Insegnamento e Apprendimento delle Coniche A049.pdf - Didattica.it
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Un “naturale” timore che non nego di avere avuto (e che credo abbia chiunque si esponga per la<br />
prima<br />
volta ad un pubblico) era relativo al grado di accettazione e di fiducia che la classe mi avrebbe<br />
accordato. Riguardo questo, nonostante creda che in certi momenti, di fronte a consegne che essi<br />
avevano r<strong>it</strong>enuto troppo ardue,<br />
gli studenti si siano sent<strong>it</strong>i un po’ a disagio e si siano rivolti alla<br />
professoressa<br />
per avere conferme o aiuti, complessivamente la classe è stata molto “accogliente” col<br />
tirocinante, essendo in generale composta da buoni caratteri e pervasa da un bello “spir<strong>it</strong>o di gruppo”.<br />
Durante il tirocinio ho avuto anche occasione di riflettere su quanto attiv<strong>it</strong>à e richieste “inusuali”<br />
per gli studenti (per quanto fossero pensate per ampliare l’immagine un po’ monotona e procedurale che<br />
essi hanno della matematica) possano di converso rischiare di minare la loro sicurezza e il loro senso di<br />
padronanza della materia. Il mio timore era che se il senso di “spiazzamento” fosse stato troppo, alcuni di<br />
loro avrebbero potuto perdere la bussola e gettare la spugna, o decidere che non ne valeva la pena. In<br />
effetti in alcuni, specialmente all’inizio, e specialmente in chi sapeva di essere instabile nel rendimento, vi è<br />
stato credo un certo senso di spaesamento: l’ab<strong>it</strong>udine a cercare di capire fin da sub<strong>it</strong>o “quello che<br />
l’insegnante vorrà nel comp<strong>it</strong>o” (vige infatti un contratto didattico molto forte) ha portato un certo<br />
disagio allo studente quando egli era messo di fronte a ragionamenti o considerazioni che non avevano un<br />
fine preciso (“che cosa debbo studiare, quindi? che cosa debbo sapere, quindi?”) o una applicazione<br />
concreta (“come si fa, quindi?”). Non credo tuttavia che il senso di padronanza ne sia stato intaccato<br />
(l’esperienza è breve), semmai questo fatto può aver determinato un basso coinvolgimento in qualcuno.<br />
Direi però che in alcuni ha stimolato sicuramente la ricerca personale e ampliato qualche orizzonte.<br />
Naturalmente mi riproponevo di mantenere le lezioni e le richieste ad un livello adeguato per la<br />
classe e di pretendere la “giusta” dose di lavoro e impegno personale (né troppo né troppo poco). Se per il<br />
livello di difficoltà non temevo di richiedere troppo, non avendo esperienza di insegnamento e non<br />
conoscendo bene la classe all’opera ero invece senza molti riferimenti per quanto riguarda la gestione della<br />
quant<strong>it</strong>à di lavoro e dei tempi a loro richiesti (nei comp<strong>it</strong>i e nelle verifiche). Il timore era di non saper<br />
sfruttare appieno il ruolo dei comp<strong>it</strong>i a casa. Anche l’organizzazione dei miei tempi (cioè le scelte di<br />
dedicare più o meno tempo ad un determinato argomento o esperienza), pur essendo stata<br />
predeterminata in sede di progetto, r<strong>it</strong>enevo che sarebbe stata sicuramente da aggiustare. In realtà la<br />
gestione dei miei tempi è stata per me soddisfacente (anche perché flessibile), così pure la mole di<br />
impegno personale a loro richiesto (comp<strong>it</strong>i). Anche il tempo preventivato per le varie attiv<strong>it</strong>à si è rivelato<br />
per la maggior parte <strong>delle</strong> volte adeguato (forse un po’ sottostimato quello dedicato ai lavori di gruppo e<br />
globalmente quello dedicato all’algebra). Più spesso invece ho preteso un po’ troppo dalle loro capac<strong>it</strong>à,<br />
sia per sopravvalutazione <strong>delle</strong> loro conoscenze precedenti (come nel caso dell’esercizio sui triangoli<br />
simili), sia per sopravvalutazione della loro autonomia (o volontà) di gestione di fronte a s<strong>it</strong>uazioni nuove.<br />
Ad esempio<br />
la strategia di proporre spesso problemi (più o meno complessi) anziché ripetere esercizi ha<br />
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