Alphonse De Lamartine a Napoli, Procida, Casamicciola
Alphonse De Lamartine a Napoli, Procida, Casamicciola
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<strong>Alphonse</strong> <strong>De</strong> <strong>Lamartine</strong><br />
a <strong>Napoli</strong>, <strong>Procida</strong>, <strong>Casamicciola</strong><br />
di Domenico Di Spigna<br />
<strong>Lamartine</strong> è di nuovo in Italia dal diciotto<br />
agosto al 19 settembre 1844 ed<br />
è un viaggio felice, della stessa emozione<br />
ed intensità di quello avvenuto<br />
ventiquattro anni prima. L’isola sarà<br />
ancora luogo di delizie per i <strong>Lamartine</strong>.<br />
L’usignuolo di Francia, com’è da<br />
definirsi, aveva potuto realizzare il sogno<br />
di trascorrere l’estate a <strong>Napoli</strong> e<br />
nell’isola maggiore del suo golfo che<br />
tanto desiderava rivedere e ravvivare i<br />
propri ricordi, nel disegno di scrivere<br />
le sue “Confidenze”, grazie al contratto<br />
firmato con l’editore Gosselin per la<br />
pubblicazione della “Storia dei Girondini”.<br />
La partenza per questo nuovo viaggio<br />
rassomiglia in miniatura a quello<br />
effettuato nel passato per l’Oriente,<br />
ma con esiti diversi. I coniugi <strong>Lamartine</strong><br />
conducono con loro la famiglia<br />
Cessiat: Cecilia con i figli Valentina,<br />
Alfonsina ed il piccolo Emanuele. I<br />
medici, per la buona salute del poeta<br />
avevano consigliato i bagni presso la<br />
piccola stazione termale di Nèris, ma<br />
Alfonso preferisce le calde acque di<br />
<strong>Casamicciola</strong> e il suo mare. Scrive la<br />
signora Marianna, in data nove agosto,<br />
da Genova alla sua amica de La<br />
Grange: «Fra poco partiremo col piroscafo<br />
per <strong>Napoli</strong>! È incredibile, non<br />
credo a me stessa se chiudo gli occhi.<br />
Vado al mare con una giovane che<br />
nuota molto bene; il signor <strong>Lamartine</strong><br />
per un attacco di bile è stato a letto<br />
per 24 ore… forse ha preso freddo,<br />
meglio Ischia, di dolce memoria, con<br />
le sue salutari terme». Si immagini lo<br />
stato d’animo, cosparso di tenero romanticismo<br />
per il suo giovanile amore<br />
del 1811 per Antoniella-Graziella, che<br />
aveva conosciuto presso la manifattura<br />
dei tabacchi. Egli promette mare e<br />
meraviglie per tutto il seguito familiare.<br />
Viene accolto a <strong>Napoli</strong> , dove giun-<br />
18 La Rassegna d’Ischia n. 4/2012<br />
<strong>Lamartine</strong> a 20 anni (Museo di Mâcon)<br />
gono il 13 agosto, dall’ambasciatore<br />
francese duca di Montebello; compiono<br />
escursioni a Castellammare di Stabia,<br />
Vico Equense, Sorrento, Pompei,<br />
vanno a teatro, ascoltano concerti. Il<br />
signor <strong>Lamartine</strong> era felice! Ritrova<br />
i suoi diciotto anni e rivive il primo<br />
sogggiorno a <strong>Napoli</strong>, scrive Marianna<br />
la “diarista”, ritrova pure tutto il ricordo<br />
di Antoniella! Lei non è gelosa, ma<br />
gelosa di tutto quando suo marito va<br />
a rivedere la manifattura dei tabacchi<br />
alla Porta di Massa diretta ancora da<br />
un Dareste, il figlio del compiacente<br />
cugino che l’ospitò molti anni prima<br />
ed evoca la bella napoletana divenuta<br />
ora per lui un personaggio da leggenda.<br />
I ricordi affiorano copiosi, nel gioioso<br />
soggiorno giovanile: «si amano i<br />
luoghi dove si è amato; essi sembrano<br />
conservarci il cuore d’altre volte e ce<br />
lo rende intatto per amare ancora»,<br />
così dice nella prefazione delle “Confidenze”.<br />
