />

fiume all’intorno delle mura 33 . Si tratta molto probabilmente dei resti dei ponti presso Porta Aurea e Porta<br />

Giustizia, in quell’epoca evidentemente ancora ben visibili.<br />

Sempre nella seconda metà del Settecento cominciarono ad essere pubblicate le prime vedute della città<br />

che in alcuni casi sono <strong>di</strong> notevole interesse per il realismo della riproduzione e la minuta descrizione dei<br />

dettagli.<br />

Il primo vedutista <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> è il pittore Antonio Joli che nel 1759 eseguì alcuni <strong>di</strong>pinti della città e<br />

dei templi. Si trattava <strong>di</strong> vedute del tutto <strong>di</strong>verse da quelle della prima metà del secolo caratterizzate<br />

dalla presenza <strong>di</strong> quinte architettoniche inventate o da rappresentazioni panoramiche artificiali, prive<br />

<strong>di</strong> alcun rapporto con la realtà perché dettate solo da un certo gusto della rovina fino ad allora dominante;<br />

l’interesse eru<strong>di</strong>to delle vedute pestane, frutto <strong>di</strong> una specifica committenza che si pone per la<br />

prima volta scopi documentari, imponeva ora ai pittori <strong>di</strong> osservare fedelmente il paesaggio antico lasciando<br />

poco spazio all’invenzione o alla convenzione. Tutto ciò – come ipotizza Briganti – indusse lo<br />

stesso Joli, autore in quegli stessi anni <strong>di</strong> vedute ancora <strong>di</strong> tipo vanvitelliano, a mo<strong>di</strong>ficare il modo tra<strong>di</strong>zionale<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>pingere per adattarsi ai nuovi interessi antiquari sebbene nelle sue riproduzioni lasci un<br />

certo spazio alla creazione 34 .<br />

Delle tre tele realizzate da Joli nel 1759 <strong>di</strong> particolare interesse è quella oggi al North Simon Museum<br />

27) Tra questi ricor<strong>di</strong>amo Antonio Joli, Jacques Germain Soufflot, Lord Frederich North of Wroxton, Johann Joachim Winckelmann,<br />

Pierre Jean Grosley, James Bruce, Giovan Battista Piranesi, Jean-Claude Richard de Saint-Non, Sir John Soane, Henry Swinburne,<br />

Antonio Canova, Pierre François Hugues «Baron d’Hancarville», Charles Margherite Dupaty, Johann Wolfgang Goethe,<br />

John Berkenhout, Johann Gottfried Seume, Karl Friedrich Schinkel, Hans Christian Andersen.<br />

28) La lettera è conservata a Warwick (County Record Office): mC CArthey 1972, 761-765; mAssArA 1986, 104 e ss.; <strong>Paestum</strong><br />

1989, 93-94; mello 1990, 26-27; rAspi serrA 1990, 28-29 (e<strong>di</strong>zione in inglese). Sulla lettera cfr. anche Chiosi - mAsColi - vAllet<br />

1986, scheda 24.<br />

29) Si tratta <strong>di</strong> una lettera del 15 febbraio 1780 per cui cfr. bAssi 1952, 91. Cfr. anche mello 1990, 32-33.<br />

30) romAnelli 1811, 210.<br />

31) pAlAtino 1952, 302.<br />

32) rehm 1952, 355-356; zAmpA 1961, 91; Chiosi - mAsColi - vAllet 1986, scheda 34. Qualche confusione è stata fatta in passato<br />

sul destinatario della lettera del Winckelmann scritta a Roma il 13 maggio 1758. Non si tratta né <strong>di</strong> Angelo Michele né tantomento<br />

<strong>di</strong> Maurizio bensì <strong>di</strong> Gian Ludovico Bianconi, me<strong>di</strong>co personale del principe <strong>di</strong> Sassonia. Winckelmann conosceva anche gli<br />

altri fratelli: Michele Angelo, Carlo e Luigi.<br />

33) Cfr. n. 29.<br />

34) Su <strong>Paestum</strong> e il vedutismo settecentesco si veda il saggio <strong>di</strong> brigAnti 1986, 60-62, ma cfr. anche lAng 1950, 56.<br />

17


18 CApitolo i<br />

Fig. 8 - Pasadena, North Simon Museum; <strong>di</strong>pinto <strong>di</strong> A. Joli con una veduta generale <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> da Occidente; 1759<br />

Fig. 9 - Veduta generale <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> da Occidente; <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> A. Joli (da Morghen 1766)<br />

<strong>di</strong> Pasadena 35 , nella quale è riprodotta una veduta <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> da occidente a volo d’uccello in cui si osservano<br />

i tre templi, la chiesa dell’Annunziata, gran parte delle mura e, sullo sfondo, le colline e la città <strong>di</strong><br />

Capaccio (fig. 8). Appare evidente come il pittore, prima <strong>di</strong> <strong>di</strong>pingere la tela nel suo stu<strong>di</strong>o, avesse realizzato<br />

sul posto i <strong>di</strong>segni dei templi limitandosi probabilmente solo a ‘schizzare’ la cinta fortificata 36 . Tutto<br />

il settore orientale delle mura che compare sullo sfondo, tra le vedute dei templi in basso e le colline <strong>di</strong><br />

35) La tela <strong>di</strong> Antonio Joli è ricomparsa sul mercato solo nel 1975: cfr. brigAnti 1986, 60 e 62, scheda 1 a.<br />

36) Inesattezze nella riproduzione sono attestate anche per i templi: cfr. lAng 1950, 56-57 secondo il quale Joli realizzò solo dei<br />

semplici schizzi facendo poi affidamento essenzialmente sulla memoria dal momento che in quel tempo non era facile ottenere il<br />

permesso <strong>di</strong> <strong>di</strong>pingere paesaggi nel Regno <strong>di</strong> Napoli se non su <strong>di</strong>retta commisione del Re.


