Regione Toscana Anno 2007 - Servizio Sanitario della Toscana
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Gruppo di redazione:<br />
<strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong><br />
Centro Regionale di Coordinamento e Compensazione<br />
per le Attività Trasfusionali<br />
Direttore: Pierluigi Liumbruno<br />
RACCOMANDAZIONI PER<br />
IL CORRETTO UTILIZZO DI<br />
EMOCOMPONENTI E PLASMADERIVATI<br />
• Giuseppe Curciarello A.S.L. 10 FIRENZE<br />
• Daniela Del Pace CRCC<br />
• Giancarlo Maria Liumbruno A.S.L. 6 LIVORNO<br />
• Daniela Rafanelli A.S.L. 3 PISTOIA<br />
• Francesco Carmelo Tornabene A.S.L. 9 GROSSETO<br />
Coordinatore:<br />
• Silvana Aristodemo COMITATO TECNICO CRCC<br />
<strong>Anno</strong> <strong>2007</strong><br />
1
INDICE<br />
INTRODUZIONE 5<br />
CONCENTRATI ERITROCITARI ( CE )<br />
1) DEFiNIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 10<br />
2) COMPATIBILITA’ ABO 11<br />
3) INDICAZIONI PER L’USO DEI CE E DEI CE TRATTATI 11<br />
4) TERAPIA TRASFUSIONALE NELL’ANEMIA ACUTA 14<br />
5) TERAPIA TRASFUSIONALE NELL’ANEMIA CRONICA 14<br />
6) TERAPIA TRASFUSIONALE NEL PAZIENTE CRITICO 15<br />
7) TERAPIA TRASFUSIONALE IN CHIRURGIA D’ELEZIONE 15<br />
8) TERAPIA TRASFUSIONALE IN CHIRURGIA D’URGENZA 16<br />
9) TERAPIA TRASFUSIONALE NEL TRAPIANTO DI MIDOLLO 16<br />
10) TERAPIA TRASFUSIONALE IN ETA’ PEDIATRIACA 17<br />
11) EFFICACIA DELLA TERAPIA TRASFUSIONALE 18<br />
12) REAZIONI AVVERSE ALLA TRASFUSIONE DI CE 19<br />
13) SINTOMATOLOGIA DELLE REAZIONI TRASFUSIONALI ACUTE 19<br />
14) BIBLIOGRAFIA 20<br />
PLASMA FRESCO CONGELATO ( PFC )<br />
1) DEFINIZIONE, PRODUZIONE E I E STANDARD QUALITATIVI 23<br />
2) COMPATIBILITA’ ABO/RhD 23<br />
3) INDICAZIONI PER L’USO DEL PFC NELL’ADULTO 24<br />
4) INDICAZIONI PER L’USO DEL PFC IN NEONATOLOGIA 25<br />
5) UTILIZZO INAPPROPRIATO E CONTROINDICAZIONI 26<br />
6) REAZIONI AVVERSE ALLA TRASFUSIONE DI PFC 27<br />
PLASMA INATTIVATO CON SOLVENTI / DETERGENTI<br />
7) CARATTERISTICHE DEL PGF E APPROPRIATEZZA TERAPEUTICA 27<br />
8) CRITERI PER LA DEFINIZIONE DELLE INDICAZIONI CLINICHE 27<br />
9) BIBLIOGRAFIA 28<br />
2
CONCENTRATI PIASTRINICI<br />
1) DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 32<br />
2) COMPATIBILITA’ ABO/RHD 32<br />
3) INDICAZIONI PER L’USO 33<br />
4) INDICAZIONI IN PROFILASSI 34<br />
5) INDICAZIONI IN TERAPIA 35<br />
6) INDICAZIONI IN NEONATOLOGIA 36<br />
7) INDICAZIONI ALLA TRASFUSIONE DI PIASTRINE IRRADIATE 36<br />
8) PRATICA TRASFUSIONALE 37<br />
9) REFRATTARIETA’ 37<br />
10) UTILIZZO INAPPROPRIATO E CONTROINDICAZIONI 38<br />
11) REAZIONI AVVERSE ALLA TRASFUSIONE DI CP 38<br />
12) APPENDICE 39<br />
13) BIBLIOGRAFIA 42<br />
ALBUMINA<br />
1) DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 46<br />
2) INDICAZIONI PER L’USO 47<br />
3) CALCOLO DELLA DOSE 50<br />
4) EFFETTI INDESIDERATI 50<br />
5) BIBLIOGRAFIA 52<br />
IMMUNOGLOBULINE E.V.<br />
1) DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 55<br />
2) INDICAZIONI PER L’USO 56<br />
3) EFFETTI INDESIDERATI 63<br />
4) BIBLIOGRAFIA 64<br />
CONCENTRATI DI FATTORI DELLA COAGULAZIONE<br />
1) DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 67<br />
2) INDICAZIONI PER L’USO 69<br />
3) SICUREZZA DEI CONCENTRATI 72<br />
4) BIBLIOGRAFIA 73<br />
3
CONCENTRATI DI ANTITROMBINA<br />
1) DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 75<br />
2) INDICAZIONI PER L’USO 76<br />
3) EFFETTI INDESIDERATI 77<br />
4) BIBLIOGRAFIA 78<br />
CONCENTRATI DI COMPLESSO PROTROMBINICO<br />
5) DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 79<br />
6) INDICAZIONI PER L’USO 79<br />
7) EFFETTI INDESIDERATI 81<br />
8) BIBLIOGRAFIA 82<br />
4
INTRODUZIONE<br />
Negli ultimi due decenni è stato sempre più difficile per il medico seguire un comportamento<br />
clinico organizzativo basato sulle prove scientifiche disponibili a causa delle continue nuove<br />
conoscenze prodotte dalla ricerca e dalla tecnologia. In passato nello scegliere strategie<br />
diagnostiche e terapeutiche, il medico si rifaceva oltre che al proprio bagaglio culturale a tradizioni,<br />
aneddoti e citazioni di autori. Ne conseguiva una notevole variabilità di comportamenti di fronte a<br />
problemi clinici analoghi con potenziale inappropriatezza dei livelli di cura che delegittimava la<br />
classe medica, abbassando il livello di gradimento dell’opinione pubblica ed aumentando la<br />
conflittualità. Da qui l’esigenza di disporre di strumenti di razionalizzazione ed ausilio alla decisioni<br />
nella pratica medica e lo sviluppo di diversi metodi per la produzione di vari tipi di<br />
raccomandazioni: linee guida propriamente dette, consensus conference, metodi multiprofessionali<br />
per la produzione di criteri di di appropriatezza ( tipo metodo Rand ) e rapporti di valutazione<br />
tecnologica (Technology Assessment ).<br />
Secondo la definizione fornita da “Guideline for Clinical Practice: from their development to use.<br />
National Academic Press, Washington DC” le Linee Guida sono raccomandazioni di<br />
comportamento clinico prodotte da un gruppo di lavoro multidisciplinare e basate sulle migliori<br />
evidenze scientifiche, con lo scopo di assistere medici e pazienti nel decidere le modalità<br />
assistenziali più appropriate in specifiche condizioni cliniche.<br />
Le linee guida riportano quindi un ampio volume di conoscenze scientifiche in un formato<br />
facilmente fruibile, caratterizzato da sistematicità di elaborazione e sintesi delle nuove evidenze<br />
scientifche. Oggi, che gli standard di evidenza stanno diventando più rigorosi ed i medici sono più<br />
consapevoli delle conseguenze delle loro scelte, il riferimento alle linee guida costituisce un valido<br />
aiuto.<br />
Il Piano <strong>Sanitario</strong> Nazionale sottolinea che le linee guida rappresentano un terreno di accordo<br />
professionale sulle migliori strategie assistenziali alla luce delle conoscenze scientifiche e, al tempo<br />
stesso, un elemento di trasparenza nei rapporti con il pubblico L’adozione di linee guida può<br />
rappresentare una soluzione per colmare lo squilibrio tra le limitate risorse economiche e la<br />
crescente domanda di prestazioni sempre più costose. A livello locale si pongono talvolta anche<br />
l’obiettivo di identificare e prendere coscienza di eventuali discontinuità tra pratica clinica corrente<br />
e risultati delle ricerche cliniche, per colmarle attraverso verifiche di qualità. Le applicazioni<br />
possibili sono nel campo <strong>della</strong> prevenzione, diagnosi, terapia, follow-up e riabilitazione.<br />
Elementi metodologici essenziali per l’elaborazione di raccomandazioni ( linee guida ) fondate su<br />
prove di efficacia nella prativa clinica sono<br />
a) Multidisciplinarietà delle competenze degli attori del processo<br />
b) Uso di revisioni sistematiche ( qualitative e/o quantitative – metanalisi - ) di letteratura o loro<br />
realizzazione quando non siano già disponibili. L’attuazione di revisioni sistematiche sui trattamenti<br />
sanitari è un passo logico nel progresso verso terapie basate su dati obiettivi.<br />
c) Valutazione esplicita <strong>della</strong> qualità delle prove ( livelli di evidenza ) e <strong>della</strong> forza con la quale<br />
devono essere adottate e implementate le singole raccomandazioni.<br />
METODOLOGIA DI LAVORO DEL GRUPPO DI REDAZIONE<br />
Tra gli obiettivi <strong>della</strong> programmazione annuale delle attività del <strong>Servizio</strong> Trasfusionale regionale,<br />
individuati dal Centro Regionle di Coordinamento e Compensazione – CRCC -, rivestono<br />
particolare rilevanza le strategie adottate per sostenere l’appropriatezza dei consumi di<br />
emocomponenti e plasmaderivati.<br />
A questo scopo negli ultimi due anni i Servizi Trasfusionali insieme con i Comitati del Buon Uso<br />
del Sangue di ogni singola Azienda Ospedaliera e Sanitaria <strong>della</strong> <strong>Regione</strong> si sono impegnati nella<br />
produzione e/o revisione di linee guida per il buon uso degli emocomponenti e di plasmaderivati<br />
successivamente approvate, validate e diffuse in ogni Azienda<br />
5
La complessità del tema, la numerosità dei prodotti trattati ( diversi emocomponenti e numerosi<br />
plasmaderivati ), il loro diverso utilizzo in relazioni alle varie situazioni cliniche e realtà<br />
organizzative locali, dà ragione <strong>della</strong> variabilità degli elaborati pervenuti al CRCC, pur nella<br />
complessiva accuratezza dei lavori svolti e nella sostanziale omogeneità dei contenuti per quelle<br />
indicazioni d’uso collaudate dalla pratica clinica e consolidate dalla letteratura scientifica.<br />
E’ sorta spontanea pertanto l’esigenza di disporre a livello regionale di un documento unico di<br />
raccomandazioni al buon uso di emocomponenti e plasmaderivati, da qui la decisione del Direttore<br />
Giuliano Grazzini, ora Direttore del Centro Nazionale Sangue, e del Comitato Tecnico del CRCC di<br />
affidare l'incarico di elaborarlo ad un Gruppo di Redazione (GdR), costituito da trasfusionisti con<br />
particolare competenza e collaudata esperienza nel campo specifico.<br />
Il dibattito per la formulazione del consenso sulle raccomandazioni espresse nel documento<br />
elaborato dal GdR vuole svolgersi fra gli esperti <strong>della</strong> stessa e di altre discipline per step successivi:<br />
Il documento è stato per primo trasmesso ai componenti del Comitato Tecnico del CRCC, da questi<br />
è stato presentato a livello regionale ai professionisti <strong>della</strong> specialità e sottoposto alla loro<br />
valutazione per un confronto fra pari.<br />
Successivamente a questa revisione viene presentato al Consiglio <strong>Sanitario</strong> Regionale per un’analisi<br />
multidisciplinare.<br />
Per il GdR, nonostante l’attenta sorveglianza dei revisori, non sempre è stato possibile seguire in<br />
maniera rigorosa le indicazioni metodologiche ed esprimere forza e grado <strong>della</strong> raccomandazione.<br />
Le motivazioni sono da ricercare nella complessità delle tematiche trattate, nella disomogeneità<br />
degli studi sperimentali, nell’ampia variabilità dei criteri di interpretazione dell’efficacia clinica,<br />
quindi nella difficoltà di produrre risultati che soddisfino criteri di evidenza<br />
Inoltre non sempre si sono potuti utilizzare i dati aggregati forniti dalle metanalisi: queste variabili<br />
aumentano i margini di decisione individuale per ogni singolo medico e per ogni singolo paziente.<br />
FORZA DELLE RACCOMANDAZIONI E LIVELLI DI EVIDENZA :<br />
Nella dichiarazione dei gradi di raccomandazione il GdR si è riferito sostanzialmente alla<br />
metodologia utilizzata dalla Consensus Conference dell’American College of<br />
Chest Physicians (ACCP) del 2004 (Guyatt G., et al. Applying the Grades of Recommendation for<br />
Antithrombotic and Thrombolytic Therapy. CHEST 2004; 126:179S–187S).<br />
Le raccomandazioni seguono il sistema di classificazione per gradi espressi in numeri arabi (1,2) in<br />
funzione <strong>della</strong> forza e in lettere (A, B, C) in funzione dell’evidenza emersa dal tipo di studi.<br />
L’evidenza deriva dalla revisione sistematica <strong>della</strong> letteratura scientifica e può essere classificata in<br />
relazione al tipo, numerosità, possibili bias e punti di forza degli studi analizzati.<br />
La classificazione convenzionale dell’evidenza si fonda su criteri matematico-statistici, assegnando<br />
la “forza” dell’evidenza, nell’ordine, a: metanalisi, studi sperimentali randomizzati controllati,<br />
analisi retrospettive, follow-up prospettico, studi trasversali di popolazione, reviews,<br />
evidenza aneddotica. Ciò è corretto per quanto riguarda gli studi di natura rigorosamente clinica,<br />
soprattuttose focalizzati su valutazioni obiettive di esito, in particolare per gli studi di tipo<br />
terapeutico.<br />
In questi casi la disponibilità di studi clinici eseguiti con metodologia rigorosa e con casistica<br />
numerosa ha permesso di formulare raccomandazioni specifiche e più certe, in altri campi, dove gli<br />
studi si basano su progetti inadeguati, con insufficiente valutazioni delle variabili, di breve durata e<br />
risultati incerti le raccomandazioni sono invece deboli.<br />
E’ possibile inoltre una classificazione basata sul consenso di esperti che esplicita la forza con cui è<br />
stato espresso e la complessità del problema.<br />
6
FORZA DELLE RACCOMANDAZIONI :<br />
• Grado 1: gli autori sono certi che i benefici sono superiori o inferiori ai costi in termini di<br />
rischio e di costo economico. Si tratta quindi di una raccomandazione forte.<br />
• Grado 2: gli autori sono meno certi di quanto sopra, pertanto formulano una raccomandazione<br />
meno forte.<br />
LIVELLI DI EVIDENZA :<br />
• Grado A :la raccomandazione deriva dall’analisi di numerosi e consistenti studi randomizati.<br />
• Grado C+ : le raccomandazioni derivano dall’analisi di studi clinici osservazionali ma con<br />
risultati molto consistenti o da risultati che possono essere estrapolati senza equivoci da studi<br />
randomizzati.<br />
• Grado B : gli studi clinici utilizzati sono randomizzati, ma con importanti limitazioni (risultati<br />
discordi, problemi metodologici).<br />
• Grado C: le raccomandazioni derivano dall’analisi di studi clinici osservazionali con risultati<br />
meno consistenti o da risultati che possono essere estrapolati con un livello inferiore di certezza<br />
da studi randomizzati.<br />
Si sottolinea inoltre che viene usato il verbo “raccomandare” per i gradi più alti (1A, 1C+, 1B,<br />
1C), e il verbo “suggerire” per i gradi più deboli (2A, 2C+, 2B e 2C).<br />
OBIETTIVO DI QUESTO DOCUMENTO<br />
Obiettivo di questo documento è giungere ad un consenso sull'uso clinico di emocomponenti e<br />
plasmaderivati nell'ambito <strong>della</strong> <strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong> per fornire agli utilizzatori uno strumento utile<br />
all'appropriatezza d'uso. In tal senso le raccomandazioni in esso contenute non intendono sostituire<br />
in alcun modo la valutazione clinica che il medico esegue sul singolo paziente né l'esperienza<br />
personale del medico stesso, ma vogliono rendere disponibile uno strumento di consultazione per<br />
una verifica <strong>della</strong> appropriatezza.<br />
<strong>della</strong> scelta terapeutica adottata<br />
DESTINATARI DI QUESTO DOCUMENTO<br />
Medici ed infermieri in servizio in UUOO cliniche, case di cura, ambulatori o DH <strong>della</strong> <strong>Regione</strong> ai<br />
quali afferiscono pazienti suscettibili di terapia trasfusionale con emocomponenti e/o<br />
plasmaderivati.<br />
7
GRADI DI RACCOMANDAZIONE E LIVELLI DI EVIDENZA<br />
Grado di raccomandazione Chiarezza Forza metodologica Implicazioni<br />
e livello di evidenza<br />
1A Chiara Trial randomizzati senza Raccomandazione forte;<br />
importanti limitazioni si può applicare alla maggior<br />
parte dei pazienti nella maggior<br />
parte delle circostanze senza<br />
riserva<br />
1C+ Chiara Non trial clinici randomizzati Raccomandazione forte;<br />
ma risultati di chiara forza si può applicare alla maggior<br />
estrapolati senza equivoci da partedei pazienti nella maggior<br />
trial clinici randomizzati o parte delle circostanze<br />
evidenza abbondante da studi<br />
osservazionali<br />
1B Chiara Trial randomizzati con Raccomandazione forte;<br />
importanti limitazioni probabilmente applicabile<br />
(risultati discordi, alla maggior parte dei pazienti<br />
problemi metodologici)<br />
1C Chiara Studi osservazionali Raccomandazione di forza<br />
intermedia può essere cambiata<br />
nel caso che si renda disponibile<br />
un’evidenza più forte<br />
2A Incerta Trial randomizzati senza Raccomandazione di forza<br />
Importanti limitazioni intermedia; la migliore azione<br />
può essere diversa a seconda<br />
delle circostanze o dei<br />
valori del paziente o <strong>della</strong><br />
società<br />
2C+ Incerta Non trial clinici randomizzati Raccomandazione debole;<br />
ma risultati di chiara forza la migliore azione può essere<br />
estrapolati senza equivoci da diversa a seconda delle<br />
trial clinici randomizzati o circostanze o dei valori del<br />
evidenza abbondante da studi paziente o <strong>della</strong> società<br />
osservazionali<br />
2B Incerta Trial randomizzati con Raccomandazione debole;<br />
importanti limitazioni approcci alternativi<br />
(risultati discordi, problemi probabilmente sono migliori<br />
metodologici) in certi pazienti e in certe<br />
circostanze<br />
2C Incerta Studi osservazionali Raccomandazione molto<br />
debole; altre alternative<br />
possono essere<br />
ugualmente ragionevoli<br />
8
CONCENTRATI ERITROCITARI (CE)<br />
DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 1<br />
Le emazie o globuli rossi concentrati possono essere ottenuti o mediante centrifugazione dell’unità<br />
di sangue prelevato (con la centrifugazione il sangue si separa nei suoi principali componenti:<br />
globuli rossi, plasma, piastrine), o mediante aferesi (la donazione avviene utilizzando particolari<br />
apparecchiature denominate separatori cellulari che consentono la raccolta selettiva dei singoli<br />
componenti ematici). I concentrati eritrocitari, preparati per separazione del plasma e dello strato<br />
leucocitario-piastrinico (buffy-coat) dai globuli rossi, con l’aggiunta di appropriate soluzioni<br />
nutritive, definiti concentrati eritrocitari privi di buffy-coat in soluzioni additive sono normalmente<br />
utilizzati nella terapia delle anemie.<br />
L’unità di concentrato eritrocitario priva di buffy-coat in soluzione additiva (di seguito indicata con<br />
CE) contiene almeno 43 grammi di emoglobina (Hb) con un ematocrito (Htc) che oscilla tra il 65%<br />
e il 70% circa in rapporto ai valori di Hb del donatore, al volume iniziale di sangue raccolto (450 ml<br />
± 10%) ed alla soluzione additiva utilizzata. Il numero di leucociti di ciascuna unità di CE deve<br />
essere inferiore a 1,2 x 10 9 (minore incidenza di reazioni febbrili post-trasfusionali). Le piastrine<br />
devono essere inferiori a 20 x 10 9 in ciascuna unità.<br />
I CE privi di buffy-coat sospesi in soluzione additiva possono essere sottoposti ad ulteriori<br />
trattamenti di:<br />
A. LEUCODEPLEZIONE MEDIANTE FILTRAZIONE<br />
B. IRRADIAZIONE<br />
C. LAVAGGIO<br />
D. CONGELAMENTO<br />
A. LEUCODEPLEZIONE MEDIANTE FILTRAZIONE<br />
Il concentrato eritrocitario può essere leucodepleto mediante l’uso di appositi filtri che riducono i<br />
globuli bianchi presenti a meno di 1 x 10 6 . La filtrazione può avvenire: “pre-storage”, “poststorage”<br />
o “bedside”.<br />
B. IRRADIAZIONE 2,3<br />
L’irradiazione pre-trasfusionale degli emocomponenti con una dose tra 25 – 50 Gray di radiazioni<br />
ionizzanti (raggi gamma o X) inattiva i linfociti vitali presenti.<br />
I CE irradiati devono essere trasfusi entro 28 giorni dal prelievo nei soggetti adulti; nei casi di<br />
trasfusione intrauterina, o a neonato, o a paziente con iperpotassiemia è necessario procedere alla<br />
trasfusione entro 48 ore dall’irradiazione.<br />
C. LAVAGGIO 4<br />
Il lavaggio dell’unità di globuli rossi concentrati con soluzione fisiologica, consente la rimozione<br />
delle proteine plasmatiche fino ad una concentrazione inferiore a 0,3 g/unità.<br />
D. CONGELAMENTO 5<br />
Sono CE che si preparano entro 7 giorni dal prelievo utilizzando un criopreservante idoneo.<br />
Possono essere conservati in congelatore meccanico (tra -60°C e –80°C) o in azoto liquido (a<br />
temperature inferiori) fino a 10 anni. Prima dell’uso vanno scongelati, lavati e risospesi in idonea<br />
soluzione.<br />
9
COMPATIBILITA’ ABO<br />
Gli antigeni del sistema ABO sono molecole carboidratiche presenti in TUTTE le cellule<br />
dell’organismo. Ogni individuo è caratterizzato dalla presenza sulle proprie cellule di antigeni<br />
carboidratici di una certa specificità e dalla contemporanea presenza di anticorpi plasmatici contro<br />
gli antigeni assenti sulle proprie cellule.<br />
Si vengono così a configurare 4 gruppi sanguigni in base alla presenza o assenza dei suddetti<br />
antigeni sulle cellule e dei complementari anticorpi plasmatici (vedi tabella 1).<br />
Tabella 1 – Compatibilità AB0 nella trasfusione di CE.<br />
Gruppo sanguigno Antigeni cellulari Anticorpi plasmatici<br />
A A Anti B<br />
B B Anti A<br />
0 Assenti Anti A, anti B<br />
AB AB Assenti<br />
Gli anticorpi naturali, presenti fin dai primi mesi di vita, sono in grado di determinare emolisi<br />
gravissime: da ciò l’assoluta necessità di rispettare sempre nella terapia trasfusionale la<br />
compatibilità ABO.<br />
Il sistema Rh è determinato da molecole proteiche, presenti solo sui globuli rossi, che costituiscono<br />
gli antigeni C, c, D, e, E. Altra caratteristica del sistema Rh, che lo differenzia dall’ABO, è<br />
l’assenza di anticorpi naturali nel plasma e liquidi organici. Gli anticorpi, immuni, si formano dopo<br />
uno stimolo antigenico quale trasfusioni o emorragie feto-materne. Dei vari antigeni del sistema Rh<br />
il più immunogeno è il “D” la cui presenza o assenza sulle emazie fa dividere, nell’accezione<br />
comune, la popolazione in soggetti Rh positivi (D presente sulle emazie) e Rh negativi (D assente<br />
sulle emazie). Segue per potere immunogenico l’antigene “c” ed “E”.<br />
Nella pratica trasfusionale si tende, compatibilmente con le scorte e l’urgenza <strong>della</strong> richiesta di<br />
terapia, a non trasfondere sangue “D positivo” a individui “D negativi” e nel caso di donne con<br />
potenziale gravidico a trasfondere eritrociti Rh compatibili per i suddetti antigeni.<br />
INDICAZIONI PER L’USO<br />
La vita media delle emazie trasfuse è di circa 50-60 giorni (100 nel soggetto normale), ma può<br />
ridursi sino a 15-18 giorni in presenza di fattori che riducono la sopravvivenza delle emazie<br />
medesime.<br />
La conservazione dei CE determina un aumento del pH all’interno dell’emocomponente con<br />
diminuzione del 2,3-Difosfoglicerato (2,3-DPG).<br />
Il 2,3-DPG è fondamentale per la cessione di ossigeno ai tessuti 6 . Scarse quantità di 2,3-DPG<br />
aumentano l’affinità dell’Hb per l’ossigeno (O2), diminuendo la cessione dell’ O2 stesso ai tessuti.<br />
Al contrario, maggiori quantità di 2,3-DPG favoriscono la cessione di O2 ai tessuti. Per recuperare il<br />
50% del 2,3-DPG, dopo la trasfusione di CE, occorrono circa 8 ore e circa 24 ore sono necessarie<br />
per il suo completo reintegro e per una normale funzione.<br />
