10.06.2013 Views

Det..tagli di carne - Crsa

Det..tagli di carne - Crsa

Det..tagli di carne - Crsa

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Alla riscoperta delle nostre origini<br />

Accordo <strong>di</strong> programma<br />

Cultura, tra<strong>di</strong>zioni e specialità locali:<br />

opportunità per la promozione del territorio


Cultura, tra<strong>di</strong>zioni e specialità locali:<br />

opportunità per la promozione del territorio<br />

Eventi <strong>di</strong> carattere culturale ed enogastronomico, nonché corsi <strong>di</strong> formazione, <strong>di</strong><br />

aggiornamento e <strong>di</strong> educazione alimentare rimangono le azioni portanti <strong>di</strong> un accordo <strong>di</strong><br />

programma dal titolo “Cultura, tra<strong>di</strong>zioni e specialità locali: opportunità per la promozione<br />

del territorio” che ha lo scopo <strong>di</strong> valorizzare i prodotti locali e lo sviluppo del territorio.<br />

Aperti i cantieri <strong>di</strong> questo accordo non più <strong>di</strong> due anni fa, il tutto è avvenuto a seguito <strong>di</strong><br />

un input lanciato da parte del Sindaco <strong>di</strong> Sammichele <strong>di</strong> Bari e recepito dal Centro <strong>di</strong><br />

Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura “Basile Caramia” <strong>di</strong> Locorotondo (CRSA), da altre<br />

Amministrazioni Comunali, patrocinato dalla Provincia <strong>di</strong> Bari (Assessorato all’Agricoltura)<br />

e sostenuto scientificamente dall’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari e da alcune Istituzioni<br />

scolastiche.<br />

Ormai entrati nel vivo e nella fase esecutiva delle linee programmatiche con<strong>di</strong>vise, si ricorda<br />

che la collaborazione è stata formalizzata con la sottoscrizione dell’Accordo <strong>di</strong> Programma<br />

alla presenza <strong>di</strong> tutti i partner in data 03 marzo 2007.<br />

Il piano <strong>di</strong> azione punta su azioni mirate nell’ambito del sistema prodotto-territorio. In tale<br />

<strong>di</strong>rezione vanno considerate le iniziative <strong>di</strong> carattere più generale come le fiere dei prodotti<br />

tipici che saranno allestite in ogni comune partner e in località <strong>di</strong> forte richiamo turistico.<br />

Fare rete <strong>di</strong>venta oggi la parola chiave <strong>di</strong> certe fondamentali azioni che vedono insieme<br />

istituzioni <strong>di</strong>verse, spesso abituate a lavorare per singole realtà e fuori da un’ottica vincente e<br />

strategica <strong>di</strong> visione totale ed integrata <strong>di</strong> comprensorio per sviluppare nuove economie.<br />

Sostenuto dalla Provincia <strong>di</strong> Bari (Assessorato all’Agricoltura), l’accordo in questione<br />

coinvolge le Amministrazioni comunali <strong>di</strong> Alberobello, Cassano Murge, Castellana Grotte,<br />

Ceglie Messapica, Cisternino, Gioia del Colle, Locorotondo, Martina Franca, Noci, Noicàttaro,<br />

Sammichele <strong>di</strong> Bari e Toritto, il Gal “Terra dei Trulli e <strong>di</strong> Barsento”, l’Associazione Produttori<br />

Capocollo <strong>di</strong> Martina Franca, il Consorzio per la tutela dei prodotti agricoli e gestione del<br />

marchio Murgia e l’Associazione culturale “Trullando”. Il supporto scientifico è affidato alle<br />

Facoltà <strong>di</strong> Agraria e Me<strong>di</strong>cina Veterinaria dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari, con il contributo<br />

dell’Istituto Professionale <strong>di</strong> Stato per i Servizi Alberghieri e della Ristorazione (I.P.S.S.A.R.) <strong>di</strong><br />

Castellana Grotte e l’Istituto <strong>di</strong> Istruzione Secondaria Superiore (I.I.S.S.) “Basile Caramia – F.<br />

Gigante”, con se<strong>di</strong> in Locorotondo e Alberobello. Il coor<strong>di</strong>namento e la gestione sono invece<br />

affidati alle sapiente “cabina <strong>di</strong> regia” del Centro <strong>di</strong> Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura<br />

“Basile Caramia” (CRSA) <strong>di</strong> Locorotondo.<br />

A proposito <strong>di</strong> tale capacità organizzativa va citato il grande successo riscosso da “Il Treno<br />

dei Tipici”, manifestazione itinerante in programma ogni 07 e 08 agosto e meta <strong>di</strong> tutti<br />

coloro che amano la nostra terra, i suoi prodotti tipici e la tra<strong>di</strong>zione gastronomica. In tale<br />

occasione i visitatori hanno la possibilità <strong>di</strong> conoscere e <strong>di</strong> degustare le peculiarità produttive<br />

<strong>di</strong> ogni singolo Comune come le Paste fresche tipiche: cavatelli, cavatellucci, fricielli, orecchiette<br />

<strong>di</strong> Alberobello, le Cicerchie <strong>di</strong> Cassano Murge il Pollo e il Coniglio <strong>di</strong> Castellana Grotte, il<br />

Biscotto Cegliese, la Bombetta <strong>di</strong> Cisternino, i Latticini freschi a pasta filata <strong>di</strong> Gioia del Colle, gli<br />

Gnumerèdde Suffuchète <strong>di</strong> Locorotondo, il Capocollo <strong>di</strong> Martina Franca, le Produzioni Lattiero-<br />

Casearie <strong>di</strong> Noci, l’Uva da Tavola <strong>di</strong> Noicàttaro, la Zampina <strong>di</strong> Sammichele <strong>di</strong> Bari, e la Mandorla<br />

Filippo Cea <strong>di</strong> Toritto.


L’iniziativa<br />

Alla riscoperta delle nostre origini<br />

Con piatti <strong>di</strong> ieri, sulle tavole <strong>di</strong> oggi<br />

Promuovendo seriamente la valorizzazione del territorio si permette alle nostre produzioni<br />

tipiche <strong>di</strong> affrontare con armi vincenti la sfida della globalizzazione dei mercati e le sfide<br />

che un nuovo turismo oggi richiede. Il comprensorio <strong>di</strong> questo accordo <strong>di</strong> programma è<br />

una grande cassaforte <strong>di</strong> produzioni agro-alimentari, ma questo potenziale spesso non<br />

è stato a sufficienza rafforzato.<br />

Promossa nell’ambito dell’Accordo <strong>di</strong> Programma “Cultura, tra<strong>di</strong>zioni e specialità locali:<br />

opportunità per la promozione del territorio”, anche questa iniziativa, denominata<br />

“<strong>Det</strong>…<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong>”, punta alla riscoperta <strong>di</strong> prodotti autoctoni ma anche al recupero <strong>di</strong><br />

importanti tra<strong>di</strong>zioni ormai in <strong>di</strong>suso.<br />

Tale azione <strong>di</strong> promozione della conoscenza è soprattutto rivolta ai giovani, che hanno<br />

il dovere morale <strong>di</strong> una più approfon<strong>di</strong>ta e matura consapevolezza della nostra identità<br />

culturale per riscoprire il senso <strong>di</strong> appartenenza alla propria terra.<br />

Nel corso del progetto è stato profuso un impegno, <strong>di</strong> tipo <strong>di</strong>dattico, teso ad una vera e<br />

piena consapevolezza <strong>di</strong> quella sintesi valoriale che è il dna della nostra ricca cultura <strong>di</strong><br />

uomini del Sud; così sapientemente narrata, per esempio, da meri<strong>di</strong>onalisti del calibro<br />

<strong>di</strong> Tommaso Fiore.<br />

L’iniziativa <strong>di</strong> questo Accordo <strong>di</strong> programma ancora una volta porrà al centro un prodotto<br />

legato alle tra<strong>di</strong>zioni locali: la <strong>carne</strong>. Una ricchezza gastronomica da conoscere sul<br />

campo grazie ad approfon<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> ricerca, per scoprire ma soprattutto riscoprire certi<br />

tesori <strong>di</strong> una volta, che oggi riven<strong>di</strong>cano sulle tavole una loro <strong>di</strong>gnità culturale. Essa è un<br />

simbolo della tra<strong>di</strong>zione culinaria della nostra civiltà conta<strong>di</strong>na, che ha portato i ragazzi<br />

ad un conoscenza <strong>di</strong> quell’umanesimo, <strong>di</strong> quella antropologia dei nostri luoghi: muretti<br />

a secco, masserie, patrimonio boschivo.<br />

La sintesi delle ricerche ci fa capire molto sulle peculiaità del nostro territorio e<br />

dell’allevamento che ha avuto nell’alimentazione dei nostri avi, ma ci parla anche <strong>di</strong><br />

tra<strong>di</strong>zioni e riti ad essa legata.<br />

Non sono mancate nella fase <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o ulteriori focus su aspetti <strong>di</strong> carattere nutritivo,<br />

sulle tecniche <strong>di</strong> conservazione e sulle ipotesi <strong>di</strong> futura valorizzazione nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong><br />

un nuovo marketing territoriale.<br />

La ricercatezza dei materiali eseguiti, l’entusiasmo dei ragazzi, la voglia <strong>di</strong> essere “attori”<br />

registrato da parte degli studenti in questa seconda esperienza, dopo la conoscenza<br />

della fava, fanno ben sperare per il futuro e la salvaguar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> un patrimonio tutto da<br />

conoscere e riconoscere.<br />

Prof. Vito Savino<br />

Presidente del Comitato <strong>di</strong> Coor<strong>di</strong>namento<br />

dell’Accordo <strong>di</strong> Programma


•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

In<strong>di</strong>ce<br />

Istituto <strong>di</strong> Istruzione Secondaria Superiore “M. De Nora”<br />

Altamura (Ba) pag. 6<br />

Istituto Professionale <strong>di</strong> Stato per i Servizi Alberghieri,<br />

della Ristorazione e del Turismo<br />

Castellana Grotte (Ba) pag. 10<br />

Istituto Tecnico Industriale Statale “L. Dell’Erba”<br />

Castellana Grotte (Ba) pag. 22<br />

Istituto Tecnico Commerciale “L. Pinto - F. Anelli”<br />

Castellana Grotte (Ba) pag. 26<br />

Istituto Professionale <strong>di</strong> Stato per i Servizi Commerciali,<br />

Turistici, Alberghieri e della Pubblicità “Mauro Perrone”<br />

Castellaneta (Ta) pag. 32<br />

Liceo Polivalente “Don Quirico Punzi”<br />

Cisternino (Br) pag. 40<br />

Istituto <strong>di</strong> Istruzione Secondaria Superiore “Leonardo Da Vinci”<br />

Fasano (Br) pag. 48<br />

Istituto <strong>di</strong> Istruzione Secondaria Superiore “Tommaso Fiore”<br />

Sede associata <strong>di</strong> Grumo Appula (Ba) pag. 54<br />

Istituto <strong>di</strong> Istruzione Secondaria Superiore “B. Caramia - F. Gigante”<br />

Locorotondo / Alberobello (Ba) pag. 62<br />

Istituto Professionale <strong>di</strong> Stato per l’Industria e<br />

l’Artigianato “A. Agherbino”<br />

Sede associata <strong>di</strong> Noci (Ba) pag. 70<br />

Istituto Tecnico Commerciale Statale “Sandro Pertini”<br />

Turi (Ba) pag. 80


Istituto <strong>di</strong> Istruzione<br />

Secondaria Superiore<br />

“M. De Nora”<br />

Altamura (Ba)


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Le specialità <strong>di</strong> <strong>carne</strong> dell’Alta Murgia Barese<br />

Autori<br />

Gli alunni della 3 A cucina dell’in<strong>di</strong>rizzo alberghiero <strong>di</strong>retti dal prof. Saverio Berloco e guidati<br />

dall’esperto Gastronomo Sig. Vincenzo Dambrosio<br />

La Pecora alla rzzaul e gli Gnumeridd<br />

Il nostro istituto ha approfon<strong>di</strong>to la storia e realizzato<br />

alcune ricette tra<strong>di</strong>zionali del territorio<br />

murgiano legate all’utilizzo ed alla valorizzazione<br />

della Pecora Altamurana nella ricetta classica<br />

e alla preparazione dei “Gnumeridd’”, classico<br />

cibo <strong>di</strong> strada dei paesi del territorio murgiano<br />

(Altamura, Gravina in Puglia, Santeramo e Poggiorsini),<br />

ravvivando una tra<strong>di</strong>zione, una identità<br />

gastronomica che accomuna i paesi che<br />

ruotano intorno al parco nazionale dell’Alta<br />

Murgia Barese. La cucina tra<strong>di</strong>zionale Pugliese<br />

ed in particolare quella dell’Alta Murgia Barese<br />

è una cucina ricca <strong>di</strong> giacimenti enogastronomici,<br />

dai sapori forti e decisi. Vi predominano<br />

olio, legumi, pasta fresca, prodotti da forno,<br />

vino e carni. La Puglia è una terra ricca e generosa; agli ulivi secolari, ai vigneti e ai mandorleti<br />

va aggiunto l’allevamento degli ovini. E’ proprio nel territorio dell’Alta Murgia che l’allevamento<br />

ovino trova la sua massima espressione in termini <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zioni, <strong>di</strong> preparazioni gastronomiche,<br />

ecosostenibilità e valorizzazione del<br />

pascolo dell’Alta Murgia.<br />

La “pecora alla rzzaul” sintetizza il<br />

simbolo della cucina murgiana. E’<br />

un piatto tra<strong>di</strong>zionale, preparato nei<br />

mesi estivi perché è in questo periodo<br />

che grazie al pascolo nelle ristoppie<br />

dei cereali, che la <strong>carne</strong> <strong>di</strong> pecora<br />

acquista caratteristiche organolettiche<br />

particolari producendo carni<br />

profumate, sapide e tenere.<br />

Il capolavoro dei sapori e odori è<br />

completato da abili macellai gastronomi<br />

che amorevolmente e con<br />

passione e abilità ri<strong>tagli</strong>ano i pezzi<br />

8<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>carne</strong> secondo la tra<strong>di</strong>zione<br />

trasmessa dagli avi. Segue la cottura<br />

a fuoco dolce, in vasi <strong>di</strong> terracotta<br />

sigillati con una pastella<br />

<strong>di</strong> acqua e farina e cotti nei forni<br />

a lega (alimentati con essenze <strong>di</strong><br />

quercia e roverella e cotti a basse<br />

temperature per 8 - 12 ore; conferendo<br />

alle carni una morbidezza e<br />

tenerezza fuori misura). Forni che<br />

dopo aver prodotto in mattinata<br />

fumanti e profumate pagnotte <strong>di</strong><br />

“pane <strong>di</strong> Altamura“, in serata ospitano pignate contenenti <strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong> <strong>di</strong> pecora con<strong>di</strong>te con i<br />

profumi della Murgia: timo, finocchietto selvatico, cicorielle, funghi cardoncelli e formaggio pecorino,<br />

che esaltano il sapore <strong>di</strong> una <strong>carne</strong> umile ma allo stesso tempo generosa nel sapore e nel<br />

profumo capace <strong>di</strong> valorizzare il pascolo umile e me<strong>di</strong>terraneo dell’Alta Murgia Barese.<br />

9


Istituto Professionale<br />

<strong>di</strong> Stato per i Servizi<br />

Alberghieri, della<br />

Ristorazione e del Turismo<br />

Castellana Grotte (Ba)


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Tagli, ri-<strong>tagli</strong> e frat<strong>tagli</strong>e. Alimentazione e cultura<br />

Piatti tipici tra<strong>di</strong>zionali<br />

Autori<br />

Alunni <strong>di</strong> 3CC. Quello che noi alunni abbiamo svolto è un lavoro inter<strong>di</strong>sciplinare. Diversi sono i<br />

saperi alla base del nostro percorso, <strong>di</strong>versi i professori che ci hanno accompagnato:<br />

• alimenti e alimentazione, per i profili calorici-nutrizionali e gli aspetti merceologici (Prof.ssa<br />

Roberta Colomba);<br />

• pratica operativa <strong>di</strong> cucina, per le ricette e la preparazione dei piatti (Prof. Vito Laquintana),<br />

• italiano, per gli aspetti storico-culturali e la presentazione in Power Point (Prof.ssa Nicoletta<br />

Cippone),<br />

• storia, per le informazioni storiche contenute nella locan<strong>di</strong>na della presente iniziativa<br />

(Prof.ssa Paola D’Addosio).<br />

La storia dell’alimentazione: premessa sul metodo <strong>di</strong> ricerca<br />

Stu<strong>di</strong>are la storia dell’alimentazione significa occuparsi <strong>di</strong> uno degli elementi costitutivi<br />

della cultura materiale. In modo sempre più sistematico, le indagini storiografiche hanno<br />

abbandonato l’aneddotica e hanno inquadrato la tematica in specifici contesti economici e sociali.<br />

L’alimentazione, secondo recenti stu<strong>di</strong>, non è frutto <strong>di</strong> giustapposizione casuale <strong>di</strong> alimenti. Essa, si<br />

spiega in rapporto ai paesaggi agrari, ai settori produttivi, ai mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> produzione, ai meccanismi che<br />

regolano la <strong>di</strong>stribuzione (rapporti <strong>di</strong> produzione e mercato), ai modelli <strong>di</strong> civiltà agro-alimentare.<br />

Altresì si è passati ad indagare i comportamenti alimentari dei <strong>di</strong>versi ceti, quali comunicatori <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stinzione sociale.<br />

La <strong>carne</strong> e le silvae<br />

Nell’alto Me<strong>di</strong>oevo il territorio europeo era costituito in prevalenza da<br />

spazi incolti, le silvae. Nelle silvae si praticavano la caccia, l’allevamento<br />

e la pastorizia.<br />

La <strong>carne</strong> dei forti<br />

Nell’alto Me<strong>di</strong>oevo la caccia, l’allevamento e la pastorizia offrivano<br />

varietà e abbondanza <strong>di</strong> carni a<br />

tutti i ceti sociali, nessuno escluso;<br />

agli aristocratici <strong>carne</strong> fresca e<br />

<strong>carne</strong> conservata ai conta<strong>di</strong>ni.<br />

Per le aristocrazie cavalleresche<br />

mangiar <strong>carne</strong> in gran<strong>di</strong> quantità<br />

e avidamente era simbolo <strong>di</strong> forza, <strong>di</strong> potere e <strong>di</strong> ricchezza.<br />

Selvaggina e cacciagione arrosto era invece la <strong>carne</strong> preferita<br />

dai signori feudali che l’afferravano con le mani.<br />

I forti dalla <strong>carne</strong><br />

Astenersi dal consumo <strong>di</strong> <strong>carne</strong> era il comportamento alimentare monastico. Per i monaci astenersi<br />

dalla <strong>carne</strong> significava, in senso più ampio, astenersi dai piaceri della “<strong>carne</strong>”. Non mangiar <strong>carne</strong><br />

era, pertanto, simbolo <strong>di</strong> virtù, un elemento qualificante <strong>di</strong> santità. La cultura ecclesiastica dettò le<br />

12<br />

norme <strong>di</strong> consumo della <strong>carne</strong>: al popolo cristiano ne fu fatto<br />

<strong>di</strong>vieto in tempo <strong>di</strong> Quaresima e peccaminoso fu considerato<br />

il consumo <strong>di</strong> <strong>carne</strong> inquinata dal sangue, <strong>carne</strong> <strong>di</strong> animali<br />

soffocati o sacrificati a idoli.<br />

Trasformazioni del paesaggio e<br />

gerarchie alimentari<br />

A partire dal basso Me<strong>di</strong>oevo e per tutta l’Età moderna,<br />

l’aumento e la <strong>di</strong>ffusione della cerealicoltura, il restringimento<br />

e la privatizzazione delle silvae, contribuirono a fare del<br />

consumo <strong>di</strong> <strong>carne</strong> un privilegio per pochi, una sorta <strong>di</strong> statussymbol<br />

del privilegio sociale.<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Gerarchie sociali e consumi alimentari<br />

Salimbene da Parma, un cronista del Duecento, affermava: “nel<br />

mangiare, ai nobili si concede <strong>di</strong> più che alla gente semplice,<br />

poiché sono costituiti in<br />

uno stato superiore”. Nobili<br />

e borghesi avevano fatto del consumo <strong>di</strong> <strong>carne</strong> il principale<br />

segno <strong>di</strong>stintivo del loro regime alimentare.<br />

Carni per ricchi<br />

La trattatistica <strong>di</strong>etetica stabiliva che ognuno doveva mangiare<br />

secondo la propria “qualità”: allo stomaco dei gentiluomini si<br />

ad<strong>di</strong>cono carni preziose, elaborate e raffinate, allo stomaco dei<br />

conta<strong>di</strong>ni carni povere e scarti.<br />

Si affermava, in tal modo, una intrinseca corrispondenza tra “qualità del cibo” e “qualità della<br />

persona” e, con essa, l’immutabilità della <strong>di</strong>visione sociale.<br />

Frat<strong>tagli</strong>e per poveri<br />

Giacomo Albini, me<strong>di</strong>co dei Savoia, minacciava<br />

dolori e malattie a quanti si fossero cibati <strong>di</strong><br />

alimenti non destinati al loro rango: “i ricchi<br />

debbono astenersi da zuppe pesanti come quelle<br />

<strong>di</strong> legumi, o dalle frat<strong>tagli</strong>e, scarsamente nutrienti<br />

e <strong>di</strong> laboriosa <strong>di</strong>gestione, i poveri debbono<br />

evitare i cibi troppo scelti e raffinati, che il loro<br />

stomaco grossolano <strong>di</strong>fficilmente riuscirebbe ad<br />

assimilare”.<br />

La scelta <strong>di</strong> realismo pittorico <strong>di</strong> Annibale Carracci<br />

evidenzia la con<strong>di</strong>zione alimentare e la tavola<br />

conta<strong>di</strong>na. Un’alimentazione povera: una zuppa<br />

<strong>di</strong> fagioli, del pane, dei porri, un piatto <strong>di</strong> frat<strong>tagli</strong>e<br />

e un bicchiere <strong>di</strong> vino contrad<strong>di</strong>stinguono la <strong>di</strong>eta<br />

rurale.<br />

Annibale Carracci (1560-1609), Il mangiatore <strong>di</strong> fagioli,<br />

Allentown Art Museum<br />

13


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Carne per citta<strong>di</strong>ni e <strong>carne</strong> per campagnoli<br />

A partire dal basso Me<strong>di</strong>oevo e per tutta l’Età moderna si <strong>di</strong>fferenziò il consumo <strong>di</strong> carni tra città<br />

e campagne. Ai citta<strong>di</strong>ni agiati era riservata la <strong>carne</strong> <strong>di</strong> manzo e <strong>di</strong> vitello, la più cara sul mercato;<br />

gli altri, “dai gusti poco raffinati”, consumavano <strong>carne</strong> <strong>di</strong><br />

pecore e <strong>di</strong> castroni.<br />

La <strong>carne</strong> <strong>di</strong> porco salata era il simbolo <strong>di</strong> un’economia<br />

rurale familiare tendenzialmente autarchica,<br />

solo in occasioni <strong>di</strong> festa, nel XV secolo, “un piatto <strong>di</strong> bue<br />

o <strong>di</strong> pecora sostituiva i consueti pezzi <strong>di</strong> maiale”.<br />

In una novella <strong>di</strong> Gentile Sermini, un povero conta<strong>di</strong>no<br />

affermava: “la mia famigliuola non mangia mai <strong>carne</strong><br />

fresca, se non poche volte il mese un poco <strong>di</strong> castrone”.<br />

In una civiltà alimentare in cui la <strong>carne</strong> giocava un ruolo<br />

<strong>di</strong> fondamentale importanza, i macellai godevano <strong>di</strong><br />

prestigio sociale. Tutti i citta<strong>di</strong>ni si rivolgevano a loro se<br />

volevano acquistare non solo ogni tipo <strong>di</strong> <strong>carne</strong> ma anche<br />

il pesce. Solo con il passare del tempo si assistette ad una<br />

progressiva specializzazione che portò alla nascita dei mestieri del pescivendolo, del macellaio e<br />

del salumiere.<br />

La cucina: tecniche <strong>di</strong> cottura<br />

Gli storici, per il Me<strong>di</strong>oevo, parlano <strong>di</strong> “monopolio del bollito”: non solo la lingua, il cervello ma<br />

ogni sorta <strong>di</strong> <strong>tagli</strong>o veniva sottoposto a bollitura, tecnica <strong>di</strong> cottura adatta ad intenerire ogni tipo<br />

<strong>di</strong> <strong>carne</strong>. Era abitu<strong>di</strong>ne praticare cotture plurime: lessare prima <strong>di</strong> arrostire, brasare dopo aver<br />

arrostito. Si usava anche “affogare” le carni nelle spezie per meglio conservarle. In Età moderna<br />

non scomparve la pratica <strong>di</strong> far cuocere ripetutamente le carni, ma si assistette a una <strong>di</strong>minuzione<br />

dei tempi <strong>di</strong> cottura per conservarne consistenza e sapore. Si moltiplicarono i tipi <strong>di</strong> cottura che<br />

vennero adattati al <strong>tagli</strong>o <strong>di</strong> <strong>carne</strong>.<br />

