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Lezione 4 - Lettere e Filosofia

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MUSEOLOGIA e ARCHEOLOGIA<br />

Anno Accademico 2012/2013<br />

Docente Patrizia Gioia<br />

patrizia.gioia@uniroma1.it<br />

4 aprile 2013, LEZIONE 4:<br />

– Il museo illuminista: le premesse teoriche<br />

– Il museo illuminista : ordine nel molteplice, la razionalità dell’Enciclopedia<br />

– Il British Museum<br />

– Il Louvre: museo rivoluzionario<br />

– L’800: e la nascita dei musei nazionali e l’autocelebrazione degli stati<br />

– L’Italia ed i musei civici


Il Museo Illuminista:<br />

le premesse teoriche


http://www.treccani<br />

.it/enciclopedia/illu<br />

minismo/<br />

« Illuminismo è l'uscita<br />

dell'uomo dallo stato di<br />

minorità che egli deve<br />

imputare a se stesso.<br />

Minorità è l'incapacità di<br />

valersi del proprio intelletto<br />

senza la guida di un altro.<br />

Imputabile a se stesso è<br />

questa minorità, se la causa<br />

di essa non dipende da<br />

difetto d'intelligenza, ma<br />

dalla mancanza di decisione<br />

e del coraggio di far uso del<br />

proprio intelletto senza<br />

essere guidati da un<br />

altro. Sapere aude! Abbi il<br />

coraggio di servirti della tua<br />

propria intelligenza! È<br />

questo il motto<br />

dell'Illuminismo. »<br />

(Immanuel Kant da Risposta<br />

alla domanda: che cos'è<br />

l'Illuminismo?, 1784)<br />

http://it.wikipedia.org/wiki/Il<br />

luminismo


L’illuminismo è un vasto movimento culturale.<br />

I principali modelli teorici dell’illuminismo si formano in Inghilterra per merito di<br />

pensatori come Newton (scienza), Locke (filosofia/poltica), Smith (economia).<br />

Tuttavia il movimento assume la massima estensione e radicalità in Francia<br />

(grazie ad intellettuali come Voltaire, Diderot, Montesquieu, Rousseau,<br />

D’Alambert...) per poi espandersi un po’ in tutta Europa.<br />

L’illuminismo afferma l’autonomia della ragione<br />

Isaac Newton John Locke Adam Smith


L’illuminismo è un movimento razionalista<br />

teorizza che l’universo funzionasse non grazie<br />

all’intervento divino, ma solo grazie ad un preciso<br />

meccanismo di autoregolamentazione: il ciclo<br />

perenne della natura: nascita, crescita, morte e<br />

trasformazione della materia.<br />

L’illuminismo ha una grande fiducia nel<br />

progresso<br />

Per garantire tale progresso (per costruire,<br />

quindi, la società nuova) era però necessario<br />

liberare l’umanità dalla pesante schiavitù<br />

culturale (e spesso anche “materiale”) imposta<br />

dalla vecchia società.


L’illuminismo lotta contro il pregiudizio,<br />

il dogmatismo, il fanatismo religioso,<br />

l’intolleranza, la schiavitù, l’assolutismo<br />

regio (il potere di diritto divino),<br />

l’organizzazione feudale dello stato (fondato<br />

sui privilegi dei nobili e del clero). Gli<br />

illuministi, infatti ingaggiarono mille<br />

battaglie per sconfiggere le vecchie idee e<br />

per elaborare e diffondere quelle nuove.


L’illuminismo diffonde idee nuove...<br />

Si rifonda il sapere in ogni campo, imponendo moderni<br />

concetti come quelli di<br />

monarchia costituzionale e divisione dei poteri,<br />

contratto sociale (lo stato si deve basare su un contratto<br />

voluto ed accettato dai cittadini), repubblica,<br />

democrazia;<br />

uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (abolizione<br />

dei privilegi di nobili e clero...); uguaglianza fra gli<br />

uomini (tutti gli uomini, al momento della nascita, sono<br />

uguali, perché tutti provvisti di ragione);<br />

cosmopolitismo; dispotismo illuminato;<br />

riforme (riforme del codice penale - abolizione della<br />

pena di morte e della tortura -, riforme tributarie...),<br />

libertà di pensiero, di stampa, di parola...(abolizione<br />

della censura e dell’Inquisizione); tolleranza; liberismo<br />

(abolizione delle barriere doganali, dei pedaggi feudali,<br />

della manomorta...); diritto all’istruzione (istituzione di<br />

scuole pubbliche);ecc.


L’illuminismo si batte per la diffusione della cultura<br />

Fu un grande merito degli illuministi, quindi, non solo fondare una cultura nuova,<br />

ma fare in modo che le nuove idee si diffondessero a larghi strati di popolazione un po’<br />

in tutta Europa.<br />

Per questo gli illuministi furono molto sensibili al problema dell’educazione, che doveva<br />

essere sottratta alla Chiesa e agli ordini religiosi.


Ma, soprattutto, le idee illuministiche furono alla base di quei fatti storici (politici,<br />

economici, sociali...) che cambiarono la faccia della Terra: la Rivoluzione Americana,<br />

la Rivoluzione Francese e soprattutto la Rivoluzione Industriale.


Frontespizio del Systema Naturae, Leiden,<br />

1735<br />

LINNEO 1735<br />

Linneo è conosciuto per<br />

l'introduzione del metodo che<br />

viene oggi utilizzato dalla<br />

moderna classificazione; egli,<br />

infatti, è stato il creatore<br />

della sistematica nella sua forma<br />

attuale.