Le mura <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> e la loro percezione nel tempo<br />

Capaccio in alto, è infatti realizzato con un gioco <strong>di</strong> simmetrie che non corrisponde al reale; il circuito,<br />

raffigurato in questo punto come un unico tratto rettilineo, appare <strong>di</strong>viso da Porta Sirena (in realtà collocata<br />

più a S) in due tronconi simmetrici ciascuno dei quali presenta quattro torri d’angolo rispettivamente<br />

a N e a S.<br />

Stessa simmetria si riscontra anche nel percorso settentrionale e meri<strong>di</strong>onale delle mura visibili rispettivamente<br />

sul lato sinistro e sul lato destro della tela; entrambi presentano sia i varchi relativi alle porte (Porta<br />

Aurea e Porta Giustizia), sia le torri in perfetta corrispondenza. Anche in questo caso il varco presso la Porta<br />

meri<strong>di</strong>onale è collocato più ad E rispetto alla reale posizione per le medesime ragioni <strong>di</strong> rappresentazione grafica<br />

sopra accennate. Particolarmente interessante il dato relativo alla raffigurazione del varco corrispondente<br />

all’apertura della porta settentrionale, all’epoca già parzialmente <strong>di</strong>strutta 37 , che consentiva da N l’accesso al<br />

borgo me<strong>di</strong>ante un percorso, certamente lo stesso segnalato in altre piante <strong>di</strong> questo stesso periodo. La capacità<br />

<strong>di</strong> Joli <strong>di</strong> adattarsi ai gusti della committenza, sperimentata per la prima volta proprio a <strong>Paestum</strong>, fu tale che<br />

ben presto il pittore ebbe altre richieste per simili <strong>di</strong>pinti utilizzati come base per le realizzazioni <strong>di</strong> acquaforti.<br />

La restituzione della cinta muraria <strong>di</strong> Joli appare ulteriormente semplificata nell’acquaforte incisa da Filippo<br />

Morghen e pubblicata a Napoli nel 1765 (fig. 9). Questa e altre vedute <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> del Morghen furono<br />

successivamente utilizzate dal Major per le incisioni e<strong>di</strong>te a Londra nel 1768 38 : oltre alla città vista da<br />

ponente nel volume compaiono due tavole con altre vedute che raffigurano Porta Sirena da due <strong>di</strong>verse prospettive,<br />

rispettivamente dall’interno e dall’esterno. Nei particolari architettonici della porta le incisioni <strong>di</strong><br />

Morghen (fig. 10, a-b) e quelle <strong>di</strong> Major (fig. 11, a-b) sono molto simili mentre nel paesaggio e nella resa<br />

della vegetazione le stampe presentano notevoli <strong>di</strong>fferenze.<br />

La singolarità delle vedute pubblicate da Major, sulla quale non è stata mai posta attenzione, consiste nella<br />

raffigurazione del paesaggio che compare sullo sfondo, inaspettatamente invertito rispetto alla reale prospettiva<br />

della porta che invece appare corretta nell’incisione <strong>di</strong> Morghen. Infatti nella veduta del Major<br />

dall’esterno delle mura, oltre le quali si dovrebbero intravedere i templi, vi è una raffigurazione della Porta<br />

dall’interno, mentre alla veduta dall’interno delle mura, oltre le quali si scorgono le colline <strong>di</strong> Capaccio<br />

sono collocati i templi. Ed inoltre come nel Morghen, in Major ritroviamo il medesimo errore che consiste<br />

nel duplicare all’interno la stessa immagine scolpita sulla chiave esterna dell’arco. Queste inesattezze appaiono<br />

<strong>di</strong> particolare interesse per comprendere il processo <strong>di</strong> realizzazione delle incisioni dai <strong>di</strong>pinti o, come<br />

nel caso <strong>di</strong> Major, da altre acquaforti. In questo specifico caso l’incisore si è servito delle precedenti stampe<br />

<strong>di</strong> Morghen per riprodurre solo gli elementi architettonici principali (la porta con l’arco e un tratto <strong>di</strong><br />

mura) riservandosi solo in un secondo momento - probabilmente facendo affidamento alla memoria - la<br />

rappresentazione del paesaggio.<br />

Sempre da un <strong>di</strong>pinto <strong>di</strong> Joli deriva anche la più famosa delle incisioni <strong>di</strong> Major che raffigura una veduta<br />

della città da E (non da N come recita la <strong>di</strong>dascalia sull’acquaforte) con in primo piano l’interno <strong>di</strong> una porta<br />

ad arco sotto il quale sono rappresentati alcuni personaggi (fig. 12): tra questi lo stesso pittore al lavoro e, alle<br />

sue spalle, il committente del <strong>di</strong>pinto, Sir James 39 .<br />

La collocazione della finta porta ad arco, ispirata da quella ad E delle mura, ma volutamente sovra<strong>di</strong>men-<br />

37) Questo è quanto si riesce a dedurre dalle immagini. La strada realizzata nel 1828-1829 amplierà il varco già esistente danneggiando<br />

ulteriormente l’antica porta <strong>di</strong> accesso alla città e verosimilmente obliterando completamente le strutture del ponte visto<br />

da Canova (cfr. n. 29). Sulla realizzazione della strada, che tra l’altro avrebbe <strong>di</strong>strutto anche un tratto delle mura a S, e sull’inchiesta<br />

all’ing. Petrilli, <strong>di</strong>rettore dei lavori, si veda lAvegliA 1971, 232-236; cfr. anche ruggiero 1888, 467 per una sintesi del rapporto<br />

inviato dal Bonucci al Ministero <strong>di</strong> Casa Reale. A. Maiuri menziona, incomprensibilmente, anche la <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> Porta Giustizia<br />

che non fu assolutamente toccata dal tracciato della nuova strada; cfr. mAiuri 1986, 37.<br />

38) mAjor 1768. Cfr. mCCArthy 1986, 40-41.<br />

39) Cfr. mCCArthy 1986, 41.<br />

19


20 CApitolo i<br />

Fig. 10 - Veduta esterna ed interna <strong>di</strong> Porta Sirena (da Morghen 1766)<br />

Fig. 11 - Veduta esterna ed interna <strong>di</strong> Porta Sirena (da Major 1768)


Le mura <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> e la loro percezione nel tempo<br />

sionata, è un’invenzione del pittore che in questo<br />

modo tra<strong>di</strong>sce la sua formazione vanvitelliana. Alla<br />

falsa porta Joli aggiunge due squarci (gli stessi ricorrono<br />

nella rappresentazione <strong>di</strong> Porta Sirena incisa<br />

sempre da Major) sul piedritto destro <strong>di</strong> cui quello<br />

inferiore è una sorta <strong>di</strong> finestra che consente al pittore<br />

<strong>di</strong> rappresentare il Tempio <strong>di</strong> Cerere altrimenti nascosto<br />

dall’imposta dell’arco.<br />

Il punto <strong>di</strong> vista è da SE, verosimilmente da una<br />

postazione che andrebbe collocata lungo il tratto<br />

sud-orientale delle mura; non è improbabile che il<br />

punto <strong>di</strong> osservazione sia la Torre 27 40 , una delle due<br />

torri meglio conservate <strong>di</strong> tutta la cinta muraria.<br />

Via via più precise e puntuali le descrizioni e le riflessioni<br />

che fanno eru<strong>di</strong>ti e viaggiatori sulle mura<br />

pestane a partire dalla fine del Settecento e poi per<br />

tutto l’Ottocento come Galanti, Romanelli, Paolini,<br />

Bamonte, Palatino fino al Lenormant 41 .<br />

Contemporaneamente si afferma l’interesse a corredare<br />

i testi con una documentazione grafica come<br />

fa Paolo Antonio Paoli 42 , Claude Mathieu Delagardette<br />

43 e Roberto Paolini 44 . Il Paoli, in particolare,<br />

pubblica molti dei <strong>di</strong>segni fatti eseguire tempo prima<br />

Fig. 12 - Veduta della città da oriente; <strong>di</strong>segno del pittore<br />