I CE trasfusi pertanto non sono immediatamente operativi nella loro funzione di cessione di O2 ai<br />
tessuti.<br />
Una adeguata ossigenazione tissutale è data dall’equilibrio tra la capacità di trasporto e cessione di<br />
O2 ed il suo consumo.<br />
10
Infatti l’ossigenazione tissutale dipende da vari fattori quali:<br />
• la concentrazione di Hb;<br />
• la saturazione di Hb, a sua volta dipendente dalla tensione di O2 e dall’affinità dell’Hb per l’<br />
O2;<br />
• la domanda di O2, ossia il volume di O2 necessario ai tessuti per svolgere la loro funzione<br />
aerobia.<br />
Molti fattori influenzano il consumo di O2, compreso l’esercizio fisico, la temperatura corporea,<br />
l’attività simpatica e metabolica, la frequenza cardiaca e l’attività di molti farmaci tra cui gli<br />
anestetici.<br />
Esistono meccanismi fisiologici di adattamento all’anemia che sono:<br />
• aumento <strong>della</strong> portata cardiaca mediante aumento <strong>della</strong> gittata sistolica e <strong>della</strong> frequenza<br />
cardiaca;<br />
• ridistribuzione del sangue nei vari distretti dell’organismo, in modo da privilegiare la<br />
vascolarizzazione di organi ad elevata richiesta di ossigeno;<br />
• aumento, nelle anemie croniche, del 2,3-DPG intraeritrocitario, con spostamento a destra<br />
<strong>della</strong> curva di dissociazione dell’Hb, che favorisce la cessione di O2;<br />
Varie condizioni patologiche possono alterare i meccanismi fisiologici di adattamento all’anemia: 6,8<br />
• ridotto incremento dell’output cardiaco (ipovolemia, coronaropatie, patologie valvolari<br />
cardiache, cardiopatia congestizia, farmaci inotropi negativi);<br />
• diminuita possibilità di incrementare l’estrazione di O2: ARDS (Acute Respiratory Distress<br />
Syndrome) sepsi, SIRS (Systemic Inflammatory Response Syndrome), sindrome da ischemiariperfusione-danno<br />
traumatico;<br />
• alterato scambio gassoso (BPCO, ARDS);<br />
• incremento del consumo di O2 (febbre, dolore, ansia, stress; sepsi, SIRS; sindromi da<br />
iperventilazione).<br />
Anche se è divenuta da tempo una pratica routinaria, manca un’evidenza scientifica che definisca<br />
chiaramente i criteri di appropriatezza <strong>della</strong> terapia con CE: non esiste infatti consenso su<br />
indicazioni certe al loro uso, nonostante la stesura di numerose linee guida e varie Consensus<br />
Conferences.<br />
Valori di Hb inferiori a 6 g/dl rendono quasi sempre necessaria la terapia trasfusionale, con valori<br />
fra 6 e 10 g/dl è necessaria la valutazione dello stato clinico (patologie sottostanti e tipo di<br />
emorragia) per valori superiori a 10 g/dl la trasfusione è da evitare. (Grado di raccomandazione:<br />
1A)<br />
Nelle tabelle 2-6 vengono riassunte le indicazioni all’uso di CE e CE trattati.<br />
Tabella 2 – Indicazioni generali all’uso di CE<br />
Sono indicati:<br />
• Per aumentare l’apporto di O2 ai tessuti (l’effetto<br />
si ottiene in media 12-16 ore dopo la trasfusione).<br />
6, 7<br />
Non sono indicati:<br />
• Per espandere il volume ematico.<br />
• In sostituzione di ematinici.<br />
• A scopo “ricostituente"<br />
Tabella 3 - Indicazione all’uso di CE leucodepleti (Grado di raccomandazione: 2C+)<br />
• ridurre l’ incidenza di immunizzazione nei pazienti nei quali si preveda un supporto trasfusionale prolungato nel<br />
tempo<br />
• ridurre il rischio di trasmissione del CMV nei pazienti a rischio di infezione da CMV<br />
• ridurre la probabilità di reazioni febbrili non emolitiche in pazienti che ne hanno avuto almeno una documentata.<br />
• ridurre l’ incidenza di alloimmunizzazione HLA nei candidati al trapianto di organi solidi (escluso fegato) e di<br />
precursori emopoietici .<br />
11
Tabella 4 - Indicazioni all’uso di CE irradiati (Grado di raccomandazione: 2C+)<br />
Quando:<br />
Trasfusione intrauterina/exsanguino-trasfusione Sempre<br />
Immaturi e neonati Fino al 6° mese di età<br />
Immunodeficit congeniti cellulari Sempre, anche al solo sospetto<br />
Tutti i pazienti Trasfusioni con CE donati da parenti di I e II grado<br />
Trapianto allogenico Dall’inizio del condizionamento fino alla fine <strong>della</strong><br />
profilassi <strong>della</strong> GvHD (in GvHD cronica e SCID più<br />
a lungo)<br />
Donatore di midollo per trapianto allogenico Prima ed in corso di espianto<br />
Autotrapianto di midollo o PBSC Dall’inizio del condizionamento fino a tre mesi dopo<br />
il trapianto. Nei sette giorni prima <strong>della</strong> raccolta del<br />
midollo o delle PBSC.<br />
Linfoma di Hodgkin Sempre<br />
Linfomi non-Hodgkin, leucemie acute ed altre Se in terapia con i nuovi analoghi purinici (es.<br />
emopatie maligne<br />
fludarabina); da valutare per terapie aplastizzanti<br />
Anemia aplastica Non necessari; da valutare per chemio-<br />
Altre neoplasie<br />
immunoterapia<br />
Non necessari; da valutare per terapie aplastizzanti<br />
Trapianti di organo Non necessari; da valutare per terapie<br />
Positività HIV<br />
immunodepressive<br />
Non necessari (monitorare nuove terapie)<br />
Terapie aplastizzanti/immunodepressive Secondo valutazione<br />
Tabella 5 - Indicazioni all’uso di CE lavati (Grado di raccomandazione: 1C+)<br />
• Prevenzione di reazioni allergiche (orticarioidi non sensibili agli antistaminici o anafilattiche) nei<br />
confronti delle proteine plasmatiche infuse (per es. in soggetti con storia di reazioni allergiche da<br />
plasma o con deficit di IgA);<br />
• Reazioni febbrili post-trasfusionali, presenti anche con eritrociti leucodepleti;<br />
• Trasfusioni intrauterine o, talvolta, in epoca neonatale, per ridurre la somministrazione di<br />
anticoagulante, di K + extracellulare, di prodotti del metabolismo cellulare o di anticorpi plasmatici<br />
incompatibili (per es. anti-ABO) nei confronti di antigeni eritrocitari (per es. Ag ABO) del ricevente.<br />
• Precedenti di porpora post-trasfusionale.<br />
NB: Non è più giustificato il loro impiego nella terapia trasfusionale dell’emoglobinuria parossistica<br />
notturna.<br />
Tabella 6 - Indicazioni all’uso di CE congelati (Grado di raccomandazione: 1C+)<br />
• Pazienti con fenotipi eritrocitari rari;<br />
• pazienti con alloanticorpi multipli;<br />
• pazienti immunizzati con programma di predepositi superiore a 42 giorni (periodo massimo di<br />
conservazione di CE)<br />
Il trattamento trasfusionale con CE varia in relazione alle modalità d’insorgenza dell’anemia, alla<br />
condizione clinica e all’età del paziente. Si riportano di seguito le indicazioni alla terapia con CE in<br />
corso di:<br />
A. ANEMIA ACUTA<br />
B. ANEMIA CRONICA<br />
C. ANEMIA DEL PAZIENTE CRITICO<br />
D. ANEMIA IN CHIRURGIA D’ELEZIONE<br />
E. ANEMIA IN CHIRURGIA D’URGENZA<br />
12
F. ANEMIA NEL TRAPIANTO DI MIDOLLO<br />
G. ANEMIA IN ETA’ PEDIATRICA<br />
H. ANEMIA EMOLITICA AUTOIMMUNE<br />
A. ANEMIA ACUTA: 9,10<br />
Il più importante fattore nel trattamento dell’emorragia acuta è la prevenzione o la correzione dello<br />
shock ipovolemico. E’ fondamentale, per l’ossigenazione tissutale, infondere un volume liquido<br />
(cristalloidi/colloidi) sufficiente a ristabilire rapidamente il volume circolante e a mantenere<br />
adeguato il flusso ematico e la pressione sanguigna.<br />
Se la perdita di volume ematico è inferiore al 15% non vi è sintomatologia, mentre la perdita fra il<br />
15 e il 30% determina una tachicardia compensatoria. Perdite ematiche superiori al 30% danno<br />
luogo a sintomi di shock, con stato severo di shock per perdite superiori al 40%.<br />
Per perdite fino al 30-40% del volume ematico in soggetti sani non si richiede di norma alcuna<br />
terapia trasfusionale ma solo il ripristino <strong>della</strong> volemia con soluzioni cristalloidi/colloidi. (Grado di<br />
raccomandazione: 1C+)<br />
Se esiste una patologia sottostante cardiovascolare (minore tolleranza all’anemia) può essere<br />
necessaria la trasfusione anche per perdite inferiori al 30-40%, mentre se la perdita è superiore al<br />
40% la trasfusione è quasi sempre improrogabile. (Grado di raccomandazione: 1C+)<br />
E’ infatti prioritario un adeguato ripristino del volume circolante con soluzioni cristalloidi e/o<br />
colloidi ed il ricorso alla terapia trasfusionale con CE quando i valori di Hb seriali (per evitare di<br />
essere influenzati dall’effetto di emodiluizione) e la severità <strong>della</strong> perdita ematica (attiva,<br />
controllata o incontrollata) lo richiedono (tabella 7). (Grado di raccomandazione: 1C+)<br />
Tabella 7 - Indicazioni alla trasfusione di CE nell’emorragia acuta<br />
Classe di Riduzione mL * Segni clinici e provvedimenti terapeutici:<br />
emorragia vol. ematico<br />
totale %<br />
Classe I < 15 % < 750 Talora reazione vaso-vagale.<br />
Soluzioni cristalloidi<br />
EC non necessari, se non è preesistente un’anemia.<br />
Classe II 15-30 % 750-1.500 Tachicardia da sforzo.<br />
Soluzioni cristalloidi/colloidi<br />
EC non necessari, se non è preesistente un’anemia e/o una<br />
malattia cardiopolmonare.<br />
Classe III 30-40 % 1.500-2000 Tachicardia da sforzo e ipotensione ortostatica, ansietà.<br />
Soluzioni cristalloidi/colloidi<br />
Probabile necessità di trasfondere EC.<br />
Classe IV > 40 % > 2.000 Pressione venosa centrale, portata cardiaca e pressione<br />
arteriosa diminuite, fame d’aria, polso rapido e filiforme,<br />
cute fredda e sudata, oliguria, confusione. Shock grave,<br />
letargia, coma, morte.<br />
Necessaria infusione rapida di soluzioni cristalloidi/colloidi e<br />
di EC.<br />
* In persona adulta di peso corporeo di 70-kg e con volume ematico totale di 5000 ml.<br />
B. ANEMIA CRONICA:<br />
Nell’anemia cronica vi è un aumento del contenuto di 2,3-DPG nei globuli rossi con spostamento<br />
verso destra <strong>della</strong> curva di dissociazione dell’Hb insieme con un aumento <strong>della</strong> gittata cardiaca e<br />
<strong>della</strong> funzione respiratoria. Per questo motivo è rara la necessità trasfusionale (tabella 8) in pazienti<br />
con valori di Hb superiori a 8 g/dl 11 . (Grado di raccomandazione: 1A)<br />
Spesso i sintomi compaiono quando il valore dell’Hb scende a 4-5 g/dl.<br />
13
Prima di intraprendere la terapia trasfusionale, salvo i casi di anemia grave e/o sintomatica, va<br />
iniziato l’eventuale trattamento con ematinici nelle forme carenziali (ferro, B12, folati) e/o con<br />
eritropoietina nelle forme di anemia da insufficienza renale cronica o sindromi mielodisplastiche.<br />
In pazienti anemici in chemio o radioterapia nei quali non si può attendere l’effetto <strong>della</strong> terapia con<br />
eritropoietina (EPO) o questa non può essere usata per la presenza di recettori EPO sulla neoplasia è<br />
opportuno il mantenimento dell’Hb intorno a 10 g/dl per l’effetto protettivo dell’ipossia sulle<br />
neoplasie e per evitare l’aumentato effetto tossico di alcuni chemioterapici in situazioni di anemia<br />
12-15 . (Grado di raccomandazione: 2C+)<br />
Tabella 8 - Indicazioni all’uso di CE nell’anemia cronica<br />
Livello Probabilità di<br />
medio di Hb compromissione clinica Strategia trasfusionale<br />
≥ 10 g/dL Molto bassa<br />
Evitare.<br />
8-10 g/dL Bassa<br />
Evitare; trasfondere solo se il paziente è sintomatico.<br />
6-8 g/dL Moderata<br />
Ridurre l’attività fisica; se il paziente rimane sintomatico,<br />
trasfondere CE.<br />
≤ 6 g/dL Alta<br />
Richiede spesso trasfusione di CE.<br />
C. ANEMIA NEL PAZIENTE CRITICO 9,16-20<br />
Secondo alcuni studi non confermati non ci sono significative variazioni nella mortalità a 30 giorni<br />
applicando una terapia trasfusionale con trigger di Hb < 7 g/dl rispetto a Hb = 10 g/dl (strategia<br />
trasfusionale “restrittiva” versus strategia trasfusionale “liberale”). (Grado di raccomandazione:<br />
1C+)<br />
Una terapia trasfusionale “liberale” può aumentare la mortalità in questi pazienti. Una possibile<br />
eccezione riguarda il paziente con IMA in atto.<br />
In attesa che, nel paziente critico, vengano messe a punto metodiche di monitoraggiop continuo e<br />
simultaneo del trasporto di O2 in più organi e tessuti 20 , si applicano gli stessi valori target espressi<br />
nelle indicazioni generali.<br />
D. ANEMIA IN CHIRURGIA D’ELEZIONE: 21-26<br />
In chirurgia d’elezione l’autotrasfusione nelle forme di predeposito, recupero peri-operatorio ed<br />
emodiluizione normovolemica e le tecniche chirurgiche ed anestesiologiche di contenimento delle<br />
perdite, costituiscono strategie utili a diminuire l’uso di sangue omologo. (Grado di<br />
raccomandazione: 1C+)<br />
Esse devono essere attentamente valutate nello studio pre-operatorio di ogni singolo paziente. E’<br />
auspicabile che presso l’Ambulatorio di Medicina Trasfusionale, per ogni paziente candidato a<br />
interventi di chirurgia d’elezione con fabbisogno trasfusionale, venga effettuata una valutazione<br />
ematologica (eventuale correzione di anemie carenziali e di alterazioni emocoagulative) e definito<br />
un programma autotrasfusionale personalizzato con o senza somministrazione di eritropoietina.<br />
In tutti i casi in cui è prevedibile e/o necessario il ricorso all’uso di sangue allogenico, dovrebbe<br />
essere richiesto al <strong>Servizio</strong> Trasfusionale un numero di unità di CE allogenici secondo l’indicazione<br />
MSBOS (Maximum Surgical Blood Order Schedule) stilata dall’equipe chirurgica e dai<br />
trasfusionisti di ciascun P.O., prendendo riferimento dalle indicazioni del "British Committee for<br />
Standards in Haematology Blood Transfusion Task Force", che riporta la richiesta massima<br />
accettabile per i più comuni interventi chirurgici in condizioni operatorie standard 9,27<br />
L’ MSBOS di ciascun P.O. è di ausilio anche nella definizione dei programmi autotrasfusionali, da<br />
limitare a quegli interventi per i quali sia prevista la trasfusione di almeno due unità di sangue.<br />
Pazienti in buone condizioni cliniche e con valori di Hb intorno a 10 g/dl, raramente richiedono<br />
trasfusioni perioperatorie, mentre spesso le richiedono i pazienti con anemia acuta e Hb intorno a 7<br />
g/dl (tabella 9). 21 (Grado di raccomandazione: 1C+)<br />
14
Tabella 9 - Indicazioni alla trasfusione perioperatoria di CE<br />
Livello di emoglobina: Decisione trasfusionale:<br />
>10 g/dL<br />
7 g/dL e
Doppia incompatibilità: donatore A → ricevente B, B → A<br />
In caso di doppia incompatibilità è necessario deeritrocitare e deplasmare il midollo donato e<br />
seguire il titolo di anti-A o anti-B nel ricevente.<br />
G. ANEMIA IN ETA’ PEDIATRICA 32<br />
Il <strong>Servizio</strong> Trasfusionale può allestire unità di volume ridotto (25-100 mL) per i pazienti pediatrici<br />
frazionando una stessa unità di emazie in più aliquote che possono essere trasfuse in più volte,<br />
diminuendo, così, il numero di donatori cui esporre il neonato. Per i prematuri o per casi selezionati<br />
(trasfusioni intrauterine, immunodeficit congenito, exsanguinotrasfusione), l’unità deve essere<br />
irradiata e filtrata. (Grado di raccomandazione: 2C+)<br />
I CE per trasfusione intrauterina devono avere un Htc comprso tra 0,70 e 0, 85% e sono solitamente<br />
preparati da unità 0 Rh-D negative.<br />
Nel neonato il valore soglia di Hb è più elevato che nell’adulto (10 g/dL) ed ancora più alto (12-13<br />
g/dL) nelle prime 24 ore di vita o in presenza di insufficienza cardiaca o respiratoria. Le dosi di<br />
emazie generalmente raccomandate sono di 5–20 ml/kg<br />
Il neonato prematuro in terapia intensiva, durante le prime due settimane di vita, riceve trasfusioni<br />
di sangue principalmente per reintegrare le perdite dovute ai prelievi per gli esami di laboratorio.<br />
Due situazioni particolari sono date da:<br />
Anemia del prematuro: l’obiettivo <strong>della</strong> trasfusione di CE è il ripristino o il mantenimento di<br />
un’adeguata ossigenazione tissutale.<br />
Dipendenza <strong>della</strong> somministrazione di ossigeno: i neonati con patologia polmonare severa traggono<br />
beneficio dal mantenimento dei valori di Htc superiori al 40%. Esistono evidenze che tali livelli<br />
incrementino la liberazione di O2 nei tessuti e che il suo consumo si riduca in pazienti ossigenodipendenti<br />
con displasia broncopolmonare.<br />
Occorre comunque ricordare il possibile utilizzo di EPO; vi sono infatti evidenze che essa possa<br />
ridurre il fabbisogno trasfusionale nel neonato, in particolare dopo la seconda settimana di vita, e<br />
nel prematuro (nel quale l’anemia è associata al ritardo di produzione di EPO per sua minore<br />
sensibilità ai bassi valori di Htc rispetto al bambino più grande e all’adulto). (Grado di<br />
raccomandazione: 2C+)<br />
Non esistono, attualmente, criteri EBM (Evidence Based Medicine) per la somministrazione di<br />
eritrociti nell’età neonatale ossia identificare dei parametri trasfusionali trigger (p.e. il valore di Hb<br />
nel sangue periferico) che da soli permettano di decidere se trasfondere o meno. La decisione di<br />
trasfondere è infatti legata a molti altri parametri (“markers surrogati di anemia”), tra i quali si<br />
ricordano irregolarità <strong>della</strong> respirazione (tachipnea), tachicardia, arresto o riduzione dell’incremento<br />
ponderale, letargia, incremento dei livelli di lattato e difficoltà nell’alimentazione. Sebbene la<br />
trasfusione di CE possa migliorare questi parametri non esiste al momento attuale una chiara<br />
evidenza che la trasfusione riduca la mortalità o la durata dell’ospedalizzazione. Nelle tabelle 10-12<br />
vengono indicati i volumi e i principali criteri per la trasfusione di CE in età pediatrica.<br />
Oltre i quattro mesi di vita e nei bambini, le indicazioni alla trasfusione di emocomponenti sono<br />
analoghe a quelle degli adulti, ovviamente tenendo presenti i differenti volumi ematici in rapporto<br />
all’età.<br />
In alcune anemie croniche del bambino, come ad esempio nella talassemia, vi sono protocolli<br />
particolari, che prevedono la trasfusione di globuli rossi in regime cosiddetto ipertrasfusionale o<br />
supertrasfusionale.<br />
Tabella 10 - Volume di CE da trasfondere (o scambiare) in neonati e bambini<br />
Emocomponente<br />
Volume<br />
Sangue intero ricostituito (Ht 0,50-0,60) per exanguinotrasfusione Neonato a termine: 80-160 mL/Kg<br />
Neonato pretermine: 100-200 mL/Kg<br />
Eritrociti concentrati (Hb desiderata – Hb attuale) x peso x 3<br />
solitamente 10-20 mL/Kg<br />
16
Tabella 11 - Valori di Hb al di sotto dei quali è indicato trasfondere nei primi 4 mesi di vita<br />
Trasfusione di eritrociti<br />
Hb ( o altro parametro)<br />
Anemia nelle prime 24 ore Hb 12 g/dl<br />
Perdita ematica in una settimana 10% volume ematico<br />
Neonato in terapia intensiva Hb 12 g/dl<br />
Perdita ematica acuta 10% volume ematico<br />
Dipendenza cronica da ossigeno Hb 11 g/dl<br />
Anemia tardiva in paziente stabile Hb 7 g/dl<br />
Tabella 12 – Indicazioni all’uso di CE in pediatria<br />
TRASFONDERE ( 20 ml/Kg):<br />
Htc 20 o Hb 7 g/dl e reticolociti < 4%<br />
Htc 25 o Hb 8 g/dl se associati a:<br />
o episodi di apnea/bradicardia (>10/24 ore)<br />
o tachicardia (>180 btt/min), tachipnea (>80/min)<br />
o mancato incremento di peso corporeo per 4 giorni<br />
o lieve Repiratory Distress Syndrome (RDS)<br />
Htc 30 o Hb 10 g/dl e moderata RDS<br />
Htc 35 o Hb 12 g/dl e grave RDS (ev. scompenso cardiaco e cianosi)<br />
emorragia acuta e shock (reintegro del volume ed Htc = 40%).<br />
H. ANEMIA EMOLITICA AUTOIMMUNE<br />
La terapia trasfusionale delle Anemie Emolitiche Autoimmuni (AEA) deve essere affrontata<br />
con grande cautela, essendo di norma indicata solo nei casi di gravità tale da non potersi<br />
attendere gli effetti <strong>della</strong> terapia corticosteroidea (33).<br />
L’impiego delle Immunoglobuline endovena resta tuttora privo di evidenza sperimentale,<br />
mentre il trattamento con plasmaexchange può risultare utile solo quando gli auto-anticorpi sono<br />
di classe IgM (34).<br />
Dal punto di vista immunoematologico i principali problemi sono rappresentati:<br />
• dalle difficoltà <strong>della</strong> tipizzazione eritrocitaria: gli eritrociti sensibilizzati possono<br />
autoagglutinare, provocando errori nella determinazione del gruppo sanguigno<br />
AB0/Rh, prevalentemente a carico del sistema Rh nelle AEA da Auto Anticorpi Caldi<br />
(AAC) e del sistema AB0 nelle AEA da Auto Anticorpi Freddi (AAF). Data la particolare<br />
suscettibilità di questi soggetti a sviluppare alloanticorpi, è prudente estendere la<br />
tipizzazione delle emazie eluite anche ai fenotipi Rh, Kell, Duffy e Kidd al fine di<br />
trasfondere unità antigene-compatibili (35). Se sussistono incertezze nella tipizzazione<br />
eritrocitaria, si devono trasfondere emazie 0Rh negativo;<br />
• dal rischio di mascheramento di allo anticorpi: soprattutto in pazienti con anamnesi<br />
positiva per gravidanze e/o trasfusioni deve essere esclusa la copresenza di allo anticorpi,<br />
adottando tecniche efficaci per l’eluizione delle emazie del paziente ed il successivo<br />
autoassorbimento del siero (36);<br />
• dalla quasi impossibilità di reperire emazie compatibili, in quanto gli AAb si comportano<br />
di norma come panagglutinanti. La selezione di unità cosi dette meno incompatibili non<br />
offre un comprovato beneficio e pertanto non giustifica il ritardo <strong>della</strong> terapia nelle<br />
situazioni di emergenza (37).<br />
17
Di conseguenza la trasfusione può risultare di scarso beneficio ed essere addirittura<br />
complicata da:<br />
• emoglobinuria,<br />
• aumento di potenza dell’AAb,<br />
• stimolo alla formazione di allo anticorpi, soprattutto nelle forme da AAC.<br />
Dal punto di vista clinico il problema principale è quando trasfondere e con quali criteri,<br />
al fine di controllare i rischi e garantire il beneficio possibile.<br />
A tal fine è di estrema importanza valutare se l’anemizzazione è condizione<br />
cronica/stabile, ovvero insorta acutamente a seguito di una crisi emolitica.<br />
Il secondo caso è clinicamente più importante, in quanto, non essendosi ancora instaurati i<br />
meccanismi di compenso, anche una riduzione apparentemente moderata di Hb può determinare<br />
un’ipossia acuta.<br />
Il paziente clinicamente stabile e senza segni di emolisi intensa/ingravescente, non deve<br />
essere trasfuso, viceversa in costanza di caduta rapida dell’Hb, età avanzata e/o di sintomi da<br />
ipoossia (stato soporoso, tachipnea, tachicardia,…..) si deve comunque trasfondere, anche se<br />
manca il tempo per un corretto inquadramento immunoematologico. La terapia sostitutiva è<br />
