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A cinque anni dalla sua chiamata al cielo<br />
Ricordiamo Giovanni Paolo II<br />
Anch’io mi inserisco come piccola goccia<br />
nel fiume di parole versate attorno a Giovanni<br />
Paolo II.<br />
Giovanni Paolo ha invitato al dialogo.<br />
L’attenzione generale si è puntata in alto,<br />
al dialogo tra grandi religioni o tra le nazioni<br />
del mondo, dimenticando che spesso<br />
non c’è dialogo né comunicazione tra<br />
chi vive vicino, nella stessa famiglia.<br />
E’ merce molto rara oggi, che un giovane<br />
padre trovi la possibilità di raccontare<br />
qualcosa di importante ai figli, di essere<br />
memoria, di essere testimone o insegnare<br />
un’esperienza di vita che aiuti il suo<br />
bambino a divenire uomo. Molti psicologi<br />
contemporanei parlano di paternità<br />
negata. Tra padre e figlio esiste spesso un<br />
silenzio che uccide.<br />
Il defunto pontefice ha avuto il carisma<br />
della paternità e fu punto di riferimento<br />
per grande parte dell’umanità che ha<br />
espresso il suo rapporto filiale elaborando<br />
il lutto che si è manifestato nell’impressionante<br />
stringersi uniti attorno alla sua<br />
salma, con una partecipazione spontanea<br />
mai visto fino ad allora. Il gesto simbolico<br />
di un’umanità che aveva perso il padre<br />
e si trovava come smarrita.<br />
Di questo grande uomo, riconosciuto dal<br />
sensus fidelium come “santo subito”, non<br />
è possibile dire tutto, ricordo due aspetti<br />
di ciò che io, padre, ho visto e ritengo utile<br />
trasmettere alla memoria dei figli. Anzitutto<br />
invito, a fare anche memoria prolungata<br />
dei suoi predecessori: Giovanni<br />
XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo I, senza i<br />
quali non si può capire molto della sintesi<br />
operata nel pontificato di Giovanni<br />
Paolo II.<br />
Nel fare memoria di Giovanni Paolo II,<br />
voglio evidenziare un secondo aspetto<br />
che mi pare utile trasmettere ai figli, una<br />
vicenda personale che è stata per me<br />
molto significativa: ho appreso la notizia<br />
della morte del Papa alle ore 21.37 di sabato<br />
2 aprile 2005 mentre mi trovavo<br />
nella sala d’attesa del pronto soccorso di<br />
un ospedale accompagnando il mio anziano<br />
padre a seguito di una seria patologia<br />
riacutizzatasi in modo repentino. .<br />
Ho condiviso la notizia della sua morte in<br />
quella attesa con altri uomini e donne di<br />
tutte le età, che dallo stato di salute di<br />
poche ore prima erano entrati nel mondo<br />
della malattia, dell’incertezza per il futuro,<br />
del dolore fisico e per alcuni della<br />
morte fisica.<br />
Il più grande insegnamento trasmesso<br />
dalla paternità di Giovanni Paolo II ai suoi<br />
figli di tutte le generazioni, è stato come<br />
combattere e vivere e, nella sofferenza<br />
della malattia, sperare con fede certa che<br />
il male e la morte sono sconfitti e l’ultima<br />
parola è la vita immortale che Cristo risorto<br />
ci dona. Di questo noi figli facciamo<br />
memoria di tale santo padre.<br />
il Volto di Carate<br />
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