Sir James da un <strong>di</strong>pinto <strong>di</strong> A. Joli (da Major 1768)<br />

dal Gazola, mentre Claude Mathieu Delagardette si pone come obiettivo la verifica dell’esattezza dei <strong>di</strong>segni<br />

pubblicati fino ad allora.<br />

Il Paoli fu in grado <strong>di</strong> essere molto preciso sulle misure delle mura <strong>di</strong> cui fornisce, in palmi napoletani, lunghezza,<br />

spessore ed altezza (sia quella conservata sia quella ipotizzabile sulla base della conservazione dell’arco<br />

<strong>di</strong> Porta Sirena). Ampia anche la descrizione e il commento de<strong>di</strong>cato alle mura ritenute, per la tecnica <strong>di</strong><br />

costruzione, anteriori all’arrivo dei Greci. 45 Il Paoli si sofferma sui bassi rilievi scolpiti sulle chiavi <strong>di</strong> volta<br />

dell’arco a tutto sesto della porta orientale che <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aver fatto <strong>di</strong>segnare con la maggiore esattezza. Egli<br />

conseguentemente poteva affermare che vi era raffigurata dalla parte esterna il volto col petto d’una donna, e<br />

dall’interno la coda <strong>di</strong> un delfino, a <strong>di</strong>spetto <strong>di</strong> altri che vi vedevano un grifo, una sirena o una nereide 46 .<br />

Nelle pianta della città pubblicata dal Paoli, oltre ai templi dorici, alla Chiesa dell’Annunziata e alle mura<br />

sono segnalati i resti dell’anfiteatro, alcune colonne allineate (poi riconosciute come parte del portico meri-<br />

40) Per la numerazione, qui come in seguito, si fa uso - come consuetu<strong>di</strong>ne - della numerazione adottata dal Krischen (1941). La<br />

Torre 27 è attualmente nota anche come ‘Torre Laura’.<br />

41) gAlAnti 1794, 237; romAnelli 1811, 209-211; pAolini 1812, 368-372; bAmonte 1819, 44-50; pAlAtino 1826, 300-302;<br />

lAbrouste 1829, 15-16; De CesAre 1846, 12; rizzi 1854-55, 120, tav. IX, 1-2; pompA 1876, 26; lenormAnt 1883, 202. Per Rizzi<br />

cfr. inoltre ruggiero 1888, 473.<br />

42) pAoli 1727.<br />

43) DelAgArDette 1799.<br />

44) pAolini 1812.<br />

45) “Per tecnica” - <strong>di</strong>ce il Paoli - “le mura trovano confronti con le fortificazioni etrusche”, pAoli 1794, 28 e in particolare 44 ss.<br />

46) pAoli 1784, 45.<br />

21


22 CApitolo i<br />

Fig. 13 - Porta Sirena vista dall’esterno; incisione <strong>di</strong> Baratta<br />

(da Paoli 1784)<br />

<strong>di</strong>onale del Foro), una struttura circolare 47 , i resti<br />

dell’acquedotto ad E <strong>di</strong> Porta Sirena, i percorsi viari<br />

interni e le taverne (fig. 1).<br />

Relativamente a Porta Sirena Paoli accompagna la<br />

descrizione con alcune vedute e <strong>di</strong>segni tra quelli messi<br />

a <strong>di</strong>sposizione dal Gazola. Oltre a due vedute della<br />

porta, una dall’esterno (fig. 13) ed una dall’interno<br />

(fig. 37), Paoli pubblica infatti anche una pianta in<br />

scala e un prospetto della porta (fig. 38) con misure in<br />

palmi napoletani. Una pianta, con le medesime caratteristiche,<br />

insieme ad un prospetto interno, molto dettagliato,<br />

è realizzato e pubblicato più tar<strong>di</strong> anche dal<br />

Delagardette (fig. 39). Questi primi rilievi in scala della<br />

Porta, che non lasciano spazio più a invenzioni e<br />

convenzioni, costituiscono pertanto dei punti <strong>di</strong> riferi-<br />

mento importanti nella storia <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> sulle mura. Già il Paolini rimarcava questo aspetto aggiungendo che il<br />

Delagardette si era recato appositamente a <strong>Paestum</strong> per verificare i <strong>di</strong>segni precedenti: [Delagardette] misurò e<br />

<strong>di</strong>segnò quelle ruine con un’esattezza superiore a quelle che nelle altre Scenografie precedenti si osserva 48 .<br />

Il Paolini, come poi anche il Bamonte, fornisce ulteriori informazioni sullo stato delle mura <strong>di</strong> cui acclude<br />

anche una pianta generale dalla quale si segnalano alcuni elementi <strong>di</strong> novità. Nella planimetria del Paolini<br />

(fig. 14) compaiono due torri sul lato settentrionale (si tratta delle Torri 2 e 4) e altre due sul lato meri<strong>di</strong>onale<br />

(la Torre 27, alla quale si appoggia una struttura moderna, e la Torre 28) nonché i resti dell’acquedotto<br />

presso Porta Sirena. A corredo dell’appen<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Felice Nicolas, autore del primo scavo documentato <strong>di</strong> una<br />

necropoli pestana collocata imme<strong>di</strong>atamente a ridosso della Porta N, è inoltre una stampa realizzata dal<br />

pittore Pietro Pequignot nel 1805 49 : si tratta <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> istantanea che riproduce lo scavo <strong>di</strong> una tomba<br />

insieme agli scarsi resti della Porta (attraverso la quale passerà qualche anno dopo la strada <strong>di</strong> età borbonica)<br />

e, sullo sfondo, il Tempio <strong>di</strong> Atena (fig. 15). L’area dello scavo della sepoltura è anche in<strong>di</strong>cata sulla<br />

pianta generale del Paolini dove è segnalato, all’interno della città e ad una decina <strong>di</strong> metri da Porta Sirena,<br />

il basamento <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio non più esistente 50 .<br />

Di grande interesse è infine la pianta allegata al lavoro <strong>di</strong> Bamonte (fig. 16) che aggiunge ulteriori informazioni<br />

sulle mura; per la prima volta sono segnalate le postierle che allora erano visibili essenzialmente sul<br />

lato settentrionale; quelle ad oriente erano per lo più coperte dai rovi e dai crolli, mentre quelle a S e ad O in<br />

gran parte nascoste dallo spesso strato <strong>di</strong> calcare e da terra.<br />

