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Nicola Zingarelli e il «Giornale storico della letteratura italiana

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NICOLA ZINGARELLI<br />

NICOLA ZINGARELLI E IL « GIORNALE STORICO<br />

DELLA LETTERATURA ITALIANA »<br />

(con stralci di una corrispondenza medita)<br />

1. La collaborazione di <strong>Nicola</strong> <strong>Zingarelli</strong> al « Giornale Storico »<br />

non va oltre un articolo nel volume 48°, 1906: 13 pagine (pp. 368-<br />

380) di Appunti lessicali danteschi (una nota, più che un saggio vero e<br />

proprio, anzi un « articoletto », per dirla col Renier che gliene annunziava<br />

la pubblicazione e l’invio dei 30 estratti di rito) e due recensioni,<br />

all’edizione <strong>della</strong> Vita nuova di Barbi (volume 520, 1908, pp.<br />

202-210) ed al libro di Robert de Labusquette Auteur de Dante. Les<br />

Beatrices (volume 770, 1921, pp. 288-298): di tono elogiativo, e si direbbe<br />

quasi riguardoso, com’era naturale, la prima sul lavoro del Barbi;<br />

severa, analitica, interpretativa, secondo <strong>il</strong> suo st<strong>il</strong>e recensorio, la<br />

seconda 1 .<br />

* Relazione presentata al Convegno Nazionale « Piemonte e <strong>letteratura</strong> nel ‘900 »<br />

(S. Salvatore Monferrato, 18-20 ottobre 1979) compresa nel voi, degli Atti di quel Convegno.<br />

Esprimo la mia gratitudine al dott. Celuzza, direttore <strong>della</strong> Biblioteca Provinciale<br />

di Foggia, e al personale di quella biblioteca, per le cortesie prodigatemi nella consultazione<br />

delle carte del Fondo <strong>Zingarelli</strong>.<br />

1 Si veda la serie ininterrotta, ed ormai vicina al centenario, del « Giornale <strong>storico</strong><br />

<strong>della</strong> <strong>letteratura</strong> <strong>italiana</strong> », Torino, Loescher, dal 1883,<br />

1


MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

Un po’ poco, se si pensa alla immensa bibliografia del romanista<br />

lessicografo pugliese distesa con ben 357; titoli in oltre 50 anni di attività<br />

erudita e letteraria su più disparati argomenti di materia neolatina,<br />

romanza dantesca, linguistica e letteraria, in volumi, saggi, note recensioni<br />

nelle maggiori riviste, dalla « Rassegna critica <strong>della</strong> <strong>letteratura</strong><br />

<strong>italiana</strong> » a « Romania » a « Studi medioevali » al « Bullettino <strong>della</strong><br />

Società dantesca <strong>italiana</strong>» ai e Rendiconti del Regio Istituto Lombardo<br />

di Scienze e Lettere » all’ « Archivio glottologico » al « Giornale dantesco<br />

» a « La cultura » di De Lollis, e via dicendo, non senza frequenti<br />

puntate divulgative sulle terze pagine dei quotidiani, soprattutto «<br />

La stampa » e « Il giornale d’Italia » di Bergamini 2 .<br />

Un po’ poco anche se si considerano le sollecitazioni che gli venivano<br />

dai direttori del « Giornale », dal Renier, dal Novati, e soprattutto<br />

dal Cian, come si può leggere nella corrispondenza di cui dirò tra<br />

poco, nella quale è anche, sia pure nelle forme <strong>della</strong> civ<strong>il</strong>tà epistolare<br />

tra gente di lettere, non poca cordialità ed affermazioni di stima.<br />

Certamente <strong>Zingarelli</strong> aveva le sue pigrizie epistolari e certe lentezze<br />

di lavoro, che sembravano contraddire una laboriosità e capacità<br />

e l’ut<strong>il</strong>issimo e precisissimo Indice comp<strong>il</strong>ato da C. DIONISOTTI, per i primi 100 volumi<br />

(1883-1932), Torino, Loescher, 1948.<br />

2 Per la bibliografia dello <strong>Zingarelli</strong> si veda <strong>il</strong> volumetto di E. FLORI, Bibliografia<br />

degli scritti di N. <strong>Zingarelli</strong>, MDCCCLXXXIV-MCMXXXII, M<strong>il</strong>ano, Hoepli, 1933, offertogli<br />

in occasione dei cinquant’anni di insegnamento.<br />

Intorno allo <strong>Zingarelli</strong> si vedano i prof<strong>il</strong>i di A. PIROMALLI, N. Z. e di F. PICCO-<br />

LO, Z. f<strong>il</strong>ologo e critico, nella serie I critici dell’Editore Marzorati, M<strong>il</strong>ano, 1969, II; la<br />

bibliografia già accennata; <strong>il</strong> Saggio bio-bibliografico, di M. PENZA, nel vol. N. <strong>Zingarelli</strong>,<br />

Scritti vari e inediti nel primo centenario <strong>della</strong> nascita, 1860-1960, a cura di un<br />

Comitato per le onoranze in Cerignola, Bari, Cressati, 1963; E. LOIODICE, Le tradizioni<br />

popolari nella Capitanata e N. <strong>Zingarelli</strong> nei ricordi dell’autrice, Foggia, Amministrazione<br />

Provinciale, 1974; A. VALLONE, Correnti letterarie e studiosi di Dante in<br />

Puglia, Foggia, Studio editoriale dauno, 1966; dello stesso Vallone, le pagine relative<br />

nel Dante, rifatto per la Storia dell’editore Vallardi e La critica dantesca nel 900, Firenze,<br />

Olschki, 1977; La critica dantesca nell’800, Firenze, Olschki, 1978; 1 Manoscritti<br />

<strong>della</strong> Biblioteca provinciale di Foggia, a cura di P. DE Cicco, Foggia, Amministrazione<br />

Provinciale, 1977.<br />

2


______________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL «GIORNALE STORICO »<br />

sedentaria rimaste proverbiali; ma nel caso nostro esse non potrebbero<br />

spiegare (o forse potrebbero fin troppo) tante cadute di offerta, la lentezza<br />

svogliata di certe recensioni, s<strong>il</strong>enzi e rinvii di impegni pur assunti<br />

senza entusiasmo.<br />

E’ vien quasi da chiedersi se non ci fosse qualcosa di non casuale,<br />

di intimamente discordante, anche se mai dichiarato. Se non ci fosse,<br />

insomma tra lo studioso ed <strong>il</strong> « Giornale » dall’una parte e dall’altra,<br />

una certa freddezza e diffidenza resistenti negli anni e mai cadute<br />

completamente.<br />

Nel fondo dei manoscritti <strong>della</strong> biblioteca <strong>Zingarelli</strong>, acquisita dalla<br />

Biblioteca Provinciale di Foggia, ed attentamente catalogato, si possono<br />

leggere le lettere del Gaspary e di quasi tutti i personaggi grandi<br />

e piccoli <strong>della</strong> romanistica e <strong>della</strong> f<strong>il</strong>ologia <strong>italiana</strong> ed europea, tra fine<br />

Ottocento ed i primi trentacinque anni del Novecento: una corrispondenza<br />

di un cinquantennio, d<strong>il</strong>igentemente conservata ed ora ordinata,<br />

che getta luce su molti particolari di quella vita ed esperienza di studio,<br />

ed anche, tra le pieghe, su talune vicende non prive di interesse<br />

<strong>della</strong> cultura e <strong>della</strong> vita accademica <strong>italiana</strong>. Su un tale carteggio si<br />

era soffermato <strong>il</strong> Vallone pubblicando qualche lettera nel suo studio<br />

sulle Correnti letterarie e studiosi di Dante in Puglia, ed ora si annunzia<br />

imminente la pubblicazione di tutta la corrispondenza con <strong>il</strong> Barbi<br />

ed altri maestri <strong>della</strong> f<strong>il</strong>ologia <strong>italiana</strong>, a cura <strong>della</strong> Prencipe - Di Donna<br />

3 .<br />

3 Lo studio del Vallone è indicato nella nota precedente. La pubblicazione <strong>della</strong><br />

Prencipe-Di Donna, annunziata come imminente, non è ancora disponib<strong>il</strong>e all’atto <strong>della</strong><br />

presente relazione. La cortesia dell’autrice mi ha offerto copia del volume (N. Z. Carteggi,<br />

a cura di C. PRENCIPE DI DONNA, Foggia, Apulia, 1979) che ho potuto consultare<br />

mentre correggevo queste bozze per gli Atti, trovando molte conferme a quanto<br />

avevo scritto. Il volume, preceduto da una breve introduzione, e accompagnato da note<br />

precise, pubblica le lettere di <strong>Zingarelli</strong> al Barbi e a Pascarella e quelle di alcuni studiosi<br />

allo Z. Dello stesso volume, successivamente, ho avuto incarico di fare la presentazione<br />

in una serata organizzata in Foggia dell’Istituto Dauno di Cultura e <strong>della</strong> Biblioteca<br />

Provinciale, e mi è occorso di recensirlo in « Rapporti », 16-17 (1980) pp. 108-110.<br />

3


MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

Mi limiterò, pertanto, a dare solo qualche saggio di questa corrispondenza,<br />

che potrà lumeggiare <strong>il</strong> rapporto <strong>Zingarelli</strong> - « Giornale<br />

<strong>storico</strong> », dal quale potrà trarsi forse, qualche considerazione su taluni<br />

aspetti non trascurab<strong>il</strong>i <strong>della</strong> storia <strong>della</strong> cultura <strong>italiana</strong> nei suoi con-<br />

trastati svolgimenti ed opposizioni di scuole ed aree culturali.<br />

2. <strong>Zingarelli</strong>, come si sa, pugliese di nascita e napoletano di studi,<br />

era stato nei suoi giovani anni, intorno al 1880, allievo del D’Ovidio e<br />

dello Zumbini, in una università quale Napoli che ancora risentiva del<br />

rinnovamento desanctisiano e di una tradizione culturale romanticohegeliana,<br />

e che anche nei maestri <strong>della</strong> nuova generazione, quali<br />

D’Ovidio e Zumbini appunto, e poi via via, Torraca, Montefredini,<br />

Percopo e Scher<strong>il</strong>lo, si mostrava attenta alle nuove dottrine del metodo<br />

<strong>storico</strong> passate in Italia dopo <strong>il</strong> ‘70 per la suggestione <strong>della</strong> grande f<strong>il</strong>ologia<br />

tedesca e francese; ma non perdeva (e forse non poteva perdere)<br />

<strong>il</strong> collegamento con la tradizione « f<strong>il</strong>osofica » più che « f<strong>il</strong>ologica<br />

» di cui era nutrita fin dal Sei-Settecento; tentava perciò di elaborare<br />

forme di metodo intermedio nell’ideale di una « critica intera », per<br />

dirla con l’aspirazione del D’Ovidio, in cui glottologia, f<strong>il</strong>ologia, critica<br />

letteraria ed estetica si fondessero con pienezza di risultato. Così<br />

non era raro negli scritti del D’Ovidio stesso e del Torraca e dello<br />

Scher<strong>il</strong>lo, tracce di resistente consenso e radicati semi fruttuosi<br />

dell’insegnamento non solo del De Sanctis, ma di Settembrini, V<strong>il</strong>lari,<br />

De Meis, Spaventa 4 .<br />

4 Per quanto attiene alla cultura letteraria e f<strong>il</strong>osofica napoletana nell’Ottocento, si<br />

rimanda tra l’altro al vol. di G. OLDRINI, La cultura f<strong>il</strong>osofica dell’Ottocento, Bari, Laterza,<br />

1973; al saggio di M. SANSONE, La <strong>letteratura</strong> a Napoli, dal 1800 al 1860, nel<br />

vol. IX <strong>della</strong> Storia di Napoli, Napoli, 1972; e, naturalmente, agli scritti del De Sanctis,<br />

del Croce, del Nicolini, del Gent<strong>il</strong>e, del Galasso, del Dotti, del Vallone e di quanti altri<br />

hanno studiato quella cultura ed i relativi fenomeni. Mi sia consentito citare anche tre<br />

miei contributi alla storia di quella cultura: M. DELL’AQUILA, Critica e <strong>letteratura</strong> in<br />

tre hegeliani di Napoli, Bari, Adriatica, 1969; La cultura nell’Ottocento, nell’opera di<br />

AA. VV., Storia delta Puglia,<br />

4


______________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL «GIORNALE STORICO »<br />

E forse varrà non dimenticare che già quei maestri e<br />

quell’hegelismo erano stati essi stessi partecipi e per sino iniziatori di<br />

quel rinnovamento, e proprio di Pasquale V<strong>il</strong>lari è quel noto saggio<br />

sulla F<strong>il</strong>osofia positivi ed <strong>il</strong> metodo <strong>storico</strong>, pubblicato nel e « Politecnico<br />

» di M<strong>il</strong>ano nel 1866, in una rivista dunque di un’area culturale<br />

ben diversa da quella napoletana, richiamantesi alla lezione dei Cattaneo;<br />

saggio al quale si fa comunemente risalire la costituzione da noi<br />

di un indirizzo « <strong>storico</strong> » degli studi.<br />

Senza dire dei saggio desanctisiano su La scienza e la vita, del<br />

1872, così denso di forti sollecitazioni.<br />

Ma i pronunciamenti e le fratture d’ordine metodologico di quei<br />

primi anni unitari <strong>della</strong> cultura <strong>italiana</strong> sono noti. I casi appunto di<br />

Montefredini e dello Zumbini nei confronti del De Sanctis e del Settembrini<br />

risultano esemplari <strong>della</strong> inquietudine <strong>della</strong> cultura napole-<br />

tana che avvertiva <strong>il</strong> suo crescente isolamento nella matrice « f<strong>il</strong>osofica»<br />

spregiata dalla nuova f<strong>il</strong>osofia e dall’orientamento predominante<br />

verso forme di studio documentario e analitico, contrarie ad ogni tentativo<br />

di sintesi affrettata e ad ogni fumosità f<strong>il</strong>osofica e divagazione<br />

letteraria.<br />

Nè va sottovalutato <strong>il</strong> fatto, che <strong>il</strong> Dionisotti ha ben r<strong>il</strong>evato, la<br />

straordinaria congiura del s<strong>il</strong>enzio (se non per le irose insofferenze<br />

carducciane) che accompagnò per decenni la Storia desanctisiana da<br />

parte <strong>della</strong> cultura accademica ormai monopolizzata dalla nuova scuo-<br />

la, e l’ambito ristrettamente napoletano <strong>della</strong> disputa intorno alla Storia<br />

del Settembrini, lasciata cadere come disputa su cosa di poco r<strong>il</strong>ievo<br />

e fatto di una cultura ancora attardata 5 .<br />

Ed. RAI-Adda, Bari, 1978, II; Foscolo nel progetto pedagogico del De Sanctis, in Atti<br />

del Convegno nazionale su Foscolo e la cultura napoletana, Napoli, Soc. Ed. Napoletana,<br />

1980 e, più ampiamente, in « Italianistica » 1979, 2 e 1980, 2.<br />

5 C. DIONISOTTI, La scuola storica, in Dizionario critico <strong>della</strong> <strong>letteratura</strong> <strong>italiana</strong>,<br />

Torino, UTET, III°, 1973. La scuola storica è anche <strong>il</strong> titolo di un recente studio di<br />

D. CONSOLI, Ed. La Scuola, Brescia, 1979.<br />

5


MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

Ma, si sa bene, i discepoli sopravanzano i maestri. E se Zumbini e<br />

D’Ovidio e Torraca a Napoli, e V<strong>il</strong>lari e De Meis a Pisa e a Firenze,<br />

pur nelle diverse posizioni assunte, non tagliavano i legami con una<br />

matrice f<strong>il</strong>osofico-hegeliana; proprio in Firenze e a Pisa, tra <strong>il</strong> ‘70 e<br />

