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Regione Toscana Anno 2007 - Servizio Sanitario della Toscana

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Gruppo di redazione:<br />

<strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong><br />

Centro Regionale di Coordinamento e Compensazione<br />

per le Attività Trasfusionali<br />

Direttore: Pierluigi Liumbruno<br />

RACCOMANDAZIONI PER<br />

IL CORRETTO UTILIZZO DI<br />

EMOCOMPONENTI E PLASMADERIVATI<br />

• Giuseppe Curciarello A.S.L. 10 FIRENZE<br />

• Daniela Del Pace CRCC<br />

• Giancarlo Maria Liumbruno A.S.L. 6 LIVORNO<br />

• Daniela Rafanelli A.S.L. 3 PISTOIA<br />

• Francesco Carmelo Tornabene A.S.L. 9 GROSSETO<br />

Coordinatore:<br />

• Silvana Aristodemo COMITATO TECNICO CRCC<br />

<strong>Anno</strong> <strong>2007</strong><br />

1


INDICE<br />

INTRODUZIONE 5<br />

CONCENTRATI ERITROCITARI ( CE )<br />

1) DEFiNIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 10<br />

2) COMPATIBILITA’ ABO 11<br />

3) INDICAZIONI PER L’USO DEI CE E DEI CE TRATTATI 11<br />

4) TERAPIA TRASFUSIONALE NELL’ANEMIA ACUTA 14<br />

5) TERAPIA TRASFUSIONALE NELL’ANEMIA CRONICA 14<br />

6) TERAPIA TRASFUSIONALE NEL PAZIENTE CRITICO 15<br />

7) TERAPIA TRASFUSIONALE IN CHIRURGIA D’ELEZIONE 15<br />

8) TERAPIA TRASFUSIONALE IN CHIRURGIA D’URGENZA 16<br />

9) TERAPIA TRASFUSIONALE NEL TRAPIANTO DI MIDOLLO 16<br />

10) TERAPIA TRASFUSIONALE IN ETA’ PEDIATRIACA 17<br />

11) EFFICACIA DELLA TERAPIA TRASFUSIONALE 18<br />

12) REAZIONI AVVERSE ALLA TRASFUSIONE DI CE 19<br />

13) SINTOMATOLOGIA DELLE REAZIONI TRASFUSIONALI ACUTE 19<br />

14) BIBLIOGRAFIA 20<br />

PLASMA FRESCO CONGELATO ( PFC )<br />

1) DEFINIZIONE, PRODUZIONE E I E STANDARD QUALITATIVI 23<br />

2) COMPATIBILITA’ ABO/RhD 23<br />

3) INDICAZIONI PER L’USO DEL PFC NELL’ADULTO 24<br />

4) INDICAZIONI PER L’USO DEL PFC IN NEONATOLOGIA 25<br />

5) UTILIZZO INAPPROPRIATO E CONTROINDICAZIONI 26<br />

6) REAZIONI AVVERSE ALLA TRASFUSIONE DI PFC 27<br />

PLASMA INATTIVATO CON SOLVENTI / DETERGENTI<br />

7) CARATTERISTICHE DEL PGF E APPROPRIATEZZA TERAPEUTICA 27<br />

8) CRITERI PER LA DEFINIZIONE DELLE INDICAZIONI CLINICHE 27<br />

9) BIBLIOGRAFIA 28<br />

2


CONCENTRATI PIASTRINICI<br />

1) DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 32<br />

2) COMPATIBILITA’ ABO/RHD 32<br />

3) INDICAZIONI PER L’USO 33<br />

4) INDICAZIONI IN PROFILASSI 34<br />

5) INDICAZIONI IN TERAPIA 35<br />

6) INDICAZIONI IN NEONATOLOGIA 36<br />

7) INDICAZIONI ALLA TRASFUSIONE DI PIASTRINE IRRADIATE 36<br />

8) PRATICA TRASFUSIONALE 37<br />

9) REFRATTARIETA’ 37<br />

10) UTILIZZO INAPPROPRIATO E CONTROINDICAZIONI 38<br />

11) REAZIONI AVVERSE ALLA TRASFUSIONE DI CP 38<br />

12) APPENDICE 39<br />

13) BIBLIOGRAFIA 42<br />

ALBUMINA<br />

1) DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 46<br />

2) INDICAZIONI PER L’USO 47<br />

3) CALCOLO DELLA DOSE 50<br />

4) EFFETTI INDESIDERATI 50<br />

5) BIBLIOGRAFIA 52<br />

IMMUNOGLOBULINE E.V.<br />

1) DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 55<br />

2) INDICAZIONI PER L’USO 56<br />

3) EFFETTI INDESIDERATI 63<br />

4) BIBLIOGRAFIA 64<br />

CONCENTRATI DI FATTORI DELLA COAGULAZIONE<br />

1) DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 67<br />

2) INDICAZIONI PER L’USO 69<br />

3) SICUREZZA DEI CONCENTRATI 72<br />

4) BIBLIOGRAFIA 73<br />

3


CONCENTRATI DI ANTITROMBINA<br />

1) DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 75<br />

2) INDICAZIONI PER L’USO 76<br />

3) EFFETTI INDESIDERATI 77<br />

4) BIBLIOGRAFIA 78<br />

CONCENTRATI DI COMPLESSO PROTROMBINICO<br />

5) DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 79<br />

6) INDICAZIONI PER L’USO 79<br />

7) EFFETTI INDESIDERATI 81<br />

8) BIBLIOGRAFIA 82<br />

4


INTRODUZIONE<br />

Negli ultimi due decenni è stato sempre più difficile per il medico seguire un comportamento<br />

clinico organizzativo basato sulle prove scientifiche disponibili a causa delle continue nuove<br />

conoscenze prodotte dalla ricerca e dalla tecnologia. In passato nello scegliere strategie<br />

diagnostiche e terapeutiche, il medico si rifaceva oltre che al proprio bagaglio culturale a tradizioni,<br />

aneddoti e citazioni di autori. Ne conseguiva una notevole variabilità di comportamenti di fronte a<br />

problemi clinici analoghi con potenziale inappropriatezza dei livelli di cura che delegittimava la<br />

classe medica, abbassando il livello di gradimento dell’opinione pubblica ed aumentando la<br />

conflittualità. Da qui l’esigenza di disporre di strumenti di razionalizzazione ed ausilio alla decisioni<br />

nella pratica medica e lo sviluppo di diversi metodi per la produzione di vari tipi di<br />

raccomandazioni: linee guida propriamente dette, consensus conference, metodi multiprofessionali<br />

per la produzione di criteri di di appropriatezza ( tipo metodo Rand ) e rapporti di valutazione<br />

tecnologica (Technology Assessment ).<br />

Secondo la definizione fornita da “Guideline for Clinical Practice: from their development to use.<br />

National Academic Press, Washington DC” le Linee Guida sono raccomandazioni di<br />

comportamento clinico prodotte da un gruppo di lavoro multidisciplinare e basate sulle migliori<br />

evidenze scientifiche, con lo scopo di assistere medici e pazienti nel decidere le modalità<br />

assistenziali più appropriate in specifiche condizioni cliniche.<br />

Le linee guida riportano quindi un ampio volume di conoscenze scientifiche in un formato<br />

facilmente fruibile, caratterizzato da sistematicità di elaborazione e sintesi delle nuove evidenze<br />

scientifche. Oggi, che gli standard di evidenza stanno diventando più rigorosi ed i medici sono più<br />

consapevoli delle conseguenze delle loro scelte, il riferimento alle linee guida costituisce un valido<br />

aiuto.<br />

Il Piano <strong>Sanitario</strong> Nazionale sottolinea che le linee guida rappresentano un terreno di accordo<br />

professionale sulle migliori strategie assistenziali alla luce delle conoscenze scientifiche e, al tempo<br />

stesso, un elemento di trasparenza nei rapporti con il pubblico L’adozione di linee guida può<br />

rappresentare una soluzione per colmare lo squilibrio tra le limitate risorse economiche e la<br />

crescente domanda di prestazioni sempre più costose. A livello locale si pongono talvolta anche<br />

l’obiettivo di identificare e prendere coscienza di eventuali discontinuità tra pratica clinica corrente<br />

e risultati delle ricerche cliniche, per colmarle attraverso verifiche di qualità. Le applicazioni<br />

possibili sono nel campo <strong>della</strong> prevenzione, diagnosi, terapia, follow-up e riabilitazione.<br />

Elementi metodologici essenziali per l’elaborazione di raccomandazioni ( linee guida ) fondate su<br />

prove di efficacia nella prativa clinica sono<br />

a) Multidisciplinarietà delle competenze degli attori del processo<br />

b) Uso di revisioni sistematiche ( qualitative e/o quantitative – metanalisi - ) di letteratura o loro<br />

realizzazione quando non siano già disponibili. L’attuazione di revisioni sistematiche sui trattamenti<br />

sanitari è un passo logico nel progresso verso terapie basate su dati obiettivi.<br />

c) Valutazione esplicita <strong>della</strong> qualità delle prove ( livelli di evidenza ) e <strong>della</strong> forza con la quale<br />

devono essere adottate e implementate le singole raccomandazioni.<br />

METODOLOGIA DI LAVORO DEL GRUPPO DI REDAZIONE<br />

Tra gli obiettivi <strong>della</strong> programmazione annuale delle attività del <strong>Servizio</strong> Trasfusionale regionale,<br />

individuati dal Centro Regionle di Coordinamento e Compensazione – CRCC -, rivestono<br />

particolare rilevanza le strategie adottate per sostenere l’appropriatezza dei consumi di<br />

emocomponenti e plasmaderivati.<br />

A questo scopo negli ultimi due anni i Servizi Trasfusionali insieme con i Comitati del Buon Uso<br />

del Sangue di ogni singola Azienda Ospedaliera e Sanitaria <strong>della</strong> <strong>Regione</strong> si sono impegnati nella<br />

produzione e/o revisione di linee guida per il buon uso degli emocomponenti e di plasmaderivati<br />

successivamente approvate, validate e diffuse in ogni Azienda<br />

5


La complessità del tema, la numerosità dei prodotti trattati ( diversi emocomponenti e numerosi<br />

plasmaderivati ), il loro diverso utilizzo in relazioni alle varie situazioni cliniche e realtà<br />

organizzative locali, dà ragione <strong>della</strong> variabilità degli elaborati pervenuti al CRCC, pur nella<br />

complessiva accuratezza dei lavori svolti e nella sostanziale omogeneità dei contenuti per quelle<br />

indicazioni d’uso collaudate dalla pratica clinica e consolidate dalla letteratura scientifica.<br />

E’ sorta spontanea pertanto l’esigenza di disporre a livello regionale di un documento unico di<br />

raccomandazioni al buon uso di emocomponenti e plasmaderivati, da qui la decisione del Direttore<br />

Giuliano Grazzini, ora Direttore del Centro Nazionale Sangue, e del Comitato Tecnico del CRCC di<br />

affidare l'incarico di elaborarlo ad un Gruppo di Redazione (GdR), costituito da trasfusionisti con<br />

particolare competenza e collaudata esperienza nel campo specifico.<br />

Il dibattito per la formulazione del consenso sulle raccomandazioni espresse nel documento<br />

elaborato dal GdR vuole svolgersi fra gli esperti <strong>della</strong> stessa e di altre discipline per step successivi:<br />

Il documento è stato per primo trasmesso ai componenti del Comitato Tecnico del CRCC, da questi<br />

è stato presentato a livello regionale ai professionisti <strong>della</strong> specialità e sottoposto alla loro<br />

valutazione per un confronto fra pari.<br />

Successivamente a questa revisione viene presentato al Consiglio <strong>Sanitario</strong> Regionale per un’analisi<br />

multidisciplinare.<br />

Per il GdR, nonostante l’attenta sorveglianza dei revisori, non sempre è stato possibile seguire in<br />

maniera rigorosa le indicazioni metodologiche ed esprimere forza e grado <strong>della</strong> raccomandazione.<br />

Le motivazioni sono da ricercare nella complessità delle tematiche trattate, nella disomogeneità<br />

degli studi sperimentali, nell’ampia variabilità dei criteri di interpretazione dell’efficacia clinica,<br />

quindi nella difficoltà di produrre risultati che soddisfino criteri di evidenza<br />

Inoltre non sempre si sono potuti utilizzare i dati aggregati forniti dalle metanalisi: queste variabili<br />

aumentano i margini di decisione individuale per ogni singolo medico e per ogni singolo paziente.<br />

FORZA DELLE RACCOMANDAZIONI E LIVELLI DI EVIDENZA :<br />

Nella dichiarazione dei gradi di raccomandazione il GdR si è riferito sostanzialmente alla<br />

metodologia utilizzata dalla Consensus Conference dell’American College of<br />

Chest Physicians (ACCP) del 2004 (Guyatt G., et al. Applying the Grades of Recommendation for<br />

Antithrombotic and Thrombolytic Therapy. CHEST 2004; 126:179S–187S).<br />

Le raccomandazioni seguono il sistema di classificazione per gradi espressi in numeri arabi (1,2) in<br />

funzione <strong>della</strong> forza e in lettere (A, B, C) in funzione dell’evidenza emersa dal tipo di studi.<br />

L’evidenza deriva dalla revisione sistematica <strong>della</strong> letteratura scientifica e può essere classificata in<br />

relazione al tipo, numerosità, possibili bias e punti di forza degli studi analizzati.<br />

La classificazione convenzionale dell’evidenza si fonda su criteri matematico-statistici, assegnando<br />

la “forza” dell’evidenza, nell’ordine, a: metanalisi, studi sperimentali randomizzati controllati,<br />

analisi retrospettive, follow-up prospettico, studi trasversali di popolazione, reviews,<br />

evidenza aneddotica. Ciò è corretto per quanto riguarda gli studi di natura rigorosamente clinica,<br />

soprattuttose focalizzati su valutazioni obiettive di esito, in particolare per gli studi di tipo<br />

terapeutico.<br />

In questi casi la disponibilità di studi clinici eseguiti con metodologia rigorosa e con casistica<br />

numerosa ha permesso di formulare raccomandazioni specifiche e più certe, in altri campi, dove gli<br />

studi si basano su progetti inadeguati, con insufficiente valutazioni delle variabili, di breve durata e<br />

risultati incerti le raccomandazioni sono invece deboli.<br />

E’ possibile inoltre una classificazione basata sul consenso di esperti che esplicita la forza con cui è<br />

stato espresso e la complessità del problema.<br />

6


FORZA DELLE RACCOMANDAZIONI :<br />

• Grado 1: gli autori sono certi che i benefici sono superiori o inferiori ai costi in termini di<br />

rischio e di costo economico. Si tratta quindi di una raccomandazione forte.<br />

• Grado 2: gli autori sono meno certi di quanto sopra, pertanto formulano una raccomandazione<br />

meno forte.<br />

LIVELLI DI EVIDENZA :<br />

• Grado A :la raccomandazione deriva dall’analisi di numerosi e consistenti studi randomizati.<br />

• Grado C+ : le raccomandazioni derivano dall’analisi di studi clinici osservazionali ma con<br />

risultati molto consistenti o da risultati che possono essere estrapolati senza equivoci da studi<br />

randomizzati.<br />

• Grado B : gli studi clinici utilizzati sono randomizzati, ma con importanti limitazioni (risultati<br />

discordi, problemi metodologici).<br />

• Grado C: le raccomandazioni derivano dall’analisi di studi clinici osservazionali con risultati<br />

meno consistenti o da risultati che possono essere estrapolati con un livello inferiore di certezza<br />

da studi randomizzati.<br />

Si sottolinea inoltre che viene usato il verbo “raccomandare” per i gradi più alti (1A, 1C+, 1B,<br />

1C), e il verbo “suggerire” per i gradi più deboli (2A, 2C+, 2B e 2C).<br />

OBIETTIVO DI QUESTO DOCUMENTO<br />

Obiettivo di questo documento è giungere ad un consenso sull'uso clinico di emocomponenti e<br />

plasmaderivati nell'ambito <strong>della</strong> <strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong> per fornire agli utilizzatori uno strumento utile<br />

all'appropriatezza d'uso. In tal senso le raccomandazioni in esso contenute non intendono sostituire<br />

in alcun modo la valutazione clinica che il medico esegue sul singolo paziente né l'esperienza<br />

personale del medico stesso, ma vogliono rendere disponibile uno strumento di consultazione per<br />

una verifica <strong>della</strong> appropriatezza.<br />

<strong>della</strong> scelta terapeutica adottata<br />

DESTINATARI DI QUESTO DOCUMENTO<br />

Medici ed infermieri in servizio in UUOO cliniche, case di cura, ambulatori o DH <strong>della</strong> <strong>Regione</strong> ai<br />

quali afferiscono pazienti suscettibili di terapia trasfusionale con emocomponenti e/o<br />

plasmaderivati.<br />

7


GRADI DI RACCOMANDAZIONE E LIVELLI DI EVIDENZA<br />

Grado di raccomandazione Chiarezza Forza metodologica Implicazioni<br />

e livello di evidenza<br />

1A Chiara Trial randomizzati senza Raccomandazione forte;<br />

importanti limitazioni si può applicare alla maggior<br />

parte dei pazienti nella maggior<br />

parte delle circostanze senza<br />

riserva<br />

1C+ Chiara Non trial clinici randomizzati Raccomandazione forte;<br />

ma risultati di chiara forza si può applicare alla maggior<br />

estrapolati senza equivoci da partedei pazienti nella maggior<br />

trial clinici randomizzati o parte delle circostanze<br />

evidenza abbondante da studi<br />

osservazionali<br />

1B Chiara Trial randomizzati con Raccomandazione forte;<br />

importanti limitazioni probabilmente applicabile<br />

(risultati discordi, alla maggior parte dei pazienti<br />

problemi metodologici)<br />

1C Chiara Studi osservazionali Raccomandazione di forza<br />

intermedia può essere cambiata<br />

nel caso che si renda disponibile<br />

un’evidenza più forte<br />

2A Incerta Trial randomizzati senza Raccomandazione di forza<br />

Importanti limitazioni intermedia; la migliore azione<br />

può essere diversa a seconda<br />

delle circostanze o dei<br />

valori del paziente o <strong>della</strong><br />

società<br />

2C+ Incerta Non trial clinici randomizzati Raccomandazione debole;<br />

ma risultati di chiara forza la migliore azione può essere<br />

estrapolati senza equivoci da diversa a seconda delle<br />

trial clinici randomizzati o circostanze o dei valori del<br />

evidenza abbondante da studi paziente o <strong>della</strong> società<br />

osservazionali<br />

2B Incerta Trial randomizzati con Raccomandazione debole;<br />

importanti limitazioni approcci alternativi<br />

(risultati discordi, problemi probabilmente sono migliori<br />

metodologici) in certi pazienti e in certe<br />

circostanze<br />

2C Incerta Studi osservazionali Raccomandazione molto<br />

debole; altre alternative<br />

possono essere<br />

ugualmente ragionevoli<br />

8


CONCENTRATI ERITROCITARI (CE)<br />

DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 1<br />

Le emazie o globuli rossi concentrati possono essere ottenuti o mediante centrifugazione dell’unità<br />

di sangue prelevato (con la centrifugazione il sangue si separa nei suoi principali componenti:<br />

globuli rossi, plasma, piastrine), o mediante aferesi (la donazione avviene utilizzando particolari<br />

apparecchiature denominate separatori cellulari che consentono la raccolta selettiva dei singoli<br />

componenti ematici). I concentrati eritrocitari, preparati per separazione del plasma e dello strato<br />

leucocitario-piastrinico (buffy-coat) dai globuli rossi, con l’aggiunta di appropriate soluzioni<br />

nutritive, definiti concentrati eritrocitari privi di buffy-coat in soluzioni additive sono normalmente<br />

utilizzati nella terapia delle anemie.<br />

L’unità di concentrato eritrocitario priva di buffy-coat in soluzione additiva (di seguito indicata con<br />

CE) contiene almeno 43 grammi di emoglobina (Hb) con un ematocrito (Htc) che oscilla tra il 65%<br />

e il 70% circa in rapporto ai valori di Hb del donatore, al volume iniziale di sangue raccolto (450 ml<br />

± 10%) ed alla soluzione additiva utilizzata. Il numero di leucociti di ciascuna unità di CE deve<br />

essere inferiore a 1,2 x 10 9 (minore incidenza di reazioni febbrili post-trasfusionali). Le piastrine<br />

devono essere inferiori a 20 x 10 9 in ciascuna unità.<br />

I CE privi di buffy-coat sospesi in soluzione additiva possono essere sottoposti ad ulteriori<br />

trattamenti di:<br />

A. LEUCODEPLEZIONE MEDIANTE FILTRAZIONE<br />

B. IRRADIAZIONE<br />

C. LAVAGGIO<br />

D. CONGELAMENTO<br />

A. LEUCODEPLEZIONE MEDIANTE FILTRAZIONE<br />

Il concentrato eritrocitario può essere leucodepleto mediante l’uso di appositi filtri che riducono i<br />

globuli bianchi presenti a meno di 1 x 10 6 . La filtrazione può avvenire: “pre-storage”, “poststorage”<br />

o “bedside”.<br />

B. IRRADIAZIONE 2,3<br />

L’irradiazione pre-trasfusionale degli emocomponenti con una dose tra 25 – 50 Gray di radiazioni<br />

ionizzanti (raggi gamma o X) inattiva i linfociti vitali presenti.<br />

I CE irradiati devono essere trasfusi entro 28 giorni dal prelievo nei soggetti adulti; nei casi di<br />

trasfusione intrauterina, o a neonato, o a paziente con iperpotassiemia è necessario procedere alla<br />

trasfusione entro 48 ore dall’irradiazione.<br />

C. LAVAGGIO 4<br />

Il lavaggio dell’unità di globuli rossi concentrati con soluzione fisiologica, consente la rimozione<br />

delle proteine plasmatiche fino ad una concentrazione inferiore a 0,3 g/unità.<br />

D. CONGELAMENTO 5<br />

Sono CE che si preparano entro 7 giorni dal prelievo utilizzando un criopreservante idoneo.<br />

Possono essere conservati in congelatore meccanico (tra -60°C e –80°C) o in azoto liquido (a<br />

temperature inferiori) fino a 10 anni. Prima dell’uso vanno scongelati, lavati e risospesi in idonea<br />

soluzione.<br />

9


COMPATIBILITA’ ABO<br />

Gli antigeni del sistema ABO sono molecole carboidratiche presenti in TUTTE le cellule<br />

dell’organismo. Ogni individuo è caratterizzato dalla presenza sulle proprie cellule di antigeni<br />

carboidratici di una certa specificità e dalla contemporanea presenza di anticorpi plasmatici contro<br />

gli antigeni assenti sulle proprie cellule.<br />

Si vengono così a configurare 4 gruppi sanguigni in base alla presenza o assenza dei suddetti<br />

antigeni sulle cellule e dei complementari anticorpi plasmatici (vedi tabella 1).<br />

Tabella 1 – Compatibilità AB0 nella trasfusione di CE.<br />

Gruppo sanguigno Antigeni cellulari Anticorpi plasmatici<br />

A A Anti B<br />

B B Anti A<br />

0 Assenti Anti A, anti B<br />

AB AB Assenti<br />

Gli anticorpi naturali, presenti fin dai primi mesi di vita, sono in grado di determinare emolisi<br />

gravissime: da ciò l’assoluta necessità di rispettare sempre nella terapia trasfusionale la<br />

compatibilità ABO.<br />

Il sistema Rh è determinato da molecole proteiche, presenti solo sui globuli rossi, che costituiscono<br />

gli antigeni C, c, D, e, E. Altra caratteristica del sistema Rh, che lo differenzia dall’ABO, è<br />

l’assenza di anticorpi naturali nel plasma e liquidi organici. Gli anticorpi, immuni, si formano dopo<br />

uno stimolo antigenico quale trasfusioni o emorragie feto-materne. Dei vari antigeni del sistema Rh<br />

il più immunogeno è il “D” la cui presenza o assenza sulle emazie fa dividere, nell’accezione<br />

comune, la popolazione in soggetti Rh positivi (D presente sulle emazie) e Rh negativi (D assente<br />

sulle emazie). Segue per potere immunogenico l’antigene “c” ed “E”.<br />

Nella pratica trasfusionale si tende, compatibilmente con le scorte e l’urgenza <strong>della</strong> richiesta di<br />

terapia, a non trasfondere sangue “D positivo” a individui “D negativi” e nel caso di donne con<br />

potenziale gravidico a trasfondere eritrociti Rh compatibili per i suddetti antigeni.<br />

INDICAZIONI PER L’USO<br />

La vita media delle emazie trasfuse è di circa 50-60 giorni (100 nel soggetto normale), ma può<br />

ridursi sino a 15-18 giorni in presenza di fattori che riducono la sopravvivenza delle emazie<br />

medesime.<br />

La conservazione dei CE determina un aumento del pH all’interno dell’emocomponente con<br />

diminuzione del 2,3-Difosfoglicerato (2,3-DPG).<br />

Il 2,3-DPG è fondamentale per la cessione di ossigeno ai tessuti 6 . Scarse quantità di 2,3-DPG<br />

aumentano l’affinità dell’Hb per l’ossigeno (O2), diminuendo la cessione dell’ O2 stesso ai tessuti.<br />