Col sistema linneano ogni<br />

organismo viene posizionato,<br />

mediante una scala gerarchica, in<br />

una serie di gruppi tassonomici,<br />

detti taxa (taxon al singolare). Le<br />

suddivisioni principali, dal più<br />

generico al più specifico,<br />

sono: regno, phylum (detto<br />

anche tipo per gli animali<br />

e divisione per le<br />

piante), classe, ordine, famiglia, gen<br />

ere e specie.


L’Enciclopedia di Diderot e d’Alembert<br />

Il primo dei 28 volumi dell’Enciclopedia o<br />

Dizionario ragionato delle Scienze, delle Arti e<br />

dei Mestieri, a cura di una società di uomini di<br />

cultura uscì nel 1751, l’anno dopo in cui Denis<br />

Diderot (1713-84) aveva impostato il piano della<br />

gigantesca opera in un «prospetto» che ne<br />

delineava i metodi e le finalità, ma che<br />

immediatamente incontrò le riserve dei<br />

giansenisti e l’opposizione dei gesuiti, i quali, in<br />

particolare, si accorgevano della rottura col sapere<br />

tradizionale da loro gelosamente conservato e<br />

proficuamente gestito.<br />

Jean Le Rond D’Alambert, uno scienziato e<br />

matematico che aderiva alle idee dell’illuminismo,<br />

fu incaricato di scrivere un «Discorso preliminare»<br />

da premettere al primo volume dell’Enciclopedia,<br />

nel quale ribadiva il primato delle scienze esatte<br />

sull’elaborazione dei principi e delle norme che<br />

regolano la vita degli uomini e subordinava<br />

pertanto la cultura basata sulla metafisica a quel<br />

sapere scientifico che era iniziato con Cartesio e<br />

Newton.


L’Enciclopedia fu compiuta in 17 volumi<br />

nel 1772, ma tra il 1776 e l’80 uscirono<br />

altri 11 volumi di tavole illustrative.<br />

All’elaborazione delle voci parteciparono<br />

praticamente tutti gli illuministi, dando<br />

ovviamente ai loro scritti un taglio<br />

antitradizionalista, moderno, impegnato e<br />

destando di conseguenza le perplessità e<br />

poi l’aperta ostilità della censura, che ne<br />

sospese per due volte la pubblicazione.<br />

Particolare del frontespizio<br />

dell'Encyclopédie:<br />

al centro la Verità raggiante di<br />

luce; a destra la Ragione e la<br />

<strong>Filosofia</strong> le strappano il velo,<br />

dipinto<br />

Charles Nicolas Cochin 1772


Johann Joachim Winckelmann<br />

Molti studiosi sono concordi nel fissare la<br />

data di nascita della moderna<br />

archeologia nell’ anno 1764. In quest’<br />

anno Johann Joaquim Winckelmann<br />

pubblicò a Dresda l’opera Geschichte der<br />

Kunst der Alterthums, titolo che tradotto in<br />

italiano divenne Storia delle arti del disegno<br />

presso gli antichi.


• Johann Joaquim Winckelmann nacque a<br />

Stendal (Magdeburgo) nel 1717, da una<br />

famiglia modesta.<br />

• Fece studi irregolari.<br />

• Nel 1755 dopo essersi convertito al<br />

cattolicesimo si trasferì a Roma dove entrò<br />

come bibliotecario al servizio del cardinale<br />

Alessandro Albani.<br />

• Nel 1762 nel primo dei suoi viaggi a Napoli,<br />

visitò Pompei e Ercolano, spingendosi fino a<br />

Paestum, di cui fu il primo a svelarne<br />

l'importanza storico-archeologica.<br />

• Nel 1764 divenne sovrintendente ai<br />

monumenti antichi di Roma.<br />

• Morì assassinato (forse per una rapina?) in<br />

una locanda di Trieste, nel 1768, di ritorno<br />

da un viaggio in Germania. Tra dolori atroci,<br />

nello squallore di una camera d’albergo, per<br />

mano di un popolano butterato, proprio lui,<br />

che aveva mitizzato la bellezza di Apollo,<br />

senza “tendini né vene”, sublime,<br />

incontaminata da sangue e umori.


Considerato il fondatore dell'archeologia<br />

scientifica, ebbe una fortissima influenza sulle<br />

posizioni artistiche letterarie e filosofiche del<br />

suo tempo. I suoi scritti posero in primo piano<br />

l'arte greca, anche se solo conosciuta<br />

attraverso le copie romane: in essa,<br />

Winckelmann vide realizzato l'ideale della<br />

bellezza come specchio di una umanità<br />

autonoma, caratterizzata da una armonica<br />

fusione di corpo e di spirito, da un nobile<br />

dominio delle passioni. Le sue idee si<br />

inserirono nell'idealizzazione della grecità<br />

propria di tutto il XVIII secolo tedesco, fino al<br />

classicismo di Weimar e al primo<br />

romanticismo. Furono tra le fonti principali<br />

della poetica neoclassicista, e della visione<br />

della grecità come serena olimpica e superiore<br />

armonia: una visione che sarà poi aspramente<br />

criticata dal tardo romanticismo e da<br />

Nietzsche, che svelerà - in La nascita della<br />

tragedia (1871) - come i Greci avessero piena<br />

percezione della tragedia esistenziale .


