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IL TRENTODOc

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marketing&normativa<br />

Trentodoc è il marchio collettivo applicato,<br />

attualmente, da 37 aziende trentine. Alla base<br />

del marchio collettivo Trentodoc si colloca un<br />

disciplinare di produzione che permette di utilizzare esclusivamente<br />

il metodo di produzione definito classico. Nell’ottica del mercato,<br />

Trentodoc identifica un prodotto di eccellenza, come dimostrano i<br />

numerosi riconoscimenti a esso conferiti dalle guide enogastronomiche<br />

italiane, basti citare la Guida Vini d’Italia 2011.<br />

Negli ultimi anni si è fatta strada la convinzione che il marchio<br />

Trentodoc, grazie all’immagine acquisita nella sua lunga storia – la<br />

Denominazione d’Origine Controllata Trento Doc risale al 1993.<br />

Già nell’anno 1984 era nato l’Istituto Trento Doc metodo classico,<br />

l’Istituto che gestisce la denominazione – possa costituire il<br />

portabandiera dell’intera filiera vitivinicola trentina, con ricadute, si<br />

crede, anche sulle altre produzioni del territorio.<br />

Assumere il ruolo di portabandiera della filiera vitivinicola trentina<br />

offre a Trentodoc alcune interessanti opportunità, ma porta con sé<br />

anche una serie di interrogativi circa le innovazioni e gli adattamenti da<br />

apportare ai diversi livelli, non da ultimo<br />

alla struttura organizzativa e gestionale<br />

del marchio. Si discute<br />

in primis sulla possibile evoluzione da<br />

Trentodoc a Trentodocg; si prospetta poi<br />

una revisione di alcuni punti del disciplinare<br />

di produzione, in particolare di<br />

i risultati di un’indagine<br />

condotta presso<br />

i produttori di questo<br />

marchio collettivo per<br />

delinearne un futuro condiviso<br />

n Luciano Pilati*<br />

Stefano Bortolotti**<br />

<strong>IL</strong> TRENTODoc<br />

ALLO SPECCHIO<br />

60<br />

VQ numero quattro - luglio duemila12


marketing&normativa<br />

quelli riguardanti la resa colturale e il limite<br />

minimo d’altitudine; viene, ancora, ipotizzata<br />

una concertazione dei prezzi praticati dai<br />

produttori di Trentodoc.<br />

Poiché sulla validità delle ipotesi sopra<br />

prospettate si riscontrano valutazioni divergenti<br />

all’interno del sistema vitivinicolo trentino,<br />

diventa strategico conoscere le opinioni dei<br />

produttori che applicano il marchio Trentodoc.<br />

A tale scopo è stato predisposto e somministrato<br />

ai produttori di Trentodoc un apposito<br />

questionario. Si tratta di un metodo d’indagine<br />

già sperimentato con successo da ricerche sulla<br />

filiera vitivinicola trentina. Il presente articolo si<br />

propone di discutere i risultati più significativi<br />

ottenuti dall’elaborazione dei dati raccolti<br />

con il questionario. Per rendere più agevole la<br />

comprensione delle risposte e delle osservazioni<br />

fornite degli intervistati, sarà preliminarmente<br />

tracciato il quadro della base produttiva di<br />

Trentodoc, spiegato brevemente il profilo<br />

organizzativo dell’Istituto Trento Doc nonché<br />

proposta un’analisi comparata con il disciplinare<br />

del Franciacorta Docg, l’altro marchio<br />

collettivo di punta dello spumante italiano a<br />

metodo classico.<br />

LA BASE PRODUTTIVA<br />

La base produttiva riferita alle uve che sono<br />

trasformate in spumante Trentodoc è costituita<br />

da circa 1.500 ettari, 1.000 dei quali sono iscritti<br />

alla Doc Trento, mentre i restanti 500 ettari<br />

derivano da scelte vendemmiali di vigneti iscritti<br />

alle Doc Trentino Chardonnay, Trentino Pinot<br />

nero e Trentino Pinot bianco.<br />

La superficie vitata dei produttori di Trentodoc è<br />

coperta al 90% circa da Chardonnay; in seconda<br />

posizione si colloca il Pinot nero, mentre sono<br />

marginali le percentuali di Pinot bianco e di<br />