I tipi <strong>di</strong> <strong>tagli</strong>o: strumenti e tecniche<br />

A partire dal XVI secolo si cominciò a <strong>di</strong>stinguere i<br />

vari <strong>tagli</strong>: dapprima le interiora dal resto dell’animale,<br />

poi le varie parti del corpo.<br />

Per gli animali <strong>di</strong> grossa <strong>tagli</strong>a venivano impiegati<br />

utensili pesanti, mannaie e accette. Una volta<br />

sud<strong>di</strong>vise le carcasse in grossi pezzi, si operavano <strong>tagli</strong><br />

ulteriori, corrispondenti all’apertura delle pentole,<br />

con strumenti più semplici che necessitavano una<br />

pressione manuale.<br />

Le ricette<br />

A lungo ritenuto cibo per poveri e per campagnoli, solo <strong>di</strong> recente la <strong>carne</strong> povera e le frat<strong>tagli</strong>e<br />

sono state valorizzate.<br />

Anche noi, della classe 3^CC, abbiamo voluto dare il nostro contributo alla valorizzazione <strong>di</strong> piatti<br />

locali frutto <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zioni alimentari popolari recuperate dalla memoria orale sia pugliese, sia <strong>di</strong><br />

alcuni territori me<strong>di</strong>terranei, come l’Albania.<br />

14<br />

Animelle al ra<strong>di</strong>cchio<br />

<strong>di</strong> Abbinante Michelangelo<br />

Lombata <strong>di</strong> coniglio ripiena<br />

<strong>di</strong> Didonna Angelo<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Ingre<strong>di</strong>enti:<br />

Coniglio g 700<br />

Patate g 300<br />

Pane raffermo g 200<br />

Uova n° 2<br />

Aglio q.b<br />

Prezzemolo q.b<br />

Rosmarino q.b<br />

Sale, pepe q.b<br />

Proce<strong>di</strong>mento:<br />

• Disossare la parte ventrale del coniglio.<br />

• Aromatizzare il coniglio da entrambe i lati con sale, pepe e rosmarino tritato.<br />

• Preparare il ripieno con pane raffermo, uova, aglio e prezzemolo.<br />

• Adagiare il ripieno all’interno del coniglio e avvolgerlo prima con la pellicola e poi con la<br />

stagnola per renderlo più compatto.<br />

• Infornare a 170° per circa 30 minuti.<br />

• Pelare le patate dando ad esse la forma desiderata utilizzando le formine.<br />

• Infornare con una noce <strong>di</strong> burro e un po’ <strong>di</strong> sale.<br />

• Una volta cotto il coniglio, <strong>tagli</strong>arlo a fette e porle nel piatto con le patate e un po’ <strong>di</strong> fondo<br />

bruno.<br />

Rappresentazioni grafiche<br />

Ingre<strong>di</strong>enti<br />

per n° 4<br />

persone<br />

Totale per una<br />

persona<br />

Peso<br />

lordo<br />

g<br />

Netto<br />

e<strong>di</strong>bile<br />

g<br />

Proti<strong>di</strong><br />

g<br />

Lipi<strong>di</strong><br />

g<br />

Gluci<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sponibili<br />

g<br />

Energia<br />

kcal<br />

Fibra<br />

alimentare<br />

g<br />

Colesterolo<br />

mg<br />

425 330 48 12 53 487 1,3 185<br />

15


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Macronutrienti per porzione<br />

P 13% L 3% G 15%<br />

16<br />

16<br />

14<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

Energia apportata dai macronutrienti<br />

Commento nutrizionale<br />

Alta <strong>di</strong>geribilità e basso contenuto <strong>di</strong> grassi sono le caratteristiche importanti <strong>di</strong> questa ricetta,<br />

che abbina i pregi nutritivi della <strong>carne</strong> bianca ai vantaggi della cottura al forno. Come contorno si<br />

consiglia un cartoccio vegetale: sedano, cipolla, ravanelli, finocchi, peperoni, un mix ricchissimo <strong>di</strong><br />

sali minerali e fattori vitaminici, con un apporto calorico modesto.<br />

Per completare il menu, saranno nutrizionalmente perfetti come antipasto uno sformato <strong>di</strong> carote<br />

e spinaci per aumentare l’apporto <strong>di</strong> sali minerali, vitamine e fibra e come primo piatto un risotto<br />

coi gamberetti che apporta amido, nostra fonte principale <strong>di</strong> energia.<br />

Come dessert viene proposta una crostata alla frutta che migliorerà l’apporto <strong>di</strong> sali minerali,<br />

vitamine e fibra senza appesantire il pasto e sarà fonte <strong>di</strong> nutrienti regolatori in<strong>di</strong>spensabili per il<br />

buon funzionamento del nostro organismo.<br />

Involtini <strong>di</strong> trippa<br />

<strong>di</strong> Garganese Cosimo<br />

Paçe<br />

<strong>di</strong> Bega Emirjan<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

PAÇE<br />

Ingre<strong>di</strong>enti:<br />

Stinco <strong>di</strong> vitello g 1000<br />

Carote g 30<br />

Farina g 20<br />

Burro g 50<br />

Aglio n.2 spicchi<br />

Acqua l. 2<br />

Aceto q.b.<br />

Pepe, sale, alloro q.b.<br />

Proce<strong>di</strong>mento:<br />

• Cuocere lo stinco in 2 litri <strong>di</strong> acqua salata con gli spicchi d’aglio fino a quando viene via tutta<br />

la <strong>carne</strong> dalle ossa, schiumando <strong>di</strong> tanto in tanto.<br />

• In una casseruola sciogliere il burro, aggiungere la <strong>carne</strong> e bagnare col brodo ottenuto in<br />

precedenza.<br />

• Aromatizzare con sale, pepe, alloro e carote.<br />

• Verso la fine della bollitura versare l’aceto e legare con della farina <strong>di</strong>luita in acqua.<br />

• Continuare ad aggiungere la farina fino ad ottenere un composto abbastanza cremoso.<br />

Rappresentazioni grafiche<br />

Ingre<strong>di</strong>enti<br />

Per n°10 pax<br />

Totale per una<br />

persona<br />

Peso lordo<br />

g<br />

Peso netto<br />

g<br />

Proti<strong>di</strong><br />

g<br />

Lipi<strong>di</strong><br />

g<br />

Gluci<strong>di</strong><br />

Disp.<br />

g<br />

Energia<br />

Kcal<br />

Fibra<br />

g<br />

Colesterolo<br />

mg<br />

108.8 108.45 20.977 7.380 0.322 151.144 0.108 67.5<br />

Macronutrienti per porzione Energia apportata dai macronutrienti<br />

17


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Commento nutrizionale<br />

Una porzione <strong>di</strong> Paçe offre solo 150 Kcal, equivalenti a 630 Kj, provenienti principalmente dalle<br />

proteine ad alto valore biologico, contenute nello stinco, e dai lipi<strong>di</strong>, presenti nel burro. Il piatto<br />

è aromatizzato con foglie <strong>di</strong> alloro, che contengono un olio essenziale che stimola l’appetito e<br />

favorisce la <strong>di</strong>gestione.<br />

L’aglio, invece, contiene molti principi attivi, tra cui un olio essenziale, sostanze antibatteriche e<br />

tracce <strong>di</strong> vitamine B1, B2, A e C.<br />

Per inserire il piatto in un menu equilibrato si propone un antipasto <strong>di</strong> parmigiano e <strong>di</strong> melanzane<br />

per l’apporto <strong>di</strong> sali minerali, fibra, vitamine e proteine ad alto valore biologico.<br />

Si rileva, inoltre, l’opportunità <strong>di</strong> aumentare con altre portate l’assunzione <strong>di</strong> carboidrati, in<br />

particolare <strong>di</strong> amido, per questo si consiglia come primo: il riso pilaf.<br />

A seguire la Paçe, un contorno <strong>di</strong> verdure appassite, valido per rifornire l’organismo <strong>di</strong> sali minerali,<br />

vitamine e fibra.<br />

Al termine, niente <strong>di</strong> meglio che la crostata <strong>di</strong> frutta, per portare al giusto livello gli zuccheri e<br />

fornire oltre alla fibra, altre vitamine e sali minerali, nutrienti necessari per un corretto svolgimento<br />

delle attività metaboliche.<br />

Morbidelle del trullaro<br />

<strong>di</strong> Florio Stefania<br />

Coniglio con patate al forno<br />

<strong>di</strong> Coletta Domenico<br />

18<br />

Ingre<strong>di</strong>enti per 5 persone:<br />

Coniglio g 1200<br />

Patate g 400<br />

Vino Bianco g 100<br />

Formaggio g 100<br />

Olio g 50<br />

Pepe q.b<br />

Sale, Prezzemolo q.b.<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Proce<strong>di</strong>mento:<br />

• Lavare bene il coniglio, asciugarlo e metterlo da parte.<br />

• In una teglia mettere aglio tritato, prezzemolo tritato, olio, sale, pomodorini <strong>tagli</strong>ati a pezzi e<br />

pepe.<br />

• Prendere il coniglio, metterlo nella teglia e rimettere tutti gli ingre<strong>di</strong>enti <strong>di</strong> partenza. In più<br />

aggiungere le patate <strong>tagli</strong>ate a spicchi, il vino bianco e un po’ d’acqua.<br />

• Mettere in forno per 50 minuti circa a 170 C°. Servire caldo.<br />

Rappresentazioni grafiche<br />

Ingre<strong>di</strong>enti<br />

Per 5 persone<br />

Totale per una<br />

persona<br />

Peso<br />

Lordo<br />

g<br />

Netto<br />

E<strong>di</strong>bile<br />

g<br />

Proti<strong>di</strong><br />

g<br />

Lipi<strong>di</strong><br />

g<br />

Gluci<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sponibili<br />

g<br />

Energia<br />

Kcal<br />

Fibra<br />

Alimentare<br />

g<br />

Colesterolo<br />

mg<br />

370 266.8 42.08 23.68 12.63 428.60 1.06 110.41<br />

Macronutrienti per porzione Energia apportata dai macronutrienti<br />

16%<br />

14%<br />

12%<br />

10%<br />

8%<br />

6%<br />

4%<br />

2%<br />

0%<br />

Proteine Lipi<strong>di</strong> Gluci<strong>di</strong><br />

Commento nutrizionale<br />

Il piatto offre circa 430 Kcal equivalenti a 1793 Kj a persona.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista nutrizionale, fornisce un apporto importante <strong>di</strong> proteine pregiate provenienti<br />

soprattutto dal coniglio, <strong>carne</strong> alternativa particolarmente <strong>di</strong>geribile e tenera per la scarsa presenza<br />

<strong>di</strong> tessuto connettivo. Le patate sono ideali per valorizzare il gusto del coniglio ed equilibrare<br />

l’apporto <strong>di</strong> amido, mentre il prezzemolo con i suoi principi attivi, l’apioside e l’apiolo, stimola le<br />

secrezioni <strong>di</strong>gestive.<br />

Come contorno, servito insieme al coniglio, melanzane grigliate, che forniscono sali minerali,<br />

vitamine e fibra, una sostanza non calorica che regola la funzionalità intestinale.<br />

Questo secondo è consigliato in un menu che prevede come antipasto, una scamorza alla crudaiola,<br />

in grado <strong>di</strong> apportare altre proteine A.V.B. .<br />

Come primo lo chef consiglia un piatto <strong>di</strong> pasta alla crudaiola che fornisce amido (nostra principale<br />

fonte <strong>di</strong> energia), sali minerali e vitamine, nutrienti regolatori in<strong>di</strong>spensabili per l’organismo.<br />

Il menu si conclude con una composta <strong>di</strong> frutta, facendo così aumentare la presenza delle vitamine,<br />

sali minerali e fibra.<br />

Infine, una mousse al cioccolato ricca <strong>di</strong> gluci<strong>di</strong> semplici oltre che <strong>di</strong> gusto.<br />

49%<br />

12%<br />

39%<br />

Proteine<br />

Lipi<strong>di</strong><br />

Gluci<strong>di</strong><br />

19


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Vermicelli al ragù bianco<br />

<strong>di</strong> Turi Cosimo<br />

Stinco <strong>di</strong> maiale con crema <strong>di</strong> mele<br />

<strong>di</strong> Martucci Paolo<br />

20<br />

Ingre<strong>di</strong>enti:<br />

Stinco <strong>di</strong> maiale g.800<br />

Rete <strong>di</strong> maiale q.b.<br />

Mele g. 400<br />

Patate n.1<br />

Sedano q.b.<br />

Carota q.b.<br />

Cipolla q.b.<br />

Vino q.b.<br />

Olio q.b.<br />

Cannella q.b.<br />

Sale q.b.<br />

Zucchero q.b.<br />

Proce<strong>di</strong>mento:<br />

• Disossare lo stinco <strong>di</strong> maiale.<br />

• Ricomporlo e avvolgerlo nella rete <strong>di</strong> maiale e fissare bene con spago.<br />

• Far riscaldare l’olio in una padella e aggiungere lo stinco lasciando che si formi una crosta in<br />

modo tale da non far uscire i succhi organici durante la cottura.<br />

• Nel frattempo preparare sedano, carota e cipolla. Una volta che la <strong>carne</strong> ha assunto un colore<br />

dorato toglierla dalla padella e appoggiarla in una teglia leggermente bagnata con vino e<br />

aggiungervi insieme la brunoise <strong>di</strong> ortaggi e il vino sino a metà dello stinco; far cuocere in<br />

forno a 170° per 45 minuti.<br />

• Nel frattempo in una padella aggiungere la cipolla tritata finemente e le mele <strong>tagli</strong>ate a<br />

fette. Far tostare quest’ultime e aggiungere acqua e cannella. Lasciar appassire le mele e poi<br />

passarle al fine <strong>di</strong> ottenere una crema densa e profumata.<br />

• A fine cottura della <strong>carne</strong>, toglierla dal forno e <strong>tagli</strong>arla a fette <strong>di</strong> 1-2 cm e appoggiare 3 fette<br />

nel piatto versandovi <strong>di</strong> fianco le mele. Per la guarnizione del piatto è possibile realizzare con<br />

delle patate <strong>tagli</strong>ate a rondelle sottili, delle chips a forma <strong>di</strong> rosa. Nel caso in cui si vorrebbe<br />

dare colore al piatto preparare una crema <strong>di</strong> frutti <strong>di</strong> bosco lasciandoli cuocere in acqua e<br />

infine passarli in uno chinoise.<br />

Rappresentazioni grafiche<br />

Ingre<strong>di</strong>enti per<br />

2 persone<br />

Totale a<br />

persona<br />

Peso<br />

Lordo<br />

g<br />

Netto<br />

E<strong>di</strong>bile<br />

g<br />

Proti<strong>di</strong><br />

g<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Lipi<strong>di</strong><br />

g<br />

Gluci<strong>di</strong><br />

g<br />

Energia<br />

Kcal<br />

Fibra<br />

g<br />

Colesterolo<br />

mg<br />

600 518 73,91 18,51 21,64 544,54 3,16 320,4<br />

Macronutrienti per porzione Energia apportata dai macronutrienti<br />

14<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

Commento nutrizionale<br />

Una porzione <strong>di</strong> stinco <strong>di</strong> maiale con crema <strong>di</strong> mele offre circa 540 kcal.<br />

È un piatto dal valido apporto <strong>di</strong> proteine ad alto v.b. e dal limitato apporto <strong>di</strong> grassi. La crema<br />

<strong>di</strong> mele, su cui si posano le fette <strong>di</strong> <strong>carne</strong>, completa la pietanza, arricchendola in vitamine e sali<br />

minerali.<br />

Per inserire il piatto in un menu equilibrato lo chef consiglia un antipasto <strong>di</strong> verdure in agrodolce<br />

con mozzarella, vera miniera <strong>di</strong> vitamine e sali minerali, supportate da un contributo in proteine<br />

pregiate derivate dalla mozzarella. Come primo piatto, tortelli <strong>di</strong> ricotta con burro e salvia, un<br />

piatto ricco <strong>di</strong> virtù nutrizionali in cui amido (nostra principale fonte <strong>di</strong> energia), grassi e proti<strong>di</strong><br />

si combinano in modo ottimale. Inoltre è<br />

presente la salvia, un’erba aromatica che si<br />

impiega perché, oltre ad esaltare il sapore <strong>di</strong><br />

molti piatti, stimola le secrezioni gastriche<br />

ed aumenta la <strong>di</strong>geribilità delle pietanze.<br />

A seguire lo stinco <strong>di</strong> maiale con crema<br />

<strong>di</strong> mele ed un buffet <strong>di</strong> frutta, che è ricco<br />

<strong>di</strong> vitamine, sali minerali e fibra, risulta<br />

particolarmente <strong>di</strong>geribile e poco calorico.<br />

Lo chef, infine, invita a commettere un<br />

piccolo peccato <strong>di</strong> gola con una bavarese<br />

alla vaniglia su letto <strong>di</strong> cioccolato fondente.<br />

LA LIETA BRIGATA<br />

21


Istituto Tecnico<br />

Industriale Statale<br />

“L. Dell’ Erba”<br />

Castellana Grotte (Ba)


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Aspetti igienico-nutrizionali e ambientali<br />

<strong>carne</strong> e frat<strong>tagli</strong>e<br />

Autori<br />

In<strong>di</strong>rizzo tecnologico alimentare classi: III A, IV A, IV B , V A . In<strong>di</strong>rizzo chimico classe V B . Docenti<br />

A A C<br />

coinvolti prof. Francesco D’Aprile, prof.ssa Giuseppina Palazzo, prof.ssa Annalisa Gentile, prof.<br />

Giacomo Rossi, prof.ssa Maria Luigia Rotolo, prof. Angelo Valente, prof. Giuseppe Tutino, prof.<br />

Giovanni Longo<br />

Le ricerche portate avanti durante l’anno<br />

Il progetto ha cercato <strong>di</strong> valorizzare i prodotti della tra<strong>di</strong>zione pugliese, salvaguardandoli e<br />

<strong>di</strong>versificandoli dai prodotti <strong>di</strong> importazione e da regole <strong>di</strong> produzioni locali non corrette.<br />

L’obiettivo è stato informare e sensibilizzare i giovani ad un acquisto più ragionato, nel rispetto<br />

della cultura, delle tra<strong>di</strong>zioni locali e dell’ambiente.<br />

In questo senso, si è parlato <strong>di</strong> marchio <strong>di</strong> certificazione <strong>di</strong> qualità e tracciabilità delle carni<br />

attraverso una visita al macello <strong>di</strong> Conversano e un convegno tenutosi in istituto il 17/04/09.<br />

La conoscenza delle aziende del territorio è avvenuta in maniera in<strong>di</strong>retta attraverso un allevatore<br />

della zona che, invitato al convegno del 17/4/09, ha aperto alla gente la sua azienda nei meto<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

produzione e lavorazione dei prodotti con immagini in POWER POINT della sua azienda .<br />

La visita alla <strong>di</strong>tta <strong>di</strong> saponi “G.S. L’ABBATE” <strong>di</strong> Fasano, coa<strong>di</strong>uvata dall’attività <strong>di</strong> laboratorio con la<br />

sintesi del sapone, ha consentito <strong>di</strong> riflettere sul valore degli scarti <strong>di</strong> produzione, che possono<br />

<strong>di</strong>ventare fonte <strong>di</strong> ricchezza…<br />

In particolare ci siamo occupati dei prodotti tipici come: torcinelli , saltimbocca, zampina fresca<br />

con alcune analisi sia chimiche che microbiologiche.<br />

Le conclusioni cui siamo giunti, anche alla luce <strong>di</strong> un lavoro <strong>di</strong> ricerca sono state le seguenti:<br />

1.<br />

2.<br />

3.<br />

4.<br />

24<br />

Le frat<strong>tagli</strong>e hanno un buon contenuto in fosforo, ferro e proteine.<br />

Le nostre aziende sono più sicure nelle carni che producono rispetto a quelle estere perchè<br />

sono <strong>di</strong> più piccole <strong>di</strong>mensioni.<br />

Non è conveniente comprare <strong>carne</strong> già <strong>tagli</strong>ata, magari già macinata e confezionata, per<br />

motivi igienici.<br />

La <strong>carne</strong> macinata non va cotta al sangue, ciò è possibile solo per la fettina.<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

25


Istituto<br />

Tecnico Commerciale<br />

“L. Pinto - F. Anelli”<br />

Castellana Grotte (Ba)


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Tra jazzi, poste e riposi lungo le vie della<br />

transumanza in Puglia<br />

Autori<br />

Classe V sezione A Geometri<br />

Docenti Tutor del progetto prof. Cosimo Cisternino e prof. Lucio Cito<br />

Introduzione<br />

Se i beni culturali vengono rilanciati come risorsa in grado <strong>di</strong> favorire lo sviluppo turistico della nostra<br />

regione è giusto che, i tratturi, gli jazzi, le poste e i riposi della transumanza vengano chiamati<br />

in causa in quanto rappresentano beni poco valorizzati, per niente inseriti e considerati circuiti <strong>di</strong><br />

fruizione turistica più tra<strong>di</strong>zionali e non più riconosciuti.<br />

I tratturi, gli jazzi, le poste e i riposi della transumanza in Puglia per quanto siano stati solo infrastrutture<br />

per i greggi e per la pastorizia, rappresentano oggi segni della memoria del paesaggio,<br />

della sua storia e documentano attraverso comuni fenomeni l’evoluzione dell’uomo nel territorio<br />

locale e nelle gran<strong>di</strong> aree geografiche del Me<strong>di</strong>terraneo come gli Appennini e le Alpi, e molte altre<br />

regioni d’Europa.<br />

Una moderna accezione <strong>di</strong> questi beni è espressa nel Decreto del Ministero dei Beni Culturali ed<br />

Ambientali del 1976 che ha assoggettato i tratturi alle <strong>di</strong>scipline della legge che tutela in Italia i<br />

monumenti.<br />

Sono quin<strong>di</strong> segni riconoscibili <strong>di</strong> un paesaggio e in Puglia rappresentano riferimenti architettonici<br />

unici che aiutano a beneficiare del contatto con gli elementi della natura; possono oggi <strong>di</strong>ventare<br />

elementi guida per la fruizione turistica dei territori più interni della nostra regione e <strong>di</strong> lettura<br />

delle articolate vicende della sua storia. Tali vicende, secondo un percorso a ritroso nel tempo,<br />

riconducono alle ra<strong>di</strong>ci della storia dell’uomo, alla pastorizia, alle produzioni agricole, al recupero<br />

della sua memoria, alle sue vicissitu<strong>di</strong>ni primor<strong>di</strong>ali, economiche e produttive, sociali e culturali.<br />

Cenni storici<br />

L’etimologia <strong>di</strong> termini impiegati per definire i segni della transumanza, è possibile farla risalire alla<br />

fine dell’impero Romano con la deformazione fonetica dei termini che in latino, secondo co<strong>di</strong>ci<br />

Teodoriani e Giustiniani, in<strong>di</strong>cavano le strutture <strong>di</strong> soggiorno dei pastori, gli ulivi <strong>di</strong> ricovero degli<br />

animali e l’antico privilegio del libero passaggio sulle vie pubbliche <strong>di</strong> greggi e mandrie della transumanza;<br />

ma i tratturi, come i percorsi armentizi, le poste e gli jazzi hanno un’origine più antica.<br />

Nel primo secondo A.C. Marco Terenzio Varrone descriveva i percorsi<br />

che congiungevano i pascoli dell’Italia centrale con quelli delle pianure<br />

pugliesi: tre secoli prima su queste strade che congiungevano<br />

la Sabina con l’Apulia, i Sanniti avevano organizzato un grande<br />

centro <strong>di</strong> scambio <strong>di</strong> merci, prodotti e servizi; una sorta <strong>di</strong> grande<br />

stazione <strong>di</strong> transumanza, poi inglobato nella bellissima città romana<br />

<strong>di</strong> Saepium.<br />

I segni dell’attività <strong>di</strong> transumanza e della pastorizia <strong>di</strong> epoca protostorica<br />

sono stati in<strong>di</strong>viduati numerosi nei territori del Molise e della<br />

Puglia; stu<strong>di</strong> più recenti rimandano al periodo Olocenico quando i<br />

pastori, lasciato il più vicino Oriente fattosi inadeguato, trasferirono<br />

il loro an<strong>di</strong>rivieni nell’area me<strong>di</strong>terranea ospitale per l’abbondanza<br />

28<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

d’erba e la mitezza del clima. Queste tracce <strong>di</strong> pascolo <strong>di</strong>ventarono<br />

inizialmente piste informi e poi strade organizzate<br />

atipiche per assicurare pascolo e transito <strong>di</strong> greggi.<br />

Si profilarono quin<strong>di</strong> come tanti tappeti d’erba srotolati<br />

tra monti, colline e pianure delimitati lungo i confini con<br />

cippi <strong>di</strong> pietre e rigorosamente <strong>di</strong>slocati e <strong>di</strong>sciplinati.<br />

Nel secolo XVI, la Dogana delle pecore andò a prevedere<br />

perfino la pena <strong>di</strong> morte per chiunque avesse <strong>di</strong>retto o<br />

spostato tali cippi.<br />

Nell’Italia meri<strong>di</strong>onale, soprattutto orientale e continentale,<br />

i tratturi Regi si sovrapposero tra l’Abruzzo e la Puglia,<br />

a preesistenti tracciati viari in modo da costituire un<br />

vero e proprio sistema viario gerarchicamente articolato<br />

in tre livelli: i tratturi larghi 60 passi, i tratturelli larghi 17-<br />

20 passi e i bracci larghi 7-20 passi, definendo così un’articolata<br />

rete viaria nel territorio tale da <strong>di</strong>segnare un sistema <strong>di</strong> meri<strong>di</strong>ani (tratturi) e <strong>di</strong> paralleli (i<br />

tratturelli e i bracci).<br />

Le vie della transumanza in Puglia<br />

L’altopiano collinare interno della Puglia è delimitato in modo netto e naturale da due antiche<br />

ed importanti vie della transumanza che corrono quasi parallele in <strong>di</strong>rezioni nord-ovest/sud-est<br />

rappresentate rispettivamente, sul versante che guarda l’Adriatico, dal tratturo Castel <strong>di</strong> Sangro -<br />