altresì fortemente indicata nei pazienti reticolocitopenici con iperplasia eritroide midollare<br />
(35, 38).<br />
Dal punto di vista pratico valgono, le seguenti regole (33) :<br />
• limitare gli interventi trasfusionali con emazie concentrate sottoposte a leucoriduzione<br />
prestorage per evitare l’eccesso di emolisi, il sovraccarico circolatorio e l’insorgere di<br />
reazioni febbrili;<br />
• durante le crisi emolitiche trasfondere unità di recente prelievo (< 15 d), per<br />
minimizzare gli effetti <strong>della</strong> caduta del 2-3 DPG sul rilascio tissutale dell’O2;<br />
• se si rendesse necessaria la trasfusione di plasma e/o di concentrati piastrinici,<br />
ricorrere ad emocomponenti idonei alla prevenzione <strong>della</strong> TRALI (plasma di donatori di<br />
sesso maschile, di grado farmaceutico, piastrine risospese in mezzo salino).<br />
I pazienti con Sindrome da agglutinine fredde hanno raramente necessità di essere<br />
trasfusi. Se necessaria, la trasfusione può essere più efficace che nelle AEA da AAC, grazie al<br />
fenomeno <strong>della</strong> resistenza delle emazie omologhe all’emolisi complemento-dipendente<br />
conseguente al legame con C3d, che, per essere frammento inattivo, blocca la successiva attivazione<br />
<strong>della</strong> catena complementare (42). Durante la trasfusione può essere vantaggioso impiegare<br />
idonei riscaldatori, mentre deve essere evitato il preriscaldamento delle unità (34).<br />
Di particolare interesse per la gravità clinica sono le AEA cosi dette miste (40), nelle quali<br />
AAb di classe IgM, reattivi a 37°C, coesistono con gli AAb di classe IgG. Possono insorgere gravi<br />
crisi emolitiche intravascolari con conseguenti CID ed insufficienza renale. La trasfusione ha una<br />
pericolosità proporzionale con l’intensità dell’emolisi e pertanto deve essere posposta<br />
all’inizio <strong>della</strong> terapia corticosteroidea, di regola molto efficace. In casi estremi, potrebbe<br />
essere utile il trattamento con plasmaexchange.<br />
L’Emoglobinuria parossistica a frigore è oggi, pur nella sua rarità, prevalentemente<br />
associata a infezioni virali <strong>della</strong> prima infanzia come manifestazione acuta e transitoria, che quasi<br />
mai richiede terapia sostitutiva. Se la trasfusione si rende necessaria come intervento salvavita,<br />
deve essere effettuata con gli stessi criteri delle altre AEA da AAF, tenendo presente che<br />
l’emolisina bifasica non interferisce con le prove di compatibilità eseguite a 37°C (41).<br />
18
Grande interesse rivestono le ricerche sui trasportatori di ossigeno come alternativa alla<br />
trasfusione di globuli rossi.<br />
Attualmente i prodotti più promettenti sono le emoglobine estratte da eritrociti umani o bovini e<br />
successivamente sottoposte a polimerizzazione o legame con macromolecole per aumentare<br />
l’emivita e prevenire la tossicità dell’emoglobina libera, che già hanno dimostrato efficacia in<br />
singoli casi di pazienti con AEA che rifiutano la trasfusione (42).<br />
EFFICACIA DELLA TERAPIA TRASFUSIONALE<br />
INCREMENTO TEORICO DI Hb A 24 ORE (PER UNITA’ DI EMAZIE CONCENTRATE<br />
DI 280 ± 50 ml CON Htc AL 70%) = 0,8 – 1 gr<br />
In caso di scostamenti significativi<br />
dall’incremento atteso valutare eventuale<br />
presenza di:<br />
q Emorragie occulte.<br />
q Cause immunologiche primitive o secondarie<br />
(anticorpi irregolari, emolisi, ittero/subittero, <<br />
aptoglobina, test di Coombs diretto e/o indiretto<br />
positivo).<br />
q Splenomegalia<br />
q Emolisi per inadeguata conservazione dei CE.<br />
REAZIONI AVVERSE ALLA TRASFUSIONE DI CE<br />
La trasfusione di CE può provocare varie complicanze alcune delle quali (TRALI, contaminazione<br />
batterica e rischio infettivo) sono comuni ad altri emocomponenti (concentrati piastrinici e plasma).<br />
In base al meccanismo di azione ed al tempo di comparsa rispetto alla trasfusione si distinguono:<br />
Reazioni immunologiche<br />
Reazioni non immunologiche<br />
Immediate<br />
Ritardate<br />
Immediate<br />
Ritardate<br />
Reazioni immunologiche immediate:<br />
q reazione emolitica acuta;<br />
q reazione febbrile non emolitica (brivido-ipertermia);<br />
q reazioni allergiche (anafilassi, orticaria);<br />
q edema polmonare acuto non cardiogeno (TRALI).<br />
Reazioni immunologiche ritardate:<br />
q reazioni emolitiche ritardate<br />
q graft versus host reaction (GVHR);<br />
q effetto immunomodulatore;<br />
q porpora post-trasfusionale;<br />
q allo-immunizzazione.<br />
Reazioni non immunologiche immediate:<br />
q reazione da contaminazione batterica;<br />
q sovraccarico di circolo;<br />
q emolisi non immunologica;<br />
q altro (ipotermia, tossicità da citrato, iperkaliemia, coagulopatia da diluizione).<br />
Reazioni non immunologiche ritardate:<br />
q sovraccarico marziale;<br />
q trasmissione di malattie infettive.<br />
19
SINTOMATOLOGIA DELLE REAZIONI TRASFUSIONALI ACUTE<br />
q Reazione emolitica: dolore in sede di infusione, febbre, shock, dolore lombare, brividi, oliguria,<br />
emoglobinuria, sanguinamento, arresto cardiaco.<br />
q Reazione febbrile non emolitica: aumento di temperatura di 1°C o più durante o in seguito alla<br />
trasfusione e senza nessuna altra causa.<br />
q Reazione da contaminazione batterica dell’unità: shock, febbre elevata, coagulazione<br />
intravascolare disseminata, insufficienza renale, delirio, vomito, diarrea, dolore muscolare.<br />
q Reazione allergica del tipo anafilattico: shock, tosse, insufficienza respiratoria, instabilità<br />
pressoria, nausea, dolore addominale, vomito, perdita di coscienza dopo infusione di pochi millilitri<br />
di sangue in assenza di febbre (che può comparire 50-60 minuti dopo).<br />
q Reazione allergica del tipo orticaria: pomfi, eritema locale, prurito.<br />
q TRALI: insufficienza respiratoria che, nei casi conclamati, presenta un quadro clinico e<br />
radiologico di edema polmonare non cardiogeno (simile all’ARDS ma a completa risoluzione<br />
nell’80% dei casi entro 96 ore).<br />
q Sovraccarico circolatorio: quadro di scompenso cardiaco acuto con edema polmonare<br />
cardiogeno.<br />
q Coagulopatia: quadro di coagulopatia da diluizione.<br />
q Ipotermia: si verifica solo nelle trasfusioni massive.<br />
q Tossicità da citrato: il citrato, utilizzato come anticoagulante, nella trafusione massiva può<br />
determinare acidosi metabolica.<br />
q Iperkaliemia: i CE riportano un progressivo danno da conservazione a livello <strong>della</strong> membrana<br />
cellulare con rilascio del potassio intracellulare (p.e. emazie irradiate).<br />
20
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22
PLASMA FRESCO CONGELATO<br />
DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI<br />
Il PFC è un emocomponente che può essere preparato da sangue intero o raccolto mediante aferesi<br />
da donatore selezionato secondo i criteri del DM 03 marzo 2005. 1-4<br />
Le diverse preparazione di PFC sono equivalenti sia in termini di efficacia terapeutica che di effetti<br />
collaterali. (Grado di raccomandazione:1A)<br />
Il PFC viene congelato entro sei ore dal prelievo, a temperatura < 30° C, per preservare<br />
adeguatamente i fattori labili <strong>della</strong> coagulazione (FV e FVIII); esso contiene livelli normali di<br />
fattori stabili e labili <strong>della</strong> coagulazione, albumina e immunoglobuline, per una quantità totale di<br />
proteine > 50 g/L, emazie < 6x10 9 /L, leucociti < 0,1x10 9 /L e piastrine < 50x10 9 ; il PFC per uso<br />
clinico non deve contenere anticorpi irregolari clinicamente significativi.<br />
Poiché il Fattore VIII è fra i più labili <strong>della</strong> coagulazione, la qualità del PFC è valutata attraverso il<br />
dosaggio di questo fattore: in particolare il PFC deve contenere almeno il 70 % del Fattore VIII<br />
presente al momento del prelievo (Raccomandazione Europea n° R(95) 15 :70 UI/100ml) e almeno<br />
quantità simili degli altri fattori labili e degli inibitori 5-8<br />
1 mL di PFC/Kg aumenta la concentrazione dei fattori <strong>della</strong> coagulazione di circa 1-2%.<br />
Tabella 1 - Fattori plasmatici <strong>della</strong> coagulazione.<br />
Fattore % livello emostatico<br />
I 12-50<br />
II 10-25<br />
V 10-30<br />
VII > 10<br />
VIII 30-40<br />
IX 15-40<br />
X 10-40<br />
XI 20-30<br />
XIII < 5<br />
AT III 80-120<br />
Se mantenuto costantemente a temperatura inferiore a -25° C, il PFC può essere conservato per un<br />
periodo di ventiquattro mesi.<br />
COMPATIBILITA’ AB0/RhD 9,10<br />
q Dovrebbe essere impiegato plasma AB0-compatibile con il ricevente (tabella 1).<br />
q Si raccomanda di non utilizzare plasma di gruppo 0 soprattutto in pazienti pediatrici o di basso<br />
peso non di gruppo 0, per il rischio di determinare nel ricevente emolisi passiva da anticorpi anti-A<br />
o anti-B. (Grado di raccomandazione: 1C+)<br />
q Il PFC può essere somministrato senza rispettare la compatibilità Rh. Non è necessaria la<br />
profilassi anti-D in riceventi Rh D-negative che ricevano trasfusioni di PFC Rh D-positivo. (Grado<br />
di raccomandazione: 1C+)<br />
Tabella 2 – Compatibilità AB0 nella trasfusione di PFC.<br />
Gruppo ABO ricevente 0 A B AB<br />
Prima scelta 0 A B AB<br />
alternativa A AB AB -<br />
alternativa B - - -<br />
alternativa AB - .- -<br />
23
INDICAZIONI PER L’USO DEL PFC NELL’ADULTO<br />
Risale al 1985 la pubblicazione di una Consensus Conference (JAMA 1985; 253: 551-553) 11 in<br />
base alla quale il National Institute of Health (NIH) ha limitato l’indicazione all’uso clinico del PFC<br />
solo alla correzione di deficit <strong>della</strong> coagulazione associati ad emorragia in atto o a grave rischio<br />
emorragico.<br />
Indicazioni più restrittive rispetto alla pratica clinica del momento, sono contenute anche nel<br />
documento “Il buon uso del sangue” pubblicato nel 1993 dal Ministero <strong>della</strong> Sanità – Commissione<br />
Nazionale per il <strong>Servizio</strong> Trasfusionale 12 .<br />
Negli ultimi anni, sulla base delle raccomandazioni dell’OMS, 13 del Consiglio d’Europa e di<br />
diverse Società Scientifiche sono state definite, sulla base dell’evidenza clinica, diverse altre linee<br />
guida all’uso clinico del plasma con indicazioni più restrittive rispetto al passato. Ne è derivata una<br />
diminuzione significativa dell’uso clinico del plasma fresco congelato (PFC). Analoga<br />
raccomandazione viene dal Ministero <strong>della</strong> Salute - Direzione generale <strong>della</strong> Prevenzione che nel<br />
2003 evidenzia la “necessità che i Comitati Ospedalieri per il Buon Uso del Sangue adottino<br />
procedure di audit sull’appropriatezza <strong>della</strong> trasfusione del plasma”.<br />
In alcuni studi retrospettivi pubblicati nell’ultimo anno è stato segnalato il persistere di un 30-40%<br />
di indicazioni non corrette: ancora oggi il plasma è impiegato in molti pazienti in quantità<br />
insufficienti, invece che per pochi pazienti selezionati in quantità adeguate. 14<br />
L’utilizzo del PFC è da riservare a<br />
1. correzione di deficit congeniti dei fattori <strong>della</strong> coagulazione per i quali non esista il concentrato<br />
specifico o di deficit fattoriali multipli acquisiti, quando PT o aPTT siano > 1,5 volte il normale,<br />
come nei seguenti casi:<br />
A. Malattia epatica in presenza di sanguinamento in atto o per profilassi, in caso di chirurgia<br />
o procedure invasive (Grado di raccomandazione: 1C+). 10,12,15-34<br />
B. Deficit di singoli fattori <strong>della</strong> coagulazione, in assenza di concentrati specifici o di PFC<br />
inattivato con solvente/detergente (per es. deficit di FV), in presenza di sanguinamento in atto<br />
o per profilassi in caso di chirurgia o procedure invasive (Grado di raccomandazione:<br />
1C+). 10,12,15-34<br />
C. Coagulazione intravascolare disseminata acuta con sanguinamento in atto, intervenendo<br />
allo stesso tempo sulle cause scatenanti (Grado di raccomandazione: 1C+). 35-36<br />
D. Trasfusione massiva (> di 1 volume ematico) per correggere l’eventuale sanguinamento<br />
microvascolare. La trasfusione di PFC può comunque essere attuata nel tentativo di arrestare<br />
questo sanguinamento, se PT e aPTT non possono essere ottenuti in tempi ragionevoli (Grado<br />
di raccomandazione: 1C+). 37-43<br />
E. Terapia con antagonisti <strong>della</strong> vitamina K, in presenza di emorragia intracranica o maggiore<br />
o in preparazione di intervento chirurgico urgente, come prima scelta terapeutica è indicato il<br />
complesso protrombinico; il PFC è indicato solo se non è disponibile quest’ultimo. (Grado di<br />
raccomandazione: 1C+). 44-45<br />
2. Come liquido di sostituzione nel trattamento con plasma-exchange <strong>della</strong> porpora trombotica<br />
trombocitopenica, <strong>della</strong> sindrome uremico-emolitica e HELLP (Grado di raccomandazione: 1A).<br />
46-50<br />
3. Angioedema ereditario per deficit dell’inattivatore <strong>della</strong> C1 esterasi, in assenza del<br />
plasmaderivato specifico (di difficile reperimento) (Grado di raccomandazione: 2C+).<br />
MODALITA’ DI SOMMINISTRAZIONE<br />
Lo scongelamento del PFC deve avvenire a temperatura compresa fra 30° C e 37° C in bagno maria<br />
con agitazione continua o con altra strumentazione idonea a consentire il controllo <strong>della</strong><br />
temperatura. Dopo lo scongelamento il plasma deve essere trasfuso al più presto possibile. Non può<br />
essere ricongelato (Grado di raccomandazione: 1C+).<br />
Deve essere infuso mediante filtri da trasfusione da 170 m a 200 m.<br />
24
POSOLOGIA 3,4,7,10,12,14,15,27-29,52.<br />
La dose tradizionale è di 10-15 mL/kg di peso corporeo. In caso di sanguinamento massivo il<br />
dosaggio può essere aumentato fino a 20 mL/kg. E’ necessario il monitoraggio <strong>della</strong> situazione<br />
clinica e dei parametri laboratoristici per modulare la terapia e modularne l’efficacia. (Grado di<br />
raccomandazione: 1C+).<br />
Tabella 3 – Indicazioni per l’uso del PFC e grado di raccomandazione<br />
ADULTO<br />
GRADO DI<br />
RACCOMANDAZIONE<br />
Pazienti con malattia epatica in presenza di sanguinamento in atto o<br />
1C+<br />
per prevenirlo in caso di chirurgia o procedure invasive.<br />
Pazienti con deficit di singoli fattori <strong>della</strong> coagulazione, in assenza<br />
1C+<br />
di concentrati specifici (per es. deficit di FV), in presenza di<br />
sanguinamento in atto o per prevenirlo in caso di chirurgia o<br />
procedure invasive.<br />
Pazienti con coagulazione intravascolare disseminata acuta con<br />
1C+<br />
sanguinamento in atto, purchè la causa scatenante possa altresì<br />
essere trattata in modo efficace.<br />
Pazienti sottoposti a trasfusione massiva (> di 1 volume ematico)<br />
1C+<br />
per correggere il sanguinamento microvascolare. La trasfusione di<br />
PFC può comunque essere attuata nel tentativo di arrestare questo<br />
sanguinamento se PT e aPTT non possono essere ottenuti in tempi<br />
ragionevoli.<br />
Pazienti in terapia con antagonisti <strong>della</strong> vitamina K, in presenza di<br />
1C+<br />
emorragia intracranica o maggiore o in preparazione di intervento<br />
chirurgico urgente: come prima scelta terapeutica è indicato il<br />
complesso protrombinico; il PFC è indicato solo se non è<br />
disponibile quest’ultimo.<br />
Come liquido di sostituzione nel trattamento aferetico <strong>della</strong> porpora<br />
1A<br />
trombotica trombocitopenica, <strong>della</strong> sindrome uremico-emolitica e<br />
Hellp<br />
Angioedema ereditario per deficit dell’inattivatore <strong>della</strong> C1 esterasi,<br />
2C+<br />
in assenza del plasmaderivato specifico.<br />
INDICAZIONI PER L’USO DEL PFC IN NEONATOLOGIA 10,30,31,53-62.<br />
I bambini di età inferiore a 6 mesi, e ancor più il neonato pretermine, hanno livelli relativamente più<br />
bassi dei fattori vitamina K-dipendenti (FII, FVII, FIX, FX), dei 4 fattori <strong>della</strong> fase di contatto e<br />
degli inibitori <strong>della</strong> coagulazione vitamina K-dipendenti. PT e aPTT hanno quindi valori<br />
mediamente superiori a quelli dell’adulto senza essere necessariamente correlati ad un rischio di<br />
sanguinamento.<br />
Alterazioni isolate dei test di coagulazione e non particolarmente significative, in assenza di<br />
sintomatologia o di rischio emorragico, non costituiscono un’indicazione alla trasfusione di PFC.<br />
Il PFC è indicato nel sanguinamento da coagulazione intravascolare disseminata.<br />
Il PFC può essere utilizzato nel trattamento delle deficienze congenite di un singolo fattore <strong>della</strong><br />
coagulazione per il quale non sia disponibile il relativo emoderivato.<br />
Exsanguino trasfusione per la ricostituzione di sangue intero (utilizzo di plasma di grupo AB)<br />
(Grado di raccomandazione: 2C).<br />
Malattia emorragica del neonato; in casi di particolare gravità l’uso del PFC associato alla<br />
somministrazione di vit. K e.v. può essere indicato. In alternativa anche il complesso protrombinico<br />
può venir utilizzato con minor rischio infettivologico (Grado di raccomandazione: 2C).<br />
25
Pazienti con ratio PT o aPTT > 1,5, non emorragici, in presenza di rischio significativo di<br />
sanguinamento (neonato pre-termine e/o precedente emorragia peri-ventricolare). (Grado di<br />
raccomandazione: 2C)<br />
Iperdosaggio di anticoagulanti orali in presenza di manifestazioni emorragiche non trattabili<br />
coonvitamina K: l’utilizzo di PFC non risulta essere trattamento ottimale, è solo parzialmente<br />
efficace e dovrebbe essere evitato in assenza di sanguinamento severo (Grado di<br />
raccomandazione: 2C).<br />
Angioedema ereditario per deficit dell’inattivatore <strong>della</strong> C1 esterasi, in assenza del plasmaderivato<br />
specifico (di difficile reperimento) (Grado di raccomandazione: 2C+).<br />
La posologia è di circa 15 mL/kg (Grado di raccomandazione: 2C).<br />
Tabella 4 – Indicazioni per l’uso del PFC in neonatologia e grado di raccomandazione<br />
NEONATO GRADO DI<br />
RACCOMANDAZIONE<br />
COME PER L’ADULTO VEDI TABELLA<br />
Exsanguino-trasfusione, per la ricostituzione di sangue intero. 2C<br />
Malattia emorragica del neonato; in casi di particolare gravità l’uso<br />
2C<br />
del PFC associato alla somministrazione di vitamina K e.v. può<br />
essere indicato. In alternativa anche il complesso protrombinico può<br />
venir utilizzato con minor rischio infettivologico.<br />
Pazienti con ratio PT o aPTT > 1,5, non emorragici, in presenza di<br />
2C<br />
rischio significativo di sanguinamento (neonato pre-termine e/o<br />
precedente emorragia peri-ventricolare).<br />
Iperdosaggio di anticoagulanti orali in presenza di manifestazioni<br />
2C<br />
emorragiche non trattabili coonvitamina K: l’utilizzo di PFC non<br />
risulta essere trattamento ottimale, è solo parzialmente efficace e<br />
dovrebbe essere evitato in assenza di sanguinamento severo.<br />
UTILIZZO INAPPROPRIATO. 2-8,10,11,52,63,18-20,29-33,44,64.<br />
q Espansione del volume ematico (per es. in sostituzione di soluzioni cristalloidi).<br />
q Correzione di ipoproteinemia.<br />
q Correzione di immunodeficit.<br />
q Nutrizione parenterale.<br />
o Correzione di deficit congeniti o acquisiti di fattori <strong>della</strong> coagulazione non accompagnati da<br />
emorragia (Grado di raccomandazione: 1C+).<br />
o Correzione di disturbi emostatici nelle epatopatie croniche in assenza di emorragie (Grado di<br />
raccomandazione: 1C+).<br />
o Nei pazienti con INR > 1,7, in assenza di sanguinamento, il potenziale beneficio <strong>della</strong><br />
trasfusione di PFC, in termini di normalizzazione dei risultati dei test di coagulazione, è minimo<br />
(Grado di raccomandazione: 1C+).<br />
CONTROINDICAZIONI<br />
Scompenso cardiaco.<br />
1. Edema polmonare.<br />
2. Deficit congenito di immunoglobuline A (IgA).<br />
3. Pregresse reazioni allergiche severe verso il plasma o suoi componenti.<br />
26
REAZIONI AVVERSE ALLA TRASFUSIONE DI PFC 2-8,9-11,18-20,30,31,34-38,45,52,63,64.<br />
Reazioni allergiche:<br />
Lievi (orticaria): si osservano nell’1% dei pazienti<br />
Severe e anafilattiche: si osservano in meno di 1 caso su 100.000.<br />
Reazioni febbrili: compaiono in meno dell’1% dei pazienti trasfusi con PFC e fino al 10% dei<br />
pazienti sottoposti a plasmaexchange.<br />
TRALI: insufficienza respiratoria che, nei casi conclamati, presenta un quadro clinico e<br />
radiologico di edema polmonare non cardiogeno (simile all’ARDS ma a completa risoluzione<br />
nell’80% dei casi entro 96 ore). Come prevenzione è opportuno l’utilizzo di plasma da donatore<br />
maschio periodico mai trasfuso e da donatrice mai trasfusa e nullipara, oppure l’impiego di<br />
plasma inattivato con solvente/detergente. 66-68.<br />
Sovraccarico del circolo: in particolare in pazienti con insufficienza renale o cardiopolmonare. 69<br />
Tossicità da citrato: può comparire dopo una trasfusione rapida di grandi volumi di plasma ed é<br />
particolarmente importante in neonati e in pazienti epatopatici.<br />
Trasmissione di infezioni: il processo di congelamento inattiva i batteri; una contaminazione e<br />
crescita di batteri con liberazione di endotossine prima del congelamento è estremamente<br />
improbabile. Persiste tuttora un rischio, seppur minimo, di trasmissione di infezioni virali.<br />
Malattia da Graft versus Host (GvHD): non sono mai stati segnalati casi di GvHD PFCassociati.<br />
Il congelamento è linfocitolitico, pertanto non è necessario irradiare il plasma.<br />
Comparsa di inibitori in pazienti con gravi deficit congeniti di fattori <strong>della</strong> coagulazione.<br />
Attivazione dell’antigene “T” dei globuli rossi (Grado di raccomandazione 2 C).<br />
L’attivazione T si può avere attraverso l’esposizione del cripto antigene T sui globuli rossi dei<br />
neonati affetti da infezioni da clostridio, streptococco o pneumococco in condizioni come la<br />
necrosi enterocolitica(NEC: necrotizing enterocolitis). L’anticorpo anti T si riscontra<br />
praticamente nel plasma <strong>della</strong> quasi totalità dei donatori. Fortunatamente l’emolisi post<br />
trasfusionale non è frequente nei neonati con NEC e T attivazione. Bisogna considerare che<br />
plasma con basso titolo di anti T è raro ma dilazionare il trattamento potrebbe essere comunque<br />
pericoloso per il paziente. 21,86 (Grado di raccomandazione: 2C).<br />
PLASMA INATTIVATO CON SOLVENTE / DETERGENTE (PFC S/D). 71-83<br />
CARATTERISTICHE.<br />
Il plasma inattivato con solvente/detergente (PFC S/D) è un prodotto di grado farmaceutico<br />