1’80 e poi nei decenni successivi, si costituì e venne rafforzandosi una<br />

tradizione di comparatistica neolatina, di studi f<strong>il</strong>ologici e letterari, un<br />

metodo di ricerca che aveva i suoi maestri nel Bartoli, nei Vitelli, nel<br />

Comparetti, nello stesso V<strong>il</strong>lari e poi nel D’Ancona, Rajna, Del Lungo,<br />

Barbi.<br />

I nomi dei maestri e dei discepoli di quella scuola, rifluiti poi nelle<br />

università d’Italia, sono nella mente di tutti e ciò mi esime dal ricordarli.<br />

Non era ancora una grande f<strong>il</strong>ologia, nel senso mo derno e « germanico<br />

» del metodo: ed anzi molti entusiasmi ed energie negli stessi<br />

maestri risultavano disarmati di una sicura strumentazione, che sarà<br />

acquisita solo più tardi, dai discepoli <strong>della</strong> seconda o terza generazione.<br />

Ma era la rottura con le fumosità e l’ideologismo tardoromantico.<br />

Era la ripresa, in prospettiva, con supporti scientifici e metodo<br />

<strong>storico</strong>, di molte istanze <strong>della</strong> grande tradizione erudita tardoumanistica<br />

e settecentesca: la sola di cui i nostri maestri avessero reale<br />

conoscenza e la sola sulla quale potessero fondarsi in attesa di assim<strong>il</strong>are<br />

i metodi <strong>della</strong> nuova f<strong>il</strong>ologia europea.<br />

A quella scuola venne <strong>Zingarelli</strong>, piccolo e vivacis simo pugliese di<br />

Cerignola, per un biennio di. specializzazione nel 1883-4, dopo una<br />

laurea con D’Ovidio su Parole e forme <strong>della</strong> Divina Commedia aliene<br />

dal dialetto fiorentino che <strong>il</strong> Monaci gli avrebbe pubblicato due anni<br />

dopo negli « Studi di f<strong>il</strong>ologia romanza »; e vi trovò i maestri che si è<br />

detto e conobbe tra gli scolari anche quasi tutti quelli che gli sarebbero<br />

stati compagni nella carriera degli studi e dell’insegnamento. E da Firenze<br />

passò a Breslavia e Berlino, discepolo di Gaspary, di Tobler, di<br />

Schwann, e fu corrispondente di Meyer e di Gaston Paris.<br />

Un cursus, almeno a stare ai dati esterni, di alto livello, del tutto<br />

6


_____________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL « GIORNALE STORICO »<br />

conforme al rigore degli studi ed alla progressione disciplinare che era<br />

propria dei giovani d ingegno avviati alla carriera universitaria: di tutti<br />

quei giovani-maestri nati, come <strong>Zingarelli</strong>, intorno al ‘60 e laureati intorno<br />

ai primi anni ‘80, <strong>il</strong> Renier, <strong>il</strong> Novati, con i quali sarebbe venuto<br />

in contatto, ma con un diaframma di necessaria riverenza dovuta ad<br />

una dismisura, di superiorità, per quelli, saliti presto in cattedra, e di<br />

inferiorità per lo <strong>Zingarelli</strong> impaludatosi nell’insegnamento medio.<br />

Un divario e diaframma che ritroveremo, nell’identico rapporto,<br />

iniquo per <strong>il</strong> nostro, anche nei confronti di giovani <strong>della</strong> generazione<br />

seguente, quali <strong>il</strong> Bertoni, <strong>il</strong> De Benedetti, laureatisi intorno al 1901,<br />

quando <strong>Zingarelli</strong> saliva in cattedra a Palermo, eppure presto avviati<br />

anch’essi con maggior rigore e disciplina agli studi.<br />

Cosa era accaduto dunque ai piccolo pugliese di Cerignola per un<br />

tal declassamento psicologico nei Confronti dei coetanei e poi dei giovanissimi<br />

leoni <strong>della</strong> moderna f<strong>il</strong>ologia?<br />

Il ripiegamento, dopo gli anni in Germania, sull’insegnamento<br />

medio era stato un grave handicap: un ripiegamento necessario per<br />

ragioni economiche e fam<strong>il</strong>iari; ma quel lavoro e almeno le prime sedi,<br />

Santa Maria Capua Vetere, Campobasso, non agevolarono certo <strong>il</strong><br />

collegamento con gli studi e con i centri ove essi avevano dimora. Più<br />

tardi, i licei di Ferrara e di Napoli, gli consentirono una ripresa, che<br />

ormai non poteva essere più velocissima.<br />

Dagli anni <strong>della</strong> borsa di studio in Germania e dalla frequentazione del<br />

Gaspary aveva portato, oltre gli insegnamenti, anche l’impegno per la<br />

traduzione <strong>della</strong> Storia <strong>della</strong> <strong>letteratura</strong> <strong>italiana</strong> dello studioso tedesco.<br />

La traduzione del primo volume dell’opera, portata avanti proprio<br />

in quegli anni ingrati del primo insegnamento medio, gli procurò,<br />

com’è noto, non poche amarezze. Innanzi tutto la relazione con <strong>il</strong> Gaspary<br />

andò deteriorandosi in seguito alle aspre critiche che <strong>il</strong> maestro<br />

rivolgeva al suo traduttore, accusato di volta in volta di infedeltà, di<br />

inesattezze grossolane, di scarsa conoscenza <strong>della</strong> lingua tedesca.<br />

7


MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

Così, quella traduzione che <strong>Zingarelli</strong> aveva pensato potesse costituire<br />

un passo decisivo per un inserimento nel mondo accademico e<br />

degli studi, diventava per lui una brutta vicenda di angustie e di critiche.<br />

E v’era di peggio: <strong>il</strong> timore, rivelatosi poi fondato, che non gli venisse<br />

tolto di mano <strong>il</strong> secondo volume dell’opera, con gran danno e disdoro.<br />

Di qui la resistenza nei confronti del Gaspary; ma, com’è noto,<br />

fu battaglia perduta.<br />

Il Gaspary nelle sue lettere è implacab<strong>il</strong>e e perfino collerico. E potrà<br />

farsi forte anche dei r<strong>il</strong>ievi duri di non poche riviste (tra le quali <strong>il</strong><br />

« Giornale <strong>storico</strong> ») e di studiosi con cui fu accolta la traduzione del<br />

primo volume 6 .<br />

6 In alcune di queste lettere, pubblicate dal Vallone nello studio cit. Correnti letterarie<br />

e studiosi di Dante in Puglia, si parla di « grandissima negligenza », di inesattezza<br />

nel riporto delle citazioni, di « frettolosa trasandatezza » e perfino di poca conoscenza<br />

del tedesco: «Inoltre si vede di nuovo che Lei non conosce bene <strong>il</strong> tedesco, lavora col<br />

dizionario, e ogni finezza le sfugge »; e si rasenta <strong>il</strong> litigio: « Pur troppo lo prevedevo<br />

che più presto o più tardi la nostra amicizia pericolerebbe per causa di questa benedetta<br />

traduzione, e perciò ho tentato in tutti i modi di distogliercela. Lei allora pieno d’ardore<br />

per un lavoro di cui non sentiva bene tutte le noie e difficoltà, non ha voluto darmi retta.<br />

Ed ora naturalmente Le dispiace di sentire da me la verità, perché è brutta ». Ed altre<br />

cose terrib<strong>il</strong>i ancora, perfino nella competenza dantesca: « Ora che fa Lei, che pure s’è<br />

occupato tanto di Dante? Mi corregge con una conseguenza mirab<strong>il</strong>e <strong>il</strong> ‘Commedia’<br />

sempre in ‘Divina Commedia’, e così io aveva continuamente a cancellare quella giunta<br />

». Il tedesco conosceva l’italiano benissimo, e nel rivedere le bozze di traduzione forse<br />

esagerava, nella durezza particolareggiata ed implacab<strong>il</strong>e <strong>della</strong> reprimenda, come può<br />

vedersi da quel carteggio, di cui un saggio ci ha offerto <strong>il</strong> Vallone. E <strong>Zingarelli</strong> ne era<br />

stato mortificato e nello stesso tempo ne era stato furioso, aveva sentito la cosa come<br />

una ingiustizia ed aveva replicato accusando <strong>il</strong> maestro di troppo amore per la sua opera.<br />

Ma <strong>il</strong> fatto dava ragione al Gaspary. Il primo volume si ebbe una accoglienza tiepida<br />

e non mancarono le critiche anche severe soprattutto sulla traduzione <strong>italiana</strong>. Il « Giornale<br />

<strong>storico</strong> » uscì con una recensione assai dura nel fascicolo del vol. 120 del 1888; ma<br />

anche <strong>il</strong> D’Ovidio non fu tenero, e giustamente <strong>il</strong> Gaspary poteva dire che « non mi<br />

8


______________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL «GIORNALE STORICO »<br />

3. Quell’accenno al giudizio del « Giornale <strong>storico</strong> che poteva essere<br />

stato e malevolo » secondo l’espressione del Gaspary, fu <strong>il</strong> primo<br />

non gradevole impatto dello <strong>Zingarelli</strong> con quella che si veniva affermando<br />

fu dai primi fascicoli come la massima rivista <strong>della</strong> scuola storica.<br />

Si trattò di una recensione assai dura nei con fronti <strong>della</strong> traduzione<br />

e del traduttore, con r<strong>il</strong>ievo noi di rado meticolosi e pungenti.<br />

Insomma, l’opera di un d<strong>il</strong>ettante presuntuoso e maldestro, del quale si<br />

dimenticava <strong>il</strong> curriculum scientifico regolare per sottolineare una cura<br />

frettolosa e arruffata e non poche inesattezze ed errori anche di contenuto<br />

<strong>storico</strong>. E si auspicavi che <strong>il</strong> secondo volume gli fosse tolto di<br />

mano, come poi avvenne, affidato, come si è detto, a Vittorio Rossi.<br />

<strong>Zingarelli</strong> se ne amareggiò molto. Quelli, intorno all’87 erano anni<br />

diffic<strong>il</strong>i per lui. La cosa poteva voler dire l’uscita definitiva da ogni<br />

possib<strong>il</strong>ità di lavoro scientifico e di reinserimento universitario.<br />

fondo sul giudizio del « Giornale <strong>storico</strong> » che può essere malevole, né su altri giornali,<br />

che non ho veduto nemmeno, ma solamente su quello che veggo io stesso e che dettò <strong>il</strong><br />

D’Ovidio, che certo non potete accusare di parzialità... » (lettera del 25-12-1887). Si intuisce<br />

un carteggio tempestoso. <strong>Zingarelli</strong> era mortificato, ma adirato nello stesso tempo.<br />

Inoltre temeva di uscire dal l’intera faccenda ancor più compromesso nella reputazione<br />

se la traduzione del secondo volume fosse stata affidata ad altri. Fece altri tentativi<br />

cercò perfino di forzare la mano adducendo ragioni editoriali. Gaspary fu irremovib<strong>il</strong>e<br />

e furibondo. Decise di togliere l’incarico al suo vecchio discepolo. Consentì solo che<br />

nei confronti dell’Editore rimanessero celate le vere ragioni del mutamento, che apparve<br />

dovuto a rinuncia dello <strong>Zingarelli</strong>; ma anche su questa faccenda <strong>il</strong> Gaspary non fu tenero<br />

e forse non fu senza ambiguità neppure la condotta dello <strong>Zingarelli</strong>. Il tedesco come<br />

nel suo temperamento, glielo rinfacciò con molta durezza. La traduzione passò nelle<br />

mani di Vittorio Rossi, del quale Gaspary non mancò di mostrar soddisfazione con lo<br />

stesso <strong>Zingarelli</strong> ribadendo <strong>il</strong> suo giudizio nei confronti dell’antico discepolo: « Voi non<br />

eravate l’uomo per un tal lavoro; siete troppo impetuoso e impaziente, ve lo dissi sempre<br />

e se aveste seguito i miei consigli, vi sareste risparmiato alcune amarezze. Ma ora<br />

son cose passate, e se guardando <strong>il</strong> volume forse vi annoia <strong>il</strong> pensiero che un altro l’ha<br />

dovuto tradurre, pure gli vorrete bene per amor mio, e vi troverete dentro non poche cose<br />

aggiunte all’originale tedesco » (lettera del 6 gennaio 1891).<br />

9


MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

E ad allontanarlo, in qualche modo, secondo la severa concezione<br />

degli studi letterari d’allora esclusivamente identificati con la f<strong>il</strong>ologia,<br />

ed in gran parte con la medievistica, da quel mondo accademico e<br />

delle riviste specialistiche era anche certa sua assidua frequentazione<br />

con gli ambienti artistici e giornalistici napoletani, con scrittori, poeti,<br />

critici m<strong>il</strong>itanti, artisti, gente <strong>della</strong> cultura viva e contemporanea, nella<br />

cui cerchia rumorosa e cangiante veniva sfogando certi suoi umori, e<br />

che, in qualche modo, accogliendolo ed offrendogli possib<strong>il</strong>ità di discorso<br />

nei caffè, nei giornali e nelle sale di conferenze, lo risarcivano<br />

quasi dell’esclusione dalla sfera accademica e scientifica, che egli sentiva<br />

irosamente, patendone.<br />

Sia a Napoli, come poi a Palermo e a Roma, <strong>Zingarelli</strong> sarà frequentatore<br />

dei caffè letterari e delle redazioni dei giornali, e stringerà<br />

relazioni affettuose con Ferdinando Russo, Di Giacomo, Pitrè, Salomone-Marino,<br />

Federico De Roberto, Ferdinando Martini, col De Bosis,<br />

Corrado Ricci, Bergamini e Pascarella.<br />

D’altro canto, anche per indole, <strong>il</strong> vivacissimo piccolo <strong>Zingarelli</strong>,<br />

era portato a certe forme di sdoppiamento: la severità e la passione<br />

appartata e perfino certosina <strong>della</strong> ricerca o del lavoro, contrastava con<br />

altre ostentazioni e forme di vita in cui si ritrovava l’umore del pugliese<br />

e del provinciale mescolato alla lepidezza napoletana e a irriducib<strong>il</strong>i<br />

orgogli di irregolare isolato.<br />

Più tardi, in una sua prosa autobiografica, parlerà di « due vie »<br />

che lo avrebbero portato alla comprensione dell’opera d’arte: quella<br />

degli studi, e quella <strong>della</strong> diretta frequentazione degli artisti; complementari<br />

l’una all’altra per la interpretazione non solo del testo letterario,<br />

ma di quella matrice del testo che è la biografia dell’autore, che<br />

sarà, com’è noto, uno dei suoi f<strong>il</strong>oni di ricerca preferiti.<br />

L’esempio delle ricerche biografiche su Dante, Petrarca, l’Ariosto,<br />

sui trovatori provenzali, offerto da tanti suoi studi conferma questo f<strong>il</strong>one<br />

d’interesse, nel quale, come sembra scorgere, l’inclinazione<br />

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______________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL «GIORNALE STORICO »<br />

<strong>storico</strong>-positivista per la ricerca documentaria s’incontra e avrebbe<br />

dovuto fondersi, nelle intenzioni dello studioso, con una valutazione<br />

d’ordine estetico postulata da un interesse mai venuto meno in lui per<br />

le cose dell’arte e per la particolare dimensione in cui si muovono gli<br />

artisti.<br />

Naturalmente l’equ<strong>il</strong>ibrio tra i due poli d’orientamento non era fac<strong>il</strong>e<br />

e <strong>Zingarelli</strong> non sempre riuscì raggiungerlo; ed inoltre la sua ricerca<br />

tendeva ad accumular materiali che poi non gli riusciva di scartare<br />

che facevano ingorgo e disperdevano o confondevano li linea del<br />

disegno interpretativo. Come sarà per <strong>il</strong> primo mastodontico Dante,<br />

del 1902, vera e propria enciclopedia dantesca, ma disordinata e senza<br />

una struttura come d’altro canto non poche opere degli studiosi <strong>della</strong><br />

scuola storica, più adatti al taglio del contributo che non alla sintesi<br />

dell’opera complessiva 7 .<br />

7 Il carteggio e la relazione con <strong>il</strong> Barbi possono costituire la misura oltre che del<br />

divario di statura critica tra i due studiosi, anche di questi dismisure e dispersioni erudite<br />

dello Z., e <strong>della</strong> difficoltà ch’egli avevi a stringere in un discorso unitario, intorno a temi<br />

essenziali e portanti tutto <strong>il</strong> discorso. La monografia su Dante, nella prima e nella secondi<br />

edizione, risulta indicativa dei caratteri e dei limiti di una tal forma d ricerca che<br />

caratterizzò lo svolgimento dello studioso pugliese, e chi contrastava con i metodi <strong>della</strong><br />

nuova f<strong>il</strong>ologia, mentre rimaneva del tutto riprovata dalla critica estetica.<br />