L’idillio con la sigaraia di Resina<br />
sarà la trama del romanzo “Graziella”,<br />
l’opera sua forse più letta. In un’altra<br />
missiva all’amica de La Grange comunica<br />
che sono stati al Teatro San<br />
Carlino per assistere ad una farsa di<br />
napoletani purosangue. Era questa di<br />
una comicità ammirevole, rappresen-<br />
tata con vivacità e gesti sconosciuti a<br />
tutti. Il gruppo francese trova il luogo<br />
flegreo come un anfiteatro incantato,<br />
come uno scenario antico, col golfo<br />
dominato dal Vesuvio sonnecchiante<br />
e Sorrento in fondo ad esso disteso<br />
al sole. Sarà la terza volta che il transalpino<br />
tocca il suolo partenopeo; è<br />
felicissimo e più volte dirà d’essere<br />
dispiaciuto per non aver avuto i natali<br />
napoletani. Giunti a <strong>Casamicciola</strong>,<br />
una graditissima sorpresa attende il<br />
poeta allo sbarco!<br />
Si era saputo che doveva arrivare<br />
il cantore borgognano col suo seguito<br />
e pertanto gli viene riservata la più<br />
delicata delle accoglienze. È salutato<br />
allo sbarco da una signora napoletana,<br />
la contessa Irene Capecelatro di circa<br />
quaranta anni che a nome dei villeggianti<br />
lo accoglie leggendo in francese<br />
i versi di una sua poesia. Questa<br />
gentile donna era figlia del conte dei<br />
Camaldoli Francesco nato a Foggia il<br />
26- 6-1758 e di Maria Granito di Castellabate.<br />
Aveva sposato il musicista<br />
Vincenzo Capecelatro, col quale spesso<br />
era in viaggio per l’Europa; questi<br />
piuttosto squattrinato non era pure<br />
esente da tradimenti amorosi. Fu l’autrice<br />
dei versi delle canzoni: “ La bella<br />
sorrentina”, ”La zingara”, “Imelda” e<br />
di altri scritti quali una commedia per<br />
il “Teatro dei Fiorentini”.<br />
Praticò ed ebbe in confidenza lo<br />
scrittore francese Alessandro Dumas,<br />
nella redazione del giornale “L’Indipendente”,<br />
scritto in francese e che<br />
lei traduceva in italiano. Era liberale<br />
per ascendenti di famiglia come suo<br />
fratello Giuseppe, possedeva una villa<br />
al Vomero (aprica collina di <strong>Napoli</strong>)<br />
ed assieme a Beatrice Laura Oliva<br />
Mancini, Paola Ranieri e Giuseppina<br />
Guacci Nobile fondò il circolo della<br />
poetessa de Sebezio. Donna sensibile,<br />
non bella, fu una colta amante della<br />
musica; come suo fratello Giuseppe<br />
era afflitta da coxalgia e per tale<br />
male col passare degli anni diveniva
In alto: Pescatore e giovanetta d’Ischia (di Louis-Léopold<br />
Robert, 1827)<br />
In basso: Ragazza di <strong>Procida</strong> (di Louis-Léopold Robert,<br />
1822)<br />
sempre più claudicante. Suo fratello sempre impegnato<br />
in politica, liberale e antiborbonico da anni forzatamente<br />
viveva tra Parigi e Torino. Da questi luoghi spesso<br />
scriveva a Irene che sempre in non buone condizioni di<br />
salute, chiedeva rimedio e conforto ai bagni termali di<br />
<strong>Casamicciola</strong>. Una sua sorella si chiamava Elisabetta che<br />
diversamente da loro conservava la sua fede borbonica e<br />
per queste diverse ideologie, Giuseppe ed Elisabetta, nella<br />
loro corrispondenza, a parte il tono affettuoso come si<br />
conviene tra germani, a volte spesso diveniva aspra polemica.<br />
Nonostante ciò Elisabetta aiutava in qualche modo<br />
economicamente suo fratello sempre a corto di soldi.<br />
Come da conseutudine di famiglia, Elisabetta d’estate<br />
si recava a <strong>Casamicciola</strong> e nel 1871 cerca di non incontrare<br />
il senatore Marliani, amico di Giuseppe oramai deputato<br />
