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Insegnamento e Apprendimento delle Coniche A049.pdf - Didattica.it

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"ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITÀ DI BOLOGNA: SEDE DI BOLOGNA"<br />

SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE PER L’INSEGNAMENTO SECONDARIO<br />

INDIRIZZO FISICO-INFORMATICO-MATEMATICO CLASSE A049<br />

SEDE DI BOLOGNA<br />

DIRETTORE DELLA SCUOLA Prof. Roberto Greci<br />

DIRETTORE SEZIONE DI BOLOGNA Prof. Antonio Genovese<br />

<strong>Insegnamento</strong> e <strong>Apprendimento</strong> <strong>delle</strong> <strong>Coniche</strong><br />

con l’impiego di Macchine Matematiche<br />

e oggetti d’uso comune:<br />

un Percorso di Motivazione<br />

in una prima Liceo Classico<br />

Tesi di specializzazione<br />

Presentata dal Dott. I Supervisori Proff.<br />

Stefano Alberghi Grazia Grassi<br />

Relatore Chiar.mo Prof.<br />

Giorgio Bolondi<br />

Anno Accademico 2006-2007<br />

Giovanni Pezzi


Ringrazio il mio relatore, prof. Bolondi<br />

e i miei due supervisori, prof.ssa Grassi e prof. Pezzi,<br />

per la loro grande disponibil<strong>it</strong>à e pazienza.<br />

Sono grato inoltre alla mia tutor, prof.ssa Giovannoni,<br />

per i preziosi consigli che mi ha dato, per le buone osservazioni,<br />

e per la libertà d’azione che mi ha concesso.<br />

Un grazie va anche ai ragazzi della classe 1A<br />

per la loro gentilezza e accoglienza…oltre che per la maglietta!<br />

Ma più di tutti ringrazio mia moglie Elena che mi ha sopportato in questi anni di SSIS<br />

e nell’intenso periodo di preparazione della tesi.<br />

Dedico la tesi a lei<br />

... e al bimbo/a che sta dentro la sua pancia!<br />

3


Indice<br />

Introduzione 7<br />

1. Educazione, insegnamento, didattica 8<br />

1.1. Pensieri su educazione e insegnamento 8<br />

1.2. Il mestiere di insegnante 10<br />

1.3. La matematica, la fisica e la loro didattica 11<br />

2. Elementi di didattica relativa al tirocinio 13<br />

2.1. Le macchine matematiche 13<br />

2.1.1. Alcune note storiche 14<br />

2.1.2. Caratteristiche e metodologie <strong>delle</strong> macchine matematiche 16<br />

2.1.3. <strong>Didattica</strong> con le macchine matematiche 20<br />

2.2. Glossario ragionato 22<br />

3. Il tirocinio 28<br />

3.1. Il contesto del tirocinio 28<br />

3.2. Introduzione e considerazioni generali 28<br />

3.3. Descrizione dell’attiv<strong>it</strong>à di tirocinio 30<br />

3.4. Considerazioni trasversali all’attiv<strong>it</strong>à svolta 43<br />

3.4.1. Tirocinio: obiettivi, speranze e timori 43<br />

3.4.2. Analisi dettagliata per punti 43<br />

3.5. Valutazione conclusiva 60<br />

Conclusioni 63<br />

Bibliografia 64<br />

Allegati<br />

Progetto di tirocinio III<br />

Diario di tirocinio XXI<br />

Materiale utilizzato XXIX<br />

Materiale prodotto dagli studenti LI<br />

Progetto di tirocinio virtuale LXI


Introduzione<br />

Questa tesi è la tappa finale di un percorso durato due anni, ricco di esperienze vive e interessanti a cui<br />

ho ader<strong>it</strong>o e partecipato con curios<strong>it</strong>à e trasporto, tanto che sono arrivato alla fine esausto! (ed esaur<strong>it</strong>o).<br />

Stanco e felice dunque di essere in vista della meta agognata, debbo dire che, al di là della fatica e<br />

dell’impegno che ha richiesto, questa esperienza di SSIS è stata per me il modo per accostarmi a quel<br />

mondo della ricerca in didattica, che non conoscevo e che per nostra fortuna si trova (qui in Italia, e a<br />

Bologna in particolare) ad un livello molto avanzato di raffinatezza, naturalmente per quanto riguarda le<br />

discipline a cui mi riferisco, la matematica e la fisica, per la presenza di gruppi di ricerca con esperienza<br />

pluridecennale. Se l’interesse per l’insegnamento e la comunicazione della scienza lo possedevo e lo<br />

coltivavo già prima di seguire i corsi SSIS, la scuola che ho frequentato mi ha dato in più gli strumenti<br />

per renderlo efficace e consapevole. Ho incontrato tra docenti e colleghi molte persone realmente<br />

degne di stima, capaci, colte, e profondamente amanti del loro lavoro (presente o futuro). Persone che,<br />

debbo dire, hanno lasciato una traccia in me, e che mi danno speranza riguardo alla professione che mi<br />

accingo probabilmente a svolgere: fa sicuramente bene, infatti, sapere che esistono persone che<br />

credono nel mestiere di insegnante e che sono capaci di mettere tutto se stesse in un impegno che in<br />

fondo travalica il semplice mestiere…è quasi una vocazione!<br />

La tesi che ho redatto comprende sì considerazioni sul tirocinio che ho svolto (il terzo cap<strong>it</strong>olo riguarda<br />

direttamente questo ed è il più corposo, come si può vedere), e sulla didattica della matematica specifica<br />

del tirocinio (nel secondo cap<strong>it</strong>olo), ma contiene anche (nel primo breve cap<strong>it</strong>olo) considerazioni sul<br />

mestiere di insegnante, sul suo ruolo educativo, sulla SSIS stessa e il contributo che essa dà alla<br />

formazione dei docenti, oltre che sull’insegnamento della matematica e della fisica. Tutte riflessioni che<br />

r<strong>it</strong>engo debbano entrare a pieno t<strong>it</strong>olo in una tesi che appunto si pone come la conclusione di un<br />

percorso di formazione integrale all’insegnamento. Molte cose erano già state dette nei progetti di<br />

tirocinio (reale e virtuale) e ad essi si rimanda, come parte integrante della presente tesi, altre saranno<br />

introdotte e spiegate nel corso dei vari cap<strong>it</strong>oli.<br />

Si vedrà inoltre come una grossa parte sia composta dall’Appendice, la quale contiene il materiale<br />

(schede, esercizi, fotografie di oggetti, immagini tratte da software) realizzato per il tirocinio la cui<br />

messa a punto, a dire il vero, ha occupato la massima parte anche del mio tempo di lavoro (e perciò<br />

spero potrà essere utilizzato in futuro…).<br />

7


1. Educazione, insegnamento, didattica<br />

1.1 Pensieri su educazione ed insegnamento<br />

Sono convinto che vi sia un forte peso della didattica nell’educazione. Mi spiego: se per didattica<br />

intendiamo tutte quelle attenzioni, cure, riflessioni che mettiamo nel nostro atto di insegnare e<br />

trasmettere contenuti e abil<strong>it</strong>à, e per educazione intendiamo il prendersi cura della buona cresc<strong>it</strong>a (a tutto<br />

tondo) dell’educando, allora possiamo a mio avviso interpretare la stessa didattica come un mezzo<br />

dell’educazione, un suo strumento, mentre essa viene a diventare perciò il fine ultimo che perseguiamo.<br />

Si discute di come e quanto la scuola debba (e possa!) rivestire un ruolo educativo: essa è sicuramente<br />

un agenzia educativa, ma quanto e come essa deve dedicarsi esplic<strong>it</strong>amente all’educazione integrale della<br />

persona? Non rischia di mancare di compiere una sua funzione primaria che è prettamente ed<br />

espressamente quella di istruire?<br />

Oggi, specialmente con l’autonomia didattica, un certo numero di ore possono essere destinate (e<br />

vengono destinate) a molte attiv<strong>it</strong>à che si affiancano alle lezioni e alle materie tradizionali e che hanno<br />

lo scopo di ampliare ed estendere il nucleo di concetti trasmessi dalla scuola, di avvicinare<br />

maggiormente i ragazzi alle tematiche della v<strong>it</strong>a quotidiana e alle problematiche della società moderna.<br />

Del resto vi sono comprensibili lamentele sulla diminuzione relativa di peso che le materie<br />

“tradizionali” subiscono nel complesso del monte ore che lo studente dedica alla scuola anche se d’altra<br />

parte in certi casi la scuola tende a coinvolgere lo studente per sempre maggior tempo, in attiv<strong>it</strong>à<br />

pomeridiane o facoltative, rispetto alle ore disponibili nella sua giornata. Questa libertà di scelta è<br />

naturalmente da gestire, e da gestire bene se non si vuole che la scuola perda il suo senso tradizionale<br />

senza peraltro trovarne uno nuovo. Credo tuttavia che un processo di questo genere non sia da<br />

fermare, tenuto conto che per il ragazzo, a parte la famiglia, la scuola è e rimane la principale fonte<br />

(intenzionale), sì di conoscenza, ma anche di valori ed educazione, considerato che è l’ist<strong>it</strong>uzione<br />

principale che segna e determina i suoi r<strong>it</strong>mi di v<strong>it</strong>a da 6 anni sino alla maggiore età. Non si può quindi<br />

naturalmente trascurare o non voler vedere il comp<strong>it</strong>o educativo che essa si trova ad avere per suo<br />

cost<strong>it</strong>uzione (per sua natura?), e quindi tutte le potenzial<strong>it</strong>à e tutti i rischi che questa enorme mole di<br />

responsabil<strong>it</strong>à comporta. Ciò implicherebbe naturalmente una revisione, una trasformazione profonda<br />

non tanto dei programmi scolastici ma più che altro di tutto il modo di intendere la scuola e di<br />

intendersi della scuola stessa, una rinnovata coscienza collettiva della comun<strong>it</strong>à di insegnanti come<br />

comun<strong>it</strong>à di educatori, quindi una collaborazione tra docenti e con l’ist<strong>it</strong>uzione famigliare, eccetera<br />

8


eccetera. Cose non facili a pensare e tantomeno ad ottenere, e che non possono che aversi se non con<br />

trasformazioni lente e graduali.<br />

Come entrano i contenuti, e quindi l’istruzione in senso stretto, dentro questo panorama? Divengono<br />

forse un orpello, o comunque soltanto un pezzetto magari neanche tanto fondamentale) di un sistema<br />

educativo più vasto? Beh, non credo, anzi: proprio essi, accanto a nuovi insegnamenti, corsi, esperienze,<br />

dovrebbero rivestire un ruolo fondamentale proprio nell’educazione dell’individuo (e non meramente nella<br />

sua “spendibil<strong>it</strong>à” nel mondo del lavoro). Il loro contenuto è educativo, e tutte le scelte didattiche e di<br />

contenuti che si fanno dovrebbero in linea generale avere la consapevolezza della tensione a questa<br />

missione. Vi è cioè, proprio per questo, bisogno di rivedere e ripensare dall’interno le discipline, c’è<br />

bisogno di una loro trasformazione, di una trasformazione della loro didattica, proprio perché esse<br />

hanno una enorme potenzial<strong>it</strong>à educativa (già in sé) ed è un peccato che una cattiva didattica, che non sa<br />

rendere significativa per lo studente l’esperienza di studio, non porti alla luce questa potenzial<strong>it</strong>à: ciò<br />

cost<strong>it</strong>uirebbe un grande peccato educativo, perché pretenderebbe di togliere tempo allo studente senza<br />

dargli in cambio nulla che gli serva per la sua cresc<strong>it</strong>a come persona e come c<strong>it</strong>tadino. Come peso della<br />

didattica nell’educazione intendo proprio questo. Ciò che facciamo come docenti, per trasmettere in<br />

modo sempre più autentico e significativo i contenuti dei nostri programmi, non va al solo fine di<br />

trasmettere o di esaltare la matematica o la fisica nella società, ma lo facciamo proprio perché una<br />

rilevanza essa ce l’ha davvero, per la persona e per la società, ed è fondamentalmente educativo renderne<br />

consapevole lo studente, facendo in primo luogo conoscere la disciplina, con tutto ciò che di cogn<strong>it</strong>ivo,<br />

relazionale, emotivo implicano i termini “conoscere” e “conoscenza”, o ancor meglio il termine<br />

“sapere”.<br />

La formazione all’insegnamento che da qualche anno si fa in Italia credo proprio abbia questo come<br />

fine, cioè la creazione di un corpo docente consapevole, consapevole del proprio ruolo, <strong>delle</strong> proprie<br />

competenze e della necess<strong>it</strong>à di rinnovarle continuamente, consapevole della propria dimensione di<br />

“corpo” e quindi di comun<strong>it</strong>à dei docenti, un’appartenenza che se non si vuole venga considerata un<br />

“crimine” (come afferma il protagonista - docente anch’egli- dell’ultimo film di Ermanno Olmi<br />

“Centochiodi”), deve assumere la consapevolezza della propria responsabil<strong>it</strong>à oltre che pretenderne il<br />

riconoscimento dalla società 1 .<br />

1 Da tutto il precedente discorso probabilmente emerge che chi lo scrive (il sottoscr<strong>it</strong>to) non è (almeno per ora) un<br />

docente: probabilmente un insegnante “navigato” avrebbe una percezione della scuola molto più concreta della mia,<br />

perché l’ha vissuta sulla pelle per anni, e una pragmatic<strong>it</strong>à maggiore. Ciononostante ho pensato utile, in primis per me,<br />

buttare giù quelli che sono i miei pensieri, le mie speranze, le mie aspettative a “inizio carriera”: chissà che un giorno<br />

non mi tornerà utile riguardare a quel che pensavo tanto tempo prima…prima di conoscere il mondo della scuola!<br />

9


1.2 Il mestiere di insegnante<br />

Questa SSIS che ci apprestiamo a concludere ha sicuramente “segnato” un cammino molto<br />

impegnativo e importante nelle nostre v<strong>it</strong>e. Francamente, nonostante io ascolti spesso da SSISsini o ex-<br />

SSISini molte cr<strong>it</strong>iche, in parte condivisibili, devo dire che mi trovo tra quelli che salvano l’idea della SSIS,<br />

al di là <strong>delle</strong> sue realizzazioni concrete più o meno riusc<strong>it</strong>e.<br />

Anzi, personalmente la SSIS che ho vissuto, pur sembrandomi eccessiva nell’impegno che richiede a<br />

persone già laureate e spesso con un lavoro, e al di là di qualche disfunzione (più o meno grossa, ma a<br />

mio parere comunque sanabile) l’ho r<strong>it</strong>enuta una esperienza molto utile oltre che molto coinvolgente,<br />

forse a differenza dell’impressione che hanno avuto colleghi di altri indirizzi. Insomma vorrei proprio<br />

spezzare una lancia a favore di questa scuola di specializzazione all’insegnamento: la r<strong>it</strong>engo molto<br />

buona nella realizzazione della sua struttura fondamentale (la parte di “area comune”, le didattiche<br />

disciplinari, il tirocinio) e in particolare, nella mia esperienza, per quanto riguarda gli insegnamenti<br />

disciplinari che ho ricevuto, e che credo gioveranno molto al mio bagaglio di insegnante. Senza parlare<br />

dell’esperienza umana, sicuramente pos<strong>it</strong>iva.<br />

L’unico peccato è che non abbia avuto la possibil<strong>it</strong>à di frequentarla dopo qualche anno di insegnamento:<br />

r<strong>it</strong>engo mi avrebbe giovato molto di più, così come r<strong>it</strong>engo sarebbe utile e doveroso, per me per ogni<br />

insegnante che esce diplomato, non perdere i contatti con i colleghi e col mondo univers<strong>it</strong>ario della<br />

didattica specifica della sua materia. La collaborazione stretta tra ricercatori in didattica e insegnanti,<br />

eventualmente facendo compenetrare quando possibile i ruoli e le funzioni nello stesso individuo, credo<br />

sia fondamentale per un insegnamento con basi e riferimenti solidi e aggiornati e per una ricerca<br />

didattica fruibile dal corpo docente. Credo che il mantenere e il promuovere queste relazioni non possa<br />

essere lasciato all’iniziativa dei singoli specializzati, ma che la SSIS (o ciò che diventerà) debba farsene<br />

carico direttamente come ist<strong>it</strong>uzione (e questo come suggerimento per gli anni a venire…)<br />

Al di là <strong>delle</strong> didattiche disciplinari mi sembra importante che, anche all’interno della SSIS, sia<br />

sottolineato il ruolo di tutte quelle attenzioni che un docente deve prestare all’ambiente sociale in cui<br />

opera, alla cultura, alla formazione della personal<strong>it</strong>à e della psiche della persona, che “fanno” il mestiere<br />

di insegnante, in senso integrale. Tale professione è infatti una professione complessa, nella quale<br />

giocano molti fattori, di cui la didattica specifica della materia è solo uno: la gestione di una classe,<br />

l’attenzione ai singoli, le considerazioni di didattica generale, le scelte pedagogiche, la capac<strong>it</strong>à di<br />

lavorare in gruppo, la capac<strong>it</strong>à di rapportarsi con un’ist<strong>it</strong>uzione…. sono tutti aspetti che fanno parte<br />

della professione di insegnante (a volte ne cost<strong>it</strong>uiscono la parte principale). Non si può pretendere che<br />

un corso come quello che si sta concludendo possa formare completamente (né tantomeno<br />

defin<strong>it</strong>ivamente!) a un tale ruolo, neanche nella sua sezione di “area comune” che forzatamente non<br />

può comprendere tutti questi aspetti. Credo che l’esperienza e la pratica giochino qui un ruolo cardine.<br />

10


Purtroppo io non avendo mai insegnato non posso dire altro: lo sperimenterò in futuro! Posso però<br />

testimoniare che anche soltanto l’esperienza di tirocinio permette di oggettivare le aspettative e i timori,<br />

di dem<strong>it</strong>izzare certi ideali e di concretizzare almeno in parte le idee ingenue (?) sulla professione.<br />

Naturalmente ci sarebbe da disquisire sul significato e sull’obiettivo da attribuire al tirocinio: deve<br />

simulare un’esperienza tipica da insegnante? deve essere una palestra dove formare i muscoli, altrimenti<br />

difficilmente riformabili fuori da essa? Ne discuterò nella sezione introduttiva al tirocinio svolto. Per<br />

quanto mi riguarda io ho cercato di interpretarlo nell’ottica di uno sviluppo di un’autonomia di<br />

insegnamento, e ho quindi cercato di “cavarmela” il più possibile in varie s<strong>it</strong>uazioni come se io fossi il<br />

docente incaricato, pur accettando la singolar<strong>it</strong>à della s<strong>it</strong>uazione.<br />

1.3 La matematica, la fisica e la loro didattica<br />

Ho già discusso nell’introduzione dei progetti di tirocinio di matematica e di quello virtuale di fisica (in<br />

appendice) la mia personale visione e immagine di queste due branche del sapere e del loro<br />

insegnamento: rimando quindi alla lettura di tali progetti chi fosse interessato a conoscere il mio punto<br />

di vista sulle singole discipline. Mi lim<strong>it</strong>o qui a considerare il valore dell’insegnamento simultaneo <strong>delle</strong><br />

due, il senso (pos<strong>it</strong>ivo, a mio parere) del mantenimento dell’aggregazione di esse in un’unica cattedra in<br />

matematica e fisica sotto il codice di insegnamento A049.<br />

Il giovamento che ognuna <strong>delle</strong> due discipline può trarre da un buon insegnamento dell’altra è molto<br />

grande. Per molti versi storicamente esse si sono sviluppate l’una sui risultati e dietro le esigenze<br />

dell’altra, ed è quindi naturale che esse si compenetrino come tematiche (almeno per quanto riguarda i<br />

programmi di scuola superiore) e si sostengano a vicenda nella stessa concettualizzazione <strong>delle</strong> idee<br />

principali di entrambe: non si può fare la fisica senza matematica, o almeno si perde il suo aspetto di<br />

“linguaggio della natura” in senso proprio; e non si può fare matematica senza fisica, o almeno si<br />

perdono alcuni dei significati e dei motivi che hanno indotto scoperte o invenzioni in campo<br />

matematico. Nella didattica è perciò molto utile sviluppare entrambe le discipline in maniera armonica,<br />

in modo che una sia di supporto all’altra.<br />

Può essere oggetto di dibatt<strong>it</strong>o, me ne rendo conto, il fatto che esse debbano essere insegnate<br />

contemporaneamente allo studente. Si potrebbe obiettare, e lo si è fatto, che prima bisogna sapere<br />

(addir<strong>it</strong>tura) tutta la matematica e poi si fa la fisica, cioè che il linguaggio, la struttura logica, viene prima<br />

ed è su essa e sulla sua potenza che si basa e si fonda la fisica, l’osservazione e la misura, e in fondo la<br />

sistemazione della nostra conoscenza. Vi è inoltre il problema analogo nell’insegnamento: come<br />

spiegare la fisica se lo studente non ha la capac<strong>it</strong>à o gli strumenti per formalizzare, e quindi<br />

11


appresentare sinteticamente, collegare, generalizzare quello che gli viene mostrato? Eppure anche il<br />

problema opposto vale: che senso possono rivestire per lo studente alcuni dei concetti spiegati in<br />

matematica senza un modello a cui egli possa riferirli?<br />

Ma in defin<strong>it</strong>iva il meccanismo è simile a quello che mette in atto il bambino nell’apprendimento dei<br />

termini e dei concetti, e a quello di ognuno di noi quando entra in contatto con un ambiente semantico<br />

nuovo: non viene prima illustrato/studiato tutto il vocabolario e poi spiegate le connessioni tra i termini<br />

(concetti), né viene prima mostrato tutto (i fatti) e poi viene dato a tutto il nome e la sistemazione. I<br />

processi avvengono contemporaneamente, ed uno aiuta e rinforza l’altro, finché “ci si trova” (e mai<br />

quindi defin<strong>it</strong>ivamente ci si trova) a conoscere termini e concetti, contenuto e linguaggio.<br />

Ecco quindi che un insegnamento ben orchestrato di entrambe le materie può facil<strong>it</strong>are il<br />

raggiungimento del doppio obiettivo di rendere significativa la matematica e rendere comprensibile (e<br />

esteticamente bella) la fisica. Lo spazio di libertà (se sfruttato bene) che in un certo qual modo dà<br />

l’insegnamento di entrambe le materie da parte di un unico docente può allora avere questo scopo e<br />

trarre da esso il suo senso.<br />

12


2. Elementi di didattica relativa al tirocinio<br />

2.1 Le macchine matematiche<br />

Che cosa si intende quando si parla di macchine matematiche, in un contesto di didattica? Nel<br />

documento dell’UMI “Il curricolo di matematica per il Ciclo Secondario (primo<br />

e secondo biennio)” esse vengono introdotte come alcuni dei possibili cost<strong>it</strong>uenti di un “laboratorio di<br />

matematica”, un laboratorio che non cost<strong>it</strong>uisce un nucleo di contenuto né uno di processo, ma si presenta come una<br />

serie di indicazioni metodologiche trasversali, basate certamente sull’uso di strumenti, tecnologici e non, ma principalmente<br />

finalizzate alla costruzione di significati matematici”. Esso “non è un luogo fisico diverso dalla classe, è piuttosto un<br />

insieme strutturato di attiv<strong>it</strong>à volte alla costruzione di significati degli oggetti matematici. Il laboratorio, quindi, coinvolge<br />

persone (studenti e insegnanti), strutture (aule, strumenti, organizzazione degli spazi e dei tempi), idee (progetti, piani<br />

di attiv<strong>it</strong>à didattiche, sperimentazioni). L’ambiente del laboratorio di matematica è in qualche modo assimilabile a quello<br />

della bottega rinascimentale…”<br />

Le macchine matematiche vengono descr<strong>it</strong>te nel seguente modo: “La possibil<strong>it</strong>à di manipolare fisicamente<br />

oggetti, come per esempio le macchine che generano curve, induce spesso modal<strong>it</strong>à di esplorazione e di costruzione di<br />

significato degli oggetti matematici differenti ma altrettanto interessanti e, sotto certi aspetti, più ricche di quelle consent<strong>it</strong>e<br />

dall’uso di software di geometria dinamica”. Tali macchine matematiche vengono peraltro affiancate, nel<br />

laboratorio di matematica, da altri tipi di strumenti: appunto i software di geometria dinamica e di<br />

manipolazione simbolica, i fogli elettronici, le calcolatrici grafico-simboliche e i materiali “poveri” 2 .<br />

Una macchina matematica ha la funzione (pratica o meno) di obbligare un punto, o una figura, a<br />

muoversi nello spazio o subire trasformazioni seguendo con esattezza una legge matematicamente<br />

determinata [2]. In realtà non è affatto detto che una macchina sia stata costru<strong>it</strong>a appos<strong>it</strong>amente con tale<br />

scopo: moltissimi oggetti che siamo ab<strong>it</strong>uati a vedere o utilizzare nella v<strong>it</strong>a di tutti i giorni si<br />

comportano in realtà come macchine matematiche, anche se non ci interroghiamo sui modi e le ragioni<br />

del loro funzionamento. Ad esempio [6] la porta basculante del garage funziona in base ad un<br />

meccanismo che le permette di tracciare un’ellisse (il meccanismo è quello dell’ellissografo di van<br />

Schooten - vedi oltre), anche se ovviamente non è stata costru<strong>it</strong>a a questo scopo! Dunque è il nostro<br />

modo di vedere e concepire gli oggetti che può fare di essi vere e proprie “macchine matematiche”.<br />

2 Riguardo questi ultimi si dice: “Il lavoro con fogli trasparenti, la piegatura della carta, l’uso di spilli, fogli<br />

quadrettati non dovrebbe essere considerata un’attiv<strong>it</strong>à esclusivamente riservata ad allievi del ciclo primario[…]<br />

Inoltre l’uso di strumenti poveri, magari fatti costruire da gruppi di studenti, è un’attiv<strong>it</strong>à particolarmente significativa<br />

e consona a rinforzare quell’atmosfera da bottega rinascimentale, nel senso prima detto”.<br />

13


Un libro usc<strong>it</strong>o di recente [2] porta appunto questo nome e fa riferimento all’esperienza del Museo e del<br />

Laboratorio di Macchine Matematiche collocati presso il dipartimento di matematica dell’Univers<strong>it</strong>à di<br />

Modena. Naturalmente vi sono varie tipologie di macchine, tra le quali gli strumenti meccanici e i<br />

prospettografi. Qui ci occuperemo soltanto dei primi, i quali a loro volta possono essere raggruppati in<br />

sistemi articolati (a uno o due gradi di libertà) cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i da aste rigide, perni e guide rettilinee, o in altri<br />

tipi di strumenti (ad esempio strumenti a filo teso). Tutti questi strumenti sono atti a tracciare curve<br />

(curvigrafi) ovvero a realizzare trasformazioni nel piano (come i pantografi).<br />

L’interesse principale dell’esperienza di tirocinio descr<strong>it</strong>ta in questa tesi è la descrizione e lo studio <strong>delle</strong><br />

coniche; per tale motivo si tratterà di curvigrafi e in particolare di quei curvigrafi capaci di tracciare<br />

coniche (conicografi) e del loro utilizzo didattico.<br />

Ovviamente il primo curvigrafo che può balzare alla mente (primo per semplic<strong>it</strong>à di costruzione e<br />

d’uso, oltre che per ordine cronologico) è il compasso, che serve per un uso empirico (come tracciare<br />

circonferenze) e per un uso più propriamente teorico (riportare distanze). Insieme alla riga determina<br />

l’insieme dei problemi risolubili nella geometria elementare. Altri curvigrafi sono stati ideati e costru<strong>it</strong>i<br />

già nella Grecia classica, e poi nel corso della storia, con fini e consapevolezze diverse, fino ai nostri<br />

giorni.<br />

2.1.1 Alcune note storiche<br />

Fin dall’antich<strong>it</strong>à l’uomo si è serv<strong>it</strong>o di strumenti per la soluzione di problemi geometrici, ma soltanto<br />

nel ‘500-‘600 si è sviluppata una trattazione sistematica di questi all’interno di una teoria generale.<br />

Dapprima essi sono costru<strong>it</strong>i sulla base di conoscenze pratiche, e come prove di intu<strong>it</strong>o e di genial<strong>it</strong>à,<br />

per cui i loro creatori venivano considerati maghi, e le macchine stesse esposte e catalogate nei “teatri di<br />

macchine”. Poi gli stessi strumenti vengono descr<strong>it</strong>ti sulla base di regole procedurali, spiegazione dei<br />

principi concettuali, combinate con informazioni sui dettagli costruttivi, descrizioni del loro utilizzo e<br />

degli scopi per cui erano state create. Principi concettuali (forme e relazioni tra le parti, spiegazioni<br />

dell’oggetto matematico da loro individuato), regole di costruzione (materiali, raccomandazioni per la<br />

manutenzione) e regole d’uso (dove mettere le mani, gli occhi, ecc) sono inscindibilmente legate. Man<br />

mano, partendo dal ‘600 per arrivare fino all’800, si avvia la sistemazione moderna dei principi<br />

concettuali e la struttura fisica si separa sempre più da quella concettuale 3 . La massima fior<strong>it</strong>ura di questi<br />

strumenti, in particolare dei meccanismi articolati, e dell’interesse per il loro aspetto teorico avviene<br />

negli ultimi decenni dell’800, in particolare per quanto riguarda il tracciamento di curve algebriche<br />

3 Non vi è dubbio tuttavia che in entrambe rimangano tracce, impronte storiche, di una e dell’altra.<br />

14


piane. Tale interesse decade nel primo novecento, ma rinasce recentemente nel settore della matematica<br />

applicata, per la progettazione, ad esempio, dei movimenti di macchine automatiche o robot.<br />

Per quanto riguarda in particolare le coniche, se dapprima sono descr<strong>it</strong>te (come negli Elementi di<br />

Euclide) come sezione piana di un cono, o tracciate per punti con riga e compasso, fin dall’antich<strong>it</strong>à e<br />

poi nei secoli si diffonde l’uso di strumenti meccanici che le traccino. Ma è in particolare dopo la<br />

pubblicazione della “Geometria” di Cartesio che fiorisce lo studio e la creazione di tali “tracciatori”<br />

(non solo di coniche). Viene infatti elaborata una vera e propria teoria degli strumenti nella soluzione dei<br />

problemi. Per il cerchio e la retta nell’antich<strong>it</strong>à vi era la completa sovrapposizione tra strumento e curva<br />

(cosa che non avveniva per curve più complesse e meno “ammesse” nella geometria, come appunto le<br />

coniche e gli strumenti che le tracciavano, per le quali l’uso pratico dello strumento rimane autonomo<br />

rispetto allo studio teorico della curva). E per l’appunto Cartesio si chiede: quali linee possono essere<br />

accolte in geometria, e cioè rispondono a requis<strong>it</strong>i di esattezza geometrica? Per distinguere tra curve<br />

ammissibili o meno egli individua vari cr<strong>it</strong>eri specifici che dipendono anche dal modo di descrivere tale<br />

curva: tram<strong>it</strong>e equazione, per punti, con strumenti rigidi, con strumenti a filo. La descrizione tram<strong>it</strong>e<br />

equazione permette alle curve di entrare tra quelle ammesse e inoltre viene accolta la tradizione <strong>delle</strong><br />

curve costru<strong>it</strong>e da strumenti tracciatori in quanto è sufficiente che sia “possibile immaginarle descr<strong>it</strong>te da uno<br />

o più movimenti continui, che si susseguono l’uno con l’altro..” . La continu<strong>it</strong>à del moto assicura la possibil<strong>it</strong>à, a<br />

differenza <strong>delle</strong> curve tracciate per punti, di risolvere i problemi riconducibili all’intersezione di curve.<br />

Nasce qui la cosiddetta “geometria organica” (nel senso di organo, strumento) che viene poi sviluppata<br />

in svariati trattati ad opera di Cavalieri, van Schooten, l’Hosp<strong>it</strong>al, Newton e altri.<br />

Curva, strumento ed equazione vengono quindi in certi casi equiparati. Ma la domanda rimane: quale è<br />

un cr<strong>it</strong>erio generale per stabilire se una curva disegnata da un generico tracciatore è algebrica? E tutte le<br />

curve algebriche sono “tracciabili”?<br />

Cronologicamente prima che questo problema venga risolto trascorrerà molto tempo e, ormai in pieno<br />

ottocento, la sua soluzione passerà per la messa in campo di un altro problema: come si inserisce in<br />

tutto questo la curva (apparentemente) più semplice, ovvero la retta? Kempe si chiede infatti (in “How<br />

to draw a straight line?”[15]): “Si può costruire uno strumento (un “compasso rettilineo”) in grado di<br />

forzare uno dei suoi punti a percorrere una traiettoria rettilinea?)”. L’uso della riga non risolve<br />

naturalmente il problema in quanto fa entrare in un circolo vizioso (come è stata costru<strong>it</strong>a allora la<br />

riga?) 4 . Tecnicamente il problema s’era posto tempo prima ad esempio per lo sviluppo di motori a<br />

vapore e in generale per tutti i problemi di trasformazione di un moto circolare in un moto rettilineo,<br />

ma ci si era accontentati di soluzioni approssimate, come quelle di Watt, Tchebichev o altri (si veda ad<br />

esempio [2] o [6]). La soluzione esatta al problema arriva nel 1864 ad opera di Paucellier, che individua<br />

4<br />

Nella riga la retta è infatti fisicamente presente, a differenza che nel compasso, dove la circonferenza, inesistente<br />

prima, viene generata dal movimento.<br />

15


un sistema articolato a 7 aste in grado di “invertire” esattamente<br />

una circonferenza in una retta. (v. figura).<br />

Qualche anno dopo (1876) Kempe chiude il problema aperto<br />

da Cartesio, dimostrando che:<br />

“Data una curva algebrica piana di grado n e dato un qualsiasi punto<br />

P su , esiste un sistema articolato che traccia in un intorno di P”<br />

(Teorema di Kempe)<br />

2.1.2 Caratteristiche e metodologie <strong>delle</strong> macchine matematiche<br />

Inversore di Paucellier<br />

L’esplorazione di macchine può cost<strong>it</strong>uire una traccia attraverso un percorso storico, durante il quale i<br />

vari processi di studio di un oggetto matematico (ad esempio le coniche) come si è visto hanno lasciato<br />

sedimenti nei termini, nelle definizioni, nei problemi, nelle rappresentazioni dell’oggetto stesso.<br />

In realtà qualsiasi attiv<strong>it</strong>à che richiede l’uso di artefatti (e quindi tipicamente ogni attiv<strong>it</strong>à umana) porta<br />

con sé questa polisemia e questa sovrapposizione di significati e significanti, derivanti appunto<br />

dall’origine insieme teorica e pratica degli oggetti, sommata alle trasformazioni d’uso che esso ha sub<strong>it</strong>o.<br />

In generale i prodotti esterni dell’attiv<strong>it</strong>à umana collettiva si possono suddividere, secondo Wartofsky<br />

[23] (c<strong>it</strong>ato in [2]), in artefatti primari, secondari e terziari. Quelli primari sono quelli utilizzati<br />

direttamente nella produzione di mezzi d’esistenza e di sopravvivenza della specie, quelli secondari<br />

sono quelli usati nella rappresentazione (al fine di conservazione o trasmissione) di tali mezzi e <strong>delle</strong><br />

abil<strong>it</strong>à acquis<strong>it</strong>e: essi sono quindi basati su sistemi semiotici convenzionali (cioè che si riferiscono a una<br />

convenzione). Gli artefatti terziari prendono origine da questi ultimi, ma si svincolano dai fini primari per<br />

cui i primi due tipi di artefatti sussistono, per cost<strong>it</strong>uire sistemi a sé stanti e autonomi. Esempio di<br />

artefatto terziario sono le teorie matematiche.<br />

Un modo parallelo di analizzare la questione è quello di differenziare gli utensili dagli strumenti,<br />

attribuendo al primo termine il significato di artefatti che, per rispondere ad esigenze pratiche, non<br />

fanno altro che prolungare o rinforzare le nostre membra o i nostri sensi; e dando invece al secondo<br />

termine il significato ben più forte di “materializzazione del nostro pensiero”.<br />

Nel caso <strong>delle</strong> macchine, Bartolini Bussi e Maschietto [2] identificano le macchine con gli artefatti<br />

primari, le descrizioni del loro uso, funzionamento e costruzione con gli artefatti secondari, e le teorie<br />

matematiche che li governano (e quindi tutta la geometria organica) con gli artefatti terziari.<br />

Parallelamente (ma non in maniera identica) si può vedere come le stesse macchine, da utensili quali<br />

erano nel ‘500, quando erano realizzate per prove ed errori e illustrate con descrizioni approssimative,<br />

divengono nel ‘600 veri strumenti, il cui comportamento non è determinato da meri fini pratici, ma da<br />

16


precise e rigorose regole teoriche (è il passaggio da un mondo pre-scientifico o a-scientifico ad uno<br />

propriamente scientifico - vedi ad esempio in [20]).<br />

L’introduzione di un artefatto qualsivoglia nell’utilizzo didattico è sempre un passo molto delicato, per<br />

la “carica cogn<strong>it</strong>iva” che esso porta con sé e che richiede all’utilizzatore, specialmente se si tratta di un<br />

artefatto o di uno strumento che sintetizza in sé, per così dire, secoli di ricerca e di studio: le tecnologie<br />

informatiche sono un esempio lampante di questo, e della delicatezza del rapporto utilizzatorestrumento.<br />

Nessun artefatto è infatti dato in modo diretto all’utilizzatore, il quale deve invece<br />

appropriarsene compiendo una elaborazione personale. Questo processo e questo tipo di rapporto<br />

uomo-artefatto avviene e si ripete in maniera simile sia a livello della genesi storica dello strumento da<br />

parte di una comun<strong>it</strong>à umana, sia a livello dell’apprendimento del singolo studente che lo incontra nei<br />

suoi studi.<br />

Rabardel [18] schematizza il processo distinguendo due sotto-processi:<br />

- il processo di strumentalizzazione, cioè tutti i cambiamenti, modifiche, utilizzi aggiuntivi, produzione di<br />

funzioni che l’uomo compie sullo strumento;<br />

- il processo di strumentazione, cioè tutti i cambiamenti di atteggiamento, gli adattamenti che l’uomo<br />

assume nei confronti dello strumento, man mano che impara a usarlo.<br />

Il primo è un processo diretto allo strumento, il secondo è relativo al soggetto utilizzatore. Ciascuno di noi<br />

messo a contato con un nuovo strumento opera su questo doppio binario, e questo avviene ancora di<br />

più per strumenti di nuova concezione, cioè strumenti che si trovano al loro “primo utilizzo”. In un<br />

certo senso un processo riguarda il “fare le regole”, l’oggettivare un pensiero, mentre l’altro riguarda di<br />

più il proprio comportamento di fronte a questa oggettivazione, il “seguire le regole”. Per fare<br />

un’analogia, si può pensare al gioco dei bambini nel cortile: è più divertente per loro seguire le regole o<br />

farle? È interessante vedere come essi alternano i momenti in cui giocano seguendo regole che si sono<br />

dati, con i momenti di auto-imposizione di nuove “regole del gioco” (il momento del “facciamo che io<br />

ero…e tu dovevi….?”) e tutto per ottimizzare, direi, il divertimento. Qualcosa di analogo avviene per<br />

gli strumenti e per gli artefatti materiali (il gioco è un artefatto culturale), nel loro processo storico di<br />

costruzione ed evoluzione, e nel processo di incontro con essi del giovane studente. In fondo è<br />

possibile simmetricamente vedere entrambi questi processi come un “gioco” a cui l’uman<strong>it</strong>à e il singolo<br />

apprendista si sottopone volentieri. Trasformare l’artefatto, aggiungendo una manopola o un oculare,<br />

ad esempio, apre a nuovi modi di utilizzo e quindi alla possibil<strong>it</strong>à di nuove funzioni, che devono esse<br />

stesse venire recep<strong>it</strong>e e accolte dall’utilizzatore. Si crea cioè quel “ciclo d'insieme” (sempre Rabardel<br />

[18]) che permette di incorporare le operazione sviluppate dagli utilizzatori di un artefatto, nell’artefatto<br />

usato dalla successiva generazione. Una testimonianza letterale di questa” incorporazione”, cioè della<br />

forte presenza del corpo e dei gesti nella pratica e nella descrizione <strong>delle</strong> macchine è data dalle<br />

17


illustrazioni di ellissografi presenti nei trattati del seicento: v’è spesso disegnata con cura la posizione<br />

<strong>delle</strong> mani nell’atto di utilizzare lo strumento (v. figure). Di per sé lo strumento, senza qualcuno che sa<br />

come usarlo, è inutile, e decade dal ruolo di strumento al ruolo di insieme di oggetti.<br />

Ellissografi e Parabolografo<br />

Il parlare di incorporazione ci richiama sub<strong>it</strong>o alla mente la prospettiva dell’embodiment (o dell’embodied<br />

mind) per cui, ad esempio nelle ricerche sulle metafore e sulle mappe concettuali, le strutture<br />

concettuali astratte si manifestano in linguaggio e gesti del corpo. Tale prospettiva indaga appunto lo<br />

stretto legame che vi è tra la conoscenza della mente e l’utilizzo (spesso inconscio) del corpo e come “i<br />

meccanismi quotidiani siano usati nella concettualizzazione inconscia <strong>delle</strong> idee tecniche della<br />

matematica” (Arzarello e Robutti [1]). Questo può riguardare da vicino proprio l’utilizzo <strong>delle</strong> macchine<br />

matematiche, in quanto, se vi è questo stretto legame, il loro utilizzo nella didattica, facendo largo uso<br />

del movimento spaziale (tracciatori) e del corpo (l’utilizzatore), non può che facil<strong>it</strong>are il processo di<br />

apprendimento di proprietà e concetti che rischierebbero di rimanere astratti, immobili (quindi non<br />

dotati anche di dinamica) e senza un fondamento corporeo e concreto su cui venire stabilmente costru<strong>it</strong>i.<br />

Se una cr<strong>it</strong>ica si può fare a questo approccio, o meglio a una sua esasperazione, è che “piuttosto che<br />

l’origine, il corpo è una superficie di iscrizione di eventi storici segnata dal linguaggio […] Piuttosto che di esperienza<br />

embodied parlerei di esperienza empracticed”, come sottolinea Radford [19], evidenziando la mediazione<br />

semiotica e <strong>delle</strong> pratiche sociali, ancor più che l’origine biologica dei processi matematici.<br />

18


Una ulteriore caratteristica di tutti gli artefatti, e quindi in particolare anche <strong>delle</strong> macchine<br />

matematiche, come si accennava poc’anzi è quella della polisemia: la sedimentazione di usi e<br />

interpretazioni concettuali, aspetti pratici, rappresentativi e teorici, che si sono sussegu<strong>it</strong>e nei secoli fino<br />

alla produzione finale dell’artefatto in forma moderna, lascia traccia di sé e può generare al lim<strong>it</strong>e<br />

interpretazioni contrastanti da parte di un esperto dello strumento e di un utilizzatore dello stesso come<br />

utensile: se l’ “utente” non ne vede che le proprietà e gli scopi pratici, o le caratteristiche costruttive, l’<br />

“esperto” (il matematico, o l’insegnante nel caso didattico) può avere difficoltà invece proprio a<br />

separare le letture e a dare per scontato che la caratteristica matematica o teorica sia visibile da tutti, e<br />

sia quasi “naturale”: egli lo vede soprattutto in quanto strumento e schiaccia la caratteristica di utensile<br />

su quella strumentale.<br />

Quanto è vero per gli artefatti materiali è vero anche per gli artefatti culturali, primo tra tutti il linguaggio:<br />

come il linguaggio media significati, ed è strettamente connesso, anzi si sovrappone alle pratiche sociali,<br />

alle convenzioni e alle intenzional<strong>it</strong>à comunicative, così anche ogni artefatto. In classe dunque il ruolo<br />

della comunicazione, dell’interazione, dell’intenzional<strong>it</strong>à didattica divengono dunque fondamentali<br />

anche per quanto riguarda la trasmissione di contenuti riguardanti lo strumento esplorato. Per Vygotskij<br />

[22], infatti, gli strumenti e i sistemi di segni hanno alcune caratteristiche comuni e fondamentali (vedi<br />

[2]):<br />

-sono il prodotto raffinato di un’attiv<strong>it</strong>à sociale;<br />

-agiscono sul mondo esterno e insieme producono trasformazioni sul soggetto che li utilizza;<br />

-incorporano elementi importanti del sapere.<br />

Se il ruolo della comunicazione e del trasferimento di sapere dall’insegnante verso gli allievi è<br />

fondamentale (non ci si aspetta che i discenti sappiano come comportarsi di fronte ad uno strumento o<br />

ad un simbolo/segno nuovo) risulta dunque importante un adeguato bilanciamento tra il tempo e lo<br />

“spazio” dedicato a tale passaggio di conoscenze e quello dedicato all’emersione <strong>delle</strong> voci degli<br />

studenti, per consentire l’esplic<strong>it</strong>azione, l’oggettivazione dei concetti, la discussione matematica, e la<br />

presa di coscienza in prima persona dei significati e <strong>delle</strong> modal<strong>it</strong>à operative esaminate.<br />

Vi è un ulteriore aspetto, che riguarda il percorso che verrà svolto con le macchine per lo studio <strong>delle</strong><br />

coniche. Ed è quello del rapporto privilegiato che nella matematica la geometria ha con la realtà. Essa<br />

infatti è una disciplina teorica, ma dipende dalla realtà come modello di alcuni suoi aspetti [2]. Il<br />

problema della definizione e poi della dimostrazione si riveste quindi di una natura particolare, arricchente<br />

ma anche più difficile da gestire, per la presenza, negli oggetti geometrici, di due componenti, una<br />

figurale, percettiva, ed una concettuale, teorica. Se le macchine (ad esempio un parabolografo)<br />

condensano queste due componenti, che dovrebbero quindi interagire tra loro in modo armonioso, è<br />

19


anche vero che esse portano anche alla luce il problema della gestione simultanea di tali componenti, e<br />

della distanza che spesso intercorre tra i processi spontanei e i concetti intu<strong>it</strong>ivi da una parte e i processi<br />

matematici e il sistema teorico dall’altra.<br />

È strettamente connesso al problema dell’un<strong>it</strong>à cogn<strong>it</strong>iva (come ad esempio delineato da Boero et al [3]),<br />

ovvero, nella fattispecie, della continu<strong>it</strong>à e della coerenza tra processo di argomentazione e processo di<br />

dimostrazione. In generale quando c’è un<strong>it</strong>à cogn<strong>it</strong>iva c’è corrispondenza tra la natura e gli oggetti<br />

dell’attiv<strong>it</strong>à mentale coinvolti nel processo esplorativo - argomentativo e in quello logico - dimostrativo.<br />

Se allo stesso modo nella formalizzazione del problema si assiste a importanti discontinu<strong>it</strong>à per quanto<br />

riguarda il linguaggio, i concetti espressi o i procedimenti, rispetto alla precedente parte descr<strong>it</strong>tiva, o<br />

esplorativa (nella quale cioè lo studente non è sottoposto al vincolo del rigore o della forma) allora si<br />

può dire che l’un<strong>it</strong>à cogn<strong>it</strong>iva non vi è stata, ma al suo posto si è verificata piuttosto una rottura cogn<strong>it</strong>iva.<br />