Ampio spazio è dato dal canonico alla descrizione del circuito murario cui aveva fatto già cenno qualche<br />

anno prima il Romanelli nel suo viaggio del 1811.<br />

Nella descrizione il Bamonte si sofferma sul fossato, sulle postierle e soprattutto sulle quattro porte 51 : <strong>di</strong><br />

47) L’e<strong>di</strong>ficio, noto come ‘Fontanone’ e più tar<strong>di</strong> come ‘teatro greco’, è stato identificato come il comitium della città romana:<br />

per il monumento cfr. Poseidonia - <strong>Paestum</strong> III, 27 ss.<br />

48) pAolini 1812.<br />

49) Su questi rinvenimenti cfr. pontrAnDolfo 1996, 16-18. Ciò che restava <strong>di</strong> queste tombe doveva essera essere ancora visibile<br />

nel 1845 all’epoca del viaggio a <strong>Paestum</strong> <strong>di</strong> Chevalley de Rivaz (ChevAlley De rivAz 1846, 58).<br />

50) La struttura compare anche nella successiva pianta e<strong>di</strong>ta da Bamonte che la descrive come una base a gra<strong>di</strong>ni (la <strong>di</strong>dascalia<br />

della pianta definisce la costruzione ‘base <strong>di</strong> piramide’) costituita da gran<strong>di</strong> pietre che i pestani chiamano volgarmente ‘Monte Oliveto’<br />

. La base era collocata lungo la via per Porta Sirena (cfr. bAmonte 1819) corrispondente alla plateia me<strong>di</strong>ana E-O.<br />

51) bAmonte 1819, 47 ss.


Fig. 14 - Pianta della città <strong>di</strong> Pesto (da Paolini 1812)


24 CApitolo i<br />

Fig. 15 - Veduta <strong>di</strong> uno scavo presso Porta Aurea;<br />

<strong>di</strong>pinto <strong>di</strong> P. Pequignot nel 1805; <strong>di</strong>segno ed incisione<br />

<strong>di</strong> L. Vocaturo nel 1812 (da Paolini 1812)<br />

quella settentrionale, nota come del Gau<strong>di</strong>o 52 , presso<br />

la quale erano chiaramente visibili le tracce del<br />

ponte sul fossato, fornisce anche il nome <strong>di</strong> Porta<br />

Aurea (corrottamente <strong>di</strong> Auro).<br />

La Porta meri<strong>di</strong>onale è invece detta della Giustizia<br />

perché all’esterno – <strong>di</strong>ce sempre il Bamonte – sarebbero<br />

stati giustiziati i condannati. Appena visibile la<br />

Porta occidentale detta <strong>di</strong> Mare, mentre puntuale è<br />

la descrizione della Porta orientale, o porta coverta,<br />

per la presenza dell’arco a tutto sesto; poco più<br />

avanti Bamonte definirà questa Porta ‘della Sirena’ 53<br />

per la presenza <strong>di</strong> una sirena resa a bassorilievo sulla<br />

chiave esterna della volta, cui si contrapponeva sul<br />

lato opposto un’altra figura che il canonico riteneva<br />

una coda <strong>di</strong> drago 54 .<br />

Poco dopo, nel 1829, sarà il Labrouste a giungere<br />

a <strong>Paestum</strong> per il suo lavoro sull’architettura pestana<br />

che fu pubblicato postumo solo nel 1877 55 . Anche se<br />

l’opera era de<strong>di</strong>cata essenzialmente ai templi non mancano brevi accenni alla cinta muraria <strong>di</strong> cui si menzionano<br />

le porte, le postierle, le torri e le scale. L’attenzione dell’architetto è alla tecnica costruttiva delle<br />

mura, definita pelasgica o ciclopica, che suggeriva al Labrouste una datazione del primo impianto del circuito<br />

murario al momento della fondazione della città 56 . Tra i numerosi <strong>di</strong>segni dell’architetto francese si segnala<br />

la tav. XXI che, oltre alla planimetria generale della città, alla pianta e alla sezione <strong>di</strong> una tomba a<br />

camera <strong>di</strong>pinta, riproduce un <strong>di</strong>segno della Porta orientale con una veduta frontale, una sezione della stessa<br />

dall’esterno e una sezione delle mura e <strong>di</strong> una torre (fig. 17).<br />

Tra la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento la rappresentazione delle mura muta in maniera<br />

considerevole per l’avvento della fotografia che, a partire dagli anni Quaranta del XIX secolo, sostituì<br />

le vedute realizzate con la tecnica delle incisioni su rame tratte dai <strong>di</strong>pinti o dai <strong>di</strong>segni. In quegli stessi anni<br />

l’immagine <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> e dei suoi monumenti si <strong>di</strong>ffonde ad un pubblico più vasto <strong>di</strong> quello colto ed eru<strong>di</strong>to<br />

del periodo precedente grazie anche alle cartoline postali; tra i monumenti raffigurati in cartolina, oltre ai<br />

tre templi, ricorre spesso Porta Sirena presente già in una riproduzione del 1870 57 .<br />

Contemporaneamente comincia a manifestarsi un interesse storico-scientifico per le fortificazioni; quelle<br />

52) ‘Porta del Gau<strong>di</strong>o’ è chiamata anche dal Nicolas nel suo rapporto del 1805: cfr. ruggiero 1888, 460.<br />

53) Di questa Porta è noto anche il nome <strong>di</strong> Porta Calpazia come appren<strong>di</strong>amo dal Palatino; cfr. pAlAtino 1826, 301.<br />

54) L’identificazione della figura verso E, già in precedenza riconosciuta come una sirena, sarà comunemente accolta o riferita<br />

come communis opinio: volpi 1812, 5; volpi 1752, 5; pAoli 1784, 45; pAolini 1812, 369. Berkenhout descrive invece il rilievo<br />

come una figura <strong>di</strong> Nettuno: cfr. P. Mascilli Migliorini, in rAspi serrA 1990, 140. Secondo Spinazzola la figura scolpita raffigurava<br />

Hermes (cfr. AurigemmA 1986, 20; sCotto Di freCA 2007, 147: interpretazione accolta e ulteriormente sviluppata in sCotto Di<br />

freCA 1993-1995), mentre per Lenormant si trattava <strong>di</strong> una nereide (lenormAnt 1883, 202). Sulla chiave del lato interno le identificazioni<br />

sono invece <strong>di</strong>verse: un dragone per il Volpi, un delfino per il Paoli (poi seguito da romAnelli 1811, 210, dal pAlAtino<br />

1826, 301 e da ChAvAlley De rivAz 1846, 58) e un ippocampo per Berkenhout (mAsCilli migliorini 1990, 140).<br />

55) lAbrouste 1877.<br />

56) lAbrouste 1877, 15. Medesimo riferimento alla tecnica ciclopica la ritroviamo in Raffaele Pompa, un eru<strong>di</strong>to locale che nel<br />

1876 pubblicò un volumetto de<strong>di</strong>cato a <strong>Paestum</strong>: pompA 1876, 26.<br />

57) Alcune delle cartoline dell’epoca sono pubblicate nel volume <strong>di</strong> s. veCChio, All’ombra dei templi. Dai maestri della fotografia<br />

ai saluti in cartolina, <strong>Salerno</strong> 2003.