In tal senso anche <strong>il</strong> rapporto con <strong>il</strong> Croce, assai limitato nel tempo e nella entità e<br />

contraddistinto da freddezza e insofferenza dall’una parti e dall’altra, può essere rivelatore<br />

<strong>della</strong> dislocazione tutt’altro che felici e sicura dello Z. sia nei confronti <strong>della</strong> vera<br />

f<strong>il</strong>ologia che nei confronti <strong>della</strong> critica d’indirizzo estetico. E può esser significativa una<br />

letterina del giovane Croce in cui <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo, chiedendogli chi avesse trattato d proposito<br />

la interpretazione dei versi danteschi Io mi son un che quando etc., aggiungeva: « Vedo<br />

che nel vostro Dante non siete giunto a trattari la poetica dantesca ». (18-1-1901): con<br />

invito sottinteso a venire al dunque dopo tanti preamboli eruditi. Ma com’è noto, sarebbe<br />

stata attesa vana ed <strong>il</strong> Croce stesso avrebbe poi scritto accennandone appena sull’«<br />

Antologia » che « la non meno vasta e dotta monografia <strong>italiana</strong> dello Z., in vece dello<br />

studio estetico <strong>della</strong> poesia dantesca, offre una classificazioni degli affetti e degli oggetti<br />

che Dante ha rappresentati, e spogli f<strong>il</strong>ologici delle sue figure retoriche, e altrettali cose<br />

»; provocando naturalmente <strong>il</strong> risentimento dello Z. che peraltro se ne lamentò solo con<br />

gli amici<br />

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MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

In <strong>Zingarelli</strong> però un tal ingombro ed affastellamento di materiali<br />

eterogenei nasceva da una sua intima natura e connaturata irriverenza<br />

per le regole e i dogmi delle scuole; tenne sempre, infatti, a dichiararsi<br />

seguace di studi « liberi e franchi », non senza una punta d’orgoglio,<br />

ben comprensib<strong>il</strong>e per la lunga emarginazione patita.<br />

E v’era, inoltre, e sarebbe stato sempre più negli anni, a nuocergli,<br />

l’ingombro di un equivoco di orientamento metodologico, le cui cause,<br />

spesso, non erano da ricercare se non in una sua « irregolarità » e<br />

farragine connaturata, orientato com’era verso la neolatina e la comp aratistica<br />

medioevale con ampiezza e acume di ricerca ma senza precisione<br />

e rigore di metodo; e, per contro, interessato ai problemi <strong>della</strong><br />

valutazione estetica senza avere peraltro canoni precisi di riferimento.<br />

Tenuto in sospetto, negli ambienti <strong>della</strong> ortodossia <strong>storico</strong>-erudita<br />

quali erano Firenze e Torino, per certa sua origine e f<strong>il</strong>iazione « napoletana<br />

», senza ch’egli fosse assolutamente partecipe di quella fruttuosa<br />

eredità, vide accresciuti i sospetti negli anni per certe sue aperture<br />

d’interesse meramente esteriori nei confronti delle posizioni estetiche<br />

del crocianesimo, senza peraltro ch’egli avesse assim<strong>il</strong>ato una sola riga<br />

di quel pensiero (ed <strong>il</strong> suo Dante 1902 e 1931 lo dimostra).<br />

Dall’altro canto, da crociani e neodesanctisiani era considerato un perfetto<br />

estraneo. La sua posizione, in realtà, era vicina ai f<strong>il</strong>ologi eruditi,<br />

ma con qualche scostamento e non poche confusioni.<br />

Insomma, non era D’Ancona né Renier, e non era, men che mai,<br />

un crociano né uno storicista meridionale; era in sospetto agli uni e agli<br />

altri; ai primi soprattutto, ai quali era vicino; e prendeva colpi da<br />

tutti, tanto più in un’epoca in cui le scuole ergevano steccati e gettavano<br />

fuoco greco su nemici e transfughi, anche quando essi erano solo<br />

presunti.<br />

Risulta così assai ut<strong>il</strong>e la conoscenza del carteggio zingarelliano con <strong>il</strong> Barbi che la<br />

Prencipe Di Donna pubblica in questi giorni (N. Z. Carteggi, Foggia, Apulia, 1979), insieme<br />

alle lettere al Pascarella e di alcuni altri studiosi allo Z.<br />

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______________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL «GIORNALE STORICO »<br />

Ma ne assestava anche, di colpi, con le sue recensioni puntigliose,<br />

nutrite di una erudizione smisurata che intimoriva gli interlocutori.<br />

Gli anni ingrati dell’insegnamento medio, intanto, trascorrevano<br />

veloci; <strong>il</strong> piccolo operoso pugliese risaliva la china con le sue recensioni<br />

e gli studi su riviste dantesche e di studi romanzi. Nel 1896 prese<br />

la libera docenza con <strong>il</strong> sostegno del suo maestro D’Ovidio. I suoi articoli<br />

(pubblicati soprattutto sul « Bullettino <strong>della</strong> Società Dantesca Italiana<br />

» per invito del Barbi, e sulla « Rassegna critica <strong>della</strong> <strong>letteratura</strong><br />

<strong>italiana</strong> » da lui fondata a Napoli con <strong>il</strong> Percopo) riscuotevano consenso,<br />

anche se non ammirazione. <strong>Zingarelli</strong> ha la sensazione che potrà<br />

risalire la china e conquistare la cattedra che ritiene gli sia dovuta.<br />

Nello stesso anno 1896 tenta <strong>il</strong> concorso bandito da Pavia, ma con<br />

risultato negativo.<br />

Il Novati, peraltro, che sarà poi suo patrocinatore nella carriera e<br />

cui succederà nell’insegnamento a M<strong>il</strong>ano, gli scrive con espressioni<br />

incoraggianti, in qualche modo quasi una promessa per l’immediato<br />

futuro: « Capisco molto bene come la riuscita di quel concorso non sia<br />

stata tale da renderla soddisfatto; ma Ella può tuttavia esser certo che<br />

<strong>il</strong> verdetto <strong>della</strong> Commissione non fu dettato da alcun malevolo sentimento<br />

verso di Lei; ma rappresentò, a dir così, la somma del rammarico<br />

che i commissari risentivano perché Ella avesse abbandonato —<br />

almeno in apparenza — quegli studi ai quali s era rivolto dapprima<br />

con ardore e sotto lieti auspici. Io mi rallegro nell’udire da Lei ch’ella<br />

ha interpretato <strong>il</strong> giudizio come voleva essere interpretato; vale a dire<br />

come un eccitamento a fare, e non dubito ch’ella potrà in breve dar<br />

occasione ai suoi giudici di ritornare sulla loro sentenza; <strong>il</strong> che tutti faranno,<br />

amo crederlo, con pronto compiacimento ».<br />

Vincerà, con <strong>il</strong> sostegno del Novati, <strong>il</strong> concorso per la neolatina<br />

bandito da Palermo e salirà in cattedra nel 1902.<br />

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MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

4. Ma sarà bene tornare al rapporto tra <strong>Zingarelli</strong> e <strong>il</strong> « Giornale »<br />

ed i suoi direttori e redattori: un rapporto contraddistinto nel tempo da<br />

una estrema civ<strong>il</strong>tà e perfino cordialità oltre che stima a livello personale<br />

ed epistolare, contraddette peraltro da prese di posizioni recensorie<br />

e critiche <strong>della</strong> rivista (e dunque dei suoi direttori e collaboratori)<br />

non sempre benevole e non di rado contrarie alle affermazioni di consenso<br />

ed ammirazione di certa corrispondenza.<br />

Dei tre fondatori e poi direttori del « Giornale », nel fondo zingarelliano<br />

cui accennavo non vi sono lettere del Graf.<br />

D’altro canto <strong>il</strong> rapporto dello <strong>Zingarelli</strong> con <strong>il</strong> « Giornale » non<br />

risulta esser stato precoce; quando esso accenna ad instaurarsi, nei<br />

primi anni del ‘900, Graf aveva già ceduto da un pezzo <strong>il</strong> peso <strong>della</strong><br />

rivista agli altri due colleghi, soprattutto alle solide spalle del Renier<br />

che la sorreggevano dal ‘90, dopo <strong>il</strong> crescente disimpegno del Novati.<br />

Renier, come moltissimi uomini di cultura e d’insegnamento<br />

dell’Italietta tra Otto e Novecento, e poi via via fino a questi nostri anni<br />

di corrispondenza telefonica più che epistolare, scriveva quasi sempre<br />

su cartoline postali: e scriveva schietto, preciso, funzionale.<br />

Era uomo rigoroso, come si sa, lavoratore eccezionale, autorevole,<br />

circondato da universale stima ed ammirazione; reggeva <strong>il</strong> « Giornale<br />

» con uno st<strong>il</strong>e di perseverante fermezza, temperato da un tratto di naturale<br />

cortesia senza affettazione.<br />

Il gruppo delle missive conservate, in numero di 17 (ma dovettero<br />

essercene altre), vanno dal 1901 al ‘09, che sono poi gli anni <strong>della</strong><br />

prima modesta collaborazione di <strong>Zingarelli</strong> al « Giornale » ed i più<br />

importanti <strong>della</strong> sua carriera accademica: <strong>il</strong> concorso di Palermo vinto,<br />

lo straordinariato, l’ordinariato, la possib<strong>il</strong>ità, poi sfumata, di passare a<br />

Bologna o a Genova.<br />

Ma <strong>il</strong> Renier parlava poco di queste cose, assai meno del « padrino<br />

» Novati. Inoltre, sebbene facesse parte di tutte le commissioni di neolatina<br />

e fosse autorevolissimo, mostrava di mantenersi lontano<br />

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______________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL «GIORNALE STORICO »<br />

dalle grandi manovre concorsuali verso le quali ostentava una olimpica<br />

superiorità. E però i suoi giudizi avevano peso, proprio perché erano<br />

fondati sulle cose <strong>della</strong> scienza e quasi per nulla sulle ragioni del<br />

sentimento o del partito preso.<br />

Nella commissione di quel concorso di Palermo avrebbe dovuto<br />

esserci anche lui, e lo <strong>Zingarelli</strong> doveva avergli scritto le cose che si<br />

scrivono in questi casi, inviandogli i suoi lavori. Poi Renier si ammalò<br />

e non poté partecipare ai lavori <strong>della</strong> commissione. Ma scrisse informandone<br />

lo <strong>Zingarelli</strong> e non gli fece mancare <strong>il</strong> conforto del suo<br />

giudizio:<br />

« Non dubito del resto, che la vittoria sarà sua, qualunque possa<br />

essere la commissione. Ciò parmi conforme a giustizia, come già<br />

scrissi al Novati, perché ella in questi ultimi anni ha lavorato assai ed<br />

ha sempre migliorato la sua produzione critica ».<br />

La « macula » dell’abbandono degli studi e del « traviamento »<br />

giovan<strong>il</strong>e, veniva ricordata, come già aveva fatto Novati<br />

nell’occasione di Pavia; anche se questa volta per rimarcare un riscatto<br />

quasi compiuto.<br />

Al Renier <strong>Zingarelli</strong>, ormai in cattedra a Palermo, chiede che intervenga<br />

presso <strong>il</strong> Loescher per una eventuale ristampa del suo primo<br />

volume <strong>della</strong> Storia del Gaspary al quale avrebbe voluto apportare<br />

miglioramenti. Ma la ristampa, per <strong>il</strong> momento, non si presenta necessaria.<br />

E <strong>il</strong> Renier, dandogliene notizia con la risposta dell’editore, aggiunge:<br />

« Per parte mia questo posso dirle. Se la Casa chiederà <strong>il</strong> mio parere,<br />

mostrerò per Lei, quella sincera stima che ho realmente da questi<br />

anni; malgrado le distrazioni dell’insegnamento medio, Ella ha fatto<br />

molto cammino. Ad una seconda edizione del Gaspary Ella potrebbe<br />

accingersi con ottima preparazione ed anche nella forma darà al libro<br />

quell’aspetto che meglio corrisponde all’invidiab<strong>il</strong>e scioltezza del testo<br />

tedesco ».<br />

Era una maniera elegante e ferma nello stesso tempo per ribadire <strong>il</strong><br />

giudizio negativo espresso dal « Giornale » a suo tempo su quella tra-<br />

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MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

duzione (al quale giudizio <strong>il</strong> Renier stesso, nell’86 non ancora direttore<br />

ma redattore e fondatore del « Giornale », non poteva non aver sottoscritto),<br />

di indicarne ancora i punti deboli, ma di auspicarne la revisione<br />

nella fiducia <strong>della</strong> accresciuta esperienza del traduttore. Per non<br />

dire <strong>della</strong> menzione dell’antica « macula » dell’insegnamento medio,<br />

indeleb<strong>il</strong>e anche quando cancellata o in via di cancellazione, agli occhi<br />

di un « regolare » come era Renier.<br />

Frattanto, proprio in quei mesi, era imminente la pubblicazione<br />

dell’attesa monografia su Dante.<br />

Renier se ne dichiara desideroso, ed intanto non esita a riconoscere<br />

che « Ella si è accinto ad impresa diffic<strong>il</strong>issima e potrà compiacersi di<br />

aver dato all’Italia la prima opera d’insieme sul sommo poeta, che corrisponda<br />

agli studi progrediti » (lettera del 6/1/’03).<br />

Il Dante di <strong>Zingarelli</strong> uscì, nella sua prima edizione nel 1903, dopo<br />

essere apparso in dispense dal 1898 al 02, e confermò la sua natura,<br />

già rivelatasi di fascicolo in fascicolo, di vera e propria enciclopedia<br />

dantesca, forse farraginosa e certamente piena di infinite minuzie, corriva<br />

all’orientamento più esteriore degli studi <strong>della</strong> scuola storica, priva<br />

di una linea unitaria di sv<strong>il</strong>uppo e forse senza un’idea centrale; ma<br />

ut<strong>il</strong>issimo testo di riferimento e quasi « libro da indice » per tutti gli<br />

studiosi che in un modo o nell’altro ebbero a farvi i conti.<br />

Il Renier, ricevutane una copia, ne affidò la recensione a Luigi<br />

Rocca e ne dava comu nicazione allo <strong>Zingarelli</strong>, prevedendone la pubblicazione<br />

nel « Giornale » in un fascicolo dell’annata 1905 (come poi<br />

puntualmente avvenne), assicurandolo nel contempo in risposta ad una<br />

sua maggior premura, che « non sarà troppo tardi perché di quel volume<br />

non si può parlare a cuor leggero » (cart. del 30/10/04). Frattanto<br />

lo esortava a collaborare al « Giornale » e agli « Studi medievali » la<br />

nuova rivista da lui fondata con <strong>il</strong> Novati.<br />

Questa recensione non riuscì gradita allo <strong>Zingarelli</strong> che se ne amareggiò<br />

a lungo. Ne aveva avuta una dal Barbi sul « Bullettino » nella<br />

quale <strong>il</strong> grande maestro, pur non lesinando critiche e r<strong>il</strong>ievi particolari<br />