(pertanto sottoposto ad AIC – autorizzazione all’immissione in commercio – al pari di qualsivoglia<br />
farmaco), con le seguenti caratteristiche:<br />
q elevata standardizzazione lotto per lotto;<br />
q concentrazione/attività delle proteine biologicamente attive dichiarata;<br />
q riduzione/azzeramento dei rischi immunologici legati alla presenza di cellule (o loro<br />
frammenti);<br />
q inattivazione dei patogeni potenzialmente trasmissibili, o screening preliminare per gli stessi, se<br />
clinicamente rilevanti e non inattivabili.<br />
CRITERI PER LA DEFINIZIONE DELLE INDICAZIONI CLINICHE ALL’USO DEL PFC<br />
S/D.<br />
I criteri per la definizione delle indicazioni cliniche all’uso del PFC S/D si basano sulle<br />
caratteristiche del prodotto e sull’ipotetico minore rischio infettivo e immunologico.<br />
Nel caso di somministrazione di elevati volumi è raccomandata la determinazione basale ed<br />
eventuale monitoraggio dell’attività <strong>della</strong> Proteina S.<br />
Al momento non ci sono chiare evidenze che la riduzione del livello plasmatico di Proteina S abbia<br />
un ruolo patogenetico negli eventi tromboembolici riportati.<br />
L’utilizzo del prodotto è sconsigliato in gravidanza e durante l’allattamento.<br />
27
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31
CONCENTRATI PIASTRINICI<br />
DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 1-6 .<br />
I concentrati piastrinici (CP) contengono piastrine (PLT) terapeuticamente efficaci ai fini<br />
trasfusionali e possono essere ottenuti a partire da:<br />
q una donazione di sangue intero fresco sottoposta a centrifugazione;<br />
q una donazione in aferesi.<br />
Il contenuto di PLT è diverso in relazione al tipo di prodotto:<br />
q CP da sangue intero*: contenuto minimo 0,6x10 11 .<br />
q CP da pool di buffy coat*: contenuto minimo 2,5 x10 11 .<br />
q CP da aferesi multicomponent*: contenuto minimo 2x10 11 .<br />
q CP da aferesi monocomponent*: contenuto minimo 3x10 11 .<br />
La dose terapeutica di PLT in un adulto è pari a circa 3x10 11 e pertanto, in caso di utilizzo di CP<br />
derivati da sangue intero, è necessario utilizzare 5-8 unità di CP, singolarmente o in pool.<br />
I pool di CP da sangue intero e i CP da aferesi contengono all’incirca la stessa quantità di PLT;<br />
studi comparativi hanno dimostrato la loro equivalenza terapeutica, in termini di incremento di PLT<br />
post-trasfusionale e di efficacia emostatica, se trasfusi freschi, e la simile incidenza di effetti<br />
collaterali dopo trasfusione. I CP da pool, rispetto a quelli da aferesi, espongono il ricevente ad un<br />
maggiore numero di donatori.<br />
Le specifiche di prodotto non sono causa di differenza nell’efficacia clinica; esistono invece<br />
differenze di indicazione relativamente a trattamenti speciali (leucodeplezione, lavaggio e<br />
irradiazione).<br />
*NB: le indicazioni descritte in queste linee guida presuppongono la leucodeplezione dei<br />
concentrati piastrinici :<br />
q CP da pool: globuli bianchi residui < 0,2x10 6 .<br />
q CP da aferesi: globuli bianchi residui < 0,1x10 6 .<br />
La leucodeplezione assicura:<br />
q una forte riduzione del rischio di immunizzazione contro gli antigeni leucocitari HLA<br />
(prevenzione <strong>della</strong> refrattarietà piastrinica);<br />
q l’annullamento del rischio di trasmissione trasfusionale di virus a localizzazione<br />
intraleucocitaria, fra i quali il virus CMV.<br />
COMPATIBILITA’ AB0/RhD 5-10 .<br />
q I CP trasfusi dovrebbero essere AB0-identici per una resa efficace o, almeno, AB0-compatibili<br />
(tabella 1 in appendice).<br />
q I CP compatibili e non identici possono essere trasfusi se negativi per anti-A/A,B ad alto titolo<br />
[titolo critico (in gel-test) di anti-A/A,B: IgM ≥1:64 e/o IgG ≥ 1:256] o risospesi in soluzioni<br />
additive/conservanti (Grado di raccomandazione: 1C+).<br />
q I CP AB0 incompatibili hanno un’efficacia ridotta e il loro uso dovrebbe essere evitato.<br />
q I pazienti Rh-negativi, e in particolare le donne in età fertile, dovrebbero ricevere, se possibile,<br />
CP RhD-negativi (Grado di raccomandazione: 1C).<br />
q In caso di trasfusione di CP RhD-positivo a una donna RhD-negativa, in età fertile, dovrebbero<br />
essere somministrate 250 U.I. (50 μg) di Ig-anti-D, dose in grado di assicurare copertura per la<br />
trasfusione di 5 dosi terapeutiche di CP in 6 settimane (Grado di raccomandazione: 1C).<br />
32
INDICAZIONI PER L’USO 1 .<br />
La decisione di trasfondere concentrati piastrinici non deve basarsi esclusivamente su un basso<br />
conteggio piastrinico. Indicazione assoluta deve essere considerata una severa piastrinopenia<br />
accompagnata da emorragie clinicamente rilevanti. Tutte le altre indicazioni sono più o meno<br />
relative e dipendono dalle condizioni cliniche del paziente.<br />
Nel trattamento dei pazienti immunizzati possono essere utilizzate PLT HPA e/o HLA compatibili.<br />
Si raccomanda di non utilizzare PLT da aferesi prelevate a congiunti dei pazienti o altri individui<br />
HLA compatibili che sono potenziali donatori di cellule staminali emopoietiche.<br />
Per la prevenzione dell’infezione da CMV, i CP da aferesi, leucodepleti secondo una procedura<br />
validata, rappresentano un’accettabile alternativa a concentrati piastrinici CMV negativi.<br />
La finalità <strong>della</strong> terapia trasfusionale con CP consiste nell’aumento del numero di PLT circolanti ad<br />
un livello tale da consentire di evitare il rischio emorragico e/o da indurre la cessazione delle<br />
manifestazioni emorragiche:<br />
Conta PLT/μL<br />
Rischio emorragico<br />
q > 50.000 Sanguinamento altamente improbabile.<br />
q 10.000-50.000 Sanguinamento probabile per traumi, procedure invasive, ulcere.<br />
q 5.000-10.000 Aumento del rischio di emorragie spontanee.<br />
q < 5.000 Elevatissimo rischio di emorragie spontanee.<br />
Nei pazienti con piastrinopenia iporigenerativa di carattere medico, l’indicazione alla trasfusione<br />
piastrinica è consolidata e di sicura efficacia come intervento terapeutico, ma l’indicazione è<br />
possibile, talora inevitabile, anche come intervento profilattico, per piastrinopenie molto spinte.<br />
La soglia al di sotto <strong>della</strong> quale la trasfusione piastrinica è attualmente raccomandata è di 10.000<br />
PLT/μL nei pazienti clinicamente stabili, cioè in assenza di tutte le seguenti comorbilità:<br />
o febbre > 38,5° C,<br />
o sindrome settica,<br />
o aspergillosi invasiva,<br />
o terapia con amfotericina B,<br />
o disordini plasmatici <strong>della</strong> coagulazione,<br />
o cefalea importante,<br />
o alterazioni/modifica dello stato di coscienza,<br />
o deficit neurologici,<br />
o alterazioni visus<br />
o emorragie minori recenti<br />
o rapido calo del conteggio piastrinico,<br />
o GB > 75.000.<br />
Eccezioni sono rappresentate da:<br />
• leucemia acuta, esclusa la promielocitica (FAB M3), quando il rischio di alloimmunizzazione<br />
e/o refrattarietà piastrinica è particolarmente elevato, nella quale la soglia raccomandata è di 5.000<br />
PLT/μL;<br />
• leucemia acuta, esclusa la promielocitica (FAB M3), in presenza di condizioni di instabilità<br />
clinica, nella quale si raccomanda di innalzare la soglia a 20.000 PLT/μL.<br />
• Neoplasie vescicali o tumori necrotici, durante il trattamento attivo e aggressivo, soglia<br />
raccomandata di 20.000 PLT/μL.<br />
Nel paziente chirurgico, invece, si suggerisce il seguente approccio:<br />
• Per interventi di chirurgia maggiore o manovre invasive quali rachicentesi, anestesia epidurale,<br />
biopsia transbronchiale ed epatica, EGDS con biopsia, posizionamento di CVC, si suggerisce di<br />
portare la conta piastrinica sopra le 50.000/μL.<br />
• Per interventi chirurgici in sedi critiche, in oculistica e neurochirurgia, si suggerisce una soglia<br />
trasfusionale di 100.000 PLT/μL.<br />
33
INDICAZIONI IN PROFILASSI 5-7,11-41 .<br />
CONDIZIONE<br />
SOGLIA<br />
PLT/μL<br />
GRADO DI<br />
RACCOM.<br />
Leucemia acuta, esclusa la promielocitica (FAB M3), in 20.000<br />
paziente instabile.<br />
1C+<br />
Leucemia acuta in fase di stabilità clinica, esclusa la 10.000<br />
promielocitica acuta (FAB M3).<br />
1A<br />
Leucemia acuta, esclusa la promielocitica acuta (FAB M3), 5.000*<br />
quando il rischio di alloimmunizzazione e/o refrattarietà<br />
piastrinica è particolarmente sentito.<br />
1B<br />
Leucemia promielocitica acuta (FAB M3). Vedi nota @ 2C<br />
Aplasia midollare e mielodisplasie, in paziente instabile o 10.000<br />
durante trattamento attivo.<br />
2C+<br />
Aplasia midollare e mielodisplasie in fase di stabilità. Vedi nota # 2C+<br />
Trapianto di midollo osseo allogenico. 10.000 2C+<br />
Trapianto di midollo autologo da PBSC 10.000 $ 2C+<br />
Neoplasie vescicali o tumori necrotici, durante il trattamento 20.000<br />
attivo e aggressivo.<br />
1C+<br />
Neoplasie solide durante il trattamento attivo. 10.000 2C+<br />
Interventi di neurochirurgia o oculistica in elezione. 100.000 2C<br />
Interventi di chirurgia maggiore, con altri fattori di rischio. 50-100.000 § 2C+<br />
Interventi di chirurgia maggiore, sedi non critiche. 50.000 2C+<br />
Puntura lombare, anestesia epidurale.<br />
2C+<br />
EGDS con biopsia.<br />
Posizionamento di CVC.<br />
Broncoscopia con biopsia transbronchiale.<br />
Biopsia epatica.<br />
50.000<br />
Biopsia osteo-midollare e aspirato midollare<br />
Legenda:<br />
Soglia non prevista 2C+<br />
*: Questa soglia più bassa è adottabile qualora il Laboratorio Analisi di riferimento sia in grado di<br />
garantire accettabili coefficienti di variazione (intra-test e inter-test) in condizioni di piastrinopenia<br />
estrema.<br />
@<br />
: A causa delle concomitanti alterazioni dell’emostasi che spesso complicano la LMA M3<br />
all’esordio, una volta dominata la coagulopatia possono essere prese a riferimento le indicazioni per<br />
le altre leucemie.<br />
#<br />
: Le trasfusioni profilattiche a lungo termine andrebbero evitate, dal momento che questi pazienti<br />
sono spesso stabili anche per conteggi inferiori a 5-10.000/μL e c’è un inaccettabile rischio di alloimmunizzazione.<br />
$<br />
: Si suggerisce l’adozione di questa soglia limitatamente al paziente clinicamente instabile.<br />
§<br />
: L’indicazione alla trasfusione di PLT a pazienti chirurgici con una conta piastrinica compresa tra<br />
50- e 100.000/μL è data dal rischio complessivo di sanguinamento che è legato al tipo e<br />
all’estensione dell’intervento, all’abilità nel controllare il sanguinamento intraoperatorio, alle<br />
conseguenze di un sanguinamento non controllato e alla presenza di fattori che possono alterare la<br />
funzionalità piastrinica (circolazione extracorporea, insufficienza renale, l’assunzione di farmaci)<br />
e/o altre comorbilità.<br />
34
INDICAZIONI IN TERAPIA (SANGUINAMENTO IN ATTO) 5-7,12,14,16,18,27,31,32,35,40-44 .<br />
La necessità di CP, in presenza di piastrinopenie (PLT < 100.000/μL) o di altri difetti funzionali<br />
(anche iatrogeni) delle PLT, dipende dalla natura e dalla sede del sanguinamento, dalla presenza o<br />
meno di coagulopatia, dai trattamenti intercorrenti, oltre che dalle condizioni cliniche del paziente<br />
(tabella 2 in appendice).<br />
q Nei pazienti sottoposti a trapianto autologo da cellule staminali periferiche, purchè in<br />
condizioni di stabilità clinica e con disponibilità di CP 24h/24h, può essere adottata una strategia<br />
trasfusionale terapeutica (emorragie di grado II WHO o superiore – tabella 3 in appendice),<br />
indipendentemente dalla conta piastrinica. (Grado di raccomandazione: 2C+).<br />
q Il paziente chirurgico con sanguinamento in atto richiede usualmente la trasfusione di PLT se<br />
la conta piastrinica è < 50.000/μL e raramente la richiede se la conta piastrinica è > 100.000/μL<br />
(Grado di raccomandazione: 2B).<br />
q Durante le trasfusioni massive, quando siano trasfusi globuli rossi concentrati per un volume<br />
approssimativamente doppio di quello ematico, è atteso un valore di PLT di 50.000/μL; si<br />
suggerisce quindi una soglia trasfusionale di 75.000/μL in quei pazienti con emorragia in atto, per<br />
garantire loro un margine di sicurezza e impedire che le PLT scendano sotto le 50.000/μL, soglia<br />
critica per l’emostasi. Una conta piastrinica più elevata è stata raccomandata per i pazienti con<br />
politraumi subiti in incidenti con elevata velocità o con lesioni che interessano il sistema nervoso<br />
centrale (Grado di raccomandazione: 2C).<br />
q Circolazione extracorporea: si raccomanda di riservare la trasfusione piastrinica a pazienti<br />
che, a fine intervento, presentano un’emorragia non correlabile a cause chirurgiche o ad altre<br />
coagulopatie (Grado di raccomandazione: 1A).<br />
La conta piastrinica non è indicativa in questi casi, in quanto si tratta di pazienti con alterazioni<br />
funzionali piastriniche secondarie e la decisione di trasfondere PLT può essere guidata dal criterio<br />
clinico (sanguinamento microvascolare e eccessiva anemizzazione post-chirurgica) (Grado di<br />
raccomandazione: 2C).<br />
q Nella CID acuta, in presenza di emorragia importante e piastrinopenia, in aggiunta al<br />
trattamento <strong>della</strong> malattia di base e al ripristino di normali livelli di fattori <strong>della</strong> coagulazione. E’<br />
necessario monitorare la conta piastrinica e i test di screening <strong>della</strong> coagulazione (PT, aPTT,<br />
fibrinogeno, AT). Non c’è consenso sulla conta piastrinica target, ma in presenza di emorragia<br />
importante, può essere ragionevole mantenerla intorno alle 50.000/μL, analogamente a quanto si fa<br />
nella trasfusione massiva (Grado di raccomandazione: 2C).<br />
q Deficit funzionali piastrinici (congeniti o acquisiti): le trasfusioni piastriniche sono indicate,<br />
solo in presenza di emorragia perioperatoria (Grado di raccomandazione: 2C).<br />
In caso di refrattarietà alla trasfusione piastrinica per pazienti affetti da Tromboastenia di<br />
Glanzmann è indicata la terapia con fattore VII ricombinante (Grado di raccomandazione: 1C+.<br />
q Trombocitopenia autoimmune: le trasfusioni piastriniche sono riservate ai soli episodi di<br />
emorragia maggiore e/o pericolosa (per es. gravi emorragie intestinali, emorragie endocraniche,<br />
emorragie endoculari) (Grado di raccomandazione: 2C).<br />
q Porpora post-trasfusionale: i CP possono essere usati solo nel tentativo di trattare gravi<br />
emorragie in fase acuta, particolarmente nel perioperatorio e in attesa <strong>della</strong> risposta alle Ig endovena<br />
(Grado di raccomandazione: 2C).<br />
35
INDICAZIONI IN NEONATOLOGIA 5,32,45-51 .<br />
q Trombocitopenia neonatale alloimmune: trasfusioni con CP di donatori privi dell’antigene in<br />
causa (eventualmente <strong>della</strong> madre; in questo caso, lavate e irradiate e risospese in plasma ABO<br />
compatibile con il neonato). La soglia piastrinica suggerita per la trasfusione è di 30.000/μL<br />
(Grado di raccomandazione: 2C).<br />
q PLT < 30.000/μL: considerare la trasfusione profilattica in ogni caso (Grado di<br />
raccomandazione: 2C).<br />
q PLT 30 - 49 x 10 9 /L: considerare la trasfusione profilattica nei seguenti casi (Grado di<br />
raccomandazione: 2C):<br />
o in neonati con peso alla nascita ≤ 1.000 g nella prima settimana di vita;<br />
o pregressa emorragia cerebrale intraventricolare/parenchimale (48-72 h);<br />
o coagulopatia concomitante;<br />
o neonato critico (con sepsi o pressione arteriosa fluttuante);<br />
o in corso di procedura invasiva.<br />
q PLT 50 - 99 x 10 9 /L in neonati con sanguinamento (Grado di raccomandazione: 2C).<br />
q Non trasfondere per valori ≥ 100 x 10 9 /L (Grado di raccomandazione: 2C).<br />
(tabella 5 in appendice).<br />
INDICAZIONI ALLA TRASFUSIONE DI PIASTRINE IRRADIATE 2,5,52 .<br />
(Grado di raccomandazione: 2C+)<br />
I linfociti contenuti nei CP sono inattivati con l’irradiazione pretrasfusionale con una dose di raggi γ<br />
o X di 25-50 Gy; i linfociti vitali contenuti nell’emocomponente trasfuso possono causare una grave<br />
forma di GvHD-ta (Graft versus Host Disease-trasfusione associata), in soggetti gravemente<br />
immunocompromessi o in altri pazienti a rischio per questa rara complicanza.<br />
Le PLT possono essere irradiate in qualsiasi momento dopo la loro produzione, senza che<br />
intervengano variazioni nella data di scadenza dell’emocomponente (tabella 4 in appendice).<br />
q Trasfusione intrauterina/exsanguino-trasfusione, per immaturi e neonati (fino al 6° mese di età).<br />
q Immunodeficit congeniti cellulari.<br />
q Trasfusione con emocomponenti donati da parenti di I° e II° grado, o HLA simile.<br />
q Trapianto allogenico (fino alla fine <strong>della</strong> profilassi <strong>della</strong> GvHD, o al raggiungimento di linfociti<br />
> 1 x 10 9 /L).<br />
q Donazione di midollo per trapianto allogenico (emocomponenti allogenici trasfusi al donatore<br />
prima ed in corso di espianto).<br />
q Autotrapianto di midollo o PBSC (nei 7 gg. prima <strong>della</strong> raccolta del midollo o delle PBSC e<br />
fino a 3 mesi dopo il trapianto – 6 mesi per i pazienti sottoposti a irradiazione totale).<br />
q Linfoma di Hodgkin e pazienti trattati con analoghi delle purine (fludarabina, cladribine e<br />
deoxicoformicina).<br />
q Per i pazienti sottoposti a chemioterapia, l’utilizzo di emocomponenti irradiati dovrà essere<br />
deciso caso per caso, tenendo conto dell’intensità dell’immunosoppressione.<br />
Non è necessario irradiare routinariamente gli emocomponenti trasfusi a:<br />
q Pazienti con infezione da HIV.<br />
q Pazienti con anemia aplastica.<br />
q Pazienti sottoposti a trapianto di organi solidi.<br />
q Pazienti sottoposti a chemioterapia per linfomi non-Hodgkin, leucemie acute e neoplasie solide.<br />
36
PRATICA TRASFUSIONALE 5,12,41,53-63 .<br />
q Nei pazienti piastrinopenici un incremento del’Htc intorno al 30% può ridurre il rischio<br />
emorragico (Grado di raccomandazione: 1C+).<br />
Dose media di CP per ogni trasfusione:<br />
q Paziente pediatrico: 0,5x10 11 PLT/10 kg (1 CP da sangue intero ogni 10 Kg)<br />
q Paziente adulto: 3x10 11 PLT (1 CP da aferesi o 1 CP da pool di 5-8 CP da sangue intero).<br />
Calcolo <strong>della</strong> dose di piastrine da trasfondere<br />
La dose di PLT da trasfondere può essere calcolata utilizzando la seguente formula:<br />
PI x BV x 1,5<br />
Dose piastrinica (x 10 11 ) = ---------------<br />
100<br />
Controllo di efficacia trasfusionale<br />
Il monitoraggio dell’efficacia <strong>della</strong> trasfusione piastrinica è fondamentale come guida per eventuali<br />
successive trasfusioni piastriniche; a tale scopo si rileva la conta piastrinica prima, dopo 1 ora e<br />
dopo 20 – 24 ore dalla trasfusione, calcolando il cosiddetto incremento corretto (CCI):<br />
CP -POST – CP-PRE<br />
CCI = ----------------------------- x BSA<br />
N° PLT trasfuse (x 10 11 )<br />
Legenda:<br />
PI = incremento piastrinico desiderato (x10³/µL)<br />
BV = Volume ematico del paziente (L) (= Sup. corp. in m 2<br />
x 2,5, oppure kg di peso corporeo x 0,8)<br />
1,5 = Fattore di correzione (per il sequestro splenico)<br />
Legenda:<br />
CP-POST = conta piastrinica post-trasfusione (PLT/µL)<br />
CP-PRE = conta piastrinica pretrasfusione (PLT/µL)<br />
CCI = incremento corretto (corrected count increment)<br />
BSA = superficie corporea in m 2<br />
L’incremento corretto deve essere superiore a 7.500 alla I a ora e a 4.500 alla 20 a - 24 a ora.<br />
REFRATTARIETÀ 8,43,64-68 .<br />
Un incremento corretto ridotto già alla prima ora (
Trattamento dei pazienti refrattari<br />
(Grado di raccomandazione:2C+)<br />
q Trasfusione di PLT fresche (donate da meno di 24-48 ore).<br />
q Attendere due ore dall’infusione di amfotericina B.<br />
q Trasfusione di PLT compatibili selezionate da:<br />
o Donatori compatibili con prova di compatibilità.<br />
o Donatori HLA-compatibili.<br />
La trasfusione di PLT HLA-compatibili, per i pazienti con refrattarietà da cause immunologiche,<br />
non è da considerarsi una strategia di prima linea, dal momento che sarebbe necessario disporre di<br />
un pool di donatori di PLT da aferesi di 1.000 o più persone.<br />
REAZIONI AVVERSE ALLA TRASFUSIONE DEI CONCENTRATI PIASTRINICI 1 .<br />
q Reazioni trasfusionali non-emolitiche (in genere caratterizzate da brivido, febbre, orticaria).<br />
L’incidenza di tali reazioni può essere efficacemente ridotta dall’inpiego di PLT leucodeplete.<br />
q Alloimmunizzazione nei riguardi degli antigeni HLA e HPA; se si usano PLT leucodeplete il<br />
rischio di immunizzazione anti-HLA viene ridotto, se anche gli altri emocomponenti trasfusi sono<br />
sottoposti a leucodeplezione.<br />
q Trasmissione <strong>della</strong> sifilide.<br />
q Trasmissione di malattie virali (epatiti, HIV, ecc.), molto rara, ma possibile.<br />
q Trasmissione di protozoi (in particolare, malaria), molto rara ma possibile.<br />
q Sepsi, per contaminazione batterica accidentale del sangue; l’incidenza di questa complicanza è<br />
relativamente più elevata rispetto alla trasmissione di agenti virali, a causa del fatto che le PLT sono<br />
conservate a temperatura ambiente e questo favorisce la proliferazione batterica.<br />
q Porpora post-trasfusionale.<br />
q TRALI (Transfusion Realated Acute Lung Injury).<br />
q Trasmissione di altri agenti patogeni non conosciuti o non testati.<br />
UTILIZZO INAPPROPRIATO E CONTROINDICAZIONI 5,11,12,27,32,42,69,70 .<br />
q Porpora Trombotica Trombocitopenica (PTT) ed altre microangiopatie : Sindrome Emolitico<br />
Uremica (SEU), Haemolysis Elevated Liver Enzymes low platelets (HELLP): la trasfusione di PLT<br />
è controindicata (dal momento che essa si associa ad aggravamento <strong>della</strong> patologia), salvo la<br />
presenza di emorragia a rischio di vita per il paziente.<br />
q Trombocitopenia da eparina (HIT), al di fuori di gravi episodi di sanguinamento che pongono a<br />
rischio di vita il paziente .<br />
q Trombocitopenia autoimmune (PTI), al di fuori di gravi episodi di sanguinamento che pongono<br />
a rischio di vita il paziente .<br />
q CID “cronica” in assenza di sanguinamento.<br />
q Profilassi durante circolazione extracorporea.<br />
q Profilassi durante trasfusione massiva.<br />
38
APPENDICE<br />
Tabella 1 - Terapia trasfusionale scelta del fenotipo ABO delle unità da trasfondere.<br />
EMOCOMPONENTE FENOTIPO ABO<br />
DEL RICEVENTE<br />
CONCENTRATI<br />
PIASTRINICI<br />
q O<br />
q A<br />
q B<br />
q AB<br />
FENOTIPO ABO<br />
