Costituenti del vino - D'Arapri
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<strong>Costituenti</strong> <strong>del</strong> <strong>vino</strong><br />
Innanzitutto diamo una definizione al termine <strong>vino</strong>: secondo il Codice Internazionale <strong>del</strong>le Pratiche<br />
Enologiche <strong>del</strong>l'Office International du Vin esso è «esclusivamente la bevanda risultante dalla<br />
fermentazione alcolica completa o parziale <strong>del</strong>l'uva fresca pigiata o non, o <strong>del</strong> mosto di uva».<br />
Il <strong>vino</strong> dunque è il risultato di un processo biologico in quanto la suddetta fermentazione altro non è<br />
che un complesso di reazioni chimiche innestate da lieviti, microrganismi unicellulari capaci di<br />
degradare gli zuccheri ad alcool etilico con liberazione di anidride carbonica.<br />
Questo è il punto fondamentale da tenere in considerazione: non bisogna dimenticare che il <strong>vino</strong> è<br />
un prodotto biologico, cioè vivo, e in quanto tale suscettibile di alterazioni e trasformazioni di<br />
carattere microbiologico non sempre gradite.<br />
Come altri prodotti alimentari quindi necessita di una tecnologia di produzione appropriata,<br />
tendente a conservarne ed esaltarne il patrimonio di caratteristiche qualitative intrinseche.<br />
Descrizione dei principali costituenti <strong>del</strong> <strong>vino</strong> e loro apprezzamento analitico ed organolettico<br />
Il <strong>vino</strong> è costituito da un gran numero di composti organici ed inorganici, alcuni dei quali<br />
preesistenti nel mosto ed altri di neoformazione, che prendono origine cioè dal processo<br />
fermentativo. Gli uni e gli altri sono presenti nel <strong>vino</strong> in quantità molto diverse tra loro, ma la loro<br />
importanza non è valutabile in termini di peso percentuale: ognuno contribuisce all'equilibrio<br />
fisico-chimico ed organolettico <strong>del</strong> <strong>vino</strong> con una specifica funzione e con «quella» determinata<br />
presenza, anche se limitata ad alcuni milligrammi per litro.<br />
Fra i composti preesistenti nel mosto e che si ritrovano nel <strong>vino</strong> alcuni subiscono, nel corso <strong>del</strong>la<br />
fermentazione alcolica, una diminuzione, altri rimangono invariati ed altri ancora possono subire un<br />
incremento.<br />
I composti di neoformazione invece derivano per la maggior parte dagli zuccheri ed in minima parte<br />
dai composti azotati.<br />
Esamineremo il ruolo dei principali costituenti nel complesso equilibrio <strong>del</strong> <strong>vino</strong> e ne indicheremo<br />
la loro risposta organolettica indipendentemente dalla soglia di percezione <strong>del</strong> singolo.<br />
<strong>Costituenti</strong> preesistenti nel mosto<br />
Citiamo in primo luogo gli Zuccheri perché, se è vero che con la fermentazione alcolica ad opera<br />
dei lieviti sono demoliti e trasformati in alcool etilico attraverso un complesso ciclo di reazioni<br />
chimiche ed enzimatiche, è altrettanto vero che anche nei vini definiti secchi se ne trovano ancora,<br />
seppure in tracce (1 -2 g/I).<br />
Un residuo zuccherino più consistente lo si trova nei vini amabili ed «abboccati», nell'ordine di<br />
10-20 g/I, o ancora maggiore nel vini dolci (30-40 g/).<br />
A livello gustativo gli zuccheri determinano sensazioni di morbidezza e di pastosità, oltre che<br />
naturalmente una nota di dolce più o meno accentuata a secondo <strong>del</strong>la loro quantità e <strong>del</strong> loro<br />
rapporto con altri costituenti (vedi acidità ed anidride carbonica nei vini frizzanti e spumanti).<br />
Gli zuccheri presenti nelle uve a maturazione e nel mosto di pigiatura sono rappresentati<br />
praticamente da glucosio e fruttosio in parti uguali: essi costituiscono i cosiddetti «zuccheri<br />
riduttori», determinabili analiticamente in laboratorio, che danno precisa indicazione <strong>del</strong> valore<br />
zuccherino <strong>del</strong>le uve, espresso in grammi % ml di mosto e variabile dal 15 al 25 %.<br />
A questi vanno aggiunti alcuni zuccheri non fermentescibili presenti in piccole quantità, quali<br />
arabinosio e xilosio, che si ritrovano integralmente nel <strong>vino</strong> ma che non hanno alcuna rilevanza<br />
analitica ed organolettica.<br />
Proviene sostanzialmente dall'uva anche la struttura acida <strong>del</strong> <strong>vino</strong>, costituita per lo più dagli acidi<br />
organici tartarico e malico che contribuiscono per l'80-90 % al valore <strong>del</strong>l'acidità titolabile, di solito<br />
intorno a 6-8 g/I.<br />
La struttura acida e la sua composizione nei diversi acidi è di fondamentale importanza per la buona<br />
riuscita di un <strong>vino</strong> in quanto rappresenta «l'ossatura» sul quale poggiano in stabile equilibrio<br />
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fisico-chimico ed organolettico tutti gli altri costituenti e sul quale è possibile costruire, da parte <strong>del</strong><br />
vinificatore o <strong>del</strong> tecnico, un <strong>vino</strong> di stoffa che non tema le insidie di percorso.<br />
Assicurare un buon contenuto acido, e soprattutto equilibrato nei suoi componenti, è un imperativo<br />
al quale tendere già durante il ciclo vegetativo <strong>del</strong>la vite e non solo a posteriori in cantina, quando la<br />
situazione potrebbe essere ormai compromessa.<br />
Di qui l'importanza di giungere alla pigiatura con uve al giusto stato di maturazione e con un<br />
contenuto acido, rilevato ancora nel vigneto, ottimale per le finalità enologiche <strong>del</strong> vinificatore.<br />
L'acido tartarico è tipico <strong>del</strong>l'uva ed è chimicamente il più forte tra<br />
gli acidi presenti nel <strong>vino</strong>: è il maggiore responsabile <strong>del</strong>la<br />
sensazione acida a livello gustativo in virtù anche <strong>del</strong> maggiore<br />
contenuto rispetto agli altri, di solito intorno ai 7- 10 g/I di mosto.<br />
Durante la fermentazione alcolica esso diminuisce per fenomeni di<br />
insolubilizzazione e precipitazione, sotto forma di microcristalli sul<br />
fondo <strong>del</strong> contenitore di fermentazione, provocati dall'aumento <strong>del</strong><br />
grado alcolico.<br />
Questi sono costituiti dai sali <strong>del</strong>l'acido tartarico, ossia da composti<br />
chimici originatisi per reazione <strong>del</strong>l'acido con metalli naturalmente<br />
presenti nel <strong>vino</strong>, quali Calcio e Potassio, e precisamente Bitartrato<br />
di Potassio e Tartrato neutro di Calcio.<br />
Anche durante la conservazione in cantina si verificano fenomeni di<br />
insolubilizzazione e di precipitazione dovuti alle basse temperature,<br />
per effetto puramente fisico, <strong>del</strong> periodo invernale.<br />
Invero la tecnologia di produzione dei vini bianchi e rossi fini, stabili<br />
nel tempo da un punto di vista <strong>del</strong>le precipitazioni tartariche, prevede<br />
la refrigerazione <strong>del</strong> <strong>vino</strong> per un determinato numero di giorni a<br />
temperature inferiori allo 0°C: così operando si vuole accentuare il<br />
fenomeno naturale <strong>del</strong>le precipitazioni fino al giusto equilibrio <strong>del</strong>la<br />
struttura acida evitando questi fenomeni in bottiglia nel corso <strong>del</strong>la commercializzazione, quando<br />
costituirebbero un inconveniente ed un elemento di deprezzamento <strong>del</strong> prodotto.<br />
L'acido malico è l'acido più diffuso nel regno vegetale; a differenza dei tartarico è facilmente<br />
degradato dai microrganismi e per un buon controllo <strong>del</strong> contenuto acido va tenuto sotto<br />
osservazione nel corso <strong>del</strong>la maturazione <strong>del</strong>l'uva e <strong>del</strong>l'elaborazione <strong>del</strong> <strong>vino</strong>.<br />
Esso diminuisce progressivamente: presente in grande quantità nell'uva immatura, alla quale<br />
conferisce il suo sapore acerbo, si riduce nell'uva in maturazione raggiungendo valori di 2-7 g/I nel<br />
mosto in dipendenza <strong>del</strong> vitigno, <strong>del</strong> grado di maturazione e <strong>del</strong>l'annata. Durante la fermentazione<br />
alcolica il suo tenore diminuisce ulteriormente <strong>del</strong> 20-30 % per azione dei lieviti.<br />
La diminuzione più sensibile, che può portare alla sua scomparsa nel <strong>vino</strong>, si verifica però con la<br />
fermentazione malolattica, cioè con la trasformazione di carattere biologico ad opera di batteri<br />
lattici che lo degradano ad acido lattico e anidride carbonica.<br />
Con la fermentazione malolattica ad un acido chimicamente forte si sostituisce un acido più debole<br />
e nel contempo si ha liberazione <strong>del</strong>la anidride carbonica prodotta; il risultato è una netta<br />
diminuzione <strong>del</strong>l’acidità totale <strong>del</strong> <strong>vino</strong> che si accompagna ad una sensazione gustativa generale<br />
meno acida e in particolare priva <strong>del</strong>le impressioni acerbe, dure, proprie <strong>del</strong> malico.<br />
