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N. 3 - Marzo 2002 - Parrocchia di Chiari

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COMUNICAZIONE ED INORMAZIONE<br />

Il calore umano<br />

dell’ascolto<br />

Il linguaggio multime<strong>di</strong>ale ci ha<br />

abituati alle notizie in tempo reale:<br />

basti pensare alle immagini<br />

delle azioni terroristiche e quelle <strong>di</strong> ritorsione<br />

della guerra contro un popolo<br />

inerme. Viviamo l’esaltazione della<br />

comunicazione-informazione in senso<br />

lato, che ci vuole gestori e fruitori <strong>di</strong><br />

potenzialità fino a pochi anni fa impensabili.<br />

Questi ultimi anni hanno,<br />

infatti, registrato un affinamento tecnologico<br />

dei sistemi <strong>di</strong> comunicazione<br />

che spesso ci sgomenta per la velocità<br />

delle innovazioni e ci stupisce sempre<br />

più per l’evidenza delle possibilità della<br />

scienza e della tecnologia.<br />

In una società <strong>di</strong> consumi, dove anche<br />

la notizia soggiace alle leggi delle economie<br />

<strong>di</strong> mercato (forse giusta reazione<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa ad una qualità e quantità<br />

<strong>di</strong> informazione sempre più <strong>di</strong>fficili da<br />

leggere nel loro significato <strong>di</strong> sofferenza)<br />

il dolore, la trage<strong>di</strong>a, l’ingiustizia,<br />

per quanto intensi, non fanno più sensazione.<br />

La cronaca dei fatti più cruenti<br />

viene insensibilmente masticata a<br />

pranzo davanti al telegiornale senza<br />

emotività, senza gusto, forse con la<br />

stessa in<strong>di</strong>fferenza con cui mastichiamo<br />

la bistecca o il cibo mo<strong>di</strong>ficato che<br />

abbiamo nel piatto. Acca<strong>di</strong>menti efferati<br />

ci scuotono, ci svegliano dal sopore<br />

della notizia che non fa notizia.<br />

Abbiamo percezione, in quel mondo<br />

dove la notizia non fa più sensazione,<br />

che qualcosa vada oltre.<br />

La nostra società e, all’interno della<br />

stessa, la famiglia, esprimono il senso<br />

della comunicazione aberrante. Il non<br />

senso e la perversione del messaggio<br />

hanno preso il sopravvento.<br />

Come colpiti da un male misterioso, i<br />

figli non riconoscono più i genitori; e<br />

se eventi legati alla sofferenza e alla<br />

violenza li riconosciamo normali nella<br />

logica del male, che è sempre esistito,<br />

non ci rassegniamo all’idea che questa<br />

aberrazione si possa consumare anche<br />

all’interno dei vincoli affettivi più profon<strong>di</strong>.<br />

Sgomenta lo scoprire che la per-<br />

sona che hai avuto accanto per tanti<br />

anni in un attimo mostra un volto sconosciuto<br />

e terribile. Inevitabile conseguenza<br />

del ripiego della considerazione<br />

all’interno della nostra vita, improvvisamente<br />

ci interroghiamo: e noi?<br />

Come viviamo la nostra <strong>di</strong>mensione<br />

della comunicazione? Comunichiamo<br />

o piuttosto abbiamo confuso la nostra<br />

capacità <strong>di</strong> comunicare con le possibilità<br />

<strong>di</strong> informazione tipiche del linguaggio<br />

me<strong>di</strong>atico? Riteniamo forse<br />

che comunicare, oggi, significhi usare<br />

un telefono, magari cellulare, lasciare<br />

un messaggio in segreteria telefonica<br />

oppure delegare a monosillabi la responsabilità<br />

<strong>di</strong> una decisione?<br />

Che interpretazione dare all’interesse<br />

crescente nei confronti delle televisioni<br />

“live”, o a trasmissioni basate sull’occhio<br />

in<strong>di</strong>screto del Grande ratello<br />

intento a frantumare il confine <strong>di</strong><br />

uno spazio interiore privato con uno<br />

“non più privato”, a una pubblicità<br />