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_____________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL « GIORNALE STORICO »<br />

e nel far r<strong>il</strong>evare pregi e manchevolezze, non tralasciava dal segnalare<br />

<strong>il</strong> poderoso sforzo di scrivere un volume sintetico e aveva concluso affermando<br />

« che nel complesso l’opera è buona e la critica non deve ritardare<br />

all’autore la lode che si merita » 8 .<br />

Rocca, invece, nel « Giornale » era stato più esigente; i suoi r<strong>il</strong>ievi<br />

erano puntigliosi e penetranti, più sul versante dei difetti « che, purtroppo,<br />

non mancano, anzi sono parecchi e gravi, e danno nell’occhio<br />

più fac<strong>il</strong>mente che i pregi ». E ne indicava i « capitali difetti » nel disegno<br />

e piano dell’opera, in cui s’è voluta separare la trattazione <strong>della</strong><br />

vita da quella degli scritti; la qual cosa se permise di approfondire<br />

questioni particolari, « obbligò peraltro ad inut<strong>il</strong>i ripetizioni e ad uno<br />

smembramento <strong>della</strong> materia, tanto più deplorevole quanto più intimamente<br />

congiunte sono la vita e gli scritti di Dante ».<br />

Ma non si faceva a meno, nell’enumerare gli altri difetti, di sottolineare<br />

« una grande ineguaglianza di esecuzione, trattazione talvolta<br />

eccessivamente lunga e minuta, talaltra troppo lesta e schematica, nella<br />

forma stessa che, ordinariamente trascurata, varia da una pagina<br />

all’altra e giunge alle volte a un grado inesplicab<strong>il</strong>e di r<strong>il</strong>assatezza »;<br />

ed ancora: una quantità di piccole inesattezze, di sviste, di citazioni<br />

sbagliate o incomplete, errori di stampa, dimenticanze e semplici irregolarità<br />

che offendono l’attento lettore 9 .<br />

La conclusione, come molti anni dopo scriverà <strong>il</strong> Cian, era che <strong>il</strong><br />

Rocca considerava l’opera « ancora in fieri e ne aveva raccomandato<br />

la compattezza » auspicandone quanto prima <strong>il</strong> rimpasto.<br />

Ma le espressioni con cui Rocca esprimeva un tale concetto erano<br />

8 La recensione del Barbi si può leggere in «Bullettino <strong>della</strong> Società dantesca <strong>italiana</strong><br />

» XI, 1904, pp. 1-58, e nel vol. Problemi di critica dantesca, Firenze, Sansoni, 1934.<br />

9 La recensione del Rocca si legge nel vol. 460, 1905 del « Giornale <strong>storico</strong> <strong>della</strong><br />

<strong>letteratura</strong> <strong>italiana</strong> », pp. 136-176.<br />

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MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

più dure di quanto Cian avesse voluto ricordare; e assai più duro<br />

l’articolo che vi si concludeva.<br />

<strong>Zingarelli</strong> ne era stato assai amareggiato, e se ne sfogava con gli<br />

amici. Arturo Farinelli, che non aveva molta simpatia per i sacerdoti<br />

regolari <strong>della</strong> scuola storica, lui anima di girovago e di artista, oltre<br />

che di f<strong>il</strong>o. logo e di critico, e dunque in qualche modo vicino a <strong>Zingarelli</strong>,<br />

anche per certa stessa tendenza all’accumulo del materiale di ricerca<br />

e difficoltà nell’ordinarlo in disegno comp atto, gli scrisse, scusandosi<br />

di non aver recensito <strong>il</strong> volume dantesco e dolendosi per la recensione<br />

di Rocca « calcata in modo davvero infant<strong>il</strong>e su quella di<br />

Barbi, poco ut<strong>il</strong>e, poco giusta ed è peccato che sia stata accolta nel «<br />

Giornale ». Quel bravo sacerdote poteva spacciare altrove la merce<br />

sua ».<br />

Ma questa storia delle recensioni all’opera zingarelliana nel «<br />

Giornale » non era alla prima amarezza, e non sarebbe stata quella<br />

neppure l’ultima.<br />

Dopo le dure osservazioni alla traduzione <strong>della</strong> Storia del Gaspary,<br />

di cui si è detto, <strong>il</strong> « Giornale » nel suo fascicolo autunnale del voi.<br />

300, 1897 (pp. 328-29) aveva recensito brevemente l’articolo di <strong>Zingarelli</strong><br />

su La personalità storica di Folchetto di Marsiglia nella Commedia<br />

di Dante. Se ne lodava la dottrina, lo studio analitico, ma si sollevava<br />

qualche riserva, a mio avviso di r<strong>il</strong>evante importanza, non tanto<br />

in sé, quanto come spia di un atteggiamento e di una dislocazione nei<br />

confronti non solo di un certo tipo di lavoro dello <strong>Zingarelli</strong>, ma soprattutto<br />

delle sue matrici culturali e di gusto letterario.<br />

« A qualche lettore — notava <strong>il</strong> recensore — sembrerà che intorno<br />

al soggetto siano qui spese parole più del necessario; né a tutti garberà<br />

<strong>il</strong> modo come le notizie sono disposte, né quel carattere di variazioni<br />

sul tema che da qualche tempo vengono assumendo gli scritti critici di<br />

alcuni letterati meridionali. Troverà qualcuno che se una sim<strong>il</strong>e maniera<br />

di scrivere di erudizione riesce assai bene, talora persino mirab<strong>il</strong>mente,<br />

a qualche reputato maestro, non tutti i discepoli possono avervi<br />

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______________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL «GIORNALE STORICO »<br />

acconcia la penna e abbastanza disciplinato lo ingegno ».<br />

La nota, come tante altre di indicazioni ed annunzi bibliografici,<br />

non era firmata. Ma lo st<strong>il</strong>e sembra essere di Renier. D’altro canto<br />

quasi tutte le note prive di firma o di sigla si ascrivono a lui, negli anni<br />

<strong>della</strong> sua direzione. E l’osservazione era, nel merito, irreprensib<strong>il</strong>e,<br />

soprattutto per quanto atteneva alla scrittura disordinata dello <strong>Zingarelli</strong><br />

che non poteva riuscire in quelle variazioni sul tema in cui altri<br />

riusciva. E l’allusione alle suggestioni desanctisiane ed estetizzanti<br />

ancor vive in D’Ovidio e in Torraca era trasparente, e perfino, nella<br />

stoccata, diplomaticamente riguardosa. Ma la cosa che risalta è proprio<br />

quella freddezza del maggior sacerdote del tempio torinese <strong>della</strong><br />

scuola storica, nei confronti dei residui di quella cultura critica meridionale<br />

guardata con condiscendenza e ristretta a prove di bello st<strong>il</strong>e, a<br />

piacevoli variazioni sul tema con spreco di parole ed ornamento di<br />

svolazzi, come non pochi — bisogna dire — s’eran ridotti a fare.<br />

Sarà inut<strong>il</strong>e dire che quella cultura era stata ben altro, con i suoi<br />

maestri e dis cepoli; e proprio i torinesi, per aver avuto ospiti molti esuli<br />

di quelle parti, lo sapevano bene. Ma i tempi erano mutati; anche<br />

se di lì a poco, con Croce e Gent<strong>il</strong>e, essa avrebbe preso nuova forza<br />

per contestare l’egemonia degli eruditi e dei f<strong>il</strong>ologi.<br />

Intanto <strong>il</strong> povero <strong>Zingarelli</strong> ne pativa, anche se non senza ragioni<br />

ascrivib<strong>il</strong>i alla sua farragine e dismisura, ma non solo per quelle; così<br />

la « macula » di un peccato originale gli rimaneva addosso e non accennava<br />

a cancellarsi nella reputazione dei sacerdoti del tempio.<br />

Ma Renier era galantuomo.<br />

Nel 1899 <strong>Zingarelli</strong> aveva ripubblicato <strong>il</strong> suo Falchetto, con non<br />

poche modificazioni. E puntualmente una noterella non firmata appariva<br />

nel « Giornale » (vol. 340, 1899, p. 424) con espressioni di compiacimento<br />

per aver l’autore tratto profitto dalle discussioni e critiche<br />

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MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

sollevate dalla prima edizione; con questa giunta sintetica ma eloquente:<br />

« Così va fatto ».<br />

Altre brevi segnalazioni di scritti zingarelliani, tra <strong>il</strong> 1900 ed <strong>il</strong><br />

1904, rimarcano la solita d<strong>il</strong>igenza di ricerca ed erudizione ampia.<br />

Ma nel 1903 ( <strong>Zingarelli</strong> era già in cattedra a Palermo) una nuova<br />

stoccata: breve recensione non firmata al Documentum liberalitatis,<br />

un lavoro su testi francesi antichi, provenzali ed italiani, che aveva<br />

avuto calorosi giudizi e ringraziamenti epistolari da molti. Ma <strong>il</strong> «<br />

Giornale » non tralascia di notare con una punta di durezza: « Nocque<br />

allo <strong>Zingarelli</strong> non essersi curato di quello che fu già scritto da diversi<br />

sulla liberalità nel Medioevo francese. Pare che sia rimasta ignota (o<br />

almeno non la menziona mai) persino la stessa grande e classica opera<br />

di Alwin Schultz, che per ogni indagine intorno alla storia del costume<br />

nell’età di mezzo è veramente fondamentale. » (Vol. 42, anno 1903,<br />

2° semestre).<br />

Ma dal Renier gli venivano anche sollecitazioni ad una collaborazione<br />

al « Giornale » e agli « Studi medievali », la nuova rivista da lui<br />

fondata con Novati.<br />

Forse è restrittivo pensare che quel poco di collaborazione zingarelliana<br />

alle due riviste, per ripetuta sollecitazione dei due direttori<br />

coincidesse con l’anno 1906, che fu anche quello tra la prova di ordinariato<br />

dello <strong>Zingarelli</strong>, e l’occasione di passare a Bologna o a Genova<br />

(ed anche per questo i sostegni erano indispensab<strong>il</strong>i). Ma è un fatto<br />

che dopo tale data la collaborazione s’interruppe.<br />

Lo <strong>Zingarelli</strong>, intemperante com’era, commise perfino l’errore,<br />

una volta spedito l’articolo degli Appunti lessicali danteschi, di sollecitarne<br />

la pubblicazione, certamente in quanto premuto dalle scadenze<br />

dell’ordinanato, ricevendone un cortese ma fermo diniego: « subito<br />

non mi è possib<strong>il</strong>e inserirli; ma ritengo che nel fascicolo autunnale potranno<br />

entrare. Abbia pazienza, giacché <strong>il</strong> “Giornale” è sempre molto<br />

occupato ».<br />

20


______________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL «GIORNALE STORICO »<br />

Ma poi l’articolo uscì in tempo per l’ordinariato 10 .<br />

E quando si trattò di sostenerlo per <strong>il</strong> passaggio a Bologna (andato<br />

in porto, com’è noto, sia pure con molte difficoltà, ma poi revocato<br />

dal Ministro, « non essendo la cattedra per ordinario »), gli chiedeva<br />

di esserne informato ed aggiungeva: « A Bologna si tratta di fondare<br />

l’insegnamento di neolatina che in verità non vi fu mai, tanto che non<br />

hanno idea di quel che sia la materia nostra né i professori, né gli scolari.<br />

Sarebbe desiderab<strong>il</strong>e che Ella ci andasse ».<br />

Renier, <strong>il</strong> galantuomo che non aveva peli sulla lingua e sapeva dire<br />

le cose giuste al momento giusto.<br />

Renier poteva chiedergli con vivace entusiasmo una recensione per<br />

la Vita Nuova di Barbi: « Mi dica. Le spiacerebbe di fare per <strong>il</strong> “Giornale”<br />

una recensione <strong>della</strong> Vita Nuova del Barbi? Ne avrei sincero<br />

piacere, perché a me ormai <strong>il</strong> tema è venuto a noia. Mi dica si, se può,<br />

e lasci che nella sua « Rassegna » ne parli altri. Me ne scriva qui, la<br />

prego. A me basterebbe ricevere l’articolo in gennaio o giù di lì ».<br />

Per Barbi non poteva dire di no, né menar la cosa per le lunghe. La<br />

recensione uscì l’anno appresso, nel volume 52° 1908, 2° semestre<br />

(pp. 202-210).<br />

La sua « Rassegna » questa volta poteva aspettare.<br />

10 « Giornale <strong>storico</strong> <strong>della</strong> <strong>letteratura</strong> <strong>italiana</strong> o, voi. 480 (1906), pp. 368-380. Il Renier<br />

si mostrava interessato alla sua pubblicazione sui Canzoniere di Dante: « questa<br />

pubblicazione m’interessa immensamente e desidero assai di averla. Io stesso poi me ne<br />

occuperò ». Ma sul « Giornale » non apparvero recensioni a riguardo.<br />

Renier ebbe parole di sdegno e di solidarietà per gli attacchi denigratori di cui <strong>Zingarelli</strong><br />

era stato oggetto da parte del Cesareo, suo terrib<strong>il</strong>e collega in Palermo, in alcuni<br />

articoli <strong>della</strong> « Rivista d’Italia o, (si tratta <strong>della</strong> recensione di G. A. Cesareo al Dante di<br />

Z.: L’ultimo Dante, in « Riv. d’Italia », 1906, fasc. 6, pp. 913-931) forse sferrati in concomitanza<br />

del vent<strong>il</strong>ato passaggio a Bologna per una manovra di sbarramento accademico.<br />

« Restai addolorato e indignato pei violenti articoli contro di Lei sulla « Riv.<br />

d’Italia ». La ingiustizia, l’arroganza, l’insensatezza di questi articoli ne annullano ogni<br />

valore agli occhi del pubblico serio o. Analoghe espressioni di stima e di solidarietà gli<br />

scrisse <strong>il</strong> Rajna (lettera del 9-6-1907).<br />

21


MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

5. La relazione con <strong>il</strong> Novati, riccamente documentata<br />

dall’epistolario di questo fondo, ed estesa per tutto l’arco 1896-1915,<br />

non riguarda direttamente <strong>il</strong> « Giornale » né l’ambiente torinese (Novati,<br />

com’è noto fu professore in M<strong>il</strong>ano), riferendosi piuttosto ad una<br />

serie di rapporti accademici e di studio di non poco interesse generale<br />

e particolare.<br />

Essa tra tutte è la più continua ricoprendo, con le missive conservate<br />

in questo fondo tutto <strong>il</strong> periodo dal 1896 al 1915, fino a pochi<br />

mesi dalla morte del maestro-collega del quale lo <strong>Zingarelli</strong> avrebbe<br />

occupato la cattedra succedendogli nell’Accademia m<strong>il</strong>anese. <strong>Zingarelli</strong><br />

era quasi coetaneo del Novati, come lo era quasi del Renier: solo<br />

qualche anno, anagraficamente, li divideva; ma ciò che costituiva la<br />

distanza e poneva lo <strong>Zingarelli</strong> nelle condizioni del discepolo o quanto<br />

meno, almeno nei primi tempi, del magister additus, non erano quei<br />

due o tre anni di età, ma quei quasi vent’anni che <strong>il</strong> Renier ed <strong>il</strong> Novati<br />

avevano potuto non trascorrere nell’insegnamento medio e che potevano<br />

ora vantare di anzianità accademica, oltre che di autorità scientifica.<br />

Il Novati poi, non solo nei primissimi anni <strong>della</strong> loro relazione, ma<br />

in ogni fase successiva, per la sua autorevolezza, per le cariche ricoperte,<br />

per la direzione delle riviste, dall’e Archivio <strong>storico</strong> » agli «<br />