La fermentazione malolattica riveste quindi notevole importanza in enologia in quanto costituisce<br />
generalmente un considerevole miglioramento organolettico di un <strong>vino</strong>, il quale risulta<br />
ammorbidito, più rotondo, e perde le caratteristiche acide <strong>del</strong> <strong>vino</strong> nuovo.<br />
% evidente come questo rappresenti un obiettivo enologico per la produzione di ottimi vini rossi, i<br />
quali se ne avvantaggiano indiscutibilmente, mentre non verrà considerato, ma addirittura<br />
ostacolato, nella produzione di molti vini bianchi e rosati che sono al contrario apprezzati per le loro<br />
note di freschezza e di acidità.<br />
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Dall'uva proviene altresì l'acido citrico, presente in quantità di 200-300 mg/I di mosto, ma nel corso<br />
<strong>del</strong>la vinificazione subisce le sorti <strong>del</strong> malico ad opera dei batteri lattici e scompare anche esso.<br />
I composti fenolici, o sostanze polifenoliche, presenti nel <strong>vino</strong> derivano dalle parti solide <strong>del</strong><br />
grappolo (bucce, vinaccioli, raspo) dalle quali vengono estratte nel corso <strong>del</strong>la pigiatura e <strong>del</strong>la<br />
fermentazione.<br />
Essi conferiscono ai vini il loro colore e gran parte <strong>del</strong> sapore (ciò che differenzia infatti il sapore<br />
dei vini bianchi da quello dei vini rossi è dovuto ai composti fenolici), intervengono nella<br />
chiarificazione dei vini per le loro proprietà chimiche ed alcuni di essi influiscono addirittura sulle<br />
qualità alimentari <strong>del</strong> <strong>vino</strong> rosso: presentano un potere battericida e concorrono ad aumentare la<br />
resistenza dei vasi sanguigni.<br />
Questi composti appartengono a diversi gruppi chimici e giocano un ruolo importante sia a livello<br />
tecnologico che organolettico: basti pensare rispettivamente alle sostanze coloranti e ai tannini.<br />
Se le sostanze coloranti presenti nei vini bianchi (leucoantociani e catechine) conferiscono loro il<br />
caratteristico colore giallo più o meno intenso, quelle presenti nei vini rossi (antociani) li<br />
caratterizzano molto più marcatamente con una vasta gamma di tonalità diverse di rosso.<br />
L'evoluzione nel tempo degli antociani è causa, insieme alle sostanze tanniche, <strong>del</strong> cambiamento di<br />
colore <strong>del</strong> <strong>vino</strong> durante l'invecchiamento passando da tonalità rosso viola vivo a tonalità rosso<br />
mattone smorto.<br />
Il maggiore o minore contenuto in antociani, in rapporto ad altre frazioni di composti fenolici, è poi<br />
sicura indicazione maggiore o minore predisposizione di un <strong>vino</strong> rosso all'invecchiamento.<br />
L'intensità di colore è invece in stretta relazione con le uve di partenza e con le tecniche di<br />
vinificazione: si possono ottenere di conseguenza vini rossi molto diversi, ed in effetti oggi esistono<br />
sul mercato vini rossi ben differenziati e talmente diversificati da rispondere a qualsiasi esigenza di<br />
gusto.<br />
Le sostanze tanniche, maggiormente contenute nei vini rossi per il tipo di vinificazione che<br />
affrontano le uve rosse, sono responsabili a livello organolettico <strong>del</strong>la nota sensazione di<br />
astringenza al palato, e la «tannicità» di un <strong>vino</strong> esprime l'intensità di questa sensazione gustativa.<br />
In giusta proporzione comunque contribuiscono a completare il quadro organolettico di un <strong>vino</strong><br />
rosso, nel quale sono garanzia di una buona vinificazione e di una altrettanto buona predisposizione<br />
all'invecchiamento qualora lo si desideri.<br />
Rilevante è poi l'apporto <strong>del</strong>le sostanze volatili ed odorose, presenti in tracce, che costituiscono il<br />
profumo di un <strong>vino</strong> apprezzabile all'olfatto: esse contribuiscono a caratterizzare un mosto o un <strong>vino</strong><br />
e in molti casi rappresentano un fattore di tipicità richiamando la varietà d'uva di provenienza.<br />
Le sostanze volatili <strong>del</strong> <strong>vino</strong>, di cui molte odorose, appartengono a diversi gruppi chimici quali<br />
alcoli, composti carbonilici, acidi, esteri, terpeni etc., individuate analiticamente attraverso la<br />
tecnica di cromatografia in fase gassosa utilizzando dei gascromatografi.<br />
Questa tecnica ha permesso di caratterizzare diverse centinaia di sostanze volatili presenti nei vini e<br />
l'odore gradevole di un <strong>vino</strong> è dovuto ad un insieme armonico nel quale queste sostanze partecipano<br />
a livello di tracce.<br />
Dall'uva derivano anche le sostanze azotate, quali i sali ammoniacali e le proteine, e la loro<br />
presenza nei vini, da 1 a 2 g/I, non ha influenza sul sapore mentre nel mosto costituiscono l'alimento<br />
essenziale per i lieviti responsabili <strong>del</strong>la fermentazione alcolica.<br />
Anche le sostanze minerali provengono dalle uve e nei vini sono presenti sotto forma di sali degli<br />
acidi minerali e di qualche acido organico (fosfati, solfati, cloruri, tartrati e Potassio, Sodio,<br />
Magnesio, Calcio, Ferro etc.); partecipano alla formazione <strong>del</strong> sapore <strong>del</strong> <strong>vino</strong> conferendogli il<br />
gusto salato e la caratteristica «freschezza.» tipica dei vini bianchi nuovi.<br />
Non va dimenticata la presenza nel <strong>vino</strong> <strong>del</strong>le vitamine, presenza ridotta ad alcuni mg/I perché, pur<br />
presenti in abbondanza nel mosto di origine, con il processo fermentativo diminuiscono nettamente<br />
rappresentando un indispensabile fattore di crescita per i lieviti.<br />
Comunque insieme alle sostanze azotate e minerali consentono di considerare il <strong>vino</strong> un «alimento»<br />
oltreché una bevanda, proprio per il loro apporto alimentare nella nutrizione umana.<br />
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<strong>Costituenti</strong> di neoformazione prodotti dalla fermentazione<br />
Il prodotto principale <strong>del</strong>la fermentazione alcolica è l'alcool etilico (o etanolo): esso è, dopo l'acqua<br />
che rappresenta l'85-90 % <strong>del</strong> volume <strong>del</strong> <strong>vino</strong>, il costituente più abbondante, nell'ordine <strong>del</strong> 10-<br />
12%.<br />
Il suo tenore è in relazione diretta con il grado zuccherino <strong>del</strong> mosto di provenienza e con il potere<br />
fermentativo dei lieviti.<br />
Dal punto di vista organolettico il suo odore costituisce il supporto <strong>del</strong>le sostanze odorose e<br />
contribuisce ad esaltare l'aroma ed il bouquet <strong>del</strong> <strong>vino</strong>, mentre il suo sapore caratteristico,<br />
leggermente dolce, attenua il gusto acido <strong>del</strong> <strong>vino</strong> (un <strong>vino</strong> privato <strong>del</strong> suo alcool è molto più<br />
aspro).<br />
Dal punto di vista tecnologico, unitamente agli acidi organici contribuisce a preservare il <strong>vino</strong> da<br />
alterazioni microbiologiche con un'azione antisettica e sterilizzante infatti ha sempre costituito la<br />
difesa naturale per eccellenza per i vini prodotti senza l'impiego di alcuna tecnologia.<br />
Inoltre la gradazione alcolica, espressione in pratica <strong>del</strong> contenuto in alcool etilico poiché gli altri<br />
alcoli presenti costituiscono appena il 5 % <strong>del</strong> volume, rappresenta tutt'oggi il parametro col quale<br />
si valuta il valore commerciale dei vini comuni venduti sfusi, cosa ormai da ritenersi riduttiva per la<br />
qualità globalmente intesa.<br />
Il <strong>vino</strong> contiene anche <strong>del</strong>l'alcool metilico (o metanolo) che prende origine, nel corso <strong>del</strong>la<br />
vinificazione, dall'idrolisi <strong>del</strong>le sostanze pectiche ad opera degli enzimi pectolitici.<br />
I vini ottenuti con fermentazione in presenza di vinacce, generalmente vini rossi, contengono più<br />
alcool metilico di quelli ottenuti con fermentazione in bianco poiché le pectine sono localizzate<br />
prevalentemente nei tessuti <strong>del</strong>le bucce.<br />
Il suo tenore nei vini è molto basso e comunque il legislatore, a motivo <strong>del</strong>la sua tossicità, ha fissato<br />
dei limiti massimi di contenuto nei vini posti in commercio pari a 0,20 e 0,25 ml per 100 ml di<br />
alcool complessivo anidro, rispettivamente per ì vini bianchi e per i vini rossi, ossia per esempio<br />
0,16 e 0,20 g/I per un <strong>vino</strong> di 10° alcolici.<br />
Dalla fermentazione provengono anche gli alcoli superiori, chimicamente alcoli monovalenti<br />
omologhi superiori <strong>del</strong>l'alcool etilico, quali propilico e butilico: pur presenti in piccole quantità<br />
(0,2-0,5 g/l) concorrono con il loro profumo alla formazione <strong>del</strong>l'aroma e <strong>del</strong> bouquet <strong>del</strong> <strong>vino</strong> ed<br />
esplicano una azione solvente nei confronti di altre sostanze odorose esaltandone la volatilità.<br />
Altro costituente originato dalla fermentazione è la glicerina, uno dei più rappresentati<br />