Ricciardi, dichiarando di non voler leggere nemmeno<br />
gli scritti dello stesso Giuseppe. Era una vera legittimista<br />
borbonica! Affermava tra l’altro, come si legge nelle lettere<br />
datate <strong>Casamicciola</strong> 21 luglio e 4 agosto 1871, che<br />
il senatore del nuovo Regno Italico era un vecchio antipatico<br />
e intollerante, e di più ancora: molto sciocca deve<br />
essere sua moglie per averlo sposato e condannata a farle<br />
da infermiera. Grande gioia e sicuramente festosa partecipazione<br />
avranno provato gli ospiti di Francia, quando<br />
posero piedi sulla dorata spiaggia, tra gli attoniti e curiosi<br />
bagnanti del luogo. Alla stessa nobildonna, riconoscente<br />
e commosso per la squisita gentilezza rivoltogli, in risposta<br />
dedicherà la poesia “Saluto all’isola d’Ischia” (6 settembre<br />
1844), che suona in tali versi: “È dolce aspirare<br />
scendendo alla spiaggia il profumo che il vento porta allo<br />
straniero e di odorare i fiori che il suo alito porta a piovere<br />
sul vostro fronte dall’alto dell’aranceto”. È dolce prestare<br />
un orecchio rapito alla lingua dei dolci suoni che si parlava<br />
amando, che vi porta in sogno al fiore della vita e che<br />
risuona nel cuore musica e sentimenti. La gioia che s’era<br />
auspicato il poeta ne è intensificata dalla realtà, il suo<br />
motto “vivere in tutto, è vivere cento volte”, si materializzava.<br />
Gli animi dei graditi turisti erano pervasi da piacevole<br />
emotività; la vista delle dirimpettaie verdi colline,<br />
che declinavano verso la spiaggia sottostante, facevano<br />
da riscontro e suggestivo contorno. Un’emozione seguiva<br />
l’altra ed un’altra la sostituiva!<br />
Alcuni anni dopo, da Parigi, nel luglio del 1860 scriverà<br />
ancora ad Irene: «vi ho conosciuto giovane, felice, e già<br />
celebre nella vostra illustre famiglia».<br />
Alla marina di <strong>Casamicciola</strong>, laddove ha gettato le ancore<br />
il piccolo piroscafo, v’era un capannello di persone e<br />
in particolare tanti “asinari” che con i loro quadrupedi costituivano<br />
l’unico mezzo di trasporto per i luoghi dell’isola,<br />
già che non v’erano ancora né cavalli, né carrozze;<br />
c’erano pure i facchini pronti a strappare dalle mani dei<br />
turisti i bagagli e litigare fra loro per l’accaparramento;<br />
scene che si sono ripetute fino a metà del secolo scorso.<br />
A dorso d’asino la comitiva proveniente dalla Francia<br />
si arrampica verso Castanito, dove prende in affitto una<br />
villetta, non più la casetta del primo soggiorno, ricordata<br />
La Rassegna d’Ischia n. 4/2012 19
a Louis de Vignet, ma quella che era<br />
stata liberata dalla contessa russa Giulia<br />
Samoiloff, ad un centinaio di metri<br />
di distanza.<br />
La signora Marianna <strong>Lamartine</strong><br />
scriverà all’amica <strong>De</strong> la Grange che<br />
la citata nobildonna aveva lasciato un<br />
sofà e qualche piccola tenda persiana,<br />
messa per suo uso ed abbellire il piccolo<br />
salotto. «Qui la natura ha fatto<br />
tutto, ma la mano dell’uomo ben poca<br />
cosa e mi ritrovo quasi in Oriente in<br />
rapporto alla costruzione e all’arredamento<br />
della nostra villa. Ma un balcone<br />
sul mare, una vista della montagna<br />
e un giardino d’aranci non è forse sufficiente<br />
per far dimenticare tappeti e<br />
poltrone? Niente è più bello dei vari<br />
aspetti di questo magnifico golfo che<br />
non ci stanchiamo mai di contemplare<br />
durante il giorno ed io, per metà della<br />
