Insegnamento e Apprendimento delle Coniche A049.pdf - Didattica.it
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precise e rigorose regole teoriche (è il passaggio da un mondo pre-scientifico o a-scientifico ad uno<br />
propriamente scientifico - vedi ad esempio in [20]).<br />
L’introduzione di un artefatto qualsivoglia nell’utilizzo didattico è sempre un passo molto delicato, per<br />
la “carica cogn<strong>it</strong>iva” che esso porta con sé e che richiede all’utilizzatore, specialmente se si tratta di un<br />
artefatto o di uno strumento che sintetizza in sé, per così dire, secoli di ricerca e di studio: le tecnologie<br />
informatiche sono un esempio lampante di questo, e della delicatezza del rapporto utilizzatorestrumento.<br />
Nessun artefatto è infatti dato in modo diretto all’utilizzatore, il quale deve invece<br />
appropriarsene compiendo una elaborazione personale. Questo processo e questo tipo di rapporto<br />
uomo-artefatto avviene e si ripete in maniera simile sia a livello della genesi storica dello strumento da<br />
parte di una comun<strong>it</strong>à umana, sia a livello dell’apprendimento del singolo studente che lo incontra nei<br />
suoi studi.<br />
Rabardel [18] schematizza il processo distinguendo due sotto-processi:<br />
- il processo di strumentalizzazione, cioè tutti i cambiamenti, modifiche, utilizzi aggiuntivi, produzione di<br />
funzioni che l’uomo compie sullo strumento;<br />
- il processo di strumentazione, cioè tutti i cambiamenti di atteggiamento, gli adattamenti che l’uomo<br />
assume nei confronti dello strumento, man mano che impara a usarlo.<br />
Il primo è un processo diretto allo strumento, il secondo è relativo al soggetto utilizzatore. Ciascuno di noi<br />
messo a contato con un nuovo strumento opera su questo doppio binario, e questo avviene ancora di<br />
più per strumenti di nuova concezione, cioè strumenti che si trovano al loro “primo utilizzo”. In un<br />
certo senso un processo riguarda il “fare le regole”, l’oggettivare un pensiero, mentre l’altro riguarda di<br />
più il proprio comportamento di fronte a questa oggettivazione, il “seguire le regole”. Per fare<br />
un’analogia, si può pensare al gioco dei bambini nel cortile: è più divertente per loro seguire le regole o<br />
farle? È interessante vedere come essi alternano i momenti in cui giocano seguendo regole che si sono<br />
dati, con i momenti di auto-imposizione di nuove “regole del gioco” (il momento del “facciamo che io<br />
ero…e tu dovevi….?”) e tutto per ottimizzare, direi, il divertimento. Qualcosa di analogo avviene per<br />
gli strumenti e per gli artefatti materiali (il gioco è un artefatto culturale), nel loro processo storico di<br />
costruzione ed evoluzione, e nel processo di incontro con essi del giovane studente. In fondo è<br />
possibile simmetricamente vedere entrambi questi processi come un “gioco” a cui l’uman<strong>it</strong>à e il singolo<br />
apprendista si sottopone volentieri. Trasformare l’artefatto, aggiungendo una manopola o un oculare,<br />
ad esempio, apre a nuovi modi di utilizzo e quindi alla possibil<strong>it</strong>à di nuove funzioni, che devono esse<br />
stesse venire recep<strong>it</strong>e e accolte dall’utilizzatore. Si crea cioè quel “ciclo d'insieme” (sempre Rabardel<br />
[18]) che permette di incorporare le operazione sviluppate dagli utilizzatori di un artefatto, nell’artefatto<br />
usato dalla successiva generazione. Una testimonianza letterale di questa” incorporazione”, cioè della<br />
forte presenza del corpo e dei gesti nella pratica e nella descrizione <strong>delle</strong> macchine è data dalle<br />
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