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<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />
L’ampia <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> una economia dalle forme certamente più regre<strong>di</strong>te rispetto all’articolato<br />
paesaggio agrario magnogreco facilitò l’endemica ricorrenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni e <strong>di</strong> ribellioni, che videro<br />
protagonisti le folle <strong>di</strong> schiavi-pastori impiegati nella conduzione delle greggi.<br />
Con la rottura dell’unità politica, determinata dall’invasone longobarda, la transumanza fu nuovamente<br />
ri<strong>di</strong>mensionata e l’allevamento ovino rientrò in quelle forme <strong>di</strong> allevamento semibrado che<br />
caratterizzarono il paesaggio altome<strong>di</strong>evale.<br />
Con in Normanni anche l’allevamento ovino affrontò una nuova fase <strong>di</strong> espansione, coincidente<br />
con la generale ripresa dell’economia; esso era condotto anche secondo il sistema della transumanza,<br />
grazie ad un orizzonte politico nuovamente unitario, che includeva le aree tra<strong>di</strong>zionalmente<br />
interessate da questo fenomeno, ed al rinnovato impegno dello Stato in <strong>di</strong>fesa della mobilità<br />
delle greggi.<br />
Federico II giunse a rilanciare il principio <strong>di</strong> uno Stato come unico proprietario <strong>di</strong> tutti i boschi ed i<br />
pascoli del Regno, l’unico abilitato, quin<strong>di</strong>, al loro sfruttamento economico. Gli esiti della crisi tardo<br />
me<strong>di</strong>ovale fecero dell’allevamento ovino transumante uno dei settori trainanti dell’economia jonica,<br />
specie a seguito dello spopolamento <strong>di</strong> gran parte del suo contado. I gran<strong>di</strong> interessi in gioco<br />
<strong>di</strong>edero il via ad una autentica gara alla occupazione dei pascoli e delle altre terre pubbliche.<br />
Quando, con l’istituzione della Dogana della mena delle Pecore <strong>di</strong> Puglia (1447), veniva consacrata<br />
e sublimata le velleità monopoliste dello Stato nella gestione dei pascoli, prendeva il via una lunghissima<br />
guerra fra l’amministrazione della Dogana e gli agrari tarantini.<br />
Lo sviluppo delle masserie, come unità aziendali multifunzionali, determinò il progressivo ri<strong>di</strong>mensionamento<br />
dell’allevamento transumante nel Tarantino, mentre veniva fissata una sorta <strong>di</strong><br />
simbiosi mutualistica fra grano e pecore. Non è quin<strong>di</strong> un caso che la crisi <strong>di</strong> fine Ottocento abbia<br />
coinvolto contemporaneamente ambedue i settori, come il sistema masseria nel suo insieme.<br />
Le attività<br />
Ogni masseria <strong>di</strong> una certa consistenza possedeva un suo gregge la cui grandezza <strong>di</strong>pendeva<br />
dall’ampiezza dell’azienda e dalla <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> pascolo.<br />
La composizione-tipo <strong>di</strong> un gregge prevedeva in me<strong>di</strong>a per ogni 100 pecore la presenza <strong>di</strong> cinque<br />
maschi riproduttori (i montoni), <strong>di</strong> 30 agnelli (per la sostituzione delle eventuali per<strong>di</strong>te) e <strong>di</strong> 65<br />
pecore da frutto.<br />
Il pascolo invernale, detto vernotico (e che copriva il periodo compreso fra la fine <strong>di</strong> settembre ed<br />
i primi <strong>di</strong> maggio) comprendeva le aree macchiose ed anche i seminativi lasciati a riposo; quello<br />
estivo, lo statotico (da maggio a settembre), aveva<br />
luogo sulle erbe cresciute sulle ristoppie dopo la<br />
mietitura.<br />
Non tutte le aziende avevano ambedue le <strong>di</strong>sponibilità<br />
<strong>di</strong> pascolo, per cui le greggi compivano talvolta<br />