notte….mi alzo una ventina di volte<br />
per fare un piccolo giro sulla terrazza e<br />
ammirare ora la pesca con le lampare,<br />
ora l’alba che arriva con i suoi inattesi<br />
effetti. Poi il sole si alza d’improvviso<br />
dietro un piccolo promontorio e fa vibrare<br />
di mille mormorii e scintillare di<br />
mille luci, ogni foglia, ogni onda.<br />
Le paranze escono, come d’incanto,<br />
da ogni insenatura e volano come<br />
bianche farfalle in tutte le direzioni.<br />
Penso di rimanere qui fin quando i<br />
bagni di mare e le acque minerali gioveranno<br />
alla salute del signor <strong>Lamartine</strong>,<br />
che ha preso un bagno nell’acqua<br />
“dell’Occhio” la più leggera delle acque<br />
al mondo; ma a suo dire, gli ha<br />
spezzato gambe e braccia. Un reggimento<br />
di asini ci attende alla porta per<br />
fare una passeggiata per delle scale<br />
terrificanti. Senza dubbio è questa<br />
una scena d’incanto veritieramente<br />
descritta e confortata da coloro che<br />
l’hanno ugualmente ammirata spaziando<br />
con l’occhio fino a Capo Miseno<br />
che spinge il suo sperone nel golfo<br />
di <strong>Napoli</strong> con Posillipo e i suoi lauri<br />
ed è in fondo il Vesuvio che si compiace».<br />
Il poeta si reca a Lacco Ameno, visita<br />
la chiesa dedicata a Santa Restituta<br />
Vergine e Martire africana e della quale<br />
si porterà in Francia una sua grande<br />
effigie, nonché la baia di San Montano<br />
standosene ai piedi del costone<br />
20 La Rassegna d’Ischia n. 4/2012<br />
A <strong>Procida</strong><br />
… <strong>De</strong>starci sulla terrazza, al garrir delle rondini che sfioravano il tetto<br />
di foglie; ascoltare la voce infantile di Graziella che cantava a mezza<br />
voce nella vigna, timorosa di turbare il sonno dei due stranieri; scendere<br />
correndo alla spiaggia, per tuffarci in mare e nuotare per qualche minuto<br />
in una piccola insenatura dall’acqua profonda ma trasparente che<br />
lasciava scorgere la sabbia fine e luminosa, e dove non giungeva il flusso<br />
inquieto e la schiuma dell’alto mare; risalire adagio verso casa, facendo<br />
asciugare i capelli e le spalle umide al sole; far colazione nella vigna,<br />
con un pezzo di pane o di formaggio di capra, che Graziella divideva con<br />
noi; bere l’acqua chiara e fresca della sorgente, attinta con una piccola<br />
giara di terracotta dalla forma oblunga e che ella, arrossendo, piegava<br />
sul braccio, per lasciarci posare le labbra all’orlo; aiutare la famiglia<br />
nelle mille faccende rustiche della casa e del giardino; riedificare qua e<br />
là il muro di cinta della vigna che sosteneva le balze a terrazza, rimuovere<br />
delle grosse pietre che durante l’inverno erano rotolate dall’alto dei muri<br />
sui giovani arbusti di vite e che schiacciavano gli scarsi coltivi che si potevano<br />
creare fra una pianta e l’altra; portare in cantina le grosse zucche<br />
gialle, così pesanti che un uomo non poteva trasportarne più di una per<br />
volta; poi, tagliare i viluppi che ricoprivano la terra con le loro larghe<br />
foglie facendo inciampare ad ogni passo; tracciar, fra i filari di viti, sotto<br />
le alte pergole, un rigagnoletto nella terra riarsa, perché l’acqua e la<br />
pioggia vi si adunino, abbeverandola in un modo più duraturo; scavare<br />
delle specie di pozzi in forma di botte, ai piedi dei fichi e dei limoni, ecco<br />
le nostre occupazioni mattutine, sino a quando il sole, battendo a piombo<br />
sui tetti, sul giardino e sulla corte, ci costringeva a rifugiarci al riparo<br />