Lucera che si ricongiunge al tratturo Regio n°19 Canosa - Ruvo e dalla tratta del tratturo regio n°18<br />

Barletta-Grumo e del tratturo 13 Grumo-Santeramo che corrono sui primi terrazzamenti a quota<br />

300-350 metri s.l.m. e sul versante della Fossa Bradanica dal Tratturo Regio n°21 che ripercorre il<br />

tracciato della Appia Antica ad una quota altimetrica corrispondente ai 400-450 metri s.l.m., fino<br />

all’arco Ionico per poi raggiungere il Salento;altri tratturi come il tratturello n°68 Corato-Fontanadogna<br />

ripercorrono i solchi erosivi <strong>di</strong> lame interne collegando i tratturi principali in una rete<br />

articolata <strong>di</strong> percorsi.<br />

Esiste un’importante correlazione tra i tracciati viari dei tratturi anzidetti e i caratteri dei luoghi<br />

attraversati. In particolare il Tratturo Regio n°19 e il tratturo n°18 configurano una viabilità continua<br />

che incontra e <strong>tagli</strong>a longitu<strong>di</strong>nalmente e trasversalmente i pantani, i bacini, i compluvi e le<br />

lame presenti alla quota <strong>di</strong> riferimento; è evidente, non solo la stretta correlazione tra il sistema<br />

infrastrutturale <strong>di</strong> collegamento legato al passaggio degli armenti e la possibilità <strong>di</strong> approvvigionamento<br />

idrico; ma anche la significativa localizzazione dei manufatti legati alla pastorizia, come<br />

gli jazzi, le poste e i riposi e delle masserie, delle cantine e frantoi legati a produzioni tipiche con-<br />

29


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

sentite dalle altimetrie e dalla possibilità <strong>di</strong> conservazione<br />

dei prodotti.<br />

Nella Puglia centrale la configurazione idrogeologica, orografica<br />

e paesaggistica del territorio, ancor prima delle vicende<br />

politiche ed economiche, ha variamente <strong>di</strong>stribuito<br />

le forme inse<strong>di</strong>ative e le <strong>di</strong>verse attività produttive legate<br />

alla transumanza. La <strong>di</strong>ffusione della pietra calcarea e calcarenitica,<br />

malleabile e <strong>di</strong> buona resistenza, ha consentito<br />

ai pastori, ai capomastri e conta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> attingere dai campi<br />

pietrosi <strong>di</strong> volta in volta <strong>di</strong>rettamente sul posto i materiali<br />

<strong>di</strong> costruzione: chianche per le coperture e le pavimentazioni,<br />

pietre per i muretti a secco, tufi squadrati e blocchi<br />

<strong>di</strong> calcare composto per le strutture più complesse, bolo,<br />

tufina, calce e paglia per malte artigianali.<br />

Ancora oggi, nei pressi degli inse<strong>di</strong>amenti rurali, degli jazzi,<br />

delle poste, dei riposi e delle masserie, sono visibili cave spettacolari o più modesti avvallamenti,<br />

da tempo utilizzati per la raccolta delle acque per i frutteti, gli orti o i vigneti. Il territorio solcato da<br />

lame, consente all’acqua meteorica <strong>di</strong> scorrere improvvisa ed a carattere torrentizio e riversarsi nei<br />

compluvi e permeare o <strong>di</strong>sperdersi nelle cavità carsiche, nelle doline, nei puli, nei pulicchi, negli<br />

inghiottitoi o <strong>di</strong> essere raccolte in cisterne e fogge, strategicamente posizionate per la captazione,<br />

la raccolta e l’accumulo.<br />

La particolare idrografia superficiale conferma l’articolazione del sistema sotterraneo da sempre<br />

impiegato dall’uomo per l’approvvigionamento e la riserva idrica sia per il proprio sostentamento,<br />

sia per gli armenti, sia per gli scopi produttivi. Ai margini delle lame, dei puli e delle gravine, sono<br />

ancora oggi visitabili chiese rupestri ed inse<strong>di</strong>amenti preistorici. Là dove uno strato impermeabile<br />

produce il ristagno delle acque, continuano a formarsi o si formano in parte perché bonificati nel<br />

tempo, laghi , stagni e compluvi <strong>di</strong> raccolta delle acque; in molte zone degli Altopiani Collinari<br />

interni delle Murge e delle serre Salentine, ampi avvallamenti si trasformavano stagionalmente in<br />

palu<strong>di</strong>.<br />

Le infrastrutture varie dei tratturi rappresentano artifici strutturali ed organizzativi costruiti e tracciati<br />

dalle attività dell’uomo secondo <strong>di</strong>verse funzioni: le vie <strong>di</strong> collegamento locale, le vie istmiche<br />

e le vie <strong>di</strong> lunga percorrenza.<br />

La storia ha assegnato a queste, significati affatto <strong>di</strong>fferenti; <strong>di</strong> collegamento locale le prime due,<br />

<strong>di</strong> integrazione con ambiti extraregionali la terza. La struttura della rete viaria <strong>di</strong>pende in larga misura<br />

dalla natura del suolo e dalle architetture inse<strong>di</strong>ative, sia<br />

residenziali che produttive e pastorali; per questo motivo le<br />

aree litoranee del Salento, dell’Adriatico e dello Ionico, per lo<br />

più spopolate ed impaludate per gran parte dall’anno, sono<br />

state a lungo scarsamente servite.<br />

I territori collinari e terrazzati più interni della nostra regione,<br />

(400-600 m s.l.m.), hanno rappresentato comunque una<br />

grande area <strong>di</strong> attraversamento; all’interno delle fasce interme<strong>di</strong>e<br />

(300-350 m s.l.m.) sono state invece la successione<br />

delle gravine e delle lame a con<strong>di</strong>zionare la struttura della<br />

rete viaria; infatti mentre le vie <strong>di</strong> lunga percorrenza, tratturi<br />

e viabilità romana, correvano tenendosi a valle o a monte<br />

delle gravine e delle lame, superandole talvolta con ponti o<br />

ri<strong>di</strong>scendendone sul fondo, quelle istmiche correvano per lo<br />

30<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

più parallele a queste, tenendosi spesso proprio sul loro ciglio o al loro interno.<br />

Per la sua unicità, è da ricordare il tracciato monumentale del trattura che per superare la gravina<br />

<strong>di</strong> Triglie incide profondamente il bancone tufaceo, con pareti alte <strong>di</strong>versi metri. Gli jazzi, le poste,<br />

i riposi, i tratturi raccontano la geografia dei paesaggi interni della nostra Regione, le peculiarità<br />

ambientali della natura e delle produzioni dell’uomo e dello stesso tempo la storia <strong>di</strong> quest’ultimo<br />

attraverso le costruzioni e le sistemazioni rurali, le aree archeologiche, la vista dei centri che si<br />

arroccano sulle alture, le civiltà che si sono avvicendate sul territorio.<br />

Considerazioni<br />

Dal profondo e secolare ra<strong>di</strong>camento che i segni della transumanza hanno con il territorio <strong>di</strong> riferimento,<br />

emerge con chiarezza quanto gli jazzi, le poste, i riposi e i tratturi, siano ancora importanti<br />

per i valori d’uso che esprimono per la loro possibile fruizione sostenibile: è facile intravedere l’idea<br />

<strong>di</strong> un’offerta turistica organica, organizzata secondo una rete complessa <strong>di</strong> servizi, punti <strong>di</strong> sosta e<br />

<strong>di</strong>rezioni <strong>di</strong> percorrenza.<br />

L’assetto organizzativo deve necessariamente partire dalla consapevolezza che le strutture e le<br />

architetture della transumanza sono <strong>di</strong>ventate nel tempo segni <strong>di</strong> una grande memoria storica collettiva<br />

fatta anche dal sistema ambientale connesso che comprende la flora, la fauna, il paesaggio,<br />

i compluvi, gli approvvigionamenti idrici, i punti <strong>di</strong> vista focali, i panorami, i rivestimenti visivi.<br />

In Puglia i segni della transumanza, si configurano come originalissimi musei all’aperto, dall’aspetto<br />

ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>verso, dai tra<strong>di</strong>zionali musei. Si presentano come luoghi, ricchi <strong>di</strong> cultura, depositari<br />

<strong>di</strong> architetture spontanee, simboli dell’artificio umano <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zioni costruttive caratterizzate<br />

dal profondo legame con l’ambiente.<br />

La fruizione turistica e culturale dei segni della transumanza va intravista nel contesto <strong>di</strong> una società<br />

che è ovviamente cambiata, <strong>di</strong>versa dal passato, ed inquadrata secondo strategie, metodologie<br />

e momenti <strong>di</strong> organizzazione che possano considerare insieme alla valorizzazione delle emergenze<br />

architettoniche, infrastrutturali e archeologiche anche la valorizzazione e la fruizione del patrimonio<br />

naturale e ambientale connesso, come le aree SIC e ZPS, i Parchi e le zone destinate ad<br />

aree protette regionali e a Parco Nazionale che rappresentano sistemi <strong>di</strong> grande bio<strong>di</strong>versità e <strong>di</strong><br />

patrimonio della natura.<br />

E’ possibile sperimentare nuove fruizioni seguendo itinerari nascosti, dove la passeggiata <strong>di</strong>venta<br />

una scoperta personale, un fatto da raccontare. Nella nostra regione questa possibilità esiste, le<br />

storie da raccontare possono avere come base <strong>di</strong> riferimento gli jazzi, le poste, i riposi e i tratturi,<br />

autostrade d’erba che hanno animato nel corso <strong>di</strong> secoli civiltà e genti de<strong>di</strong>te alla transumanza.<br />

La transumanza ha basato la sua esistenza ed articolazione su cinque con<strong>di</strong>zioni: la relazione <strong>di</strong><br />

scambio tra stazioni note in determinati perio<strong>di</strong> dell’anno, le caratteristiche degli armenti; lo sfruttamento<br />

<strong>di</strong>retto degli stessi, l’orientamento verso l’economia del mercato, i segni architettonici ed<br />

infrastrutturali <strong>di</strong>ffusi lungo i percorsi dei tratturi.<br />

Il complesso reticolo inse<strong>di</strong>ativo e infrastrutturale della transumanza, ha giocato il proprio rapporto<br />

con le risorse primarie: si è sovrapposto nel tempo al complesso sistema idrogeologico rappresentato<br />

dai pantani, dai gran<strong>di</strong> compluvi e dall’interrelato impianto dei solchi erosivi e alluvionali<br />

delle antiche vie d’acqua, dalle lame e gravine, che incidono i substrati calcari dell’altopiano carsico<br />

interno della regione, articolandosi e combinandosi agli impianti produttivi, alle sistemazioni<br />

agrarie e alle strutture dei boschi.<br />

L’inter<strong>di</strong>pendenza e la connessione tra le strutture inse<strong>di</strong>ative della transumanza, le strutture ambientali<br />

e l’articolazione del paesaggio rappresentano presupposto significativo imprescin<strong>di</strong>bile,<br />

non solo per l’in<strong>di</strong>viduazione dei criteri utili alla definizione <strong>di</strong> fruizioni turistiche e culturali compatibili,<br />

ma anche per la conservazione e la tutela dei manufatti e<strong>di</strong>lizi, dei loro gran<strong>di</strong> e piccoli valori<br />

d’uso, e del rispetto degli equilibri ecologici delle risorse primarie ai quali questi sono legati.<br />

31


Istituto Professionale <strong>di</strong> Stato<br />

per i Servizi Commerciali,<br />

Turistici, Alberghieri e<br />

della Pubblicità<br />

“Mauro Perrone”<br />

Castellaneta (Ta)


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Gli ovini nella tra<strong>di</strong>zione<br />

storico-culturale tarantina<br />

Autori<br />

Gli studenti dell’IPS “M. Perrone” – in<strong>di</strong>rizzo Alberghiero<br />

L’iniziativa “<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong>” ci ha consentito <strong>di</strong> riscoprire l’importanza degli ovini nella tra<strong>di</strong>zione<br />

storico-culturale tarantina. E <strong>di</strong>ciamo storico-culturale e non già culinaria, perché <strong>di</strong> questi animali<br />

erano destinati alla macellazione solamente animali o vecchi, o ammalati, o incidentati, o agnelli<br />

in soprannumero.<br />

34<br />

Le pecore costituivano la più <strong>di</strong>ffusa forma <strong>di</strong> allevamento<br />

animale praticato nel Tarantino; in quanto erano i più<br />

importanti fornitori <strong>di</strong> proteine animali, sia sotto forma <strong>di</strong><br />

latte e suoi derivati (le merci), sia <strong>di</strong> <strong>carne</strong>, <strong>di</strong> fibre tessili, la<br />

lana, e <strong>di</strong> pelle usata per la produzione <strong>di</strong> capi <strong>di</strong> abbigliamento<br />

rustici. La pelle <strong>di</strong> agnello, invece, era ed è la materia<br />

prima per la produzione <strong>di</strong> pergamene. A completamento,<br />

le pecore producevano l’utilissimo concime organico per<br />

rendere fertile il terreno.<br />

L’allevamento stanziale<br />

Quello ovino costituiva per il Tarantino l’unica possibile forma <strong>di</strong> allevamento zootecnico consentita<br />

dai ferrei vincoli ecologici e climatici dell’ ambiente me<strong>di</strong>terraneo.<br />

Le pecore, infatti, manifestano rispetto ad animali grossi (cavalli e bovini) esigenze idriche e alimentari<br />

minori. Inoltre, il sistema delle rotazioni agrarie nei seminativi, in voga sin dal Neolitico,<br />

prevedeva l’armonico inserimento <strong>di</strong> un certo numero <strong>di</strong> pecore per la restituzione <strong>di</strong> materia organica<br />

prelevata con il pascolo sotto forma <strong>di</strong> utilissimo concime.<br />

La transumanza<br />

Accanto all’allevamento ovino stanziale, ben armonizzato con l’agricoltura, vi era anche la forma<br />

specializzata, sganciata dal mondo agricolo e spesso con esso in aperta lotta.<br />

La necessità <strong>di</strong> fornire adeguati pascoli, che le pianure tarantine (e pugliesi in generale) non erano<br />

in grado <strong>di</strong> fornire per il periodo compreso (<strong>di</strong> norma) fra maggio e settembre, coincidente con la<br />

lunga estate me<strong>di</strong>terranea, rendeva necessario ricorrere alla pratica della transumanza, la formulazione<br />

me<strong>di</strong>terranea della zootecnia specializzata.<br />

Tale pratica prevedeva una sorta <strong>di</strong> pendolarismo stagionale delle greggi fra le regioni appenniniche,<br />

prive durante il lungo inverno, <strong>di</strong> pascoli (a causa dell’innevamento e dei rigori) ma ricche<br />

<strong>di</strong> erba durante la stagione estiva, e quelle litoranee della Puglia, che al contrario, nell’autunnoinverno<br />

erano in grado <strong>di</strong> fornire pascoli abbondanti.<br />

La complementarietà ecologica fra sistema appenninico e pianure litoranee è alla base della<br />

cosiddetta transumanza orizzontale, <strong>di</strong>stinta da quella verticale (o alpeggio) e da altre forme <strong>di</strong><br />

spostamento degli armenti non stagionale, da inquadrarsi più propriamente nel fenomeno del<br />

noma<strong>di</strong>smo.<br />

La transumanza ha rivestito un ruolo <strong>di</strong> importanza capitale per la storia territoriale del Taran-<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

tino. Oltre alle ovvie ricadute economiche, essa<br />

ebbe, infatti, notevoli conseguenze nell’ambito<br />

storico-sociale (anche nelle forme degenerate<br />

delinquenziali, come il ban<strong>di</strong>tismo e la piaga<br />

dell’abigeato), cultuale (i pastori <strong>di</strong> ogni epoca<br />

hanno eletto proprie <strong>di</strong>vinità e santi protettori,<br />

scelto luoghi <strong>di</strong> culto, celebrato cerimonie propiziatorie),<br />

territoriale (con la in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> itinerari<br />

predefiniti, i tratturi) e politico-amminstra-<br />

Jazzi <strong>di</strong> Burgensatico, Mottola<br />

tivo (con la presenza <strong>di</strong> uno Stato costantemente<br />

impegnato ora nel controllare e <strong>di</strong>rigere il traffico, ora nel gestire in prima persona i pascoli).<br />

La masseria <strong>di</strong> pecore come complesso e<strong>di</strong>lizio prendeva il nome <strong>di</strong> jazzo e consisteva in curti (recinti),<br />

suppenne (arcate) e ombracchi.<br />

Esse occupano una delle pagine più interessanti della architettura rurale, con la ricchezza delle<br />

forme e la varietà delle tecniche adoperate.<br />

Cenni storici<br />

Forme stanziali <strong>di</strong> allevamento ovino sono attestate già all’interno dei villaggi neolitici. L’Età del<br />

Bronzo (II millennio a.C.) è dominata da una vera e propria civiltà pastorale.<br />

I protagonisti <strong>di</strong> questa nuova fase storica stabilirono, con il loro perio<strong>di</strong>co rituale della transumanza,<br />

un sistema continuativo <strong>di</strong> relazioni fra popolazioni originariamente molto <strong>di</strong>verse, dando<br />

vita ad un coacervo culturale unitario, noto come Civiltà Appenninica, la prima cultura veramente<br />

italica.<br />

A seguito della <strong>di</strong>fferenziazione <strong>di</strong> questa matrice<br />

primigenia nelle culture regionali, le popolazioni<br />

iapigie inse<strong>di</strong>ate nel Tarantino proseguirono nella<br />

pratica della transumanza, ponendo i propri<br />

inse<strong>di</strong>amenti lungo le principali vie <strong>di</strong> comunicazione<br />

tratturi).<br />

L’avvento dei coloni greci produsse molto probabilmente,<br />

per il clima <strong>di</strong> conflittualità innescato<br />

nei confronti delle popolazioni locali, una brusca<br />

interruzione <strong>di</strong> questa pratica; si sviluppò, tuttavia,<br />

una nuova forma <strong>di</strong> allevamento, condotta in<br />

Masseria del Porto, Castellaneta, Età del bronzo<br />

maniera intensiva e stanziale con una particolare razza <strong>di</strong> pecore, che grazie ad un ricercatissimo<br />

regime alimentare ed a minuziose attenzioni, produceva lane annoverate fra le più pregiate<br />

dell’antichità.<br />

La realtà sociale e politica impostasi all’indomani della sconfitta contro Roma, in occasione della<br />

seconda guerra punica (fine III secolo a.C.), favorì la <strong>di</strong>ffusione, pressoché selvaggia, <strong>di</strong> una forma<br />

<strong>di</strong> allevamento transumante monopolizzato dai gran<strong>di</strong> speculatori romani, in genere senatori e<br />

homines novi del variegato panorama sociale <strong>di</strong> quegli anni <strong>di</strong> rapi<strong>di</strong> arricchimenti. Questi si attribuirono<br />

illimitata libertà nell’accesso a quella che era stata la chora coloniale, e che con la débacle<br />

annibalica, si era configurato giuri<strong>di</strong>camente come ager publicus populi romani.<br />

Vista l’importanza economica dell’argomento lo Stato organizzò, in un secondo tempo, una struttura<br />

amministrativa molto complessa, che provvedeva alla custo<strong>di</strong>a delle vie <strong>di</strong> comunicazione,<br />

alla licitazione dei pascoli pubblici ed alla riscossione dei relativi canoni.<br />

Per molti versi tale macchina amministrativa anticipava le linee organizzative che saranno proprie<br />

della Dogana delle pecore <strong>di</strong> Puglia.<br />

35


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

L’ampia <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> una economia dalle forme certamente più regre<strong>di</strong>te rispetto all’articolato<br />

paesaggio agrario magnogreco facilitò l’endemica ricorrenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni e <strong>di</strong> ribellioni, che videro<br />

protagonisti le folle <strong>di</strong> schiavi-pastori impiegati nella conduzione delle greggi.<br />

Con la rottura dell’unità politica, determinata dall’invasone longobarda, la transumanza fu nuovamente<br />

ri<strong>di</strong>mensionata e l’allevamento ovino rientrò in quelle forme <strong>di</strong> allevamento semibrado che<br />

caratterizzarono il paesaggio altome<strong>di</strong>evale.<br />

Con in Normanni anche l’allevamento ovino affrontò una nuova fase <strong>di</strong> espansione, coincidente<br />

con la generale ripresa dell’economia; esso era condotto anche secondo il sistema della transumanza,<br />

grazie ad un orizzonte politico nuovamente unitario, che includeva le aree tra<strong>di</strong>zionalmente<br />

interessate da questo fenomeno, ed al rinnovato impegno dello Stato in <strong>di</strong>fesa della mobilità<br />

delle greggi.<br />

Federico II giunse a rilanciare il principio <strong>di</strong> uno Stato come unico proprietario <strong>di</strong> tutti i boschi ed i<br />

pascoli del Regno, l’unico abilitato, quin<strong>di</strong>, al loro sfruttamento economico. Gli esiti della crisi tardo<br />

me<strong>di</strong>ovale fecero dell’allevamento ovino transumante uno dei settori trainanti dell’economia jonica,<br />

specie a seguito dello spopolamento <strong>di</strong> gran parte del suo contado. I gran<strong>di</strong> interessi in gioco<br />

<strong>di</strong>edero il via ad una autentica gara alla occupazione dei pascoli e delle altre terre pubbliche.<br />

Quando, con l’istituzione della Dogana della mena delle Pecore <strong>di</strong> Puglia (1447), veniva consacrata<br />

e sublimata le velleità monopoliste dello Stato nella gestione dei pascoli, prendeva il via una lunghissima<br />

guerra fra l’amministrazione della Dogana e gli agrari tarantini.<br />

Lo sviluppo delle masserie, come unità aziendali multifunzionali, determinò il progressivo ri<strong>di</strong>mensionamento<br />

dell’allevamento transumante nel Tarantino, mentre veniva fissata una sorta <strong>di</strong><br />

simbiosi mutualistica fra grano e pecore. Non è quin<strong>di</strong> un caso che la crisi <strong>di</strong> fine Ottocento abbia<br />

coinvolto contemporaneamente ambedue i settori, come il sistema masseria nel suo insieme.<br />

Le attività<br />

Ogni masseria <strong>di</strong> una certa consistenza possedeva un suo gregge la cui grandezza <strong>di</strong>pendeva<br />

dall’ampiezza dell’azienda e dalla <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> pascolo.<br />

La composizione-tipo <strong>di</strong> un gregge prevedeva in me<strong>di</strong>a per ogni 100 pecore la presenza <strong>di</strong> cinque<br />

maschi riproduttori (i montoni), <strong>di</strong> 30 agnelli (per la sostituzione delle eventuali per<strong>di</strong>te) e <strong>di</strong> 65<br />

pecore da frutto.<br />

Il pascolo invernale, detto vernotico (e che copriva il periodo compreso fra la fine <strong>di</strong> settembre ed<br />

i primi <strong>di</strong> maggio) comprendeva le aree macchiose ed anche i seminativi lasciati a riposo; quello<br />

estivo, lo statotico (da maggio a settembre), aveva<br />

luogo sulle erbe cresciute sulle ristoppie dopo la<br />

mietitura.<br />

Non tutte le aziende avevano ambedue le <strong>di</strong>sponibilità<br />

<strong>di</strong> pascolo, per cui le greggi compivano talvolta<br />

spostamenti stagionali a corto raggio da una masseria<br />

all’altra.<br />

Il complesso <strong>di</strong> bestiame, ambienti, pascoli e strumentario<br />

connesso con l’allevamento ovino costituiva<br />

la masseria <strong>di</strong> pecore, che spesso aveva una gestione<br />

affatto <strong>di</strong>stinta rispetto alla masseria <strong>di</strong> campo,<br />

cerealicola.<br />

A sovrintendere le operazioni era il massaro <strong>di</strong> pecore, che si avvaleva <strong>di</strong> più pastori per la custo<strong>di</strong>a<br />

delle greggi.<br />

I ricetti delle pecore erano costituiti originariamente da semplici recinti e grotte, naturali o artificiali<br />

(spesso si trattava <strong>di</strong> ambienti ricavati da antichi inse<strong>di</strong>amenti rupestri abbandonati e riattati), poi<br />

36<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

sostituite da jazzi, e<strong>di</strong>fici più o meno complessi costituiti da più recinti (curti), da arcate protettive<br />

(suppenne), dalle abitazioni dei pastori e dal casolare, ove aveva sede il camino per la trasformazione<br />

del latte nei prodotti caseari.<br />

Le ricette<br />

“Mnton vicch” nell’arzola (Ariete <strong>di</strong> fine carriera)<br />

Il vecchio ariete, ormai anziano e non più adatto alla riproduzione, si consumava cotto nell’antico<br />

recipiente in terracotta, l’arzola.<br />

Questa preparazione prevedeva, per la durezza della <strong>carne</strong>, una lunga cottura nel forno a legna.<br />

Sistemare la <strong>carne</strong> nell’arzola con peperoni <strong>tagli</strong>ati, qualche fetta <strong>di</strong> cipolla <strong>tagli</strong>ata spessa, aggiungere<br />

4 o 5 lampascioni, 3 o 4 pomodorini rossi, rape, cicorie, semi <strong>di</strong> finocchietto e sale. Chiudere l’arzola<br />

con pasta <strong>di</strong> pane per evitare evaporazioni durante la cottura. Far cucinare al calore del fuoco per 4 o<br />