sempre più scientifica nell’applicazione<br />

<strong>di</strong> tecniche <strong>di</strong> manipolazione del<br />

messaggio tese verso la destrutturazione<br />

critica delle coscienze?<br />

orse ci siamo alleggeriti del senso<br />

della nostra responsabilità e abbiamo<br />

delegato ad educatori perversi la guida<br />

nostra e delle persone a noi affidate.<br />

Lontani dal cadere in uno sterile sconforto,<br />

riteniamo che sia possibile esplorare<br />

nuove prospettive <strong>di</strong> interazione<br />

nella comunicazione, soffer-<br />

L’Angelo - <strong>Marzo</strong> <strong>2002</strong><br />

mandoci sul senso della comunicazione<br />

e sull’efficacia della nostra capacità<br />

<strong>di</strong> comunicare.<br />

Come negare il valore <strong>di</strong> satelliti, carta<br />

stampata, televisioni, libri, internet?<br />

Come negare l’importanza che la multime<strong>di</strong>alità<br />

riveste in una società sempre<br />

più <strong>di</strong>versificata ed esigente?<br />

È evidente che non si tratta <strong>di</strong> scegliere<br />

tra un bene e un male, ma tra la sapiente<br />

applicazione <strong>di</strong> uno strumento<br />

e l’uso <strong>di</strong>storto dello stesso. orse non<br />

sarà ozioso ricordare che esiste un<br />

mondo virtuale e un mondo reale: basta<br />

non confondersi. Basta tenere presente<br />

che una telefonata avvicina, ma<br />

non comunica il valore <strong>di</strong> una presenza<br />

e il calore del contatto umano <strong>di</strong> chi si<br />

offre all’ascolto.<br />

Non <strong>di</strong>amo forse per scontate troppe<br />

cose? Non riteniamo che il vivere sotto<br />

lo stesso tetto, sedere allo stesso tavolo<br />

per pranzare, o dormire nello stesso<br />

letto renda inutile ogni altra forma <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>alogo o <strong>di</strong> attenzione?<br />

E se non dovessimo confermare questo<br />

assunto, cosa facciamo per interagire<br />

con l’altro?<br />

Potremmo infatti cogliere il lato oscuro<br />

del problema accorgendoci che,<br />

troppo intenti a comunicare informazioni,<br />

coman<strong>di</strong>, <strong>di</strong>sposizioni, messaggi,<br />

non stiamo comunicando uno dei messaggi<br />

più importanti: la <strong>di</strong>sponibilità.<br />

Troppo intenti a comunicare quello<br />

che vogliamo o pensiamo non comunichiamo<br />

più la nostra <strong>di</strong>sponibilità ad<br />

accogliere l’altro attraverso l’ascolto.<br />

È in questa riflessione sul tema il vero<br />

senso, forse, del riscatto <strong>di</strong> una comunicazione<br />

aberrante: il senso dell’ascolto.<br />

Riscoprire la potenzialità <strong>di</strong> una interazione<br />

con l’altro in cui trovano piena<br />

espressività il valore del messaggio <strong>di</strong><br />

chi parla e il valore della <strong>di</strong>sponibilità<br />

che, quando efficacemente viene <strong>di</strong>spensata,<br />

esprime la prova più autentica<br />

della con<strong>di</strong>visione.<br />

Riusciamo così a restituire all’atto del<br />

comunicare la sua vera essenza: il calore<br />

umano dell’ascolto. Potremmo allora<br />

scoprire che <strong>di</strong>etro l’assur<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> un<br />

gesto potrebbe nascondersi la voglia <strong>di</strong><br />

gridare il proprio <strong>di</strong>sagio inascoltato,<br />

tragico epilogo dell’insopportabile sor<strong>di</strong>tà<br />

<strong>di</strong> chi viveva accanto.<br />

Questo ovviamente non giustifica, ma<br />

cerca <strong>di</strong> dare un senso, se mai ce ne<br />

fosse, in tutta la squallida vicenda <strong>di</strong><br />

cronaca citata.<br />

<strong>di</strong>acono Antonio Aricò<br />

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