della pergola. La trasparenza e il riflesso delle foglie di vite davano alle<br />
ombre mobili un riflesso caldo e dorato. (dal romanzo Graziella, edizione<br />
Imagaenaria, 2004)<br />
roccioso sopra un letto di fine sabbia.<br />
Qui nasceva sino a pochi decenni orsono,<br />
il narciso marino (pancratium<br />
maritimum) che gli ispirerà “Il Giglio<br />
di Santa Restituta” (poesia che reca la<br />
data del trenta agosto 1844). Quassù<br />
nella quiete del colle alla Sentinella da<br />
cui contemplava la dirimpettaia isola<br />
di <strong>Procida</strong>, rumina in sé il suo lontano<br />
passato napoletano ed il ricordo si<br />
porta ad Antoniella che oramai, a più<br />
di trent’anni, la sua figura assume il<br />
viso della “grazia” e scriverà il suo<br />
“Graziella”, romanzo di toccante sensibilità,<br />
che ha fatto piangere diverse<br />
generazioni e sorgere diverse leggende<br />
a <strong>Procida</strong>, per lo struggente amore<br />
del francese verso la bella “procidana”.<br />
In realtà la Jacomino Antonietta<br />
(Graziella) non ha mai vissuto a <strong>Procida</strong><br />
e lo stesso poeta ha contribuito a<br />
confondere le idee, cosa però scaturita<br />
dalla sua fantasia.<br />
Alla Sentinella i nostri graditi e affe-<br />
zionati ospiti incontrano la principessa<br />
Oginsky, la cui figlia nel 1821 fu la<br />
madrina del piccolo Alfonso junior, il<br />
poeta marsigliese Autra, M. d’Areste<br />
e qualche notabile del luogo. Durante<br />
la villeggiatura, viene a fare visita<br />
al poeta il giovane editore Pelletan,<br />
suo amico, di circa trenta anni, di virile<br />
bellezza. È accompagnato da un<br />
ragazzo del luogo, magro, alto e con<br />
barba nera, che s’incaricava di rendersi<br />
utile a guida dei turisti.<br />
I due cittadini francesi scendono<br />
alla spiaggia incontro alla signora Pelletan,<br />
fanno un giro turistico per l’isola<br />
e <strong>Lamartine</strong> offre alla giovane coppia<br />
l’ospitalità di un giorno per ripartire<br />
l’indomani dopo aver ascoltato alcune<br />
pagine del “Graziella”. Successivamente<br />
M. de Girardin, direttore de La<br />
Presse, scrive a <strong>Lamartine</strong>: «Il signor<br />
Pelletan mi ha parlato con interesse di<br />
alcune pagine di ricordi d’infanzia che<br />
ha capito nella lettura ad Ischia, volete
Graziella e <strong>Lamartine</strong> in un disegno di Alfred Curzon, editione di Graziella<br />
mandarmele alla Presse?». Il poeta rifiuta<br />
pur ringraziando cortesemente: il<br />
prezzo offerto dal giornale è molto più<br />
giù di pagine senza valore!<br />
Qui nella tranquillità della villa Tagliaferro,<br />
dalla vista mozzafiato, il<br />
poeta durante l’intenso mese che ivi<br />
trascorre, scrisse tra l’altro anche un<br />
articolato commento al “Primo rimpianto”,<br />
come si evince dalle due date<br />
del manoscritto (presso l’archivio di<br />
Saint Point), Ischia 30 agosto 1844 e<br />
10 settembre 1844. Ma dov’era collocata<br />
la villa Tagliafeno? (come sembra<br />
lettera n la doppia erre ), dalla grafia<br />
della signora Marianna nella lettera<br />
scritta sempre alla sua amica de La<br />
Grange) ma verosimilmente Tagliaferro,<br />
probabilmente appartenuta a<br />
qualche agiata famiglia napoletana di<br />
tale casato. Essa oggi non è più esistente<br />
a causa delle rovine provocate<br />
dal noto sisma del 1883, ma doveva<br />
situarsi a brevissima distanza dall’attuale<br />
villa Chevalley de Rivaz o Villa<br />
Sauvé e Casa Arcamone, che al tempo<br />
del <strong>Lamartine</strong> era abitata dalla principessa<br />
