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::: PROMORAMA ::: PRESS :::<br />

BAND: JoyCut TITLE: GHOST TREES WHERE TO<br />

DISAPPEAR<br />

ONDA ROCK<br />

http://www.ondarock.it/recensioni/2011_joycut.htm<br />

LABEL: PILLOWCASE<br />

PAG. 36<br />

Piaccia o no, “Ghost Trees Where To Disappear” è un album importante per la musica indipendente italiana,<br />

un album nel quale il gruppo bolognese ha raccolto gli sforzi di dieci anni di passione mai nascosta per la<br />

musica inglese in un prodotto privo di incertezze.<br />

Dai Cure ai Pink Floyd, passando per gli Slowdive e Nick Drake, i semi della loro musica sono germogliati con<br />

calma, un attesa che rende il loro quarto album il primo passo verso la maturità.<br />

La cronaca ha raccolto alcuni eventi importanti che riguardano la loro carriera: gruppo di spalla al tour degli<br />

Editors, prodotti da Jason Howes (Arctic Monkeys, Block Party) e infine strenui sostenitori di tematiche<br />

ambientaliste, i Joycut hanno registrato “Ghost Trees Where To Disappear” nel primo studio realizzato con<br />

pannelli fotovoltaici.<br />

Neppur il packaging sfugge alla loro attenzione per l’uomo e l’ambiente: un insieme di materiali riciclati o<br />

riciclabili contorna le canzoni registrate nello studio londinese e il fatto che la musica stessa sia frutto di<br />

riciclo di altrui intuizioni è quindi quantomeno contestuale.<br />

Non è ovviamente l’originalità il punto centrale della musica dei Joycut, anche se non sarebbe corretto<br />

liquidare il tutto in relazione alla palese struttura derivativa del sound, poiché nelle tredici tracce dell’album si<br />

annidano buone intuizioni capaci di sostenere l’intero progetto.<br />

Ritmi quasi onirici, voce in bilico tra dolore, rabbia e tristezza, chitarre sferzanti che raramente alzano la<br />

voce, un fluido ipnotico tranciato da squarci di luci al neon, questo è, in parole più semplici, il sound dei<br />

Joycut, nel quale una leggera trance elettronica compare tra le trame ingentilendo alcuni episodi.<br />

Le influenze sono assorbite in un contesto personale, mentre una predilezione per atmosfere più robuste<br />

conferisce un sapore quasi doom-metal alla attraente e briosa “Deus”; il gruppo ottiene una buona coesione<br />

tra ritmo e corpo lirico in intense composizioni come “CleanPlanet” e ”TTG”, sfrondando le eventuali<br />

perplessità alimentate da alcuni episodi minori come ”GardenGrey” e ” L@M_S”.<br />

L’album si ascolta senza troppe pause, anzi le ultime tracce riservano emozioni inaspettate, le pulsioni popwave<br />

della vivace e catchy “Apple” introducono la epica “Liquid”, una delle canzoni destinate a diventare un<br />

classico delle loro esibizioni live; pochi attimi e il tutto si chiude con “W4U”, una ballata che non lascia dubbi<br />

sulla maturità raggiunta dal gruppo, la cui costanza e umiltà hanno qui dato i loro frutti.<br />

I Joycut non sono più un gruppo di belle speranze ma una realtà della musica rock italiana, Joy-It.<br />

KD COBAIN<br />

http://www.kdcobain.it/tutte-le-recensioni/68-joycut-ghost-trees-where-to-disappear-recensione.html<br />

I Joycut hanno fatto sentire più volte la loro voce, riscuotendo meritati consensi da pubblico e critica. Questa<br />

volta la band italiana varca i confini, allargando gli orizzonti con un album prodotto da Jason Howes (già al<br />

lavoro con Block Party e Arctic Monkeys). Il sound rimanda come sempre agli anni ’80 d’oltremanica, tra new<br />

wave e atmofere dark, quelle riassunte perfettamente già dal titolo e dalla copertina del disco. Il brano “10<br />

pence” apre le danze proprio con questi suoni che abbracciano stili dark post-punk di band come Echo & The<br />

Bunnymen o Psychedelic Furs.<br />

Ma c’è spazio anche per divagazioni più pop in stile The Cure come quelle di “Green Garden” e per<br />

divagazioni che attingono alla tradizione post-rock tra le pieghe di molte tracce. In dieci anni di carriera i<br />

Joycut sono riusciti a lavorare su questi stili riuscendo a crearne uno personale, apprezzato in patria ma<br />

anche all’estero. Per questo “Ghost trees where to disappear” è l’album adatto alla competizione nel difficile<br />

scenario internazionale.

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