DEL DONATORE (e scelta alternativa)<br />
q O<br />
q A, AB (O deplasmate)*<br />
q B, AB (O deplasmate)*<br />
q AB, A, B, (O deplasmate)*<br />
In caso di utilizzo di concentrati piastrinici da singola unità è preferibile rispettare la compatibilità<br />
AB0 e, laddove questo non sia possibile, è opportuno valutare il grado di contaminazione<br />
eritrocitaria delle singole unità.<br />
Legenda:<br />
*: Oppure negative per anti-A/A,B ad alto titolo.<br />
Tabella 2 – Indicazioni in terapia.<br />
Indicazione Quando Grado di<br />
raccomandazione<br />
Trapianto autologo di cellule staminali In condizioni di stabilità clinica, 2C+<br />
periferiche<br />
con disponibilità di CP 24h/24h,<br />
per emorragie di grado II WHO o<br />
superiore<br />
Paziente chirurgico con sanguinamento Sempre se PLT < 50.000/μL.<br />
2B<br />
in atto<br />
Raramente se PLT > 100.000/μL<br />
Trasfusione massiva Con emorragia in atto per evitare<br />
che le PLT scendano sotto le<br />
50.000/μL<br />
2C<br />
Circolazione extra-coprporea Emorragia post-intervento 1A<br />
noncorrelabile a cause chirurgiche<br />
o coagulopatie<br />
CID acuta In presenza di emorragia 2C<br />
importante e piastrinopenia, oltre<br />
al trattamento <strong>della</strong> patologia di<br />
base; può essere ragionevole<br />
mantenere<br />
50.000/μL<br />
le PLT intorno a<br />
Deficit funzionali congeniti o acquisiti In presenza di emorragia 2C<br />
delle PLT<br />
perioperatoria<br />
Trombocitopenia autoimmune In presenza di emorragia maggiore<br />
e/o a rischio di vita<br />
2C<br />
Porpora post-trasfusionale Solo per tarttare gravi emorragie<br />
in fase acuta, nel perioperatorio e<br />
in attesa di risposta alle IVIG<br />
2C<br />
39
Tabella 3 – Criteri W.H.O. per la definizione <strong>della</strong> gravità dell’emorragia.<br />
Grado 0:<br />
q nessuna.<br />
Grado I (emorragie minori):<br />
q petecchie/ecchimosi;<br />
q epistassi o sanguinamento orofaringeo < 1 ora;<br />
q sangue occulto nelle feci (da tracce a 1+);<br />
q emoglobinuria (da tracce a 1+);<br />
q emorragia retinica senza riduzione del visus;<br />
q minimo sanguinamento vaginale.<br />
Grado II (emorragie lievi):<br />
q melena, ematemesi, emottisi, ematuria, ematochezia e sanguinamento vaginale anomalo che non<br />
richiedono supporto trasfusionale o aumento dello stesso rispetto al fabbisogno trasfusionale usuale;<br />
q epistassi o sanguinamento orofaringeo > 1 ora;<br />
q sangue occulto nelle feci (moderato o da 2+ in su);<br />
q emoglobinuria (moderata o da 2+ in su);<br />
Grado III (emorragie maggiori):<br />
q melena, ematemesi, emottisi, ematuria, sanguinamento vaginale anomalo, ematochezia,<br />
epistassi, e sanguinamento orofaringeo che richiedono la trasfusione di una o più unità di emazie<br />
concentrate/die;<br />
q sanguinamento del sistema nervoso centrale rilevato alla TAC senza conseguenze cliniche;<br />
q sanguinamento da siti di venipuntura o di inserzione di vie venose centrali o di cateteri che<br />
richieda supporto trasfusionale.<br />
Grado IV (emorragie maggiori invalidanti):<br />
q emorragia retinica con riduzione del visus;<br />
q emorragia del sistema nervoso centrale con segni e sintomi neurologici;<br />
q sanguinamento all’interno di organi vitali (emorragia intrapericardica o polmonare);<br />
q emorragia massiva con compromissione emodinamica;<br />
emorragia fatale indipendentemente dalla sede.<br />
40
Tabella 4 – Indicazioni alla trasfusione di PLT irradiate.<br />
Indicazione A chi trasfondere e/o quando trasfondere<br />
PLT irradiate<br />
Trasfusione intrauterina/exsanguino-trasfusione Immaturi e neonati (fino al 6° mese di età)<br />
Immunodeficit congeniti cellulari Tutti i pazienti<br />
PLT donate da parenti di I° e II° grado, o HLA Tutti i pazienti<br />
simile<br />
Trapianto allo genico Tutti i pazienti, fino alla fine <strong>della</strong> profilassi<br />
<strong>della</strong> GvHD, o al raggiungimento di linfociti > 1<br />
x 10 9 /L)<br />
Donazione di midollo per trapianto allo genico Al donatore, prima ed in corso di espianto<br />
Autotrapianto di midollo o di cellule staminali<br />
periferiche<br />
Linfoma di Hodgkin e altre emopatie trattate con<br />
analoghi delle purine (fludarabina, cladribine e<br />
deoxicoformicina)<br />
Tabella 5 – Indicazioni alla trasfusione di PLT in neonatologia.<br />
Tutti i pazienti, nei 7 gg. prima <strong>della</strong> raccolta del<br />
midollo o delle PBSC e fino a 3 mesi dopo il<br />
trapianto (6 mesi per i pazienti sottoposti a<br />
irradiazione totale)<br />
Pazienti sottoposti a chemioterapia Valutare caso per caso<br />
Iinfezione da HIV Non necessario<br />
Anemia aplastica Non necessario<br />
Trapianto di organi solidi Non necessario<br />
Chemioterapia per linfomi non-Hodgkin, Non necessario<br />
leucemie acute e neoplasie solide<br />
Tutti i pazienti con linfoma di Hodgkin e altri<br />
pazienti durante trattamento con analoghi delle<br />
purine<br />
Indicazione Soglia PLT/μL Strategia terapeutica<br />
Grado di<br />
raccomandazione<br />
Trombocitopenia neonatale<br />
alloimmune<br />
30.000 Profilassi 2C<br />
30.000 Profilassi sempre 2C<br />
Profilassi per:<br />
1) neonati con peso alla nascita < 1.000 g<br />
nella prima settimana di vita;<br />
2C<br />
Piastrinopenia<br />
30.000-50.000<br />
2) pregressa emorragia cerebrale<br />
intraventricolare/parenchimale<br />
(48-72h);<br />
3) neonato critico;<br />
4) procedure invasive.<br />
50.000-99.000 Terapia di emorragie in atto 2C<br />
Conta piastrinica ≥ 100.000 Soglia non prevista Non terapia trasfusionale con PLT 2C<br />
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45
ALBUMINA<br />
DEFINIZIONE,PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 1-15<br />
Le discussioni sull’uso clinico appropriato dell’albumina umana sono iniziate con il suo ingresso in<br />
terapia negli anni ’40 e sono state promosse sia dal costo elevato rispetto a possibili alternative,<br />
quali i colloidi non proteici e varie soluzioni di cristalloidi (ad esempio, Ringer lattato, fisiologica<br />
salina, glucosata al 5%), sia dalla constatazione che l’utilizzo clinico non sempre si basa su<br />
evidenze di efficacia.<br />
Per soluzioni di colloidi non proteici si intendono tutte le soluzioni di destrano (es. PLANDER) di<br />
destano e glucosio, di poligelina (es. EMAGEL, GELPLEX), di succigelina e di idrossietil-amido<br />
(HAESTERIL).<br />
L’albumina è il principale fattore determinante la pressione oncotica del sangue e quindi la<br />
regolazione del volume plasmatico e il bilancio tissutale dei fluidi. Inoltre interviene nel trasporto di<br />
numerose sostanze endogene, come la bilirubina non coniugata o gli ormoni, ed esogene, come i<br />
farmaci, in quanto, nonostante la sua carica negativa, può legare sia anioni che cationi ed anche<br />
molecole prive di carica.<br />
I livelli fisiologici di albumina (40-50 g/L di plasma) sono responsabili del 60-80% <strong>della</strong> normale<br />
pressione osmotica dei colloidi del plasma o pressione oncotica (26-28 mm-Hg).<br />
Non è chiaramente definito se vi sia un livello soglia di concentrazione dell’albumina al di sotto del<br />
quale la sua funzione oncotica viene compromessa in misura clinicamente rilevante. In base a studi<br />
condotti a livello polmonare si ritiene che l’attività oncotica sia mantenuta a livelli fisiologicamente<br />
adeguati se rimane al di sopra dei 12 mmHg (circa 50% del normale), che dovrebbero corrispondere<br />
a 20 g/L di albumina ed a 35 g/L di proteine totali. Tuttavia, in condizioni di alterata permeabilità<br />
capillare, la pressione oncotica perde importanza, mentre la pressione idrostatica diviene elemento<br />
determinante dei movimenti trans-membrana.<br />
L’infusione di albumina umana determina entro pochi minuti il passaggio di fluidi dallo spazio<br />
interstiziale al circolo, che però è scarso o assente in pazienti disidratati. Studi in volontari sani in<br />
ipovolemia acuta da salasso hanno messo in evidenza che dopo 1-1,5 ore dalla infusione di<br />
albumina l’aumento del volume plasmatico è di 14-24 mL/g di albumina infusa. Aumenti più ridotti<br />
(9,4 mL/g) sono stati riscontrati in pazienti sottoposti ad interventi chirurgici.<br />
L’emivita dell’albumina è di circa tre settimane, con un tasso di degradazione proporzionale alla<br />
concentrazione plasmatica.<br />
L’albumina umana è una proteina plasmatica che contiene 584 residui di amminoacidi. Il suo peso<br />
molecolare varia, a seconda del metodo di determinazione, da 66.300 a 69.000 Daltons. Le<br />
soluzioni di albumina vengono preparate da plasma di donatori sani, testati per ALT, HBsAg,<br />
anticorpi anti-HBV, HCV, HIV1/2, NAT per HBV, HCV, HIV. L’albumina è successivamente<br />
sottoposta a pastorizzazione a 60° C per 10 ore. Non contiene isoagglutinine né altri anticorpi, né<br />
fattori <strong>della</strong> coagulazione; può essere infusa indipendentemente dal gruppo sanguigno del ricevente.<br />
Sono in commercio preparazioni al 5% e preparazioni al 20% ed al 25%: le ultime due<br />
sono a carico del SSN. Le soluzioni di albumina umana al 5% hanno una pressione<br />
osmotica che è pressappoco equivalente a quella del plasma normale. Quelle al 20-25%<br />
sono iperosmotiche. Entrambe ritengono liquidi nello spazio intravascolare e contribuiscono ad un<br />
aumento <strong>della</strong> concentrazione di albumina negli spazi intra ed extravascolari.<br />
Tutte le preparazioni contengono 130-160 mEq di sodio per litro e si considerano dotate delle<br />
stesse caratteristiche.<br />
In uno studio condotto in 15 centri ospedalieri universitari degli Stati Uniti, il 76% delle<br />
prescrizioni di albumina erano non coerenti con le linee guida elaborate in una precedente<br />
Consensus Conference nazionale di esperti e diffuse negli stessi centri. Questa frequenza di<br />
impieghi inappropriati di albumina giustifica un riesame delle prove <strong>della</strong> efficacia di questa<br />
terapia. Due meta-analisi, pubblicate sulla Cochrane Library e sul British Medical Journal,<br />
dimostravano che, nelle condizioni con ipovolemia acuta da perdita di sangue, plasma o liquidi<br />
(critically ill patients), l’uso dell’albumina era associato ad un più elevato rischio di mortalità.<br />
46
La prima meta-analisi, che includeva 37 studi, riportava un eccesso di mortalità del 4% con l’uso di<br />
colloidi (e tra questi dell’albumina al 5% o più concentrata) rispetto alle soluzioni cristalloidi,<br />
prevalentemente Ringer lattato, in pazienti traumatizzati, sottoposti a interventi chirurgici, con<br />
ustioni estese, con shock settico o ipovolemico.<br />
La seconda meta-analisi, che includeva 30 studi, riportava un eccesso di mortalità del 6% con l’uso<br />
di albumina al 5% o più concentrata, rispetto all’assenza di trattamento infusionale o all’impiego di<br />
soluzioni cristalloidi in pazienti con “malattie critiche“ ed ipovolemia da trauma o post-chirurgica, o<br />
dopo ustioni; l’eccesso di mortalità è confermato in ognuna di queste categorie.<br />
Alcune considerazioni fisiopatologiche possono rendere conto di questi risultati sfavorevoli<br />
inaspettati:<br />
Il richiamo di liquidi dallo spazio interstiziale a quello intravascolare determinato dall’albumina può<br />
causare o favorire lo scompenso cardiaco.<br />
Il passaggio di albumina e liquidi nello spazio interstiziale polmonare, se vi è alterata permeabilità<br />
capillare o nella sindrome da capillary-leak, può determinare edema polmonare.<br />
L’effetto negativo su emostasi ed aggregabilità piastrinica può esporre al rischio di emorragie postchirurgiche<br />
e post-traumatiche.<br />
Infine, in pazienti con gravi ustioni con volemia inizialmente mantenuta con infusioni di cristalloidi,<br />
il passaggio alla infusione di albumina ha determinato una significativa riduzione <strong>della</strong> filtrazione<br />
glomerulare.<br />
Tuttavia, successive revisioni <strong>della</strong> Cochrane e più recenti meta-analisi non hanno confermato<br />
questi dati. Emerge invece, dai vari studi, l’evidenza che, nel paziente “critico”, l’albumina non è<br />
più efficace dei cristalloidi nel migliorare le condizioni cliniche dei pazienti, mentre è sicuramente<br />
più costosa.<br />
Sulla base di questi studi la FDA Nordamericana e la MCA inglese sono state investite dalla<br />
responsabilità di riesaminare l’efficacia dell’albumina, ma non vi sono ancora risposte conclusive.<br />
Sembra quindi utile considerare le linee guida per l’uso dell’albumina umana, dei colloidi non<br />
proteici e delle soluzioni di cristalloidi compilate nel 1995 dalla Consensus Conference del<br />
University Hospital Consortium USA, e tenere conto delle indicazioni del trattato Therapeutic<br />
Drugs edito da Dollery.<br />
1.<br />
INDICAZIONI PER L’USO 16-46,48-52<br />
Le evidenze cliniche (tabella 1) individuano due gruppi di condizioni nelle quali l’impiego<br />
dell’albumina è indicato:<br />
1. Condizioni acute nelle quali è necessaria l’espansione di volume ed il mantenimento del<br />
circolo.<br />
2. Condizioni croniche con bassa albuminemia.<br />
1. CONDIZIONI ACUTE NELLE QUALI È NECESSARIA L’ESPANSIONE DI VOLUME<br />
ED IL MANTENIMENTO DEL CIRCOLO.<br />
a. SHOCK EMORRAGICO: le soluzioni di cristalloidi devono essere considerate il trattamento<br />
iniziale di scelta quando il volume ematico si riduce oltre il 15%, mentre l’uso associato di colloidi<br />
può essere appropriato, per una riduzione del 30-40%, quando non siano disponibili<br />
immediatamente sangue od i suoi componenti. Sulla base del rapporto costo/efficacia si deve<br />
favorire l’impiego di colloidi non proteici rispetto a quello dell’albumina, fatta eccezione per i casi<br />
nei quali è richiesta una restrizione del sodio (albumina al 20% diluita al 5% con glucosata al 5%) e<br />
laddove i colloidi non proteici siano controindicati (gravidanza e allattamento, periodo perinatale e<br />
prima infanzia, insufficienza renale di grado medio/elevato, pazienti in trattamento dialitico,<br />
insufficienza epatica acuta, deficit dell’emostasi, emorragia intracranica e ipersensibilità).<br />
Le soluzioni di cristalloidi e di colloidi non devono essere considerate quali sostituti del sangue o<br />
dei suoi componenti quando è ridotta la capacità di trasporto dell’ossigeno o quando esiste un<br />
fabbisogno di fattori <strong>della</strong> coagulazione o di piastrine.(1A).<br />
47
. SHOCK NON EMORRAGICO: le soluzioni di cristalloidi devono essere considerate il<br />
trattamento di prima scelta. L’efficacia delle soluzioni di colloidi nel trattamento <strong>della</strong> sepsi non è<br />
dimostrata da studi clinici; tuttavia in presenza di “capillary leak“ con edema polmonare e/o<br />
periferico, o dopo somministrazione di almeno due litri di soluzione di cristalloidi senza comparsa<br />
di effetti favorevoli, possono essere usati colloidi non proteici; l’albumina solo nel caso di<br />
controindicazioni di quest’ultimi. (1A)<br />
c. INTERVENTI DI CHIRURGIA MAGGIORE: nel caso di una resezione che interessi più<br />
del 40% del fegato, si raccomanda l’uso di soluzioni cristalloidi per il controllo <strong>della</strong> volemia.<br />
L’impiego di soluzioni di colloidi non proteici e di albumina potrebbe essere appropriato quando<br />
richiesto dalla funzionalità del fegato residuo e dallo stato emodinamico; in questi casi il rapporto<br />
costo/efficacia raccomanda l’uso di colloidi non proteici, l’uso di albumina può essere indicato nei<br />
soggetti con albuminemia inferiore a 20 g/L dopo la normalizzazione <strong>della</strong> volemia. Per qualunque<br />
altro tipo di intervento l’uso immediato di albumina nel post-operatorio è sempre sconsigliato.(1A)<br />
d. USTIONI: il trattamento iniziale (prime 24 ore) si deve basare sull’impiego di soluzioni di<br />
cristalloidi; la somministrazione, in associazione ai cristalloidi, di colloidi è giustificata solo se le<br />
ustioni interessano più del 50% <strong>della</strong> superficie corporea, se sono trascorse almeno 24 ore dal<br />
momento in cui sono avvenute le ustioni, se il trattamento con cristalloidi non ha corretto<br />
l’ipovolemia. Salvo il caso di controindicazioni al loro impiego, il rapporto costo/efficacia<br />
raccomanda l’uso di colloidi non proteici. (1A)<br />
e. ISCHEMIA CEREBRALE: le soluzioni di colloidi (albumina e colloidi non proteici) non<br />
devono essere usate nell’ischemia cerebrale acuta e nell’emorragia subaracnoidea, in quanto non<br />
esiste dimostrazione <strong>della</strong> loro utilità e vi è uno sfavorevole rapporto costo/beneficio. I pazienti con<br />
livello di ematocrito elevato devono essere trattati con soluzioni di cristalloidi ipertonici al fine di<br />
aumentare il volume intravascolare e determinare ipervolemia ed emodiluizione (ematocrito di circa<br />
il 30% per favorire la perfusione cerebrale). (1C)<br />
f. CARDIOCHIRURGIA: la somministrazione di soluzioni di cristalloidi costituisce il<br />
trattamento di prima scelta nel caso di “cardiopulmonary bypass pumps”; l’associazione con<br />
colloidi non proteici può essere preferibile quando sia molto importante evitare l’accumulo di<br />
liquidi nell’interstizio polmonare; i colloidi non proteici possono essere efficaci per ridurre un<br />
edema sistemico. I cristalloidi rappresentano il trattamento di prima scelta per l’espansione postoperatoria<br />
<strong>della</strong> volemia, i colloidi non proteici quello di seconda scelta e l’albumina la terza scelta..<br />
(1A)<br />
g. IPERBILIRUBINEMIA DEL NEONATO: I cristalloidi ed i colloidi non proteici non legano<br />
la bilirubina e non possono quindi essere considerati sostituti dell’albumina. Quest’ultima tuttavia<br />
non deve essere somministrata in associazione alla fototerapia, se non per valori di bilirubina non<br />
controllati dalla fototerapia stessa. L’albumina non deve essere utilizzata da sola prima di una<br />
eventuale exsanguino-trasfusione, ma solo in associazione a quest’ultima (1A).<br />
h. TRAPIANTI D’ORGANO: le soluzioni di cristalloidi sono la prima scelta; non esiste<br />
dimostrazione conclusiva che la somministrazione di albumina e/o di colloidi non proteici sia<br />
efficace durante e/o dopo trapianto di rene. La somministrazione di albumina può essere utile nel<br />
periodo post-operatorio di un trapianto di fegato, per il controllo dell’ascite e dell’edema periferico,<br />
solo quando sono presenti tutte le seguenti condizioni: livelli di albumina sierica < a 25 g/L,<br />
pressione nei capillari polmonari < a 12 mmHg, ematocrito > al 30%. In questi casi, l’impiego di<br />
albumina potrebbe essere utile per rimpiazzare la perdita di liquido ascitico da catetere di<br />
drenaggio. (1C)<br />
i. PLASMAEXCHANGE: l’impiego di albumina è appropriato nello scambio di volumi di<br />
plasma superiore a 20 mL/Kg in una seduta o 20 ml/Kg/sett. in sedute successive. Nel caso vengano<br />
scambiati piccoli volumi di plasma è bene considerare, per motivi costo/efficacia, l’impiego di<br />
soluzioni cristalloidi o <strong>della</strong> associazione albumina/cristalloidi. (1A).<br />
48
2. CONDIZIONI CRONICHE CON BASSA ALBUMINEMIA.<br />
a. CIRROSI EPATICA:<br />
L’albumina è stata usata ampiamente sin dagli anni ’50 nel trattamento <strong>della</strong> cirrosi epatica e<br />
dell’ascite, pur in assenza di studi clinici controllati-randomizzati utili a validarne l’efficacia..<br />
Al momento non esiste consenso sull’uso di albumina nella patologia epatica avanzata, ma<br />
disponiamo di alcune evidenze che supportano tale uso nelle seguenti condizioni:<br />
1) Ascite trattata con diuretici;<br />
2) Paracentesi di grandi volumi;<br />
3) Peritonite batterica spontanea;<br />
4) Sindrome epatorenale.<br />
1) Ascite in trattamento diuretico.<br />
Si tratta dell’indicazione più controversa ed attualmente non recepita da linee guida e rassegne<br />
correnti.<br />
I soggetti ascitici sono esposti al rischio di iponatriemia diuretico-indotta e di deterioramento <strong>della</strong><br />
funzione renale. L’albumina può migliorare la risposta diuretica e prevenire le complicanze relative<br />
al trattamento, favorendo il passaggio di liquido dallo spazio peritoneale a quello vascolare. I<br />
pazienti che beneficiano del trattamento sono soprattutto quelli in condizioni cliniche più precarie,<br />
con ipovolemia ed ascite di difficile trattamento: in questi l’albumina dovrebbe essere utilizzata<br />
anche se l’albuminemia è superiore ai 25 g/L. (1C+)<br />
2) Prevenzione <strong>della</strong> Disfunzione Circolatoria post-paracentesi.<br />
La paracentesi “large volume” è considerata il trattamento di scelta nei soggetti con ascite tesa o<br />
“refrattaria”, sulla base di numerosi studi randomizzati di confronto con i diuretici.<br />
Il posizionamento di shunt porto-cavale per via transgiugulare ( TIPS ), da molti autori ritenuto<br />
trattamento elettivo dell’ascite refrattaria, è effettuabile solo in casi selezionati. La paracentesi di<br />
grande volume può comportare in alcuni casi (27-40%) ipovolemia e modificazioni emodinamiche<br />
particolarmente sfavorevoli (si parla allora di “disfunzione circolatoria post-paracentesi”).<br />
Al momento attuale il solo metodo di comprovata efficacia nella prevenzione <strong>della</strong> disfunzione<br />
circolatoria, per paracentesi superiori ai 5 L, è l’albumina alla dose di 8g/L di liquido rimosso, in<br />
un’unica somministrazione al termina <strong>della</strong> paracentesi. Per paracentesi di volume inferiore a 5 L<br />
anche altri plasma-expander sono risultati efficaci. Non è noto, per mancanza di studi, se l’aggiunta<br />
di vasocostrittori possa migliorare l’efficacia dell’albumina.<br />
In sintesi:<br />
8 g di albumina per litro di liquido rimosso in un’unica somministrazione al termine di paracentesi<br />
superiori ai 5 litri, può prevenire la disfunzione circolatoria post-paracentesi. (1C+).<br />
Per paracentesi inferiore ai 5 litri è sufficiente la somministrazione di 10-20g complessivamente.<br />
3) Terapia <strong>della</strong> peritonite batterica spontanea (SBP)<br />
La SBP è complicanza comune e grave <strong>della</strong> cirrosi ascitica, presentandosi in circa il 20-30% dei<br />
casi e può portare allo sviluppo di Sindrome Epatorenale (30% dei casi).<br />
L’aggiunta al trattamento antibiotico <strong>della</strong> peritonite batterica virale di albumina, alla dose di 1,5<br />
g/Kg alla diagnosi e 1,0 g/Kg dopo 2 giorni, riduce lo sviluppo di Sindrome Epatorenale e la<br />
mortalità. (1C+)<br />