Studi medievali » allo stesso « Giornale <strong>storico</strong> », per la direzione di<br />

importanti collane editoriali, per la presidenza o vicepresidenza di sodalizi<br />

famosi e benemeriti come la Società storica lombarda », la «<br />

Società bibliografica <strong>italiana</strong> », <strong>il</strong> « R. Istituto lombardo di scienze e<br />

lettere », la e Deputazione di storia patria per le antiche provincie e la<br />

Lombardia », la « Società etnologica <strong>italiana</strong> », la e Società nazionale<br />

per la storia del Risorgimento » etc., e soprattutto per le sue molte aderenze<br />

ministeriali ed accademiche, si offrì in veste di mentore e protettore<br />

dei quasi coetaneo professore che saliva con qualche ritardo gli<br />

scalini <strong>della</strong> carriera.<br />

Dallo scorcio del secolo, fino al ‘15 non vi è avvenimento importante<br />

<strong>della</strong> vicenda accademica e dell’attività scientifica dello <strong>Zingarelli</strong><br />

che non trovi <strong>il</strong> Novati in veste di consigliere sagace e di sostenitore.<br />

22


______________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL «GIORNALE STORICO »<br />

Certo la sua attività era largamente incentrata nella M<strong>il</strong>ano tra i<br />

due secoli, protesa a riconquistare un suo ruolo di capitale culturale e<br />

nello stesso tempo imprenditoriale e a differenziarsi per questa strada<br />

anche da Torino, rimasta più periferica, anche se la sua università poteva<br />

dirsi la roccaforte di quel metodo <strong>storico</strong> che li univa tutti, non<br />

solo i letterati, ma gli storici, i f<strong>il</strong>osofi, gli scienziati. D’altro canto,<br />

com’è noto, <strong>il</strong> « Giornale » era nato dai discorsi dei giovani Graf, Renier<br />

e Novati a Firenze, alla scuola del Bartoli e del D’Ancona, anche<br />

se poi divenne gloria e patrimonio torinese. In fondo una fede ed uno<br />

spirito di scuola li teneva tutti uniti, al disopra <strong>della</strong> rivalità e delle dispute<br />

accademico-scientifiche. Si riconoscevano tutti, nelle diversificazioni<br />

ed ammodernamenti che gli anni avevano imposto, nell’antico<br />

ceppo di V<strong>il</strong>lari, D’Ancona, Comparetti, Bartoli, Rajna; avevano in<br />

quegli ultimi vent’anni conquistato la cultura e l’università <strong>italiana</strong>. E<br />

proprio al Novati <strong>il</strong> Renier poteva dedicare un suo ritratto con la dedica<br />

significativa e al compagno di battaglia e di vittoria », secondo la<br />

testimonianza del Benedetto, giovane caro al Renier che ne seguiva<br />

con ammirazione i progressi e la precocità sorprendenti 11 .<br />

Certo Novati era a M<strong>il</strong>ano, come altri erano a Napoli, a Pavia, a<br />

Roma, a Bologna, a Firenze, a Pisa, ed altrove, nei punti chiave del dispositivo<br />

accademico italiano, a governano e regolano affinché esso si<br />

identificasse sempre più con e la scuola » e fosse esso stesso e scuola<br />

»per la quale era giusto allevar giovani come <strong>il</strong> Benedetto, e recuperare<br />

studiosi valenti come lo <strong>Zingarelli</strong>, che si facessero onore « e facessero<br />

onore alla nostra scuola (la frase è di Renier in una cartolina allo<br />

<strong>Zingarelli</strong>). L’orgoglio <strong>della</strong> scuola sopravvisse anche nella sua lunga<br />

decadenza.<br />

11 Si può leggere nella prolusione di L. F. BENEDETTO, Ai tempi del metodo <strong>storico</strong>,<br />

tenuta all’Università di Torino nel 1951, ora nel vol. Uomini e tempi, M<strong>il</strong>ano - Napoli,<br />

Ricciardi, 1953.<br />

23


MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

Studioso di infaticab<strong>il</strong>e attività, di grandissima onestà intellettuale<br />

e morale, scrittore e parlatore br<strong>il</strong>lante, polemista vivace e qualche<br />

volta ostinato nella difesa del suo punto di vista, <strong>il</strong> Novati, studioso<br />

dell’umanesimo tre-quattrocentesco e del Salutati, era però anche lo<br />

studioso delle origini, dei provenzali e di Dante, f<strong>il</strong>ologo romanzo oltre<br />

che cultore di studi francesi, non solo medioevali, e basterà citare i<br />

suoi lavori su Stendhal.<br />

Il suo rapporto con lo <strong>Zingarelli</strong>, nel corso di tanti anni, rimane<br />

semp re sereno, improntato a stima, benevolenza e poi ad affettuosa<br />

amicizia, senza scatti d’umore, senza esagerazioni o effusioni eccessive;<br />

<strong>il</strong> « lei » rimane fino all’ultimo, come con <strong>il</strong> Renier; ma era lo st<strong>il</strong>e<br />

degli uomini d’allora, più contegnosi di quanto non s’usi fare (non so<br />

con qual vantaggio) tra conoscenti oggidì 12 .<br />

12 La prima lettera di questo fondo, del Novati, è del ‘96, in risposta ad una dello<br />

<strong>Zingarelli</strong> allora professore al liceo « Genovesi » di Napoli. Vi si legge delle premure<br />

esercitate dal Novati nei confronti del Vallardi affinché fosse affidato allo <strong>Zingarelli</strong> <strong>il</strong><br />

volume su Dante che poi uscirà in fascicoli dal ‘98 al 02, nella vallardiana Storia letteraria<br />

«a cura di una società di professori ».<br />

In effetti <strong>il</strong> Novati scrisse al Renier affinché sollecitasse <strong>il</strong> Vallardi all’ « osservanza<br />

delle sue promesse », stante <strong>il</strong> fatto che «i miei rapporti col cav. Cec<strong>il</strong>io sono in questo<br />

momento così poco amichevoli che io non ho nessuna voglia di scrivergli » (cart. del<br />

12-6-98).<br />

Si fa riferimento inoltre al tentativo andato a vuoto dello <strong>Zingarelli</strong> nel concorso per<br />

la cattedra di Pavia. Un risultato che non deve scoraggiarlo essendo la intenzione <strong>della</strong><br />

commissione di attendere ancora che i suoi studi si consolidassero prima di chiamarlo<br />

all’insegnamento di ruolo. Novati trova modo di dirgli la cosa con sobrietà, distacco ed<br />

incoraggiamento: « In quanto al concorso di Pavia io non gliene scrissi quand’Ella me<br />

ne chiedea per non dare origine a discorsi, i quali avrebbero finito per lasciar <strong>il</strong> tempo<br />

che trovavano. Capisco molto bene come la riuscita di quel concorso non sia stata tale<br />

da renderla soddisfatto; ma Ella può tuttavia esser certo che <strong>il</strong> verdetto <strong>della</strong> Commissione<br />

non fu dettato da alcun malevolo sentimento verso di Lei; ma rappresentò, a dir<br />

così, la somma del rammarico che i Commissari risentivano perché Ella avesse abbandonato<br />

— almeno in apparenza — quegli studi ai quali s’era rivolto dapprima con ardore<br />

e sotto lieti auspici. Io mi rallegro nell’udire da Lei ch’Ella ha interpretato <strong>il</strong> giudizio<br />

come voleva essere interpretato; vale a dire come un eccitamento a fare e non dubito<br />

ch’Ella potrà in breve dar occasione ai suoi giudici di ritornare sulla loro sen-<br />

24


______________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL «GIORNALE STORICO »<br />

Quegli anni di straordinariato furono anche di lavori intenso per<br />

<strong>Zingarelli</strong>, Qualcuna delle sue cose, come si è visto andava al « Giornale<br />

»; ma più spesso a « Studi medievali » cui lo sollecitava <strong>il</strong> Novati,<br />

ed alla napoletana « Rassegna » che in qualche modo sentiva più<br />

sua. E poi, naturalmente, l’« Archivio glottologico » <strong>il</strong> « Bullettino<br />

dantesco » e via dicendo.<br />

tenza; <strong>il</strong> che tutti faranno, amo crederlo, con pronto compiacimento ». Una cartolina del<br />

12-4-1898 contiene suggerimenti e osservazioni intese a render più compatto l’ormai<br />

compiuto lavoro dantesco di imminente pubblicazione: « Egregio professore, son contentissimo<br />

ch’Ella abbi riconosciuta la opportunità di restringere alquanto que’ capitoli<br />

proemiali e vado certo che la compagine del lavoro ne diverrà più vigorosa. E anche rispetto<br />

alle note, creda pure che farebbe ottima cosa raggrupparle insieme per ogni capitolo;<br />

<strong>il</strong> Rossi ha fatto così; ed anzi ha stese le note ad opera finita; in questo modo è rimasto<br />

padrone di citar i vari lavori colà dove gli tornava più comodo. E così conto di fare<br />

ancor io ».<br />

Un consiglio che sarebbe potuto valere per tutta l’opera e la vita dello Z., e di cui<br />

non sempre questi seppe tener conto.<br />

Entra poi nel merito di una osservazione fatta dallo <strong>Zingarelli</strong> all sue Noterelle dantesche<br />

circa Francesco da Buti, mantenendo <strong>il</strong> suo punto di vista e chiarendo la specificazione<br />

colta di quel commentatore, passato dal commento degli antichi, Valerio Massimo,<br />

Persio o Seneca, ai occuparsi di un poeta volgare.<br />

La corrispondenza di quegli ultimi anni del secolo ci mostra un Novati che si lamenta<br />

delle sue molte occupazioni (sarà un leitmotiv di quasi tutti gli incipit <strong>della</strong> corrispondenza),<br />

chiede scusa dei ritardi nelle risposte, registra l’intensità e la qualità del lavoro<br />

dello <strong>Zingarelli</strong>, vera mente senza soste in quegli anni precedenti <strong>il</strong> concorso di Palermo,<br />

sia nel suo f<strong>il</strong>one provenzale che in quello francese ed alto-italiano, oltre che<br />

dantesco.<br />

Questa volta, con <strong>il</strong> sostegno di Novati e degli altri, e per merito d quel suo prodigioso<br />

lavoro di recupero, risulterà vincitore. Ma la soddisfazione <strong>della</strong> vittoria verrà attenuandosi<br />

per certe accoglienze palermitane, dove pure aveva trovato colleghi valenti<br />

che gli saranno affettuosamente vicini, come <strong>il</strong> Gent<strong>il</strong>e.<br />

Il f<strong>il</strong>osofo sic<strong>il</strong>iano gli scrisse infatti una lettera che merita di esser ricordata:<br />

« Castelvetrano 15-3-1908. Ho appreso con molto ritardo, e per caso la tua vittoria<br />

nel concorso di Bologna; e mentre mi rallegro sincera mente e cordialmente <strong>della</strong> bella e<br />

e meritata e opportuna soddisfazioni che hai avuta, devo anche esprimerti un senso di<br />

non meno sincero i cordiale rincrescimento pel sospetto che l’importanza dell’università<br />

e i fastidio delle tante noie sofferte a Palermo possano indurti a lasciare la nostra Facoltà,<br />

nonostante la difficoltà dello straordinariato. Intendo che tu devi unicamente consi-<br />

25


MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

Le cartoline dell’amico-maestro di quegli anni contengono esportazioni,<br />

ringraziamenti, indicazioni e sollecitazioni di bozze. La nuova<br />

rivista « Studi medievali era stata fondata dal Renier e dal Novati, ma<br />

era in gran parte sulle spalle di quest’ultimo, come <strong>il</strong> « Giornale » era<br />

su quelle del primo. I primi fascicoli tengono impegnato <strong>il</strong> direttore,<br />

che ne parla come di una creatura ai primi passi, chiede abbonamenti,<br />

collaborazione, consensi, pareri.<br />

Ma non mancano riconoscimenti, pur nel gran daffare, per <strong>il</strong> gran<br />

lavoro dello <strong>Zingarelli</strong>.<br />

« Il documentum liberalitatis è bel documento — mi permetta <strong>il</strong><br />

bisticcio — <strong>della</strong> grande padronanza che Ella possiede <strong>della</strong> vita e del<br />

pensiero provenzale. Mi auguro che Ella faccia altri studi dello stesso<br />

tipo: essi riusciranno ut<strong>il</strong>i agli studi e Le faranno onore ».(cart. del<br />

21/3/03).<br />

gliarti con gli interessi futuri <strong>della</strong> tua carriera d’insegnante e di studioso; e temo appunto<br />

per ciò di dover perdere quanto prima la tua compagnia. Ma desidero che tu creda,<br />

che in Palermo lasceresti in me uno degli amici più affezionati e uno dei colleghi che<br />

sentirebbero di più <strong>il</strong> tuo allontanamento [ ...] G. Gent<strong>il</strong>e<br />

Un’eco di questa situazione palermitana si coglie in una lettera del Novati di<br />

qualche anno dopo, del 06, (« Quanto Ella mi ha detto nell’ultima sua riguardo agli attriti<br />

che hanno luogo nella Facoltà sua, non m’è stato cagione d’alcuna meraviglia. Conosco<br />

abbastanza <strong>il</strong> professore di lettere italiane dell’università di Palermo [<strong>il</strong> Cesareo]<br />

per immaginarmi ch’egli non doveva aver preparato al suo collega di neolatina un letto<br />

di rose ». Lo <strong>Zingarelli</strong>, anche per rendere più urgente e necessario <strong>il</strong> suo passaggio ad<br />

altra facoltà (allora appunto sfumava l’occasione Bologna) ed averne l’appoggio del<br />

Novati, forse esagerava nel, rappresentare quelle contrarietà e l’ost<strong>il</strong>ità del Cesareo nei<br />

suoi confronti.<br />

Ma Novati con molta f<strong>il</strong>osofia aggiungeva « Ma dal più al meno, tutto <strong>il</strong> mondo è<br />

paese ed i prepotenti e vanagloriosi non mancano in nessun luogo. Il peggio è quando<br />

alla prepotenza si accoppia <strong>il</strong> valore scientifico! Allora la vita è dura. Ella può credermi<br />

in parola: Ella non ignora certo la lotta ventennale che ho sostenuta io qui. Ma <strong>il</strong> Cesareo?<br />

non è uomo che debba in fondo esserle capace di preoccupazioni Ad ogni modo<br />

penso bene che ella preferirebbe essere lontano ». E gli proponeva Genova, ove forse si<br />

sarebbe reso vacante un posto per <strong>il</strong> passaggio del De Lollis a Roma. « Certo Genova<br />

non è Bologna, ma meglio di Palermo. Cosa ne pensa? ».<br />

Lui, Novati, vent’anni prima era passato appunto da Palermo a Genova, prima di<br />

approdare a M<strong>il</strong>ano.<br />

26


______________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL «GIORNALE STORICO »<br />

Ma <strong>il</strong> giudizio più categoricamente positivo riferendosi ad un suo<br />

contributo agli e Studi » lo aveva pronunciato Renier, ed <strong>il</strong> Novati lo<br />

confiderà all’amico, sicuro di fargli <strong>il</strong> più gran piacere: « Il Renier ha<br />

trovato <strong>il</strong> suo lavoro ‘eccellente’, ed aggiunge: ‘Parmi che abbia<br />

un’importanza superiore al soggetto specifico, perché addita la via che<br />

la critica deve battere per rendersi conto del valore reale delle biografie<br />

trovadoriche’. Credo che questo giudizio le farà piacere ». (cart.<br />

del 20/7/1905)<br />

Con tali garanti sottoporre la sua produzione al vaglio <strong>della</strong> commissione<br />

per l’ordinariato era andar a colpo sicuro, anche in tempi in<br />

cui quel vaglio era severissimo, sovente puntiglioso, ed era campo,<br />

non di rado, <strong>della</strong> fiera guerra delle scuole.<br />

Lo <strong>Zingarelli</strong> ebbe anche qualche apprensione, e non mancò qualche<br />

r<strong>il</strong>ievo, come gli racconta <strong>il</strong> Novati. Ma era ben sostenuto e la sua<br />

opera era solida e varia.<br />

Insomma, prova superata con pienezza di voti. E <strong>il</strong> Novati non rinunzia<br />

a riconoscersene qualche merito, se non altro per <strong>il</strong> sostegno<br />

nella discussione e nella stesura <strong>della</strong> relazione: « La relazione è stata<br />

stesa da me: ho, naturalmente, dovuto tener conto, dettandola, de’ vari<br />

umori; ma siccome eran tutti bene disposti, così spero che Ella non la<br />

troverà sgradita ». (lettera del 4/1/06)<br />

Le lettere di Novati fanno cenno ad un progetto di viaggio in Sic<strong>il</strong>ia,<br />

per una conferenza a Palermo su invito dello <strong>Zingarelli</strong>: progetto<br />

sfumato per una serie di contrattempi.<br />

E poi ancora la intricata vicenda e la stressante attesa per <strong>il</strong> passaggio<br />

a Bologna; le lettere di Novati parlano di prudenza,<br />

dell’autorità del Carducci in sostegno di un suo scolaro, di pressioni<br />

del Pascoli perché l’insegnamento gli sia lasciato per incarico; finché<br />

la Facoltà, per troncare tutto, decide di mettere la cattedra a concorso.<br />

<strong>Zingarelli</strong>, com’è noto, parteciperà e vincerà.<br />

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MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

