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recensioni - Scuola Superiore dell'Amministrazione dell'Interno - SSAI

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La partecipazione al procedimento amministrativo<br />

Roberto CARANTA e Laura FERRARIS<br />

Giuffrè, Milano 2000<br />

La monografia affronta le problematiche<br />

della partecipazione al procedimento<br />

amministrativo di cui agli<br />

artt. 7 e seguenti della L. 7 agosto<br />

1990, n. 241, alla luce delle riflessioni<br />

dottrinali e, soprattutto, dell'elaborazione<br />

giurisprudenziale manifestatesi<br />

nel corso di quasi un decennio dall'<br />

entrata in vigore della legge generale<br />

sul procedimento amministrativo.<br />

Il primo capitolo traccia l'evoluzione<br />

dei modelli di amministrazione<br />

pubblica da una forma del procedere<br />

autoritativo ed unilaterale all'amministrazione<br />

partecipata e paritaria introdotta<br />

dalla L. 7 agosto 1990, n. 241.<br />

Il secondo capitolo affronta il<br />

problema dell'individuazione dell' area<br />

di applicazione delle disposizioni di<br />

cui agli artt. 7 e seguenti della legge,<br />

in relazione a previsioni normative<br />

speciali, compresa la legge sugli enti<br />

locali fino alla recente riforma dell'<br />

estate scorsa, e alla disposizione di cui<br />

all'art. 13. Viene analizzata la previsione<br />

che esclude tale applicazione in<br />

relazione agli atti normativi, amministrativi<br />

generali, di pianificazione e di<br />

RECENSIONI<br />

programmazione, nonché in riferimento<br />

ai procedimenti tributari. A<br />

questo ultimo proposito, è discussa la<br />

giurisprudenza circa la possibilità di<br />

accedere ai documenti delle verifiche<br />

fiscali in corso.<br />

Il terzo capitolo è dedicato alla<br />

comunicazione di avvio del procedimento,<br />

chiave di volta dell'amministrazione<br />

partecipata in quanto consente<br />

agli interessati di avere conoscenza<br />

dell'apertura del procedimento.<br />

La trattazione analizza i casi in cui la<br />

comunicazione è stata ritenuta necessaria<br />

e sottopone a critica l'orientamento<br />

giurisprudenziale ormai recessivo,<br />

che escludeva l'applicazione degli<br />

artt. 7 e seguenti della L. 7 agosto<br />

1990, n. 241 ai procedimenti destinati<br />

a sfociare in provvedimenti vincolati.<br />

Esaminato è pure il rapporto della<br />

disciplina generale di cui alla legge sul<br />

procedimento amministrativo con<br />

forme di comunicazione previste da<br />

disposizioni speciali, ed in particolare<br />

con quelle previste per i procedimenti<br />

di occupazione d'urgenza e di espropriazione<br />

per pubblico interesse; in<br />

277


tale ultimo contesto, specifica attenzione<br />

è dedicata alla decisione dell'Adunanza<br />

plenaria del Consiglio di<br />

Stato del 15 settembre 1999, n. 14.<br />

Segue l'individuazione dei beneficiari<br />

dell'obbligo di comunicazione, delle<br />

particolari esigenze di celerità che possono<br />

giustificare la mancata comunicazione<br />

dell'avvio del procedimento,<br />

dei provvedimenti cautelari adottabili<br />

dalla pubblica amministrazione, delle<br />

modalità del contenuto della comunicazione,<br />

anche con riferimento alla<br />

figura del responsabile del procedimento.<br />

Infine, vengono analizzate le<br />

conseguenze della omessa comunicazione.<br />

Il quarto capitolo individua i<br />

soggetti che, pur non destinatari della<br />

comunicazione di avvio del procedimento,<br />

sono legittimati ad intervenire<br />

in esso. Particolare attenzione è dedicata<br />

alla problematica della partecipazione<br />

degli interessi metaindividuali,<br />

compresi gli interessi diffusi. Chiude il<br />

capitolo l'esame della dibattuta questione<br />

relativa al rapporto tra la riconosciuta<br />

legittimazione all'intervento<br />

nel procedimento e la legittimazione<br />

al ricorso giurisdizionale.<br />

Il capitolo quinto, primo dei<br />

due capitoli relativi al contenuto par-<br />