5 ore.<br />

Muschiska <strong>di</strong> “Muertaccin” (Animale morto)<br />

La <strong>carne</strong> dell’animale morto accidentalmente si essiccava per la conservazione.<br />

Questa tecnica è stata utilizzata dai pastori fino ad alcuni decenni fa.<br />

Tagliare a strisce <strong>di</strong> 3 cm per 20 le parti magre <strong>di</strong> <strong>carne</strong>. Lavare con aceto, con<strong>di</strong>re con sale, semi <strong>di</strong> finocchio,<br />

peperoncino e aglio. Essiccare in forno a legna in fase <strong>di</strong> raffreddamento.<br />

Braciole <strong>di</strong> “Vulz” (Animale malato)<br />

I pastori consumavano la <strong>carne</strong> degli animali malati, prima che<br />

morissero.<br />

Tagliare a fettine la <strong>carne</strong>. Stendere e con<strong>di</strong>re con aglio, prezzemolo,<br />

pecorino piccante. Arrotolare e legare con cotone. Soffriggere<br />

cipolla e sedano, aggiungere le braciole e farle rosolare. Sfumare<br />

con vino bianco, aggiungere salsa <strong>di</strong> pomodoro, un cucchiaio <strong>di</strong><br />

conserva, un pizzico <strong>di</strong> peperoncino e cucinare a fuoco lento.<br />

“Gnumredd”<br />

I fegatini venivano preparati allo scopo <strong>di</strong> utilizzare tutte le parti<br />

dell’animale. Essendo costituiti da interiora soggette ad una<br />

breve conservazione, venivano consumati prima degli altri <strong>tagli</strong>.<br />

Dopo aver <strong>tagli</strong>ato cuore, fegato, polmoni, milza e reni a pezzi tali<br />

da poter essere infilzati allo spiedo, aromatizzare con prezzemolo,<br />

timo o alloro, avvolgere con membrana peritonea e con budella <strong>di</strong><br />

agnello lattante. Cuocere alla brace o nel classico “fornello”<br />

37


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Involtini <strong>di</strong> “Centopezze”<br />

Come per i fegatini ed il marro, erano preparati per utilizzare tutte le<br />

parti dell’animale.<br />

Pulire e lavare bene la trippa con acqua calda. Tagliare quadratini <strong>di</strong> circa<br />

10 cm. Stendere i quadratini, con<strong>di</strong>re con aglio, pecorino, pepe e prezzemolo<br />

tritato e preparare degli involtini. Mettere in un tegame olio, cipolla,<br />

aglio, pomodorini, sedano, prezzemolo tritato, patate <strong>tagli</strong>ate a da<strong>di</strong>ni,<br />

brodo q.b. e cuocere a fuoco lento.<br />

Marro<br />

Lavare le budella con acqua calda e <strong>tagli</strong>are le interiora (cuore, polmone…) a striscioline. Con<strong>di</strong>re con<br />

aglio, prezzemolo, sale, pepe. Stendere la membrana del peritoneo bagnata nel vino bianco, poggiare<br />

or<strong>di</strong>natamente le interiora nel senso della lunghezza, avvolgere su se stessa e legare con le budella.<br />

Sistemare in un tegame con un po’ <strong>di</strong> olio, mettere in forno ad una temperatura moderata e far cuocere<br />

aggiungendo, se necessario, un po’ <strong>di</strong> vino bianco.<br />

Testa <strong>di</strong> pecora o <strong>di</strong> agnello arrostita<br />

Anche questa veniva preparata per utilizzare tutte le parti dell’animale.<br />

Tagliare la testa <strong>di</strong> pecora o <strong>di</strong> agnello a metà nel senso della lunghezza. Aprire e con<strong>di</strong>re nella parte<br />

interna con prezzemolo, aglio tritato, pecorino, pepe e sale. Sistemare in un tegame con patate <strong>tagli</strong>ate<br />

a fette, olio, sale e cuocere in forno.<br />

Coscia <strong>di</strong> castrato<br />

L’animale, che non era stato venduto ne come agnello ne come agnellone,<br />

veniva castrato per evitare <strong>di</strong> avere troppi maschi all’interno del<br />

gregge e per variare le caratteristiche genetiche della razza. Del castrato<br />

era molto apprezzata la coscia.<br />

Marinare una nottata con vino, sale, cipolla affettata, finocchietto selvatico.<br />

Mettere in un tegame coperto e cuocere a fuoco lento.<br />

“Sciavorta” con funghi al forno (Pecora ancora vergine)<br />

L’esemplare femmina che non avesse ancora partorito, <strong>di</strong> un età compresa tra i 12 e i 18 mesi, si<br />

consumava ma raramente.<br />

Mettere in una tegame da forno un po’ <strong>di</strong> olio, uno strato <strong>di</strong> pezzi <strong>di</strong> <strong>carne</strong>, pepe, sale, qualche pomodorino<br />

e funghi cardoncelli. Con<strong>di</strong>re con pecorino grattugiato, prezzemolo, olio e cuocere in forno per<br />

un’ora.<br />

“Trciunc” con piselli (Ariete non adatto alla monta)<br />

L’animale non adatto alla monta si macellava.<br />

Far soffriggere in un po’ d’olio del salame <strong>tagli</strong>ato a pezzettini, aglio e cipolla tritata. Aggiungere la <strong>carne</strong>,<br />

salare, far rosolare e bagnare con vino. Far cuocere coperto per 20 minuti. Aggiungere piselli, brodo<br />

e continuare la cottura per altri 20 minuti. Sbattere uova con pecorino, sale e pepe. Versare il tutto sulla<br />

<strong>carne</strong> e far rapprendere.<br />

38<br />

“Alnr” nella pignata (Pecora sterile)<br />

L’esemplare adulto che, dopo la prima monta con esito negativo, il pastore<br />

ha tenuto nel gregge, sperando inutilmente in una successiva procreazione,<br />

si macellava.<br />

Porre i pezzi <strong>di</strong> <strong>carne</strong> con pomodorini, alloro, cipolla, cicoria, cima <strong>di</strong> rapa,<br />

finocchietto, senape selvatica, sale, acqua e peperoncino in una pignata.<br />

Chiudere la pignata e sistemarla all’interno del camino tenendo il fuoco dal<br />

lato opposto. Ruotare la pignata ogni 30 minuti, cuocere per 4-5 ore.<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Callaredda<br />

Sistemare sul fondo <strong>di</strong> una piccola caldaia <strong>di</strong> rame pezzi <strong>di</strong> <strong>carne</strong> <strong>di</strong> pecora. Aggiungere cipolla <strong>tagli</strong>ata<br />

grossa, sedano a cubetti, pomodorini, finocchietto selvatico, sale. Coprire con cicorielle selvatiche e cospargere<br />

con pezzetti <strong>di</strong> pecorino stagionato. Aggiungere l’acqua necessaria, chiudere con coperchio<br />

per ridurre l’evaporazione durante la cottura.<br />

39


Liceo Polivalente<br />

“Don Quirico Punzi”<br />

Cisternino (Br)


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Mostra multime<strong>di</strong>ale e documentaria sul tema<br />

“<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong>”<br />

Autori<br />

gli studenti delle classi Ibt, IIbt, III bt, IV bt, I bp, II bp, III bp, II cp IV cp e delle docenti Ciccarone G.,<br />

Convertini G., Cofano D., D’Amico A.M.<br />

“Beato chi in vita ha potuto percorrere in lungo e in largo tutta quanta la regione dov’è nato,<br />

imparato a conoscere anzitutto quelli della sua antica stirpe.”<br />

42<br />

T. Fiore da “Il cafone all’inferno”<br />

Tra<strong>di</strong>zioni conta<strong>di</strong>ne nella Murgia dei Trulli<br />

Il laboratorio “<strong>Det</strong>-<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong>” é stato realizzato dagli studenti del liceo polivalente “Don Quirico<br />

Punzi” <strong>di</strong> Cisternino, con l’intento <strong>di</strong> ripercorrere la storia del territorio, interrogando fonti <strong>di</strong>rette e<br />

documentarie, e giungere così ad una riscoperta consapevole delle ra<strong>di</strong>ci comuni.<br />

Esso si è articolato in <strong>di</strong>verse fasi, nelle quali sono stati reperiti materiali provenienti da più paesi<br />

dell’area murgiana, attraverso:<br />

• testimonianze <strong>di</strong>rette <strong>di</strong> anziani, conta<strong>di</strong>ni, massari e ristoratori;<br />

• documentazione bibliografica;<br />

• ricerca <strong>di</strong> informazioni storico-culturali e antropologiche, poesie <strong>di</strong>alettali, mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>re, proverbi,<br />

tra<strong>di</strong>zioni;<br />

• ascolto <strong>di</strong> brani musicali della tra<strong>di</strong>zione locale;<br />

• selezione <strong>di</strong> immagini raffiguranti volti e paesaggi del passato;<br />

• scelta <strong>di</strong> utensili impiegati nelle masserie della zona;<br />

• stu<strong>di</strong> sui valori energetico-nutrizionali delle carni povere e delle frat<strong>tagli</strong>e utilizzate nella<br />

preparazione dei piatti locali.<br />

La fase successiva è stata de<strong>di</strong>cata al montaggio del power-point e all’allestimento della mostra<br />

documentaria e multime<strong>di</strong>ale.<br />

Infine, sulla scorta delle notizie acquisite intorno agli aspetti antropologici legati al consumo <strong>di</strong><br />

<strong>carne</strong>, alcune ragazze hanno allestito un balletto in cui hanno messo in scena la “storia <strong>di</strong> una gallina<br />

che non vuole finire in padella”.<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Non c’è viaggio più fruttuoso <strong>di</strong> quello rivolto alla conoscenza del passato per orientare il<br />

presente: noi, viaggiando nella microstroria del nostro territorio altrettanto degna della macrostoria,<br />

abbiamo ripercorso quella cultura conta<strong>di</strong>na la cui memoria oggi rischia <strong>di</strong> perdersi<br />

irrime<strong>di</strong>abilmente.<br />

Un po’ <strong>di</strong> storia…<br />

Le risorse della Murgia dei Trulli provengono essenzialmente dalla TERRA: il settore agricolo rappresenta<br />

ancora oggi un comparto <strong>di</strong> primaria importanza per le sue variegate produzioni.<br />

Fino all’Ottocento non esistevano molte abitazioni rurali a <strong>di</strong>mora fissa: circa il 15% delle popolazioni<br />

risiedeva in campagna, soprattutto massai e pastori.<br />

Negli anni venti del Novecento, Tommaso Fiore presentava così la Murgia dei Trulli: “…spuntano<br />

Trulli innumerevoli dal terreno, non più soli o ra<strong>di</strong>, ma aggruppati come fratellini per mano, a due,<br />

a tre, a quattro… e ovunque muri e muretti, non <strong>di</strong>eci, non venti, ma più, allineati sui fianchi <strong>di</strong><br />

ogni rilievo, per contenere il terreno, per raccogliere e reggerne un po’ fra tanto calcare. Mi chiederai<br />

come ha fatto questa gente a scavare ed allineare tanta pietra. Io penso che la cosa avrebbe<br />

spaventato un popolo <strong>di</strong> giganti. Questa è la Murgia più aspra e più sassosa; per ridurla a coltivazione….<br />

non ci voleva meno della laboriosità d’un popolo <strong>di</strong> formiche…”<br />

Le masserie si sono configurate nel tempo non solo come complessi produttivi ma anche come<br />

strutture abitative per la massa bracciantile. hanno svolto una funzione sociale <strong>di</strong> aggregazione,<br />

specialmente per la massa bracciantile, rappresentavano l’unica forma stabile <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amento in<br />

campagna, permettendo l’alternanza <strong>di</strong> pascoli e coltivazione in base ai cambiamenti climatici.<br />

La rigi<strong>di</strong>tà dei salari determinava un’economia chiusa in strutture immobili. Permaneva una società<br />

conta<strong>di</strong>na arcaica in lotta perenne per la sopravvivenza.<br />

Il declino definitivo del dominio signorile si registra tra gli anni quaranta e cinquanta del Novecento<br />

con la polverizzazione dell’assetto proprietario che ha favorito lo sviluppo dei microfon<strong>di</strong><br />

conta<strong>di</strong>ni, completando quel processo <strong>di</strong> trasformazione colturale avviato nel secondo Ottocento.<br />

Negli anni cinquanta, la maggioranza delle strutture fon<strong>di</strong>arie appare ancora <strong>di</strong>mensionata su<br />

un’agricoltura <strong>di</strong> autoconsumo.<br />

Di recente, soprattutto a seguito dell’industrializzazione e <strong>di</strong> processi <strong>di</strong> modernizzazione poco<br />

lungimiranti, si è registrato un abbandono dei campi, anche da una miope politica agricola.<br />

Gastronomia locale<br />

La <strong>carne</strong> compariva sulle mense solo nei giorni <strong>di</strong> festa: si adoperava soprattutto ovina e <strong>di</strong> animali<br />

da cortile. Essa era considerata un alimento destinato alle classi privilegiate, mentre la povera gente<br />

la mangiava solo in occasione<br />

<strong>di</strong> feste comandate.<br />

Nemmeno i ricchi facevano<br />

grande consumo <strong>di</strong> <strong>carne</strong>,<br />

specie <strong>di</strong> quella bovina. Sulle<br />

tavole comparivano, con<br />

molta moderazione, polli,<br />

conigli, agnelli e capretti,<br />

non per preferenza gastronomica,<br />

ma perchè allevati<br />

e macellati nelle masserie e<br />

non richiedevano esborso<br />

<strong>di</strong> danaro.<br />

43


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

La nostra cucina è rustica, casereccia e povera.<br />

La maggior parte delle ricette è stata tramandata <strong>di</strong> generazione in generazione, fino ai giorni<br />

nostri, con alcune piccole varianti da paese a paese.<br />

Di questa importante tra<strong>di</strong>zione, oggi, hanno fatto tesoro ristoranti locali, osterie, rosticcerie che<br />

hanno raggiunto alti livelli <strong>di</strong> qualità conseguendo prestigiosi riconoscimenti nazionali ed internazionali.<br />

Ricette a base <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

44<br />

Gnummaried<strong>di</strong><br />

Pècra accipùddata<br />

Jadduzzo chino<br />

Cunigghjo alla cacciatora<br />

Brasciole a ragù<br />

Crapetto jindo ù furno p’ l’ paten<br />

Capone a brot’<br />

Capuzza p’ l’ paten<br />

Recchje <strong>di</strong> puercu ad<strong>di</strong>lissate<br />

I prodotti tipici <strong>di</strong> qualità: una risorsa fondamentale per lo sviluppo locale<br />

Attualmente il 12 % della produzione lorda ven<strong>di</strong>bile nazionale è collegata al sistema dei prodotti<br />

tipici e sviluppa un fatturato pari a circa 72 milioni <strong>di</strong> euro. A livello occupazionale il settore interessa<br />

perlopiù 300 mila addetti. tutelare le produzioni agro-alimentari tipiche e <strong>di</strong>fferenziarle da<br />

quelle convenzionali, l’Unione Europea ha introdotto lo strumento della Denominazione dei Marchi<br />

<strong>di</strong> Origine. Il comparto della produzione tipica rappresenta, perciò, un’importante risorsa per<br />

l’economia locale, in particolare <strong>di</strong> alcune aree marginali, come quelle della Murgia.<br />

Il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ha presentato un Censimento dei Prodotti Tipici, al<br />

fine <strong>di</strong> preservare con un apposito Marchio <strong>di</strong> Tutela le risorse agroalimentari della cucina italiana<br />

per evitare imitazioni per superare le rigorose norme europee<br />

Nell’elenco pre<strong>di</strong>sposto dalla Regione Puglia sono incluse <strong>di</strong>verse specialità del territorio, tra cui<br />

alcune a base <strong>di</strong> <strong>carne</strong>:<br />

• Capocollo;<br />

• Scervellata;<br />

•<br />

Lardo.<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Valori nutrizionali<br />

Ecco alcuni esempi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> svolti sui valori energetico-nutrizionali delle carni povere e delle frat<strong>tagli</strong>e<br />

utilizzate nella preparazione dei piatti locali:<br />

45


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

STUDIOANTROPOLOGICO “Umana…mente CARNE”<br />

La nostra cultura locale è cambiata dell’ Ottocento a oggi.<br />

Mangiare <strong>carne</strong> in passato era abbastanza raro, perché gli animali erano allevati in masserie, a<br />

conduzione familiare, o anche in casa, in un pollaio, una conigliera o sul terrazzo.<br />

Per l’alimentazione utilizzavano fieno, grano, erba <strong>di</strong> pascolo, crusca, erbe selvatiche, scarti agricoli,<br />

lattiero - caseari, biologici, domestici, bucce <strong>di</strong> patate, <strong>di</strong> anguria, pane raffermo, acqua della<br />

pasta.<br />

La <strong>carne</strong> era riservata anche alla malattia, alla convalescenza o ai casi<br />

<strong>di</strong> anemia. Le donne che avevano appena partorito mangiavano i colombi.<br />

In autunno il maiale<br />

Raramente si mangiavano animali giovani, erano gli animali “a fine carriera”<br />

quelli che arrivavano nel piatto, dopo che erano stati sfruttati<br />

46<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

La macellazione avveniva nelle masserie<br />

Le parti degli animali considerate buone erano <strong>di</strong>verse da quelle <strong>di</strong> oggi: si mangiavano il sangue<br />

delle galline fritto, quello del maiale sotto forma <strong>di</strong> sanguinaccio, la lingua, il polmone, il cervello,<br />

le interiora, la trippa, i testicoli, le ghiandole, i tric trac (nervetti), la cartilagine, gli occhi, le interiora<br />

come la coratella sotto forma <strong>di</strong> marro o “gnumarelli”, le capuzzelle, l’osso buco, la “mazzacra” (stomaco<br />

delle galline), le rigaglie, le zampe.<br />

Oggi la vista <strong>di</strong> un animale morto è considerata <strong>di</strong>sgustosa, pertanto vengono scartate le parti che<br />

rendono l’animale riconoscibile, come testa e zampe, mentre vengono tranquillamente mangiati<br />

e considerati buoni <strong>tagli</strong> <strong>di</strong> animali trasformati, sminuzzati, affettati come petto <strong>di</strong> pollo, <strong>tagli</strong>ata,<br />

salsiccia, prosciutto, salame.<br />

La vista <strong>di</strong> animali in macelleria, <strong>di</strong> quarti <strong>di</strong> bue o mezzi maiali, suscita <strong>di</strong>sgusto e riprovazione.<br />

Veder uccidere da vicino un animale per mangiarlo è considerato più intollerabile che vedere immagini<br />

<strong>di</strong> sangue molto più cruente, riguardanti esseri umani, in televisione o nei videogames.<br />

È cambita la relazione tra uomo e animali<br />

Oggi i ragazzi hanno un rapporto principalmente affettivo ed emotivo sia con gli animali domestici<br />

che con quelli non domestici e ritengono crudele ucciderli; in realtà è cambiato il rapporto con la<br />

morte e si è trasformato da vicino e naturale in lontano e virtuale<br />

47


Istituto <strong>di</strong> Istruzione<br />

Secondaria Superiore<br />

“Leonardo Da Vinci”<br />

Fasano (Br)


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Il Maiale<br />

“Un tesoro <strong>di</strong> animale nella tra<strong>di</strong>zione conta<strong>di</strong>na “<br />

50<br />

Autori<br />

classe III sez. A prof.ssa Gatti Anna<br />

Ambiguita’ della simbologia<br />

del maiale<br />

Il maiale a causa del suo aspetto florido e del<br />

suo modo <strong>di</strong> mangiare, insieme al suo bisogno<br />

<strong>di</strong> rotolarsi nel fango, si trova in una posizione<br />

simbolica duale che l’uomo ha elaborato sin dai<br />

tempi antichi: da un lato rappresenta la fertilità,<br />

la ricchezza (la scrofa è associata alla Grande Madre)<br />

dall’altro è simbolo <strong>di</strong> voracitá, ingor<strong>di</strong>gia,<br />

lussuria.<br />

Nei Testi dei Sarcofagi e nei Libri dei Morti,<br />

due testi religiosi egizi, al maiale vengono associate<br />

caratteristiche simboliche variegate e,<br />

talvolta, contrad<strong>di</strong>ttorie. Nella prima raccolta <strong>di</strong><br />

testi il suino è visto, infatti, in una luce negativa, nei Libri dei Morti, al contrario, la connotazione è<br />

decisamente positiva (nell’antico Egitto la scrofa che <strong>di</strong>vora i suoi piccoli era un simbolo della dea<br />

del cielo Nut, i cui figli, le stelle, scompaiono al mattino per rinascere la sera).<br />

In un affresco rinvenuto in una grotta dell’isola <strong>di</strong> Malta, risalente a epoca neolitica, viene raffigurata<br />

una scrofa che allatta tre<strong>di</strong>ci porcellini quale simbolo <strong>di</strong> fertilità e <strong>di</strong> buon auspicio. Per lo<br />

stesso motivo, anche in Grecia, nei misteri <strong>di</strong> Eleusi, il maiale costituiva l’offerta sacrificale alla dea<br />

Demetra, mentre nella narrazione del noto episo<strong>di</strong>o o<strong>di</strong>sseico della trasformazione dei compagni<br />

<strong>di</strong> Ulisse in suini, ad opera della maga Circe (Omero, O<strong>di</strong>ssea, libro X), prevale l’aspetto simbolico<br />

più ombroso. Per gli Etruschi il maiale rappresentava una bestia monda e innocente attraverso<br />

la quale gli dei mandavano messaggi agli uomini, per questo i sacerdoti etruschi praticavano la<br />

scienza aruspicina ossia la previsione del futuro, utilizzando il fegato <strong>di</strong> porco.<br />

Nella religione islamica ed ebraica è vietato, per i fedeli, mangiare la <strong>carne</strong> suina, che è considerata<br />

impura. Nel cristianesimo il maiale rappresenta la lussuria, l’ingor<strong>di</strong>gia, la sensualità: Satana.<br />

Nelle religioni orientali all’animale è associata la stessa dualità simbolica dell’Occidente.<br />

Nel bud<strong>di</strong>smo tibetano incontriamo la scrofa <strong>di</strong> Diamante come simbolo della Madre e regina del<br />

cielo, mentre in altre correnti del bud<strong>di</strong>smo esso rappresenta ingor<strong>di</strong>gia e ignoranza.<br />

Nella cultura cinese l’ambiguità della simbologia del maiale viene espressa integralmente; infatti<br />

dapprima rappresenta la natura imme<strong>di</strong>ata non addomesticata, sporca, che, una volta addomesticata,<br />

si rivela utile.<br />

Il grasso <strong>di</strong> maiale, la sugna, era simbolo <strong>di</strong> fertilità presso le spose latine, che vi ungevano gli<br />

stipiti della porta <strong>di</strong> una nuova casa per assicurarsi fortuna e fecon<strong>di</strong>tà.<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Notizie storiche<br />

I più antichi ritrovamenti dell’addomesticamento del maiale (8000 a.C.) si registrano nella Turchia<br />

sudorientale, in popoli che non praticavano ancora nessun tipo <strong>di</strong> allevamento e non si de<strong>di</strong>cavano<br />

nemmeno all’agricoltura. I primi ad utilizzare il maiale come principale fonte <strong>di</strong> <strong>carne</strong> furono<br />

i Greci. Anche i Romani furono gran<strong>di</strong> consumatori <strong>di</strong> <strong>carne</strong> <strong>di</strong> maiale, fonti scritte testimoniano<br />

della conservazione tramite salagione e affumicatura <strong>di</strong> tutte le parti dell’animale. Plinio riferisce<br />

che ogni anno venivano spe<strong>di</strong>ti dall’Etruria a Roma 20.000 suini grassi da macello. Questo dato<br />

<strong>di</strong>mostra la presenza della <strong>carne</strong> suina nella cucina etrusca.<br />

La tra<strong>di</strong>zione dell’allevamento casalingo del maiale nasce nell’alto me<strong>di</strong>oevo in varie parti d’Italia<br />

quando si instaura nelle famiglie una cultura dell’autosufficienza alimentare. Nell’Alto Me<strong>di</strong>oevo<br />

la presenza assidua del maiale nella vita quoti<strong>di</strong>ana è testimoniata da numerosi bassorilievi e affreschi<br />

in cui la vita dell’animale viene descritta in ogni suo momento: allevamento, sistema <strong>di</strong><br />

macellazione, preparazione <strong>di</strong> salumi e insaccati, ven<strong>di</strong>ta.<br />

Questa tra<strong>di</strong>zione si <strong>di</strong>ffonde anche nelle masserie pugliesi, esempio tipico <strong>di</strong> autosufficienza alimentare.<br />

Principi nutrizionali<br />

Al fine <strong>di</strong> orientare la popolazione verso comportamenti alimentari più salutari, il Ministero della<br />

Salute ha affidato ad un Gruppo <strong>di</strong> esperti (D.M. del 1.09.2003) il compito <strong>di</strong> elaborare un modello<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>eta <strong>di</strong> riferimento che sia coerente con lo stile <strong>di</strong> vita attuale e con la tra<strong>di</strong>zione alimentare del<br />

nostro Paese.<br />

Da questo modello <strong>di</strong> <strong>di</strong>eta l’Istituto <strong>di</strong> Scienza dell’Alimentazione dell’Università “La Sapienza” <strong>di</strong><br />

Roma, elabora la piramide alimentare italiana, in cui vengono in<strong>di</strong>cati i consumi alimentari giornalieri<br />

consigliati, sia dal punto <strong>di</strong> vista quantitativo che qualitativo.<br />