Le mura <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> e la loro percezione nel tempo<br />

Fig. 16 - Pianta della città <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong>; incisione <strong>di</strong> P. Toro (da baMonte 1819)<br />

25


26 CApitolo i<br />

Fig. 17 - <strong>Mura</strong> della città <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> da un <strong>di</strong>segno ad acquarello su tracciato ad inchiostro <strong>di</strong> china;<br />

<strong>di</strong>segno <strong>di</strong> H. Labrouste; incisione <strong>di</strong> A. Soudain (da labrouste 1877)<br />

<strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> interessarono in maniera marginale Puchstein 58 e Vittorio Spinazzola che, all’inizio del secolo<br />

scorso, maturò l’idea <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are la cinta fortificata <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong>, un progetto mai portato a termine 59 .<br />

Del primo grande intervento <strong>di</strong> scavo e <strong>di</strong> restauro, condotto dal 1929 al 1934 dalla Soprintendenza alle<br />

Antichità della Campania e del Molise, sotto la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Amedeo Maiuri, in collaborazione con gli enti<br />

salernitani, restano i <strong>di</strong>ari dei lavori redatti dai custo<strong>di</strong> che si sono succeduti negli anni 60 , unitamente ad<br />

una ricchissima documentazione fotografica eseguita da Ernesto Samaritani. Questo importante archivio 61 ,<br />

58) Cfr. JdI X, 1895, 166.<br />

59) Si veda sCotto Di freCA 2007, 202-203.<br />

60) mAiuri 1986, 35, n. 3.<br />

61) Il <strong>di</strong>ario dei lavori documenta gli scavi ed i restauri avvenuti non solo lungo la cinta muraria, ma anche nel centro della città<br />

(area del Foro e dei santuari) ed è redatta dai custo<strong>di</strong> Antonio Palumbo (dal 25 agosto al 17 <strong>di</strong>cembre 1929), da Nicola Gatto (dal<br />

19 <strong>di</strong>cembre 1929 al 18 gennaio 1930), da Antonio Rubini (dal 19 gennaio al 27 settembre 1930), da Michele D’Amico (dal 28 settembre<br />

1930 al 26 aprile del 1931), dall’assistente Giuseppe Barattucci (dal 20 febbraio 1933 al 9 giugno 1934); non firmati sono<br />

i <strong>di</strong>ari compresi tra il 27 aprile 1931 al 30 novembre 1932. Spesso, accanto alle relazioni dei custo<strong>di</strong>, in particolare tra il 1929 e il<br />

1931, vi sono alcune annotazioni e precisazioni del <strong>di</strong>rettore dei lavori, Antonio Marzullo. La consistenza del lavoro effettuato si<br />

può dedurre anche dai libretti delle misure, anch’essi conservati nell’Archivio dell’Ente per le Antichità e i Monumenti, in cui sono<br />

elencati i blocchi scavati, spostati ed allineati ed i metri cubi <strong>di</strong> terra scavata o semplicemente sterrata.


Le mura <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> e la loro percezione nel tempo<br />

Fig. 18 - Versante meri<strong>di</strong>onale delle mura prima del restauro; fine anni Venti del Novecento<br />

(foto E. Samaritani - Archivio Ente per le Antichità e i Monumenti della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>)<br />

conservato presso l’Ente per le Antichità e i Monumenti della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>, costituisce una fonte in<strong>di</strong>spensabile,<br />

in assenza <strong>di</strong> una dettagliata pubblicazione delle attività <strong>di</strong> quegli anni, ad eccezione <strong>di</strong> una<br />

breve relazione preparata da Amedeo Maiuri solo molti anni dopo e rimasta ine<strong>di</strong>ta fino al 1986 62 . Attraverso<br />

questa documentazione è possibile ripercorrere le principali tappe dell’intervento e avere una percezione<br />

delle modalità <strong>di</strong> realizzazione delle <strong>di</strong>verse operazioni eseguite grazie all’attività <strong>di</strong> molte decine <strong>di</strong><br />

operai 63 tra i quali figuravano manovali, carpentieri, muratori e scalpellini, questi ultimi incaricati <strong>di</strong> eliminare<br />

le incrostazioni e <strong>di</strong> squadrare i blocchi 64 che man mano venivano messi in luce dalle attività <strong>di</strong> sterro,<br />

al fine <strong>di</strong> renderli idonei alla ricostruzione <strong>di</strong> alcuni tratti della fortificazione; in molti casi il restauro fu limitato<br />

alla sistemazione o alla ricostruzione <strong>di</strong> pochi filari 65 , ma in altri - come vedremo - l’intervento comportò<br />

consistenti ricostruzioni in elevato e riempimenti <strong>di</strong> terra e pietre tra le cortine.<br />

All’inizio dei lavori la fortificazione, pur percepibile in tutto il suo percorso, appariva semisepolta da<br />

scarpate <strong>di</strong> terra, da arbusti e da una fitta vegetazione (fig. 18).<br />

62) mAiuri 1986, 39-52.<br />

63) Stesso consistente intervento <strong>di</strong> sterro fu effettuato anche all’interno delle mura dove i lavori si stavano portando avanti<br />

sin dall’inizio del secolo: cfr. per questi scavi spinAzzolA 1986. Dai <strong>di</strong>ari dei lavori si deduce che gli operai impiegati nei lavori alle<br />

mura e in città tra il 1929 e il 1934 erano molte decine <strong>di</strong>visi in più squadre. I tratti della cinta muraria orientale a N <strong>di</strong> Porta Sirena,<br />

ad E e ad O <strong>di</strong> Porta Aurea, interessati dai lavori, furono sud<strong>di</strong>visi in ‘sezioni’ <strong>di</strong> m 50.<br />

64) Nei <strong>di</strong>ari è in<strong>di</strong>cato il lavoro destinato agli scalpellini e ai muratori che consisteva nello squadrare e assettare i blocchi, ma<br />

anche nella realizzazione <strong>di</strong> tasselli e nell’eliminazione delle incrostazioni presenti sugli elementi da utilizzare per la ricostruzione.<br />

In una delle annotazioni del 6 <strong>di</strong>cembre 1929 Marzullo invita il custode a “ricercare con maggiore attenzione i blocchi per ridurre<br />

al minimo i denti e i tasselli”.<br />

65) In alcuni casi ci si limita a rimettere a piombo tratti <strong>di</strong> mura sconnesse (così annota il Marzullo il 7 <strong>di</strong>cembre 1929).<br />