La sua immagine dell'arte greca ebbe<br />

larghissima risonanza.<br />

Nel campo della storia dell'arte, il suo<br />

contributo andò nella direzione di una storia<br />

oggettiva, incentrata sulle opere e<br />

sull'evoluzione degli stili. Sottolineando dal<br />

punto di vista artistico l'aspetto creativo e non<br />

puramente mimetico dell'opera d'arte.<br />

Winckelmann è il fondatore della moderna<br />

archeologia, che non diventa più un interesse di<br />

natura antiquaria, ma un vero e proprio<br />

programma d’indagine.<br />

E’ il primo ad analizzare le opere d’arte antica<br />

seguendo un criterio stilistico e formale.<br />

In questo periodo, le grandi scoperte di Pompei<br />

ed Ercolano, il vento esotico delle campagne<br />

napoleoniche in Egitto, che valsero la scoperta<br />

dell’importantissima Stele di Rosetta,<br />

l’interesse per l’arte e l’archeologia coinvolsero<br />

gli uomini di cultura, come, ad esempio Goethe<br />

e Mérimée. Questo interesse non poteva<br />

prescindere dall’eredità winckelmanniana.<br />

GLI STILI DI WINCKELMANN<br />

1) antico, anteriore a Fidia<br />

2) sublime, di Fidia e dei suoi<br />

contemporanei<br />

3) bello, da Prassitele sino a<br />

Lisippo e Apelle (sino alla<br />

"morte dell'arte")<br />

4) d'imitazione, fino alla<br />

caduta dell'impero romano.


“Di fronte all'inquietante scenario di un'antichità ridotta ad una congerie informe<br />

di frammenti, di fronte ad una selva di forse 70.000 statue e busti, quanti se ne<br />

contano a Roma... Winckelmann fa entrare la temporalità nel territorio dell'antico.<br />

Decompone l'antichità, passa alla sintesi.<br />

Egli critica il metodo antiquario per l'indifferenza verso il giudizio estetico. Gli<br />

unici tentativi di distinguere le opere greche da quelle romane si era basato fino<br />

ad allora unicamente sul contenuto delle opere e non tramite un'analisi delle<br />

forme.<br />

Winckelmann offre un'estetica dell'arte greca ad un'Europa che ne conosceva solo<br />

il gusto.<br />

Generazioni di antiquari si sono limitati a spiegare gli oggetti. Winckelmann<br />

attraverso gli oggetti vuole spiegare una cultura.”


IL MUSEO ILLUMINISTA


I MUSEI


La seconda metà del secolo XVIII rappresenta un momento chiave nella storia del museo, la fase in<br />

cui esso viene proposto consapevolmente come istituzione a destinazione pubblica: è infatti in quel<br />

determinante periodo storico, introdotto dal pensiero dell’Illuminismo e attraversato dai profondi<br />

rivolgimenti portati dalla Rivoluzione francese e dalle conquiste napoleoniche, che vediamo<br />

convergere nel museo funzioni che ancora oggi ne sono proprie: la conservazione dei valori storici,<br />

la didattica a fini di conoscenza e diletto, la valenza simbolica a rappresentazione del prestigio e<br />

della gloria patria.


Diversi sono i modi con cui si attua<br />

nell'Europa settecentesca il passaggio da<br />

privato a pubblico, in rapporto all'affermarsi<br />

della concezione del patrimonio artistico<br />

come bene della collettività. La prima fase<br />

può essere definita "riformista".<br />

In Inghilterra il Parlamento, tramite<br />

acquisizioni di raccolte private, decreta la<br />

formazione e l'apertura al pubblico del<br />

primo nucleo del British Museum (1759); in<br />

Europa e in Italia le riforme dei principi<br />

illuminati rendono di pubblico dominio le<br />

raccolte dinastiche, che in tal modo<br />

diventano patrimonio dello Stato, a Dresda,<br />

Dusseldorf, Firenze, Monaco di Baviera,<br />

Vienna; a Roma il papato, nell'intento di<br />

arginare le dispersioni provocate da un<br />

attivissimo mercato antiquario, affianca i<br />

primi atti di legislazione di tutela con<br />

l'apertura di musei (1734, Museo Capitolino,<br />

con l'aggiunta nel 1750 della Pinacoteca;<br />

1773-87, Museo Pio Clementino in Vaticano,<br />

architetto M. Simonetti).<br />

British Museum<br />

Museo Capitolino


Louis DUCROS (1740-1810) e Giovanni VOLPATO (c. 1755-1803)<br />

Il Cortile del Belvedere con il Laocoonte (1787-92)


Museum Friedericianum di Kassel<br />

Per quanto riguarda la sistemazione interna del museo, l'illuminismo opera al fine di mettere<br />

"ordine nel molteplice" smembrando le composite collezioni principesche e assegnando a<br />

ogni classe di oggetti il suo luogo specifico, il Museum Friedericianum di Kassel, 1769-76, di S.<br />

Du Ry su progetto di C.L. Ledoux, è un esempio calzante di questo modo di procedere;<br />

l'ordinamento dei dipinti in sequenza cronologica e per scuole pittoriche, precocemente<br />

adottato da L. Lanzi per il riordino degli Uffizi (dal 1775) e da Ch. von Mechel per la<br />

sistemazione delle collezioni reali al Belvedere di Vienna (1779), diventerà punto costante di<br />

riferimento per il futuro.