Come ultima osservazione sugli strumenti metodologici che le macchine matematiche possono fornire<br />

vi è la distinzione tra le due modal<strong>it</strong>à in cui possono venire concep<strong>it</strong>e le nozioni matematiche, e in<br />

particolare quelle geometriche: quella strutturale, cioè come oggetti, e quella operativa, cioè come processi (si<br />

veda Sfard [21]). Ad esempio la circonferenza può essere vista da un punto di vista strutturale come un<br />

luogo di punti equidistanti da un punto dato, mentre dal punto di vista operativo essa è la curva<br />

tracciata da un compasso durante la sua rotazione attorno ad un punto fisso. La differenza stessa che<br />

riveste, nell’uso dei software di geometria dinamica, la funzione “traccia” dalla funzione “locus”<br />

riprende in un certo senso questa distinzione (nonostante vi sia differenza tra tracciare tanti punti<br />

separati e tracciare con continu<strong>it</strong>à una curva…). Come si può ben vedere inserire le macchine<br />

tracciatrici di curve in un contesto didattico più ampio in cui le stesse curve vengono defin<strong>it</strong>e e<br />

esplorate anche in quanto luogo geometrico permette di accostare e fare interagire nella maniera più<br />

diretta i due approcci. La natura duale dei concetti matematici presuppone infatti la distinzione sì, ma<br />

anche la complementarietà tra questi. “Mentre la concezione strutturale è statica, istantanea e complessiva, quella<br />

operativa è dinamica, sequenziale e particolareggiata” [21]. Il processo di apprendimento e di risoluzione dei<br />

problemi dello studente trae vantaggio dall’esplic<strong>it</strong>o esame della nozione attraverso entrambi gli approcci,<br />

in quanto tale processo “consiste in un intricato intreccio fra concezioni operative e strutturali della stessa nozione”.<br />

2.1.3 <strong>Didattica</strong> con le macchine matematiche<br />

Uno strumento che non manca mai nei laboratori e di cui non si manca di servirsi nella didattica della<br />

matematica (e non solo) è sicuramente il computer. Su di esso si sono sedimentati secoli di storia della<br />

conoscenza e si può ben dire che esso ne incarni i risultati e le applicazioni. Esso è pertanto depos<strong>it</strong>ario<br />

20


di un sapere complesso che allo stesso tempo esso incorpora nella sua stessa struttura e nella logica del<br />

suo funzionamento, e che contemporaneamente può esplic<strong>it</strong>amente “rappresentare” attraverso appos<strong>it</strong>i<br />

software. Vi è perciò una notevole differenza tra strumenti “semplici”, come quelli che storicamente<br />

sono stati usati per la misura o l’esplorazione nella ricerca matematica o fisica e quest’ultimo strumento<br />

prodotto e utilizzato dalla comun<strong>it</strong>à umana: differenze di semplic<strong>it</strong>à d’uso, differenze di precisione e<br />

immediatezza nei risultati, differenze nei requis<strong>it</strong>i scientifici che presuppone in chi li utilizza, differenze<br />

in quanto essi mostrano di sé e del loro funzionamento. Si può dire che se il computer è più veloce,<br />

preciso e alla portata di tutti, esso è anche molto meno “trasparente”, proprio in quanto si è separato<br />

moltissimo, rispetto a strumenti precedenti, il grado di conoscenze necessario per utilizzarlo da quello<br />

necessario per costruirlo. Ciò avviene in misura molto minore con strumenti semplici, in quanto in genere<br />

una volta cap<strong>it</strong>o come si usano, si è anche in grado di riprodurli (e viceversa).<br />

Questo è vero non solo per il computer in toto, ma anche per i singoli software che “girano” su di esso,<br />

e in generale per tutti i prodotti complessi, ma di facile utilizzo. Un grafico oggi è dato molto<br />

semplicemente agli studenti attraverso molteplici software e calcolatrici grafiche (si può costruire molto<br />

facilmente ad esempio un grafico della veloc<strong>it</strong>à, attraverso sensori di moto), ma ciò non implica saper<br />

disegnare un grafico. Il computer in effetti fornisce rappresentazioni della realtà fisica o di concetti<br />

matematici, in un contesto di realtà simulata o virtuale, ma per acquisire un senso di queste<br />

rappresentazioni può essere necessario passare per la realtà reale (questo è molto vero per la fisica, ma in<br />

buona parte è vero anche per la matematica, in quanto molti dei concetti matematici si fondano su idee<br />

e concezioni molto radicate nel corpo e nello spazio fisico, come detto prima riguardo l’embodiment -<br />

si pensi alle “definizioni” degli enti geometrici primari negli “Elementi” di Euclide). Ecco allora che per<br />

riempire questa lacuna tra rappresentazione e esperienza reale ci si può avvalere di artefatti “semplici”<br />

come le macchine matematiche (vere, e non solo simulate con applicazioni Java o Cabri).<br />

In realtà macchine matematiche o anche solo modelli reali (in gesso, fili, legno o altro) e manipolabili di<br />

curve e superfici erano molto presenti un tempo nelle scuole e negli ist<strong>it</strong>uti di Matematica, in dotazione<br />

ai laboratori: oggi a volte sono esposte in vetrine o conservate in magazzini. A volte sono abbandonati a<br />

se stessi, ma a volte vengono recuperati con successo e riutilizzati nella didattica contemporanea.<br />

Si r<strong>it</strong>iene a torto che l’utilizzo di supporti materiali o mobili o manipolabili non sia utile nè necessario<br />

nella scuola superiore, dando per scontato che oggetti come questi possano interessare o avere un<br />

effetto soltanto sui bambini <strong>delle</strong> elementari. D’altro canto i concetti e le proprietà di alcuni di questi<br />

artefatti, così come ogni riflessione sui modelli della matematica, sono troppo complicate per essi e tali<br />

artefatti finiscono per essere mostrati come “curios<strong>it</strong>à ” e a non essere integrate a pieno t<strong>it</strong>olo in un<br />

curricolo di matematica come strumenti storici, didattici e con contenuto epistemologico allo stesso<br />

tempo.<br />

21


Sul volume “Macchine Matematiche” [2] viene mostrata una rassegna internazionale di esperienze<br />

didattiche di utilizzo <strong>delle</strong> macchine. In questa tesi (cap<strong>it</strong>olo successivo) viene mostrata un’analoga<br />

esperienza di tirocinio SSIS.<br />

2.2 Glossario ragionato<br />

In questa sezione viene brevemente sviluppato una sorta di glossario dei ulteriori termini e temi<br />

(rispetto a quelli fin qui affrontati) connessi alla didattica relativi al tirocinio svolto: si tratta di quei<br />

concetti chiave che sono emersi durante la stesura del progetto, nel corso dello svolgimento stesso del<br />

tirocinio, oppure successivamente in fase di valutazione. Nell’ultima parte della tesi, nella quale si<br />

discute e si valuta l’intero lavoro compiuto, sono presenti perciò vari riferimenti a questi termini. Non si<br />

pretende di dare “definizioni” esaustive di ogni concetto, in quanto esso è costantemente approfond<strong>it</strong>o,<br />

discusso, ampliato, dibattuto, esemplificato in ogni articolo ed in ogni testo che tratti di didattica in<br />

generale e di didattica della matematica in particolare. È piuttosto da intendere come una<br />

contestualizzazione del significato del termine o dell’argomento nell’amb<strong>it</strong>o del lavoro svolto,<br />

un’occasione per aggiungere commenti o riflessioni, anche strettamente relative al tirocinio e per darne<br />

qualche riferimento bibliografico.<br />

Si è prefer<strong>it</strong>o questo metodo più sintetico e puntuale rispetto alla scelta di riportare in maniera<br />

discorsiva e generica ampie sezioni di didattica della matematica che già si trovano su molti libri e che<br />

necess<strong>it</strong>erebbero di molto spazio e di una trattazione generale (la quale esulerebbe dagli scopi e dal tema<br />

della tesi, e verrebbe a coinvolgere temi e argomenti non direttamente connessi al tirocinio).<br />

Competenze<br />

Come delineato da OCSE/PISA le competenze sono abil<strong>it</strong>à complesse riguardanti la matematica il suo<br />

ruolo, il suo significato, il suo utilizzo. Vengono raggruppate (PISA2003) in 8 tipologie: Pensiero e<br />

ragionamento, Argomentazione, Comunicazione, Modellizzazione, Formulazione e risoluzione di problemi,<br />

Rappresentazione, Uso del linguaggio simbolico, formale e tecnico e <strong>delle</strong> operazioni, Uso di sussidi e strumenti.<br />

Contratto didattico<br />

Brousseau [4] lo definisce come “le ab<strong>it</strong>udini del docente attese dallo studente ed i comportamenti dello<br />

studente attesi dal docente”: esso consiste in tutte le regole (spesso implic<strong>it</strong>e), le prassi, le attese, le<br />

credenze che coinvolgono la v<strong>it</strong>a scolastica e il rapporto didattico tra studenti e docente. In [9] si tratta<br />

estesamente il problema e si danno esempi <strong>delle</strong> strategie che gli studenti mettono in atto per<br />

22


ispondere a presunte aspettative del docente, come l’effetto “età del cap<strong>it</strong>ano”. Per esempio si sa che:<br />

“un problema dato dall’insegnante ha sempre una soluzione”. Questo avviene tipicamente in s<strong>it</strong>uazioni<br />

prettamente didattiche (vedi ancora [9] per la teoria <strong>delle</strong> s<strong>it</strong>uazioni) mentre viene indebol<strong>it</strong>o durante<br />

s<strong>it</strong>uazioni a-didattiche o di gioco. Edwards e Mercer [12] (c<strong>it</strong>ati in [2]) ad esempio riassumono così<br />

alcune implic<strong>it</strong>e regole di interazione docente-allievi in genere vigenti a scuola: “1. solo l’insegnante fa<br />

domande; 2. l’insegnante conosce tutte le risposte; 3. domanda ripetuta equivale a risposta sbagliata”. È<br />

solo un esempio, ma l’esperienza di tirocinio ha confermato l’esistenza di molte di queste regole: ogni<br />

qualvolta ho ripetuto una domanda perché la risposta mi sembrava poco convinta o per sentire pareri<br />

diversi da parte di altri studenti, la risposta si è automaticamente invert<strong>it</strong>a (nonostante in certi casi fosse<br />

giusta). In alcune attiv<strong>it</strong>à ho cercato di creare una s<strong>it</strong>uazione didattica in cui queste regole non vigessero:<br />

ad esempio presentando problemi senza soluzione, o facendo fare domande agli studenti o più spesso<br />

organizzando attiv<strong>it</strong>à che non richiedessero l’apprendimento di una procedura. La reazione degli<br />

studenti è stata molto diversificata (dal disagio, al disinteresse, all’assunzione di maggiore autonomia).<br />

Vi è peraltro da dire che non vige un contratto didattico di “subordinazione” né alla materia né al<br />

docente, non vi sono particolari timori e c’è una certa “leggerezza” o “sportiv<strong>it</strong>à” nei toni e nelle<br />

aspettative che gli studenti nutrono su di sé, per cui non avvengono più di tanto tentativi “im<strong>it</strong>ativi” del<br />

linguaggio, dei modi, <strong>delle</strong> frasi espresse dal docente, se non come esplic<strong>it</strong>o ed estremo tentativo di<br />

salvezza in s<strong>it</strong>uazioni di difficoltà.<br />

Delega formale<br />

Si ha (vedi [9]) quando lo studente, letto il testo di un problema, individua i termini e le operazioni da<br />

effettuare e comincia la procedura di calcolo, disinteressandosi da quel punto in poi del significato<br />

originario della richiesta contenuta nel testo del problema. Si delega, appunto, interamente al calcolo o<br />

alla formalizzazione un problema, dopo averlo tradotto in linguaggio matematico. È una clausola del<br />

contratto didattico. Risulta naturalmente molto più semplice “affidarsi” ai calcoli (sempre che questi<br />

non tradiscano) e alle procedure apprese (a volte automaticamente), piuttosto che mantenere attivo un<br />

controllo e un’attribuzione di significato al calcolo svolto. Si incontra un fenomeno analogo, ad<br />

esempio, quando si ha a che fare con una coesistenza di registri, alcuni più intu<strong>it</strong>ivi (come quello<br />

grafico) da cui si parte per “impostare” un problema, ed altri più tipici della matematica (come quello<br />

algebrico) a cui si approda per la risoluzione del problema, ma da cui si rischia di non riuscire ad<br />

affrancarsi per ottenere la soluzione al problema. Qualcosa di analogo è accaduto anche nel tirocinio in<br />

oggetto.<br />

23


Immagine della matematica<br />

Si intende qui riferirsi a quel complesso di idee, convinzioni e in parte anche atteggiamenti, affettiv<strong>it</strong>à ed<br />

emozioni che riguardano i temi propri della matematica, i suoi metodi, il suo linguaggio, le persone che<br />

la fanno, ne parlano o la imparano, l’aspetto sociale che ne scaturisce, la sua storia, la sua rilevanza o<br />

importanza (per l’individuo o la collettiv<strong>it</strong>à), le capac<strong>it</strong>à o le possibil<strong>it</strong>à che essa richiede, l’ambiente in<br />

cui essa viene appresa o insegnata. Tutto ciò cost<strong>it</strong>uisce il “mondo della matematica” per come viene<br />

visto e vissuto da una persona (che può essere nella fattispecie studente o insegnante) che si accosta ad<br />

essa ed influisce profondamente sul rapporto (e sul significato dato ad esso) che la persona ha con la<br />

disciplina. Dicono D’Amore e Giovannoni [14]: “per immagine intendiamo ciò che la parola<br />

‘matematica’ evoca nell’individuo, le idee o le sensazioni che le vengono associate, le credenze e le<br />

attese che le esperienze scolastiche o sociali vissute hanno costru<strong>it</strong>o intorno ad essa” (si veda anche [8]).<br />

Nella classe oggetto del tirocinio ad esempio l’immagine specifica della matematica, al di là degli aspetti<br />

legati all’immagine dello studio in genere e della v<strong>it</strong>a e dell’apprendimento scolastico, pare essere molto<br />

esecutiva, con un insieme di procedure da imparare e da seguire o al più con qualche “regola” che<br />

soggiace ai concetti e alle procedure. Non pare avere un particolare senso o interesse (o almeno non lo<br />

danno a vedere…). Non è particolarmente temuta come materia di studio, né tantomeno odiata<br />

(probabilmente anche per mer<strong>it</strong>o della docente) e gli studenti vi si sottopongono senza fastidio.<br />

Naturalmente alcuni mostrano più interesse, mentre altri, pur non essendone intimor<strong>it</strong>i, si r<strong>it</strong>engono<br />

tuttavia non capaci di ottenere molti risultati.<br />

Immagine della scuola<br />

Analogamente all’immagine della matematica chiunque vive, opera o ha a che fare con un ambiente<br />

scolastico (e quindi studenti, docenti, gen<strong>it</strong>ori…) possiede una sua concezione della scuola, dei<br />

comportamenti da tenere, del ruolo della valutazione e dei voti, dei fini, dell’importanza, del rapporto<br />

col lavoro e con la v<strong>it</strong>a, degli impegni e <strong>delle</strong> capac<strong>it</strong>à che richiede, del suo ruolo educativo. Anche<br />

questo incide pesantemente sul comportamento e sugli atteggiamenti che si mettono in atto nei<br />

confronti dell’ist<strong>it</strong>uzione, <strong>delle</strong> altre persone che vi operano, dei docenti, dei pari (parlo degli studenti),<br />

<strong>delle</strong> singole materie, del ruolo <strong>delle</strong> prove, dei comp<strong>it</strong>i a casa, ecc. La classe del tirocinio fa ad esempio<br />

parte di un liceo classico e ciò può determinare aspettative, ruolo e importanza dato alla scuola (il tipo<br />

di curriculum, le aspettative di lavoro, il ruolo <strong>delle</strong> famiglie sono fattori importanti); nonostante questo<br />

il “dovere dello studio” non è in questa classe particolarmente sent<strong>it</strong>o, tuttavia vi è rispetto per gli<br />

insegnanti, (senza un vincolo di particolare compostezza nei comportamenti…) e buon rapporto con la<br />

v<strong>it</strong>a scolastica, più che altro a livello sociale (oltre che compagni di classe sono amici, e fanno parte di<br />

un unico gruppo, che si r<strong>it</strong>rova anche fuori dall’orario scolastico). L’immagine della scuola incide<br />

24


naturalmente anche sull’atteggiamento nei confronti della matematica: l’aspetto “di gruppo” (ad<br />

esempio la riusc<strong>it</strong>a o la non riusc<strong>it</strong>a dell’intera classe nelle verifiche) conta qui più del resto.<br />

Linguaggio<br />

Naturalmente la ricerca attorno al rapporto tra linguaggio e pensiero è talmente ampia che non vale la<br />

pena soffermarvisi qui. Ciò che può interessare più direttamente questa tesi è il rapporto tra matematica<br />

e linguaggio (argomento ampissimo anche questo) e i vari linguaggi presenti nell’insegnamento della<br />

matematica. L’argomento è trattato estesamente in [9]: c<strong>it</strong>o qui soltanto quello che D’Amore chiama<br />

paradosso del linguaggio specifico e che ha a che vedere con la commistione, nel linguaggio d’aula, della lingua<br />

specifica della matematica (la matematica possiede, anzi è un linguaggio specifico) con la lingua comune.<br />

Vi è una sorta di paradosso in quanto da una parte l’insegnamento è comunicazione, e quindi dovrebbe<br />

avvenire nel linguaggio più comprensibile ai discenti: il linguaggio comune; dall’altra l’apprendimento<br />

della matematica passa proprio per l’apprendimento del suo linguaggio specialistico, che spesso si<br />

affianca o si sovrappone al linguaggio comune, e che non è, come Vygotskij insegna, affatto intu<strong>it</strong>ivo.<br />

Come deve agire allora il docente? Nell’insegnamento è inev<strong>it</strong>abile il continuo passaggio tra linguaggi<br />

evoluti e colloquiali [13], ev<strong>it</strong>ando però strane commistioni. La classe del tirocinio, non essendo<br />

sottoposta ad un contratto didattico di “subordinazione” rispetto alla materia o al docente, non rischia<br />

più di tanto le insidie del “matematichese”, quel linguaggio ibrido fatto di termini astrusi, gerundi ecc<br />

[9], che gli studenti e i docenti rischiano di credere tipico della matematica. Vi sono però altri problemi di<br />

linguaggio (anche nella classe suddetta) riguardanti la struttura sintattica della frase e la semantica. Tali<br />

problemi, che nel caso della classe del tirocinio si presentano in più materie scientifiche e umanistiche,<br />

vengono discussi ad esempio in [13], dove si sottolinea l’importanza della competenza linguistica<br />

nell’apprendimento della matematica, a livello non solo grammaticale o lessicale, ma anche di<br />

organizzazione del testo. Vengono ivi sugger<strong>it</strong>i alcuni obiettivi per un’educazione linguistica tra cui<br />

quello di usare diversi registri semiotici e promuovere il passaggio da uno all’altro. Quanto svolto nel<br />

tirocinio va in questa direzione. In [14] si aggiunge a ciò l’osservazione che, se il linguaggio è usato a fini<br />

comunicativi, non vi è da sottovalutare la componente motivazionale, anzi vanno incentivate le strategie<br />

atte a mettere il soggetto nella volontà di farsi capire, e quindi ad utilizzare un linguaggio corretto. Per una<br />

più approfond<strong>it</strong>a trattazione dell’argomento si può leggere la parte della tesi riguardante l’utilizzo <strong>delle</strong><br />

macchine matematiche e riferirsi al libro di Bartolini Bussi e Maschietto [2], nonché alle numerose<br />

ricerche di Radford.<br />

25


Modello parass<strong>it</strong>a<br />

Modello intu<strong>it</strong>ivo errato che scaturisce da una rappresentazione (parziale) persistente di un concetto(si<br />

veda ad esempio [9]). Ne sono stati incontrati alcuni durante il tirocinio, in segu<strong>it</strong>o a rappresentazioni<br />

simili dello stesso oggetto (l’ellisse) più volte proposte da me agli studenti.<br />

Motivazione<br />

“Il processo attraverso il quale si formano le nostre intenzioni, cioè l’elaborazione <strong>delle</strong> ragioni che<br />

inducono a fare qualcosa” (Pellerey [16]) e anche l’insieme dei “processi che incorporano le attese di<br />

risultati desiderabili o non desiderabili e la percezione della capac<strong>it</strong>à di raggiungere tali risultati”. Esso<br />

“non include in sé la generazione dell’intenzione” ed è quindi da distinguere dalla volizione. Come<br />

sottolineato in [14] vi è cioè da distinguere tra desiderio e realizzazione. Vi sono inoltre ricerche, delineate<br />

in [17], che classificano le attribuzioni di causa (di un successo o di un insuccesso) in interne/esterne,<br />

stabili/instabili/, controllabili/incontrollabili; tali attribuzioni condizionano la motivazione e le sue<br />

disposizioni come l’autostima, la percezione di competenza, ecc. Quali strategie didattiche allora per<br />

favorire la motivazione? D’Amore e Giovannoni [14], ad esempio, dopo aver discusso strategie che<br />

rafforzano la motivazione intrinseca e aver sottolineato l’importanza di un contesto emozionale pos<strong>it</strong>ivo,<br />

delineano una possibile strategia (tra le varie possibili) che loro applicano in una classe di scuola media:<br />

1. spiazzare l’attesa e mettere in crisi vecchie convinzioni riguardo la matematica; 2. convincere<br />

implic<strong>it</strong>amente (cioè attraverso il comp<strong>it</strong>o assegnato) che chiunque è in grado di costruire la matematica<br />

e quindi costruire nuove convinzioni; 3. includere nella valutazione (il passo motivazionale forte nello<br />

studente) il prodotto di tale comp<strong>it</strong>o e il risultato di questa nuova convinzione. Una cosa simile si è<br />

tentata di fare in questo tirocinio, seppur in un tempo molto inferiore, e quindi con obiettivi più lim<strong>it</strong>ati.<br />

La classe infatti presenta, come descr<strong>it</strong>to, problemi forti di motivazione allo studio in genere e allo<br />

studio della matematica in particolare.<br />

Registri semiotici<br />

Strettamente connesso al tema del linguaggio e direttamente attinente alla presente tesi vi è la<br />

caratterizzazione di registro semiotico che riguarda la rappresentazione dello stesso oggetto in sistemi<br />

semiotici differenti, discorsivi (lingua naturale, formale) o non discorsivi (figure, grafici, schemi..). “Gli<br />

apprendimenti richiedono un coordinamento dei diversi registri di rappresentazione che un dominio di<br />

conoscenze mobil<strong>it</strong>a”(Duval [11], c<strong>it</strong>ato in [9]) e “il coordinamento di registri è la condizione per la<br />

padronanza della comprensione in quanto essa è la condizione per una differenziazione reale tra gli<br />

oggetti matematici e la loro rappresentazione […] Questo coordinamento non ha niente di spontaneo”.<br />

Vi è da distinguere tra rappresentazione semiotica di un oggetto (che può assumere varie forme nel<br />

26


medesimo registro) e registro semiotico (e quindi conversione di rappresentazione dell’oggetto da un<br />

registro all’altro) - si veda ad esempio [10].<br />

Per quanto riguarda i registri esaminati nell’amb<strong>it</strong>o del tirocinio sull’oggetto “coniche” si è visto quello<br />

proposizionale, quello grafico (con o senza riferimento cartesiano), quello algebrico, quello tabulare e<br />

quello dinamico-processuale.<br />

S<strong>it</strong>uazione a-didattica<br />

Nella teoria <strong>delle</strong> s<strong>it</strong>uazioni didattiche di Brousseau è detta a-didattica una s<strong>it</strong>uazione in cui l’allievo sa<br />

che il problema sottopostogli “è stato scelto per fagli acquisire una nuova conoscenza” ma anche che<br />

egli “può costruire questa conoscenza senza fare appello a <strong>delle</strong> ragioni didattiche”; in altri termini<br />

l’insegnante ha predisposto una s<strong>it</strong>uazione in cui egli non ha ruolo attivo e lo studente non ha obblighi<br />

didattici, ma intergaendo con l’ambiente modifica il suo sistema di conoscenze [9]. Nel tirocinio sono<br />

stati predisposti alcuni momenti di questo tipo.<br />

Un<strong>it</strong>à cogn<strong>it</strong>iva<br />

Qui si intende nel significato (generale) di continu<strong>it</strong>à (contrapposto a rottura) per quanto riguarda il<br />

linguaggio, i concetti espressi o i procedimenti coinvolti in una serie di processi. Essa esamina cioè la<br />

corrispondenza tra la natura e gli oggetti dell’attiv<strong>it</strong>à mentale relativa ad un processo cogn<strong>it</strong>ivo con<br />

quella relativa ad un secondo processo. Nella esperienza di tirocinio un esempio si ha nel passaggio da<br />

un’attiv<strong>it</strong>à sui luoghi geometrici realizzata con macchine matematiche e uno studio algebrico degli stessi.<br />

Volizione<br />

“Il processo in base al quale le nostre intenzioni si attuano, cioè il concreto voler conseguire il fine<br />

espresso dalle nostre intenzioni”, “un atto di interno consenso a per trasformare la final<strong>it</strong>à di un’azione<br />

in un’esplic<strong>it</strong>a intenzione d’agire” (Pellerey [16]). È perciò da distinguere dalla motivazione che ne è in<br />

qualche modo premessa. Essa è influenzata da emozione e affettiv<strong>it</strong>à e comporta, come delineato in<br />

[17], l’assunzione di un controllo attivo di ordine metacogn<strong>it</strong>ivo.<br />

27


3. Il tirocinio<br />

3.1 Il contesto del tirocinio<br />

La classe in cui è stato svolto il tirocinio è la 1A del Liceo Classico “Torricelli” di Faenza, 19 ragazzi, di<br />

cui 12 femmine e 7 maschi, e la cui docente è la prof.ssa Laura Giovannoni. La classe segue un<br />

indirizzo PNI ed ha tre ore alla settimana di matematica, distinte in tre giornate separate 5 . Ho trovato la<br />

scuola, le aule e le sue strumentazioni di un buon livello di funzional<strong>it</strong>à e fruibil<strong>it</strong>à: ad esempio ho<br />

utilizzato varie volte l’aula multimediale e il laboratorio di informatica e le ho trovare sempre<br />

rispondenti alle necess<strong>it</strong>à che avevo. Il rapporto con la classe è stato buono anche considerato che,<br />

quando svolgevo il tirocinio osservativo, mi era stata dipinta come una classe molto indisciplinata, come<br />

in effetti avevo avuto modo di vedere. In realtà i problemi di comportamento e di rapporto coi docenti<br />

si sono in parte assorb<strong>it</strong>i durante il orso dell’anno, ed io non ho riscontrato particolari problemi. C’è da<br />

dire che la tutor mi ha dato man forte ed è intervenuta in certi casi per sgridare o richiamare persone<br />

rumorose o disattente. Tutto sommato credo di aver avuto un buon rapporto con gli studenti (dei<br />

ragazzi ho avuto modo di parlarne nel progetto, a cui rimando). Essi apparivano attenti alle spiegazioni,<br />

partecipativi e franchi anche con me nel fare domande. La classe ha comunque continuato a rivolgersi<br />

alla tutor nel caso di problemi, segnale dopotutto della fiducia che probabilmente nutrono in lei.<br />

3.2 Introduzione e considerazioni generali<br />

L’idea di questo progetto è nata dalla volontà di trasmettere un senso, un significato e un gusto per la<br />

geometria <strong>delle</strong> curve ad una classe che r<strong>it</strong>enevo che “subisse” un po’ lo studio della matematica, con lo<br />

scopo poi di trasferire questo “gusto” anche all’incontro con la geometria anal<strong>it</strong>ica applicata alle<br />

coniche, al suo studio e alla sua pratica. La passione per l’argomento l’ho scoperta io stesso durante la<br />

preparazione <strong>delle</strong> idee e del materiale per il progetto di tirocinio 6 , andando a cercare e a leggere alcuni<br />

libri divulgativi o espressamente didattici riguardanti la generazione di curve, i tracciatori, le macchine<br />

matematiche: strumenti che a mio avviso non possono non appassionare. I libri che ho consultato (e per cui<br />

5 Devo dire che questo è stato un lim<strong>it</strong>e a certe attiv<strong>it</strong>à (ad esempio di gruppo)<br />

6 e questo non è altro che un bene, in quanto r<strong>it</strong>engo che un insegnante appassionato abbia più possibil<strong>it</strong>à (oltre che il<br />

comp<strong>it</strong>o) di trasmettere questa passione ai suoi studenti<br />

28


ingrazio tutor e supervisore che me li hanno segnalati) sono indicati in bibliografia con i numeri<br />

[7],[2],[6]. Naturalmente tutto stava nell’organizzare questo materiale per renderlo fruibile ad una classe,<br />

nel produrlo quando mancava o nel costruire schede che aiutassero a produrlo, ma soprattutto nel<br />

disporre in maniera organica le lezioni (nel numero di ore che mi era dato) per contestualizzare<br />

l’argomento in un programma scolastico di prima liceo classico (terzo anno, dunque):<br />

un’organizzazione didattica di un materiale e di un percorso che, anche se attraente e bello di per sé<br />

(almeno a mio giudizio), non per questo doveva cost<strong>it</strong>uire un esperienza significativa per lo studente.<br />

Insomma per ev<strong>it</strong>are che il progetto diventasse una serie di ore di semplice divulgazione matematica,<br />

era necessaria una riflessione seria sugli snodi concettuali, sui pregi e sui rischi che comportava una<br />

scelta didattica di questo tipo: in defin<strong>it</strong>iva quella che si chiama una trasposizione didattica.<br />

Come ho modo di spiegare qui di segu<strong>it</strong>o il progetto sostanzialmente si articola in una serie di fasi nelle<br />

quali da un’esplorazione libera di curve generate in svariati modi o di oggetti matematici (concreti!) di<br />

vario tipo si passa poi ad un esame più dettagliato <strong>delle</strong> tre coniche sotto il profilo del luogo geometrico<br />

che le definisce e della costruzione con vari strumenti, tra cui alcune “macchine matematiche”. Infine si<br />

passa allo studio specifico di una conica, l’ellisse, studiandone l’equazione e le proprietà attraverso il<br />

piano cartesiano.<br />

Sicuramente le prime due sezioni avrebbero occupato buona parte del tempo (rispetto alle 20 ore totali,<br />

o poco più, 5 o 6 sarebbero andate allo studio dell’ellisse nel piano cartesiano), e questo contrasta con la<br />

prassi, che vuole che si dedichi al piano cartesiano e agli esercizi sull’equazione dell’ellisse (o <strong>delle</strong> altre<br />

coniche) la stragrande maggioranza del tempo; del resto all’esame di matur<strong>it</strong>à è probabilmente quello<br />

che verrà richiesto. Tuttavia credo che svolgere parecchi esercizi sul piano cartesiano senza avere una<br />

buona padronanza dell’oggetto “ellisse” (ad esempio) anche a livello tabulare, o grafico, o<br />

proposizionale, non possa cost<strong>it</strong>uire un apprendimento molto significativo e durevole, e perlomeno<br />

viene meno quell’aspetto di “senso” che invece, r<strong>it</strong>engo, può essere acquis<strong>it</strong>o con la manual<strong>it</strong>à richiesta<br />

dal far funzionare un tracciatore o dalla consapevolezza che può dare il disegno a mano libera di punti di<br />

un’iperbole (quella che chiamerei una “manual<strong>it</strong>à mentale”). È sicuramente (almeno per ora) un<br />

esperimento che ho voluto compiere, per vedere che effetti susc<strong>it</strong>ava.<br />

C’è da dire infatti che difficilmente un progetto di questo tipo può essere organizzato dal nulla durante<br />

un anno scolastico da un insegnante in pieno servizio (e quindi con 18 ore settimanali, e svariate classi e<br />

alunni da seguire): il lavoro di preparazione che mi ha richiesto è stato notevole e io stesso non avrei<br />

potuto gestirlo per un tempo analogo se fossi stato nel ruolo di docente, anziché di tirocinante. Qui<br />

naturalmente sta il pregio e il difetto, il privilegio e insieme l’irripetibil<strong>it</strong>à’ del tirocinio SSIS: quello di<br />

poter disporre di 20 ore e, d’accordo con tutor e supervisore, sostanzialmente fare quello che si desidera<br />

(naturalmente con cr<strong>it</strong>erio) avendo a disposizione tutto il tempo che si desidera per preparare il lavoro,<br />

o quasi. Lo stesso rapporto con gli studenti è viziato (o reso virtuoso, a seconda dei punti di vista) da<br />

29


questo fatto: loro “mi hanno” per tre ore la settimana tra mille altre materie e impegni, io invece per<br />

quel periodo ho solo loro. Alla fine il tempo che io dedico alla preparazione del tirocinio e al suo<br />

svolgimento è molto molto maggiore del tempo che loro dedicano all’apprendimento. E questo, oltre<br />

che dare un certo squilibrio all’intera vicenda, è sostanzialmente impossibile da ripetere per ogni<br />

insegnante di professione.<br />

Ciononostante e pienamente consapevole di questo ho pensato anche che quella del tirocinio in fondo<br />

era una opportun<strong>it</strong>à irripetibile 1) di preparare e svolgere un progetto in autonomia e disponendo di un<br />

tempo che mai più avrò (in un singolo anno), per una cosa simile; 2) di essere segu<strong>it</strong>o e valutato da<br />

persone competenti. Dopo un primo momento di indecisione nella scelta tra un’esperienza ripetibile<br />

(col pregio di poter esser replicata e col difetto di non poter quindi essere troppo atipica) ed una<br />

irripetibile (almeno nella stessa formula) ho scelto la seconda(!). Devo perciò ringraziare molto la<br />

docente tutor, professoressa Giovannoni, che ha acconsent<strong>it</strong>o a lasciarmi svolgere questo progetto, anzi<br />

mi ha aiutato nella sua formulazione, e che ha “regalato” tutto il tempo che mi era necessario per<br />

ultimarlo, credendo nell’util<strong>it</strong>à (spero) di questo tipo di lezioni abbastanza “atipiche” e molto “time<br />

consuming”, consapevole che poi sarebbe stata lei a dover fare il “lavoro sporco” di recupero <strong>delle</strong><br />

conoscenze diciamo “standard” eventualmente non apprese in maniera soddisfacente.<br />

3.3 Descrizione dell’attiv<strong>it</strong>à di tirocinio<br />

Viene data qui una descrizione sintetica e in ordine cronologico <strong>delle</strong> attiv<strong>it</strong>à effettivamente svolte e<br />

degli argomenti trattati durante il tirocinio, confrontandoli volta per volta con quanto preventivato di<br />

fare (si veda per questo il progetto di tirocinio in allegato). Per uno schema dettagliato di quanto<br />

discusso lezione per lezione si veda il diario di tirocinio attivo, anch’esso in allegato.<br />

Alla trattazione verranno allegate immagini di oggetti raccolti o prodotti da me e mostrati in classe,<br />

oppure visti alla mostra, oppure costru<strong>it</strong>i dai ragazzi stessi, in modo da poter trasmettere un’idea più<br />

precisa e dettagliata di quanto è stato realizzato (o di quanto si è tentato di realizzare).<br />

Sezione 1 - fase esplorativa di curve e oggetti<br />

Debbo dire che il mio tirocinio è iniziato un po’ in r<strong>it</strong>ardo rispetto al previsto per cui, in previsione ed<br />

in preparazione dell’imminente g<strong>it</strong>a scolastica, ho dovuto affrettare e “piegare” le prime due lezioni in<br />

modo da comprendere l’introduzione <strong>delle</strong> coniche (almeno come nomenclatura).<br />

30


Ho tuttavia voluto iniziare questa fase mostrando alcuni oggetti quotidiani con l’intento di sottolineare<br />

da sub<strong>it</strong>o il collegamento tra matematica e realtà, per parlare della schematizzazione e idealizzazione<br />

della realtà fatta dalla matematica, e sperando anche, tra l’altro, che l’utilizzo di oggetti “inusuali” per<br />

un’ora di matematica potesse attrarre l’interesse dei ragazzi<br />

Ho inizia<br />

7 .<br />

to con un attaccapanni di quelli allungabili,<br />

chiedendo loro liberamente di descriverne<br />

caratteristiche geometriche. Ne è emersa la forma<br />

romboidale dei tre quadrilateri di cui è composto, il<br />

parallelismo dei lati (conservato anche dopo<br />

l’allungamento), l’arco di circonferenza che il primo<br />

piolo in alto descrive se tengo fermo il piolo di sinistra e<br />

allungo l’attaccapanni (v. fotografia). Ci si chiede che<br />

figura disegni il secondo piolo in alto, senza trovare<br />

risposta (non è banale, ma si può dimostrare essere<br />

proprio un’ellisse, tema del tirocinio).<br />

Attaccapanni allungabile<br />

Ho<br />

poi presentato un secondo oggetto: una piccola vecchia bilancia<br />

a bilanciere. Anche di questo secondo oggetto, più complesso, ho<br />

chiesto di provare a darne una lettura “geometrica” (il primo era<br />

nettamente più “geometrico”), e di provare a vedere se anche qui<br />

non vi fossero quadrilateri con lati paralleli (quindi parallelogrammi,<br />

o rombi) e che si mantenessero paralleli pur cambiando la<br />

Bilancia a un piatto…<br />

posizione del piatto. Mostrando il meccanismo sul retro è stato<br />

“scoperto” che anche qui vi è un parallelogramma articolato,<br />

al quale manca però un lato, che per i<br />

ragazzi è stato facile identificare<br />

con la distanza (fissa) che separa i due perni (quello alto e quello basso)<br />

di destra. Ho poi chiesto perché è qui impiegato un parallelogramma, a che cosa serve, e ne è risultato<br />

dopo breve discussione (guidata) che se un lato è fisso e verticale, anche il lato opposto rimane<br />

verticale, come accadeva nell’attaccapanni e ciò serve per mantenere orizzontale il piatto.<br />

7 Avevo inizialmente intenzione di mostrare il film di M.Emmer sulle spirali, ma la copia che avevo recuperato non era<br />

in buono stato e non risultava quindi adatta come avvio di una serie di lezioni “motivanti”. Alcuni degli argomenti del<br />

filmato sono però stati ripresi in segu<strong>it</strong>o (da me e alla mostra)<br />

31


…un altro esempio di quadrilatero articolato<br />

A questo punto ho dato loro un primo comp<strong>it</strong>o per casa, quello di dare una “descrizione geometrica”<br />

su di un terzo oggetto: un sottotegame allungabile. Ho fatto notare che se i lati non sono rettilinei forse<br />

potrebbero essere schematizzati ugualmente come<br />

tali, ma ho chiesto anche di cercare se “tutto<br />

funziona bene” nella schematizzazione che essi ne<br />

avrebbero fatto. In effetti non tutto “funziona”, nel<br />

senso che esso non è descrivibile alla stregua di rombi<br />

articolati (come era per l’attaccapanni): la lunghezza<br />

della diagonale maggiore dei semirombi alle estrem<strong>it</strong>à<br />

pare infatti fissata dalla forma rigida <strong>delle</strong> maniglie e<br />

schematizzando l’oggetto in questo modo esso<br />

teoricamente “non potrebbe” allungarsi o deformarsi. In<br />

realtà lo può fare (per un breve tratto) in quanto esso non è un oggetto<br />

rigido, a dispetto<br />

di quel che<br />

sembra.<br />

Ho in segu<strong>it</strong>o mostrato una<br />

“figura<br />

geometrica” generata<br />

non attraverso il movimento<br />

di qualcosa, ma dai raggi<br />

solari<br />

che colpiscono una<br />

tazza<br />

da latte: la cardioide.<br />

Ho provato a farla riprodurre alla lavagna ed ho<br />

a tale propos<strong>it</strong>o distribu<strong>it</strong>o una scheda<br />

tratta da un articolo apparso sull’inserto Tuttoscienze della Stampa (v. allegato).<br />

32<br />

Sottotegame “allungabile”<br />

La cardioide


Ho dato poi un secondo comp<strong>it</strong>o: quello (molto libero ed essenzialmente per sondare la loro<br />

disponibil<strong>it</strong>à al mettersi in ricerca personale autodiretta) di trovare altri oggetti che descrivessero curve<br />

o con “proprietà geometriche” particolari<br />

(da individuare). Il risultato è che è stata trovata la parabola<br />

descr<strong>it</strong>ta dal pallone da calcio, la circonferenza descr<strong>it</strong>ta da una porta che si chiude, il moto dell’asta del<br />

pistone (circolare in un estremo, rettilineo nell’altro),<br />

ecc.<br />

Avevo in realtà preparato anche una brevissima<br />

esperienza su un tracciamento di curve, che il tempo<br />

non mihapermessodirealizzare:latraccialasciatada<br />

un pennarello trascinato su un foglio di carta<br />

attraverso uno spago la cui estrem<strong>it</strong>à scorre sul bordo<br />

del banco (v. figura). Il senso sarebbe stato quello di<br />

Trattrice di Huygens<br />

far<br />

notare che tale curva non è casuale ma, fissata la<br />

lunghezza dello spago, e indipendentemente dal punto in cui si trova inizialmente il pennarello, il tratto<br />

tracciato appartiene sempre ad una stessa curva chiamata<br />

trattrice.<br />

Ho poi prosegu<strong>it</strong>o col mostrare la generazione di “particolari” curve: la cicloide e alcune epicicloidi,<br />

dandone la definizione in termini di “come la si può costruire” e usando sagome di cartone di varie<br />

dimensioni per tracciarle<br />

col gesso alla lavagna. Ho<br />

in questo modo anche<br />

mostrato un secondo<br />

modo di generare una<br />

cardioide (come epicicloide<br />

generata da due<br />

circonferenze identiche,<br />

una che rotola senza<br />

strisciare sull’altra) e<br />

parlato della doppia<br />

“definizione” per uno<br />

stesso oggetto (lo vedremo poi anche con<br />

le coniche).<br />

Generare una epicicloide<br />

Ho r<strong>it</strong>enuto, in questa prima fase, di poter<br />

spaziare tra oggetti, curve e proprietà<br />

geometriche in modo<br />

abbastanza libero: lo scopo era infatti principalmente quello di parlare di<br />

rapporto tra geometria e realtà,<br />

di introdurre alcuni strumenti tracciatori di curve, di incuriosire e interessare gli studenti<br />

(ho avuto<br />

33


alcune reazioni pos<strong>it</strong>ive di “stupore”) e di stimolarli a piccole ricerche autonome. Ho cercato di<br />

condurre le lezioni in modo dialogato favorendo il più possibile la<br />

partecipazione e le domande (che comunque non sono mancate).<br />

Se le ricerche personali lasciate<br />

per comp<strong>it</strong>o hanno dato<br />

qualche piccolo risultato,<br />

nessuno è invece riusc<strong>it</strong>o a dare<br />

una descrizione corretta del<br />

sottotegame allungabile, che ho<br />

invece spiegato io.<br />

Uno spirografo<br />

Riprendendo le epicicloidi ho poi<br />

accennato alle ipocicloidi (su cui ho anche lasciato<br />

un esercizio per casa - si veda allegato) e mostrato un<br />

ulteriore oggetto capace di costruirle, un giocattolo<br />

che ho sottolineato essere stato creato apposta (a<br />

differenza di oggetti d’uso comune) per questo scopo: uno spirografo (v. figura)<br />

A questo punto ho proceduto ad introdurre le coniche, senza nominarle,<br />

ed in continu<strong>it</strong>à con quanto<br />

fatto finora: ho cioè mostrato come un fascio di luce generato<br />

da una<br />

torcia elettrica descrive sul muro<br />

curve di vario tipo, alcune chiuse, alcune apparentemente aperte. Ho evidenziato il fascio con un<br />

imbuto di cartoncino, chiesto descrizioni <strong>delle</strong> curve sul muro (“a forma di uovo” è stato detto per<br />

l’ellisse - si veda su questo la descrizione di Durer riportata<br />

nel par.8.4 di Bartolini Bussi & Maschietto<br />

[2] - e si è brevemente discusso di questo) e tentato di far trovare ai ragazzi con quale angolazione della<br />

torcia la figura sul muro poteva passare dall’essere aperta all’essere chiusa.<br />

Iperbole generata da un fascio di luce<br />

Non è stato per loro semplice visualizzare un fascio di luce “di forma conica” né collegare l’angolazione<br />

alle proprietà della figura (anche in segu<strong>it</strong>o alcuni di loro hanno sempre trovato difficile, nonostante vari<br />

miei tentativi, il concetto di intersezione di un piano con un cono e la visualizzazione stessa di queste<br />

due superfici…); comunque ho poi spiegato io la differenza e il nome <strong>delle</strong> varie curve generate in tal<br />

34


modo (circonferenza, ellisse, parabola e iperbole), evidenziandone la rispettiva angolazione della torcia<br />

rispetto al muro, e chiamandole con il nome di “sezioni coniche”.<br />

Il momento della g<strong>it</strong>a scolastica (alla mostra “Oltre il Compasso” presso il “Giardino di Archimede” a<br />

Firenze) è stato molto partecipato: anche a dispetto dei precedenti timori, i ragazzi si sono mostrati<br />

interessati e attenti, oltre che “disciplinati”.<br />

I mille volti della Cicloide (modi di generarla e proprietà brachistocrona e isocrona)<br />

La cardioide Le sezioni coniche<br />

35


Specchi parabolici Generare una spirale di Archimede<br />

La varietà di meccanismi e curve che si è avuto occasione di<br />

rivedere o scoprire ha senz’altro arricch<strong>it</strong>o la loro visione della<br />

geometria, alimentato l’interesse, permesso di approfondire alcuni<br />

temi, specialmente sulle coniche e sulle proprietà di riflessione (che<br />

hanno colp<strong>it</strong>o molti di loro e sulle quali siamo poi tornati<br />

diffusamente in segu<strong>it</strong>o) e forn<strong>it</strong>o loro anche qualche idea nuova sul<br />

“procedere matematico” (util<strong>it</strong>à e inutil<strong>it</strong>à della matematica) e<br />

quindi sulla storia di alcune scoperte (ad esempio i meccanismi per<br />

il tracciamento di rette). Testimonianza di questo interesse è stata la<br />

partecipazione attiva durante la vis<strong>it</strong>a e in classe il giorno<br />

Studenti all’ingresso della mostra successivo. È inoltre cap<strong>it</strong>ato che alcuni studenti, che frequentavano<br />

un corso di giornalismo a scuola, abbiano poi pubblicato su SetteSere<br />

(il principale settimanale di Faenza) un resoconto di questa vis<strong>it</strong>a (si veda allegato).<br />

A motivare i ragazzi all’attenzione alla spiegazione della guida e a dedicare del tempo libero (mezzora)<br />

ad un ulteriore approfondimento personale ha<br />

senz’altro contribu<strong>it</strong>o la consegna che avevo loro<br />

dato, ovvero quella di approfondire uno degli oggetti<br />

in mostra (alcune tra le relazioni scr<strong>it</strong>te, orali o in<br />

forma di presentazione PowerPoint, sono risultate<br />

molto accurate) e quella di preparare tre domande da<br />

porsi in classe in una “Disfida” che si sarebbe svolta<br />

al r<strong>it</strong>orno (si veda il materiale in appendice).<br />

In effetti,<br />

nonostante la classe non sia particolarmente<br />

36


“compet<strong>it</strong>iva” (anzi…), durante la<br />

disfida (tipico momento a-didattico) tutti avevano preparato<br />

domande e la partecipazione è stata<br />

attiva. Anche se mediamente le domande erano del tipo “come si<br />

chiama…?” e quindi molto legate alla nomenclatura, vi sono comunque state alcune domande più<br />

complesse o articolate. In palio come<br />

1°, 2° e 3°premio vi erano tre “sezioni coniche” ricavate da coni<br />

gelato (v. figura) tanto per “battere il chiodo”, oltre che qualche cioccolatino…<br />

Sezioni “coniche”:<br />

L’ellisse L’iperbole<br />

La parabola<br />

In tutto il lavoro svolto fino a questo punto sono emersi<br />

i noti problemi di linguaggio della classe:<br />

anche per questo motivo ho cercato di richiedere sempre<br />

definizioni e interventi accurati nella forma, di<br />

evidenziare quando possibile l’aspetto formale o più propriamente<br />

matematico, che tuttavia è stato<br />

approfond<strong>it</strong>o più avanti. Sono inoltre sembrati più attivi e partecipativi gli studenti meno “scolarizzati”<br />

e meno sensibili al giudizio del docente, con maggiore “successo”<br />

(nelle discussioni libere, nei comp<strong>it</strong>i,<br />

nella disfida e nella verifica intermedia), tra questi, di quelli con maggiore intu<strong>it</strong>o o predisposizione alla<br />

materia. L’insieme dei ragazzi che sono “emersi” in questa prima parte non è infatti identico (anche se<br />

in piccola parte si interseca) a quello che emergerà nella seconda, più esecutiva e più algebrica.<br />