278<br />

RECENSIONI<br />

tecipativo, esamina il diritto di accesso<br />

garantito dall'art. 10, anche in rapporto<br />

con l'analogo diritto sancito dagli<br />

artt. 22 e seguenti della L. 7 agosto<br />

1990, n. 241. Discussa la natura giuridica<br />

del diritto d'accesso, ed individuati<br />

i soggetti legittimati all'accesso,<br />

vengono analizzati i documenti oggetto<br />

del diritto di accesso, compresi tra<br />

gli altri gli atti interni, le prove di<br />

esame o concorsuali, gli atti di provenienza<br />

privata. Esaminate le forme e le<br />

modalità di esercizio del diritto di<br />

accesso, specifica attenzione è dedicata<br />

ai limiti al diritto di accesso, in particolare<br />

quelli relativi al segreto, compreso<br />

quello professionale, e quelli<br />

connessi alla tutela della riservatezza.<br />

A questo ultimo proposito, ampia disamina<br />

ricevono la decisione dell'Adunanza<br />

plenaria del Consiglio di Stato del 4<br />

febbraio 1997, n. 5, e la L. 31 dicembre<br />

1996, n. 675, c.d. legge sulla privacy.<br />

Il sesto capitolo è dedicato alla<br />

facoltà di presentare documenti e<br />

memorie, e al corrispondente obbligo<br />

di valutazione imposto alla pubblica<br />

amministrazione. Indagato è il contenuto<br />

dell'obbligo in questione e le<br />

conseguenze, anche sul piano giurisdizionale,<br />

della mancata o inadeguata<br />

presa in considerazione di docu-


menti o memorie.<br />

Nelle conclusioni, pur dato atto<br />

alla prevalente giurisprudenza recente<br />

di essersi indirizzata su linee più<br />

rispettose della lettera e dello spirito<br />

dell'art. 7 L. 7 agosto 1990, n. 241, e<br />

ricordato che la partecipazione è strumento<br />

per consentire il passaggio dall'amministrazione<br />

unilaterale ed autoritaria<br />

all'amministrazione consensuale<br />

e paritaria, un'amministrazione,<br />

dunque, che agisce con accordi,<br />

secondo le previsioni dell'art. 11 della<br />

L. 7 agosto 1990, n. 241, si constata<br />

che in realtà nulla o quasi nulla è<br />

mutato nello "stile" dell'amministra-<br />

RECENSIONI<br />

zione italiana dopo la riforma di un<br />

decennio orsono.<br />

Il lavoro, pur non rinunciando<br />

alla critica di indirizzi dottrinali o giurisprudenziali<br />

non condivisi, si caratterizza<br />

per l'esame aggiornato, analitico<br />

e completo delle sentenze rese dai<br />

giudici amministrativi di primo grado<br />

e di appello, che consente all'operatore<br />

un'immediata percezione delle<br />

anche contrastanti posizioni espresse<br />

su ciascuna questione, nonché delle<br />

motivazioni che sono invocate dai loro<br />

sostenitori.<br />

Stato legale e Stato reale.<br />

Amministrazioni, cittadini e imprese alle soglie del 2000<br />

Stefano SEPE<br />

Il Sole 24 Ore, marzo 2000<br />

Il titolo “Stato Legale e Stato<br />

Reale. Amministrazioni, cittadini e<br />

imprese alle soglie del 2000” richiama<br />

alla mente una osservazione ottocentesca<br />

che rileva la distanza che separa lo<br />

Stato e la Pubblica Amministrazione<br />

dal cittadino.<br />

Al riguardo è percepibile lo scar-<br />

L.F.<br />

to tra gli ideali della Costituzione<br />

repubblicana e la realtà quotidiana dell’azione<br />

dei pubblici poteri. Mentre<br />

nella Costituzione l’individuo è sempre<br />

un cittadino, con diritti e libertà<br />

ampiamente tutelati, le leggi e la prassi<br />

hanno continuato, fino agli anni più<br />

recenti, a tenere l’amministrazione su<br />

279


un gradino più alto dei cittadini.<br />

Il volume di Sepe questa distanza<br />

tra un Paese “legale” contrapposto ad<br />

un Paese “reale”, non meno di uno<br />

Stato “legale” profondamente diverso<br />

dallo Stato “reale”, intende valutare<br />

nell’esaminare le numerose contraddizioni<br />

e i ritardi del Sistema ed<br />

approfondisce in modo semplice e<br />

insieme dettagliato il labirintico universo<br />

dell’Amministrazione pubblica.<br />

Nella sua lucida e sintetica analisi<br />