Al contrario, maggiori quantità di 2,3-DPG favoriscono la cessione di O2 ai tessuti. Per recuperare il<br />

50% del 2,3-DPG, dopo la trasfusione di CE, occorrono circa 8 ore e circa 24 ore sono necessarie<br />

per il suo completo reintegro e per una normale funzione.<br />

I CE trasfusi pertanto non sono immediatamente operativi nella loro funzione di cessione di O2 ai<br />

tessuti.<br />

Una adeguata ossigenazione tissutale è data dall’equilibrio tra la capacità di trasporto e cessione di<br />

O2 ed il suo consumo.<br />

10


Infatti l’ossigenazione tissutale dipende da vari fattori quali:<br />

• la concentrazione di Hb;<br />

• la saturazione di Hb, a sua volta dipendente dalla tensione di O2 e dall’affinità dell’Hb per l’<br />

O2;<br />

• la domanda di O2, ossia il volume di O2 necessario ai tessuti per svolgere la loro funzione<br />

aerobia.<br />

Molti fattori influenzano il consumo di O2, compreso l’esercizio fisico, la temperatura corporea,<br />

l’attività simpatica e metabolica, la frequenza cardiaca e l’attività di molti farmaci tra cui gli<br />

anestetici.<br />

Esistono meccanismi fisiologici di adattamento all’anemia che sono:<br />

• aumento <strong>della</strong> portata cardiaca mediante aumento <strong>della</strong> gittata sistolica e <strong>della</strong> frequenza<br />

cardiaca;<br />

• ridistribuzione del sangue nei vari distretti dell’organismo, in modo da privilegiare la<br />

vascolarizzazione di organi ad elevata richiesta di ossigeno;<br />

• aumento, nelle anemie croniche, del 2,3-DPG intraeritrocitario, con spostamento a destra<br />

<strong>della</strong> curva di dissociazione dell’Hb, che favorisce la cessione di O2;<br />

Varie condizioni patologiche possono alterare i meccanismi fisiologici di adattamento all’anemia: 6,8<br />

• ridotto incremento dell’output cardiaco (ipovolemia, coronaropatie, patologie valvolari<br />

cardiache, cardiopatia congestizia, farmaci inotropi negativi);<br />

• diminuita possibilità di incrementare l’estrazione di O2: ARDS (Acute Respiratory Distress<br />

Syndrome) sepsi, SIRS (Systemic Inflammatory Response Syndrome), sindrome da ischemiariperfusione-danno<br />

traumatico;<br />

• alterato scambio gassoso (BPCO, ARDS);<br />

• incremento del consumo di O2 (febbre, dolore, ansia, stress; sepsi, SIRS; sindromi da<br />

iperventilazione).<br />

Anche se è divenuta da tempo una pratica routinaria, manca un’evidenza scientifica che definisca<br />

chiaramente i criteri di appropriatezza <strong>della</strong> terapia con CE: non esiste infatti consenso su<br />

indicazioni certe al loro uso, nonostante la stesura di numerose linee guida e varie Consensus<br />

Conferences.<br />

Valori di Hb inferiori a 6 g/dl rendono quasi sempre necessaria la terapia trasfusionale, con valori<br />

fra 6 e 10 g/dl è necessaria la valutazione dello stato clinico (patologie sottostanti e tipo di<br />

emorragia) per valori superiori a 10 g/dl la trasfusione è da evitare. (Grado di raccomandazione:<br />

1A)<br />

Nelle tabelle 2-6 vengono riassunte le indicazioni all’uso di CE e CE trattati.<br />

Tabella 2 – Indicazioni generali all’uso di CE<br />

Sono indicati:<br />

• Per aumentare l’apporto di O2 ai tessuti (l’effetto<br />

si ottiene in media 12-16 ore dopo la trasfusione).<br />

6, 7<br />

Non sono indicati:<br />

• Per espandere il volume ematico.<br />

• In sostituzione di ematinici.<br />

• A scopo “ricostituente"<br />

Tabella 3 - Indicazione all’uso di CE leucodepleti (Grado di raccomandazione: 2C+)<br />

• ridurre l’ incidenza di immunizzazione nei pazienti nei quali si preveda un supporto trasfusionale prolungato nel<br />

tempo<br />

• ridurre il rischio di trasmissione del CMV nei pazienti a rischio di infezione da CMV<br />

• ridurre la probabilità di reazioni febbrili non emolitiche in pazienti che ne hanno avuto almeno una documentata.<br />

• ridurre l’ incidenza di alloimmunizzazione HLA nei candidati al trapianto di organi solidi (escluso fegato) e di<br />

precursori emopoietici .<br />

11


Tabella 4 - Indicazioni all’uso di CE irradiati (Grado di raccomandazione: 2C+)<br />

Quando:<br />

Trasfusione intrauterina/exsanguino-trasfusione Sempre<br />

Immaturi e neonati Fino al 6° mese di età<br />

Immunodeficit congeniti cellulari Sempre, anche al solo sospetto<br />

Tutti i pazienti Trasfusioni con CE donati da parenti di I e II grado<br />

Trapianto allogenico Dall’inizio del condizionamento fino alla fine <strong>della</strong><br />

profilassi <strong>della</strong> GvHD (in GvHD cronica e SCID più<br />

a lungo)<br />

Donatore di midollo per trapianto allogenico Prima ed in corso di espianto<br />

Autotrapianto di midollo o PBSC Dall’inizio del condizionamento fino a tre mesi dopo<br />

il trapianto. Nei sette giorni prima <strong>della</strong> raccolta del<br />

midollo o delle PBSC.<br />

Linfoma di Hodgkin Sempre<br />

Linfomi non-Hodgkin, leucemie acute ed altre Se in terapia con i nuovi analoghi purinici (es.<br />

emopatie maligne<br />

fludarabina); da valutare per terapie aplastizzanti<br />

Anemia aplastica Non necessari; da valutare per chemio-<br />

Altre neoplasie<br />

immunoterapia<br />

Non necessari; da valutare per terapie aplastizzanti<br />

Trapianti di organo Non necessari; da valutare per terapie<br />

Positività HIV<br />

immunodepressive<br />

Non necessari (monitorare nuove terapie)<br />

Terapie aplastizzanti/immunodepressive Secondo valutazione<br />

Tabella 5 - Indicazioni all’uso di CE lavati (Grado di raccomandazione: 1C+)<br />

• Prevenzione di reazioni allergiche (orticarioidi non sensibili agli antistaminici o anafilattiche) nei<br />

confronti delle proteine plasmatiche infuse (per es. in soggetti con storia di reazioni allergiche da<br />

plasma o con deficit di IgA);<br />

• Reazioni febbrili post-trasfusionali, presenti anche con eritrociti leucodepleti;<br />

• Trasfusioni intrauterine o, talvolta, in epoca neonatale, per ridurre la somministrazione di<br />

anticoagulante, di K + extracellulare, di prodotti del metabolismo cellulare o di anticorpi plasmatici<br />

incompatibili (per es. anti-ABO) nei confronti di antigeni eritrocitari (per es. Ag ABO) del ricevente.<br />

• Precedenti di porpora post-trasfusionale.<br />

NB: Non è più giustificato il loro impiego nella terapia trasfusionale dell’emoglobinuria parossistica<br />

notturna.<br />

Tabella 6 - Indicazioni all’uso di CE congelati (Grado di raccomandazione: 1C+)<br />

• Pazienti con fenotipi eritrocitari rari;<br />

• pazienti con alloanticorpi multipli;<br />

• pazienti immunizzati con programma di predepositi superiore a 42 giorni (periodo massimo di<br />

conservazione di CE)<br />

Il trattamento trasfusionale con CE varia in relazione alle modalità d’insorgenza dell’anemia, alla<br />

condizione clinica e all’età del paziente. Si riportano di seguito le indicazioni alla terapia con CE in<br />

corso di:<br />

A. ANEMIA ACUTA<br />

B. ANEMIA CRONICA<br />

C. ANEMIA DEL PAZIENTE CRITICO<br />

D. ANEMIA IN CHIRURGIA D’ELEZIONE<br />

E. ANEMIA IN CHIRURGIA D’URGENZA<br />

12


F. ANEMIA NEL TRAPIANTO DI MIDOLLO<br />

G. ANEMIA IN ETA’ PEDIATRICA<br />

H. ANEMIA EMOLITICA AUTOIMMUNE<br />

A. ANEMIA ACUTA: 9,10<br />

Il più importante fattore nel trattamento dell’emorragia acuta è la prevenzione o la correzione dello<br />

shock ipovolemico. E’ fondamentale, per l’ossigenazione tissutale, infondere un volume liquido<br />

(cristalloidi/colloidi) sufficiente a ristabilire rapidamente il volume circolante e a mantenere<br />

adeguato il flusso ematico e la pressione sanguigna.<br />

Se la perdita di volume ematico è inferiore al 15% non vi è sintomatologia, mentre la perdita fra il<br />

15 e il 30% determina una tachicardia compensatoria. Perdite ematiche superiori al 30% danno<br />

luogo a sintomi di shock, con stato severo di shock per perdite superiori al 40%.<br />

Per perdite fino al 30-40% del volume ematico in soggetti sani non si richiede di norma alcuna<br />

terapia trasfusionale ma solo il ripristino <strong>della</strong> volemia con soluzioni cristalloidi/colloidi. (Grado di<br />

raccomandazione: 1C+)<br />

Se esiste una patologia sottostante cardiovascolare (minore tolleranza all’anemia) può essere<br />

necessaria la trasfusione anche per perdite inferiori al 30-40%, mentre se la perdita è superiore al<br />

40% la trasfusione è quasi sempre improrogabile. (Grado di raccomandazione: 1C+)<br />

E’ infatti prioritario un adeguato ripristino del volume circolante con soluzioni cristalloidi e/o<br />

colloidi ed il ricorso alla terapia trasfusionale con CE quando i valori di Hb seriali (per evitare di<br />

essere influenzati dall’effetto di emodiluizione) e la severità <strong>della</strong> perdita ematica (attiva,<br />

controllata o incontrollata) lo richiedono (tabella 7). (Grado di raccomandazione: 1C+)<br />

Tabella 7 - Indicazioni alla trasfusione di CE nell’emorragia acuta<br />

Classe di Riduzione mL * Segni clinici e provvedimenti terapeutici:<br />

emorragia vol. ematico<br />

totale %<br />

Classe I < 15 % < 750 Talora reazione vaso-vagale.<br />

Soluzioni cristalloidi<br />

EC non necessari, se non è preesistente un’anemia.<br />

Classe II 15-30 % 750-1.500 Tachicardia da sforzo.<br />

Soluzioni cristalloidi/colloidi<br />

EC non necessari, se non è preesistente un’anemia e/o una<br />

malattia cardiopolmonare.<br />

Classe III 30-40 % 1.500-2000 Tachicardia da sforzo e ipotensione ortostatica, ansietà.<br />

Soluzioni cristalloidi/colloidi<br />

Probabile necessità di trasfondere EC.<br />

Classe IV > 40 % > 2.000 Pressione venosa centrale, portata cardiaca e pressione<br />

arteriosa diminuite, fame d’aria, polso rapido e filiforme,<br />

cute fredda e sudata, oliguria, confusione. Shock grave,<br />

letargia, coma, morte.<br />

Necessaria infusione rapida di soluzioni cristalloidi/colloidi e<br />

di EC.<br />

* In persona adulta di peso corporeo di 70-kg e con volume ematico totale di 5000 ml.<br />

B. ANEMIA CRONICA:<br />

Nell’anemia cronica vi è un aumento del contenuto di 2,3-DPG nei globuli rossi con spostamento<br />

verso destra <strong>della</strong> curva di dissociazione dell’Hb insieme con un aumento <strong>della</strong> gittata cardiaca e<br />

<strong>della</strong> funzione respiratoria. Per questo motivo è rara la necessità trasfusionale (tabella 8) in pazienti<br />

con valori di Hb superiori a 8 g/dl 11 . (Grado di raccomandazione: 1A)<br />

Spesso i sintomi compaiono quando il valore dell’Hb scende a 4-5 g/dl.<br />

13


Prima di intraprendere la terapia trasfusionale, salvo i casi di anemia grave e/o sintomatica, va<br />

iniziato l’eventuale trattamento con ematinici nelle forme carenziali (ferro, B12, folati) e/o con<br />

eritropoietina nelle forme di anemia da insufficienza renale cronica o sindromi mielodisplastiche.<br />

In pazienti anemici in chemio o radioterapia nei quali non si può attendere l’effetto <strong>della</strong> terapia con<br />

eritropoietina (EPO) o questa non può essere usata per la presenza di recettori EPO sulla neoplasia è<br />

opportuno il mantenimento dell’Hb intorno a 10 g/dl per l’effetto protettivo dell’ipossia sulle<br />

neoplasie e per evitare l’aumentato effetto tossico di alcuni chemioterapici in situazioni di anemia<br />

12-15 . (Grado di raccomandazione: 2C+)<br />

Tabella 8 - Indicazioni all’uso di CE nell’anemia cronica<br />

Livello Probabilità di<br />

medio di Hb compromissione clinica Strategia trasfusionale<br />

≥ 10 g/dL Molto bassa<br />

Evitare.<br />

8-10 g/dL Bassa<br />

Evitare; trasfondere solo se il paziente è sintomatico.<br />

6-8 g/dL Moderata<br />

Ridurre l’attività fisica; se il paziente rimane sintomatico,<br />

trasfondere CE.<br />

≤ 6 g/dL Alta<br />

Richiede spesso trasfusione di CE.<br />

C. ANEMIA NEL PAZIENTE CRITICO 9,16-20<br />

Secondo alcuni studi non confermati non ci sono significative variazioni nella mortalità a 30 giorni<br />

applicando una terapia trasfusionale con trigger di Hb < 7 g/dl rispetto a Hb = 10 g/dl (strategia<br />

trasfusionale “restrittiva” versus strategia trasfusionale “liberale”). (Grado di raccomandazione:<br />

1C+)<br />

Una terapia trasfusionale “liberale” può aumentare la mortalità in questi pazienti. Una possibile<br />

eccezione riguarda il paziente con IMA in atto.<br />

In attesa che, nel paziente critico, vengano messe a punto metodiche di monitoraggiop continuo e<br />

simultaneo del trasporto di O2 in più organi e tessuti 20 , si applicano gli stessi valori target espressi<br />

nelle indicazioni generali.<br />

D. ANEMIA IN CHIRURGIA D’ELEZIONE: 21-26<br />

In chirurgia d’elezione l’autotrasfusione nelle forme di predeposito, recupero peri-operatorio ed<br />

emodiluizione normovolemica e le tecniche chirurgiche ed anestesiologiche di contenimento delle<br />

perdite, costituiscono strategie utili a diminuire l’uso di sangue omologo. (Grado di<br />

raccomandazione: 1C+)<br />

Esse devono essere attentamente valutate nello studio pre-operatorio di ogni singolo paziente. E’<br />

auspicabile che presso l’Ambulatorio di Medicina Trasfusionale, per ogni paziente candidato a<br />

interventi di chirurgia d’elezione con fabbisogno trasfusionale, venga effettuata una valutazione<br />

ematologica (eventuale correzione di anemie carenziali e di alterazioni emocoagulative) e definito<br />

un programma autotrasfusionale personalizzato con o senza somministrazione di eritropoietina.<br />

In tutti i casi in cui è prevedibile e/o necessario il ricorso all’uso di sangue allogenico, dovrebbe<br />

essere richiesto al <strong>Servizio</strong> Trasfusionale un numero di unità di CE allogenici secondo l’indicazione<br />

MSBOS (Maximum Surgical Blood Order Schedule) stilata dall’equipe chirurgica e dai<br />

trasfusionisti di ciascun P.O., prendendo riferimento dalle indicazioni del "British Committee for<br />

Standards in Haematology Blood Transfusion Task Force", che riporta la richiesta massima<br />

accettabile per i più comuni interventi chirurgici in condizioni operatorie standard 9,27<br />

L’ MSBOS di ciascun P.O. è di ausilio anche nella definizione dei programmi autotrasfusionali, da<br />

limitare a quegli interventi per i quali sia prevista la trasfusione di almeno due unità di sangue.<br />

Pazienti in buone condizioni cliniche e con valori di Hb intorno a 10 g/dl, raramente richiedono<br />

trasfusioni perioperatorie, mentre spesso le richiedono i pazienti con anemia acuta e Hb intorno a 7<br />

g/dl (tabella 9). 21 (Grado di raccomandazione: 1C+)<br />

14


Tabella 9 - Indicazioni alla trasfusione perioperatoria di CE<br />

Livello di emoglobina: Decisione trasfusionale:<br />

>10 g/dL<br />

7 g/dL e


Doppia incompatibilità: donatore A → ricevente B, B → A<br />

In caso di doppia incompatibilità è necessario deeritrocitare e deplasmare il midollo donato e<br />

seguire il titolo di anti-A o anti-B nel ricevente.<br />

G. ANEMIA IN ETA’ PEDIATRICA 32<br />

Il <strong>Servizio</strong> Trasfusionale può allestire unità di volume ridotto (25-100 mL) per i pazienti pediatrici<br />

frazionando una stessa unità di emazie in più aliquote che possono essere trasfuse in più volte,<br />

diminuendo, così, il numero di donatori cui esporre il neonato. Per i prematuri o per casi selezionati<br />

(trasfusioni intrauterine, immunodeficit congenito, exsanguinotrasfusione), l’unità deve essere<br />

irradiata e filtrata. (Grado di raccomandazione: 2C+)<br />

I CE per trasfusione intrauterina devono avere un Htc comprso tra 0,70 e 0, 85% e sono solitamente<br />

preparati da unità 0 Rh-D negative.<br />

Nel neonato il valore soglia di Hb è più elevato che nell’adulto (10 g/dL) ed ancora più alto (12-13<br />

g/dL) nelle prime 24 ore di vita o in presenza di insufficienza cardiaca o respiratoria. Le dosi di<br />

emazie generalmente raccomandate sono di 5–20 ml/kg<br />

Il neonato prematuro in terapia intensiva, durante le prime due settimane di vita, riceve trasfusioni<br />

di sangue principalmente per reintegrare le perdite dovute ai prelievi per gli esami di laboratorio.<br />

Due situazioni particolari sono date da:<br />

Anemia del prematuro: l’obiettivo <strong>della</strong> trasfusione di CE è il ripristino o il mantenimento di<br />

un’adeguata ossigenazione tissutale.<br />

Dipendenza <strong>della</strong> somministrazione di ossigeno: i neonati con patologia polmonare severa traggono<br />

beneficio dal mantenimento dei valori di Htc superiori al 40%. Esistono evidenze che tali livelli<br />

incrementino la liberazione di O2 nei tessuti e che il suo consumo si riduca in pazienti ossigenodipendenti<br />

con displasia broncopolmonare.<br />

Occorre comunque ricordare il possibile utilizzo di EPO; vi sono infatti evidenze che essa possa<br />

ridurre il fabbisogno trasfusionale nel neonato, in particolare dopo la seconda settimana di vita, e<br />

nel prematuro (nel quale l’anemia è associata al ritardo di produzione di EPO per sua minore<br />

sensibilità ai bassi valori di Htc rispetto al bambino più grande e all’adulto). (Grado di<br />

raccomandazione: 2C+)<br />

Non esistono, attualmente, criteri EBM (Evidence Based Medicine) per la somministrazione di<br />

eritrociti nell’età neonatale ossia identificare dei parametri trasfusionali trigger (p.e. il valore di Hb<br />

nel sangue periferico) che da soli permettano di decidere se trasfondere o meno. La decisione di<br />

trasfondere è infatti legata a molti altri parametri (“markers surrogati di anemia”), tra i quali si<br />

ricordano irregolarità <strong>della</strong> respirazione (tachipnea), tachicardia, arresto o riduzione dell’incremento<br />

ponderale, letargia, incremento dei livelli di lattato e difficoltà nell’alimentazione. Sebbene la<br />

trasfusione di CE possa migliorare questi parametri non esiste al momento attuale una chiara<br />

evidenza che la trasfusione riduca la mortalità o la durata dell’ospedalizzazione. Nelle tabelle 10-12<br />

vengono indicati i volumi e i principali criteri per la trasfusione di CE in età pediatrica.<br />

Oltre i quattro mesi di vita e nei bambini, le indicazioni alla trasfusione di emocomponenti sono<br />

analoghe a quelle degli adulti, ovviamente tenendo presenti i differenti volumi ematici in rapporto<br />

all’età.<br />

In alcune anemie croniche del bambino, come ad esempio nella talassemia, vi sono protocolli<br />

particolari, che prevedono la trasfusione di globuli rossi in regime cosiddetto ipertrasfusionale o<br />

supertrasfusionale.<br />

Tabella 10 - Volume di CE da trasfondere (o scambiare) in neonati e bambini<br />

Emocomponente<br />

Volume<br />

Sangue intero ricostituito (Ht 0,50-0,60) per exanguinotrasfusione Neonato a termine: 80-160 mL/Kg<br />

Neonato pretermine: 100-200 mL/Kg<br />

Eritrociti concentrati (Hb desiderata – Hb attuale) x peso x 3<br />

solitamente 10-20 mL/Kg<br />

16


Tabella 11 - Valori di Hb al di sotto dei quali è indicato trasfondere nei primi 4 mesi di vita<br />

Trasfusione di eritrociti<br />

Hb ( o altro parametro)<br />

Anemia nelle prime 24 ore Hb 12 g/dl<br />

Perdita ematica in una settimana 10% volume ematico<br />

Neonato in terapia intensiva Hb 12 g/dl<br />

Perdita ematica acuta 10% volume ematico<br />

Dipendenza cronica da ossigeno Hb 11 g/dl<br />

Anemia tardiva in paziente stabile Hb 7 g/dl<br />

Tabella 12 – Indicazioni all’uso di CE in pediatria<br />

TRASFONDERE ( 20 ml/Kg):<br />

Htc 20 o Hb 7 g/dl e reticolociti < 4%<br />

Htc 25 o Hb 8 g/dl se associati a:<br />

o episodi di apnea/bradicardia (>10/24 ore)<br />

o tachicardia (>180 btt/min), tachipnea (>80/min)<br />

o mancato incremento di peso corporeo per 4 giorni<br />

o lieve Repiratory Distress Syndrome (RDS)<br />

Htc 30 o Hb 10 g/dl e moderata RDS<br />

Htc 35 o Hb 12 g/dl e grave RDS (ev. scompenso cardiaco e cianosi)<br />

emorragia acuta e shock (reintegro del volume ed Htc = 40%).<br />

H. ANEMIA EMOLITICA AUTOIMMUNE<br />

La terapia trasfusionale delle Anemie Emolitiche Autoimmuni (AEA) deve essere affrontata<br />

con grande cautela, essendo di norma indicata solo nei casi di gravità tale da non potersi<br />

attendere gli effetti <strong>della</strong> terapia corticosteroidea (33).<br />

L’impiego delle Immunoglobuline endovena resta tuttora privo di evidenza sperimentale,<br />

mentre il trattamento con plasmaexchange può risultare utile solo quando gli auto-anticorpi sono<br />

di classe IgM (34).<br />

Dal punto di vista immunoematologico i principali problemi sono rappresentati:<br />

• dalle difficoltà <strong>della</strong> tipizzazione eritrocitaria: gli eritrociti sensibilizzati possono<br />

autoagglutinare, provocando errori nella determinazione del gruppo sanguigno<br />

AB0/Rh, prevalentemente a carico del sistema Rh nelle AEA da Auto Anticorpi Caldi<br />

(AAC) e del sistema AB0 nelle AEA da Auto Anticorpi Freddi (AAF). Data la particolare<br />

suscettibilità di questi soggetti a sviluppare alloanticorpi, è prudente estendere la<br />

tipizzazione delle emazie eluite anche ai fenotipi Rh, Kell, Duffy e Kidd al fine di<br />

trasfondere unità antigene-compatibili (35). Se sussistono incertezze nella tipizzazione<br />

eritrocitaria, si devono trasfondere emazie 0Rh negativo;<br />

• dal rischio di mascheramento di allo anticorpi: soprattutto in pazienti con anamnesi<br />

positiva per gravidanze e/o trasfusioni deve essere esclusa la copresenza di allo anticorpi,<br />

adottando tecniche efficaci per l’eluizione delle emazie del paziente ed il successivo<br />

autoassorbimento del siero (36);<br />

• dalla quasi impossibilità di reperire emazie compatibili, in quanto gli AAb si comportano<br />

di norma come panagglutinanti. La selezione di unità cosi dette meno incompatibili non<br />

offre un comprovato beneficio e pertanto non giustifica il ritardo <strong>della</strong> terapia nelle<br />

situazioni di emergenza (37).<br />

17


Di conseguenza la trasfusione può risultare di scarso beneficio ed essere addirittura<br />

complicata da:<br />

• emoglobinuria,<br />

• aumento di potenza dell’AAb,<br />

• stimolo alla formazione di allo anticorpi, soprattutto nelle forme da AAC.<br />