ponderalmente dopo l'alcool etilico. Questo polialcol può raggiungere nei vini un tenore di 5-10 g/I<br />
in dipendenza <strong>del</strong> contenuto iniziale in zuccheri, <strong>del</strong>la specie di lieviti e <strong>del</strong>le condizioni di<br />
fermentazione (temperatura, aerazione, acidità, solfitaggio, etc.).<br />
Per il suo sapore dolce, quasi uguale a quello <strong>del</strong> glucosio, la glicerina contribuisce a conferire<br />
morbidezza al <strong>vino</strong> e dona ad esso una nota vellutata al gusto.<br />
Si ritrovano nei vini altri prodotti intermedi <strong>del</strong>la fermentazione alcolica, quali il butilenglicole, il<br />
diacetile, l'aldeide acetica, etc., ma da un punto di vista organolettico incidono assai poco per la<br />
presenza in quantità limitate.<br />
Tra gli acidi organici di neoformazione che concorrono alla struttura acida dì un <strong>vino</strong> figura l'acido<br />
succinico in ragione di 0,5-1,5 g/l, il cui tenore rimane invariato durante la conservazione e<br />
l'invecchiamento poiché è molto resistente agli attacchi batterici; il suo sapore è un misto di gusto<br />
acido, salato e amaro, ed ha un'influenza notevole sul gusto <strong>del</strong> <strong>vino</strong>.<br />
Figura inoltre l'acido lattico proveniente fondamentalmente dalla fermentazione malolattica (di cui<br />
sopra) per degradazione <strong>del</strong>l'acido malico ad opera di particolari batteri lattici; esso può essere<br />
prodotto altresì da lieviti durante la fermentazione alcolica o da batteri patogeni.<br />
Complessivamente può raggiungere un tenore di 2-2,5 g/l e costituisce un elemento costante <strong>del</strong>la<br />
componente acida di un <strong>vino</strong> rosso.<br />
Altro acido di neoformazione è l'acìdo acetico, componente pressoché esclusivo <strong>del</strong>l'acidità volatile<br />
<strong>del</strong> <strong>vino</strong>, il quale è un prodotto secondario normale <strong>del</strong>la fermentazione alcolica; inoltre una<br />
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formazione di acidità volatile di 0,2 - 0,4 g/l accompagna sempre la fermentazione malolattica e<br />
valori ben maggiori si producono nel caso di alterazioni ad opera di batteri aceticì, i quali attaccano<br />
l'alcool etilico ossidandolo ad acido acetico e rendendo il <strong>vino</strong> spunto o addirittura acescente.<br />
Generalmente fino a valori di 0,7 - 0,8 g/l il gusto <strong>del</strong> <strong>vino</strong> non è deprezzato, mentre a valori<br />
maggiori si avverte una alterazione al sapore percepita come una durezza e un'asprezza finale in<br />
gola.<br />
In ogni caso è bene sottolineare, contrariamente a quanto si crede, che l'odore di acescenza non è<br />
dovuto all'acido acetico, bensì all'acetato di etile, e di conseguenza può risultare organoletticamente<br />
spunto un <strong>vino</strong> che abbia un valore di acidità volatile inferiore di un altro che non presenti questo<br />
difetto, e viceversa.<br />
VINI E PRATICHE ENOLOGICHE<br />
L'epoca di raccolta <strong>del</strong>l'uva, il suo stato sanitario, i sistemi di trasporto in cantina, le tecniche di<br />
ammostamento e di pressatura impiegate, i trattamenti di chiarificazione effettuati sui mosti di uve<br />
bianche, la vinificazione in presenza di coadiuvanti, l'utilizzo di mezzi fisici come ad esempio il<br />
freddo, hanno influenzato la qualità <strong>del</strong> <strong>vino</strong> ottenuto, come pure l'intervento <strong>del</strong>la fermentazione<br />
malolattica può influire sui caratteri organolettici e di stabilità dei vini.<br />
Nella fase conclusiva <strong>del</strong>la vinificazione, si è alle prese con alcuni problemi che riguardano la<br />
conservazione <strong>del</strong> <strong>vino</strong>, fino alla fase finale che può prevedere la vendita <strong>del</strong> prodotto sfuso<br />
all'ingrosso o in bottiglia.<br />
Naturalmente si dovrà porre la massima cura per quanto riguarda la pulizia dei contenitori di<br />
stoccaggio e <strong>del</strong>le attrezzature di lavorazione, al fine di consentire la perfetta conservazione <strong>del</strong><br />
<strong>vino</strong>, evitando inquinamenti microbici od alterazioni organolettiche dovute al contatto prolungato<br />
<strong>vino</strong>-superficie sporca.<br />
In figura 1 sono schematizzati i vari interventi ai quali i vini possono essere soggetti dal momento<br />
<strong>del</strong> termine <strong>del</strong>la vinificazione fino alla vendita <strong>del</strong> prodotto.<br />
Illimpidimento spontaneo<br />
Dopo la fermentazione, il <strong>vino</strong> contiene in sospensione lieviti, batteri, frammenti di cellule che<br />
provengono dall'uva, particelle amorfe, colloidi e cristalli fini. Il <strong>vino</strong> giovane è sempre molto<br />
torbido e tende a chiarificarsi con il riposo. La chiarificazione spontanea o sedimentazione, consiste<br />
nella caduta progressiva <strong>del</strong>le particelle in sospensione sotto l'effetto <strong>del</strong>la loro pesantezza. A poco<br />
a poco le particelle più grosse e più pesanti cadono sul fondo <strong>del</strong> recipiente, da dove vengono<br />
eliminate per decantazione o per travaso.<br />
La velocità di illimpidimento spontaneo dei vini dipende dal loro tenore in colloidi protettori che<br />
ritardano considerevolmente la chiarificazione dei vini.<br />
In generale, la chiarificazione spontanea è tanto migliore quanto più piccolo e più basso è il vaso<br />
vinario. Nei grandi contenitori, i movimenti di convezione si oppongono alla caduta e quindi alla<br />
decantazione dei torbidi. La limpidezza acquisita spontaneamente è sempre insufficiente per mettere<br />
un <strong>vino</strong> direttamente in bottiglia e pertanto sono sempre necessari sistemi di illimpidimento<br />
specifici come la chiarificazione o la filtrazione e/o la centrifugazione.<br />
A quali leggi ubbidisce la chiarificazione spontanea?<br />
Supponiamo una piccola sfera isolata che cade in un liquido: essa rappresenta una particella di<br />
intorbidamento che cade con una certa velocità regolata dalla sua densità e dalla resistenza che il<br />
liquido le oppone. La resistenza dipende dalla superficie di attrito in rapporto al volume spostato.<br />
Ne risulta che più la sfera è piccola, più essa cade lentamente poiché la sua superficie di attrito con<br />
il liquido è proporzionalmente più grande in rapporto al suo volume.<br />
Di conseguenza la sedimentazione <strong>del</strong> materiale sospeso presente in un <strong>vino</strong> assume generalmente il<br />
seguente aspetto: gli elementi grossolani cadono per primi, mentre gli elementi fini decantano più<br />
lentamente.<br />
Pag. 5
Chiarificazione di vini bianchi:<br />
sol di silice + gelatina<br />
Filtrazione alluvionale stabilizzante<br />
con impiego di prodotti adsorbenti<br />
dei flavani<br />
Vino Torbido<br />
Chiarifica<br />
preliminare<br />
Filtrazione <strong>del</strong>le fecce su<br />
filtro feccia o sottovuoto<br />
con l’impiego di<br />
appropriati coadiuvanti<br />
Filtrazione<br />
sgrossante o<br />
centrifugazione<br />
Controllo <strong>del</strong> livello di SO2<br />
(aggiunta di SO2 e/o di<br />
prodotti antiossidasici)<br />
Conservazione<br />
possibilmente in atmosfera<br />
di gas inerte e a bassa<br />
temperatura<br />
Eventuale chiarifica di<br />
rifinitura e Chiarifica<br />
antiossidasica<br />
Stabilizzazione<br />
Filtrazione alluvionale<br />
tradizionale e Filtrazione<br />
alluvionale stabilizzante<br />
Pag. 6<br />
Gelatine liquide per vini<br />
rossi, vini torchiati o<br />
comunque tannici<br />
Chiarificazione decolorante di<br />
vini bianchi o rosati<br />
Chiarificazioni difficili e per<br />
vini torchiati<br />
Proteica: prodotti a base di<br />
bentonite e gomma<br />
Tartarica: freddo, prodotti<br />
cristallizzanti <strong>del</strong><br />
cremortartaro e acido<br />
Antossidasica: prodotti<br />
antossidasici e a base di<br />
Filtrazione alluvionale<br />
tradizionale, con costituzione<br />
<strong>del</strong> prepanello ed eventuale
Avviene una selezione <strong>del</strong>le particelle secondo la loro grossezza, che si traduce in una<br />
stratificazione in zone successive di sedimentazione, sempre più limpide verso la superficie:<br />
ciascuna zona corrisponde a particelle <strong>del</strong>lo stesso diametro.<br />
E’ quindi per decantazioni successive che il <strong>vino</strong> giovane in cantina si spoglia <strong>del</strong>le particelle<br />
estranee che trattiene in sospensione; questi depositi successivi vengono eliminati con i travasi.<br />
Si può calcolare che quando il diametro <strong>del</strong>le particelle varia da 1 a 10, la loro velocità di caduta<br />
varia grosso modo da 1 a 100. La caduta di un lievito è 25 volte più rapida <strong>del</strong>la caduta di un<br />
batterio. Si ritiene che al disotto di 0,1 micron (0,001 mm), la sedimentazione <strong>del</strong>le particelle nel<br />
<strong>vino</strong> praticamente non avviene.<br />
Da queste considerazioni si deduce la lentezza di sedimentazione dei batteri e in generale <strong>del</strong>le<br />