27


Fig. 19 - Versante occidentale delle mura prima del restauro; inizio anni Trenta del Novecento<br />

(foto E. Samaritani - Archivio Ente per le Antichità e i Monumenti della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>)<br />

Fig. 20 - Lato orientale delle mura durante i primi interventi; febbraio 1930<br />

(foto E. Samaritani - Archivio Ente per le Antichità e i Monumenti della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>)


Le mura <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> e la loro percezione nel tempo<br />

La messa in luce delle cortine esterne e interne fu<br />

realizzata per settori, inizialmente me<strong>di</strong>ante <strong>di</strong>sboscamento<br />

e successivamente con sterri condotti tornando<br />

più volte nelle stesse aree fino al raggiungimento<br />

della risega del muro o il piano antico 66 ; i<br />

blocchi via via messi in luce 67 venivano scavati, spostati<br />

e allineati ai pie<strong>di</strong> delle mura come si deduce dai<br />

<strong>di</strong>ari <strong>di</strong> scavo e da alcune fotografie (fig. 19). Contestualmente<br />

sul lato esterno si definiva la scarpata e si<br />

sistemava la via ai pie<strong>di</strong> della cinta.<br />

Altre immagini documentano il sollevamento ed il<br />

montaggio dei blocchi me<strong>di</strong>ante l’uso della capra o<br />

<strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> castelletto in legno (fig. 20) e, allo<br />

stesso tempo, mostrano come gli interventi <strong>di</strong> restauro,<br />

talvolta, non erano costituiti da semplici risarciture<br />

della muratura, ma da vere e proprie ricostruzioni<br />

68 . In alcuni casi interi filari, per necessità statiche,<br />

venivano smontati e rimontati. Dai <strong>di</strong>ari dei lavori<br />

e dalle immagini fotografiche <strong>di</strong> Samaritani è<br />

possibile comprendere l’entità <strong>di</strong> questi imponenti<br />

interventi ricostruttivi. Un particolare interesse riveste,<br />

ad esempio, lo scavo realizzato nell’autunno del<br />

1929 <strong>di</strong> una trincea ad E <strong>di</strong> Porta Aurea all’interno<br />

del paramento esterno rinvenuto in crollo (fig. 21) e<br />

la successiva ricostruzione avvenuta nel corso del<br />

1930 69 (fig. 22).<br />

Consistente fu comunque la ricostruzione su tutto<br />

il versante ad E <strong>di</strong> Porta Aurea che comportò ampie<br />

ricostruzioni delle due cortine ed anche del piano superiore<br />

che fu sistemato con gran<strong>di</strong> opere <strong>di</strong> riempimento e livellamento (fig. 23).<br />

Fig. 21 - Lato settentrionale delle mura; gennaio 1930<br />

(foto E. Samaritani - Archivio Ente per le Antichità<br />

e i Monumenti della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>)<br />

Un altro nucleo consistente <strong>di</strong> stampe riproduce, per gran<strong>di</strong> linee, la messa in luce <strong>di</strong> Porta Marina che richiese,<br />

come attestano anche i documenti <strong>di</strong> archivio, un tenace impegno a causa del grande interro che la<br />

copriva quasi interamente (fig. 24).<br />

66) Spesso nei <strong>di</strong>ari <strong>di</strong> scavo si fa riferimento a saggi necessari a definire la consistenza delle strutture o dei blocchi sepolti o per<br />

in<strong>di</strong>viduare il livello della risega del muro. Durante queste operazioni <strong>di</strong> scavo e <strong>di</strong> sterro furono portate alla luce decine e decine<br />

<strong>di</strong> sepolture a cassa o alla cappuccina, spesso collocate imme<strong>di</strong>atamente a ridosso della fortificazione sia sul lato settentrionale sia<br />

su quello orientale dove si rinvennero in due occasioni frammenti <strong>di</strong> intonaco <strong>di</strong>pinto, in un caso anche figurato. Una sommaria<br />

descrizione <strong>di</strong> queste tombe e dei relativi corre<strong>di</strong> è nei <strong>di</strong>ari <strong>di</strong> scavo <strong>di</strong> quegli anni.<br />

67) Al termine della campagna <strong>di</strong> scavo i blocchi scavati e allineati ai pie<strong>di</strong> delle mura saranno <strong>di</strong>verse migliaia.<br />

68) Solo un attento esame <strong>di</strong> tutta la documentazione fotografica ed un confronto sistematico con la situazione attuale potrà<br />

consentire <strong>di</strong> verificare in dettaglio molti <strong>degli</strong> interventi operati negli anni Trenta. Tale tipo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, utile per una conoscenza<br />

della storia <strong>di</strong> questo monumento, non può che essere rinviato ad una specifica ricerca che dovrà tenere conto <strong>di</strong> tutta la documentazione<br />

fotografica.<br />

69) In un’annotazione <strong>di</strong> Marzullo del 2 gennaio 1930 si legge: “A Porta Aurea all’esterno da m 140 a m 160 si prepari la ricostruzione<br />

della fodera più antica”.<br />

29


30 CApitolo i<br />

Fig. 22 - Lato settentrionale delle mura; inverno 1929-1930<br />

(foto E. Samaritani - Archivio Ente per le Antichità e i Monumenti della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>)<br />

Il significato delle immagini riferibili allo sterro effettuato per mettere in luce la Porta è chiarito da una<br />

relazione <strong>di</strong> Antonio Marzullo relativa agli scavi condotti dal luglio 1930 al maggio 1931 70 , cui si affianca<br />

anche una schematica pianta dell’area al termine dello scavo (fig. 25).<br />

Da questa documentazione si segnala in particolare un’immagine del banco calcareo collocato imme<strong>di</strong>atamente<br />

a S della Porta tagliato da una fen<strong>di</strong>tura naturale la cui colmata fu sterrata fino alla profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong><br />

m 5 (fig. 26); tale operazione consentì, come ricaviamo dalla relazione del Marzullo, <strong>di</strong> recuperare materiale<br />

(pesi in terracotta, hydriskai ed anforette, lucerne e kothones a vernice nera) riferibili ad un’area sacra e<br />

<strong>di</strong> rinvenire anche alcune sepolture tardo-romane.<br />

Ancora altre immagini documentano la messa in luce del fronte meri<strong>di</strong>onale delle mura, sia ad E sia ad O<br />

<strong>di</strong> Porta Giustizia, e del ponte sul fossato (fig. 27).<br />

70) Si tratta <strong>di</strong> una relazione ine<strong>di</strong>ta del 1931 conservata nel fascicolo 17 dell’Archivio dell’Ente per le Antichità e i Monumenti.