Pinot meunier. Relativamente all’attività di<br />

trasformazione delle uve, si possono individuare<br />

tre classi prevalenti di produttori di Trentodoc:<br />

le grandi imprese formate da società per azioni<br />

e da alcune cooperative, le imprese di medie<br />

dimensioni in forma di S.r.l. e S.a.s. e infine<br />

le piccole imprese agricole. La stragrande<br />

maggioranza delle imprese oggetto d’indagine<br />

ha piccole e medie dimensioni, e rientra quindi<br />

nelle ultime due classi.<br />

Le poche grandi<br />

A fronte di un’incidenza numerica assai ridotta,<br />

il ruolo produttivo delle grandi imprese che<br />

applicano il marchio Trentodoc è del tutto<br />

preponderante: Ferrari con circa 4,8 milioni di<br />

bottiglie all’anno e Rotari – prodotto da Nosio<br />

S.p.A., controllata dalle Cantine Mezzacorona –<br />

con 2,5 milioni di bottiglie all’anno rivestono un<br />

ruolo predominante nell’ambito di Trentodoc.<br />

Questa forte concentrazione della produzione<br />

di Trentodoc rappresenta un punto di forza se<br />

si ragiona in termini di capacità di penetrazione<br />

del mercato, ma diventa un punto di debolezza<br />

nella misura in cui tende a conferire rilevanza<br />

alla marca aziendale. Non sorprende allora che<br />

l’analisi del mercato italiano dello spumante<br />

a metodo classico sia spesso sviluppata<br />

(Osservatorio delle produzioni Trentine, 2009)<br />

su base aziendale piuttosto che territoriale.<br />

L’ASSETTO ORGANIZZATIVO<br />

Trento Doc è il nome dell’Istituto, costituitosi<br />

come consorzio di imprese, che gestisce<br />

la Denominazione di Origine Controllata.<br />

L’Istituto Trento Doc ha un proprio Statuto<br />

che specifica le finalità da perseguire. Quella<br />

prioritaria è “promuovere l’immagine e<br />

la notorietà del Trentodoc, pertanto la<br />

qualità, l’origine, il metodo e la diffusione<br />

dello spumante di sicura origine trentina<br />

ottenuto con il metodo classico”.<br />

Per beneficiare di economie di scala e sinergie<br />

con altre produzioni del territorio trentino, la<br />

funzione di comunicazione/promozione è stata<br />

delegata a Trentino Marketing S.p.A.,<br />

una società pubblica che svolge le funzioni in<br />

parola per l’intera enogastronomia trentina.<br />

La funzione di tutela della denominazione<br />

Trento Doc è invece svolta dal Consorzio Vini<br />

del Trentino.<br />

La gestione dell’Istituto Trento Doc compete al<br />

Consiglio di Amministrazione e all’Assemblea<br />

dei soci. Le deliberazioni vengono assunte<br />

seguendo il principio una testa un voto,<br />

ovverosia ogni impresa associata ha uguale<br />

peso. Si prescinde dunque nella fattispecie<br />

dal numero di bottiglie prodotte dall’azienda<br />

associata. A ogni modo è bene precisare che<br />

per diventare soci dell’Istituto Trento Doc<br />

occorre raggiungere una produzione annua di<br />

almeno 3.000 bottiglie.<br />

Trentodoc dispone di un rigoroso disciplinare<br />

di produzione che: elenca le varietà ammesse;<br />

prescrive le regole per la produzione dell’uva;<br />

impone la spumantizzazione secondo il metodo<br />

classico; delimita il territorio di produzione;<br />

stabilisce la resa massima a ettaro.<br />

Altre prescrizioni attengono: il titolo<br />

alcolometrico volumico minimo naturale<br />

delle uve; la resa di trasformazione; il<br />

periodo minimo di affinamento sui lieviti di<br />

rifermentazione; l’estratto secco netto minimo;<br />

l’acidità totale minima.<br />

Alcune prescrizioni del disciplinare sembrano<br />

obsolete e meritevoli di rivisitazione, in modo<br />

da rendere il marchio collettivo più adatto<br />

a svolgere le proprie funzioni e in grado di<br />

assumere il ruolo di portabandiera della filiera<br />

vitivinicola trentina.<br />

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VQ numero quattro - luglio duemila12


