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Insegnamento e Apprendimento delle Coniche A049.pdf - Didattica.it

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Seria nei contenuti, e così appare nella riflessione dello scienziato, soprattutto a posteriori di un<br />

risultato<br />

o quando ne contempla la storia; ma ciò non esclude che possa essere vista e vissuta come<br />

appassionante e, sì, giocosa nella forma e nel suo “farsi” durante il processo di ricerca. In<br />

particolare la forma del “gioco” può essere usata nella didattica: in tale contesto la fisica come<br />

gioco, come risposta e stimolo alla curios<strong>it</strong>à deve essere sottolineata e usata come leva intellettuale,<br />

ancora più, forse, che l’ “importanza” della ricerca e dell’impresa scientifica.<br />

In fondo essa è e dovrebbe essere percep<strong>it</strong>a dagli studenti come un luogo in cui la domanda, il<br />

dubbio, la soddisfazione di una curios<strong>it</strong>à, non solo è ben accetta, ma, direi, è “d’obbligo”. Un luogo<br />

in cui si può e si deve cercare il perchè <strong>delle</strong> cose, e in cui ogni ver<strong>it</strong>à non è data, ma continuamente<br />

cercata e conquistata. A mio avviso la fisica permette questo (cioè la cultura della “profond<strong>it</strong>à”<br />

anziché quella della “quant<strong>it</strong>à”), è uno dei suoi ruoli fondamentali ed ha molto da dire, oggi, a tale<br />

riguardo.<br />

E questo è un<strong>it</strong>o fortemente alla “cultura” della semplic<strong>it</strong>à. L’altra caratteristica che si attribuisce<br />

alla fisica è infatti quella di essere complicata, difficile. È percep<strong>it</strong>a con timore reverenziale ed<br />

insieme estrane<strong>it</strong>à, quasi un culto misterico riservato a pochi iniziati. Credo invece che sia da<br />

sottolinearne l’accessibil<strong>it</strong>à, la semplic<strong>it</strong>à di fondo: essa è in fondo semplice come una domanda di<br />

un bambino (la cui risposta peraltro è la più difficile!), semplice e difficile cioè come è semplice e<br />

difficile arrivare ad una domanda elementare, o come lo è suddividere un oggetto in parti<br />

elementari, o acquisire un punto di vista elementare, semplice e semplificatore; così come è in<br />

fondo semplice ma terribilmente difficile andare piano, quando talvolta si crede di dover andare<br />

forte, o quando spesso si crede che ciò che conti sia la quant<strong>it</strong>à, mentre la cosa realmente difficile<br />

da ottenere è la qual<strong>it</strong>à e la semplic<strong>it</strong>à. Accessibile in questo senso, nel senso che a patto di capirne<br />

lo spir<strong>it</strong>o, essa è di tutti.<br />

Mi rendo conto che può essere un punto vista ed un’immagine della fisica parziale e personale.<br />

R<strong>it</strong>engo tuttavia che sia significativo (ed educativo) rimarcare questi aspetti a degli studenti, anche<br />

per consentire alla fisica di svolgere un ruolo di formazione di una coscienza cr<strong>it</strong>ica, di una<br />

consapevolezza <strong>delle</strong> proprie potenzial<strong>it</strong>à intellettuali, di un’apertura al dubbio sistematico, anziché<br />

foriera di rigid<strong>it</strong>à mentale, dogmatismo o consumismo intellettuale. È una via ad un modo diverso<br />

di conoscere la realtà, ad un diverso atteggiamento cogn<strong>it</strong>ivo (è per questo che è molto difficile<br />

insegnarla!), non l’unico, certamente, ma imprescindibile (soprattutto oggi, in un mondo<br />

tecnologico…); un approccio al reale che a parole viene esaltato (anche più del dovuto) e cr<strong>it</strong>icato,<br />

ma in realtà è misconosciuto e molto sottovalutato nei fatti. Una via (fondante peraltro del pensiero<br />

occidentale) dunque da conoscere, anche per capirne le potenzial<strong>it</strong>à e i lim<strong>it</strong>i.<br />

Come affrontare lo studio della fisica, quindi? Come insegnarla?<br />

Se il rischio è quello del dogmatismo, dell’accettazione incondizionata, o al contrario del rifiuto, un<br />

metodo che parta dalle conoscenze e dalle domande del discente, prima che dalle “ver<strong>it</strong>à rivelate”,<br />

allora può essere opportuno. Anzi: un insegnamento che stimoli per prima cosa la presa di coscienza<br />

<strong>delle</strong> proprie convinzioni e susc<strong>it</strong>i domande. R<strong>it</strong>engo ad esempio molto importante cercare di non<br />

dare mai risposte prima che siano formulate le domande. Purtroppo molta e molta parte<br />

dell’insegnamento è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da risposte senza domanda: la domanda è debole, è la prima a cadere,<br />

e spesso viene soffocata da una mole immensa di informazioni. Così le informazioni trasmesse,<br />

essendo poco significative, non attecchiscono e col tempo vengono dimenticate, mentre la domanda,<br />

vero nucleo da cui storicamente, culturalmente e nell’atto stesso dell’apprendimento tutto era part<strong>it</strong>o<br />

e parte, si perde immediatamente ed inesorabilmente, ed è poi (faticosamente) da recuperare. A<br />

questo propos<strong>it</strong>o credo che sia dovere del docente prestare grande attenzione alla “prima volta” in<br />

cui un concetto od un argomento viene affrontato, al fatto che tale concetto scaturisca come<br />

richiesta (naturale o stimolata) da parte del discente, il che influisce sulla sensazione di vicinanza o<br />

lontananza con cui egli lo percepisce. Credo che il momento di incontro con qualcosa di nuovo<br />

possa essere intellettualmente un momento molto vivo, e ricco di quel fertile stupore che gioverà<br />

LXIV

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