L’aspetto più propriamente storico, per quanto concerne l’ideazione, prima per util<strong>it</strong>à pratiche poi<br />

soltanto<br />

per fini teoretici, di un meccanismo tracciatore di rette è stato toccato alla mostra e da me<br />

ripreso in segu<strong>it</strong>o in alcuni esercizi, insieme a qualche cenno sull’evoluzione di strumento tracciatore di<br />

curve (compasso, ellissografo) e sul suo significato (ricerca di precisione, idealizzazione geometrica).<br />

Quanto fatto all’inizio sulla “schematizzazione”, e quanto detto su questo aspetto dalla guida al museo,<br />

è stato ripreso e brevemente discusso successivamente. Sempre per quanto riguarda l’aspetto storico<br />

non è stato invece possibile, per oggettiva mancanza di tempo e per non rischiare di allontanarsi troppo<br />

dal filo conduttore, parlare di problemi classici non risolvibili con riga e compasso.<br />

37


Sezione 2 - le coniche come luogo geometrico<br />

Per avvicinarsi ad una discussione più diretta <strong>delle</strong> coniche e per poter avere le conoscenze necessarie<br />

per esaminarle con il supporto del piano cartesiano siamo poi passati alla seconda definizione per le<br />

coniche, quella come luogo geometrico. Ho r<strong>it</strong>enuto necessario passare per una fase anch’essa<br />

esplorativa, nella quale i ragazzi potessero prendere dimestichezza con tali definizioni esaminando e<br />

determinando nello spazio della lavagna e “a occhio”, cioè senza strumenti quali compasso o altro, quali<br />

punti potessero appartenere ad una conica determinata, di cui fossero dati i fuochi (o fuoco e direttrice,<br />

nel caso della parabola). Ins<strong>it</strong>o in questa modal<strong>it</strong>à vi è il rischio di trasmettere un messaggio di<br />

pressapochezza nel determinare una curva; ciononostante r<strong>it</strong>engo essenziale far capire che anche in un<br />

procedimento “a occhio” vi sono attenzioni da prestare; è inoltre fondamentale, credo, per poter<br />

conoscere meglio una curva, sapere disegnarla a mano e sapere valutare se e in quali punti essa è stata<br />

tracciata correttamente. Questo tipo di esercizio (un approccio “manuale”, corporeo alle coniche) l’ho<br />

ripreso<br />

in comp<strong>it</strong>i dati a casa e nelle verifiche in classe. Qualche studente ha commentato tra l’altro che<br />

la costruzione per punti potrebbe essere fatta più facilmente servendosi del piano cartesiano.<br />

In effetti ho cercato di utilizzare la lavagna a quadretti soltanto quando ho trattato l’ellisse in termini di<br />

rappresentazione cartesiana, mentre per le altre attiv<strong>it</strong>à (ad esempio con riga e compasso) ho sfruttato la<br />

lavagna libera.<br />

Poiché in tutta questa fase mi sono mosso liberamente non ho neanche potuto appoggiarmi su un libro<br />

di testo: gli esercizi e le semplici nozioni di teoria (definizioni, proprietà…) venivano perciò da me<br />

prodotti su fogli e distribu<strong>it</strong>i agli studenti al termine dell’ora (si vedano gli allegati in appendice). Ciò è<br />

serv<strong>it</strong>o anche a me per essere sicuro di comunicare esplic<strong>it</strong>amente e correttamente i concetti<br />

fondamentali. Purtroppo non sempre e non da tutti queste note e questi esercizi sono stati sfruttati<br />

(neanche sotto “l’incoraggiamento” dato dal chiamare alla lavagna), a volte per difficoltà oggettive a<br />

comprendere la teoria o eseguire gli esercizi, più spesso perché la classe si muove solo sotto l’esplic<strong>it</strong>a<br />

“minaccia” del voto.<br />

Ho anche utilizzato un’ora per un lavoro di gruppo: la<br />

costruzione di un iperbolografo a filo, con materiale<br />

“povero” che avevo portato e seguendo istruzioni che<br />

avevo redatto. La consegna era di capire di quale<br />

conicografo si trattava, di schematizzarlo, di descriverne<br />

proprietà e dimostrare perché si trattasse proprio di<br />

quel conicografo (si veda scheda in appendice). Il<br />

materiale prodotto dagli studenti è stato buono (nella<br />

costruzione materiale), anche se più lento e difficoltoso del previsto (seguire una<br />

procedura scr<strong>it</strong>ta è comp<strong>it</strong>o molto arduo per alcuni): esso è mostrato in figura<br />

38<br />

Iperbolografo


La dimostrazione della “legge geometrica” che lo<br />

governa, nonostante i suggerimenti, è risultata<br />

invece inaccessibile. Ho comunque approf<strong>it</strong>tato per<br />

discutere nuovamente dell’idealizzazione dello<br />

strumento a filo appena visto, della differenza<br />

rispetto allo strumento “riga e compasso”, della<br />

precisione, e per chiedere in che senso esso traccia<br />

esattamente un’iperbole.<br />

Riprendendo un discorso<br />

affrontato alla mostra (sul<br />

Iperbolografi a filo teso<br />

tracciamento di rette) si è anche discusso della<br />

realizzati da gruppi di studenti<br />

differenza tra lo strumento riga e lo strumento compasso.<br />

Una costruzione di uno<br />

strumento analogo (un parabolografo - vedi<br />

scheda) è stata data per<br />

comp<strong>it</strong>o a casa (facoltativo), ma, anche<br />

senza la costruzione materiale,<br />

molti sono stati in grado ugualmente<br />

di dire che era un parabolografo<br />

e di spiegare perché.<br />

Si è poi proceduto in classe<br />

alla costruzione per punti dell’ellisse con<br />

il compasso data la distanza tra i fuochi e la somma<br />

<strong>delle</strong> distanze di<br />

un punto dell’ellisse da essi, utilizzando un compasso da lavagna; è<br />

stato lasciato allo svolgimento individuale (guidato da una traccia, in<br />

allegato) la costruzione della parabola, sempre con riga e compasso.<br />

Questo procedimento è stato poi ripetuto in classe utilizzando<br />

Un compasso da lavagna<br />

Cabri (dopo averne illustrato le principali funzioni e la filosofia di<br />

fondo), in maniera in parte guidata ed in parte autonoma a coppie. Non è stato ovvio o semplice per<br />

39


alcuni capire il senso dell’utilizzo di Cabri, e si sono presentati i vari problemi connessi alla<br />

rappresentazione di un dato elemento in contrasto<br />

con la proprietà soggiacente tale elemento (ad<br />

esempio rette “falsamente” perpendicolari, e così via), e questo nonostante gli avvertimenti che davo.<br />

Naturalmente per molti era la prima volta che vedevano<br />

le potenzial<strong>it</strong>à del software di geometria<br />

dinamica e ciò non ha mancato di susc<strong>it</strong>are interesse.<br />

Sono state proposte semplici dimostrazioni della simmetria<br />

assiale dell’ellisse e della parabola<br />

(utilizzando la definizione come luogo geometrico e la congruenza dei triangoli), sottolineando che<br />

queste erano tra le poche cose che non solo avevamo “visto” ma anche “dimostrato”, secondo il rigore<br />

matematico. Questo però ha creato non pochi problemi,<br />

in quanto la logica dimostrativa per molti di<br />

loro non è stata bene assimilata e sono avvenute diverse confusioni tra ipotesi<br />

e tesi. Non ho voluto<br />

approfondire la questione.<br />

Nella verifica intermedia (così come nel foglio di esercizi preparatori - per entrambi si veda in<br />

appendice) ho voluto esplic<strong>it</strong>amente proporre domande<br />

(era un test) che riprendessero le definizioni, le<br />

proprietà di tutte e tre le coniche<br />

viste in classe (anche con la geometria dinamica) e alla mostra, e porre<br />

problemi, in particolare uno che conducesse ad una<br />

relazione tra i semiassi e la distanza focale<br />

dell’ellisse, che avremmo utilizzato in segu<strong>it</strong>o. I risultati di tale verifica mi sono parsi soddisfacenti.<br />

Sezione 3 - l’ellisse nella geometria anal<strong>it</strong>ica<br />

Siamo quindi passati all’uso del piano cartesiano (che i ragazzi avevano già usato per la trattazione<br />

della<br />

retta) partendo da un luogo geometrico noto (l’asse di un segmento) e dalla costruzione della sua<br />

equazione, per arrivare alla costruzione<br />

dell’equazione dell’ellisse rifer<strong>it</strong>a agli assi. Da qui abbiamo<br />

segu<strong>it</strong>o il libro di testo, studiando grafico,<br />

appartenenza di un punto, coordinate dei fuochi, ecc. Ho qui<br />

chiesto cosa sarebbe successo all’ellisse<br />

se si fossero spostati i fuochi tenendo fisso il semiasse<br />

maggiore, ed ho così introdotto la nozione di eccentric<strong>it</strong>à, studiandone i casi lim<strong>it</strong>e. C’è da dire che<br />

questo aspetto che sembrava bene recep<strong>it</strong>o dai ragazzi, e che ho trattato anche in un’intera lezione<br />

successiva fatta con Cabri, ha creato invece problemi in fase di verifica finale, per il fatto che in quel<br />

caso è stata posta loro la<br />

richiesta inversa:<br />

cosa accade all’ellisse se fisso la distanza focale e allungo un<br />

semiasse.<br />

Ho tuttavia continuato a trattare problemi algebrici sull’ellisse per un paio di lezioni, seguendo la traccia<br />

(di teoria ed esercizi) proposta dal libro di testo. Purtroppo la classe ha problemi nella manipolazione<br />

algebrica, problemi che non hanno avuto completamente modo di esplic<strong>it</strong>arsi nelle varie correzioni di<br />

esercizi esegu<strong>it</strong>e alla lavagna, e che sono risultati complessivamente determinanti nella verifica finale.<br />

40


In segu<strong>it</strong>o a tali problemi e soprattutto dal momento che non era ancora stato fatto alcun esercizio<br />

riguardante la circonferenza e l’intersezione tra curve (né tantomeno sulla tangenza) ho proposto<br />

soltanto alcuni esercizi di questo tipo, senza riproporli nella verifica finale, per la valutazione della quale<br />

non si è tenuto conto di un paio di esercizi che probabilmente<br />

erano “fuori misura” per la classe e che<br />

in effetti nessuno ha svolto correttamente.<br />

Anche in questa fase “algebrica”, per non rompere cogn<strong>it</strong>ivamente in maniera troppo brusca con le fasi<br />

precedenti, ho riproposto modal<strong>it</strong>à che avevo già utilizzato (uso di Cabri) e ripreso argomenti visti. Ho<br />

inoltre riproposto alcuni problemi di tracciamento di ellissi, basati sull’ellissografo di Proclo e di<br />

VanSchooten, risolvibili semplicemente utilizzando proprietà dei triangoli simili e coordinate cartesiane<br />

(si vedano i fogli di esercizi da me elaborati e distribu<strong>it</strong>i in preparazione alla verifica);<br />

41


Ellissografo di Van Schooten<br />

avevo anche costru<strong>it</strong>o uno di questi ellissografi da mostrare (v figure), per concludere infine il ciclo di<br />

lezioni con la dimostrazione che l’attaccapanni presentato all’inizio non è altro che una variazione sul<br />

tema di questi ultimi ellissografi, e perciò tutti i suoi punti tracciano dei tratti di ellissi (al lim<strong>it</strong>e<br />

degeneri). Il problema (per me imprevisto) che sì è presentato e che non ha permesso a loro di trovare<br />

la soluzione è stata la non conoscenza della proporzional<strong>it</strong>à tra i lati di triangoli simili. Ho allora<br />

rinunciato a portare a termine questo tema, per ev<strong>it</strong>are di forzare spiegazioni su un terreno che<br />

mer<strong>it</strong>erebbe sicuramente maggiore tempo ed attenzioni.<br />

A valle della fase algebrica, a dispetto di quanto mi ero riproposto, non vi è stato tempo per riutilizzare<br />

il piano cartesiano per tornare ad esaminare curve (non coniche) viste inizialmente; né è rimasto tempo<br />

per il test di gradimento, che però ho chiesto all’insegnante di far svolgere in mia vece.<br />

Per quanto riguarda le dimostrazioni esegu<strong>it</strong>e con Cabri (che mi pare siano state segu<strong>it</strong>e con attenzione)<br />

avevo preparato alcuni progetti (alcune figure tratte da essi si trovano in appendice) per facil<strong>it</strong>are, ad<br />

esempio, l’assimilazione del procedimento di costruzione riga e compasso dell’ellisse, o per mostrare la<br />

variazione della forma del luogo (anche visualizzandone l’equazione) al variare dei parametri a, b e c, o<br />

per calcolare il valore di questi parametri e di conseguenza quello dell’eccentric<strong>it</strong>à, per mostrare la<br />

“trasformazione” di ellisse in iperbole, e per discutere infine le sue proprietà ottiche. L’apprendimento<br />

di alcuni di questi concetti e del loro significato è stato oggetto di verifica.<br />

42


3.4 Considerazioni trasversali all’attiv<strong>it</strong>à svolta<br />

3.4.1 Tirocinio: obiettivi, speranze e timori<br />

Parlerò qui di segu<strong>it</strong>o dei principali obiettivi che mi ero proposto di raggiungere nella stesura del<br />

progetto e durante lo svolgimento del tirocinio, e aggiungerò inoltre quelle “speranze”, attese o<br />

aspettative<br />

più o meno ingenue - e che in fondo sono obiettivi non dichiarati - che una persona che si<br />

appresta a svolgere un’ attiv<strong>it</strong>à porta con sé in maniera più o meno consapevole, oltre ad alcuni timori<br />

riguardo<br />

aspetti che r<strong>it</strong>enevo, a torto o a ragione, maggiormente “a rischio”. Tutto ciò a riguardo sia<br />

della<br />

didattica che mi ero prefisso di portare avanti, sia dell’esperienza di insegnamento in senso lato, sia<br />

<strong>delle</strong> difficoltà o dei successi di apprendimento degli studenti. Ne descriverò l’attuazione e le eventuali<br />

modifiche per poi valutarne passo passo l’efficacia e i risultati.<br />

3.4.2 Analisi dettagliata per punti<br />

Immagine della matematica<br />

Premesse e obiettivi<br />

Ero part<strong>it</strong>o dalla constatazione, sugger<strong>it</strong>a anche dall’insegnante, di quanto la classe fosse ancorata ad<br />

un’immagine molto esecutiva (“come si fa?”) e procedurale della matematica (tra l’altro avevo svolto il<br />

tirocinio osservativo nel periodo in cui essi studiavano le equazioni e disequazioni di secondo grado,<br />

argomenti nei quali la procedura risolutiva degli esercizi tende a rivestire il ruolo principale) e di quanto<br />

questa<br />

convinzione dividesse la classe in coloro che accettavano tale modal<strong>it</strong>à di studio e di esecuzione,<br />

e che quindi cercavano continuamente “appigli” procedurali (“questo si fa così, quest’altro si fa cosà…<br />

” ) in ogni comp<strong>it</strong>o che veniva loro proposto, e coloro che sostanzialmente rifiutavano questo approccio<br />

(e con esso lo<br />

studio complessivo della materia) sia per mancanza di interesse sia per constatazione di<br />

incapac<strong>it</strong>à<br />

personale a gestire tali procedure. Per entrambi i gruppi il rendimento non era naturalmente<br />

43


molto elevato. C’è inoltre da notare che per molti di loro vige la figura del “genio”, termine con cui vari<br />

di loro designano uno che con poco studio e quanto basta di intu<strong>it</strong>o riesce a cavarsela col 6. Alcuni di<br />

loro (Alceste, Pietro, ad esempio) sono<br />

dei “geni”, nonostante il loro rendimento complessivo non<br />

molto soddisfacente, perché sanno ogni tanto dare la risposta giusta. Inoltre alcuni sono sempre alla<br />

ricerca della “ regola”, che semplifica la v<strong>it</strong>a: ad esempio durante la disfida una ragazza pone la domanda:<br />

“perché in un’ellisse i raggi di luce che escono da un fuoco si incontrano nell’altro?” e uno risponde:<br />

“ beh? è la regola dell’ellisse, no?”<br />

La mia intenzione era perciò di agire anche su questa immagine proponendo in primo luogo attiv<strong>it</strong>à<br />

aperte o libere, come ricerche o approfondimenti, che lasciassero appunto libertà d’azione e di scelta al<br />

singolo studente, in modo che ciascuno scegliesse modal<strong>it</strong>à e quant<strong>it</strong>à dell’impegno e dell’ingegno da<br />

impiegare. In secondo luogo avevo in mente di condurre le lezioni nella maniera più aperta possibile a<br />

domande sul “senso” di quello che veniva fatto e di stimolare io stesso riflessioni in mer<strong>it</strong>o. In terzo<br />

luogo la mia intenzione era di proporre problemi, più ancora che esercizi, e possibilmente problemi che<br />

potessero anche non essere risolti o che contemplassero soluzioni non banali. Intendevo inoltre,<br />

stimolando la loro curios<strong>it</strong>à con argomenti inusuali o oggetti concreti, far passare il messaggio che la<br />

matematica<br />

e il fare matematica può comprendere anche queste cose, anzi che le comprende a pieno<br />

t<strong>it</strong>olo,<br />

e che l’uso di oggetti, o macchine matematiche, lungi dal banalizzare l’argomento trattato lo<br />

rende<br />

ancora più profondo e a volte assai difficile: in pratica che non è detto che, a dispetto di quanto<br />

credono<br />

loro, il sapere eseguire correttamente procedure sia sempre necessario, né sia sempre sufficiente a<br />

“fare matematica” o anche a svolgere un esercizio<br />

di un comp<strong>it</strong>o in classe. Avevo intenzione perciò di<br />

utilizzare<br />

anche le verifiche per far passare questo messaggio, inserendo esercizi non meramente<br />

esecutivi,<br />

problemi e domande aperte o addir<strong>it</strong>tura la richiesta di proprie valutazioni, in quanto avevo<br />

notato quanto peso essi dessero al voto e alle verifiche rispetto al resto <strong>delle</strong> lezioni, e quindi quanto per<br />

essi<br />

il contenuto <strong>delle</strong> verifiche pesasse nella formazione e nel mantenimento di una certa immagine<br />

della matematica.<br />

Per quanto riguarda<br />

me e la mia personale didattica ero abbastanza convinto che un modo di procedere<br />

come quello sopra descr<strong>it</strong>to (e che avevo già utilizzato in altre esperienze didattiche o divulgative, non<br />

però in qual<strong>it</strong>à di insegnante t<strong>it</strong>olare di una cattedra) avrebbe sort<strong>it</strong>o i suoi effetti, nonostante fossi<br />

consapevole che una modifica radicale non può avvenire in tempi così brevi (r<strong>it</strong>engo che i tempi siano<br />

sulla scala dell’anno e non del mese), anche se il lavoro poteva contribuire a ciò. L’argomento che<br />

avevamo scelto si prestava notevolmente a questo scopo. Il timore principale era però che gli studenti<br />

prendessero “sottogamba” una serie, come questa, di lezioni che non richiedesse l’apprendimento di<br />

concetti standard o procedure risolutive, e che le considerassero un gioco (bello o brutto), comunque<br />

esterno alla “vera” matematica. Mi ero perciò proposto (e il tempo speso per questo è stato tanto) di<br />

44


tenere fin dall’inizio occupati e attenti i ragazzi con esercizi, problemi, anche di non facile o immediata<br />

soluzione, e che avremmo corretto in classe.<br />

Realizzazione<br />

In pratica una buona fetta del mio tempo è stata impiegata anche nell’escog<strong>it</strong>are e ricercare relazioni<br />

“nascoste” tra oggetti, o domande non banali da inserire negli esercizi, o osservazioni non scontate su<br />

proprietà geometriche, nel tentativo e nella speranza che, dietro miei suggerimenti e stimoli, in buona<br />

parte queste cose potessero essere fatte scoprire direttamente ai ragazzi. Ad esempio tutta la parte<br />

esplorativa iniziale è stata costellata di domande e piccoli problemi: il meccanismo e il problema di<br />

schematizzazione ins<strong>it</strong>o nel sottotegame allungabile, gli esercizi dati per comp<strong>it</strong>o sulle epi- ed ipocicloidi<br />

(si vedano gli allegati), l’ellisse formata dall’attaccapanni, e così via.<br />

La volontà di trasmettere un approccio meno “esecutivo” e più “problematico” o ragionato alla<br />

geometria, con richieste di opinioni o di soluzioni a problemi aperti, discussioni, domande frequenti<br />

rivolte alla classe e così via, se in quanto final<strong>it</strong>à era un obiettivo deliberato, in quanto alla modal<strong>it</strong>à nel<br />

fare lezione ho considerato fin dall’inizio naturale (e quindi non ho sottoposto a cr<strong>it</strong>ica) il mio personale<br />

modo di procedere, che contemplava anche in certi casi il porre problemi di non facile soluzione o<br />

parlare di argomenti nuovi senza pretendere in cambio una risposta in termini di capac<strong>it</strong>à procedurale o<br />

di conoscenze acquis<strong>it</strong>e, ma solo in termini di attenzione, curios<strong>it</strong>à e interesse.<br />

Il condurre i ragazzi alla mostra “Oltre il compasso: la geometria <strong>delle</strong> curve” (esperienza risultata<br />

molto pos<strong>it</strong>iva) si inseriva pienamente in questo tentativo di ampliamento di immagine: considerare<br />

“parte della matematica” tutti gli oggetti e le curve incontrate alla mostra ha sicuramente contribu<strong>it</strong>o a<br />

far percepire la matematica come “più concreta ma più nascosta di quanto si pensi in genere” (vedi<br />

articolo di giornale in allegato). Se solo si pensa alle aspettative dei ragazzi prima di vis<strong>it</strong>are la mostra si<br />

vede sub<strong>it</strong>o come esse non contemplassero, nell’idea di matematica che possedevano, molto di più che<br />

una matematica scolastica, astratta e slegata dalla realtà: la domanda infatti è stata: “Alla mostra<br />

vedremo il piano cartesiano?” Se in parte era una battuta essa però testimonia l’assenza di idee su cosa<br />

possa essere mostrato in una mostra di matematica.<br />

Tra le attiv<strong>it</strong>à volte a dare spazio alla propria eventuale volontà di approfondimento vi sono state ad<br />

esempio l’approfondimento “da esperto” su un argomento della mostra, o il preparare le tre domande<br />

per la disfida (si veda la scheda di preparazione alla g<strong>it</strong>a in allegato). A livello di partecipazione alle<br />

discussioni e alle domande che io ponevo non posso che essere soddisfatto: sia di me e di come ho<br />

cercato in molti momenti di spostare l’attenzione più sul senso di quello che si faceva, eventualmente<br />

facendo un po’ di sconti alla forma di ciò che veniva detto e puntando di più (anche come tempo)<br />

sull’aspetto qual<strong>it</strong>ativo, anziché quant<strong>it</strong>ativo(e questa può essere una pecca, specie in relazione al<br />

45


problema linguistico e formale - vedi oltre); sia di loro che ho quasi sempre sent<strong>it</strong>o partecipi, disponibili<br />

e franchi. In alcuni casi vi è stata anche qualche espressione di stupore (naturalmente smorzata da<br />

ironia),<br />

ad esempio al “riapparire” della cardioide (che in precedenza era stata vista nella tazza) come<br />

epicicloide, oppure<br />

in alcune costruzioni fatte con Cabri (la geometria dinamica è sempre<br />

spettacolare…),<br />

o ancora alla mostra nel tracciamento della spirale di Archimede. Per una classe un po’<br />

apatica come questa (matematicamente parlando, si intende) ciò testimonia un discreto coinvolgimento,<br />

e quindi attraverso esso una possibile esperienza di trasformazione di immagine della matematica.<br />

Per ciò che concerne l’introduzione “a pieno t<strong>it</strong>olo” negli esercizi dati per comp<strong>it</strong>o e nelle verifiche di<br />

ciò che dicevamo o osservavamo in aula, credo che le schede in allegato testimonino i miei sforzi (…!):<br />

ad esempio nella richiesta di fare disegni, individuare punti, nei riferimenti all’iperbolografo a filo, o alla<br />

parabola costru<strong>it</strong>a con Cabri. Tali riferimenti si possono trovare negli esercizi in preparazione alla<br />

verifica intermedia (oltre che nella verifica stessa) e in parte anche nella verifica<br />

finale, con l’esercizio 9<br />

relativo ad una lezione tenuta con Cabri e col 10 in cui veniva chiesto un commento libero (che alcuni<br />

hanno invece r<strong>it</strong>enuto meno importante perché non c’era - appunto - una risposta univoca “giusta”).<br />

Valutazione<br />

Complessivamente credo in certi momenti di aver decisamente “spiazzato” i ragazzi, almeno a vedere le<br />

loro facce perplesse…A parte gli scherzi r<strong>it</strong>engo che perlomeno sia passata, almeno temporaneamente,<br />

un’immagine della matematica “diversa” da quella che si aspettavano (un ragazzo, che pareva<br />

appassionarsi ma che in genere stenta la sufficienza, mi ha detto che gli piaceva questo tipo di<br />

matematica perché “è roba da genietti”, credo intendendo assieme che è divertente e che comporta<br />

l’uso della testa…). Devo dire che forse la “stimolazione” con problemi, ragionamenti, richieste, è<br />

risultata per taluni una mancanza di chiarezza su “che cosa dovevano imparare” e a poco sono serv<strong>it</strong>i gli<br />

esercizi che davo a casa, in quanto la poca chiarezza dell’obiettivo verso cui ci muovevamo, insieme alla<br />

difficoltà eccessiva (per alcuni sempre, per tutti a volte) dei problemi e degli esercizi, combinate con<br />

l’assenza (temporanea) di voto ha fatto sì che a volte alcuni testi non sono stati esegu<strong>it</strong>i o compresi (e<br />

questo ha a che vedere con la motivazione - vedi oltre).<br />

In effetti i problemi di eccessiva difficoltà si<br />

sono manifestati su almeno due fronti: intanto la incapac<strong>it</strong>à di affrontare problemi complessi o anche<br />

molto semplici ma per i quali l’insegnante non ha già in classe tracciato il metodo risolutivo (ad esempio<br />

nessuno è riusc<strong>it</strong>o con l’esercizio dell’ipocicloide, uno solo con l’esercizio facoltativo della verifica<br />

intermedia, nessuno con la dimostrazione sull’iperbolografo a filo, nessuno con gli esercizi relativi<br />

all’ellissografo di Proclo o di VanSchooten; e questo nonostante i suggerimenti anche esplic<strong>it</strong>i sulla<br />

risoluzione: qui vi è non solo incapac<strong>it</strong>à, ma forse mancanza di costanza e volontà). Uno mi ha<br />

implorato dopo alcune lezioni: “…ma sono difficili. Lei ci sopravvaluta!”: in effetti avevo<br />

46


sopravvalutato la loro capac<strong>it</strong>à di intuizione, di sapersi muovere in s<strong>it</strong>uazioni atipiche, e di volerlo fare,<br />

dando per scontato che dietro un’immagine piatta della matematica che essi dimostravano avere, si<br />

nascondessero però <strong>delle</strong> persone curiose o capaci. Beh, se lo è stato per alcuni, quelli con maggiore<br />

att<strong>it</strong>udine o propensione per la materia, non lo è stato sicuramente per tutti. Il secondo fronte di<br />

difficoltà si è manifestato in alcune semplici dimostrazioni che avevo dato, accorgendomi solo poi che<br />

la logica dimostrativa non era stata bene assimilata dalla classe, per cui quasi nessuno è riusc<strong>it</strong>o a<br />

dimostrare ad esempio che l’ellisse è simmetrica rispetto agli assi (vedi foglio allegato), neanche dopo i<br />

suggerimenti. Ho prefer<strong>it</strong>o non premere ulteriormente su questo punto (per me inaspettato), salvo<br />

qualche annotazione.<br />

Nonostante tutto r<strong>it</strong>engo che la verifica intermedia, che testava proprio anche questo tipo di<br />

conoscenze intu<strong>it</strong>ive e qual<strong>it</strong>ative e la capac<strong>it</strong>à di farle interagire e di saperle “spostare” su oggetti simili<br />

ma non identici, sia andata complessivamente bene. In tutta la prima fase sono comunque emersi i più<br />

intu<strong>it</strong>ivi, quelli che in genere “appena se la cavano” nelle verifiche standard, mentre altri alla lunga<br />

hanno manifestato disagio e la volontà di tornare alla più rassicurante matematica “normale”,<br />

procedurale,<br />

senza sorprese e senza tanti sforzi mentali (appena iniziata la terza sezione - la geometria<br />

anal<strong>it</strong>ica - un<br />

ragazzo, uno dei più problematici, ha esclamato: “ah, allora torniamo a fare gli esercizi<br />

veri?”:<br />

non c’è dubbio che per lui, nonostante la mia risposta che anche quegli altri erano veri, tutta la<br />

prima parte non è stata altro che un’interruzione temporanea della matematica “vera”).<br />

Motivazione<br />

Premesse e obiettivi<br />

Come ho già accennato in vari passaggi la classe ha problemi motivazionali, nel senso che per la<br />

maggioranza dei suoi componenti ciò che determina lo scarso rendimento è la mancanza di interesse,<br />

studio e attribuzione di significativ<strong>it</strong>à a quanto si fa (in generale a scuola, in particolare nelle materie<br />

scientifiche). Ciò in un liceo classico può essere comprensibile per quanto riguarda la matematica, in<br />

quanto l’att<strong>it</strong>udine e gli interessi di molti sono orientati ad altro; tuttavia la classe si presenta in maniera<br />

abbastanza atipica anche nel contesto di un liceo classico, la cui immagine vuole gli studenti spesso<br />

molto studiosi, motivati all’apprendere e molto scolarizzati. Nella classe sono presenti anche alcuni<br />

elementi (alcuni tra l’altro col ruolo di leader) con problemi di mantenimento dell’attenzione, gravi<br />

problemi di rendimento in varie materie, oltre che di motivazione in genere alle attiv<strong>it</strong>à scolastiche.<br />

Basti dire che uno solo di loro ha avuto al primo quadrimestre la sufficienza in tutte le materie.<br />

Naturalmente la scelta che avevo fatto di condurre il tirocinio proprio in quella classe era stata fatta,<br />

47


non lo nascondo, anche nella speranza di poter agire pos<strong>it</strong>ivamente proprio su quelle persone che<br />

r<strong>it</strong>enevo avessero più problemi in matematica, e che risentissero nel loro rendimento della mancanza di<br />

interesse o di senso dato alla scuola, oltre che di sfiducia nelle proprie capac<strong>it</strong>à. Del resto quando la<br />

tutor ha comunicato alla classe la mia scelta (verso la fine del tirocinio osservativo) uno di loro ha<br />

osservato: “Gli piacciono le sfide!”. Beh, è vero.<br />

Il tentativo era perciò, attraverso alcune attenzioni, di condurre gli studenti in un sapere matematico che<br />

“valesse la pena” studiare, imparare e capire. La metodologia stessa con cui l’argomento “coniche”<br />

sarebbe stato affrontato, e cioè attraverso l’esame di artefatti e tram<strong>it</strong>e la produzione (attraverso essi) di<br />

coniche, studiate per buona parte del tempo in maniera totalmente svincolata dall’algebra e più vicina<br />

ad una percezione diretta, quasi corporea, a mio parere avrebbe dovuto essere un fattore motivante (si<br />

veda il progetto di tirocinio), un fattore cioè che avrebbe dovuto creare alcune <strong>delle</strong> precondizioni per<br />

cui uno studente decida di dedicarsi maggiormente allo studio, ad esempio, della geometria.<br />

Naturalmente la motivazione non è l’unico problema: vi sono alcuni ragazzi che, pur nutrendo un certo<br />

interesse per la materia, non sono abbastanza vol<strong>it</strong>ivi da mettere in atto azioni tese a superare le proprie<br />

difficoltà. L’interesse non è sempre per loro sufficiente e deve intervenire qualche motivazione<br />

estrinseca. Il voto è sicuramente la prima e principale forma di motivazione per la maggioranza di loro.<br />

Quello che intendevo dunque dal mio tirocinio era intraprendere qualche azione motivazionale. A<br />

questo scopo la mia intenzione e la mia speranza era anche infatti, attraverso attiv<strong>it</strong>à di tipo non<br />

strettamente<br />

didattico, o comunque non molto “tipiche” (del resto è il tirocinio SSIS a dare questa<br />

opportun<strong>it</strong>à),<br />

quella di coinvolgere, divertire, far giocare, stupire (lo stupore e il gioco sono porte molto<br />

ampie per l’apprendimento),<br />

insomma se possibile “trascinare” la classe in un apprendimento che non<br />

fosse<br />

pesante, ma anzi, al lim<strong>it</strong>e, divertente o comunque piacevole.<br />

Come ho detto mi aspettavo in ogni caso partecipazione durante le ore di classe, in quanto in generale<br />

la classe si dimostra attiva e comunicativa. I possibili problemi potevano semmai derivare dal<br />

mantenimento di questa partecipazione e dall’impegno a medio e lungo termine che ciascuno degli<br />

studenti sarebbe stato in grado o avrebbe voluto mettere in atto. In generale infatti tutta la classe, pur<br />

dimostrando un interesse immediato agli argomenti e alle attiv<strong>it</strong>à proposte, risulta essere molto<br />

incostante e disomogenea nell’impegno che è disposta a dare.<br />

Le strategie motivazionali che intendevo usare comprendevano la stimolazione dell’interazione fra di<br />

loro, lo spazio dato a commenti e domande, lo spazio dato all’approfondimento personale, la<br />

sottolineatura di legami stretti tra matematica e altre discipline culturali (umanistiche o scientifiche) o<br />

amb<strong>it</strong>i più conosciuti o grad<strong>it</strong>i dagli studenti (per tutto ciò si veda il progetto di tirocinio)<br />

Un’ulteriore strategia, sempre a fini motivazionali (ma non solo), era quella di sottolineare la vicinanza<br />

alla “v<strong>it</strong>a quotidiana” di argomenti e procedimenti matematici, sottolineando da una parte applicazioni<br />

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concrete, usi e riscontri nel mondo naturale o quotidiano di proprietà geometriche viste in classe, e<br />

dall’altra utilizzando per “fare matematica” dei materiali poveri e comuni<br />

Realizzazione<br />

Come si può vedere da alcune immagini (nella sezione precedente) i materiali e gli oggetti usati sono<br />

stati scelti tra oggetti d’uso comune; vi sono stati poi momenti di seminario (le presentazioni, alcune<br />

fatte molto bene, sugli oggetti della mostra), la g<strong>it</strong>a alla mostra, la “Disfida” (molto partecipata), un<br />

momento di lavoro di gruppo per la costruzione dell’iperbolografo, momenti in laboratorio di<br />

informatica (uno con lavoro a coppie e uno dimostrativo condotto da me), e frequentemente ho<br />

chiamato alla lavagna i ragazzi, sia per testare la comprensione di cose dette sia per introdurne di nuove<br />

(ho chiamato tutti almeno una volta). Ho approf<strong>it</strong>tato di taluni esercizi (anche poiché non avevo avuto<br />

il tempo a lezione) per comunicare analogie e legami di quanto fatto con altre discipline (come ad<br />

esempio nell’es. 5 del foglio preparatorio alla verifica finale - in questo caso l’esempio è di fisica). Ne<br />

avevo progettato altri (come il n.2.V. della verifica intermedia) per riferirmi a campi applicativi (quello<br />

c<strong>it</strong>ato, in particolare, voleva fare riferimento ad un’applicazione che poteva interessare alcuni dei miei<br />

studenti, i quali studiano musica - la camera a volta ell<strong>it</strong>tica era stata vista materialmente alla mostra).<br />

C’è da dire che in sede di progetto avevo sperato di poter avere più tempo per l’approfondimenti di tali<br />

legami con altre discipline, e in genere per richiami culturali anche sulla stessa storia della matematica,<br />

ma non è stato possibile se non episodicamente.<br />

Valutazione<br />

Debbo dire che questo (timido) tentativo motivazionale ha avuto effetti disomogenei e non costanti<br />

sugli allievi: alcuni hanno inizialmente preso parte più attivamente alle lezioni proposte, per poi “venir<br />

meno” alle prime difficoltà riscontrate sugli esercizi, altri hanno partecipato più o meno in tutto il corso<br />

del tirocinio, ma per motivazioni già loro interne, altri infine spero abbiano acquis<strong>it</strong>o un po’ di fiducia<br />

nella proprie possibil<strong>it</strong>à di fare matematica e un po’ di interesse per la materia. Poi vi sono alcuni che<br />

dopo le prime lezioni e passato l’effetto nov<strong>it</strong>à sono tornati alle modal<strong>it</strong>à di sempre. In particolare si è<br />

presentato il problema della mancanza o scars<strong>it</strong>à del lavoro individuale che sono stati disposti a svolgere<br />

(alcune volte esercizi sono stati completamente ignorati da tutta la classe - ad esempio la dimostrazione<br />

della simmetria della parabola o alcuni degli esercizi tratti dal libro di testo - mentre alcuni regolarmente,<br />

come loro sol<strong>it</strong>o, non facevano alcun esercizio), su cui io avevo fatto molto affidamento e a cui avevo<br />

dato un certo peso. È stato per me necessario quindi, da un certo punto in poi, promettere il r<strong>it</strong>iro e il<br />

controllo dei comp<strong>it</strong>i ed usare la “minaccia del voto” per poter recuperare (poco per la ver<strong>it</strong>à)<br />

49


quell’impegno necessario alla prosecuzione <strong>delle</strong> lezioni. Il fatto di non avere comunque il dir<strong>it</strong>to<br />

“pieno” di dare voti e di interrogare mi ha lasciato, debbo dire, un po’ disarmato su questo aspetto.<br />

Naturalmente<br />

nella vicinanza <strong>delle</strong> due verifiche la classe si è invece data molto da fare, richiedendo<br />

(con<br />

suppliche!) di fare esercizi e di correggerli.<br />

La disponibil<strong>it</strong>à<br />

al coinvolgimento, al gioco e allo “stupore” dimostrata dalla classe, se non ha raggiunto<br />

il livello sperato, è stata comunque buona, senza grossi problemi di mantenimento dell’attenzione e<br />

della concentrazione, e quindi di gestione della classe da parte mia e della tutor, ed ha permesso la<br />

produzione di buoni elaborati di ricerca personale, una partecipazione attiva alle discussioni e alla<br />

“disfida” in aula, lo svolgimento senza problemi di alcune serie di esercizi dati per comp<strong>it</strong>o, e questo,<br />

anche secondo la tutor, è stato comunque un buon risultato.<br />

Complessivamente per quanto riguarda la mia volontà di trainare gli studenti con maggiori difficoltà, se<br />

i miei tentativi non sono mancati, debbo dire che essi non sono appieno riusc<strong>it</strong>i nell’intento che si<br />

proponevano: naturalmente certi ruoli e certi comportamenti sono molto consolidati, sclerotizzati e assi<br />

difficili da modificare. La stessa volontà e capac<strong>it</strong>à di “stare a scuola” a volte non è sufficientemente<br />

presente dopo molti anni di frequenza scolastica e pare molto difficile poterla stimolare in una breve<br />

esperienza di un mese. Per questo alcuni dei ragazzi (un paio o poco più) che r<strong>it</strong>enevo più problematici<br />

(per quanto riguardava la motivazione, l’attenzione, la costanza nello studio e il rendimento) se anche<br />

hanno tratto giovamento dalle prime lezioni non hanno poi dimostrato costanza o interesse tale da<br />

motivarli maggiormente allo studio dell’argomento, e, come detto, ho dovuto abbandonare i tentativi di<br />

coinvolgimento, tornando alla più nota (per loro) modal<strong>it</strong>à “minaccia di voto”. La classe<br />

complessivamente r<strong>it</strong>engo abbia segu<strong>it</strong>o con interesse,<br />

ed alcuni in particolare credo si siano sent<strong>it</strong>i<br />

spinti<br />

allo studio dell’argomento; ai miei occhi sono però emerse altre singole s<strong>it</strong>uazioni problematiche,<br />

che nel tirocinio<br />

osservativo non avevo notato: si trattava magari di alcuni ragazzi o ragazze, che<br />

silenziosamente prendevano appunti o facevano domande, ma che poi sono risultati molto carenti nella<br />

comprensione e nel rendimento<br />

Linguaggio<br />

Premesse e obiettivi<br />

In molte circostanze durante l’osservazione della classe sono state evidenziate difficoltà nel ripetere<br />

definizioni di enti matematici, imprecisioni lessicali, pressappochismo nelle risposte, difficoltà a seguire<br />

e a capire un testo o una lista di istruzioni, superficial<strong>it</strong>à e disattenzione nel leggere la consegna di un<br />

esercizio o addir<strong>it</strong>tura nel notare la presenza di tale consegna. In poche parole molte difficoltà di<br />

50


linguaggio, a livello grammaticale, ma ancor di più a livello sintattico e nel riconoscere il ruolo relativo<br />

dei vari termini. Questo è vero allo stesso modo per le espressioni pronunciate in <strong>it</strong>aliano corrente, per<br />

le frasi scr<strong>it</strong>te, come per le formule matematiche.<br />

Ora, non era questo un obiettivo primario del tirocinio, né esso si è affermato da sub<strong>it</strong>o come mio<br />

scopo, ma essendo al corrente della s<strong>it</strong>uazione della classe (e in special modo di alcuni ragazzi) su<br />

questo punto non ho potuto fare a meno di prestarvi attenzione e di notare questo defic<strong>it</strong> anche nelle<br />

attiv<strong>it</strong>à che svolgevamo. Parallelamente a questo e ad esso legato, uno dei principali argomenti del<br />

tirocinio era la formulazione e la presentazione dello stesso oggetto (le coniche, l’ellisse) in una<br />

molteplic<strong>it</strong>à di registri linguistici (semiotici) differenti, allo scopo di accrescere la capac<strong>it</strong>à dei ragazzi di<br />

farli interagire, di passare fluidamente da uno all’altro, di imparare<br />

a gestirli e, con essi, a conoscere<br />

l’oggetto (astratto) in maniera più completa. Questo argomento naturalmente presuppone la capac<strong>it</strong>à di<br />

seguire e di gestire i linguaggi, di riconoscere le funzioni dei termini, di saperli utilizzare per formare o<br />

comprendere una sentenza di senso compiuto.<br />

Realizzazione<br />

I miei tentativi sono spesso quindi stati volti da un lato a puntualizzare, ogniqualvolta potessi, la<br />

precisione di una definizione (le ho chieste nella prima verifica - vedi) o a sottolineare l’esattezza di un<br />

termine, dall’altro a integrare e fare interagire tra loro i vari registri (tabelle, disegni, grafici, definizioni,<br />

equazioni, meccanismi tracciatori mobili…) con cui avevamo descr<strong>it</strong>to in momenti diversi le varie<br />

coniche. Esempi tipici di errori che ho incontrato sono ad esempio la mancata lettura (da parte di molti)<br />

della consegna relativa agli esercizi nel foglio preparatorio alla verifica intermedia (la prima frase in alto<br />

che indicava che più risposte potevano essere giuste) o, nella relativa verifica, la domanda VI<br />

dell’esercizio 1, nella quale molti hanno barrato (sbagliando) la 1 e/o la 2, considerando nella 1 il verbo<br />

“tagliano” alla stregua di “taglia”, e nella 2 l’articolo “il” come un “un”. Oppure, ancora, la difficoltà a<br />

seguire<br />

le istruzioni per la costruzione dell’iperbolografo. A livello dell’interazione definizione-disegno<br />

ho<br />

trovato problemi ad esempio nel fare valutare l’appartenenza o meno di certi punti alla parabola,<br />

date direttrice e fuoco (come nell’esercizio V del foglio preparatorio alla verifica intermedia). A livello<br />

del<br />

registro di rappresentazione cartesiana alcuni, alla richiesta di “disegnare l’ellisse di equazione…”,<br />

sono<br />

part<strong>it</strong>i alla ricerca di tutti i punti dell’ellisse per poterla disegnare correttamente (nonostante ne<br />

avessimo già abbondantemente<br />

parlato e ne avessimo tracciato qualche punto con riga e compasso). A<br />

livello algebrico ho incontrato molti errori di gestione e manipolazione <strong>delle</strong> equazioni, ad esempio<br />

nell’esercizio 1 della verifica la semplificazione del 4 al denominatore nel primo membro col 4 al<br />

numeratore nel secondo membro, o la delega formale al solo registro algebrico di comp<strong>it</strong>i anche semplici<br />

svolgibili nella compresenza di registro algebrico e grafico (come nella risoluzione solo tram<strong>it</strong>e<br />

51


sost<strong>it</strong>uzione, da parte della total<strong>it</strong>à dei ragazzi, nell’esercizio 2 della verifica). Mi fermo con l’elenco degli<br />

errori, per descrivere invece alcuni punti dell’attiv<strong>it</strong>à svolta, su cui vi è da fare qualche annotazione. La<br />

relazione “da esperto” che avevo proposto dopo la g<strong>it</strong>a (insieme alla relazione sul lavoro di gruppo che<br />

però non sono riusc<strong>it</strong>o a far fare) voleva avere anche lo scopo di mettere lo studente “relatore” di<br />

fronte ad una platea di pari che non conoscevano ciò di cui parlava e per cui il suo sforzo sarebbe stato<br />

rivolto a farsi capire da essi, imponendosi quindi scelte precise di linguaggio. Vi è da dire che i ragazzi<br />

(volontari) che si sono offerti per la relazione orale alla classe hanno redatto lavori abbastanza<br />

soddisfacenti, la classe ha partecipato con attenzione ma senza troppe domande (o perlomeno fatte con<br />

discrezione, per non mettere in difficoltà il compagno). Si notava tuttavia la fatica a rivolgersi veramente<br />

alla classe, sia per la presenza mia e della docente a cui veniva spontaneo rivolgersi come in<br />

un’interrogazione (nonostante i miei inc<strong>it</strong>amenti a rivolgersi ai compagni), sia per la mancanza di reale<br />

padronanza, in certi casi, dell’argomento trattato. Ciononostante vi sono state alcune presentazioni in<br />

stile personale, in cui venivano raccontati in un linguaggio colloquiale i propri approfondimenti.<br />

Anche<br />

io personalmente ho usato in certi casi un linguaggio più colloquiale, rilassando certe precisioni e<br />

rigoros<strong>it</strong>à matematiche<br />

allo scopo di farmi capire meglio e di rendere concreta e vicina la materia di cui<br />

parlavo.<br />

In pratica, accanto a puntualizzazioni sul rigore e l’esattezza dell’esposizione da tenere quando<br />

si fa matematica, volte a correggere le disattenzioni o il pressappochismo degli studenti (e quindi ad<br />

esempio avendo ripetuto varie volte quali fossero definizioni accettabili per, poniamo, la parabola) ho<br />

accostato in fase di spiegazione mie espressioni meno matematiche e più vicine al linguaggio naturale<br />

(ad esempio nella descrizione <strong>delle</strong> distanze e proprietà spaziali).<br />

Valutazione<br />

Se quest’ultima scelta (che mi è parsa “naturale”) mi sembra buona per poter trasmettere “la v<strong>it</strong>a” che si<br />

cela dietro le formule, tuttavia forse ha un po’ involontariamente smorzato il tentativo di “rigorizzare” il<br />

linguaggio dei ragazzi ed avvicinarlo al mondo della matematica ist<strong>it</strong>uzionale (è un po’ quel fenomeno<br />

chiamato “paradosso del linguaggio specifico”).<br />

Vi è stato inoltre qualche intoppo per quanto riguarda la descrizione dell’ellisse nel registro algebrico, in<br />

quanto la gestione faticosa dell’algebra da parte degli studenti non ha permesso di dedicare attenzione,<br />

nel tempo che avevo programmato di impiegare, all’esercizio e alla pratica del “cambio di registro” tra<br />

algebra e geometria. Non posso dire quindi di aver avuto modo di far svolgere tutti gli esercizi e le<br />

prove che avrei voluto per ab<strong>it</strong>uarli e familiarizzarli alla doppia trattazione dell’oggetto, né che loro<br />

siano riusc<strong>it</strong>i ad acquisire pienamente questa abil<strong>it</strong>à.<br />

