Quinta - IRRE Emilia Romagna
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Autonomia scolastica e P.O.F.<br />
di Mauro Cervellati<br />
IRRSAE <strong>Emilia</strong> <strong>Romagna</strong><br />
Tra le possibili accezioni<br />
di autonomia, auspichiamo<br />
quella di una libertà<br />
organizzativa e progettuale<br />
volta a governare<br />
la complessità, a concertare,<br />
cioè, in armonia,<br />
ma anche con coraggio,<br />
un progetto formativo<br />
comune.<br />
Alcune parole-chiave dell’autonomia<br />
L’autonomia rende le scuole più<br />
libere. Libere di adattare il calendario<br />
scolastico, di modificare l’orario,<br />
nel rispetto del monte ore<br />
annuale strutturando le attività<br />
secondo scansioni non solo settimanali<br />
ma quindicinali, mensili ecc.<br />
Libere di articolare le sezioni in<br />
modi flessibili aggregando, disaggregando,<br />
riaggregando bambini e<br />
bambine secondo criteri diversificati<br />
(gruppi omogenei, eterogenei per<br />
età, interessi, competenze, ecc.).<br />
E’ possibile organizzare iniziative<br />
di recupero, sostegno, attivare<br />
insegnamenti integrativi, realizzare<br />
attività in collaborazione con altre<br />
scuole e con soggetti esterni per<br />
l’integrazione della scuola con il<br />
territorio, progettare e attivare iniziative<br />
di continuità, ecc.<br />
La complessità si padroneggia<br />
elaborando progetti scarni, asciutti,<br />
non semplici ma chiaramente circoscritti<br />
e definiti.<br />
L’organizzazione di senso<br />
Emerge con forza l’idea dell’organizzazione.<br />
Un’organizzazione che<br />
consenta di governare, almeno in<br />
parte, la complessità, costituita da<br />
molti soggetti tutti protagonisti,<br />
20<br />
Autonomia e scuola dell’infanzia<br />
Ma i bambini e le bambine che cosa ci guadagnano?<br />
tutti alla conquista dei propri spazi<br />
di libertà.<br />
Ma quale idea di organizzazione<br />
sosteniamo? La scuola dell’infanzia<br />
è scuola non dell’obbligo,<br />
senza programmi vincolanti:<br />
rispetto agli altri ordini di scuola il<br />
modello organizzativo può essere<br />
più facilmente giocato sulla spontaneità,<br />
sulla creatività, sulle sintonie<br />
istintive, sull’affettività delle<br />
dinamiche di gruppo, sulla dimensione<br />
informale, sul lavoro per<br />
progetti compartecipati, non per<br />
attività separate, senza ruoli,<br />
gerarchie e funzioni rigide. Ma<br />
tutto ciò non basta a definire<br />
un’idea soddisfacente di organizzazione.<br />
La scommessa da giocare riguarda<br />
la possibilità di mantenere questo<br />
sfondo, figlio di una logica a<br />
razionalità limitata, coniugandolo<br />
e praticandolo in connessione con<br />
l’idea della necessità di regole<br />
esplicite, con il convincimento di<br />
quanto sia fondamentale la ricerca<br />
culturale di forme organizzate<br />
indispensabili per vivere e per<br />
agire, fonte di rassicurazione e di<br />
benessere.<br />
È di grande importanza approdare<br />
ad un significato alto della parola<br />
“organizzazione”, che non si limiti<br />
all’elaborazione di modelli-orario,<br />
a possibili schemi di ripartizione dei<br />
bambini o di ridistribuzione dei<br />
docenti, ma che voli verso il senso<br />
della costruzione di un compito unitario,<br />
di un progetto da realizzare<br />
insieme, tra persone che da sole non<br />
si sceglierebbero forse, o che hanno<br />
poco in comune, ma che decidono<br />
di dare senso al proprio personale<br />
“esserci” e di interiorizzare gradualmente<br />
linguaggi, simboli, storie,<br />
che nel tempo, piano piano<br />
diventano patrimonio comune.<br />
Concentrando gli sforzi verso un<br />
“pensare di gruppo”, come se si<br />
trattasse di una “mente collettiva “<br />
capace di elaborare riflessioni, tesi,<br />
antitesi per giungere ad una sintesi<br />
concertata.<br />
L’organizzazione dunque non è un<br />
punto di partenza, ma un punto<br />
d’arrivo. Non è certo identificabile<br />
con una modifica di calendario.<br />
Riguarda invece i sensi profondi<br />
che una diversa gestione del tempo<br />
di scuola e di vita può produrre nei<br />
bambini, nelle bambine, negli insegnanti,<br />
nei genitori. Parte da considerazioni<br />
serie e circostanziate sui<br />
valori unificanti il cui baricentro è<br />
la qualità del vivere dei bambini,<br />
sono i diritti così misconosciuti<br />
dell’infanzia.<br />
“Di fronte alla complessità (organizzativa)<br />
restiamo degli apprendisti<br />
stregoni cui si addicono<br />
l’umiltà, il senso della misura e dei<br />
limiti, la disponibilità a continuare<br />
ad imparare dall’esperienza.<br />
Cercando non soluzioni definitive<br />
che risolvano i problemi una volta<br />
per tutte, ma ipotesi di lavoro<br />
strutturate in modo tale da orientare<br />
una azione intesa come costruttrice<br />
di senso e di significati nella<br />
realtà complessa.” (Piero Romei)<br />
Luca va alla scuola dell’infanzia<br />
alle 7.30 e vi resta fino alle 17.30,<br />
perché entrambi i genitori lavorano.<br />
Vive dieci ore in ambiente scolastico,<br />
una struttura che, per quanto<br />
accogliente, impone comunque il<br />
rispetto di “comportamenti socialmente<br />
corretti”, non sempre facilmente<br />
compresi dai piccoli, in un<br />
sistema di monitoraggio continuo<br />
che, a lungo andare, se pressante e<br />
costantemente agito, può pesare<br />
sulla formazione dei bambini.<br />
Un tempo così prolungato necessita<br />
di una articolazione che tenga<br />
conto di molti fattori: il benessere<br />
psico-fisico dei bambini e degli<br />
adulti; la possibilità che le relazioni<br />
tra bambini, tra adulti, tra bam-