La piramide si articola in piani in cui<br />

sono <strong>di</strong>sposti in modo scalare i vari<br />

gruppi <strong>di</strong> alimenti per sottolineare<br />

che ciascuno è caratterizzato da un<br />

<strong>di</strong>fferente contenuto <strong>di</strong> nutrienti<br />

e richiede <strong>di</strong>fferenti frequenze <strong>di</strong><br />

consumo. Alla base della piramide<br />

si trovano i cibi che si possono consumare<br />

quoti<strong>di</strong>anamente, mentre al<br />

vertice si trovano quelli da assumere<br />

limitatamente.<br />

Alla base della piramide troviamo i<br />

cereali (pane, pasta ecc.) che insieme<br />

alle patate costituiscono una<br />

fonte <strong>di</strong> carboidrati complessi e <strong>di</strong><br />

fibra (6-11 porzioni al giorno). Salendo<br />

nella piramide, troviamo la frutta<br />

(2-3 porzioni al giorno), verdure e<br />

ortaggi (3-5 porzioni al giorno), che<br />

contengono anch’essi fibra e antiossidanti.<br />

Al centro della piramide ci<br />

sono gli alimenti da consumare non<br />

51


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

quoti<strong>di</strong>anamente ma più volte alla settimana: si tratta dei cibi <strong>di</strong> origine animale, pesce, <strong>carne</strong>,<br />

uova, latticini e formaggi (2-3-porzioni a settimana).<br />

Molto importanti sono i legumi (2-3-porzioni a settimana), un’ottima fonte <strong>di</strong> proteine vegetali.<br />

Al vertice della piramide ci sono infine gli alimenti da consumare con moderazione: zuccheri semplici,<br />

grassi (ad eccezione dell’olio extravergine <strong>di</strong> oliva), alcool.<br />

LARN Tabella 1 - Porzioni standard nell’alimentazione italiana<br />

GRUPPO DI ALIMENTI ALIMENTI PORZIONE (g)<br />

• latte<br />

• 125 (un bicchiere)<br />

LATTE E DERIVATI<br />

•<br />

•<br />

yogurt<br />

formaggio fresco<br />

•<br />

•<br />

125 (un vasetto)<br />

100<br />

• formaggio stagionato<br />

• 50<br />

• <strong>carne</strong> fresca<br />

• 100 (a crudo)<br />

CARNE, PESCE, UOVA<br />

•<br />

•<br />

<strong>carne</strong> conservata (salumi)<br />

pesce<br />

•<br />

•<br />

50<br />

150 (a crudo)<br />

• uova<br />

• un uovo (circa 50 g a crudo)<br />

LEGUMI<br />

•<br />

•<br />

legumi freschi<br />

legumi secchi<br />

•<br />

•<br />

100 (a crudo)<br />

30 (a crudo)<br />

• pane<br />

• 50<br />

• prodotti da forno<br />

• 50<br />

CEREALI E TUBERI<br />

•<br />

•<br />

pasta o riso (*)<br />

pasta fresca all’uovo (*)<br />

•<br />

•<br />

80 (a crudo)<br />

120 (a crudo)<br />

• pasta fresca ripiena (*)<br />

• 180 (a crudo)<br />

• patate<br />

• 200 (a crudo)<br />

• insalate<br />

• 50<br />

ORTAGGI E FRUTTA • ortaggi<br />

• 250 (a crudo)<br />

• frutta o succo<br />

• 150<br />

• olio<br />

• 10<br />

CONDIMENTI • burro<br />

• 10<br />

• margarina<br />

• 10<br />

Carne<br />

In una adeguata alimentazione, il consumo <strong>di</strong> carni è fondamentale perché contribuisce all’apporto<br />

<strong>di</strong> proteine <strong>di</strong> elevata qualità, il cui contenuto varia da 15g a 22 g/100g secondo il tipo <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

e <strong>di</strong> <strong>tagli</strong>o. Circa il 40% delle proteine della <strong>carne</strong> è costituito da aminoaci<strong>di</strong> essenziali, cioè quegli<br />

aminoaci<strong>di</strong> che l’organismo umano non riesce a sintetizzare e che deve necessariamente introdurre<br />

con gli alimenti. Il contenuto in grassi è compreso tra il 2% ed il 30% in quanto <strong>di</strong>pende dal<br />

<strong>tagli</strong>o <strong>di</strong> <strong>carne</strong> che contiene grasso <strong>di</strong> infiltrazione muscolare non visibile, oltre al grasso visibile.<br />

I grassi sono prevalentemente saturi, monoinsaturi e pochi polinsaturi. Sono presenti, inoltre, le<br />

vitamine del gruppo B, in particolare la B 12 il cui apporto è assicurato per il 50% del fabbisogno<br />

solo con il consumo <strong>di</strong> carni e fegato, la niacina e minerali quali ferro, zinco, rame. Particolare importanza<br />

assume il contenuto in ferro-eme, specie nelle carni rosse, dal momento che è assorbito<br />

in quantità maggiore rispetto al ferro proveniente dagli alimenti vegetali. Le carni contribuiscono<br />

in modo sostanziale anche al fabbisogno <strong>di</strong> selenio, rame e zinco, in quanto questi minerali nelle<br />

carni sono più bio<strong>di</strong>sponibili rispetto ai vegetali. Nella scelta della <strong>carne</strong> è consigliabile orientarsi<br />

verso i <strong>tagli</strong> più magri e in generale alternare le carni rosse (bovino, suino magro) a quelle bianche<br />

52<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

(pollame, vitello) ed evitare <strong>di</strong> consumare frequentemente alcune tipologie che contengono considerevoli<br />

quantità <strong>di</strong> colesterolo (frat<strong>tagli</strong>e).<br />

La porzione <strong>di</strong> riferimento (QB) è <strong>di</strong> 100 g <strong>di</strong> <strong>carne</strong> (al crudo) corrispondenti ad una fettina o due<br />

polpette. Si consiglia <strong>di</strong> consumare al massimo 3 QB alla settimana, quin<strong>di</strong> non tutti i giorni.<br />

Carne suina<br />

La <strong>carne</strong> suina, analogamente agli altri tipi <strong>di</strong> <strong>carne</strong>, è una buona fonte <strong>di</strong> proteine, ne contiene<br />

infatti circa 20 grammi per 100 g <strong>di</strong> <strong>carne</strong> e sono <strong>di</strong> alta qualità biologica. Le fibre muscolari<br />

della <strong>carne</strong> <strong>di</strong> maiale hanno struttura <strong>di</strong>versa dalla <strong>carne</strong> bovina che la rendono più tenera. Ha un<br />

buon contenuto <strong>di</strong> vitamina B1 (più alto rispetto alla <strong>carne</strong> bovina), vitamina B2, niacina, vitamina<br />

B6, vitamina D e B12, anche questa più bassa che nella <strong>carne</strong> bovina. E’ presente anche un buon<br />

contenuto in minerali come ferro, zinco, rame, selenio, presenti in una forma chimica ben utilizzabile.<br />

Il colore <strong>di</strong>pende dal contenuto in mioglobina, che è il pigmento presente nelle fibre muscolari che<br />

lega il ferro, e che va incontro a variazione <strong>di</strong> colore in relazione a processi <strong>di</strong> ossidazione. Il contenuto<br />

in mioglobina <strong>di</strong>pende dalla specie animale e dal tipo <strong>di</strong> <strong>tagli</strong>o, cioè <strong>di</strong> tessuto muscolare: la<br />

<strong>carne</strong> suina ne contiene meno della <strong>carne</strong> bovina e pertanto presenta un colore più roseo.<br />

La <strong>carne</strong> <strong>di</strong> maiale non gode <strong>di</strong> buona fama tra molti consumatori perché considerata troppo grassa.<br />

Non tutti sanno, invece, che la selezione genetica e le moderne tecniche <strong>di</strong> allevamento hanno<br />

reso questa <strong>carne</strong> più magra rispetto al passato. pertanto il suo consumo, così come il consumo<br />

dei suoi prodotti <strong>di</strong> trasformazione, non crea assolutamente problemi all’interno <strong>di</strong> una <strong>di</strong>eta bilanciata.<br />

Il contenuto in lipi<strong>di</strong> totali varia molto a seconda del <strong>tagli</strong>o, dal 3% nel coscio all’8% nella bistecca<br />

(considerando sempre il suino leggero) e varia anche molto in relazione alla “toelettatura” del<br />

<strong>tagli</strong>o.<br />

Composizione chimica (mg) e valore energetico per 100g<br />

CARNE PROTEINE LIPIDI COLESTEROLO Kcal<br />

Bovino 21,5 2.4 72 108<br />

Cavallo 19,8 6,8 61 143<br />

Vitello 20,7 1,0 71 92<br />

Maiale 20,2 3,2 64 110<br />

53


Istituto <strong>di</strong> Istruzione<br />

Secondaria Superiore<br />

“Tommaso Fiore”<br />

Sede associata <strong>di</strong><br />

Grumo Appula (Ba)


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Ovini:<br />

Diffusione e produzione delle carni<br />

Evoluzione dei consumi<br />

Promozione del consumo <strong>di</strong> animali adulti e<br />

delle frat<strong>tagli</strong>e.<br />

Autori<br />

Studenti della 1A e 1D, prof. Vito Ugenti, prof.ssa Domenica Angela Pacucci e le educatrici:<br />

dott.ssa Angela Mirto e dott.ssa Rosanna Laforgia.<br />

Introduzione<br />

L’I.I.S.S. “Tommaso Fiore” <strong>di</strong> Modugno – sede associata <strong>di</strong> Grumo Appula in quanto Istituto ad ispirazione<br />

giuri<strong>di</strong>co-economico, ha analizzato alcuni aspetti economici in merito all’allevamento ovino,<br />

sulla base dei dati ISTAT e Fao <strong>di</strong>sponibili, per promuovere il consumo <strong>di</strong> “carni povere” (ovini<br />

adulti e frat<strong>tagli</strong>e).<br />

Diffusione nel Mondo, in Europa, in Italia<br />

Nel decennio 1958-’67 gli ovini, nel mondo, avevano superato il miliardo <strong>di</strong> capi, nel quinquennio<br />

successivo per <strong>di</strong>verse cause (il progresso tecnologico e il largo uso <strong>di</strong> fibre sintetiche, la sottrazione<br />

<strong>di</strong> vaste zone a pascolo e perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> siccità in Africa ed Asia) scesero a 879.856.000 capi per<br />

risalire, nel 1978 ad oltre il miliardo.<br />

I dati più aggiornati (2003) della FAO attestano una consistenza totale del patrimonio ovicaprino<br />

pari a 1.793.105.000 capi (1.028.594.000 ovini e 764.511.000 caprini).<br />

In europa, a fronte <strong>di</strong> una crescita pressoché costante, dal 1970 sino all’inizio degli anni ’90 si assiste,<br />

in seguito, ad una consistente <strong>di</strong>minuzione del patrimonio ovicaprino (valutabile intorno al<br />

22% e al 27% in 10 anni, per ovini e caprini, rispettivamente).<br />

Nel 2000 il patrimonio zootecnico europeo ammontava a 192.551.000 capi, <strong>di</strong> cui 96.652.000 ovini,<br />

11.496.000 caprini e 81.403.000 bovini.<br />

In Italia la punta massima raggiunta dall’ovinicoltura si registrò nel 1914 (con 12.900.000 capi), alla<br />

fine del 1978 i capi ovini risultavano pari a 8.693.900 capi (<strong>di</strong>stribuiti prevalentemente nelle isole<br />

e nelle regioni meri<strong>di</strong>onali).<br />

All’Italia, Eurostat 2003, attribuiva una consistenza stimata <strong>di</strong> 7.952.000 ovini e 961.000 caprini.<br />

56<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

I dati statistici forniti dall’anagrafe nazionale zootecnica rilevano la seguente consistenza <strong>di</strong> capi<br />

ovini dal 2006 al 2009 (marzo 2009)<br />

Nord<br />

Centro<br />

Sud<br />

Isole<br />

Regione 2006 2007 2008 2009 (Marzo)<br />

Piemonte 114.543 112.103 114.276 112.546<br />

Valle d'Aosta 2.435 2.968 3.741 3.741<br />

Liguria 4.725 12.700 16.282 17.079<br />

Lombar<strong>di</strong>a 97.723 118.772 125.422 124.463<br />

Trentino-Alto A<strong>di</strong>ge 52.902 89.799 83.325 84.791<br />

Veneto 35.478 48.786 52.049 50.946<br />

Friuli-Venezia Giulia 8.520 11.044 10.825 10.744<br />

Emilia-Romagna 58.850 66.782 74.003 72.155<br />

Totali Nord Italia 375.176 462.954 479.923 476.465<br />

Toscana 484.228 510.068 500.635 496.143<br />

Umbria 92.009 132.749 128.147 126.411<br />

Marche 174.059 186.653 177.073 177.644<br />

Lazio 481.893 674.251 715.733 734.695<br />

Abruzzo 84.680 183.478 201.970 201.396<br />

Totali Centro Italia 1.316.869 1.687.199 1.723.558 1.736.289<br />

Molise 74.524 82.748 87.033 88.118<br />

Campania 70.625 145.530 157.697 158.859<br />

Puglia 270.638 311.498 306.194 302.777<br />

Basilicata 247.406 266.617 266.885 265.412<br />

Calabria 150.891 261.686 300.241 303.402<br />

Totali Sud Italia 814.084 1.068.079 1.118.050 1.118.568<br />

Sicilia 776.196 832.225 847.538 846.381<br />

Sardegna 3.080.156 3.297.878 3.294.921 3.297.878<br />

Totali Isole 3.856.352 4.130.103 4.142.459 4.144.259<br />

Totale 6.362.481 7.348.335 7.463.990 7.475.581<br />

57


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Gli allevamenti ovini maggiormente <strong>di</strong>ffusi sul territorio Italiano, soprattutto al Nord, hanno una<br />

consistenza <strong>di</strong> capi inferiore a cento. Mentre nelle isole circa il 50% degli allevamenti ha una consistenza<br />

<strong>di</strong> 100-300 capi.<br />

In Puglia, in base ai dati ricavati dall’anagrafe nazionale zootecnica risulta che nel 2008, gli allevamenti<br />

ovini sono passati da 3620 (marzo 2008) a 3659 (<strong>di</strong>cembre 2008). Prevalgono gli allevamenti<br />

misti, seguono quelli specializzati per la produzione <strong>di</strong> <strong>carne</strong>, quelli da latte e poi quelli per l’autoconsumo.<br />

Un tempo quest’ultimo tipo <strong>di</strong> allevamento era molto <strong>di</strong>ffuso nella nostra zona (Grumo<br />

e comuni limitrofi). Infatti, i nonni e le persone anziane raccontano che ogni famiglia conta<strong>di</strong>na<br />

allevava pecore e capre, oltre ad altri animali da cortile, per produrre il latte e suoi derivati (ricotta,<br />

formaggio, ricotta piccante), la lana e la <strong>carne</strong> che si otteneva dalla macellazione delle pecore e/o<br />

capre a fine carriera.<br />

Indagini sulle produzioni <strong>di</strong> carni<br />

Nel 2000 l’Italia ha prodotto circa 70.000 t. <strong>di</strong> <strong>carne</strong> ovina, mentre la Gran Bretagna è stata la maggiore<br />

produttrice <strong>di</strong> <strong>carne</strong> ovina con circa 356.000 t.<br />

Evoluzione dei consumi<br />

<strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Le carni ovine e caprine rappresentavano<br />

una piccola parte del consumo <strong>di</strong> carni<br />

in Italia (4% nel 1961 e 3 % nel 1970).<br />

Dal grafico si nota come, <strong>di</strong> fronte ad un<br />

consumo <strong>di</strong> carni crescente (+ 46%), si è<br />

avuta ad<strong>di</strong>rittura una <strong>di</strong>minuzione della<br />

produzione, pari al 4%, con un relativo<br />

fortissimo incremento delle importazioni.<br />

Questo fatto, insieme alla quasi totale<br />

assenza <strong>di</strong> esportazioni, ha provocato un<br />

peggioramento del saldo commerciale.<br />

Bilancio alimentare delle carni ovine e<br />

caprine dal 1961 al 1970 (in migliaia <strong>di</strong><br />

quintali)<br />

58<br />

600<br />

550<br />

500<br />

450<br />

400<br />

350<br />

300<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

50<br />

0<br />

1961 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968 1969 1970<br />

Produzione Importazione<br />

Consumi alimentari Esportazioni<br />

Evoluzione del peso vivo me<strong>di</strong>o degli ovini<br />

macellati in Italia (Kg) e consumo annuo<br />

pro-capite (Kg).<br />

Dal 1975 al 1995 il consumo pro-capite<br />

all’anno <strong>di</strong> <strong>carne</strong> ovina è aumentata così<br />

come il peso vivo me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> macellazione. I<br />

consumi <strong>di</strong> <strong>carne</strong> ovina in Italia sono molto<br />

contenuti rispetto al consumo <strong>di</strong> <strong>carne</strong> bovina<br />

e suina (rispettivamente intorno a 25 e 10<br />

Kg pro-capite).<br />

Il consumatore Italiano pre<strong>di</strong>lige la <strong>carne</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

agnello da latte (55%) macellato ad un peso vivo inferiore a 15 Kg, seguono: l’agnello da <strong>carne</strong><br />

(15%), macellato con peso vivo <strong>di</strong> 20-30 Kg, l’agnellone (10%), pecora e castrato (15%), capretto<br />

(4%), capre e becchi (1%). Il consumo <strong>di</strong> agnelloni pesanti è in leggero aumento grazie ai flussi<br />

migratori <strong>di</strong> popolazioni provenienti da paesi mussulmani.<br />

Influenza delle religioni sul consumo <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

La macellazione e il conseguente consumo <strong>di</strong> <strong>carne</strong> <strong>di</strong> agnello e agnellone è storicamente collegata<br />

a festività religiose e pertanto nel nostro paese tra<strong>di</strong>zionalmente si intensifica nel periodo<br />

Pasquale (agnello da latte) e, dato il <strong>di</strong>ffondersi <strong>di</strong> Comunità <strong>di</strong> religione musulmana negli ultimi<br />

tempi anche in concomitanza con la Festa del Sacrificio (agnellone pesante).<br />

Nel giorno della Eid ul-Adha, i musulmani sacrificano come Abramo un animale che, secondo la<br />

sharīa, deve essere fisicamente integro e adulto e può essere soltanto un ovino.<br />

L’animale viene ucciso me<strong>di</strong>ante sgozzamento, con la recisione della giugulare che permetta al<br />

sangue <strong>di</strong> defluire, visto che per la legislazione biblica e coranica il sangue è impuro ed è quin<strong>di</strong><br />

proibito mangiarlo. La <strong>carne</strong> viene <strong>di</strong>visa preferibilmente in tre parti uguali, una delle quali va consumata<br />

subito tra i famigliari, mentre la seconda va conservata e consumata in seguito e la terza<br />

viene destinata ai poveri della comunità, che non hanno i mezzi economici per acquistarlo.<br />

Obiettivi da raggiungere con il consumo <strong>di</strong> <strong>carne</strong> <strong>di</strong> agnellone<br />

pesante, ovini adulti e frat<strong>tagli</strong>e<br />

L’incremento del peso vivo <strong>di</strong> macellazione degli agnelli può facilitare il raggiungimento dei se-<br />

guenti obiettivi:<br />

• aumentare la quota <strong>di</strong> <strong>carne</strong> prodotta internamente;<br />

• ridurre le importazioni incentivando il mercato della <strong>carne</strong> <strong>di</strong> ovino adulto, quali agnelloni pesanti,<br />

maschi castrati e ovini a fine carriera, tenuto conto dell’aumento della domanda <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

ovina proveniente da animali pesanti legata alla presenza nel nostro Paese <strong>di</strong> popolazioni<br />

extracomunitarie con abitu<strong>di</strong>ni alimentari <strong>di</strong>fferenti. Tale accresciuta domanda è sod<strong>di</strong>sfatta<br />

soprattutto con importazioni da Nuova Zelanda, Nord Africa e Paesi balcanici;<br />

• La valorizzazione e la commercializzazione delle frat<strong>tagli</strong>e e degli animali adulti a fine carriera<br />

consentirà <strong>di</strong> salvaguardare l’ambiente, riducendo la produzione <strong>di</strong> rifiuti speciali e <strong>di</strong> riscoprire<br />

piatti tipici locali che un tempo erano consumati nella nostra regione.<br />

9<br />

20<br />

10<br />

1,4<br />

23<br />

1,5<br />

11<br />

25<br />

1975 1985 1995<br />

1,7<br />

A GNELLI<br />

A GNELLONI E<br />

CA STRA TI<br />

CONSUM O P RO-<br />

CAPITE (Kg)<br />

59


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Strategie per la promozione e commercializzazione <strong>di</strong> carni ovine<br />

adulte e delle frat<strong>tagli</strong>e<br />

Dalle ricerche effettuate in merito ai gusti dei consumatori, in riferimento alle indagini sulle caratteristiche<br />

chimiche e sensoriali emerge quanto segue:<br />

1) è importante nella strategia <strong>di</strong> marketing per promuovere il consumo <strong>di</strong> carni alternative dare<br />

informazioni sulla provenienza della <strong>carne</strong> poiché l’acquirente è molto legato ai prodotti del<br />

territorio;<br />

2) è rilevante mettere in risalto alcuni aspetti nutrizionali delle carni ovine:<br />

A) Le moderne acquisizioni della <strong>di</strong>etologia attribuiscono una grande importanza per la salute<br />

umana alla presenza nella <strong>di</strong>eta <strong>di</strong> aci<strong>di</strong> grassi insaturi, al loro rapporto con quelli saturi,<br />

all’incidenza negli alimenti <strong>di</strong> aci<strong>di</strong> grassi saturi pericolosi per le arterie. Nella composizione<br />

in aci<strong>di</strong> grassi polinsaturi della <strong>carne</strong> ovina, rispetto a quella bovina, si ha una buona presenza<br />

<strong>di</strong> Ω 3, e un rapporto Ω 6/ Ω 3 più favorevole, e cioè più basso. Si è verificato che tale<br />

rapporto è tanto più favorevole quanto maggiore è l’apporto <strong>di</strong> Ω 3 con la <strong>di</strong>eta: ad esempio<br />

l’erba dei pascoli è particolarmente ricca <strong>di</strong> acido linoleico ed altri Ω 3. Quin<strong>di</strong> la <strong>carne</strong> ovina<br />

può apportare una quota consistente del fabbisogno in Ω 3, sempre all’interno <strong>di</strong> una <strong>di</strong>eta<br />

equilibrata;<br />

B) sempre dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong>etologico il consumo delle frat<strong>tagli</strong>e (fegato, rognone, cervello,<br />

rene, stomaco, cuore, milza, polmone e le cosiddette animelle: pancreas, timo e ghiandole<br />

salivari) può apportare vitamina C; e in quanto organi animali sono, rispetto alle carni, più<br />

ricche <strong>di</strong> proteine e <strong>di</strong> ferro, in special modo il fegato e la milza;<br />

3) organizzare fiere e analisi sensoriali per verificare il livello <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>mento del consumatore.<br />

Sono stati effettuati “Panel Test” per valutare il livello <strong>di</strong> accettabilità e <strong>di</strong> apprezzabilità <strong>di</strong> un<br />

consumatore me<strong>di</strong>o relativamente al sapore, alla succosità, alla tenerezza e all’aroma <strong>di</strong> pecora<br />

che la <strong>carne</strong> <strong>di</strong> agnellone possiede rispetto alla <strong>carne</strong> <strong>di</strong> agnelli da latte. Queste indagini hanno<br />

messo in evidenza che non vi sono <strong>di</strong>fferenze statisticamente significative tra campioni <strong>di</strong> razze<br />

italiane ed estere e tra agnello leggero e agnello pesante;<br />

4) intervenire sulle tecniche <strong>di</strong> allevamento per migliorare il contenuto <strong>di</strong> Ω 3 (si è visto che l’erba<br />

dei pascoli contiene Ω 3) e ricorrere al miglioramento genetico delle razze locali per produrre<br />

<strong>carne</strong> <strong>di</strong> qualità e ridurre l’aroma <strong>di</strong> pecora;<br />

5) realizzare una filiera con un marchio <strong>di</strong> qualità a garanzia della salute del consumatore e per la<br />

rintracciabilità;<br />

6) mettere in atto campagne pubblicitarie per promuovere locali (macellerie, agriturismo, ristoranti)<br />

dove degustare piatti tipici: braciole <strong>di</strong> pecora, ragù <strong>di</strong> pecora, la pecora alla rezzaule, pecora<br />

alle cipolle, involtini, risotto con animelle e la testina <strong>di</strong> agnello al forno che un tempo era utilizzata<br />

per apportare nella <strong>di</strong>eta dei bambini il fosforo;<br />

7) intervenire sulle reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione delle carni fresche porzionate e confezionate.<br />

60<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Il confezionamento delle carni permetterà <strong>di</strong> preparare anche piatti tipici e <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuirli in altre<br />

zone.<br />

Recentemente si va <strong>di</strong>ffondendo, oltre al sotto vuoto, il confezionamento con un sistema ad atmosfera<br />

mo<strong>di</strong>ficata che consente, grazie ad uno speciale vassoio, <strong>di</strong> cuocere nel microonde.<br />