particelle molto fini, soprattutto in presenza di colloidi protettori. Non è pertanto sorprendente che<br />
certi vini restino torbidi per alcuni mesi.<br />
Le necessità di rapida utilizzazione dei vini e l'impiego sempre più diffuso di vasi vinari di grande<br />
capacità, obbligano a servirsi di efficaci metodi di chiarificazione che esamineremo qui di seguito.<br />
La chiarifica dei vini<br />
La chiarifica consiste nell'aggiungere ad un <strong>vino</strong> un prodotto chiarificante capace di coagulare e di<br />
dare dei fiocchi o flocculi; la formazione dei flocculi e la loro sedimentazione trascinano le<br />
particelle <strong>del</strong> torbido e chiarificano il <strong>vino</strong>. Questi prodotti chiarificanti sono generalmente a base di<br />
proteine, di bentoniti, sol di silice e di coadiuvanti vari, e la loro coagulazione avviene sotto<br />
l'influenza dei tannini presenti nei vini e a volte <strong>del</strong>la sola acidità <strong>del</strong> <strong>vino</strong>. Quando si mescola ad un<br />
<strong>vino</strong> bianco una soluzione di chiarificante, si osserva dopo alcuni minuti la comparsa di un<br />
intorbidamento che si intensifica a poco a poco. Il torbido si tramuta in seguito in fiocchi che si<br />
ingrossano e sedimentano lentamente lasciando il <strong>vino</strong> sempre più limpido.<br />
Nei vini rossi, la comparsa <strong>del</strong>l'intorbidamento è immediata e i fiocchi cominciano a formarsi dopo<br />
alcuni minuti; si ingrossano rapidamente e sembrano sempre più colorati, formando una rete che si<br />
infittisce e sedimenta cadendo sul fondo <strong>del</strong> recipiente.<br />
Questa prima decantazione lascia il <strong>vino</strong> ancora torbido per presenza di piccoli fiocchi che si<br />
agglomerano a loro volta meno rapidamente dei primi e sedimentano più lentamente, lasciando il<br />
<strong>vino</strong> un po' meno torbido, con flocculi ancora più piccoli, e così di seguito fino alla precipitazione e<br />
alla chiarificazione completa. Dopo alcune ore o qualche giorno il <strong>vino</strong> è diventato limpido. La<br />
chiarificazione è quindi un mezzo per trascinare rapidamente le particelle in sospensione che<br />
richiederebbero molto tempo per sedimentare o che non potrebbero mai precipitare. Questo non è<br />
che uno degli aspetti <strong>del</strong>la sua funzione in quanto collateralmente il chiarificante fissa le sostanze<br />
coloranti colloidali asportando i tannini più o meno polimerizzati dotati di sapore astringente. In<br />
alcuni casi inoltre può comportare la contemporanea stabilizzazione <strong>del</strong> <strong>vino</strong>.<br />
Particelle in sospensione nel <strong>vino</strong><br />
Anche se un <strong>vino</strong> presenta una buona limpidezza a seguito di trattamenti di chiarificazione effettuati<br />
sul mosto, deve essere considerato come una fase liquida contenente in sospensione un gran numero<br />
di particelle solide estremamente piccole, molto diverse per natura e grossezza. Quando queste<br />
particelle sono molto numerose e assai grosse, si hanno gli intorbidamenti. La chiarificazione oltre a<br />
consentire lo svolgimento ottimale <strong>del</strong>la filtrazione e/o <strong>del</strong>la centrifugazione secondo i migliori<br />
standard tecnologici, consentirà di procedere all'allontanamento di eventuali eccessi di tannini<br />
(come nel caso di vini torchiati) e di favorire la precipitazione <strong>del</strong> cremortartaro (Tab. 1) .<br />
Meccanismo <strong>del</strong>la chiarifica<br />
Nella chiarifica si distinguono due fasi: la reazione <strong>del</strong> chiarificante che avviene generalmente con i<br />
tannini o con l'acidità <strong>del</strong> <strong>vino</strong>, che provoca la coagulazione (l’insolubilizzazione) e la<br />
precipitazione per trasformazione in fiocchi o flocculazione, che trascina nella caduta le impurità.<br />
Pag. 7
Tipo di particelle<br />
Particelle visibili al microscopio<br />
ottico, responsabili degli<br />
intorbidamenti dei vini: sono<br />
separabili mediante filtrazione<br />
Particelle colloidali invisibili<br />
all’osservazione microscopica;<br />
lasciano il <strong>vino</strong> limpido<br />
all’osservazione visuale e passano<br />
attraverso i normali filtri.<br />
Tab. 1 – Particelle in sospensione nei vini.<br />
Diametro<br />
<strong>del</strong>le particelle<br />
in micron<br />
Natura <strong>del</strong>le particelle<br />
5 ÷ 10 Lieviti, depositi diversi, aggregati<br />
microbici, flocculi, cristalli di sali tartarici.<br />
0,5 ÷ 1,5 Batteri acetici e lattici, particelle amorfe,<br />
precipitazioni diverse.<br />
0,2 ÷ 0,5 Particelle amorfe (limite <strong>del</strong>l’osservazione<br />
al microscopio ottico).<br />
0,01 e meno Gomme, mucillagini, polisaccaridi,<br />
proteine, sostanze coloranti, tannini, ecc.<br />
Chiarifica preliminare<br />
Alla fine <strong>del</strong>la fermentazione alcolica e/o malolattica, il <strong>vino</strong> si presenta più o meno opalescente o<br />
torbido. Per evitare che il lungo contatto con le particelle in sospensione (lieviti, mucillagini, protidi<br />
coagulati, batteri) possa apportare al <strong>vino</strong> gusti od odori anomali e conseguenti aumenti di acidità<br />
volatile ed altre alterazioni di natura batterica, è necessario procedere all'immediato allontanamento<br />
di queste sostanze, e non aspettare che precipitino naturalmente (dovendo attendere in questo caso<br />
anche parecchi mesi).<br />
Prima di procedere alla filtrazione o alla centrifugazione dei vini è quindi indispensabile sottoporli<br />
sempre ad una opportuna chiarifica (Tab. 2).<br />
Impiego di gelatine<br />
Nel caso in cui il <strong>vino</strong> presenti tenori troppo elevati in tannino, si darà la preferenza a prodotti a<br />
base di gelatina sia sotto forma di polvere che liquida.<br />
La chiarifica con l'impiego di gelatine liquide avviene con flocculazioni istantanee e formazione di<br />
macrocoaguli grossi e pesanti: i sedimenti che si ottengono risultano compatti e facilmente filtrabili.<br />
Queste gelatine liquide consentono di ottenere vini più morbidi e meno ossidabili, in quanto<br />
asportano particolarmente i tannini condensati a medio grado di polimerizzazione dal sapore<br />
fortemente amaro ed astringente (peso molecolare compreso tra 500 e 1000).<br />
Sono particolarmente indicate anche per vini torchiati e sono immediatamente utilizzabili senza<br />
bisogno di ulteriori manipolazioni.<br />
Chiarifica decolorante<br />
Nel caso in cui oltre ad una detannizzazione si desideri ottenere anche un buon effetto decolorante<br />
si possono utilizzare i nuovi prodotti liquidi che il mercato mette oggi a disposizione a base di sol di<br />
silice, bentonite e carbone decolorante, che consentono di ottenere una rapida chiarificazione e nel<br />
contempo una buona decolorazione, paragonabile ad una dose d'impiego di 20-40 g/hl carbone<br />
decolorante. L'introduzione <strong>del</strong> prodotto sotto forma liquida, abbinato ad una appropriata gelatina<br />
liquida ad alta concentrazione, evita l'addizione al <strong>vino</strong> di grandi quantitativi d'aria sempre presenti<br />
Pag. 8
invece nel carbone sotto forma polverulenta (dovuti alla sua enorme area superficiale): si evitano<br />
così rischi di ossidazione dei vini.<br />
Tipo di chiarifica Effetto perseguito Prodotto utilizzato<br />
Chiarifica tradizionale Ottenimento di vini più morbidi<br />
e meno ossidabili, con<br />
asportazione di tannini dal<br />
sapore amaro ed astringente, in<br />
particolar modo per i vini<br />
Decolorante<br />
A rapida azione<br />
torchiati.<br />
Per ottenere rapide chiarifiche;<br />
evita la polverosità <strong>del</strong> carbone.<br />
Per sostituire i carboni<br />
decoloranti, evitando di<br />
introdurre aria nel trattamento, e<br />
consentire la contemporanea<br />
chiarifica <strong>del</strong> <strong>vino</strong>.<br />
Chiarifiche molto rapide e<br />
sedimenti bassissimi.<br />
Chiarifiche rapide, nei casi<br />
difficili, nei vini appena<br />
fermentati.<br />
Di rifinitura e stabilizzante Effettua un ritocco al <strong>vino</strong><br />
prima <strong>del</strong>la fase finale.<br />
Adsorbimento dei polifenoli<br />
ossidati ed instasbili,<br />
eliminazione dei sapori di<br />
ossidato e maderizzato.<br />
Antiossidasica Adsorbimento <strong>del</strong>la sola<br />
frazione ossidata di sostanza<br />
colorante, sostituzione dei<br />
carboni decoloranti e<br />
deodoranti; adsorbimento <strong>del</strong><br />
ferro e <strong>del</strong> rame in eccesso.<br />
Tab. 2 – Vari tipi di chiarifiche realizzabili nei vini.<br />
Gelatine liquide stabilizzate, ad<br />
alta concentrazione, di<br />
immediato utilizzo.<br />
Chiarificanti liquidi a base di<br />
sol di silice, bentonite caolino e<br />
carbone decolorante.<br />
Chiarificanti precomposti a base<br />
di albume e carboni decoloranti.<br />
Sol di silice e gelatina liquida.<br />
Chiarificante complesso a base<br />
di bentonite, albumine,<br />
caseinato di potassio, gelatine e<br />
carbone deodorante.<br />
Chiarificante a base di caseinato<br />
potassico e bentonite.<br />