Ma <strong>il</strong> Ministero non gli riconoscerà <strong>il</strong> passaggio, e non essendo la<br />

cattedra per ordinario ».<br />

Rimase a Palermo e continuò i suoi studi.<br />

Continuamente dal Novati e dal Renier (ma anche dal Barbi per <strong>il</strong><br />

« Bullettino ») era sollecitato per collaborazioni e recensioni e si lodavano<br />

con schiettezza i suoi lavori, anche se non mancava di detrattori<br />

e di critici diffic<strong>il</strong>i.<br />

Novati nelle sue cartoline alternava scuse per i ritardi epistolari,<br />

dichiarazioni di stanchezza (qualche volta sincera e pensosa, come avviene<br />

qualche volta anche a quanti si lamentano non senza una qualche<br />

compiacenza: « Io sono oppresso dalle troppe faccende che non<br />

mi lasciano <strong>il</strong> tempo necessario a mandar innanzi i miei lavori. Purtroppo<br />

si perde una preziosissima parte <strong>della</strong> vita a far ciò che non<br />

piace... Perché poi?! » (cart. del 16/6/07) e richieste di lavori (« Io le<br />

raccomando molto Vivamente gli e Studi » che hanno bisogno di collaboratori<br />

volenterosi per potersi mantenere in vita, altrimenti andrà a<br />

finire che, morto l’Arch. Glottol. morto tutto, resterà solo in piedi <strong>il</strong><br />

monumentale edificio <strong>della</strong> Soc. f<strong>il</strong>ologica Romana che non è poi così<br />

eccelso da fare inorgoglire l’Italia di possederlo ». (cart. dell’8 gennaio<br />

1907)<br />

Questi inviti di collaborazione si estenderanno fino al ‘15, l’anno<br />

<strong>della</strong> morte del Novati, che seguì di un anno appunto quella del Renier.<br />

In quell’ultimo anno, nonostante gli altri impegni, Novati si era<br />

preso <strong>il</strong> fardello del « Giornale ».<br />

In una lettera del 18 agosto del ‘15, nell’esprimere rammarico per<br />

un mancato incontro a M<strong>il</strong>ano in una visita fattagli dallo <strong>Zingarelli</strong>,<br />

aggiungeva: « Il mio dispiacere è anche maggiore perché non mi è<br />

possib<strong>il</strong>e più di affidarle la recensione del recente volume del Barbi:<br />

non appena <strong>il</strong> libro era uscito, alla fine di luglio, passò di qui <strong>il</strong> prof.<br />

Debenedetti che si assunse l’ufficio di parlarne nel Giornale. Sarei<br />

stato veramente lieto di rivederla tra i collaboratori del periodico nostro<br />

che ha bisogno più che mai di veder stringerglisi attorno gli amici<br />

fidi ed <strong>il</strong>lustri. Veda, caro Professore, di risarcirmi di questo danno,<br />

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______________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL «GIORNALE STORICO »<br />

inviandomi presto qualche cosa di suo: o articolo o recensione. Ella mi<br />

farà un vero e proprio regalo ».<br />

Si tratta di uno degli ultimi scritti del Novati in questo fondo.<br />

Novati, com’è noto, sarebbe morto negli ultimi giorni di quel primo<br />

anno di guerra 1915. Il « Giornale » sarebbe passato per due anni<br />

al Gorra, succeduto al Renier sulla cattedra di Torino, ed alla morte di<br />

questi, nel 1918 al Cian. A succedere al Novati sulla cattedra di neolatina<br />

l’Accademia m<strong>il</strong>anese avrebbe chiamato lo <strong>Zingarelli</strong>.<br />

6. Vittorio Cian tenne la direzione del « Giornale <strong>storico</strong> » dal<br />

1917 al 1937, gli anni in cui la seconda generazione <strong>della</strong> scuola storica<br />

doveva far sempre più i conti con <strong>il</strong> mutamento degli orientamenti<br />

critici imposti dal Croce e con la progressiva supervisione politica <strong>della</strong><br />

cultura imposta dal fascismo.<br />

Quasi coetaneo dello Z., veneto di nascita, come <strong>il</strong> Renier ma torinese<br />

di studi e di vita, allievo del Graf e del Renier, <strong>il</strong> Cian fu come gli<br />

altri lavoratore infaticab<strong>il</strong>e, legato nella ricerca agli strumenti del metodo<br />

<strong>storico</strong> ma non del materialismo positivistico, che anzi nella contaminazione<br />

metodologica e nei confusi presupposti f<strong>il</strong>osofici <strong>della</strong><br />

sua critica non si mostrava insensib<strong>il</strong>e ad uno spiritualismo imprecisato<br />

e ai miti, non solo postrisorgimentali, del nazionalismo: la Torino<br />

liberale, l’insegnamento desanctisiano ripreso, sia pure per mostrare al<br />

Croce che esso apparteneva a Napoli quanto a Torino, alla scuola estetica<br />

quanto alla storica, e soprattutto una sincera ma retorica e qualche<br />

volta perfino grottesca ideologia nazionalistica.<br />

In cattedra a Messina fin dal ‘95 per <strong>letteratura</strong> <strong>italiana</strong>, e non neolatina<br />

come quasi tutti gli altri, passò poi a Pisa e a Pavia, ed infine nel<br />

1913 a Torino, fino al ‘35. Deputato e poi senatore dal ‘29 non risparmiò,<br />

da posizioni nazionalistiche dichiarate, apologie<br />

all’imperante fascismo.<br />

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MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

Nella sua corrispondenza un tal orientamento si sente assai più di<br />

quanto non si sentisse in altri, come <strong>il</strong> Bertoni ed <strong>il</strong> Farinelli, che pure<br />

avevano accettato cariche e funzioni dal regime.<br />

La corrispondenza nei documenti di questo fondo zingarelliano si<br />

estende dal ‘14 al ‘34 e risulta abbastanza continua soprattutto per vicende<br />

legate alla collaborazione sollecitata ma piuttosto svogliata dello<br />

<strong>Zingarelli</strong> al « Giornale ».<br />

Ma vi sono anche numerose manifestazioni di stima, ringraziamenti,<br />

scambi di opuscoli ed estratti (« hai voluto fare — scriveva, ringraziando<br />

lo <strong>Zingarelli</strong> che gli aveva contraccambiato con alcuni opuscoli<br />

un suo dono — come Romeo col suo Signore, sette e cinque per diece<br />

»); c’è un riferimento al Pascarella e alla sua raccolta di sonetti di Storia<br />

nostra, un poema cui si dedicherà fino agli ultimi anni di vita, rivelatore<br />

del nazionalismo ch’era l’orientamento spirituale del Cian (« E<br />

credi tu ch’egli possa darci più <strong>il</strong> ‘pomera <strong>della</strong> storia nostra’ ora che<br />

ce l’hanno dato i nostri giovani cari con le armi, mentre <strong>il</strong> povero amico<br />

si è chiuso e sepolto in oscuro neutralismo tanto dis astroso quanto<br />

inesplicab<strong>il</strong>e? Ne hai tu notizie? »).<br />

Ma soprattutto vi è una ripresa pressante di inviti alla collaborazione,<br />

destinati, anche questi a non produrre se non una breve recensione<br />

nel ‘21 al volume dantesco di Labusquette.<br />

<strong>Zingarelli</strong> ormai era passato a M<strong>il</strong>ano sulla cattedra di neolatina liberatasi<br />

con la morte del suo caro Novati. Ed in quegli anni collaborava<br />

intensamente a molte riviste autorevoli ed era impegnato in una intensa<br />

attività di dantista, di romanis ta e di lessicografo.<br />

Cian, con inviti sempre più pressanti e confideziali, lo esortava a<br />

dargli qualcosa; e <strong>Zingarelli</strong> non diceva di no; ma prendeva tempo e<br />

altro tempo, fino a far cadere la cosa 13 .<br />

13 Ecco qualche esempio:<br />

« Attendo l’adempimento delle tue belle promesse pel « Giornale » (14-12-1918).<br />

30


______________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL «GIORNALE STORICO »<br />

Naturalmente, aveva le sue buone ragioni, neppure polemiche, ma<br />

di lavoro e di salute.<br />

Era immerso sino al collo nel lavoro di revisione e di stampa del<br />

Vocabolario, che sarebbe uscito in prima edizione, presso <strong>il</strong> Bietti, nel<br />

1922.<br />

Ma a scorrere la Bibliografia degli scritti, ci si avvede che anche in<br />

quegli anni in cui si dichiarava impedito, non san pochi i suoi scritti su<br />

riviste e quotidiani autorevoli.<br />

Le richieste di collaborazione s’interrompono.<br />

Il « Giornale » di Cian non trascura di segnalare, sia pur sobriamente<br />

i lavori dello <strong>Zingarelli</strong>. Lo farà anche per <strong>il</strong> Vocabolario.<br />

28-7-1919: accoglie un saggio di un segnalato per <strong>il</strong> « Giornale ». « Ma più lieto sarei di<br />

avere qualche cosa del mio Z., e tanto più lo spero da che mi dai la buona notizia che<br />

lavori molto. Qualche briciola di codesto tuo lavoro, serbala al « Giornale ». E a proposito,<br />

mi vien un’idea. Giorni sono scrissi al Torraca proponendogli di prepararmi, fra un<br />

anno circa, uno studio sintetico — 2 o 3 fogli di stampa — sopra Un mezzo secolo di<br />

studi danteschi in Italia (1865-1921) destinato a quel numero straordinario del Suppl.<br />

del Giorn. che vagheggio di dare in luce pel ‘21. Ora nel caso che <strong>il</strong> Torraca non<br />

s’assumesse l’impegno, potresti sobbarcarti tu? Ne sarei lietissimo. Anche ho offerto al<br />

Torraca di recensirmi <strong>il</strong> Dante del Granz (la D. C.) Qualora egli non accettase potrei fare<br />

assegnamento sull’amico Z.? Rispondimi etc. ».<br />

Nel ‘20 una serie di cartoline sulla laboriosa correzione De Labusquette, che poi<br />

uscirà nel vol. 77°, 1921, pp. 288-298.<br />

6-7-1921. Sembra che Z. abbia accettato la rassegna di cinquant’anni di studi danteschi.<br />

Cian lo sollecita a consegnare l’articolo. Il vol. si comincia a stampare, con i contributi<br />

di Galletti, Zonta: « Attendo con impazienza <strong>il</strong> tuo che vorrei mettere in testa.<br />

Vedi di fare uno sforzo e d’accontentarmi ».<br />

C’è anche qualche impennata per mancate risposte: « Poiché non ho avuto l’onore<br />

di una risposta ti riscrivo nella fiducia d’essere questa volta più fortunato ».<br />

Nel ‘21 sollecitazioni per l’articolo pel Suppl. dantesco del « Giornale » del 1921.<br />

(14.-sett.-21). « Bada poi, caro amico, che io vagheggio l’idea di affidare a te la rassegna<br />

cumulativa di quanto si pubblicherà di dantesco in occasione del centenario ».<br />

21-8-21. Ancora sulla rassegna dantesca: « ora che hai offerto <strong>il</strong> tributo del tuo nob<strong>il</strong>e<br />

dantismo al Monastero di Fonte Avellana (come t’ho invidiato!) spero bene che<br />

penserai sul serio anche a me e al tuo contributo dantesco al quale tengo assaissimo.<br />

Dunque ti prego, testina non lente ».<br />

31


MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

Ma uscivano anche certe noterelle piuttosto polemiche dello specialista<br />

di studi petrarcheschi, prima <strong>il</strong> Chirboli, poi <strong>il</strong> Calcaterra, su<br />

alcuni lavori zingarelliani, che, pur nel tono riguardoso che sembrava<br />

ispirarli non risparmiavano qualche frecciatina su certe « forzature » e<br />

precisazioni cronologiche e che non persuadono »; ed <strong>il</strong> Calcaterra entra<br />

anche in qualche garbata polemica personale.<br />

Intanto usciva la seconda edizione del Dante vallardiano, accresciuto<br />

smisuratamente, migliorato sotto l’aspetto <strong>della</strong> precisione, ma<br />

non certo sotto quello <strong>della</strong> compattezza e <strong>della</strong> struttura.<br />

E v’era stato, com’è noto, tra le due edizioni, tutto un rinnovamento<br />

<strong>della</strong> critica dantesca, e la polemica, vivacissima, intorno al volume<br />

crociano del 1921.<br />

<strong>Zingarelli</strong> era molto timoroso di non incorrere in qualche nuovo<br />

infortunio. Certo ormai, negli studi danteschi di un certo tipo la sua<br />

fama era consolidata; ma era bene che <strong>il</strong> « Giornale » questa volta lo<br />

sostenesse.<br />

Infatti <strong>il</strong> « Giornale » non mancò di sostenere, con la penna stessa<br />

del suo direttore Cian, <strong>il</strong> vecchio dantista ancora instancab<strong>il</strong>e.<br />

Glielo aveva promesso: 22/4/1931 « Il ‘Giornale’ ne parlerà degnamente,<br />

con lo scopo di informare con coscienziosa obiettività i<br />

suoi lettori delle differenze che corrono fra la I e questa II edizione del<br />

suo Dante. S’intende le differenze più notevoli. Farò di tutto per accontentarti.<br />

Così nel volume 99°, 1932, uscì nel « Giornale » la recensione del<br />

Cian, questa volta positiva e sotto ogni aspetto affettuosa. Si faceva<br />

l’elogio di una lunga professione di dantismo scientifico e m<strong>il</strong>itante,<br />

del coraggio di stringere in una monografia tutta la dantologia disponib<strong>il</strong>e,<br />

si indicavano i miglioramenti <strong>della</strong> seconda edizione sulla prima;<br />

si dichiarava aperto e totale consenso; si cercava un collegamento<br />

con certe posizioni desanctisiane sulla necessità di non trascurare in<br />

Dante l’uomo e l’esule, la forza morale di certe sue posizioni; etc.<br />

32


______________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL «GIORNALE STORICO »<br />

Ma in quella difesa dello <strong>Zingarelli</strong>, così inusitata mente senza riserve,<br />