4) Trattamento <strong>della</strong> Sindrome Epatorenale (SER)<br />
La SER consiste in un deterioramento <strong>della</strong> funzione renale su base funzionale, che si manifesta nel<br />
10% dei soggetti con cirrosi avanzata ed ascite.<br />
Il trattamento di scelta è rappresentato dal trapianto epatico.<br />
Il trattamento medico è costituito da associazione di vasocostrittori ed albumina ad alte dosi.<br />
Recenti rassegne raccomandano la somministrazione di albumina 1g/kg il primo giorno, seguito da<br />
20-40 g/die per 5-15 gg, fino alla riduzione <strong>della</strong> creatinina sotto 1,5 mg/dl. (1C+)<br />
49
. SINDROME NEFROSICA: frequente inutilità dell’infusione di albumina che tra l’altro è<br />
rapidamente escreta; tuttavia l’infusione a breve termine di albumina concentrata in associazione ai<br />
diuretici è appropriata nei pazienti con albuminemia < a 20 g/L con ipovolemia marcata e/o con<br />
edema polmonare acuto e/o insufficienza renale acuta . (1A).<br />
c. EMODIALISI: l’albumina viene impiegata per il trattamento dell’ipotensione, ma è risultata<br />
utile solo nel 3% dei casi. (1C)<br />
d. SINDROMI DA IPONUTRIZIONE: l’albumina esogena è stata largamente impiegata per<br />
ristabilire i normali livelli albuminemici in caso di malnutrizione, ma non vi sono basi<br />
fisiopatologiche né studi clinici osservazionali, che giustifichino questo impiego. Per fini<br />
nutrizionali deve essere sostituita dalla nutrizione enterale, usando formulazioni basate su peptidi o<br />
dalla nutrizione parenterale totale. (1C)<br />
Tuttavia, nei pazienti con diarrea associata ad intolleranza alla nutrizione enterale la<br />
somministrazione di albumina può essere utile se coesistono tutte le seguenti condizioni: volume<br />
<strong>della</strong> diarrea > 2 L/die; albumina sierica < a 20 g/L, prosecuzione <strong>della</strong> diarrea nonostante la<br />
somministrazione di peptidi a catena corta e formulazioni di minerali; nessuna altra causa che<br />
giustifichi la diarrea. (1A)<br />
CALCOLO DELLA DOSE<br />
Ogni flacone di albumina al 20% in 50 ml, contiene 10 g di albumina<br />
Dose da somministrare:<br />
(2,5 gr/dl – Albumina attuale) x (Kg x 0,8) = gr.totali<br />
Dove 2,5 è il valore di albumina da raggiungere e (Kg x 0,8) è la formula per ottenere il volume<br />
plasmatico.<br />
EFFETTI INDESIDERATI 46<br />
Reazioni immediate di tipo allergico con febbre, brividi, nausea, vomito, orticaria, ipotensione,<br />
aumento <strong>della</strong> salivazione, effetto sulla respirazione e sulla frequenza cardiaca.<br />
Rapida caduta <strong>della</strong> pressione arteriosa media (da 20 mm-Hg fino al collasso cardiocircolatorio) in<br />
corso di infusione molto rapida (20-50 mL/minuto) per la presenza di attività attivante la<br />
precallicreina ed i frammenti di fattore di Hageman.<br />
Rischio di precipitare uno scompenso cardiaco in soggetti anziani e in quei pazienti che potrebbero<br />
sviluppare insufficienza cardiaca congestizia; in questi pazienti sono più pericolose le soluzioni di<br />
albumina al 20-25%.<br />
50
Tabella 1 – Indicazioni per l’uso dell’albumina.<br />
INDICAZIONI INAPPROPRIATE PER L’USO DELL’ALBUMINA<br />
§ Albuminemia > 2,5g/dl § Enteropatie protido-disperdenti e § Pancreatiti acute e croniche<br />
§ Malnutrizione § malassorbimento<br />
§ Cicatrizzazione delle ferite<br />
Shock emorragico<br />
Shock non emorragico<br />
Intervento di chirurgia<br />
maggiore<br />
Ustione<br />
Ischemia cerebrale<br />
Cardiochirurgia<br />
Ittero neonatale grave<br />
INDICAZIONI PER L’USO DI ALBUMINA<br />
1^ scelta: soluzioni di cristalloidi; per perdite fino al 30% del volume ematico<br />
2^ scelta: soluzioni di colloidi non proteici. per perdite >30%<br />
L’albumina, in genere controindicata, può essere usata solo:<br />
• se necessaria una restrizione di Na (albumina al 20% diluita al 5% con soluzione glucosata);<br />
• se documentata sensibilizzazione ai colloidi non proteici.<br />
1^ scelta: soluzioni di cristalloidi;<br />
2^ scelta: soluzioni di colloidi non proteici in caso di edema polmonare e/o periferico e in assenza di risposta dopo<br />
infusione di almeno 2 litri di cristalloidi.<br />
Albumina solo se documentata sensibilizzazione ai colloidi non proteici.<br />
1^ scelta: soluzioni di cristalloidi;<br />
2^ scelta: soluzioni di colloidi non proteici.<br />
E’ sconsigliato l’uso immediato post-intervento di albumina.<br />
Unica indicazione all’uso albumina: albuminemia 30%.<br />
Plasma-exchange Albumina per scambi >20 ml/Kg in una seduta o >20 ml/Kg/settimana in sedute successive.<br />
Cirrosi epatica ascitica Albumina generalmente inefficace, se non in pazienti con albuminemia
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8) Roberts I et al: Intellectual property, drug licensing freedom of information, and public health.<br />
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52
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53
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54
CONCENTRATI DI IMMUNOGLOBULINE ENDOVENA (IVIg)<br />
DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 1-16<br />
In Italia le indicazioni registrate per le immunoglobuline comprendono un range di utilizzo<br />
estremamente limitato rispetto alle applicazioni, molto più ampie, riscontrate nella pratica clinica. A<br />
fronte di utilizzi pienamente giustificati dalla letteratura, si riscontrano usi che rientrano in una zona<br />
più grigia ed incerta di razionalità. Da qui l’esigenza di analizzare le evidenze scientifiche per le<br />
quali le immunoglobuline umane per somministrazione endovena (IVIg) vengono utilizzate. Le<br />
IVIg, così come tutti gli altri plasmaderivati, vengono preparate utilizzando pool di plasma umano<br />
proveniente da non meno di 2000 diversi donatori. Circa l’80% del plasma utilizzato nella<br />
produzione deriva da plasmaferesi, mentre soltanto il 20% è ricavato da donazioni di sangue intero.<br />
Tutto ciò comporta una significativa e ricercata diversità idiotipica all’interno del flacone di<br />
prodotto finito, che garantisce una più alta copertura anticorpale al ricevente. Queste preparazioni<br />
contengono molecole immunoglobuliniche strutturalmente e funzionalmente intatte, con normale<br />
emivita e proporzione di sottoclassi. Non contengono immunocomplessi ad alto peso molecolare e<br />
contaminanti quali peptidi vasomotori, endotossine o agenti infettivi (virus in particolare). Le Ig<br />
vengono isolate dal plasma utilizzando il processo di frazionamento Cohn-Oncley, mediante il<br />
quale, con aggiunta di ulteriori passaggi, è possibile ottenere un prodotto privo di contaminanti e di<br />
aggregati ad alto peso molecolare, responsabili in passato di importanti effetti collaterali.<br />
Al fine di incrementarne il margine di sicurezza, sono state seguite varie strategie: rigorose norme<br />
di selezione e controllo sui donatori mediante visita medica e screening anticorpale per HBV,<br />
HCV, HIV, ricerca dei loro costituenti genetici (NAT), manipolazione industriale e inattivazione<br />
chimica e fisica di batteri e virus. Negli ultimi anni non sono mai stati segnalati casi di trasmissione<br />
del virus HIV tramite somministrazione di Ig. Tali procedure di in attivazione, validate utilizzando<br />
virus-modello, sono risultate efficaci per HBV, HIV e HCV, ma di valore limitato contro virus<br />
privi di involucro, quali l’HAV e il parvovirus B19. La possibilità di trasmissione degli agenti delle<br />
encefalopatie spongiformi (malattia di Creutzfeld-Jacob, malattia di Gerstmann Straussler-<br />
Scheinker e l’insonnia familiare fatale), non può essere esclusa con i metodi di inattivazione<br />
standard.<br />
Dopo somministrazione endovena (e.v.), le Ig umane normali sono immediatamente e<br />
completamente biodisponibili nella circolazione del ricevente: il picco del livello sierico correla con<br />
la dose. Esse si distribuiscono in maniera relativamente rapida tra il plasma ed i fluidi<br />
extravascolari, l’equilibrio tra compartimenti intra ed extravascolari viene raggiunto<br />
approssimativamente dopo 3-5 giorni. L’iniziale decremento sierico è espressione non solo <strong>della</strong><br />
redistribuzione extravascolare, ma anche di altri fattori tra cui il metabolismo delle molecole<br />
denaturate e la clearance dei complessi immuni formatisi dopo l’interazione con l’antigene.<br />
L’emivita delle immunoglobuline è stimata approssimativamente in 18-32 gg, simile a quella delle<br />
IgG native. Vi è comunque una considerevole variabilita’ individuale che riflette diversi fattori tra<br />
cui il livello delle immunoglobuline prima dell’infusione, il picco dopo l’infusione, la presenza di<br />
infezioni o ustioni.<br />
Gli approcci utilizzati per la validazione dell’efficacia clinico-biologica delle IVIg sono<br />
rappresentati da:<br />
1) studi in vitro<br />
2) valutazione dell’efficacia clinica<br />
3) utilizzo di modelli sperimentali.<br />
Le IVIg sono dotate di una potente azione immunomodulatrice ed anti-infiammatoria, anche se i<br />
meccanismi mediante i quali tali attività si verificano in vivo sono ancora in parte sconosciuti.<br />
55
Nelle immunodeficienze, specie nelle forme umorali, il meccanismo d’azione è ovvio: le Ig<br />
somministrate per via endovenosa rimpiazzano quelle mancanti a causa del difetto di produzione.<br />
Nei disordini disregolativi del sistema immunitario (quali le malattie sistemiche autoimmuni, la<br />
Porpora Trombotica Trombocitopenica Idiopatica, l’anemia emolitica autoimmune, ecc.) sono stati<br />
di volta in volta chiamati in causa diversi meccanismi:<br />
1) L’interazione del frammento Fc con i recettori specifici (FcγR)<br />
2) Controllo <strong>della</strong> cascata complementare e attivazione di meccanismi di solubilizzazione degli<br />
immunocomplessi circolanti.<br />
3) Interazione con il network idiotipo anti-idiotipo.<br />
4) La modulazione <strong>della</strong> produzione di alcune citochine e di loro antagonisti.<br />
5) Incremento del catabolismo delle IgG.<br />
6) Apoptosi delle cellule B e cellule T mediante l’attivazione di Fas (CD95).<br />
7) Blocco del legame cell.T-superantigeni.<br />
8) Controllo dell’autoreattività e dell’induzione <strong>della</strong> tolleranza al “self”.<br />
9) Inibizione <strong>della</strong> differenziazione e maturazione delle cellule dendritiche.<br />
INDICAZIONI PER L’USO 20-49<br />
A. DEFICIT ANTICORPALI<br />
L’uso delle IVIg per il trattamento di pazienti con deficit anticorpali primitivi o secondari è stato<br />
autorizzato negli USA fin dal 1981. Il loro uso ha permesso, rispetto ai precedenti trattamenti a base<br />
di immunoglobuline im., di somministrare più alte dosi tanto da permetterne la normalizzazione dei<br />
livelli ematici: obiettivo <strong>della</strong> terapia è il mantenimento delle IgG sieriche (misurato prima <strong>della</strong><br />
successiva infusione) al valore almeno 4-6 g/l.<br />
Il raggiungimento di questo obiettivo permette al paziente di avere un minor numero di episodi<br />
febbrili e, in generale di infezioni ricorrenti, di ridurre i giorni di ricovero ospedaliero e quelli di<br />
antibiotico-terapia, di aumentare gli indici di funzionalità respiratoria, di aumentare il peso<br />
corporeo. La terapia con IVIg è indicata se il livello delle IgG è inferiore a 4 g/l. E’ da tenere<br />
presente che dopo l’inizio <strong>della</strong> terapia sono necessari da 3 a 6 mesi per il raggiungimento<br />
dell’equilibrio. La dose di partenza raccomandata è di 0,4-0,8 g/Kg di peso corporeo, seguita da<br />
almeno 0,2 g/Kg ogni 3 settimane. Una volta raggiunto lo stato stazionario l’intervallo di dosaggio<br />
varia tra 2 e 4 settimane, aggiustando la dose sulla base dei livelli plasmatici di IgG. La terapia<br />
sostitutiva è indicata nelle forme di immunodeficienza primaria con deficit umorale, quali<br />
l’agammaglobulinemia legata al cromosoma X, immunodeficienza comune variabile,<br />
immunodeficienza con iper IgM, ipogammaglobulinemia transitoria dell’infanzia, deficit delle<br />
sottoclassi IgG (con o senza deficit di IgA), in tutti i tipi di immunodeficienza combinata, quali la<br />
sindrome di Wiskott-Aldrich, atassia teleangectasia, nanismo ad arti corti, disordine<br />
linfoproliferativo legato al cromosoma X, e nelle immunodeficienze secondarie, quali certi tipi di<br />
neoplasie con deficit anticorpale, tra cui il mieloma multiplo e la LLC (Tab.1). Nei casi di mieloma<br />
o LLC con grave ipogammaglobulinemia e infezioni ricorrenti, così come in bambini con AIDS e<br />
infezioni ricorrenti la dose raccomandata è di 0,2-0,4 g/Kg ogni 3 settimane.<br />
56
TABELLA I – IMMUNODEFICIENZE NELLE QUALI L’UTILIZZO DELLE IVIG PUÒ ESSERE DI<br />
BENEFICIO. 5<br />
IImmuunnooddeeffi icci ieennzzee<br />
uumoorraal li i<br />
IImmuunnooddeeffi icci ieennzzee<br />
ccoombbi innaat tee<br />
IImmuunnooddeeffi icci ieennzzee<br />
sseeccoonnddaarri iee<br />
Agammaglobulinemia legata al cromosoma X<br />
Immunodeficienza comune variabile<br />
Immunodeficienza con iper IgM<br />
Ipogammaglobulinemia transitoria dell’infanzia (talvolta)<br />
Deficit delle sottoclassi IgG (talvolta + o – deficit di IgA)<br />
Tutti i tipi di immunodeficienza grave combinata<br />
Sindrome di Wiskott-Aldrich<br />
Atassia-Teleangectasia<br />
Nanismo ad arti corti<br />
B. IMMUNOMODULAZIONE<br />
Disordine linfoproliferativo legato al cromosoma X<br />
Neoplasie con deficit anticorpale (es.: mieloma multiplo, LLC, ecc.)<br />
Enteropatia protidodisperdente con ipogamma-globulinemia<br />
Sindrome nefrosica con ipogammaglobulinemia<br />
Sindrome da immunodeficienza acquisita dell’infanzia<br />
Pazienti in terapia intensiva (per traumatismi, chirurgia o shock)<br />
Periodo successivo a un trapianto (di organo o di midollo)<br />
Ustioni estese<br />
Prematurità<br />
Da alcuni anni le IVIg hanno trovato applicazione anche nella terapia immunomodulante: ad alte<br />
dosi le IVIg hanno azione immunosoppressiva ed antiflogistica, così da entrare nei protocolli di<br />
trattamento di patologie autoimmunitarie e/o infiammatorie. Da diversi studi è emerso che il<br />
dosaggio minimo efficace, a prescindere dalle indicazioni, è di 0,15g/Kg di peso corporeo, mentre<br />
la dose standard è 0,4 g/Kg. Dosaggi piu’ elevati di Ig comportano, ovviamente, il raggiungimento<br />
di più alti livelli sierici, ma alcuni studi hanno mostrato che dosaggi elevati non corrispondono ad<br />
una maggiore efficacia.<br />
A fronte di un uso massiccio, le uniche indicazioni riconosciute sono costituite dalla Porpora<br />
Trombocitopenica Idiopatica, la M. di Kawasaki e la S. di Guillan-Barrè.<br />
La Tabella 2, tratta dal n° 260 del 6/11/2002 <strong>della</strong> Gazzetta Ufficiale, riporta in sintesi le<br />
indicazioni e i dosaggi raccomandati per queste patologie. In particolare nel caso <strong>della</strong> Porpora<br />
trombocitopenica idiopatica, il ricorso alle IVIg è comunque successivo al fallimento di altre terapie<br />
farmacologiche, ad eccezione di episodi acuti associati a manifestazioni emorragiche o in<br />
previsione di interventi chirurgici, per cui in tali casi si raccomandano 0,8-1 g/Kg il primo giorno,<br />
ripetibile per una volta entro 3 giorni, oppure 0,4 g/Kg/die per 2-5 giorni.<br />
Nella S. di Guillain Barré il dosaggio è di 0,4 g/Kg/die per 3-7 giorni.<br />
In corso di M. di Kawasaki la dose raccomandata è di 1,6-2 g/Kg in dosi frazionate nel corso di 2-5<br />
giorni o 2 g/Kg come dose singola. E’ raccomandato il trattamento concomitante con ASA.<br />
57
Tabella 2: Indicazioni riconosciute delle IVIg (G.U. n° 260 del 06/11/2002)<br />
Terapia sostitutiva Dose Frequenza di somministrazione<br />
Terapia sostitutiva nella dose iniziale: 0,4-0,8g/Kg ogni 2-4 settimane per ottenere<br />
immunodeficienza primaria mantenimento: 0,2-<br />
0,8g/Kg<br />
un livello di IgG di almeno 4-6g/l<br />
Terapia sostitutiva nella ogni 3-4 settimane per ottenere<br />
0,2-0,4g/Kg<br />
immunodeficienza secondaria<br />
un livello di IgG di almeno 4-6g/l<br />
Bambini con AIDS 0,2-0,4g/Kg ogni 3-4 settimane<br />
Immunomodulazione<br />
Porpora trombocitopenica 0,8-1,0g/Kg al giorno 1, possibilmente ripetuto<br />
idiopatica (ITP) o Sindrome di<br />
Werlhof<br />
oppure<br />
una sola volta entro 3 giorni<br />
0,4g/Kg/die per 2-5 giorni<br />
Sindrome di Guillain Barrè 0,4g/Kg/die per 3-7 giorni<br />
Morbo di Kawasaki 1,6-2g/Kg in più dosi per 2-5 giorni in<br />
associazione con a. acetilsalicilico<br />
Trapianto allogenico di<br />
midollo osseo:<br />
2g/Kg<br />
oppure<br />
in un'unica dose in associazione<br />
con ac. acetilsalicilico<br />
Trattamento delle infezioni e<br />
profilassi <strong>della</strong> malattia da ogni settimana dal giorno 7 fino a 3<br />
trapianto contro ospite 0,5g/Kg mesi dopo il trapianto<br />
Persistente deficit di sintesi<br />
di anticorpi<br />
ogni mese fino al ritorno alla<br />
norma<br />
0,5g/Kg del livello degli anticorpi<br />
Le IVIg vengono impiegate in numerose altre patologie dove tuttavia l’uso non è raccomandato, se<br />
non in alternativa ad altri presidi (es. plasma-exchange).<br />
Nella Tabella 3 si riportano le patologie nelle quali le IVIg sono impiegate sulla base del loro<br />
meccanismo d’azione, di singoli trial clinici non controllati, di opinioni autorevoli basate<br />
sull'esperienza clinica, di studi descrittivi o single case report, in assenza di raccomandazioni al loro<br />
utilizzo (uso “off label”).<br />
58
Tabella 3- Indicazioni per l’uso delle IVIG<br />
CONDIZIONI CLINICHE Indicazioni e dosaggi<br />
Aplasia pura <strong>della</strong> serie rossa<br />
Anemia emolitica autoimmune<br />
Malattia emolitica neonatale<br />
(MEN)<br />
Neutropenia immunomediata<br />
Refrattarietà alla trasfusione<br />
piastrinica<br />
Trombocitopenia neonatale<br />
alloimmune<br />
Trombocitopenia<br />
Autoimmune (ITP)<br />
Porpora post-trasfusionale<br />
EMATOLOGIA<br />
L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />
Le IVIG possono essere usate in pz. con documentata<br />
infezione da Parvovirus B19 e anemia grave.<br />
0,4 g/Kg ogni 28 gg..<br />
L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />
Le IVIG possono avere un ruolo in pz. con anemia<br />
emolitica autoimmune da Ab caldi non responsivi a<br />
corticosteroidi o a splenectomia, o nei quali i suddetti<br />
trattamenti sono controindicati.<br />
0,4 g/Kg/die per 5 gg..<br />
L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />
Le IVIG sono raccomandate in neonati con grave MEN<br />
(0.5-1g/Kg/die per tre dosi), al fine di evitare<br />
l’exanguino-trasfusione se altri provvedimenti non<br />
hanno avuto successo o non sono stati tollerati o sono<br />
controindicati. Le IVIG date alla madre prima del parto<br />
possono essere prese in considerazione per evitare<br />
sequele debilitanti se altri provvedimenti non hanno<br />
avuto successo o non sono stati tollerati o sono<br />
controindicati.<br />
L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />
Le IVIG possono avere un ruolo in pz. nei quali altri<br />
provvedimenti non hanno avuto successo o non sono<br />
stati tollerati o sono controindicati.<br />
L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />
Le IVIG possono avere un ruolo in pz. nei quali altri<br />
provvedimenti non hanno avuto successo o non sono<br />
stati tollerati o sono controindicati.<br />
L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />
Le IVIG sono raccomandate in neonati sintomatici, ad<br />
alto rischio di sviluppare un’emorragia intracranica, se<br />
altri provvedimenti non hanno avuto successo o non<br />
sono stati tollerati o sono controindicati.<br />
Le IVIG prima del parto possono essere usate in madri<br />
ad alto rischio, con storia di trombocitopenia neonatale<br />
alloimmune e trombocitopenia fetale o neonatale.<br />
1g/Kg per settimana (alla madre).<br />
L’uso routinario di IVIG non è raccomandato.<br />
Le IVIG sono raccomandate in pazienti sintomatici, ad<br />
alto rischio di sviluppare una emorragia intracranica o in<br />
previsione di interventi chirurgici, se altri provvedimenti<br />
non hanno avuto successo o non sono stati tollerati o<br />
sono controindicati.<br />
0,4 g/ Kg / die per 5 gg.<br />
Le IVIG possono essere considerate la terapia in<br />
pazienti severamente affetti.<br />
2C+<br />
22C<br />
22C+<br />
22C<br />
22C<br />
22C<br />
22C+<br />
22C<br />
59
Neonati prematuri ad alto rischio<br />
(profilassi delle infezioni)<br />
Profilassi per il CMV nel trapianto<br />
di organi solidi<br />
Infezione da HIV (bambino)<br />
Malattia di Kawasaki<br />
Epilessia intrattabile <strong>della</strong> infanzia<br />
Sindrome di Guillain-Barrè<br />
Polineuropatia demielinizzante<br />
infiammatoria cronica<br />
Miastenia grave<br />
Sindrome di Lambert-Eaton<br />
Neuropatia multifocale motoria<br />
MALATTIE INFETTIVE<br />
L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />
La profilassi con IVIG può avere un ruolo nel neonato<br />
di basso peso alla nascita (< 1500 g) o in presenza di<br />
gravi infezioni<br />
L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />
Le IVIG possono essere usate in riceventi CMVnegativi<br />
di organi CMV-positivi.<br />
0,4 g/Kg ogni 28 gg..<br />
L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />
La profilassi con IVIG può avere un ruolo di<br />
prevenzione delle infezioni opportunistiche nei bambini<br />
HIV positivi con ipogammaglobulinemia.<br />
0,4 g/Kg ogni 28 gg..<br />
Le IVIG sono raccomandate in associazione con<br />
l’aspirina nei pazienti severamente affetti.<br />
2 g / Kg in unica somministrazione.<br />
NEUROLOGIA<br />
L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />
Le IVIG possono avere un ruolo in alcune sindromi (ad<br />
esempio: West, Lennox-Gastaut) come ultima risorsa,<br />
specialmente nei casi che possono essere candidati alla<br />
resezione chirurgica.<br />
Le IVIG sono raccomandate, come alternativa<br />
equivalente alla plasmaferesi terapeutica, in bambini e<br />
adulti. 0,4 g /Kg / die per 5 gg.<br />
Le IVIG sono raccomandate come alternativa<br />
equivalente alla plasmaferesi terapeutica in bambini e<br />
adulti.Attualmentre l’impiego nel trattamento cronico è<br />
suggerito solo da studi osservazionali.<br />
0,4 g/Kg/die per 5 gg..<br />
L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />
Le IVIG possono essere considerate in pazienti con<br />
miastenia grave di grado severo se altri provvedimenti<br />
non hanno avuto successo o non sono stati tollerati o<br />