Oginsky, paralizzata nel proprio<br />
sediolone.<br />
Riparte il nostro col proprio seguito<br />
il giorno diciannove settembre, festa<br />
di San Gennaro Vescovo, imbarcandosi<br />
su di un piccolo piroscafo diretto<br />
a <strong>Napoli</strong>, contento delle sue nuove<br />
esperienze , ma triste per dover lasciare<br />
quei mari tanto amati, come traspa-<br />
re dalle note della poesia, scritta alla<br />
vigilia del distacco dall’isola di Tifeo<br />
e pubblicata postuma col titolo “Le<br />
Vele”, …… ed ora seduto a bordo di<br />
un battello a vapore che fuma me ne<br />
sono andato! È un melanconico addio<br />
al suo gioioso nido intriso di giovanile<br />
freschezza. Non rivedrà più l’isola, il<br />
fulgido sole di quel luogo rasserenante<br />
tutto, anche la morte. La recondita<br />
speranza d’un altro ritorno all’isola<br />
felice non sarà appagata dalla sorte.<br />
Difatti non molti anni appresso inizierà<br />
una negativa parabola discendente,<br />
non prima d’aver pubblicato nel 1857,<br />
l’elegia “La figlia del pescatore” (Graziella),<br />
che aveva abbozzato molti<br />
anni prima a <strong>Casamicciola</strong>.<br />
Il ventotto dello stesso mese saranno<br />
tutti a Roma, poi Rimini, Ravenna,<br />
Ferrara, Padova, Ginevra, per raggiungere<br />
il mese successivo Monceau,<br />
sempre il giorno ventottto.<br />
Uomo religioso qual era riesce in<br />
qualche modo ad accettare ciò che la<br />
vita gli proporrà, durante i suoi anni<br />
“ombra”, ed imparare com’era solito<br />
dire, il triste e bel mestiere di vivere.<br />
Questo suo senso del divino di cui era<br />
pervaso, per estrazione materna, lo si<br />
intravede nelle sue “Confidenze”, di<br />
cui fa parte “Graziella” che alla sua<br />
pubblicazione ebbe un successo strepitoso.<br />
Era sua l’espessione, io lavoro<br />
per Dio… cerco di discernere la via<br />
che condurrà gli uomini a Lui. Anche<br />
la critica gli fu notoriamente avversa.<br />
Fu bersagliato per le sue idee politiche<br />
( una volta gli fu esclamato da un<br />
operaio: va là, non sei che una lira),<br />
per come gestiva la sua produzione<br />
letteraria, per i suoi tanti amori, veri o<br />
idealizzati. Era avverso politicamente<br />
a Napoleone III, dal quale aveva rifiutato<br />
un congruo sostegno quando era<br />
venuto a trovarsi in grosse ristrettezze<br />
economiche . Alla fine degli anni cinquanta,<br />
per ricavare quel tanto per la<br />
sopravvivenza dà inizio alla pubblicazione,<br />
in dispense, del “Corso Familiare<br />
di Letteratura”, ovvero una miscellanea<br />
di pensieri, critica letteraria<br />
e ricordi, che non aggiungono niente<br />
di nuovo, alla sua terminata produzione<br />
letteraria. Anche in questo caso gli<br />
fu rivolta una sarcastica ironia dalla<br />
stampa quale: cosa fate signor <strong>Lamartine</strong>?<br />
Non vedete, m’edito, ah, meditate!<br />
È l’unica cosa che sappiate fare.<br />
A proposito dei suoi tanti amori,<br />
con l’aggiunta di quello senile per sua<br />
nipote Valentina de Cessiat, il critico<br />
francese Laforet, nell’opera “Narciso<br />
o gli amori di <strong>Lamartine</strong>”, dice ch’egli<br />
in realtà non abbia mai amato le sue<br />
donne, ma soltanto se stesso, si chiami<br />
l’innamorata Elvira o Graziella,<br />
finirà comunque per morire d’amore<br />
per lui. Altri storici e commentatori<br />
tracciano di lui ritratti diametralmente<br />
opposti. Per taluni egli è l’amante per<br />
eccellenza, deducendolo per convincimento<br />
dalle sue “Memorie Postume”,<br />
