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Insegnamento e Apprendimento delle Coniche A049.pdf - Didattica.it

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Riflessioni sulla fisica, la sua immagine, il suo insegnamento<br />

Naturalmente non è possibile in poche pagine delineare con<br />

accuratezza il proprio pensiero sulla<br />

fisica; pensiero che investe necessariamente ed è invest<strong>it</strong>o dall’immagine<br />

che se ne ha, la quale a<br />

sua volta determina inev<strong>it</strong>abilmente l’immagine che se ne intende trasmettere in una prospettiva<br />

educativa e formativa. Per parlarne, tra l’altro, sipotrebbe e si dovrebbe risalire alle origini della<br />

immagine che della fisica ci si è costru<strong>it</strong>i durante gli studi, dapprima di materie scientifiche<br />

alle<br />

scuole dell’obbligo, poi propriamente di fisica al liceo e all’univers<strong>it</strong>à e infine all’esperienza che se<br />

ne<br />

è avuta come insegnanti o come ricercatori o come semplici utilizzatori (in vari campi<br />

lavorativi).<br />

Certamente le riflessioni sulla didattica della fisica svolte nel corso della SSIS hanno<br />

aiutato<br />

a riportare alla mente l’esperienza di studente e stimolato una visione più consapevole dei<br />

propri<br />

processi di avvicinamento a questa disciplina. A propos<strong>it</strong>o di SSIS, personalmente mi sono<br />

reso<br />

conto in questo tempo, ma non era una sorpresa, di quanto spesso si “rischi” di trovare molta<br />

più<br />

“fisica” nelle discussioni di didattica, di epistemologia e di storia della fisica, di quanta ahimé a<br />

volte<br />

se ne possa trovare “facendola” direttamente, la fisica. Questo da un lato perchè il pensare la<br />

fisica<br />

in termini didattici comporta necessariamente una distanza cr<strong>it</strong>ica, una visione cr<strong>it</strong>ica dei suoi<br />

fondamenti,<br />

una valutazione della sua “comprensibil<strong>it</strong>à” alla mente del discente (e continuiamo tutti<br />

ad<br />

esserlo, discenti), un approfondimento dei suoi aspetti storici, un approccio anche<br />

epistemologico<br />

ad essa. Dunque una visone più completa, più un<strong>it</strong>aria, più profonda di essa.<br />

Dall’altro<br />

riconosco che il “fare fisica”, pur se consente di conoscere da vicino le frontiere della<br />

disciplina<br />

e di partecipare del suo sviluppo, oggi spesso rischi di ridursi ad una gara di corsa svolta<br />

in amb<strong>it</strong>i a volte troppo angusti, per cui nella ricerca il destino che attende molti è quello di divenire<br />

degli alienati incolti, come li chiama G. Toraldo di Francia [2] (e quanto questo influisce<br />

sull’immagine della fisica che “passa” nella stessa univers<strong>it</strong>à!) Concordo naturalmente<br />

quindi con<br />

Tars<strong>it</strong>ani<br />

[1] quando ricorda che “il modo di studiare, interpretare e comprendere la disciplina<br />

di un<br />

insegnante<br />

non è paragonabile a quello di un comune ricercatore in un ramo speciale di quella<br />

disciplina”.<br />

Naturalmente questa non è una regola: non c’è, credo, un motivo fondamentale<br />

concettuale<br />

(se non sociale o economico) per cui debba avvenire ciò. Non ci sono, cioè, ragioni di<br />

principio<br />

e naturalmente per fortuna non sempre avviene così. Del resto anche nella ricerca, così<br />

come<br />

nell’insegnamento, una consapevolezza storica, didattica ed epistemologica credo non sia solo<br />

utile,<br />

ma necessaria (al di là del successo o della buona riusc<strong>it</strong>a che la storia può attribuire, “contro<br />

ogni<br />

metodo”…). E in fondo r<strong>it</strong>engo vero quel che si afferma quando si dice che “solo chi è in<br />

grado<br />

di spiegare una cosa a sua nonna, l’ha realmente compresa”.<br />

È in fin dei conti una questione che coinvolge l’aspetto culturale della fisica, più che quello<br />

funzionale, o tecnico,<br />

aspetto che dovrebbe perciò essere patrimonio della cultura del comune<br />

c<strong>it</strong>tadino,<br />

anche di quello “non scienziato”. La scuola di base ha questo comp<strong>it</strong>o primario, tanto più<br />

se<br />

si rivolge a persone che non faranno i fisici. È sicuramente una sfida di grande portata.<br />

Le<br />

altre scienze forse perchè meno legate alla matematica, e poiché parlano dunque un linguaggio<br />

più “usuale” e più immediato (nel senso che<br />

non comporta un particolare studio del linguaggio<br />

stesso) hanno gioco più facile ad essere comprese<br />

ed integrate nella “cultura”. La fisica, per il<br />

rapporto privilegiato e unico che ha con la matematica, è spesso rifiutata dall’intelletto non<br />

addestrato, percep<strong>it</strong>a come distante, fredda, ecc.<br />

R<strong>it</strong>engo<br />

sia tuttavia più facile per la fisica che per la matematica affrontare questa sfida culturale, in<br />

quanto la fisica è in se stessa una scienza che in fondo parla della “natura”, del mondo in cui l’uomo<br />

vive quotidianamente, e ne parla nella maniera più fondamentale possibile (almeno ad oggi) e pone<br />

perciò continuamente sfide di senso, di significato, sfide interpretative e non meramente tecniche.<br />

Nella matematica tutto questo naturalmente c’è, ma è, come dire, sublimato, e quindi anche molto<br />

più difficile da riconoscere. Inoltre se la matematica può essere vista anche come un gioco, uno<br />

spazio di pura espressione della logica e della creativ<strong>it</strong>à, la fisica a mio parere no. Deve confrontarsi<br />

con la realtà e anzi da quella e solo da quella trarre spunto e motivo d’essere. È una faccenda seria,<br />

insomma.<br />

LXIII

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