Cian e <strong>il</strong> « Giornale » sapevano di difendere <strong>il</strong> metodo <strong>storico</strong> e<br />

certo orientamento <strong>della</strong> critica biografico-erudito, contro la montante<br />

marea esteticocrociana e contro qualche resistente posizione <strong>della</strong> critica<br />

teologico-simbolica, di cui Pascoli e qualche pascoliano erano esempi.<br />

Tutta la scuola storica e <strong>il</strong> « Giornale » erano sulla difensiva in<br />

quegli anni trenta, arroccati nelle cittadelle universitarie, ma ormai insidiati<br />

anche in quelle; ed aveva dovuto accettare non pochi compromessi<br />

e capitolazioni, come Dionisotti stesso nel suo magistrale saggio<br />

non ha mancato di r<strong>il</strong>evare 14 .<br />

Valeva la pena allora spezzare una lancia in difesi di uno <strong>Zingarelli</strong>,<br />

che alla fin fine, in quegli anni noi certo floridi, usciva con<br />

un’opera che, tutto sommato, sarebbe sempre stata una pietra di paragone<br />

con cui confrontarsi e alla quale ricorrere.<br />

Così si spiega — e non va trascurato — quell’accenno al De Sanctis,<br />

<strong>il</strong> cui recupero, tentato in estremis da non pochi, e dal Cian innanzi<br />

tutto, era inteso nel segno nazionalistico ed anticrociano, come<br />

un recupero dell’ethos contro l’invadenza dell’estetica <strong>della</strong> forma; ed<br />

un maldestro tentativo di salvataggio di tante ricerche biografiche che<br />

invece erano e rimanevano erudite.<br />

La corrispondenza con Cian non presenta che qualche altro spunto.<br />

Un ringraziamento per l’edizione del Furioso « semplicemente delizioso<br />

e, che per la sua originalità ed eleganza squisita è tale da far onore<br />

a te e al grande editore Hoepli. Naturalmente <strong>il</strong> ‘Giornale’, per la<br />

penna del suo redattore più competente, <strong>il</strong> Debenedetti, compira <strong>il</strong> dover<br />

suo » (30/1/1934). Debenedetti, tra l’altro amico cordiale dello<br />

<strong>Zingarelli</strong>, scriverà invece la recensione acidetta che vedremo.<br />

Infine i rallegramenti per <strong>il</strong> passaggio, che egli stesso Cian, nella<br />

sua qualità di presidente di sezione del Consiglio Superiore aveva<br />

proposto di approvare, di <strong>Zingarelli</strong> alla cattedra di <strong>letteratura</strong> <strong>italiana</strong><br />

14 C. DIONISOTTI, La scuola storica, cit.<br />

33


MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

di M<strong>il</strong>ano, liberatasi nel 1931 dopo la morte dello Scher<strong>il</strong>lo: « di proporre<br />

toto corde l’approvazione <strong>della</strong> proposta fatti con così bella e<br />

giusta unanimità da codesta Facoltà pel trasferimento dell’amico<br />

<strong>Nicola</strong>, <strong>il</strong> quale, in grazia d questo trasferimento, avrà <strong>il</strong> bollo ufficiale<br />

come aveva titoli di figurare fra gli italianisti. Al futuro collega li italianità<br />

letteraria i miei rallegramenti e auguri cordiali ». (18/2/IX°<br />

1931)<br />

7. La corrispondenza e le relazioni con San torre Debenedetti e con<br />

Giulio Bertoni si può dire comincino, tra <strong>il</strong> 1913 e <strong>il</strong> ‘20, quando quelle<br />

con <strong>il</strong> Reniere e con i Novati finivano.<br />

E d’altro canto <strong>il</strong> Debenedetti ed <strong>il</strong> Bertoni appartenevano ad<br />

un’altra generazione, di diciotto anni più giovani dello <strong>Zingarelli</strong>, si<br />

laureavano entrambi alla scuola del Renier e degli altri maestri di Torino<br />

nel 1901, quando lo <strong>Zingarelli</strong> saliva in cattedra straordinario a<br />

Palermo.<br />

L’uno e l’altro, discepoli d’ingegno di quella gran. de scuola, dominata<br />

ora dal Rajna, erano andati a perfezionarsi a Firenze ed avevano<br />

subito <strong>il</strong> fascino di quella più dutt<strong>il</strong>e scuola f<strong>il</strong>ologica, tanto che <strong>il</strong><br />

Debenedetti pup<strong>il</strong>lo del Renier al quale pure rimase legato da riconoscenza<br />

e da affetto, non esitò a dichiarare in uno dei suoi lavori maturi<br />

che « se da queste pagine traspare un certo spirito d’abnegazione e<br />

qualche oscura virtù di sacrifizio, sappia <strong>il</strong> lettore ch’io debbo tutto ai<br />

miei Maestri di Firenze » 15 . La crudeltà dei discepoli, non di rado,<br />

com’è noto, è almeno pari all’egois mo dei maestri. Entrambi si erano<br />

affinati nella frequentazione di università straniere ed avevano ascoltato<br />

i grandi maestri tedeschi, francesi, <strong>il</strong> Tobler, <strong>il</strong> Meyer, <strong>il</strong> Grober,<br />

prendendo consuetudine con i metodi <strong>della</strong> grande f<strong>il</strong>ologia europea.<br />

De Benedetti dopo <strong>il</strong> periodo all’Archivio di Stato di Firenze farà<br />

<strong>il</strong> suo noviziato d’insegnamento universitario a Strasburgo allora tedesca,<br />

dall’08 al ‘13, quando conseguita la docenza e passata la tempesta<br />

34<br />

15 S. DEBENEDETTI, prefazione a Il Sollazzo, Torino, Bocca, 1922.


______________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL «GIORNALE STORICO »<br />

<strong>della</strong> guerra, passò come incaricato a Pavia e poi, dal ‘23 ordinario, infine<br />

a Torino nel ‘28, ove ebbe pure responsab<strong>il</strong>ità di redattore (1929)<br />

e <strong>il</strong> condirettore (1938) del « Giornale ».<br />

Le vicende dell’ultimo decennio di Debenedetti, costretto ad abbandonare<br />

l’insegnamento ed <strong>il</strong> « Giornale » per le leggi razziali<br />

(1938 e ‘39) sono note, così <strong>il</strong> suo ritiro a Giaverno, la partecipazione<br />

alla Resistenza ed alla lotta antifascista, <strong>il</strong> ritorno all’insegnamento<br />

dopo la Liberazione, la sua solitudine, la sua morte nel ‘48: una vicenda<br />

che non tocca la relazione con lo <strong>Zingarelli</strong> che s’interrompe nel<br />

‘35 per la morte di questi.<br />

Così come è nota la sua fisionomia intellettuale, <strong>il</strong> suo gusto per la<br />

ricerca, la sagacia dei suoi studi, <strong>il</strong> rigore e la sobrietà dello st<strong>il</strong>e,<br />

l’ideale aristocratico di discrezione ed eleganza che lo portava a scartare<br />

immensi materiali di scavo per trarne lavori apparentemente esigui,<br />

ma di estremo interesse e lucidezza. Con <strong>Zingarelli</strong> poteva incontrarsi<br />

ed ammirare la erudizione la vastità <strong>della</strong> ricerca, la curiosità intellettuale,<br />

non certo <strong>il</strong> disordine e la copia lutulenta di certi scritti e la<br />

trasandatezza dello st<strong>il</strong>e che caratterizza tante cose del piccolo pugliese.<br />

Epperò la loro relazione fu rispettosa e misurata nei primi anni, via<br />

via sempre più affettuosa e sciolta 16 .<br />

16 Ringraziamenti per pubblicazioni ricevute, contraccambi, richieste di giudizi e di<br />

pareri, come in una cartolina del 27-2-27 in cui si ringrazia di un giudizio favorevole e<br />

si chiede una opinione sull’articolo Intorno ad alcuni versi di Dante; si lodano alcuni<br />

lavori che « hanno, oltre agli altri pregi, quello di essere molto coscienziosi, e perciò si<br />

ricorre a lei volentieri ». (1922) si loda un articolo zingarelliano su Monti: « Dei contributi<br />

che sono apparsi in questo felice centenario (fra l’altro me lo vogliono far passare<br />

per un gran poeta!) <strong>il</strong> tuo è uno dei più seri, importanti e conclusivi. Tutto quello che si<br />

riferisce alla storia <strong>della</strong> lingua ha per noi — naturalmente senza scorze di pedanteria —<br />

<strong>il</strong> massimo interesse ».<br />

Lo invita ad una visita a Torino: « A Torino c’è una esposizione di cui si parla in<br />

tutto <strong>il</strong> mondo: e tu la lasci passare senza nemmeno farci una capatina » (cart. del 14-10-<br />

28).<br />

Quando nel ‘28 è chiamato a Torino ne dà comunicazione affettuosa all’amico: «<br />

Carissimo, Ricevo ora <strong>il</strong> telegramma che mi chiama a Torino a succedervi al Bertoni<br />

sulla cattedra di f<strong>il</strong>ologia romanza.<br />

35


MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

Affetto, simpatia, stima, dunque.<br />

E tanto più stupisce la recensione puntigliosa e decisamente acida<br />

che Debenedetti avrebbe scritto per <strong>il</strong> « Giornale » al Furioso uscito<br />

presso Hoepli per le cure dello <strong>Zingarelli</strong> in edizione elegante ma destinata<br />

ad un vasto pubblico.<br />

La votazione diede ottimi risultati: quindici votanti, quindici voti. Mi affretto a comunicano<br />

al mio ottimo amico, etc. » (cart. del 13-11-28); notizie sulla lunga preparazione<br />

<strong>della</strong> edizione del Furioso, « quando sia libero dalla influenza e dal Furioso, cioè<br />

dalle due influenze, vengo a M<strong>il</strong>ano a passarvi una sera con te. (Cart. del 2-4-28) sollecitazioni<br />

di corrispondenza ed augurio di lavoro: « Mio carissimo, da un secolo non ho<br />

tue notizie, e per quanto sappia che hai sulle spalle grandi pesi, fra l’altro la nuova ed.<br />

<strong>della</strong> Vita di Dante, non posso non dolermi di così lungo s<strong>il</strong>enzio. La nuova Vita di Dante<br />

avrà certo un magnifico successo. Non è un augurio, ma una fermissima fiducia. Ho<br />

letto in questi giorni quella un po’ romanzesca di Gallarati Scotti. Molto fervore, un<br />

senso d’arte non comune, una visione nob<strong>il</strong>e ed elevata <strong>della</strong> vita spirituale rendono ag<strong>il</strong>e<br />

<strong>il</strong> libro; ma troppi errori l’ingombrano che potevan senza gran fatica evitarsi e non<br />

mancano le inclinazioni per far colpo. Io preferisco quelli che chiamano pane <strong>il</strong> pane, e<br />

acciughe le acciughe ». (Cart. del 9-6-29). Chiede notizie del Dante: «A che punto è <strong>il</strong><br />

tuo Dante? Desidero che appena venga fuori <strong>il</strong> « Giorn. Storico » ne parli quando e come<br />

si conviene... Finito <strong>il</strong> Dante, prenditi qualche giorno di riposo a Torino ». (cart. del<br />

16-10-29); si parla del Dante di Cosmo: « Il Dante di Cosmo, se già non ti è pervenuto è<br />

in viaggio »: Z. ne avrebbe dovuto fare la recensione. Notizie di viaggi e di vacanze, la<br />

Spagna, la Grecia. Si associa alle commemorazioni e necrologie dello Schen<strong>il</strong>lo e « del<br />

nostro Rajna »: «gli volevo bene anch’io e molto, e le tue parole così affettuose, pur nel<br />

tono temperato e austero d’una pubblica commemorazione, mi hanno veramente commosso<br />

» (cart. del 19-2-31). Una commossa attestazione di amicizia: « Mio carissimo,<br />

grazie di tutto e con cuore profondamente amico. Vorrei anch’io poterti una buona volta<br />

servire in qualche cosa, e aspetto da lungo tempo tuoi ordini (mi si fanno troppe ordinazioni)<br />

con vivo desiderio. Ci siamo conosciuti tardi, e da pochi anni si è stretta la nostra<br />

amicizia, ma quando ti penso, mi pare che risalga alle prime, alle più lontane, alle migliori<br />

».<br />

Ma quando, nel ‘33, si fecero onoranze solenni a M<strong>il</strong>ano per i cinquant’anni di insegnamento<br />

dello <strong>Zingarelli</strong>, Debenedetti non fu invitato dal Comitato e se ne lamentò<br />

con l’amico. Dopo una conferenza tenuta dallo <strong>Zingarelli</strong> a Torino per la Società di Cultura<br />

gli scrive affettuosamente: « Carissimo amico, quante volte ritorni nelle nostre conversazioni<br />

<strong>il</strong> tuo nome non ti saprei dire. La tua visita ha avuto un grande significato per<br />

noi che non sapevamo più staccarci da te (fu una vera persecuzione!), e nei Soci <strong>della</strong><br />

Cultura che, dopo tanti chiacchiericci han sentito finalmente un oratore che dice delle<br />

cose buone, lungamente meditate e conquistate con acume e fatica ».<br />

36


______________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL «GIORNALE STORICO »<br />

Mario Casella gli aveva scritto ringraziandolo del « tuo elegantissimo<br />

Ariosto con bella e sintetica (sic!) prefazione, dove hai saputo<br />

adunare ed esporre con ammirevole chiarezza questioni intricate di<br />

storia letteraria e d’arte » (lettera del 12/2/1934).<br />

Cian, che era ancora direttore del « Giornale », se ne era dichiarato<br />

assai contento, lo aveva detto « delizioso » e ne aveva lodato eleganza<br />

ed originalità. Ma passato poi nelle mani dello specialista Debenedetti,<br />

« perché <strong>il</strong> ‘Giornale’ compisse <strong>il</strong> dover suo », eccone la recensione,<br />

cioè alcuni passi, tra ironia e sufficienza:<br />

« Bella carta, bei caratteri, e soprattutto molta roba (ma già comincia<br />

in nota ad indicare imprecisioni e sconvenienze). Settantacinque<br />

pagine d’introduzione. Poi <strong>il</strong> testo accompagnato da sunterelli che non<br />

l’abbandonano mai, e finalmente un Indice del Furioso che è insieme<br />

un Indice dell’Innamorato, etc.... Il Proemio discorre <strong>della</strong> Chanson<br />

de Roland e dei suoi derivati, nonché dei poemi amorosi di Chrétien<br />

de Troyes; discorre <strong>della</strong> poesia franco-veneta e <strong>della</strong> <strong>letteratura</strong> romanzesca<br />

toscana da cui trassero ispirazione <strong>il</strong> Pulci e <strong>il</strong> Boiardo. Poi<br />

parla anche di Ariosto (da pag. 43). L’informazione è amplissima e<br />

certo questo capitolo potrà giovare. Solo dispiacciono qua e là certe<br />

osservazioni curiose... (e si Citano una serie di « ingenuità » che vanificano<br />

quella ombra di apprezzamento e consenso che sembrava pure<br />

ci fosse). Al testo lo Z. dedica un paio di pagine e ce da rammaricare<br />

che un uomo di tanto valore, certo per colpa <strong>della</strong> fretta, non ci abbia<br />

dato intorno a questo punto quanto ci si poteva ben aspettare da lui. Lo<br />

Z. sa che certe correzioni ne implicherebbero non so quante altre; sa<br />

Sulla « fretta » con cui era stata comp<strong>il</strong>ata l’edizione, Z. stesso non poteva non essere<br />

d’accordo, se aveva scritto al Barbi: « Causa (del ritardo) è stata l’ed. del Furioso,<br />

sulla quale mi sono impegnato sei o sette mesi fa. Non ho potuto attendere ad altro, ho<br />

trascurato corrispondenza di sorta. Ora è finita, rimangono le ultime revisioni... » (Z. 1-<br />