dove l’azione del dramma d’amore si<br />
sposterà di nuovo a <strong>Napoli</strong>, presso il<br />
signor Dareste de La Chevanne, dove<br />
l’incantevole Graziella, non più corallaia,<br />
ma domestica, sarà denominata<br />
Antoniella. Altri ancora lo giudicano:<br />
narciso, generoso, retorico, utopistico,<br />
avido, mistico,demagogo e gran signore;<br />
tutte caratteristiche contraddittorie.<br />
Senza dubbio possedeva un carattere<br />
particolarmente multiforme. Aveva<br />
condotto un’esistenza ricca di avvenimenti,<br />
brillanti o di appanamento,<br />
in una parola spesso altalenanti. Gli<br />
ultimi scoloriti anni di vita diventano<br />
quasi un’agonia, per via di malanni fisici<br />
e problemi economici, dovuti anche,<br />
quest’ultimi, pure alla sua prodi-<br />
La Rassegna d’Ischia n. 4/2012 21
galità e soltanto due anni prima del distacco dalla madre<br />
terra ricevette una piccola pensione, proprio lui che aveva<br />
lottato per l’indennità di disoccupazione.<br />
Si concludono in pratica anche i suoi scritti e le ultime<br />
pagine che si hanno di lui sono ridotte, quasi illegibili. In<br />
molti casi le firme vengono apposte da Valentina, oramai<br />
signora <strong>Lamartine</strong>, che aveva potuto sposare, davanti al<br />
prevosto Luison, suo zio Alfonso, previo dispensa di Papa<br />
Pio IX, con telegramma del trentuno agosto 1868, dopo<br />
che la giovane aveva rifiutato di sposare il prorio segretario<br />
Champuans. La moglie inglese Mary Anne Birch, lo<br />
aveva lasciato vedovo qualche anno prima, morta tra terribili<br />
sofferenze per una malattia infettiva da streptococco<br />
della pelle che le deturpò il viso, mentre lui si trovava a<br />
Parigi immobilizzato per un reumatismo infiammatorio<br />
di natura gottosa.<br />
Si spense nella tristezza e nell’isolamento, in seguito<br />
ad un colpo apoplettico tra la notte del ventotto febbraio<br />
e primo marzo 1869 a Passy, presso Parigi in uno chalet,<br />
messo a disposizione dalla municipalità di Parigi, circondato<br />
da pochi amici, dopo una iniziale vita di soddisfazioni<br />
e gloria. I resti furono trasportati a Saint Point, senza<br />
fasti, secondo la sua volontà. Aveva tra l’altro molto de-<br />
L’Associazione culturale “La casa di Graziella”,<br />
nel presentarsi alla cittadinanza tutta, ha proposto la<br />
ricostruzione storica della casa di Graziella, situata al<br />
secondo piano del Palazzo della Cultura (Ex conservatorio<br />
delle orfane) Terra Murata.<br />
Nel settembre del 1811 arriva in Italia <strong>Alphonse</strong> <strong>De</strong><br />
<strong>Lamartine</strong>, scrittore e poeta francese di soli 21 anni<br />
e protagonista del Grand Tour; e secondo il romanzo<br />
Graziella , <strong>Lamartine</strong> soggiorna a <strong>Procida</strong> dal primo<br />
aprile 1812 a fine maggio 1813 e in questi 14 mesi lo<br />
scrittore si innamora della giovane fanciulla procidana<br />
Graziella, orfana, che vive con la nonna, il nonno<br />
Andrea ed i suoi fratelli di cui ricordiamo Beppo. <strong>Lamartine</strong><br />
solo nel 1849 deciderà di scrivere questo bellissimo<br />
romanzo.<br />
A duecento anni da quest’evento l’Associazione culturale<br />
“La casa di Graziella”, nella persona del dottor<br />
Riccardo Scotto Di Marrazzo, laureato in Conservazione<br />
dei Beni Culturali, demoetnoantropologo, curriculum<br />
turistico e laurea specialistica in storia dell’arte<br />
e Conservazione dei Beni Culturali, presso il Suor<br />
Orsola Benincasa, ha voluto ricostruire quest’ipotetica<br />