Durante l’Illuminismo gran parte delle<br />

potenzialità di rinnovamento promosse dai<br />

sovrani e dai principi “illuminati” si<br />

tradussero in progetti di riforma in campo<br />

culturale, e tra questi l’apertura al pubblico<br />

delle collezioni dinastiche, sistemate<br />

secondo i nuovi principi razionalisti di ordine<br />

e classificazione. Ciò assume fondamentale<br />

importanza per la storia del museo moderno.<br />

Pur rimanendo infatti la proprietà delle<br />

collezioni appannaggio dei principi, il<br />

patrimonio diventa oggettivamente<br />

patrimonio dello Stato, e conseguentemente<br />

il suo stesso significato si trasforma dalla<br />

semplice apertura al pubblico (ancorché<br />

ristretta a uomini di cultura, giovani artisti in<br />

formazione, conoscitori, appassionati d’arte<br />

e soprattutto viaggiatori) in una complessa<br />

struttura conoscitiva che incarna nel museo<br />

una cultura originale e autonoma, non solo<br />

diversa, ma radicalmente opposta a quella<br />

del collezionismo.


DUE CASI EMBLEMATICI: IL BRITISH MUSEUM ED IL LOUVRE<br />

IL BRITISH MUSEUM<br />

A partire dalla fondazione<br />

del British Museum di<br />

Londra (1753), nato dalla<br />

deliberazione del<br />

Parlamento inglese di<br />

acquistare le collezioni del<br />

dottor Sloane, offerte alla<br />

nazione “per il beneficio<br />

dell’umanità”, in tutta<br />

l’Europa, unita dalla<br />

comune appartenenza alla<br />

“République des Lettres”,<br />

si assiste all’apertura delle<br />

collezioni.


Quindi le origini del British Museum<br />

sono da ricercarsi nelle collezioni di<br />

Sir Hans Sloane (1660-1753), un<br />

eminente medico e naturalista, il<br />

quale elargì alla Gran Bretagna, nella<br />

persona del re Giorgio II, il suo museo<br />

comprendente 80.000 oggetti, un<br />

erbario e una ricca biblioteca, in<br />

cambio di un pagamento di 20.000<br />

sterline alle proprie figlie. Con la legge<br />

sul British Museum (British Museum<br />

Act) del 1753, il Parlamento dispose la<br />

raccolta di questi fondi con una<br />

lotteria pubblica. Il 15 gennaio 1759<br />

il British Museum aprì finalmente i<br />

battenti al pubblico.<br />

Inizialmente non era uno spazio<br />

destinato all’esposizione di opere: era<br />

principalmente una collezione<br />

semipubblica di libri e manoscritti,<br />

aperta alla consultazione.


Il British Museum era allora il regno<br />

incontrastato di gentiluomini eruditi e<br />

l’accesso vi era assai limitato.<br />

Questa concezione perdura anche nel<br />

corso del secolo XIX, nonostante la<br />

rivoluzione francese.<br />

Fino alla fine dell’800 l’accesso rimase<br />

soggetto alle stesse norme in vigore<br />

nel protocollo di corte e nel<br />

cerimoniale dell’aristocrazia.<br />

I visitatori non erano liberi di<br />

osservare a proprio piacimento gli<br />

oggetti esposti ed erano invece<br />

costretti a seguire burberi funzionari<br />

frettolosi e maldisposti che li<br />

guidavano attraverso le sale<br />

Per lungo tempo i responsabili<br />

pensarono che il museo fosse un<br />

istituto fine a se stesso e non uno<br />

strumento al servizio del visitatore.


Sin dall'inizio comunque il British<br />

Museum rappresentò un nuovo tipo di<br />

istituzione. Amministrato da un<br />

gruppo di fiduciari, responsabili della<br />

sua conduzione dinanzi al Parlamento,<br />

le sue collezioni appartenevano alla<br />

nazione britannica. Si dispose il libero<br />

ingresso per 'tutte le persone studiose<br />

e animate da curiosità' e nella sua<br />

storia il Museo ha sempre associato lo<br />

svago all'apprendimento.<br />

Si inaugurò subito una sala di lettura<br />

(Reading Room), in cui i 'Readers'<br />

potevano consultare la biblioteca e<br />

dove il competentissimo personale era<br />

impegnato a curare e a catalogare le<br />

collezioni. La prima 'sala per studenti',<br />

quella dedicata a Stampe e disegni,<br />

venne inaugurata nel 1808


Le collezioni originarie del Museo<br />

comprendevano per lo più libri, manoscritti e<br />

storia naturale, più alcuni oggetti antichi<br />

(monete, medaglie, stampe e disegni) ed<br />

etnografici. Inizialmente il Museo occupava una<br />

dimora signorile del XVII secolo, che ben presto<br />

risultò tuttavia insufficiente per le collezioni in<br />

rapida espansione. Nel 1823 Giorgio IV donò al<br />

paese la grande biblioteca paterna (la King's<br />

Library), che portò alla costruzione dell'attuale<br />

edificio in stile neoclassico, opera<br />

dell'architetto Sir Robert Smirke. La prima fase<br />

di costruzione venne largamente completata<br />

nel 1852 e nel 1857, a cui si aggiunse la<br />

Reading Room di forma circolare, edificata nel<br />

cortile principale di Smirke<br />

Con l'eccezione delle due guerre mondiali,<br />

quando si dispose l'evacuazione di parte delle<br />

collezioni, il Museo non ha mai chiuso, anzi ha<br />

gradualmente esteso gli orari di apertura,<br />

passando da circa 5.000 visitatori all'anno agli<br />

oltre 5 milioni odierni.


