Impronte N.7 – Ottobre <strong>2010</strong> AUT. TRIB. ROMA 50/84 - dell’11.2.1984 ISCR. REG. NAZ. STAMPA 4086 - dell’1.3.1993 ISCR. ROC 2263 - anno 2001 Periodico associato all’Unione Stampa Periodica Italiana (USPI) DIRETTORE RESPONSABILE Maria Falvo DIREZIONE E REDAZIONE Sede Nazionale <strong>LAV</strong> Via Piave 7 – 00187 Roma Tel. 064461325 – fax 064461326 www.lav.it GRAFICA Michele Leone STAMPA Arti Grafiche “La Moderna” Via di Tor Cervara 171 - Roma CHIUSO IN TIPOGRAFIA Ottobre <strong>2010</strong> Sommario La presenza degli animali nei circhi 4 La doma 7 Stress e malessere 8 La provenienza degli animali dei circhi 9 I numeri dei circhi 10 Legislazione e contributi 10 <strong>Circo</strong> Alex Hamar 12 <strong>Circo</strong> di Barcellona 14 <strong>Circo</strong> Martini - Orfei Cirque D’Europe 15 <strong>Circo</strong> Martin Show 16 <strong>Circo</strong> Miranda Orfei 18 <strong>Circo</strong> Victor – Lo spettacolo delle meraviglie 20 <strong>Circo</strong> Coliseum Roma 23
4 Il circo piace perché coinvolge, affascina e regala magia. Le esibizioni di trapezisti, giocolieri, illusionisti e clown sono le espressioni artistiche che arricchiscono questo spettacolo, da sempre gradite ad adulti e bambini, e frutto di un’elaborata e faticosa preparazione da parte degli artisti. Più di 2000 animali, però, in Italia fanno ancora parte di questo spettacolo: non sono consenzienti, ma sono obbligati ad esibirsi. La legge considera addirittura il circo un’attività con “funzione sociale”. Indubbiamente lo spettacolo può essere utile alla collettività, ma per essere un’attività “sociale” deve soddisfare le esigenze di una comunità ampia - mentre sono sempre più numerosi gli italiani che disapprovano l’uso degli animali nei circhi - e deve avere in sé dei valori. L’arte e l’abilità degli artisti umani sono dei valori importanti ma non possono esserlo l’uso, la doma, l’addestramento e l’asservimento degli animali fatti esibire nei circhi. Il circo equestre, per stessa orgogliosa affermazione degli addetti ai lavori è “tradizione”. Ovvero passato. Un passato in cui il circo equestre era perfettamente in linea col pensiero comune che vedeva l’animale come “oggetto” da sottomettere e basta, un bruto e basta. Ma la società si è evoluta, la sensibilità collettiva si è evoluta, la scienza è avanzata e così la conoscenza e la consapevolezza dell’etologia animale, ovvero la scienza che studia il comportamento animale nel suo ambiente naturale. Per nessun animale il circo, con le sue gabbie e il palcoscenico, è un ambiente naturale: dunque, il forte condizionamento subito dagli animali nei circhi è inaccettabile sul piano etico, scientifico e culturale perché può rappresentare un grave maltrattamento. Nessuno spettacolo con tali requisiti può aspirare, al giorno d’oggi, ad avere una funzione sociale. Da questo presupposto nasce la proposta della <strong>LAV</strong> di un’indispensabile riforma legislativa che “liberi” gli animali dai circhi, valorizzando il grande talento degli artisti umani che possono davvero arricchire sul piano culturale e sociale questo spettacolo. Il circo contemporaneo che guarda al futuro e diventa di utilità sociale. Nell’Ottocento gli animali esotici iniziano ad essere esibiti nei cosiddetti “serragli” (mostre itineranti con al seguito un numero impressionante di animali prevalentemente composti da grandi felini). Precedentemente, alle soglie del Rinascimento, le “bestie feroci” erano portate ed esibite alle fiere/mercato, prevalentemente da zingari. Attualmente i “serragli” di antica concezione sono pressoché estinti, e ne rimangono in vita simbolicamente gli zoo annessi ai circhi, mentre il nuovo concetto di serraglio è stato sostituito dai “rettilari” e dai “circhi acquatici” che si ritiene soddisfino il concetto di “mostra faunistica itinerante”. Questa realtà non può aspirare a definirsi tradizione, intesa come valori che vanno tramandati, perché è l’espressione della prevaricazione sugli animali, di cui dovremmo voler fare ammenda. La presenza degli animali nei circhi Nei circhi tutti gli animali, indistintamente, passano la loro intera vita sui camion che li trasportano e, per quelli più fortunati, nelle ridotte gabbie in cui vengono posti quando il circo è attendato da qualche parte. Forse, per qualcuno, in tutto ciò non vi è nulla di tragico, ma proviamo a pensare...”sono una tigre siberiana che vive a temperature medie tra O° e 5° C, sto viaggiando da ore chiusa dentro il conteiner sotto un sole cocente d’estate. La temperatura è torrida, il circo arriva a destinazione e, per ore ed ore, attendo stremata che venga il momento in cui almeno apriranno la porta perché noi animali siamo gli ultimi ad essere sistemati, se così si può dire”. Oppure: “sono un elefante della savana, è gennaio ed ho viaggiato nel conteiner ghiacciato tutta la notte. Ho troppo freddo, lo dice anche la legge che non posso sopportare queste temperature. Arriviamo e quando finalmente mi fanno uscire sono in mezzo alla neve!”