Le mura <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> e la loro percezione nel tempo<br />

Fig. 23 - Lato settentrionale delle mura; febbraio-marzo 1930<br />

(foto E. Samaritani - Archivio Ente per le Antichità e i Monumenti della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>)<br />

Fig. 24 - Porta Marina; 1930-1931<br />

(foto E. Samaritani - Archivio Ente per le Antichità e i Monumenti della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>)<br />

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32 CApitolo i<br />

Fig. 25 - Tratto a meri<strong>di</strong>one <strong>di</strong> Porta Marina; 1930-1931<br />

(foto E. Samaritani - Archivio Ente per le Antichità<br />

e i Monumenti della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>)<br />

Più scarna, ma ugualmente <strong>di</strong> grande importanza è<br />

la documentazione del tratto murario orientale i cui<br />

lavori ebbero inizio il 29 ottobre 1929 con la pulizia e<br />

con lo scavo a partire dal successivo 5 novembre. Alcune<br />

immagini si riferiscono al momento che precede<br />

gli interventi e all’avanzamento dei lavori, mentre altre,<br />

realizzate al termine della strada che costeggia le<br />

mura da Porta Sirena fino a Porta Giustizia (1933-<br />

1934), consentono <strong>di</strong> intuire l’opera <strong>di</strong> pulizia e <strong>di</strong><br />

sterro effettuato lungo il tratto a S della Porta (fig.<br />

28). Dai <strong>di</strong>ari sappiamo che soprattutto il settore imme<strong>di</strong>atamente<br />

a N <strong>di</strong> Porta Sirena subì numerosi interventi<br />

<strong>di</strong> scavo e <strong>di</strong> ricostruzione sia sulla parte<br />

esterna sia su quella interna; questa attività è chiarita<br />

da una significativa immagine <strong>di</strong> quegli anni che documenta<br />

la ricostruzione del muro interno a pochi<br />

metri a N <strong>di</strong> Porta Sirena (figg. 29-30).<br />

Un particolare interesse rivestono anche due immagini,<br />

scattate a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> breve tempo e all’incirca<br />

dalla stessa posizione, all’interno <strong>di</strong> Porta Sirena.<br />

Nella prima delle due fotografie le strutture a S della<br />

Porta sono in gran parte coperte da cespugli (fig. 31,<br />

a), mentre nella seconda le stesse murature appaiono<br />

integralmente messe in luce a seguito <strong>di</strong> un consistente<br />

intervento <strong>di</strong> pulizia (fig. 31, b). Verosimilmente<br />

queste due immagini documentano l’intervento<br />

effettuato al muro del cortile della Porta nel 1933<br />

per esigenze statiche, come si deduce anche dalla<br />

corrispondenza tra Marzullo e Maiuri e da una dettagliata<br />

relazione dello stesso Marzullo 71 . Dalla corrispondenza<br />

si comprende che la sistemazione dei<br />

blocchi del muro doveva essere effettuata senza scomporre i filari ma con una semplice ‘manovra a spinta’.<br />

Sempre a questo intervento possiamo associare un rilievo 72 con il progetto <strong>di</strong> sistemazione per la realizzazione<br />

<strong>di</strong> un canale <strong>di</strong> scolo <strong>di</strong> cui oggi non resta alcuna traccia (fig. 32).<br />

La documentazione fotografica fissa anche la trasformazione dell’area intorno alle mura con la realizzazione<br />

della strada che le circonda ad anello sigillando anche parte del fossato delle mura. Realizzata all’inizio<br />

<strong>degli</strong> anni Trenta questa strada, che utilizza come sottofondazione parte <strong>degli</strong> stessi blocchi delle mura<br />

rinvenuti in crollo e ridotti in frammenti, pose anche alcuni problemi <strong>di</strong> tutela e <strong>di</strong> salvaguar<strong>di</strong>a. È il caso<br />

del ponte sul fossato presso Porta Aurea, messo in luce e reso visibile al <strong>di</strong> sotto della strada moderna grazie<br />

alla realizzazione <strong>di</strong> una rampa in terra battuta, e della strada in basoli <strong>di</strong> età romana in uscita da Porta<br />

Marina che fu scavalcata dalla strada moderna con un piccolo ponte tuttora esistente.<br />

71) Ho potuto leggere la relazione del Marzullo grazie alla cortesia <strong>di</strong> S. Vecchio che ne conserva una copia.<br />

72) Il rilievo è conservato nell’Archivio dei <strong>di</strong>segni dell’Ente per le Antichità e i Monumenti della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>.


Fig. 26 - Disegno dell’area <strong>di</strong> Porta Marina; 1931<br />

(Archivio <strong>di</strong>segni dell’Ente per le Antichità e i Monumenti della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>)<br />

Fig. 27 - Ponte sul fossato presso Porta Giustizia; inizi anni Trenta del Novecento<br />

(foto E. Samaritani - Archivio Ente per le Antichità e i Monumenti della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>)


Fig. 28 - Porta Sirena e tratto meri<strong>di</strong>onale del versante orientale delle mura; 1933-1934<br />

(foto E. Samaritani - Archivio Ente per le Antichità e i Monumenti della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>)<br />

Al termine dei lavori <strong>di</strong> scavo e <strong>di</strong> restauro l’immagine <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> era decisamente mutata rispetto a quella<br />

riscontrata a partire dal XVI secolo. La bonifica <strong>degli</strong> acquitrini a O e a S della mura, la costruzione del<br />

Ristorante Nettuno a ridosso <strong>di</strong> Porta Giustizia così come la realizzazione delle strade panoramiche che,<br />

passando sul fossato della città (fig. 3), agevolavano la visita della fortificazione, avrebbero dovuto dare<br />

slancio al turismo, uno dei principali obiettivi delle gran<strong>di</strong> opere condotte in quegli anni 73 . D’altra parte,<br />

non va <strong>di</strong>menticato che nel 1928 presso il Museo Provinciale <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong> venne istituita la Commissione per<br />

lo sviluppo del turismo e la sistemazione delle zone monumentali e panoramiche della provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>,<br />

nel 1934 <strong>di</strong>venuto ente morale con il nome <strong>di</strong> Ente per le Antichità e i Monumenti della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>,<br />

con lo scopo <strong>di</strong> portare avanti i gran<strong>di</strong> progetti <strong>di</strong> scavo e restauro sostenuti con finanziamente dell’amministrazione<br />

provinciale. Di questa Commissione si conserva presso la Direzione del Museo <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> la<br />

copia <strong>di</strong> una relazione ine<strong>di</strong>ta che accompagnava il progetto per la ricostruzione della cinta fortificata. In<br />

essa si pone particolare attenzione alla restituzione dei tratti a N del versante orientale e ad E del versante<br />

settentrionale in modo tale che abbiano l’impressione della nuova opera tanto i visitatori che vengano con<br />

autovetture che quelli che giungono per ferrovia.<br />

In questa ottica <strong>di</strong> valorizzazione turistica <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> si inserisce anche la breve guida <strong>di</strong> Antonio Marzullo<br />