IL LOUVRE:IL MUSEO RIVOLUZIONARIO<br />

Potrebbe apparire strano che proprio la Francia,<br />

culla dell’Illuminismo, non abbia partecipato a<br />

questo vasto processo di musealizzazione. In<br />

realtà, l’esigenza di aprire al pubblico le<br />

collezioni dinastiche era stata avvertita anche a<br />

Parigi dalla metà del Settecento e nel 1753, su<br />

sollecitazione dell’Accademia Reale, un<br />

centinaio di opere scelte dalle collezioni reali<br />

erano state esposte al Palais du Luxembourg,<br />

che già ospitava la magnifica serie di dipinti di<br />

Rubens nella Galleria di Maria de’ Medici. Solo<br />

sei anni più tardi, tuttavia, il palazzo venne<br />

destinato al fratello del re e le collezioni furono<br />

smantellate. Un progetto più ampio venne<br />

allora elaborato dal conte D’Angivillier, ultimo<br />

“sovrintendente alle fabbriche del re”:<br />

prevedeva di riunire le collezioni, divise tra le<br />

diverse residenze reali, e di esporle secondo<br />

principi razionali e coerenti nella Grand<br />

Galerie del Louvre. Dopo un iter molto<br />

travagliato, il progetto fu approvato dal re nel<br />

1788, alla vigilia della Rivoluzione.<br />

Palais du Luxembourg<br />

conte D’Angivillier


Non bisogna tuttavia credere che il museo inaugurato al Louvre il 10 agosto 1793, nel primo<br />

anniversario della caduta della monarchia, sia una diretta continuità del progetto di<br />

D’Angiviller: non si trattò infatti dell’apertura al pubblico delle collezioni reali, ma di un<br />

progetto totalmente diverso sul piano ideologico: il Musée Français, il museo della<br />

Repubblica, era il primo museo nazionale. Se nel pensiero di D’Angiviller la collezione reale<br />

si era andata configurando come nucleo fondante di un vero museo di Stato, costruito<br />

attraverso una politica di acquisti e di commissioni pubbliche, nel caso del Musée Français<br />

l’apertura del museo è preceduta dalla formazione del patrimonio nazionale, attraverso la<br />

confisca dei beni ecclesiastici, delle proprietà degli aristocratici fuoriusciti e la<br />

statalizzazione dei beni della corona.


L’apertura del museo si configura<br />

dunque come “restituzione” del<br />

patrimonio nazionale al legittimo<br />

proprietario, il popolo francese. Anche<br />

le opere d’arte sono “liberate”<br />

dall’arroganza del potere; lo Stato ne<br />

assume la responsabilità, facendosi<br />

garante della loro conservazione (tutela)<br />

e della loro conoscenza<br />

(pubblicizzazione).<br />

Il museo avrebbe dovuto configurarsi<br />

come una grande scuola, un luogo di<br />

formazione non solo per gli artisti ma<br />

per tutti i nuovi cittadini, e diventare il<br />

simbolo rappresentativo della grandezza<br />

della Repubblica. Questo insieme di<br />

intenti distingue il Louvre da ogni altro<br />

modello di museo apparso fino ad allora<br />

in Europa e ne fa il<br />

prototipo del museo moderno.


Il Musée Français adottò fin dal momento<br />

della sua apertura soluzioni organizzative<br />

e gestionali innovative, che diventeranno<br />

poi comuni a tutti i musei pubblici. In<br />

primo luogo conferì sostanza effettiva<br />

all’istanza di pubblico servizio,<br />

rivolgendosi a tutti e non soltanto, come<br />

nella stagione precedente, a pochi<br />

visitatori di elevata cultura e garantendo<br />

tempi di apertura dilatati come mai<br />

prima: negli ultimi tre giorni di ogni<br />

decade, dalle nove del mattino alle<br />

quattro del pomeriggio, tutti potevano<br />

accedervi liberamente, i giorni restanti<br />

erano riservati agli artisti. Inoltre fu<br />

subito stampato un catalogo a basso<br />

prezzo con la sintetica descrizione di oltre<br />

seicento tra dipinti e oggetti d’arte; per la<br />

prima volta le opere vennero corredate<br />

da cartellini con l’indicazione dell’autore<br />

e della scuola; si offrì la possibilità di<br />

effettuare visite guidate da un esperto.


Il successo del grande museo<br />

rivoluzionari fu immediato, e<br />

la frequentazione così alta<br />

che nel 1796 si dovette<br />

chiudere temporaneamente<br />

la Grand Galerie per restauri e<br />

opere di consolidamento. Alla<br />

riapertura il Louvre aveva<br />

cambiato nome, diventando il<br />

Musée Central des Arts.<br />

Al cambiamento del nome<br />

corrisponde una delle vicende<br />

più complesse dell’intera<br />

storia del museo: le<br />

requisizioni di opere d’arte dai<br />

paesi occupati dagli eserciti<br />

rivoluzionari, a cominciare<br />

dalla campagna dei Paesi<br />

Bassi (1794).