Dal punto di vista clinico il problema principale è quando trasfondere e con quali criteri,<br />

al fine di controllare i rischi e garantire il beneficio possibile.<br />

A tal fine è di estrema importanza valutare se l’anemizzazione è condizione<br />

cronica/stabile, ovvero insorta acutamente a seguito di una crisi emolitica.<br />

Il secondo caso è clinicamente più importante, in quanto, non essendosi ancora instaurati i<br />

meccanismi di compenso, anche una riduzione apparentemente moderata di Hb può determinare<br />

un’ipossia acuta.<br />

Il paziente clinicamente stabile e senza segni di emolisi intensa/ingravescente, non deve<br />

essere trasfuso, viceversa in costanza di caduta rapida dell’Hb, età avanzata e/o di sintomi da<br />

ipoossia (stato soporoso, tachipnea, tachicardia,…..) si deve comunque trasfondere, anche se<br />

manca il tempo per un corretto inquadramento immunoematologico. La terapia sostitutiva è<br />

altresì fortemente indicata nei pazienti reticolocitopenici con iperplasia eritroide midollare<br />

(35, 38).<br />

Dal punto di vista pratico valgono, le seguenti regole (33) :<br />

• limitare gli interventi trasfusionali con emazie concentrate sottoposte a leucoriduzione<br />

prestorage per evitare l’eccesso di emolisi, il sovraccarico circolatorio e l’insorgere di<br />

reazioni febbrili;<br />

• durante le crisi emolitiche trasfondere unità di recente prelievo (< 15 d), per<br />

minimizzare gli effetti <strong>della</strong> caduta del 2-3 DPG sul rilascio tissutale dell’O2;<br />

• se si rendesse necessaria la trasfusione di plasma e/o di concentrati piastrinici,<br />

ricorrere ad emocomponenti idonei alla prevenzione <strong>della</strong> TRALI (plasma di donatori di<br />

sesso maschile, di grado farmaceutico, piastrine risospese in mezzo salino).<br />

I pazienti con Sindrome da agglutinine fredde hanno raramente necessità di essere<br />

trasfusi. Se necessaria, la trasfusione può essere più efficace che nelle AEA da AAC, grazie al<br />

fenomeno <strong>della</strong> resistenza delle emazie omologhe all’emolisi complemento-dipendente<br />

conseguente al legame con C3d, che, per essere frammento inattivo, blocca la successiva attivazione<br />

<strong>della</strong> catena complementare (42). Durante la trasfusione può essere vantaggioso impiegare<br />

idonei riscaldatori, mentre deve essere evitato il preriscaldamento delle unità (34).<br />

Di particolare interesse per la gravità clinica sono le AEA cosi dette miste (40), nelle quali<br />

AAb di classe IgM, reattivi a 37°C, coesistono con gli AAb di classe IgG. Possono insorgere gravi<br />

crisi emolitiche intravascolari con conseguenti CID ed insufficienza renale. La trasfusione ha una<br />

pericolosità proporzionale con l’intensità dell’emolisi e pertanto deve essere posposta<br />

all’inizio <strong>della</strong> terapia corticosteroidea, di regola molto efficace. In casi estremi, potrebbe<br />

essere utile il trattamento con plasmaexchange.<br />

L’Emoglobinuria parossistica a frigore è oggi, pur nella sua rarità, prevalentemente<br />

associata a infezioni virali <strong>della</strong> prima infanzia come manifestazione acuta e transitoria, che quasi<br />

mai richiede terapia sostitutiva. Se la trasfusione si rende necessaria come intervento salvavita,<br />

deve essere effettuata con gli stessi criteri delle altre AEA da AAF, tenendo presente che<br />

l’emolisina bifasica non interferisce con le prove di compatibilità eseguite a 37°C (41).<br />

18


Grande interesse rivestono le ricerche sui trasportatori di ossigeno come alternativa alla<br />

trasfusione di globuli rossi.<br />

Attualmente i prodotti più promettenti sono le emoglobine estratte da eritrociti umani o bovini e<br />

successivamente sottoposte a polimerizzazione o legame con macromolecole per aumentare<br />

l’emivita e prevenire la tossicità dell’emoglobina libera, che già hanno dimostrato efficacia in<br />

singoli casi di pazienti con AEA che rifiutano la trasfusione (42).<br />

EFFICACIA DELLA TERAPIA TRASFUSIONALE<br />

INCREMENTO TEORICO DI Hb A 24 ORE (PER UNITA’ DI EMAZIE CONCENTRATE<br />

DI 280 ± 50 ml CON Htc AL 70%) = 0,8 – 1 gr<br />

In caso di scostamenti significativi<br />

dall’incremento atteso valutare eventuale<br />

presenza di:<br />

q Emorragie occulte.<br />

q Cause immunologiche primitive o secondarie<br />

(anticorpi irregolari, emolisi, ittero/subittero, <<br />

aptoglobina, test di Coombs diretto e/o indiretto<br />

positivo).<br />

q Splenomegalia<br />

q Emolisi per inadeguata conservazione dei CE.<br />

REAZIONI AVVERSE ALLA TRASFUSIONE DI CE<br />

La trasfusione di CE può provocare varie complicanze alcune delle quali (TRALI, contaminazione<br />

batterica e rischio infettivo) sono comuni ad altri emocomponenti (concentrati piastrinici e plasma).<br />

In base al meccanismo di azione ed al tempo di comparsa rispetto alla trasfusione si distinguono:<br />

Reazioni immunologiche<br />

Reazioni non immunologiche<br />

Immediate<br />

Ritardate<br />

Immediate<br />

Ritardate<br />

Reazioni immunologiche immediate:<br />

q reazione emolitica acuta;<br />

q reazione febbrile non emolitica (brivido-ipertermia);<br />

q reazioni allergiche (anafilassi, orticaria);<br />

q edema polmonare acuto non cardiogeno (TRALI).<br />

Reazioni immunologiche ritardate:<br />

q reazioni emolitiche ritardate<br />

q graft versus host reaction (GVHR);<br />

q effetto immunomodulatore;<br />

q porpora post-trasfusionale;<br />

q allo-immunizzazione.<br />

Reazioni non immunologiche immediate:<br />

q reazione da contaminazione batterica;<br />

q sovraccarico di circolo;<br />

q emolisi non immunologica;<br />

q altro (ipotermia, tossicità da citrato, iperkaliemia, coagulopatia da diluizione).<br />

Reazioni non immunologiche ritardate:<br />

q sovraccarico marziale;<br />

q trasmissione di malattie infettive.<br />

19


SINTOMATOLOGIA DELLE REAZIONI TRASFUSIONALI ACUTE<br />

q Reazione emolitica: dolore in sede di infusione, febbre, shock, dolore lombare, brividi, oliguria,<br />

emoglobinuria, sanguinamento, arresto cardiaco.<br />

q Reazione febbrile non emolitica: aumento di temperatura di 1°C o più durante o in seguito alla<br />

trasfusione e senza nessuna altra causa.<br />

q Reazione da contaminazione batterica dell’unità: shock, febbre elevata, coagulazione<br />

intravascolare disseminata, insufficienza renale, delirio, vomito, diarrea, dolore muscolare.<br />

q Reazione allergica del tipo anafilattico: shock, tosse, insufficienza respiratoria, instabilità<br />

pressoria, nausea, dolore addominale, vomito, perdita di coscienza dopo infusione di pochi millilitri<br />

di sangue in assenza di febbre (che può comparire 50-60 minuti dopo).<br />

q Reazione allergica del tipo orticaria: pomfi, eritema locale, prurito.<br />

q TRALI: insufficienza respiratoria che, nei casi conclamati, presenta un quadro clinico e<br />

radiologico di edema polmonare non cardiogeno (simile all’ARDS ma a completa risoluzione<br />

nell’80% dei casi entro 96 ore).<br />

q Sovraccarico circolatorio: quadro di scompenso cardiaco acuto con edema polmonare<br />

cardiogeno.<br />

q Coagulopatia: quadro di coagulopatia da diluizione.<br />

q Ipotermia: si verifica solo nelle trasfusioni massive.<br />

q Tossicità da citrato: il citrato, utilizzato come anticoagulante, nella trafusione massiva può<br />

determinare acidosi metabolica.<br />

q Iperkaliemia: i CE riportano un progressivo danno da conservazione a livello <strong>della</strong> membrana<br />

cellulare con rilascio del potassio intracellulare (p.e. emazie irradiate).<br />

20


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22


PLASMA FRESCO CONGELATO<br />

DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI<br />

Il PFC è un emocomponente che può essere preparato da sangue intero o raccolto mediante aferesi<br />

da donatore selezionato secondo i criteri del DM 03 marzo 2005. 1-4<br />

Le diverse preparazione di PFC sono equivalenti sia in termini di efficacia terapeutica che di effetti<br />

collaterali. (Grado di raccomandazione:1A)<br />

Il PFC viene congelato entro sei ore dal prelievo, a temperatura < 30° C, per preservare<br />

adeguatamente i fattori labili <strong>della</strong> coagulazione (FV e FVIII); esso contiene livelli normali di<br />

fattori stabili e labili <strong>della</strong> coagulazione, albumina e immunoglobuline, per una quantità totale di<br />

proteine > 50 g/L, emazie < 6x10 9 /L, leucociti < 0,1x10 9 /L e piastrine < 50x10 9 ; il PFC per uso<br />

clinico non deve contenere anticorpi irregolari clinicamente significativi.<br />

Poiché il Fattore VIII è fra i più labili <strong>della</strong> coagulazione, la qualità del PFC è valutata attraverso il<br />

dosaggio di questo fattore: in particolare il PFC deve contenere almeno il 70 % del Fattore VIII<br />

presente al momento del prelievo (Raccomandazione Europea n° R(95) 15 :70 UI/100ml) e almeno<br />

quantità simili degli altri fattori labili e degli inibitori 5-8<br />

1 mL di PFC/Kg aumenta la concentrazione dei fattori <strong>della</strong> coagulazione di circa 1-2%.<br />

Tabella 1 - Fattori plasmatici <strong>della</strong> coagulazione.<br />

Fattore % livello emostatico<br />

I 12-50<br />

II 10-25<br />

V 10-30<br />

VII > 10<br />

VIII 30-40<br />

IX 15-40<br />

X 10-40<br />

XI 20-30<br />

XIII < 5<br />

AT III 80-120<br />

Se mantenuto costantemente a temperatura inferiore a -25° C, il PFC può essere conservato per un<br />

periodo di ventiquattro mesi.<br />

COMPATIBILITA’ AB0/RhD 9,10<br />

q Dovrebbe essere impiegato plasma AB0-compatibile con il ricevente (tabella 1).<br />

q Si raccomanda di non utilizzare plasma di gruppo 0 soprattutto in pazienti pediatrici o di basso<br />

peso non di gruppo 0, per il rischio di determinare nel ricevente emolisi passiva da anticorpi anti-A<br />

o anti-B. (Grado di raccomandazione: 1C+)<br />

q Il PFC può essere somministrato senza rispettare la compatibilità Rh. Non è necessaria la<br />

profilassi anti-D in riceventi Rh D-negative che ricevano trasfusioni di PFC Rh D-positivo. (Grado<br />

di raccomandazione: 1C+)<br />

Tabella 2 – Compatibilità AB0 nella trasfusione di PFC.<br />

Gruppo ABO ricevente 0 A B AB<br />

Prima scelta 0 A B AB<br />

alternativa A AB AB -<br />

alternativa B - - -<br />

alternativa AB - .- -<br />

23


INDICAZIONI PER L’USO DEL PFC NELL’ADULTO<br />

Risale al 1985 la pubblicazione di una Consensus Conference (JAMA 1985; 253: 551-553) 11 in<br />

base alla quale il National Institute of Health (NIH) ha limitato l’indicazione all’uso clinico del PFC<br />

solo alla correzione di deficit <strong>della</strong> coagulazione associati ad emorragia in atto o a grave rischio<br />

emorragico.<br />

Indicazioni più restrittive rispetto alla pratica clinica del momento, sono contenute anche nel<br />

documento “Il buon uso del sangue” pubblicato nel 1993 dal Ministero <strong>della</strong> Sanità – Commissione<br />

Nazionale per il <strong>Servizio</strong> Trasfusionale 12 .<br />

Negli ultimi anni, sulla base delle raccomandazioni dell’OMS, 13 del Consiglio d’Europa e di<br />

diverse Società Scientifiche sono state definite, sulla base dell’evidenza clinica, diverse altre linee<br />

guida all’uso clinico del plasma con indicazioni più restrittive rispetto al passato. Ne è derivata una<br />

diminuzione significativa dell’uso clinico del plasma fresco congelato (PFC). Analoga<br />

raccomandazione viene dal Ministero <strong>della</strong> Salute - Direzione generale <strong>della</strong> Prevenzione che nel<br />

2003 evidenzia la “necessità che i Comitati Ospedalieri per il Buon Uso del Sangue adottino<br />

procedure di audit sull’appropriatezza <strong>della</strong> trasfusione del plasma”.<br />

In alcuni studi retrospettivi pubblicati nell’ultimo anno è stato segnalato il persistere di un 30-40%<br />

di indicazioni non corrette: ancora oggi il plasma è impiegato in molti pazienti in quantità<br />

insufficienti, invece che per pochi pazienti selezionati in quantità adeguate. 14<br />

L’utilizzo del PFC è da riservare a<br />

1. correzione di deficit congeniti dei fattori <strong>della</strong> coagulazione per i quali non esista il concentrato<br />

specifico o di deficit fattoriali multipli acquisiti, quando PT o aPTT siano > 1,5 volte il normale,<br />

come nei seguenti casi:<br />

A. Malattia epatica in presenza di sanguinamento in atto o per profilassi, in caso di chirurgia<br />

o procedure invasive (Grado di raccomandazione: 1C+). 10,12,15-34<br />

B. Deficit di singoli fattori <strong>della</strong> coagulazione, in assenza di concentrati specifici o di PFC<br />

inattivato con solvente/detergente (per es. deficit di FV), in presenza di sanguinamento in atto<br />

o per profilassi in caso di chirurgia o procedure invasive (Grado di raccomandazione:<br />

1C+). 10,12,15-34<br />

C. Coagulazione intravascolare disseminata acuta con sanguinamento in atto, intervenendo<br />

allo stesso tempo sulle cause scatenanti (Grado di raccomandazione: 1C+). 35-36<br />

D. Trasfusione massiva (> di 1 volume ematico) per correggere l’eventuale sanguinamento<br />

microvascolare. La trasfusione di PFC può comunque essere attuata nel tentativo di arrestare<br />

questo sanguinamento, se PT e aPTT non possono essere ottenuti in tempi ragionevoli (Grado<br />

di raccomandazione: 1C+). 37-43<br />

E. Terapia con antagonisti <strong>della</strong> vitamina K, in presenza di emorragia intracranica o maggiore<br />

o in preparazione di intervento chirurgico urgente, come prima scelta terapeutica è indicato il<br />

complesso protrombinico; il PFC è indicato solo se non è disponibile quest’ultimo. (Grado di<br />

raccomandazione: 1C+). 44-45<br />

2. Come liquido di sostituzione nel trattamento con plasma-exchange <strong>della</strong> porpora trombotica<br />

trombocitopenica, <strong>della</strong> sindrome uremico-emolitica e HELLP (Grado di raccomandazione: 1A).<br />

46-50<br />

3. Angioedema ereditario per deficit dell’inattivatore <strong>della</strong> C1 esterasi, in assenza del<br />

plasmaderivato specifico (di difficile reperimento) (Grado di raccomandazione: 2C+).<br />

MODALITA’ DI SOMMINISTRAZIONE<br />

Lo scongelamento del PFC deve avvenire a temperatura compresa fra 30° C e 37° C in bagno maria<br />

con agitazione continua o con altra strumentazione idonea a consentire il controllo <strong>della</strong><br />

temperatura. Dopo lo scongelamento il plasma deve essere trasfuso al più presto possibile. Non può<br />

essere ricongelato (Grado di raccomandazione: 1C+).<br />

Deve essere infuso mediante filtri da trasfusione da 170 m a 200 m.<br />

24


POSOLOGIA 3,4,7,10,12,14,15,27-29,52.<br />

La dose tradizionale è di 10-15 mL/kg di peso corporeo. In caso di sanguinamento massivo il<br />

dosaggio può essere aumentato fino a 20 mL/kg. E’ necessario il monitoraggio <strong>della</strong> situazione<br />

clinica e dei parametri laboratoristici per modulare la terapia e modularne l’efficacia. (Grado di<br />

raccomandazione: 1C+).<br />

Tabella 3 – Indicazioni per l’uso del PFC e grado di raccomandazione<br />

ADULTO<br />

GRADO DI<br />

RACCOMANDAZIONE<br />

Pazienti con malattia epatica in presenza di sanguinamento in atto o<br />

1C+<br />

per prevenirlo in caso di chirurgia o procedure invasive.<br />

Pazienti con deficit di singoli fattori <strong>della</strong> coagulazione, in assenza<br />

1C+<br />

di concentrati specifici (per es. deficit di FV), in presenza di<br />

sanguinamento in atto o per prevenirlo in caso di chirurgia o<br />

procedure invasive.<br />

Pazienti con coagulazione intravascolare disseminata acuta con<br />

1C+<br />

sanguinamento in atto, purchè la causa scatenante possa altresì<br />

essere trattata in modo efficace.<br />

Pazienti sottoposti a trasfusione massiva (> di 1 volume ematico)<br />

1C+<br />

per correggere il sanguinamento microvascolare. La trasfusione di<br />

PFC può comunque essere attuata nel tentativo di arrestare questo<br />

sanguinamento se PT e aPTT non possono essere ottenuti in tempi<br />

ragionevoli.<br />

Pazienti in terapia con antagonisti <strong>della</strong> vitamina K, in presenza di<br />

1C+<br />

emorragia intracranica o maggiore o in preparazione di intervento<br />

chirurgico urgente: come prima scelta terapeutica è indicato il<br />

complesso protrombinico; il PFC è indicato solo se non è<br />

disponibile quest’ultimo.<br />

Come liquido di sostituzione nel trattamento aferetico <strong>della</strong> porpora<br />

1A<br />

trombotica trombocitopenica, <strong>della</strong> sindrome uremico-emolitica e<br />

Hellp<br />

Angioedema ereditario per deficit dell’inattivatore <strong>della</strong> C1 esterasi,<br />

2C+<br />

in assenza del plasmaderivato specifico.<br />

INDICAZIONI PER L’USO DEL PFC IN NEONATOLOGIA 10,30,31,53-62.<br />

I bambini di età inferiore a 6 mesi, e ancor più il neonato pretermine, hanno livelli relativamente più<br />

bassi dei fattori vitamina K-dipendenti (FII, FVII, FIX, FX), dei 4 fattori <strong>della</strong> fase di contatto e<br />

degli inibitori <strong>della</strong> coagulazione vitamina K-dipendenti. PT e aPTT hanno quindi valori<br />

mediamente superiori a quelli dell’adulto senza essere necessariamente correlati ad un rischio di<br />

sanguinamento.<br />

Alterazioni isolate dei test di coagulazione e non particolarmente significative, in assenza di<br />

sintomatologia o di rischio emorragico, non costituiscono un’indicazione alla trasfusione di PFC.<br />

Il PFC è indicato nel sanguinamento da coagulazione intravascolare disseminata.<br />

Il PFC può essere utilizzato nel trattamento delle deficienze congenite di un singolo fattore <strong>della</strong><br />

coagulazione per il quale non sia disponibile il relativo emoderivato.<br />

Exsanguino trasfusione per la ricostituzione di sangue intero (utilizzo di plasma di grupo AB)<br />

(Grado di raccomandazione: 2C).<br />

Malattia emorragica del neonato; in casi di particolare gravità l’uso del PFC associato alla<br />

somministrazione di vit. K e.v. può essere indicato. In alternativa anche il complesso protrombinico<br />

può venir utilizzato con minor rischio infettivologico (Grado di raccomandazione: 2C).<br />

25


Pazienti con ratio PT o aPTT > 1,5, non emorragici, in presenza di rischio significativo di<br />

sanguinamento (neonato pre-termine e/o precedente emorragia peri-ventricolare). (Grado di<br />

raccomandazione: 2C)<br />

Iperdosaggio di anticoagulanti orali in presenza di manifestazioni emorragiche non trattabili<br />

coonvitamina K: l’utilizzo di PFC non risulta essere trattamento ottimale, è solo parzialmente<br />

efficace e dovrebbe essere evitato in assenza di sanguinamento severo (Grado di<br />

raccomandazione: 2C).<br />

Angioedema ereditario per deficit dell’inattivatore <strong>della</strong> C1 esterasi, in assenza del plasmaderivato<br />

specifico (di difficile reperimento) (Grado di raccomandazione: 2C+).<br />

La posologia è di circa 15 mL/kg (Grado di raccomandazione: 2C).<br />

Tabella 4 – Indicazioni per l’uso del PFC in neonatologia e grado di raccomandazione<br />

NEONATO GRADO DI<br />

RACCOMANDAZIONE<br />

COME PER L’ADULTO VEDI TABELLA<br />

Exsanguino-trasfusione, per la ricostituzione di sangue intero. 2C<br />

Malattia emorragica del neonato; in casi di particolare gravità l’uso<br />

2C<br />

del PFC associato alla somministrazione di vitamina K e.v. può<br />

essere indicato. In alternativa anche il complesso protrombinico può<br />

venir utilizzato con minor rischio infettivologico.<br />

Pazienti con ratio PT o aPTT > 1,5, non emorragici, in presenza di<br />

2C<br />

rischio significativo di sanguinamento (neonato pre-termine e/o<br />

precedente emorragia peri-ventricolare).<br />

Iperdosaggio di anticoagulanti orali in presenza di manifestazioni<br />

2C<br />

emorragiche non trattabili coonvitamina K: l’utilizzo di PFC non<br />

risulta essere trattamento ottimale, è solo parzialmente efficace e<br />

dovrebbe essere evitato in assenza di sanguinamento severo.<br />

UTILIZZO INAPPROPRIATO. 2-8,10,11,52,63,18-20,29-33,44,64.<br />

q Espansione del volume ematico (per es. in sostituzione di soluzioni cristalloidi).<br />

q Correzione di ipoproteinemia.<br />

q Correzione di immunodeficit.<br />

q Nutrizione parenterale.<br />

o Correzione di deficit congeniti o acquisiti di fattori <strong>della</strong> coagulazione non accompagnati da<br />

emorragia (Grado di raccomandazione: 1C+).<br />

o Correzione di disturbi emostatici nelle epatopatie croniche in assenza di emorragie (Grado di<br />

raccomandazione: 1C+).<br />

o Nei pazienti con INR > 1,7, in assenza di sanguinamento, il potenziale beneficio <strong>della</strong><br />

trasfusione di PFC, in termini di normalizzazione dei risultati dei test di coagulazione, è minimo<br />

(Grado di raccomandazione: 1C+).<br />

CONTROINDICAZIONI<br />

Scompenso cardiaco.<br />

1. Edema polmonare.<br />

2. Deficit congenito di immunoglobuline A (IgA).<br />

3. Pregresse reazioni allergiche severe verso il plasma o suoi componenti.<br />

26


REAZIONI AVVERSE ALLA TRASFUSIONE DI PFC 2-8,9-11,18-20,30,31,34-38,45,52,63,64.<br />

Reazioni allergiche:<br />

Lievi (orticaria): si osservano nell’1% dei pazienti<br />

Severe e anafilattiche: si osservano in meno di 1 caso su 100.000.<br />

Reazioni febbrili: compaiono in meno dell’1% dei pazienti trasfusi con PFC e fino al 10% dei<br />

pazienti sottoposti a plasmaexchange.<br />

TRALI: insufficienza respiratoria che, nei casi conclamati, presenta un quadro clinico e<br />

radiologico di edema polmonare non cardiogeno (simile all’ARDS ma a completa risoluzione<br />

nell’80% dei casi entro 96 ore). Come prevenzione è opportuno l’utilizzo di plasma da donatore<br />

maschio periodico mai trasfuso e da donatrice mai trasfusa e nullipara, oppure l’impiego di<br />

plasma inattivato con solvente/detergente. 66-68.<br />

Sovraccarico del circolo: in particolare in pazienti con insufficienza renale o cardiopolmonare. 69<br />

Tossicità da citrato: può comparire dopo una trasfusione rapida di grandi volumi di plasma ed é<br />

particolarmente importante in neonati e in pazienti epatopatici.<br />

Trasmissione di infezioni: il processo di congelamento inattiva i batteri; una contaminazione e<br />

crescita di batteri con liberazione di endotossine prima del congelamento è estremamente<br />

improbabile. Persiste tuttora un rischio, seppur minimo, di trasmissione di infezioni virali.<br />

Malattia da Graft versus Host (GvHD): non sono mai stati segnalati casi di GvHD PFCassociati.<br />

Il congelamento è linfocitolitico, pertanto non è necessario irradiare il plasma.<br />

Comparsa di inibitori in pazienti con gravi deficit congeniti di fattori <strong>della</strong> coagulazione.<br />

Attivazione dell’antigene “T” dei globuli rossi (Grado di raccomandazione 2 C).<br />