Complessivamente, se è impossibile valutare a breve termine competenze così generali come quella<br />

linguistica, si può però dire che per quanto riguarda l’argomento svolto, errori algebrici e di calcolo a<br />

52


parte, la verifica finale ha evidenziato una discreta comprensione degli argomenti svolti e una discreta<br />

capac<strong>it</strong>à di integrazione tra registri semiotici diversi, come avevo cercato di testare ad esempio negli<br />

esercizi 3 e 8. Per quanto riguarda l’esercizio 9, a cui ho accennato nel resoconto nei paragrafi<br />

precedenti, molti errori sono stati dovuti (specialmente nella prima domanda) all’idea che l’ellisse fosse<br />

come formata da un filo o un elastico, che tirato da una parte si restringe forzatamente dall’altra: questo<br />

testimonia una scarsa comprensione da un punto di vista visivo e dinamico del comportamento<br />

dell’ellisse (che non è intu<strong>it</strong>ivo in questo caso, come invece lo è in altri) e di uno scarso zoccolo<br />

algebrico a cui appoggiarsi (bastava la relazione tra i semiassi e i fuochi a descriverne il<br />

comportamento).<br />

Conoscenze e abil<strong>it</strong>à specifiche<br />

Per gli obiettivi e le metodologie relative a questo punto si rimanda interamente al progetto di tirocinio,<br />

al diario di tirocinio, al materiale prodotto per lavori, esercizi e verifiche (tutto questo è in appendice),<br />

oltre che alla descrizione del tirocinio svolta nei precedenti paragrafi. L’apprendimento di tali concetti e<br />

abil<strong>it</strong>à è stato verificato principalmente in due prove da me redatte e corrette e in segu<strong>it</strong>o consegnate<br />

alla classe e discusse e alle quali ho infine attribu<strong>it</strong>o un voto che dipendeva in parte dal raggiungimento<br />

degli obiettivi da parte loro e in parte anche da parte mia, nel senso che ho valutato attraverso esse il<br />

mio operato (se sufficiente o meno a seconda dell’argomento o della procedura particolare) e aggiustato<br />

il voto di conseguenza, eventualmente non contando affatto un esercizio che tutti avevano sbagliato<br />

(come è accaduto<br />

per l’esercizio 7 della verifica finale, in cui avevo sopravvalutato le loro capac<strong>it</strong>à<br />

pregresse<br />

di manipolazione algebrica).<br />

La prima verifica consisteva in due serie di test a risposta multipla, più tre domande aperte (ma con<br />

risposta “chiusa” - cioè c’era una risposta corretta) e un problema. Essa era atta a verificare quanto fatto<br />

nella prima sezione relativamente alle coniche. Riporto in tabella i risultati (che sono stati considerati<br />

dalla tutor validi per l’orale).<br />

La verifica conclusiva invece comprendeva dodici esercizi, di cui due sost<strong>it</strong>uibili con altri due a scelta e<br />

due facoltativi in aggiunta. Uno (l’11) era un problema assegnato ma mai corretto in classe, il 10<br />

consisteva in 3 domande aperte (una chiusa e due libere), mentre l’8 e il 9 erano due serie di domande a<br />

risposta chiusa. Tale verifica, riguardante l’ellisse e la sua rappresentazione in geometria anal<strong>it</strong>ica, è stata<br />

considerata valida per lo scr<strong>it</strong>to e i suoi risultati sono in tabella. Come si può vedere il risultato medio è<br />

calato, rispetto alla verifica intermedia (e ciò al di là del<br />

voto assegnato, come già detto).<br />

Le persone che si sono distinte (nel bene e nel male) nelle due verifiche non sono le stesse, se non in<br />

piccola parte, e complessivamente il risultato <strong>delle</strong> singole persone ha subìto variazioni da una all’altra,<br />

53


segno anche della differenza di conoscenze e abil<strong>it</strong>à richieste nelle due prove (su questo si veda uno dei<br />

punti seguenti). Si noti infatti come ad esempio gli studenti n° 8 e 18 e gli studenti n° 2, 10, 12, 15 e 17<br />

modifichino parecchio il proprio risultato tra le due verifiche (in pos<strong>it</strong>ivo i primi, in negativo i secondi).<br />

Voti ottenuti dagli studenti nelle due verifiche (intermedia e finale): ogni bin comprende i risultati approssimabili<br />

con quel particolare voto (ad esempio il bin 5 comprende i voti dal 4 ½ compreso al 5 ½ escluso). Sono inoltre<br />

indicati per ogni bin dei numeri, ognuno dei quali corrisponde ad uno studente: ciò al fine di evidenziare gli<br />

“spostamenti” di rendimento interni tra le due verifiche<br />

Al di là <strong>delle</strong> verifiche principali vi sono tuttavia molte altre occasioni per osservare e valutare<br />

l’apprendimento o le difficoltà di apprendimento <strong>delle</strong> varie nozioni, <strong>delle</strong> varie terminologie e <strong>delle</strong><br />

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varie procedure. Ad esempio durante gli esercizi alla lavagna, o nel r<strong>it</strong>irare ed esaminare i comp<strong>it</strong>i svolti<br />

a casa. Riporto qui alcune considerazioni (sparse) su fatti che ho notato e che mi sembrano rilevanti.<br />

Quando si affrontano per la prima volta l’ellisse, l’iperbole e la parabola nel piano cartesiano<br />

vengono presentate in genere nella loro forma più semplice (l’ellisse con i fuochi sull’asse x, la parabola<br />

con la direttrice orizzontale, l’iperbole con l’asse orizzontale) anche perché sono proprio queste che<br />

presentano l’equazione più semplice. Dal momento che volevo inizialmente svincolare da qualsiasi<br />

riferimento lo studio <strong>delle</strong> coniche ed esaminarle puramente come luoghi o come curve su fogli di carta<br />

bianca, ho cercato fin da sub<strong>it</strong>o di porre molta attenzione nel disegnarle alla lavagna in modo che si<br />

trovassero disposte secondo svariate orientazioni, spesso appos<strong>it</strong>amente oblique, per rendere bene<br />

questa idea (vedi figure, relative all’iperbolografo a filo e alla costruzione riga e compasso della parabola.<br />

Ho purtroppo mancato di avere questa attenzione anche per l’ellisse, che ho disegnato invece più volte<br />

come in figura, e cioè “orizzontale”.<br />

Nel momento di trattare nel piano cartesiano<br />

l’ellisse con i fuochi sull’asse y<br />

mi è venuta in mente questa mancanza<br />

e ho allora provato, prima di<br />

iniziare, a disegnare sulla lavagna non<br />

quadrettata un’ellisse verticale (v<br />

figura) e a chiedere alla classe se quella fosse un’ellisse: beh, qualcuno ha<br />

risposto “no”!Allora l’ho disegnata un po’ obliqua rispetto all’orizzontale e<br />

ho ripetuto la domanda. Questa volta la risposta è stata affermativa (forse<br />

poiché domanda ripetuta equivale a risposta<br />

sbagliata…- vedi contratto<br />

didattico), ho disegnato i fuochi e ho “trascinato” l’ellisse da “stesa” a “in<br />

piedi”, con i suoi fuochi disegnati (che cost<strong>it</strong>uiscono l’appiglio concettuale<br />

in quanto richiamo alla definizione come luogo geometrico<br />

av o<br />

8 ). Questo per dire che si è trattato a mio<br />

viso di un tipico esempio di modello parass<strong>it</strong>a dovuto ad una immagine parziale di un oggett<br />

8 Tra l’altro (per dire quanto l’insegnante possa veicolare messaggi errati senza rendersene conto e quanto lo studente<br />

sia vincolato a rigido nella sua immagine mentale) avevo sempre disegnato i fuochi abbastanza “centrali”: quando si è<br />

andati a misurarne la posizione o a trovarne le coordinate cartesiane e ci si è accorti di quanto più esterni fossero per<br />

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matematico che, se non messa prontamente “in confl<strong>it</strong>to” con altre immagini corrette, avrebbe rischiato<br />

di alimentare una misconcezione.<br />

Analogamente ho notato come sia stato un po’ disagevole per taluni pensare agli assi cartesiani su cui<br />

era centrata l’ellisse come <strong>delle</strong> rette e non come dei segmenti (continuavano a pensarli e a disegnarli<br />

come se fossero gli assi dell’ellisse)<br />

Un’ altra questione a cui accennavo e che riguarda la verifica finale (esercizio 2) è come nessuno<br />

abbia esegu<strong>it</strong>o l’esercizio trovando dapprima (a mente) le coordinate dei vertici e poi decidendo se fosse<br />

necessario utilizzare il calcolo dell’ordinata “per sost<strong>it</strong>uzione” nell’equazione. Tutti si sono<br />

immediatamente affidati alla delega formale, che ha naturalmente reso più complicato lo svolgimento<br />

dell’esercizio e causato numerosi errori (soprattutto quando si doveva affermare una mancanza di<br />

soluzione)<br />

La doppia definizione che è stata data <strong>delle</strong> coniche (come sezione di cono e come luogo<br />

geometrico) ha prodotto qualche confusione in alcuni (che avevano avuto problemi con la intersezione<br />

di piano e cono): la generatrice del cono è spesso stata confusa con la direttrice della parabola, non solo a<br />

livello lessicale, ma anche a livello concettuale: se la parabola come sezione è prodotta dall’intersezione<br />

col cono di un piano parallelo ad una generatrice finisce che la parabola disegnata è “parallela” alla<br />

direttrice e quindi è una retta parallela all’asse della parabola (incredibile ma vero - almeno questa è la<br />

spiegazione che ne abbiamo dato…)<br />

Di nuovo nella verifica finale (esercizio 3): innanz<strong>it</strong>utto dire “le distanze dai punti” anziché “le<br />

distanze dai fuochi” mette sub<strong>it</strong>o in moto meccanismi e riferimenti concettuali specifici della<br />

terminologia cartesiana: alcuni infatti non riconoscono la definizione di ellisse (per cui la soluzione<br />

sarebbe stata pressoché immediata) e tentano di calcolare la distanza con la “regola della distanza” sul<br />

piano cartesiano; inoltre la stragrande maggioranza pone inconsapevolmente i fuochi sull’asse x anziché<br />

sull’asse y: in questo caso, come nell’es. 5, la rappresentazione grafica non balza sub<strong>it</strong>o agli occhi e<br />

sarebbe stato più opportuno da parte mia esplic<strong>it</strong>are maggiormente il procedimento risolutivo<br />

aggiungendo richieste intermedie, come quella di “disegnare i fuochi…”. In generale forse non è stata<br />

sottolineata a sufficienza la distinzione tra i diversi registri usati, dando ad essi un nome specifico e<br />

richiamandolo ogni volta che veniva utilizzato.<br />

Ulteriori osservazioni sono riportate in appendice, insieme ad alcuni protocolli<br />

degli studenti.<br />

l’ellisse con quella data eccentric<strong>it</strong>à “tipica” del mio disegno, alcuni studenti si sono stup<strong>it</strong>i e credevano ci fosse un<br />

errore!<br />

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Altri commenti<br />

Aggiungo qui alcuni cenni ad altri temi emersi nel corso della preparazione, dello svolgimento e della<br />

valutazione del tirocinio.<br />

Accennando all’immagine della scuola degli studenti, vi è da notare che la classe vive l’esperienza<br />

scolastica con una forte componente sociale e relazionale, almeno a quanto ho avuto modo di vedere,<br />

con una bassa compet<strong>it</strong>iv<strong>it</strong>à tra compagni e poca importanza data al giudizio esterno (gli adulti, i<br />

professori). A livello disciplinare sanno di non essere i più bravi e “si accontentano” (o almeno lo<br />

danno a vedere). Sono invece molto attaccati al voto spicciolo, anche se non fanno tragedie per brutti<br />

voti presi. Tutto ciò vale per tutte le materie (si veda il progetto di tirocinio). Vi sono alcuni meno<br />

“scolarizzati”<br />

degli altri, più rumorosi e ag<strong>it</strong>ati, per il cui comportamento e rendimento l’insegnante mi<br />

diceva<br />

avere un ruolo importante la famiglia. Mi sono chiesto però come mai, in assenza di una famiglia<br />

“direttiva”, la scuola dopo tanti e tanti anni non pare aver avuto alcun peso pos<strong>it</strong>ivo nella loro<br />

educazione, prima ancora che nella loro istruzione. Per quanto mi riguarda non sapevo cosa attendermi<br />

dalla loro risposta in termini di studio, immagine dell’attiv<strong>it</strong>à e della v<strong>it</strong>a scolastica, immagine del<br />

docente. Per quel poco che mi era dato, il mio tentativo era quello di trasmettere l’immagine di un<br />

docente che non si mettesse “contro” gli studenti, ma che facesse capire la sua volontà di ascoltare e<br />

prendere in considerazione realmente le loro richieste o le loro<br />

difficoltà: questo ha significato per me<br />

non alzare la voce e non fare “ramanzine” in certi momenti, ma piuttosto chiedere spiegazioni su<br />

quanto avvenuto (ad esempio se non avevano fatto i comp<strong>it</strong>i) e portare le mie ragioni. Credo che si usi<br />

troppo spesso la sgridata (a volte come sfogo), mentre funzioni di più e sia più educativo il mettere i<br />

ragazzi di fronte alle loro responsabil<strong>it</strong>à parlando loro e ascoltandoli in quanto persone, appunto,<br />

responsabili. Naturalmente in tutto questo ci vuole una misura che non può che essere acquis<strong>it</strong>a man<br />

mano dall’insegnante. L’ “arrischiarsi” a portarli in g<strong>it</strong>a scolastica (era la prima che facevano in tre anni,<br />

l’avevano sempre saltata per “cattiva condotta” e gli insegnanti che ci hanno accompagnato erano un<br />

po’ tesi per come sarebbe andata) è però ad esempio stata una esperienza molto pos<strong>it</strong>iva: il dare loro<br />

fiducia da parte del consiglio di classe è stato premiato dal loro comportamento equilibrato e attento e<br />

questo non può che aver avuto benefici influssi<br />

sul loro rapporto con la scuola oltre che sulla loro<br />

autopercezione. Oltre tutto questo volevo agire sullo scollamento che c’è tra la loro v<strong>it</strong>a vissuta e gli<br />

argomenti<br />

scolastici (si vede che i loro interessi sono in buona parte altri) mostrando, per quanto<br />

possibile,<br />

come la scuola possa anche essere vicina ai loro interessi. Quanto ciò sia riusc<strong>it</strong>o non so.<br />

Quello<br />

che cercavo era perlomeno di privilegiare l’aspetto “interesse e curios<strong>it</strong>à ” a quello “voto e<br />

giudizio” anche se le domande sul voto (e non sugli errori<br />

commessi) dopo le verifiche sono state assai<br />

pressanti!<br />

57


Un “naturale” timore che non nego di avere avuto (e che credo abbia chiunque si esponga per la<br />

prima<br />

volta ad un pubblico) era relativo al grado di accettazione e di fiducia che la classe mi avrebbe<br />

accordato. Riguardo questo, nonostante creda che in certi momenti, di fronte a consegne che essi<br />

avevano r<strong>it</strong>enuto troppo ardue,<br />

gli studenti si siano sent<strong>it</strong>i un po’ a disagio e si siano rivolti alla<br />

professoressa<br />

per avere conferme o aiuti, complessivamente la classe è stata molto “accogliente” col<br />

tirocinante, essendo in generale composta da buoni caratteri e pervasa da un bello “spir<strong>it</strong>o di gruppo”.<br />

Durante il tirocinio ho avuto anche occasione di riflettere su quanto attiv<strong>it</strong>à e richieste “inusuali”<br />

per gli studenti (per quanto fossero pensate per ampliare l’immagine un po’ monotona e procedurale che<br />

essi hanno della matematica) possano di converso rischiare di minare la loro sicurezza e il loro senso di<br />

padronanza della materia. Il mio timore era che se il senso di “spiazzamento” fosse stato troppo, alcuni di<br />

loro avrebbero potuto perdere la bussola e gettare la spugna, o decidere che non ne valeva la pena. In<br />

effetti in alcuni, specialmente all’inizio, e specialmente in chi sapeva di essere instabile nel rendimento, vi è<br />

stato credo un certo senso di spaesamento: l’ab<strong>it</strong>udine a cercare di capire fin da sub<strong>it</strong>o “quello che<br />

l’insegnante vorrà nel comp<strong>it</strong>o” (vige infatti un contratto didattico molto forte) ha portato un certo<br />

disagio allo studente quando egli era messo di fronte a ragionamenti o considerazioni che non avevano un<br />

fine preciso (“che cosa debbo studiare, quindi? che cosa debbo sapere, quindi?”) o una applicazione<br />

concreta (“come si fa, quindi?”). Non credo tuttavia che il senso di padronanza ne sia stato intaccato<br />

(l’esperienza è breve), semmai questo fatto può aver determinato un basso coinvolgimento in qualcuno.<br />

Direi però che in alcuni ha stimolato sicuramente la ricerca personale e ampliato qualche orizzonte.<br />

Naturalmente mi riproponevo di mantenere le lezioni e le richieste ad un livello adeguato per la<br />

classe e di pretendere la “giusta” dose di lavoro e impegno personale (né troppo né troppo poco). Se per il<br />

livello di difficoltà non temevo di richiedere troppo, non avendo esperienza di insegnamento e non<br />

conoscendo bene la classe all’opera ero invece senza molti riferimenti per quanto riguarda la gestione della<br />

quant<strong>it</strong>à di lavoro e dei tempi a loro richiesti (nei comp<strong>it</strong>i e nelle verifiche). Il timore era di non saper<br />

sfruttare appieno il ruolo dei comp<strong>it</strong>i a casa. Anche l’organizzazione dei miei tempi (cioè le scelte di<br />

dedicare più o meno tempo ad un determinato argomento o esperienza), pur essendo stata<br />

predeterminata in sede di progetto, r<strong>it</strong>enevo che sarebbe stata sicuramente da aggiustare. In realtà la<br />

gestione dei miei tempi è stata per me soddisfacente (anche perché flessibile), così pure la mole di<br />

impegno personale a loro richiesto (comp<strong>it</strong>i). Anche il tempo preventivato per le varie attiv<strong>it</strong>à si è rivelato<br />

per la maggior parte <strong>delle</strong> volte adeguato (forse un po’ sottostimato quello dedicato ai lavori di gruppo e<br />

globalmente quello dedicato all’algebra). Più spesso invece ho preteso un po’ troppo dalle loro capac<strong>it</strong>à,<br />

sia per sopravvalutazione <strong>delle</strong> loro conoscenze precedenti (come nel caso dell’esercizio sui triangoli<br />

simili), sia per sopravvalutazione della loro autonomia (o volontà) di gestione di fronte a s<strong>it</strong>uazioni nuove.<br />

Ad esempio<br />

la strategia di proporre spesso problemi (più o meno complessi) anziché ripetere esercizi ha<br />

58


tolto<br />

per certi versi ad alcuni di loro la possibil<strong>it</strong>à di partecipazione (oltre che non aumentare il gusto per<br />

l’apprendimento)<br />

Come obiettivo, che sapevo essere “a rischio”, vi era anche quello di permettere di stabilire un<br />

collegamento, un nesso, tra una matematica più “intu<strong>it</strong>iva” ed una più formale. Senza in ver<strong>it</strong>à pormi<br />

troppe domande, ho scelto in certi casi, durante la prima parte del tirocinio, la forma della dimostrazione di<br />

una proprietà già vista intu<strong>it</strong>ivamente, come modo per parlare della relazione tra metodo matematico e<br />

intu<strong>it</strong>o<br />

matematico. Nella seconda parte, più algebrica, tale richiamo e tale sottolineatura ho inteso darla<br />

tram<strong>it</strong>e esplic<strong>it</strong>i richiami alle nozioni e ai metodi di indagine usati nella prima parte: lo scopo era quello,<br />

utilizzando l’algebra su un terreno noto, perché già indagato, di collegare due mondi (uno più intu<strong>it</strong>ivo e<br />

uno più formale) che tendono in genere a rimanere separati. Proprio riguardo ciò mi ero prefisso<br />

l’obiettivo di tenere il più possibile assieme le due parti: temevo che la prima potesse essere vissuta come<br />

un divertente giochino, o peggio come una “vacanza”, e nella seconda si potessero ri-incontrare tali e<br />

quali i sol<strong>it</strong>i problemi. Avevo quindi posto molta attenzione a dosare bene l’impegno richiesto in<br />

entrambe, e a curare i collegamenti concettuali, perché entrambe fossero pienamente percep<strong>it</strong>e da tutti<br />

come vere “ore scolastiche di matematica”, e non vi fosse discontinu<strong>it</strong>à nell’impegno, nell’immagine, né vi<br />

fosse una eccessiva rottura cogn<strong>it</strong>iva tra esse. Se la scelta del procedimento dimostrativo non ha avuto molto<br />

successo per i problemi suddetti, in generale r<strong>it</strong>engo soddisfacente la realizzazione dei miei propos<strong>it</strong>i sia<br />

nella prima che nella seconda parte (frequenti sono stati gli accenni alla dimostrabil<strong>it</strong>à o meno di quello<br />

che vedevamo, così pure i richiami alla prima parte, e il richiamo all’utilizzo del ragionamento, e non<br />

solo<br />

dell’ applicazione di regole, anche nella seconda). R<strong>it</strong>engo inoltre di essere riusc<strong>it</strong>o a richiedere un impegno<br />

costante ed equilibrato tra la prima e la seconda parte e r<strong>it</strong>engo che l’aver condotto prima estesamente<br />

un’analisi e un’esplorazione dell’ellisse dal punto di vista della definizione, del suo disegno, dei suoi<br />

“movimenti” abbia poi giovato notevolmente all’introduzione della sua equazione e alla sua descrizione<br />

cartesiana: il passaggio è stato rapido e senza problemi, e, finché l’algebra è stata semplice, i ragazzi hanno<br />

svolto gli esercizi senza problemi. Naturalmente però loro sono “duri a intendere”, e come pensavo lo<br />

scollamento (intu<strong>it</strong>o vs. formalismo) in molti di loro permane e la divisione tra le due parti è stata molto<br />

avvert<strong>it</strong>a da alcuni (taluni che hanno subìto un forte disagio e quindi un certo spiazzamento nella prima,<br />

essendo essa non ab<strong>it</strong>uale per loro; altri che hanno fatto faville, o quasi, nella prima, e sono tornati ai sol<strong>it</strong>i<br />

meccanismi “di sopravvivenza” e di autodifesa nella seconda). Alcuni (vari) però r<strong>it</strong>engo siano riusc<strong>it</strong>i a<br />

mantenere l’un<strong>it</strong>à cogn<strong>it</strong>iva e ad integrare le due forme di pensiero. L’impegno è stato comunque variabile<br />

inversamente alla difficoltà percep<strong>it</strong>a (+difficile -impegno) e da parte mia verso la fine ha avuto poco<br />

modo di essere testato regolarmente, per mancanza di tempo.<br />

Se un obiettivo era quello di sottolineare, della matematica che presentavo, anche la dign<strong>it</strong>à<br />

culturale in senso pieno, una modal<strong>it</strong>à che avevo deciso di adottare era quello di non presentarla avulsa dal<br />

contesto storico, ma anzi trattarne esplic<strong>it</strong>amente qualche aspetto che ne sottolineasse ad esempio<br />

59


l’evoluzione del metodo, il procedere continuo e sempre vivo della ricerca matematica e così via. A questo<br />

aspetto, che in realtà mi aspettavo sarebbe stato trattato più diffusamente nella vis<strong>it</strong>a alla mostra di<br />

quanto<br />

non è stato, ho dedicato qualche accenno e qualche richiamo (ben riusc<strong>it</strong>o, mi pare, a giudicare<br />

anche da alcune risposte avute in aula e nelle verifiche). In sostanza 1) che la matematica è viva anche oggi<br />

e che non è stato gia tutto scoperto nel passato lo ha ricordato la guida al museo, dicendo che ci sono<br />

problemi ancora aperti anche di semplice formulazione (e ha c<strong>it</strong>ato la congettura di Goldbach, e il<br />

premio in palio, tanto che poi uno studente al rientro mi ha chiesto informazioni - forse attratto dal<br />

premio…?); 2) l’utilizzo degli strumenti riga e compasso, oppure la mano libera o ancora un ellissografo,<br />

per disegnare un’ellisse è stato discusso, è stato accennato al ruolo dei primi presso i Greci, il perché si<br />

consideri esattamente un’ellisse quella disegnata da un ellissografo, nonostante l’imperfezione dello<br />

strumento, l’impossibil<strong>it</strong>à con riga e compasso di tracciare tutti i punti dell’ellisse; 3) la differenza tra la<br />

riga e il compasso, mostrando che il compasso non ha la forma della circonferenza che traccia, mentre<br />

la riga possiede già la forma della retta, è stata evidenziata, mostrando la differenza tra un bicchiere e un<br />

compasso (con entrambi si possono disegnare cerchi), e, riferendosi a quanto visto alla mostra, si è poi<br />

passati a parlare dei meccanismi sorti nella rivoluzione industriale per tracciare rette, senza bisogno di rette<br />

generatrici (si era visto il meccanismo di Tcheb<strong>it</strong>chev, di Watt e di Paucellier) al fine del buon<br />

funzionamento <strong>delle</strong> macchine a vapore; 4) su questo punto si è poi ripercorso quanto brevemente<br />

accennato dalla guida,ovvero il discorso dell’ util<strong>it</strong>à-inutil<strong>it</strong>à della matematica: se i primi meccanismi<br />

erano imperfetti ma avevano uno scopo pratico (la matematica utile), l’inversore di Paucellier traccia<br />

rette esatte, ma, oltre ad essere di più difficile costruzione, non è stato individuato con altro scopo che<br />

uno puramente teoretico (la matematica inutile, quindi un bel gioco, una bella impresa). I ragazzi paiono<br />

in generale aver recep<strong>it</strong>o e compreso questi aspetti.<br />

Legato all’aspetto culturale della matematica, è stato il tentativo, pur se sporadico, di mostrarne i<br />

legami con altre discipline scientifiche (fisica, astronomia, ingegneria) e non scientifiche (arte, musica)<br />

3.5 Valutazione conclusiva<br />

Credo che per un tirocinante che si appresti praticamente per la prima volta a tenere una serie di lezioni<br />

da lui interamente organizzate e da lui interamente gest<strong>it</strong>e davanti ad una classe, nella sua prima<br />

esperienza<br />

di insegnamento, sia difficile non essere principalmente concentrato su quello che dirà, farà e<br />

su come organizzerà il lavoro proprio e altrui. E questo purtroppo, pur essendo una fase necessaria da<br />

percorrere, va inesorabilmente a detrimento della maggiore attenzione che egli può dare agli alunni, alle<br />

60


loro prestazioni e capac<strong>it</strong>à, e non può non inficiare anche lo schema di valutazione che egli può dare<br />

<strong>delle</strong> attiv<strong>it</strong>à svolte, in quanto ogni valutazione è sempre contemporaneamente valutazione del proprio<br />

lavoro, della risposta complessiva della classe e della singola risposta di ogni ragazzo. Se tutti e tre gli<br />

aspetti sono poco conosciuti (il primo per l’inesperienza all’insegnamento del tirocinante, il secondo<br />

perché lo è sempre anche per un docente “navigato”, il terzo per la scarsa conoscenza dei singoli<br />

studenti e della loro storia scolastica che un tirocinante può avere) è ovvio che la gestione<br />

contemporanea di essi non può che essere fortemente influenzata da “aggiustamenti” (o per dirla col<br />

linguaggio <strong>delle</strong> macchine: meccanismi di retroazione) ed assestamenti tipici del procedere<br />

“interpretativo” (v. ad esempio [5]) di chi sta imparando ad interagire con una s<strong>it</strong>uazione nuova non<br />

determinata né determinabile a priori (è lo stesso meccanismo di apprendimento che riconosciamo agire<br />

nei nostri studenti; del resto, in quanto specializzandi, siamo anche noi studenti, e anche per noi<br />

valgono, tali e quali, gli stessi fenomeni e gli stessi schemi teorici che studiamo applicati<br />

all’apprendimento dei nostri studenti).<br />

Anche per me, che mi trovavo nella s<strong>it</strong>uazione sopra descr<strong>it</strong>ta, la cosa è andata più o meno in questo<br />

modo. In ver<strong>it</strong>à qualche esperienza di insegnamento in contesti extra-scolastici ce l’ho (mostre<br />

scientifiche, interventi sporadici in classi per percorsi di laboratorio, progetti di fisica a Mirabilandia…)<br />

e per tale motivo avevo anche alcune attese (pos<strong>it</strong>ive) riguardo la mia capac<strong>it</strong>à di “tenere una classe”, o<br />

anche di coinvolgere, o addir<strong>it</strong>tura di “sapermi spiegare” (!). Nonostante questo ero ben conscio che<br />

guidare una classe in un’esperienza extrascolastica di due ore è molto diverso dal seguirla in progetto di<br />

un mese e mezzo, scr<strong>it</strong>to, diretto e interpretato da te (per dirla come se fosse un film). Per questo i miei<br />

timori maggiori erano la gestione del tempo, la gestione del loro impegno, l’irrealizzabil<strong>it</strong>à del progetto<br />

come avrei voluto, il rischio di confusione che potevo creare, gli errori strettamente disciplinari che<br />

potevo<br />

commettere, essendo io un fisico e non un matematico. Debbo dire che in entrambi i casi<br />

(aspettative e timori) qualcosa si è verificato e qualcosa no. Ad esempio l’effetto trascinamentoche<br />

avrei<br />

desiderato è stato minore del previsto, mentre come mi aspettavo la classe si è comportata bene e<br />

r<strong>it</strong>engo<br />

si essere stato in grado di guidarla adeguatamente (spesso), del resto i ragazzi sono stati molto<br />

gentili<br />

e carini. Sono altresì stato soddisfatto del tentativo di gestione del loro impegno personale<br />

(comp<strong>it</strong>i)<br />

che temevo di non riuscire a preparare, ma non del risultato che ciò ha avuto (spesso non li<br />

hanno fatti). Non mi pare di aver commesso<br />

errori o di aver detto cose che generassero confusione,<br />

anche<br />

se come temevo un po’ di confusione si è avuta nella prima parte, specialmente in quanto forse le<br />

mie richieste non sono state a volte troppo chiare… Tutto ciò però r<strong>it</strong>engo faccia parte anche<br />

dell’esperienza che un insegnante si fa in corso d’opera, e del metro (temporale, di difficoltà, di<br />

chiarezza…) che si costruisce man mano che impara praticamente la professione.<br />

Scendendo per un attimo più sui dettagli del progetto, e confrontandomi con la prassi della<br />

programmazione usualmente segu<strong>it</strong>a (quella del libro di testo, ad esempio), complessivamente r<strong>it</strong>engo<br />

61


che l’approccio sia complessivamente serv<strong>it</strong>o, e che l’introduzione <strong>delle</strong> restanti coniche sarà ora più<br />

semplice e rapida per l’insegnante. I ragazzi avevano già utilizzato il sistema cartesiano per lo studio<br />

della retta: io mi sono lim<strong>it</strong>ato in questo caso a introdurre l’ellisse, a dedicare 5 ore di lezione alla teoria<br />

e agli esercizi riguardanti i coefficienti dell’ellisse in forma canonica, l’individuazione della sua<br />

equazione, qualche esempio di intersezione e l’eccentric<strong>it</strong>à, lasciando da parte la discussione della<br />

tangenza o di ellissi non rifer<strong>it</strong>e ai propri assi, o dei fasci di ellissi. Questa parte sarà trattata in maniera<br />

più articolata e approfond<strong>it</strong>a dalla tutor quando la classe affronterà (sub<strong>it</strong>o dopo questo tirocinio) la<br />

circonferenza, conica più semplice (e caso particolare di ellisse, come già discusso) e più adeguata ad<br />

esercizi su fasci o tangenze.<br />

62


Conclusioni<br />

Siamo al termine di questa lunga avventura grazie alla quale ho potuto avvicinarmi e toccare con mano<br />

le sfide, le difficoltà, le potenzial<strong>it</strong>à che appartengono alla professione di insegnante. La scuola di<br />

specializzazione ed il tirocinio in particolare hanno contribu<strong>it</strong>o a questo.<br />

Prima di iniziare ero molto curioso di sapere come sarebbe andata: avevo alcune aspettative sul mio<br />

conto e devo dire che la tensione nelle prime lezioni l’ho avvert<strong>it</strong>a. Quello che questa esperienza mi ha<br />

dato è proprio una maggiore concretezza all’immagine che avevo della scuola, dell’insegnamento, di me<br />

che<br />

insegno. Posso ora cogliere meglio quali sono i punti di forza e di debolezza, quali sono le gioie e i<br />

dolori,<br />

le possibil<strong>it</strong>à e i vincoli che si hanno (e che io in particolare posso avere) nell’atto di progettare,<br />

eseguire<br />

e valutare un percorso didattico. È una proiezione nel futuro, quella che faccio, un’idea di<br />

quello<br />

che potrebbe significare per me fare l’insegnante. Sia chiaro: è ben diverso insegnare per un anno<br />

e per 18 ore la settimana dal realizzare un progetto di tirocinio; molti sono i fattori che sono rimasti<br />

esclusi<br />

da questo, come ad esempio la dimensione collegiale e sociale dell’insegnamento. Personalmente<br />

credo di aver avuto fortuna: ho potuto svolgere il tirocinio in una scuola della mia c<strong>it</strong>tà, e la conoscenza<br />

degli allievi anche in amb<strong>it</strong>i extrascolastici secondo me ha un peso e un valore; ho avuto come tutor<br />

un’esperta ricercatrice in didattica, la quale mi ha sempre proposto osservazioni utili e azzeccate sulla<br />

classe; ho potuto partecipare ad una g<strong>it</strong>a scolastica, cosa non ovvia per un tirocinio, che mi ha forn<strong>it</strong>o<br />

un’esperienza professionale e didattica ulteriore; ho potuto svolgere un tirocinio su un argomento che<br />

mi appassionava. Nonostante tutto l’esperienza che avrò di docenza sarà diversa, r<strong>it</strong>engo<br />

profondamente diversa. La cosa che più di tutte credo rischi di scemare negli anni in un insegnante e<br />

che invece r<strong>it</strong>engo sia da curare è il rapporto vivo e proficuo con altri docenti e ricercatori in didattica<br />

della stessa disciplina: è il modo per mantenere viva la propria consapevolezza, i propri strumenti, e<br />

anche la propria passione. Ad esempio sarebbe bello si potesse continuare a scambiare opinioni,<br />

consigli, riflessioni tra noi colleghi di SSIS o tra noi e i nostri docenti, anche in un futuro in cui saremo<br />

sparsi perle varie scuole del regno. Tra l’altro credo nella figura dell’insegnante-ricercatore e mi<br />

piacerebbe poter accostare in futuro alla pratica del mio insegnamento anche qualche esperienza di<br />

sperimentazione o di riflessione di carattere generale sull’insegnamento o l’apprendimento della mia<br />

materia. Così come spero di poter continuare ad affiancare all’insegnamento anche l’interesse che ho<br />

per la divulgazione e per l’insegnamento della fisica (pur se sporadico) ai bambini <strong>delle</strong> elementari, nel<br />

quale credo molto. Ci vorrà certamente un po’ di tempo di rodaggio per ab<strong>it</strong>uarmi al mestiere di<br />

docente…così come ci vorranno alcuni mesi ora per riavermi dalla SSIS!<br />

63


Bibliografia<br />

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64


Allegati<br />

I


UNIVERSITÀ DI BOLOGNA<br />

SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE PER L’INSEGNAMENTO<br />

SECONDARIO<br />

ANNO ACCADEMICO 2006/2007<br />

Progetto di tirocinio<br />

Percorso di motivazione di una prima Liceo classico:<br />

un approccio allo studio <strong>delle</strong> coniche utilizzando registri multipli<br />

Specializzando: Stefano Alberghi<br />

Supervisore: Prof.ssa Grazia Grassi<br />

Indirizzo Fisico-Informatico-Matematico<br />

Classe di abil<strong>it</strong>azione: A049<br />

Scuola di attuazione: Liceo “Torricelli” sez.Classica, Faenza<br />

Tutor: Prof.ssa Laura Giovannoni<br />

III


Final<strong>it</strong>à dell’insegnamento della matematica<br />

Non è sicuramente questa la sede per una discussione e una trattazione estesa dell’immagine che<br />

possiedo e che r<strong>it</strong>engo di dover trasmettere della matematica ai miei studenti,<br />

né tantomeno del<br />

contributo che essa può dare alla formazione dell’ individuo: credo che potrei spendere fiumi di<br />

china sull’argomento (e già molti ne sono stati spesi), in quanto molti e molti aspetti andrebbero<br />

affrontati. Rimanderò quindi una elaborazione più approfond<strong>it</strong>a alla tesi: per ora mi lim<strong>it</strong>o a<br />

sintetizzare per sommi capi il mio pensiero in quanto segue.<br />

Premetto che, da fisico quale sono, la mia visione della matematica può essere differente da quella<br />

di un matematico. Credo tuttavia che “l’impronta fisica” non possa essere mascherata con<br />

semplic<strong>it</strong>à, e che in fin dei conti debba caratterizzare (e necessariamente<br />

lo farà) il mio<br />

insegnamento. R<strong>it</strong>engo in parte di conoscere i lim<strong>it</strong>i di ciò e i rischi che si corrono se il rapporto tra<br />

i due insegnamenti (fisica e matematica) non è ben calibrato e bilanciato (ricordo mi sto<br />

specializzando in Matematica e Fisica), ovvero, ad esempio, il rischio di dare una immagine troppo<br />

“ancillare” della matematica, per non dire strumentale. Spero non<br />

sarà il mio caso. Vorrei però<br />

sottolineare come spesso un “senso fisico” aiuti didatticamente nel<br />

facil<strong>it</strong>are l’apprendimento della<br />

matematica. Non che la matematica debba vivere del senso che le attribuiscono altre discipline,<br />

ci<br />

mancherebbe, dico però che l’immagine che rappresenta la matematica come linguaggio della<br />

fisica<br />

(per così dire la sua “sorella terrena”), la quale a sua volta non può esprimersi se non attraverso la<br />

matematica, è una chiave di lettura utilizzabile, almeno in un contesto didattico. Insomma: la fisica<br />

e la matematica debbono nutrirsi e giovarsi una dell’altra.<br />

Detto questo, e affrontando più precisamente l’argomento, r<strong>it</strong>engo che alla matematica si debba<br />

attribuire, specie in amb<strong>it</strong>o educativo, non tanto e non solo un ruolo e una funzione meramente<br />

esecutiva, applicativa e neppure una veste che punti meramente sulla “padronanza” di s<strong>it</strong>uazioni,<br />

procedure, concetti. Quello che la matematica può dire e può dare, specialmente in un liceo (e in un<br />

liceo classico!), ma credo in tutti gli ordini di scuola, è ben più profondo: è un senso e un significato<br />

culturale, di altissima impresa dell’intelletto umano, insieme a un senso di stupore per questa<br />

misteriosa legge inscr<strong>it</strong>ta nella natura. In un liceo in particolare r<strong>it</strong>engo addir<strong>it</strong>tura che ciò debba<br />

essere oggetto di esplic<strong>it</strong>a riflessione. La portata culturale deve emergere, ed è questo (anche<br />

questo) che giustifica lo sforzo impiegato dallo studente per il suo apprendimento più concreto e<br />

duro: senza capirla, senza studiarla, non si può capire il suo senso. Sotto questa luce il formalismo<br />

deve prendere luce da un lato dal significato che esso stesso<br />

esprime, dall’altro dalla bellezza e<br />

dall’eleganza<br />

che lo accompagna.<br />

Non<br />

bisogna altresì dimenticare, soprattutto in didattica (ma non solo) del carattere ludico della<br />

matematica,<br />

del suo essere ed essere stato per molti matematici, spesso anche un bellissimo gioco:<br />

del<br />

resto il gusto stesso del giocare è qualcosa di profondamente umano, a tutte le età. Di questa<br />

dimensione<br />

non bisogna, per così dire, vergognarsi come insegnanti, anzi mostrarla e utilizzare tutta<br />

forza<br />

e il vigore che può dare in termini di motivazione ad un giovane studente.<br />

Non starò a ribadire il concetto della estrema rilevanza, se non della central<strong>it</strong>à, della cultura<br />

scientifica nell’amb<strong>it</strong>o del pensiero moderno e più in generale<br />

della cultura umana di matrice<br />

occidentale, e quindi il problema della scissione<br />

tra cultura umanistica e scientifica e il ruolo<br />

marginale spesso dato a quest’ultima. In un liceo in particolare i valori di entrambe le “culture”<br />

dovrebbero essere integrati, collegati, per far sì che esse possano prendere e darsi l’un l’altro vigore<br />

esignificato.<br />

R<strong>it</strong>engo che solo in tale modo lo studio della matematica<br />

possa fornire al discente la capac<strong>it</strong>à di<br />

interpretare il mondo, di agire su di esso e gli possa permettere, insieme<br />

alle altre esperienze e<br />

conoscenze di cui viene via via in possesso,<br />

di conquistare quello spir<strong>it</strong>o cr<strong>it</strong>ico,<br />

e quella coscienza<br />

<strong>delle</strong> proprie potenzial<strong>it</strong>à intellettive, e del proprio<br />

status di essere responsabile.<br />

IV


Strategia di insegnamento<br />

Anche<br />

in questo caso le cose da dire sarebbero tante. E una riflessione pedagogica di ampio spettro<br />

sarebbe qui necessaria. R<strong>it</strong>engo però che, in questa sede, delineare alcune scelte riguardanti lo “stile<br />

di insegnamento” possa essere sufficiente per indicare o tratteggiare il metodo e la visione del<br />

processo di insegnamento/apprendimento che ho in mente.<br />

Se l’approccio costruttivista è oggi pressoché imprescindibile, nel senso della forte sottolineatura<br />

dell’importanza della partecipazione attiva del discente al proprio cammino di apprendimento e del<br />

conseguente approccio per gradi ai concetti disciplinari, un<br />

insegnante dovrebbe a mio parere<br />

adottare un metodo di conduzione del lavoro in classe il più possibile attento alle premesse da cui i<br />

ragazzi partono, alle loro teorie ingenue, alle loro difficoltà di percorso e considerarsi come guida di<br />

un processo di apprendimento che, pur stimolato, avviene “spontaneamente”. L’errore perciò non<br />

dovrebbe essere pun<strong>it</strong>o, censurato o ev<strong>it</strong>ato a tutti i costi, ma dovrebbe essere in quest’ottica fonte e<br />

stimolo di migliore comprensione e approfondimento. Specialmente in materie scientifiche gli<br />

studenti dovrebbero imparare a non temerlo e soprattutto a non temere il dubbio o la mancanza di<br />

conoscenza, proprio in quanto questi sono (e storicamente lo sono sempre stati) veicolo di<br />

cambiamento e progresso. R<strong>it</strong>engo che anche il docente stesso debba agire nello stesso modo,<br />

permettendosi di riflettere, di sbagliare, e mostrando col proprio insegnamento (che naturalmente<br />

deve essere però il più sicuro possibile nei suoi fondamenti) la dinamic<strong>it</strong>à e il carattere v<strong>it</strong>ale della<br />

matematica (e vale anche per altre materie). Ciò a mio parere consente inoltre allo studente di<br />

mettersi accanto all’insegnante nello sforzo comune di capire, e non contro di esso. Sempre in<br />

questo senso il richiamo alla cooperazione e alla discussione<br />

pubblica tra studenti al fine<br />

dell’apprendimento credo siano tratti importanti.<br />

Il coinvolgimento dello studente a mio avviso è un punto fondamentale del processo didattico e<br />

passa non attraverso semplici trucchi o stratagemmi, né attraverso motivazioni esterne e non<br />

condivise (come punizioni, paura del voto, obblighi o costrizioni eccessive), bensì tram<strong>it</strong>e un reale<br />

tentativo del docente di entrare nel processo di apprendimento del ragazzo, una didattica che aspetti<br />

(o stimoli) la “domanda” prima di dare la “risposta”, che non affretti i tempi, che crei la possibil<strong>it</strong>à<br />

di un ambiente di apprendimento in cui sia condiviso il fine (e lo sforzo per tale fine), che dia senso<br />

e significato a ciò che si spiega, evidenziando e dando peso alle nov<strong>it</strong>à, e, non ultimo, che dia spazio<br />

all’entusiasmo, alla curios<strong>it</strong>à e al reale interesse per ciò che si dice (e questo dovrebbe essere vero<br />

tanto più per l’insegnante). Il docente non deve temere la vivac<strong>it</strong>à (purché sia segno di interesse e<br />

non di disinteresse), credo, quanto la passiv<strong>it</strong>à. Solo se lo studente è attivo e ciò che apprende è<br />

significativo per lui la sua conoscenza<br />

è duratura.<br />

Credo inoltre che la plural<strong>it</strong>à e la varietà dell’azione didattica, dei registri, degli strumenti e degli<br />

ambienti utilizzati sia essenziale per parlare a menti tra loro disomogenee e che in fondo anche ogni<br />

singolo ragazzo necess<strong>it</strong>i egli stesso di una plural<strong>it</strong>à di approcci che coinvolgano il più possibile<br />

tutti gli aspetti del suo essere (mentale, emotivo, fisico, relazionale…). A tale fine un approccio<br />

embodied all’apprendimento, che usi anche lo spazio fisico, il corpo e i sensi lo facil<strong>it</strong>a e lo rende<br />

solido e fertile.<br />

Per fare un ultimo accenno a ciò che penso possa essere un mio “stile” o una mia personale<br />

preferenza tra le modal<strong>it</strong>à di insegnamento direi che r<strong>it</strong>engo mi sia congeniale un ambiente ordinato,<br />

in cui l’attenzione è concentrata, e la discussione (anche vivace) si svolga seguendo un percorso<br />

ordinato che coinvolga il più possibile tutti. Come insegnante r<strong>it</strong>engo quindi di dover tentare di<br />

creare un simile<br />

ambiente, di cercare di guidare una discussione, di dover coinvolgere gli studenti<br />

(ad esempio, chiamandoli spesso a parlare in pubblico o a scrivere alla lavagna) e di stimolare i loro<br />

interventi ponendo ques<strong>it</strong>i, problemi. Il voto, o la “sgridata” come strumento r<strong>it</strong>engo possano essere<br />

usati, ma che ciò non debba cost<strong>it</strong>uire la norma.<br />

V


Vincoli<br />

Tipo di scuola<br />

All’interno del Liceo Torricelli di Faenza sono presenti quattro indirizzi: classico, scientifico,<br />

linguistico, psico-pedagogico. La classe in cui si svolgerà il tirocinio attivo è una prima liceo<br />

classico (terzo anno). Nel liceo è attivo il percorso sperimentale P.N.I. che prevede lezioni<br />

curricolari di informatica, inglese e storia dell’arte. Le ore di matematica settimanali sono 3.<br />

