Quinta - IRRE Emilia Romagna
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Autonomia scolastica e P.O.F.<br />
di Armando Luisi<br />
IRRSAE <strong>Emilia</strong> <strong>Romagna</strong><br />
Nel condividere la definizione<br />
legislativa di P.O.F.<br />
come documento fondamentale<br />
costitutivo<br />
dell’identità culturale e<br />
professionale delle istituzioni<br />
scolastiche autonome,<br />
riconosciamo i fondamenti<br />
di questa identità,<br />
personale e collettiva,<br />
attraverso la presa<br />
d’atto e la valorizzazione<br />
della nostra storia, del<br />
nostro progetto di vita,<br />
dei nostri desideri.<br />
Dalle scuole proviene frequente la<br />
richiesta di indicazioni sul Piano<br />
dell’Offerta Formativa a testimonianza<br />
di una diffusa esigenza di<br />
sapere che cosa sia questo nuovo<br />
oggetto, come vada costruito, entro<br />
quale tempo e come debba essere<br />
utilizzato.<br />
La richiesta di interpretazione<br />
autentica trova le sue radici nei<br />
nominalismi del linguaggio pedagogico<br />
e, soprattutto, di quella<br />
pedagogia burocratica dei sistemi<br />
centralistici che, in preda ai pruriti<br />
per le novità, introduce a ripetizione<br />
parole nuove, incurante del<br />
senso che queste evocano nei singoli<br />
operatori.<br />
Ci si chiede, quindi, quale differenza<br />
vi sia fra P.E.I. e P.O.F., se il<br />
P.O.F. debba essere redatto subito<br />
o entro la fine dell’anno o entro la<br />
data d’avvio della riforma (autonomia<br />
scolastica), se debba essere<br />
uno strumento rigido o flessibile<br />
ecc.<br />
Alcune delle questioni vengono<br />
affrontate nel presente numero di<br />
Innovazione Educativa con rigore<br />
e competenza (Frabboni, Senni -<br />
Bonora, Summa), altre restano<br />
aperte e lo saranno probabilmente<br />
18<br />
Piano dell’Offerta Formativa<br />
lavorare sui comportamenti e sul senso<br />
per lungo tempo, almeno fino a<br />
quando non verrà manifestata una<br />
diffusa volontà di confrontarsi e<br />
non si adotteranno comportamenti<br />
con essa congruenti.<br />
Fra queste, a parere di chi scrive,<br />
occupa un posto di rilievo il rapporto<br />
fra P.O.F. e identità.<br />
L’articolo 3 dello Schema di regolamento<br />
in materia di autonomia<br />
delle istituzioni scolastiche definisce<br />
il P.O.F. come “il documento<br />
fondamentale costitutivo dell’identità<br />
culturale e progettuale delle<br />
istituzioni scolastiche ...”.<br />
Viene dunque evidenziato uno<br />
stretto rapporto fra P.O.F. e identità<br />
che andrebbe esaminato non solo<br />
interrogandosi sul concetto di<br />
P.O.F., ma anche (e soprattutto, a<br />
parere dello scrivente) su quello di<br />
identità.<br />
L’identità è un “fenomeno” complesso<br />
che:<br />
• raccoglie ciò che è stato (la storia<br />
individuale, se trattasi dell’identità<br />
personale, o collettiva, come nel<br />
caso della scuola autonoma);<br />
• ingloba il proprio progetto di vita<br />
(la propria visione della vita,<br />
l’ideale formativo);<br />
• è in contatto con i propri desideri<br />
e le proprie intenzioni (considera e<br />
riconosce il valore del desiderare<br />
prima e piuttosto che del dovere).<br />
La storia, il progetto e i desideri<br />
pongono in primo piano il problema<br />
degli obiettivi e del senso che<br />
ad essi vengono attribuiti.<br />
In presenza di un’operazione di<br />
superficie (P.O.F. considerato<br />
come strumento burocratico che si<br />
deve a ogni costo elaborare) le<br />
definizioni lasciano aperti molti<br />
spazi interpretativi individuali,<br />
fino a rendere possibile l’assegnazione<br />
di sensi plurimi e differenti<br />
ai diversi obiettivi, determinando<br />
una formale convergenza<br />
nell’obiettivo scritto e una sostanziale<br />
divergenza sul piano pratico.<br />
La definizione di obiettivi, di programmazioni<br />
e di piani di per sé<br />
non garantisce dalla diversificazione<br />
di senso e dalla conseguente<br />
perdita di unitarietà dell’intervento.<br />
L’identità va innanzitutto cercata<br />
nel senso che ciascuno attribuisce<br />
a uno specifico obiettivo perché<br />
il suo esito (la sua definizione<br />
negoziata) vincola a un’interpretazione,<br />
riducendo le diversificazioni.<br />
Con ciò non si vuole intendere che<br />
la costruzione dell’identità equivalga<br />
all’omologazione di una<br />
visione della vita e che debbano<br />
essere mortificate le differenze.<br />
Tutt’altro. Si è per un processo di<br />
lavoro inteso come confronto e<br />
scambio comunicativo sul senso<br />
attribuito alle parole; esso tiene<br />
conto del ruolo che le persone<br />
svolgono ma, al tempo stesso, lo<br />
oltrepassa perché non può prescindere<br />
da ciò che le persone sono in<br />
quanto tali.<br />
Si è per un processo che non si<br />
limiti a lavorare sui comportamenti<br />
(a definire piani d’azione), anche<br />
se ciò può consentire un facile<br />
riconoscimento e risultare immediatamente<br />
gratificante.<br />
Un’identità basata sui comportamenti<br />
può essere facilmente data<br />
(o costruita) ma ha bisogno di<br />
molte regole per funzionare,<br />
necessita di istruzioni continue, di<br />
richiami, di ridefinizioni, di una<br />
forte azione di coordinamento<br />
esterno (del capo d’istituto o di<br />
insegnanti a ciò delegati). Ha bisogno,<br />
cioè, di un collante che tenga<br />
insieme le prestazioni dei singoli<br />
operatori, per garantire l’unità<br />
dell’azione e il mantenimento della<br />
direzione.<br />
Il risultato è che, in mancanza di<br />
un forte senso condiviso (un forte