11-1933).<br />

37


MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

che è doveroso dar le ragioni di quello che si fa; dice e ripete che edizione<br />

critica significa ‘fatta con criterio’. E poi... (ed anche qui esempi<br />

su esempi di correzioni al testo ritenute arbitrarie e non coerenti).<br />

Poi v’è la questione dei morti resuscitati: alcuni re che muoiono in<br />

alcuni canti e si ritrovano resuscitati in altri (Furioso, XL, 73 e XVI,<br />

81-83). Z. con molta ingenuità dichiara, almeno per alcuni, di rifarsi<br />

alla « errata » <strong>della</strong> edizione 1521, e poi per l’ultimo di essi, che non<br />

poteva giustificare altrimenti, tira fuori l’invenzione che l’Ariosto si<br />

sarebbe rimesso « al benevolo lettore », non potendo far capire nel<br />

verso altro dei nomi disponib<strong>il</strong>i. La qual cosa pare « enorme » al Debenedetti,<br />

che si sostiene sulla tesi del Rajna circa le edizioni del Furioso,<br />

e non può consentire con una forzatura di tal fatta. La svista è<br />

svista del poeta, e non valgono giustificazioni posticce.<br />

La recensione prosegue con l’indicazione di qualche altra ingenuità<br />

del testo (XV, 23, etc.). Ironizza su certi sunti non corrispondenti al<br />

fatto. Infine conclude:<br />

« Molte altre cose si potrebbero osservare, ma non è opportuno. Al<br />

libro, come già s’accennava, ha nociuto la troppa fretta. Ma anche così<br />

com’è può rendere servizi, sia per quei sunterelli cui ho accennato (se<br />

nelle scuole si fanno di questi esercizi) sia infine per l’amplissimo indice<br />

». (« Giornale <strong>storico</strong> » vol. 105, 1935, pp. 181-184).<br />

Certo Debenedetti era scrittore e critico assai meno currenti calamo<br />

dello <strong>Zingarelli</strong>. La sua edizione del Furioso per i classici di Laterza,<br />

uscita nel ‘28, era un miracolo di attenzione e di scrupolo critico;<br />

e più sarebbe stata, se l’editore non si fosse opposto alla documentazione<br />

completa di tutte le fasi di elaborazione del poema nelle successive<br />

edizioni curate dall’Ariosto (come sarà fatto poi nella sua edizione<br />

dal Segre del 1960, basata sui materiali debenedettiani). Inoltre<br />

quella introduzione di <strong>Zingarelli</strong> era ben frag<strong>il</strong>e ed affastellata e non<br />

priva di forzature ed ingenuità.<br />

38


______________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL «GIORNALE STORICO »<br />

La recensione, tra ironia e sufficienza, era ineccepib<strong>il</strong>e. Ma non era<br />

né affettuosa né amichevole, come pure era stato l’autore in tanta corrispondenza.<br />

Si sa bene, Amicus Plato, sed magis amica veritas.<br />

E poi <strong>il</strong> Debenedetti era di quelli che amavano « chiamar pane <strong>il</strong><br />

pane e acciughe le acciughe ». Il « Giornale », e in questo caso Debenedetti,<br />

sapeva ben fare queste spiacevoli scelte. E <strong>Zingarelli</strong> non era<br />

alla prima amarezza 17 .<br />

Con arguzia e cordialità aveva invece toccato <strong>il</strong> problema dei morti<br />

resuscitati <strong>il</strong> Bertoni, <strong>il</strong> quale, sia pure in una corrispondenza privata e<br />

non in una pagina a stampa, se ne era quasi complimentato con lo<br />

<strong>Zingarelli</strong>, anche se non senza ironia:<br />

« E’ saporitissimo (l’Ariosto novissimo): nella introduzione, nella<br />

stampa, nei finissimi riassunti, nella magistrale appendice che tu<br />

chiami Indice, mentre è una cosa preziosa da consultare. Ho subito notato<br />

varie novità. Per es. <strong>il</strong> disseppellimento, almeno di due morti operato<br />

dall’Ariosto pare divenga, per merito tuo, una fiaba. Te ne son<br />

grato per messer Ludovico » (10/3/34).<br />

Bertoni era modenese, ma torinese ed europeo di studi; allievo del<br />

Graf, del Renier, anche lui aveva percorso <strong>il</strong> curriculum regolare a Firenze<br />

col Rajna, a Parigi, a Berlino, a Strasburgo, con maestri tedeschi<br />

e francesi.<br />

Più giovane di diciott’anni dello <strong>Zingarelli</strong>, la sua libera docenza è del<br />

1905, l’insegnamento a Friburgo in Svizzera dura dal ‘05 al ‘21,<br />

quando lo <strong>Zingarelli</strong> era già ordinario a Palermo e poi a M<strong>il</strong>ano. Nel<br />

‘22 è a Torino, sulla cattedra di Renier; dal ‘29 a Roma, su quella di<br />

De Lollis. Una carriera pienamente realizzata, non ostacolata da intralci<br />

politici; autorevole studioso, fu Accademico d’Italia, coordinatore<br />

di sezione <strong>della</strong> Enciclopedia Italiana.<br />

17 La figura del Debenedetti è stata recentemente ricordata da C. DIONISOTTI in<br />

un articolo in « Medioevo romanzo » 1978, 2-3, di cui ho avuto notizia solo dopo la<br />

stesura di questa relazione. Il Dionisotti mi raccontava anche un aneddoto su certa «incomunicab<strong>il</strong>ità<br />

» tra <strong>il</strong> gigantesco Cesareo e <strong>il</strong> piccolissimo <strong>Zingarelli</strong> che non si rivolgevano<br />

parola, per antiche ruggini accademiche palermitane; ed <strong>il</strong> Debenedetti, segretario<br />

nella commissione di concorso, che era costretto a far da tramite tra i due reciprocamente<br />

muti ed accigliati.<br />

39


MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

Le missive sue a <strong>Zingarelli</strong> sono 25, cominciano dagli anni di Friburgo<br />

e sciolgono progressivamente la reverenza iniziale verso «<br />

l’<strong>il</strong>lustre professore » « nel caro collega e amico » degli ultimi anni;<br />

né presentano particolare interesse per <strong>il</strong> nostro discorso, riducendosi a<br />

testimonianze di vita accademica e di civ<strong>il</strong>tà tra letterati.<br />

Ma proprio negli anni del suo maggior « rispetto » Bertoni non si<br />

astenne dal venir fuori nel vol. 590, 1912, del « Giornale » con una recensione<br />

a due lavori zingarelliani, quello su Rambaldo di Vaqueiras e<br />

l’altro sul Bei cavaliere, con due osservazioni sul primo: « Lo Z. intorno<br />

a questo breve e diffic<strong>il</strong>e componimento ha scritto alcune pagine<br />

che a me paiono molto infelici, sopra tutto per questo: che, messo su<br />

una falsa strada da una cattiva identificazione, s’è lasciato trascinare,<br />

dietro vane parvenze, a conclusioni quanto mai arrischiate, anzi, debbo<br />

dire, erronee ». E passava ad esemplificare argutamente i suoi r<strong>il</strong>ievi.<br />

La stessa considerazione vale per le cinque cartoline di Ferdinando<br />

Neri, un altro di quei prodigiosi laureati dell’anno 1901 <strong>della</strong> Università<br />

di Torino (De Benedetti, Bertoni, come si è visto, etc.), arrivati<br />

speditamente in cattedra e redattore e poi direttore del « Giornale ».<br />

Non contengono se non notizia di scambi di saluti e di opuscoli e un<br />

accenno alla controversa questione <strong>della</strong> attribuzione del Fiore a Dante.<br />

8. La corrispondenza con Arturo Farinelli, <strong>il</strong> germanista e f<strong>il</strong>ologo<br />

romanzo di fama e frequentazioni europee, si estende dal 1905 al ‘34 e<br />

copre dunque un arco di tempo più esteso. Farinelli era quasi coetaneo<br />

di Z., di soli sette anni più giovane, e per giunta senza quel curriculum<br />

regolare e prodigioso che faceva dei vari Debenedetti, Bertoni, Neri,<br />

dei prodotti finiti <strong>della</strong> scuola, sempre e comunque diversi anche perché<br />

più giovani, rispetto a chi da quella regolarità era stato distolto da<br />

40


_____________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL « GIORNALE STORICO »<br />

ragioni di vita e solo più tardi era tornato agli studi.<br />

Farinelli aveva cominciato con studi tecnici, era stato allievo del<br />

Politecnico di Zurigo e solo dopo molti trascorsi avventurosi e romanticamente<br />

inquieti era approdato alla f<strong>il</strong>ologia romanza ed alla germanistica,<br />

passando da Zurigo a Parigi ad Innsbruck ove tenne un incarico<br />

d’insegnamento e da cui venne a Torino chiamato da quella università<br />

per la <strong>letteratura</strong> tedesca.<br />

Inoltre la quasi ossessiva necessità d’indipendenza del Farinelli<br />

s’incontrava con la incapacità e diffidenza dello Z. verso schematismi,<br />

discipline scolastiche e accademiche. Farinelli aveva notato egli stesso<br />

<strong>il</strong> contrasto ch’era in lui « di una fantasia accesa per un nulla sino al<br />

delirio e di una ragione dimessa, fatta di prosa e di caparbietà che dai<br />

voli del cielo (lo) conduceva prontamente alla terra.. .<strong>il</strong> piccolo pedante<br />

. . .a lato dell’entusiasta ardente che si riteneva non mai contenuto<br />

da freni e da briglie... » 18 .<br />

Senza i romantici atteggiamenti e fervori del germanista, <strong>Zingarelli</strong><br />

mescolava sovente nella vita e nel lavoro l’attività del certosino paziente<br />

e laborioso ricercatore con certi atteggiamenti ed ostentazioni di<br />

sregolatezza e di indisciplina formale; e certi « pasticci » e « zibaldoni<br />

» in cui spesso si risolvevano le sue ricerche più lunghe e che gli venivan<br />

rimproverati dalla critica, si dovevano in parte al rifiuto di quella<br />

disciplina e di quella misura che eran dono di altri.<br />

Farinelli, inoltre, dopo i suoi primi lavori nati da infaticab<strong>il</strong>i ricerche<br />

particolari, da una congerie di erudizione e da una esasperazione<br />

del metodo positivo, dopo l’incontro con Croce intorno al 1905-06,<br />

veniva sempre più rendendosi conto che « scovar fonti, registrar confronti,.<br />

senza un pensiero alla creazione intima, desta dall’urto interiore,<br />

accesa dalle scint<strong>il</strong>le cadute, è ozioso trastullo » (prefaz. al Dante<br />

in Francia, M<strong>il</strong>ano 1908, p. IX). E via via venne assumendo atteggiamenti<br />

18 A. FARINELLI, Episodi di una vita. M<strong>il</strong>ano, Garzanti, 1946, p. 36.<br />

41


MICHELE DELL’AQUILA_______________________________________________________________________<br />

e non lesinò dichiarazioni di indipendenza rispetto al metodo <strong>storico</strong><br />

(anche se in realtà la sua polemica finiva col rivolgersi contro i suoi<br />

eccessi) e non rinunciando mai alla precisione ed alla cura inesausta<br />

<strong>della</strong> ricerca, si avvicinò come molti altri in quegli anni, al f<strong>il</strong>osofo<br />

dell’Estetica e non fu alieno da atteggiamenti crociani, anche se meramente<br />

esteriori e sempre sotto l’equivoco di certe forme romanticoestetizzanti<br />

che gli erano proprie.<br />

Un tal carattere e temperamento di studioso poteva forse essere di<br />

esempio allo Z., proprio per certe Comuni debolezze delle quali, peraltro<br />

lo Z. non ebbe mai chiara coscienza e non seppe certo liberarsi.<br />

Così Farinelli diventava più che lo specchio <strong>della</strong> coscienza, come<br />

avrebbe potuto, l’amico cui sfogare certi malumori e dal quale avere<br />

certi risarcimenti che gli ortodossi <strong>della</strong> scuola storica gli negavano 19 .<br />

19 Le prime corrispondenze di Farinelli sono degli anni di Innsbruck, cioè i primissimi<br />

del 900: e fin da allora <strong>il</strong> tono è appassionato, affettuoso, qualche volta eccessivo<br />

ed enfatico: « dammi ormai fam<strong>il</strong>iarmente del tu — mio d<strong>il</strong>etto — stimatissimo amico.<br />

Pur troppo debbo ripetere a te quello che nel marzo scorso scrissi al Galletti: Non parteciperò<br />

mai a nessun concorso in Italia neppure se mi promettessero l’oro di Creso o<br />

quella pace ancor più preziosa che io sventuratissimo cercherò invano sino alla morte.<br />

Diavolo, ch’io debba essermi mendico nella patria mia! (Da Vienna, 7-5-06, ove era andato<br />

per cercare di parare <strong>il</strong> colpo che lo escludeva da Innsbruck, dopo i moti antitaliani).<br />

L’esempio sembra eloquente e indicativo del temperamento dell’uomo. Ma da Farinelli,<br />

insieme a quelle appassionate dichiarazioni di affetto e di sdegno, gli venivano<br />

anche lodi per gli Appunti lessicali danteschi, per l’articolo sul Ventadorn; solidarietà<br />

per « la disavventura <strong>della</strong> recensione del Rocca, per gli attacchi <strong>della</strong> « Rivista d’Italia<br />

», per certe vicende accademiche e concorsuali, etc. ed ancora notizie di sé, foscoliani<br />

atteggiamenti di esule desideroso di affetti, (« Ricordo le ore troppo fugaci che passai<br />

ottimamente con te a M<strong>il</strong>ano e poi a Roma e pare davvero che sia nei nostri spiriti una<br />

specie di sicura consonanza non mai l’ombra di un disaccordo, malgrado la mia turbolenza<br />

e gli uragani che l’anima mia patisce ». 30-1-1918); alcune feroci accuse al De<br />

Lollis, per certe ruggini e risentimenti accademici (pare si fosse opposto alla sua chiamata<br />

a Roma) (« Al D. L. ormai degeneratissimo, incapace di far altro che l’uom geniale<br />

poggiato sul nulla aggrappato ad un lembo dell’Estetica del Croce, che non assim<strong>il</strong>a e<br />

non comprende, presuntuoso quanto ignorante...») (16-11-1908): esempi di intemperanza<br />

e detriti di vita accademica, senza varianti negli anni.<br />

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______________________________________________NICOLA ZINGARELLI E IL «GIORNALE STORICO »<br />

9. Intanto, lo <strong>Zingarelli</strong>, dopo <strong>il</strong> secondo Dante vallardiano del<br />

‘31 e l’Ariosto di Hoepli del ‘34, compiuti i cinquant’anni di insegnamento,<br />

si spegneva nel giugno del 1935, quando s’accingeva a pronunciare<br />

la sua ultima lezione.<br />

Quel volume di Scritti di varia <strong>letteratura</strong> nel quale gli amici avevano<br />

raccolto le sue cose più rappresentative per fargliene dono in<br />

quel giorno che doveva essere di festa, si ebbe dal « Giornale » una recensione<br />

postuma nell’annata 1080 del 1936 in un breve annuncio a<br />

firma di E. Testa nel quale in due righe si accennava ad un « omaggio<br />

alla sua cara memoria» e al « compianto maestro ».<br />

Nè <strong>il</strong> « Giornale », ancora diretto dall’amico Cian, ritenne doveroso<br />

pubblicarne un necrologio, come pure era costume ricorrente <strong>della</strong><br />

rivista e testimonianza di omaggio e riconoscimento. Ma <strong>il</strong> piccolo<br />

pugliese di Cerignola certo non vi aveva fatto mai affidamento. Aveva<br />

imparato a diffidare, e aveva mostrato di non aver mai scambiato i segni<br />

di civ<strong>il</strong>tà e buon costume epistolare tra gente di lettere, con la pienezza<br />

del consenso.<br />

Tra lui e <strong>il</strong> tempio <strong>della</strong> « scuola storica » — anzi, tra lui e i diversi<br />

templi in cui la ricerca letteraria ormai si organizzava e si articolava la<br />

feroce guerra delle « scuole » — vi sarebbe stata sempre la « macula»<br />

di una origine ibrida, di certe frequentazioni e trascorsi, oltre, beninteso,<br />

e certamente innanzitutto, le sue bizzarrie e intemperanze di studioso.<br />

MICHELE DELL’AQUILA<br />

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