storica, Sepe classifica il sistema<br />

amministrativo italiano, dal Risorgimento<br />

ad oggi, in quattro fasi distinte:<br />

la prima è collocabile tra la riforma<br />

Cavour del 1853 e la fine del secolo; la<br />

seconda tra l’età giolittiana e gli anni<br />

Trenta; la terza nella stagione che dalle<br />

trasformazioni del periodo fascista arriva<br />

fino agli anni Settanta; la quarta si<br />

configura a partire dall’istituzione delle<br />

Regioni a statuto ordinario.<br />

Il libro infatti analizza i fattori<br />

che nel tempo hanno contribuito al<br />

decrescente rendimento della macchina<br />

pubblica: irresponsabilizzazione e<br />

demotivazione dei funzionari, uso<br />

clientelare dell’impiego pubblico, ingerenza<br />

politica nella gestione amministrativa.<br />

La degenerazione successiva ha<br />

280<br />

RECENSIONI<br />

favorito fenomeni crescenti di corruzione,<br />

culminati, all’inizio degli anni<br />

Novanta, nella crisi di legittimazione<br />

del ceto politico che aveva guidato il<br />

Paese per oltre quarant’anni.<br />

Grande la capacità di Sepe nello<br />

individuare gli snodi, mentre rivela le<br />

cause della scadente qualità delle prestazioni<br />

e dei servizi offerti dalle<br />

Amministrazioni. Nel soffermarsi su<br />

questi aspetti, l’Autore si pone l’interrogativo<br />

di come riuscire a restare in<br />

Europa con un sistema pubblico così<br />

inefficiente. Poiché la qualità dei servizi<br />

pubblici è un elemento decisivo della<br />

competitività del Paese, il libro analizza<br />

i processi di cambiamento, di modernizzazione<br />

e di organizzazione che prevedono<br />

una semplificazione del percorso<br />

procedurale e delle norme di regolazione<br />

all’interno della Pubblica<br />

Amministrazione, alla luce delle riforme<br />

attuate a partire dal “rapporto<br />

Giannini” fino ad oggi, con particolare<br />

riguardo alle “Leggi Bassanini”.<br />

Questo viaggio “imperfetto” che<br />

si snoda sulla strada delle riforme ci<br />

porta inevitabilmente a parlare delle<br />

disfunzioni amministrative (formalismo<br />

esasperato, lentezza delle decisioni,<br />

irrazionalità organizzativa, cattiva<br />

distribuzione geografica degli addetti,


scarsa produttività media), anche se,<br />

giova sottolinearlo, ci sono amministrazioni<br />

che funzionano, per cui non<br />

bisogna generalizzare, ma, come dice<br />

l’Autore, “si possono tenere gli occhi<br />

aperti senza cadere nella sindrome del<br />

disastro ineluttabile”.<br />

Occorre guardare ai modelli,<br />

piuttosto che alle loro degenerazioni.<br />

L’aggancio all’Europa deve trovare fondamento<br />

in un’organizzazione della<br />

P.A. maggiormente orientata ai risultati,<br />

più snella nelle modalità operative,<br />

indirizzate a regolare piuttosto che a<br />

gestire, in concorrenza con gli altri<br />

sistemi pubblici.<br />

L’obiettivo del libro è quello di<br />

mettere in luce alcuni problemi, analizzando<br />

criticamente come sono stati<br />

affrontati e come si è cercato di risolverli.<br />

Questo processo di trasformazione<br />

dell’Amministrazione italiana è un<br />

fatto reale, nonostante le contraddizioni<br />

e i ritardi, e costituisce un passaggio<br />

necessario ed ineludibile alle soglie del<br />

duemila.<br />

La Pubblica Amministrazione<br />

deve sapersi dare “i territori di servizio”,<br />

che non possono e non devono<br />

essere delegati ad altri.<br />

Cambia il “mestiere” dello Stato<br />

RECENSIONI<br />

“paterno”; uno Stato più leggero che<br />

faccia meno cose, facendole meglio, al<br />

quale si deve affiancare un privato<br />

“pesante”; ma nel contempo Stato più<br />

forte nella sua riorganizzazione, con gli<br />

occhi rivolti al sistema pubblico dentro<br />

la Società civile. Ci si chiede, al riguardo,<br />

se sia valida l’equazione tra meno<br />

Stato (che gestisce) e più Stato (che<br />

detta le regole).<br />

L’Autore, pur di fronte a un<br />

sistema pubblico inefficiente, conserva<br />