marketing&normativa<br />

<strong>IL</strong> cONFRONTO<br />

cOI cUGINI BREScIANI<br />

La Franciacorta è, come noto, una zona<br />

vitivinicola situata in provincia di Brescia, sulla<br />

sponda sud del lago d’Iseo. Grazie alla vocazione<br />

del suo territorio e alla capacità imprenditoriale<br />

dei produttori, la Franciacorta ha guadagnato<br />

nel corso dell’ultimo decennio una posizione<br />

di spicco sul mercato italiano dello spumante a<br />

metodo classico.<br />

Il marchio Franciacorta Docg possiede una<br />

particolarità: a partire dal 1998 il Consorzio<br />

di gestione – il Consorzio per la tutela della<br />

denominazione Franciacorta è nato nel 1990<br />

e nel 1995 è stato approvato il disciplinare di<br />

produzione del Franciacorta Docg – ha deciso<br />

che la sigla Vsqprd e il termine spumante<br />

dovessero scomparire dalle etichette dei soci<br />

produttori. Con questa decisione il Consorzio<br />

Franciacorta ha inteso, crediamo, conformarsi<br />

alla strategia del leader del mercato mondiale<br />

dello spumante, lo Champagne, il cui prodotto<br />

viene identificato esclusivamente dal nome<br />

della zona di produzione. Franciacorta Docg<br />

rappresenta oggi il principale concorrente<br />

nazionale di Trentodoc. Nell’ultimo lustro<br />

Franciacorta Docg ha superato Trentodoc in<br />

L’EXPORT SEcONDO<br />

LE FONTI ISTITUZIONALI<br />

Ciò che i due marchi collettivi trentodoc e<br />

franciacorta Docg hanno in comune dal punto<br />

di vista del mercato è la scarsa vocazione<br />

all’export. entrambi, infatti, collocano la<br />

stragrande parte della produzione sul mercato<br />

nazionale; solamente una percentuale<br />

dell’ordine del 10%, per entrambe le<br />

produzioni, varca i confini italiani. Questo è<br />

un grosso limite, in quanto la vitivinicoltura<br />

italiana è obbligata a esportare una quota<br />

ingente dell’offerta se vuole salvaguardare<br />

la propria base produttiva. L’orientamento<br />

verso il mercato interno potrebbe dipendere<br />

dal fatto che i due marchi, presentandosi<br />

separatamente, mancano di massa critica per<br />

entrare in alcuni circuiti commerciali esteri. Se<br />

così fosse, avrebbero ragione quanti (manager<br />

soprattutto) ritengono indispensabile applicare<br />

il marchio collettivo talento all’export italiano di<br />

spumante a metodo classico.<br />

fatto di numero di bottiglie prodotte: produce,<br />

tra le incertezze dei numeri, un po’ meno di 10<br />

milioni di bottiglie, cifra superiore ai 9 milioni di<br />

bottiglie tirate nel 2010 da Trentodoc.<br />

L’aspetto più interessante del confronto tra i due<br />

marchi riguarda le prescrizioni dei rispettivi<br />

disciplinari di produzione. Franciacorta Docg<br />

dispone di un disciplinare maggiormente<br />

impegnativo rispetto a quello di Trentodoc, in<br />

quanto si fregia della Denominazione d’Origine<br />

Garantita oltre che Controllata. Anche l’Istituto<br />

Trento Doc si sta attivando per acquisire la<br />

“G”; si tratta di un passaggio eminentemente<br />

formale, posto che le condizioni sostanziali per<br />

conseguire la Docg sono già rispettate dalla<br />

produzione dei soci di Trentodoc.<br />

Dal confronto tra il disciplinare di Franciacorta<br />