Nella 1A queste ore sono in orario in tre giorni distinti della settimana (lunedì, martedì e venerdì),<br />

un’ora ogni giorno.<br />

Dotazioni<br />

Nella scuola vi è un’aula di informatica con un computer ogni due studenti, un computer per il<br />

docente e un videoproiettore. Il software installato è adeguato per quanto previsto dal progetto (ad<br />

esempio, è installato Cabri II Plus). La classe è abbastanza ab<strong>it</strong>uata a lavorare in laboratorio,<br />

durante le ore di matematica e di altre materie, anche se non ha dimestichezza coi software di<br />

geometria dinamica.<br />

Nell’aula audiovisivi possono essere proiettati film e mostrate presentazioni ecc.; sarà utilizzata per<br />

la presentazione del filmato previsto dal percorso di tirocinio, oltre che, eventualmente, per alcune<br />

dimostrazioni con Cabri.<br />

Qualora all’interno dell’ist<strong>it</strong>uto siano presenti strumenti quali il compasso o la riga da lavagna,<br />

questi potranno essere di supporto nel corso del progetto.<br />

La classe<br />

La classe è piuttosto difficile, a detta di quasi tutti i docenti: è composta da ragazzi di buone<br />

capac<strong>it</strong>à, alcuni dei quali anche molto attivi (in altri campi, extrascolastici); la classe ha, tuttavia, un<br />

prof<strong>it</strong>to medio basso in quasi tutte le materie, con alcuni picchi molto bassi. La matematica in<br />

particolare è una <strong>delle</strong> materie in cui il rendimento è più scarso. Si tratta infatti di una classe vivace,<br />

abbastanza coesa, che accetta di interessarsi ai temi proposti, ma che manca di continu<strong>it</strong>à nello<br />

studio individuale. Anche l’uso del linguaggio, in matematica come in altre materie, è spesso<br />

superficiale e approssimativo e dunque inappropriato. I ragazzi sanno di essere una classe “scarsa” e<br />

di avere questa fama, e ne hanno fatto in un certo senso un segno di ident<strong>it</strong>à [sulla classe dal punto<br />

di vista sociologico si veda D’Amore(2005)]. Ciò fa sì che alcune potenzial<strong>it</strong>à non siano messe in<br />

gioco in maniera utile. Gli studenti sono tuttavia molto sensibili al voto negativo, ma per pure<br />

ragioni di convenienza (molti hanno gen<strong>it</strong>ori che pretenderebbero molto dal rendimento scolastico).<br />

Il mero interesse per il voto pare essere una manifestazione del “vivere d’espedienti” (nel senso di<br />

v<strong>it</strong>a scolastica) che molti di loro praticano. La classe ha difficoltà nel mantenere un’attenzione<br />

prolungata. Il comportamento<br />

a volte è rumoroso in aula, pur senza l’intenzione esplic<strong>it</strong>a di<br />

ostacolare la lezione o l’insegnante. Tuttavia gli studenti sanno anche essere curiosi, aperti e<br />

sensibili, credo, a sfide culturali di più vasta portata, pur non essendo particolarmente solidi gli<br />

strumenti culturali in loro possesso (i problemi si manifestano dal primo anno - IV ginnasio). In<br />

particolare, in matematica si evidenziano alcune carenze di base di tipo algebrico, incertezze nella<br />

visione del significato degli oggetti matematici, scarsa capac<strong>it</strong>à di uso del linguaggio (specialistico e<br />

non) e di riconoscimento della struttura del linguaggio, nonché una molteplic<strong>it</strong>à di errori nei<br />

trattamenti algebrici e nei concetti di base di geometria. Sicuramente non sembrano credere molto<br />

nelle loro possibil<strong>it</strong>à di capire, padroneggiare o dare<br />

un senso alla matematica.<br />

VI


Il programma<br />

La programmazione<br />

didattica della docente tutor è in allegato. Il progetto di tirocinio, collocandosi<br />

poco<br />

dopo l’inizio<br />

del secondo quadrimestre, cadrà in un momento in cui sono già stati affrontati il<br />

piano cartesiano e la retta, e dovrebbe perciò collegarsi a questo percorso riprendendo, con l’inizio<br />

dello studio di coniche, lo strumento cartesiano che sarà poi utilizzato nel resto dell’anno per lo<br />

studio <strong>delle</strong> restanti coniche.<br />

Lo stile d’insegnamento dell’insegnante tutor<br />

Alcune<br />

caratteristiche dello<br />

stile di insegnamento dell’insegnante tutor: all’interno o intervallati alle<br />

lezioni “standard”<br />

(che consiste in spiegazione, interrogazione, correzione comp<strong>it</strong>i a casa, esercizi<br />

alla<br />

lavagna)<br />

inserisce momenti di approfondimento (di tipo seminariale, ad esempio) o di tipo<br />

interdisciplinare che r<strong>it</strong>engo interessino gli studenti, oppure propone attiv<strong>it</strong>à di ricerca o “creative”<br />

(come, per esempio, la creazione di una presentazione PowerPoint o altro). È inoltre molto attenta ai<br />

singoli studenti, alle loro necess<strong>it</strong>à e al loro rendimento; passa quotidianamente tra i banchi a<br />

correggere o controllare i comp<strong>it</strong>i. Il libro di testo [Dodero e altri, 1999] viene usato come<br />

riferimento per lo studio a casa e per gli esercizi. La tutor dà responsabil<strong>it</strong>à e alcune libertà di scelta<br />

agli studenti, chiedendo loro il parere o i desiderata. Spiega con chiarezza e facendo frequente<br />

riferimento ad altre discipline, in particolare ad altri linguaggi e alle loro strutture. Tollera brusio o<br />

parlottio durante le interrogazioni o gli esercizi, ma ciò non significa dispersione, bensì atmosfera<br />

rilassata, ma collaborativa e attiva, orientata allo scopo persegu<strong>it</strong>o. Chiede agli studenti abbastanza<br />

lavoro per casa, anche se alcuni studenti nella classe 1A spesso non lo svolgono.<br />

Obiettivi<br />

Obiettivi generali<br />

L’obiettivo del percorso didattico previsto nel progetto di tirocinio è duplice:<br />

-principalmente introdurre lo studio <strong>delle</strong> coniche (e in effetti affrontare lo studio di una di esse su<br />

riferimento cartesiano) puntando sulla plural<strong>it</strong>à di registri e di rappresentazioni di queste, come di<br />

altre curve [si veda ad esempio D’Amore (1999) per una completa trattazione dell’argomento,<br />

oppure Godino e Batanero 2000, o ancora Radford 2003]. Puntare sull’aspetto grafico, intu<strong>it</strong>ivo e<br />

collegarlo finalmente anche al registro algebrico sarà quindi la strada. Lo scopo è quello di facil<strong>it</strong>are<br />

la percezione di un “senso” almeno in questo amb<strong>it</strong>o della matematica studiato dagli allievi,<br />

proponendo il più possibile richiami tra un registro e l’altro, di un’evoluzione storica e concettuale,<br />

di una sfida culturale, di un carattere estetico, di una rilevanza nella fisica e nel mondo naturale. Il<br />

ricorso all’intuizione, al significato concreto, all’utilizzo pratico se da un lato è rivolto a dare un<br />

senso all’attiv<strong>it</strong>à matematica, dall’altro può però rischiare di trasmetterne un’immagine come di<br />

“regno incontrastato dell’intu<strong>it</strong>o” e quindi, nella mente dello studente, regno dell’improvvisazione e<br />

dell’approssimazione (specialmente nella mente di uno studente ab<strong>it</strong>uato ad affrontare<br />

superficialmente i problemi e ad accontentarsi dei risultati). È quindi necessario parlare della<br />

matematica (intesa come processo deduttivo, logica, esattezza <strong>delle</strong> definizioni, necess<strong>it</strong>à di calcolo<br />

e di procedure) come linguaggio o “stile di pensiero” necessario, strumento per fornire basi solide<br />

all’intuizione e per darle, per così dire, leg<strong>it</strong>tim<strong>it</strong>à e sostanza. Insomma è necessario procedere su<br />

entrambi gli aspetti (intuizione e formalismo) per colmare uno scollamento, che da una parte lascia<br />

senza strumenti le risorse intu<strong>it</strong>ive e dall’altra lascia senza significato i (perciò gravosi) tentativi di<br />

imparare il formalismo e le procedure [cfr. ad esempio Duval 1996]. A questo scopo<br />

si proporranno<br />

esempi<br />

o esercizi che pur appellandosi inizialmente all’intu<strong>it</strong>o, ne sottolineino anche<br />

l’ inadeguatezza e/o (a volte) l’ingannevolezza;<br />

VII


- in seconda istanza, per quanto si può pensare di riuscire a svolgere nel breve spazio di un tirocinio,<br />

cercare<br />

di intervenire sul processo di motivazione [v. D’Amore e Giovannoni 1997 e Pellerey e<br />

Orio 1996], anche facendo ricorso ad attiv<strong>it</strong>à a carattere operativo, seminariali e di laboratorio, o di<br />

vis<strong>it</strong>a, comunque “interessanti” Si prevede il coinvolgimento degli studenti in giochi/gare, brevi<br />

lavori di gruppo e individuali, approfondimenti/ricerche individuali ed presentazioni orali di queste<br />

di fronte ai compagni. Dovrà essere incoraggiata la partecipazione attiva anche proponendo attiv<strong>it</strong>à<br />

o esercizi che stimolino il senso<br />

di padronanza e di riusc<strong>it</strong>a. Trasmettere il “senso” di ciò che si<br />

costruisce<br />

o si studia va nella stessa direzione; così pure il riferimento ad amb<strong>it</strong>i disciplinari più<br />

amati dagli studenti o padroneggiati, quali le discipline umanistiche o la storia dell’arte. La<br />

matematica<br />

sarà proposta come attiv<strong>it</strong>à culturale, sotto, ad esempio, il profilo storico. In particolare,<br />

un obiettivo è quello di trasmettere il messaggio che si può non vergognarsi di aver studiato o cap<strong>it</strong>o<br />

qualcosa di matematica, o magari che addir<strong>it</strong>tura ciò può dare uno “status” intellettuale o culturale<br />

superiore…<br />

Essendo presente una parte più legata alla visualizzazione e che fa ricorso all’operativ<strong>it</strong>à ed una più<br />

legata alla formalizzazione (algebrica, ecc), sarà opportuno bilanciare i due aspetti nel tempo,<br />

mantenendo il più possibile costante l’impegno personale richiesto, anche a casa, in linea con<br />

quanto richiesto normalmente dall’insegnante tutor.<br />

-A questi obiettivi si può aggiungere il tentativo di modificare l’immagine della matematica che la<br />

classe possiede, come di una materia scollegata dai problemi reali, che bisogna affrontare per<br />

motivazioni estrinseche (date dai voti, dai gen<strong>it</strong>ori) in buona parte non condivise interiormente, per<br />

cui è lec<strong>it</strong>o dedicarsi ad essa investendo uno sforzo minimo. In ciò si risente probabilmente di una<br />

immagine (formata o in formazione) della scuola e dell’apprendimento scolastico, come di qualcosa<br />

di interessante sotto l’aspetto sociale, sì, ma poco vicino alla realtà e alla v<strong>it</strong>a vissuta per quanto<br />

riguarda<br />

l’aspetto culturale. In particolare per quanto riguarda la matematica l’immagine è quella di<br />

una serie di procedure<br />

da seguire, il cui significato non è particolarmente investigato e compreso. Il<br />

comprendere<br />

che, almeno<br />

in qualche amb<strong>it</strong>o, ciò che si fa anche in matematica ha un senso può<br />

tuttavia aprire una finestra su un “altro” modo di interpretare la materia e quindi il suo<br />

apprendimento e gli sforzi richiesti per esso. (Naturalmente, l’insegnante tutor e gli insegnanti <strong>delle</strong><br />

altre materie hanno già tentato varie strade, che vanno anche in questa direzione, per cui i risultati di<br />

questo ulteriore tentativo non potranno che essere marginali).<br />

Prerequis<strong>it</strong>i<br />

Si intende che al momento dell’inizio del mio tirocinio…<br />

…gli allievi conoscano:<br />

-le equazioni e le disequazioni di secondo grado<br />

-nozioni di geometria riguardanti i triangoli, il cerchio, la congruenza, la simil<strong>it</strong>udine<br />

-la definizione di semplici luoghi geometrici (asse, bisettrice, ecc)<br />

-conoscenze di base riguardanti il piano cartesiano<br />

-la retta e la sua equazione in forma implic<strong>it</strong>a ed esplic<strong>it</strong>a<br />

-le formule per la distanza tra punti, tra punto e retta, di retta per un punto<br />

-le condizioni di parallelismo o perpendicolar<strong>it</strong>à tra rette<br />

-le formule per la traslazione di un sistema di riferimento<br />

…gli allievi sappiano:<br />

-costruire semplici luoghi geometrici sul piano cartesiano e individuare la loro equazione<br />

(circonferenza di raggio r centrata nell’origine, asse di un segmento, ecc)<br />

-risolvere le equazioni e le disequazioni di 1° e di 2° grado (e i sistemi di equazioni e disequazioni)<br />

e saperle riconoscere sotto varie forme o rappresentazioni<br />

-dimostrare semplici teoremi di geometria piana e utilizzarli negli esercizi<br />

VIII


-riconoscere le caratteristiche della retta dalla sua equazione e saper passare dal registro algebrico a<br />

quello grafico e viceversa<br />

-utilizzare propriamente le conoscenze di distanza, parallelismo ecc. nei problemi e negli esercizi<br />

sul piano cartesiano<br />

-utilizzare lo strumento informatico e alcuni software<br />

Obiettivi specifici<br />

Conoscenze<br />

-proprietà geometriche (simmetria, congruenze, definizione come luogo, alcuni modi per costruirle)<br />

di alcune curve “celebri” (coniche, spirale, cicloide, cardioide, trattrice, trisettrice…) e nozioni<br />

intu<strong>it</strong>ive e geometriche di evoluta, evolvente, curvatura, inviluppo). [Si veda Cresci(2006) e Faure e<br />

altri (1971)]<br />

-alcune proprietà fisiche (tautocronismo, brachistocronismo, proprietà riflessive, orb<strong>it</strong>e dei<br />

pianeti…) <strong>delle</strong> suddette curve [vedi Alfieri(2006)]<br />

-aspetti tecnici (curve viste come cost<strong>it</strong>utive di meccanismi,<br />

antenne paraboliche, pendoli…)<br />

-aspetti storici (intesi come storia della matematica) e culturali<br />

In particolare e in aggiunta a quanto sopra, <strong>delle</strong> coniche:<br />

-modal<strong>it</strong>à di costruzione tram<strong>it</strong>e macchine o con riga e compasso<br />

-proprietà dei fuochi, dei vertici, degli assi, condizioni di costruibil<strong>it</strong>à<br />

In particolare dell’ellisse:<br />

-equazione, significato dei termini e dei coefficienti (e dei loro rapporti, somme e differenze)<br />

-individuazione algebrica <strong>delle</strong> proprietà (la tangente alla curva, cerchio direttore, riflessiv<strong>it</strong>à…)<br />

Abil<strong>it</strong>à<br />

-saper costruire e riconoscere le proprietà di luoghi geometrici<br />

-saper riconoscere le proprietà <strong>delle</strong> figure tracciate da una macchina matematica [v.<br />

Maschietto(2006)]<br />

-saper utilizzare strumenti fisici e virtuali (software) di geometria<br />

dinamica e per rappresentare<br />

curve<br />

sul piano cartesiano<br />

-saper utilizzare<br />

e effettuare trattamenti sull’equazione di una conica e riconoscerne le proprietà<br />

-saper<br />

collocare storicamente lo studio e la soluzione di particolari problemi geometrici<br />

-saper presentare ad altri un problema, la sua soluzione ed il procedimento usato per essa<br />

Contenuti e loro organizzazione<br />

Fasi<br />

L’idea guida è quella rappresentabile con un “tetraedro ribaltato” (v. figura) per<br />

cui a partire da una<br />

varietà ampia di curve, inizialmente come richiamo “interessante”,<br />

affascinante, si affronterebbero<br />

dapprima gli aspetti geometrici, delineando di ciascuna di esse alcune proprietà. In segu<strong>it</strong>o si ridurrà<br />

via<br />

via il campo di studio (da curve generiche alle coniche, ad una particolare conica: l’ellisse)<br />

contemporaneamente espandendo<br />

il numero di modi in cui si può guardare a quella curva<br />

(utilizzando, da un certo punto in poi la notazione cartesiana, come strumento principe) per poi<br />

r<strong>it</strong>ornare alla formulazione cartesiana di alcune curve viste in precedenza.<br />

Ciò come quadro<br />

generale; poi si tratta di inserire, nel delineare l’evoluzione storica, qualche esempio utile a<br />

evidenziare alcuni snodi concettuali. In tutto il percorso si seguirà un approccio di tipo costruttivista<br />

che parta da problemi e fatti familiari agli studenti e miri, passo dopo<br />

passo, a stimolarli ad<br />

IX


espandere le conoscenze che essi già possiedono e quindi a modificare lo stesso modo di guardare<br />

agli oggetti e ai fenomeni (o procedure) già “noti”.<br />

Fase 1 - (esplorativa) Introduzione alle curve e alle macchine matematiche (5-6 ore)<br />

La parte iniziale dell’intervento<br />

in classe ha lo scopo di tentare di susc<strong>it</strong>are interesse per il tema<br />

della costruzione e definizione di curve. Per quanto lim<strong>it</strong>ato sia questo obiettivo, è essenziale<br />

comunque passare per questo<br />

gradino , almeno nel primo stadio. Si farà ciò in vari modi:<br />

-mostrando un breve film (probabilmente “Spirali” se sarà possibile reperirlo) della serie “Artee<br />

matematica” a cura di Michele Emmer e discutendone<br />

-a partire dall’esperienza quotidiana e da oggetti di uso ab<strong>it</strong>uale, composti da sistemi articolati che<br />

disegnano<br />

curve particolari (pur non avendo questo come scopo primario). A t<strong>it</strong>olo di esempio: i<br />

sottotegami<br />

allungabili, la cassetta degli attrezzi da lavoro, ecc; comunque materiali che si possano<br />

mostrare<br />

anche portandoli direttamente in classe<br />

-proponendo e risolvendo insieme alla classe<br />

(dimostrazione guidata dallo specializzando)<br />

“semplici” problemi che abbiano come soluzione una curva “celebre” e con determinate<br />

caratteristiche. A t<strong>it</strong>olo d’esempio: la curva disegnata da un gessetto trascinato sul banco attraverso<br />

un<br />

filo teso il cui estremo scorra sul bordo del banco (trattrice), la curva disegnata dal fascio di una<br />

torcia su una parete, ecc<br />

-proponendo come esercizio per piccoli gruppi alcune costruzioni di curve tram<strong>it</strong>e meccanismi [v.<br />

Bartolini Bussi e Maschietto 2006] a filo teso o a segmenti articolati, da realizzare in classe<br />

(realizzazione di un modello condotta dai ragazzi con l’aiuto dello specializzando) e su cui<br />

preparare singolarmente a casa una spiegazione riassuntiva all’interno di una presentazione. A mo'<br />

d’esempio: costruire un pantografo, costruire un meccanismo che tracci una retta, costruire un<br />

meccanismo a filo che tracci una curva in modo che “la somma <strong>delle</strong> distanza di un suo punto da<br />

due punti dati sia costante” ecc. Questo avverrà attraverso l’uso di materiali cosiddetti “poveri”<br />

come spago, mat<strong>it</strong>e, spilli, bastoncini da gelato.<br />

X


-proponendo, seguendo la stessa modal<strong>it</strong>à, di utilizzare solo riga e compasso per alcune semplici<br />

dimostrazioni<br />

-utilizzando il laboratorio di informatica per mostrare e proporre alcune semplici costruzioni<br />

esegu<strong>it</strong>e con Cabri [si veda ad esempio Bartolini Bussi e Maschietto 2006 o Grassi] o con alcune<br />

applicazioni Java disponibili su cd o in rete (eventualmente anche come altro tipo di “ricerca” da<br />

svolgere a casa), chiedendo agli studenti di descrivere le proprietà di una figura data la costruzione<br />

oppure la possibile costruzione data la proprietà.<br />

Naturalmente tutto questo non ha il solo scopo di rendere interessante l’argomento, ma si prefigge<br />

anche l’obiettivo di:<br />

- rinforzare la comprensione del concetto di luogo geometrico<br />

- proporre alcuni problemi come problemi che matematici, tecnici e artisti si sono<br />

effettivamente posti nel corso della storia<br />

- avvicinare la matematica a ciò che si incontra nella v<strong>it</strong>a quotidiana<br />

- dare la possibil<strong>it</strong>à di costruire di persona oggetti (concreti), di formulare congetture e di<br />

costruire definizioni<br />

- cominciare a parlare di coniche e a descriverne alcune proprietà, formulandone la<br />

definizione come luogo geometrico<br />

- facil<strong>it</strong>are l’approccio a registri diversi (proposizionale, grafico, cinematico) dello stesso<br />

oggetto (la curva)<br />

- puntualizzare il significato di definizione (varie definizioni per la stessa curva)<br />

- puntualizzare sulla necess<strong>it</strong>à del dimostrare deduttivamente una determinata proprietà e del<br />

non potersi avvalere solo del disegno [v. Duval 1996].<br />

A livello di metodologie questa fase comprenderà come detto una visione del filmato,<br />

una parte di<br />

le zione frontale e dimostrazione guidata dallo specializzando, alcuni esercizi o problemi assegnati a<br />

casa per comp<strong>it</strong>o (ad esempio: “Se muovo questo punto su questa retta che disegno risulta? Quali<br />

sono<br />

le proprietà della figura rappresentate dal disegno? Prova a formulare qualche ipotesi”,<br />

oppure: “Per ottenere una figura con questa proprietà che meccanismo devo costruire, ad<br />

esempio:usando due aste e una cerniera…”? ), una o più eserc<strong>it</strong>azioni nel laboratorio di<br />

informatica, alcune “costruzioni” date come breve ricerca in classe a piccoli gruppi e discussione in<br />

classe di quanto prodotto. Per quanto riguarda la parte di lavori di gruppo, si vuole permettere ai<br />

ragazzi di maneggiare materiale e costruire “oggetti<br />

matematici” (in linea con un’idea di<br />

insegnamento che usi il corpo e la manual<strong>it</strong>à), scandendo però le attiv<strong>it</strong>à in diverse tappe di breve<br />

durata (una decina di minuti) e sotto la guida di una scheda predisposta dallo specializzando<br />

contenente istruzioni e semplici domande per stimolare e verificare la comprensione. Le somme<br />

dell’attiv<strong>it</strong>à verranno poi via via tratte dallo specializzando<br />

stesso, che si occuperà di riassumere<br />

quanto fatto e di pretendere un resoconto dai singoli studenti, la cui preparazione può essere<br />

eventualmente fatta a casa, in base all’attiv<strong>it</strong>à svolta in classe. Il gruppo si intende quindi solo come<br />

gruppo di esecuzione di attiv<strong>it</strong>à brevi e predeterminate, la riflessione sulle quali è lasciata al<br />

singolo. Per quanto riguarda invece le dimostrazioni e le eserc<strong>it</strong>azioni con Cabri, dopo una<br />

spiegazione del funzionamento e alcune dimostrazioni che riprendano i problemi già affrontati,<br />

verrà proposto qualche esercizio da svolgere a coppie (in laboratorio) o individualmente (se si<br />

r<strong>it</strong>errà opportuno farli svolgere a casa, sui computer personali ed eventualmente con software<br />

analogo disponibile gratu<strong>it</strong>amente in rete). Si valuterà sul momento il grado di familiar<strong>it</strong>à degli<br />

studenti con lo strumento e quindi l’attiv<strong>it</strong>à’ più adatta da proporre.<br />

Una possibile scansione oraria dei suddetti temi e metodologie potrebbe essere la seguente:<br />

-presentazione, introduzione di alcuni oggetti di uso comune, dimostrazione di alcuni problemi ed<br />

esempi (per casa: ricerca di altri oggetti, problemi)<br />

-visione del filmato, discussione, altri problemi (per casa: problemi)<br />

XI


-costruzioni guidate per gruppi (per casa: relazioni ed esercizi sul lavoro svolto)<br />

-alcune presentazioni, ancora costruzioni, riga e compasso (per casa: problemi)<br />

-dimostrazione con Cabri, esercizio in classe (per casa: esercizio con Cabri)<br />

-controllo comp<strong>it</strong>i esercizio Cabri e prosecuzione progetto<br />

Fase X - Vis<strong>it</strong>a alla mostra (1 giornata e 1 ora)<br />

Si prevede di condurre gli studenti ad una vis<strong>it</strong>a guidata alla mostra matematica “Oltre il<br />

compasso”, nel “Giardino di Archimede” di Firenze<br />

La mostra affronta un percorso storico articolato del concetto di curva,<br />

che parte dalla classic<strong>it</strong>à (per<br />

questo<br />

si adatta maggiormente ad un liceo classico) fino ad arrivare al novecento e ai frattali. Vi è<br />

anche una sezione di macchine matematiche caratterizzata<br />

da un grande numero di ricostruzioni<br />

storiche di macchine, utilizzabili dai vis<strong>it</strong>atori, in cui possono essere gest<strong>it</strong>e fasi esplorative accanto<br />

afasi di<br />

ist<strong>it</strong>uzionalizzazione (lavoro che però dovrebbe essere già stato svolto in classe, seppur con<br />

strumenti rudimentali e/o solo<br />

virtuali). Di questa sezione interessa la semplic<strong>it</strong>à di utilizzo e la<br />

variet à (adattabile a diversi percorsi) <strong>delle</strong> macchine esposte.<br />

Si r<strong>it</strong>iene utile e motivante condurre la classe a mostre di questo genere, soprattutto in un percorso<br />

che tratta proprio di questo argomento, per permettere di dare di esso una conoscenza il più<br />

possibile completa, ma soprattutto per fare “uscire” la matematica dal contesto scolastico,<br />

creando<br />

una s<strong>it</strong>uazione per gran parte a-didattica, o comunque informale, che, se vissuta con attenzione ed<br />

interesse può senz’altro dare “corpo” a quello che spesso appare<br />

agli studenti ozioso, inutile e<br />

perciò<br />

difficile. Naturalmente l’operazione non è scevra da rischi, essendo la classe per certi versi<br />

poco disciplinata e, in genere, poco interessata alle attiv<strong>it</strong>à scolastiche (se non per il voto). Per<br />

ottenere la necessaria attenzione, piuttosto che ad una relazione di viaggio, si potrà proporre<br />

qualcosa di analogo ad una sfida tra i ragazzi (es: portarsi a casa tre domande intelligenti; oppure:<br />

preparare al r<strong>it</strong>orno una domanda difficile, su quanto visto, da porre ai compagni: chi risponde<br />

prende un punto, se nessuno risponde prende un punto chi l’ha fatta…o cose del genere).<br />

Un’ulteriore richiesta che può essere fatta agli studenti è quella di approfondire, in un tempo libero<br />

alla fine della vis<strong>it</strong>a guidata, uno degli oggetti o dei meccanismi matematici incontrati e preparare<br />

una spiegazione da esporre ai compagni “facendo finta” di essere la guida museale (“immagina di<br />

essere la guida e di dover spiegare agli studenti in vis<strong>it</strong>a il funzionamento di…”). Questo potrebbe<br />

essere fatto con l’aiuto di una scheda guida, realizzata dallo specializzando, e con l’eventuale<br />

richiesta di un testo scr<strong>it</strong>to da presentare all’insegnante, che segua certi punti tracciati (nome,<br />

descrizione dell’oggetto, storia, illustrazione, proprietà geometriche, curios<strong>it</strong>à…). La realizzazione<br />

di questa spiegazione e di questa relazione dovrà essere fatta a casa, mentre in classe sarà possibile<br />

ascoltare la presentazione orale di qualcheduna di esse.<br />

Come ultima annotazione si sottolinea che una “g<strong>it</strong>a” di questo tipo è anche importante come<br />

momento esperienziale comune finalizzato ad uno specifico scopo, all’interno dell’apprendimento<br />

della matematica. La classe non ha problemi di socializzazione, quindi la vis<strong>it</strong>a dovrebbe risultare<br />

un’esperienza piacevole e stimolante proprio anche come esperienza di gruppo.<br />

[Per questa fase vi è da attendere il parere favorevole del consiglio di classe, nonché da verificare la<br />

possibil<strong>it</strong>à pratica di organizzare il viaggio (mezzi di trasporto, insegnanti accompagnatori, ecc). La<br />

classe finora (negli anni del ginnasio) non ha mai fatto g<strong>it</strong>e scolastiche prolungate, come misura<br />

pun<strong>it</strong>iva<br />

per problemi di cattiva condotta. Per quest’anno il consiglio ha approvato per aprile il<br />

viaggio di istruzione (di tre giorni), ma non è scontato che ne possa venire approvato un secondo<br />

(seppure da svolgersi in giornata). In ogni caso la data (e quindi il momento in cui cadrà all’interno<br />

del progetto complessivo) è da definire]<br />

XII


Fase 2 - (l’impresa culturale) Storia dei problemi connessi alle curve e del concetto di curva (2 ore)<br />

Come<br />

premessa, per quanto riguarda il riferimento alla storia, si vuole precisare che non si intende<br />

questo<br />

come un semplice racconto cronologico di fatti o biografie, che correrebbe il rischio<br />

dell’aneddotica: lo scopo è più che altro quello di delineare un’evoluzione storica di concetti e di<br />

problemi,<br />

alla quale agganciare, allorquando è possibile, alcuni cenni storici e biografici, ad<br />

esempio leggendo un testo o una fonte storica originale.<br />

Nello specifico, per questa parte, si ha intenzione in realtà semplicemente di riprendere e trarre<br />

spunto di discussione da quanto appreso sull’argomento durante la vis<strong>it</strong>a alla mostra, approf<strong>it</strong>tando<br />

anche <strong>delle</strong> relazioni portate dagli studenti. In ogni caso, se fossero necessari approfondimenti si<br />

può seguire (tram<strong>it</strong>e lezione frontale, alla lavagna e, possibilmente, tram<strong>it</strong>e dimostrazioni<br />

esemplificative in laboratorio di informatica) la breve trattazione fatta da Giusti [v. Conti e Giusti<br />

1992] o da Cresci [v. Le curve celebri, 2006]. In tal caso a partire dalle costruzioni con riga e<br />

compasso e dai problemi classici sarà delineato quindi un quadro storico della costruzione di curve<br />

con determinate proprietà e di conseguenza si affronteranno in sintesi l’origine del metodo “riga e<br />

compasso”,<br />

con alcune costruzioni, qualche cenno sulla questione dei problemi classici (trisezione,<br />

duplicazione, quadratura) e sulla loro irresolubil<strong>it</strong>à con riga e compasso, eventualmente qualche<br />

esempio di altri modi (classici) per risolvere quei problemi (trisettrice o quadratrice). Si potrà poi<br />

collocare storicamente l’inquadratura del problema <strong>delle</strong> tre coniche come un unico problema (ad<br />

esempio le <strong>Coniche</strong> di Apollonio) e, se non ancora fatto in precedenza, vederne la loro costruibil<strong>it</strong>à<br />

(per punti) tram<strong>it</strong>e riga e compasso.<br />

A questo punto, esaur<strong>it</strong>a questa sezione “classica” (rilevante anche sul piano storico e culturale per<br />

allievi di un liceo classico), se non se ne è già parlato durante la vis<strong>it</strong>a alla mostra, si colloca<br />

storicamente il piano cartesiano, accennando alla rivoluzione cartesiana, ai vantaggi del nuovo<br />

metodo e approf<strong>it</strong>tando di questo momento per introdurre l’equazione dell’ellisse. In questo modo,<br />

introducendolo nel discorso in atto, ci si ricollega al formalismo cartesiano e algebrico visto in<br />

precedenza.<br />

La trattazione (e la durata) di tutta questa sezione dipenderà in buona parte dalla vis<strong>it</strong>a alla mostra,<br />

come detto, e dalla discussione che si spera ne possa scaturire. Il metodo sarà la presentazione dei<br />

lavori e la discussione aperta, permettendosi eventualmente di riprendere con strumenti artigianali,<br />

con riga e compasso o con Cabri alcuni problemi che si considerino ancora poco chiari.<br />

Questa parte “storica” è importante (oltre che in linea con gli obiettivi generali ministeriali per il<br />

Liceo classico, nonché con gli obiettivi dell’insegnamento di matematica esplic<strong>it</strong>ati nel Pof) per<br />

permettere ai ragazzi di inquadrare<br />

-sul piano storico-culturale e<br />

-sul piano della genesi del metodo e del procedere matematico<br />

le procedure e i risultati osservati fino a quel momento. L’osservare i problemi, i metodi, le<br />

conquiste anche dal punto di vista storico facil<strong>it</strong>a notevolmente l’acquisizione di un senso del<br />

perché “si fa così”. Permette di affrontare il problema dei “mezzi” che la matematica<br />

si dà o di cui<br />

dispone<br />

ed eventualmente attualizzarlo. Permette, inoltre, di apprezzare le differenze e le analogie<br />

tra gli aspetti tecnico, pratico e concettuale <strong>delle</strong> costruzioni.<br />

Fase 3 - Verifica intermedia (2 ore)<br />

Questa verifica intende essere un momento nel quale i ragazzi siano indotti a tirare le somme del<br />

lavoro fin qui fatto<br />

-per quanto riguarda la fase 1 sia a livello di conoscenze apprese sia di acquisizione di concetti<br />

XIII


-per quanto riguarda la fase 2 a livello di comprensione storica.<br />

Consisterà<br />

quindi in alcuni esercizi, scelti tra gli esempi già svolti, in alcuni problemi concernenti il<br />

concetto di luogo geometrico, di tipo quant<strong>it</strong>ativo e qual<strong>it</strong>ativo, e in una parte di “saggio breve” su<br />

qualche<br />

aspetto storico, eventualmente affiancata da alcune domande chiuse.<br />

I risultati della verifica saranno discussi in classe la volta successiva.<br />

Fase 4 - (la formalizzazione algebrica) Studio di coniche sul piano cartesiano (6 ore)<br />

Sarà affrontato lo studio nel piano cartesiano di una conica , l’ellisse. Questa curva è già stata vista<br />

in precedenza come luogo geometrico, in alcuni procedimenti di costruzione, e ne sono state<br />

evidenziate alcune proprietà. Si riprenderanno quindi man mano quelle proprietà (come le varie<br />

definizioni di luogo geometrico che se ne possono dare, l’eccentric<strong>it</strong>à’, ecc.) per verificarle con lo<br />

strumento cartesiano. A partire dalla costruzione effettuata con riga e compasso, operando nel<br />

registro cartesiano, si ricaverà come l’ellisse è rappresentata da un’equazione di secondo grado. Si<br />

affronterà il problema della ricerca <strong>delle</strong> tangenti ad una ellisse, dal punto di vista algebrico,<br />

visualizzando la s<strong>it</strong>uazione con Cabri, questa volta sfruttando la possibil<strong>it</strong>à di scrivere l’equazione<br />

in coordinate cartesiane della curva tracciata.<br />

I principali punti di segu<strong>it</strong>o elencati saranno trattati:<br />

-varie costruzioni dell’ellisse (e della sua equazione canonica)<br />

-assi, simmetrie, vertici, fuochi, eccentric<strong>it</strong>à<br />

-significato dei coefficienti dell’equazione<br />

-intersezione con una retta e tangenza<br />

-proprietà di riflessione<br />

-condizioni per la determinazione dell’equazione cartesiana, fascio di ellissi<br />

-traslazioni applicate ad un’ellisse<br />

(il penultimo punto potrebbe anche essere usato per introdurre il concetto di “grado di libertà”,<br />

facendo vedere attraverso Cabri come una sola condizione dia ancora modo ad un’ellisse di<br />

modificarsi - e con lei la sua equazione - mentre due condizioni la “fissino”. Nella parabola ciò<br />

sarebbe ancora più interessante poiché le tre condizioni permetterebbero di vedere zero, uno, due e<br />

tre gradi di libertà)<br />

Tutta questa fase è caratterizzata da numerosi esercizi dati per casa, esegu<strong>it</strong>i alla lavagna e<br />

commentati<br />

assieme alla classe. Si cercherà, sempre al fine di non separare in maniera drastica la<br />

precedente parte esplorativa da quella attuale di:<br />

-evidenziare la comod<strong>it</strong>à dal punto di vista tecnico dell’uso <strong>delle</strong> coordinate cartesiane<br />

-evidenziarne la general<strong>it</strong>à<br />

-riferirsi spesso a proprietà già<br />

incontrate e a motivare il procedere con la necess<strong>it</strong>à di verificarle o<br />

di dimostrarle in maniera rigorosa<br />

-utilizzare il linguaggio tabulare (per avere la “controprova numerica” di quanto ottenuto per via<br />

algebrica simbolica)<br />

-porre problemi (non meramente esecutivi) da risolvere (singolarmente o in gruppo) in aula<br />

F ase 5 - (all’indietro) Riesame sul piano cartesiano di curve e proprietà già incontrate (1 ora)<br />

Questa breve fase deve servire per allargare<br />

l’uso del registro semiotico del piano cartesiano a una<br />

vast<strong>it</strong>à<br />

di utilizzi che non riguardino solo la particolare conica esaminata. Questo da un lato per non<br />

s<strong>it</strong>uare troppo l’apprendimento dell’utilizzo <strong>delle</strong> coordinate cartesiane “fissandolo” su una sola<br />

applicazione, dall’altro<br />

per riprendere alcuni problemi incontrati in amb<strong>it</strong>o grafico, o proposizionale<br />

e dare ad essi una nuova veste, cioè una nuova forma, una nuova definizione, e una più generale<br />

XIV


soluzione. Si pensi ad esempio alla rappresentazione di qualche curva del periodo classico, o curve<br />

di terzo grado, o altre.<br />

Fase 6 - Verifica (2 ore)<br />

La verifica conclusiva verterà su tutto il lavoro svolto, e cercherà di verificare il raggiungimento<br />

degli obiettivi in termini di conoscenze e di abil<strong>it</strong>à. Verificherà altresì la capac<strong>it</strong>à di saper<br />

muoversi<br />

tra<br />

le diverse definizioni incontrate dello stesso oggetto. Conterrà anche qualche tipo di problema<br />

(che potrebbe anche essere non risolvibile) per sondare, oltre la padronanza dei concetti appresi,<br />

anche la conoscenza in termini più generali del significato concettuale di quanto si é fatto.<br />

L’immagine molto “procedurale” che i ragazzi hanno della matematica e la sua eventuale modifica<br />

può essere indagata appunto con problemi più aperti rispetto ad un esercizio “standard”. Si intende<br />

discutere dei risultati della verifica con la classe, dopo la correzione.<br />

Per quanto riguarda la motivazione non è senz’altro possibile stabilire in un tempo così breve dei<br />

cr<strong>it</strong>eri che possano misurare un processo di motivazione in atto, se non attraverso l’osservazione di<br />

alcuni semplici indicatori di “interesse” (interesse che vada al di là della ricerca del voto) i quali<br />

però indicizzano soltanto un interesse contestuale,<br />

legato all’attiv<strong>it</strong>à particolare svolta, al<br />

tirocinante, ecc.; quindi non indicativi di un più ampio<br />

processo attivo che coinvolga altri momenti<br />

dell’apprendimento della matematica o addir<strong>it</strong>tura di altre materie,<br />

né una diversa disposizione<br />

verso il vivere scolastico. Tuttavia indici come<br />

la partecipazione attiva in aula, la richiesta di<br />

chiarimenti, la disponibil<strong>it</strong>à all’approfondimento<br />

e alla ricerca, la compartecipazione attiva del<br />

gruppo classe alla soluzione di un problema<br />

potrebbero essere semplici osservabili utili allo scopo,<br />

durante tutto il periodo del<br />

tirocinio.<br />

Si intende fare anche una verifica di gradimento del lavoro svolto soltanto se il tempo lo consentirà.<br />

In ogni caso il rapporto con la tutor<br />

è franco e si r<strong>it</strong>iene che questi aspetti possano emergere<br />

spontaneamente durante e dopo l’esperienza di tirocinio.<br />

Valutazione<br />

Si premette che come delineano vari autori (Arrigo 2003, Fandiño Pinilla 2002 e 2005) la<br />

valutazione è un aspetto importante e complesso del lavoro dell’insegnante. Ogni azione, e in<br />

particolare ogni azione didattica parte da una analisi di una s<strong>it</strong>uazione e quindi da una sua<br />

valutazione. Essa deve necessariamente essere un atto consapevole, preparato, e non lasciato<br />

all’improvvisazione, e deve comportare <strong>delle</strong> scelte precise, se si vuole che l’azione abbia<br />

efficacia.<br />

Ciò che deve essere valutato è molteplice: ad esempio, in un processo di<br />

insegnamento/apprendimento l’insegnante può e deve valutare il proprio operato, i propri rapporti<br />

col discente, il suo apprendimento, il suo rapporto con la disciplina, col docente, coi compagni...<br />

Non solo: deve permettere e stimolare anche lo studente a fare lo stesso, a comprendere il proprio<br />

grado di apprendimento, a sviluppare capac<strong>it</strong>à di metacognizione e di autovalutazione…<br />

Non solo: deve poter dire e dare allo studente un metro e una misura di tutto questo, deve(coni<br />

voti,<br />

ma anche con molti altri strumenti) fornirgli un feedback rispetto al suo impegno e ai suoi<br />

risultati, ed assieme a questo incoraggiarlo e dargli i mezzi per far sì che la parte di valutazione che<br />

dall’insegnante viene esplic<strong>it</strong>ata allo studente favorisca il futuro apprendimento e la motivazione<br />

a<br />

questo.<br />

Come si vede da quanto rapidamente scr<strong>it</strong>to, la valutazione è un processo molto complesso, sotto<br />

tanti punti di vista. (In un tirocinio comunque, a differenza che in una “normale” professione di<br />

insegnante, una grossa riserva di dati osservativi (e di interpretazione di questi) a cui attingere è<br />

rappresentata senz’altro dall’insegnante tutor, il quale da tempo conosce la classe e le singole storie<br />

di ognuno dei ragazzi)<br />

XV


Da parte dell’insegnante la valutazione deve investire il singolo studente, così come il gruppo classe<br />

e deve essere continua e costante, in modo tale da permettere di cogliere tutti gli aspetti utili<br />

all’insegnamento.<br />

Esistono vari strumenti e varie forme attraverso cui la valutazione può essere<br />

costru<strong>it</strong>a<br />

ed espressa (le più usuali sono le verifiche formative, sommative, le interrogazioni) e si è<br />

già descr<strong>it</strong>to precedentemente<br />

come nelle varie fasi del tirocinio queste ed altre forme verranno<br />

impiegate,<br />

contestualmente ad una osservazione degli aspetti di motivazione.<br />

Un ultimo punto che premeva segnalare riguarda quella che si potrebbe chiamare “valutazione a<br />

distanza” (di tempo). Se “la cultura è ciò che rimane dopo che si è dimenticato tutto”, una<br />

valutazione esplic<strong>it</strong>a di ciò che a livello concettuale è rimasto a distanza di tempo<br />

dall’insegnamento di un determinato argomento sarebbe un necessario e utile indicatore<br />

dell’efficacia dello sforzo di apprendimento/insegnamento. Naturalmente ciò non può essere<br />

realizzato in un tirocinio, ma potrà essere un’idea per una futura esperienza di insegnamento.<br />

Bibliografia<br />

-AA.VV. Convegno nazionale “Incontri con la matematica”, Castel San Pietro Terme, 2006<br />

-AA.VV. Piano dell’Offerta Formativa A.S. 2005/2006, Liceo Torricelli, Faenza<br />

-Alfieri A., Curve, inviluppi e altre questioni, Atti del XXVI Convegno UMI-CIIM, Reggio Emilia,<br />

Novembre 2006<br />

-Arrigo G., Definire competenze in matematica - in “Competenze in matematica”, P<strong>it</strong>agora, 2003<br />

-Arzarello F., Bazzini L. e Chiappini G., L’algebra come strumento di pensiero. Analisi teoriche e<br />

considerazioni didattiche. Nucleo di ricerca didattica, dipartimento di matematica, univers<strong>it</strong>à di<br />

Pavia, 1994, quaderno n°6.<br />

-Bartolini Bussi M.G. e Maschietto M., Macchine matematiche: dalla storia alla scuola (libro e cd),<br />

Springer 2006<br />

-Baruk S., Dizionario di matematica elementare, Zanichelli,<br />

1998<br />

-Conti<br />

F.e Giusti E. (a cura di) “Oltre il compasso. La geometria <strong>delle</strong> curve” - volume della mostra<br />

omonima, Pisa 1992<br />

-Cresci L., Le curve<br />

celebri, Muzzio 2006<br />

-D’Amore<br />

B., Elementi di didattica della Matematica, P<strong>it</strong>agora, 1999<br />

-D'Amore B., Oggetti relazionali e diversi registri rappresentativi: difficoltà cogn<strong>it</strong>ive ed ostacoli. -<br />

in L'educazione matematica, 1998, n.1<br />

-D’Amore B., Pratiche e metapratiche nell’attiv<strong>it</strong>à matematica della classe intesa come società - in<br />

La matematica e la sua didattica 2005 n.3, P<strong>it</strong>agora<br />

-D’Amore B. e Giovannoni L., Coinvolgere gli allievi nella costruzione del sapere matematico - in<br />

La matematica e la sua didattica 1997 n.4, P<strong>it</strong>agora<br />

-Dodero N., Baroncini P. e Manfredi R., Lineamenti di matematica, Ghisetti e Corvi, 1999<br />

-Duval R., Argomentare, dimostrare, spiegare: continu<strong>it</strong>à o rottura cogn<strong>it</strong>iva? - in La matematica<br />

e<br />

la sua didattica, 1996 n.2<br />

-Duval R., Quel cogn<strong>it</strong>if retenir en didactique des mathématiques? Actes de l’Ecole d’été,<br />

1995.<br />

[Trad. It. : la matematica e la sua didattica, 1996, n.3].<br />

-Emmer M. (a cura di) Arte e Matematica - serie di filmati<br />

-Fandiño Pinilla M. I., Curricolo e valutazione in matematica, P<strong>it</strong>agora, 2002<br />

-Fandiño Pinilla M.I., La valutazione in matematica e le prove INValSI - in La matematica e la sua<br />

didattica 2005 n.3, P<strong>it</strong>agora<br />

-Faure R., Kaufmann A. e Denis-Papin M., Manuale di Matematica, ISEDI, 1971<br />

-Godino J.D. e Batanero C., Significato ist<strong>it</strong>uzionale e personale degli oggetti matematici - in La<br />

matematica e la sua didattica 2000 n.3, P<strong>it</strong>agora<br />

-Grassi G., La definizione di un oggetto matematico: le coniche - slides del corso di Laboratorio di<br />

<strong>Didattica</strong> della Matematica<br />

II<br />

XVI


-Guerra L., Educazione e tecnologie, i nuovi strumenti della mediazione didattica, Ed Junior 2002<br />

-Maschietto M., Matematica e macchine: un legame antico e non banale, Atti del XXVI Convegno<br />

UMI-CIIM, Reggio Emilia, Novembre 2006<br />

-Pellerey M e Orio F., La dimensione affettiva e motivazionale nei processi di apprendimento della<br />

matematica - in ISRE 1996 n.2<br />

-Radford L., Gestures, speech, and the sprouting of signs. A semiotic-cultural approach to students’<br />

types of generalization - in Mathematical thinking and learning, 2003 n.5<br />

-Zan R., Problemi e convinzioni, P<strong>it</strong>agora 1998<br />

XVII


ALLEGATO AL PROGETTO DI TIROCINIO<br />

Liceo Torricelli – Faenza – Mod “Piani di lavoro” – Anno scolastico 2006-2007<br />

DOCENTE : Laura Giovannoni<br />

MATERIA : Matematica CLASSE 1 A<br />

A. SCANSIONE CRONOLOGICA DEI CONTENUTI DA TRATTARE<br />

Le COMPETENZE<br />

Calcolare in modo efficiente<br />

Risolvere equazioni e disequazioni algebriche<br />

Applicare il metodo deduttivo<br />

Scegliere le procedure risolutive di problemi di geometria con il metodo algebrico o con il<br />

metodo <strong>delle</strong> coordinate<br />

Utilizzare software opportuno come strumento di apprendimento o di comunicazione<br />

Usare il linguaggio specifico relativo ai contenuti appresi<br />

Collocare i contenuti disciplinari in un quadro storico e culturale più ampio<br />

Il docente:<br />

- Individuerà i saperi minimi all’interno della tabella che descrive le informazioni, i concetti e le<br />

procedure cogn<strong>it</strong>ive della disciplina in rapporto alla s<strong>it</strong>uazione della classe<br />