. Non c’è quindi da meravigliarsi se, a seguito di viaggi particolarmente lunghi, all’apertura dei camion gli animali siano stati trovati morti come successo di recente. In natura esistono climi diversi, quindi habitat diversi e questi habitat sono popolati da animali specializzati per affrontare i rischi dell’ambiente in cui vivono. È una specializzazione profonda, tipica, un modo di vivere applicabile solo a quell’ambiente e che fa parte dell’essere. Anche l’uomo è un animale specializzato, per quanto duttile. Non può vivere in un ambiente privo di luce, non può vivere in un ambiente privo di stimoli, fatica a sopravvivere con temperature corporee di solo due o tre gradi superiori o inferiori ai 37. E questo indipendentemente dal fatto che viva in una metropoli o nelle foreste amazzoniche. Gli stimoli esterni sono indispensabili alla vita normale, al benessere complessivo dell’individuo, e alcuni sono essenziali per la vita stessa. E così è anche per gli animali. Essere nato in un allevamento non incide sui cosiddetti “istinti”, ovvero sui marchi comportamentali propri della specie. E contraddire o reprimere il comportamento di un animale è andare contro la sua natura, dunque causa di malessere, anche se i circensi affermano di amare gli animali. Un amore non certo disinteressato. I gestori dei circhi equestri ed i proprietari/allevatori di animali continuano ad affermare che gli animali nei circhi stanno bene: la salute è controllata, l’alimentazione è sana ed abbondante, gli allenamenti sono dolci, sono coccolati e circondati d’amore. E mostrano animali apparentemente sani, addirittura giocherelloni ed affettuosi. Alcuni tendono a dar loro ragione. Perché? La ragione è da ricondursi ad una conoscenza superficiale del circo, priva di un’adeguata considerazione delle coercizioni subite dagli animali. Numerosi studi scientifici interdisciplinari, di cui il più recente è stato pubblicato da una equipe di studiosi della facoltà di Scienze Biologiche dell’Università di Bristol, affermano che ben difficilmente un animale sta bene in un circo; altrettanti spiegano che non sta bene nemmeno in uno zoo con ben altro spazio a disposizione. Figuriamoci quindi nel circo! Quindi, la benevolenza degli animali di un circo nei confronti dell’addestratore, ben che vada, è classificabile come un caso di “sindrome di Stoccolma” (condizione psicologica nella quale la vittima mostra sentimenti positivi verso il suo sequestratore), che, in quanto sindrome, non è davvero un indicatore di benessere. Qualche veterinario in Italia afferma che non esistono parametri per valutare il benessere di un animale in cattività e attende che sia il legislatore a stabilirli. In generale il mondo veterinario tende ad associare la sanità fisica al benessere. Utilizzando lo stesso principio, si potrebbe affermare che un ergastolano fisicamente sano è anche nel pieno del benessere! I ricercatori però hanno stabilito, in base a prove cliniche, che: i viaggi chiusi nei carri bestiame, con le correlate e spesso sbrigative operazioni di carico e scarico, sono fonte di malessere per gli animali; i lunghi tempi di inattività in spazi angusti sono fonte di malessere per gli animali, non solo psichico ma anche fisico visto che porta all’obesità; FOTO Sam Haddock/PETA le escursioni termiche sono fonte di malessere per gli animali; la presenza imposta dell’uomo è fonte di malessere per gli animali selvatici; la mancanza di vie di fuga o luoghi ove nascondersi è fonte di malessere per gli animali; In definitiva il circo equestre è fonte di malessere per gli animali. Questa condizione riguarda gli animali “esotici”, ovvero le specie non domestiche presenti nei circhi (elefanti, tigri, leoni, puma, orsi…), ma anche cavalli, cani e bovidi: carica, viaggia, scarica, aspetta, esibizione, aspetta, carica, viaggia. C’è da chiedersi: dov’è la magia del circo per questi animali? Incredibilmente, per alcuni animali c’è anche una realtà “peggiore” e a questo proposito possiamo distinguere due tipologie di animali “da circo”: quelli esibiti e quelli fatti esibire. Quelli meramente esibiti, come ad esempio il rinoceronte, lo struzzo o il bisonte, servono perlopiù come animali da visita allo zoo del circo e ai quali, al massimo, viene fatto compiere un paio di giri della pista davanti al pubblico durante lo spettacolo. Il circo, oggi, è “anche” - e sempre di più - mostra itinerante con il suo zoo, acquario e rettilario come attrazioni, ovvero tende ad espandere il proprio “parco animali” con l’acquisizione di specie “non tipiche” con lo scopo di mostrarle, in qualche modo facendo concorrenza ai giardini zoologici e riprendendo inutilmente il concetto dell’antico “serraglio”. Gli animali artisti (come la tigre, il leone, l’elefante, l’orso o l’otaria) eseguono, al comando del loro domatore, determinati esercizi all’interno di un numero. E sono questi ultimi a stare peggio; capiamone il perché partendo da una breve premessa. Il vocabolario italiano spiega che: domare = rendere docile, mansueto, addomesticare una bestia feroce o selvatica o, in senso figurato, sottomettere, sedare; addestrare = rendere abile, ammaestrare, esercitare, allenare. In un circo, quale differenza ci può essere, ad esempio, 5