L’attivazione T si può avere attraverso l’esposizione del cripto antigene T sui globuli rossi dei<br />

neonati affetti da infezioni da clostridio, streptococco o pneumococco in condizioni come la<br />

necrosi enterocolitica(NEC: necrotizing enterocolitis). L’anticorpo anti T si riscontra<br />

praticamente nel plasma <strong>della</strong> quasi totalità dei donatori. Fortunatamente l’emolisi post<br />

trasfusionale non è frequente nei neonati con NEC e T attivazione. Bisogna considerare che<br />

plasma con basso titolo di anti T è raro ma dilazionare il trattamento potrebbe essere comunque<br />

pericoloso per il paziente. 21,86 (Grado di raccomandazione: 2C).<br />

PLASMA INATTIVATO CON SOLVENTE / DETERGENTE (PFC S/D). 71-83<br />

CARATTERISTICHE.<br />

Il plasma inattivato con solvente/detergente (PFC S/D) è un prodotto di grado farmaceutico<br />

(pertanto sottoposto ad AIC – autorizzazione all’immissione in commercio – al pari di qualsivoglia<br />

farmaco), con le seguenti caratteristiche:<br />

q elevata standardizzazione lotto per lotto;<br />

q concentrazione/attività delle proteine biologicamente attive dichiarata;<br />

q riduzione/azzeramento dei rischi immunologici legati alla presenza di cellule (o loro<br />

frammenti);<br />

q inattivazione dei patogeni potenzialmente trasmissibili, o screening preliminare per gli stessi, se<br />

clinicamente rilevanti e non inattivabili.<br />

CRITERI PER LA DEFINIZIONE DELLE INDICAZIONI CLINICHE ALL’USO DEL PFC<br />

S/D.<br />

I criteri per la definizione delle indicazioni cliniche all’uso del PFC S/D si basano sulle<br />

caratteristiche del prodotto e sull’ipotetico minore rischio infettivo e immunologico.<br />

Nel caso di somministrazione di elevati volumi è raccomandata la determinazione basale ed<br />

eventuale monitoraggio dell’attività <strong>della</strong> Proteina S.<br />

Al momento non ci sono chiare evidenze che la riduzione del livello plasmatico di Proteina S abbia<br />

un ruolo patogenetico negli eventi tromboembolici riportati.<br />

L’utilizzo del prodotto è sconsigliato in gravidanza e durante l’allattamento.<br />

27


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31


CONCENTRATI PIASTRINICI<br />

DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 1-6 .<br />

I concentrati piastrinici (CP) contengono piastrine (PLT) terapeuticamente efficaci ai fini<br />

trasfusionali e possono essere ottenuti a partire da:<br />

q una donazione di sangue intero fresco sottoposta a centrifugazione;<br />

q una donazione in aferesi.<br />

Il contenuto di PLT è diverso in relazione al tipo di prodotto:<br />

q CP da sangue intero*: contenuto minimo 0,6x10 11 .<br />

q CP da pool di buffy coat*: contenuto minimo 2,5 x10 11 .<br />

q CP da aferesi multicomponent*: contenuto minimo 2x10 11 .<br />

q CP da aferesi monocomponent*: contenuto minimo 3x10 11 .<br />

La dose terapeutica di PLT in un adulto è pari a circa 3x10 11 e pertanto, in caso di utilizzo di CP<br />

derivati da sangue intero, è necessario utilizzare 5-8 unità di CP, singolarmente o in pool.<br />

I pool di CP da sangue intero e i CP da aferesi contengono all’incirca la stessa quantità di PLT;<br />

studi comparativi hanno dimostrato la loro equivalenza terapeutica, in termini di incremento di PLT<br />

post-trasfusionale e di efficacia emostatica, se trasfusi freschi, e la simile incidenza di effetti<br />

collaterali dopo trasfusione. I CP da pool, rispetto a quelli da aferesi, espongono il ricevente ad un<br />

maggiore numero di donatori.<br />

Le specifiche di prodotto non sono causa di differenza nell’efficacia clinica; esistono invece<br />

differenze di indicazione relativamente a trattamenti speciali (leucodeplezione, lavaggio e<br />

irradiazione).<br />

*NB: le indicazioni descritte in queste linee guida presuppongono la leucodeplezione dei<br />

concentrati piastrinici :<br />

q CP da pool: globuli bianchi residui < 0,2x10 6 .<br />

q CP da aferesi: globuli bianchi residui < 0,1x10 6 .<br />

La leucodeplezione assicura:<br />

q una forte riduzione del rischio di immunizzazione contro gli antigeni leucocitari HLA<br />

(prevenzione <strong>della</strong> refrattarietà piastrinica);<br />

q l’annullamento del rischio di trasmissione trasfusionale di virus a localizzazione<br />

intraleucocitaria, fra i quali il virus CMV.<br />

COMPATIBILITA’ AB0/RhD 5-10 .<br />

q I CP trasfusi dovrebbero essere AB0-identici per una resa efficace o, almeno, AB0-compatibili<br />

(tabella 1 in appendice).<br />

q I CP compatibili e non identici possono essere trasfusi se negativi per anti-A/A,B ad alto titolo<br />

[titolo critico (in gel-test) di anti-A/A,B: IgM ≥1:64 e/o IgG ≥ 1:256] o risospesi in soluzioni<br />

additive/conservanti (Grado di raccomandazione: 1C+).<br />

q I CP AB0 incompatibili hanno un’efficacia ridotta e il loro uso dovrebbe essere evitato.<br />

q I pazienti Rh-negativi, e in particolare le donne in età fertile, dovrebbero ricevere, se possibile,<br />

CP RhD-negativi (Grado di raccomandazione: 1C).<br />

q In caso di trasfusione di CP RhD-positivo a una donna RhD-negativa, in età fertile, dovrebbero<br />

essere somministrate 250 U.I. (50 μg) di Ig-anti-D, dose in grado di assicurare copertura per la<br />

trasfusione di 5 dosi terapeutiche di CP in 6 settimane (Grado di raccomandazione: 1C).<br />

32


INDICAZIONI PER L’USO 1 .<br />

La decisione di trasfondere concentrati piastrinici non deve basarsi esclusivamente su un basso<br />

conteggio piastrinico. Indicazione assoluta deve essere considerata una severa piastrinopenia<br />

accompagnata da emorragie clinicamente rilevanti. Tutte le altre indicazioni sono più o meno<br />

relative e dipendono dalle condizioni cliniche del paziente.<br />

Nel trattamento dei pazienti immunizzati possono essere utilizzate PLT HPA e/o HLA compatibili.<br />

Si raccomanda di non utilizzare PLT da aferesi prelevate a congiunti dei pazienti o altri individui<br />

HLA compatibili che sono potenziali donatori di cellule staminali emopoietiche.<br />

Per la prevenzione dell’infezione da CMV, i CP da aferesi, leucodepleti secondo una procedura<br />

validata, rappresentano un’accettabile alternativa a concentrati piastrinici CMV negativi.<br />

La finalità <strong>della</strong> terapia trasfusionale con CP consiste nell’aumento del numero di PLT circolanti ad<br />

un livello tale da consentire di evitare il rischio emorragico e/o da indurre la cessazione delle<br />

manifestazioni emorragiche:<br />

Conta PLT/μL<br />

Rischio emorragico<br />

q > 50.000 Sanguinamento altamente improbabile.<br />

q 10.000-50.000 Sanguinamento probabile per traumi, procedure invasive, ulcere.<br />

q 5.000-10.000 Aumento del rischio di emorragie spontanee.<br />

q < 5.000 Elevatissimo rischio di emorragie spontanee.<br />

Nei pazienti con piastrinopenia iporigenerativa di carattere medico, l’indicazione alla trasfusione<br />

piastrinica è consolidata e di sicura efficacia come intervento terapeutico, ma l’indicazione è<br />

possibile, talora inevitabile, anche come intervento profilattico, per piastrinopenie molto spinte.<br />

La soglia al di sotto <strong>della</strong> quale la trasfusione piastrinica è attualmente raccomandata è di 10.000<br />

PLT/μL nei pazienti clinicamente stabili, cioè in assenza di tutte le seguenti comorbilità:<br />

o febbre > 38,5° C,<br />

o sindrome settica,<br />

o aspergillosi invasiva,<br />

o terapia con amfotericina B,<br />

o disordini plasmatici <strong>della</strong> coagulazione,<br />

o cefalea importante,<br />

o alterazioni/modifica dello stato di coscienza,<br />

o deficit neurologici,<br />

o alterazioni visus<br />

o emorragie minori recenti<br />

o rapido calo del conteggio piastrinico,<br />

o GB > 75.000.<br />

Eccezioni sono rappresentate da:<br />

• leucemia acuta, esclusa la promielocitica (FAB M3), quando il rischio di alloimmunizzazione<br />

e/o refrattarietà piastrinica è particolarmente elevato, nella quale la soglia raccomandata è di 5.000<br />

PLT/μL;<br />

• leucemia acuta, esclusa la promielocitica (FAB M3), in presenza di condizioni di instabilità<br />

clinica, nella quale si raccomanda di innalzare la soglia a 20.000 PLT/μL.<br />

• Neoplasie vescicali o tumori necrotici, durante il trattamento attivo e aggressivo, soglia<br />

raccomandata di 20.000 PLT/μL.<br />

Nel paziente chirurgico, invece, si suggerisce il seguente approccio:<br />

• Per interventi di chirurgia maggiore o manovre invasive quali rachicentesi, anestesia epidurale,<br />

biopsia transbronchiale ed epatica, EGDS con biopsia, posizionamento di CVC, si suggerisce di<br />

portare la conta piastrinica sopra le 50.000/μL.<br />

• Per interventi chirurgici in sedi critiche, in oculistica e neurochirurgia, si suggerisce una soglia<br />

trasfusionale di 100.000 PLT/μL.<br />

33


INDICAZIONI IN PROFILASSI 5-7,11-41 .<br />

CONDIZIONE<br />

SOGLIA<br />

PLT/μL<br />

GRADO DI<br />

RACCOM.<br />

Leucemia acuta, esclusa la promielocitica (FAB M3), in 20.000<br />

paziente instabile.<br />

1C+<br />

Leucemia acuta in fase di stabilità clinica, esclusa la 10.000<br />

promielocitica acuta (FAB M3).<br />

1A<br />

Leucemia acuta, esclusa la promielocitica acuta (FAB M3), 5.000*<br />

quando il rischio di alloimmunizzazione e/o refrattarietà<br />

piastrinica è particolarmente sentito.<br />

1B<br />

Leucemia promielocitica acuta (FAB M3). Vedi nota @ 2C<br />

Aplasia midollare e mielodisplasie, in paziente instabile o 10.000<br />

durante trattamento attivo.<br />

2C+<br />

Aplasia midollare e mielodisplasie in fase di stabilità. Vedi nota # 2C+<br />

Trapianto di midollo osseo allogenico. 10.000 2C+<br />

Trapianto di midollo autologo da PBSC 10.000 $ 2C+<br />

Neoplasie vescicali o tumori necrotici, durante il trattamento 20.000<br />

attivo e aggressivo.<br />

1C+<br />

Neoplasie solide durante il trattamento attivo. 10.000 2C+<br />

Interventi di neurochirurgia o oculistica in elezione. 100.000 2C<br />

Interventi di chirurgia maggiore, con altri fattori di rischio. 50-100.000 § 2C+<br />

Interventi di chirurgia maggiore, sedi non critiche. 50.000 2C+<br />

Puntura lombare, anestesia epidurale.<br />

2C+<br />

EGDS con biopsia.<br />

Posizionamento di CVC.<br />

Broncoscopia con biopsia transbronchiale.<br />

Biopsia epatica.<br />

50.000<br />

Biopsia osteo-midollare e aspirato midollare<br />

Legenda:<br />

Soglia non prevista 2C+<br />

*: Questa soglia più bassa è adottabile qualora il Laboratorio Analisi di riferimento sia in grado di<br />

garantire accettabili coefficienti di variazione (intra-test e inter-test) in condizioni di piastrinopenia<br />

estrema.<br />

@<br />

: A causa delle concomitanti alterazioni dell’emostasi che spesso complicano la LMA M3<br />

all’esordio, una volta dominata la coagulopatia possono essere prese a riferimento le indicazioni per<br />

le altre leucemie.<br />

#<br />

: Le trasfusioni profilattiche a lungo termine andrebbero evitate, dal momento che questi pazienti<br />

sono spesso stabili anche per conteggi inferiori a 5-10.000/μL e c’è un inaccettabile rischio di alloimmunizzazione.<br />

$<br />

: Si suggerisce l’adozione di questa soglia limitatamente al paziente clinicamente instabile.<br />

§<br />

: L’indicazione alla trasfusione di PLT a pazienti chirurgici con una conta piastrinica compresa tra<br />

50- e 100.000/μL è data dal rischio complessivo di sanguinamento che è legato al tipo e<br />

all’estensione dell’intervento, all’abilità nel controllare il sanguinamento intraoperatorio, alle<br />

conseguenze di un sanguinamento non controllato e alla presenza di fattori che possono alterare la<br />

funzionalità piastrinica (circolazione extracorporea, insufficienza renale, l’assunzione di farmaci)<br />

e/o altre comorbilità.<br />

34


INDICAZIONI IN TERAPIA (SANGUINAMENTO IN ATTO) 5-7,12,14,16,18,27,31,32,35,40-44 .<br />

La necessità di CP, in presenza di piastrinopenie (PLT < 100.000/μL) o di altri difetti funzionali<br />

(anche iatrogeni) delle PLT, dipende dalla natura e dalla sede del sanguinamento, dalla presenza o<br />

meno di coagulopatia, dai trattamenti intercorrenti, oltre che dalle condizioni cliniche del paziente<br />

(tabella 2 in appendice).<br />

q Nei pazienti sottoposti a trapianto autologo da cellule staminali periferiche, purchè in<br />

condizioni di stabilità clinica e con disponibilità di CP 24h/24h, può essere adottata una strategia<br />

trasfusionale terapeutica (emorragie di grado II WHO o superiore – tabella 3 in appendice),<br />

indipendentemente dalla conta piastrinica. (Grado di raccomandazione: 2C+).<br />

q Il paziente chirurgico con sanguinamento in atto richiede usualmente la trasfusione di PLT se<br />

la conta piastrinica è < 50.000/μL e raramente la richiede se la conta piastrinica è > 100.000/μL<br />

(Grado di raccomandazione: 2B).<br />

q Durante le trasfusioni massive, quando siano trasfusi globuli rossi concentrati per un volume<br />

approssimativamente doppio di quello ematico, è atteso un valore di PLT di 50.000/μL; si<br />

suggerisce quindi una soglia trasfusionale di 75.000/μL in quei pazienti con emorragia in atto, per<br />

garantire loro un margine di sicurezza e impedire che le PLT scendano sotto le 50.000/μL, soglia<br />

critica per l’emostasi. Una conta piastrinica più elevata è stata raccomandata per i pazienti con<br />

politraumi subiti in incidenti con elevata velocità o con lesioni che interessano il sistema nervoso<br />

centrale (Grado di raccomandazione: 2C).<br />

q Circolazione extracorporea: si raccomanda di riservare la trasfusione piastrinica a pazienti<br />

che, a fine intervento, presentano un’emorragia non correlabile a cause chirurgiche o ad altre<br />

coagulopatie (Grado di raccomandazione: 1A).<br />

La conta piastrinica non è indicativa in questi casi, in quanto si tratta di pazienti con alterazioni<br />

funzionali piastriniche secondarie e la decisione di trasfondere PLT può essere guidata dal criterio<br />

clinico (sanguinamento microvascolare e eccessiva anemizzazione post-chirurgica) (Grado di<br />

raccomandazione: 2C).<br />

q Nella CID acuta, in presenza di emorragia importante e piastrinopenia, in aggiunta al<br />

trattamento <strong>della</strong> malattia di base e al ripristino di normali livelli di fattori <strong>della</strong> coagulazione. E’<br />

necessario monitorare la conta piastrinica e i test di screening <strong>della</strong> coagulazione (PT, aPTT,<br />

fibrinogeno, AT). Non c’è consenso sulla conta piastrinica target, ma in presenza di emorragia<br />

importante, può essere ragionevole mantenerla intorno alle 50.000/μL, analogamente a quanto si fa<br />

nella trasfusione massiva (Grado di raccomandazione: 2C).<br />

q Deficit funzionali piastrinici (congeniti o acquisiti): le trasfusioni piastriniche sono indicate,<br />

solo in presenza di emorragia perioperatoria (Grado di raccomandazione: 2C).<br />

In caso di refrattarietà alla trasfusione piastrinica per pazienti affetti da Tromboastenia di<br />

Glanzmann è indicata la terapia con fattore VII ricombinante (Grado di raccomandazione: 1C+.<br />

q Trombocitopenia autoimmune: le trasfusioni piastriniche sono riservate ai soli episodi di<br />

emorragia maggiore e/o pericolosa (per es. gravi emorragie intestinali, emorragie endocraniche,<br />

emorragie endoculari) (Grado di raccomandazione: 2C).<br />

q Porpora post-trasfusionale: i CP possono essere usati solo nel tentativo di trattare gravi<br />

emorragie in fase acuta, particolarmente nel perioperatorio e in attesa <strong>della</strong> risposta alle Ig endovena<br />

(Grado di raccomandazione: 2C).<br />

35


INDICAZIONI IN NEONATOLOGIA 5,32,45-51 .<br />

q Trombocitopenia neonatale alloimmune: trasfusioni con CP di donatori privi dell’antigene in<br />

causa (eventualmente <strong>della</strong> madre; in questo caso, lavate e irradiate e risospese in plasma ABO<br />

compatibile con il neonato). La soglia piastrinica suggerita per la trasfusione è di 30.000/μL<br />

(Grado di raccomandazione: 2C).<br />

q PLT < 30.000/μL: considerare la trasfusione profilattica in ogni caso (Grado di<br />

raccomandazione: 2C).<br />

q PLT 30 - 49 x 10 9 /L: considerare la trasfusione profilattica nei seguenti casi (Grado di<br />

raccomandazione: 2C):<br />

o in neonati con peso alla nascita ≤ 1.000 g nella prima settimana di vita;<br />

o pregressa emorragia cerebrale intraventricolare/parenchimale (48-72 h);<br />

o coagulopatia concomitante;<br />

o neonato critico (con sepsi o pressione arteriosa fluttuante);<br />

o in corso di procedura invasiva.<br />

q PLT 50 - 99 x 10 9 /L in neonati con sanguinamento (Grado di raccomandazione: 2C).<br />

q Non trasfondere per valori ≥ 100 x 10 9 /L (Grado di raccomandazione: 2C).<br />

(tabella 5 in appendice).<br />

INDICAZIONI ALLA TRASFUSIONE DI PIASTRINE IRRADIATE 2,5,52 .<br />

(Grado di raccomandazione: 2C+)<br />

I linfociti contenuti nei CP sono inattivati con l’irradiazione pretrasfusionale con una dose di raggi γ<br />

o X di 25-50 Gy; i linfociti vitali contenuti nell’emocomponente trasfuso possono causare una grave<br />

forma di GvHD-ta (Graft versus Host Disease-trasfusione associata), in soggetti gravemente<br />

immunocompromessi o in altri pazienti a rischio per questa rara complicanza.<br />

Le PLT possono essere irradiate in qualsiasi momento dopo la loro produzione, senza che<br />

intervengano variazioni nella data di scadenza dell’emocomponente (tabella 4 in appendice).<br />

q Trasfusione intrauterina/exsanguino-trasfusione, per immaturi e neonati (fino al 6° mese di età).<br />

q Immunodeficit congeniti cellulari.<br />

q Trasfusione con emocomponenti donati da parenti di I° e II° grado, o HLA simile.<br />

q Trapianto allogenico (fino alla fine <strong>della</strong> profilassi <strong>della</strong> GvHD, o al raggiungimento di linfociti<br />

> 1 x 10 9 /L).<br />

q Donazione di midollo per trapianto allogenico (emocomponenti allogenici trasfusi al donatore<br />

prima ed in corso di espianto).<br />

q Autotrapianto di midollo o PBSC (nei 7 gg. prima <strong>della</strong> raccolta del midollo o delle PBSC e<br />

fino a 3 mesi dopo il trapianto – 6 mesi per i pazienti sottoposti a irradiazione totale).<br />

q Linfoma di Hodgkin e pazienti trattati con analoghi delle purine (fludarabina, cladribine e<br />

deoxicoformicina).<br />

q Per i pazienti sottoposti a chemioterapia, l’utilizzo di emocomponenti irradiati dovrà essere<br />

deciso caso per caso, tenendo conto dell’intensità dell’immunosoppressione.<br />

Non è necessario irradiare routinariamente gli emocomponenti trasfusi a:<br />

q Pazienti con infezione da HIV.<br />

q Pazienti con anemia aplastica.<br />

q Pazienti sottoposti a trapianto di organi solidi.<br />

q Pazienti sottoposti a chemioterapia per linfomi non-Hodgkin, leucemie acute e neoplasie solide.<br />

36


PRATICA TRASFUSIONALE 5,12,41,53-63 .<br />

q Nei pazienti piastrinopenici un incremento del’Htc intorno al 30% può ridurre il rischio<br />

emorragico (Grado di raccomandazione: 1C+).<br />

Dose media di CP per ogni trasfusione:<br />

q Paziente pediatrico: 0,5x10 11 PLT/10 kg (1 CP da sangue intero ogni 10 Kg)<br />

q Paziente adulto: 3x10 11 PLT (1 CP da aferesi o 1 CP da pool di 5-8 CP da sangue intero).<br />

Calcolo <strong>della</strong> dose di piastrine da trasfondere<br />

La dose di PLT da trasfondere può essere calcolata utilizzando la seguente formula:<br />

PI x BV x 1,5<br />

Dose piastrinica (x 10 11 ) = ---------------<br />

100<br />

Controllo di efficacia trasfusionale<br />

Il monitoraggio dell’efficacia <strong>della</strong> trasfusione piastrinica è fondamentale come guida per eventuali<br />

successive trasfusioni piastriniche; a tale scopo si rileva la conta piastrinica prima, dopo 1 ora e<br />

dopo 20 – 24 ore dalla trasfusione, calcolando il cosiddetto incremento corretto (CCI):<br />

CP -POST – CP-PRE<br />

CCI = ----------------------------- x BSA<br />

N° PLT trasfuse (x 10 11 )<br />

Legenda:<br />

PI = incremento piastrinico desiderato (x10³/µL)<br />

BV = Volume ematico del paziente (L) (= Sup. corp. in m 2<br />

x 2,5, oppure kg di peso corporeo x 0,8)<br />

1,5 = Fattore di correzione (per il sequestro splenico)<br />

Legenda:<br />

CP-POST = conta piastrinica post-trasfusione (PLT/µL)<br />

CP-PRE = conta piastrinica pretrasfusione (PLT/µL)<br />

CCI = incremento corretto (corrected count increment)<br />

BSA = superficie corporea in m 2<br />

L’incremento corretto deve essere superiore a 7.500 alla I a ora e a 4.500 alla 20 a - 24 a ora.<br />

REFRATTARIETÀ 8,43,64-68 .<br />

Un incremento corretto ridotto già alla prima ora (


Trattamento dei pazienti refrattari<br />

(Grado di raccomandazione:2C+)<br />

q Trasfusione di PLT fresche (donate da meno di 24-48 ore).<br />

q Attendere due ore dall’infusione di amfotericina B.<br />

q Trasfusione di PLT compatibili selezionate da:<br />

o Donatori compatibili con prova di compatibilità.<br />

o Donatori HLA-compatibili.<br />

La trasfusione di PLT HLA-compatibili, per i pazienti con refrattarietà da cause immunologiche,<br />

non è da considerarsi una strategia di prima linea, dal momento che sarebbe necessario disporre di<br />

un pool di donatori di PLT da aferesi di 1.000 o più persone.<br />

REAZIONI AVVERSE ALLA TRASFUSIONE DEI CONCENTRATI PIASTRINICI 1 .<br />

q Reazioni trasfusionali non-emolitiche (in genere caratterizzate da brivido, febbre, orticaria).<br />

L’incidenza di tali reazioni può essere efficacemente ridotta dall’inpiego di PLT leucodeplete.<br />

q Alloimmunizzazione nei riguardi degli antigeni HLA e HPA; se si usano PLT leucodeplete il<br />

rischio di immunizzazione anti-HLA viene ridotto, se anche gli altri emocomponenti trasfusi sono<br />

sottoposti a leucodeplezione.<br />

q Trasmissione <strong>della</strong> sifilide.<br />

q Trasmissione di malattie virali (epatiti, HIV, ecc.), molto rara, ma possibile.<br />

q Trasmissione di protozoi (in particolare, malaria), molto rara ma possibile.<br />

q Sepsi, per contaminazione batterica accidentale del sangue; l’incidenza di questa complicanza è<br />

relativamente più elevata rispetto alla trasmissione di agenti virali, a causa del fatto che le PLT sono<br />

conservate a temperatura ambiente e questo favorisce la proliferazione batterica.<br />

q Porpora post-trasfusionale.<br />

q TRALI (Transfusion Realated Acute Lung Injury).<br />

q Trasmissione di altri agenti patogeni non conosciuti o non testati.<br />

UTILIZZO INAPPROPRIATO E CONTROINDICAZIONI 5,11,12,27,32,42,69,70 .<br />

q Porpora Trombotica Trombocitopenica (PTT) ed altre microangiopatie : Sindrome Emolitico<br />