un forte ottimismo sullo sforzo della<br />

classe politica nonché sulla capacità<br />

della classe dirigenziale pubblica di<br />

migliorare la condizione della Pubblica<br />

Amministrazione e il suo rendimento,<br />

con risultati che si traducono in termini<br />

di qualità di servizi più adeguati sia<br />

ai cittadini sia alle imprese.<br />

La riflessione conclusiva di Sepe è<br />

che per non uscire dall’Europa, occorra<br />

un nuovo patto tra cittadini, amministrazioni<br />

e imprese nel quale, come ha<br />

osservato Stefano Rolando, una<br />

moderna P.A. sia “non un ostacolo, ma<br />

un fattore di connessione”.<br />

Nel concludere, l’Autore indica le<br />

fasi della ricostruzione della macchina<br />

dello Stato, per il recupero di efficienza<br />

e funzionalità: riorganizzazione delle<br />

Amministrazioni centrali dello Stato<br />

281


con un loro snellimento a favore degli<br />

Enti locali; semplificazione procedurale,<br />

accompagnata dalla realizzazione di<br />

un’adeguata rete informatica; efficienza<br />

della macchina fiscale, razionalizzazione<br />

di strutture e servizi, migliorandoli<br />

e rendendoli meno costosi, ridisegno<br />

del welfare state con un riordino degli<br />

enti previdenziali e assistenziali.<br />

Tutto ciò, inevitabilmente richiede<br />

un fortissimo ricambio culturale che<br />

passa, in particolare, attraverso la formazione<br />

di dirigenti pubblici qualificati.<br />

Due condizioni devono, pertanto,<br />

essere soddisfatte: una burocrazia più<br />

Il libro che Luciano Vandelli<br />

dedica al potere locale, si colloca nella<br />

collana che la casa editrice “il Mulino"<br />

ha voluto intitolare "Farsi un'idea". Si<br />

tratta di scritti agili ed essenziali che<br />

servono ad introdurre il lettore ad un<br />

argomento fornendogli le coordinate<br />

per poter, eventualmente, compiere in<br />

autonomia degli approfondimenti successivi.<br />

Non è difficile scorgere dietro<br />

l'iniziativa l'intenzione di emulare i<br />

282<br />

RECENSIONI<br />

Il Governo locale<br />

Luciano VANDELLI<br />

Ed. Il Mulino, Bologna 1999<br />

preparata e immune dalle pressioni<br />

politiche; un sistema politico che non<br />

pretenda di gestire le pubbliche amministrazioni.<br />

Il tentativo dell’Autore di contribuire<br />

ad alimentare la già ricca riflessione<br />

sull’argomento ci sembra pienamente<br />

riuscito. Al termine del suo<br />

libro, Sepe lascia al lettore la sensazione<br />

che valga la pena di riflettere, al di là<br />

delle idee e delle passioni politiche, sui<br />

mali dell’Amministrazione e sulla<br />

necessità di attuare le leggi di riforma.<br />

G.M.<br />

Que sais-je?, la fortunata collezione<br />

della Presses Universitaires de France,<br />

giunta a stampare diverse migliaia di<br />

titoli.<br />

Visto in questo contesto, il libro<br />

di Vandelli va a tutti gli effetti considerato<br />

un'operazione editoriale riuscita.<br />

Esso non si limita soltanto a presentare<br />

i soggetti dell'amministrazione locale,<br />

a spiegare il funzionamento dei loro<br />

organi, ad illustrare le competenze e le


attività dei differenti enti. Apre anche<br />

degli squarci sul delicato passaggio storico<br />

che nel nostro Paese sta vivendo il<br />

governo locale, indicando terreni d'analisi<br />

e piste per ricerche ulteriori.<br />

In particolare, i temi che Vandelli<br />

sottopone all'attenzione del lettore<br />

sono tre.<br />

In primo luogo, il modificarsi del<br />

rapporto tra il cittadino e l'amministrazione<br />

locale. Si tratta di un aspetto<br />

impossibile da comprendere senza considerare<br />

come si sia modificato e arricchito,<br />

nell'ultimo periodo, il concetto stesso<br />

di cittadinanza. Inevitabilmente, l'allargamento<br />

dell'orizzonte del cittadino<br />

stimolato in particolare dalle nuove tecnologie,<br />

il moltiplicarsi sia dei suoi diritti<br />

che dei suoi doveri, hanno fatto nascere<br />

un bisogno crescente di semplificazione<br />

che ha portato ad enfatizzare il ruolo<br />