Docg e quello di Trentodoc emergono differenze<br />

relativamente alla resa a ettaro nonché alla<br />

resa di trasformazione dell’uva in vino. Mentre<br />

Trentodoc ammette una resa massima di 150<br />

quintali di uva a ettaro, Franciacorta Docg<br />

prescrive una resa massima di 100 quintali<br />

a ettaro. Altra differenza rilevante riguarda<br />

i tempi minimi di permanenza sui lieviti di<br />

rifermentazione.<br />

Se la produzione di una bottiglia di Trentodoc<br />

classico richiede al minimo 15 mesi di<br />

affinamento, per una bottiglia di Franciacorta<br />

Classico tale periodo non può avere una<br />

durata inferiore a 18 mesi. Una divergenza<br />

ancora maggiore si riscontra con riferimento<br />

all’affinamento dei prodotti Riserva: per poter<br />

applicare tale qualifica Trentodoc impone<br />

almeno 36 mesi di affinamento, mentre<br />

Franciacorta Docg non meno di 60 mesi.<br />

Le divergenze sopra rilevate potrebbero far<br />

pensare che il Consorzio Franciacorta presti<br />

maggior attenzione alla qualità sia nella fase<br />

di produzione della materia prima sia in<br />

quella della trasformazione, segnatamente<br />

nell’affinamento del prodotto. In realtà le<br />

prescrizioni del disciplinare sono solo condizioni<br />

limite, massime o minime a seconda del<br />

parametro considerato.<br />

La grande maggioranza dei produttori di<br />

Trentodoc in concreto consegue rese medie<br />

a ettaro nettamente inferiori a quelle stabilite<br />

dal disciplinare. La stessa permanenza in<br />

L’EXPORT SEcONDO<br />

LE AZIENDE INTERVISTATE<br />

Dalla ponderazione delle percentuali rilevate<br />

con il questionario si ricava che mediamente<br />

viene esportato il 23% della produzione di<br />

trentodoc; questo dato contrasta apertamente<br />

con quello del 10% riferito da altre fonti (per<br />

es. Cciaa trento). La divergenza riscontrata<br />

deriva presumibilmente da una sovrastima<br />

della percentuale dell’export effettuata dalle<br />

grandi imprese. L’analisi delle esportazioni di<br />

trentodoc ha evidenziato inoltre che le S.p.a.<br />

esportano quasi il 25% della loro produzione,<br />

mentre la percentuale esportata dalle altre<br />

classi risulta molto bassa. C’è dunque una<br />

maggior capacità di penetrazione dei mercati<br />

esteri da parte delle grandi imprese che<br />

applicano il marchio trentodoc, a fronte di<br />

un’omogeneità su livelli bassi delle imprese di<br />

piccole e medie dimensioni.<br />

affinamento delle bottiglie di Trentodoc<br />

raggiunge spesso durate anche doppie rispetto a<br />

quelle normalmente prescritte dal disciplinare.<br />

L’INDAGINE SUI SOcI<br />

Il questionario<br />

Per rilevare le opinioni dei produttori di<br />

Trentodoc è stato predisposto un questionario<br />

contenente 19 domande. La somministrazione<br />

ha interessato 30 produttori ed è stata effettuata<br />

agli inizi del 2011 in collaborazione con l’Istituto<br />

Trento Doc. La scelta di non somministrare il<br />

questionario a 3 imprese socie (erano 33 nel<br />

2011) è spiegata dal fatto che le stesse, avendo<br />

aderito da poco tempo all’Istituto Trento Doc,<br />

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VQ numero quattro - luglio duemila12