Policomposti a base di<br />
caseinato potassico, bentonite,<br />
gelatina, vitamina C e<br />
pirosolfito potassico.<br />
Altri prodotti ad azione decolorante che vengono oggi proposti, sono dei complessi in polvere<br />
costituiti principalmente da albumine e carboni: prodotti che possiedono lo stesso potere<br />
decolorante <strong>del</strong> carbone, ma che consentono nel contempo di ottenere anche una perfetta chiarifica.<br />
Con questi composti vengono semplificate le operazioni di introduzione <strong>del</strong> prodotto nel <strong>vino</strong><br />
(rispetto all'impiego <strong>del</strong> carbone che notoriamente comporta gravi disagi per gli operatori: la<br />
manipolazione <strong>del</strong> carbone infatti, provoca sempre un'enorme e fastidiosa polverosità).<br />
Con questi policomposti si ottiene la totale precipitazione <strong>del</strong> carbone contenuto nel prodotto in<br />
tempi brevissimi.<br />
Pag. 9
Impiego di sol di silice e gelatina<br />
La chiarifica dei vini con sol di silice e gelatina, verrà riservata invece ai soli vini bianchi e dolci.<br />
Il sol di silice è particolarmente indicato nei casi in cui i chiarificanti normali abbiano dato scarsi<br />
risultati; si può abbinare anche al trattamento con ferrocianuro di potassio e bentonite. Si ottengono<br />
chiarificazioni molto rapide e sedimenti bassissimi.<br />
Chiarificanti complessi a rapida azione<br />
Per la chiarificazione di vini difficili, torchiati o vini appena fermentati, può essere ben impiegato<br />
un chiarificante complesso policomposto a base di bentonite, albumine, caseinato potassico,<br />
gelatine e carbone deodorante, che sfrutta il principio <strong>del</strong>l'addizione simultanea nel <strong>vino</strong> di<br />
chiarificanti a carica elettrica opposta: proteine a carica positiva e bentoniti a carica negativa che in<br />
ambiente acido coagulano, dando luogo a chiarifiche di eccezionale rapidità, con depositi di minimo<br />
volume (0,5- 1 %), con aumento <strong>del</strong>le rese di filtrazione.<br />
Chiarificazione di rifinitura e chiarificazione stabilizzante<br />
Ha lo scopo di effettuare un ritocco al <strong>vino</strong> prima <strong>del</strong>la fase finale, che normalmente comporta un<br />
trattamento stabilizzante ed una filtrazione brillantante. Si può eseguire con chiarificanti a base di<br />
caseinato potassico idrosolubile e bentonite e vengono impiegati in particolare nei vini tranquilli<br />
poiché sono in grado di adsorbire i polifenoli ossidati ed instabili diminuendo eventualmente le<br />
quantità di carbone decolorante necessarie; nel contempo sono anche in grado di eliminare eventuali<br />
sapori di ossidato e maderizzato facendo risaltare gli aromi ed i profumi naturali. La bentonite<br />
presente nel complesso, è in grado inoltre di stabilizzare dal punto di vista proteico i vini da<br />
pastorizzare.<br />
Chiarifica antiossidasica<br />
Un chiarificante antiossidasico complesso, formulato sul tipo di quello precedentemente esaminato,<br />
ma che contiene in più principi antiossidasici come vitamina C e pirosolfito potassico, può essere<br />
impiegato per vini bianchi o rosati ossidati, e consente di adsorbire nei vini la sola frazione ossidata<br />
di sostanza colorante, sostituendo o coadiuvando vantaggiosamente l'impiego dei carboni<br />
decoloranti (i carboni come è noto, oltre a conferire gusti estranei, cedono metalli pesanti e possono<br />
così provocare fenomeni secondari di ossidazione).<br />
Un prodotto come questo, deodora selettivamente con sottrazione dei soli odori anomali (ossidato,<br />
fradicio ecc.).<br />
Per conseguenza si ottiene un risalto degli aromi e dei profumi naturali con sostituzione vantaggiosa<br />
dei carboni deodoranti (che tolgono anche gli aromi).<br />
Per l'azione adsorbente esercitata nel corso <strong>del</strong>la chiarifica, questo prodotto asporta anchee il ferro<br />
ed il rame in eccesso.<br />
Stabilizzazione<br />
La stabilizzazione dei vini ha lo scopo di fissare i caratteri organolettici acquisiti, sia riguardo al<br />
colore e sapore, sia dal punto di vista fisico-chimico, impedendo che in seguito si verifichino<br />
precipitazioni, o modificazioni di stato (Tab. 3).<br />
a) Stabilizzazione proteica<br />
Bentonite<br />
Per i vini bianchi che al momento <strong>del</strong>la vinificazione non hanno subito un opportuno trattamento<br />
con bentonite per eliminare sufficientemente le proteine termolabili, si renderà necessario eseguire<br />
un trattamento a base di bentonite, impiegando per esempio bentonite granulare ad altissimo potere<br />
rigonfiante con elevate caratteristiche di purezza. Una tale bentonite viene impiegata a basse dosi:<br />
15-30 g/hl.<br />
Pag. 10
La classica bentonite attivata in polvere, di purezza farmaceutica, con buon effetto deproteinizzante<br />
e ad alto potere rigonfiante e chiarificante, si impiegherà invece in dosi variabili da 50 a 100 g/hl.<br />
Sono ambedue prodotti che stabilizzano nel contempo la sostanza colorante di natura antocianica<br />
allo stato colloidale e si impiegano in eventuale abbinamento a chiarificanti proteici e a sol di silice.<br />
Tipo di<br />
stabilizzazione<br />
Effetto perseguito Prodotto utilizzato<br />
Proteica Adsorbimento <strong>del</strong>le proteine<br />
Bentoniti ad alto potere rigonfiante e<br />
termolabili e <strong>del</strong>la sostanza colorante<br />
allo stato colloidale.<br />
a basse dosi d’impiego.<br />
Tartarica Accelerata cristallizzazione <strong>del</strong> Cristallizzanti in fase di<br />
cremortartaro, e abbreviazione dei<br />
tempi di refrigerazione.<br />
refrigerazione.<br />
Stabilizzazione tartarica. Acido metatatartarico ad indice di<br />
esterificazione oltre 40° in eventuale<br />
Colloidale Stabilizzazione proteica e colloidale,<br />
coadiuvante <strong>del</strong> trattamento con acido<br />
metatartarica, ammorbidimento dei vini<br />
trattati.<br />
Ossidasica Stabilizzazione antiossidasica,<br />
abbassamento e tamponamento <strong>del</strong>l’<br />
rH, tamponamento <strong>del</strong>l’SO2 allo stato<br />
libero, aggiunta di vitamina C e<br />
trattamento con ferrocianuro.<br />
abbinamento a gomma arabica.<br />
Gomma arabica purificata in<br />
soluzione stabile.<br />
Prodotti antiossidanti-antiferro.<br />
Tab. 3 – Trattamenti di stabilizzazione ai quali il <strong>vino</strong> può essere sottoposto.<br />
Gomma arabica<br />
Per sostituire in tutto od in parte il trattamento bentonitico, può essere utile utilizzare gomma<br />
arabica in soluzione limpida concentrata e stabilizzata in associazione ad acido citrico, nella dose di<br />
40-150 ml/hl. Questo stabilizzante agisce come colloide protettore, cioè per un fenomeno di<br />
inglobamento <strong>del</strong>le particelle protette, impedisce l'ingrossamento dei colloidi instabili e quindi la<br />
loro flocculazione e sedimentazione.<br />
La gomma arabica in soluzione liquida limpida rappresenta nei vini rossi, rossissimi, filtrati dolci e<br />
liquorosi, esposti alle basse temperature, una forma di prevenzione veramente interessante per<br />
impedire le precipitazioni di sostanza colorante, specie se riferita ai vini giovani. Migliora l'efficacia<br />
antitartaro <strong>del</strong>l'acido metatartarico quando viene aggiunta in abbinamento: la sua azione si esplica in<br />
modo analogo a quella <strong>del</strong>l'acido metatartarico e consiste nell'opporsi all'ingrossamento dei germi<br />
cristallini di tartrato. Svolge azione anticasse rameosa e anticasse proteica, conferendo ai vini<br />
trattati una particolare morbidezza.<br />
b) Stabilizzazione tartarica<br />
L’impiego <strong>del</strong> freddo quale sistema per la stabilizzazione tartarica rappresenta sempre il mezzo<br />
ideale. Per ottenere però una totale e rapida precipitazione <strong>del</strong> cremortartaro è necessario l'ausilio di<br />
diversi nuovi coadiuvanti che esamineremo qui di seguito.<br />
Pag. 11
Cristallizzante <strong>del</strong> cremortartaro<br />
Per coadiuvare l'azione <strong>del</strong> freddo e per facilitare la precipitazione <strong>del</strong> cremore, può essere utile<br />
ricorrere a prodotti specifici.<br />
E’ consigliabile aggiungere in fase di refrigerazione un particolare catalizzatore chimico che<br />
accelera l'insolubilizzazione <strong>del</strong> bitartrato di potassio.<br />
Questo catalizzatore provoca nel <strong>vino</strong> freddo una repentina reazione dovuta ai sali potassici che lo<br />
contengono, con retrogradazione <strong>del</strong>l'acidità e conseguente formazione istantanea di una fittissima<br />
nube di microcristalli allo stato nascente, che hanno la funzione di centri di cristallizzazione di<br />
nuovi cristalli di cremore. Questi cristalli, saldandosi fra loro, formano nuclei sempre più grossi, che<br />
precipitano facilmente. Vengono così drasticamente ridotti i tempi di refrigerazione.<br />
Nel contempo si evita il ridiscioglimento <strong>del</strong>la sostanza colorante allo stato colloidale precipitata a<br />
freddo, per innalzamenti di temperatura.<br />
Acido metatartarico<br />