spostamenti stagionali a corto raggio da una masseria<br />
all’altra.<br />
Il complesso <strong>di</strong> bestiame, ambienti, pascoli e strumentario<br />
connesso con l’allevamento ovino costituiva<br />
la masseria <strong>di</strong> pecore, che spesso aveva una gestione<br />
affatto <strong>di</strong>stinta rispetto alla masseria <strong>di</strong> campo,<br />
cerealicola.<br />
A sovrintendere le operazioni era il massaro <strong>di</strong> pecore, che si avvaleva <strong>di</strong> più pastori per la custo<strong>di</strong>a<br />
delle greggi.<br />
I ricetti delle pecore erano costituiti originariamente da semplici recinti e grotte, naturali o artificiali<br />
(spesso si trattava <strong>di</strong> ambienti ricavati da antichi inse<strong>di</strong>amenti rupestri abbandonati e riattati), poi<br />
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<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />
sostituite da jazzi, e<strong>di</strong>fici più o meno complessi costituiti da più recinti (curti), da arcate protettive<br />
(suppenne), dalle abitazioni dei pastori e dal casolare, ove aveva sede il camino per la trasformazione<br />
del latte nei prodotti caseari.<br />
Le ricette<br />
“Mnton vicch” nell’arzola (Ariete <strong>di</strong> fine carriera)<br />
Il vecchio ariete, ormai anziano e non più adatto alla riproduzione, si consumava cotto nell’antico<br />
recipiente in terracotta, l’arzola.<br />
Questa preparazione prevedeva, per la durezza della <strong>carne</strong>, una lunga cottura nel forno a legna.<br />
Sistemare la <strong>carne</strong> nell’arzola con peperoni <strong>tagli</strong>ati, qualche fetta <strong>di</strong> cipolla <strong>tagli</strong>ata spessa, aggiungere<br />
4 o 5 lampascioni, 3 o 4 pomodorini rossi, rape, cicorie, semi <strong>di</strong> finocchietto e sale. Chiudere l’arzola<br />
con pasta <strong>di</strong> pane per evitare evaporazioni durante la cottura. Far cucinare al calore del fuoco per 4 o<br />
5 ore.<br />
Muschiska <strong>di</strong> “Muertaccin” (Animale morto)<br />
La <strong>carne</strong> dell’animale morto accidentalmente si essiccava per la conservazione.<br />
Questa tecnica è stata utilizzata dai pastori fino ad alcuni decenni fa.<br />
Tagliare a strisce <strong>di</strong> 3 cm per 20 le parti magre <strong>di</strong> <strong>carne</strong>. Lavare con aceto, con<strong>di</strong>re con sale, semi <strong>di</strong> finocchio,<br />
peperoncino e aglio. Essiccare in forno a legna in fase <strong>di</strong> raffreddamento.<br />
Braciole <strong>di</strong> “Vulz” (Animale malato)<br />
I pastori consumavano la <strong>carne</strong> degli animali malati, prima che<br />
morissero.<br />
Tagliare a fettine la <strong>carne</strong>. Stendere e con<strong>di</strong>re con aglio, prezzemolo,<br />
pecorino piccante. Arrotolare e legare con cotone. Soffriggere<br />
cipolla e sedano, aggiungere le braciole e farle rosolare. Sfumare<br />
con vino bianco, aggiungere salsa <strong>di</strong> pomodoro, un cucchiaio <strong>di</strong><br />
conserva, un pizzico <strong>di</strong> peperoncino e cucinare a fuoco lento.<br />
“Gnumredd”<br />
I fegatini venivano preparati allo scopo <strong>di</strong> utilizzare tutte le parti<br />
dell’animale. Essendo costituiti da interiora soggette ad una<br />
breve conservazione, venivano consumati prima degli altri <strong>tagli</strong>.<br />
Dopo aver <strong>tagli</strong>ato cuore, fegato, polmoni, milza e reni a pezzi tali<br />
da poter essere infilzati allo spiedo, aromatizzare con prezzemolo,<br />
timo o alloro, avvolgere con membrana peritonea e con budella <strong>di</strong><br />
agnello lattante. Cuocere alla brace o nel classico “fornello”<br />
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