marketing&normativa<br />

non avevano le informazioni necessarie per<br />

rispondere alle domande più importanti.<br />

I produttori che hanno fatto pervenire in<br />

tempo utile i questionari compilati sono stati<br />

20. Il campione delle risposte corrisponde<br />

numericamente all’incirca al 67% delle imprese<br />

che applicano il marchio Trentodoc. Ben<br />

superiore risulta la copertura del campione<br />

nell’ottica del numero di bottiglie di Trentodoc<br />

prodotte dalle stesse, che raggiunge il 95%.<br />

Le principali tematiche trattate dall’indagine<br />

sono elencate di seguito:<br />

• punti deboli del disciplinare di produzione;<br />

• eventuale passaggio alla Docg;<br />

• canali della distribuzione;<br />

• promozione del marchio;<br />

• complementarità con il marchio Talento;<br />

• posizionamento di prezzo.<br />

Per raccogliere le opinioni in merito a tali<br />

argomenti è stato privilegiato lo schema di<br />

domanda a risposta chiusa (crocette).<br />

È stato però frequentemente lasciato uno spazio<br />

per consentire agli intervistati di motivare la<br />

scelta effettuata.<br />

I risultati<br />

La discussione dei risultati ottenuti dalla<br />

somministrazione del questionario non<br />

considera tutte le domande/risposte, ma si<br />

limita solo a quelle maggiormente significative<br />

per disegnare il futuro del marchio Trentodoc.<br />

Riguardo alle modifiche da apportare al<br />

disciplinare di produzione di Trentodoc, anche<br />

in un’ottica di passaggio alla Docg (vedere<br />

box), le domande più importanti poste dal<br />

questionario riguardavano: a) il contenimento<br />

delle rese a ettaro; b) il livello ideale della resa di<br />

trasformazione dell’uva; c) l’introduzione di un<br />

limite minimo di altitudine dei vigneti.<br />

La modifica che ha incontrato il maggior<br />

consenso è quella del contenimento della resa<br />

massima ammessa, oggi fissata a 150 q/ha. A<br />

tale riguardo va precisato che sarebbe molto<br />

più appropriato assumere a riferimento la resa<br />

a ceppo anziché la resa a ettaro; il disciplinare<br />

di Trentodoc non stabilisce di fatto alcun<br />

limite al numero di ceppi per ettaro; viene solo<br />

specificato, molto sbrigativamente, che: “I sesti<br />

d’impianto, le forme di allevamento ed i<br />

sistemi di potatura devono essere atti a non<br />

modificare le caratteristiche qualitative delle<br />

uve e del vino”. Si tratta di un’affermazione<br />

di principio, piuttosto vaga, che non trova<br />

una diretta valenza operativa. Prescrivere un<br />

intervallo numerico di ceppi per ettaro, com’è<br />

stato fatto dal disciplinare Franciacorta Docg<br />

(densità non inferiore ai 4.500 ceppi per ettaro<br />

nel caso di nuovi impianti, eccezion fatta per i<br />

terreni terrazzati, il cui limite minimo risulta<br />

inferiore) rafforzerebbe la fondazione viticola<br />

dell’eccellenza dello spumante Trentodoc e<br />

fornirebbe ai soci un’indicazione assai utile per<br />

il rinnovo dei loro vigneti. In ogni caso, siccome<br />

è fuori discussione che la qualità delle uve<br />

dipenda dalla produzione a ceppo (nell’ordine di<br />

1-2 kg), il riferimento alla resa a ceppo è quello<br />

più corretto. Imporre limiti alla resa a ettaro<br />

anziché alla resa a ceppo può comportare,<br />

ceteris paribus, livelli divergenti e disomogenei<br />

di qualità delle uve prodotte dai soci se il<br />

numero di ceppi per unità di superficie non<br />

viene prefissato. L’aspetto della qualità dell’uva<br />

è stato ulteriormente affrontato nel questionario<br />

dalla domanda sul livello massimo della resa a<br />

ettaro da prescrivere. I produttori hanno optato<br />

nella stragrande maggioranza per il range 101-<br />

120 q/ha, avvicinandosi molto alla resa massima<br />

stabilita dal disciplinare Franciacorta Docg.<br />