casa di Graziella. Ovviamente ha ricostruito una casa<br />
molto più ricca, rispetto a una casa di pescatori (dove<br />
22 La Rassegna d’Ischia n. 4/2012<br />
cantato <strong>Napoli</strong> e il territorio del golfo e trascinando con<br />
sé: «quanti brandelli dei miei sentimenti e dei miei pensieri<br />
notturni, dispersi all’apparir del giorno, sono stati<br />
portati via ed inghiottiti dal mare di <strong>Napoli</strong>», come da<br />
vivo aveva affermato. Accanto a lui sono inumati la moglie,<br />
la suocera, i figlioletti e Valentina Cessiat de <strong>Lamartine</strong>.<br />
Soltanto a morte avvenuta, nella critica ci fu qualcuno<br />
che si espresse in tali termini: «era stato il poeta del cuore<br />
e della fantasia, la sua politica era quella di un generoso<br />
lungimirante» e in aggiunta, l’amante della bella natura,<br />
del paesaggio, del mare, del cielo tappezzato di astri.<br />
Lo storico Henry Guillemin dice che <strong>Lamartine</strong> è stato<br />
un uomo più grande che la sua opera, già così grande,<br />
una testa esaltata del Dio sconosciuto.<br />
Restano di lui una statua in bronzo opera del Falguire<br />
(1873) a Mâcon ed un’altra a Passy per la fattura di Marquet.<br />
Domenico Di Spigna<br />
Fotografie da <strong>Lamartine</strong> retrouvé - Paysages romantiques, anthologie<br />
di Mireille Vedrine, 1991.<br />
<strong>Procida</strong> - Mostra personale di pittura di Antonietta Righi<br />
presso la Casa di Graziella a Terra Murata<br />
non c’era quasi nulla). Tutto il corredo della casa è datato<br />
tra 1800 e 1900 ma nulla è appartenuto a Graziella.<br />
Questo museo ha lo scopo di salvaguardare e tramandare<br />
la storia di <strong>Procida</strong> ai posteri, attraverso il mito di<br />
Graziella.<br />
“La casa di Graziella”, lungo il percorso obbligatorio,<br />
ha inaugurato anche la mostra dell’artista procidana<br />
Antonietta Righi, intitolata “I luoghi di Graziella”.<br />
Antonietta Righi, attraverso le sue trenta opere in mo-
stra, racconta e percorre quei luoghi<br />
paradisiaci della sua isola, terra del<br />
ricordo, dell’arte, dell’amore e di<br />
Graziella.<br />
L’artista, di cui presentiamo alcune<br />
tele, afferma: «Così ricordo la mia<br />
isola, <strong>Procida</strong>, in questi scorci, costituiti<br />
da presenze umane intente,<br />
per lo più, alle loro attività quotidiane,<br />
le più semplici e le più antiche.<br />
La ricordo ferma, in questi istanti irripetibili<br />
che non potranno più ritornare,<br />
mentre il tempo cresce, evolve,<br />
verso una contemporaneità così veloce<br />
da cancellare qualsiasi traccia<br />
del passato. In queste tele descrivo<br />
immagini interiori, che riportano un<br />
tempo lontano, cancellato, fatto di<br />
sentimenti, di umiltà, di angoli del<br />
vissuto, come quelli che troviamo<br />
nella casa di Graziella, che per me<br />
continuano ad essere attuali. È un<br />
totale rifiuto della realtà, di questo<br />
mondo che tende a distruggere tutto<br />
ciò che gli si presenti davanti, un<br />
presente che nasconde la vera essenza<br />
delle cose, privandole della<br />
bellezza eterna che gli è propria. La<br />
mia è una pittura materica, scolpita,<br />
nella quale si può notare una tecnica<br />
originale, fatta di modellamento<br />
di grumi di colore sulla tela, quasi si<br />
tratti di cera o di creta, una tecnica<br />
nata spontanea per amore dell’arte».<br />
*<br />
Immagini delle tele di A. Righi<br />
Pag. 23<br />
Guaglioni<br />
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La Rassegna d’Ischia n. 4/2012 23