<strong>di</strong> cui uscirono due e<strong>di</strong>zioni rispettivamente nel 1933 e nel 1936. Già nella prima e<strong>di</strong>zione il Marzullo 74 ,<br />

ad una puntuale descrizione <strong>di</strong> tutto il circuito, delle porte e delle torri, allegava una pianta e una veduta a<br />

tre <strong>di</strong>mensioni della città che fissava ormai il ‘nuovo volto’ della cinta muraria <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong>; quest’ultima era<br />

stata oggetto <strong>di</strong> una riproduzione su ceramica effettuata nel 1932 da Rossi per l’EPT <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong> (fig. 33) 75 .<br />

73) Ho cercato <strong>di</strong> presentare un quadro delle attività <strong>di</strong> scavo e <strong>di</strong> restauro a <strong>Paestum</strong> negli anni del Fascismo nel contributo:<br />

longo 2010.<br />

74) mArzullo 1933.<br />

75) Nella pianta e<strong>di</strong>ta nella seconda e<strong>di</strong>zione le uniche mo<strong>di</strong>fiche sono relative alla strada che corre lungo il lato E costruita solo<br />

in un secondo momento: mArzullo 1936.


Fig. 29 - Lato orientale delle mura durante i restauri; <strong>di</strong>cembre 1929 (?)<br />

(foto E. Samaritani - Archivio Ente per le Antichità e i Monumenti della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>)<br />

Fig. 30 - Lato orientale delle mura durante i restauri del 1930<br />

(foto E. Samaritani - Archivio Ente per le Antichità e i Monumenti della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>)


36 CApitolo i<br />

Fig. 31 - Porta Sirena vista da occidente. a, autunno 1932 (?); b, inverno 1933 (?)<br />

(foto E. Samaritani - Archivio Ente per le Antichità e i Monumenti della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>)<br />

Fig. 32 - Rilievo <strong>di</strong> Porta Sirena con sistemazione per lo scolo delle acque piovane; primavera 1933<br />

(Archivio <strong>di</strong>segni dell’Ente per le Antichità e i Monumenti della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>)


Le mura <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> e la loro percezione nel tempo<br />

Fig. 33 - Pannello in ceramica realizzato da R. Rossi; 1932 (Ente Provinciale per il Turismo della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>)<br />

I gran<strong>di</strong> interventi realizzati a <strong>Paestum</strong> tra il 1929 ed il 1934 furono ampiamente esaltati nella rivista<br />

mensile fascista Opere Pubbliche del 1933 con forti toni propagan<strong>di</strong>stici 76 che ritroviamo anche negli<br />

articoli dei giornali e in altre riviste dell’epoca. <strong>Paestum</strong>, dopo quella del Grand Tour, in questi anni fu<br />

riscoperta una seconda volta e i suoi monumenti, messi in luce e restaurati, utilizzati come strumenti <strong>di</strong><br />

una propaganda politica che può essere sintetizzata nella frase con la quale si chiude l’articolo, tradotto<br />

anche in lingua inglese, che rende nota l’attività <strong>di</strong> bonifica condotta a <strong>Paestum</strong>: L’or<strong>di</strong>ne del DUCE,<br />

76) Stessi toni propagan<strong>di</strong>stici hanno i filmati dell’Istituto Luce realizzati in quegli stessi anni.<br />

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38 CApitolo i<br />

Fig. 34 - Cavea artificiale per lo svolgimento <strong>degli</strong> spettacoli<br />

all’interno del santuario meri<strong>di</strong>onale; 1932<br />

(foto E. Samaritani - Archivio Ente per le Antichità e i Monumenti<br />

della Provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>)<br />

come sempre, anche nel salernitano, è decisamente<br />

eseguito.<br />

In questa cornice vengono organizzate le tre rappresentazioni<br />

classiche, le cosiddette Panatee,<br />

messe in scena nell’area archeologica tra il 1932<br />

ed il 1938 77 . Singolari furono gli allestimenti pre<strong>di</strong>sposti<br />

nello spazio compreso tra il Tempio <strong>di</strong><br />

Nettuno e la Basilica per i quali si fece uso <strong>di</strong> alcune<br />

centinaia <strong>di</strong> blocchi provenienti dai crolli della<br />

cinta muraria. In archivio non si conserva alcuna<br />

documentazione relativa alle operazioni <strong>di</strong> trasporto<br />

dei blocchi che, al termine <strong>degli</strong> spettacoli,<br />

furono sistemati nel settore antistante il Tempio <strong>di</strong><br />

Nettuno dove, in parte, sono conservati. Ancora<br />

una volta preziose sono le belle immagini della cavea<br />

artificiale fissate dalle fotografie <strong>di</strong> Ernesto Samaritani<br />

(fig. 34).<br />

Nella relazione sui lavori compiuti alle mura <strong>degli</strong><br />

anni Trenta Maiuri scrisse che, grazie a quegli interventi, era infine possibile effettuare rilievi accurati e<br />

dunque poter finalmente stu<strong>di</strong>are la cinta fortificata 78 . Ne approfittò senza dubbio il Krischen per il suo lavoro<br />

sull’architettura militare in Italia meri<strong>di</strong>onale 79 , anche se il Maiuri non ebbe parole <strong>di</strong> elogio per le<br />

poche pagine de<strong>di</strong>cate alle mura <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong> 80 . Allo stu<strong>di</strong>oso tedesco non solo non veniva perdonata la carente<br />

documentazione grafica e fotografica, ma anche la mancanza <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione sulla cronologia, una<br />

questione a lungo <strong>di</strong>battuta e che, per molti aspetti, resta tuttora <strong>di</strong>fficile anche per quegli stu<strong>di</strong>osi che affrontano<br />

oggi lo stu<strong>di</strong>o della fortificazione con ben altri approcci e prospettive, ma soprattutto con la consapevolezza<br />

<strong>di</strong> avere innanzi un monumento la cui storia non si conclude certo con la fine della città antica,<br />

ma prosegue nei secoli successivi.<br />

Se i tre maestosi templi hanno contribuito nel Settecento a <strong>di</strong>ffondere il gusto del dorico in Europa, le<br />

mura <strong>di</strong> <strong>Paestum</strong>, con le loro imponenti rovine e la ben conservata Porta orientale, hanno da sempre marcato<br />

i limiti <strong>di</strong> quel grande spazio urbano entro il quale questi monumenti erano collocati, fissando al contempo<br />

la percezione stessa della città antica.<br />

FL<br />

77) Cfr. tAglé 1995 e da ultimo CipriAni 2006. Ho avuto modo <strong>di</strong> riprendere nuovamente in esame le rappresentazioni classiche<br />

a <strong>Paestum</strong>: longo 2010.<br />

78) mAiuri 1986, 40.<br />

79) krisChen 1941.<br />

80) krisChen 1941, 19-24.

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