Riguardo invece al livello della resa di<br />

trasformazione dell’uva in vino spumante a<br />

metodo classico, le valutazioni dei produttori<br />

di Trentodoc divergono e non si raggiunge<br />

un’indicazione univoca: le risposte sono<br />

distribuite equamente fra due range 60-65%<br />

e 65-70%.<br />

LA DOP LAScIA PERPLESSI<br />

una questione controversa di grande rilievo<br />

riguarda il passaggio alla Docg. Su questo<br />

punto non si rileva una posizione chiara degli<br />

intervistati, né a favore né contraria: i numeri<br />

si equivalgono. Da notare che, tra i motivi della<br />

contrarietà alla Docg segnalati dagli intervistati<br />

spicca il fatto che la nuova ocm vino prevede<br />

l’abolizione delle Doc e Docg a favore della Dop.<br />

Riceve d’altra parte un consenso<br />

sufficientemente ampio l’ipotesi di introdurre un<br />

limite minimo d’altitudine per i vigneti. Si tratta<br />

di un’indicazione molto interessante non tanto<br />

nella prospettiva, assai improbabile, di esclusioni<br />

di alcune superfici vitate oggi ammesse, quanto<br />

per un’eventuale segmentazione territoriale<br />

della produzione di Trentodoc.<br />

Una domanda del questionario (la numero<br />

7) richiedeva ai produttori di Trentodoc<br />

di articolare le loro vendite in funzione dei<br />

canali della distribuzione. Dai dati raccolti<br />

è emerso che, in media, il Retail assorbe il<br />

47,5% della produzione e l’Horeca il 42,5%.<br />

Seguono nell’ordine d’importanza le enoteche<br />

con il 7% e la vendita diretta al minuto con<br />

il 3%. Queste percentuali sono congruenti<br />

con quelle fornite da altri studi su Trentodoc.<br />

Emerge un’incidenza elevata della produzione<br />

indirizzata al canale Retail, gestito per lo più<br />

dalla Grande distribuzione Organizzata (Gdo).<br />

Ciò è spiegato dal ruolo produttivo nettamente<br />

dominante rivestito dalle 4 grandi imprese<br />

nell’ambito della produzione di Trentodoc. I dati<br />

sulle vendite per canale distributivo dimostrano<br />

infatti che esiste all’interno di Trentodoc una<br />

forte differenziazione in funzione delle classi<br />

di imprese produttrici; solo quelle più grandi si<br />

avvalgono massicciamente della Gdo.<br />

Un altro aspetto cruciale per il futuro del<br />

marchio Trentodoc è costituito dalle iniziative<br />

di promozione/comunicazione. Un’ampia<br />

maggioranza dei produttori ritiene sia preferibile<br />

concentrare la promozione/comunicazione nel<br />

Nord Italia. Tra i Paesi esteri su cui concentrare<br />

queste iniziative, gli intervistati privilegiano<br />

il mercato tedesco. Sempre in merito<br />

alla promozione/comunicazione,<br />

63<br />

VQ numero quattro - luglio duemila12


marketing&normativa<br />

E il marchio Talento?<br />

Il questionario ha affrontato anche il tema del possibile<br />

accostamento in etichetta dei marchi collettivi Talento e<br />

Trentodoc. Tre quarti degli intervistati ritengono sbagliato<br />

l’accostamento dei due marchi adducendo come motivazioni,<br />

in ordine d’importanza, il fatto che si crei confusione tra i<br />

consumatori e che il marchio Talento non sia conosciuto e<br />

comunque non abbia un significato commerciale. Solo quattro<br />

produttori sostengono che i due marchi siano complementari:<br />

Talento attesterebbe il metodo classico di produzione per<br />

tutti gli spumanti italiani e Trentodoc l’origine del prodotto.<br />

Affiora qui l’essenza del progetto Talento: coprire sotto un<br />

unico marchio collettivo tutta la produzione italiana a metodo<br />

classico al fine di presentarsi uniti sui mercati esteri.<br />

i produttori di Trentodoc sono stati chiamati<br />

a esprimere una valutazione dell’attività<br />

svolta da Trentino Marketing S.p.A. Nessun<br />

intervistato ha espresso un giudizio negativo<br />

a tale riguardo. Viene però auspicato un<br />