- Su questa base negli organi collegiali si verificherà la possibil<strong>it</strong>à di destinare fino al 15%<br />

dell’orario complessivo per attiv<strong>it</strong>à di recupero, riorientamento, approfondimenti e integrazioni<br />

multidisciplinari.<br />

Le abil<strong>it</strong>à trasversali da promuovere: l’allievo<br />

usa in modo corretto la lingua naturale ed il linguaggio specifico per esporre un argomento<br />

ha acquis<strong>it</strong>o un metodo autonomo di studio<br />

sa operare collegamenti tra i diversi amb<strong>it</strong>i disciplinari<br />

Gli strumenti:<br />

manuali, fonti on line, calcolatrice, computer.<br />

XVIII


INFORMAZIONI, CONCETTI E PROCEDURE COGNITIVE<br />

INFORMAZIONI CONCETTI PROCEDURE<br />

- Statistica e Probabil<strong>it</strong>à - Evento - Stimare i risultati<br />

di un<br />

- medie<br />

procedimento<br />

- Controllare e giustificare<br />

procedimenti<br />

- Analizzare grafici<br />

-Geometria<br />

sintetica del piano e<br />

dello<br />

spazio<br />

- Logica<br />

-Algebra - Applicare con sufficiente<br />

-Logica - Il codice linguistico algebrico abil<strong>it</strong>à le tecniche del calcolo<br />

- Equazione letterale nella risoluzione di<br />

- Disequazione<br />

equazioni e disequazioni<br />

- Funzione algebriche<br />

- Intervallo<br />

- Rappresentare intervalli<br />

contenuti in R<br />

- Tollerare s<strong>it</strong>uazioni<br />

indecidibili<br />

- Geometria anal<strong>it</strong>ica<br />

- Informatica<br />

- Trasformazione geometrica<br />

- proporzione<br />

- simil<strong>it</strong>udine<br />

- Dimostrazione<br />

- Inferenza logica<br />

- Piano cartesiano<br />

- luogo geometrico<br />

- Linguaggi e programmi<br />

- Usare la terminologia<br />

propria<br />

dei contenuti appresi<br />

- Operare deduzioni<br />

- Inventare per analogia<br />

- Individuare in un problema le<br />

variabili, i parametri, le<br />

costanti<br />

- Formalizzare un problema<br />

con il linguaggio algebrico<br />

- Utilizzare il metodo <strong>delle</strong><br />

coordinate nel piano<br />

cartesiano per la<br />

rappresentazione dei luoghi<br />

geometrici<br />

- Eseguire procedimenti<br />

non<br />

automatizzati<br />

- Scegliere procedure<br />

risolutive<br />

- Usare software opportuno per<br />

risolvere problemi specifici.<br />

- Sintetizzare, schematizzare<br />

- Interpretare grafici<br />

XIX


B .METODOLOGIE DIDATTICHE<br />

In base agli obiettivi educativi del progetto di classe ed alle final<strong>it</strong>à dell'educazione matematica i<br />

contenuti proposti mirano, oltre che alla formazione culturale degli allievi, al potenziamento <strong>delle</strong><br />

loro abil<strong>it</strong>à cogn<strong>it</strong>ive e al loro orientamento scolastico, ai seguenti obiettivi: motivazione<br />

degli allievi, misurabile nel piacere di usare le loro conoscenze, nella curios<strong>it</strong>à, nella<br />

spontanea richiesta di approfondimento, nella consapevolezza della genesi <strong>delle</strong> idee matematiche<br />

inquadrate storicamente e culturalmente;<br />

fornire un'immagine della matematica<br />

come di una disciplina "pos<strong>it</strong>i va " , non solo perché utile, ma<br />

perché riguarda<br />

l'uomo, fa parte della<br />

sua cultura.<br />

A questo scopo i contenuti saranno presentati mettendo in evidenza l'evoluzione del "metodo",<br />

sistemati rigorosamente (definizioni, teoremi) anche se<br />

non sempre nel linguaggio formale; gli<br />

esercizi saranno pensati come applicazione o come esempi di problemi da risolvere<br />

sempre alla luce<br />

<strong>delle</strong><br />

nuove conoscenze.<br />

Si sollec<strong>it</strong>eranno<br />

gli allievi a vedere la matematica nel quadro generale<br />

<strong>delle</strong> altre discipline; a<br />

pensare<br />

la<br />

matematica non come una "ver<strong>it</strong>à" data ma come lo sviluppo<br />

stesso <strong>delle</strong> sue idee; a<br />

riflettere sul fatto che nuove scoperte matematiche sono influenzate o influenzano in generale il<br />

modo di interpretare la realtà; a discutere e a parlare di matematica così come si può<br />

discutere e<br />

parlare<br />

di letteratura.<br />

L'attiv<strong>it</strong>à didattica si articolerà in lezioni frontali dell'insegnante aperte al dialogo e alla discussione;<br />

oltre<br />

al libro di testo saranno sugger<strong>it</strong>e letture di approfondimento; gli esercizi saranno proposti in<br />

modo equilibrato con il resto in modo da non diventare il solo momento didattico significativo per<br />

gli allievi.<br />

Il prof<strong>it</strong>to raggiunto da ogni allievo espresso in un voto sarà descr<strong>it</strong>to nei giudizi individuali.<br />

È previsto l’uso del computer non solo per le necess<strong>it</strong>à dello svolgimento<br />

del programma di<br />

informatica,<br />

ma anche come strumento di supporto, con un software opportuno, per affrontare<br />

alcune idee centrali in matematica nonché per motivare gli allievi a cooperare,<br />

al rispetto <strong>delle</strong><br />

regole<br />

di gruppo, a rispettare tempi di lavoro.<br />

XX


Diario di tirocinio<br />

Ven 23/2<br />

Argomenti trattati:<br />

schematizzazione geometrica di oggetti reali (gli oggetti non sono figure geometriche ma devono<br />

essere schematizzate per diventarlo)<br />

meccanismi articolati, parallelogramma articolato, parallelismo<br />

creazione di curve<br />

cardioide<br />

la definizione (una definizione è un modo univoco per descrivere qualcosa, ci possono essere più<br />

definizioni della stessa cosa)<br />

cicloide (preceduta da congetture su come una bicicletta<br />

potesse disegnare una curva di tale forma)<br />

epicicloide e seconda definizione di cardioide<br />

Materiale usato:<br />

attaccapanni<br />

bilancia<br />

sottotegame<br />

tazze e vasetti<br />

fotocopia (per ogni ragazzo) di un articolo di tuttoscienze sulla cardioide nella tazza<br />

sagome di cartone: cerchi grandi e piccoli con fori, sagoma rettilinea, cerchio grande<br />

Comp<strong>it</strong>o dato:<br />

schematizzare il sottotegame e descriverlo geometricamente<br />

portare tre esempi di figure o costruzioni con proprietà geometriche incontrate nella v<strong>it</strong>a quotidiana<br />

Argomenti trattati:<br />

Parallelogramma articolato (ripresa dell’esercizio dato a casa), problemi di schematizzazione<br />

esempi di meccanismi (porta, pistone, treno, tram)<br />

catenaria (cenno)<br />

ipocicloide<br />

coniche come intersezione di piano e cono<br />

breve presentazione g<strong>it</strong>a e comp<strong>it</strong>i per g<strong>it</strong>a<br />

Materiale<br />

usato:<br />

sottotegame<br />

allungabile<br />

spirografo<br />

torcia<br />

elettrica con cono di cartone<br />

foglio<br />

esercizi per casa<br />

Comp<strong>it</strong>o<br />

dato:<br />

esercizi<br />

su foglio (comp<strong>it</strong>ocurve2) che r<strong>it</strong>irerò venerdì<br />

Lun 26/2<br />

XXI


Gio 01/3<br />

Argomenti trattati:<br />

G<strong>it</strong>a<br />

a Firenze.<br />

Vis<strong>it</strong>a(1 ora e mezza):<br />

Meccanismi per retta, Inutil<strong>it</strong>à e util<strong>it</strong>à della matematica, problemi aperti<br />

in<br />

matematica,<br />

Quadrilatero e triangolo<br />

articolato, <strong>Coniche</strong>: grande cono tagliato, compasso con corda<br />

e ellisse del giardiniere, fuochi ellisse e parabola, proprietà riflessive ellisse e parabola, riflessione<br />

di suono e luce, Cicloide e proprietà brachistocrona, isocrona, e sua evoluta, pendolo cicloideo,<br />

cardioide con raggi bici, spirale Archimede (disco a varie veloc<strong>it</strong>à)<br />

e in rocchetto filo.<br />

Tempo libero (mezzora) per approfondimenti individuali.<br />

Materiale usato:<br />

Foglio con consegne per la vis<strong>it</strong>a (2 comp<strong>it</strong>i) distribu<strong>it</strong>o in viaggio ad ognuno con la preghiera di<br />

dedicare qualche minuto per leggerlo attentamente<br />

Comp<strong>it</strong>i dati:<br />

Sanno di dovere preparare per domani le tre domande per la sfida<br />

Ven 02/3<br />

Argomenti trattati:<br />

Disfida: col dado da venti sorteggio chi fa la domanda. Un paio di domande libere alla fine. Cerco<br />

di intervenire e spiegare le cose poco chiare. La prof tiene i punti e arb<strong>it</strong>ra con me sulla<br />

giustezza<br />

<strong>delle</strong> risposte.<br />

Le domande vertono su coniche (proprietà<br />

focali e sezioni, parallelismi ecc), cicloide, epi e ipo-<br />

cicloide e cardioide, sulla spirale di Archimede, sulle loro definizioni e costruzioni<br />

e sulle proprietà<br />

isocrone, brachistocrone, sulla periodic<strong>it</strong>à. Nulla su rette e meccanismi.<br />

Materiale<br />

usato:<br />

Premi:<br />

coni gelato sezionati secondo le tre coniche, cioccolatini<br />

Comp<strong>it</strong>i dati:<br />

Ce l’hanno già<br />

Lun 05/3<br />

Argomenti trattati:<br />

Solo mezz’ora scarsa di tempo, la classe era fuori<br />

ed è arrivata tardi. Volevo anche introdurre le<br />

coniche come luoghi, distribuire i riassunti su esse, eventualmente correggere gli esercizi vecchi e<br />

r<strong>it</strong>irare le varie relazioni, ma non c’è stato tempo.<br />

Presentazioni approfondimenti<br />

esperti (in aula multimediale).<br />

3 presentazioni PP: Lorenzo<br />

(proprietà ottiche fuochi ellisse, esperimento bacinella: oltre alla<br />

presentazione ha portato una bacinella di forma molto vagamente ell<strong>it</strong>tica, ha parlato dei fuochi,<br />

dello spazio -sistema solare- con il sole<br />

in un fuoco e il pianeta nell’altro!, della luce che esce dal<br />

sole e va a colpire il pianeta…), Carlotta (spirale di Archimede,<br />

storia, molto riferimento alla<br />

mostra, breve, minimale),<br />

Costanza (cicloide, molto approfond<strong>it</strong>a -storia, generazione, quadratura,<br />

macchinario per tracciare…- molto<br />

internet, forse copia incolla, ma esposta bene).<br />

C’è stato tempo per qualche approfondimento sulla spirale (l’insegnante e io abbiamo<br />

brevemente<br />

accennato a spirali non archimedee -nautilus, esempio dei<br />

cani nel cortile, modi greci con sezione<br />

aurea<br />

e riferimento a razionali/irrazionali (approfondimento fatto in 4° ginnasio, che alcuni<br />

ricordavano)-<br />

e a come si tracciano)<br />

XXII


Materiale usato:<br />

Powerpoint su pc con<br />

videoproiettore<br />

Comp<strong>it</strong>i dati:<br />

nessuno, non c’è stato proprio modo<br />

Mar 06/3<br />

Argomenti trattati:<br />

R<strong>it</strong>iro relazioni vis<strong>it</strong>a (cartaceo e/o elettronico)<br />

Breve correzione di alcuni esercizi dati tempo fa per comp<strong>it</strong>o<br />

Costruzione “a occhio”<br />

su lavagna quadrettata di ellisse e iperbole (1 ramo) dalla definizione come<br />

luogo<br />

Cenni a strumenti migliori da usare per essi, ho richiesto<br />

le prossime volte di portare riga e<br />

compasso<br />

presentazione Pietro,<br />

domande<br />

Distribuzione fogli su coniche e richiesta di studio e promessa di chiamare<br />

qualcuno venerdì<br />

Materiale usato:<br />

fogli riassuntivi e illustrati su coniche<br />

ho r<strong>it</strong>irato le relazioni<br />

(cartacee, a mano o word, +1 cd)<br />

Comp<strong>it</strong>i dati:<br />

Studiare il foglio riassuntivo sulle coniche e sapere le tre definizioni come luogo<br />

Ven 09/3<br />

Argomenti trattati:<br />

r<strong>it</strong>iro ultime relazioni, redarguisco chi non l’ha (Alceste, Simone)<br />

chiamo a sorte due persone (Gea e Caterina) a dirmi le definizioni di ellisse, iperbole e parabola<br />

come luoghi e a costruirle a mano.<br />

Puntualizzo<br />

le definizioni date, estendo quella data di iperbole, definisco asse della parabola e do il<br />

comp<strong>it</strong>o (foglio con esercizi dimostrazioni)<br />

Dico di portare riga e compasso le prossime volte<br />

Materiale<br />

usato:<br />

Foglio di esercizi su dimostrazioni su coniche, distribu<strong>it</strong>o<br />

Ultime loro relazioni<br />

r<strong>it</strong>irate e alcune anche/solo in formato dig<strong>it</strong>ale<br />

Comp<strong>it</strong>i dati:<br />

Esercizi su dimostrazioni<br />

Lun 12/3<br />

Argomenti trattati:<br />

R<strong>it</strong>iro ultime relazioni (Alceste e Simone). Di fronte a problemi sulle dimostrazioni date per<br />

esercizio (molti hanno fatto solo la figura) spiego brevemente cosa intendo per “dimostrare”<br />

(ipotesi, tesi..) e rimando a domani la correzione e il r<strong>it</strong>iro dei fogli.<br />

Dividiamo la classe in 6 gruppi da 3 (per vicinanza di posto), dividiamo i banchi, distribuisco i fogli<br />

e il materiale, spiego cosa c’è da fare (costruzione di un iperbolografo a filo) a più riprese a seconda<br />

<strong>delle</strong> richieste di spiegazione. Passiamo tra i banchi per spiegare e aiutare.<br />

A chi ha fin<strong>it</strong>o dico di pensare a che figura può essere. I gruppi finiscono più o meno insieme.<br />

Per tutto ciò viene impiegata quasi tutta l’ora.<br />

XXIII


Pongo dalla cattedra alcune domande e schematizzo alla lavagna il meccanismo. Tra iperbole e<br />

parabola (proposte da loro) suggerisco iperbole, perché dico che per la parabola bisognerebbe<br />

trovare<br />

la direttrice, mentre qui abbiamo A e B che possono fare da fuochi. Spiego cosa però<br />

bisognerebbe dimostrare<br />

per dire che è un’iperbole, scrivo la formula e suggerisco PA-PB=m-n da<br />

dimostrare a casa. Li lascio col comp<strong>it</strong>o<br />

di riscrivere su un foglio lo schema, le proprietà<br />

geometriche,<br />

e rispondere alle domande.<br />

Materiale usato:<br />

Cartoni come base, fogli bianchi, scotch, colla, forbici, spago, puntine da disegno lunghe e corte,<br />

bastoncini del gelato, mat<strong>it</strong>a, foglio con istruzioni e domande<br />

Relazioni r<strong>it</strong>irate<br />

Comp<strong>it</strong>i dati:<br />

finire il lavoro iniziato (su foglio a parte) con schema e risposta alle domande, rifare meglio le<br />

dimostrazioni che c’erano per oggi<br />

Mar 13/3<br />

Argomenti trattati:<br />

R<strong>it</strong>iro le dimostrazioni sulla simmetria nell’ellisse (oltre che l’ultima relazione mancante -Matteo).<br />

Commento<br />

sulle relazioni della mostra e sull’uso di internet.<br />

Dimostrazioni e discussione sull’iperbolografo a filo, risposta ad alcune domande, richiesta di finire<br />

a casa (nessuno era comunque riusc<strong>it</strong>o a dimostrare che era un’iperbole e pochi avevano<br />

risposto<br />

alle<br />

domande successive).<br />

Digressione sull’idealizzazione dello strumento a filo e su in che senso è “esattamente” un’ iperbole.<br />

Carlotta volontaria alla<br />

lavagna per la dimostrazione della simmetria dell’ellisse, punto 1. Ci sono<br />

confusioni su ipotesi e tesi, preciso le cose, e viene svolta correttamente.<br />

Digressione breve su dimostrazione e sul fatto che è tra le prime cose che dimostriamo.<br />

Idealizzazione degli strumenti e riferimento<br />

a riga e compasso, come strumenti non perfetti, se non<br />

idealmente (v. relazione Alceste) e a differenza tra compasso e bicchiere.<br />

Costruzione col compasso dell’ellisse, a partire<br />

da due segmenti (2c e 2a) e con punto Q a piacere<br />

che scorre su 2a.<br />

Materiale usato:<br />

Materiale (iperbolografo a filo) prodotto la volta scorsa<br />

Compasso da lavagna<br />

Fogli esercizio parabola riga e compasso<br />

Comp<strong>it</strong>i dati:<br />

Rinvio a venerdì il r<strong>it</strong>iro degli esercizi sull’iperbole a filo + costruzione a mano di punti dell’ellisse<br />

come fatto in classe + costruzione riga e compasso parabola e dimostrazione (v.foglio)<br />

Ven16/3<br />

Argomenti trattati:<br />

2 ore (per sost<strong>it</strong>uzione insegnante mancante).<br />

R<strong>it</strong>iro materiale dato per comp<strong>it</strong>o, comunico che oggi abbiamo due ore, chiedo se qualcuno vuole<br />

fare ancora presentazioni (si offrono Laura, ma non per sub<strong>it</strong>o, e Simone). Comunico che martedì ci<br />

sarà la verifica. Spiego come sarà e distribuisco il test in preparazione, da fare a casa e che sarà<br />

corretto e discusso lunedì.<br />

In laboratorio per l’ora e mezzo restante costruiamo<br />

riga e compasso la parabola, seguendo le<br />

istruzioni date per comp<strong>it</strong>o, nella prima parte insieme, nella seconda parte lascio fare a loro e passo<br />

XXIV


tra i computer. Arriviamo a tracciarla per punti, e arrivo a mostrare il locus. (Le due presentazionile<br />

faremo poi -mercoledì o giovedì?-)<br />

Materiale usato:<br />

Foglio con test su coniche.<br />

Cabri nel laboratorio di informatica, con alcune figure preparate da me e alcune presenti sul<br />

computer<br />

del laboratorio<br />

Comp<strong>it</strong>i dati:<br />

Foglio esercizi a risposta multipla su coniche, studiare le definizioni date di coniche (a memoria) e<br />

ripassare gli esercizi<br />

fatti.<br />

Argomenti trattati:<br />

Correzione alla lavagna del test dato per comp<strong>it</strong>o<br />

Alcune<br />

puntualizzazioni<br />

Nota su relazioni di lunghezza tra assi e distanze focali nell’ellisse<br />

Materiale usato:<br />

Foglio riassuntivo su coniche come luogo geometrico<br />

Iperbolografi a filo fatti dai ragazzi<br />

Comp<strong>it</strong>i dati:<br />

Ripasso in vista del comp<strong>it</strong>o, aiutato dal foglio riassuntivo distribu<strong>it</strong>o<br />

Argomenti trattati:<br />

Verifica su coniche come luogo geometrico.<br />

Avvisiamo Laura e Simone che domani faranno la loro presentazione<br />

Materiale usato:<br />

fogli verifica<br />

Comp<strong>it</strong>i dati:<br />

nessuno<br />

Lun 19/3<br />

Mar 20/3<br />

Mer 21/3<br />

Argomenti trattati:<br />

relazioni (Simone) su g<strong>it</strong>a e lezione della prof su spirali logar<strong>it</strong>miche, fibonacci, sezione aurea<br />

Io ero assente per impegni di lavoro<br />

Materiale usato:<br />

Comp<strong>it</strong>i dati:<br />

nessuno<br />

XXV


Argomenti trattati:<br />

consegna verifiche, discussione, puntualizzazioni<br />

Materiale usato:<br />

foglio costruzione parabolografo<br />

Comp<strong>it</strong>i dati:<br />

parabolografo (costruzione personale facoltativa) e domande (obbligatorie)<br />

simmetria parabola non fatta a suo tempo<br />

Gio 22/3<br />

Ven 23/3<br />

Argomenti<br />

trattati:<br />

correzione dimostrazione parabola<br />

correzione esercizio parabolografo<br />

piano cartesiano: senso, differenza tra retta fuori e dentro un riferimento cart., util<strong>it</strong>à del p.c.;<br />

costruzione del luogo “asse<br />

del segmento” e equazione risultante; costruzione dell’equazione<br />

dell’ellisse come luogo (non terminata)<br />

Materiale usato:<br />

libro di testo per riferimento<br />

Comp<strong>it</strong>i dati:<br />

finire costruzione<br />

equazione ellisse<br />

studiare pagg 219-221<br />

Lun 26/3<br />

Argomenti trattati:<br />

Ripresa del discorso di venerdì da dove era stato interrotto: equazione canonica dell’ellisse e suo<br />

significato, semiassi e loro relazione con la semidistanza focale, appartenenza<br />

di un punto<br />

all’ellisse,<br />

ellissi “oblique” o verticali, dimostrazione della simmetria attraverso le c.c., disegno del<br />

grafico di un’ellisse.<br />

Materiale<br />

usato:<br />

libro di testo, esercizi<br />

svolti e teoria<br />

Comp<strong>it</strong>i<br />

dati:<br />

studiare teoria pagg 221-223<br />

esercizi pagg 256ss: 1-4, 6-7, 9-11, 19<br />

Mar 27/3<br />

Argomenti<br />

trattati:<br />

Controllo esercizi dati a casa, individuazione di eventuali problemi (es. 19), Lorenzo e Stefania alla<br />

lavagna.<br />

Su correzione es.<br />

19 inserisco mia spiegazione su: spostamento dei fuochi e eccentric<strong>it</strong>à dell’ellisse,<br />

circonferenza<br />

e segmento come lim<strong>it</strong>i dell’ellisse quando i fuochi si spostano, lim<strong>it</strong>i del valore di e,<br />

equazione<br />

della circonferenza, ellisse con l’asse maggiore sulle ordinate, sua eccentric<strong>it</strong>à,<br />

ridefinizione<br />

di a,b,c.<br />

Concordo<br />

la data della verifica finale e do il comp<strong>it</strong>o<br />

XXVI


Materiale usato:<br />

libro di testo, esercizi svolti<br />

e teoria<br />

Comp<strong>it</strong>i<br />

dati:<br />

finire teoria pag. 227<br />

esercizio risolto 4 p.225, p.257ss. es. 19 (di nuovo), 22, 29, 32, 37, 38-43, 44, 61<br />

Ven 30/3<br />

Argomenti trattati:<br />

correzione di esercizi alla lavagna su ellisse per un punto, eccentric<strong>it</strong>à, condizioni di esistenza.<br />

Implicazioni di calcolo algebrico (sistemi di equazioni, sost<strong>it</strong>uzione di variabile, disequazioni di<br />

primo grado fratte)<br />

Materiale usato:<br />

esercizi del libro<br />

Comp<strong>it</strong>i dati:<br />

esercizio risolto n.5 pag.225. Esercizi pagg.257ss. n. 21,26,27,29(chi non l’aveva fatto),46,52,62.<br />

Lun 02/4<br />

Argomenti trattati:<br />

Lezione (dimostrazione da parte dello<br />

specializzando) in laboratorio di informatica tram<strong>it</strong>e l’uso di<br />

Cabri: costruzione riga e compasso dell’ellisse, traccia e luogo, variazione del luogo al variare dei<br />

parametri<br />

a e c, verifica della definizione di ellisse come luogo, misura di a e c e calcolo di e e b,<br />

l’ eccentric<strong>it</strong>à e al variare di c e di a, il semiasse b al variare di c e di a, casi lim<strong>it</strong>e; oltre il lim<strong>it</strong>e (c<br />

maggiore di a): l’iperbole, casi estremi dell’iperbole (una retta - ip.degenere-, due rette parallele),<br />

parentela tra le due curve<br />

e le due costruzioni; ellisse con assi cartesiani, equazione e valore di a^2 e<br />

b^2 e coordinate dei vertici, proprietà ottica dell’ellisse, tangente, perpendicolare e angoli<br />

congruenti; ellissografo di Proclo, proprietà dell’ellisse generata da esso.<br />

Consegna esercizi e dimostrazioni da fare per domani e breve spiegazione di quelli più complessi o<br />

possibilmente ambigui.<br />

Su<br />

loro insistenza: consegna voti della precedente verifica (valida per l’orale)<br />

Materiale usato:<br />

Animazioni Cabri preparate dallo specializzando<br />

Foglio esercizi dati per comp<strong>it</strong>o<br />

Comp<strong>it</strong>i dati:<br />

vedi Foglio esercizi ellisse<br />

Argomenti<br />

trattati:<br />

Correzione esercizi e comunicazione di come sarà la verifica<br />

Materiale usato:<br />

libro di testo, foglio esercizi dato ieri<br />

Comp<strong>it</strong>i<br />

dati:<br />

Mar 03/4<br />

XXVII


nessuno, allungherò alla classe un foglio domani con esercizi preparati da me e riferimento ad<br />

esercizi sul libro da fare in preparazione<br />

della verifica<br />

Argomenti trattati:<br />

Verifica finale<br />

Materiale usato:<br />

foglio verifica<br />

Comp<strong>it</strong>i dati:<br />

nessuno<br />

Argomenti trattati:<br />

Consegna<br />

verifica corretta, senza voti, e discussione esercizi ed errori più frequenti<br />

Materiale usato:<br />

foglio verifica ed esercizi in preparazione<br />

Comp<strong>it</strong>i dati:<br />

nessuno<br />

XXVIII<br />

Ven 13/4<br />

Ven 20/4


Materiale utilizzato<br />

XXIX


SAPER OSSERVARE<br />

Quella curva della luce nella tazza<br />

PRENDETE una tazza da tè (quelle in ceramica andranno benissimo) il cui bordo sia circolare e la<br />

cui superficie interna sia riflettente. Mettetela su un tavolo in modo che<br />

al suo interno possano<br />

cadere i raggi luminosi di una lampadina che non si trovi esattamente al di sopra della tazza. Ora<br />

guardate dentro la tazza e noterete ciò che è stato sotto i nostri occhi chissà quante volte e che, per<br />

chissà quante volte, non abbiamo saputo vedere. All'interno della tazza, dovrebbe apparire,<br />

disegnata dai raggi luminosi, una curva che ricorda un tratto della linea che tracciamo quando<br />

disegniamo un cuore. Quando per la prima volta mi accorsi di questa immagine, pensai sub<strong>it</strong>o alla<br />

cardioide, curva nota ai matematici sin dal 1600 e così chiamata per la sua forma, somigliante a<br />

quella del cuore. La curva doveva per forza essere generata dalla riflessione della luce sulla<br />

superficie della tazza. Schematizzai e semplificai il problema facendo finta che i raggi luminosi<br />

provenissero da un lampadina posta ad una distanza infin<strong>it</strong>a, ciò permise di considerare paralleli i<br />

raggi incidenti. Con l'ausilio del computer simulai la riflessione di raggi di luce paralleli su un<br />

cerchio riflettente (rappresentante una sezione orizzontale della tazza) e gli feci disegnare<br />

l'inviluppo <strong>delle</strong> rette rappresentanti i raggi riflessi. La curva che mi si presentò sul mon<strong>it</strong>or fu<br />

esattamente uguale a quella che appariva nella tazza da tè. Non restava che dimostrare che si<br />

trattasse di una cardioide. Consultando i sacri testi di geometria, trovai senza grandi difficoltà<br />

almeno quattro definizioni diverse della cardioide, ma nessuna di queste era interpretabile come<br />

riflessione di raggi paralleli su una circonferenza. Fu quasi per caso, quando ormai stavo per<br />

abbandonare il problema, che mi imbattei in una curva che non avevo ancora mai incontrato: la<br />

nefroide. La sua definizione matematica aderiva perfettamente alle mie richieste: l'immagine che<br />

appare sul fondo della tazza è proprio un arco di nefroide. Il termine «nefroide» deriva dalla sua<br />

forma, che ricorda quella dei reni. Nella tazza da tè si vede solo metà curva, l'altra metà si vedrebbe<br />

se la luce provenisse da una direzione opposta a quella della nostra lampadina.<br />

È interessante notare che, se la sorgente di luce fosse posta esattamente sul bordo della nostra tazza<br />

da tè, allora all'interno si formerebbe una cardioide completa; con un minimo di abil<strong>it</strong>à si riesce a<br />

vederla. Concludo questi appunti diretti agli studenti osservando che possiamo pensare a questa<br />

piccola avventura come a un'ulteriore conferma del pensiero di Galileo secondo il quale: «La<br />

filosofia è scr<strong>it</strong>ta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io<br />

dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscere i<br />

caratteri, né quali è scr<strong>it</strong>to. Egli è scr<strong>it</strong>to in lingua matematica. E i caratteri son triangoli, cerchi, ed<br />

altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola».<br />

XXX<br />

(tratto da “La Stampa - Tuttoscienze”)


1)<br />

Dai la definizione di cardioide<br />

Curve<br />

2) Una epicicloide viene tracciata - come visto in classe - tram<strong>it</strong>e due cerchi di raggio R1 e R2, il<br />

primo dei quali rotola senza strisciare sul secondo, che è fisso. La forma che risulta è<br />

(approssimativamente) la seguente:<br />

Quale è il rapporto tra i raggi R1 e R2? Dimostra perché.<br />

3) Una circonferenza di raggio r = 2cm ruota (sempre senza strisciare) all’interno di una<br />

circonferenza fissa di raggio R = 8cm. Un punto sulla circonferenza di raggio r traccia una curva<br />

(detta ipocicloide) durante il suo moto. Dopo quanti giri completi della circonferenza piccola la<br />

curva “si chiude” (cioè il punto tracciante r<strong>it</strong>orna alla posizione iniziale)? Traccia un disegno<br />

approssimativo del “fiore” o della “stella” che ne risulta, che sia però corretto dal punto di vista del<br />

numero di “petali”.<br />

Ora supponi che r sia 3cm e R sia 5cm. La curva che risulterebbe sarebbe ancora chiusa, cioè il<br />

punto tracciante tornerebbe prima o poi alla posizione iniziale? Se sì, dopo quanti giri della<br />

circonferenza piccola? Traccia un disegno anche in questo (più complicato) caso.<br />

4) ABDC e CDFE sono due parallelogrammi articolati con il lato CD in comune. Il lato AB del<br />

primo è fissato sul piano, gli altri sono liberi di muoversi. Sul punto F è presente un pennino<br />

scrivente. Se trascino il punto E in modo da fargli seguire i lati di un triangolo (come in figura)<br />

quale disegno risulterà tracciato da F? Perché?<br />

5) Se un giardiniere volesse tracciare per terra un’aiuola a forma di ellisse e avesse a disposizione<br />

soltanto<br />

due pioli da poter piantare e una corda abbastanza lunga (oltre naturalmente ad un lungo<br />

XXXI


chiodo con cui fare il solco nel terreno) come potrebbe fare? Ti vengono in mente dei modi? (sfrutta<br />

la<br />

definizione di ellisse…)<br />

XXXII


Comp<strong>it</strong>o n.1<br />

Vis<strong>it</strong>a alla mostra “Oltre il compasso” - Giardino di Archimede - Firenze<br />

1 marzo 2007<br />

La (di)Sfida<br />

Riesamina gli oggetti della mostra. Scegline uno (o più di uno) tra quelli che hai osservato insieme<br />

alla guida o all’insegnante e prepara tre domande “intelligenti” o difficili o curiose riguardo essi da<br />

porre agli altri compagni al r<strong>it</strong>orno in classe.<br />

Devono essere quiz o domande (o indovinelli…) alle quali, se pur difficili, si possa però rispondere<br />

con quanto vi è stato spiegato durante la vis<strong>it</strong>a (quindi per le quali sia sufficiente stare ben attenti) o<br />

con ragionamenti che partano da quelle informazioni (e che quindi necess<strong>it</strong>ino di riflessione).<br />

Al rientro in classe si svolgerà una “sfida” per cui se alla tua domanda nessuno sa rispondere ti<br />

aggiudicherai un punto tu, mentre se qualcuno risponde correttamente si aggiudicherà un punto lui.<br />

Vince che totalizza più punti. Ricchi premi!<br />

Comp<strong>it</strong>o n.2<br />

Chiediamo all’esperto…<br />

Nel tempo libero alla fine della vis<strong>it</strong>a guidata scegli un oggetto che r<strong>it</strong>ieni interessante o curioso (tra<br />

quelli visti insieme o, meglio ancora, tra gli altri presenti nella mostra), e cerca tutte le informazioni<br />

a riguardo, approfondendo eventualmente quanto vi è stato già detto in relazione ad esso.<br />

Al r<strong>it</strong>orno dovrai:<br />

1) illustrarlo agli altri compagni, fingendo di essere la guida del museo che mostra<br />

quell’oggetto a dei vis<strong>it</strong>atori. Dovrai perciò informarti sul suo utilizzo, capire bene il suo<br />

funzionamento e saperlo spiegare agli altri nella maniera più chiara e semplice possibile. Se<br />

serve, fatti uno schema da mostrare oppure fanne <strong>delle</strong> fotografie. Gli altri molto<br />

probabilmente non lo conoscono in maniera così approfond<strong>it</strong>a come te, o addir<strong>it</strong>tura non lo<br />

conoscono affatto, quindi è importante che le informazioni che tu dai siano ben<br />

comprensibili.<br />

2) descriverne i vari aspetti in un testo da consegnare all’insegnante seguendo la seguente<br />

traccia:<br />

nome<br />

descrizione accurata<br />

proprietà geometriche<br />

disegno, schema<br />

eventualmente la storia (l’origine, chi l’ha scoperto, come si è evoluto…)<br />

util<strong>it</strong>à e utilizzo<br />

eventuali curios<strong>it</strong>à o aneddoti riguardo tale oggetto<br />

eventuali relazioni o nessi con altri oggetti della mostra o oggetti della v<strong>it</strong>a quotidiana<br />

un tuo commento a riguardo<br />

Puoi scrivere a mano, usare Word (o programmi affini), preparare una presentazione con<br />

PowerPoint (o affini). Per il tuo approfondimento a casa puoi naturalmente cercare ulteriori<br />

informazioni su internet. Non importa che quanto scrivi sia lungo, l’importante è che sia<br />

chiaro.<br />

XXXIII


Le sezioni coniche<br />

Le “coniche” sono quelle curve che risultano dall’intersezione di un cono con<br />

un piano (ad esempio l’intersezione di un cono di luce con il piano del muro,<br />

oppure un cono gelato tagliato con la lama piana di un’affettatrice). Siccome si<br />

ricavano tutte con lo stesso procedimento le chiamiamo con un nome unico.<br />

Ciononostante c’è differenza tra alcuni tipi di coniche ed alcuni altri. In<br />

particolare distinguiamo tre famiglie di coniche:<br />

-le ellissi, curve chiuse, che appaiono quando tutti i raggi che formano il cono<br />

intersecano il piano<br />

-le parabole, aperte, che appaiono quando il raggio più esterno è parallelo al<br />

piano<br />

-le iperboli, anch’esse aperte, che appaiono quando il raggio più esterno diverge<br />

dal<br />

piano<br />

Se<br />

pa<br />

allora possiamo<br />

immaginarlo come avente<br />

due “falde” simmetriche e<br />

che si “aprono” in<br />

direzioni opposte 9 però invece che pensare il cono come una serie di raggi (semirette) che<br />

rtono dal vertice del cono stesso, lo pensiamo come una serie di rette che si<br />

incontrano nel vertice,<br />

, di cui<br />

solo una è quella che<br />

abbiamo considerato finora.<br />

In questo caso però, mentre ellisse e parabola<br />

rimangono uguali a prima, nel caso dell’iperbole<br />

appare un’altra intersezione col piano, dovuta al<br />

secondo cono (se da una parte il raggio più esterno del cono diverge dal piano, dall’altra parte<br />

convergerà…). In effetti questa definizione è migliore e più generale, poiché conduce alle stesse curve<br />

che si ottengono<br />

con altre definizioni di ellisse, iperbole e parabola.<br />

Non è infatti<br />

questo il solo modo di definire le coniche.<br />

L’ellisse si può infatti definire partendo da due punti F1 e<br />

F2 detti fuochi<br />

e cercando il luogo dei punti P tali che la<br />

somma PF1+PF2 rimangacostante.<br />

L’iperbole<br />

parte sempre da due fuochi, ma questa volta è la<br />

differenza PF1-PF2<br />

a rimanere costante.<br />

Per la parabola, che come abbiamo<br />

visto nel caso <strong>delle</strong> sezioni di cono e piano (e<br />

come suggerisce il suo stesso nome) è un “caso lim<strong>it</strong>e” sia dell’ellisse, che<br />

dell’iperbole, la definizione data in<br />

questo modo è un po’ diversa: si parte da un<br />

solo fuoco<br />

F e da una retta “direttrice” d; la parabola viene defin<strong>it</strong>a come luogo dei<br />

punti P tali che la distanza di P da F sia sempre uguale alla distanza di P da d.<br />

Le tre coniche<br />

- ellisse, parabola e iperbole - sono sicuramente curve molto<br />

“imparentate” tra di loro, come suggeriscono i due metodi di costruzione e come suggeriscono i loro<br />

stessi nomi - “mancanza”, “uguaglianza” ed “eccesso” - usati con lo stesso significato anche quando si<br />

tratta di figure<br />

retoriche o narrative.<br />

9 Apollonio di Perga (II sec a.C.), che studiò le coniche approfond<strong>it</strong>amente e ci scrisse sopra un famoso testo, ebbe questa<br />

geniale intuizione<br />

XXXIV


Esercizio 1<br />

Dimostrazioni della simmetria di ellisse e parabola<br />

Dimostra che l’ellisse è simmetrica rispetto ai suoi assi AB e MN<br />

ovvero:<br />

1) dimostra che<br />

preso un qualsiasi punto P appartenente all’ellisse, anche il punto P’,<br />

simmetrico di P rispetto all’asse maggiore AB, appartiene all’ellisse.<br />

Per fare ciò disegna il<br />

punto P’ in base alla definizione di simmetria di un punto rispetto ad una retta e dimostra<br />

facendo uso <strong>delle</strong> proprietà geometriche dei triangoli (che tu conosci) che<br />

P’ fa parte dello<br />

stesso luogo di punti (l’ellisse) a cui appartiene P (usando la definizione di ellisse come<br />

luogo di punti…).<br />

2) Fa’ lo stesso per quanto riguarda la simmetria rispetto all’asse minore<br />

MN<br />

Esercizio 2<br />

Dimostra che la parabola è simmetrica rispetto al suo asse<br />

XXXV


Strumento n.1<br />

Costruzione<br />

XXXVI<br />

Strumenti “a filo teso”<br />

Materiale: un bastoncino da ghiacciolo, dello spago, una puntina da disegno, due puntine più<br />

lunghe,<br />

carta, cartone, scotch<br />

Preparazione:<br />

Prendi un pezzo di cartone abbastanza ampio e incollaci sopra un foglio di carta<br />

bianca. Taglia ora un pezzo di spago di lunghezza circa doppia rispetto al bastoncino da ghiacciolo.<br />

Fai un piccoli cappio all’estrem<strong>it</strong>à dello spago ed un altro un po’ prima di metà in modo che il filo<br />

traiduecappi sia un po’ più corto del bastoncino. In una estrem<strong>it</strong>à Q del bastoncino da ghiacciolo<br />

infila la puntina da disegno piccola, facendo attenzione a non rompere il bastoncino. Ora inserisci<br />

tra la testa della puntina e il bastoncino uno dei due cappi dello spago e stringi saldamente.<br />

Prendi<br />

ora le due puntine lunghe e infilale da sotto a sopra nel cartone (e nella carta) in due punti non<br />

troppo distanti tra loro. Devi fare in modo che le due punte escano verso l’alto, nel centro del foglio<br />

bianco. Chiamiamo questi due punti fissi A e B. Poni anche il<br />

bastoncino sul foglio in modo che la punta della puntina sia verso<br />

l’alto. Ora aggancia l’altro cappio del filo alla punta B sporgente dal<br />

cartone. Facendo attenzione a non rompere l’asticella inserisci l’altro<br />

suo estremo nella punta rimanente A. Inserisci fino in fondo, in modo<br />

che ruoti comodamente e senza uscire dal perno.<br />

Adesso appoggia la mat<strong>it</strong>a al bastoncino (nel punto P) in modo da<br />

tenere ben teso il filo e fa scorrere il “meccanismo” in qua e in là,<br />

avendo cura che la mat<strong>it</strong>a resti sempre aderente all’asticella e che il filo<br />

rimanga sempre teso. Poni attenzione a che non si stacchi qualche<br />

puntina…<br />

Osserva la curva che la mat<strong>it</strong>a in P traccia, al muoversi dell’asticella<br />

attorno al suo perno A.<br />

Riflessione<br />

1) Quale curva viene tracciata dalla mat<strong>it</strong>a? È una curva che conosci?<br />

2) Se chiamiamo m la lunghezza dell’asticella AQ e n la lunghezza del filo BPQ tra i due cappi<br />

(ricorda che n < m) cosa possiamo dire della relazione che sussiste tra PA e PB? Prova a<br />

cercare se ci sono lunghezze sempre<br />

uguali tra loro, anche al muoversi dell’asticella, o se c’è<br />

qualche<br />

grandezza che rimane costante (oltre ad AQ e BPQ): ad esempio la somma o la<br />

differenza di PA e PB…<br />

3) Conosci una curva per cui vale tale relazione tra PA e<br />

PB? Quale ruolo assumono A e B in<br />

relazione a tale curva? E la retta che li congiunge? Quando P si trova su tale retta quale è la<br />

sua distanza dal punto medio del segmento AB? Quale è la sua distanza da B?<br />

4) Se ora tu sciogliessi il cappio dello spago (quello posto in Q) e ne rifacessi un altro oltre la<br />

metà dello spago (in maniera che la lunghezza dello spago tra i due cappi sia maggiore della<br />

lunghezza del bastoncino) poi riponessi il cappio nuovamente in Q e disegnassi la nuova<br />

curva, che cosa otterresti? E se la distanza tra i due cappi fosse uguale alla lunghezza del<br />

bastoncino?