Ma nessuno dei bottini di guerra in opere<br />

d’arte ebbe tanta risonanza quanto quello<br />

della campagna d’Italia, il trampolino di lancio<br />

della carriera del giovane Napoleone<br />

Bonaparte: le più celebri sculture antiche del<br />

mondo, i capolavori dell’età d’oro del<br />

Rinascimento, sfilarono a Parigi nel grande<br />

corteo della Festa delle arti e delle scienze,<br />

l’ultima festa repubblicana. La fama delle<br />

sculture antiche, modelli della cultura del<br />

nuovo classicismo, unita a una particolare<br />

congiuntura politica, portarono alla creazione<br />

di un nuovo museo: la Galerie des Antiques,<br />

allestita negli ambienti della cosiddetta<br />

“piccola galleria” al piano terreno del Louvre e<br />

inaugurata a tempo di record il 7 novembre<br />

1800 (primo anniversario della presa del<br />

potere da parte di Napoleone). Il gusto e la<br />

competenza di Ennio Quirino Visconti, già<br />

conservatore del Museo Pio-Clementino in<br />

Vaticano, che aveva seguito Napoleone a Parigi<br />

spinto dalla fede rivoluzionaria, fecero del<br />

nuovo museo la gemma del Louvre.<br />

Campagna d’Italia<br />

Ennio Quirino Visconti


La successione delle sale si<br />

concludeva con la<br />

scenografica collocazione<br />

del Laocoonte in una<br />

nicchia, che lucidamente<br />

rispecchiava l’originaria<br />

ambientazione della<br />

scultura al Pio-Clementino.<br />

Benjamin Six, Visita notturna di Napoleone e Maria Luisa al<br />

Laocoonte, acquerello, 1800 ca., Paris, Louvre


L'intento del curatore Vivant Denon era quello di creare un museo enciclopedico, in<br />

grado di riunire tutte quelle opere che potevano documentare lo sviluppo della “storia<br />

dell'arte” nel territorio europeo.<br />

Molti intellettuali si ribellarono a questo atto di spoliazione, sottolineando il profondo<br />

legame esistente tra le opere d'arte ed il proprio territorio


Nel luglio del 1796, apparivano infatti le Lettres sur le déplacement des monuments<br />

de I'art de l’Italie, o Lettres a Miranda, dal nome del loro destinatario, il generale<br />

Miranda.<br />

L’autore era Antoine Chrysostome Quatremère de Quincy, di idee politiche<br />

conservatrici, era uno strenuo oppositore della sinistra repubblicana ed era stato<br />

imprigionato durante il periodo del “Terrore”, nel 1793, e due anni dopo è stato<br />

coinvolto nella fallita rivolta realista del 1795.


Nelle sue lettere, Quatremère attacca i<br />

sequestri (o le appropriazioni) di opere d'arte<br />

praticate dalla «grande Nazione», con la<br />

mediazione del suo braccio secolare, l'armata<br />

d'Italia, che agiva dietro istruzione del<br />

Direttorio. «Le arti e le scienze formano da<br />

molto tempo in Europa una repubblica»,<br />

scrive, pertanto è come<br />

«membro di questa Repubblica», il cui ideale è<br />

stato propagato dai Lumi, che interviene.<br />

Chi volesse appropriarsi di questi «beni<br />

comuni» commetterebbe un crimine contro<br />

l'istruzione e la ragione e contro il<br />

miglioramento della specie umana.<br />

Quatremère fa inoltre appello alla autorità di<br />

Winckelmann, di cui è un lettore e un<br />

ammiratore. Giacché Winckelmann è «il primo<br />

che abbia portato il vero spirito d'osservazione<br />

in questo studio dell’Antichità, il primo che<br />

abbia badato ad analizzare il tempo e abbia<br />

scoperto un metodo»


Le sue argomentazioni, considerate un<br />

premessa teorica fondamentale per<br />

la moderna tutela del patrimonio<br />

culturale, partivano dal presupposto<br />

che l’Italia fosse “una specie di museo<br />

generale, un deposito completo di tutti<br />

gli oggetti che servono allo studio delle<br />

arti. Questo paese è il solo che possa<br />

godere di questo specifico privilegio:<br />

esso gli deriva dalla natura stessa delle<br />

cose: lo deve in gran parte all’esistenza<br />

e alla conservazione di opere d’arte<br />

autoctone e di tradizioni dell’antichità<br />

che l’hanno preservato dal contagio<br />

totale dell’ignoranza e della barbarie<br />

che hanno infettato il resto dell’Europa<br />

fino alla fine del XVI secolo”.<br />


Dopo il Congresso di Vienna, molte opere vennero restituite: alcune di esse non<br />

tornarono al chiuso delle gallerie private, ma si unirono ai primi musei che, nel<br />

frattempo, si erano costituiti sull'esempio del Louvre.


IL MUSEO DELL’OTTOCENTO


LA NASCITA DEI MUSEI NAZIONALI<br />

Già prima della restaurazione fu il<br />

modello francese a stimolare, negli<br />

altri paesi europei, la nascita dei<br />

musei nazionali. In Italia si formano<br />

le pinacoteche di Milano, Bologna e<br />

Venezia, aggregate alle rispettive<br />

accademie, ma i maggiori istituti<br />

sono inaugurati negli anni<br />

successivi; tra essi si possono<br />

ricordare: il Museo del Prado a<br />

Madrid (1811-19, di J. de<br />

Villanueva); la Gliptoteca e l'Alte<br />

Pinakothek a Monaco (1816-30 e<br />

1826-36, di L. von Klenze); l'Altes<br />

Museum a Berlino (1823-30, di K.F.<br />

Schinkel); il British Museum (1823-<br />

47, di R. Smirke) e la National<br />

Gallery (1834-38, di W. Wilkins) a<br />

Londra; l'Ermitage a San Pietroburgo<br />

(1839-49, di L. von Klenze).<br />

Il Prado<br />

l'Ermitage


Queste grandi realizzazioni rappresentano il punto<br />

di approdo del pensiero progettuale<br />

dell'illuminismo, spesso di utopica grandiosità,<br />

sull'architettura del museo, né meraviglia che esse<br />

presentino, coerentemente al gusto del tempo,<br />

forme di un solenne e rigoroso classicismo, quali si<br />

addicono al Tempio delle Muse.<br />

La forza simbolica di questo modello spiega la<br />

permanenza nel tempo delle forme classiche,<br />

ormai irrigidite in schemi revivalistici, come per la<br />

la National Gallery di Washington, 1937.<br />

Lo storicismo ottocentesco non mancherà però<br />

talvolta di suggerire per il museo il ricorso ad altri<br />

stili architettonici, in particolare quelli<br />

rinascimentali.