dell'amministrazione locale, in quanto<br />

referente più prossimo e concreto.<br />

Il secondo tema sul quale l'autore<br />

si sofferma è l'attuale tendenza verso<br />

un processo di decentramento che non<br />

soltanto ha reso più gravi i compiti e le<br />

responsabilità degli enti locali, ma ha<br />

anche contribuito a indebolire nei fatti<br />

il modello centralistico all'interno del<br />

quale si colloca la tradizione amministrativa<br />

italiana.<br />

RECENSIONI<br />

Questa situazione ha portato a<br />

rimodellare il rapporto tra Stato e enti<br />

locali (si pensi, ad esempio, al rapporto<br />

con il cittadino contribuente).<br />

Se è già possibile affermare che il<br />

bisogno di crescente autonomia ha<br />

avuto la forza di destabilizzare un<br />

modello, non si può invece dire che<br />

esso abbia trovato stabile collocazione<br />

in un nuovo equilibrio.<br />

Riflettendo sulle considerazioni<br />

di Vandelli si è portati a ritenere che gli<br />

enti locali siano diventati veri e propri<br />

laboratori di innovazione politica che<br />

incontrano le medesime difficoltà che<br />

vengono notate a livello politico generale.<br />

È questo il terzo aspetto che l'Autore<br />

prende in esame. Non è certo un<br />

caso che la tendenza a personalizzare la<br />

politica - a scegliere dei volti e delle<br />

storie ancor prima che delle ideologie -<br />

abbia trovato nell'elezione del sindaco<br />

il suo più significativo momento d'esplicazione.<br />

Non è nemmeno un caso<br />

che proprio a livello d'elezioni locali, la<br />

virtuosa tendenza all'alternanza delle<br />

forze al potere abbia già trovato una<br />

sua compiuta realizzazione.<br />

Questa realtà, qui schematizzata<br />

attraverso delle esemplificazioni, aiuta<br />

a definire meglio la fase di transizione<br />

che stanno vivendo i poteri locali. Essi<br />

283


non sono soltanto alla ricerca di nuovi<br />

assetti interni, ma hanno anche bisogno<br />

di definire nuovi equilibri verso<br />

l'esterno che interessano tanto i poteri<br />

quanto i costumi politici.<br />

È auspicabile che questa ricerca<br />

trovi degli sbocchi giungendo a stabilire<br />

dei nuovi equilibri tra le istituzioni<br />

centrali e locali. È altrettanto auspicabile<br />

che le positive innovazioni politi-<br />

284<br />

RECENSIONI<br />

che sperimentate a livello locale siano<br />

presto recepite dalla politica nazionale.<br />

In caso contrario, questa nuova<br />

fase storica che gli enti locali stanno<br />

vivendo potrebbe trasformarsi in un<br />

fattore d'endemica crisi per l'intero<br />

ordinamento.<br />

1989. Rifessioni sulla rivoluzione in Europa<br />

Ralf DAHRENDORF<br />

Laterza, Roma-Bari 1999; pp. 1-151<br />

Questo libro di Ralf Dahrendorf<br />

giunge a ricordarci, dieci anni dopo,<br />

che abbiamo vissuto da protagonisti<br />

l’evento che forse più d’ogni altro, nel<br />

corso del XX secolo, ha modificato la<br />

storia dell’umanità: la fine del comunismo.<br />

Il libro riproduce una lunghissima<br />

lettera aperta che circa dieci anni fa<br />

l’autore inviò al presidente polacco<br />

Jaruzelski, uno degli ultimi dirigenti<br />

comunisti ad aver abbandonato la<br />

scena. Si tratta di una lunga riflessione<br />

sul tema relativo al periodo che va dalla<br />

transizione alla democrazia: su come<br />

possa verificarsi il passaggio da un regi-<br />

R.L.<br />

me pianificato ad un moderno sistema<br />

liberaldemocratico, senza che questa<br />

prospettiva presupponga lo smantellamento<br />

d’ogni continuità ed il sorgere<br />

di un conseguente fenomeno di smarrimento<br />

della coscienza storica collettiva.<br />

La riflessione di Dahrendorf si sviluppa<br />

intorno a tre assi tematici, tra loro<br />

complementari: la definizione della<br />

democrazia, l’essenza dell’economia di<br />

mercato e lo sviluppo della società civile.<br />

L’autore non propone nessuna ricetta<br />

certa. Si rifà, più modestamente, ai<br />

valori della società aperta, mettendo in<br />