Uremica (SEU), Haemolysis Elevated Liver Enzymes low platelets (HELLP): la trasfusione di PLT<br />

è controindicata (dal momento che essa si associa ad aggravamento <strong>della</strong> patologia), salvo la<br />

presenza di emorragia a rischio di vita per il paziente.<br />

q Trombocitopenia da eparina (HIT), al di fuori di gravi episodi di sanguinamento che pongono a<br />

rischio di vita il paziente .<br />

q Trombocitopenia autoimmune (PTI), al di fuori di gravi episodi di sanguinamento che pongono<br />

a rischio di vita il paziente .<br />

q CID “cronica” in assenza di sanguinamento.<br />

q Profilassi durante circolazione extracorporea.<br />

q Profilassi durante trasfusione massiva.<br />

38


APPENDICE<br />

Tabella 1 - Terapia trasfusionale scelta del fenotipo ABO delle unità da trasfondere.<br />

EMOCOMPONENTE FENOTIPO ABO<br />

DEL RICEVENTE<br />

CONCENTRATI<br />

PIASTRINICI<br />

q O<br />

q A<br />

q B<br />

q AB<br />

FENOTIPO ABO<br />

DEL DONATORE (e scelta alternativa)<br />

q O<br />

q A, AB (O deplasmate)*<br />

q B, AB (O deplasmate)*<br />

q AB, A, B, (O deplasmate)*<br />

In caso di utilizzo di concentrati piastrinici da singola unità è preferibile rispettare la compatibilità<br />

AB0 e, laddove questo non sia possibile, è opportuno valutare il grado di contaminazione<br />

eritrocitaria delle singole unità.<br />

Legenda:<br />

*: Oppure negative per anti-A/A,B ad alto titolo.<br />

Tabella 2 – Indicazioni in terapia.<br />

Indicazione Quando Grado di<br />

raccomandazione<br />

Trapianto autologo di cellule staminali In condizioni di stabilità clinica, 2C+<br />

periferiche<br />

con disponibilità di CP 24h/24h,<br />

per emorragie di grado II WHO o<br />

superiore<br />

Paziente chirurgico con sanguinamento Sempre se PLT < 50.000/μL.<br />

2B<br />

in atto<br />

Raramente se PLT > 100.000/μL<br />

Trasfusione massiva Con emorragia in atto per evitare<br />

che le PLT scendano sotto le<br />

50.000/μL<br />

2C<br />

Circolazione extra-coprporea Emorragia post-intervento 1A<br />

noncorrelabile a cause chirurgiche<br />

o coagulopatie<br />

CID acuta In presenza di emorragia 2C<br />

importante e piastrinopenia, oltre<br />

al trattamento <strong>della</strong> patologia di<br />

base; può essere ragionevole<br />

mantenere<br />

50.000/μL<br />

le PLT intorno a<br />

Deficit funzionali congeniti o acquisiti In presenza di emorragia 2C<br />

delle PLT<br />

perioperatoria<br />

Trombocitopenia autoimmune In presenza di emorragia maggiore<br />

e/o a rischio di vita<br />

2C<br />

Porpora post-trasfusionale Solo per tarttare gravi emorragie<br />

in fase acuta, nel perioperatorio e<br />

in attesa di risposta alle IVIG<br />

2C<br />

39


Tabella 3 – Criteri W.H.O. per la definizione <strong>della</strong> gravità dell’emorragia.<br />

Grado 0:<br />

q nessuna.<br />

Grado I (emorragie minori):<br />

q petecchie/ecchimosi;<br />

q epistassi o sanguinamento orofaringeo < 1 ora;<br />

q sangue occulto nelle feci (da tracce a 1+);<br />

q emoglobinuria (da tracce a 1+);<br />

q emorragia retinica senza riduzione del visus;<br />

q minimo sanguinamento vaginale.<br />

Grado II (emorragie lievi):<br />

q melena, ematemesi, emottisi, ematuria, ematochezia e sanguinamento vaginale anomalo che non<br />

richiedono supporto trasfusionale o aumento dello stesso rispetto al fabbisogno trasfusionale usuale;<br />

q epistassi o sanguinamento orofaringeo > 1 ora;<br />

q sangue occulto nelle feci (moderato o da 2+ in su);<br />

q emoglobinuria (moderata o da 2+ in su);<br />

Grado III (emorragie maggiori):<br />

q melena, ematemesi, emottisi, ematuria, sanguinamento vaginale anomalo, ematochezia,<br />

epistassi, e sanguinamento orofaringeo che richiedono la trasfusione di una o più unità di emazie<br />

concentrate/die;<br />

q sanguinamento del sistema nervoso centrale rilevato alla TAC senza conseguenze cliniche;<br />

q sanguinamento da siti di venipuntura o di inserzione di vie venose centrali o di cateteri che<br />

richieda supporto trasfusionale.<br />

Grado IV (emorragie maggiori invalidanti):<br />

q emorragia retinica con riduzione del visus;<br />

q emorragia del sistema nervoso centrale con segni e sintomi neurologici;<br />

q sanguinamento all’interno di organi vitali (emorragia intrapericardica o polmonare);<br />

q emorragia massiva con compromissione emodinamica;<br />

emorragia fatale indipendentemente dalla sede.<br />

40


Tabella 4 – Indicazioni alla trasfusione di PLT irradiate.<br />

Indicazione A chi trasfondere e/o quando trasfondere<br />

PLT irradiate<br />

Trasfusione intrauterina/exsanguino-trasfusione Immaturi e neonati (fino al 6° mese di età)<br />

Immunodeficit congeniti cellulari Tutti i pazienti<br />

PLT donate da parenti di I° e II° grado, o HLA Tutti i pazienti<br />

simile<br />

Trapianto allo genico Tutti i pazienti, fino alla fine <strong>della</strong> profilassi<br />

<strong>della</strong> GvHD, o al raggiungimento di linfociti > 1<br />

x 10 9 /L)<br />

Donazione di midollo per trapianto allo genico Al donatore, prima ed in corso di espianto<br />

Autotrapianto di midollo o di cellule staminali<br />

periferiche<br />

Linfoma di Hodgkin e altre emopatie trattate con<br />

analoghi delle purine (fludarabina, cladribine e<br />

deoxicoformicina)<br />

Tabella 5 – Indicazioni alla trasfusione di PLT in neonatologia.<br />

Tutti i pazienti, nei 7 gg. prima <strong>della</strong> raccolta del<br />

midollo o delle PBSC e fino a 3 mesi dopo il<br />

trapianto (6 mesi per i pazienti sottoposti a<br />

irradiazione totale)<br />

Pazienti sottoposti a chemioterapia Valutare caso per caso<br />

Iinfezione da HIV Non necessario<br />

Anemia aplastica Non necessario<br />

Trapianto di organi solidi Non necessario<br />

Chemioterapia per linfomi non-Hodgkin, Non necessario<br />

leucemie acute e neoplasie solide<br />

Tutti i pazienti con linfoma di Hodgkin e altri<br />

pazienti durante trattamento con analoghi delle<br />

purine<br />

Indicazione Soglia PLT/μL Strategia terapeutica<br />

Grado di<br />

raccomandazione<br />

Trombocitopenia neonatale<br />

alloimmune<br />

30.000 Profilassi 2C<br />

30.000 Profilassi sempre 2C<br />

Profilassi per:<br />

1) neonati con peso alla nascita < 1.000 g<br />

nella prima settimana di vita;<br />

2C<br />

Piastrinopenia<br />

30.000-50.000<br />

2) pregressa emorragia cerebrale<br />

intraventricolare/parenchimale<br />

(48-72h);<br />

3) neonato critico;<br />

4) procedure invasive.<br />

50.000-99.000 Terapia di emorragie in atto 2C<br />

Conta piastrinica ≥ 100.000 Soglia non prevista Non terapia trasfusionale con PLT 2C<br />

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45


ALBUMINA<br />

DEFINIZIONE,PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 1-15<br />

Le discussioni sull’uso clinico appropriato dell’albumina umana sono iniziate con il suo ingresso in<br />

terapia negli anni ’40 e sono state promosse sia dal costo elevato rispetto a possibili alternative,<br />

quali i colloidi non proteici e varie soluzioni di cristalloidi (ad esempio, Ringer lattato, fisiologica<br />

salina, glucosata al 5%), sia dalla constatazione che l’utilizzo clinico non sempre si basa su<br />

evidenze di efficacia.<br />

Per soluzioni di colloidi non proteici si intendono tutte le soluzioni di destrano (es. PLANDER) di<br />

destano e glucosio, di poligelina (es. EMAGEL, GELPLEX), di succigelina e di idrossietil-amido<br />

(HAESTERIL).<br />

L’albumina è il principale fattore determinante la pressione oncotica del sangue e quindi la<br />

regolazione del volume plasmatico e il bilancio tissutale dei fluidi. Inoltre interviene nel trasporto di<br />

numerose sostanze endogene, come la bilirubina non coniugata o gli ormoni, ed esogene, come i<br />

farmaci, in quanto, nonostante la sua carica negativa, può legare sia anioni che cationi ed anche<br />

molecole prive di carica.<br />

I livelli fisiologici di albumina (40-50 g/L di plasma) sono responsabili del 60-80% <strong>della</strong> normale<br />

pressione osmotica dei colloidi del plasma o pressione oncotica (26-28 mm-Hg).<br />

Non è chiaramente definito se vi sia un livello soglia di concentrazione dell’albumina al di sotto del<br />

quale la sua funzione oncotica viene compromessa in misura clinicamente rilevante. In base a studi<br />

condotti a livello polmonare si ritiene che l’attività oncotica sia mantenuta a livelli fisiologicamente<br />

adeguati se rimane al di sopra dei 12 mmHg (circa 50% del normale), che dovrebbero corrispondere<br />

a 20 g/L di albumina ed a 35 g/L di proteine totali. Tuttavia, in condizioni di alterata permeabilità<br />

capillare, la pressione oncotica perde importanza, mentre la pressione idrostatica diviene elemento<br />

determinante dei movimenti trans-membrana.<br />

L’infusione di albumina umana determina entro pochi minuti il passaggio di fluidi dallo spazio<br />

interstiziale al circolo, che però è scarso o assente in pazienti disidratati. Studi in volontari sani in<br />

ipovolemia acuta da salasso hanno messo in evidenza che dopo 1-1,5 ore dalla infusione di<br />

albumina l’aumento del volume plasmatico è di 14-24 mL/g di albumina infusa. Aumenti più ridotti<br />

(9,4 mL/g) sono stati riscontrati in pazienti sottoposti ad interventi chirurgici.<br />

L’emivita dell’albumina è di circa tre settimane, con un tasso di degradazione proporzionale alla<br />

concentrazione plasmatica.<br />

L’albumina umana è una proteina plasmatica che contiene 584 residui di amminoacidi. Il suo peso<br />

molecolare varia, a seconda del metodo di determinazione, da 66.300 a 69.000 Daltons. Le<br />

soluzioni di albumina vengono preparate da plasma di donatori sani, testati per ALT, HBsAg,<br />

anticorpi anti-HBV, HCV, HIV1/2, NAT per HBV, HCV, HIV. L’albumina è successivamente<br />

sottoposta a pastorizzazione a 60° C per 10 ore. Non contiene isoagglutinine né altri anticorpi, né<br />

fattori <strong>della</strong> coagulazione; può essere infusa indipendentemente dal gruppo sanguigno del ricevente.<br />

Sono in commercio preparazioni al 5% e preparazioni al 20% ed al 25%: le ultime due<br />

sono a carico del SSN. Le soluzioni di albumina umana al 5% hanno una pressione<br />

osmotica che è pressappoco equivalente a quella del plasma normale. Quelle al 20-25%<br />

sono iperosmotiche. Entrambe ritengono liquidi nello spazio intravascolare e contribuiscono ad un<br />

aumento <strong>della</strong> concentrazione di albumina negli spazi intra ed extravascolari.<br />

Tutte le preparazioni contengono 130-160 mEq di sodio per litro e si considerano dotate delle<br />

stesse caratteristiche.<br />

In uno studio condotto in 15 centri ospedalieri universitari degli Stati Uniti, il 76% delle<br />

prescrizioni di albumina erano non coerenti con le linee guida elaborate in una precedente<br />

Consensus Conference nazionale di esperti e diffuse negli stessi centri. Questa frequenza di<br />

impieghi inappropriati di albumina giustifica un riesame delle prove <strong>della</strong> efficacia di questa<br />

terapia. Due meta-analisi, pubblicate sulla Cochrane Library e sul British Medical Journal,<br />

dimostravano che, nelle condizioni con ipovolemia acuta da perdita di sangue, plasma o liquidi<br />

(critically ill patients), l’uso dell’albumina era associato ad un più elevato rischio di mortalità.<br />

46


La prima meta-analisi, che includeva 37 studi, riportava un eccesso di mortalità del 4% con l’uso di<br />

colloidi (e tra questi dell’albumina al 5% o più concentrata) rispetto alle soluzioni cristalloidi,<br />

prevalentemente Ringer lattato, in pazienti traumatizzati, sottoposti a interventi chirurgici, con<br />

ustioni estese, con shock settico o ipovolemico.<br />

La seconda meta-analisi, che includeva 30 studi, riportava un eccesso di mortalità del 6% con l’uso<br />

di albumina al 5% o più concentrata, rispetto all’assenza di trattamento infusionale o all’impiego di<br />

soluzioni cristalloidi in pazienti con “malattie critiche“ ed ipovolemia da trauma o post-chirurgica, o<br />

dopo ustioni; l’eccesso di mortalità è confermato in ognuna di queste categorie.<br />

Alcune considerazioni fisiopatologiche possono rendere conto di questi risultati sfavorevoli<br />

inaspettati:<br />

Il richiamo di liquidi dallo spazio interstiziale a quello intravascolare determinato dall’albumina può<br />

causare o favorire lo scompenso cardiaco.<br />

Il passaggio di albumina e liquidi nello spazio interstiziale polmonare, se vi è alterata permeabilità<br />

capillare o nella sindrome da capillary-leak, può determinare edema polmonare.<br />

L’effetto negativo su emostasi ed aggregabilità piastrinica può esporre al rischio di emorragie postchirurgiche<br />

e post-traumatiche.<br />

Infine, in pazienti con gravi ustioni con volemia inizialmente mantenuta con infusioni di cristalloidi,<br />

il passaggio alla infusione di albumina ha determinato una significativa riduzione <strong>della</strong> filtrazione<br />

glomerulare.<br />

Tuttavia, successive revisioni <strong>della</strong> Cochrane e più recenti meta-analisi non hanno confermato<br />

questi dati. Emerge invece, dai vari studi, l’evidenza che, nel paziente “critico”, l’albumina non è<br />

più efficace dei cristalloidi nel migliorare le condizioni cliniche dei pazienti, mentre è sicuramente<br />

più costosa.<br />

Sulla base di questi studi la FDA Nordamericana e la MCA inglese sono state investite dalla<br />

responsabilità di riesaminare l’efficacia dell’albumina, ma non vi sono ancora risposte conclusive.<br />

Sembra quindi utile considerare le linee guida per l’uso dell’albumina umana, dei colloidi non<br />

proteici e delle soluzioni di cristalloidi compilate nel 1995 dalla Consensus Conference del<br />

University Hospital Consortium USA, e tenere conto delle indicazioni del trattato Therapeutic<br />

Drugs edito da Dollery.<br />

1.<br />

INDICAZIONI PER L’USO 16-46,48-52<br />

Le evidenze cliniche (tabella 1) individuano due gruppi di condizioni nelle quali l’impiego<br />

dell’albumina è indicato:<br />

1. Condizioni acute nelle quali è necessaria l’espansione di volume ed il mantenimento del<br />

circolo.<br />

2. Condizioni croniche con bassa albuminemia.<br />

1. CONDIZIONI ACUTE NELLE QUALI È NECESSARIA L’ESPANSIONE DI VOLUME<br />

ED IL MANTENIMENTO DEL CIRCOLO.<br />

a. SHOCK EMORRAGICO: le soluzioni di cristalloidi devono essere considerate il trattamento<br />

iniziale di scelta quando il volume ematico si riduce oltre il 15%, mentre l’uso associato di colloidi<br />

può essere appropriato, per una riduzione del 30-40%, quando non siano disponibili<br />

immediatamente sangue od i suoi componenti. Sulla base del rapporto costo/efficacia si deve<br />

favorire l’impiego di colloidi non proteici rispetto a quello dell’albumina, fatta eccezione per i casi<br />

nei quali è richiesta una restrizione del sodio (albumina al 20% diluita al 5% con glucosata al 5%) e<br />

laddove i colloidi non proteici siano controindicati (gravidanza e allattamento, periodo perinatale e<br />

prima infanzia, insufficienza renale di grado medio/elevato, pazienti in trattamento dialitico,<br />

insufficienza epatica acuta, deficit dell’emostasi, emorragia intracranica e ipersensibilità).<br />

Le soluzioni di cristalloidi e di colloidi non devono essere considerate quali sostituti del sangue o<br />

dei suoi componenti quando è ridotta la capacità di trasporto dell’ossigeno o quando esiste un<br />

fabbisogno di fattori <strong>della</strong> coagulazione o di piastrine.(1A).<br />

47


. SHOCK NON EMORRAGICO: le soluzioni di cristalloidi devono essere considerate il<br />

trattamento di prima scelta. L’efficacia delle soluzioni di colloidi nel trattamento <strong>della</strong> sepsi non è<br />

dimostrata da studi clinici; tuttavia in presenza di “capillary leak“ con edema polmonare e/o<br />

periferico, o dopo somministrazione di almeno due litri di soluzione di cristalloidi senza comparsa<br />

di effetti favorevoli, possono essere usati colloidi non proteici; l’albumina solo nel caso di<br />

controindicazioni di quest’ultimi. (1A)<br />

c. INTERVENTI DI CHIRURGIA MAGGIORE: nel caso di una resezione che interessi più<br />

del 40% del fegato, si raccomanda l’uso di soluzioni cristalloidi per il controllo <strong>della</strong> volemia.<br />

L’impiego di soluzioni di colloidi non proteici e di albumina potrebbe essere appropriato quando<br />

richiesto dalla funzionalità del fegato residuo e dallo stato emodinamico; in questi casi il rapporto<br />

costo/efficacia raccomanda l’uso di colloidi non proteici, l’uso di albumina può essere indicato nei<br />

soggetti con albuminemia inferiore a 20 g/L dopo la normalizzazione <strong>della</strong> volemia. Per qualunque<br />

altro tipo di intervento l’uso immediato di albumina nel post-operatorio è sempre sconsigliato.(1A)<br />

d. USTIONI: il trattamento iniziale (prime 24 ore) si deve basare sull’impiego di soluzioni di<br />

cristalloidi; la somministrazione, in associazione ai cristalloidi, di colloidi è giustificata solo se le<br />

ustioni interessano più del 50% <strong>della</strong> superficie corporea, se sono trascorse almeno 24 ore dal<br />

momento in cui sono avvenute le ustioni, se il trattamento con cristalloidi non ha corretto<br />

l’ipovolemia. Salvo il caso di controindicazioni al loro impiego, il rapporto costo/efficacia<br />

raccomanda l’uso di colloidi non proteici. (1A)<br />

e. ISCHEMIA CEREBRALE: le soluzioni di colloidi (albumina e colloidi non proteici) non<br />

devono essere usate nell’ischemia cerebrale acuta e nell’emorragia subaracnoidea, in quanto non<br />

esiste dimostrazione <strong>della</strong> loro utilità e vi è uno sfavorevole rapporto costo/beneficio. I pazienti con<br />

livello di ematocrito elevato devono essere trattati con soluzioni di cristalloidi ipertonici al fine di<br />

aumentare il volume intravascolare e determinare ipervolemia ed emodiluizione (ematocrito di circa<br />

il 30% per favorire la perfusione cerebrale). (1C)<br />

f. CARDIOCHIRURGIA: la somministrazione di soluzioni di cristalloidi costituisce il<br />

trattamento di prima scelta nel caso di “cardiopulmonary bypass pumps”; l’associazione con<br />

colloidi non proteici può essere preferibile quando sia molto importante evitare l’accumulo di<br />

liquidi nell’interstizio polmonare; i colloidi non proteici possono essere efficaci per ridurre un<br />

edema sistemico. I cristalloidi rappresentano il trattamento di prima scelta per l’espansione postoperatoria<br />

<strong>della</strong> volemia, i colloidi non proteici quello di seconda scelta e l’albumina la terza scelta..<br />

(1A)<br />

g. IPERBILIRUBINEMIA DEL NEONATO: I cristalloidi ed i colloidi non proteici non legano<br />

la bilirubina e non possono quindi essere considerati sostituti dell’albumina. Quest’ultima tuttavia<br />

non deve essere somministrata in associazione alla fototerapia, se non per valori di bilirubina non<br />

controllati dalla fototerapia stessa. L’albumina non deve essere utilizzata da sola prima di una<br />

eventuale exsanguino-trasfusione, ma solo in associazione a quest’ultima (1A).<br />

h. TRAPIANTI D’ORGANO: le soluzioni di cristalloidi sono la prima scelta; non esiste<br />

dimostrazione conclusiva che la somministrazione di albumina e/o di colloidi non proteici sia<br />

efficace durante e/o dopo trapianto di rene. La somministrazione di albumina può essere utile nel<br />

periodo post-operatorio di un trapianto di fegato, per il controllo dell’ascite e dell’edema periferico,<br />

solo quando sono presenti tutte le seguenti condizioni: livelli di albumina sierica < a 25 g/L,<br />

pressione nei capillari polmonari < a 12 mmHg, ematocrito > al 30%. In questi casi, l’impiego di<br />

albumina potrebbe essere utile per rimpiazzare la perdita di liquido ascitico da catetere di<br />

drenaggio. (1C)<br />

i. PLASMAEXCHANGE: l’impiego di albumina è appropriato nello scambio di volumi di<br />

plasma superiore a 20 mL/Kg in una seduta o 20 ml/Kg/sett. in sedute successive. Nel caso vengano<br />

scambiati piccoli volumi di plasma è bene considerare, per motivi costo/efficacia, l’impiego di<br />

soluzioni cristalloidi o <strong>della</strong> associazione albumina/cristalloidi. (1A).<br />

48


2. CONDIZIONI CRONICHE CON BASSA ALBUMINEMIA.<br />

a. CIRROSI EPATICA:<br />

L’albumina è stata usata ampiamente sin dagli anni ’50 nel trattamento <strong>della</strong> cirrosi epatica e<br />

dell’ascite, pur in assenza di studi clinici controllati-randomizzati utili a validarne l’efficacia..<br />

Al momento non esiste consenso sull’uso di albumina nella patologia epatica avanzata, ma<br />

disponiamo di alcune evidenze che supportano tale uso nelle seguenti condizioni:<br />

1) Ascite trattata con diuretici;<br />

2) Paracentesi di grandi volumi;<br />

3) Peritonite batterica spontanea;<br />

4) Sindrome epatorenale.<br />

1) Ascite in trattamento diuretico.<br />

Si tratta dell’indicazione più controversa ed attualmente non recepita da linee guida e rassegne<br />

correnti.<br />

I soggetti ascitici sono esposti al rischio di iponatriemia diuretico-indotta e di deterioramento <strong>della</strong><br />

funzione renale. L’albumina può migliorare la risposta diuretica e prevenire le complicanze relative<br />

al trattamento, favorendo il passaggio di liquido dallo spazio peritoneale a quello vascolare. I<br />

pazienti che beneficiano del trattamento sono soprattutto quelli in condizioni cliniche più precarie,<br />

con ipovolemia ed ascite di difficile trattamento: in questi l’albumina dovrebbe essere utilizzata<br />

anche se l’albuminemia è superiore ai 25 g/L. (1C+)<br />

2) Prevenzione <strong>della</strong> Disfunzione Circolatoria post-paracentesi.<br />

La paracentesi “large volume” è considerata il trattamento di scelta nei soggetti con ascite tesa o<br />

“refrattaria”, sulla base di numerosi studi randomizzati di confronto con i diuretici.<br />

Il posizionamento di shunt porto-cavale per via transgiugulare ( TIPS ), da molti autori ritenuto<br />

trattamento elettivo dell’ascite refrattaria, è effettuabile solo in casi selezionati. La paracentesi di<br />

grande volume può comportare in alcuni casi (27-40%) ipovolemia e modificazioni emodinamiche<br />

particolarmente sfavorevoli (si parla allora di “disfunzione circolatoria post-paracentesi”).<br />