sono controindicati. 0.4g/Kg/die x 5 gg o 2g/Kg x 2 gg<br />
L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />
Le IVIG possono essere considerate in pazienti con<br />
sindrome di Lambert-Eaton di grado severo se altri<br />
provvedimenti non hanno avuto successo o non sono<br />
stati tollerati o sono controindicati.<br />
0,4 g/Kg/die per 5 gg..<br />
L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />
Le IVIG possono essere considerate in pazienti che<br />
hanno una neuropatia multifocale motoria progressiva e<br />
sintomatica, diagnosticata sulla base di reperti<br />
elettrofisiologici che escludano altre possibili condizioni<br />
22C+<br />
22C+<br />
22C+<br />
11A<br />
22C<br />
11A<br />
11A<br />
22C<br />
22C+<br />
22C+<br />
22C+<br />
60
Sclerosi multipla<br />
Stiff-person Syndrome<br />
LES<br />
Vasculiti sistemiche<br />
Dermatomiosite, polimiosite<br />
non rispondenti a questo trattamento.<br />
0,4 g/Kg/die per 5 gg..<br />
L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />
Le IVIG possono essere considerate in pazienti con<br />
manifestazioni di grado moderato o severo di sclerosi<br />
multipla in ricaduta-remissione per i quali altri<br />
provvedimenti non hanno avuto successo o non sono<br />
stati tollerati o sono controindicati.<br />
L’uso delle IVIG si è rivelato efficace in uno studio<br />
clinico randomizzato (16 pazienti).2 g/Kg/mese.<br />
REUMATOLOGIA<br />
L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />
Le IVIG possono essere usate in pazienti con LES attivo<br />
e di grado severo nei quali altri provvedimenti non<br />
hanno avuto successo o non sono stati tollerati o sono<br />
controindicati.<br />
L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />
Le IVIG possono essere usate in pazienti con malattia<br />
attiva e di grado severo, particolarmente in quelli con<br />
vasculiti ANCA-positive o altre vasculiti sistemiche, nei<br />
quali altri provvedimenti non hanno avuto successo o<br />
non sono stati tollerati o sono controindicati.<br />
L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />
Le IVIG possono essere usate in pazienti con malattia<br />
attiva e di grado severo nei quali altri provvedimenti non<br />
hanno avuto successo o non sono stati tollerati o sono<br />
controindicati. 0,4 g/Kg/die per 5 gg..<br />
Anemia aplastica<br />
MISCELLANEA<br />
L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Anemia di Diamone-Blackfan L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Adrenoleucodistrofia L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Inibitori acquisiti del FVIII L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Malattia di von Willebrand L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
acquisita<br />
S.L.A. L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Malattia di Beh et L’uso delle IVIG non è raccomandato 22C<br />
Cardiomiopatia acuta L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Sindrome da fatica cronica<br />
L’uso delle IVIG non è raccomandato. 2C<br />
Arresto cardiaco congenito L’uso delle IVIG non è raccomandato. 11A<br />
Fibrosi cistica L’uso delle IVIG non è raccomandato. 11A<br />
Dermatosi bollose autoimmuni L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Diabete mellito L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Disautonomia acuta idiopatica L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Encefalopatia acuta disseminata L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Endotossiemia L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Reazione emolitica trasfusionale L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
PTT e HUS L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
22C<br />
22B<br />
22C+<br />
22C+<br />
22C+<br />
61
Sindrome emofagocitica L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Leucemia linfoblastica acuta L’uso delle IVIG non è raccomandato. 11A<br />
Asma bronchiale L’uso delle IVIG non è raccomandato. 11A<br />
Aborti ricorrenti L’uso delle IVIG non è raccomandato. 11A<br />
Artrite reumatoide giovanile L’uso delle IVIG non è raccomandato. 11A<br />
Sindrome<br />
inferiore<br />
del motoneurone L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Mielosa multiplo<br />
L’uso delle IVIG non è raccomandato eccetto nei 11A<br />
pazienti con malattia stabile e ipogammaglobulinemia<br />
Sclerosi multipla L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Mielopatia associata a HTLV-1 L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Sindrome nefritica L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Sindrome nefrosica L’uso delle IVIG non è raccomandato. 11A<br />
Chirurgia/traumatologia in L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
profilassi<br />
Ustioni in profilassi L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Oftalmopatia eutiroidea L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Opsonoclono-mioclono L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Otite media ricorrente L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Miosite a corpi inclusi L’uso delle IVIG non è raccomandato. 11A<br />
Degenerazione<br />
cerebellare<br />
paraneoplastica L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Neuropatia paraproteinemica L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Infezione da Parvo-virus (in L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
generale)<br />
Sindrome POEMS L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
(polineuropatia, organo-megalia,<br />
endocrinopatia, proteina M,<br />
alterazioni cutanee)<br />
Flebopatia lombo-sacrale<br />
progressiva<br />
L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Radicoloneurite di Lyme L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Sindrome di Rasmussen<br />
L’uso delle IVIG non è raccomandato. 2C<br />
Sindrome di Reiter L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Insufficienza renale acuta L’uso delle IVIG non è raccomandato. 11A<br />
Trombocitopenia non<br />
immunologica<br />
L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Shock settico da streptococco<br />
L’uso delle IVIG non è raccomandato. 2C<br />
Uveite L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Sindrome di Vogt-Koyanagi-<br />
Harada<br />
L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Sindrome di Lyell L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
Malattie infiammatorie L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />
dell’intestino (morbo di Crohn,<br />
colite ulcerosa)<br />
62
EFETTI INDESIDERATI 49-53<br />
Compaiono in un range variabile tra l’1-15% dei pazienti trattati, sono variabili per gravità, ma<br />
generalmente di modesta importanza clinica.<br />
Cefalea, brividi, ipertermia, febbre, reazioni allergiche, nausea, vomito, artralgie, ipotensione<br />
fino allo shock anafilattico, anche in pazienti che non hanno mostrato ipersensibilità nel corso di<br />
precedenti somministrazioni. Sebbene l’eziologia rimanga incerta, sembra possano essere implicati<br />
aggregati di IgG, IgG-dimeri e l’attivazione <strong>della</strong> cascata complementare. Gli aggregati che si<br />
formano durante il processo di frazionamento sono in grado di attivare il complemento anche in<br />
assenza dell’antigene. I pazienti con deficit anticorpale hanno più frequenti reazioni, talora anche di<br />
tipo anafilattico: l’infusione lenta sembra avere effetto preventivo. Comunque la maggior parte di<br />
queste reazioni può risolversi con la temporanea interruzione dell’infusione o con la riduzione <strong>della</strong><br />
sua velocità, ovvero può essere prevenuta con la somministrazione di ASA, paracetamolo od<br />
antistaminici prima del trattamento e/o di idrocortisone in concomitanza dello stesso. L’industria ha<br />
provveduto, con l’aggiunta di vari step, alla rimozione di questi contaminanti con il risultato che<br />
l’incidenza di queste reazioni si è notevolmente ridotta, anche se non completamente abolita.<br />
Pertanto sono stati chiamati in causa anche altri fattori: pazienti con infezioni croniche possono<br />
avere con l’infusione di IVIg la formazione in eccesso di complessi immuni, da qui l’attivazione<br />
<strong>della</strong> callicreina, di citochine pro-infiammatorie e di sostanze vasoattive in grado di determinare il<br />
quadro clinico.<br />
Gravi reazioni anafilattiche si sono verificate in pazienti con deficit di IgA. Sebbene il contenuto<br />
di IgA nelle preparazioni di IVIg sia modesto e comunque variabile nei vari prodotti, piccole<br />
quantità possono condurre a reazioni fatali, specialmente in pazienti con IgE anti-IgA.<br />
Eventi tromboembolici sono stati riportati soprattutto negli anziani, in pazienti con pregressi di<br />
ischemia cerebrale o cardiaca ed in pazienti sovrappeso marcatamente ipovolemici o costretti<br />
all’immobilizzazione. La comparsa di una sindrome da iperviscosità, particolarmente in pazienti<br />
affetti da crioglobulinemia, ipergammaglobulinemia ed ipercolesterolemia, aumenta il rischio di<br />
eventi tromboembolici. Questo è probabilmente il meccanismo responsabile di quei rari casi di<br />
stroke o di embolia polmonare in pazienti trattati con IVIg. Tale complicanza richiede pertanto<br />
un’attenta valutazione clinico-laboratoristica, una velocità di infusione standardizzata ed<br />
un’idratazione efficace del paziente.<br />
Meningite asettica reversibile dopo somministrazione di IVIg con incidenza correlata alla dose<br />
(pazienti affetti da patologie neurologiche e neuromuscolari trattati con IVIg ad alte dosi). I sintomi<br />
compaiono entro 6-24 ore dalla fine dell’infusione e regrediscono senza reliquati nel giro di 3-5<br />
giorni. I meccanismi fisiopatologici rimangono sconosciuti. La comparsa di meningite asettica è<br />
comunque indipendente dal tipo di prodotto commerciale, dalla velocità di infusione e dall’età del<br />
paziente, sembra invece essere correlata ad anamnesi positiva per cefalea.<br />
Aumento <strong>della</strong> creatinina e/o insufficienza renale acuta, raramente osservata, soprattutto in<br />
pazienti con preesistenti malattie renali o che assumono farmaci nefrotossici o in condizioni che<br />
inducono una deplezione di volume, come può verificarsi in pazienti anziani, diabetici o<br />
scarsamente idratati. Sebbene l’eziologia non sia completamente chiarita, è ipotizzabile che la<br />
nefrotossicità da IVIg (il cui substrato anatomopatologico è costituito dalla vacuolizzazione delle<br />
cellule epiteliali del tubulo prossimale renale) sia dovuta ad uno squilibrio osmotico causato da<br />
livelli elevati di saccarosio usato come “stabilizzante” nei diversi preparati.<br />
63
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66
CONCENTRATI DEI FATTORI DELLA COAGULAZIONE<br />
DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI<br />
I concentrati dei fattori <strong>della</strong> coagulazione sono di due tipi: A) Concentrati plasma-derivati di<br />
origine plasmatica B) Concentrati ricombinanti,ottenuti con metodiche di ingegneria genetica.<br />
Il frazionamento del plasma rappresenta ancora oggi una fonte insostituibile per la produzione dei<br />
fattori <strong>della</strong> coagulazione. L’applicazione delle moderne biotecnologie (NAT) allo screening delle<br />
donazioni di sangue e l’implementazione dei metodi virucidi hanno determinato un significativo<br />
abbattimento del rischio di trasmissione di malattie infettive, anche se non hanno definitivamente<br />
risolto il problema, in quanto i virus con involucro proteico, resistenti ai metodi di in attivazione,<br />
possono ancora oggi essere trasmessi tramite i concentrati.<br />
A) I concentrati plasma-derivati originano da pool di migliaia di donatori di plasma e i singoli<br />
fattori <strong>della</strong> coagulazione vengono purificati dal plasma mediante metodiche di frazionamento,<br />
dando origine a prodotti di diversa purezza. I plasma-derivati sono tutti sottoposti a metodiche di<br />
inattivazione virale. Recentemente è stato introdotto l’obbligo (EMEA) di usare 2 metodiche di<br />
inattivazione virale per ogni prodotto, associando così il metodo fisico (calore) al metodo chimico<br />
(solvente/detergente) o alla nanofiltrazione.<br />
Sono plasma-derivati i concentrati di fattore VIII, IX, XI vWF, i concentrati del complesso<br />
protrombinico attivati e non, i concentrati di fibrinogeno, fattore VII, fattore XIII.<br />
I concentrati di fattore VIII e IX presentano gradi diversi di purezza a seconda delle tecniche<br />
impiegate per la purificazione; si distinguono 3 gruppi di prodotti: 1) a intermedia purezza (ottenuti<br />
usando tecniche convenzionali di precipitazione-assorbimento); 2) a elevata purezza (ottenuti<br />
mediante cromatografia); 3) purificati con l’impiego di anticorpi monoclonali (1).<br />
Nelle tabelle A e B sono presentati i concentrati di FVIII e IX, di origine plasmatica, attualmente<br />
registrati in Italia, nella tabella C i concentrati di FVIII, IX e VII ricombinanti.<br />
Concentrati di Fatt. VIII da plasma attualmente registrati in Italia<br />
DITTA NOME ORIGINE METODO<br />
PURIFICAZIONE<br />
AVENTIS<br />
BEHRING<br />
HAEMATE P PLASMA<br />
UMANO<br />
Precipitazione<br />
multipla<br />
INATTIVAZIONE<br />
VIRALE<br />
PASTEURIZZAZIONE<br />
60°C, 10 ore<br />
ATTIVITA’<br />
SPECIFICA<br />
INTERMEDIA PUREZZA U/mg prot. tot.<br />
40<br />
ELEVATA PUREZZA<br />
BAXTER-<br />
IMMUNO<br />
IMMUNATE<br />
STIM PLUS<br />
PLASMA<br />
UMANO<br />
GRIFOLS ALPHANATE PLASMA<br />
UMANO<br />
KEDRION EMOCLOT D.I. PLASMA<br />
UMANO<br />
GRIFOLS FANHDI PLASMA<br />
UMANO<br />
AVENTIS<br />
BEHRING<br />
MONOCLONALI<br />
BAXTER-<br />
IMMUNO<br />
BERIATE P PLASMA<br />
UMANO<br />
HEMOFIL M PLASMA<br />
UMANO<br />
Cromatografia a<br />
scambio anionico<br />
Cromatografia di<br />
affinità<br />
Cromatografia a<br />
scambio ionico<br />
Cromatografia di<br />
affinità<br />
Cromatografia a<br />
scambio ionico<br />
Cromatografia di<br />
immunoaffinità<br />
con Mab<br />
Polysorbato 80 +<br />
VAPORE CALDO<br />
60 °C, 10 ore<br />
Polysorbato 80 +<br />
calore secco 80°C 72<br />
ore<br />
TNBP/Polysorbato 80 +<br />
100°C , 30 min.<br />
Polysorbato 80 +<br />
calore secco 80°C 72<br />
ore<br />
PASTEURIZZAZIONE<br />
60°C, 10 ore<br />
50-150<br />
140<br />
>100<br />
125-175<br />
100-250<br />
TNBP/Triton X > 2000<br />
67
Concentrati di Fatt. IX da plasma attualmente registrati in Italia<br />
DITTA DENOMINAZIONE ORIGINE METODO<br />
PRODUTTRICE<br />
PURIFICAZIONE<br />
DITTA NOME ORIGINE METODO<br />
PURIFICAZIONE<br />
KEDRION AIMAFIX D.I<br />
BAXTER -<br />
IMMUNO<br />
IMMUNINE<br />
GRIFOLS ALPHANINE SD<br />
ZLB BEHRING MONONINE<br />
PLASMA<br />
UMANO<br />
PLASMA<br />
UMANO<br />
PLASMA<br />
UMANO<br />
PLASMA<br />
UMANO<br />
cromatografia a<br />
scambio ionico<br />
Cromatografia<br />
anionica<br />
DEAE Cromat. +<br />
cromat. Affinità<br />
cromatografia<br />
immunoaffinità<br />
INATTIVAZIONE ATTIVITA’<br />
VIRALE SPECIFICA<br />
INATTIVAZIONE ATTIVITA’<br />
VIRALE U/mg SPECIFICA prot. tot.<br />
Solv./Det. + 30<br />
min. a 100°C<br />
Det. + Vapore 10<br />
ore 60°C, 1ora<br />
80°C<br />
S/D +<br />
Nonofiltrazione<br />
Sodio tiocianato<br />
Ultrafiltrazione<br />
B) I concentrati ricombinanti vengono invece prodotti in colture cellulari grazie alle tecniche di<br />
ricombinazione genica e sono comunque anch’essi sottoposti a metodiche di inattivazione virale<br />
Sono ricombinanti i concentrati di fattore VIII, IX e VII<br />
TABELLA C: CONCENTRATI FATTORI VIII, IX e VII RICOMBINANTI<br />
KOGENATE F VIII Bayer Solvente/detergente<br />
HELIXATE NEX GEN F VIII Aventis Behring Solvente/detergente<br />
RECOMBINATE F VIII Baxter Solvente/detergente<br />
ADVATE F VIII Baxter Solvente/detergente<br />
REFACTO F VIII Wyeth Lederle Solvente/detergente<br />
BENEFIX F IX Baxter Nanofiltrazione<br />
NOVOSEVEN F VII Novo Nordisk Solvente/detergente<br />
150-200<br />
Tutti questi prodotti, sia plasmatici che ricombinanti, sono forniti in forma liofilizzata e stabile nel<br />
tempo.<br />
> 40<br />
50-150<br />
150-250<br />
68
INDICAZIONI<br />
La terapia sostitutiva ancora oggi rappresenta il presidio terapeutico di prima linea per curare<br />
numerosi difetti congeniti e di supporto per alcune patologie acquisite La terapia sostitutiva<br />
riguarda tutti i trattamenti con concentrati dei fattori <strong>della</strong> coagulazione ad azione procoagulante<br />
(singoli fattori o complessi di fattori) o anticoagulante (Antitrombina, Proteina C), che hanno lo<br />
scopo di normalizzare i livelli circolanti dei fattori carenti.<br />
1) Concentrati di F VIII: sia plasmatici che ricombinanti, sono indicati per la terapia sostitutiva<br />
dell’EMOFILIA A. (1C+)<br />
2) Concentrati di F IX: sia plasmatici che ricombinanti, sono indicati per la terapia sostitutiva<br />
dell’EMOFILIA B. (1A)<br />
Di seguito si propone una tabella, con indicazioni delle dosi, in rapporto alla sede e alla entità <strong>della</strong><br />
emorragia; è comunque raccomandato di consultare un Centro specialistico per le malattie<br />
dell’emostasi, per consentire una continuità terapeutica, evitando di somministrare al paziente un<br />
prodotto diverso da quello usato in precedenza. (1A)<br />
Nel caso di un paziente con inibitori del F VIII o F IX è fondamentale la consulenza del Centro<br />
specialistico.<br />
Terapia sostitutiva – dosaggio<br />
Emofilia A e B<br />
Per quanto riguarda la MALATTIA di von WILLEBRAND è importante conoscerne il Tipo, poiché<br />
la terapia può non essere necessariamente di tipo sostitutivo con emoderivati. Infatti secondo le<br />
recenti linee guida pubblicate da AICE nel 2002, la terapia <strong>della</strong> Malattia di von Willebrand può<br />
essere schematizzata nel modo seguente:<br />
69
Tipo M di von Willebrand Terapia di scelta Terapia alternativa<br />
Tipo 1 DDAVP (1C+) Antifibrinolitici/ estrogeni<br />
Tipo 2A F VIII- F vW<br />
Tipo 2B F VIII- F vW<br />
Tipo 2M F VIII- F vW<br />
Tipo 2N DDAVP (1C+)<br />
Tipo 3 F VIII- F vW DDAVP-Concentrati di PLT<br />
Tipo 3 con inibitori F VIII ricombinante<br />
Nel caso <strong>della</strong> MALATTIA di von WILLEBRAND la scelta del concentrato di F VIII deve<br />
ricadere su quei prodotti ad alto contenuto di F vW come : HAEMATE P (Aventis Behring),<br />
FANDHI (Grifols), ALPHANATE (ALPHA Therapeutic Italia).<br />
3) Concentrato di Fibrinogeno<br />
⇒ Fibrinogeno Um.TIM3 (Baxter), disponibile in flaconi da 1 gr, inattivato mediante<br />
trattamento al vapore.<br />
⇒ Haemocomplettan P (Aventis Behring), inattivato mediante pastorizzazione, non registrato<br />
in Italia, ma disponibile a scopo compassionevole.<br />
Rappresenta il prodotto di scelta nel deficit congenito di F XIII (2C), in sua assenza può essere<br />
usato il plasma fresco congelato (2C) o, se disponibile, il plasma virus-inattivato alla dose di 15-20<br />
ml/Kg.<br />
4) Concentrato di F XIII<br />
⇒ Fibrogammin P (Aventis Behring), inattivato mediante pastorizzazione, non registrato in<br />
Italia, ma disponibile a scopo compassionevole.<br />
Rappresenta il prodotto di scelta nel deficit congenito di F XIII (2C), in sua assenza può essere<br />
usato il plasma fresco congelato (2C) o, se disponibile, il plasma virus-inattivato alla dose di 15-20<br />
ml/Kg.<br />
5) Concentrato di F VII<br />
⇒ Provertin-Um TIM3 (Baxter-Immuno), disponibile in flaconi da 500 UI è di origine<br />
plasmatica ed è inattivato mediante trattamento al vapore. Viene somministrato in base alla<br />
carenza e alla gravità clinica, considerando che 10-20 U/dl sono sufficienti per l’emostasi e che<br />
possono essere conseguiti e mantenuti somministrando 30-40 U/Kg ogni 12 h (2C).<br />
⇒ Novoseven, rFVIIa (Novo Nordisk), disponibile in flaconi da 60 KUI (1,2 mg/ml), è di<br />
natura ricombinante e trattato con solvente/detergente.<br />
L’avvento del prodotto ricombinante ha sostanzialmente sostituito l’uso del prodotto plasmatico,<br />
che per altro mantiene invariata la sua indicazione terapeutica nei deficit congeniti di FVII.<br />
Nella seconda metà degli anni ’80 è stato prodotto il fattore VII ricombinante (rFVIIa) allo scopo di<br />
trattare gli eventi emorragici in pazienti Emofilici A o B con inibitori, ai quali non è possibile<br />
somministrare concentrati di fattore VIII o IX con le comuni modalità. Successivamente il suo<br />
impiego è stato esteso al trattamento di pazienti con emofilia acquisita e in anni più recenti è stato<br />
utilizzato come “agente emostatico universale” in situazioni emorragiche diverse: deficit<br />
congenito di FVII, disordini qualitativi e quantitativi piastrinici, epatopatia e trapianto di fegato,<br />
chirurgia maggiore e traumatologia.<br />
Esistono ad oggi delle indicazioni correntemente approvate e altre applicazioni non codificate e<br />
definite “off label”.<br />
70
INDICAZIONI CORRENTEMENTE APPROVATE<br />
1) TRATTAMENTO DI EPISODI EMORRAGICI E/O PREVENZIONE DI EMORRAGIE<br />
CHIRURGICHE<br />
⇒ Pazienti con inibitori del fattore VIII o IX (1C+)<br />
⇒ Deficit congenito di fattore VII (1C+)<br />
⇒ Tromboastenia di Glazmann (1C+)<br />
APPLICAZIONI “OFF LABEL”<br />
1) TRATTAMENTO DI EPISODI EMORRAGICI E/O PREVENZIONE DI EMORRAGIE<br />
CHIRURGICHE<br />
⇒ Disordini piastrinici qualitativi e quantitativi<br />
⇒ Epatopatia (cirrosi, trapianto di fegato, epatite acuta fulminante)<br />
⇒ Chirurgia maggiore e trauma<br />
⇒ Altro: vWD tipo III, deficit FXI, Emorragie da Warfarin, ecc.)<br />
Dosaggio del Fattore VII ricombinante (16-31)<br />
a) Emofilia congenita o acquisita con inibitori verso i fattori VIII e IX<br />
⇒ 90 g/Kg (4.5KUI/Kg) in bolo, seguito dopo 2-3-h da una dose di 60-120 g/Kg (3-<br />
6KUI/Kg) in base al tipo e alla gravità dell’evento emorragico. Successivamente,<br />
nella necessità di continuare la terapia, l’intervallo di somministrazione può essere<br />
aumentato a 4, 6, 8, 12h<br />
b) Deficit congenito di fattore VII<br />
⇒ 20-25 g/Kg<br />
c) Tromboastenia di Glanzmann<br />
⇒ 50-100 g/Kg (in associazione o meno agli antifibrinolitici).<br />
d) Patologia epatica, ostetrica, urologica, neurochirurgia, cardiochirurgia,<br />
traumatologia<br />
⇒ 20-120 g/Kg.<br />
Limitatamente all’impiego del rFVIIa nel paziente critico traumatizzato con emorragia massiva in<br />
atto, sono state recentemente pubblicate linee guida dalla Task Force Israeliana con le seguenti<br />
raccomandazioni:<br />
- Precoce somministrazione del rFVIIa, se la terapia convenzionale fallisce nell’arresto<br />
dell’emorragia.<br />