Per coadiuvare o sostituire l'azione <strong>del</strong> freddo, può essere utile ricorrere all'impiego di specifici<br />
prodotti che agiscono sui cristalli di cremortartaro impedendone la crescita. Si può intervenire con<br />
un trattamento a base di acido metatartarico ad indice di esterificazione possibilmente superiore a<br />
40 , cioè con la massima efficacia antitartaro, nella dose di 10 g/hl. Il prodotto è stabile alle<br />
temperature di pastorizzazione ed è attivo anche nei confronti <strong>del</strong> tartrato neutro di calcio. Il<br />
trattamento si effettua in eventuale abbinamento a gomma arabica in soluzione stabilizzata nella<br />
dose di 40-80 ml/hl.<br />
Filtrazione post-chiarificazione<br />
La filtrazione vera e propria <strong>del</strong> <strong>vino</strong> chiarificato è necessaria per conferirgli un necessario<br />
illimpidimento, allo scopo di sottrargli la maggioranza <strong>del</strong>le particelle ancora in sospensione e non<br />
completamente allontanate in fase di chiarificazione, particelle che inglobano anche una notevole<br />
carica microbica (Tab. 4).<br />
Ciò consente al <strong>vino</strong> di presentarsi al consumo in modo irreprensibile riguardo alla limpidezza.<br />
Normalmente la prima filtrazione è da classificarsi come sgrossante o media, e si effettua con filtri<br />
ad alluvionaggio.<br />
Come è noto prima di procedere alla filtrazione vera e propria si deve procedere alla costituzione<br />
<strong>del</strong> prepanello.<br />
Filtrazione Scopo Prodotti utilizzati<br />
Medio-larga Filtrazione post-chiarifica o<br />
sgrossante.<br />
Stretta Filtrazione brillantante o filtrazione<br />
finale.<br />
Delle fecce Migliore formazione <strong>del</strong> pannello nei<br />
filtri sottovuoto o feccia: miglior<br />
brillantezza <strong>del</strong> prodotto filtrato e<br />
prolungamento <strong>del</strong>la filtrazione<br />
Stabilizzazione Adsorbimento dei leuco-antociani e<br />
<strong>del</strong>le catechine e stabilizzazione<br />
ossidasica, controllo totale <strong>del</strong>la<br />
carica microbica.<br />
Tab. 4 – Tipi di filtrazione realizzabili con l’impiego di prodotti diversi.<br />
Pag. 12<br />
Coadiuvanti a medio tenore in fibre<br />
per la formazione <strong>del</strong> prepanello ed in<br />
eventuale alluvionaggio continuo.<br />
Coadiuvanti ad alto tenore in fibre per<br />
la formazione <strong>del</strong> prepannello ed in<br />
eventuale alluvionaggio nel caso di<br />
filtrazioni di tipo sterilizzante.<br />
Addizione di particolari coadiuvanti di<br />
filtrazione fibrosi nella dose <strong>del</strong> 10%<br />
rispetto alla perlite.<br />
Impiego di coadiuvanti di filtrazione<br />
in combinazione a caseinato potassico.<br />
Impiego di prodotti a base di PVPP.
Il prepanello di filtrazione<br />
Per la costituzione <strong>del</strong> prepanello si impiegano particolari coadiuvanti di filtrazione, complessi<br />
senza amianto chimicamente inerti, costituiti da fibre di cotone che conferiscono una struttura<br />
elastica e resistente, da fibre di cellulose a differente carica elettrostatica che apportano un elevato<br />
potere adsorbente e da filtrine diatomeiche e perlitiche che ne determinano il potere di profondità.<br />
I prodotti a medio tenore in fibre sono i coadiuvanti indicati per filtrazioni medio-larghe , cioè nella<br />
prima filtrazione ad alluvionaggio. I prodotti invece ad alto tenore in fibre si utilizzano, sempre<br />
nella formazione dei prepanello, nel caso di filtrazioni più strette, cioè quelle finali di tipo<br />
brillantante.<br />
Vengono impiegati ambedue nella dose di 800 - 1000 g/m 2 di superficie filtrante ed in eventuale<br />
alluvionaggio continuo: il primo può essere utilizzato inoltre per la filtrazione di fecce di difficile<br />
filtrabilità, nella dose di 100 - 150 g/hl, il secondo per la ritenzione di microrganismi, sempre in<br />
alluvionaggio continuo, nella dose di 50 – 100 g/hl.<br />
In questa fase è possibile utilizzare prodotti adsorbenti stabilizzanti dei polifenoli a base di PVPP,<br />
dosabili direttamente nel dosatore dei filtro, prodotti che esamineremo più avanti.<br />
Filtrazione <strong>del</strong>le fecce di chiarifica<br />
Il trattamento ottimale <strong>del</strong>le fecce di chiarifica si ottiene facendo passare i residui di chiarificazione<br />
su opportuni filtri feccia o filtri sottovuoto.<br />
In ambedue i casi, per ottenere il massimo <strong>del</strong> rendimento, è opportuno aggiungere al coadiuvante<br />
di filtrazione (normalmente perlite) un 10% di un apposito coadiuvante fibroso.<br />
Si ottengono così notevoli vantaggi che consistono nel miglioramento <strong>del</strong>le rese di filtrazione, nel<br />
facilitare il taglio <strong>del</strong> panello, nell'evitare la formazione di fessurazioni e raggrinzimenti <strong>del</strong> panello<br />
nei filtri sottovuoto. Altri vantaggi consistono nel miglioramento <strong>del</strong>la limpidezza <strong>del</strong> filtrato e<br />
nell'aumento <strong>del</strong>le quantità di mosto o <strong>vino</strong> filtrato per ciclo di filtrazione.<br />
Filtrazione alluvionale e stabilizzazione antiossidasica<br />
Negli ultimi tempi sono stati messi a punto nuovi coadiuvanti di filtrazione che vengono impiegati<br />
nella fase finale di filtrazione con lo scopo di ottenere nel contempo anche una certa stabilizzazione<br />
antiossidasica.<br />
a) Coadiuvanti di filtrazione combinati a caseinato potassico<br />
Questi prodotti consentono un parziale adsorbimento dei polifenoli, consentendo così di diminuire<br />
l'intensità colorante troppo accentuata in certi vini bianchi e rosati, togliere le frazioni giallognole<br />
indesiderate, migliorare il profumo e il sapore.<br />
I prodotti più indicati sono a base di coadiuvanti di filtrazione tradizionali associati a caseinato di<br />
potassio ad azione fortemente adsorbente verso i flavani ossidati ed ossidabili. Questi prodotti<br />
impiegati come prepanello e in alluvionaggio continuo permettono di sostituire la chiarifica di<br />
rifinitura che viene normalmente praticata come ultima filtrazione ad alluvionaggio.<br />
Si evita in questo modo la formazione di fecce di chiarifica, con possibilità di recuperare totalmente<br />
il <strong>vino</strong> sottoposto a trattamento. Ne risulterà un <strong>vino</strong> organoletticamente più caratterizzato, per<br />
l'esclusione di ossidazioni e perdita di aromi che normalmente accompagnano un trattamento<br />
chiarificante.<br />
Questi prodotti sono in grado di operare una filtrazione molto stretta (pur mantenendo inalterata la<br />
permeabilità <strong>del</strong> setto filtrante), particolarmente indicata per i vini in fase di finitura destinati<br />
all'imbottigliamento o destinati ad una successiva filtrazione su membrane microporose.<br />
In questo caso, oltre ad assicurare una perfetta sterilità microbiologica, consente di abbassare<br />
notevolmente gli indici di colmataggio, prolungando la vita <strong>del</strong>le membrane microporose. Può<br />
Pag. 13
sostituire pertanto anche la filtrazione finale a strati e si può impiegare sia come prepanello che in<br />
alluvionaggio continuo.<br />
b) Coadiuvanti di filtrazione misti a base di PVPP<br />
Un altro prodotto utilizzato nell'ambito <strong>del</strong>la filtrazione alluvionale stabilizzante è costituito da<br />
coadiuvanti di filtrazione e PVPP: per la sua composizione, è in grado di operare, durante<br />
l'operazione di filtrazione ad alluvionaggio, un adsorbimento dei flavani che sono fattori di<br />
instabilità dei vini.<br />
In particolar modo adsorbe le catechine, i leucoantociani e i tannini a sapore astringente, presenti<br />
nei vini e nei distillati.<br />
Si utilizza con le stesse modalità dei prodotti precedenti, cioè come prepanello ed in alluvionaggio.<br />
c) Stabilizzanti a base di PVPP<br />
Altri prodotti a base di PVPP e gel di silice possono essere dosati direttamente nel filtro, assieme<br />
alle normali farine fossili, consentendo un ottimo adsorbimento polifenolico.<br />
La filtrazione con PVPP permette di ottenere la conservazione dei peculiari caratteri organolettici<br />
dei vini bianchi con tonalità troppo accentuate e rosati con preponderanza di tonalità gialle.<br />
Questi prodotti vengono impiegati come normali coadiuvanti di filtrazione, mescolandoli nel<br />
dosatore <strong>del</strong> filtro assieme alle filtrine, operando una preventiva sospensione in acqua o nel <strong>vino</strong> di<br />
almeno 1:7 - 1: 10 (1 parte di prodotto e 7- 10 parti di <strong>vino</strong>); vengono quindi dosati in alluvionaggio<br />
continuo.<br />
Così si adsorbono i lieucoantociani e le catechine e si evita perdite di <strong>vino</strong> che normalmente si<br />
hanno con i trattamenti chiarificanti.<br />
Stabilizzazione andossidasica<br />
Ha lo scopo di impedire che, dopo la fine <strong>del</strong>la fermentazione, con l'arrestarsi <strong>del</strong>lo sviluppo di<br />
CO2, si instauri un sistema ossido-riduttivo caratterizzato dalla costante perdita di CO2 che svolgeva<br />
azione protettiva, con la sua parziale sostituzione con aria.<br />