maggiore coinvolgimento dei produttori nella<br />

progettazione delle iniziative di promozione/<br />

comunicazione. Gli spunti propositivi più<br />

importanti forniti dai produttori di Trentodoc<br />

relativamente alle iniziative di promozione/<br />

comunicazione sono i seguenti: investire di<br />

più sulla stampa specializzata; comunicare<br />

maggiormente la specificità del territorio<br />

di origine; orientare la comunicazione e<br />

promozione verso la ristorazione.<br />

Le ultime due domande del questionario<br />

(quindicesima e sedicesima) chiedevano le<br />

opinioni dei produttori in merito alla scelta di<br />

posizionamento, indicando un prezzo medio e<br />

un prezzo minimo al dettaglio per una bottiglia<br />

di Trentodoc. Relativamente al prezzo medio,<br />

i produttori di Trentodoc individuano come<br />

ottimale un range di prezzi che va da 10 a 15<br />

€, in linea con quanto riportato da altre fonti,<br />

che indicano un prezzo medio di circa 13 € a<br />

bottiglia. La scelta del prezzo minimo presenta<br />

invece una dispersione molto elevata.<br />

Le risposte indicano un’ampia forbice, che va da<br />

6 a 12 € alla bottiglia.<br />

segmentazioni innovative<br />

nella storicità del marchio<br />

Dall’indagine condotta sui produttori<br />

di Trentodoc emerge la necessità di un<br />

aggiornamento del disciplinare della<br />

denominazione d’origine; innanzitutto va<br />

precisato il numero massimo di ceppi per ettaro.<br />

Il livello massimo della resa di uva a ettaro<br />

prescritto dal disciplinare è stato giudicato<br />

bisognoso di una correzione verso il basso in<br />

prossimità di quota 100 q/ha. I produttori poi<br />

convergono sull’ipotesi di introdurre un limite<br />

minimo d’altitudine per i vigneti. L’altitudine<br />

potrebbe quindi diventare uno dei criteri di<br />

segmentazione territoriale della produzione di<br />

Trentodoc. Posizioni divergenti tra i produttori si<br />

riscontrano in merito al possibile passaggio dalla<br />

Doc alla Docg. Non emerge, in buona sostanza,<br />

una convinzione forte e diffusa tra i produttori<br />

di Trentodoc che fregiarsi della Docg migliori la<br />

competitività. La modifica del logo Trentodoc,<br />

con il suo particolare richiamo al remuage non<br />

sarebbe invece così impattante, a differenza<br />

di quanto sostengono alcuni, qualora fosse<br />

abbracciata la Docg.<br />

L’indicazione relativa al prezzo minimo di una<br />

bottiglia di Trentodoc al dettaglio si attesta<br />

in media a 8,5 €. La prescrizione di una soglia<br />

minima di questa consistenza avrebbe chiare<br />

ripercussioni sulle politiche di prezzo dei grandi<br />

produttori. La maggioranza degli intervistati<br />

ritiene che l’unico marchio collettivo da<br />

comunicare per valorizzare lo spumante trentino<br />

a metodo classico sia Trentodoc. L’ipotesi di<br />

utilizzare il marchio Talento in aggiunta a<br />

Trentodoc raccoglie poco consenso; è sostenuta<br />

solo da alcune grandi imprese.<br />

In conclusione, per conferire a Trentodoc il ruolo<br />

di portabandiera dell’intera filiera vitivinicola<br />

trentina si ritiene sia necessario salvaguardare<br />

l’identità storica del marchio collettivo, lasciando<br />

spazio a segmentazioni innovative. ■<br />

La Bibliografia può essere richiesta a<br />

costanza.fregoni@tecnichenuove.com<br />

* Luciano Pilati - Dipartimento di Economia<br />

Università degli Studi di Trento<br />

** Stefano Bortolotti<br />

Laureato in Viticoltura ed Enologia<br />

Gli autori desiderano ringraziare Enrico Zanoni e<br />

Fausto Peratoner, rispettivamente presidente in carica e<br />

presidente uscente dell’Istituto Trento Doc.<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

64<br />

VQ numero quattro - luglio duemila12

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