40 Johannes Teutonichus, 1472 c., Crocifisso (dopo il restauro) - Urb<strong>in</strong>o, Chiesa <strong>di</strong> Santa Chiara. tore “Johannes Teuthonicus” noto nella forma italianizzata come Giovanni Teutonico 18 , realizzata qu<strong>in</strong><strong>di</strong> non sappiamo dove, legata appunto a quella enigmatica produzione che oggi ha superato largamente i quaranta esemplari. E si tratta <strong>di</strong> ben quarantac<strong>in</strong>que crocifissi lignei <strong>di</strong>p<strong>in</strong>ti (uno dei quali ancora <strong>in</strong>e<strong>di</strong>to, conservato ad Urbania <strong>di</strong> cui si spera presto poter dar conto). Un nu- 18 Mi permetto <strong>di</strong> rimandare a: A. MARCHI, Il caso “Johannes Teutonichus”. Stato degli stu<strong>di</strong> e raccolta dei materiali, <strong>in</strong> Nuovi contributi alla cultura lignea marchigiana, Atti <strong>del</strong>la giornata <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Matelica <strong>del</strong> 1999, a cura <strong>di</strong> M. Giannatiempo Lopez e A. Jacob<strong>in</strong>i, Sant’Angelo <strong>in</strong> Vado 2002, pp. 73- 98, con bibl. precedente; a cui sono da aggiungere: D. BENATI, Presenze tedesche all’Aquila da Gualtieri d’Alemagna a Giovanni Teutonico, <strong>in</strong> L’Abruzzo <strong>in</strong> età angio<strong>in</strong>a. Arte <strong>di</strong> frontiera tra Me<strong>di</strong>oevo e R<strong>in</strong>ascimento, Atti <strong>del</strong> convegno <strong>in</strong>ternazionale <strong>di</strong> Chieti
mero più che considerevole, che potrebbe ancora aumentare, tutti <strong>di</strong> una “medesima mano”, scalati fra gli estremi cronologici <strong>del</strong> 1449 e 1494, oltrechè <strong>di</strong>slocati dalle propagg<strong>in</strong>i alp<strong>in</strong>e verso il Friuli, lungo il Veneto, l’Emilia, la Toscana, l’Umbria, la Romagna, le Marche e l’Abruzzo s<strong>in</strong>o a Roma (a coprire il territorio nazionale per circa i tre quarti <strong>del</strong>la sua estensione). Anche e solo <strong>in</strong> questi term<strong>in</strong>i sommari dunque, un fenomeno che sfugge tanto ai nostri canoni moderni d’<strong>in</strong>terpretazione, quanto alle nostre cognizioni sui processi <strong>del</strong>la produzione artistica tardo-me<strong>di</strong>eoevale, seppure specializzata <strong>in</strong> un oggetto tipico <strong>di</strong> venerazione e devozione come il crocifisso scolpito nel legno e rivestito <strong>di</strong> colori e dorature. Un testo che viene modulato sulla iconografia <strong>del</strong> crocifisso gotico doloroso, d’orig<strong>in</strong>e otralp<strong>in</strong>a, noto già nel Me<strong>di</strong>oevo, ma poi largamente presente, appunto con esemplari simili al nostro, <strong>in</strong> contesti r<strong>in</strong>ascimentali. Un oggetto liturgico, fortemente legato alla venerazione, ma soprattutto alle sacre rappresentazioni <strong>del</strong> Venerdì Santo, come <strong>di</strong>mostrano, là dove identificati – come nel nostro caso dai restauri- i congegni che permettevano <strong>di</strong> movimentare la l<strong>in</strong>gua (secondo un proce<strong>di</strong>mento neo-realistico che <strong>in</strong>centivava l’immedesimazione dei fe<strong>del</strong>i nel dramma umano <strong>del</strong> Cristo Passo). Pertanto un’umanizzazione s<strong>in</strong> troppo realistica (pensate a quella l<strong>in</strong>gua che dondolava ed usciva dalla chiostra dei denti), per l’appunto cancellata nel corso dei tempi, quando i crocifissi erano rimasti immobili, appesi sugli altari o dentro le nicchie, sui calvari. Ed un calvario <strong>di</strong> pietra, con l’<strong>in</strong>cavo preciso per la nostra croce, è stato r<strong>in</strong>venuto da Bruno Vittorr<strong>in</strong>i <strong>in</strong> una nicchia –ora riaperta- <strong>in</strong> Santa Chiara, nel punto preciso <strong>in</strong> cui era appunto collocata la croce, dove il Duca Federico usava sedersi a pregare, da solo, per la moglie morta dopo il nono parto, il 6 luglio 1472, appunto pochi mesi dopo aver dato alla luce il figlio Guidobaldo (l’ultimo Montefeltro) 19 . Non fa specie che il colto Federico, abituato a <strong>di</strong>scorrere con Leon Battista Alberti, a far <strong>di</strong>p<strong>in</strong>gere Piero e i sofisticati fiamm<strong>in</strong>ghi, preferisse per la preghiera un crocifisso tedesco, vibrante <strong>di</strong> un realismo doloroso e veristico: come volesse consolare il proprio cuore affranto guardando un dolore eccessivo e sublime, eppure foriero <strong>di</strong> salvezza. Ed il nostro crocifisso si <strong>di</strong>mostra pienamente comprensibile, al colmo <strong>del</strong>le sue caratteristiche espressive, proprio nella <strong>veduta</strong> frontale ad una altezza contenuta, circa un metro da terra, così che il riguardante potrebbe immedesimarsi <strong>in</strong> Maddalena e gettarsi ad abbracciare la croce. La qualità altissima, perfettamente recuperata da un restauro eccellente, sorprende e commuove. 2004 a cura <strong>di</strong> D. Benati e A. Tomei, C<strong>in</strong>isello Balsamo 2005, pp. 309-319, spec. pp. 312-319; E. FRAN- CESCUTTI, Un’aggiunta al “corpus” <strong>di</strong> Johannes Teuthonicus, <strong>in</strong> “Arte Veneta”, 61, 2004, pp. 178-187; M. MAZZALUPI, Don Paolo Alamanno: un contributo per la questione Johannes Teutonichus, <strong>in</strong> Pittori ad Ancona nel Quattrocento, a cura <strong>di</strong> A. De Marchi e M. Mazzalupi, Milano 2008, pp. 322-331. 19 Cfr. GIANNA TIEMPO 2006, cit., pp. 92-93. 41