Tutto questo permetterà <strong>di</strong> offrire alimenti <strong>di</strong> qualità e, al contempo, <strong>di</strong> facile preparazione soprattutto<br />

per le famiglie dove i ritmi del lavoro quoti<strong>di</strong>ano non permettono <strong>di</strong> de<strong>di</strong>care molto tempo<br />

alla cucina.<br />

Conclusioni<br />

Al termine del lavoro <strong>di</strong> indagine e <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o sugli ovini si può affermare che l’allevamento ovino<br />

ha buoni margini <strong>di</strong> sviluppo. Però per promuovere il consumo <strong>di</strong> <strong>carne</strong> ovina adulta e <strong>di</strong> frat<strong>tagli</strong>e<br />

bisogna allestire una campagna pubblicitaria che metta in risalto le qualità nutrizionali <strong>di</strong> queste<br />

carni.<br />

61


Istituto <strong>di</strong> Istruzione<br />

Secondaria Superiore<br />

“B. Caramia - F. Gigante”<br />

Locorotondo / Alberobello (Ba)


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Il suino o maiale …. caratteristiche,<br />

tecniche <strong>di</strong> allevamento e utilizzazioni<br />

Autori<br />

D’Aiuto Stefania, D’Arcangelo Tiziana, Laneve Leonardo, Lisi Giada, Pinto Graziana della classe V°A<br />

Liceo Tecnico per le produzioni biologiche e le risorse naturali con il supporto del prof. Ermanno<br />

Pepe docente <strong>di</strong> Tecniche <strong>di</strong> produzione animale e del prof. Ignazio Zara docente <strong>di</strong> Tecniche <strong>di</strong><br />

produzione vegetale.<br />

Introduzione<br />

Nel presente lavoro gli studenti hanno approfon<strong>di</strong>to gli aspetti tecnici relativi all’allevamento dei<br />

suini i cui prodotti vengono poi utilizzati ai fini alimentari, la loro attenzione si è soffermata in particolare<br />

sulla utilizzazione delle parti più povere dell’animale che nella cucina e tra<strong>di</strong>zione locale<br />

rappresentano ormai dei prodotti caratterizzanti per il territorio.<br />

64<br />

Inquadramento sistematico<br />

Famiglia: Ungulati<br />

Or<strong>di</strong>ne: Artiodattili<br />

Genere: Sus<br />

Specie: Sus scrofa<br />

Origine e <strong>di</strong>ffusione<br />

I suini definiti correntemente, maiali domestici, secondo vari autori, deriverebbero dal cinghiale<br />

(Sus ferus) che già 10 milioni <strong>di</strong> anni fa era molto <strong>di</strong>ffuso sia in Europa che in Asia e nord Africa.<br />

Secondo altri autori oltre al cinghiale avrebbero partecipato alla formazione della specie e delle<br />

razze attuali:<br />

- il Sus vittatus dell’Asia meri<strong>di</strong>onale, attualmente esistente in Cina, Indonesia e In<strong>di</strong>a, progenitore<br />

delle razze inglesi Yorkshire e Berkshire, della Poland China america e del’Edelschwenin tedesca;<br />

- il Sus me<strong>di</strong>terraneus derivato da incroci <strong>di</strong> forme selvatiche europee ed asiatiche.<br />

Di sicuro l’origine del maiale è molto antica tanto è vero che sono stati rinvenuti resti nelle palafitte<br />

svizzere risalenti al periodo neolitico.<br />

L’addomesticamento del maiale ed i primi allevamenti si ebbero probabilmente in Mesopotamia,<br />

Iran, Irak. In Iraq nel 3500 a. C. esistevano maiali già addomesticati da tempo, tanto da presentare<br />

notevoli variazioni morfologiche indotte dalla selezione.<br />

Presso gli Egizi, i Greci ed i Romani il “porco” è stato sempre tenuto in gran conto come si evidenzia<br />

dalla letteratura che è piena <strong>di</strong> riferimenti a tal proposito. Nel me<strong>di</strong>oevo, l’allevamento suino<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

brado assunse un ruolo <strong>di</strong> primo piano, perché incrementò il consumo della sua <strong>carne</strong>. Nel basso<br />

me<strong>di</strong>oevo, poi, quando si ebbe una progressiva messa a coltura dei territori agricoli una volta abbandonati,<br />

l’allevamento suino cominciò ad assumere forme stanziali con la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> porcili<br />

permanenti legati all’azienda agraria.<br />

Attualmente, l’allevamento dei suini si è molto <strong>di</strong>ffuso a livello mon<strong>di</strong>ale, in gran parte nel continente<br />

asiatico (Cina soprattutto) e quin<strong>di</strong> nell’Europa e nelle Americhe.<br />

In Europa uno dei primi posti è occupato dalla Russia cui segue nell’UE la Germania, la Francia,<br />

l’Olanda, la Danimarca, l’Italia, l’Inghilterra e il Belgio.<br />

Quanto all’Italia gli allevamenti, <strong>di</strong> una certa consistenza, sono <strong>di</strong>ffusi soprattutto al nord perché<br />

annessi alle industrie <strong>di</strong> trasformazione del latte <strong>di</strong> cui utilizzano i sottoprodotti come il siero <strong>di</strong><br />

latte.<br />

La transumanza ha rivestito un ruolo <strong>di</strong> importanza capitale per la storia territoriale del Taran<br />

Importanza economica della specie<br />

Il suino è una specie <strong>di</strong> facile adattamento all’evolversi del mercato e alle mutate esigenze del consumo,<br />

la sua elevata prolificità ed il rapido susseguirsi delle generazioni rendono questa specie tra<br />

le più malleabili e tra le più idonee a perseguire obiettivi <strong>di</strong> selezione.<br />

Da animale sfruttato prevalentemente per l’abbondanza dei suoi <strong>tagli</strong> a<strong>di</strong>posi, a partire dal dopoguerra,<br />

il maiale fu trasformato in animale dai pregiati <strong>tagli</strong> carnosi. Risultati così rapi<strong>di</strong> e vistosi<br />

furono possibili grazie ai progressi della genetica e delle tecniche <strong>di</strong> alimentazione.<br />

Gli obiettivi che i genetisti si prefissarono furono tre:<br />

• la <strong>di</strong>minuzione dello spessore del lardo della linea dorso lombare;<br />

• l’aumento dei <strong>tagli</strong> carnosi;<br />

• l’elevato accrescimento giornaliero degli animali;<br />

La riduzione dei tessuti a<strong>di</strong>posi, notevolmente più ricchi <strong>di</strong> energia <strong>di</strong> quelli muscolari, unitamente<br />

all’aumento della velocità <strong>di</strong> accrescimento giornaliero hanno consentito <strong>di</strong> riflesso un notevole<br />

risparmio nel consumo degli alimenti da parte dei soggetti posti all’ingrasso.<br />

L’allevamento suino è sempre stato anche a carattere familiare, per sod<strong>di</strong>sfare le esigenze alimentari<br />

casalinghe in fatto <strong>di</strong> carni, salumi e grassi; oppure anche rivolto a sod<strong>di</strong>sfare esigenze del<br />

mercato nel caso <strong>di</strong> allevamenti <strong>di</strong> carattere poderale, legati cioè all’azienda e alle sue <strong>di</strong>sponibilità<br />

<strong>di</strong> ricoveri e <strong>di</strong> approvvigionamento dei mangimi necessari; oppure <strong>di</strong> carattere estensivo, favorito<br />

dalle possibilità <strong>di</strong> pascolo, <strong>di</strong> ghiande e <strong>di</strong> castagne. Oltre a questi semplici sistemi <strong>di</strong> allevamento<br />

all’inizio del 1900 si sono sviluppati quelli industriali.<br />

In Italia, nel recente passato, l’allevamento familiare del suino veniva realizzato da ogni famiglia<br />

che <strong>di</strong>sponesse dello spazio necessario per avere il proprio “porco all’ingrasso”, l’allevamento brado<br />

e semibrado era soprattutto legato alle zone a colture estensive della Toscana, Umbria, Lazio,<br />

del Sud Italia e delle isole, ricche <strong>di</strong> pascoli e <strong>di</strong> ghiande. Nei Poderi si producevano lattonzoli e magroncelli<br />

secondo le richieste degli ingrassatori del Nord e <strong>di</strong> quegli allevamenti <strong>di</strong> tipo industriale<br />

che nati soprattutto a lato dei caseifici, si erano specializzai nell’ingrasso del suino da fornire all’industria<br />

salumiera. Nel tempo gli allevamenti <strong>di</strong> suini si sono sempre più specializzati <strong>di</strong>ventando<br />

allevamenti intensivi con l’introduzione <strong>di</strong> nuove razze ed un alto grado <strong>di</strong> meccanizzazione.<br />

Gli allevamenti intensivi attualmente più <strong>di</strong>ffusi sono quelli a ciclo chiuso, dove si parte dalla riproduzione<br />

per arrivare al suino pronto per la macellazione, ci sono comunque anche allevamenti che<br />

producono lattonzoli e magroncelli in purezza o d’incrocio per l’ingrasso o per la produzione del<br />

suino pesante o leggero.<br />

65


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Denominazione dei suini alle varie età<br />

Lattonzolo= il suinetto maschio o femmina dalla nascita allo svezzamento;<br />

Lattone= il suinetto maschio o femmina dallo svezzamento a 25-35 Kg;<br />

Verretto= maschio destinato alla riproduzione: dalla fase <strong>di</strong> lattone fino alla pubertà e al 1° salto;<br />

Verro= maschio adulto in riproduzione;<br />

Scrofetta= femmina destinata alla riproduzione: dalla fase <strong>di</strong> lattone fino alla pubertà e al 1° salto;<br />

Scofa= femmina in riproduzione dopo il 1° parto;<br />

Magroncello= maschio o femmina dai 25-35 Kg ai 50-60Kg, destinati all’ingrasso;<br />

Magrone= maschio o femmina dai 50-60 Kg ai 90-100 Kg destinati all’ingrasso per la produzione<br />

del suino pesante;<br />

Maiale magro da macelleria = maschio o femmina destinati al macello al peso <strong>di</strong> 100-110 Kg;<br />

Maiale pesante = maschio o femmina destinati al macello al peso <strong>di</strong> 150-185 Kg e anche più generalmente<br />

destinato alla produzione <strong>di</strong> prosciutti;<br />

Le razze allevate<br />

In Italia vengono allevate <strong>di</strong>verse razze, alcune in purezza, altre derivanti da incroci, nelle singole<br />

regioni vengono poi allevate, in numero ridotto, razze locali. La scelta delle razze allevate è dettata<br />

oltre che da motivi economici anche da esigenze legate alla conformazione e composizione<br />

delle carcasse in quanto la loro utilizzazione<br />

può essere orientata alla produzione <strong>di</strong><br />

<strong>carne</strong> da macelleria, per insaccati o per la<br />

produzione <strong>di</strong> prosciutti. Tra le razze più<br />

<strong>di</strong>ffuse a livello nazionale troviamo la Large<br />

White Italiana che è <strong>di</strong> tipo robusto, rustico,<br />

<strong>di</strong> buona <strong>tagli</strong>a, non a<strong>di</strong>poso con scheletro<br />

solido, la Landrace Italiana che è <strong>di</strong> tipo robusto,<br />

longilineo, <strong>di</strong> buona <strong>tagli</strong>a, non a<strong>di</strong>poso<br />

con scheletro solido, la Duroc Italiana<br />

che è <strong>di</strong> buona mole, armonico, tendente<br />

al compatto, la razza Spot Italiana che è <strong>di</strong><br />

tipo a mole me<strong>di</strong>a, armonico, la Hampshire<br />

Italiana che è <strong>di</strong> buona mole, compatto,<br />

armonico, vivace e <strong>di</strong> notevole rusticità, la<br />

Pietrain Italiana che è <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a mole, molto<br />

carnoso, scheletro leggero e solido, la Cinta Senese che è <strong>di</strong> tipo robusto, rustico, <strong>tagli</strong>a me<strong>di</strong>a con<br />

scheletro solido. A queste razze <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione nazionale si affiancano altre razze autoctone locali.<br />

Sono da segnalare a livello regionale la razza Pugliese, la razza Nero dei Monti Dauni meri<strong>di</strong>onali e<br />

la razza Nero <strong>di</strong> Capitanata. Sul nostro territorio provinciale ed interprovinciale non ci sono razze<br />

specifiche ma vengono allevati soggetti delle principali razze italiane o incroci <strong>di</strong> esse. Tra la provincia<br />

<strong>di</strong> Bari e Taranto esistono circa 450 allevamenti con un numero complessivo <strong>di</strong> 8400 capi<br />

circa; capi comprensivi <strong>di</strong> tutte le categorie in allevamento con una me<strong>di</strong>a per allevamento <strong>di</strong> circa<br />

18 capi.<br />

Tipologie <strong>di</strong> allevamenti<br />

La suinicoltura italiana e quella regionale in particolare è caratterizzata da un numero elevatissimo<br />

<strong>di</strong> piccoli allevamenti tra<strong>di</strong>zionali per uso familiare. Le tipologie <strong>di</strong> allevamento sono:<br />

66<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

• l’allevamento a ciclo aperto nel quale vengono allevate scrofe per la produzione <strong>di</strong> lattonzoli<br />

che poi vengono venduti ad altri allevamenti <strong>di</strong> norma a carattere industriale che provvedono<br />

o ad a<strong>di</strong>birli alla riproduzione o all’ingrasso;<br />

• l’allevamento a ciclo chiuso nei quali all’interno dello stesso allevamento sono presenti le<br />

scrofe, lattonzoli e tutte le categorie interme<strong>di</strong>e e finali. L’azienda vende i capi pronti per la<br />

macellazione;<br />

Alcune varianti a queste tipologie anzidette sono:<br />

• l’allevamento dei suini allo stato brado finalizzato a combinare il benessere degli animali con<br />

l’ottenimento <strong>di</strong> prodotti <strong>di</strong> qualità, possibile solo se si ha a <strong>di</strong>sposizione ampie superfici a<br />

basso costo con variazioni termiche non eccessive;<br />

• l’allevamento <strong>di</strong> verri interi nei quali non è prevista la castrazione dei maschi ma la macellazione<br />

avviene prematuramente per evitare che le carni si impregnano del tipico “odore <strong>di</strong> verro”<br />

poco accettabile dal consumatore;<br />

Nel nostro territorio interprovinciale si sta <strong>di</strong>ffondendo un’altra tipologia che è quella della filiera<br />

corta, in pratica è un allevamento a ciclo chiuso in cui i maiali che hanno completato lo sviluppo<br />

vengono macellati, in strutture esterne all’azienda <strong>di</strong> allevamento, ma poi la commercializzazione<br />

avviene nello spaccio aziendale della stessa azienda agrituristica che in parte utilizza questi prodotti<br />

per la ristorazione interna.<br />

Caratteristiche salienti dell’allevamento<br />

L’azienda zootecnica che alleva maiali è dotata <strong>di</strong> strutture <strong>di</strong>verse in funzione della tipologia <strong>di</strong><br />

allevamento, spazi e con<strong>di</strong>zioni ambientali devono ormai rispettare le normative comunitarie<br />

sul benessere animale, negli allevamenti stallini tutti gli spazi, le temperature, i ricambi <strong>di</strong> aria e<br />

l’umi<strong>di</strong>tà. Le modalità <strong>di</strong> asportazione delle deiezioni vengono progettate e realizzate in funzione<br />

della categoria (si tenga presente che<br />

i suinetti appena nati necessitano <strong>di</strong> una<br />

temperatura <strong>di</strong> 22-23°), anche la modalità<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione degli alimenti può essere<br />

<strong>di</strong>versa a seconda della categoria e del tipo<br />

<strong>di</strong> alimenti che si utilizzano. Oggi l’orientamento<br />

è anche quello <strong>di</strong> meccanizzare il<br />

più possibile tutte le operazioni per ridurre<br />

i costi <strong>di</strong> manodopera e <strong>di</strong> produzione in<br />

generale.<br />

Per i suini occorrono alimenti ben <strong>di</strong>geribili,<br />

contenenti poca cellulosa in quanto animali<br />

monogastrici (come l’uomo, tanto che nel<br />

campo della me<strong>di</strong>cina umana sono in atto<br />

sperimentazioni per utilizzare i maiali come<br />

donatori <strong>di</strong> organi per l’uomo).<br />

I suini sono onnivori (come l’uomo mangiano<br />

<strong>di</strong> tutto) e fra gli alimenti più utilizzati<br />

troviamo i cereali, il granturco, l’orzo, e sottoprodotti come crusca e cruschello, ma anche altri<br />

come il siero <strong>di</strong> latte, il latticello e il latte scremato che vengono utilizzati per la preparazione dei<br />

pastoni.<br />

I suini sono anche degli ottimi pascolatori, nel nostro ambiente la presenza <strong>di</strong> boschi <strong>di</strong> querce e<br />

lecci in alcuni perio<strong>di</strong> dell’anno rende possibile l’allevamento brado.<br />

67


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Utilizzazioni<br />

Si <strong>di</strong>ce che “del maiale non si butta niente”, questo è vero in quanto <strong>di</strong> esso si utilizza tutto, dalle<br />

setole alle unghie, la cotica, i vari <strong>tagli</strong>, alcuni <strong>di</strong> essi destinati alla macelleria come: la testa (molto<br />

appetitosa, si prepara lessa completa <strong>di</strong> cotenne e richiede una lunga cottura. Dalla testa si ricava<br />

il guanciale che è molto usato per la pasta all’amatriciana; zampetti, lombata, lingua, reni, cervella<br />

(polmoni, fegato, cuore, milza), corata, co<strong>di</strong>no; <strong>tagli</strong> destinati all’industria salumiera sono tra quelli<br />

magri i prosciutti, coppa, spalla e le rifilature <strong>di</strong> essi, tra quelli grassi il lardo, pancetta, guanciale,<br />

sugna, <strong>carne</strong>tta.<br />

I <strong>tagli</strong> più pregiati vengono commercializzati con facilità ed a prezzi accessibili mentre tra i prodotti<br />

conservati come salumi e prosciutti spuntano prezzi elevati dovuti ai costi per il processo <strong>di</strong> trasformazione,<br />

conservazione-stagionatura e commercializzazione.<br />

Le cosiddette frat<strong>tagli</strong>e rappresentate dal fegato, reni, cuore, lingua, polmoni, fegato, cuore e milza<br />

quando non vengono utilizzate per la produzione <strong>di</strong> farine animali o concimi organici possono<br />

essere valorizzate attraverso la preparazione <strong>di</strong> pietanze tipiche in alcuni ambienti nei quali tra<strong>di</strong>zionalmente<br />

questi prodotti fanno parte a pieno titolo dei ricettari della cucina tipica locale.<br />

Prospettive <strong>di</strong> utilizzo e valorizzazione delle frat<strong>tagli</strong>e<br />

La ricerca <strong>di</strong> prodotti tipici, <strong>di</strong> sapori che connotano i luoghi visitati e la scoperta <strong>di</strong> usi e tra<strong>di</strong>zioni<br />

locali da parte <strong>di</strong> turisti e visitatori delle nostre terre ha fatto recuperare nella memoria storica della<br />

popolazione locale molte ricette e modalità <strong>di</strong> preparazione <strong>di</strong> antiche pietanze come gli involtini<br />

<strong>di</strong> fegato o <strong>di</strong> polmone <strong>di</strong> maiale avvolti da budello <strong>di</strong> agnello o capretto e il sanguinaccio ottenuto<br />

dal sangue del maiale sbattuto e con l’aggiunta <strong>di</strong> noci e spezie da consumare tal quale o insaccato<br />

in budello <strong>di</strong> maiale e poi bollito.<br />

Uno dei più pregiati prodotti che si recuperano dalle frat<strong>tagli</strong>e del maiale è la sugna. La Sugna<br />

(nell’i<strong>di</strong>oma locale: “a Sugn”) rappresenta il grasso interno del maiale che si estrae seguendo un<br />

antico proce<strong>di</strong>mento. Il grasso, fatto a pezzi, viene fatto sciogliere sul fuoco, per ottenere poi un<br />

composto fluido che, una volta filtrato con l’ausilio <strong>di</strong> un sottile velo <strong>di</strong> stoffa in dei contenitori <strong>di</strong><br />

creta chiamati “Salapesch”. In passato la Sugna veniva conservata a temperatura ambiente nella<br />

vescica del suino e poi venduta. Questo grasso è usato prevalentemente per l’impasto <strong>di</strong> dolci e<br />

con<strong>di</strong>mento; esso era utilizzato anche come pomate per me<strong>di</strong>cazioni. “I Frizvu” rappresentavano<br />

pezzi <strong>di</strong> grasso <strong>di</strong> me<strong>di</strong>e <strong>di</strong>mensioni avanzati dalla filtrazione della Sugna, questi erano utilizzati<br />

nell’impasto <strong>di</strong> pane e focacce.<br />

Il Lardo, “ù Lard” è composto dal grasso <strong>di</strong> copertura del maiale, salato, curato e stagionato; questo,<br />

sciolto, viene usato ancora oggi al posto dell’olio, cioè come con<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> sughi, per preparare<br />

focacce, dolci e quanto altro.<br />

Le Budella, ricavate dall’intestino del suino, venivano e vengono ancora oggi utilizzate come contenitore<br />

<strong>di</strong> salumi, salsicce e salami. Le Budella dell’intestino tenue, vengono utilizzate per la preparazione<br />

<strong>di</strong> salumi a pronto uso (30-40 giorni) o per le salsicce fresche.<br />

La Testina in cassetta o Coppa <strong>di</strong> testa viene prodotta dalle “estremità” del maiale: pie<strong>di</strong>, testa, orecchie,<br />

nervetti e lingua. Questi, <strong>tagli</strong>ati a pezzi, vengono bolliti in acqua bollente per circa 3 ore<br />

con<strong>di</strong>ti con sale, alloro e altre erbe aromatiche. Trascorso il tempo <strong>di</strong> cottura, vengono tolti dal<br />

fuoco, messi su un piano, <strong>tagli</strong>ati grossolanamente e farciti con altro sale, pepe, scorze <strong>di</strong> limone e<br />

peperoncino. Una volta raffreddata la Testina in cassetta può essere conservata dai 7 ai 15 giorni.<br />

68<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Bibliografia<br />

Zootecnica applicata SUINI – Dialma Balanini- Calderini Edagricole e<strong>di</strong>z. 2001;<br />

Tecniche <strong>di</strong> produzione animale- G. Bittante, I. Andrighetto, M Ramanzin, - Liviana e<strong>di</strong>z. 2005;<br />

Qualità delle carni <strong>di</strong> suini, cinghiali e ibri<strong>di</strong> – Marsico G, Rasulo A. Pinto F. Melo<strong>di</strong>a L. Matarrese R.;<br />

Elenco dei siti Internet consultati – progetto sulla <strong>carne</strong> suina con il CRSA<br />

www.agraria.org<br />

- Le razze suine e la razza suina Pugliese;<br />

www.ricettepertutti.it/tutto_sulle_frat<strong>tagli</strong>e.asp<br />

- Definizione <strong>di</strong> frat<strong>tagli</strong>e, l’elenco delle frat<strong>tagli</strong>e e alcune ricette a base <strong>di</strong> frat<strong>tagli</strong>e;<br />

www.ricette-calorie.com/valori-nutrizionali/frat<strong>tagli</strong>e-<strong>di</strong>-maiale.php<br />

- I valori nutrizionali e le calorie delle frat<strong>tagli</strong>e <strong>di</strong> suino;<br />

www.ricetteecooking.com/pages/n/calorie_carni_e_frat<strong>tagli</strong>e.html<br />

- Le calorie degli alimenti ;<br />

www.agriwww.it/Zootecnia/Suini/default.asp?animale=suino<br />

- Le malattie più importanti dei suini;<br />

www.inseparabile.com/nuova_pa25.htm<br />

- L’utilizzo dei suini in passato fin dalla domesticazione e per il lavoro;<br />

www.europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l12057.htm<br />

Norme comunitarie <strong>di</strong> protezione dei suini;<br />

Dati e notizie del seminario sugli allevamenti e carni suine tenuto a Locorotondo il 22-04-2009,<br />

con la partecipazione dei responsabili delle associazioni Provinciali Allevatori della Provincia <strong>di</strong><br />

Taranto e Bari;<br />

Foto e immagini a cura degli studenti partecipanti;<br />

69


Istituto Professionale <strong>di</strong> Stato<br />

per l’Industria e l’Artigianato<br />

“A. Agherbino”<br />

Sede associata <strong>di</strong> Noci (Ba)


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Fra <strong>tagli</strong> e frat<strong>tagli</strong>e la riscoperta del<br />

“Quinto quarto”<br />

Autori<br />

Alunni della classe 2 C seguiti dalle professoresse Giulia Tinelli, Maria Matarresse e con la collaborazione<br />

della professoressa Maria Gentile in qualità <strong>di</strong> docente referente.<br />

Riassunto<br />

Frat<strong>tagli</strong>e, ovvero “bassa macelleria” si usava <strong>di</strong>re una volta, sino alla fine dell’Ottocento, quando alcuni<br />

cuochi famosi non le nobilitarono inserendole nei loro ricettari. Relativamente alla loro storia,<br />

alla loro presenza tra i popoli antichi e tra quelli a noi contemporanei, alla loro presenza nella tra<strong>di</strong>zione<br />

culinaria, nei versi e nelle prose e per le curiosità, il valore delle frat<strong>tagli</strong>e conferisce piacere<br />

e convivialità tra gli uomini, nonché riscoperta delle tra<strong>di</strong>zioni e ponte tra le generazioni. Forse un<br />

modo antico <strong>di</strong> mangiare, roba povera e popolare, ma che prende per la gola i veri inten<strong>di</strong>tori delle<br />

cose buone che hanno rivalutato quel concentrato <strong>di</strong> gusto e sapori che sono le frat<strong>tagli</strong>e.<br />