evidenza come questa sia il risultato<br />

finale delle conseguenze (spesso non


volute) dell’interazione tra i macrofenomeni<br />

sociali e le autonome determinazioni<br />

della società civile. Per tanto<br />

Dahrendorf ritiene che una delle caratteristiche<br />

della società aperta sarebbe<br />

quella di non proporre un necessario<br />

modello di riferimento. Essa si definirebbe,<br />

semplicemente e solamente,<br />

come un ambito nel quale vige lo stato<br />

di diritto: ovvero la certezza ed il dominio<br />

della legge intesa come un insieme<br />

di regole sufficientemente comprensibile,<br />

efficace, condiviso da chi lo deve<br />

subire. Per Dahrendorf, in altri termini,<br />

non c’è alcun percorso obbligatorio<br />

per uscire da un regime di pianificazione<br />

e giungere nel regno della liberaldemocrazia.<br />

Ed anche i punti d’approdo<br />

possono essere molteplici, non esistendo<br />

un paradigma di democrazia che<br />

valga per ogni situazione storica e geopolitica.<br />

Si può senz’altro condividere<br />

quest’approccio. Una specificazione,<br />

però, appare necessaria: anche alla luce<br />

di quanto accaduto in quest’ultimo<br />

decennio, il nesso tra democrazia politica<br />

ed economia di mercato deve<br />

ormai considerarsi inscindibile. Molte<br />

delle ricette di cosiddetta “terza via” tra<br />

pianificazione e capitalismo, a lungo<br />

proposte a guisa di compromesso, si<br />

sono infrante su questo scoglio. Ed<br />

RECENSIONI<br />

abbiamo ormai sufficienti esempi storici<br />

che ci portano ad affermare che<br />

laddove non esiste libertà economica,<br />

la libertà politica risulta nient’altro che<br />

un simulacro.<br />

La parte più interessante - ma<br />

anche la più discutibile - del saggio è<br />

quella che prende in esame l’interazione<br />

tra la spinta nazionalista che è stata<br />

una delle componenti che ha accelerato<br />

il crollo del sistema comunista, ed il<br />

più complessivo fenomeno di globalizzazione<br />

che ha interessato la società<br />

mondiale. L’autore descrive un circolo<br />

vizioso, all’interno del quale il bisogno<br />

d’identità nazionale ha finito con il<br />

creare le pre-condizioni per una progressiva<br />

perdita di significato dello<br />

Stato-nazione. Questa dinamica viene<br />

scorta, in modo particolare, nel caso<br />

dell’ex Germania dell’est, laddove la<br />

fuoriuscita dal comunismo non ha<br />

coinciso con il riappropriarsi, da parte<br />

della società civile, del proprio destino.<br />

Secondo Dahrendorf, però, lo stesso<br />

fenomeno interesserebbe in buona<br />

misura tutte le realtà nazionali.<br />

È abbastanza evidente che l’autore<br />

mostra cautela, e persino timore,<br />

sugli esiti del sempre crescente fenomeno<br />

d’integrazione economica e culturale<br />

al quale stiamo assistendo.<br />

285


Teme, in fondo, che questa evoluzione<br />

possa condurre ad un’omologazione di<br />

posizioni e modi di pensare che finisca<br />

con il depotenziare la democrazia.<br />

Lungo questa linea, giunge ad auspicare<br />

un processo d’integrazione debole,<br />

che non contraddica le spinte autonome<br />

delle società civili ma che, d’altra<br />

parte, salvaguardi le specifiche identità<br />

nazionali. Si tratta di un progetto seducente<br />

ma che, per l’appunto, ha il limite<br />

di essere un progetto. Dahrendorf ha<br />

convincentemente spiegato come la<br />

286<br />

RECENSIONI<br />

società aperta sia, in fondo, l’edificazione<br />

di un ordine non intenzionale. Gli<br />

si potrebbe ricordare, inoltre, che il<br />

processo d’integrazione, oltre a determinare<br />

un’inevitabile omologazione,<br />

produce anche una diffusione di conoscenze<br />

e delle informazioni. Produce,<br />

dunque, più libertà. Perché la libertà e<br />

la democrazia esistono solo laddove la<br />

conoscenza diffusa e consapevole offre<br />

un’effettiva possibilità di scegliere.<br />

R.L.

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