Esercizio<br />

Costruzione della parabola con riga e compasso<br />

Usando solamente riga e compasso esegui la seguente costruzione:<br />

Poni sul piano una retta d ed un punto F non appartenente a d.<br />

Prendi<br />

un qualsiasi punto Q su d.<br />

Costruisci la perpendicolare a d passante<br />

per<br />

Q nel seguente modo:<br />

1. traccia la circonferenza c di<br />

raggio a piacere e individua le<br />

sue intersezioni A e B con la<br />

retta d<br />

2. con centri in A e B traccia due<br />

circonferenze a e b di raggio<br />

uguale (raggio scelto a piacere)<br />

3. individua le intersezioniReS<br />

<strong>delle</strong> circonferenze a e b<br />

4. conlarigatraccialaretta<br />

che<br />

passa per R e S: questa èla<br />

perpendicolare a d per Q.<br />

Perché?<br />

Ora traccia il segmento FQ<br />

Traccia l’asse del segmento FQ nel seguente modo:<br />

1. costruisci le circonferenze f e q di raggio r a piacere e di centro rispettivamente in F e in Q<br />

2. individua le loro intersezioni<br />

3. traccia la retta che passa per tali intersezioni: essa<br />

è l’asse del segmento FQ. Perché?<br />

Individua ora il punto P intersezione dell’asse di FQ e della perpendicolare a d per Q.<br />

Dimostra che, qualsiasi sia Q, P è un punto della parabola di fuoco F e retta direttrice d<br />

XXXVII


Rispondi alle seguenti domande barrando la risposta o le risposte corrette<br />

(possono essere anche più di una, o nessuna):<br />

I. La parabola è:<br />

1) il luogo dei punti equidistanti da un fuoco fisso F e da un punto fisso H che si trova sulla retta generatrice<br />

2) il luogo dei punti tale che la distanza da un fuoco e da una retta sia costante<br />

3) il luogo dei punti equidistanti da un fuoco e da una retta<br />

4) l’intersezione di un cono con un piano che lo taglia parallelamente<br />

al suo asse<br />

II. In un iperbolografo a filo teso (come<br />

quello costru<strong>it</strong>o in classe) avente fuochi A e B, la mat<strong>it</strong>a si trova sempre<br />

in un punto P:<br />

1) equidistante da A e da B<br />

2) tale che la differenza della distanza<br />

di P da A con la distanza di P da B risulta uguale ad un valore<br />

assegnato<br />

3) tale che la lunghezza totale del filo, pur variando, rimane minore di quella del bastoncino<br />

4) che giace sul bordo del bastoncino<br />

III. Si può costruire un’ellisse sia attraverso l’uso di riga e compasso, sia attraverso l’uso di un ellissografo a filo<br />

teso (“ellissografo del giardiniere”). Quale/ i <strong>delle</strong> seguenti affermazioni è corretta?<br />

1) riga<br />

e compasso sono gli strumenti migliori<br />

disponibili oggi e in assoluto più precisi per disegnare<br />

un’ellisse praticamente perfetta<br />

2) l’ellissografo del giardiniere è lo strumento<br />

migliore disponibile oggi e in assoluto più preciso per<br />

disegnare un’ellisse praticamente perfetta<br />

3) con riga e compasso non posso disegnare<br />

tutta l’ellisse, ma soltanto alcuni suoi punti<br />

4) i punti tracciati con entrambi gli<br />

strumenti sono esattamente i punti dell’ellisse cercata, ma solo in senso<br />

“ideale”<br />

IV. L’asse maggiore<br />

di un’ellisse è:<br />

1) il segmento che passa per il fuoco principale<br />

2) il segmento che passa per i fuochi<br />

3) un asse di simmetria dell’ellisse<br />

4) il luogo dei punti equidistanti dai fuochi<br />

V. Data la retta<br />

d e il punto F (v. figura), quale/i punto/i<br />

non appartengono sicuramente alla parabola di fuoco F e<br />

direttrice d?<br />

1) il punto A<br />

2) il punto B<br />

3) il punto C<br />

4) il punto D<br />

VI. Se la distanza tra due fuochi F1 e F2 è 5 cm:<br />

1) preso un punto generico P appartenente all’ellisse di fuochi F1 e F2, allora PF1+PF2 è maggiore di 5 cm<br />

2) preso un punto generico P appartenente all’ellisse di fuochi F1 e F2, allora PF1+PF2 è uguale a 5 cm<br />

3) preso un punto generico P appartenente all’iperbole di fuochi F1 e F2 allora |PF1-PF2| è costante<br />

4) detti A e B i due punti che risultano dall’intersezione dell’ellisse di fuochi F1 e F2 con la retta passante per<br />

F1 e F2, la distanza tra A e B è minore di 5 cm<br />

VII. Presi tre punti distinti e non allineati L, M e N, tali che L disti 4cm da M e 6cm da N allora:<br />

1) un punto P che dista 9cm da M e 1cm da N appartiene alla stessa ellisse di fuochi M e N a cui appartiene<br />

anche L<br />

2) un punto P simmetrico di L rispetto alla retta passante per M e N disterà 6cm da M e 4cm da N<br />

3) un punto P che disti 4cm dalla retta r passante per M e N appartiene alla parabola di fuoco L e direttrice r<br />

4) un punto P che dista 20cm da M e 25cm da N appartiene ad un’ellisse di fuochi M e N<br />

XXXVIII


L’ellisse<br />

Le<br />

“<strong>Coniche</strong>”<br />

defin<strong>it</strong>e come luoghi geometrici<br />

pag. 1/2<br />

Definizione<br />

Dati<br />

due punti F1 e F2 detti fuochi, l’ellisse è il luogo dei punti P per cui:<br />

(a parole) la somma <strong>delle</strong> distanze dai fuochi è costante<br />

(in formule) PF1+PF2 = k (con k > 0)<br />

L’asse focale (cioè il segmento AB che passa per i fuochi F1 e<br />

F) 2 si diceasse maggiore dell’ellisse, mentre il segmento MN<br />

è l’asse minore. I punti A,B,M,N si dicono vertici dell’ellisse.<br />

Il punto C è il centro dell’ellisse.<br />

Alcune proprietà<br />

(simmetria) L’ellisse è simmetrica rispetto ai suoi assi.<br />

pio la distanza tra C e F2), a<br />

B) e<br />

i<br />

1) c < a 2) 2a = k 3) c 2 + b 2 = a 2<br />

(relazioni tra distanza focale e semiassi) Detta c la<br />

semidistanza focale (cioè ad esem<br />

il semiasse maggiore (cioè ad esempio la distanza tra C e<br />

b il semiasse minore (cioè ad esempio la distanza tra C e N) s<br />

ha:<br />

Dalla 1) e dalla 2) deriva che la distanza F1F 2 = 2c < k<br />

(proprietà<br />

dei fuochi) Abbiamo osservato che se abbiamo uno specchio di forma ell<strong>it</strong>tica e un raggio di luce che<br />

esce da uno dei due fuochi, tale<br />

raggio riflettendosi sullo specchio ell<strong>it</strong>tico andrà a passare esattamente per<br />

l’ altro fuoco.<br />

L’ellisse può essere costru<strong>it</strong>a per punti tram<strong>it</strong>e il solo utilizzo di riga e compasso, oppure può essere tracciata<br />

interamente servendosi di altri strumenti, come<br />

ad esempio un ellissografo a filo teso (ellisse del giardiniere).<br />

L’iperbole<br />

Definizione<br />

Dati due punti F1 e F2 detti fuochi, l’iperbole è il luogo dei punti P per cui:<br />

(a parole) la differenza<br />

<strong>delle</strong> distanze dai fuochi è costante in valore assoluto<br />

(in formule) |PF1-PF2| = k (con k > 0)<br />

L’asse focale (cioè la retta che passa per i fuochi)<br />

interseca l’iperbole nei suoi vertici A e B, e si dice asse<br />

trasverso dell’iperbole. C (punto medio del segmento<br />

AB) è il centro dell’iperbole. La perpendicolare all’asse<br />

focale passante per C si dice asse non trasverso.<br />

L’iperbole ha due “rami” distinti, ed è una curva<br />

illim<strong>it</strong>ata (in figura ne è disegnata solo una parte)<br />

Se per i punti P che si trovano su di un ramo<br />

dell’iperbole vale PF1-PF 2=<br />

k, per quelli che<br />

si trovano<br />

sull’altro ramo vale PF2-PF1 = k (ovvero: PF1-PF2 = - k)<br />

Alcune proprietà<br />

(simmetria) L’iperbole è simmetrica rispetto ai suoi assi<br />

(relazioni tra distanza focale e semiasse) Detta c la<br />

XXXIX


semidistanza focale (cioè ad esempio la distanza tra C e F2), a il semiasse maggiore<br />

(cioè ad esempio la distanza<br />

tra<br />

C e B si ha sempre: 1) c > a e 2) k < 2c<br />

L’iperbole<br />

può essere costru<strong>it</strong>a per punti con riga e compasso (ma non l’abbiamo visto) oppure con altri<br />

strumenti, come<br />

ad esempio l’iperbolografo a filo teso.<br />

La parabola<br />

XL<br />

pag. 2/2<br />

Definizione<br />

Dato un punto F detto fuoco e una retta d (non passante per F) detta direttrice la parabola è il luogo dei punti<br />

P:<br />

(a parole) equidistanti dal fuoco e dalla direttrice<br />

(a parole) per cui la distanza di P dal fuoco è uguale alla distanza di P dalla direttrice<br />

(in formule) per cui PF=PQ dove Q è la proiezione di P su d e PQ è la distanza di P da d<br />

La retta perpendicolare a d e passante per F è l’asse della<br />

parabola. L’intersezione della parabola col suo asse è il<br />

vertice V della parabola.<br />

Alcune proprietà<br />

(simmetria) La parabola è simmetrica rispetto al suo asse<br />

(proprietà del fuoco) Abbiamo osservato che se abbiamo<br />

uno specchio di forma parabolica e un raggio di luce che<br />

esce dal fuoco, tale raggio riflettendosi sullo specchio<br />

parabolico si troverà ad essere parallelo all’asse della<br />

parabola.<br />

Si può costruire per punti la parabola con riga e compasso<br />

partendo da un punto Q su d: basta costruire l’asse del<br />

segmento FQ e farne l’intersezione con la perpendicolare<br />

a d per Q: infatti P è tale intersezione, ed è perciò<br />

equidistante da F e da d


ESERCIZIO 1<br />

Rispondi alle seguenti domande barrando la risposta o le risposte corrette<br />

(possono essere anche più di una, o nessuna):<br />

pag. 1/3<br />

Nome ________________ Cognome ___________________<br />

Verifica sulle <strong>Coniche</strong><br />

I. L’iperbole è:<br />

1. il luogo dei punti P tali che la distanza di P da due punti fissi è uguale<br />

2. il luogo dei punti P tali che la differenza <strong>delle</strong> distanze di P da due punti fissi è uguale<br />

3. il luogo dei punti P tali che la differenza <strong>delle</strong> distanze di P da due punti fissi è costante in modulo<br />

4. l’intersezione<br />

di un cono con un piano parallelo alla generatrice del cono<br />

II. Il vertice di un ramo di un’iperbole dista 3 cm daunfuoco<br />

1. allora esso dista 3 cm anche dall’altro fuoco<br />

2. allora i fuochi distano tra loro più di 3 cm<br />

3. allora i fuochi distano tra loro meno di 3 cm<br />

4. allora il vertice dell’altro ramo dell’iperbole dista<br />

dall’altro fuoco 3 cm<br />

III. Se F1 e F2 (v. figura) sono fuochi di un’iperbole non<br />

degenere, quale/i dei seguenti punti non appartiene<br />

sicuramente all’iperbole?<br />

1. il punto A<br />

2. il punto B<br />

3. il punto C<br />

4. il punto D<br />

IV. Il vertice della parabola dista dalla direttrice<br />

1. esattamente quanto dista dal fuoco<br />

2. esattamente quanto il fuoco dista dalla direttrice<br />

3. esattamente metà di quanto il fuoco dista dalla direttrice<br />

4. esattamente il doppio di quanto il fuoco dista dalla<br />

direttrice<br />

V.<br />

Se su di un segmento AB scelgo un punto Q, e su un secondo segmento MN traccio le circonferenze di<br />

raggio AQ e BQ con centri rispettivamente sugli estremi M e N, come deve essere la lunghezza del segmento<br />

MN perché a partire da ciò si possa costruire per punti un’ellisse di fuochi M e N?<br />

1. uguale ad AB<br />

2. maggiore di AB<br />

3. minore di AB<br />

4. non ha importanza, qualsiasi lunghezza è corretta<br />

VI. L’asse minore di un’ellisse è:<br />

1. il luogo dei punti che tagliano l’ellisse in due<br />

2. il segmento perpendicolare all’asse maggiore<br />

3. il più corto tra i due segmenti che congiungono vertici opposti dell’ellisse<br />

4. l’unico segmento che passa per il centro dell’ellisse ed ha estremi sui vertici dell’ellisse<br />

VII. Se la distanza tra due fuochi F1 e F2 è 10 cm:<br />

5) preso un punto generico P appartenente all’iperbole di fuochi F1 e F2 allora |PF1-PF2| è minore di 10 cm<br />

6) preso un punto generico P appartenente all’ellisse di fuochi F1 e F2, allora PF1+PF2 è uguale a 10 cm<br />

7) preso un punto generico P appartenente all’ellisse di fuochi F1 e F2, allora PF1+PF2 è maggiore di 10 cm<br />

8) detti A e B i due punti che risultano dall’intersezione dell’ellisse di fuochi F1 e F2 con la retta passante<br />

per F1 e F2, la distanza tra A e B è minore di 10 cm<br />

XLI


ESERCIZIO 2<br />

Rispondi alle seguenti domande barrando la risposta corretta (una sola):<br />

VII. Data una parabola e dette A e B le intersezioni della parabola con una retta parallela alla direttrice e<br />

passante<br />

per il fuoco, si ha che il punto della parabola più vicino al fuoco è<br />

5. il punto A<br />

6. la proiezione di B sulla direttrice<br />

7. il vertice<br />

8. il fuoco stesso<br />

XLII<br />

pag. 2/3<br />

I. Il compasso e la riga sono due strumenti che tracciano curve (rispettivamente circonferenza e retta). Essi<br />

differiscono tra loro in quanto:<br />

1. la retta non è una curva<br />

2. col compasso si possono tracciare circonferenze<br />

infin<strong>it</strong>amente grandi mentre col righello non si possono<br />

tracciare rette infin<strong>it</strong>amente lunghe<br />

3. la riga ha già in sè la forma della retta, mentre il compasso non ha in sé la forma della circonferenza<br />

4. la riga è più precisa<br />

II. Se la distanza di un punto P di un’iperbole dai fuochi è rispettivamente di 6 metri e 4 metri, la distanza tra<br />

i<br />

due fuochi è<br />

1. minore di 2 metri<br />

2. maggiore di 2 metri<br />

3. uguale a 2 metri<br />

4. minore della distanza tra i vertici<br />

III. Dati due punti A e B, il luogo dei punti equidistanti da A e B è:<br />

1. un’iperbole<br />

2. una parabola<br />

3. un’ellisse<br />

4. una retta<br />

IV. Data una retta r, un punto A appartenente alla retta e un punto B non appartenente ad essa; tracciata la<br />

perpendicolare p a r per A, e tracciato l’asse a del segmento AB; allora il punto P intersezione di a e di p<br />

1. appartiene alla<br />

retta r<br />

2. appartiene alla parabola di fuoco B e direttrice r<br />

3. appartiene all’ellisse di fuoco B<br />

4. appartiene all’iperbole di fuochi A e B<br />

V. In una camera di un palazzo rinascimentale viene esegu<strong>it</strong>o<br />

per il Duca un brano musicale. La camera (vedi<br />

figura)<br />

ha la volta ell<strong>it</strong>tica. Se il suonatore di<br />

liuto<br />

viene posto nel punto P, dove è opportuno<br />

venga<br />

fatto accomodare il Duca perché possa<br />

ascoltare al meglio l’esecuzione?<br />

1. nel punto A<br />

2. nel punto B<br />

3. nel punto C<br />

4. nel punto D<br />

VI. Data una parabola e dette A e B le<br />

intersezioni<br />

della parabola con una retta parallela alla direttrice e passante per il fuoco, si ha che il punto della<br />

parabola più vicino alla direttrice è<br />

1. il punto A<br />

2. la proiezione di B sulla direttrice<br />

3. il vertice<br />

4. il fuoco


Rispondi alle seguenti domande aperte:<br />

I. Dai la definizione di parabola<br />

ESERCIZIO 3<br />

________________________________________________________________________________<br />

________________________________________________________________________________<br />

________________________________________________________________________________<br />

________________________________________________________________________________<br />

II. Dai<br />

la definizione di ellisse<br />

________________________________________________________________________________<br />

________________________________________________________________________________<br />

________________________________________________________________________________<br />

________________________________________________________________________________<br />

III. Se A e B sono due punti del piano, descrivi a parole e fa’ uno<br />

schema del metodo che utilizzeresti per<br />

tracciare l’asse del segmento AB, usando solo riga e compasso.<br />

________________________________________________________________________________<br />

________________________________________________________________________________<br />

________________________________________________________________________________<br />

________________________________________________________________________________<br />

________________________________________________________________________________<br />

pag. 3/3<br />

PROBLEMA (facoltativo)<br />

Se un’ellisse ha l’asse maggiore che misura<br />

2a, la distanza tra i fuochi pari a 2c e l’asse minore di lunghezza 2b,<br />

pro e che b definizione di ellisse per un punto P dell’ellisse<br />

che si trovi in corrispondenza di un estremo dell’asse minore…) [svolgere l’esercizio sul retro del foglio]<br />

2 +c 2 = a 2 va a dimostrar<br />

. (Suggerimento: utilizza la<br />

XLIII


XLIV<br />

Strumento n.2<br />

Costruzione<br />

Strumenti “a filo teso”<br />

Materiale: spago, due strisce di cartone dai bordi rettilinei, due puntine lunghe, carta, cartone, scotch<br />

Preparazione: Prendi un pezzo di cartone abbastanza ampio e incollaci sopra un foglio di carta<br />

bianca. Traccia un segmento (che rappresenterà la retta r) sulla parte inferiore del foglio di carta.<br />

Attacca con lo scotch al cartone grande una <strong>delle</strong> due strisce di cartone in modo che il suo bordo<br />

rettilineo superiore coincida con la retta r (fai attenzione però a lasciare libero dallo scotch tale<br />

bordo). Taglia ora un pezzo<br />

di spago lungo poco più della seconda striscia di cartone, e fai due cappi<br />

ad una distanza tra loro esattamente uguale alla dimensione della striscia. Punta ora una puntina ad<br />

una estrem<strong>it</strong>à della striscia in modo che stia il più vicino possibile al bordo lungo rettilineo (punto<br />

Q). Rivolta ora la striscia e appoggiala sul banco in modo che la punta della puntina sporga verso<br />

l’alto. Allo stesso modo (dal basso verso l’alto) punta l’altra puntina nel cartone (e nella carta) inA<br />

in modo che A non sia troppo<br />

distante da r. Lega ora i due cappi<br />

dello spago alle puntine in A e Q.<br />

Riflessione<br />

Accosta le due strisce di cartone<br />

come in figura in modo che quella<br />

mobile possa traslare su quella<br />

fissata al banco. Poni la mat<strong>it</strong>a in P<br />

in modo tale che la mat<strong>it</strong>a tocchi<br />

sempre la striscia di cartone e<br />

mantenga ben teso lo spago. Ora<br />

spostainquaeinlàlastrisciadi<br />

cartone mobile, facendo attenzione<br />

che le due strisce rimangano sempre<br />

adiacenti e perpendicolari l’una<br />

all’altra, e che non si stacchino lo<br />

spago e le puntine. Osserva la curva<br />

che la mat<strong>it</strong>a forma nel suo<br />

movimento.<br />

1) Quale curva viene tracciata dalla mat<strong>it</strong>a? È una curva che conosci?<br />

2) Come si può dimostrare che è proprio quella? Quali proprietà ha questa curva? Prova a cercare<br />

quant<strong>it</strong>à che rimangono costanti o grandezze che rimangono congruenti tra loro, nonostante il moto<br />

e il variare della disposizione degli oggetti…Considera le distanze di P dai vari elementi del<br />

meccanismo (il punto A, il punto Q, la retta r). Ricorda che, proprio perché l’abbiamo costru<strong>it</strong>a<br />

così, la striscia nera verticale (v. figura) è lunga quanto la corda APQ…<br />

3) Quale ruolo ha A in relazione a tale curva? e la retta r? E la perpendicolare ad r passante per A?<br />

4) Quando P si trova su tale perpendicolare, a quale distanza si trova da r? e da A?<br />

5) Se ora spostassi il punto A più in alto o più in basso come cambierebbe la curva? Prova…


Costruzione<br />

della parabola con riga e compasso<br />

Costruzione dell’ellisse come luogo geometrico<br />

Eccentric<strong>it</strong>à dell’ellisse<br />

Costruzioni con Cabri<br />

(figure tratte da progetti mostrati o esegu<strong>it</strong>i in aula)<br />

Costruzione dell’ellisse con riga e compasso<br />

XLV


Proprietà di riflessione dei fuochi dell’ellisse<br />

L’ellisse nel piano cartesiano<br />

Ellissografo di Proclo<br />

XLVI


Esercizi<br />

Esercizio 1<br />

Si consideri l’ellisse di equazione x 2 /9+y 2 /4=1. Tracciarne il grafico (su carta quadrettata).<br />

Determinare le coordinate dei punti dell’ellisse che hanno:<br />

a) ascissa pari a 2<br />

b) ascissa pari a 22<br />

c) ascissa pari a 3<br />

d) ascissa pari a 4<br />

e) ascissa pari a 0<br />

f) ascissa pari a -5<br />

g) ascissa pari a -1<br />

e tracciare tali punti sul grafico.<br />

Esercizio 2<br />

I. Determinare il numero dei punti di ascissa pari a k che appartengono<br />

a) alla retta y = 4x+5<br />

b)<br />

all’ellisse x<br />

Discutere<br />

2 /2+y 2 /3=1<br />

la soluzione al variare di k.<br />

h) ordinata pari a 2<br />

i) ordinata pari a 3<br />

j) ordinata pari a 2<br />

k) ordinata pari a 0<br />

l) ordinata pari a -2<br />

II. Fare lo stesso per i punti di ordinata h-1 (discutendo la soluzione al variare di h)<br />

Esercizio 3<br />

Dato un segmento di lunghezza a+b i cui estremi A e B<br />

siano vincolati agli assi cartesiani (A sull’asse <strong>delle</strong><br />

ordinate e B su quello <strong>delle</strong> ascisse) e possano scorrere<br />

liberamente su di essi e preso un punto P(x,y) tale che PA<br />

= a e PB = b, dimostrare che tale punto, al variare della<br />

posizione del segmento, si trova sempre sull’ellisse di<br />

equazione x 2 /a 2 +y 2 /b 2 =1<br />

(suggerimento: proiettare P sugli assi e considerare i<br />

triangoli simili che risultano dalla figura…)<br />

Esercizio 4<br />

Dato un segmento AB di lunghezza fissa AB i cui estremi<br />

siano vincolati agli assi cartesiani e possano scorrere<br />

liberamente su di essi, si consideri la retta su cui giace tale<br />

segmento; preso un punto generico P(x,y) su tale retta tale<br />

che PA = a e PB = b, dimostrare che tale punto, al variare<br />

della posizione del segmento, si trova sempre sull’ellisse<br />

di<br />

equazione x<br />

(suggerimento: anche in questo caso proiettare P sugli assi<br />

e considerare i triangoli simili…)<br />

2 /a 2 +y 2 /b 2 =1<br />

Esercizio 5<br />

Sia dato un meccanismo articolato come in figura, con il<br />

punto O fisso nell’origine degli assi, il punto B libero di<br />

scorrere sull’asse x e il punto H che funge da snodo tra i due<br />

segmenti OH e HB. Sia inoltre OH = HB. Sulla semiretta (di<br />

origine H) su cui giace il segmento HB si prenda un punto<br />

generico P(x,y) tale che PB = b e PH + HO = a, si dimostri<br />

che tale punto P, al variare della posizione di B sull’asse x,<br />

si trova sempre sull’ellisse di equazione x 2 /a 2 +y 2 /b 2 =1.<br />

Esercizi dal libro<br />

Esercizio risolto pag. 226 n.7<br />

Esercizi pagg. 256 e seguenti,<br />

nn. 5, 36, 45, 48, 56<br />

XLVII


Esercizi in preparazione<br />

della verifica sull’ellisse<br />

Esercizi<br />

dal libro di testo<br />

Pagg. 256 ss. , esercizi n. 8, 12-14, 17, 18, 23, 28, 30, 35, 49, 57, 60<br />

Ripassare (o riprendere, se non lo si e’ fatto prima) lo svolgimento degli esercizi gia’ visti, in particolare i nn. 5,21,37,42,45,49,61,62<br />

Esercizio 1<br />

Nel piano cartesiano siano<br />

dati i punti A(-3,2) e B(3,2). Si verifichi che l’origine O degli assi<br />

appartiene all’ellisse di fuochi A e B e asse<br />

maggiore di lunghezzaparia 213 (ricorda la definizione di ellisse com e luogo geometrico…)<br />

Esercizio 2<br />

Sull’ellisse di semiassi a e b e rifer<strong>it</strong>a ai propri assi si prenda un punto generico P(x,y). Dimostrare<br />

che il suo simmetrico rispetto agli<br />

assi appartiene ancora<br />

all’ellisse.<br />

Esercizio 3<br />

Se<br />

in un’ellisse rifer<strong>it</strong>a ai propri assi,<br />

con i fuochi sull’asse x, aumento la distanza tra i due fuochi tenendo costante la lunghezza del<br />

semiasse maggiore,<br />

allora:<br />

1) la lunghezza del semiasse minore [aumenta] [diminuisce] [rimane costante]<br />

2) l’eccentric<strong>it</strong>a’ [aumenta]<br />

[diminuisce] [rimane costante]<br />

3) la distanza del fuoco di ascissa<br />

pos<strong>it</strong>iva dal vertice di ascissa pos<strong>it</strong>iva [aumenta] [diminuisce] [rimane costante]<br />

4) la distanza del fuoco di ascissa pos<strong>it</strong>iva<br />

dal vertice di ordinata pos<strong>it</strong>iva [aumenta] [diminuisce] [rimane costante]<br />

5)<br />

l’area dell’ellisse [aumenta] [diminuisce]<br />

[rimane costante]<br />

6) la somma <strong>delle</strong> distanza di un punto dell’ellisse dai fuochi [aumenta] [diminuisce] [rimane costante]<br />

Esercizio 4<br />

2 2<br />

Verificare che la retta x - 2y = 4 e’ tangente all’ellisse 3x + 4y = 12 e trovare il punto di tangenza. Scrivere poi l’equazione della<br />

bisettrice dell’angolo F1PF2 dove F1 e F2 sono i fuochi dell’ellisse<br />

(Aiutarsi tracciando il grafico dell’ellisse, la tangente nel punto<br />

trovato e i segmenti PF1 e PF2. Ricordare poi la proprieta’<br />

di riflessione dell’ellisse…)<br />

[(1,-3/2); y = -2x + 1/2]<br />

Esercizio 5<br />

I pianeti del sistema solare seguono orb<strong>it</strong>e ell<strong>it</strong>tiche, con il sole che occupa uno dei due fuochi dell’ellisse.<br />

a) Sapendo che il semiasse maggiore dell’orb<strong>it</strong>a terrestre<br />

e’ circa 150 milioni di km e che la sua eccentric<strong>it</strong>a’ e’ 0,02, calcolare la<br />

distanza tra i due fuochi dell’orb<strong>it</strong>a ell<strong>it</strong>tica terrestre e calcolare<br />

(con la calcolatrice) il suo semiasse minore<br />

[distanza tra i fuochi: 6 milioni di km; semiasse minore: 149 969 997 km]<br />

b) Sapendo che il semiasse maggiore dell’orb<strong>it</strong>a<br />

ell<strong>it</strong>tica di Plutone misura 6 miliardi di km, e che la distanza tra i due fuochi misura 1,5<br />

miliardi<br />

di km calcolare (senza calcolatrice) l’eccentric<strong>it</strong>a’ dell’orb<strong>it</strong>a di Plutone e il suo semiasse minore<br />

[e = 1/4; semiasse minore = (3/2) * 15 miliardi di km]<br />

c) Tra la Terra e Plutone, quale <strong>delle</strong> due orb<strong>it</strong>e e’ più “schiacciata”<br />

? Quale e’ meno eccentrica?<br />

Esercizio 6 (con qualche indizio in più)<br />

Sia dato un segmento di lunghezza a+b i cui estremi A e B<br />

siano vincolati agli assi cartesiani (A sull’asse <strong>delle</strong> ordinate<br />

e B su quello <strong>delle</strong> ascisse) e possano scorrere liberamente<br />

su di essi. Si prenda un punto P(x,y) tale che PA = a e PB =<br />

b. Siano H e K le sue proiezioni sugli assi.<br />

Considerando i triangoli simili APH e PBK e chiamando d il<br />

lato<br />

BK si trovi il valore di d considerando noti a, b e x.<br />

Applicando<br />

al triangolo PBK il teorema di P<strong>it</strong>agora si<br />

dimostri poi che<br />

il punto P, al variare della posizione del<br />

segmento AB, si trova sempre sull’ellisse di equazione<br />

x 2 /a 2 +y 2 /b 2 =1<br />

Esercizio 7<br />

Sia data l’ellisse di equazione x al variare di k, il numero di intersezioni che essa ha con:<br />

na intersezione; per |k| = 3 si ha 1 intersezione; per |k| < 3 si hanno 2 intersezioni]<br />

[nessuna intersezione per k > 6 o k < -4; una intersezione per k = 6 o k = -4; due intersezioni per -4 < k < 6]<br />

2 /9+y 2 /25=1. Si determini,<br />

1) la retta x=k<br />

[per |k| > 3 non si ha nessu<br />

2) la retta y=k-1<br />

Esercizio 8<br />

Un’ellisse ha i fuochi in (0,2) e (0,-2) e un suo punto P ha coordinate (3,2). Determinare la lunghezza dell’asse maggiore e le coordinate<br />

dei vertici di ascissa nulla (utilizzare la definizione di<br />

ellisse come luogo geometrico e le proprieta’ conosciute…)<br />

[8;(0,4) e(0,-4)]<br />

XLVIII


pag. 1/2<br />

Classe 1A Nome____________________________ Cognome___________________________________________<br />

Verifica di Matematica<br />

Esercizio 1<br />

Utilizzando i quadretti del foglio come un<strong>it</strong>à di misura e riferendosi ad un sistema di assi cartesiani xOy tracciare l’ellisse<br />

2<br />

2 y<br />

di equazione<br />

x 4 . Determinare poi le coordinate dei fuochi e disegnare anch’essi sul grafico. Determinare infine<br />

4<br />

l’eccentric<strong>it</strong>à di tale ellisse e la lunghezza dell’asse maggiore.<br />

Esercizio 2<br />

2 2<br />

Considera l’ellisse x y 1.<br />

Individua l’ordinata dei suoi<br />

punti di ascissa uguale a 1/2<br />

di ascissa uguale a 3<br />

Considera l’ellisse 1<br />

2 3<br />

y x<br />

2 2<br />

. Individua l’ascissa dei suoi punti di ordinata uguale a 1<br />

di ordinata uguale a 3<br />

Esercizio 3<br />

Scrivere l’equazione del luogo dei punti la somma <strong>delle</strong> cui distanze dai punti (0,2) e (0,-2) è uguale a 10<br />

*Esercizio 4<br />

Scrivere l’equazione dell’ellisse rifer<strong>it</strong>a ai propri assi, con i fuochi sull’asse <strong>delle</strong> ascisse, il cui semiasse maggiore misuri<br />

7<br />

4 e la cui eccentric<strong>it</strong>à sia 16<br />

Esercizio 5<br />

3<br />

Scrivere in forma canonica l’equazione dell’ellisse rifer<strong>it</strong>a ai propri assi e passante per i punti (1, 2)<br />

e (-2,0). Trovarne poi<br />

le intersezioni con le bisettrici dei quadranti e calcolare l’area del quadrato che ha per vertici tali intersezioni.<br />

*Esercizio 6<br />

2 2<br />

n’ellisse ha equazione 1<br />

71 43<br />

y x<br />

U . Individuare le coordinate cartesiane di un suo punto a piacere che si trovi nel II<br />

quadrante e determinarne la somma <strong>delle</strong> distanze di tale punto dai fuochi.<br />

Esercizio 7<br />

2 2 2<br />

Determinare per quali valori<br />

di k la curva ( k 1)<br />

x ky k k rappresenta un’ellisse rifer<strong>it</strong>a ai propri assi; scrivere<br />

tale<br />

ellisse in forma canonica.<br />

Determinare per quali valori di k tale ellisse ha i fuochi sull’asse y.<br />

Determinare poi per quale valore di k l’ellisse diventa una circonferenza.<br />

Determinare infine per quale valore di k la distanza tra i fuochi è uguale a 1 e per quale valore di k essa è uguale a<br />

2.<br />

XLIX


pag. 2/2<br />

Esercizio 8<br />

S ia dato un sistema di assi cartesiani e si considerino due punti distinti qualsiasi A( , ) e B( , ). Indicare se le<br />

seguenti affermazioni sono vere o false:<br />

1. Il luogo dei punti per i quali la somma <strong>delle</strong> distanze da A e B è costante<br />

è un’ellisse [V][F]<br />

2.<br />

2 2<br />

x y<br />

Un’ellisse di fuochi A e B è scrivibile nella forma 2 2<br />

a b<br />

1<br />

[V][F]<br />

3. Se P(x,y)<br />

appartiene ad un’ellisse di fuochi A e B allora ( x ) ( y ) ( x ) ( y ) [V][F]<br />

4. L’asse minore di tutte le ellissi che hanno A e B come fuochi è perpendicolare al segmento AB [V][F]<br />

5. Esiste una sola ellisse di fuochi A e B [V][F]<br />

6. Presa un’ellisse di fuochi A e B tutti i suoi punti P di coordinate (x,y) sono tali che<br />

L<br />

( <br />

2<br />

2<br />

2<br />

2<br />

x ) ( y ) ( x ) ( y ) = k con k costante per tutti i punti P dell’ellisse. [V][F]<br />

Esercizio 9<br />

Se in un’ellisse<br />

rifer<strong>it</strong>a ai propri assi, con i fuochi sull’asse x, aumento la lunghezza del semiasse maggiore tenendo<br />

costante la distanza tra i due fuochi, allora:<br />

1) la lunghezza del semiasse minore [aumenta] [diminuisce] [rimane costante]<br />

2) l’eccentric<strong>it</strong>à [aumenta] [diminuisce] [rimane costante]<br />

3) la distanza d1 del fuoco di ascissa pos<strong>it</strong>iva dal vertice di ascissa pos<strong>it</strong>iva [aumenta] [diminuisce] [rimane costante]<br />

4) la distanza d2 del fuoco di ascissa pos<strong>it</strong>iva dal vertice di ordinata pos<strong>it</strong>iva [aumenta] [diminuisce]<br />

[rimane costante]<br />

5) il rapporto d1/d2 [aumenta] [diminuisce] [rimane costante]<br />

6) la somma <strong>delle</strong> distanze di un punto dell’ellisse dai fuochi [aumenta] [diminuisce] [rimane costante]<br />

[ legenda: A = aumenta, D = diminuisce, C = rimane costante]<br />

Esercizio 10<br />

1)<br />

Che cosa si intende quando si parla di “ellisse rifer<strong>it</strong>a ai propri assi”?<br />

2)<br />

R<strong>it</strong>ieni che si possa scrivere un’equazione per un’ellisse non rifer<strong>it</strong>a ai propri assi?<br />

3) Scrivi qual è secondo te l’util<strong>it</strong>à di usare il piano cartesiano quando si esamina un’ellisse.<br />

* *Esercizio 11<br />

D ato un segmento AB di lunghezza fissa AB i cui<br />

estremi<br />

siano vincolati agli assi cartesiani e possano<br />

scorrere liberamente<br />

su di essi, si consideri la retta su cui<br />

giace tale segmento; preso un punto generico P(x,y) su<br />

tale retta tale che PA = a e PB = b, dimostrare che tale<br />

punto,<br />

al variare della posizione del segmento, si trova<br />

2 2<br />

x y<br />

sempre<br />

sull’ellisse di equazione 1<br />

2 2<br />

a b<br />

**Esercizio 12<br />

2 2<br />

Trovare per quali valori di m l’ellisse di equazione 2x<br />

y 2 ha punti in comune con la retta y <br />

x m


LII<br />

Materiale prodotto dagli studenti


Una relazione sulla costruzione dell’iperbolografo a filo - pagina 1<br />

Questo protocollo riguarda la relazione relativa alla costruzione dell’iperbolografo a filo teso. È molto ben illustrato,<br />

anche se è uno dei pochi in cui il procedimento è stato descr<strong>it</strong>to in dettaglio. Notare come alla fine (foglio3) l’iperbole<br />

è “l’unione <strong>delle</strong> due curve” ottenute facendo il segno con la mat<strong>it</strong>a da una parte e dall’altra della puntina. Lo studente<br />

pare intendere la curva come se fosse esattamente conclusa nel segno tracciato e non proseguisse in qualche modo<br />

oltre esso (non pare cioè interpretare il segno come “parte visibile” della curva, ma come la curva stessa). Ciò si vede<br />

ancora meglio nel protocollo successivo.<br />

LIII


LIV<br />

pagina 2<br />

pagina 3


In questo testo tratto da una relazione si può vedere come la linea “iperbole” abbia una lunghezza e possa essere più<br />

lunga o più corta:<br />

Alla domanda 4 sullo scambio di lunghezze (si veda il testo) viene risposto “iperbole opposta”:<br />

Esempio di confusione tra retta generatrice e retta direttrice, nella doppia definizione di parabola<br />

(tratto dalla verifica sulle coniche)<br />

Avevo preparato l’esercizio seguente per lanciare anche un collegamento con l'amb<strong>it</strong>o musicale, e comunque con<br />

un’applicazione reale della proprietà di riflessione dell’ellisse. Ma la “forzatura del reale” forse è stata eccessiva e la<br />

risposta data dall’alunno è stata quella matematicamente più “errata”, ma probabilmente la più giusta dal punto di<br />

vista “pratico”…:<br />

LV


LVI<br />

Tratto dalla verifica intermedia: lo studente denota difficoltà nella comprensione<br />

della logica del procedimento di costruzione con riga e compasso<br />

…come sopra


Questo studente dimostra invece una decisa propensione per la dinamica processuale,<br />

la descrizione è meticolosa, non affrettata e molto anal<strong>it</strong>ica<br />

LVII


LVIII<br />

Qui invece, a parte l’errore grossolano di scambiare i fuochi con i vertici, entra un’eco dello schema mentale dello<br />

studente: tutto è racchiuso nella “legge dell’ellisse”…<br />

(tratto dall’esercizio sulla dimostrazione della simmetria dell’ellisse dato per comp<strong>it</strong>o)<br />

Anche qui: idem a sopra (tratto da una relazione di approfondimento sulla vis<strong>it</strong>a alla mostra)


Esempio di “matematichese” (avevamo sottolineato molto, io e la tutor, la corretta definizione di epicicloide: “è la curva<br />

tracciata da…”, per ev<strong>it</strong>are i sol<strong>it</strong>i “è quando…” o “se fai girare un cerchio…”).<br />

Anche questa è tratta da una relazione d’approfondimento<br />

Ci sono anche buone ricerche che mettono in luce applicazioni tecniche interessanti, ad esempio la seguente relazione<br />

che riguardava la “legge della parabola”:<br />

Infine vi è da notare come alcuni studenti abbiano considerato la “domanda libera” presente nella verifica finale come<br />

una cosa di secondaria importanza, atipica e marginale, tanto da non rispondervi…:<br />

…o addir<strong>it</strong>tura da chiedersene il motivo e il senso:<br />

LIX


LX<br />

Foto di gruppo della 1A in g<strong>it</strong>a<br />

con tutor e tirocinante


Articolo apparso in Aprile su SetteSere, settimanale faentino, e redatto da due ragazze della 1A<br />

LXI


LXII<br />

Progetto di Tirocinio Virtuale in Fisica<br />

“Educazione Fisica”: corpo e movimento<br />

nell’insegnamento della cinematica<br />

Specializzando: Stefano Alberghi<br />

Supervisore: Prof. Giovanni Pezzi<br />

Classe A049


Riflessioni sulla fisica, la sua immagine, il suo insegnamento<br />

Naturalmente non è possibile in poche pagine delineare con<br />

accuratezza il proprio pensiero sulla<br />

fisica; pensiero che investe necessariamente ed è invest<strong>it</strong>o dall’immagine<br />

che se ne ha, la quale a<br />

sua volta determina inev<strong>it</strong>abilmente l’immagine che se ne intende trasmettere in una prospettiva<br />

educativa e formativa. Per parlarne, tra l’altro, sipotrebbe e si dovrebbe risalire alle origini della<br />

immagine che della fisica ci si è costru<strong>it</strong>i durante gli studi, dapprima di materie scientifiche<br />

alle<br />

scuole dell’obbligo, poi propriamente di fisica al liceo e all’univers<strong>it</strong>à e infine all’esperienza che se<br />

ne<br />

è avuta come insegnanti o come ricercatori o come semplici utilizzatori (in vari campi<br />

lavorativi).<br />

Certamente le riflessioni sulla didattica della fisica svolte nel corso della SSIS hanno<br />

aiutato<br />

a riportare alla mente l’esperienza di studente e stimolato una visione più consapevole dei<br />

propri<br />

processi di avvicinamento a questa disciplina. A propos<strong>it</strong>o di SSIS, personalmente mi sono<br />

reso<br />

conto in questo tempo, ma non era una sorpresa, di quanto spesso si “rischi” di trovare molta<br />

più<br />

“fisica” nelle discussioni di didattica, di epistemologia e di storia della fisica, di quanta ahimé a<br />

volte<br />

se ne possa trovare “facendola” direttamente, la fisica. Questo da un lato perchè il pensare la<br />

fisica<br />

in termini didattici comporta necessariamente una distanza cr<strong>it</strong>ica, una visione cr<strong>it</strong>ica dei suoi<br />

fondamenti,<br />

una valutazione della sua “comprensibil<strong>it</strong>à” alla mente del discente (e continuiamo tutti<br />

ad<br />

esserlo, discenti), un approfondimento dei suoi aspetti storici, un approccio anche<br />

epistemologico<br />

ad essa. Dunque una visone più completa, più un<strong>it</strong>aria, più profonda di essa.<br />

Dall’altro<br />

riconosco che il “fare fisica”, pur se consente di conoscere da vicino le frontiere della<br />

disciplina<br />

e di partecipare del suo sviluppo, oggi spesso rischi di ridursi ad una gara di corsa svolta<br />

in amb<strong>it</strong>i a volte troppo angusti, per cui nella ricerca il destino che attende molti è quello di divenire<br />

degli alienati incolti, come li chiama G. Toraldo di Francia [2] (e quanto questo influisce<br />

sull’immagine della fisica che “passa” nella stessa univers<strong>it</strong>à!) Concordo naturalmente<br />

quindi con<br />

Tars<strong>it</strong>ani<br />

[1] quando ricorda che “il modo di studiare, interpretare e comprendere la disciplina<br />

di un<br />

insegnante<br />

non è paragonabile a quello di un comune ricercatore in un ramo speciale di quella<br />

disciplina”.<br />

Naturalmente questa non è una regola: non c’è, credo, un motivo fondamentale<br />

concettuale<br />

(se non sociale o economico) per cui debba avvenire ciò. Non ci sono, cioè, ragioni di<br />

principio<br />

e naturalmente per fortuna non sempre avviene così. Del resto anche nella ricerca, così<br />

come<br />

nell’insegnamento, una consapevolezza storica, didattica ed epistemologica credo non sia solo<br />

utile,<br />

ma necessaria (al di là del successo o della buona riusc<strong>it</strong>a che la storia può attribuire, “contro<br />

ogni<br />

metodo”…). E in fondo r<strong>it</strong>engo vero quel che si afferma quando si dice che “solo chi è in<br />

grado<br />

di spiegare una cosa a sua nonna, l’ha realmente compresa”.<br />

È in fin dei conti una questione che coinvolge l’aspetto culturale della fisica, più che quello<br />

funzionale, o tecnico,<br />

aspetto che dovrebbe perciò essere patrimonio della cultura del comune<br />

c<strong>it</strong>tadino,<br />

anche di quello “non scienziato”. La scuola di base ha questo comp<strong>it</strong>o primario, tanto più<br />

se<br />

si rivolge a persone che non faranno i fisici. È sicuramente una sfida di grande portata.<br />

Le<br />

altre scienze forse perchè meno legate alla matematica, e poiché parlano dunque un linguaggio<br />

più “usuale” e più immediato (nel senso che<br />

non comporta un particolare studio del linguaggio<br />

stesso) hanno gioco più facile ad essere comprese<br />

ed integrate nella “cultura”. La fisica, per il<br />

rapporto privilegiato e unico che ha con la matematica, è spesso rifiutata dall’intelletto non<br />

addestrato, percep<strong>it</strong>a come distante, fredda, ecc.<br />

R<strong>it</strong>engo<br />

sia tuttavia più facile per la fisica che per la matematica affrontare questa sfida culturale, in<br />

quanto la fisica è in se stessa una scienza che in fondo parla della “natura”, del mondo in cui l’uomo<br />

vive quotidianamente, e ne parla nella maniera più fondamentale possibile (almeno ad oggi) e pone<br />

perciò continuamente sfide di senso, di significato, sfide interpretative e non meramente tecniche.<br />

Nella matematica tutto questo naturalmente c’è, ma è, come dire, sublimato, e quindi anche molto<br />

più difficile da riconoscere. Inoltre se la matematica può essere vista anche come un gioco, uno<br />

spazio di pura espressione della logica e della creativ<strong>it</strong>à, la fisica a mio parere no. Deve confrontarsi<br />

con la realtà e anzi da quella e solo da quella trarre spunto e motivo d’essere. È una faccenda seria,<br />

insomma.<br />

LXIII


Seria nei contenuti, e così appare nella riflessione dello scienziato, soprattutto a posteriori di un<br />

risultato<br />

o quando ne contempla la storia; ma ciò non esclude che possa essere vista e vissuta come<br />

appassionante e, sì, giocosa nella forma e nel suo “farsi” durante il processo di ricerca. In<br />

particolare la forma del “gioco” può essere usata nella didattica: in tale contesto la fisica come<br />

gioco, come risposta e stimolo alla curios<strong>it</strong>à deve essere sottolineata e usata come leva intellettuale,<br />

ancora più, forse, che l’ “importanza” della ricerca e dell’impresa scientifica.<br />

In fondo essa è e dovrebbe essere percep<strong>it</strong>a dagli studenti come un luogo in cui la domanda, il<br />

dubbio, la soddisfazione di una curios<strong>it</strong>à, non solo è ben accetta, ma, direi, è “d’obbligo”. Un luogo<br />

in cui si può e si deve cercare il perchè <strong>delle</strong> cose, e in cui ogni ver<strong>it</strong>à non è data, ma continuamente<br />

cercata e conquistata. A mio avviso la fisica permette questo (cioè la cultura della “profond<strong>it</strong>à”<br />

anziché quella della “quant<strong>it</strong>à”), è uno dei suoi ruoli fondamentali ed ha molto da dire, oggi, a tale<br />

riguardo.<br />

E questo è un<strong>it</strong>o fortemente alla “cultura” della semplic<strong>it</strong>à. L’altra caratteristica che si attribuisce<br />

alla fisica è infatti quella di essere complicata, difficile. È percep<strong>it</strong>a con timore reverenziale ed<br />

insieme estrane<strong>it</strong>à, quasi un culto misterico riservato a pochi iniziati. Credo invece che sia da<br />

sottolinearne l’accessibil<strong>it</strong>à, la semplic<strong>it</strong>à di fondo: essa è in fondo semplice come una domanda di<br />

un bambino (la cui risposta peraltro è la più difficile!), semplice e difficile cioè come è semplice e<br />

difficile arrivare ad una domanda elementare, o come lo è suddividere un oggetto in parti<br />

elementari, o acquisire un punto di vista elementare, semplice e semplificatore; così come è in<br />

fondo semplice ma terribilmente difficile andare piano, quando talvolta si crede di dover andare<br />

forte, o quando spesso si crede che ciò che conti sia la quant<strong>it</strong>à, mentre la cosa realmente difficile<br />

da ottenere è la qual<strong>it</strong>à e la semplic<strong>it</strong>à. Accessibile in questo senso, nel senso che a patto di capirne<br />

lo spir<strong>it</strong>o, essa è di tutti.<br />

Mi rendo conto che può essere un punto vista ed un’immagine della fisica parziale e personale.<br />

R<strong>it</strong>engo tuttavia che sia significativo (ed educativo) rimarcare questi aspetti a degli studenti, anche<br />

per consentire alla fisica di svolgere un ruolo di formazione di una coscienza cr<strong>it</strong>ica, di una<br />

consapevolezza <strong>delle</strong> proprie potenzial<strong>it</strong>à intellettuali, di un’apertura al dubbio sistematico, anziché<br />

foriera di rigid<strong>it</strong>à mentale, dogmatismo o consumismo intellettuale. È una via ad un modo diverso<br />

di conoscere la realtà, ad un diverso atteggiamento cogn<strong>it</strong>ivo (è per questo che è molto difficile<br />

insegnarla!), non l’unico, certamente, ma imprescindibile (soprattutto oggi, in un mondo<br />

tecnologico…); un approccio al reale che a parole viene esaltato (anche più del dovuto) e cr<strong>it</strong>icato,<br />

ma in realtà è misconosciuto e molto sottovalutato nei fatti. Una via (fondante peraltro del pensiero<br />

occidentale) dunque da conoscere, anche per capirne le potenzial<strong>it</strong>à e i lim<strong>it</strong>i.<br />

Come affrontare lo studio della fisica, quindi? Come insegnarla?<br />

Se il rischio è quello del dogmatismo, dell’accettazione incondizionata, o al contrario del rifiuto, un<br />

metodo che parta dalle conoscenze e dalle domande del discente, prima che dalle “ver<strong>it</strong>à rivelate”,<br />

allora può essere opportuno. Anzi: un insegnamento che stimoli per prima cosa la presa di coscienza<br />

<strong>delle</strong> proprie convinzioni e susc<strong>it</strong>i domande. R<strong>it</strong>engo ad esempio molto importante cercare di non<br />

dare mai risposte prima che siano formulate le domande. Purtroppo molta e molta parte<br />

dell’insegnamento è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da risposte senza domanda: la domanda è debole, è la prima a cadere,<br />

e spesso viene soffocata da una mole immensa di informazioni. Così le informazioni trasmesse,<br />

essendo poco significative, non attecchiscono e col tempo vengono dimenticate, mentre la domanda,<br />

vero nucleo da cui storicamente, culturalmente e nell’atto stesso dell’apprendimento tutto era part<strong>it</strong>o<br />

e parte, si perde immediatamente ed inesorabilmente, ed è poi (faticosamente) da recuperare. A<br />

questo propos<strong>it</strong>o credo che sia dovere del docente prestare grande attenzione alla “prima volta” in<br />

cui un concetto od un argomento viene affrontato, al fatto che tale concetto scaturisca come<br />

richiesta (naturale o stimolata) da parte del discente, il che influisce sulla sensazione di vicinanza o<br />

lontananza con cui egli lo percepisce. Credo che il momento di incontro con qualcosa di nuovo<br />

possa essere intellettualmente un momento molto vivo, e ricco di quel fertile stupore che gioverà<br />

LXIV


sicuramente alla mente di un futuro fisico (intellettualmente parlando, al di là che lo faccia o meno<br />

come professione). Un momento che quindi bisogna stare molto attenti a non “bruciare”.<br />

Partendo da questo, che per me è un presupposto irrinunciabile, ne consegue che il coinvolgimento<br />

dello studente nel suo personale processo di apprendimento è un aspetto imprescindibile<br />

dell’insegnamento: il richiamo alla quotidian<strong>it</strong>à dei fenomeni studiati, l’uso di “materiale povero”, il<br />

coinvolgimento della sfera emotiva, di quella intellettiva e di quella relazionale, l’utilizzo del corpo<br />

e dei vari sensi sono tutti modi di rendere vicino lo studente a quanto viene discusso a scuola,<br />

perchè il sapere venga, se non partor<strong>it</strong>o spontaneamente dallo studente, almeno sviluppato sullo<br />

studente, a partire da ciò che egli è e chiede. Naturalmente per fare ciò occorre tenere conto della<br />

divers<strong>it</strong>à di approccio e di sensibil<strong>it</strong>à che vi può essere tra studente e studente, ed anche della<br />

varietà e della molteplic<strong>it</strong>à di bisogni nell’intimo di ogni studente. Il coinvolgimento non può che<br />

passare attraverso<br />

una varietà di vie, di modal<strong>it</strong>à, di strumenti, di registri, di ambienti didattici: il<br />

dialogo e la discussione, il parlare in pubblico, la gara, la manual<strong>it</strong>à (ad esempio in laboratorio), la<br />

visione (di film…), lo studio e l’approfondimento personale, l’insegnamento (lo studente che “ha<br />

cap<strong>it</strong>o” verso chi non ha cap<strong>it</strong>o…), la riflessione metacogn<strong>it</strong>iva… Quante di queste cose possono<br />

essere agevolmente fatte con la fisica, ben più che con altre materie!<br />

In sintesi penso ad un insegnamento che dia un senso e un significato a ciò che si spiega, che<br />

evidenzi e dia peso alle nov<strong>it</strong>à, e, non ultimo, che dia spazio all’entusiasmo, alla curios<strong>it</strong>à e al reale<br />

interesse per ciò che si dice (e questo dovrebbe essere vero tanto più per l’insegnante, il quale<br />

riveste a volte anche il ruolo di modello per gli studenti, non dimentichiamolo). Il docente non deve<br />

temere la vivac<strong>it</strong>à (purché sia segno di interesse e non di disinteresse), credo, quanto la passiv<strong>it</strong>à.<br />