L'ossigeno <strong>del</strong>l'aria che si va disciogliendo nel <strong>vino</strong> provoca molti fenomeni: ossidazione <strong>del</strong>l'SO2 e<br />
contemporanea o parziale scomparsa <strong>del</strong> suo effetto protettivo; ossidazione dei polifenoli con<br />
conseguente loro polimerizzazione; parziale scomparsa <strong>del</strong>l'aroma e dei profumo, aumento <strong>del</strong>la<br />
densità ottica dei vini bianchi e rosati, con comparsa di tonalità sempre più ambrate.<br />
Oltre alla conservazione dei vini possibilmente a bassa temperatura e in atmosfera di gas inerti, è<br />
possibile intervenire con opportuni trattamenti a base di prodotti antiossidasici che hanno il pregio<br />
di ripristinare il livello ottimale di SO2 e di stabilizzarlo a valori ottimali.<br />
I prodotti utilizzati per tale scopo abbassano il potenziale di ossido-riduzione, e sostituiscono<br />
vantaggiosamente anche la vitamina C (che invece è fortemente ossidabile e quindi molto labile,<br />
potendo provocare ossidazioni trasformandosi in acido deidroascorbico, invece di svolgere azione<br />
di prevenzione <strong>del</strong>le ossidazioni).<br />
Questi stabilizzanti che vengono utilizzati prima <strong>del</strong>la fase finale di filtrazione o durante la<br />
filtrazione, sono considerati come pratica indispensabile se si vorrà avere un livello di pH tale da<br />
garantire al <strong>vino</strong> imbottigliato o venduto limpido per il consumo o pronto per essere imbottigliato<br />
altrove, una perfetta stabilità dal punto di vista organolettico e fisico-chimico.<br />
Simili stabilizzanti antiossidasici consentono infatti la stabilizzazione <strong>del</strong> ferro residuo e possono<br />
coadiuvare o sostituire anche il trattamento con ferrocianuro di potassio e parzialmente anche la<br />
refrigerazione od il trattamento con acido metatartarico.<br />
Nell'utilizzazione in vasca impediscono inoltre l'evoluzione ossidasica e la formazione <strong>del</strong>la<br />
fioretta.<br />
Pag. 14
SO2 (anidride solforosa)<br />
L'anidride solforosa viene utilizzata in<br />
vinificazione per le sue proprietà:<br />
antiossidanti e antisettiche E' un coadiuvante<br />
prezioso <strong>del</strong> vinificatore ma deve essere<br />
utilizzata con precauzione, altrimenti può<br />
dare origine a odori o gusti sgradevoli o<br />
favorire certi intorbidamenti durante la<br />
conservazione (casse rameica) o addirittura<br />
rendere il <strong>vino</strong> non commerciabile<br />
superando i limiti legali. Questo prodotto<br />
non si trova allo stato naturale nell'uva,<br />
tuttavia vari ceppi di lievito presenti nei<br />
mosti producono <strong>del</strong>l'SO2 in quantità più o<br />
meno elevata durante la fermentazione (da<br />
pochi milligrammi fino a 40 mg e più di SO2 totale per litro) e quindi la si può considerare prodotto<br />
naturale <strong>del</strong> <strong>vino</strong>. L'impiego dei lieviti selezionati permette di evitare questo fenomeno. Quando il<br />
vinificatore utilizza l'SO2 in un mosto o in un <strong>vino</strong>, deve sapere che una parte di questa va a<br />
combinarsi con certi costituenti <strong>del</strong> mosto o <strong>del</strong> <strong>vino</strong> e che solo la parte libera avrà un effetto<br />
protettore; pertanto è auspicabile che l'SO2 si combini il<br />
meno possibile. Tra le due forme, libera e combinata,<br />
si instaura un equilibrio:<br />
se si aggiunge <strong>del</strong>l'SO2 al <strong>vino</strong>, una parte di essa si<br />
combina sempre;<br />
se c'è una perdita di SO2 (durante il travaso per<br />
esempio) si perde <strong>del</strong>l'SO2 libera; un po' di SO2<br />
combinata però si libera per sostituirla. Questo<br />
fenomeno tuttavia è parziale, subordinato al tipo di<br />
combinazione e sarà necessario aggiungerne per<br />
compensare le perdite: durante la conservazione dei<br />
vini, durante i travasi, i tagli, le filtrazioni, durante<br />
l'imbottigliamento.<br />
E' indispensabile conoscere il tenore in SO2 libera di un<br />
<strong>vino</strong> cioè la sua capacità di protezione contro<br />
l'ossidazione e le malattie.<br />
Il dosaggio <strong>del</strong>l'SO2 libera è certamente il più utile per<br />
il vinificatore ed è abbastanza semplice da realizzare.<br />
D'altra parte, quando le dosi di SO2 utilizzate sono<br />
elevate e rischiano di andare oltre la legalità,<br />
può essere utile conoscere il tenore in SO2<br />
totale. Dosando l'SO2 libera e l'SO2 totale si<br />
può conoscere, per differenza, il tenore in<br />
SO2 combinata <strong>del</strong> <strong>vino</strong>: questa è una buona<br />
indicatrice <strong>del</strong>lo stato di salute <strong>del</strong> <strong>vino</strong>. In<br />
effetti, in un <strong>vino</strong> già alterato o che abbia<br />
subito un inizio di attacco batterico, le<br />
combinazioni <strong>del</strong>l'SO2 saranno maggiori.<br />
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EFFETTI DELL'SO2 NEI MOSTI E NEI VINI<br />
Gli effetti <strong>del</strong>l'SO2 sono molteplici. Si possono raggruppare in 4 categorie:<br />
- effetto antiossidante;<br />
- effetto stabilizzante;<br />
- effetto solvente;<br />
- effetto sul gusto.<br />
Si tratta di effetti generalmente benefici ma utilizzando dosi eccessive si possono avere:<br />
- odore di SO2 ;<br />
- odore di mercaptano (uova marce);<br />
- durezza <strong>del</strong> <strong>vino</strong>;<br />
- tossicità per il consumatore.<br />
Bisogna quindi sempre utilizzare le dosi più basse possibili.<br />
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DOSI DI SO2 DA UTILIZZARE<br />
E' difficile, quasi impossibile, consigliare una dose precisa di SO2 applicabile in tutte le circostanze.<br />
I fabbisogni dei mosti e dei vini sono in effetti molto variabili secondo la loro composizione (il loro<br />
pH in particolare), il tipo di <strong>vino</strong> che si vuole produrre, la fase di elaborazione, la temperatura ecc.<br />
Tuttavia, si può indicare, per ogni fase di elaborazione di un <strong>vino</strong>, un margine entro il quale ciascun<br />
vinificatore troverà la dose migliore per il prodotto che sta trattando.<br />
I valori forniti dalla tabella sono indicativi.<br />
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ALTERAZIONI E MALATTIE<br />
Durante il processo di vinificazione e nel corso <strong>del</strong>la conservazione è opportuno seguire una serie di<br />
norme al fine di evitare che il <strong>vino</strong> diventi sede di modificazioni di varia natura che ne la<br />
composizione e le caratteristiche organolettiche. Infatti. è possibile riscontrare, nei vini prodotti in<br />
maniera poco razionale, alterazioni come intorbidamenti, sviluppo di gas, modificazioni <strong>del</strong> colore,<br />
modificazione <strong>del</strong>la composizione e formazione di sostanze indesiderate che rendono il <strong>vino</strong> stesso<br />
non adatto al consumo. Pertanto, al fine di evitare il manifestarsi di queste alterazioni nei vini, è<br />
indispensabile conoscerne le cause, cosi da intervenire, quanto possibile, menìante opportuni<br />
trattamenti curativi. Diversi sono i fattori responsabili <strong>del</strong>le alterazioni dei vini:<br />
- qualità scadente <strong>del</strong>la materia prima (uve alterate, ammuffite o grandinate);<br />
- composizione anormale <strong>del</strong> mosto;<br />
- elevata temperatura di fermentazione;<br />
- non razionale impiego <strong>del</strong>l'anidride solforosa;<br />
- non razionale ricorso a colmature c/o travasi;<br />
- scarsa igiene <strong>del</strong>la cantina e dei recipienti vinari;<br />
- scarsa protezione <strong>del</strong>le attrezzature di materiale metallico che vengono a contatto con il<br />
mosto e con il <strong>vino</strong>.<br />
In base alle cause, le alterazioni si possono distinguere in alterazioni di natura: fisica (difetti),<br />
chimico-fisica, enzimatica, microbica (malattie), ossidativa (maderizzazione). Tra questi tipi di<br />
alterazioni, le più pericolose sono quelle di origine microbica, perché si possono trasmettere da un<br />
<strong>vino</strong> all'altro e comportano <strong>del</strong>le modificazioni profonde sulla composizione <strong>del</strong> <strong>vino</strong>, e, nei casi più<br />
gravi, portano alla perdita <strong>del</strong> prodotto; queste alterazioni sono impropriamente definite malattie,<br />
dato che sono provocate da microrganismi.<br />
Difetti dei vini<br />
I principali difetti che si possono riscontrare nei vini sono: l'odore di petrolio, di rancido, di muffa.<br />
di feccia, di idrogeno solforato, di mercaptani; il sapore di secco, di legno, di raspi, di tappo e<br />
l'intorbidamento dovuto alla formazione di depositi sotto forma di cristalli. La cura di questi difetti<br />
è possibile mediante il ricorso a intensi arieggiamenti, a opportune solfitazioni, all'impiego di<br />
carboni deodoranti oppure, nei casi più gravi, ai tagli con vini non difettosi e alla rifermentazione.<br />
L'odore di feccia è un difetto che compare nel <strong>vino</strong> in seguito a un prolungato contatto con le fecce,<br />
costituite prevalentemente da cellule di lievito autolisate, che cedono al <strong>vino</strong> odori e sapori<br />