Anche dopo la caduta di<br />

Napoleone e la conseguente<br />

Restaurazione, le idee che<br />

stavano dietro alla<br />

organizzazione democratica del<br />

Louvre furono quelle accolte in<br />

tutti i Musei.<br />

Nel primo ‘800 i Musei<br />

cominciano poi a diventare<br />

anche uno strumento di<br />

autocelebrazione degli Stati,<br />

della loro storia e, anche, della<br />

loro capacità di conquista.<br />

Sull’onda delle collezioni<br />

napoleoniche i musei entrano in<br />

gara per possedere opere<br />

antiche e prestigiose portandole<br />

via dai luoghi di origine.<br />

Il Louvre nell’800


Tra il 1801 ed 1804 il settimo conte di<br />

Elgin rimuove dal Partenone e trasporta in<br />

Inghilterra un cospicuo nucleo di sculture.<br />

Queste sculture erano state realizzate da<br />

Fidia e dalla sua bottega nel V secolo a.C.,<br />

per la precisione fra il 447 e il 432, in età<br />

di Pericle. Si tratta, come si vede, di cose<br />

di straordinaria qualità, del cuore della<br />

cultura greca. Elgin ottiene il permesso dal<br />

Governo turco, che allora regna su Atene:<br />

Governo presso il quale Elgin è<br />

ambasciatore d’Inghilterra. La più potente<br />

nazione del mondo, grazie alle colonie.<br />

Elgin, forte di questo mandato, ottiene dal<br />

Governo un ampia discrezionalità, un<br />

nulla osta di grande potere: egli può non<br />

solo disegnare i marmi, ma anche trarre<br />

dei calchi e infine rimuovere “qualunque<br />

pezzo di pietra con figure e iscrizioni”.<br />

Insomma: può fare quel che vuole. Pochi<br />

anni dopo, nel 1816, il British Museum<br />

compra i Marmi di Elgin e da allora<br />

vengono esposti in una stanza, in una<br />

galleria apposita.<br />

Il caso del Partenone


Nel corso dell’ottocento il museo perde il suo<br />

valore di scuola, di raccolta di modelli<br />

esemplari. Sempre più fondamentale diventa la<br />

funzione conservativa, sollecitata non solo<br />

dall'allargamento di campo delle collezioni ma<br />

anche dalla necessità di salvare le testimonianze<br />

storiche del passato, minacciate dall'avvento<br />

dell'età industriale e dalle profonde<br />

trasformazioni imposte alle città antiche dagli<br />

sviluppi massicci del nuovo urbanesimo. Ed è,<br />

come abbiamo visto anche una giustificazione<br />

ideale dell’imperialismo dilagante.<br />

All'organizzazione in tutta Europa dei grandi<br />

musei nazionali fa riscontro in Italia, per le sue<br />

particolari condizioni storiche, uno spiccato<br />

policentrismo, dovuto alla tarda realizzazione<br />

dell'unità nazionale, che si manifesta con la<br />

creazione di una fitta rete di musei locali (civici).<br />

Il Museo Civico di Storia Naturale<br />

di Milano, fondato nel 1838


Allo stesso modo, mentre altrove i musei<br />

sono prevalentemente realizzati ex novo, in<br />

Italia si afferma sin da ora la tendenza a<br />

ospitare le collezioni in edifici di rilievo<br />

storico e monumentale e a mantenere<br />

possibilmente gli antichi nuclei museali<br />

nelle loro storiche sedi. In Italia è quindi<br />

meno avvertibile il valore prestigioso<br />

attribuito al museo nella crescita della città<br />

ottocentesca rilevabile nella creazione di<br />

complessi monumentali, come quello<br />

realizzato a Berlino sull'isola della Sprea<br />

(Museuminsel) alle spalle dell'Altes<br />

Museum di K.F. Schinkel (Neues Museum,<br />

1840-55, e Nationalgalerie, 1866-76, di A.<br />

Stùhler; Kaiser Friedrich Museum 1897-<br />

1904, di E. von Ihne; Pergamon Museum,<br />

1906-30, di A. Messel e L. Hoffman), o nel<br />

solenne impianto dei due musei gemelli<br />

(Naturhistorisches Museum e<br />

Kunsthistorisches Museum, di G. Semper e<br />

K. Hasenauer, 1871-91) sulla Marie-<br />

Theresien Platz a Vienna.<br />

Kunsthistorisches Museum


All'interno di una tipologia architettonica ormai<br />

consolidata, dove l'assetto del museo ottocentesco<br />

riflette gli sviluppi della nuova scienza storica dell'arte,<br />

articolandosi in sequenza cronologica per maestri e per<br />

scuole, è opportuno ricordare l'attività, all'interno dei<br />

musei, di grandi conoscitori come G. Morelli, G.B.<br />

Cavalcasene, W. von Bode, Ch. Eastlake.<br />

È tipico di questa fase il tentativo di "ambientare" le opere,<br />

secondo criteri poi rifiutati dalla moderna museografia ma che<br />

esprimevano allora la ricerca di un rapporto coerente tra lo<br />

spazio museale e il carattere delle collezioni. Questo aspetto è<br />

particolarmente evidente nella creazione di "case-museo"<br />

dove l'arredo, la decorazione delle sale e l'allestimento delle<br />

opere si pongono come espressione dei gusti e delle scelte del<br />

collezionista creando un particolare clima ancora oggi<br />

valutabile per il passaggio da privato a pubblico delle case con<br />

le loro raccolte sotto forma di donazione o di fondazione, tra<br />