Introduzione<br />

Dopo l’incertezza iniziale è subentrata la curiosità e la proposta ha trovato terreno fertile per consentire<br />

ai ragazzi <strong>di</strong> recuperare attraverso i sapori del passato, una storia e un modo <strong>di</strong> essere che<br />

<strong>di</strong>venta anche modo <strong>di</strong> far cultura. La piacevole e curiosa avventura gastronomica del “quinto<br />

quarto” abbraccia il percorso dell’utilizzo delle frat<strong>tagli</strong>e da parte dell’uomo attraverso le civiltà, le<br />

fasi storiche, i luoghi, gli aspetti <strong>di</strong> costume. Ogni alimento, dal più semplice a quello più articolato,<br />

nasconde la vita e la storia <strong>di</strong> un popolo, custo<strong>di</strong>sce il suo stile <strong>di</strong> vita ed esprime i sentimenti dei<br />

momenti lieti o tristi che egli vive.<br />

Materiali<br />

Materiale multime<strong>di</strong>ale – Laboratori multime<strong>di</strong>ali – Testi letterari – Testi specifici.<br />

Risultati e meto<strong>di</strong><br />

Perfezionamento dei meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> ricerca – confronto – scelta – classificazioni – elaborazioni – realizzazione<br />

– recupero <strong>di</strong> abilità <strong>di</strong> base – affinamento delle capacità operative.<br />

Risultati e <strong>di</strong>scussioni<br />

L’attività svolta ha offerto agli studenti l’opportunità <strong>di</strong> conoscere, apprezzare e gustare i sapori della<br />

nostra tra<strong>di</strong>zione dal gusto ricco e dal grande patrimonio nutrizionale. Dimenticati o “snobbati”<br />

per molto tempo, in perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà niente è meglio del recupero dei punti <strong>di</strong> riferimento.<br />

Ora più che mai è importante che in cucina si abbia intelligenza e attenzione ai det<strong>tagli</strong> che possono<br />

valorizzare anche i prodotti più semplici che con poco possono sfamare e fare piacere.<br />

72<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Bibliografia e fonti: Internet – Libri vari<br />

• Paolo Puddu – Ri<strong>tagli</strong>, Frat<strong>tagli</strong>e e Rigaglie nella storia della gastronomia” – ATESA E<strong>di</strong>trice<br />

• Giuseppe Coria – La <strong>carne</strong> <strong>di</strong> maiale – Cavallotto E<strong>di</strong>zioni<br />

“Quinto quarto”: definizione<br />

“Quinto quarto” è uno strano ossimoro,<br />

intendendo per ossimoro<br />

una figura retorica che consiste<br />

nell’accostamento <strong>di</strong> due termini<br />

<strong>di</strong> significato opposto.<br />

In età imperiale il cosiddetto<br />

“Quinto quarto” era il quarto che<br />

rimaneva della bestia dopo che<br />

erano state vendute ai benestanti<br />

le parti pregiate: i due quarti anteriori<br />

e i due quarti posteriori.<br />

Era quella parte che veniva scartata<br />

dopo la macellazione senza<br />

essere messa in commercio. Per<br />

queste sue caratteristiche <strong>di</strong>venne<br />

nel passato, insieme ad altri<br />

ingre<strong>di</strong>enti “poveri”, la base dei frugali pasti delle famiglie conta<strong>di</strong>ne.<br />

Si tratta, in conclusione, <strong>di</strong> tutto quanto è commestibile delle interiora e degli scarti degli animali,<br />

che in relazione ai quadrupe<strong>di</strong> prendono il nome <strong>di</strong> frat<strong>tagli</strong>e, mentre nei volatili vengono detti<br />

rigaglie.<br />

Origine e significato dei<br />

termini<br />

Il termine frat<strong>tagli</strong>e sta ad in<strong>di</strong>care le<br />

parti meno nobili degli animali quadrupe<strong>di</strong><br />

(trippa, intestini, cuore, animelle,<br />

coratella, fegato, stinchi, guance, testa,<br />

testicoli, coda, mammelle, cotenna, zampette,<br />

grifi e sangue) e deriva dal latino<br />

fractus, participio passato del verbo frangere<br />

con l’aggiunta del suffisso “aglia”.<br />

Le rigaglie o regaglie sono le interiora<br />

<strong>di</strong> pollo, <strong>di</strong> piccione o <strong>di</strong> altro volatile selvatico<br />

e da cortile: fegatino, cuore, cresta,<br />

bargigli, uova non nate e stomaco (chiamato<br />

anche cipolla, ventriglio o durello)<br />

e fagioli (testicoli) dei galli.<br />

Anche la parola regaglie deriva dal latino<br />

“regalia” che significa cosa degna <strong>di</strong> un<br />

re.<br />

73


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Un pò <strong>di</strong> storia: Il quinto quarto nel tempo<br />

L’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> cibarsi <strong>di</strong> frat<strong>tagli</strong>e deriva ad<strong>di</strong>rittura da antichissimi rituali antropofagici ed ha origini<br />

che si perdono nella notte dei tempi. Già dalla preistoria mangiare una determinata parte del<br />

corpo umano (cuore, fegato, grasso dei reni, ecc.), consentiva <strong>di</strong> appropriarsi delle virtù dell’estinto.<br />

In seguito, la sostituzione con frat<strong>tagli</strong>e <strong>di</strong> animali <strong>di</strong>venne <strong>di</strong> uso più generale.<br />

I Babilonesi amavano molto i bolliti <strong>di</strong> <strong>carne</strong>. Tra i pochi documenti a questo proposito vi sono<br />

alcune tavolette scritte in acca<strong>di</strong>co e risalenti al 1700 a.C. che riportano numerose ricette per<br />

la preparazione dei bolliti. Eccone una:<br />

Bollito rosso. Si prepara l’acqua e vi si aggiunge del grasso. Si mettono a bollire cuore, fegato,<br />

trippa e ventre. Sale, malto a granelli, cipolla, porro, samidu, cumino, coriandolo e surunno (= erbe<br />

aromatiche) pestati insieme. Prima <strong>di</strong> essere messa sul fuoco (in un recipiente in ceramica) la <strong>carne</strong><br />

sarà stata macerata nel sangue messo da parte.<br />

Gli antichi Egizi invece erano ghiotti <strong>di</strong> bistecche <strong>di</strong> manzo, ma soprattutto <strong>di</strong> frat<strong>tagli</strong>e, come milza<br />

e fegato, cura magica per la cecità notturna.<br />

Anche nella civiltà greca, quando si macellava un animale, si utilizzavano tutte le parti: cervello,<br />

frat<strong>tagli</strong>e, trippe, zampe, lingua e i sanguinacci (ne era attribuita la creazione al cuoco Aftonita).<br />

Ma la preferenza per le frat<strong>tagli</strong>e rispetto ai pezzi <strong>di</strong> <strong>carne</strong> scelta risale alla civiltà etrusca.<br />

Esistono testimonianze sull’uso delle frat<strong>tagli</strong>e da parte degli Etruschi che pre<strong>di</strong>ligevano il cuore <strong>di</strong><br />

vitello ed il fegato d’oca ingrassata con i fichi, tramandato poi ai Romani vincitori.<br />

Le composizioni <strong>di</strong> Orazio e <strong>di</strong> Virgilio ci aiutano nella ricerca dei cibi.<br />

Nella seconda Satira Orazio descrive un banchetto ricco <strong>di</strong> elementi etruschi “Ecco avanza Nasi<strong>di</strong>eno<br />

e <strong>di</strong>etro a lui valletti che portano su un gran piatto pezzi <strong>di</strong> gru cosparsi <strong>di</strong> sale e molto farro, e<br />

il fegato <strong>di</strong> un’oca bianca ingrassata con fichi succosi, e i soli quarti davanti <strong>di</strong> lepri, assai delicati a<br />

mangiarsi che non i quarti <strong>di</strong> <strong>di</strong>etro. Poi ci vennero imban<strong>di</strong>ti merli col petto rosolato allo spiedo e<br />

colombi senza i quarti <strong>di</strong> <strong>di</strong>etro: tutti cibi squisitissimi.”<br />

Famoso è il ricettario del gastronomo della romanità Marco Gaio Apicio nel quale sono presenti<br />

ricette stravaganti <strong>di</strong> frat<strong>tagli</strong>e, ecc.<br />

Le frat<strong>tagli</strong>e etrusco-romane sono sopravvissute nella cucina me<strong>di</strong>oevale e rinascimentale e tramandate<br />

con ricette gustose e robuste fino alla gastronomia moderna <strong>di</strong> Escoffier e <strong>di</strong> Artusi.<br />

Nel Me<strong>di</strong>oevo si usava molto la <strong>carne</strong> <strong>di</strong> maiale, che si prestava meglio alla salagione per una migliore<br />

conservazione. Del maiale non si buttava niente, neanche le setole che servivano per fare<br />

spazzole.<br />

Nel Rinascimento, come anche nell’età barocca, si può notare una vera e propria passione per<br />

le frat<strong>tagli</strong>e e le interiora degli animali da macello e dei volatili. Non sono <strong>di</strong>sdegnate le teste,<br />

specialmente <strong>di</strong> vitello, manzo e capretto, delle quali viene utilizzato proprio tutto: lingua,<br />

muso, cervello, guance, orecchie, palato e perfino gli occhi.<br />

Caterina de’ Me<strong>di</strong>ci, spinta dal gusto della buona tavola, finì per portare in Francia, anche l’uso<br />

delle rigaglie e delle frat<strong>tagli</strong>e <strong>di</strong> cui era ghiotta.<br />

Il declino della cucina rinascimentale e barocca è segnato dal tramonto delle gran<strong>di</strong> cacce, <strong>di</strong> tutto<br />

ciò che esprime movimento, forza, energia, vigore. Riformare la cucina è il motto <strong>di</strong> Pietro Verri<br />

e del suo gruppo. Questi intellettuali vogliono liberarsi dal “grossolano nodrimento” del passato,<br />

dalla cucina delle generazioni feudali “assoporativa e dormitiva”.<br />

Nel manifesto riformatore <strong>di</strong> Verri, vengono ban<strong>di</strong>te le carni viscide e pesanti. Vittime illustri del<br />

nuovo gusto sono poi le frat<strong>tagli</strong>e, amatissime nell’età precedente. Le sperimentazioni barocche<br />

a base <strong>di</strong> gran fritture <strong>di</strong> cervelli e interiora varie vengono definite “barbarie” e censurate senza<br />

74<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

pietà.<br />

Nell’Ottocento assistiamo al la nascita <strong>di</strong> una terza cucina, oltre all’aristocratica e alla popolare: la<br />

cucina del ceto me<strong>di</strong>o. È la cucina borghese, semplice e popolare, meno raffinata <strong>di</strong> quella aristocratica,<br />

ma capace <strong>di</strong> abbuffate colossali tra arrosti, salumi e fritti <strong>di</strong> ogni genere.<br />

Nel Novecento, intorno agli anni ’60, il tempo sempre più limitato per cucinare fa sostituire i piatti<br />

<strong>di</strong> lunga preparazione tipo polenta, legumi, frat<strong>tagli</strong>e, con fettine <strong>di</strong> bovino e petti <strong>di</strong> pollo da cucinare<br />

velocemente ai ferri. Dal canto suo anche l’e<strong>di</strong>toria culinaria ha seguito questo fenomeno<br />

proponendo ricettari facili e semplici e per la prima volta anche con un occhio sempre più attento<br />

all’aspetto calorico e <strong>di</strong>etetico, ne è l’esempio “il Cucchiaio d’Argento”.<br />

Nel 2000: la rivincita del quinto quarto<br />

Dalla lingua <strong>di</strong> vitello salmistrata <strong>di</strong> Enrico Bartolini alle Robinie, alle animelle <strong>di</strong> Niko Romito, dal<br />

rognone <strong>di</strong> Massimiliano Alajmo, alla coda alla vaccinara <strong>di</strong> Adriano Baldassarre. È il momento<br />

della grande ri-valutazione dei prodotti poveri, dei <strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong> abbandonati e dei pesci minori.<br />

Al ristorante come a casa. Ricominciando dalla spesa […].<br />

Già nei menu dei gran<strong>di</strong> ristoranti, c’è la firma <strong>di</strong> una rivincita: del quinto quarto, delle frat<strong>tagli</strong>e,<br />

del pesce povero. Dei <strong>tagli</strong> <strong>di</strong>menticati nelle cucine <strong>di</strong> tutti i giorni, spariti a un certo punto<br />

dalle riviste gourmet, cancellati da troppi chef presi dalla corsa all’innovazione.<br />

Oggi, eccoli, desiderati dai clienti, osannati dai maître à penser della gastronomia. Un po’ perché la<br />

crisi spinge a cercare ciò che costa meno, un po’ perché in tempi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà niente è meglio del<br />

recupero dei punti <strong>di</strong> riferimento. E allora quei piatti – che qualche ristoratore grande e piccolo<br />

ostinatamente non ha mai smesso <strong>di</strong> fare e oggi può <strong>di</strong>rlo con enfasi – ora sono l’arca del gusto<br />

consolatoria e rassicurante. […]<br />

Piatti, insomma, che hanno quasi rischiato <strong>di</strong> scomparire e che adesso si ha più desiderio non solo<br />

<strong>di</strong> mangiare ma anche <strong>di</strong> cucinare. “L’importante è saper scegliere materia <strong>di</strong> qualità – <strong>di</strong>ce Fulvio<br />

Pierangelini – poi avere voglia e trovare il tempo. Chi cucina a casa vuole riscoprire la gioia <strong>di</strong><br />

piatti conviviali, che aggregano le persone intorno alla tavola. […]. Ma anche ritrovarne il carico <strong>di</strong><br />

memoria, quel parlare <strong>di</strong> una cucina piena <strong>di</strong> fantasia <strong>di</strong> chi con poco doveva sfamare e far piacere.<br />

Non a caso molti degli chef che li servono li legano a ricor<strong>di</strong> profon<strong>di</strong>.<br />

Come Rocco Iannone, del Pappacarbone a Cava de’ Tirreni, con la pezzentella, un insaccato <strong>di</strong><br />

umili origini tipico dell’entroterra campano. “Si faceva (e si fa) a gennaio quando si ammazza<br />

il maiale. Si usano - con la <strong>carne</strong> - gli scarti <strong>di</strong> maiale, cuore, fegato, polmone, pie<strong>di</strong>no e viene<br />

leggermente affumicata al fuoco del camino. Era il pezzo forte del ragù napoletano. […].<br />

Niko Romito del Reale <strong>di</strong> Rivisondoli, in carta ha un antipasto <strong>di</strong> animelle croccanti con carciofi,<br />

ispirato alle animelle che mangiava con il nonno.<br />

Per Enrico Bartolini il piatto della memoria è il ragù <strong>di</strong> cibreo con creste, fegatini e duroni <strong>di</strong> pollo,<br />

che era un con<strong>di</strong>mento per la pasta. Adesso nel suo ristorante ci con<strong>di</strong>sce dei particolari grissini a<br />

lievitazione naturale, bolliti come pasta. […]<br />

Dai ristoranti alle tavole <strong>di</strong> casa, dunque il momento del gran ritorno. Perché, come sostiene anche<br />

Carlo Petrini, anima <strong>di</strong> Slow Food, per mangiare bene non occorrono molti sol<strong>di</strong>. Ma serve forse<br />

un lusso maggiore: un po’ <strong>di</strong> tempo per fare la spesa giusta e la voglia <strong>di</strong> de<strong>di</strong>care attenzione alla<br />

materia prima <strong>di</strong> qualità.<br />

(09 marzo 2009 da De Gustibus L’Espresso)<br />

La Murgia e le frat<strong>tagli</strong>e nell’enogastronomia Murgiana<br />

La cucina della Murgia e della regione Puglia in generale affonda le ra<strong>di</strong>ci nell’antico mondo greco<br />

e latino. Nonostante le <strong>di</strong>verse dominazioni, gli abitanti <strong>di</strong> questa terra con secolare fatica hanno<br />

75


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

saputo fare dell’agricoltura e dell’allevamento la maggior fonte della loro economia e i suoi prodotti<br />

più veri ne trasmettono lo spirito semplice e forte: la tavola perciò non può che essere ricca<br />

<strong>di</strong> sapori, <strong>di</strong> ingre<strong>di</strong>enti, <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zioni legate a queste fatiche che non hanno mai consentito <strong>di</strong> accogliere<br />

portate provenienti dalla cucina dei potenti e <strong>di</strong> altri paesi. I car<strong>di</strong>ni della cucina murgiana<br />

sono rappresentati da prodotti della terra e dell’allevamento, quin<strong>di</strong> anche la <strong>carne</strong> ne è un elemento<br />

fondamentale; in realtà come in tutto il sud l’uso della <strong>carne</strong> bovina è relativamente scarso<br />

e ciò affonda le ra<strong>di</strong>ci in usanze e necessità antiche dei conta<strong>di</strong>ni murgiani: i bovini, infatti, erano<br />

troppo preziosi come animali da lavoro così come il cavallo veniva macellato solo se si azzoppava,<br />

<strong>di</strong>venendo inutilizzabile per il trasporto. Di maggiore impiego invece risultavano e lo sono ancora<br />

la selvaggina, i volatili, il maiale, il coniglio selvatico, e soprattutto la <strong>carne</strong> ovina <strong>di</strong> cui la Murgia era<br />

ed è particolarmente ricca date le sue caratteristiche territoriali e la pratica della transumanza, grazie<br />

alla quale numerose greggi venivano a svernare sulle pianure e alture pugliesi; in realtà carni e<br />

preparazioni a base <strong>di</strong> questo prezioso alimento in tempi passati non facevano parte dell’alimentazione<br />

delle classi meno abbienti: si mangiava <strong>carne</strong> solo nei giorni <strong>di</strong> festa e, delle bestie nulla<br />

si sprecava e questo portò a utilizzare anche le parti meno nobili le cosiddette frat<strong>tagli</strong>e, facenti<br />

parte del cosiddetto quinto quarto che abbondano in molti dei piatti tipici dell’enogastronomia<br />

murgiana.<br />

Piatto <strong>di</strong> origine remota e ormai rarissimo è la «quagghiaridde», ventricina <strong>di</strong> montone ripiena<br />

<strong>di</strong> frat<strong>tagli</strong>e <strong>tagli</strong>uzzate e unite a scamorza, uova, salame. Si cuoce in forno e si serve con rucola<br />

lessata.<br />

Ancora da ricordare è il «marro», piatto costituito da frat<strong>tagli</strong>e <strong>di</strong> agnello e interiora ridotti in pezzi,<br />

che sono lavati e immersi in acqua e aceto per farli ammorbi<strong>di</strong>re; quin<strong>di</strong> sono asciugate e <strong>di</strong>sposte<br />

sulla coratella <strong>di</strong> agnello, mescolate a sale, prezzemolo e pepe nero; il tutto è arrotolato a forma <strong>di</strong><br />

salsicciotto e legato con budella <strong>di</strong> ovino; il preparato è cotto al forno a fuoco lento.<br />

Un’origine altrettanto antica hanno i «Gnemeridde» o torcinelli che rappresentano la versione italica<br />

<strong>di</strong> un piatto dell’antica Grecia che si riscontra nell’attuale patrimonio culinario della cucina<br />

greca con il nome <strong>di</strong> “kokoresti”: è un piatto costituito da fegatini e interiora <strong>di</strong> agnello <strong>tagli</strong>ate a<br />

striscette avvolte nella coratella e strette a gomitolo in intestini <strong>di</strong> agnello, donde il nome, che si<br />

fanno rosolare con aromi e pecorino.<br />

Quinto quarto in versi…<br />

76<br />

Marziale e la mensa golosa dove<br />

si offrono tettine <strong>di</strong> scrofa<br />

Tu cre<strong>di</strong> che abbia in cuore<br />

un’amicizia fedele<br />

costui che la tua mensa e le tue cene<br />

t’han reso amico?<br />

Il cinghiale, le triglie, le tettine<br />

<strong>di</strong> scrofa e le ostriche egli ama,<br />

non certamente te.<br />

Se la mia mensa fosse ben guarnita<br />

<strong>di</strong>venterebbe anche amico mio.<br />

Da: Epigrammi<br />

Quarti <strong>di</strong> bue penzolano dai ganci<br />

cotenna biancastra<br />

solcata da timbri viola,<br />

polpa rossa,<br />

spesse nervature,<br />

i malleoli striati <strong>di</strong> sangue secco,<br />

nel cortile in un grosso mastello <strong>di</strong> zinco<br />

il quinto quarto<br />

e su tutto odore <strong>di</strong> morte<br />

Anonimo<br />

… e in prosa<br />

“In un villaggio della Mancia, del cui nome non voglio ricordarmi, non molto<br />

tempo fa viveva un gentiluomo <strong>di</strong> quelli con la lancia nella rastrelliera,<br />

scudo antico, ronzino magro e levriero da seguito. In pentola poco più <strong>di</strong><br />

vacca che <strong>di</strong> castrato, <strong>carne</strong> rifredda piccante il più delle sere, frittata col<br />

lardo e rigaglie il sabato, lenticchie il venerdì, qualche piccioncino in più<br />

la domenica, consumavano i tre quarti della sua ren<strong>di</strong>ta…”: così comincia<br />

il celeberrimo capolavoro <strong>di</strong> Miguel de Cervantes y Saavedra, Don<br />

Chisciotte della Mancia, dove l’autore elenca i cibi che in quell’epoca<br />

– fine Cinquecento – poteva consumare un hidalgo mancego….<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Una grande opera che apre il Novecento, l’Ulisse <strong>di</strong> Joyce, inizia illustrando<br />

i gusti del protagonista Leopold Bloom: “Mr. Bloom mangiava con gran<br />

gusto le interiora <strong>di</strong> animali e volatili. Gli piacevano la spessa minestra <strong>di</strong><br />

rigaglie, i gozzi piccanti, un cuore ripieno <strong>di</strong> arrosto, fette <strong>di</strong> fegato impanato<br />

e fritte, uova <strong>di</strong> merluzzo fritte. Gli piacevano più <strong>di</strong> tutto i rognoni <strong>di</strong> castrato alla griglia che gli lasciavano<br />

nel palato un sottile gusto <strong>di</strong> urina leggermente aromatica”.<br />

«Su quel fuoco cuoceva, con le scarse risorse del paese, dei piatti saporiti... Le teste delle capre le preparava<br />

‘a reganate’... Delle budella faceva i gnemurielli... Nella cucina più misteriosa dei filtri, Giulia era<br />

maestra...» (Cristo si è fermato a Eboli - Carlo Levi).<br />

Curiosità<br />

La passione che gli Etruschi avevano per il fegato e le frat<strong>tagli</strong>e (rigaglie se riferite a volatili o affini)<br />

è comune con molte società.<br />

Tra tutte le arti, la tra<strong>di</strong>zione e le usanze, la gastronomia etrusca è la più ra<strong>di</strong>cata nelle popolazioni<br />

d’Italia. La nostra usanza <strong>di</strong> con<strong>di</strong>re con l’olio <strong>di</strong> frantoio le verdure precedentemente lessate, <strong>di</strong><br />

arrostire sul fuoco, alla graticola o allo spiedo, le carni ovine o bovine, la preferenza <strong>di</strong> alcune tra<strong>di</strong>zioni<br />

locali, rievocate dalle sagre, <strong>di</strong> cuocere in un determinato modo le frat<strong>tagli</strong>e, preferendole ad<br />

alcuni pezzi <strong>di</strong> <strong>carne</strong> scelta, risale agli albori della civiltà.<br />

Mangiare organi genitali d’animali era secondo i dettami religiosi pagani l’espe<strong>di</strong>ente più sicuro<br />

per accrescere potenza virile e fertilità.<br />

Un vecchio racconto Irlandese narra con dovizia <strong>di</strong> particolari l’amore <strong>di</strong> un re per “grasso, rognoni<br />

e tenera trippa”, rivelando che il tributo da offrire a una dama <strong>di</strong> corte consisteva in animelle e cuori<br />

<strong>di</strong> maiale.<br />

Nella Parigi del ‘600 le interiora erano molto più apprezzate delle bistecche, e anche più costose.<br />

I francesi le chiamavano “parties nobles”, e ogni cacciatore aveva con se un set cerimoniale <strong>di</strong> coltelli<br />

per rimuoverle e metterle alla griglia con un piccolo rituale, per poi offrirle al potente <strong>di</strong> turno<br />

in onore del suo coraggio. E’ probabilmente per questa abitu<strong>di</strong>ne, se ancora oggi <strong>di</strong>ciamo <strong>di</strong> un<br />

uomo intrepido che ha “fegato”.<br />

Anche gli scozzesi venerano le frat<strong>tagli</strong>e e un loro piatto nazionale, chiamato “haggis”, fatto d’interiora<br />

<strong>di</strong> pecora avvolte nel suo stomaco, viene mangiato durante una fastosa cerimonia accompagnata<br />

da cornamuse.<br />

La festività turca “del Giorno del Sacrificio” (Kurban Bayrami) culmina con la <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> un<br />

piatto stufato <strong>di</strong> trippa chiamato “iskembe carbosi”.<br />

77


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Ad<strong>di</strong>rittura gli abitanti dell’isola <strong>di</strong> Tonga ritenevano che il fegato fosse il boccone più prelibato <strong>di</strong><br />

un pranzo, perché era lì che risiedeva il coraggio <strong>di</strong> un’animale, e per questo lo offrivano al capo.<br />

Il gusto del proibito!: Nel III secolo a.C. la vita degli antichi romani è molto austera. Macellare un<br />

bue è proibito, si viene puniti con la confisca dei beni e l’esilio, fino ad arrivare alla pena capitale.<br />