particolarmente sgradevoli. Questo difetto può essere evitato effettuando il travaso al momento<br />
opportuno e si può curare mediante il trattamento con carbone deodorante seguito da filtrazione.<br />
Alterazioni di natura chimico-fisica<br />
Queste alterazioni, che in genere si manifestano nel <strong>vino</strong> sotto forma di intorbidamenti,<br />
precipitazioni e modificazioni <strong>del</strong> colore, sono legate alla presenza nel <strong>vino</strong> di metalli come ferro e<br />
rame (in dosi di poco superiori ai valori normali), che reagiscono con alcuni componenti <strong>del</strong> <strong>vino</strong><br />
causandone l'alterazione. A seconda <strong>del</strong> metallo coinvolto si distingue la «casse» ferrica da quella<br />
rameica o rameosa. Un altro termine impiegato per definire questo tipo di alterazione o casse<br />
(termine francese che significa «rottura») è cromoclasi, che significa «rottura di colore». La<br />
presenza di elevate concentrazioni di metalli (ferro e rame) nel <strong>vino</strong> può essere dovuta a varie<br />
cause:<br />
- trattamenti antiparassitari alla vite;<br />
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- imbrattamento da terriccio dei grappoli in prossimità <strong>del</strong> suolo;<br />
- contatto dei mosto e <strong>del</strong> <strong>vino</strong> con le attrezzature;<br />
- impiego di coadiuvanti per la chiarificazione e la filtrazione, contenenti tracce di metalli;<br />
- trasporto e conservazione dei vini in recipienti metallici attaccabili dagli acidi organici.<br />
Nei vini bianchi è comune un'altra anomalia nota come casse proteica, dovuta alla precipitazione<br />
<strong>del</strong>le proteine che si verifica in determinate condizioni.<br />
Alterazioni di natura enzimatica ( Casse ossidasica )<br />
Questa alterazione che colpisce sia i vini bianchi sia i vini rossi è legata alla presenza <strong>del</strong>la<br />
polifenolossidasi nei vini prodotti da uve ammuffite o da uve vinificate in assenza o con dosi<br />
insufficienti di anidride solforosa. L'enzima, a contatto con l'ossigeno <strong>del</strong>l'aria, catalizza una rapida<br />
e indiscriminata ossidazione dei composti fenolici (tannini e antociani) <strong>del</strong> <strong>vino</strong> con formazione dei<br />
chinoni, molto instabili e di colore bruno; questi polimerizzano rapidamente causando un<br />
intorbidamento, un imbrunimento e la precipitazione di un sedimento bruno nel <strong>vino</strong> (rottura <strong>del</strong><br />
colore). Il risultato è che il <strong>vino</strong> risulta scadente e non più idoneo al consumo, avendo subito in<br />
pratica una modificazione <strong>del</strong>la sua composizione. Diversi sono i rimedi di cui si dispone contro la<br />
casse ossidasica:<br />
1. in primo luogo è possibile prevenire l'alterazione allontanando l'uva ammuffita al momento<br />
<strong>del</strong>la vendemmia;<br />
2. è opportuno abbreviare il tempo di contatto tra il mosto e le vinacce;<br />
3. si può ricorrere alla fermentazione in presenza di bentonite che asporta dal mosto le sostanze<br />
proteiche, e quindi anche gli enzimi ossidasici; le dosi di impiego di bentonite variano da 50<br />
a 150 g/hl;<br />
4. si può intervenire con l'impiego di opportune dosi di anidride solforosa (circa 20 g per<br />
quintale di uva) nella vinificazione di uve ammuffite. L'anidride solforosa, infatti, agisce<br />
inattivando la laccasi;<br />
5. la distruzione <strong>del</strong>le ossidasi si può ottenere anche mediante il ricorso alla pastorizzazione <strong>del</strong><br />
<strong>vino</strong> (a temperatura superiore a 70 °C per 1 min). Questo sistema può provocare tuttavia<br />
degli effetti indesiderati se il <strong>vino</strong> contiene molte pectine; gli impianti di pastorizzazione a<br />
disposizione <strong>del</strong>le moderne cantine, permettono di effettuare il trattamento termico sul <strong>vino</strong><br />
senza determinarne il caratteristico gusto di cotto.<br />
Alterazioni di natura microbica<br />
Il <strong>vino</strong> è un substrato di sviluppo di microrganismi naturali che provengono dall'uva. La carica<br />
microbica può variare nel corso <strong>del</strong> processo di vinificazione e da ciò dipende la comparsa o meno<br />
nel prodotto finito di anomalie di natura microbica. Spesso le malattie che si manifestano nel <strong>vino</strong><br />
sono dovute ad associazioni microbiche, per cui una stessa alterazione può essere causata da forme<br />
microbiche diverse, mentre uno stesso microrganismo può causare effetti diversi di malattie a<br />
seconda <strong>del</strong>le caratteristiche chimico-fisiche <strong>del</strong> mezzo. Questo spiega perché l'analisi<br />
microbiologica <strong>del</strong> <strong>vino</strong>, se da un lato conferma la presenza di una malattia, dall'altro non può<br />
fornire da sola la natura dei batteri responsabili dei vari effetti. Per la diagnosi <strong>del</strong>la malattia, oltre<br />
all'esame microscopico è utile l'esame organolettico e l'analisi chimica dei costituenti più importanti<br />
(ad es. acidi volatili e fissi).<br />
I fattori che predispongono un <strong>vino</strong> a subire un'alterazione di tipo microbico sono:<br />
- bassa gradazione alcolica;<br />
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- non completa fermentazione;<br />
- bassa acidità;<br />
- elevato tenore in sostanze azotate;<br />
- scarsa protezione mediante S02.<br />
Le malattie <strong>del</strong> <strong>vino</strong> si possono classificare in base alle caratteristiche dei microrganismi<br />
responsabili o in base alle sostanze attaccate nel <strong>vino</strong>. Si distinguono quindi le malattie causate da<br />
microrganismi aerobi, cioè che necessitano di ossigeno per svilupparsi, come l'acescenza o spunto<br />
acetico e la fioretta, dalle malattie causate da microrganismi anaerobi, cioè che vivono al riparo<br />
<strong>del</strong>l'aria e non necessitano di ossigeno, come l'agro-dolce, il girato, l'amaro e il filante.<br />
A seconda <strong>del</strong> tipo di costituente <strong>del</strong> <strong>vino</strong> che viene attaccato, le malattie hanno origine dalle<br />
seguenti trasformazioni:<br />
- ossidazione <strong>del</strong>l'alcol etilico: fioretta, acescenza, spunto acetico;<br />
- fermentazione degli zuccheri: agro-dolce (fermentazione mannitica o spunto lattico);<br />
- fermentazione <strong>del</strong>l'acido tartarico: girato;<br />
- fermentazione <strong>del</strong>la glicerina: amaro;<br />
- fermentazione collaterale <strong>del</strong>l'acido malico: filante;<br />
- fermentazione lattica degli zuccheri residui.<br />
La Classificazione dei Vini<br />
Attualmente, il <strong>vino</strong> prodotto in Italia è riconducibile a 2 grandi categorie:<br />
•<strong>vino</strong> a denominazione d'origine<br />
•<strong>vino</strong> da tavola.<br />
Alla prima categoria, appartengono i Vqprd (vini di qualità prodotti in regioni determinate,) cui<br />
corrispondono i vini a Denominazione d'origine controllata ed i vini a Denominazione d'origine<br />
controllata e garantita; anche i vini a indicazione geografica tipica appartengono alla categoria dei<br />
vini a denominazione d'origine.<br />
Al secondo gruppo, invece, appartengono i vini da tavola propriamente detti.<br />
La piramide 'Doc'<br />
La configurazione che potrebbe assumere questa classifica è grosso modo quella di una piramide<br />
con al vertice i vini a Docg e, scendendo verso la base, le Doc, i vini a indicazione geografica ed i<br />
vini da tavola.<br />
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La legge 164/1992, che disciplina le Denominazioni d'origine dei vini, classifica i vini nel modo<br />
seguente:<br />
•vini da tavola: si identificano solo per il colore, il nome <strong>del</strong>l'azienda agricola o il marchio;<br />
•indicazioni geografiche tipiche (Igt): sono caratterizzate da un'indicazione geografica (nome),<br />
accompagnata o no da menzioni (vitigno, tipologia enologica, etc.). Le zone di produzione sono<br />
normalmente ampie, la disciplina di produzione relativamente poco restrittiva;<br />
•denominazioni di origine controllate (Doc): sono vini prodotti in zone <strong>del</strong>imitate (di solito piccole<br />
e medie dimensioni) e portano il loro nome geografico. Di norma il nome <strong>del</strong> vitigno segue quello<br />
<strong>del</strong>la Doc. La disciplina di produzione è più rigida di quella <strong>del</strong>le Igt ed i vini sono immessi al<br />
consumo dopo analisi chimiche e sensoriali;<br />
•denominazioni di origine controllate e garantite (Docg): le Doc con 'particolare pregio qualitativo',<br />
di notorietà nazionale ed internazionale possono essere riconosciute Docg. Questi vini vengono<br />
sottoposti a controlli più severi, debbono essere commercializzati in recipienti di capacità inferiore<br />
ai 5 litri e portano un contrassegno <strong>del</strong>lo Stato che dà la garanzia di origine, di qualità e consente di<br />
numerare i pezzi.<br />
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