gli esempi più noti, in Italia il Museo Poldi Pezzoli a Milano e il<br />

Museo Rivoltella a Trieste; a Londra la Wallace Collection;<br />

negli Stati Uniti, dove il fenomeno delle donazioni da privati<br />

diventa imponente nel Novecento, l'Isabella Stewart Gardner<br />

Museum a Boston e la Frick Collection a New York.<br />

Milano:"casa-museo" Poldi Pezzoli<br />

Museo Rivoltella a Trieste


Metropolitan Museum di New York<br />

Dalla seconda metà dell'Ottocento si assiste alla crescita in numero ed entità dei musei americani,<br />

appoggiati da un collezionismo privato attivissimo e spesso lungimirante, che si alimenta, tramite un<br />

intenso mercato dell'arte, alla fonte inesauribile dell'arte europea e italiana in particolare, e sostenuti<br />

dall'ambizione auto rappresentativa della giovane nazione, tra i primi esempi, da ricordare l'Old Corcoran<br />

Gallery di Washington, 1859; il Metropolitan Museum di New York e il Museum of Fine Arts di Boston,<br />

1870; l'Academy of Fine Arts di Filadelfia, 1875.


L’Italia e i musei civici


Un momento storico fondamentale per la costituzione dei musei in Italia coincide<br />

con la soppressione degli ordini religiosi e delle confraternite minori, ordinate in<br />

prima battuta dai sovrani illuminati e successivamente dai decreti napoleonici.


Le soppressioni che vennero attuate in seguito ai decreti promulgati nei regni<br />

preunitari coinvolgevano tutti quegli ordini che non ricoprivano alcun ruolo di<br />

educazione o di assistenza sociale. Le opere d'arte e i paramenti sacri vennero<br />

ridistribuiti tra le chiese oppure furono riunite nelle collezioni delle Accademie<br />

delle Belle Arti (che si diffusero e si consolidarono proprio in epoca illuminista),<br />

conservate a scopi didattici ad uso degli allievi delle Accademie.


Nasce così il complesso dell'Accademia di Brera a Milano, che conoscerà il periodo di<br />

massima intensità con la direzione di Giuseppe Bossi, che raccoglierà dai conventi<br />

soppressi tutte le opere in grado di ricostruire la storia dell'arte lombarda.


Una seconda ondata di soppressioni religiose si ebbe durante la parentesi<br />

napoleonica. Le opere vennero però destinate al Louvre (rinominato Musèee<br />

Napoleòn) con lo scopo di costituire la documentazione visiva delle conquiste<br />

dell'Imperatore. Dopo il ritorno di gran parte delle opere d'arte requisite ci si rese<br />

conto dell'enorme quantità (e qualità) delle opere d'arte italiane. L'accento venne<br />

posto soprattutto sul legame che univa le opere al luogo e alla comunità di<br />

provenienza.<br />

Napoleone<br />

scaccia gli<br />

ecclesiastici<br />

da Bologna


Questo legame venne strettamente sottolineato con la terza ondata di soppressioni di<br />

conventi e monasteri religiosi, avvenuta subito dopo l'Unità d'Italia, che interessò circa<br />

4000 conventi.<br />

Immaginate cosa significhi, per uno Stato neonato, gestire la circolazione e la<br />

valorizzazione (e impedire la dispersione all'estero) di tutte le opere d'arte, biblioteche,<br />

paramenti liturgici, oreficerie, provenienti da così tanti musei! Pensate inoltre che per<br />

tutto il territorio italiano si erano “sguinzagliati” gli agenti commerciali dei collezionisti<br />

privati e i conoscitori dei Musei europei che nel frattempo erano nati.


Con un regio decreto, il Governo italiano stabilì<br />

che i beni mobili, comprendenti anche oggetti<br />

d'arte e preziosi, venissero riuniti in Musei<br />

provinciali. Tuttavia, questa decisione suscitò<br />

l'indignazione e la rivolta di tantissimi comuni,<br />

che si sentivano privati di quelle opere che, oltre<br />

al valore artistico, costituivano dei simboli e<br />

delle testimonianze della storia e della cultura<br />

della città. Nacquero così i Musei Civici, il cui<br />

scopo fondamentale fu quello di non rompere<br />

quel legame, tanto sottile quanto forte, che<br />

connette l'opera d'arte al luogo in cui è stata da<br />

sempre collocata. Con la nascita dei Musei civici<br />

la concezione dell'opera d'arte inizia a<br />

comprendere dunque anche un valore storico e<br />

culturale che prescinde la qualità artistica del<br />

manufatto stesso.<br />

Si gettano insomma le basi per l'odierna<br />

concezione di “bene culturale”, fondamentale per<br />

il legame con il territorio e con la popolazione.


MUSEOLOGIA e ARCHEOLOGIA<br />

Anno Accademico 2012/2013<br />

Docente Patrizia Gioia<br />

patrizia.gioia@uniroma1.it<br />

4 aprile 2013, LEZIONE 4:<br />

− Il museo illuminista: le premesse teoriche<br />

− Il museo illuminista : ordine nel molteplice, la razionalità dell’Enciclopedia<br />

− Il British Museum<br />

− Il Louvre: museo rivoluzionario<br />

− L’800: la nascita dei musei nazionali e l’autocelebrazione degli stati<br />

− L’Italia ed i musei civici

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