Al momento attuale il solo metodo di comprovata efficacia nella prevenzione <strong>della</strong> disfunzione<br />

circolatoria, per paracentesi superiori ai 5 L, è l’albumina alla dose di 8g/L di liquido rimosso, in<br />

un’unica somministrazione al termina <strong>della</strong> paracentesi. Per paracentesi di volume inferiore a 5 L<br />

anche altri plasma-expander sono risultati efficaci. Non è noto, per mancanza di studi, se l’aggiunta<br />

di vasocostrittori possa migliorare l’efficacia dell’albumina.<br />

In sintesi:<br />

8 g di albumina per litro di liquido rimosso in un’unica somministrazione al termine di paracentesi<br />

superiori ai 5 litri, può prevenire la disfunzione circolatoria post-paracentesi. (1C+).<br />

Per paracentesi inferiore ai 5 litri è sufficiente la somministrazione di 10-20g complessivamente.<br />

3) Terapia <strong>della</strong> peritonite batterica spontanea (SBP)<br />

La SBP è complicanza comune e grave <strong>della</strong> cirrosi ascitica, presentandosi in circa il 20-30% dei<br />

casi e può portare allo sviluppo di Sindrome Epatorenale (30% dei casi).<br />

L’aggiunta al trattamento antibiotico <strong>della</strong> peritonite batterica virale di albumina, alla dose di 1,5<br />

g/Kg alla diagnosi e 1,0 g/Kg dopo 2 giorni, riduce lo sviluppo di Sindrome Epatorenale e la<br />

mortalità. (1C+)<br />

4) Trattamento <strong>della</strong> Sindrome Epatorenale (SER)<br />

La SER consiste in un deterioramento <strong>della</strong> funzione renale su base funzionale, che si manifesta nel<br />

10% dei soggetti con cirrosi avanzata ed ascite.<br />

Il trattamento di scelta è rappresentato dal trapianto epatico.<br />

Il trattamento medico è costituito da associazione di vasocostrittori ed albumina ad alte dosi.<br />

Recenti rassegne raccomandano la somministrazione di albumina 1g/kg il primo giorno, seguito da<br />

20-40 g/die per 5-15 gg, fino alla riduzione <strong>della</strong> creatinina sotto 1,5 mg/dl. (1C+)<br />

49


. SINDROME NEFROSICA: frequente inutilità dell’infusione di albumina che tra l’altro è<br />

rapidamente escreta; tuttavia l’infusione a breve termine di albumina concentrata in associazione ai<br />

diuretici è appropriata nei pazienti con albuminemia < a 20 g/L con ipovolemia marcata e/o con<br />

edema polmonare acuto e/o insufficienza renale acuta . (1A).<br />

c. EMODIALISI: l’albumina viene impiegata per il trattamento dell’ipotensione, ma è risultata<br />

utile solo nel 3% dei casi. (1C)<br />

d. SINDROMI DA IPONUTRIZIONE: l’albumina esogena è stata largamente impiegata per<br />

ristabilire i normali livelli albuminemici in caso di malnutrizione, ma non vi sono basi<br />

fisiopatologiche né studi clinici osservazionali, che giustifichino questo impiego. Per fini<br />

nutrizionali deve essere sostituita dalla nutrizione enterale, usando formulazioni basate su peptidi o<br />

dalla nutrizione parenterale totale. (1C)<br />

Tuttavia, nei pazienti con diarrea associata ad intolleranza alla nutrizione enterale la<br />

somministrazione di albumina può essere utile se coesistono tutte le seguenti condizioni: volume<br />

<strong>della</strong> diarrea > 2 L/die; albumina sierica < a 20 g/L, prosecuzione <strong>della</strong> diarrea nonostante la<br />

somministrazione di peptidi a catena corta e formulazioni di minerali; nessuna altra causa che<br />

giustifichi la diarrea. (1A)<br />

CALCOLO DELLA DOSE<br />

Ogni flacone di albumina al 20% in 50 ml, contiene 10 g di albumina<br />

Dose da somministrare:<br />

(2,5 gr/dl – Albumina attuale) x (Kg x 0,8) = gr.totali<br />

Dove 2,5 è il valore di albumina da raggiungere e (Kg x 0,8) è la formula per ottenere il volume<br />

plasmatico.<br />

EFFETTI INDESIDERATI 46<br />

Reazioni immediate di tipo allergico con febbre, brividi, nausea, vomito, orticaria, ipotensione,<br />

aumento <strong>della</strong> salivazione, effetto sulla respirazione e sulla frequenza cardiaca.<br />

Rapida caduta <strong>della</strong> pressione arteriosa media (da 20 mm-Hg fino al collasso cardiocircolatorio) in<br />

corso di infusione molto rapida (20-50 mL/minuto) per la presenza di attività attivante la<br />

precallicreina ed i frammenti di fattore di Hageman.<br />

Rischio di precipitare uno scompenso cardiaco in soggetti anziani e in quei pazienti che potrebbero<br />

sviluppare insufficienza cardiaca congestizia; in questi pazienti sono più pericolose le soluzioni di<br />

albumina al 20-25%.<br />

50


Tabella 1 – Indicazioni per l’uso dell’albumina.<br />

INDICAZIONI INAPPROPRIATE PER L’USO DELL’ALBUMINA<br />

§ Albuminemia > 2,5g/dl § Enteropatie protido-disperdenti e § Pancreatiti acute e croniche<br />

§ Malnutrizione § malassorbimento<br />

§ Cicatrizzazione delle ferite<br />

Shock emorragico<br />

Shock non emorragico<br />

Intervento di chirurgia<br />

maggiore<br />

Ustione<br />

Ischemia cerebrale<br />

Cardiochirurgia<br />

Ittero neonatale grave<br />

INDICAZIONI PER L’USO DI ALBUMINA<br />

1^ scelta: soluzioni di cristalloidi; per perdite fino al 30% del volume ematico<br />

2^ scelta: soluzioni di colloidi non proteici. per perdite >30%<br />

L’albumina, in genere controindicata, può essere usata solo:<br />

• se necessaria una restrizione di Na (albumina al 20% diluita al 5% con soluzione glucosata);<br />

• se documentata sensibilizzazione ai colloidi non proteici.<br />

1^ scelta: soluzioni di cristalloidi;<br />

2^ scelta: soluzioni di colloidi non proteici in caso di edema polmonare e/o periferico e in assenza di risposta dopo<br />

infusione di almeno 2 litri di cristalloidi.<br />

Albumina solo se documentata sensibilizzazione ai colloidi non proteici.<br />

1^ scelta: soluzioni di cristalloidi;<br />

2^ scelta: soluzioni di colloidi non proteici.<br />

E’ sconsigliato l’uso immediato post-intervento di albumina.<br />

Unica indicazione all’uso albumina: albuminemia 30%.<br />

Plasma-exchange Albumina per scambi >20 ml/Kg in una seduta o >20 ml/Kg/settimana in sedute successive.<br />

Cirrosi epatica ascitica Albumina generalmente inefficace, se non in pazienti con albuminemia


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52


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hypoproteinemic patients with acute lung injury. Crit Care Med, 2005, 33(8), 1681.<br />

53


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Dermatol, 1981, 104(4), 389.<br />

54


CONCENTRATI DI IMMUNOGLOBULINE ENDOVENA (IVIg)<br />

DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 1-16<br />

In Italia le indicazioni registrate per le immunoglobuline comprendono un range di utilizzo<br />

estremamente limitato rispetto alle applicazioni, molto più ampie, riscontrate nella pratica clinica. A<br />

fronte di utilizzi pienamente giustificati dalla letteratura, si riscontrano usi che rientrano in una zona<br />

più grigia ed incerta di razionalità. Da qui l’esigenza di analizzare le evidenze scientifiche per le<br />

quali le immunoglobuline umane per somministrazione endovena (IVIg) vengono utilizzate. Le<br />

IVIg, così come tutti gli altri plasmaderivati, vengono preparate utilizzando pool di plasma umano<br />

proveniente da non meno di 2000 diversi donatori. Circa l’80% del plasma utilizzato nella<br />

produzione deriva da plasmaferesi, mentre soltanto il 20% è ricavato da donazioni di sangue intero.<br />

Tutto ciò comporta una significativa e ricercata diversità idiotipica all’interno del flacone di<br />

prodotto finito, che garantisce una più alta copertura anticorpale al ricevente. Queste preparazioni<br />

contengono molecole immunoglobuliniche strutturalmente e funzionalmente intatte, con normale<br />

emivita e proporzione di sottoclassi. Non contengono immunocomplessi ad alto peso molecolare e<br />

contaminanti quali peptidi vasomotori, endotossine o agenti infettivi (virus in particolare). Le Ig<br />

vengono isolate dal plasma utilizzando il processo di frazionamento Cohn-Oncley, mediante il<br />

quale, con aggiunta di ulteriori passaggi, è possibile ottenere un prodotto privo di contaminanti e di<br />

aggregati ad alto peso molecolare, responsabili in passato di importanti effetti collaterali.<br />

Al fine di incrementarne il margine di sicurezza, sono state seguite varie strategie: rigorose norme<br />

di selezione e controllo sui donatori mediante visita medica e screening anticorpale per HBV,<br />

HCV, HIV, ricerca dei loro costituenti genetici (NAT), manipolazione industriale e inattivazione<br />

chimica e fisica di batteri e virus. Negli ultimi anni non sono mai stati segnalati casi di trasmissione<br />

del virus HIV tramite somministrazione di Ig. Tali procedure di in attivazione, validate utilizzando<br />

virus-modello, sono risultate efficaci per HBV, HIV e HCV, ma di valore limitato contro virus<br />

privi di involucro, quali l’HAV e il parvovirus B19. La possibilità di trasmissione degli agenti delle<br />

encefalopatie spongiformi (malattia di Creutzfeld-Jacob, malattia di Gerstmann Straussler-<br />

Scheinker e l’insonnia familiare fatale), non può essere esclusa con i metodi di inattivazione<br />

standard.<br />

Dopo somministrazione endovena (e.v.), le Ig umane normali sono immediatamente e<br />

completamente biodisponibili nella circolazione del ricevente: il picco del livello sierico correla con<br />

la dose. Esse si distribuiscono in maniera relativamente rapida tra il plasma ed i fluidi<br />

extravascolari, l’equilibrio tra compartimenti intra ed extravascolari viene raggiunto<br />

approssimativamente dopo 3-5 giorni. L’iniziale decremento sierico è espressione non solo <strong>della</strong><br />

redistribuzione extravascolare, ma anche di altri fattori tra cui il metabolismo delle molecole<br />

denaturate e la clearance dei complessi immuni formatisi dopo l’interazione con l’antigene.<br />

L’emivita delle immunoglobuline è stimata approssimativamente in 18-32 gg, simile a quella delle<br />

IgG native. Vi è comunque una considerevole variabilita’ individuale che riflette diversi fattori tra<br />

cui il livello delle immunoglobuline prima dell’infusione, il picco dopo l’infusione, la presenza di<br />

infezioni o ustioni.<br />

Gli approcci utilizzati per la validazione dell’efficacia clinico-biologica delle IVIg sono<br />

rappresentati da:<br />

1) studi in vitro<br />

2) valutazione dell’efficacia clinica<br />

3) utilizzo di modelli sperimentali.<br />

Le IVIg sono dotate di una potente azione immunomodulatrice ed anti-infiammatoria, anche se i<br />

meccanismi mediante i quali tali attività si verificano in vivo sono ancora in parte sconosciuti.<br />

55


Nelle immunodeficienze, specie nelle forme umorali, il meccanismo d’azione è ovvio: le Ig<br />

somministrate per via endovenosa rimpiazzano quelle mancanti a causa del difetto di produzione.<br />

Nei disordini disregolativi del sistema immunitario (quali le malattie sistemiche autoimmuni, la<br />

Porpora Trombotica Trombocitopenica Idiopatica, l’anemia emolitica autoimmune, ecc.) sono stati<br />

di volta in volta chiamati in causa diversi meccanismi:<br />

1) L’interazione del frammento Fc con i recettori specifici (FcγR)<br />

2) Controllo <strong>della</strong> cascata complementare e attivazione di meccanismi di solubilizzazione degli<br />

immunocomplessi circolanti.<br />

3) Interazione con il network idiotipo anti-idiotipo.<br />

4) La modulazione <strong>della</strong> produzione di alcune citochine e di loro antagonisti.<br />

5) Incremento del catabolismo delle IgG.<br />

6) Apoptosi delle cellule B e cellule T mediante l’attivazione di Fas (CD95).<br />

7) Blocco del legame cell.T-superantigeni.<br />

8) Controllo dell’autoreattività e dell’induzione <strong>della</strong> tolleranza al “self”.<br />

9) Inibizione <strong>della</strong> differenziazione e maturazione delle cellule dendritiche.<br />

INDICAZIONI PER L’USO 20-49<br />

A. DEFICIT ANTICORPALI<br />

L’uso delle IVIg per il trattamento di pazienti con deficit anticorpali primitivi o secondari è stato<br />

autorizzato negli USA fin dal 1981. Il loro uso ha permesso, rispetto ai precedenti trattamenti a base<br />

di immunoglobuline im., di somministrare più alte dosi tanto da permetterne la normalizzazione dei<br />

livelli ematici: obiettivo <strong>della</strong> terapia è il mantenimento delle IgG sieriche (misurato prima <strong>della</strong><br />

successiva infusione) al valore almeno 4-6 g/l.<br />

Il raggiungimento di questo obiettivo permette al paziente di avere un minor numero di episodi<br />

febbrili e, in generale di infezioni ricorrenti, di ridurre i giorni di ricovero ospedaliero e quelli di<br />

antibiotico-terapia, di aumentare gli indici di funzionalità respiratoria, di aumentare il peso<br />

corporeo. La terapia con IVIg è indicata se il livello delle IgG è inferiore a 4 g/l. E’ da tenere<br />

presente che dopo l’inizio <strong>della</strong> terapia sono necessari da 3 a 6 mesi per il raggiungimento<br />

dell’equilibrio. La dose di partenza raccomandata è di 0,4-0,8 g/Kg di peso corporeo, seguita da<br />

almeno 0,2 g/Kg ogni 3 settimane. Una volta raggiunto lo stato stazionario l’intervallo di dosaggio<br />

varia tra 2 e 4 settimane, aggiustando la dose sulla base dei livelli plasmatici di IgG. La terapia<br />

sostitutiva è indicata nelle forme di immunodeficienza primaria con deficit umorale, quali<br />

l’agammaglobulinemia legata al cromosoma X, immunodeficienza comune variabile,<br />

immunodeficienza con iper IgM, ipogammaglobulinemia transitoria dell’infanzia, deficit delle<br />

sottoclassi IgG (con o senza deficit di IgA), in tutti i tipi di immunodeficienza combinata, quali la<br />

sindrome di Wiskott-Aldrich, atassia teleangectasia, nanismo ad arti corti, disordine<br />

linfoproliferativo legato al cromosoma X, e nelle immunodeficienze secondarie, quali certi tipi di<br />

neoplasie con deficit anticorpale, tra cui il mieloma multiplo e la LLC (Tab.1). Nei casi di mieloma<br />

o LLC con grave ipogammaglobulinemia e infezioni ricorrenti, così come in bambini con AIDS e<br />

infezioni ricorrenti la dose raccomandata è di 0,2-0,4 g/Kg ogni 3 settimane.<br />

56


TABELLA I – IMMUNODEFICIENZE NELLE QUALI L’UTILIZZO DELLE IVIG PUÒ ESSERE DI<br />

BENEFICIO. 5<br />

IImmuunnooddeeffi icci ieennzzee<br />

uumoorraal li i<br />

IImmuunnooddeeffi icci ieennzzee<br />

ccoombbi innaat tee<br />

IImmuunnooddeeffi icci ieennzzee<br />

sseeccoonnddaarri iee<br />

Agammaglobulinemia legata al cromosoma X<br />

Immunodeficienza comune variabile<br />

Immunodeficienza con iper IgM<br />

Ipogammaglobulinemia transitoria dell’infanzia (talvolta)<br />

Deficit delle sottoclassi IgG (talvolta + o – deficit di IgA)<br />

Tutti i tipi di immunodeficienza grave combinata<br />

Sindrome di Wiskott-Aldrich<br />

Atassia-Teleangectasia<br />

Nanismo ad arti corti<br />

B. IMMUNOMODULAZIONE<br />

Disordine linfoproliferativo legato al cromosoma X<br />

Neoplasie con deficit anticorpale (es.: mieloma multiplo, LLC, ecc.)<br />

Enteropatia protidodisperdente con ipogamma-globulinemia<br />

Sindrome nefrosica con ipogammaglobulinemia<br />

Sindrome da immunodeficienza acquisita dell’infanzia<br />

Pazienti in terapia intensiva (per traumatismi, chirurgia o shock)<br />

Periodo successivo a un trapianto (di organo o di midollo)<br />

Ustioni estese<br />

Prematurità<br />

Da alcuni anni le IVIg hanno trovato applicazione anche nella terapia immunomodulante: ad alte<br />

dosi le IVIg hanno azione immunosoppressiva ed antiflogistica, così da entrare nei protocolli di<br />

trattamento di patologie autoimmunitarie e/o infiammatorie. Da diversi studi è emerso che il<br />

dosaggio minimo efficace, a prescindere dalle indicazioni, è di 0,15g/Kg di peso corporeo, mentre<br />

la dose standard è 0,4 g/Kg. Dosaggi piu’ elevati di Ig comportano, ovviamente, il raggiungimento<br />

di più alti livelli sierici, ma alcuni studi hanno mostrato che dosaggi elevati non corrispondono ad<br />

una maggiore efficacia.<br />

A fronte di un uso massiccio, le uniche indicazioni riconosciute sono costituite dalla Porpora<br />

Trombocitopenica Idiopatica, la M. di Kawasaki e la S. di Guillan-Barrè.<br />

La Tabella 2, tratta dal n° 260 del 6/11/2002 <strong>della</strong> Gazzetta Ufficiale, riporta in sintesi le<br />

indicazioni e i dosaggi raccomandati per queste patologie. In particolare nel caso <strong>della</strong> Porpora<br />

trombocitopenica idiopatica, il ricorso alle IVIg è comunque successivo al fallimento di altre terapie<br />

farmacologiche, ad eccezione di episodi acuti associati a manifestazioni emorragiche o in<br />

previsione di interventi chirurgici, per cui in tali casi si raccomandano 0,8-1 g/Kg il primo giorno,<br />

ripetibile per una volta entro 3 giorni, oppure 0,4 g/Kg/die per 2-5 giorni.<br />

Nella S. di Guillain Barré il dosaggio è di 0,4 g/Kg/die per 3-7 giorni.<br />

In corso di M. di Kawasaki la dose raccomandata è di 1,6-2 g/Kg in dosi frazionate nel corso di 2-5<br />

giorni o 2 g/Kg come dose singola. E’ raccomandato il trattamento concomitante con ASA.<br />

57


Tabella 2: Indicazioni riconosciute delle IVIg (G.U. n° 260 del 06/11/2002)<br />

Terapia sostitutiva Dose Frequenza di somministrazione<br />

Terapia sostitutiva nella dose iniziale: 0,4-0,8g/Kg ogni 2-4 settimane per ottenere<br />

immunodeficienza primaria mantenimento: 0,2-<br />

0,8g/Kg<br />

un livello di IgG di almeno 4-6g/l<br />

Terapia sostitutiva nella ogni 3-4 settimane per ottenere<br />

0,2-0,4g/Kg<br />

immunodeficienza secondaria<br />

un livello di IgG di almeno 4-6g/l<br />

Bambini con AIDS 0,2-0,4g/Kg ogni 3-4 settimane<br />

Immunomodulazione<br />

Porpora trombocitopenica 0,8-1,0g/Kg al giorno 1, possibilmente ripetuto<br />

idiopatica (ITP) o Sindrome di<br />

Werlhof<br />

oppure<br />

una sola volta entro 3 giorni<br />

0,4g/Kg/die per 2-5 giorni<br />

Sindrome di Guillain Barrè 0,4g/Kg/die per 3-7 giorni<br />

Morbo di Kawasaki 1,6-2g/Kg in più dosi per 2-5 giorni in<br />

associazione con a. acetilsalicilico<br />

Trapianto allogenico di<br />

midollo osseo:<br />

2g/Kg<br />

oppure<br />

in un'unica dose in associazione<br />

con ac. acetilsalicilico<br />

Trattamento delle infezioni e<br />

profilassi <strong>della</strong> malattia da ogni settimana dal giorno 7 fino a 3<br />

trapianto contro ospite 0,5g/Kg mesi dopo il trapianto<br />

Persistente deficit di sintesi<br />

di anticorpi<br />

ogni mese fino al ritorno alla<br />

norma<br />

0,5g/Kg del livello degli anticorpi<br />

Le IVIg vengono impiegate in numerose altre patologie dove tuttavia l’uso non è raccomandato, se<br />

non in alternativa ad altri presidi (es. plasma-exchange).<br />

Nella Tabella 3 si riportano le patologie nelle quali le IVIg sono impiegate sulla base del loro<br />

meccanismo d’azione, di singoli trial clinici non controllati, di opinioni autorevoli basate<br />

sull'esperienza clinica, di studi descrittivi o single case report, in assenza di raccomandazioni al loro<br />

utilizzo (uso “off label”).<br />

58


Tabella 3- Indicazioni per l’uso delle IVIG<br />

CONDIZIONI CLINICHE Indicazioni e dosaggi<br />

Aplasia pura <strong>della</strong> serie rossa<br />

Anemia emolitica autoimmune<br />

Malattia emolitica neonatale<br />

(MEN)<br />

Neutropenia immunomediata<br />

Refrattarietà alla trasfusione<br />

piastrinica<br />

Trombocitopenia neonatale<br />

alloimmune<br />

Trombocitopenia<br />

Autoimmune (ITP)<br />

Porpora post-trasfusionale<br />

EMATOLOGIA<br />

L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />

Le IVIG possono essere usate in pz. con documentata<br />

infezione da Parvovirus B19 e anemia grave.<br />

0,4 g/Kg ogni 28 gg..<br />

L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />

Le IVIG possono avere un ruolo in pz. con anemia<br />

emolitica autoimmune da Ab caldi non responsivi a<br />

corticosteroidi o a splenectomia, o nei quali i suddetti<br />

trattamenti sono controindicati.<br />

0,4 g/Kg/die per 5 gg..<br />

L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />

Le IVIG sono raccomandate in neonati con grave MEN<br />

(0.5-1g/Kg/die per tre dosi), al fine di evitare<br />

l’exanguino-trasfusione se altri provvedimenti non<br />

hanno avuto successo o non sono stati tollerati o sono<br />

controindicati. Le IVIG date alla madre prima del parto<br />

possono essere prese in considerazione per evitare<br />

sequele debilitanti se altri provvedimenti non hanno<br />

avuto successo o non sono stati tollerati o sono<br />

controindicati.<br />

L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />

Le IVIG possono avere un ruolo in pz. nei quali altri<br />

provvedimenti non hanno avuto successo o non sono<br />

stati tollerati o sono controindicati.<br />

L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />

Le IVIG possono avere un ruolo in pz. nei quali altri<br />

provvedimenti non hanno avuto successo o non sono<br />

stati tollerati o sono controindicati.<br />

L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />

Le IVIG sono raccomandate in neonati sintomatici, ad<br />

alto rischio di sviluppare un’emorragia intracranica, se<br />

altri provvedimenti non hanno avuto successo o non<br />

sono stati tollerati o sono controindicati.<br />

Le IVIG prima del parto possono essere usate in madri<br />

ad alto rischio, con storia di trombocitopenia neonatale<br />

alloimmune e trombocitopenia fetale o neonatale.<br />

1g/Kg per settimana (alla madre).<br />

L’uso routinario di IVIG non è raccomandato.<br />

Le IVIG sono raccomandate in pazienti sintomatici, ad<br />

alto rischio di sviluppare una emorragia intracranica o in<br />

previsione di interventi chirurgici, se altri provvedimenti<br />

non hanno avuto successo o non sono stati tollerati o<br />

sono controindicati.<br />

0,4 g/ Kg / die per 5 gg.<br />

Le IVIG possono essere considerate la terapia in<br />

pazienti severamente affetti.<br />

2C+<br />

22C<br />

22C+<br />

22C<br />

22C<br />

22C<br />

22C+<br />

22C<br />

59


Neonati prematuri ad alto rischio<br />

(profilassi delle infezioni)<br />

Profilassi per il CMV nel trapianto<br />

di organi solidi<br />

Infezione da HIV (bambino)<br />

Malattia di Kawasaki<br />

Epilessia intrattabile <strong>della</strong> infanzia<br />

Sindrome di Guillain-Barrè<br />

Polineuropatia demielinizzante<br />

infiammatoria cronica<br />

Miastenia grave<br />

Sindrome di Lambert-Eaton<br />

Neuropatia multifocale motoria<br />

MALATTIE INFETTIVE<br />

L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />

La profilassi con IVIG può avere un ruolo nel neonato<br />

di basso peso alla nascita (< 1500 g) o in presenza di<br />

gravi infezioni<br />

L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />

Le IVIG possono essere usate in riceventi CMVnegativi<br />

di organi CMV-positivi.<br />

0,4 g/Kg ogni 28 gg..<br />

L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />

La profilassi con IVIG può avere un ruolo di<br />

prevenzione delle infezioni opportunistiche nei bambini<br />

HIV positivi con ipogammaglobulinemia.<br />

0,4 g/Kg ogni 28 gg..<br />

Le IVIG sono raccomandate in associazione con<br />

l’aspirina nei pazienti severamente affetti.<br />

2 g / Kg in unica somministrazione.<br />

NEUROLOGIA<br />

L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />

Le IVIG possono avere un ruolo in alcune sindromi (ad<br />

esempio: West, Lennox-Gastaut) come ultima risorsa,<br />

specialmente nei casi che possono essere candidati alla<br />

resezione chirurgica.<br />

Le IVIG sono raccomandate, come alternativa<br />

equivalente alla plasmaferesi terapeutica, in bambini e<br />

adulti. 0,4 g /Kg / die per 5 gg.<br />

Le IVIG sono raccomandate come alternativa<br />

equivalente alla plasmaferesi terapeutica in bambini e<br />

adulti.Attualmentre l’impiego nel trattamento cronico è<br />

suggerito solo da studi osservazionali.<br />

0,4 g/Kg/die per 5 gg..<br />

L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />

Le IVIG possono essere considerate in pazienti con<br />

miastenia grave di grado severo se altri provvedimenti<br />

non hanno avuto successo o non sono stati tollerati o<br />

sono controindicati. 0.4g/Kg/die x 5 gg o 2g/Kg x 2 gg<br />

L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />

Le IVIG possono essere considerate in pazienti con<br />

sindrome di Lambert-Eaton di grado severo se altri<br />

provvedimenti non hanno avuto successo o non sono<br />

stati tollerati o sono controindicati.<br />

0,4 g/Kg/die per 5 gg..<br />

L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />

Le IVIG possono essere considerate in pazienti che<br />

hanno una neuropatia multifocale motoria progressiva e<br />

sintomatica, diagnosticata sulla base di reperti<br />

elettrofisiologici che escludano altre possibili condizioni<br />

22C+<br />

22C+<br />

22C+<br />

11A<br />

22C<br />

11A<br />

11A<br />

22C<br />

22C+<br />

22C+<br />

22C+<br />

60


Sclerosi multipla<br />

Stiff-person Syndrome<br />

LES<br />

Vasculiti sistemiche<br />

Dermatomiosite, polimiosite<br />

non rispondenti a questo trattamento.<br />

0,4 g/Kg/die per 5 gg..<br />

L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />

Le IVIG possono essere considerate in pazienti con<br />

manifestazioni di grado moderato o severo di sclerosi<br />

multipla in ricaduta-remissione per i quali altri<br />

provvedimenti non hanno avuto successo o non sono<br />

stati tollerati o sono controindicati.<br />

L’uso delle IVIG si è rivelato efficace in uno studio<br />

clinico randomizzato (16 pazienti).2 g/Kg/mese.<br />

REUMATOLOGIA<br />

L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />

Le IVIG possono essere usate in pazienti con LES attivo<br />

e di grado severo nei quali altri provvedimenti non<br />

hanno avuto successo o non sono stati tollerati o sono<br />

controindicati.<br />

L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />

Le IVIG possono essere usate in pazienti con malattia<br />

attiva e di grado severo, particolarmente in quelli con<br />

vasculiti ANCA-positive o altre vasculiti sistemiche, nei<br />

quali altri provvedimenti non hanno avuto successo o<br />

non sono stati tollerati o sono controindicati.<br />

L’uso routinario delle IVIG non è raccomandato.<br />

Le IVIG possono essere usate in pazienti con malattia<br />

attiva e di grado severo nei quali altri provvedimenti non<br />

hanno avuto successo o non sono stati tollerati o sono<br />

controindicati. 0,4 g/Kg/die per 5 gg..<br />

Anemia aplastica<br />

MISCELLANEA<br />

L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Anemia di Diamone-Blackfan L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Adrenoleucodistrofia L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Inibitori acquisiti del FVIII L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Malattia di von Willebrand L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