- Terapia combinata con trasfusione di emazie concentrate (8-10 unità ?).<br />
- Presenza di livelli di Fibrinogeno fra 50-100mg/dl e conta piastrinica fra 50-100.000/ l.<br />
- Correzione del PH a > 7.2.<br />
- Dose iniziale media 120 g/Kg (100-140 g/Kg) somministrata e.v. in 2-5 min.<br />
- Dose successiva: dopo 15-20’ se persiste l’emorragia somministrare 100 g/Kg.<br />
- In assenza dell’arresto dell’emorragia, rivedere le condizioni di base e associare trattamento<br />
con PFC e Piastrine.<br />
Sebbene non esista al momento una chiara evidenza scientifica sulla efficacia e sicurezza del rFVIIa<br />
nel trattamento delle emorragie da eccesso di warfarina, il suo impiego anche in questo campo sta<br />
diventando sempre più frequente.<br />
Secondo la Federazione dei Centri per la diagnosi <strong>della</strong> trombosi e la Sorveglianza delle terapie<br />
antitrombotiche (FCSA), l’impiego del rFVIIa “può essere considerato in sostituzione dei CCP<br />
qualora non disponibili”.<br />
Il dosaggio orientativamente indicato è fra 15-90 g/Kg.<br />
71
SICUREZZA DEI CONCENTRATI (2-11,15,32,33)<br />
a) trasmissione di infezioni virali<br />
Relativamente ai concentrati disponibili sul mercato e largamente usati, bisogna sottolineare che<br />
nell’ultimo decennio non sono stati segnalati casi di trasmissione del virus HIV. Le metodiche di<br />
inattivazione virale adottate sono risultate sicuramente efficaci nei confronti del virus HIV, non<br />
altrettanto efficaci per virus come HCV e HBV, responsabili di casi di epatite B e C, risalenti agli<br />
anni 90, ma di cui non si sono verificati nuovi casi di trasmissione dopo il 1993. E’ noto inoltre che<br />
queste metodiche di inattivazione virale non hanno effetto su virus privi di envelope lipidico, come<br />
l’HAV e il Parvovirus B19, la cui trasmissione attraverso i concentrati plasma-derivati rappresenta<br />
un rischio ancora attuale.<br />
b) insorgenza di inibitori<br />
L’impiego <strong>della</strong> terapia sostitutiva, sia con plasma-derivati che con prodotti ricombinanti, comporta<br />
l’insorgenza di inibitori contro il fattore VIII o IX, con una prevalenza rispettivamente del 14% e<br />
4%, come risulta dai dati del Registro Nazionale dell’Emofilia. I pazienti a maggior rischio di<br />
sviluppare inibitori sono i bambini con emofilia grave che vengono per la prima volta esposti al<br />
trattamento sostitutivo.<br />
c) rischio trombotico<br />
I concentrati di fattori <strong>della</strong> coagulazione, dai concentrati di complesso protrombinico attivati e non<br />
(aCCP e CCP), ai concentrati di F XI, IX, VII ricombinante, comportano il rischio di eventi<br />
tromboembolici come trombosi venosa profonda, embolia polmonare, infarto del miocardio, DIC. Il<br />
potenziale trombotico dei concentrati sembra attribuirsi alla presenza di tracce di fattori attivati<br />
<strong>della</strong> coagulazione o comunque alla presenza di materale pro-trombotico, eventualemte associato a<br />
fattori favorenti come un trattamento prolungato nel tempo, un allettamento protratto, interventi<br />
chirurgici recenti, pregresse malattie cardiovascolari, epatopatia, associazione con farmaci<br />
antiemorragici e antifibrinolitici.<br />
d) sicurezza del rFVIIa<br />
L’impiego del rFVIIa è stato associato a numerose segnalazioni di eventi tromboembolici sia<br />
arteriosi che venosi. Mancano ancora oggi trials clinici controllati e randomizzati che possano<br />
definire il livello di sicurezza di questo farmaco.<br />
Per quanto siano considerati rari gli eventi tromboembolici nei pazienti emofilici con inibitori, non<br />
è altrettanto chiara l’incidenza di eventi avversi di tipo tromboembolico quando il rFVIIa è<br />
impiegato nei casi “off label”.<br />
Dai dati <strong>della</strong> letteratura disponibili sembra di poter affermare: a) che il rFVIIa, per la sua capacità<br />
a mantenere circoscritto alla sede del danno vascolare il suo potenziale procoagulante, comporta un<br />
minor rischio trombotico, rispetto ad altri concentrati di fattori <strong>della</strong> coagulazione e b) appare sicuro<br />
ed efficace in un ampio range di disordini emorragici in pazienti senza preesistente coagulopatia.<br />
72
BIBLIOGRAFIA<br />
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74
CONCENTRATI DI ANTITROMBINA<br />
DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 1-16<br />
L’Antitrombina, in passato denominata Antitrombina III (AT III), è una glicoproteina a sintesi<br />
epatica, di PM 58.000 Da presente nel plasma ad una concentrazione di 150 g/ml.<br />
L’Antitrombina (AT) è un inibitore delle proteasi, appartenente alla grande famiglia delle “Serpine”<br />
o inibitori delle serin-proteasi; in quanto inibitore naturale <strong>della</strong> coagulazione, esplica la sua attività<br />
anticoagulante inibendo prevalentemente la trombina e il fattore Xa (FXa) ed in misura minore<br />
anche altri fattori attivati <strong>della</strong> coagulazione (FIXa, FXIa, FXIIa). La velocità del complesso di<br />
inattivazione trombina-antitrombina (TAT) è enormemente accelerata dalla presenza di eparina o<br />
eparansolfato presente alla superficie delle cellule endoteliali.<br />
Accanto ad un’attività inibitoria <strong>della</strong> coagulazione, l’antitrombina possiede anche proprietà antiinfiammatorie.<br />
Essa attraverso il legame ai glicosaminoglicani eparinosimili, presenti sulle cellule endoteliali,<br />
favorisce la liberazione di prostacicline da parte delle stesse cellule endoteliali. Questa maggiore<br />
disponibilità di prostaciclina riduce la liberazione di citochine dai monociti attivati e dei radicali<br />
dell’ossigeno dai granulociti e inibisce l’adesione e l’aggregazione piastrinica.<br />
I valori normali di attività dell’AT nel plasma sono compresi fra 80 e 120%. L’emivita biologica è<br />
di 1,5-2,5 giorni in condizioni normali, ma, in presenza di eparina e soprattutto nelle carenze<br />
acquisite l’emivita può notevolmente ridursi fino anche a poche ore.<br />
1) Carenza congenita.<br />
Esistono due diversi tipi di carenza congenita di AT, che si trasmettono con carattere autosomico<br />
dominante:<br />
TIPO I (difetto quantitativo) in cui si verifica una riduzione sia <strong>della</strong> concentrazione antigenica che<br />
dell’ attività funzionale.<br />
TIPO II (difetto qualitativo) caratterizzato da livelli antigenici normali in presenza di ridotta<br />
attività funzionale.<br />
Rispetto alla popolazione generale il deficit congenito ha una prevalenza stimata di 1/2000-5000;<br />
rispetto ad una popolazione selezionata di pazienti con eventi trombotici, la prevalenza è del 2-3% .<br />
I soggetti eterozigoti presentano generalmente livelli di AT compresi tra il 40% ed il 70% del<br />
normale; in tali soggetti il rischio di sviluppare trombosi venosa è presente sin dalla giovane età ed<br />
aumenta significativamente dopo i 30 anni. Il rischio maggiore o minore di eventi trombotici è<br />
legato alla contemporanea eredità di altri difetti genetici che predispongono alla trombosi, dal tipo<br />
di mutazione, dalla contemporanea presenza di altri fattori di rischio trombotico (quali uso di<br />
contraccettivi, gravidanza, interventi chirurgici, traumi, febbre.ecc.).<br />
2) Carenza acquisita<br />
diverse condizioni cliniche sono associate ad uno stato di carenza acquisita di AT:<br />
1) ridotta sintesi:<br />
- cirrosi epatica (associata ad uno stato di CID, subclinica a cui può contribuire il deficit di<br />
AT) e cirrosi ascitica<br />
- neonati prematuri (immaturità epatica)<br />
- farmaci (L-asparaginasi)<br />
2) aumentata escrezione/perdita:<br />
- enteropatia proteina-disperdente<br />
- sindrome nefrosica<br />
- ustioni<br />
3) diluizione:<br />
- trasfusione massiva<br />
- plasmaexchange<br />
- circolazione extracorporea<br />
75
4) aumentato consumo:<br />
- coagulazione intravascolare disseminata<br />
- chirurgia maggiore<br />
- infusione di eparina<br />
- politraumi<br />
- sepsi severa/shock settico<br />
- tromboembolismo severo<br />
- sindrome emolitica uremica<br />
- preeclampsia<br />
I concentrati di AT attualmente in commercio sono ottenuti da plasma umano liofilizzato; essi sono<br />
ricostituiti in acqua sterile e infusi in bolo per via endovenosa in 10 – 20 minuti subito dopo la<br />
ricostituzione o al massimo entro 8 h dalla ricostituzione. I flaconi sono conservati a temperatura fra<br />
+2°C e +8°C e non possono essere congelati.<br />
Sono disponibili in commercio concentrati di varie ditte:<br />
ANTITROMBINA III (Immuno), flaconi da 500-1000-1500 UI, sottoposto a pasteurizzazione;<br />
AT III (Kedrion), flaconi da 500-1000-2000 UI, sottoposto a pasteurizzazione e nanofiltrazione;<br />
KYBERNIN P (ZLB Behring) flaconi da 500 e 1000 UI, sottoposto a pasteurizzazione.<br />
INDICAZIONI PER L’USO 17-23<br />
A) PAZIENTI CON DEFICIT CONGENITO DI AT:<br />
La carenza congenita, in assenza di sintomatologia o fattori di rischio, non costituisce indicazione<br />
alla terapia sostitutiva con concentrati di AT. Da considerare che i pazienti con deficit congenito di<br />
AT e pregressi e ripetuti episodi di trmboembolismo devono essere tutti tenuti in terapia<br />
anticoagulante orale ( TAO ) a tempo illimitato<br />
L’indicazione e il motivo <strong>della</strong> richiesta può essere dovuta a:<br />
profilassi <strong>della</strong> trombosi venosa profonda e del tromboembolismo in situazioni ad alto rischio:<br />
interventi di chirurgia maggiore, procedure ostetriche (quali parto o aborto), traumi,<br />
immobilizzazione<br />
trattamento di manifestazioni trombotiche in atto in associazione alla terapia anticoagulante con<br />
eparina o eparina a basso peso molecolare.<br />
B) PAZIENTI CON DEFICIT ACQUISITO DI AT:<br />
Non esiste al momento attuale evidenza di indicazioni terapeutiche diverse dal deficit congenito.<br />
Dall’analisi <strong>della</strong> letteratura risulta che il trattamento con AT non è indicato (non prove di efficacia<br />
clinica) nelle seguenti patologie, caratterizzate da valori di AT < al 50%:<br />
epatopatia acuta o cronica<br />
sindrome nefrosica<br />
carenza per perdita gastroenterica<br />
preeclampsia<br />
sindrome da distress respiratorio neonatale<br />
politrauma in assenza di CID<br />
postoperatorio in assenza di CID<br />
Sono necessari ulteriori studi per quanto riguarda l’uso di concentrati di AT in caso di:<br />
CID associata a sepsi severa, in cui l’impiego di alte dosi, non associate a eparina, sembra<br />
migliorare la sopravvivenza dei pazienti. (2A)<br />
CID associata a trauma, ustioni, gravidanza.<br />
neonati da madri carenti o con severa storia familiare di tromboembolismo venoso<br />
trombosi in atto con bassi livelli di AT e resistenza all’eparina<br />
tromboembolismo acuto in corso di terapia con L-asparaginasi<br />
76
circolazione extracorporea<br />
trombosi dell’arteria epatica dopo trapianto ortotopico di fegato<br />
malattia veno occlusiva dopo trapianto di midollo<br />
CALCOLO DELLA DOSE<br />
Non c’è alcuna evidenza clinica che livelli sopranormali di AT garantiscano una migliore<br />
protezione rispetto ai livelli fisiologici.<br />
Prima di iniziare la terapia sostitutiva con concentrato specifico, è consigliato eseguire un dosaggio<br />
plasmatico di AT usando un metodo funzionale, biologico (cromogenico) e non immunologico.<br />
Sulla base di questo risultato è possibile calcolare la dose da somministrare secondo le seguenti<br />
modalità.<br />
In considerazione del fatto che la somministrazione di 1 UI/Kg di peso aumenta l’attività <strong>della</strong> AT<br />
plasmatica di 1,5 %, il calcolo delle unità da somministrare è il seguente:<br />
Unità richieste: Peso corporeo (Kg) x (livello desiderato-attività dosata(%)) /1.5<br />
Es. 60Kg x (100-38%) /1.5 = 2480 UI<br />
La dose iniziale da somministrare in bolo è pari a 30-50 UI/Kg.<br />
La dose e il timing delle successive somministrazioni sono legate al monitoraggio dell’attività<br />
plasmatica dell’AT ogni 12-48 h<br />
EFFETTI INDESIDERATI<br />
In genere l’infusione di AT è ben tollerata; sono possibili comunque reazioni di tipo allergico e<br />
febbrili. Non sono riportati casi in letteratura di sviluppo di anticorpi anti-AT.<br />
Non sono stati riportati casi di infezione (epatite o AIDS) da attribuirsi direttamente all’uso di AT.<br />
La contemporanea somministrazione di concentrati di AT ed eparina aumenta il rischio di<br />
emorragia, dal momento che l’effetto dell’antitrombina è fortemente potenziato dall’eparina.<br />
Pertanto, in un paziente con aumentato rischio emorragico, la contemporanea somministrazione dei<br />
due farmaci deve essere attentamente controllata dal punto di vista clinico e laboratoristico<br />
(monitoraggio AT)<br />
77
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78
CONCENTRATI DI COMPLESSO PROTROMBINICO<br />
DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI -3<br />
I Concentrati di Complesso Protrombinico (CCP) contengono i fattori del complesso<br />
protrombinico, il Fattore II o Protrombina (FII), il Fattore VII (FVII), il Fattore IX (FIX) e il<br />
Fattore X (FX) ad azione procoagulante, nonché inibitori naturali e fisiologici <strong>della</strong> coagulazione<br />
come la proteina C, la proteina S e tracce di antitrombina, eparina e vitronectina. I fattori <strong>della</strong><br />
coagulazione in essi contenuti possono essere attivati e non attivati. I CCP si ottengono per<br />
frazionamento dal plasma fresco congelato (PFC) e sono tutti sottoposti a metodiche di<br />
inattivazione virale, sia fisiche (riscaldamento o vapore), sia chimiche [impiego di solventedetergente<br />
(S/D)].<br />
Non esistono trial clinici randomizzati e controllati di dichiarata evidenza sull’impiego dei CCP, ma<br />
solo studi osservazionali o retrospettivi, sulla base dei quali sono state formulate le seguenti<br />
raccomandazioni; si fa riferimento inoltre alle linee guida dell’AICE (Associazione Italina Centri<br />
Emofilici) e <strong>della</strong> FCSA (Federazione Centri per la diagnosi <strong>della</strong> trombosi e la Sorveglianza delle<br />
terapie Antitrombotiche).<br />
CCP NON ATTIVATI<br />
• Uman-Complex (Kedrion) disponibile in flaconi da 200-500 UI, inattivato mediante<br />
riscaldamento e trattamento con S/D.<br />
• Protromplex TIM 3 (Baxter) disponibile in flaconi da 200-500 UI, inattivato al vapore.<br />
CCP ATTIVATI<br />
• FEIBA TIM 3 (Baxter) disponibile in flaconi da 500-1000 UI, inattivato al vapore.<br />
Il CCP va conservato a temperatura compresa fra + 2°- 8°C. Il componente liofilizzato va disciolto<br />
secondo le modalità indicate dalla casa produttrice e usato immediatamente, non può essere<br />
congelato. La somministrazione avviene per via e.v., lentamente, non in flebo, ma direttamente in<br />
bolo dalla siringa di preparazione.<br />
INDICAZIONI PER L’USO<br />
Il CCP è impiegato solo in caso di documentato deficit congenito o acquisito dei singoli fattori II,<br />
IX e X in presenza di emorragia, oppure per la prevenzione di complicanze emorragiche in corso di<br />
interventi o manovre chirurgiche invasive.<br />
A) DEFICIT CONGENITI 2<br />
Per la terapia degli stati di carenza congenita dei fattori del complesso protrombinico è<br />
raccomandabile, laddove possibile, la collaborazione con Centri specialistici per il trattamento delle<br />
malattie dell’emostasi.<br />
Nel caso di deficit congenito di FIX (Emofilia B), si ricorre al CCP solo in assenza di concentrati di<br />
FIX, in presenza di emorragia.<br />
Il CCP non attivato rappresenta il farmaco di seconda scelta nel trattamento dell’Emofilia A con<br />
inibitori, in presenza di emorragia.<br />
IL CCP attivato (FEIBA TIM3), può rappresentare il farmaco di prima scelta nel trattamento<br />
dell’Emofilia A con inibitori, in presenza di emorragia, anche se nei pazienti non infetti, si<br />
preferisce il concentrato di rFVIIa.<br />
Fattore carente<br />
Grado <strong>della</strong> raccomandazione<br />
FII 2C<br />
FX 2C<br />
FIX (Emofilia B), se non disponibili concentrati di FIX 2C<br />
FVIII (Emofilia A) con inibitori (FEIBA TIM3) 2C<br />
79
B) DEFICIT ACQUISITI 3-14<br />
Quando sono disponibili solo test di screening coagulativi (PT/INR, aPTT), la decisione di<br />
impiegare il CCP deve essere riservata esclusivamente a eventi emorragici in urgenza, per i quali la<br />
situazione clinica e/o l’anamnesi orientano chiaramente verso un deficit selettivo dei fattori del<br />
complesso protrombinico e altre possibilità diagnostiche non siano disponibili in tempo utile.<br />
Nei deficit acquisiti dei fattori del complesso protrombinico [grave epatopatia, riduzione da perdita,<br />
diluizione, o da terapia anticoagulante orale (TAO)] il CCP può essere somministrato, in presenza di<br />
emorragia, da solo o in associazione col PFC (alla dose di 15 ml/Kg, associato o meno a diuretici<br />
per il controllo del sovraccarico circolatorio).<br />
In caso di TAO, il CCP può essere il farmaco di prima scelta anche se, a seconda <strong>della</strong> causa,<br />
localizzazione ed estensione di una emorragia manifesta o potenziale, occorre valutare l’utilizzo di<br />
altri presidi terapeutici, come la Vitamina K e/o il PFC o il rFVIIa.<br />
La somministrazione di CCP è indicata:<br />
1) In pazienti con deficit singoli o multifattoriali del complesso protrombinico, quando l’attività<br />
residua dei FII, IX e X è < al 30%, in presenza di emorragia, o come profilassi perioperatoria<br />
(Grado <strong>della</strong> raccomandazione 2C).<br />
2) In presenza di limitazioni all’uso del PFC per rischio di sovraccarico del circolo o per necessità<br />
di emostasi immediata, nelle seguenti situazioni:<br />
• patologia epatica severa con grave emorragia o in preparazione di interventi chirurgici<br />
programmati con rischio di emorragia (trapianto di fegato) (Grado <strong>della</strong> raccomandazione<br />
2C);<br />
• carenza di Vitamina K (da terapia antibiotica, diarrea persistente, malassorbimento) in<br />
presenza di emorragie a rischio di vita (Grado <strong>della</strong> raccomandazione 2C).<br />
3) Per correggere un eccesso di anticoagulazione da dicumarolici o per interrompere una TAO in<br />
situazioni di emergenza (emorragia acuta maggiore, intervento chirurgico indifferibile) (Grado<br />
<strong>della</strong> raccomandazione 2C+).<br />
La FCSA definisce “emorragie maggiori” le seguenti:<br />
• Emorragia intracranica.<br />
• Ematoma retroperitoneale.<br />
• Emoperitoneo (spontaneo/post traumatico).<br />
• Emotorace (spontaneo/post traumatico).<br />
• Ematoma spinale.<br />
• Ematemesi/melena.<br />
• Emartri (in articolazioni maggiori).<br />
• Shock emorragico da qualunque causa.<br />
• Tutte le emorragie con perdita acuta di almeno 2g/dl di Hb.<br />
• Tutte le emorragie per le quali è richiesto il ricorso a chirurgia o manovre invasive.<br />
DOSAGGIO E MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE 2,15,18<br />
A) Deficit congeniti<br />
Per il deficit congenito di FII o FX, le linee guida dell’AICE indicano un dosaggio di 20-30 UI/Kg,<br />
a seconda <strong>della</strong> gravità, localizzazione ed estensione dell’emorragia. Una volta somministrata la<br />
dose iniziale, è necessario monitorare il livello dei singoli fattori carenti, per poter decidere sulla<br />
dose di mantenimento successiva, considerando che il livello minimo emostatico richiesto per il FII<br />
è 20-30 U/dL e per il FX è 10-15 U/dL.<br />
E’ consigliabile inoltre la consulenza o collaborazione di un Centro specialistico per il trattamento<br />
delle malattie dell’emostasi, in modo particolare per i pazienti con emofilia A o B.<br />
80
B) Deficit acquisiti<br />
I dosaggi e la durata <strong>della</strong> terapia sostitutiva vanno regolati in base alla severità dell’alterazione<br />
emostatica, <strong>della</strong> localizzazione, dell’estensione <strong>della</strong> emorragia e <strong>della</strong> situazione clinica.<br />
Prima <strong>della</strong> somministrazione di CCP vanno eseguiti test dell’emostasi, compatibilmente con<br />
l’urgenza clinica (PT/INR, aPTT e, se possibile, il dosaggio dei fattori del complesso<br />
protrombinico), per decidere dosi e durata <strong>della</strong> terapia.<br />
⇒ Per emorragie gravi o interventi chirurgici maggiori, somministrare un bolo iniziale di 20-25<br />
UI/Kg e mantenere attività fattoriali del 50-60%.<br />
⇒ Per emorragie lievi o piccoli interventi è sufficiente mantenere attività fattoriali del 20-40%.<br />
Dopo una prima somministrazione del farmaco occorre controllare a distanza di 30-60’ il PT/INR,<br />
per poter valutare se proseguire la terapia e a quale dosaggio.<br />
Correzione dell’eccesso di anticoagulazione da TAO<br />
In caso di “emorragie maggiori” occorre:<br />
a) Sospendere la TAO in corso.<br />
b) Eseguire controllo INR.<br />
c) Somministrare Vitamina K1 (Konakion) 10 mg/100 ml di soluzione fisiologica, lentamente e.v.<br />
in circa 30’.<br />
d) Infondere CCP ai seguenti dosaggi, lentamente, in circa 10-15’:<br />
• per INR < 2 somministrare 20 UI/Kg<br />
• per INR fra 2-4 somministrare 30 UI/Kg<br />
• per INR > 4 somministrare 50 UI/Kg<br />
e) Ripetere l’INR dopo la fine dell’infusione e accertarsi che sia < 1,5; in caso contrario ripetere la<br />
somministrazione di CCP, secondo lo schema precedente.<br />
In alternativa e, soprattutto se il CCP non è disponibile, somministrare PFC alla dose di 15-20<br />
mL/Kg.<br />
Il CCP non deve essere usato per correggere un INR elevato e fuori range terapeutico, in assenza di<br />
emorragie maggiori o se non c’è necessità di intervento chirurgico urgente.<br />
Il CCP non deve essere usato neppure per il trattamento delle “emorragie minori” per sovradosaggio<br />
<strong>della</strong> TAO (ecchimosi, ematomi, epistassi, emorragia congiuntivale, gengivorragie, emorragia<br />
postestrattiva, otorragia, proctorragia, ematuria, menorragia/metrorragia, emospermia); in questo<br />
tipo di emorragie, infatti, può essere sufficiente la riduzione o la sospensione <strong>della</strong> TAO e/o la<br />
somministrazione di Vitamina K1 per os o e.v.<br />
CONTROINDICAZIONI<br />
q Coagulazione intravascolare disseminata.<br />
q Gravidanza e allattamento, in questi casi l’impiego deve essere attentamente valutato.<br />
EFFETTI INDESIDERATI 15-17<br />
q Complicanze tromboemboliche.<br />
q Reazioni allergiche e anafilattiche.<br />
q Rialzi febbrili.<br />
q Produzione di anticorpi anti-fattori <strong>della</strong> coagulazione presenti nel CCP.<br />
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