Solo se lo studente è attivo e ciò che apprende è significativo per lui, la sua conoscenza è duratura.<br />

Se poi l’insegnante vuole realmente condurre un lavoro che parta dalle teorie ingenue dei ragazzi,<br />

dalle loro difficoltà di percorso, l’errore non dovrebbe essere pun<strong>it</strong>o, censurato o ev<strong>it</strong>ato a tutti i<br />

costi, ma dovrebbe essere in quest’ottica fonte e stimolo di migliore comprensione e<br />

approfondimento. Specialmente in materie scientifiche gli studenti dovrebbero imparare a non<br />

temerlo e soprattutto a non temere eccessivamente il dubbio o la mancanza di conoscenza, proprio<br />

in quanto questi sono (e storicamente lo sono sempre stati) veicolo di cambiamento e progresso.<br />

R<strong>it</strong>engo che anche in questo caso il docente stesso, anche a mo' di esempio, debba agire nello stesso<br />

modo nei confronti del dubbio e dell’errore, permettendosi di riflettere, di sbagliare, e mostrando<br />

col proprio insegnamento (che naturalmente deve essere però il più sicuro possibile nei suoi<br />

fondamenti!) la dinamic<strong>it</strong>à e il carattere v<strong>it</strong>ale della fisica (e vale anche per altre materie). La<br />

consapevolezza del lim<strong>it</strong>e dell’uomo che conosce, sia a livello personale, sia<br />

a livello collettivo<br />

favorisce<br />

infatti una visione “tridimensionale” della fisica e della ricerca (cioè del suo metodo). Lo<br />

studente da un lato vede i lim<strong>it</strong>i di chi gli insegna fisica (il docente)<br />

e capisce che lui stesso può<br />

avere i t<strong>it</strong>oli per essere chiamato a costruire quel tassello di fisica mancante - e l’insegnante stesso<br />

può lanciare questa sfida (ciò naturalmente presuppone fiducia nello studente e nelle sue capac<strong>it</strong>à);<br />

questa prospettiva a mio parere consente inoltre allo studente di mettersi accanto all’insegnante<br />

nello sforzo comune di capire, e non contro di esso (sempre in questo senso il richiamo alla<br />

cooperazione e alla discussione pubblica tra studenti al fine dell’apprendimento credo siano tratti<br />

importanti). Dall’altro lato (se cioè non vengono tenuti nascosti o taciuti i lim<strong>it</strong>i e le frontiere<br />

conosc<strong>it</strong>ive stesse che la fisica attualmente ha) lo studente può vedere dove è arrivata e dove non è<br />

arrivata la fisica moderna e può quindi cogliere la v<strong>it</strong>al<strong>it</strong>à dell’ “impresa”, con tutto il carico di<br />

motivazione che ciò porta con sé.<br />

Per concludere, dal momento che ho accennato prima all’entusiasmo del docente, vorrei specificare<br />

di quale natura intendo debba essere e sia: oltre alla passione per la ricerca, per i fondamenti della<br />

propria disciplina, credo che un insegnante debba maturare e coltivare anche una vera passione per<br />

la trasposizione didattica della propria disciplina, per le sempre continue sfide (concettuali, da un<br />

lato, e molto urgenti e concrete dall’altro) che l’insegnamento gli pone. In fondo cosa c’è di più<br />

affascinante che rendere partecipe un’altra mente di qualcosa di concettualmente così bello e<br />

profondo?<br />

LXV


Vincoli e prerequis<strong>it</strong>i<br />

Si intende proporre questo modulo nelle prime lezioni di un corso di fisica, eventualmente, ma non<br />

necessariamente, dopo un’introduzione alle grandezze e un’introduzione all’uso e alla lettura di<br />

(semplici) grafici. Lo penserei adeguato inoltre per (almeno) un secondo anno, quindi con ragazzi<br />

che non siano matricole della scuola superiore e che siano capaci di sapersi organizzare abbastanza<br />

autonomamente per gruppi. Inoltre i riferimenti alle equazioni del moto dovrebbero poter essere<br />

compresi senza difficoltà, per cui è necessaria una dimestichezza con le equazioni e il calcolo<br />

letterale in matematica. Visto infine il numero di ore necessario per svolgere integralmente il<br />

modulo occorrerebbe un numero settimanale sufficiente di ore in fisica, con la condizione di avere<br />

almeno due ore consecutive accoppiate per settimana. Per tutti questi motivi penso che il progetto<br />

possa essere adatto ad un secondo anno di Liceo Scientifico PNI, naturalmente previo adattamento<br />

alla s<strong>it</strong>uazione specifica della classe.<br />

In sintesi i prerequis<strong>it</strong>i minimi potrebbero essere semplicemente:<br />

conoscenza e dimestichezza d’uso <strong>delle</strong> equazioni di primo grado<br />

saper leggere grafici<br />

saper costruire tabelle<br />

È necessario inoltre che la scuola possieda 3 o 4 CBR-Sonar e un analogo numero di calcolatrici<br />

TI89 o simili, per potere svolgere lavori di gruppo lasciando un sonar e una calcolatrice per ogni<br />

gruppo. È inoltre necessaria un’aula abbastanza ampia, un proiettore, una lavagna possibilmente<br />

bianca su cui proiettare e disegnare grafici e un display per lavagna luminosa collegabile alla<br />

calcolatrice.<br />

Obiettivi<br />

I miei obiettivi in una trattazione della cinematica come quella proposta e, insieme, in una<br />

introduzione alla fisica come è quella che ne risulta, sono principalmente i seguenti:<br />

introdurre lo studio e il metodo della fisica come qualcosa di specifico, sì, ma ben legato ed<br />

ancorato a esigenze e fenomeni noti allo studente: i concetti, così come i metodi di indagine<br />

(misure, grafici, esperimenti, schematizzazioni) non dovrebbero essere percep<strong>it</strong>i come fini a se<br />

stessi e avulsi dal mondo di oggetti e di idee che lo studente già possiede, ma al contrario ne<br />

andrebbero percep<strong>it</strong>i (e quindi dall’insegnante: sottolineati) gli stretti legami. Presentare<br />

problemi e spendere almeno un po’ di tempo per permettere agli studenti di proporre soluzioni<br />

e discuterne è quindi necessario: ad esempio relativamente ai metodi di misura della veloc<strong>it</strong>à,<br />

prima di usare strumenti complessi come il sonar.<br />

fare percepire la “fisic<strong>it</strong>à” della fisica, per ev<strong>it</strong>are che venga vista come pura disciplina teorica o<br />

matematica, e invece legarla alla realtà degli oggetti, specialmente in un amb<strong>it</strong>o “principe”<br />

come quello della cinematica. L’esperimento, meglio (in questo caso introduttivo) se<br />

qual<strong>it</strong>ativo, favorisce a mio parere un aggancio forte con la fisic<strong>it</strong>à e col movimento.<br />

dare importanza alla efficacia o urgenza (nel senso debole del termine) della fisica nella<br />

descrizione e nella gestione del mondo reale e della sua “v<strong>it</strong>a vissuta”: fare cioè uscire la fisica<br />

dall’aula, ma anche dal laboratorio, per poter indicare allo studente che la fisica riduce a schemi<br />

semplificativi una realtà che però è la realtà di tutti giorni, e che le sue conquiste hanno<br />

conseguenze su tale realtà. Misurare con il sonar usato in laboratorio la veloc<strong>it</strong>à di<br />

un’automobile di passaggio in strada, ad esempio, permette a mio parere di “aprire al mondo” la<br />

conoscenza acquis<strong>it</strong>a e renderla significativa (per coloro per cui tale passaggio è fondamentale)<br />

- estendendone l’util<strong>it</strong>à ad applicazioni magari già note (si pensi all’autovelox…). Portare poi<br />

esempi e fornire, anche solo verbalmente o tram<strong>it</strong>e immagini, “agganci” al mondo reale può<br />

LXVI


andare nella stessa direzione (ad esempio c<strong>it</strong>are argomenti e fenomeni relativi all’amb<strong>it</strong>o della<br />

Formula 1 o del motociclismo o del ciclismo…)<br />

permettere di sperimentare in prima persona, e quindi col proprio corpo, una s<strong>it</strong>uazione “fisica”:<br />

questo passaggio, al di là della visione diretta o indiretta di qualche fenomeno cinematico,<br />

permette la presa di controllo di una dimensione nuova riguardo ciò di cui si parla. È la stessa<br />

differenza tra vedere giocare a calcio e giocarci: la consapevolezza ne guadagna assai, e per<br />

alcuni il passaggio per il corpo è addir<strong>it</strong>tura una tappa essenziale (almeno in uno stadio<br />

introduttivo): è quel che si dice conoscenza embodied. Il poter vedere rappresentato il moto del<br />

proprio corpo, così come il muovere il proprio corpo in maniera da ripercorrere un movimento<br />

predeterminato (cioè inizialmente rappresentato - a parole o in grafico - e successivamente<br />

tradotto mentalmente in un movimento reale da eseguire) è un’esperienza per molti<br />

fondamentale.<br />

sarebbe interessante inoltre poter approfondire con gli studenti il ruolo dello strumento di<br />

misura e la sua evoluzione, così come l’evoluzione del suo utilizzo<br />

nel corso della storia (quelli<br />

che si chiamano processi di strumentazione e strumentalizzazione, v. [ 5] c<strong>it</strong>ato in [6]), cercando<br />

di vederne un parallelo con quanto avviene nell’uso e nelle idee di miglioramento<br />

che uno<br />

studente, durante il suo processo di apprendimento, può avere rispetto ad uno strumento<br />

artigianale. Questo obiettivo è però un po’ fuori misura, sia per il tempo sperimentale e di<br />

discussione che comporterebbe, sia per la compless<strong>it</strong>à dello strumento a cui si approda poi nel<br />

percorso proposto (il sonar), che richiederebbe un percorso appos<strong>it</strong>o di scoperta e<br />

approfondimento (ed esempio tram<strong>it</strong>e palline lanciate oltre una “tenda” usate come sensori di<br />

movimento di qualcosa in moto al di là della tenda stessa…). Si preferirà quindi semplicemente<br />

spendere un po’ del tempo iniziale a chiedere ai ragazzi proposte per la misura della veloc<strong>it</strong>à di<br />

oggetti di vario tipo, ad esaminare<br />

le potenzial<strong>it</strong>à e i lim<strong>it</strong>i di tali eventuali metodi proposti, ed<br />

infine ad introdurre esplic<strong>it</strong>amente “ex-machina” il sonar, accennando inizialmente al suo<br />

funzionamento,<br />

concentrandosi sulle regole di utilizzo (trovandole in classe a partire da<br />

“prove”) e poi considerandolo nel resto del percorso sostanzialmente come una “black-box” che<br />

non necess<strong>it</strong>a (per ora, e salvo domande esplic<strong>it</strong>e) di ulteriori spiegazioni o approfondimenti.<br />

Un artefatto didattico, infatti, se può facil<strong>it</strong>are lo studente nell’apprendimento dei concetti<br />

per<br />

cui l’artefatto è stato costru<strong>it</strong>o, richiede tempo e sforzi per la comprensione del suo utilizzo e<br />

può quindi, se non adeguatamente analizzato e introdotto, creare ulteriori ostacoli. In<br />

particolare, uno strumento di apparentemente semplice utilizzo come il sonar può al lim<strong>it</strong>e<br />

favorire l’accentuarsi della distanza dello studente dal fenomeno esaminato (cosa che vogliamo<br />

ev<strong>it</strong>are, anzi contrastare) e addir<strong>it</strong>tura dare un’immagine della fisica come di tecnologia magica<br />

e di realtà “virtuale” (l’utilizzo di videogiochi e di simulatori di realtà da parte dei ragazzi è<br />

spesso fin troppo pronunciato, e un attrezzo come una calcolatrice o un sonar potrebbero essere<br />

visti come una sorta di videogioco di cui è sufficiente imparare le regole interne di utilizzo)<br />

permettere in defin<strong>it</strong>iva il “passaggio fra” e “l’integrazione<br />

di” diversi linguaggi e registri per<br />

un’unica realtà-oggetto che viene da essi descr<strong>it</strong>ta, in modo da permettere allo studente un<br />

apprendimento completo, significativo, stabile e duraturo. Tale obiettivo non è semplice, né è<br />

frequente trovare studenti che sappiano muoversi agilmente tra questi linguaggi (si vedano a tal<br />

propos<strong>it</strong>o i test condotti su studenti univers<strong>it</strong>ari, presentati in [4]). I vari registri/linguaggiincui<br />

un “fatto cinematico” può essere espresso potrebbero essere a mio parere sintetizzati nel<br />

seguente elenco (anche riassumendo quanto detto nei punti precedenti), che naturalmente non<br />

vuole essere una proposta di sequenza cronologica:<br />

1) descrizione a parole (qual<strong>it</strong>ativa o quant<strong>it</strong>ativa)<br />

2) formalizzazione matematica<br />

3) grafico<br />

4) fatto visto (in maniera virtuale)<br />

5) fatto visto (reale)<br />

LXVII


6) fatto visto (realtà dell’esperienza quotidiana, semplice o complessa)<br />

7) fatto vissuto in prima persona e col proprio corpo<br />

Per descrivere meglio tali casi si potrebbero, a t<strong>it</strong>olo di esempio, c<strong>it</strong>are i seguenti esempi o<br />

proporre le seguenti attiv<strong>it</strong>à/esercizi; rispettivamente:<br />

1) Un racconto o un testo scr<strong>it</strong>to: “Pierino parte alle 8 in bici e va a scuola veloce. La<br />

scuola dista 3km. Scopre che c’è sciopero e torna a casa lentamente”<br />

2) Sia t0=8 s e x=2 km…<br />

3) (si veda uno dei grafici più avanti)<br />

4) Simulazione java, filmato…<br />

5) Esperimento<br />

con carrellini in laboratorio, esperimento con bicicletta…, comunque un<br />

esperimento preparato e circoscr<strong>it</strong>to che cost<strong>it</strong>uisce pur sempre una “riproduzione”, una<br />

“simulazione” di un fatto che avviene nella realtà, e che si vuole studiare in dettaglio<br />

6) lavoro a coppie di studenti: uno dei due misura il reale tempo di percorrenza (alla<br />

mattina) del compagno per andare da casa a scuola, con soste, distanze ecc<br />

7) fare un tratto velocemente, fare lo stesso tratto a veloc<strong>it</strong>à un terzo (con una bici conil<br />

tachimetro)<br />

Obiettivi<br />

generali:<br />

-introdurre<br />

lo studio della fisica sottolineando che è uno studio astratto e schematico di s<strong>it</strong>uazioni<br />

però<br />

reali, e i cui concetti e definizioni hanno un analogo nell’esperienza quotidiana<br />

-collegare<br />

la cinematica a fenomeni reali e noti<br />

-collegare<br />

le quant<strong>it</strong>à, i concetti e le relazioni nell’amb<strong>it</strong>o della cinematica ad esperienze visibili ed<br />

intu<strong>it</strong>ive<br />

-sperimentare<br />

col corpo e col movimento in prima persona le nozioni imparate in classe<br />

-saper<br />

descrivere una s<strong>it</strong>uazione reale in termini cinematici e saperla graficare<br />

-saper<br />

riprodurre col movimento (proprio o di oggetti esterni) una s<strong>it</strong>uazione descr<strong>it</strong>ta in termini<br />

cinematici<br />

-saper<br />

utilizzare correttamente strumenti di misura complessi e saper interpretare in maniera<br />

consapevole<br />

la loro funzione<br />

-collegare<br />

la fisica ad altre materie di insegnamento<br />

-saper<br />

porre problemi ai compagni (che siano difficili ma affrontabili con gli strumenti acquis<strong>it</strong>i) e<br />

saper<br />

immaginare le loro risposte<br />

-sapersi<br />

orientare e gestire tra le differenti modal<strong>it</strong>à di descrizione dello stesso fenomeno<br />

(linguaggio<br />

corrente, matematico, rappresentazione visiva, esperienza diretta…)<br />

Obiettivi specifici:<br />

Come delineato da vari studi (si veda ad esempio [4]) vi sono alcune misconcezioni ricorrenti nel<br />

dominio<br />

della cinematica (che vale la pena tenere presenti e di cui stimolare l’esplic<strong>it</strong>azione),<br />

alcune<br />

relative alla relazione dei concetti fisici con il grafico, altre più legate al rapporto grafico-<br />

realtà:<br />

principali<br />

misconcezioni (v. anche [4]):<br />

veloc<strong>it</strong>à intesa come quant<strong>it</strong>à scalare<br />

veloc<strong>it</strong>à come proprietà posseduta dall’oggetto<br />

confusione tra vel. media in un intervallo di tempo e vel. media in un intervallo spaziale<br />

tra grafico e concetti fisici:<br />

o confusione tra l’altezza (ovvero<br />

il valore) e la pendenza (ovvero la derivata) del<br />

grafico (cioè<br />

della funzione): ad esempio tra posizione e veloc<strong>it</strong>à in un grafico x/t<br />

o interpretazione <strong>delle</strong> variazioni (eventualmente<br />

simultanee) di altezza e di pendenza<br />

o relazioni reciproche<br />

tra grafici s/t e v/t e a/t<br />

LXVIII


o capac<strong>it</strong>à di integrare descrizioni a parole e grafico<br />

o interpretazione di tangente e area sottesa al grafico<br />

tra grafico e mondo reale:<br />

o difficoltà nella rappresentazione continua (e non per punti) di un moto reale<br />

o distinzione tra forma del grafico e forma della<br />

traiettoria<br />

o gestione simultanea del segno di posizione, veloc<strong>it</strong>à e accelerazione.<br />

Tenuto conto di questi possibili problemi si identificano i seguenti obiettivi specifici<br />

dell’ins egnamento di questo modulo.<br />

Conoscenze:<br />

- definizioni di sistema di riferimento, punto materiale, posizione, spostamento, intervallo temporale<br />

- definizione<br />

e concetto di veloc<strong>it</strong>à media e istantanea (in moti unidimensionali)<br />

- moto uniforme<br />

- concetto<br />

di relativ<strong>it</strong>à della posizione e del moto<br />

- equazioni orarie del moto nel caso di moto uniforme e nel caso di moto con veloc<strong>it</strong>à che<br />

varia<br />

linearmente<br />

col tempo<br />

- analisi dei grafici in termini<br />

di tangenti ed aree sottese<br />

Abil<strong>it</strong>à:<br />

- saper disegnare grafici spazio/tempo o veloc<strong>it</strong>à/tempo di un moto descr<strong>it</strong>to a parole<br />

- saper interpretare grafici e tradurli in una descrizione a parole<br />

- saper passare da uno all’altro per lo stesso fenomeno<br />

- saper utilizzare correttamente le equazioni del moto in esercizi e problemi e saperle interpretare<br />

- saper prendere<br />

misure e rappresentare graficamente i dati ottenuti<br />

- saper interpretare (riprodurre) una s<strong>it</strong>uazione reale in (a partire da) termini fisici e matematici<br />

Contenuti<br />

e loro organizzazione<br />

Un riassunto sintetico della scansione<br />

in fasi del progetto è data qui sotto. Segue la descrizione<br />

dettagliata di ogni singola fase. La pianificazione oraria<br />

ha naturalmente il solo scopo di<br />

organizzare preventivamente il lavoro in linea di massima, e sarà suscettibile di modifiche ed<br />

aggiustamenti in corso d’opera; va intesa perciò in senso solo indicativo.<br />

Fase 1 - movimento e veloc<strong>it</strong>à<br />

1. movimento, misure, grafici -2ore<br />

2. spazio percorso,<br />

veloc<strong>it</strong>à media: formalizzazione ed esercizi + passaggio dal “fatto<br />

descr<strong>it</strong>to” al grafico -2ore<br />

Fase 2 - davanti al sonar<br />

3. sonar, lo strumento (pensato come black box), prove in classe -1ora<br />

4. dal movimento visto al grafico, veloc<strong>it</strong>à istantanea - 1ora<br />

Fase 3 - formalizzazione ed esercizi<br />

5. concetto di veloc<strong>it</strong>à istantanea e passaggio<br />

da grafici s/t a grafici v/t + passaggio dal “fatto<br />

descr<strong>it</strong>to” al grafico, teoria ed esercizi -3ore<br />

Fase 4 - di nuovo con il sonar<br />

6. formulazione di ipotesi di grafico<br />

a partire da un movimento e verifica con il sonar - ½ ora<br />

7. dal grafico al movimento, prima con discussione tra ragazzi e poi con misura sonar-½ora<br />

8. gestione<br />

dei due livelli: spazio e veloc<strong>it</strong>à -1ora<br />

Fase5-verifica intermedia<br />

9. verifica intermedia -1ora<br />

LXIX


Fase 6 - fuori dall’aula<br />

10. campagna<br />

di misure in esterni (palestra, cortile) -2ore<br />

11. analisi dati e consegne -2ore<br />

Fase 7 - la gara<br />

12. gara a squadre<br />

-2ore<br />

Fase8-verifiche finali<br />

13. esercizi e discussione -2ore<br />

14. interrogazione -1ora<br />

15. verifica -2ore<br />

totale: 23 ore<br />

Fase 1 - movimento<br />

e veloc<strong>it</strong>à<br />

In questa fase introduttiva si cercherà di stimolare nei ragazzi alcune riflessioni sulla posizione e il<br />

movimento e la loro definizione, descrizione e misura. Per fare questo si inizierà chiedendo come<br />

dare una descrizione della<br />

differenza di posizione (quindi una s<strong>it</strong>uazione statica) di due studenti in<br />

piedi o stesi sul pavimento dell’aula (tipo: scena da un crimine<br />

- oppure immaginando un incidente<br />

di<br />

cui la polizia voglia prendere nota -), si cercherà di arrivare a possibili utilizzi della piastrellatura<br />

del pavimento,<br />

discutendo anche dell’opportun<strong>it</strong>à o meno di idealizzare la persona come un punto<br />

materiale, per passare poi a ipotesi sulla descrizione e sulla misura del movimento di uno<br />

di loro (o,<br />

anche qui, immaginando ad esempio la dinamica di un sorpasso tra autoveicoli), chiedendo ad<br />

esempio di trovare uno strumento (o una combinazione di strumenti - piastrelle, passi, cronometro,<br />

palline… -) e un modo per utilizzarli che misuri la veloc<strong>it</strong>à il<br />

denziare le proprietà di questa<br />

i passerà poi a trasformare in descrizione a parole alcuni tipi di moto (vario, uniforme, accelerato,<br />

ttilineo..) per poi, restringendosi ai casi rettilinei, rappresentarli in un grafico spazio-tempo. Si<br />

enza trattare il problema dell’errore sperimentale) e<br />

portarle in un diagramma orario: ad esempio si potrà rappresentare il moto rettilineo di una<br />

i<br />

anno i<br />

efinizione di veloc<strong>it</strong>à<br />

edia in un intervallo di tempo, facendo notare come anche moti diversi possano avere la stessa<br />

allo. Si evidenzieranno il caso particolare di veloc<strong>it</strong>à costante.<br />

Si p uesti concetti, così come l’abil<strong>it</strong>à di passare dalla<br />

des<br />

10 di un oggetto, (ad esempio contando<br />

numero di piastrelle e tenendo in mano un orologio) cercando di evi<br />

veloc<strong>it</strong>à, la sua natura vettoriale, il verso o il segno, ecc.<br />

S<br />

re<br />

potranno fare alcune misure (semplici e s<br />

ri<br />

persona nella stanza, e far notare come il diagramma che ne risulta contiene tutte le informazion<br />

che servono per descrivere il moto.<br />

A questo punto, utilizzando esempi di grafici tratti dal libro o dagli esercizi si ist<strong>it</strong>uzionalizzer<br />

concetti di intervallo di spazio e di tempo, e si introdurrà il concetto e la d<br />

m<br />

veloc<strong>it</strong>à media in un dato interv<br />

otranno poi consolidare con esercizi q<br />

crizione a parole di un moto al suo grafico<br />

Fase 2 - davanti al sonar<br />

A questo punto si potrà introdurre il sonar (ovvero un CBR della TexasInstruments<br />

collegato ad una<br />

calcolatrice grafica TI89 collegabile a sua volta ad un display per lavagna luminosa in modo da<br />

proiettare su uno schermo ciò che avviene),<br />

come uno strumento elaborato per misurare distanze<br />

(vedi<br />

[7] e [8]): dopo averne dato una sommaria descrizione del funzionamento si dedicherà un po’<br />

di tempo ad esplorarne le potenzial<strong>it</strong>à esaminando quello<br />

che può e non può fare (distanza minima e<br />

massima, valuta solo la distanza<br />

dal suo emett<strong>it</strong>ore/ricev<strong>it</strong>ore e non altro…). Lo stesso si farà<br />

esaminando<br />

il movimento (sempre di un ragazzo che si muove nell’aula, ad esempio come negli<br />

esperimenti<br />

[I A 2] riferendosi all’elenco di esperimenti col sonar che si trova in appendice). Questo<br />

per ev<strong>it</strong>are fraintendimenti di utilizzo e interpretazione dello strumento, visto come una sorta di<br />

10<br />

si farà riferimento per il momento al concetto<br />

intu<strong>it</strong>ivo di veloc<strong>it</strong>à che lo studente già possiede<br />

LXX


pistola che emette un “raggio” (tipo film di fantascienza (di serie B)) che misura la veloc<strong>it</strong>à<br />

“to rrisponde alla concezione di veloc<strong>it</strong>à<br />

inte ll’oggetto e di scalare).<br />

proporrà alcuni tipi di moto (dei quali verrà visualizzato il grafico), partendo da<br />

que r poi passare a moti di tipo diverso: anche questi saranno il più<br />

vranno poter visualizzare una veloc<strong>it</strong>à variabile in modo abbastanza<br />

continuo. Si potrà ad esempio visualizzare il moto smorzato di un oggetto che si sta fermando, come<br />

una ro. Calcolando le veloc<strong>it</strong>à medie in vari intervalli dello stesso grafico<br />

si e enza del valore risultante e la si confronterà con la differenze tra le veloc<strong>it</strong>à<br />

ercep<strong>it</strong>a dell’oggetto in quegli istanti 11 ccando” l’oggetto: non importa direzione, verso, ecc (ciò co<br />

sa come qualcosa di posseduto da<br />

L’insegnante poi<br />

llo a veloc<strong>it</strong>à costante, pe<br />

possibile semplici, ma do<br />

macchina giocattolo o alt<br />

videnzierà la differ<br />

p<br />

. Sarà l’occasione per introdurre il concetto ist<strong>it</strong>uzionale di<br />

veloc<strong>it</strong>à istantanea:<br />

seguendo ad esempio l’approccio del PSSC [12] “degli ingrandimenti<br />

successivi”<br />

si potrà innanz<strong>it</strong>utto chiedere agli studenti se la scelta dell’ampiezza dell’intervallo in<br />

cui<br />

calcolare la veloc<strong>it</strong>à è arb<strong>it</strong>raria e se e come il risultato del calcolo dipende da questa scelta, per<br />

poi utilizzare lo zoom sul grafico (che le calcolatrici permettono) al fine di evidenziare come in ogni<br />

intervallo di tempo abbastanza piccolo la curva finisca sempre per assomigliare ad una retta e<br />

quindi la sua veloc<strong>it</strong>à istantanea si possa calcolare a piacere su ogni intervallo di questa retta.<br />

Fase 3 - formalizzazione ed esercizi<br />

Si potrà a questo punto passare alla formalizzazione di quanto visto finora, alla costruzione della<br />

formula dell’equazione oraria di x (per v costante) e del concetto di veloc<strong>it</strong>à istantanea, e al suo<br />

consolidamento (formale) attraverso esercizi. Tutto ciò al fine di chiarire ulteriormente tali concetti,<br />

e di fare prendere ai ragazzi dimestichezza con essi. Si introdurranno anche i grafici v/t costruibili<br />

a<br />

partire da quelli s/t e viceversa la costruzione dei grafici s/t a partire da quelli v/t, tram<strong>it</strong>e il calcolo<br />

dell’area sottesa. Verrà mostrato il caso di veloc<strong>it</strong>à variabile linearmente col tempo e si calcolerà<br />

l’equazione oraria di v e di s in questo semplice caso (lasciando a più oltre l’introduzione del<br />

termine e del concetto di accelerazione). Si porrà inoltre attenzione<br />

a che lo studente acquisisca la<br />

capac<strong>it</strong>à di passare agevolmente da rappresentazione grafica a descrizione/equazione, e viceversa.<br />

Fase 4 - di nuovo con il sonar<br />

Sfruttando l’estrema agil<strong>it</strong>à di utilizzo dello strumento sonar non vi sarà spreco di tempo nel<br />

riproporne l’impiego, questa volta per consolidare la capac<strong>it</strong>à di formulazione di ipotesi di grafico,<br />

visto il moto, e di riproduzione del moto<br />

a partire dal grafico. Si potrà ad esempio, seguendo<br />

esperimenti del tipo [I A 1], proporre prima un movimento rettilineo, ipotizzare un grafico<br />

compatibile con esso, e verificare l’ipotesi riproducendo il movimento davanti al sonar. Questo losi<br />

rifarà per i vari tipi di movimenti visti in precedenza e investigando per ognuno di essi i grafici di<br />

posizione e veloc<strong>it</strong>à che ne risultano (ad esempio un movimento a veloc<strong>it</strong>à costante con partenzain<br />

x0 come in fig. 1 o un’ “andata e r<strong>it</strong>orno” con veloc<strong>it</strong>à diverse come in fig. 2).<br />

Figura I Figura II<br />

11<br />

facendo anche qui riferimento al concetto intu<strong>it</strong>ivo di veloc<strong>it</strong>à istantanea che lo studente possiede<br />

LXXI


Acquis<strong>it</strong>o un minimo di familiar<strong>it</strong>à con il grafico di un movimento di fronte al sonar, si passerà poi<br />

alla s<strong>it</strong>uazione opposta (sonar in moto e bersaglio fermo, come in esp. [I A 3] ) e a s<strong>it</strong>uazioni ibride<br />

[I A 4]. La relativ<strong>it</strong>à della misura di veloc<strong>it</strong>à verrà quindi discussa (il concetto viene introdotto solo<br />

da un punto di vista qual<strong>it</strong>ativo in attesa di una formalizzazione che avverrà più avanti nell’anno<br />

quando si tratteranno i sistemi di riferimento. Tuttavia mi pare “naturale” almeno farvi cenno<br />

adesso, permettendone già da sub<strong>it</strong>o una prima esplorazione)<br />

Si potranno ora eseguire “esperimenti” più difficili, che comportano il passaggio da una<br />

rappresentazione ad una azione [I B 1,2,3].<br />

Tutta questa sezione verrà svolta in aula e tutte le esperienze saranno esegu<strong>it</strong>e con l’intera classe<br />

sotto la guida del docente. Il tempo per svolgere queste misure varierà necessariamente in funzione<br />

della risposta della classe, e si cercherà di non affrettare l’esperienza e di fare partecipare il maggior<br />

numero di studenti.<br />

Fase 5 - verifica intermedia formativa<br />

Dopo alcuni esercizi a casa e in classe per rimarcare eventuali altri aspetti teorici emersi (ad<br />

esempio la relativ<strong>it</strong>à dei moti) si svolgerà una breve verifica formativa, con lo scopo di<br />

“incentivare” lo studio dei ragazzi, di dare<br />

loro altri esercizi per completare l’acquisizione di quanto<br />

finora visto, e per permettere al docente di valutare il lavoro fatto finora e il risultato che esso ha<br />

avuto sulla classe.<br />

Fase 6 - fuori dall’aula<br />

Questa fase mira al consolidamento ulteriore di quanto acquis<strong>it</strong>o in classe, ma soprattutto, come<br />

spiegato, essa mira, per così dire, alla “decontestualizzazione della conoscenza acquis<strong>it</strong>a”, ovvero al<br />

suo trasferimento ad altri amb<strong>it</strong>i. Questo passaggio, sebbene semplice da svolgere, può risultare<br />

tuttavia uno snodo cogn<strong>it</strong>ivo molto significativo per lo studente, il quale vede “aprirsi al mondo<br />

reale” quello che prima apparteneva alla scuola. Vi è inoltre da aggiungere che la presa in carico in<br />

prima<br />

persona di un problema pratico (attraverso il lavoro di gruppo) favorisce l’autonomia di<br />

gestione anche degli stessi contenuti<br />

appresi (senza una guida si è costretti a trovare risorse che<br />

rimarrebbero inesplorate). Per ultimo vi è da dire che in uno spazio aperto le possibil<strong>it</strong>à di<br />

movimento (e quindi la variabil<strong>it</strong>à dei valori <strong>delle</strong> grandezze) sono maggiori e più evidenti le<br />

differenze relative dei risultati <strong>delle</strong> misure: questo può tornare utile ad esempio nell’approccio<br />

(qual<strong>it</strong>ativo) alla studio della relativ<strong>it</strong>à dei moti, poiché vi è maggiore possibil<strong>it</strong>à di differenziare<br />

tra<br />

loro i valori di veloc<strong>it</strong>à.<br />

La fase sarà suddivisa in un lavoro sperimentale e in uno di analisi dati, condotti da gruppi di<br />

studenti (4 gruppi, ad esempio). I dati saranno raccolti in memoria (<strong>delle</strong> calcolatrici o di un<br />

computer) e analizzati successivamente nel laboratorio di informatica. Ciascun gruppo,<br />

seguendo<br />

una<br />

scheda forn<strong>it</strong>a dal docente, contenente le singole consegne e le informazioni basilari<br />

sull’utilizzo <strong>delle</strong> calcolatrici e dei sonar, dovrà svolgere gli esperimenti e produrre una<br />

presentazione o una relazione scr<strong>it</strong>ta con i risultati <strong>delle</strong> misure e le considerazioni stimolate dalle<br />

domande nella traccia.<br />

Per la campagna di misure “in esterni” sarà necessario andare in palestra (si può chiedere<br />

eventualmente una collaborazione con l’insegnante di Educazione Fisica…) o nel cortile della<br />

scuola, o comunque in uno spazio libero abbastanza grande in cui poter effettuare qualche breve<br />

corsa a piedi o in bici. Per alcune misure preliminari è inoltre necessario mettersi lungo una strada<br />

percorsa dal traffico (poco traffico, preferibilmente), naturalmente in un posto sicuro individuato<br />

precedentemente all’esperienza.<br />

Le attiv<strong>it</strong>à di misura proposte (e comunque dosabili a seconda del tempo, della s<strong>it</strong>uazione, del luogo<br />

disponibile e della risposta degli studenti) sono brevemente<br />

delineate nello schema riassuntivo al<br />

punto II. Sarà cura del docente testare preventivamente<br />

queste misure e valutarne la fattibil<strong>it</strong>à ed<br />

eventuali accorgimenti da tenere.<br />

LXXII


Per quanto riguarda la [II A 1] il significato è quello di legare alla realtà vissuta i concetti appresi e<br />

il significato di misura, oltre che, attraverso misure in verticale (salti, cadute, esegu<strong>it</strong>e ad esempio<br />

col sonar dall’alto di una finestra), di esplorare le varie dimensioni spaziali e di svincolare (se ve ne<br />

fosse ancora bisogno) la traiettoria dell’oggetto dal suo grafico di veloc<strong>it</strong>à o posizione.<br />

Lo spazio aperto, oltre che permettere di fare uscire (letteralmente) dall’edificio scolastico lo studio<br />

della fisica, consente di usare mezzi, come la bicicletta, che permettono (seppure in breve spazio:<br />

ricordiamo che il sonar può prendere dati fino ad una distanza di 8-10 metri al massimo) di<br />

procedere con andature più regolari, rispetto alla camminata, e con accelerazioni più dosabili.<br />

La [II<br />

A 1] e le [II B 1,2] sono misure di questo tipo.<br />

In spazi più ampi è inoltre possibile collezionare<br />

misure in tempi maggiori, consentendo l’analisi di moti più complessi come quelli descr<strong>it</strong>ti in [II A<br />

3] e [II B 3] che comportano una certa attenzione e cura nell’esperimento, ma che non dovrebbero<br />

risultare di impossibile esecuzione. Tale esperienza vuole riprendere e ampliare il discorso della<br />

relativ<strong>it</strong>à dei moti e l’analisi<br />

grafica degli stessi. Verrà naturalmente svolta e dosata a seconda della<br />

risposta<br />

della classe e del tempo disponibile.<br />

Se vi fosse tempo e se si r<strong>it</strong>enesse il caso di aggiungere ancora qualcosa, sarebbe interessante poter<br />

prendere misure in contemporanea di due movimenti rettilinei (è possibile tram<strong>it</strong>e LabPro collegare<br />

due sonar allo stesso acquis<strong>it</strong>ore dati). Questo darebbe modo di eseguire alcune misure descr<strong>it</strong>te<br />

nell’Appendice 2.<br />

Fase7-lagara<br />

Se i ragazzi a questo punto hanno acquis<strong>it</strong>o<br />

sufficiente dimestichezza con le misure, i grafici e il<br />

passaggio da una rappresentazione all’altra non dovrebbe essere per loro difficile rispondere a<br />

semplici “quiz”, a riprodurre misure viste o nuove e a creare loro stessi domande e “sfide”<br />

cinematiche. Potrebbe perciò essere grad<strong>it</strong>a o stimolante la proposta di una gara a squadre (non<br />

necessariamente i gruppi della campagna di misure), eventualmente preannunciata dall’inizio del<br />

modulo per inv<strong>it</strong>are tutti a prepararsi adeguatamente.<br />

Essa potrebbe funzionare come segue:<br />

Gioco:<br />

3-4 squadre, a turno (eventualmente in una sorta di gioco dell’oca), partecipano ad una <strong>delle</strong><br />

seguenti sfide, a seconda della casella in cui cap<strong>it</strong>ano (o dell’arb<strong>it</strong>rio del prof):<br />

1. il prof propone in privato un grafico ad uno di loro il quale deve mostrarlo col movimento<br />

al resto del gruppo. Il gruppo deve tracciare il grafico e verrà valutata la somiglianza col<br />

grafico di partenza.<br />

2. il prof propone un grafico e uno del gruppo lo deve simulare davanti al sonar<br />

3. il prof esegue un movimento rettilineo e il gruppo deve tracciarne il grafico<br />

4. il prof propone domande riguardanti la cinematica o sue applicazioni<br />

5. il gruppo deve proporre, muovendosi, un movimento (rettilineo) e tutti i gruppi ( compreso<br />

il proponente) devono disegnarne il grafico<br />

6. il gruppo propone<br />

un grafico e tutti i gruppi a turno (compreso il proponente, per ultimo)<br />

devono simularne il movimento<br />

Le prove di tipo 1,3,4,5 possono essere svolte anche come sfida in contemporanea tra i gruppi e si<br />

aggiudica il turno chi risponde correttamente per primo<br />

Fase 8 - verifiche finali<br />

Si r<strong>it</strong>iene utile nella fase finale riprendere uno stile ed una s<strong>it</strong>uazione più propriamente “didattica”<br />

per svolgere ulteriori esercizi, correggerli, integrare quanto eventualmente non ancora spiegato o<br />

appreso sufficientemente bene e per interrogare qualche studente prima della verifica finale (allo<br />

scopo di incentivare uno studio e una pratica intensa, prima di una valutazione valida per lo scr<strong>it</strong>to).<br />

LXXIII


La verifica finale potrà comprendere esercizi “standard” così come riferimenti esplic<strong>it</strong>i alle attiv<strong>it</strong>à e<br />

alle esperienze esegu<strong>it</strong>e in aula e nel cortile e domande aperte su s<strong>it</strong>uazioni reali che indaghino una<br />

comprensione più profonda, anche se qual<strong>it</strong>ativa, sul rapporto tra posizione, spostamento e veloc<strong>it</strong>à<br />

e sui cambiamenti di sistema di riferimento.<br />

Valutazione<br />

Al termine e durante il tirocinio verrà valutato il rendimento complessivo della classe e la risposta<br />

che essa ha dato alle attiv<strong>it</strong>à proposte, in termini di contenuti appresi, di abil<strong>it</strong>à acquis<strong>it</strong>e nel fare<br />

interagire e nel muoversi tra grandezze diverse, oltre che nell’usare propriamente strumenti di<br />

misura e tracciare grafici, di consapevolezza di quanto appreso, di capac<strong>it</strong>à di utilizzarlo in<br />

s<strong>it</strong>uazioni a-didattiche, e di capac<strong>it</strong>à di descrivere s<strong>it</strong>uazioni reali nei corretti termini cinematici.<br />

L’impegno nei lavori di gruppo, la partecipazione alla gara finale e l’attenzione in classe saranno<br />

pure oggetto di valutazione.<br />

Sarà valutato anche il percorso proposto dal tirocinante, la sua effettiva efficacia e fattibil<strong>it</strong>à (anche<br />

come tempistica) anche (eventualmente) in previsione di un suo reale utilizzo nel futuro. Verrà<br />

(auto)valutata anche la gestione della classe e dei lavori di laboratorio.<br />

Bibliografia<br />

[1] Tars<strong>it</strong>ani C., “La seconda legge della termodinamica tra storia e didattica”, Giornale di Fisica,<br />

n.3/1997<br />

[2] Toraldo di Francia G., L’indagine del mondo fisico, Einuadi, 1976<br />

[3] Frassan<strong>it</strong>o V., tesi di laurea 1980-81, “Alcuni risultati di una ricerca sull’apprendimento di<br />

concetti in meccanica classica”<br />

[4] McDermott L.C. et al., “Student difficulties<br />

in connecting<br />

graphs and physics: Examples from<br />

kinematics”<br />

in Am.J.Phys. 55, 1987<br />

[5] Rabardel<br />

P. “Les hommes et les tecnologies”, Colin, 1995<br />

[6] Bartolini Bussi M. & Maschietto M. “Macchine matematiche”, Springer, 2006<br />

[7] “Laboratorio di fisica RTL con le tecnologie portatili” a cura di Pezzi G. et al.,TexasInstruments<br />

[8] Progetto LEPLA, su supporto CD<br />

[9] Arons<br />

A.B., Guida all’insegnamento della fisica, Zanichelli, Bologna, 1992<br />

[10] Rosenquist M.L., A conceptual approach to teaching Kinematics, American Journal of Physics,<br />

Vol 55 (5), 1987<br />

[11] Grimellini Tomasini N., Levrini O., Casadio C., Insegnare fisica per nuclei<br />

fondanti: un<br />

esempio rifer<strong>it</strong>o al concetto di spazio. La Fisica nella scuola, XXXII, 4, 202-213,<br />

1999.<br />

[12] PSSC, Fisica, Zanichelli, Bologna, 2001.<br />

[13] PSSC, Fisica-Guida al laboratorio, Zanichelli, Bologna, 2001.<br />

LXXIV


Appendice 1 del progetto di tirocinio virtuale<br />

Esperimenti possibili con il sonar (relativamente a questo progetto):<br />

I) INTERNI<br />

A) dall’esperienza<br />

al grafico/descrizione<br />

1) moti a piedi di vario tipo proposti da me (ipotizzando i vari grafici s/t, v/t) visualizzati<br />

con lavagna luminosa<br />

2) moti non misurabili o che danno misure insensate al nostro fine: es: ragazzo che si<br />

muove perpendicolarmente al “raggio” sonoro e sonar fisso; oppure idem ma col sonar<br />

che ruota seguendone la posizione<br />

3) senza lavagna: tenere il sonar in mano e muoversi avanti e indietro puntandolo contro il<br />

muro<br />

4) senza lavagna: tenere<br />

il sonar in mano e muoversi avanti e indietro puntandolo contro un<br />

compagno che si muove (moti semplici!)<br />

B) dal grafico/descrizione all’esperienza<br />

1) visualizzare gli assi sulla lavagna (proiettando) e disegnare ( col pennarello) un grafico<br />

(s/t, v/t) che deve essere riprodotto col movimento<br />

2) senza lavagna: partendo da un moto, visualizzare il grafico e riprodurlo uguale tenendo il<br />

sonar in mano e puntandolo contro il muro<br />

3) senza lavagna: partendo da un moto,<br />

visualizzare il grafico e riprodurlo uguale tenendo il<br />

sonar in mano e puntandolo contro un compagno che si muove<br />

II) ESTERNI<br />

A) dall’esperienza al grafico/descrizione<br />

1) misura di diverse s e v (camminata, corsa, bici, auto, caduta, salto)<br />

2) misura di due persone contemporaneamente, sonar collegati alla stessa LabPro (collegata<br />

al PC), nei casi descr<strong>it</strong>ti sotto<br />

3) due persone che camminano o corrono una col sonar l’altra come bersaglio: stessa vel<br />

(modulo e verso), “scontro” (vel uguali e opposte), vel diverse in modulo (con partenza<br />

in tempi uguali e/o diversi), “sorpasso” (con partenza in tempi diversi)<br />

B) dal grafico/descrizione all’esperienza<br />

1) in bici riprodurre un moto uniforme<br />

o uniformemente accelerato (rilevatore a terra): ad<br />

esempio frenando in maniera uniforme o utilizzando una discesa<br />

2) idem a sopra con il rilevatore sulla bici puntando un muro<br />

3) con due bici una dietro o una di fronte all’altra, idem a sopra<br />

LXXV


Appendice 2 del progetto di tirocinio virtuale<br />

Ci si riferisce qui ad alcuni esperimenti sintetizzati in Appendice 1<br />

È possibile poter prendere misure in contemporanea di due movimenti rettilinei (tram<strong>it</strong>e due sonar<br />

allo stesso acquis<strong>it</strong>ore<br />

dati LabPro , collegato a sua volta al PC). Questo darebbe modo di eseguire<br />

alcune la misura [II A 2] e di confrontarne i risultati<br />

con quelli qual<strong>it</strong>ativamente analoghi della [II A<br />

3] per poter effettivamente guardare lo stesso fenomeno in due o tre sistemi di riferimento differenti<br />

(due fissi, ma con origini probabilmente<br />

diverse e opposte, e uno mobile). Il punto a cui prestare<br />

attenzione<br />

nel predisporre l’esperimento è sulla posizione relativa dei due sonar, nell’effettivo<br />

centro di ognuno<br />

dei due sul bersaglio corretto, nell’ev<strong>it</strong>are le interferenze di uno sull’altro e nella<br />

lunghezza dei cavi disponibili. Eventualmente questa misura può essere fatta una volta sola per tutti,<br />

sotto la guida del docente.<br />

I grafici che si potrebbero ottenere in alcuni dei casi sopra descr<strong>it</strong>ti dovrebbero assomigliare ai<br />

seguenti,<br />

qui mostrati a t<strong>it</strong>olo d’esempio:<br />

Figura III<br />

- due persone che, partendo a istanti differenti dallo stesso punto, camminano nello stesso verso a<br />

veloc<strong>it</strong>à diverse (quella dietro più lenta) - misurati da 2 sonar fissi (a) o da un sonar tenuto in mano dalla persona<br />

di dietro (b) e (c)<br />

Figura IIII - come in figura 3 ma la persona dietro è più veloce e sorpassa la prima (il punto di discontinu<strong>it</strong>à nel<br />

secondo e terzo grafico corrisponde naturalmente al momento in cui il secondo inizia a camminare - o a correre -<br />

e non al momento del sorpasso)<br />

LXXVI

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