acquisita<br />

S.L.A. L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Malattia di Beh et L’uso delle IVIG non è raccomandato 22C<br />

Cardiomiopatia acuta L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Sindrome da fatica cronica<br />

L’uso delle IVIG non è raccomandato. 2C<br />

Arresto cardiaco congenito L’uso delle IVIG non è raccomandato. 11A<br />

Fibrosi cistica L’uso delle IVIG non è raccomandato. 11A<br />

Dermatosi bollose autoimmuni L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Diabete mellito L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Disautonomia acuta idiopatica L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Encefalopatia acuta disseminata L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Endotossiemia L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Reazione emolitica trasfusionale L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

PTT e HUS L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

22C<br />

22B<br />

22C+<br />

22C+<br />

22C+<br />

61


Sindrome emofagocitica L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Leucemia linfoblastica acuta L’uso delle IVIG non è raccomandato. 11A<br />

Asma bronchiale L’uso delle IVIG non è raccomandato. 11A<br />

Aborti ricorrenti L’uso delle IVIG non è raccomandato. 11A<br />

Artrite reumatoide giovanile L’uso delle IVIG non è raccomandato. 11A<br />

Sindrome<br />

inferiore<br />

del motoneurone L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Mielosa multiplo<br />

L’uso delle IVIG non è raccomandato eccetto nei 11A<br />

pazienti con malattia stabile e ipogammaglobulinemia<br />

Sclerosi multipla L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Mielopatia associata a HTLV-1 L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Sindrome nefritica L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Sindrome nefrosica L’uso delle IVIG non è raccomandato. 11A<br />

Chirurgia/traumatologia in L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

profilassi<br />

Ustioni in profilassi L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Oftalmopatia eutiroidea L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Opsonoclono-mioclono L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Otite media ricorrente L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Miosite a corpi inclusi L’uso delle IVIG non è raccomandato. 11A<br />

Degenerazione<br />

cerebellare<br />

paraneoplastica L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Neuropatia paraproteinemica L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Infezione da Parvo-virus (in L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

generale)<br />

Sindrome POEMS L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

(polineuropatia, organo-megalia,<br />

endocrinopatia, proteina M,<br />

alterazioni cutanee)<br />

Flebopatia lombo-sacrale<br />

progressiva<br />

L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Radicoloneurite di Lyme L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Sindrome di Rasmussen<br />

L’uso delle IVIG non è raccomandato. 2C<br />

Sindrome di Reiter L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Insufficienza renale acuta L’uso delle IVIG non è raccomandato. 11A<br />

Trombocitopenia non<br />

immunologica<br />

L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Shock settico da streptococco<br />

L’uso delle IVIG non è raccomandato. 2C<br />

Uveite L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Sindrome di Vogt-Koyanagi-<br />

Harada<br />

L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Sindrome di Lyell L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

Malattie infiammatorie L’uso delle IVIG non è raccomandato. 22C<br />

dell’intestino (morbo di Crohn,<br />

colite ulcerosa)<br />

62


EFETTI INDESIDERATI 49-53<br />

Compaiono in un range variabile tra l’1-15% dei pazienti trattati, sono variabili per gravità, ma<br />

generalmente di modesta importanza clinica.<br />

Cefalea, brividi, ipertermia, febbre, reazioni allergiche, nausea, vomito, artralgie, ipotensione<br />

fino allo shock anafilattico, anche in pazienti che non hanno mostrato ipersensibilità nel corso di<br />

precedenti somministrazioni. Sebbene l’eziologia rimanga incerta, sembra possano essere implicati<br />

aggregati di IgG, IgG-dimeri e l’attivazione <strong>della</strong> cascata complementare. Gli aggregati che si<br />

formano durante il processo di frazionamento sono in grado di attivare il complemento anche in<br />

assenza dell’antigene. I pazienti con deficit anticorpale hanno più frequenti reazioni, talora anche di<br />

tipo anafilattico: l’infusione lenta sembra avere effetto preventivo. Comunque la maggior parte di<br />

queste reazioni può risolversi con la temporanea interruzione dell’infusione o con la riduzione <strong>della</strong><br />

sua velocità, ovvero può essere prevenuta con la somministrazione di ASA, paracetamolo od<br />

antistaminici prima del trattamento e/o di idrocortisone in concomitanza dello stesso. L’industria ha<br />

provveduto, con l’aggiunta di vari step, alla rimozione di questi contaminanti con il risultato che<br />

l’incidenza di queste reazioni si è notevolmente ridotta, anche se non completamente abolita.<br />

Pertanto sono stati chiamati in causa anche altri fattori: pazienti con infezioni croniche possono<br />

avere con l’infusione di IVIg la formazione in eccesso di complessi immuni, da qui l’attivazione<br />

<strong>della</strong> callicreina, di citochine pro-infiammatorie e di sostanze vasoattive in grado di determinare il<br />

quadro clinico.<br />

Gravi reazioni anafilattiche si sono verificate in pazienti con deficit di IgA. Sebbene il contenuto<br />

di IgA nelle preparazioni di IVIg sia modesto e comunque variabile nei vari prodotti, piccole<br />

quantità possono condurre a reazioni fatali, specialmente in pazienti con IgE anti-IgA.<br />

Eventi tromboembolici sono stati riportati soprattutto negli anziani, in pazienti con pregressi di<br />

ischemia cerebrale o cardiaca ed in pazienti sovrappeso marcatamente ipovolemici o costretti<br />

all’immobilizzazione. La comparsa di una sindrome da iperviscosità, particolarmente in pazienti<br />

affetti da crioglobulinemia, ipergammaglobulinemia ed ipercolesterolemia, aumenta il rischio di<br />

eventi tromboembolici. Questo è probabilmente il meccanismo responsabile di quei rari casi di<br />

stroke o di embolia polmonare in pazienti trattati con IVIg. Tale complicanza richiede pertanto<br />

un’attenta valutazione clinico-laboratoristica, una velocità di infusione standardizzata ed<br />

un’idratazione efficace del paziente.<br />

Meningite asettica reversibile dopo somministrazione di IVIg con incidenza correlata alla dose<br />

(pazienti affetti da patologie neurologiche e neuromuscolari trattati con IVIg ad alte dosi). I sintomi<br />

compaiono entro 6-24 ore dalla fine dell’infusione e regrediscono senza reliquati nel giro di 3-5<br />

giorni. I meccanismi fisiopatologici rimangono sconosciuti. La comparsa di meningite asettica è<br />

comunque indipendente dal tipo di prodotto commerciale, dalla velocità di infusione e dall’età del<br />

paziente, sembra invece essere correlata ad anamnesi positiva per cefalea.<br />

Aumento <strong>della</strong> creatinina e/o insufficienza renale acuta, raramente osservata, soprattutto in<br />

pazienti con preesistenti malattie renali o che assumono farmaci nefrotossici o in condizioni che<br />

inducono una deplezione di volume, come può verificarsi in pazienti anziani, diabetici o<br />

scarsamente idratati. Sebbene l’eziologia non sia completamente chiarita, è ipotizzabile che la<br />

nefrotossicità da IVIg (il cui substrato anatomopatologico è costituito dalla vacuolizzazione delle<br />

cellule epiteliali del tubulo prossimale renale) sia dovuta ad uno squilibrio osmotico causato da<br />

livelli elevati di saccarosio usato come “stabilizzante” nei diversi preparati.<br />

63


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66


CONCENTRATI DEI FATTORI DELLA COAGULAZIONE<br />

DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI<br />

I concentrati dei fattori <strong>della</strong> coagulazione sono di due tipi: A) Concentrati plasma-derivati di<br />

origine plasmatica B) Concentrati ricombinanti,ottenuti con metodiche di ingegneria genetica.<br />

Il frazionamento del plasma rappresenta ancora oggi una fonte insostituibile per la produzione dei<br />

fattori <strong>della</strong> coagulazione. L’applicazione delle moderne biotecnologie (NAT) allo screening delle<br />

donazioni di sangue e l’implementazione dei metodi virucidi hanno determinato un significativo<br />

abbattimento del rischio di trasmissione di malattie infettive, anche se non hanno definitivamente<br />

risolto il problema, in quanto i virus con involucro proteico, resistenti ai metodi di in attivazione,<br />

possono ancora oggi essere trasmessi tramite i concentrati.<br />

A) I concentrati plasma-derivati originano da pool di migliaia di donatori di plasma e i singoli<br />

fattori <strong>della</strong> coagulazione vengono purificati dal plasma mediante metodiche di frazionamento,<br />

dando origine a prodotti di diversa purezza. I plasma-derivati sono tutti sottoposti a metodiche di<br />

inattivazione virale. Recentemente è stato introdotto l’obbligo (EMEA) di usare 2 metodiche di<br />

inattivazione virale per ogni prodotto, associando così il metodo fisico (calore) al metodo chimico<br />

(solvente/detergente) o alla nanofiltrazione.<br />

Sono plasma-derivati i concentrati di fattore VIII, IX, XI vWF, i concentrati del complesso<br />

protrombinico attivati e non, i concentrati di fibrinogeno, fattore VII, fattore XIII.<br />

I concentrati di fattore VIII e IX presentano gradi diversi di purezza a seconda delle tecniche<br />

impiegate per la purificazione; si distinguono 3 gruppi di prodotti: 1) a intermedia purezza (ottenuti<br />

usando tecniche convenzionali di precipitazione-assorbimento); 2) a elevata purezza (ottenuti<br />

mediante cromatografia); 3) purificati con l’impiego di anticorpi monoclonali (1).<br />

Nelle tabelle A e B sono presentati i concentrati di FVIII e IX, di origine plasmatica, attualmente<br />

registrati in Italia, nella tabella C i concentrati di FVIII, IX e VII ricombinanti.<br />

Concentrati di Fatt. VIII da plasma attualmente registrati in Italia<br />

DITTA NOME ORIGINE METODO<br />

PURIFICAZIONE<br />

AVENTIS<br />

BEHRING<br />

HAEMATE P PLASMA<br />

UMANO<br />

Precipitazione<br />

multipla<br />

INATTIVAZIONE<br />

VIRALE<br />

PASTEURIZZAZIONE<br />

60°C, 10 ore<br />

ATTIVITA’<br />

SPECIFICA<br />

INTERMEDIA PUREZZA U/mg prot. tot.<br />

40<br />

ELEVATA PUREZZA<br />

BAXTER-<br />

IMMUNO<br />

IMMUNATE<br />

STIM PLUS<br />

PLASMA<br />

UMANO<br />

GRIFOLS ALPHANATE PLASMA<br />

UMANO<br />

KEDRION EMOCLOT D.I. PLASMA<br />

UMANO<br />

GRIFOLS FANHDI PLASMA<br />

UMANO<br />

AVENTIS<br />

BEHRING<br />

MONOCLONALI<br />

BAXTER-<br />

IMMUNO<br />

BERIATE P PLASMA<br />

UMANO<br />

HEMOFIL M PLASMA<br />

UMANO<br />

Cromatografia a<br />

scambio anionico<br />

Cromatografia di<br />

affinità<br />

Cromatografia a<br />

scambio ionico<br />

Cromatografia di<br />

affinità<br />

Cromatografia a<br />

scambio ionico<br />

Cromatografia di<br />

immunoaffinità<br />

con Mab<br />

Polysorbato 80 +<br />

VAPORE CALDO<br />

60 °C, 10 ore<br />

Polysorbato 80 +<br />

calore secco 80°C 72<br />

ore<br />

TNBP/Polysorbato 80 +<br />

100°C , 30 min.<br />

Polysorbato 80 +<br />

calore secco 80°C 72<br />

ore<br />

PASTEURIZZAZIONE<br />

60°C, 10 ore<br />

50-150<br />

140<br />

>100<br />

125-175<br />

100-250<br />

TNBP/Triton X > 2000<br />

67


Concentrati di Fatt. IX da plasma attualmente registrati in Italia<br />

DITTA DENOMINAZIONE ORIGINE METODO<br />

PRODUTTRICE<br />

PURIFICAZIONE<br />

DITTA NOME ORIGINE METODO<br />

PURIFICAZIONE<br />

KEDRION AIMAFIX D.I<br />

BAXTER -<br />

IMMUNO<br />

IMMUNINE<br />

GRIFOLS ALPHANINE SD<br />

ZLB BEHRING MONONINE<br />

PLASMA<br />

UMANO<br />

PLASMA<br />

UMANO<br />

PLASMA<br />

UMANO<br />

PLASMA<br />

UMANO<br />

cromatografia a<br />

scambio ionico<br />

Cromatografia<br />

anionica<br />

DEAE Cromat. +<br />

cromat. Affinità<br />

cromatografia<br />

immunoaffinità<br />

INATTIVAZIONE ATTIVITA’<br />

VIRALE SPECIFICA<br />

INATTIVAZIONE ATTIVITA’<br />

VIRALE U/mg SPECIFICA prot. tot.<br />

Solv./Det. + 30<br />

min. a 100°C<br />

Det. + Vapore 10<br />

ore 60°C, 1ora<br />

80°C<br />

S/D +<br />

Nonofiltrazione<br />

Sodio tiocianato<br />

Ultrafiltrazione<br />

B) I concentrati ricombinanti vengono invece prodotti in colture cellulari grazie alle tecniche di<br />

ricombinazione genica e sono comunque anch’essi sottoposti a metodiche di inattivazione virale<br />

Sono ricombinanti i concentrati di fattore VIII, IX e VII<br />

TABELLA C: CONCENTRATI FATTORI VIII, IX e VII RICOMBINANTI<br />

KOGENATE F VIII Bayer Solvente/detergente<br />

HELIXATE NEX GEN F VIII Aventis Behring Solvente/detergente<br />

RECOMBINATE F VIII Baxter Solvente/detergente<br />

ADVATE F VIII Baxter Solvente/detergente<br />

REFACTO F VIII Wyeth Lederle Solvente/detergente<br />

BENEFIX F IX Baxter Nanofiltrazione<br />

NOVOSEVEN F VII Novo Nordisk Solvente/detergente<br />

150-200<br />

Tutti questi prodotti, sia plasmatici che ricombinanti, sono forniti in forma liofilizzata e stabile nel<br />

tempo.<br />

> 40<br />

50-150<br />

150-250<br />

68


INDICAZIONI<br />

La terapia sostitutiva ancora oggi rappresenta il presidio terapeutico di prima linea per curare<br />

numerosi difetti congeniti e di supporto per alcune patologie acquisite La terapia sostitutiva<br />

riguarda tutti i trattamenti con concentrati dei fattori <strong>della</strong> coagulazione ad azione procoagulante<br />

(singoli fattori o complessi di fattori) o anticoagulante (Antitrombina, Proteina C), che hanno lo<br />

scopo di normalizzare i livelli circolanti dei fattori carenti.<br />

1) Concentrati di F VIII: sia plasmatici che ricombinanti, sono indicati per la terapia sostitutiva<br />

dell’EMOFILIA A. (1C+)<br />

2) Concentrati di F IX: sia plasmatici che ricombinanti, sono indicati per la terapia sostitutiva<br />

dell’EMOFILIA B. (1A)<br />

Di seguito si propone una tabella, con indicazioni delle dosi, in rapporto alla sede e alla entità <strong>della</strong><br />

emorragia; è comunque raccomandato di consultare un Centro specialistico per le malattie<br />

dell’emostasi, per consentire una continuità terapeutica, evitando di somministrare al paziente un<br />

prodotto diverso da quello usato in precedenza. (1A)<br />

Nel caso di un paziente con inibitori del F VIII o F IX è fondamentale la consulenza del Centro<br />

specialistico.<br />

Terapia sostitutiva – dosaggio<br />

Emofilia A e B<br />

Per quanto riguarda la MALATTIA di von WILLEBRAND è importante conoscerne il Tipo, poiché<br />

la terapia può non essere necessariamente di tipo sostitutivo con emoderivati. Infatti secondo le<br />

recenti linee guida pubblicate da AICE nel 2002, la terapia <strong>della</strong> Malattia di von Willebrand può<br />

essere schematizzata nel modo seguente:<br />

69


Tipo M di von Willebrand Terapia di scelta Terapia alternativa<br />

Tipo 1 DDAVP (1C+) Antifibrinolitici/ estrogeni<br />

Tipo 2A F VIII- F vW<br />

Tipo 2B F VIII- F vW<br />

Tipo 2M F VIII- F vW<br />

Tipo 2N DDAVP (1C+)<br />

Tipo 3 F VIII- F vW DDAVP-Concentrati di PLT<br />

Tipo 3 con inibitori F VIII ricombinante<br />

Nel caso <strong>della</strong> MALATTIA di von WILLEBRAND la scelta del concentrato di F VIII deve<br />

ricadere su quei prodotti ad alto contenuto di F vW come : HAEMATE P (Aventis Behring),<br />

FANDHI (Grifols), ALPHANATE (ALPHA Therapeutic Italia).<br />

3) Concentrato di Fibrinogeno<br />

⇒ Fibrinogeno Um.TIM3 (Baxter), disponibile in flaconi da 1 gr, inattivato mediante<br />

trattamento al vapore.<br />

⇒ Haemocomplettan P (Aventis Behring), inattivato mediante pastorizzazione, non registrato<br />

in Italia, ma disponibile a scopo compassionevole.<br />

Rappresenta il prodotto di scelta nel deficit congenito di F XIII (2C), in sua assenza può essere<br />

usato il plasma fresco congelato (2C) o, se disponibile, il plasma virus-inattivato alla dose di 15-20<br />

ml/Kg.<br />

4) Concentrato di F XIII<br />

⇒ Fibrogammin P (Aventis Behring), inattivato mediante pastorizzazione, non registrato in<br />

Italia, ma disponibile a scopo compassionevole.<br />

Rappresenta il prodotto di scelta nel deficit congenito di F XIII (2C), in sua assenza può essere<br />

usato il plasma fresco congelato (2C) o, se disponibile, il plasma virus-inattivato alla dose di 15-20<br />

ml/Kg.<br />

5) Concentrato di F VII<br />

⇒ Provertin-Um TIM3 (Baxter-Immuno), disponibile in flaconi da 500 UI è di origine<br />

plasmatica ed è inattivato mediante trattamento al vapore. Viene somministrato in base alla<br />

carenza e alla gravità clinica, considerando che 10-20 U/dl sono sufficienti per l’emostasi e che<br />

possono essere conseguiti e mantenuti somministrando 30-40 U/Kg ogni 12 h (2C).<br />

⇒ Novoseven, rFVIIa (Novo Nordisk), disponibile in flaconi da 60 KUI (1,2 mg/ml), è di<br />

natura ricombinante e trattato con solvente/detergente.<br />

L’avvento del prodotto ricombinante ha sostanzialmente sostituito l’uso del prodotto plasmatico,<br />

che per altro mantiene invariata la sua indicazione terapeutica nei deficit congeniti di FVII.<br />

Nella seconda metà degli anni ’80 è stato prodotto il fattore VII ricombinante (rFVIIa) allo scopo di<br />

trattare gli eventi emorragici in pazienti Emofilici A o B con inibitori, ai quali non è possibile<br />

somministrare concentrati di fattore VIII o IX con le comuni modalità. Successivamente il suo<br />

impiego è stato esteso al trattamento di pazienti con emofilia acquisita e in anni più recenti è stato<br />

utilizzato come “agente emostatico universale” in situazioni emorragiche diverse: deficit<br />

congenito di FVII, disordini qualitativi e quantitativi piastrinici, epatopatia e trapianto di fegato,<br />

chirurgia maggiore e traumatologia.<br />

Esistono ad oggi delle indicazioni correntemente approvate e altre applicazioni non codificate e<br />

definite “off label”.<br />

70


INDICAZIONI CORRENTEMENTE APPROVATE<br />

1) TRATTAMENTO DI EPISODI EMORRAGICI E/O PREVENZIONE DI EMORRAGIE<br />

CHIRURGICHE<br />

⇒ Pazienti con inibitori del fattore VIII o IX (1C+)<br />

⇒ Deficit congenito di fattore VII (1C+)<br />

⇒ Tromboastenia di Glazmann (1C+)<br />

APPLICAZIONI “OFF LABEL”<br />

1) TRATTAMENTO DI EPISODI EMORRAGICI E/O PREVENZIONE DI EMORRAGIE<br />

CHIRURGICHE<br />

⇒ Disordini piastrinici qualitativi e quantitativi<br />

⇒ Epatopatia (cirrosi, trapianto di fegato, epatite acuta fulminante)<br />

⇒ Chirurgia maggiore e trauma<br />

⇒ Altro: vWD tipo III, deficit FXI, Emorragie da Warfarin, ecc.)<br />

Dosaggio del Fattore VII ricombinante (16-31)<br />

a) Emofilia congenita o acquisita con inibitori verso i fattori VIII e IX<br />

⇒ 90 g/Kg (4.5KUI/Kg) in bolo, seguito dopo 2-3-h da una dose di 60-120 g/Kg (3-<br />