Le galline non si toccano perché danno uova e pulcini, i maiali si uccidono solo per le feste, come<br />

i capretti o gli agnelli. Dunque le interiora sono un piatto prelibato, anche perché proibito. E<br />

pare che per un piatto <strong>di</strong> trippa un ricco possidente sia stato spogliato <strong>di</strong> tutti i suoi beni, proprio<br />

per aver contravvenuto alla norma sulla macellazione.<br />

La cucina romana dell’età imperiale mostrò una singolare e quasi morbosa attrazione per il raro,<br />

l’esotico e lo stravagante: l’imperatore Vitellio (narra Svetonio) arrivò a spendere 25.000 scu<strong>di</strong> per<br />

un piatto a base <strong>di</strong> fegati <strong>di</strong> scaro, lattigini <strong>di</strong> murena, cervella <strong>di</strong> fagiano e <strong>di</strong> pavone e lingue <strong>di</strong><br />

fenicottero.<br />

Il “servo della gleba” (molto più esperto del suo signore in fatto <strong>di</strong> conoscenza d’animali vivi e<br />

morti) si narra portasse al castello gli animali allevati, <strong>tagli</strong>ati in “quarti” se si trattava, ad esempio,<br />

<strong>di</strong> buoi o maiali, <strong>di</strong>chiarando <strong>di</strong> tenere per sé le ripugnanti zampette e i “rimasugli” della macellazione.<br />

Da quei “rimasugli” il villico me<strong>di</strong>evale tirò fuori l’invenzione del saporito zampone <strong>di</strong> maiale,<br />

poi del prosciutto (affumicato o no) e poi, usando le interiora (aborrite in casa signorile), produsse<br />

l’infinita varietà degli insaccati.<br />

Il nome “salame”, quando si venne a sapere dai reduci pellegrini o crociati che i musulmani aborrivano<br />

la <strong>carne</strong> suina, venne dato a quel prodotto insaccato come per sberleffo verso gli “infedeli”,<br />

captando il saluto arabo “salam” (cioè ‘pace’). Il ché era pure una maliziosa allusione al signorotto<br />

che si privava <strong>di</strong> quei “rimasugli” <strong>di</strong> porco lasciati ai suoi villici, prendendosi su <strong>di</strong> lui la rivincita da<br />

buongustai.<br />

Torta <strong>di</strong> frat<strong>tagli</strong>e per il Re Manfre<strong>di</strong>: è nata dopo la bat<strong>tagli</strong>a <strong>di</strong> Montaperti nel 1260. La torta era<br />

composta <strong>di</strong> frat<strong>tagli</strong>e <strong>di</strong> pollo, cotte al forno su una base <strong>di</strong> pasta classica.<br />

Nel banchetto romano della fine del ‘400 offerto da Ascanio Sforza al Principe <strong>di</strong> Capua, nel primo<br />

servizio compare un pasticcio <strong>di</strong> animelle, che precede le innumerevoli portate <strong>di</strong> arrosti e bolliti. Il<br />

gusto delle frat<strong>tagli</strong>e è documentato dalle ricette del Maestro Martino o dell’allievo <strong>di</strong> Bartolomeo<br />

Scacchi, cuoco personale e segreto <strong>di</strong> Pio V o da quelle <strong>di</strong> Cristoforo <strong>di</strong> Messisbugo, cuoco della<br />

casa estense <strong>di</strong> Ferrara.<br />

Dopo la scoperta dell’America, quando tra il 1540 e il 1542 Francisco de Coronado guidò la sua spe<strong>di</strong>zione<br />

esplorativa, gli spagnoli incontrarono tribù <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ani, per i quali il bisonte era la principale<br />

fonte <strong>di</strong> sostentamento. Di questo animale si utilizzava tutto: i pezzi preferiti per l’alimentazione<br />

erano la lingua, il fegato mangiato caldo le cotolette. Mangiavano anche il grasso sotto il muso, la<br />

gobba, il cuore ed il midollo delle ossa, mentre l’intestino era utilizzato per fare gli insaccati. Il resto<br />

veniva lasciato asciugare al sole per qualche giorno, ridotto in polvere e conservato per i momenti<br />

meno prosperi. Con le ossa dell’animale si fabbricavano coltelli, utensili vari e punte <strong>di</strong> frecce, con<br />

il crine le donne intrecciavano corde, mentre i ten<strong>di</strong>ni venivano utilizzati come filo per cucire. Con<br />

le corna si fabbricavano cucchiai e piccoli recipienti mentre la pelle, lavorata e <strong>di</strong>venuta morbida<br />

e leggera, era utilizzata per confezionare capi <strong>di</strong> vestiario, mocassini e sacche ornate con <strong>di</strong>segni<br />

geometrici rossi e neri.<br />

Caterina dei Me<strong>di</strong>ci, buongustaia e grande bevitrice, nell’aprile 1549, in occasione del suo trentesimo<br />

compleanno, rischiò ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> morire per un’in<strong>di</strong>gestione <strong>di</strong> interiora <strong>di</strong> pollo, una<br />

famosa ricetta fiorentina conosciuta come “cibreo”.<br />

78<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Fegato e foie gras: Ricco <strong>di</strong> ferro e utile per combattere l’anemia, il fegato è un ingre<strong>di</strong>ente largamente<br />

usato in cucina. Anticamente si pensava fosse una delle se<strong>di</strong> dell’anima e si poteva<br />

esaminare il fegato degli animali uccisi per trarne in<strong>di</strong>cazioni sul futuro.<br />

Ad avere raggiunto la notorietà internazionale, con il loro foie gras, sono stati i francesi.<br />

Già i romani descritti da Apicio, non più frugali come una volta, ingrassano oche e anatre con i<br />

fichi secchi, per mangiarne poi il fegato caldo con l’uva (ficatum), ma è nel ‘700 che i francesi<br />

ne perfezionano la preparazione, specie nelle regioni del Sud Ovest e in Alsazia. In Italia il fegato<br />

d’oca al marsala è noto in Lomellina, nella pianura padana, grazie all’ere<strong>di</strong>tà dell’inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong><br />

una comunità ebraica, dove non si poteva mangiare maiale.<br />

Le origini del fegato alla veneziana, chiamato in veneto figà àea Venessiana, risalgono ad<strong>di</strong>rittura<br />

al tempo dei Romani che usavano cucinare il fegato insieme ai fichi per coprirne l’odore un po’<br />

forte. I Veneziani col passare del tempo sostituirono i fichi con le cipolle e fecero <strong>di</strong>ventare questa<br />

ricetta una delle più apprezzate della cucina Veneta.<br />

Nella Grande Abbuffata, l’ultima cena <strong>di</strong> Ugo Tognazzi è a base <strong>di</strong> pâté de canard, altra gloria francese<br />

al pari del fegato grasso. L’attore ha raccontato in un libro <strong>di</strong> cucina: “nella finzione cinematografica<br />

muoio inghiottendo l’ultima cucchiaiata <strong>di</strong> questo paté, nella realtà ho tentato tre volte il suici<strong>di</strong>o<br />

per non essere riuscito a confezionarlo.”<br />

79


Istituto Tecnico<br />

Commerciale Statale<br />

“Sandro Pertini”<br />

Turi (Ba)


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Gli animali da cortile<br />

Autori<br />

Giovanna Chiafele, Chiara Giotta, Angela D’Ambrosio, Rosalia Lozito, Roberta Cacciopoli della 4°A<br />

in<strong>di</strong>rizzo ERICA, prof.sse Liliana Zita e Maria Compagnone.<br />

Premessa<br />

L’iniziativa “Alla scoperta delle nostre origini”, quest’anno denominata ”<strong>Det</strong>…<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> carni”, si è posta<br />

l’obiettivo <strong>di</strong> promuovere il recupero e il consumo delle carni povere (animali a fine carriere o<br />

incidentati, <strong>tagli</strong> con scarso valore,ecc.).<br />

Carni povere…ormai introvabili nei punti ven<strong>di</strong>ta, travolte dalle trasformazioni socio-economiche<br />

e dalle nuove abitu<strong>di</strong>ni alimentari che privilegiano i <strong>tagli</strong> più pregiati forniti dalla macellazione<br />

controllata dei moderni gran<strong>di</strong> allevamenti. In passato, invece queste carni, provenienti spesso<br />

dal gregge o dalla mandria familiare o ancora dai massari costretti a <strong>di</strong>sfarsene, e vendute non<br />

nelle macellerie tra<strong>di</strong>zionali ma nei mercati pubblici annunciate dalla voce squillante del ban<strong>di</strong>tore,<br />

venivano trasformate in piatti gustosi, consumati prevalentemente in occasione <strong>di</strong> festività<br />

religiose o per particolari avvenimenti familiari che spesso rappresentavano l’unica occasione per<br />

il consumo <strong>di</strong> <strong>carne</strong>.<br />

Il lavoro <strong>di</strong> ricerca ci ha consentito <strong>di</strong> confrontare lo stile <strong>di</strong> vita e il sistema economico dei nostri avi<br />

con il nostro, e valutare come i consumi alimentari siano mutati nel corso del tempo: prodotti che<br />

oggi compaiono regolarmente e con abbondanza sulle nostre tavole, erano sconosciuti spesso ai<br />

nostri nonni, come noi non conosciamo molti piatti che per loro erano usuali e prelibati.<br />

Oggi l’espressione “Carni povere” viene comunemente usata come sinonimo <strong>di</strong> “Carni alternative”,<br />

con riferimento alle carni bianche (polli, conigli, selvaggina, ecc.), per questo ne abbiamo fatto<br />

oggetto della nostra ricerca. L’espressione “animali da cortile” si riferisce al fatto che questi animali<br />

erano allevati nei cortili e nelle aie delle case coloniche e delle masserie, ed era facile vedere<br />

razzolare le galline nelle viuzze dei borghi, tra il vociare festoso dei bambini, alloggiate nelle stie<br />

collocate nei pressi delle abitazioni e accuratamente riparate in casa per la notte. Il nostro lavoro<br />

vuole recuperare queste immagini nella consapevolezza che sulla conoscenza delle proprie ra<strong>di</strong>ci<br />

poggia il nostro futuro.<br />

Queste motivazioni e l’osservazione che il consumo delle carni bianche, negli ultimi decenni, è<br />

notevolmente aumentato- anche per il loro costo più accessibile – ci ha spinto ad approfon<strong>di</strong>re la<br />

conoscenza dei caratteri organolettici, economici e socio-culturali <strong>di</strong> tali carni. Un’ulteriore motivazione<br />

deriva dalla notevole riduzione della pratica dell’allevamento bovino sul nostro territorio,<br />

già tra<strong>di</strong>zionalmente poco vocato a tale attività per cui gli animali da cortile possono costituire un<br />

fattore economico <strong>di</strong> notevole rilevanza.<br />

Un consumo in sintonia con i nuovi stili <strong>di</strong> vita…<br />

I prodotti avicoli sono molto <strong>di</strong>versificati; è possibile, infatti, utilizzare sia cosce e petti sia pollo o<br />

tacchino interi, aumentando così la variabilità dei pasti e la possibilità <strong>di</strong> preparazioni che sod<strong>di</strong>sfino<br />

tanto il gusto quanto l’aspetto edonistico dell’alimentazione. Le carni bianche presentano una<br />

particolare caratteristica che le rende gra<strong>di</strong>te ad ogni età: la tenerezza. Infatti, le fibre muscolari<br />

che le costituiscono sono più corte rispetto a quelle <strong>di</strong> altri animali e contengono minor quantità<br />

<strong>di</strong> collagene. La tenerezza contribuisce alla succosità ed alla facilità <strong>di</strong> masticazione <strong>di</strong> queste carni<br />

che risultano, quin<strong>di</strong>, più <strong>di</strong>geribili e adatte all’alimentazione <strong>di</strong> tutti.<br />

Adatte, pertanto ai bambini - soprattutto quelli un po’ svogliati a tavola e inappetenti: una coscia<br />

82<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

<strong>di</strong> pollo, da mangiare con le mani, apporta proteine, ferro, vitamine e minerali necessari per la crescita.<br />

Per la peculiare tenerezza e per la buona <strong>di</strong>geribilità, le carni bianche sono adatte anche agli<br />

anziani, che hanno problemi <strong>di</strong> masticazione e spesso per questa ragione eliminano la <strong>carne</strong> dalla<br />

propria alimentazione, andando così incontro a carenze soprattutto <strong>di</strong> micronutrienti. Negli ultimi<br />

anni, le abitu<strong>di</strong>ni alimentari degli italiani hanno subito mo<strong>di</strong>fiche determinate da cambiamenti<br />

degli orari <strong>di</strong> lavoro, che portano al consumo <strong>di</strong> frettolosi pasti fuori casa. La conseguenza è un’alimentazione<br />

squilibrata, spesso ricca in grassi e poco <strong>di</strong>geribile con pasti serali troppo abbondanti.<br />

Il consumo <strong>di</strong> carni bianche potrebbe essere ideale, per la loro morbidezza, nella preparazione <strong>di</strong><br />

un panino o <strong>di</strong> un’insalata per ottenere un miglior senso <strong>di</strong> sazietà, senza alterare i principi della<br />

corretta alimentazione. Tutto ciò rende questo tipo <strong>di</strong> carni adatto per gli atleti ma anche per coloro<br />

che praticano un’attività sportiva, per mantenersi in forma, in momenti della giornata vicino<br />

ai pasti.<br />

L’Istat, a partire da gennaio 2002, effettua mensilmente una rilevazione del bestiame a carni bianche<br />

macellato che fornisce informazioni sul numero <strong>di</strong> capi e il relativo peso (vivo e morto) degli<br />

animali abbattuti ogni mese sul territorio nazionale. La qualità delle carni dei volatili da cortile,<br />

della selvaggina da penna e dei conigli, viene garantita dagli esami igienico sanitari e seguiti nei<br />

mattatoi a bollo CEE o a capacità limitata e riguarda sia il bestiame in<strong>di</strong>geno sia quello <strong>di</strong> provenienza<br />

estera.<br />

I consumi nel tempo<br />

Trent’anni <strong>di</strong> consumi <strong>di</strong> carni avicole (valori<br />

in tonnellate)<br />

Fonte : UNA 2001<br />

Dai dati è possibile notare le preferenze dei<br />

consumatori <strong>di</strong> <strong>carne</strong> bianca nel 2000; i polli si<br />

piazzano al primo posto con l’11,13%, seguiti<br />

dalle carni <strong>di</strong> tacchino,da altre specie avicole<br />

e infine, all’ultimo posto, dalle galline.<br />

Il consumo <strong>di</strong> prodotti avicoli per tipologie<br />

nel 2000 (kg per abitante)<br />

Fonte : UNA 2001<br />

Da questo grafico si può notare come i consumi<br />

siano cresciuti notevolmente dal 1955 al<br />

1999, per poi <strong>di</strong>minuire nel 2000, in relazione<br />

al problema dell’influenza aviaria che si è <strong>di</strong>ffuso<br />

proprio nell’anno in causa.<br />

83


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

84<br />

Il consumo <strong>di</strong> <strong>carne</strong> avicola in Europa nel<br />

2000 (kg per abitante)<br />

Fonte : UNA 2001<br />

Nel 2000 il maggior consumatore europeo<br />

<strong>di</strong> <strong>carne</strong> bianca era l’Irlanda, seguita da Gran<br />

Bretagna e Francia che registrano quasi il medesimo<br />

valore e infine da Olanda e Italia che<br />

riportano anch’esse valori vicinissimi.<br />

L’Aviaria<br />

Identificata per la prima volta in Italia più <strong>di</strong> un secolo fa, l’influenza<br />

aviaria è una malattia virale, dovuta a virus influenzali<br />

tipo A, che normalmente colpisce solo volatili selvatici e domestici<br />

e, più raramente, maiali. A seconda del tipo <strong>di</strong> proteina<br />

combinata con il virus, il virus acquisisce una denominazione<br />

<strong>di</strong>versa. Si conoscono almeno 15 sottotipi <strong>di</strong> virus influenzali<br />

che infettano gli uccelli.<br />

I virus si possono trasmettere da azienda ad azienda tramite i<br />

mezzi meccanici, gli attrezzi e gli strumenti contaminati, le macchine,<br />

i mangimi, le gabbie e perfino gli indumenti degli operatori.<br />

Una volta infettati, gli animali colpiti eliminano il virus in gran<strong>di</strong><br />

quantità attraverso le feci e le secrezioni respiratorie. Il virus può<br />

sopravvivere nei tessuti e nelle feci <strong>di</strong> animali infetti per lunghi<br />

perio<strong>di</strong>, soprattutto a basse temperature.<br />

I virus dell’influenza aviaria tendono a colpire soggetti della<br />

stessa specie, ma, in rare occasioni, hanno attraversato le barriere tra le specie per infettare anche<br />

altre specie come maiali, gatti, topi e uomo.<br />

La trasmissione da animale ad uomo è correlata al contatto stretto con animali malati o morti per<br />

influenza aviaria o loro carni o superfici contaminate dai loro escrementi o al consumo <strong>di</strong> carni o<br />

altri prodotti avicoli, incluso il sangue, cru<strong>di</strong> o poco cotti. Secondo quanto riportato dall’Organizzazione<br />

Mon<strong>di</strong>ale della Sanità, i casi umani da virus aviario confermati da laboratorio accre<strong>di</strong>tato,<br />

verificatisi dal gennaio 2003 al 10 settembre 2008, sono stati in totale 387, <strong>di</strong> cui 245 mortali. I Paesi<br />

più colpiti sono stati quelli asiatici (Cambogia, Azerbaijan, Bangladesh, Birmania, Cina, Indonesia,<br />

Iraq e Laos), mentre solo due sono i Paesi africani coinvolti (Egitto e Gibuti).<br />

La situazione nel Sud-Est Barese<br />

Dai dati reperiti dalla ASL ex BA-5 si deduce che gli animali più allevati sono le galline ovaiole e i<br />

bovini, seguiti da vitelli, equini, ovini,caprini e conigli.<br />

E’ possibile inoltre notare che nel territorio <strong>di</strong> Turi non sono presenti aziende che trattano animali<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

da <strong>carne</strong> bianca, ma sono in forte crescita le produzioni <strong>di</strong> equini e <strong>di</strong> api.<br />

In tutto il <strong>di</strong>stretto mancano gli allevamenti avicoli da <strong>carne</strong> per l’assenza <strong>di</strong> macelli che garantiscono<br />

il bollino CEE (il più vicino è in Molise). Pertanto è poco conveniente avviare questo tipo <strong>di</strong> attività.<br />

Il mercato delle carni bianche viene gestito da alcune multinazionali attive su tutto il territorio<br />

nazionale. Le galline ovaiole, giunte a fine carriera, vengono smaltite presso industrie del Nord per<br />

essere macellate e trasformate in prodotti alimentari per cani e gatti. I conigli vengono, invece, per<br />

l’esiguità del numero, macellati in loco e destinati all’alimentazione umana.<br />

La tabella non contempla le aziende con un numero <strong>di</strong> capi inferiore a 25 in quanto per questi casi<br />

non sono previste denunce specifiche. Sono in crescita gli allevamenti biologici.<br />

Questionario<br />

Già lo scorso anno la nostra scuola aveva proposto un questionario alimentare, in relazione al progetto<br />

“PROSIT”, effettuato tra alunni e genitori. Dai dati raccolti, era emerso che, tra gli alunni, il<br />

60% mangiava <strong>carne</strong> più <strong>di</strong> 2 volte a settimana il 24% due volte a settimana, il 14% una volta<br />

a settimana e lo 0.2% mai. Tra i genitori, invece, il 37.5% <strong>di</strong>chiarava <strong>di</strong> utilizzare spesso alimenti<br />

già pronti e il 62.5% li utilizzava meno frequentemente. Da questi risultati emerge che la <strong>carne</strong> è<br />

un alimento molto gra<strong>di</strong>to e che, per tanti motivi, gli alimenti già pronti sono molto apprezzati.<br />

Quest’anno, invece, in relazione al progetto “<strong>Det</strong><strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong>”, i dati precedentemente raccolti<br />

sono stati integrati con un nuovo questionario proposto ad un gruppo <strong>di</strong> 108 alunni della nostra<br />

scuola. Dall’indagine è emerso che il 100% <strong>di</strong> questi consuma <strong>carne</strong>, <strong>di</strong> cui lo 0,92% una volta a<br />

settimana, il 33,34% due volte a settimana e il 65,74% più <strong>di</strong> due volte a settimana. Si è potuto constatare<br />

che il consumo <strong>di</strong> carni bianche avviene per il 15,73% una volta a settimana, per il 44,44%<br />

due volte a settimana, per il 37,04% più <strong>di</strong> due volte a settimana e per il 2,7% mai. Dai dati si evince<br />

che in riferimento alle carni bianche (pollo, tacchino, faraona, oca, colombi, piccioni, ecc), i <strong>tagli</strong><br />

preferiti sono per il 30,43% il filetto, per il 45,22% la coscia e per il 24,35% altre parti.<br />

•<br />

•<br />

•<br />

Polli e cultura<br />

In tutti i campi, da quello religioso a quello storico, letterario<br />

e artistico nonché nella cultura popolare, sono reperibili<br />

riferimenti agli animali da cortile, abbiamo scelto<br />

alcuni esempi:<br />

Himera e Camarina, ambedue in Sicilia, coniavano monete<br />

con galli dalla tipologia variabile, talora bankivoi<strong>di</strong>,<br />

come è quello <strong>di</strong> Karystos in Eubea, talora spilungoni<br />

(Camarina 420-405 aC).<br />

Interessante la prima moneta - Himera (520-482 aC) -<br />

che reca due galli dalla tipologia <strong>di</strong>fferente.<br />

Tra gli storiografi degli animali da <strong>carne</strong> bianca possiamo<br />

citare:<br />

Pier Can<strong>di</strong>do Decembrio, che scrisse un manoscritto, il De natura avium et animalium.<br />

Cesare, con il De bello gallico, nel quale esso riferisce che presso i Britanni era ritenuto illecito<br />

mangiare galline, lepri e oche.<br />

Columella, scrisse il De Re Rustica, in cui viene trattato l’allevamento degli animali gran<strong>di</strong>,<br />

piccoli e da cortile.<br />

85


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

• Marrone, scrisse Rerum Rusticarum libri III, scritti quando aveva ottant’anni. Il I libro tratta de<br />

agri cultura, il II de re pecuaria - allevamento del bestiame - il III de villaticis pastionibus, gli animali<br />

da cortile. È un’opera dottrinale attinta da trattatisti greci, cartaginesi e romani, vivificata<br />

da esperienze <strong>di</strong>rette della vita campestre.<br />

• Catone il Censore, scrisse De Agricultura, la più antica opera latina in prosa, che parla delle in-<br />

86<br />

combenze del padrone <strong>di</strong> casa, dei lavori campestri stagionali, dell’allevamento del bestiame<br />

e delle sue malattie - comprese quelle delle piante - della produzione <strong>di</strong> olio e <strong>di</strong> vino.<br />

Mentre in arte sono molti i pittori che sceglievano <strong>di</strong> raffigurare galli nei loro quadri.<br />

In letteratura sono citabili:<br />

•<br />

•<br />

The sick chiken<br />

Winslow Homer<br />

Preparing a chicken<br />

Vincenzo Campi<br />

Giovanni Boccaccio – Decamerone: La prima giornata<br />

La marchesana <strong>di</strong> Monferrato…………..con un convito <strong>di</strong> Galline<br />

Trilussa – La Statistica<br />

……….Me spiego: da li conti che se fanno<br />

seconno le statistiche d’adesso<br />

risurta che te tocca un pollo all’anno:<br />

Portando i polli al mercato<br />

Salvo Caravaglio<br />

In conclusione…<br />

Il mercato alimentare è oggi gestito dalle multinazionali che schiacciano i sistemi economici e<br />

culturali locali in nome della modernità e dello sviluppo, creando <strong>di</strong>sequilibri economici all’interno<br />

delle società; per questo motivo è necessario operare per il recupero dei sistemi economici e<br />

culturali tra<strong>di</strong>zionali, rivisitati alla luce della modernizzazione delle tecniche e dei nuovi bisogni<br />

della popolazione. Tutto ciò rivalutando i piccoli allevamenti domestici e le piccole aziende <strong>di</strong><br />

produzione, sebbene oggi i costi siano <strong>di</strong>ventati notevolmente elevati; contribuisce notevolmente<br />

a questo fenomeno il sistema agrituristico <strong>di</strong> recente sviluppo.<br />

Il nostro lavoro si è proposto <strong>di</strong> stimolare noi giovani ad approfon<strong>di</strong>re le conoscenze del nostro<br />

territorio e a riflettere sul nostro ruolo <strong>di</strong> consumatori <strong>di</strong> beni globali che ci portano a sostituire,<br />

anche in campo alimentare, le nostre tra<strong>di</strong>zioni con stili universali non personalizzati e uguali per<br />

ogni nazione.<br />

TRA AIE E CORTILI<br />

<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

87


Impaginazione e grafica<br />

Enzo Totaro - A.G.A. Arti Grafiche Alberobello<br />

Foto<br />

Mimmo Guglielmi - Castellana Grotte<br />

Rosanna Cardone - C.R.S.A. “Basile Caramia” - Locorotondo<br />

Scuole aderenti all’iniziativa<br />

Revisione testi<br />

Rosanna Cardone - C.R.S.A. “Basile Caramia” - Locorotondo<br />

Finito <strong>di</strong> stampare Maggio 2009 da A.G.A. Arti Grafiche Alberobello<br />

C.da Popoleto, nc - Alberobello (Ba) - Tel. 080 4322044<br />

© 2009 Tutti i <strong>di</strong>ritti riservati


<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Alla riscoperta delle nostre origini

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!