6KUI/Kg) in base al tipo e alla gravità dell’evento emorragico. Successivamente,<br />

nella necessità di continuare la terapia, l’intervallo di somministrazione può essere<br />

aumentato a 4, 6, 8, 12h<br />

b) Deficit congenito di fattore VII<br />

⇒ 20-25 g/Kg<br />

c) Tromboastenia di Glanzmann<br />

⇒ 50-100 g/Kg (in associazione o meno agli antifibrinolitici).<br />

d) Patologia epatica, ostetrica, urologica, neurochirurgia, cardiochirurgia,<br />

traumatologia<br />

⇒ 20-120 g/Kg.<br />

Limitatamente all’impiego del rFVIIa nel paziente critico traumatizzato con emorragia massiva in<br />

atto, sono state recentemente pubblicate linee guida dalla Task Force Israeliana con le seguenti<br />

raccomandazioni:<br />

- Precoce somministrazione del rFVIIa, se la terapia convenzionale fallisce nell’arresto<br />

dell’emorragia.<br />

- Terapia combinata con trasfusione di emazie concentrate (8-10 unità ?).<br />

- Presenza di livelli di Fibrinogeno fra 50-100mg/dl e conta piastrinica fra 50-100.000/ l.<br />

- Correzione del PH a > 7.2.<br />

- Dose iniziale media 120 g/Kg (100-140 g/Kg) somministrata e.v. in 2-5 min.<br />

- Dose successiva: dopo 15-20’ se persiste l’emorragia somministrare 100 g/Kg.<br />

- In assenza dell’arresto dell’emorragia, rivedere le condizioni di base e associare trattamento<br />

con PFC e Piastrine.<br />

Sebbene non esista al momento una chiara evidenza scientifica sulla efficacia e sicurezza del rFVIIa<br />

nel trattamento delle emorragie da eccesso di warfarina, il suo impiego anche in questo campo sta<br />

diventando sempre più frequente.<br />

Secondo la Federazione dei Centri per la diagnosi <strong>della</strong> trombosi e la Sorveglianza delle terapie<br />

antitrombotiche (FCSA), l’impiego del rFVIIa “può essere considerato in sostituzione dei CCP<br />

qualora non disponibili”.<br />

Il dosaggio orientativamente indicato è fra 15-90 g/Kg.<br />

71


SICUREZZA DEI CONCENTRATI (2-11,15,32,33)<br />

a) trasmissione di infezioni virali<br />

Relativamente ai concentrati disponibili sul mercato e largamente usati, bisogna sottolineare che<br />

nell’ultimo decennio non sono stati segnalati casi di trasmissione del virus HIV. Le metodiche di<br />

inattivazione virale adottate sono risultate sicuramente efficaci nei confronti del virus HIV, non<br />

altrettanto efficaci per virus come HCV e HBV, responsabili di casi di epatite B e C, risalenti agli<br />

anni 90, ma di cui non si sono verificati nuovi casi di trasmissione dopo il 1993. E’ noto inoltre che<br />

queste metodiche di inattivazione virale non hanno effetto su virus privi di envelope lipidico, come<br />

l’HAV e il Parvovirus B19, la cui trasmissione attraverso i concentrati plasma-derivati rappresenta<br />

un rischio ancora attuale.<br />

b) insorgenza di inibitori<br />

L’impiego <strong>della</strong> terapia sostitutiva, sia con plasma-derivati che con prodotti ricombinanti, comporta<br />

l’insorgenza di inibitori contro il fattore VIII o IX, con una prevalenza rispettivamente del 14% e<br />

4%, come risulta dai dati del Registro Nazionale dell’Emofilia. I pazienti a maggior rischio di<br />

sviluppare inibitori sono i bambini con emofilia grave che vengono per la prima volta esposti al<br />

trattamento sostitutivo.<br />

c) rischio trombotico<br />

I concentrati di fattori <strong>della</strong> coagulazione, dai concentrati di complesso protrombinico attivati e non<br />

(aCCP e CCP), ai concentrati di F XI, IX, VII ricombinante, comportano il rischio di eventi<br />

tromboembolici come trombosi venosa profonda, embolia polmonare, infarto del miocardio, DIC. Il<br />

potenziale trombotico dei concentrati sembra attribuirsi alla presenza di tracce di fattori attivati<br />

<strong>della</strong> coagulazione o comunque alla presenza di materale pro-trombotico, eventualemte associato a<br />

fattori favorenti come un trattamento prolungato nel tempo, un allettamento protratto, interventi<br />

chirurgici recenti, pregresse malattie cardiovascolari, epatopatia, associazione con farmaci<br />

antiemorragici e antifibrinolitici.<br />

d) sicurezza del rFVIIa<br />

L’impiego del rFVIIa è stato associato a numerose segnalazioni di eventi tromboembolici sia<br />

arteriosi che venosi. Mancano ancora oggi trials clinici controllati e randomizzati che possano<br />

definire il livello di sicurezza di questo farmaco.<br />

Per quanto siano considerati rari gli eventi tromboembolici nei pazienti emofilici con inibitori, non<br />

è altrettanto chiara l’incidenza di eventi avversi di tipo tromboembolico quando il rFVIIa è<br />

impiegato nei casi “off label”.<br />

Dai dati <strong>della</strong> letteratura disponibili sembra di poter affermare: a) che il rFVIIa, per la sua capacità<br />

a mantenere circoscritto alla sede del danno vascolare il suo potenziale procoagulante, comporta un<br />

minor rischio trombotico, rispetto ad altri concentrati di fattori <strong>della</strong> coagulazione e b) appare sicuro<br />

ed efficace in un ampio range di disordini emorragici in pazienti senza preesistente coagulopatia.<br />

72


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73


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74


CONCENTRATI DI ANTITROMBINA<br />

DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI 1-16<br />

L’Antitrombina, in passato denominata Antitrombina III (AT III), è una glicoproteina a sintesi<br />

epatica, di PM 58.000 Da presente nel plasma ad una concentrazione di 150 g/ml.<br />

L’Antitrombina (AT) è un inibitore delle proteasi, appartenente alla grande famiglia delle “Serpine”<br />

o inibitori delle serin-proteasi; in quanto inibitore naturale <strong>della</strong> coagulazione, esplica la sua attività<br />

anticoagulante inibendo prevalentemente la trombina e il fattore Xa (FXa) ed in misura minore<br />

anche altri fattori attivati <strong>della</strong> coagulazione (FIXa, FXIa, FXIIa). La velocità del complesso di<br />

inattivazione trombina-antitrombina (TAT) è enormemente accelerata dalla presenza di eparina o<br />

eparansolfato presente alla superficie delle cellule endoteliali.<br />

Accanto ad un’attività inibitoria <strong>della</strong> coagulazione, l’antitrombina possiede anche proprietà antiinfiammatorie.<br />

Essa attraverso il legame ai glicosaminoglicani eparinosimili, presenti sulle cellule endoteliali,<br />

favorisce la liberazione di prostacicline da parte delle stesse cellule endoteliali. Questa maggiore<br />

disponibilità di prostaciclina riduce la liberazione di citochine dai monociti attivati e dei radicali<br />

dell’ossigeno dai granulociti e inibisce l’adesione e l’aggregazione piastrinica.<br />

I valori normali di attività dell’AT nel plasma sono compresi fra 80 e 120%. L’emivita biologica è<br />

di 1,5-2,5 giorni in condizioni normali, ma, in presenza di eparina e soprattutto nelle carenze<br />

acquisite l’emivita può notevolmente ridursi fino anche a poche ore.<br />

1) Carenza congenita.<br />

Esistono due diversi tipi di carenza congenita di AT, che si trasmettono con carattere autosomico<br />

dominante:<br />

TIPO I (difetto quantitativo) in cui si verifica una riduzione sia <strong>della</strong> concentrazione antigenica che<br />

dell’ attività funzionale.<br />

TIPO II (difetto qualitativo) caratterizzato da livelli antigenici normali in presenza di ridotta<br />

attività funzionale.<br />

Rispetto alla popolazione generale il deficit congenito ha una prevalenza stimata di 1/2000-5000;<br />

rispetto ad una popolazione selezionata di pazienti con eventi trombotici, la prevalenza è del 2-3% .<br />

I soggetti eterozigoti presentano generalmente livelli di AT compresi tra il 40% ed il 70% del<br />

normale; in tali soggetti il rischio di sviluppare trombosi venosa è presente sin dalla giovane età ed<br />

aumenta significativamente dopo i 30 anni. Il rischio maggiore o minore di eventi trombotici è<br />

legato alla contemporanea eredità di altri difetti genetici che predispongono alla trombosi, dal tipo<br />

di mutazione, dalla contemporanea presenza di altri fattori di rischio trombotico (quali uso di<br />

contraccettivi, gravidanza, interventi chirurgici, traumi, febbre.ecc.).<br />

2) Carenza acquisita<br />

diverse condizioni cliniche sono associate ad uno stato di carenza acquisita di AT:<br />

1) ridotta sintesi:<br />

- cirrosi epatica (associata ad uno stato di CID, subclinica a cui può contribuire il deficit di<br />

AT) e cirrosi ascitica<br />

- neonati prematuri (immaturità epatica)<br />

- farmaci (L-asparaginasi)<br />

2) aumentata escrezione/perdita:<br />

- enteropatia proteina-disperdente<br />

- sindrome nefrosica<br />

- ustioni<br />

3) diluizione:<br />

- trasfusione massiva<br />

- plasmaexchange<br />

- circolazione extracorporea<br />

75


4) aumentato consumo:<br />

- coagulazione intravascolare disseminata<br />

- chirurgia maggiore<br />

- infusione di eparina<br />

- politraumi<br />

- sepsi severa/shock settico<br />

- tromboembolismo severo<br />

- sindrome emolitica uremica<br />

- preeclampsia<br />

I concentrati di AT attualmente in commercio sono ottenuti da plasma umano liofilizzato; essi sono<br />

ricostituiti in acqua sterile e infusi in bolo per via endovenosa in 10 – 20 minuti subito dopo la<br />

ricostituzione o al massimo entro 8 h dalla ricostituzione. I flaconi sono conservati a temperatura fra<br />

+2°C e +8°C e non possono essere congelati.<br />

Sono disponibili in commercio concentrati di varie ditte:<br />

ANTITROMBINA III (Immuno), flaconi da 500-1000-1500 UI, sottoposto a pasteurizzazione;<br />

AT III (Kedrion), flaconi da 500-1000-2000 UI, sottoposto a pasteurizzazione e nanofiltrazione;<br />

KYBERNIN P (ZLB Behring) flaconi da 500 e 1000 UI, sottoposto a pasteurizzazione.<br />

INDICAZIONI PER L’USO 17-23<br />

A) PAZIENTI CON DEFICIT CONGENITO DI AT:<br />

La carenza congenita, in assenza di sintomatologia o fattori di rischio, non costituisce indicazione<br />

alla terapia sostitutiva con concentrati di AT. Da considerare che i pazienti con deficit congenito di<br />

AT e pregressi e ripetuti episodi di trmboembolismo devono essere tutti tenuti in terapia<br />

anticoagulante orale ( TAO ) a tempo illimitato<br />

L’indicazione e il motivo <strong>della</strong> richiesta può essere dovuta a:<br />

profilassi <strong>della</strong> trombosi venosa profonda e del tromboembolismo in situazioni ad alto rischio:<br />

interventi di chirurgia maggiore, procedure ostetriche (quali parto o aborto), traumi,<br />

immobilizzazione<br />

trattamento di manifestazioni trombotiche in atto in associazione alla terapia anticoagulante con<br />

eparina o eparina a basso peso molecolare.<br />

B) PAZIENTI CON DEFICIT ACQUISITO DI AT:<br />

Non esiste al momento attuale evidenza di indicazioni terapeutiche diverse dal deficit congenito.<br />

Dall’analisi <strong>della</strong> letteratura risulta che il trattamento con AT non è indicato (non prove di efficacia<br />

clinica) nelle seguenti patologie, caratterizzate da valori di AT < al 50%:<br />

epatopatia acuta o cronica<br />

sindrome nefrosica<br />

carenza per perdita gastroenterica<br />

preeclampsia<br />

sindrome da distress respiratorio neonatale<br />

politrauma in assenza di CID<br />

postoperatorio in assenza di CID<br />

Sono necessari ulteriori studi per quanto riguarda l’uso di concentrati di AT in caso di:<br />

CID associata a sepsi severa, in cui l’impiego di alte dosi, non associate a eparina, sembra<br />

migliorare la sopravvivenza dei pazienti. (2A)<br />

CID associata a trauma, ustioni, gravidanza.<br />

neonati da madri carenti o con severa storia familiare di tromboembolismo venoso<br />

trombosi in atto con bassi livelli di AT e resistenza all’eparina<br />

tromboembolismo acuto in corso di terapia con L-asparaginasi<br />

76


circolazione extracorporea<br />

trombosi dell’arteria epatica dopo trapianto ortotopico di fegato<br />

malattia veno occlusiva dopo trapianto di midollo<br />

CALCOLO DELLA DOSE<br />

Non c’è alcuna evidenza clinica che livelli sopranormali di AT garantiscano una migliore<br />

protezione rispetto ai livelli fisiologici.<br />

Prima di iniziare la terapia sostitutiva con concentrato specifico, è consigliato eseguire un dosaggio<br />

plasmatico di AT usando un metodo funzionale, biologico (cromogenico) e non immunologico.<br />

Sulla base di questo risultato è possibile calcolare la dose da somministrare secondo le seguenti<br />

modalità.<br />

In considerazione del fatto che la somministrazione di 1 UI/Kg di peso aumenta l’attività <strong>della</strong> AT<br />

plasmatica di 1,5 %, il calcolo delle unità da somministrare è il seguente:<br />

Unità richieste: Peso corporeo (Kg) x (livello desiderato-attività dosata(%)) /1.5<br />

Es. 60Kg x (100-38%) /1.5 = 2480 UI<br />

La dose iniziale da somministrare in bolo è pari a 30-50 UI/Kg.<br />

La dose e il timing delle successive somministrazioni sono legate al monitoraggio dell’attività<br />

plasmatica dell’AT ogni 12-48 h<br />

EFFETTI INDESIDERATI<br />

In genere l’infusione di AT è ben tollerata; sono possibili comunque reazioni di tipo allergico e<br />

febbrili. Non sono riportati casi in letteratura di sviluppo di anticorpi anti-AT.<br />

Non sono stati riportati casi di infezione (epatite o AIDS) da attribuirsi direttamente all’uso di AT.<br />

La contemporanea somministrazione di concentrati di AT ed eparina aumenta il rischio di<br />

emorragia, dal momento che l’effetto dell’antitrombina è fortemente potenziato dall’eparina.<br />

Pertanto, in un paziente con aumentato rischio emorragico, la contemporanea somministrazione dei<br />

due farmaci deve essere attentamente controllata dal punto di vista clinico e laboratoristico<br />

(monitoraggio AT)<br />

77


BIBLIOGRAFIA<br />

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78


CONCENTRATI DI COMPLESSO PROTROMBINICO<br />

DEFINIZIONE, PRODUZIONE E STANDARD QUALITATIVI -3<br />

I Concentrati di Complesso Protrombinico (CCP) contengono i fattori del complesso<br />

protrombinico, il Fattore II o Protrombina (FII), il Fattore VII (FVII), il Fattore IX (FIX) e il<br />

Fattore X (FX) ad azione procoagulante, nonché inibitori naturali e fisiologici <strong>della</strong> coagulazione<br />

come la proteina C, la proteina S e tracce di antitrombina, eparina e vitronectina. I fattori <strong>della</strong><br />

coagulazione in essi contenuti possono essere attivati e non attivati. I CCP si ottengono per<br />

frazionamento dal plasma fresco congelato (PFC) e sono tutti sottoposti a metodiche di<br />

inattivazione virale, sia fisiche (riscaldamento o vapore), sia chimiche [impiego di solventedetergente<br />

(S/D)].<br />

Non esistono trial clinici randomizzati e controllati di dichiarata evidenza sull’impiego dei CCP, ma<br />

solo studi osservazionali o retrospettivi, sulla base dei quali sono state formulate le seguenti<br />

raccomandazioni; si fa riferimento inoltre alle linee guida dell’AICE (Associazione Italina Centri<br />

Emofilici) e <strong>della</strong> FCSA (Federazione Centri per la diagnosi <strong>della</strong> trombosi e la Sorveglianza delle<br />

terapie Antitrombotiche).<br />

CCP NON ATTIVATI<br />

• Uman-Complex (Kedrion) disponibile in flaconi da 200-500 UI, inattivato mediante<br />

riscaldamento e trattamento con S/D.<br />

• Protromplex TIM 3 (Baxter) disponibile in flaconi da 200-500 UI, inattivato al vapore.<br />

CCP ATTIVATI<br />

• FEIBA TIM 3 (Baxter) disponibile in flaconi da 500-1000 UI, inattivato al vapore.<br />

Il CCP va conservato a temperatura compresa fra + 2°- 8°C. Il componente liofilizzato va disciolto<br />

secondo le modalità indicate dalla casa produttrice e usato immediatamente, non può essere<br />

congelato. La somministrazione avviene per via e.v., lentamente, non in flebo, ma direttamente in<br />

bolo dalla siringa di preparazione.<br />

INDICAZIONI PER L’USO<br />

Il CCP è impiegato solo in caso di documentato deficit congenito o acquisito dei singoli fattori II,<br />

IX e X in presenza di emorragia, oppure per la prevenzione di complicanze emorragiche in corso di<br />

interventi o manovre chirurgiche invasive.<br />

A) DEFICIT CONGENITI 2<br />

Per la terapia degli stati di carenza congenita dei fattori del complesso protrombinico è<br />

raccomandabile, laddove possibile, la collaborazione con Centri specialistici per il trattamento delle<br />

malattie dell’emostasi.<br />

Nel caso di deficit congenito di FIX (Emofilia B), si ricorre al CCP solo in assenza di concentrati di<br />

FIX, in presenza di emorragia.<br />

Il CCP non attivato rappresenta il farmaco di seconda scelta nel trattamento dell’Emofilia A con<br />

inibitori, in presenza di emorragia.<br />

IL CCP attivato (FEIBA TIM3), può rappresentare il farmaco di prima scelta nel trattamento<br />

dell’Emofilia A con inibitori, in presenza di emorragia, anche se nei pazienti non infetti, si<br />

preferisce il concentrato di rFVIIa.<br />

Fattore carente<br />

Grado <strong>della</strong> raccomandazione<br />

FII 2C<br />

FX 2C<br />

FIX (Emofilia B), se non disponibili concentrati di FIX 2C<br />

FVIII (Emofilia A) con inibitori (FEIBA TIM3) 2C<br />

79


B) DEFICIT ACQUISITI 3-14<br />

Quando sono disponibili solo test di screening coagulativi (PT/INR, aPTT), la decisione di<br />

impiegare il CCP deve essere riservata esclusivamente a eventi emorragici in urgenza, per i quali la<br />

situazione clinica e/o l’anamnesi orientano chiaramente verso un deficit selettivo dei fattori del<br />

complesso protrombinico e altre possibilità diagnostiche non siano disponibili in tempo utile.<br />

Nei deficit acquisiti dei fattori del complesso protrombinico [grave epatopatia, riduzione da perdita,<br />

diluizione, o da terapia anticoagulante orale (TAO)] il CCP può essere somministrato, in presenza di<br />

emorragia, da solo o in associazione col PFC (alla dose di 15 ml/Kg, associato o meno a diuretici<br />

per il controllo del sovraccarico circolatorio).<br />

In caso di TAO, il CCP può essere il farmaco di prima scelta anche se, a seconda <strong>della</strong> causa,<br />

localizzazione ed estensione di una emorragia manifesta o potenziale, occorre valutare l’utilizzo di<br />

altri presidi terapeutici, come la Vitamina K e/o il PFC o il rFVIIa.<br />

La somministrazione di CCP è indicata:<br />

1) In pazienti con deficit singoli o multifattoriali del complesso protrombinico, quando l’attività<br />

residua dei FII, IX e X è < al 30%, in presenza di emorragia, o come profilassi perioperatoria<br />

(Grado <strong>della</strong> raccomandazione 2C).<br />

2) In presenza di limitazioni all’uso del PFC per rischio di sovraccarico del circolo o per necessità<br />

di emostasi immediata, nelle seguenti situazioni:<br />

• patologia epatica severa con grave emorragia o in preparazione di interventi chirurgici<br />

programmati con rischio di emorragia (trapianto di fegato) (Grado <strong>della</strong> raccomandazione<br />

2C);<br />

• carenza di Vitamina K (da terapia antibiotica, diarrea persistente, malassorbimento) in<br />

presenza di emorragie a rischio di vita (Grado <strong>della</strong> raccomandazione 2C).<br />

3) Per correggere un eccesso di anticoagulazione da dicumarolici o per interrompere una TAO in<br />

situazioni di emergenza (emorragia acuta maggiore, intervento chirurgico indifferibile) (Grado<br />

<strong>della</strong> raccomandazione 2C+).<br />

La FCSA definisce “emorragie maggiori” le seguenti:<br />

• Emorragia intracranica.<br />

• Ematoma retroperitoneale.<br />

• Emoperitoneo (spontaneo/post traumatico).<br />

• Emotorace (spontaneo/post traumatico).<br />

• Ematoma spinale.<br />

• Ematemesi/melena.<br />

• Emartri (in articolazioni maggiori).<br />

• Shock emorragico da qualunque causa.<br />

• Tutte le emorragie con perdita acuta di almeno 2g/dl di Hb.<br />

• Tutte le emorragie per le quali è richiesto il ricorso a chirurgia o manovre invasive.<br />

DOSAGGIO E MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE 2,15,18<br />

A) Deficit congeniti<br />

Per il deficit congenito di FII o FX, le linee guida dell’AICE indicano un dosaggio di 20-30 UI/Kg,<br />

a seconda <strong>della</strong> gravità, localizzazione ed estensione dell’emorragia. Una volta somministrata la<br />

dose iniziale, è necessario monitorare il livello dei singoli fattori carenti, per poter decidere sulla<br />

dose di mantenimento successiva, considerando che il livello minimo emostatico richiesto per il FII<br />

è 20-30 U/dL e per il FX è 10-15 U/dL.<br />

E’ consigliabile inoltre la consulenza o collaborazione di un Centro specialistico per il trattamento<br />

delle malattie dell’emostasi, in modo particolare per i pazienti con emofilia A o B.<br />

80


B) Deficit acquisiti<br />

I dosaggi e la durata <strong>della</strong> terapia sostitutiva vanno regolati in base alla severità dell’alterazione<br />

emostatica, <strong>della</strong> localizzazione, dell’estensione <strong>della</strong> emorragia e <strong>della</strong> situazione clinica.<br />

Prima <strong>della</strong> somministrazione di CCP vanno eseguiti test dell’emostasi, compatibilmente con<br />

l’urgenza clinica (PT/INR, aPTT e, se possibile, il dosaggio dei fattori del complesso<br />

protrombinico), per decidere dosi e durata <strong>della</strong> terapia.<br />

⇒ Per emorragie gravi o interventi chirurgici maggiori, somministrare un bolo iniziale di 20-25<br />

UI/Kg e mantenere attività fattoriali del 50-60%.<br />

⇒ Per emorragie lievi o piccoli interventi è sufficiente mantenere attività fattoriali del 20-40%.<br />

Dopo una prima somministrazione del farmaco occorre controllare a distanza di 30-60’ il PT/INR,<br />

per poter valutare se proseguire la terapia e a quale dosaggio.<br />

Correzione dell’eccesso di anticoagulazione da TAO<br />

In caso di “emorragie maggiori” occorre:<br />

a) Sospendere la TAO in corso.<br />

b) Eseguire controllo INR.<br />

c) Somministrare Vitamina K1 (Konakion) 10 mg/100 ml di soluzione fisiologica, lentamente e.v.<br />

in circa 30’.<br />

d) Infondere CCP ai seguenti dosaggi, lentamente, in circa 10-15’:<br />

• per INR < 2 somministrare 20 UI/Kg<br />

• per INR fra 2-4 somministrare 30 UI/Kg<br />

• per INR > 4 somministrare 50 UI/Kg<br />

e) Ripetere l’INR dopo la fine dell’infusione e accertarsi che sia < 1,5; in caso contrario ripetere la<br />

somministrazione di CCP, secondo lo schema precedente.<br />

In alternativa e, soprattutto se il CCP non è disponibile, somministrare PFC alla dose di 15-20<br />

mL/Kg.<br />

Il CCP non deve essere usato per correggere un INR elevato e fuori range terapeutico, in assenza di<br />

emorragie maggiori o se non c’è necessità di intervento chirurgico urgente.<br />

Il CCP non deve essere usato neppure per il trattamento delle “emorragie minori” per sovradosaggio<br />

<strong>della</strong> TAO (ecchimosi, ematomi, epistassi, emorragia congiuntivale, gengivorragie, emorragia<br />

postestrattiva, otorragia, proctorragia, ematuria, menorragia/metrorragia, emospermia); in questo<br />

tipo di emorragie, infatti, può essere sufficiente la riduzione o la sospensione <strong>della</strong> TAO e/o la<br />

somministrazione di Vitamina K1 per os o e.v.<br />

CONTROINDICAZIONI<br />

q Coagulazione intravascolare disseminata.<br />

q Gravidanza e allattamento, in questi casi l’impiego deve essere attentamente valutato.<br />

EFFETTI INDESIDERATI 15-17<br />

q Complicanze tromboemboliche.<br />

q Reazioni allergiche e anafilattiche.<br />

q Rialzi febbrili.<br />

q Produzione di anticorpi anti-fattori <strong>della</strong> coagulazione presenti nel CCP.<br />

81


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